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cronache ipogee pagine di informazione speleologica per il Friuli Venezia Giulia - n. 0/203 cronache ipogee UNA NUOVA GROTTA SUL CARSO TRIESTINO Una telefonata e poi la corsa, piena di speranza, sino al poligono militare di tiro di Repen. “Dopo il passaggio del trattore si è aperta una voragine, pare che sotto ci sia un pozzo”, annunciava Omar Ma- ruccelli, che sul Carso fa l’allevatore. Omar aveva proprio visto giusto. “Mi ha telefonato pieno d’entusiasmo, non vedeva l’ora che salissimo a ve- dere, anche perché ci conosce per le esplorazioni dell’Abisso di Rupingrande e sa della nostra grande passione per le grotte nuove, tutte da scoprire”, spiega Moreno Tommasini. Così l’esplorazione ha avuto inizio. Prima con una corda da 40 metri, in- sufficiente, perché dopo i primi 10 metri di pozzo, e il primo restringimento, la grotta proseguiva. E di parecchio. Poi sino a –90 metri. Sino ad arrivare davanti ad una frana. È questa la breve storia dell’Abisso del Trattore, o del Poligono. Una storia breve, iniziata questa pri- mavera, a maggio, durante dei lavori di disboscamento. Una storia che ha regalato molti sorrisi al CAT. Dopo la prima calata a –90 - a cui hanno partecipato Mario Carboni, Daniele Coltelli, Moreno Tommasini, Gianfranco Manià e Michele Hoffer - è iniziata la ricerca di prosecuzioni, di altri vani. Poi, su richiesta del Comando Militare che gestisce il Poligono, si è provvedu- to immediatamente alla chiusura della bocca dell’abisso, per la sicurezza delle persone e degli animali. Anche perché la grotta si apre con una verticale di 55 metri. E non è un volo da poco. Ora l’Abisso del Poligono, grazie al lavoro di Gianfranco Manìà, Mario Carboni, Moreno Tommasini, Daniela Perhinek, Michele Hoffer e Christian Giordani e al finanziamento del CAT, è stata chiuso, ma resta accessibile. È stato fatto un tubo in calcestruzzo da 1,20 metri di altezza, attrezzato con tondino di ferro e largo 70 per 70 centimetri. Dopo il getto, di due metri cubi di calcestruzzo, il foro è stato protetto con una griglia in ghisa, chiusa da un lucchetto. Ora l’obiettivo dei Grottenarbeiter del CAT è di portare nella grotta la linea telefonica e di fare delle altre prove, con l’aspiratore, per avere un’idea più chiara, precisa, dell’ampiezza degli altri vani, oltre la frana. Anche per organizzare al meglio i la- vori di scavo. Sperando, ovviamente, in qualcosa di sensazionale. Anna Pugliese

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pagine di informazione speleologica per il Friuli Venezia Giulia - n. �0/20�3

cronache ipogee

Una nUova grottasUl carso triestino

Una telefonata e poi la corsa, piena di speranza, sino al poligono militare di tiro di Repen.“Dopo il passaggio del trattore si è aperta una voragine, pare che sotto ci sia un pozzo”, annunciava Omar Ma-ruccelli, che sul Carso fa l’allevatore. Omar aveva proprio visto giusto.“Mi ha telefonato pieno d’entusiasmo, non vedeva l’ora che salissimo a ve-dere, anche perché ci conosce per le esplorazioni dell’Abisso di Rupingrande e sa della nostra grande passione per le grotte nuove, tutte da scoprire”, spiega Moreno Tommasini.Così l’esplorazione ha avuto inizio.Prima con una corda da 40 metri, in-sufficiente, perché dopo i primi 10 metri di pozzo, e il primo restringimento, la grotta proseguiva. E di parecchio.Poi sino a –90 metri. Sino ad arrivare davanti ad una frana.È questa la breve storia dell’Abisso del Trattore, o del Poligono.Una storia breve, iniziata questa pri-mavera, a maggio, durante dei lavori di disboscamento. Una storia che ha regalato molti sorrisi al CAT.Dopo la prima calata a –90 - a cui hanno partecipato Mario Carboni, Daniele Coltelli, Moreno Tommasini, Gianfranco Manià e Michele Hoffer - è iniziata la ricerca di prosecuzioni,

di altri vani.Poi, su richiesta del Comando Militare che gestisce il Poligono, si è provvedu-to immediatamente alla chiusura della bocca dell’abisso, per la sicurezza delle persone e degli animali.Anche perché la grotta si apre con una verticale di 55 metri. E non è un volo da poco.Ora l’Abisso del Poligono, grazie al lavoro di Gianfranco Manìà, Mario Carboni, Moreno Tommasini, Daniela Perhinek, Michele Hoffer e Christian Giordani e al finanziamento del CAT, è stata chiuso, ma resta accessibile.È stato fatto un tubo in calcestruzzo da 1,20 metri di altezza, attrezzato con tondino di ferro e largo 70 per 70 centimetri.Dopo il getto, di due metri cubi di calcestruzzo, il foro è stato protetto con una griglia in ghisa, chiusa da un lucchetto.Ora l’obiettivo dei Grottenarbeiter del CAT è di portare nella grotta la linea telefonica e di fare delle altre prove, con l’aspiratore, per avere un’idea più chiara, precisa, dell’ampiezza degli altri vani, oltre la frana.Anche per organizzare al meglio i la-vori di scavo. Sperando, ovviamente, in qualcosa di sensazionale.

Anna Pugliese

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ottobre 20�3...

UnionesPeleologicaPorDenonese cai"ProteUstoUr"

Il "ProteusTour" per le scuole ele-mentari del comprensorio di Azzano Decimo (Pordenone) è iniziato.Avvalendosi di "Proteus", la "Quasi-Grotta" realizzata dall'Unione Speleolo-gica Pordenonese CAI per la didattica con i più giovani, i nostri soci Nadia Da Re, e Agostino Rosset, hanno inaugurato la serie d'incontri, inseriti nell'ambito della manifestazione "Asso-ciAzzano", con il bambini delle scuole elementari del territorio azzanese che li vedranno impegnati a raccontare di grotte e di speleologi ai giovani studenti per tutti i venerdì di ottobre.Tutto questo nell'ambito delle iniziative speleologiche per il 150° di fondazione del CAI, dedicate ai bimbi.

Giampaolo Fornasier

riPrenDonole esPloraZionisPeleosUBal FontanoneDi rio neri

PROLOGOLe esplorazioni iniziano a metà degli anni ’60, quando Giorgio Cobol, pio-niere della speleosubacquea triestina, viene a conoscenza dell’esistenza di una risorgiva che si apre sulle pendici del Monte Rest.La risorgiva in questione viene deno-minata con l’appellativo di “Fontanone”, a testimonianza dell’irruenza delle ac-que, quando fuoriescono dalla grotta nei momenti di piena. I racconti dei locali ricordano il verifi-carsi di meravigliosi arcobaleni, gene-rati dalla nebulizzazione delle acque di piena. Questo fenomeno naturale già ci fa percepire che si tratta di una cavità particolare e ci permette di intuire un qualcosa di “speciale” in questa risorgiva.Il tratto montano del Tagliamento, in generale, è una zona che si presenta ancora relativamente allo stato naturale ed è caratterizzato dalla presenza di quell’acqua che normalmente non sia-mo più abituati a vedere e neanche a sentire scorrere.Esiste una relazione della prima esplorazione della parte subacquea. Purtroppo la prima ricerca non aveva consentito di individuare la vera pro-secuzione all’interno del massiccio montuoso.Sono stati necessari altri anni e ul-teriori energie per esplorare la parte post sifone.Si deve all’intuizione di Luciano Russo, altra punta di diamante della nostra speleosubacquea, il fatto di scorgere un ramo sommerso, che indicava una parte sfuggita ai primi esploratori e dando, cosi, la possibilità al suo gruppo di superare il primo sifone.

OGGINon occorre spendere altre parole per la descrizione della parte post sifone: “meravigliosa” è sufficiente. Tutte le altre descrizioni sarebbero limitative.La roccia bianca, per effetto di qualche minerale, appare screziata di rosso, rendendo uniche le concrezioni.Le vaschette sono di forme variegate

e abbondantissime.Altre formazioni, più che vaschette, sono piscine. Obbligano a nuotarci dentro per proseguire la visita. Non manca nulla. Ricordo ancora l’emo-zione di quando ho visto per la prima volta il secondo sifone, quello interno. Un “occhio blu”, di un colore così intenso, che ogni ragazza vorrebbe averlo per i suoi occhi e che mi at-tirava più di quanto le sirene ebbero modo di esercitare nei confronti del povero Ulisse - mi sono dovuto tuffare e nuotarci dentro.Le parti finali (per ora), sono di di-mensioni maggiori e perciò fanno ben sperare per ulteriori sviluppi nelle prossime esplorazioni. Non manca il fascino del mistero. Il terzo sifone. Solo visto e mai sondato. Continuerà?E poi …le grandi risalite… ancora da fare! Si presentano come delle enormi colate di calcite, con arrivi d’acqua che promettono altri ambienti a livelli superiori.Anche qui le “sirene” richiamano lo speleologo “pinnuto”. Che a questo punto accetterebbe l’intervento di qualche divinità, che lo trasformasse in “alato”.“Vieni su…, vieni suuu...”.“ECCOMI”.

