Pagine da rugby per gioco

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IL RUGBY PER GIOCO 7 "Un buon formatore è colui che si rende progressivamente inutile" (anonimo) LA FORmAZIONE SPORTIvA dI bASE Anche se “per gioco” e “attraverso il gioco”, la formazione spor- tiva di base, ha il compito di contribuire, congiuntamente all’at- tività delle altre agenzie educative a cui la società moderna fa riferimento, alla piena realizzazione dell’uomo/cittadino. è però un percorso impervio, con risultati verificabili a lunga sca- denza, che richiede progettazione, risorse, quantità e qualità di sollecitazioni, passione e competenza degli educatori e non ul- timo una forte alleanza fra bambini/adolescenti, club, scuola e famiglia. Non intendiamo con questo lavoro analizzare tutti questi am- biti, ma solo alcuni di essi più vicini all’educatore, alla relazione educativa che questo mette in atto e ai presupposti teorici che la guidano. Siamo partiti quindi da un assunto imprescindibile: il ripudio del “giocatore-robot” e della “formazione” finalizzata esclusiva- mente al risultato agonistico. Anche se queste affermazioni trovano un generale assenso sap- piamo quanto subdola è la minaccia di cadere in percorsi “ab- breviati” e, quanto difficile è il percorso di formazione alternativo che richiede all’educatore conoscenze e competenze sempre più complesse. I motivi di questa scelta sono essenzialmente due: il primo è di carattere etico nel senso che non esiste formazione umana senza la finalità di rendere autonoma e protagonista la persona, il secondo invece è insito nella specificità dei giochi sportivi. I “giochi sportivi” e il rugby in particolare sono infatti caratte- rizzati dall’essere fortemente complessi e variabili nelle loro si- tuazioni e condizioni. L’agire tattico, cioè la scelta tra una serie più o meno vasta di possibili soluzioni del problema percettivo/motorio e affettivo che si pone costantemente durante la gara al giocatore e alla squadra, diventa il requisito più sensibile, l’abilità delle abilità.

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Decine di giochi propedeutici che si evolvono verso esercizi più specifici per il gioco del rugby, per una progressione ad altissima valenza didattica.

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"Un buon formatore è colui che si rende progressivamente inutile"(anonimo)

LA FORmAZIONE SPORTIvA dI bASE

Anche se “per gioco” e “attraverso il gioco”, la formazione spor-tiva di base, ha il compito di contribuire, congiuntamente all’at-tività delle altre agenzie educative a cui la società moderna fariferimento, alla piena realizzazione dell’uomo/cittadino.è però un percorso impervio, con risultati verificabili a lunga sca-denza, che richiede progettazione, risorse, quantità e qualità disollecitazioni, passione e competenza degli educatori e non ul-timo una forte alleanza fra bambini/adolescenti, club, scuola efamiglia.Non intendiamo con questo lavoro analizzare tutti questi am-biti, ma solo alcuni di essi più vicini all’educatore, alla relazioneeducativa che questo mette in atto e ai presupposti teorici chela guidano.Siamo partiti quindi da un assunto imprescindibile: il ripudio del“giocatore-robot” e della “formazione” finalizzata esclusiva-mente al risultato agonistico.Anche se queste affermazioni trovano un generale assenso sap-piamo quanto subdola è la minaccia di cadere in percorsi “ab-breviati” e, quanto difficile è il percorso di formazione alternativoche richiede all’educatore conoscenze e competenze sempre piùcomplesse.I motivi di questa scelta sono essenzialmente due: il primo è dicarattere etico nel senso che non esiste formazione umanasenza la finalità di rendere autonoma e protagonista la persona,il secondo invece è insito nella specificità dei giochi sportivi.I “giochi sportivi” e il rugby in particolare sono infatti caratte-rizzati dall’essere fortemente complessi e variabili nelle loro si-tuazioni e condizioni.L’agire tattico, cioè la scelta tra una serie più o meno vasta dipossibili soluzioni del problema percettivo/motorio e affettivoche si pone costantemente durante la gara al giocatore e allasquadra, diventa il requisito più sensibile, l’abilità delle abilità.

