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PAGINA 3 NN. 1-2 / Gennaio - Febbraio 2019 150° Anniversario dell’Unità d’Italia Paolo Boselli (1838 - 1932) Secondo incarico alla Minerva dall'8 febbraio al 30 maggio 1906 Paolo Boselli: l’impegno nei Ministeri finanziari e il secondo incarico alla Minerva. Il Governo nazionale e la Presidenza della “Dante Alighieri” di Giacomo Fidei L asciata la Minerva nel febbraio 1891, Boselli riprese l’avità parlamentare e, con essa, le ricerche storico-leerarie, interroe a causa degli impegni istu- zionali, approfondendo, in parcolare, la figura di Carlo Alberto. Dopo l’esame di fon documentali fino ad allora rimaste inedite, il 24 aprile 1892 Boselli rendeva, infa, nota all’Accademia delle Scienze di Torino una leera del 1821 di Carlo Al- berto all’ammiraglio della marina sarda Giorgio De Geneys col quale era stato in contao epistolare. Da tale leera emer- geva il travaglio interiore del giovane mo- narca di fronte all’evolversi della situa- zione polica e al ruolo che la dinasa sa- bauda sembrava fatalmente desnata a ricoprire. Nella circostanza, Boselli ester- nava pubblicamente il suo profondo ri- speo per l’istuto monarchico, di cui si dichiarava da tempo convinto sostenitore come dell’unica istuzione in grado di ga- ranre il pacifico svolgimento della vita sociale. In un discorso tenuto a Dego (in quel di Savona) qualche anno prima (1886) aveva avuto modo di esprimere il suo pensiero in proposito: “Sono monarchico poiché ho la profon- da convinzione che l’Italia non potreb- be essere rispeata all’esterno e tran- quilla all’interno che conservando le auali costuzioni (cioè, lo Statuto Al- berno e le leggi connesse e derivate: n.d.a.).” La monarchia rappresentava, dunque, per lui l’unica istuzione al di sopra delle par- alla quale era necessario guardare per il bene di tu, senza farsi tentare da pe- ricolose suggesoni sovversive. E Carlo Al- berto era, ai suoi occhi, la figura che ave- va incarnato, sia pure con qualche tu- banza iniziale, la fase nascente dell’Italia come Stato unitario. La sua figura, icona dell’italianità in fieri nell’epopea risorgi- mentale, affascinò sempre l’animo di Boselli, che mol anni dopo (1924) avreb- be commemorato con una doa rela- zione la vita e l’opera del principe di Ca- rignano. Nel biennio 1892-1893 il mon- do polico era araversato dalle laceran vicende dello scandalo della Banca Ro- mana, che trovarono eco sempre più va- sta sulla stampa nazionale. Alla fine del 1893, per effeo della grave crisi eco- nomica e polica connessa a quell’evento, il governo Gioli si trovò costreo a ras- segnare le dimissioni. Dopo un tentavo, andato a vuoto, di costuire un “gabi- neo di tregua“ affidato a Giuseppe Za- nardelli, re Umberto arrivò alla determi- nazione di richiamare in campo France- sco Crispi, che sembrava, in quel mo- mento, l’unico polico in grado di af- frontare la crisi con la fermezza neces- saria. Boselli, che nelle freneche con- sultazioni di quei giorni aveva rifiutato, come Saracco e Sonnino, di far parte del- l’esecuvo di Zanardelli, ebbe, quindi, un ruolo non secondario nel rientro in cam- po di Crispi. E quest’ulmo, al momento di costuire il nuovo gabineo, pensò, ov- viamente, a lui per un ruolo presgioso e adeguato. Il 15 dicembre 1893 affidò, infa, a Boselli l’incarico di ministro dell’Agricoltura, industria e commercio, amministrazione di grande rilevanza stra- tegica per l’economia nazionale. Il nuo- vo incarico sembrava davvero corri- spondere al