Duilio Cobol

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la grotta noÈ(carso triestino)sU oasis

Questo mese, sulla rivista naturalisti-ca Oasis, la Speleologia è riuscita a trovare spazio con un articolo sulla Grotta Noè del Carso triestino.È per me un grande onore, un fan-tastico riconoscimento per l'impegno che mettiamo nel cercare di portare fuori dalle grotte immagini che riescano a fare breccia nel grande pubblico il quale, nonostante il nostro impegno, continua ad ignorare le attività che facciamo sottoterra e le bellezze che racchiude.Questo è potuto succedere grazie ad Andrea Scatolini che ci ha messo a disposizione uno strumento veramente potente: la Scintilena!È stato in seguito ad un articolo che avevo pubblicato: "Una foto di successo" (http://www.scintilena.com/una-foto-di-successo/04/12) che poi è pervenuta, tramite la newsletter, sul pc dell'art director della rivista.Mi ha contattato, ha visionato anche le altre nostre foto e ne è rimasto piacevolmente colpito commissionan-domi pure un articolo che ora potete leggere.http://www.oasisweb.it/leggi_articolo.asp?id_articolo=304

Sandro Sedran, S-Team

Progetto “aPPlication oF sPeologY stUDYin regoniZation oF Karst FeatUres" in iran

Il Club Alpinistico Triestino ha ospitato il dr. Ahmad Afrasiabian del Kowsar Water and Environmental Research Center di Teheran (Iran).Il dr. Afrasiabian ha illustrato le potenzialità carsiche del suo paese e l'im-portanza della speleologia come contributo agli studi scientifici delle acque sotterranee.Durante tale occasione si sono consolidati i rapporti con i colleghi iraniani in vista di una futura collaborazione.Il progetto prevede, da parte degli speleologi del Club Alpinistico Triestino, l'esplorazione, la documentazione topografica e video-fotografica di alcune cavità scoperte recentemente sui Monti Zagros.Le grotte, che si aprono attorno ai 2500 metri sono perennemente invase dal ghiaccio.

Grotta Noè: "una foto di successo". (S-Team)

INCONTRO SULLATARGHETTATURADELLE GROTTEDEL FVG

Sabato 23 ottobre, ospiti del Gruppo Speleologico Monfalconese A.d.F., si è tenuto l'annuale incontro tra il Servizio Tutela del Paesaggio della Regione FVG, il Catasto Regionale delle Grotte e una rappresentanza dei gruppi speleologici regionali.La serata ha avuto come argomento la targhettatura della grotte del FVG. Dopo la presentazione da parte del geom. Paolo Bonetti (Reg. FVG) è seguita una breve relazione sul lavoro svolto sinora da parte del Conservatore Sergio Dolce. Al termine delle pre-sentazioni ufficiali, numerosi e precisi sono stati gli interventi da parte degli speleologi presenti che hanno espres-so le loro opinioni in merito.

Trieste, 3 ottobre 2013. Moreno Tommasini, Daniele Viti, Christian Giordani, Daniela Perhinek, Ferruccio Podgornik, Ahmad Afrasiabian, Franco Gherlizza, Clarissa Brun, Massimo Razzuoli.

(Sergio Vianello)

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csrsisteMa sPeriMentalePer telecoMUnicaZioniiPogee

Tutto è cominciato una domenica di qualche anno fa, quasi per gioco.Con Maurizio, del Circolo Speleologico Romano, abbiamo provato, per curio-sità, ad effettuare un collegamento radio in VHF dentro un tunnel di lava nei pressi di Zafferana Etnea.E il risultato? Un vero disastro!Dopo pochi metri, girato l'angolo... "puff"... il segnale radio spariva inghiot-tito dalla lava. In UHF le cose miglio-ravano ma solo di qualche metro.Il sistema maggiormente usato in grotta per parlare con la superficie è l'utilizzo di una coppia di intramonta-bili "field telephone" dotati di un bel rotolone di doppino telefonico.Lo speleo nella foto sta utilizzando un telefono tipo TP-6N. Altri tipi di telefoni simili si possono trovare in Italia ad un prezzo abbordabile nei negozi specializzati in surplus militare o direttamente su ebay.Con questo sistema, di solito, il col-legamento è di tipo "punto-punto: lo speleo in grotta parla solo con la superficie.

Cercando l'argomento "telecomuni-cazioni ipogee" in rete, sul sito della BCRA (British Cave Research As-sociation) si trova la descrizione dei sofisticati sistemi di telecomunicazioni ipogee HeyPhone, Tedra e System Nicola.Per mezzo di queste apparecchiatu-re ricetrasmittenti, è stato possibile effettuare un collegamento radio in grotta coprendo la distanza di 500 metri in verticale e più di 800 metri in orizzontale!!La frequenza radio usata è molto bassa (~87 KHz), la più idonea per lo scopo.A causa dell'ingombro, del peso degli apparati e della lunghezza non indif-ferente dell'antenna, questo sistema viene utilizzato per lo più tra due postazioni fisse posizionate all'interno e all'esterno della grotta. L'antenna è realizzata con due fili elettrici lunghi dai 25 ai 100 metri, messi a terra con picchetti metallici. Il collegamento radio anche in questo caso è del tipo "punto - punto".Il System Nicola viene usato spesso dagli speleo inglesi e francesi durante esercitazioni e soccorso.Info: http://digilander.libero.it/i0hcj/

Fabrizio Marincola

Picchetti di terra. Schema dell'antenna tratto dal manuale operativo dell'HeyPhone.

System Nicola.

"Field telephone".

Ponte radio.

Come non usare la radio in grotta...

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novembre 20�3...

Alcuni Gruppi Speleologici del Friuli Venezia Giulia saranno presenti all'Incontro Internazionale di Speleologia di casola Valsenio.Al momento, queste sono le Associazioni e le iniziative che verranno portate all'attenzione del mondo speleologico:

stanD ProMoZionaliClub Alpinistico Triestino - Gruppo GrotteFederazione Speleologica TriestinaSocietà Adriatica di SpeleologiaSocietà Alpina delle Giulie - Commissione Grotte "E. Boegan"Unione Speleologica Pordenonese CAI

Mostre FotograFicHeClub Alpinistico Triestino - Gruppo Grotte: "Un anno da pipistrello". "Didattica speleologica nelle scuole"Federazione Speleologica Triestina: "Le Grotte del Carso un tesoro da svelare".Grotta Continua Trieste: "La Voragine di Piano Macchi - Under no man's land".Società Alpina delle Giulie - Commissione Grotte "E. Boegan": "130° anniversario della Commissione".Società Alpina delle Giulie - Commissione Grotte "E. Boegan" (TS), Gruppo Speleologico Pradis (PN), Unione Spe-leologica Pordenonese (PN): "Carlo Finocchiaro".Unione Speleologica Pordenonese CAI: "Speleoiniziative per il 150° CAI". "Abbattiamo il muro della superstizione". "Le acque del Cellina e la Grotta della vecchia diga". "Dalla candela al led".

ProieZioni viDeoClub Alpinistico Triestino - Gruppo Grotte: "100 giorni a Repen - Sul fondo" di Daniela Perhinek.Società Alpina delle Giulie - Commissione Grotte "E. Boegan": "CRO RI DI LO MA" di Antonio Giacomin.Società Alpina delle Giulie - Commissione Grotte "E. Boegan": "Davorievo Brezno" di Antonio Giacomin.Società Adriatica di Speleologia "Timavo e grotte soffianti" di Marco Mestaino.Società Adriatica di Speleologia "Timavo system exploration 2013" di Paolo Guglia, Marco Mestaino, Giorgia De Colle.

concorso 7/30 sPeleosPotCentro Ricerche Carsiche "C. Seppenhofer": "Speleology" di Fabio Franceschini.Club Alpinistico Triestino - Gruppo Grotte: "Folle idea" di Daniela Perhinek.Società Alpina delle Giulie - Commissione Grotte "E. Boegan": "Dove l'acqua incontra il buio" di Antonio Giacomin.Gruppo Speleologico San Giusto: "I consiglio di Giustino" di Omar Zidarch.

concorso sPelUnDer (narrativa per ragazzi)Per ovvi motivi di anonimato degli autori non ci è dato sapere se qualche speleologo della nostra Regione ha parte-cipato a questa iniziativa editoriale.A fine incontro sapremo eventuali nominativi ed eventuali esiti da parte della giuria.

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Il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste organizza, nei mesi di ottobre, novembre e dicembre le:

"serate Della Micologia".

Ogni lunedì (dal 28 ottobre al 16 dicembre), in collaborazione con il Gruppo di Trieste dell’Associazione Mico-logica Bresadola, presso la Sala Incontri del Museo di Via Tominz, dalle 19 alle 20 si parlerà di funghi e della loro biologia ed ecologia.Per la loro apparente assomiglianza con le piante, sono stati spesso studiati dai botanici, ma già nel 1817 si ipotizzò la costituzione di un regno biologico separato da tutte le altre creature viventi, il “Regno Fungi”.In queste serate si potrà approfondire tanto la bellezza, quanto la pericolosità dei funghi del Friuli Venezia Giulia e non mancherà una serata dedicata alle loro "antiche cugine" con fiori e foglie.

Calendario delle serate:

Lunedì 28 ottobre - "Funghi dal vero" conferenza e proiezione (di B. Basezzi e P. Picciola).

Lunedì 4 novembre - "Ancora Funghi dal vero" conferenza e proiezione (di B. Basezzi e P. Picciola).

Lunedì 11 novembre - “Caratteri dei Funghi (parte I)" conferenza e proiezione (di M. Tassini).

Lunedì 18 novembre - “Caratteri dei Funghi (parte II)" conferenza e proiezione (di M. Tassini).

Lunedì 25 novembre - “Funghi del Carso triestino” conferenza e proiezione (di B. Basezzi).

Lunedì 2 dicembre - "Le piante dimagranti: miti e realtà" conferenza e proiezione (di R. Della Loggia, Università degli studi di Trieste).

Lunedì 9 dicembre - "Funghi tossici del Friuli Venezia Giulia (parte I)" conferenza e proiezione (di R. Bottaro).

Lunedì 16 dicembre - "Funghi tossici del Friuli Venezia Giulia (parte II)" conferenza e proiezione (di R. Bottaro).