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Gli schemi motori di base rappresentano le unità fondamentalidel movimento, sulle quali, grazie alla pratica, si vanno a co-struire abilità più complesse e più specifiche.Ogni sport ha un suo peso formativo anche in relazione aglischemi motori che tramite il semplice gioco va a sollecitare.Nel gioco del rugby ne vengono utilizzati un numero elevatis-simo:

CAMMINARE

SOLLEVARESOSTENERE

SCAVALCAREAFFERRARE

SCANSARE

PARARE(bloccare la palla

con le mani)

PLACCARE(acchiappare)

FINTARE

RUOTARE SUDIVERSI ASSI

TIRARE

SPOSTARSI INQUADRUPEDIA

SPINGERE

CALCIARE

STRISCIARE

ROTOLARE SUDIVERSI ASSI

LANCIARESALTARE

CORRERE

Possiamo quindi affermare che la semplice pratica del rugbyconsente al praticante uno sviluppo motorio piuttosto ricco epolivalente, eventualmente trasferibile anche a future pratichesportive. Resta comunque fondamentale inserire nella pro-grammazione degli allenamenti per i bambini dei tempi per sti-molare e sviluppare quelle che vengono definite le capacitàcoordinative, presupposto irrinunciabile per la costruzionedei futuri apprendimenti tecnici e tattici.

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Per favorire la consultazione abbiamo raggruppato i giochi in trecategorie:

• Percorsi e staffette: finalizzati al consolidamento eall’arricchimento degli schemi motori di base e di alcune capacitàcoordinative, si prestano a tantissime variazioni quantitative equalitative;

• Giochi di contatto e di lotta: finalizzati alla gradualesensibilizzazione ai vari tipi di contatto (da quello oculare, verbale,corporeo fino alla lotta) rappresentano uno strumentofondamentale per la multilateralità della proposta educativa e perla propedeuticità al gioco del rugby. In questi giochi la sferaemotiva ed affettiva viene decisamente sollecitata;

• Giochi di movimento e presportivi: finalizzati all’utilizzo deglischemi motori di base e delle capacità coordinative in contestiludici, più o meno complessi e variabili, sollecitano gli aspettipercettivi spazio/temporali, decisionali e la fantasia degli allievi.

Sono inoltre fondamentali per:- aiutare il gruppo a realizzarsi sul piano del compito e delle

procedure, consentendo di progredire verso lo scopo, l’obiettivo;- facilitare la presa di coscienza degli elementi socio-affettivi che

possono frenare il cammino del gruppo: gruppetti in competizione,aggressività non controllata, ecc.

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PER INIZIARE A gIOcARE: LE REgOLE FONdAmENTALI

Il gioco da proporre ai piccoli non è il “rugby in piccolo” ma il “rugbyper i piccoli”. Il comune denominatore è rappresentato dall’utilizzo del mede-simo attrezzo, dei principi e delle regole fondamentali:come segnare la meta - il giocatore per segnare deve appoggiareil pallone a terra con una leggera pressione delle mani nell’area dimeta avversaria.come fermare un giocatore con la palla, il placcaggio - L’attac-cante può essere fermato da un’azione di uno o più difensori chelo mettono a terra con un gesto che avviene usando le braccia estringendo l’avversario dalla cintola in giù.Il giocatore placcato deve lasciare il pallone immediatamente (re-gola del tenuto). Il placcato deve rimettersi in piedi prima di farequalsiasi intervento.Passaggio non avanti - il pallone può essere passato solo ad uncompagno posizionato indietro o lateralmente, non in avanti. La regola è applicata anche ogni volta che un giocatore perde ilcontrollo del pallone e questo cade in avanti.Fuorigioco - facciamo riferimento al giocatore che davanti al com-pagno portatore del pallone non può ricevere il passaggio.

Con queste poche regole, che vengono introdotte per gradi e al-l’occasione (principi metodologici che ci suggeriscono di far pre-cedere il semplice al complesso e il conosciuto all’ignoto) si iniziaa giocare.La progressione che utilizziamo più frequentemente quando il con-testo ce lo consente (sicurezza dell’ambiente) e la finalità è con-divisa, è di iniziare subito a giocare solo con la regola della meta,prese ovviamente tutte le precauzioni sul piano della sicurezza e

GIOCO /VERIFICA

OSSERVAZIONECOMPORTAMENTI

ANALISI E DEFINIZIONEDEGLI OBIETTIVI

SITUAZIONE DIDATTICA

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Il giocatore costruisce il suo rugby in una situazione di conti-nuità; ma per motivi di organizzazione didattica è funzionale sta-bilire 3 grandi tappe di sviluppo. Queste vengono vissuteindistintamente dal principiante bambino e dal principianteadulto poiché identificano delle esperienze che prescindono dal-l’età anagrafica e che vanno assolutamente vissute, pena quel“bruciare le tappe” che porrà nel tempo tantissime problema-tiche, dalla limitazione nell’accedere a livelli di prestazione su-periori, al completo abbandono dell’attività agonistica.