patrimonio di conoscenze ed esperienze maturate dagli inizi della sua avità polica. E, in effe, Boselli af- frontò, con piena cognizione di causa, al- cune delle più delicate quesoni riguar- dan lo sviluppo economico e sociale del Paese. Appena insediato al ministero, si occupò della conversione in legge del de- creto 20 dicembre 1893, con cui, dopo lo scandalo della Banca Romana, si cercava di porre qualche rimedio alla scoante materia delle emissioni monetarie. Il de- creto, in parcolare, unificava il servizio di vigilanza governava sugli istu di emissione e sulla circolazione monetaria, con un sistema di controlli e verifiche più efficaci e rigorosi. Oltre a questo impor- tante provvedimento, che affermava con forza il principio del dirio-dovere dello Stato a esercitare il controllo sulle dinamiche finanziarie di rilevanza pub- blica, Boselli si occupò di altri seori stra- tegici, tra i quali quello dell’agricoltura. Materia quest’ulma non nuova per lui che, da semplice parlamentare, già a par- re dal 1873, aveva proposto un’indagi- ne sulla classe agricola per predisporre una riforma migliorava delle condizio- ni di vita dei lavoratori del seore. La sua proposta però non aveva trovato acco- glimento per la diffusa opposizione degli interessi agrari rappresenta in Parla- mento e Boselli aveva dovuto impe- gnarsi a fondo per raggiungere final- mente il suo intento solo nel 1876. Fer- mamente convinto dell’importanza del- l’agricoltura per la vita economica del Pae- se, si occupò subito della quesone for- mava specialisca per l’avità agraria. Come primo segno di aenzione al pro- blema, si interessò del rilancio delle scuole agrarie di Milano e di Porci, due istuzioni che si erano affermate come poli di riferimento qualitavo per il set- tore. Affrontò, quindi, la delicata que- sone del Credito agrario, in vista di un’organica riforma divenuta sempre più urgente per dare sostegno e incen- vo al seore. Passando poi all’ambito commerciale, che allora rientrava nella sfera di competenza del Ministero, è da ricordare il suo intervento in tema di a- vità delle imprese assicurave. Il che av- venne con l’approvazione della legge 3/4/1894, che mirava a conciliare l’in- teresse e la responsabilità delle impre- se con la tutela dei diri degli assicura. A concludere questa sommaria disami- na dei suoi interven come ministro dell’ Agricoltura, industria e commercio, van- no ricordate alcune leggi riguardan seori vitali dell’economia nazionale. In parcolare: - La legge 7 giugno 1894, n° 230, che, in considerazione dell’importanza sempre crescente dell’elericità, regolamentò le procedure per la distribuzione dell’ener- gia a fini industriali. - La legge 12 marzo 1894, n° 340, conte- nente modificazioni ed aggiunte al re- golamento per l’applicazione del codice di commercio. Insomma Boselli era intento a seguire le più diverse problemache del suo mini- stero, quando nel giugno 1894 inter- venne una parziale crisi di gabineo, che indusse Crispi a effeuare un “rim- pasto”. A seguito di quest’ulmo, Bosel- li passò dal Ministero dell’Agricoltura, in- dustria e commercio a quello delle Fi- nanze, lasciato libero da Sonnino, des- nato al Ministero del Tesoro. *** L ’insediamento di Boselli al dicastero delle Finanze coincideva con un mo- mento di grave turbolenza commerciale, che si aggiungeva agli strascichi dello scan- dalo della Banca Romana, di cui più vol- te si è fao cenno. Tale turbolenza si ri- collegava all’aeggiamento della Francia, che aveva iniziato da tempo una