Ingresso gratuito sino al limite dei posti disponibili.

Il Museo Civico di Storia Naturale di Via Tominz, 4 è comodamente raggiungibile con i bus 11, 18 e 22.

Dopo Halloween ecco le proposte per tre giorni alla scoperta dei Musei Scientifici.

MUseo civico Di storia natUrale:1, 2 e 3 novembre apertura 9 - 13.

Sabato 2 novembre ore 9.30 e 11.30 visite guidate"L'Era dei Carsosauri: sulle tracce dei dinosauri del Carso" (a cura di Cittaviva).

civico aQUario Marino:1, 2 e 3 novembre apertura continuata 10 - 17.

civico MUseo Del Mare:2 e 3 novembre apertura 9 - 13 (1 novembre chiuso).

Domenica 3 novembre, ore 10.00 visita guidata del Capitano Macovaz "Tra eliche, prue, reti e vascelli".Inoltre, attualmente al Civico Museo del Mare è visitabile la mostra fotografica

"Ponterosso: storia del Canal Grande di Trieste",curata da Luglio Editore con fotografie della collezione Palladini;

in contemporanea rimane allestita anche la mostra sull'Imperial Regia Marina Austriaca.

civico orto Botanico:2 e 3 novembre apertura 9 - 13 (1 novembre chiuso).

Ultimi giorni per visitare il Civico Orto Botanico nei colori autunnali prima della chiusura invernale.

Domenica 3 novembretutti Musei Civici festeggiano il Patrono San Giusto, con ingresso gratuito.

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incontro: tUtela Paesaggistica Delle cavita e Dei FenoMeni carsici correlatisaBato 16 noveMBre 2013PalaZZo BaDiniPiaZZetta cavoUr (PorDenone)

Nell'ambito delle iniziative speleologiche per il 150° di fondazione del CAI, la Federazione Speleo-logica del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con la Direzione centrale infrastrutture, mobilità, pianificazione territoriale, lavori pubblici, università. Servizio tutela del paesaggio e biodiversità della Regione Friuli Venezia Giulia e l'Unione Speleologica Pordenonese CAI organizza un incontro sulla

"tutela Paesaggistica delle cavità e dei fenomeni carsici correlati".La manifestazione avrà luogo sabato 16 novembre, alle ore 16.00, presso il Palazzo Badini in Piazzetta Cavour, a Pordenone.Nell'occasione dell'incontro verrà presentato anche il nuovo restailing del sito internet del Catasto Regionale delle Grotte del Friuli Venezia Giulia.

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CARSISMO IN CANIN:LA FANTASIA DELLÕACQUA E DELLA ROCCIA

PATROCINI

Comune di Tarcento

C.A.I. sottosezione di TarcentoReggente - Mauro Zoz e O.N.C. - Fabio Zoz

Parco Naturale Prealpi Giulie

SALUTI

Comune di TarcentoSindaco - Celio Cossa

INTERVENTI

Parco Naturale Prealpi GiulieDirettore - Stefano Santi

Circolo Speleologico ed Idrologico FriulanoGeologo - Andrea Mocchiutti

Grotta Continua TriesteSpeleologi - Michele Potleca e Roberto Trevi

Sentieri NaturaIvo Pecile e Sandra Tubaro

Unione Meteorologica del Friuli Venezia GiuliaRenato R. Colucci

A.s.d. Turismo Attivo FVG Guida speleologica - Alessandro De Santis

Responsabile settore eventi - Margherita Del Piero (organizzazione, coordinamento)

Coordinatore tecnico - Roberto Pagnutti

Auditorium delle Scuole Medie Via G. Pascoli,15 - Tarcento (UD)

INGRESSO LIBERO

FILMATI, IMMAGINI, INTERVENTI

Sabato 9 novembre 2013ore 20.45

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Gli speleologi del Club Alpinistico Triestino hanno avuto quattro occasioni per spostare le loro attività in Grecia.La prima è avvenuta nel 1984, quando un gruppo di giovani ha deciso di affrontare la grande verticale dell’Abisso Provati-na (–409 metri, Altipiano dell’Astraka). In quel’occasione venne eseguito anche un nuovo rilievo della grotta.La seconda spedizione venne organizzata, nel 2005, in occasione dei 60 anni di vita del CAT. L’obiettivo sociale, questa volta, era totalmente diverso da quello precedente. Una dozzina tra speleologi e speleosub decisero di esplorare alcune grotte del Peloponneso che potevano presentare dei potenziali nuovi da esprimere.In questo contesto vennero incluse anche altre due attività, una scientifica legata all’ambiente marino e ipogeo che permi-se, ad alcuni ricercatori dell’Università di Trieste, di eseguire monitoraggi e campionature in mare e nelle grotte e, l’altra di organizzare uno stage formativo di speleologia subacquea a favore dei colleghi greci. Negli stessi giorni, ma da un’altra parte della Grecia, a Kalamos, un altro gruppo di soci partecipava attivamente al XIV Congresso Internazionale di Speleo-logia presentando, tra l’altro, un lavoro sul folklore ipogeo dal titolo “Grotte e leggende dell’antica Grecia”.Nel 2011 il progetto prevede principalmente la revisione e la stesura dei rilievi topografici delle cavità presenti sull’altopia-no carsico di Avgherinos, cavità che sono state precedentemente scoperte ed esplorate da altre spedizioni internazionali ma mai topografate. I rilievi con le descrizioni e le foto sono stati raccolti in un report e consegnati alle autorità del Parco per ampliare la conoscenza del territorio in vista dei recenti sviluppi di un “eco-turismo” e del numero cospicuo di ipogei di sicuro interesse naturalistico e speleologico, presenti sull’altopiano.

Promosso dalla Comunità Greco-orientaledi Trieste

Sala Giubileo - FiloxeniaVia Mazzini, 3 - Trieste

11 - 29 novembre 2013

SpilaioViaggio nel mondo ipogeo

della Greciatra mito e realtà

clubalpinisticotriestinogruppogrotte

Per informazioni e prenotazioni:Club Alpinistico Triestino - Gruppo GrotteVia Raffaele Abro, 5/a - 34144 TriesteN. cellulare: + 39 348 5164550e-mail: [email protected] - www.cat.ts.it

La mostra descrittiva e fotografica illustra i luo-ghi e le attività speleologiche del Club Alpinistico Triestino nel corso delle tre spedizioni che si sono succedute nel 1984, nel 2005 e nel 2011, in Grecia.

Inaugurazione:lunedì 11 novembre alle ore 16.

La mostra rimane a disposizione del pubblicocon i seguenti orari:

da lunedì 11 a venerdì 15dalle ore 16 alle ore 20;

sabato 16 e domenica 17dalle ore 09 alle ore 13 e dalle ore 16 alle ore 20;

da lunedì 18 a venerdì 22dalle ore 16 alle ore 20;

sabato 23 e domenica 24dalle ore 09 alle ore 13 e dalle ore 16 alle ore 20.

da lunedì 25 a venerdì 29dalle ore 16 alle ore 20;

Alla mattina, solo su prenotazione, per le scuole.

SpilaioViaggio nel mondo ipogeo

della Greciatra mito e realtà

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La scuola di Speleologia di Trieste del Club Alpinistico Triestino - Gruppo Grotte -

sotto l’egida ed il controllo della Commissione Nazionale Scuole di Speleologia della Società Speleologica Italiana

con la consulenza scientifica del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste

organizza il

Il Corso, di 1° livello, si prefigge lo scopo di trasmettere agli allievi quel bagaglio di nozioni tecnico-culturali tale da permettere agli stessi di cominciare a conoscere l’ambiente ipogeo e di superare in sicurezza le difficoltà tecniche imposte dalla moderna progressione in grotte verticali.

Regolamento

Le iscrizioni sono aperte a partire da martedì 1° ottobre 2013 fino alla data di presentazione del corso e si ricevono presso la sede del Club Alpinistico Triestino in Via Abro 5/a, Trieste, tutti i martedì dalle 21.00 alle 22.00; altri giorni solo su ap-puntamento (Moreno 347 5005673).La quota d’iscrizione, a titolo di contributo spese, è fissata in € 120,00. Tale quota comprende: l’iscrizione alla Società in veste di socio simpatizzante, la fornitura delle attrezzature necessarie alla progressione in grotta per tutta la durata del corso, esclusi indumenti e calzature; dispense e pubblicazioni sugli argomenti trattati, nonché la copertura assicurativa infortuni AXA stipulata con la Società Speleologica Italiana. La Società tuttavia declina ogni responsabilità per danni o incidenti a persone o cose che dovessero verificarsi nel corso delle lezioni. L’età minima per potersi iscrivere è di 14 anni. Per i minori, all’atto dell’iscrizione, è richiesta la firma di un genitore o di chi ne fa le veci. Al corso (che partirà solo se raggiunto il numero minimo di 6 persone) possono partecipare un massimo di 10 allievi. Gli allievi devono attenersi scrupo-losamente alle disposizioni degli istruttori. Coloro che non vi si attenessero possono essere esclusi dal corso in qualsiasi momento, a insindacabile giudizio del direttore del corso.

PROGRAMMA

Martedì 5 novembre Ore 20.00 presentazione del Corso. Lezione su organizzazione della speleologia.

Giovedì 7 novembre Equipaggiamento individuale e tecnica di progressione su corda.

Domenica 10 novembre Cava attrezzata: esercitazioni pratiche.

Martedì 12 novembre Nodi, tecniche base di armo e uso dei materiali.

Giovedì 14 novembre Topografia, rilevamento e uso del GPS.

Domenica 17 novembre Esercitazione pratica nella Grotta di Ternovizza.

Martedì 19 novembre Speleobiologia: la fauna delle grotte.