La prima tappa è una fase di scoperta e di esplorazione del-l’ambiente che lo accoglie, del gioco e delle implicazioni affet-tivo/relazionali che lo caratterizzano.è una tappa fondamentale per il principiante e la sua famigliaper conoscere e vivere i valori della F.I.R. e del Club e per l’ap-propriazione dei principi e delle regole fondamentali del gioco. La seconda tappa di formazione vera e propria prevede unmaggior impegno dell’allievo all’interno del club. Il rugby è losport che il giocatore ha scelto di praticare in modo esclusivoe ne trasferisce con orgoglio i valori nella vita di tutti i giorni.In questa tappa migliora la comprensione del gioco, quindi la ca-pacità di cooperare in attacco come in difesa per assicurare lacontinuità dell’avanzamento; gli aspetti di percezione/valuta-zione delle situazioni e quelli decisionali diventano di primaria im-portanza. è la tappa della polivalenza tattico-tecnica, del giocoper posizioni e non per ruoli per permettere di sperimentare ilpiù alto numero di situazioni.La terza tappa ha l’obiettivo della massima efficacia, delle qua-lità mentali ed emotive, tattiche e tecniche già acquisite. I ruolivengono specializzati pur mantenendo competenze polivalentisempre più fini. Lo studio delle situazioni strategiche diventaimportante. All’interno di queste tappe si possono individuare dei compor-tamenti individuali e collettivi caratteristici, classificabili per li-velli, cicli di formazione, e che permetteranno di definire gliobiettivi futuri.

Avviamento Formazione Specializzazione

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La costruzione dell’esercizio molto spesso avviene così per caso in modo originale, dall’osservazione dell’allenatore

Un’esperienza di campo

Durante un allenamento per la preparazione di una tesi univer-sitaria sulla formazione tattica abbiamo avuto l’impressione cheil gruppo di ragazzi under 12 con circa 2 anni di esperienza concui stavamo lavorando, non cogliessero pienamente alcune si-tuazioni di gioco vantaggiose venutesi a creare. Abbiamo chiesto, provocatoriamente, agli attaccanti di disporrea piacimento nel campo i loro avversari in una posizione tale dapoter avere meno difficoltà per segnare la meta.L’obiettivo era valutare la loro percezione del “rapporto di forza”attacco/difesa e partire con una proposta didattica che fosserealmente vicino alle loro conoscenze.

Abbiamo utilizzato la seguente comunicazione per assicurarciche la consegna fosse chiara:

“L’obiettivo è segnare ilpiù velocemente possi-bile. Potete spostare ivostri avversari dovevolete all’interno delcampo in modo che nonvi diano problemi persegnare la meta. Pren-dete per mano ognunodi voi un difensore espostatelo dove volete.Al movimento del por-tatore del pallone tuttipossono intervenire nelgioco, difensori e at-taccanti”.Le risposte sono statele seguenti (fig. di lato):

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"Non ricordo molto di quello che mi dicevano i miei allenatori, ma il ricordo di come mi facevano sentire è ben vivo"

Un giocatore

IL RUOLO dELLE EmOZIONI NEL PROcESSO dI APPRENdImENTO

Abbiamo rappresentato un’idea di apprendimento come un pro-cesso di appropriazione del mondo in modo esperienziale e si-stematico.Abbiamo anche visto quanto sia fondamentale preservare unacerta plasticità delle funzioni del S.N.C. affinché i comporta-menti risultino flessibili e adattabili.Nell’ambito specifico dei giochi sportivi la ricchezza e la dispo-nibilità delle risposte motorie, che caratterizzano la competenzatattica, si costruiscono in un contesto correlato fortementeanche alle emozioni che accompagnano ogni forma di apprendi-mento. Già nella fase di arrivo, gli input sensoriali, che come abbiamovisto vengono trattati dalla totalità del S.N.C. (riflessi com-presi), prima di risalire alla corteccia subiscono un “filtro” daltalamo e vengono analizzati dalle strutture limbiche (sede delleemozioni): le risposte riflesse e automatiche inglobano quindi già“l’emozione” prima che questa venga percepita razionalmente.L’esperienza, anche motoria, viene successivamente conservatanella memoria con tutta la componente emozionale che ha ac-compagnato il processo d’apprendimento.La semplice ripetizione automatica non permette pertanto unaefficace collocazione in memoria, in quanto nella noiosa e im-personale ripetizione le emozioni sono sbiadite.Se ci fermassimo infatti ad allenare e a valutare solo l’aspettodella forma, potremmo avere giocatori in grado di eseguire egre-giamente il copione, dei buoni esecutori, ma nella pratica questagestualità sarebbe svuotata di quel contenuto che le conferi-rebbe funzionalità.Saremmo di fronte a giocatori incapaci di “esprimersi” in diversicontesti, ma soprattutto in diverse situazioni emotive. Quante volte a bordo campo sentiamo dire… “quell’atleta ha

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