vera e propria guerra commerciale contro l’Ita- lia, con pesan ripercussioni sull’intero si- stema economico. Le conseguenze si fa- cevano, ovviamente, senre sul bilancio statale ben lontano dal pareggio, gene- ralmente auspicato come traguardo es- senziale per la ripresa, economica e non solo, del Paese. In questo quadro di gra- vi difficoltà Boselli si impegnò in una po- lica tributaria a tuo campo, che spes- so suscitò le più vivaci criche dell’op- posizione. Il 20 giugno 1894, a pochi gior- ni dal suo insediamento al ministero,so- stenne davan alla Camera l’opportuni- tà dell’aumento del Dazio sul grano e del- la connessa tariffa sulle farine, che era- no state proposte dal ministro del Teso- ro Sonnino. D’intesa con lui mise a pun- to un piano rigoroso di nuove imposte, fi- nalizzate a procurare un corposo geto erariale, nella prospeva del mico “pa- reggio di bilancio“. Il 13 giugno 1895 pre- sentò alla Camera un paccheo di “Prov- vedimen di finanza e di Tesoro“ arco- lato in cinque toli principali, desna a incrementare il geto fiscale in ogni possibile ambito. A tolo di esempio si ri- cordano i seguen provvedimen: a) Tariffe doganali e relavi inasprimen- riguardan i più diversi prodo (zuc- chero, olio di palma e di cocco, petroli, co- tone greggio, ecc.); b) Tasse di fabbricazione e di raffinazio- ne (sui fiammiferi, sugli oli minerali greg- gi e degli spiri in genere); c) Nuove imposte sul gas e l’energia elerica a scopo di illuminazione; d) Aggravi fiscali sul servizio ipotecario e nuove tasse sugli affari e le assicura- zioni, nonché sulla registrazione (obbli- gatoria) delle sentenze emesse in cam- po civile; e) Tasse in materia successoria, con l’ob- bligo di denuncia delle azioni, obbligazioni ed altri toli fruferi in tu i casi di tra- smissione di patrimoni ereditari. La sua polica tributaria fu oggeo, co- m’era prevedibile, di criche ed aacchi di ogni genere, in considerazione del fao che i vari provvedimen colpivano indisntamente i più diversi stra della popolazione. Rispondendo ad uno dei suoi più fieri oppositori, l’onorevole Branca, che aveva conosciuto agli inizi del- l’avità parlamentare, così si esprimeva: “Egli crede (di) dar prova di amore ai con- tribuen e recar pane a essi e a tu co- loro che accrescono col lavoro l’econo- mia nazionale, guardando solo al sacri- ficio che si chiede e non al beneficio che si assicura. Io penso che il vero amore sia quello che assume anche gli odiosi uffi- ci quando ques sono necessari per presidiare le grandi forze della nazione e promuoverne la prosperità.“ Nonostante queste dichiarazioni a so- stegno della polica fiscale non furono pochi gli uomini polici che contrastarono questo rigore indiscriminato. Fra di essi è da ricordare il deputato Luigi Luzza, che aveva conosciuto Boselli nella me- morabile Esposizione internazionale di Pa- rigi nel 1867. Luzza, forte della sua au- torevolezza personale, rivolse aperta- mente al governo l’invito ad aenuare l’insostenibile peso che gravava sui con- tribuen con la revisione dell’intero si- stema tributario. Richiesta alla quale Boselli rispose il 28 luglio 1895 all’anco collega, in qualche modo colpito dalle os- servazioni, comunicando che il governo si apprestava a varare una riforma ge- nerale del sistema tributario, per intro- durvi elemen di maggiore equità. Tra tu gli altri interven del Boselli nel cor- so del 1895 è da ricordare quello rela- vo al gioco del Loo, nella discussione svoltasi in Senato nel dicembre di quel- l’anno. Di fronte