Giovedì 21 novembre Geologia e carsismo

Domenica 24 novembre Esercitazione pratica nella Grotta Natale.

Martedì 26 novembre Le acque sotterranee e la Speleo-subacquea.

Giovedì 28 novembre Prevenzione degli incidenti speleo-logici.

Domenica 1 dicembre Esercitazione pratica nella Grotta di Padriciano (VG 12).

Martedì 3 dicembre Rinfresco in sede e consegna degli attestati di partecipazione.

Scuola di Speleologia del Club Alpinistico Triestino

Direttore della Scuola: Moreno Tommasini.

Istruttori di tecnica speleologica: Clarissa Brun, Mario Carboni, Alessandro Cernivani, Duilio Cobol, Gianfranco Manià, Mario Nacinovi, Daniela Perhinek, Massimo Razzuoli, Franco Riosa, Gianfranco Tomasin.

Aiuto-istruttori di tecnica speleologica: Franco Gherlizza, Christian Giordani, Paolo Manfreda.

Istruttori di speleologia: Remigio Bernardis, Sergio Dolce, Maurizio Radacich.

Fotografie di: Daniela Perhinek

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alPi giUlie cineMagenti & Montagne

Libri, televisione, un luogo per dormire, una onlus da sostenere....sono aspetti della nostra vita sociale ormai scontati, talmente abituali, da non accorgerci quasi più della loro compagnia con-sueta, della loro ovvia presenza.Ma tra le montagne del mondo, nel centro Europa di tutti i giorni e in altri mondi più distanti, forse non è pro-prio così; forse la presenza (o il suo contrario) degli oggetti e dei soggetti quotidiani alle alte quote può rivelarci un valore diverso delle nostre abitudini e delle nostre necessità.Come di consueto, la prima parte della rassegna Alpi Giulie Cinema, da quest'anno ospitata in un nuovo contesto culturale della città di Trieste, si occupa di documenti visivi legati alle catene montuose del mondo che trattano la presenza dell'uomo non sotto l'aspetto sportivo. Non ultimo, il tema della solidarietà, caro a Monte Analogo, attraversa ancora una volta la nostra manifestazione annuale.Buona visione!

Vi informiamo intanto delle date e i titoli dei film previsti a Trieste. A tempi stretti Vi invieremo informazioni più dettagliate, anche per il 2014.La programmazione della rassegna a Gorizia è inserita nel sito www.mon-teanalogo.net

alPi giUlie cineMa 2013genti&Montagne

Bar liBreria KnUlPvia della Madonna del Mare 7/a

- triesteore 18.00 o 20.30 - ingresso libero

20 novembre

Lybros y nubes(Italia - 2013) 95', regia Pier Paolo Giarolo.Genziana d’argento miglior contributo tecnico Trento Film Festival 2013Premio solidarietà “Cassa rurale di Trento” Trento Film Festival 2013In un remoto villaggio delle Ande peruviane una bambina è in attesa di nuovi libri che arriveranno in uno zaino portato a piedi da un volontario,

dopo un viaggio di diversi giorni. In un altro villaggio un'anziana spiega come tingere la lana con un metodo naturale: le sue parole vengono trascritte da un volontario e diventeranno uno dei nuovi libri dell'Enciclopedia Campesina. In Perù le biblioteche rurali sono costituite da poche dozzine di libri che, una volta letti, vengono trasportati a spalla dalle persone, insieme a mais e patate, in modo che possano essere scambiati con le altre comunità. Messaggio e messaggero viaggiano insieme, in un paesaggio incontaminato a pochi passi dalle nuvole.Presente in sala: Bianca Cuderi (diret-trice Servizio Biblioteche Civiche)

27 novembreIl lusso della montagna(Italia - 2012) 34’, regia Valentina De Marchi.La funzione dei rifugi dolomitici dalle origini a oggi è cambiata, così come e cambiato l’alpinismo e la frequenta-zione della montagna. L’utilizzo delle strutture ricettive ad alta quota si sta allargando ad un pubblico sempre più vasto e con svariate esigenze. Nel film parla chi la montagna la vive e la frequenta a tutti i livelli, raccontan-do l’evoluzione dei rifugi e della loro funzione. Così l’ascolto e il dialogo si fanno strumento creativo per l’archi-tetto che trae stimoli e risposte per un’architettura contemporanea soste-nibile e condivisa.

Il rifugio(Italia - 2012) 52', regia Vincenzo Mancuso.Il Sasso Nero si trova nelle Alpi Aurine, nel cuore delle Apli dello Zil-lertal. Sulla cima è situato il confine tra Italia e Austria. A 2923 mt c'è un

Cari soci, amici, simpatizzanti di Monte Analogo,eccoci alla VENTIQUATTRESIMA edizione di “Alpi Giulie Cinema” e… al VENTESIMO PREMIO “LA SCABIOSA TRENTA”.Monte Analogo è una associazione, una piccola organizzazione che cerca di offrire il più possibile temi di riflessione, piacere e stimolo di ritrovarsi insieme attorno alle cose e ai pensieri di montagna.Le risorse economiche sono sempre più ridotte ma andiamo avanti confer-mando, con grossissimi sforzi gli appuntamenti di Trieste e Gorizia, con una piccola appendice nella pedemontana pordenonese.

Vi chiediamo quindi anche di aderire all’associazione. La tessera (solo 10 euro annui) è un contributo soprattutto di partecipazione alla vita associativa di Monte Analogo che vale, assieme alle idee, proposte, esigenze che riterrete di dare, come apporto importante alle nostre iniziative, ancora migliorabili e ulteriormente diffondibili.Per il tesseramento potrete rivolgervi alla nostra segreteria ai recapiti che troverete qui in fondo, oppure recandovi virtualmente sul sito www.monteanalogo.net o alle receptions durante le nostre iniziative.Grazie per l’attenzione, l’interesse e la pazienza.

Sergio Serra - Presidente di Monte Analogo

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rifugio, costruito nel 1894: il Vittorio Veneto. Qui Gunther Knapp ha deciso di fermarsi alla fine degli anni '70 per diventarne il gestore. Ed è qui che sostano, anche per poche ore, gli alpinisti e gli escursionisti che vanno in cerca della montagna di alta quota, del suo silenzio e del suo panorama più maestoso. Il rifugio è un film sul rapporto tra l'uomo e la montagna, sul suo bisogno e sulla sua necessità, come fuga o come arrivo.Presenti in sala: Nilo Palmisano (rifu-gio De Gasperi – Assorifugi), Barbara Perdan (rifugio Pellarini)

4 dicembreLe Thé ou l’Electricité(Belgio - 2012) 93', regia Jèrome Le Maire.L'epico e comico racconto di come l'energia elettrica arriva finalmente in un piccolo villaggio isolato nel mezzo dell'Alto Atlante marocchino. Con un lavoro durato oltre tre anni, stagione dopo stagione, il regista documenta pazientemente la resistenza degli abitanti e i progressi del lavoro di costruzione della rete, che finirà per raggiungere ma anche imprigionare

la popolazione di Ifri. Lo spettatore diventa testimone della trasformazione di una piccola comunità investita dal progresso.

11 dicembreConversazioni all’aria aperta(Italia - 2012) 48’, regia Elena Ne-grioli.Premio “Città di Imola” Trento Film Festival 2013.Girato sulle montagne trentine, il do-cumentario rappresenta una fonte di divulgazione e consapevolezza sul tema della donazione degli organi. Lo scrittore Erri De Luca è il filo con-duttore di una serie di incontri con i protagonisti, nella spettacolare cornice della montagna. Tra una passeggiata e momenti di riflessione, appaiono tra gli altri gli attori Nastassjia Kinski ed Enrico Loverso, nella pause di lavo-razione del cortometraggio “Il turno di notte lo fanno le stelle”, Pietro Dal Pra, scalatore, donatore di midollo osseo e testimonial di ADMO, e gli alpinisti Nives Meroi e Romano Benet.

Il turno di notte lo fanno le stel-le (Italia - 2012) 23’, regia Edoardo

Ponti.Un uomo e una donna scalano una parete nelle Dolomiti. Lui ha appena affrontato un trapianto di cuore, lei un’operazione a cuore aperto. Si sono promessi quella scalata nei giorni di attesa in corsia. La loro intesa e complicità sfiora l’amore, però è altra cosa: è ringraziamento fatto all’aria aperta per i nuovi battiti del cuore. La cima raggiunta è il punto di partenza per la vita restituita. Da un racconto di e con Erri De Luca.

I film stranieri saranno proposti in lingua originale con traduzione simul-tanea o sottotitoli.

Con il patrocinio di Regione Friuli Ve-nezia Giulia e Provincia di TriesteIn collaborazione con CAI sezione di Gorizia e ARCI Servizio Civile

Associazione CulturaleMONTE ANALOGO - TriesteVia Fabio Severo 31 - Trieste (Italy)[email protected]+39 040 761683 +39 335 5279319.

oasis PHotocontest 2013Premio internazionale di fotografia naturalistica

Ritorna come di consueto l'appuntamento con il Premio Oasis PhotoContest, la più grande vetrina italiana e una delle più importanti a livello internazionale, dedicata alla fotografia naturalistica.Una giuria composta dai direttori dei principali magazine europei di natura e foto, porterà alla ribalta in-ternazionale le immagini selezionate.Al vincitore assoluto sarà assegnato il prestigioso Trofeo Oasis PhotoContest, un'opera in bronzo dello scultore Michele Vitaloni più un premio in denaro di 2.000,00 euro.Al Campione italiano verrà assegnato il Trofeo Press Tours più un viaggio (all inclusive) a Cuba.Un premio speciale sarà assegnato dalla rivista Oasis.Dieci premi da 500,00 euro in denaro verranno consegnati ai vincitori delle 10 sezioni della categoria adulti.Premi in denaro e attrezzature ai migliori classificati delle 12 sezioni.Una selezione delle immagini più suggestive selezionate dalla rivista Oasis comporrà la mostra “Oasis PhotoContest Tour 2014” che il prossimo anno oltre a fare tappa nelle principali città italiane, sarà esposta in occasione di importanti eventi europei dedicati alla fotografia naturalistica.Tutti i partecipanti al Premio saranno inseriti nell'Albo d'oro del catalogo, dove saranno pubblicate, oltre alle 103 foto vincitrici, le circa 500 immagini che passeranno alla fase conclusiva del concorso.