all’intervento del sena- tore Sambuy, che avrebbe voluto la sop- pressione del gioco per movi di mora- lità pubblica, Boselli fece valere la voce dell’esperienza e del buon senso, umano e polico insieme. Ricordò, in parcola- re, i tentavi, per altro non giun a buon fine, esperi in tale direzione da Quinno Sella, animato sempre dal de- siderio di moralizzare la vita pubblica. Mo- ralizzazione che - secondo lo stasta piemontese - passava anche araverso in- terven finalizza a sradicare dal costu- me nazionale abitudini sicuramente per- niciose e deprecabili. A conclusione del suo discorso, però, Boselli sosteneva l’opportunità di mantenere in vigore il gio- co del loo in considerazione del geto che esso comunque assicurava alle cas- se dello Stato, proprio grazie a quelle de- precabili abitudini. Con il mantenimento del gioco, Boselli intervenne, quasi a bi- lanciarne la conservazione, con severe mi- sure di contrasto all’esercizio del loo clandesno, misure contenute nella leg- ge n° 712 del 22/12/1895. A presidio del monopolio statale in materia, la legge pre- vedeva severe sanzioni a carico degli spe- culatori, che, organizzando clandesna- mente il gioco, procuravano un grave dan- no allo Stato, soraendogli risorse e alle famiglie, sfruando la loro fragilità psi- cologica. Insomma, secondo la realisca valutazione di Boselli, visto che era pra- camente impossibile eliminare un’abi- tudine così radicata nel costume sociale, specialmente negli stra più bassi della popolazione, tanto valeva assicurare allo Stato - e solo allo Stato - i proven di quel comportamento collevo. Ed è, in fon- do, la ragione per cui il loo, nonostan- te le periodiche criche che vengono mosse al gioco per ragioni di caraere e- co, è rimasto sostanzialmente intao nel nostro ordinamento, come una “tas- sa sulla speranza“ a beneficio dell’erario. Da liberale della scuola classica e anco allievo di Quinno Sella, Paolo Boselli esperì ogni tentavo ule a raggiungere il mico “pareggio”, come dimostra la po- lica tributaria appena accennata. Non era, però, pregiudizialmente contrario a una rivisitazione del sistema tributario nel suo complesso per alleggerire il peso fi- scale che gravava sui ce popolari, sulla piccola proprietà privata, nonché sui la- voratori subordina. Ma non fece in tempo a tradurre in concre provvedi- men questo suo inmo proposito, obe- rato dalle altre urgenze ed esigenze di se- gno opposto. Nel quadro dei rappor commerciali con gli altri Sta europei, si pose il problema dell’aeggiamento da tenere nei confron dei capitali stranie- ri in merito all’incombente pericolo del- le speculazioni finanziarie. Al riguardo, non è superfluo riportare una sua di- chiarazione sull’argomento, che sem- bra contenere elemen di straordinaria aualità: “Ben venga il capitale straniero se vie- ne per impegnarsi seriamente e dure- volmente in imprese agrarie e indu- striali, ma se viene ad alimentare la spe- culazione, è meglio che non passi i no- stri confini.“ Mentre il governo era impegnato sul fronte interno in un rigoroso programma di austerità, la situazione della polica estera, affidata all’impresa coloniale africana, precipitava. E, a seguito del di- sastroso esito della baaglia di Adua e delle roven polemiche parlamentari che ne seguirono, il governo Crispi fu co- streo a rassegnare le dimissioni. Era il 10 marzo 1896 e Boselli usciva dal go- verno per riprendere suo ufficio di mem- bro della Camera. *** I l periodo che fece seguito alla crisi del governo Crispi e alla definiva uscita dal- la scena polica dello stasta siciliano fu uno dei più drammaci per la vita del Pae- se. Manifestazioni popolari, scioperi, sommosse, rivolte operaie e contadine contro le intollerabili condizioni della vita e del lavoro, culminarono emble- macamente nei tragici fa di Milano del maggio 1898. In quella circostanza, come è noto, per disperdere i manifestan, con- flui nel capoluogo lombardo per chie- dere condizioni di vita più umane, il ge- nerale Bava Beccaris ordinò di sparare a cannonate sulla folla. Alla carneficina erano seguite vivacissime polemiche in Parlamento e sulla stampa. Il governo di Rudinì, soo la pressione dell’opinione pubblica, era stato costreo alle dimis- sioni il 1 giugno 1898, in un paese lace- rato dallo scontro fra proletariato e clas- se dirigente. Ai tragici fa di Milano fece seguito un periodo di reazione a tuo campo contro i promotori, veri o presun, dell’agitazione popolare. Un primo mi- nistero, guidato dal generale Pelloux, e co- stuito il 29 giugno 1898, rimase in cari- ca meno di un anno e, a seguito della sfi- ducia della Camera, rassegnò le dimissioni il 3 maggio 1899. Il Re Umberto, co- munque, ritenne di affidare nuovamen- te il governo al dimissionario Pelloux, che formò la nuova compagine prevalente- mente con elemen conservatori e di de- stra. Fra ques fu inserito, per la sua in- dubbia capacità e autorevolezza, Paolo Boselli, con l’incarico di ministro del Te- soro. La situazione polica era parco- larmente grave, con insidiose difficoltà al- l’esecuvo create dalla taca ostruzio- nisca dell’estrema sinistra, ovviamente contraria al blocco polico che era stato chiamato alla guida del Paese. A tale en- demica confliualità si aggiungevano le conseguenze delle vicende affarisco- bancarie, che avevano destabilizzato il Paese, innescando nell’opinione pubbli- ca un moto crescente di sfiducia nelle is- tuzioni e nella classe polica che le rap- presentava. In qualità di ministro del Te- soro Boselli si occupò, in primo luogo, del- la riorganizzazione della Banca d’Italia, at- tribuendole, fra l’altro, la responsabilità del servizio di tesoreria dello Stato. Pro- mosse inoltre numerosi provvedimen vol a favorire il progresso del Paese, come l’impulso alle opere di bonifica dei terreni paludose, oggeo di un suo ap- passionato intervento davan al Senato il 7 giugno 1899. Altro provvedimento di sostegno all’economia nazionale fu il contributo erogato dal suo Ministero per consenre la partecipazione del- l’Italia all’Esposizione universale di Pari- gi del 1900, sede presgiosa per la pre- sentazione e il lancio dei prodo “made in Italy”. Ebbe, fra gli altri, il merito di aver dato un contributo fondamentale alla co- struzione dell’acquedoo pugliese, au- torizzando il prelievo di un congruo im- porto dal Fondo di riserva sulle spese im- previste. Si occupò, inoltre, delle diffici- li condizioni degli emigra, sempre più nu- merosi nel connente americano, e si im- pegnò a dare ad essi un concreto con- tributo, tramite un disegno di legge che tutelava le rimesse alle famiglie. Ovvia- mente, seguì, con un occhio di parcolare riguardo, le condizioni del bilancio della Pubblica Istruzione, svolgendo per altro un ruolo decisivo nella fondazione del Po- litecnico di Torino. Dopo le elezioni ge- nerali del giugno 1900, il generale Pelloux il 24 dello stesso mese rassegnava le di- missioni e Boselli riprendeva, quindi, il suo posto di membro della Camera. La si- tuazione nel Paese, come si è deo, era diventata incandescente per il dilagare degli scioperi e delle manifestazioni po- polari nonché per la massiccia ondata di misure repressive che colpivano ogni ambiente. Questa miscela esplosiva ebbe il suo tragico culmine nel regicidio di Mon- za del 29 luglio 1900, che turbò profon- damente l’animo di Boselli. Nel mese di agosto si recò a Torino, dove tenne una commossa commemorazione del sovra-