Tutte le informazioni e le modalità di iscrizione sono sul sito del concorso: www.oasisphotocontest.com.Per i giornalisti, i blogger, i responsabili di associazioni, sono a disposizione foto di repertorio e materiale iconografico, sia in risoluzione web che per la stampa, ai seguenti link:Alta risoluzione: http://tinyurl.com/OasisHR.Bassa risoluzione: http://tinyurl.com/OasisLR.

iscrizioni aperte fino al 25 dicembre 2013

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Si avvicinano le giornate del Raduno degli Speleologi della Croazia che si terrà a Momiano (presso Buie) dal 22 al 24 novembre 2013 (www.speleo-skup2013.sd-buje.hr).Vi preghiamo di inoltrare il seguente avviso ai membri della Vostra associa-zione e a tutti gli interessati:- Inviare la propria conferma di par-tecipazione all’indirizzo e-mail: [email protected] entro il 10 novembre 2013;- Coloro che desiderano tenere le lezioni-presentazioni devono inviare

istrUZioni Per gli aUtori

1. CONSEGNA DEI RIASSUNTI E DEI LAVORI 1.1. Il riassunto del lavoro insieme al modulo d'iscrizione al raduno deve essere consegnato entro il 1 novembre

2013. 1.2. Il lavoro completo su CD deve essere consegnato il 22 o il 23 novembre 2013 al momento della registrazio-

ne.

2. ASPETTO DEL TESTO (riassunto e lavoro completo) Il manoscritto dev'esere consegnato nel formato Word *.doc (Microsoft Office Word Document), carattere Times

New Roman, grandezza del carattere 12. Le tabelle e le immagini devono essere incluse nel testo. Fra il titolo del lavoro e il nome dell'autore deve essere usata l'interlinea 2 (line spacing), i testi del riassunto e del lavoro devono essere scritti con interlinea 1 mentre i paragrafi devono essere separati usando l'interlinea 2 senza rientro della frase iniziale. L'intero testo dev'essere giustificato (opzione justify nel documento M.O. Word).

3. COMPOSIZIONE E LUNGHEZZA DEL TESTO 3. 1. Titolo 3. 2. Il nome dell'autore deve essere scritto sotto il titolo, seguito dalla sua posizione e dal grado di specializza-

zione, nome e indirizzo dell'istituzione, indirizzo e-mail dell'autore. 3. 3. Riassunto: deve essere lungo al massimo una pagina formato A4 e scritto nella lingua dell'autore o in lingua

inglese. 3. 4. Parole chiave: sotto il riassunto è necessario inserire al massimo 5 parole chiave. 3. 5. Lavoro completo: la lunghezza complessiva del testo non deve superare i 27.000 caratteri (cca 15 pagine

formato A4), allegati compresi. Il lavoro dev'essere scritto nella lingua dell'autore o in lingua inglese. 3. 6. Bibliografia –in ordine alfabetico e per anno di pubblicazione. 3. 7. Elenco delle illustrazioni - in ordine alfabetico.

4. CITAZIONI Le citazioni all'interno del testo devono essere scrittetra parentesi,in esse si indica il cognome dell'autore, una

virgola e l'anno di pubblicazione, ad esempio(Božić, 2003). Un testo pubblicato in una rivista dev’essere citato nel modo seguente:Lukić,Ozren 1989: Speleološka istraživanja

Crnopca na Velebitu, Speleolog, 1988 – 1989, 14 – 26, Zgreb. Libro: Klimchouk, Alexander B. 2007: Hypogene Speleogenesis: Hydrogeological and Morphogenetic Perspective.

Special Paper no. 1,National Cave and Karst Research Institute, 106 str.,Carlsbad, NM Internet:Bibliografia come per i libri o gli articoli più l'URL: indirizzo web completo e data di accesso al documento

tra parentesi.

Nota: Preghiamo gli autori di attenersi alle istruzioni per evitare successive correzioni dei riassunti e dei lavori.

un breve riassunto delle stesse se-guendo le istruzioni in allegato, entro il 1 novembre 2013;- Le associazioni che desiderano esporre i propri manifesti o materiale informativo, sono pregate di avvisare gli organizzatori del necessario (tavoli, spazio libero sul muro, ecc) in modo da poter gestire al meglio gli spazi, entro il 1 novembre 2013;- Il termine di presentazione dei lavori per il Concorso Fotografico è stato prolungato e scade il 1 novembre 2013. Le istruzioni e il regolamento al sito: www.speleoskup2013.sd-buje.hr/index.php/dogadanja/6-concorso-fotografico

La quota di partecipazione al Raduno è di 50 kn e comprende il pranzo di sabato 23 novembre 2013. La quota si versa in loco al momento della registrazione.

Abbiamo assicurato il pernottamento al coperto per circa 70 persone in ambiente riscaldato, è necessario munirsi di sacchi a pelo.È possibile campeggiare vicino al dor-mitorio (campo di calcio) munendosi di tenda.In caso di esigenze particolari è possibile contattare gli agriturismi limitrofi dotati di alloggi. Vi preghia-mo di mandare in tempo la richiesta di prenotazione. In questo caso le spese di alloggio sono a carico dei partecipanti.

Anche se mancano ancora molti giorni allo svolgimento del Raduno, Vi pre-ghiamo di attenerVi ai termini.

In nome del comitatoorganizzativo del Raduno Alen HlajBuie, 14 ottobre 2013

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Mi sono stati chiesti lumi, anche di recente, sull’origine del nome Carso, e sulla sua moderna ridenominazione Carso Classico.Ebbene, per certi versi potrei dire che si tratta di un problema ancora discus-so, ma forse – giacché ho parlato di “problema” – anche una complicazione inutile. Per quale motivo? Spesso, la questione ha cavalcato l’onda delle mutevoli situazioni geopolitiche, perciò condizionamenti di tale natura vi sono stati – palesi, direi – che talvolta sot-traevano spazio alle argomentazioni storiche o scientifiche. Periodici dibattiti che giungevano… a niente, se non a precisazioni, a vantaggio dell’una o dell’altra parte, secondo la visuale, o meglio della posizione, che si poneva in campo.Esplorando e studiando da decenni il Carso, ho avuto modo di appro-fondire il problema e, credo, di poter dare un contributo di razionalità e concretezza. Quest’articolo, perciò, sarà per certi versi un po’ differente dagli altri che si son letti sull’argomento, non tanto perché percorrerà – sintetizzandoli – esclusivamente i binari storici e naturalistici, ma perché tenterà so-prattutto di sfrondare l’inconcludenza del dibattito in sé, come al contrario in passato è avvenuto, volgendosi all’essenza del problema. Una verità che riguarda, quasi per intero, le ri-cerche speleologiche nel Carso, e più precisamente – di là delle questioni terminologiche – la prospettiva futura tutt’ancora da sviluppare.Innanzitutto, per approfondire la ma-teria, e allo stesso tempo non appe-santire inutilmente il presente articolo, rimando il lettore a tre testi, che, nella loro diversa impostazione, la trattano cogliendo il problema da più punti di vista. Il primo è del nostro Fabio Forti (1), non molto tempo fa comparso come nota all’interno di un più ponderoso lavoro sulla storia recente di Trieste, che sostanzialmente riassume altri suoi scritti precedenti e specifici.Il secondo, comparso parecchi anni prima, è di Ivan Gams (2), che, come tutti sapranno, è un illustre geografo

dell’Università di Lubiana, dove si svi-luppa la questione anche dal lato della storia forestale della regione carsica. Il terzo è il lavoro di Andrej Kranjc (3), dell’Istituto di Ricerche Carsiche di Postumia, che esamina la problematica dal punto di vista generale. Tutte e tre gli autori, poi, ben noti carsologi. Tanto per andar contro la tradizione cominciamo con quella che dovrebbe essere la parte finale, o meglio, giac-ché si tratta anche di ragionamenti, consequenziale. La questione del termine “Carso Classico”. Questione che, a furia di essere dissertata e oggetto di dibattiti a distanza, rischia di diventare barbosa. Anzi, già barbosa è divenuta. Tanto, ognuno si arrocca sulla propria posizione e quindi non troverà mai soluzione… ma c’è bisogno di trovare una soluzione?Vediamo dunque la questione, in breve. Il concetto generale – o il presupposto che dir si voglia – non era nuovo, già il geografo francese Jan Corbel, uno dei grandi carsologi del Novecento, parla de “le Karst proprement dite” (4), e ciò ben prima che il D’Ambrosi, a Trieste, così definisse l’area. Il termine “Carso Classico” (“Classical Karst”) prende piede, da un’originale idea di “Mother Karst” (il klasični o matični kras, ancora del geografo sloveno Darko Radinja negli anni Sessanta),

coniato e diffuso negli anni Ottan-ta-Novanta dagli studiosi sloveni, di Postumia e Lubiana, tanto che questi iniziano a propagarne il nome in sede internazionale, in particolare su una lunga lista di lavori che compaiono sulla rivista “Acta carsologica”.È questo, senza tirare in ballo situa-zioni geopolitiche, un modo per defi-nire – a parer loro, s’intende – l’area carsica classica per antonomasia, o eccellenza, dalla quale son iniziate le esplorazioni e si sono avviati gli studi carsici. Lasciamo da parte le varie impostazioni che, secondo un autore rispetto a un altro, hanno portato a estendere o ridurre, a fisarmonica, l’area (fino a un singolare e impro-ponibile triangolo con vertici Trieste, Lubiana e Fiume).Oggi, calmati gli eccessi, i carso-logi sloveni così inquadrano l’area: “…Classical karst is loosely defined area between the springs of Ljublja-nica at the edge of Ljubljana basin and Trieste bay and is the most NW part of Dinaric karst…”; ciò da nota di Andrej Mihevc di qualche mese fa presentata alla 21th Karstological School “Classical Karst”, cioè l’ultima. Mi sembra una cosa sensata (…che ha una sua “calibratura”), basata an-che sull’evidenza della “classicità” di quest’area nella storia della speleologia

Carso, ambiente d’origine del nomee sua evoluzione nel tempo

Il Carso come si presentava un secolo fa, prima dell’opera di rimboschimento: un paesaggio roccioso, nudo, pietraia, segnato dalla stratificazione affiorante.