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PAGINA 3 NN. 1-2 / Gennaio - Febbraio 2019

150° Anniversario dell’Unità d’Italia

Paolo Boselli(1838 - 1932)

Secondo incarico alla Minervadall'8 febbraio al 30 maggio 1906

Paolo Boselli: l’impegno nei Ministeri finanziari e il secondo incaricoalla Minerva. Il Governo nazionale e la Presidenza della “Dante Alighieri”

di Giacomo Fidei

Lasciata la Minerva nel febbraio 1891,Boselli riprese l’a5vità parlamentare

e, con essa, le ricerche storico-le4erarie,interro4e a causa degli impegni is3tu-zionali, approfondendo, in par3colare, lafigura di Carlo Alberto. Dopo l’esame difon3 documentali fino ad allora rimasteinedite, il 24 aprile 1892 Boselli rendeva,infa5, nota all’Accademia delle Scienzedi Torino una le4era del 1821 di Carlo Al-berto all’ammiraglio della marina sardaGiorgio De Geneys col quale era stato inconta4o epistolare. Da tale le4era emer-geva il travaglio interiore del giovane mo-narca di fronte all’evolversi della situa-zione poli3ca e al ruolo che la dinas3a sa-bauda sembrava fatalmente des3nata aricoprire. Nella circostanza, Boselli ester-nava pubblicamente il suo profondo ri-spe4o per l’is3tuto monarchico, di cui sidichiarava da tempo convinto sostenitorecome dell’unica is3tuzione in grado di ga-ran3re il pacifico svolgimento della vitasociale. In un discorso tenuto a Dego (inquel di Savona) qualche anno prima(1886) aveva avuto modo di esprimere ilsuo pensiero in proposito:“Sono monarchico poiché ho la profon-da convinzione che l’Italia non potreb-be essere rispe1ata all’esterno e tran-quilla all’interno che conservando lea1uali cos0tuzioni (cioè, lo Statuto Al-ber0no e le leggi connesse e derivate:n.d.a.).”La monarchia rappresentava, dunque, perlui l’unica is3tuzione al di sopra delle par-3 alla quale era necessario guardare peril bene di tu5, senza farsi tentare da pe-ricolose sugges3oni sovversive. E Carlo Al-berto era, ai suoi occhi, la figura che ave-va incarnato, sia pure con qualche 3tu-banza iniziale, la fase nascente dell’Italiacome Stato unitario. La sua figura, iconadell’italianità in fieri nell’epopea risorgi-mentale, affascinò sempre l’animo diBoselli, che mol3 anni dopo (1924) avreb-be commemorato con una do4a rela-zione la vita e l’opera del principe di Ca-rignano. Nel biennio 1892-1893 il mon-do poli3co era a4raversato dalle laceran3vicende dello scandalo della Banca Ro-mana, che trovarono eco sempre più va-sta sulla stampa nazionale. Alla fine del1893, per effe4o della grave crisi eco-nomica e poli3ca connessa a quell’evento,il governo Gioli5 si trovò costre4o a ras-segnare le dimissioni. Dopo un tenta3vo,andato a vuoto, di cos3tuire un “gabi-ne4o di tregua“ affidato a Giuseppe Za-nardelli, re Umberto arrivò alla determi-nazione di richiamare in campo France-sco Crispi, che sembrava, in quel mo-mento, l’unico poli3co in grado di af-frontare la crisi con la fermezza neces-saria. Boselli, che nelle frene3che con-sultazioni di quei giorni aveva rifiutato,come Saracco e Sonnino, di far parte del-l’esecu3vo di Zanardelli, ebbe, quindi, unruolo non secondario nel rientro in cam-po di Crispi. E