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mondiale come dimostrato da Trevor Shaw (5) su basi storico-comparative, trattandosi effettivamente dell’area in cui sono sorte le ricerche “classiche” del carsismo. Se devo però esprimere per intero il mio pensiero, io limiterei il Classical Karst solo al Carso; il Carso/Kras della realtà odierna, come dire il vecchio “Triestiner Karst” dei geologi austriaci fine Ottocento. Solo perché si tratterebbe di un’area omogenea, dal punto di vista carsico e idrogeologico oltre che orografico, e non per altro. Ripeto, per nessun’altra ragione.Tuttavia, anche se un po’ “lontana” dai triestini (si fa per dire), la zona di Postumia è altrettanto classica (ma inizialmente indagata solo da esplo-ratori e studiosi di lingua tedesca e slovena, e sottesa al Krainer karst, o Kranjska kras cioè della Carniola), indubbiamente facente parte – non c’è alcun dubbio, anzi a pieno diritto – dell’area degli studi “classici” carsici, tra l’altro essendo in diretta continuità geografica col Carso.In questo caso, prevarrebbe l’aspetto storico e non idrogeologico. Avver-tenza! Son dibattiti persi in partenza – per noi, intendo – giacché gli sloveni, con il loro Classical Karst (di cui a noi italiani resta una fettina soltanto), sono ormai lanciati, come nessun altro, nel panorama del carsismo internazionale e quindi sono loro che vengono “ascol-tati”, non noi.Del resto una “scuola di carsismo triestina” non esiste più, poiché gli studiosi dell’area triestina (o giuliana che dir si voglia), semplicemente, non possono competere con loro (li-mitandoci ai carsologi d’oltre confine, senza neanche mettere il naso più in là). Basta guardare studi, risultati e visibilità internazionale, per sincerar-sene. E direi che se non guardassimo le cose con obiettività, diverremmo dei pessimi maestri (non che io mi consideri tale).Tanto, chi vuole usare il termine Car-so Classico, ebbene lo faccia, chi è contrario no, e non c’è alcun obbligo, proprio per nessuno. Andiamo fino in fondo?Comincio a chiedermi se mai è esisti-ta una “scuola di carsismo triestina”; poiché l’unica, se così si potrebbe chiamare, fu quella di Walter Maucci, negli anni Cinquanta, quando, secondo i canoni del tempo, i suoi studi e il suo nome girarono, realmente, il mondo, tanto da esser citati dai più grandi studiosi dell’epoca anche grazie alle

sue scoperte originali, ripeto originali, sulla speleogenesi, ponendosi con autorevolezza nei congressi interna-zionali.Fu caposcuola anche perché creò degli epigoni; qualcuno di questi poi, con la maturazione scientifica, andò per la propria strada. In seguito, non che mancassero altri studiosi, nell’area giuliana, ce ne furono eccome e anche ottimi, ma rimasero confinati in questo lembo di terra.Una “scuola di carsismo”, quando esiste, o è legata a uno studioso di caratura internazionale (oggi può essere un gruppo di ricercatori) o a una struttura, come il “Karst Research Institute di Postojna”, l’“Ukrainian Insti-tute of Speleology and Karstology”, o il “Centre d’études et de recherches appliquées au karst (Cerak) de la Faculté polytechnique de Mons”, per citarne alcune (e solo in Europa), e attuali, dove la valenza mondiale e la relativa produzione scientifica sono indiscutibili.Ancora una parola sul nome “Carso Triestino”. Esso compare, soprattutto, nelle pubblicazioni di studiosi austria-ci (già ricordato il “Triestiner Karst”), chiaramente legato alla sua contiguità con l’allora importante (nel senso di più importante rispetto a oggi) città di Trieste (Triest) per la sua funzione di emporio internazionale e sbocco sul mare della duplice monarchia.È soprattutto però in ambito culturale

italiano (anzi, triestino) che tale de-nominazione prende vigore, a seguito della Seconda Guerra Mondiale, con la linea di demarcazione della Zona A del Territorio Libero di Trieste, fino al 1954. Del resto è logico, con la delimitazio-ne, addirittura il territorio carsico tra Monfalcone e Gorizia rimaneva fuori, e gli studiosi locali dell’epoca fruirono ampiamente di questo termine (vedi Carlo D’Ambrosi, Walter Maucci, etc.), legittimato anche dal fatto che era il Carso sotteso alla provincia di Trieste, cioè di quel pezzo che di quest’ultima rimaneva.Oggi, il nome Carso Triestino (non certo sbagliato!) è un po’ in disuso.In sostanza, allora, qual è il difetto del nome Carso Classico? Il difetto, se c’è, si trova in ciò che ho in precedenza specificato, accorpando due unità idro-geologiche ben distinte: l’una il Carso che drena verso il Golfo di Trieste – pur consci che il suo spartiacque ipogeo a sud-est è sostanzialmente sconosciuto (6) – l’altra il Krainer Karst che drena verso il bacino della Ljubljanica.Non ci sarebbe difetto invece sotto il profilo storico, giacché, effettivamente, esso comprende l’intera area degli studi “classici”: da Postumia a San Canziano, a Trebiciano, alle bocche del Timavo. Poi, se vogliamo discutere… è “lana caprina”.Il nome Carso – Carsus, Karst, Kras, anche anticamente Carusadus, Karu-sad – deriva dalla radice preindoeuro-

Stralcio della mappa di Lazius e Ortelius, 1561, 1573, con il Karst.

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pea kar, karra, o meglio “kar(r)a/ga(r)a” con il significato di pietra, che denota anticamente queste regioni. Nello slavo antico anche Grast.Esso denomina la regione “classica”, cioè l’altopiano “carsico”, roccioso, car-bonatico, prevalentemente calcareo, tra il Golfo di Trieste, il Fiume Isonzo (Soča, in sloveno), la valle del Fiume Vipacco (Vipava, in sloveno) e il Flysch dei Colli Brkini (la dorsale collinare il cui versante sud-occidentale drena verso il Matarsko podolje, nella let-teratura italiana anteguerra, e ancora di tradizione triestina, la “Valsecca di Castelnuovo”).È, quindi, il “Carso” in italiano, “Karst” in tedesco e “Kras” in sloveno, nelle tre lingue che hanno insistito su que-ste terre.C’è però da precisare che nella lettera-tura austro-ungarica il termine “carsico” non era, a quel tempo, formalmente istituito, anche se sono stati proprio gli austro-ungarici a introdurlo nelle scienze naturali e illustrarne il senso, fin dall’inizio del 20° secolo.Il concetto di “carsico” si forma (e così è per il “Carso Dinarico”) durante la maggior espansione dell’insediamento agricolo, quando le foreste sono quasi scomparse o sopravvivono in forma di sottili foreste-pascolo.Circa metà della regione era coperta da pascoli, laddove non occorreva spietrare, per l’allevamento capri-ovino, mentre le poche aree coltivate erano sui fianchi e sui fondi delle doline, o piccoli campi sul piano, dissodati ma non arati.Ciò provocava al viaggiatore, osservan-do da lontano o su punti sopraelevati, un’immagine di paesaggio roccioso, piuttosto tipico, spesso lastricato da bianchi affioramenti calcarei costellati dagli imbuti dalle doline.Gli abitanti erano chiamati “kraševci” (in sloveno), o “carsolini” (in italiano). Nell’allevamento capri-ovino, dal Me-dioevo fino al 19° secolo, il pascola-mento avveniva sul Carso non solo d’inverno ma anche d’estate quando il bestiame arrivava fin dagli altopiani circostanti e non solo, da regioni molto più lontane, addirittura (sembra incre-dibile!) secondo le ricerche di Branmir Gusić fin dalla Bosnia-Erzegovina.Ed è questa la principale ragione della deforestazione del Carso, non dalla vendita del legname di quercia a Ve-nezia da impiegare nella costruzione navale o per pali nell’edilizia, come im-propriamente molti credono. Del resto,

la deforestazione, a favore di Venezia, anticamente poteva interessare solo la parte istriana ai piedi del Monte Taiano (Slavnik). Fu fatale, invece, oltre ai capri-ovini la produzione di legnatico per il riscaldamento, il taglio per la protezione contro gli animali selvatici, per la produzione di carbone, per disporre di aree da foraggio, poi le guerre e gli invasori.Nella mappa di Lazius e Ortelius, “Goritiae, Karstii, Chazeolae, Carnio-lae, Histriae et Windorium Marchae Descript(io) 1561, 1573” compare scritto il nome Karst con il suo “ubi Recca flu, absorbetor, et in Timaui fontibus erumpit”.Quando, scientificamente, i naturalisti cominciarono occuparsi del Carso, si pose l’accento, da subito, sull’aspetto sassoso-forestale, arido. Hacquet (7), nel 1781, menziona il “Karosch” (equi-valente a Carso), mentre Hohenwarth (8), nel 1830, nella sua guida alle Grotte di Postumia, spiega cosa sia il Karst, territorio roccioso, senz’acqua, forestale, diffondendo il termine lungo tutto il Carso Dinarico.Poi, von Morlot (9), nel 1848, infine parlerà soprattutto riguardo al Lito-rale e all’Istria, della geologia, della morfologia carsica, in particolare delle doline, dove si legge di Karstkalk e Karstland.Sarà però il geografo serbo Jovan Cvijić, con la sua opera fondamentale del 1893 a “lanciare” il concetto di Karstphänomen nella cultura scientifica del tempo (10).L’espansione del più redditizio alleva-mento bovino da latte su pascolo, sul Carso, seguì di pari passo l’incremento emporiale e urbano della città di Trie-