quest’ul3mo, al momentodi cos3tuire il nuovo gabine4o, pensò, ov-viamente, a lui per un ruolo pres3giosoe adeguato. Il 15 dicembre 1893 affidò,infa5, a Boselli l’incarico di ministrodell’Agricoltura, industria e commercio,amministrazione di grande rilevanza stra-tegica per l’economia nazionale. Il nuo-vo incarico sembrava davvero corri-spondere al patrimonio di conoscenze edesperienze maturate dagli inizi della suaa5vità poli3ca. E, in effe5, Boselli af-frontò, con piena cognizione di causa, al-cune delle più delicate ques3oni riguar-dan3 lo sviluppo economico e sociale delPaese. Appena insediato al ministero, sioccupò della conversione in legge del de-creto 20 dicembre 1893, con cui, dopo loscandalo della Banca Romana, si cercavadi porre qualche rimedio alla sco4antemateria delle emissioni monetarie. Il de-creto, in par3colare, unificava il serviziodi vigilanza governa3va sugli is3tu3 diemissione e sulla circolazione monetaria,

con un sistema di controlli e verifiche piùefficaci e rigorosi. Oltre a questo impor-tante provvedimento, che affermavacon forza il principio del diri4o-doveredello Stato a esercitare il controllo sulledinamiche finanziarie di rilevanza pub-blica, Boselli si occupò di altri se4ori stra-tegici, tra i quali quello dell’agricoltura.Materia quest’ul3ma non nuova per luiche, da semplice parlamentare, già a par-3re dal 1873, aveva proposto un’indagi-ne sulla classe agricola per predisporreuna riforma migliora3va delle condizio-ni di vita dei lavoratori del se4ore. La suaproposta però non aveva trovato acco-glimento per la diffusa opposizione degliinteressi agrari rappresenta3 in Parla-mento e Boselli aveva dovuto impe-gnarsi a fondo per raggiungere final-mente il suo intento solo nel 1876. Fer-mamente convinto dell’importanza del-l’agricoltura per la vita economica del Pae-se, si occupò subito della ques3one for-ma3va specialis3ca per l’a5vità agraria.Come primo segno di a4enzione al pro-blema, si interessò del rilancio dellescuole agrarie di Milano e di Por3ci, dueis3tuzioni che si erano affermate comepoli di riferimento qualita3vo per il set-tore. Affrontò, quindi, la delicata que-s3one del Credito agrario, in vista diun’organica riforma divenuta semprepiù urgente per dare sostegno e incen3-vo al se4ore. Passando poi all’ambitocommerciale, che allora rientrava nellasfera di competenza del Ministero, è daricordare il suo intervento in tema di a5-vità delle imprese assicura3ve. Il che av-venne con l’approvazione della legge3/4/1894, che mirava a conciliare l’in-teresse e la responsabilità delle impre-se con la tutela dei diri5 degli assicura3.A concludere questa sommaria disami-na dei suoi interven3 come ministro dell’Agricoltura, industria e commercio, van-no ricordate alcune leggi riguardan3se4ori vitali dell’economia nazionale. Inpar3colare:- La legge 7 giugno 1894, n° 230, che, inconsiderazione dell’importanza semprecrescente dell’ele4ricità, regolamentò leprocedure per la distribuzione dell’ener-gia a fini industriali.- La legge 12 marzo 1894, n° 340, conte-nente modificazioni ed aggiunte al re-golamento per l’applicazione del codicedi commercio.Insomma Boselli era intento a seguire lepiù diverse problema3che del suo mini-stero, quando nel giugno 1894 inter-venne una parziale crisi di gabine4o,che indusse Crispi a effe4uare un “rim-pasto”. A seguito di quest’ul3mo, Bosel-li passò dal Ministero dell’Agricoltura, in-dustria e commercio a quello delle Fi-nanze, lasciato libero da Sonnino, des3-nato al Ministero del Tesoro.