ste. La predisposizione di pascoli per i bovini determinò lo spietramento, sulle aree da falciare.Fu questa, una fase in cui il pietrame venne pesantemente utilizzato per i muretti a secco, o semplicemente per creare cumuli o per livellare avvalla-menti, o gettarlo nelle grotte a pozzo per disfarsene, più un uso in edilizia.Tuttavia, non bisogna scordare che la deforestazione iniziò presto – si fa par-tire dal periodo Neolitico 6000-6500 a.C. – tanto che a Trieste le autorità cittadine già nel 1150 si premunirono emanando regolamenti sulla protezione delle foreste.Poi, dal 18° secolo l’amministrazione dell’Impero austro-ungarico istituì regolamenti organici per la Carniola e il Carso.Fin quando, a metà del 19° secolo ini-ziò l’opera di riforestazione attraverso istituzioni e società all’uopo costituite, mentre il pascolo capri-ovino subì limi-tazioni. La situazione attuale è nota.Prendendo un esempio classico, cioè di un’area centrale del Carso e molto rappresentativa come quella del Co-mune di Sesana/Sežana, dal 1900 a un secolo dopo si hanno queste variazioni (tralasciando le voci meno importanti): arabili da 10,6% a 1,8%, pascoli e falciabili da 64,3% a 52,6%, boschi da 20,1% a 42,2%.Dal punto di vista geostrutturale – poiché anche questo elemento deve essere trattato – il Carso, o Carso/Kras, o Carso Classico (c’è solo da scegliere), di là delle classificazioni e inquadramenti orografici, è nella “giunzione Alpi-Dinaridi”.

Il medico Balthasar Hacquet (1739-1815)(disegno di artista sconosciuto.)

Il conte Franz Josef Hanibal von Hochenwart(1771-1844) (olio di artista sconosciuto).

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Scherzando, né carne né pesce. Indubbiamente, però, appartiene alle Dinaridi esterne, vedi Schmid et al. (2004) (11) e Šumanovac et al. (2009) (12), secondo le più recenti ricerche crostali.Ad ogni modo, Carso con un aspetto forestale o di landa (come me lo ricor-do io, da giovane), sempre Carso è, e l’adozione o meno del termine Carso Classico, non muta di un millimetro la faccenda.Direi, invece, che la modificazione subita dal Carso, in termini di carsi-smo, sia uno degli aspetti scientifici da cogliere.Durante la deforestazione, con una ridotta evapotranspirazione, la maggior percolazione, il dilavamento delle terre rosse e il trasporto di ossidi di ferro, probabilmente si formava dei concre-zionamenti brunastri, mentre con la ripresa della foresta e della boscaglia in generale le condizioni sarebbero op-poste, e ciò potrebbe aver determinato la calcite più chiara, biancastra, che si rinviene nell’ultima “generazione” di concrezionamento: fenomeno del resto ben noto a chi va in grotta.Detto quadro avrebbe però bisogno di riscontri di tipo geochimico e ra-diometrico.Poi, l’avanzare delle superfici bosco-se (almeno raddoppiate!), assieme ai mutamenti climatici… meno acque alle sorgenti?... un leggero calo della piezo-metrica?... (ma con le opere idrauliche alle bocche del Timavo non si possono fare correlazioni con uno-due secoli fa, e poi mancano dati idrologici storici), la riduzione della ventosità (bora, da boreale, burja) e l’aumento delle tem-perature, cosa, effettivamente, e di tangibile si è prodotto?Ultimo argomento: l’antropizzazione, che ha cambiato il volto del Carso. Urbanizzazione e insediamenti pro-duttivi che soltanto di recente – cioè ben dopo la fine dell’ultimo conflitto – hanno avuto la necessaria (ma non sollecita) considerazione da parte delle amministrazioni centrali e locali, d’Italia e Slovenia (prima ancora, della Jugoslavia).E intanto il degrado dell’ambiente pro-cedeva, inarrestabile. Non è sostenibile invocare la scusante che varare leggi, decreti e regolamenti “costi” tempo (raramente si vede un politico suda-to… ah, sì, in agosto), anche perché la cultura dell’ambiente si era diffusa nelle popolazioni ben prima che la politica e la pubblica amministrazione

intervenissero (da una parte come dall’altra).Ancor oggi, se da una parte (in Italia) abbiamo la “collina della vergogna”, al secolo, la famosa ex discarica di Tre-biciano, dall’altra (in Slovenia) abbiamo la Sežanska sramota (la “vergogna di Sesana”, così chiamata dagli spe-leologi sloveni), sempre al secolo, le cascate di acqua sporca e puzzolente che s’immettono nella Grotta di Kanja-duce, probabile regalo dell’impianto per il trattamento dei reflui, in sito, e in esercizio, così solo di nome.Direi che questi, invece, sono i veri problemi, quelli della sua trasforma-zione, ambientale, più che della sua ridefinizione terminologica; non le sottili discussioni e polemiche – anche se nel garbato linguaggio – che ricordano gli infruttuosi dibattiti tra “Anticrusca” e “Crusca” di tre-quattro secoli fa.Il superamento di barriere ideologiche fondato sul rispetto dell’altrui pensiero, non viziato da motivazioni “politiche”, ferma restando la libertà individuale da parte di ogni speleologo o studioso di regolarsi come vuole nell’ambito di una “logica” supportata dalla verità storica e scientifica – pur possa, quest’ultima, realmente presentare più facce! – rimane perciò il miglior codice di comportamento che, solitamente, esclude l’inconciliabile.Non è dunque paranoia di speleologi e carsologi organizzare, come si fa ormai da anni da parte della comunità internazionale, convegni sull’ambiente del tipo “Karst a Man” etc.Non è un modo, da noi inventato, per sfornare pubblicazioni sull’argomento, bensì “il modo” utile per fare il punto della situazione, da specialisti, per pro-durre studi concreti o illustrare anche proposte alternative, che poi dovranno essere incanalati verso chi governa il bene pubblico, o dovrebbe gestirlo.Lasciatemelo dire, nel lontano 1979, ormai trentaquattro anni fa, ebbi l’oc-casione di organizzare un “Convegno sull’ecologia dei territori carsici”, a Sagrado d’Isonzo, assieme a persone – speleologi, tengo a precisare – che non potrò mai dimenticare, la cui vi-sione andava “oltre”.Argomento, non incardinato nei rigidi canoni della speleologia di allora, ma che aveva una sua “trasversalità”, e che la colse senza indugio e con co-raggio, così come il convegno stesso fu concepito (tra singole persone di diversi gruppi speleologici, un quindi-cennio prima che a Trieste si parlasse

di “speleologia trasversale”!).Fu uno dei primissimi convegni, in assoluto, sul tema (forse il primo sullo specifico tema in Italia).Se vogliamo, dunque, possiamo anche essere precursori.Così, l’articolo si potrebbe chiudere; ma non sarebbe questa – a mio avviso – una conclusione, giacché la pro-blematica dovrebbe essere vista non come da sempre si è voluto esibirla: intendo dire, nell’ottica dello stato di fatto, dell’acquisito, di ciò che fu.Sforziamoci invece di portarla verso ciò che “dovrebbe essere”, cioè che “non” è stato fatto, ciò che attende, quindi pure su colpe (ci son sempre, anche tra i virtuosi!) più che su pregi. Senza inutili martirologi.E questa visione, oltre che consapevo-lezza, dovrebbe prescinde da diatribe su “Classico” o “non Classico”, su fino a San Canziano o fino a Postumia, su terminologia tedesca, slovena o italia-na; aspetti di una certa importanza, non nego, ma fino a un certo punto.Quanto, invece, indirizzarsi nettamente verso il problema della conoscenza intrinseca del Carso, la sua esplora-zione e il suo studio, che le traversie e le distorsioni avvenute e subite da queste terre hanno penalizzato, perciò portarla sui risvolti che ha avuto nella nostra speleologia.La verità è che ancor oggi – secon-do decennio del terzo millennio – in un’Europa unita (sulla carta), con una libertà transfrontaliera fattuale, che, quand’io ero giovane, sognavamo, ita-liani e sloveni non hanno, in quella che dovrebbe essere una consuetudine di rapporti, una normalità di progetti comuni di ricerca sul Carso.Solo poche iniziative (ne cito alcune nell’area giuliana), come al Davorjevo Brezno (presso Kačiče), ovvie poi quel-le della Sezione Grotte dell'Associazio-ne Alpina Slovena di Trieste (Jamarski Odsek SPDT) di Dolina, o l’avvenuta cooperazione transfrontaliera Interreg Italia-Slovenia con una nuova marca-tura della Reka, o quella in corso sullo studio dell’acquifero (dimostrazione che le istituzioni, con provvedimenti e co-finanziamenti, sono alla fine a imporre le convergenze, per lo meno nelle cose di un certo peso); iniziative belle, anzi più che lodevoli, che però non possono (non si arrabbi nessuno) modificare la realtà della quasi totale separazione tra le ricerche che sono condotte da entrambe le parti.Ancor oggi – semplificando – sempli-

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note bibliografiche

(1) FORTI F., 2009: Le Alpi Giulie e le Alpi Dinariche: problemi inerenti la “mutazione della denominazione di appartenenza geografica della Venezia Giulia”. In Felician L., Forti F., Leschi V., Spadaro S. (eds.) e Maria Cattaruzza: La resistenza patriottica a Trieste 1943-1945, Libreria Editrice Goriziana, 2009, 383 pp.

(2) GAMS I., 1991: The origin of the term Karst in the time of transition of Karst (Kras) from deforestation to forestation. Proceedings of the International Conference on Environmental Changes in Karst Areas, I.G.U., U.I.S., ltaly 15-27 Sept. 1991, Quaderni del Dipartimento di Geografia n. 13, Università di Padova, 1-8.

(3) KRANJC A., 1994: About the Name and the History of the Region “Kras”. Acta carsologica, 23, 81-89.(4) CORBEL J., 1951: Le Karst proprement dite. Etude morphologique, Revue de Géographie de Lyon, 31, 4.(5) SHAW T.R., 1992: History of Cave Science. Broadwey, NSW Australia, 338 pp.(6) BALLARIN L., D’AMELIO L., KROKOS A., SERRA F. & SEMERARO R., 2000: Trieste Karst aquifer: review of hydrogeology and geochemistry.

COST Action 621 “Groundwater management of coastal karstic aquifers”, 7th Management Committee Meeting, Karst Research Institute, Postojna 23-25 March 2000, Guide-Booklet for the excursion: 20 pp.

(7) HACQUET B., 1778: Oryctographia Carniolica oder physikalische Beschreibung des Herzogthums Krain, Istrien und zum Theil der benachbarten Länder. I part, pp. VII-XVI, 162, Johann Gottlob Immanuel Breitkopf, Leipzig.

(8) HOHENWART F., 1830: Wegweiser für die Wanderer in der berühmten Adelsberger und Kronprinz Ferdinands-Grotte bey Adelsberg in Krain. I, J. P. Sollinger, Wien, pp. 16.

(9) MORLOT A., 1848: Über die geologischen Verhältnisse von Istrien mit Berücksichtigung Dalmatiens und der angrenzenden gegendem Croatiens, Unterkrains und des Görzer Kreises. Braumüller & Seidl, Wien, 2 (3), 257-318.

(10) CVIJIČ J., 1893: Das Karstphänomen. Geogr. Abhand. von A. Penck, Wien 5, 3, 1-113.(11) SCHMID S. M., FÜGENSCHUH B., KISSLING E. & SCHUSTER R., 2004: Tectonic map and overall architecture of the Alpine orogen. Eclogae

Geologicae Helvetiae, 97, 93-117.(12) ŠUMANOVAC F., OREŠKOVIĆ J., GRAD M. & ALP 2002 WORKING GROUP, 2009: Crustal structure at the contact of the Dinarides and

Pannonian basin based on 2-D seismic and gravity interpretation of the Alp 07 profile in the ALP 2002 experiment. Geophys. J. Int., 179, 615-633.(13) SEMERARO R., 2007: Stato delle ricerche carsiche nel Friuli Venezia Giulia negli ultimi cinque anni: riflessioni e prospettive. Atti di

“SpeleoDuemilaSette” Incontro degli speleologi del Friuli Venezia Giulia a Pordenone, 25 novembre 2007, 41-55.

cemente (e infelicemente) costatiamo, da una parte ciò che si fa a Postumia e dall’altra ciò che si fa a Trieste (o nell’area giuliana, meglio dire, poiché la visuale triestina spesso scorda l’importante speleologia in sinistra Isonzo, cui va il merito d’aver con-seguito la conoscenza scientifica del Carso sotteso, tanto considerevole giacché l’area, differentemente da quella triestina, mostra l’intera esten-sione geologica dell’anticlinorio), senza interferire, costruttivamente, dall’una o l’altra parte del confine di stato (salvo rari casi che, essendo tali, neanche questi fanno testo).Troppe cose ci ostacolano, nate da eventi storici di separazione: interessi, capacità diverse di porsi in campo e di fare ricerca scientifica, contatti internazionali consolidati che non s’in-tendono spartire, limitata propensione a pianificare esplorazioni congiunte fi-nalizzate, ci allontanano perfino un’as-solutamente non unitaria visione del catasto delle grotte (su un’area carsica perfettamente omogenea ma ammini-strativamente divisa), soprattutto nella gestione del dato archiviato e sulla sua proprietà e quindi il suo uso.Mi limito a rilevare, in particolare ma non solo, il ruolo della speleologia (dei gruppi grotte, intendo, e d’ambo le parti), sul quale pesa una mancata assunzione di vere responsabilità per dipanare la matassa.Questo, è il reale problema!Faccio degli esempi, altrimenti si po-trebbe dire che io sia “sul vago”.Due soltanto, e questa volta nel cam-

po della ricerca (ma la lista sarebbe infinita).La redazione, sia da parte italiana sia slovena, delle recenti carte geologiche del Carso (Classico o meno sia stato chiamato), che indubbia importanza hanno per le ricerche carsiche ebbe-ne, costituisce l’esempio del perfetto “non dialogo” tra gli studiosi d’ambo le parti; dove il “non dialogo” non ha fatto che generare difformità di vedute sulla stratigrafia e addirittura sulle denominazioni delle stesse unità geologiche dall’una e l’altra parte del confine. Nelle ricerche sui depositi di riempimento delle grotte del Carso (egregiamente svolte), fondamentali per l’inquadramento crono-evolutivo del carsismo, non c’è mai stata una collaborazione di studio tra italiani e sloveni, tenuto conto delle diverse specializzazioni che sono state mes-se in campo d’ambo le parti, per gli sloveni sul paleo-magnetismo e per gli italiani sulla mineralogia. Tanto che molti dati importanti che sono venuti in luce non possono trovare correlazione e univoca interpretazione; ebbene, anche questo, cos’è se non un altro “non dialogo”?Forse – e lo dico con una certa ritrosia – c’è una ben celata vanità giuliana (triestina, starei per dire) per un ruolo che più non ha, o un’altrettanta ben celata superbia slovena per aver pri-meggiato nel carsismo, fino portare a casa loro addirittura la nostra istituzio-ne mondiale, l’International Union of Speleology che ha sede ha Postumia dal 2002, a complicar le cose (anche

se il decentramento degli organi so-cietari è lungimirante).Forse – ho detto –, ma son pensieri che nessuno degli interessati mai confesserà: si glissa.Su di una cosa però abbiamo certezza, c’è di sicuro il “non dialogo”. E non son concetti nuovi, già sei anni fa, velatamente, li espressi (13).Poi, magari, taluni mi risponderanno che non è vero, elencando da certo-sini le attività di relazione intercorse, tutte effettive e ottime, ma bisogna pur guardare il dato sotto l’aspetto macro-scopico altrimenti si perde di vista la globalità del problema e si entra nel particolare, che tale rimane.Ripeto, questo è il vero, enorme, pro-blema, non “Classico o non Classico” che sia.E se le generazioni future di spe-leologi, carsologi, geologi, eccetera, non andranno – col tempo s’intende – a colmare questo vuoto, più vasto che qualsiasi gigantesca caverna vista durante le nostre esplorazioni, la sofferenza del tempo perduto, per noi (appassionati… non per chi queste cose le fanno per “inerzia”), sarà, alla fine, piuttosto dolorosa.C’è però la speranza, che in senso cristiano (per chi lo coglie) è una promessa che non tradisce. Certo, qui non riguarda l’anima, ma, per noi sinceri appassionati di speleologia, son sempre buone e oneste intenzioni.E di questo noi siamo certi.Speriamo, dunque, naturalmente dan-doci da fare.

Rino Semeraro

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L'amico Maurizio Radacich sta cercando di individuare i nomi dei grottisti che appaiono nelle foto sottostanti e, se possibile, anche dei luoghi e delle grotte inquadrate.C'è qualcuno che può aiutarlo in questa ricerca storica?Se siete in grado di dare una risposta vi preghiamo di segnalarlo direttamente all'autore ([email protected]) opure alla casella postale delle "Cronache Ipogee".Per l'altra foto, invece, che ritrae una famiglia che viveva in una grotta del Carso, c'è la ricerca del nome della grotta stessa. Anche qui se qualcuno riesce a riconoscerla dagli scarsi particolari che si intravedono, ce lo comunichi.Grazie a tutti coloro che vorranno collaborare con questa nuova ricerca storica di Radacich.

La Redazione

...alla ricerca del nome perduto

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info point...

Chi desidera pubblicare la pro-pria notizia o articolo sul pros-simo numero delle "Cronache Ipogee" è pregato di spedire lo scritto a: [email protected] notizie dovranno pervenire alla redazione entro la fine del mese in file formato word, le foto in formato .jpeg (risoluzione 300 dpi) indicando, possibilmente, l'autore della foto.Chi desidera vedere tutti i nu-meri precedenti può consultarli, o scaricarli, direttamente dal nostro sito:cronacheipogee.jimdo.com.Buona lettura e, grazie.

La Redazione

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Per eventuali scambi e informazioni:Maurizio Radaciche-mail: [email protected]. 339 2539712.

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Questa rubrica vi viene offerta in forma gratuita e la durata dell'esposizione dei messaggi pervenuti sarà garantita per tre mesi.Passato questo lasso di tempo, se non viene rinnovata la richiesta, il mes-saggio verrà rimosso.Chiediamo la cortesia di segnalare alla redazione le eventuali contrattazio-ni, andate a buon fine in tempi inferiori a quelli trimestrali, evitandoci così di promuovere quegli articoli che sono già stati evasi dalle parti.Grazie.

La Redazione

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