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L’insediamento di Boselli al dicasterodelle Finanze coincideva con un mo-

mento di grave turbolenza commerciale,che si aggiungeva agli strascichi dello scan-dalo della Banca Romana, di cui più vol-te si è fa4o cenno. Tale turbolenza si ri-collegava all’a4eggiamento della Francia,che aveva iniziato da tempo una vera epropria guerra commerciale contro l’Ita-lia, con pesan3 ripercussioni sull’intero si-stema economico. Le conseguenze si fa-cevano, ovviamente, sen3re sul bilanciostatale ben lontano dal pareggio, gene-ralmente auspicato come traguardo es-senziale per la ripresa, economica e nonsolo, del Paese. In questo quadro di gra-vi difficoltà Boselli si impegnò in una po-li3ca tributaria a tu4o campo, che spes-so suscitò le più vivaci cri3che dell’op-posizione. Il 20 giugno 1894, a pochi gior-ni dal suo insediamento al ministero,so-stenne davan3 alla Camera l’opportuni-tà dell’aumento del Dazio sul grano e del-

la connessa tariffa sulle farine, che era-no state proposte dal ministro del Teso-ro Sonnino. D’intesa con lui mise a pun-to un piano rigoroso di nuove imposte, fi-nalizzate a procurare un corposo ge5toerariale, nella prospe5va del mi3co “pa-reggio di bilancio“. Il 13 giugno 1895 pre-sentò alla Camera un pacche4o di “Prov-vedimen3 di finanza e di Tesoro“ ar3co-lato in cinque 3toli principali, des3na3 aincrementare il ge5to fiscale in ognipossibile ambito. A 3tolo di esempio si ri-cordano i seguen3 provvedimen3:a) Tariffe doganali e rela3vi inasprimen-3 riguardan3 i più diversi prodo5 (zuc-chero, olio di palma e di cocco, petroli, co-tone greggio, ecc.);b) Tasse di fabbricazione e di raffinazio-ne (sui fiammiferi, sugli oli minerali greg-gi e degli spiri3 in genere);c) Nuove imposte sul gas e l’energiaele4rica a scopo di illuminazione;d) Aggravi fiscali sul servizio ipotecarioe nuove tasse sugli affari e le assicura-zioni, nonché sulla registrazione (obbli-gatoria) delle sentenze emesse in cam-po civile;e) Tasse in materia successoria, con l’ob-bligo di denuncia delle azioni, obbligazionied altri 3toli fru5feri in tu5 i casi di tra-smissione di patrimoni ereditari.La sua poli3ca tributaria fu ogge4o, co-m’era prevedibile, di cri3che ed a4acchidi ogni genere, in considerazione delfa4o che i vari provvedimen3 colpivanoindis3ntamente i più diversi stra3 dellapopolazione. Rispondendo ad uno deisuoi più fieri oppositori, l’onorevoleBranca, che aveva conosciuto agli inizi del-l’a5vità parlamentare, così si esprimeva:“Egli crede (di) dar prova di amore ai con-tribuen0 e recar pane a essi e a tu2 co-loro che accrescono col lavoro l’econo-mia nazionale, guardando solo al sacri-ficio che si chiede e non al beneficio chesi assicura. Io penso che il vero amore siaquello che assume anche gli odiosi uffi-ci quando ques0 sono necessari perpresidiare le grandi forze della nazionee promuoverne la prosperità.“Nonostante queste dichiarazioni a so-stegno della poli3ca fiscale non furonopochi gli uomini poli3ci che contrastaronoquesto rigore indiscriminato. Fra di essiè da ricordare il deputato Luigi Luzza3,che aveva conosciuto Boselli nella me-morabile Esposizione internazionale di Pa-rigi nel 1867. Luzza3, forte della sua au-torevolezza personale, rivolse aperta-mente al governo l’invito ad a4enuarel’insostenibile peso che gravava sui con-tribuen3 con la revisione dell’intero si-stema tributario. Richiesta alla qualeBoselli rispose il 28 luglio 1895 all’an3cocollega, in qualche modo colpito dalle os-servazioni, comunicando che il governosi apprestava a varare una riforma ge-nerale del sistema tributario, per intro-durvi elemen3 di maggiore equità. Tratu5 gli altri interven3 del Boselli nel cor-so del 1895 è da ricordare quello rela3-vo al gioco del Lo4o, nella discussionesvoltasi in Senato nel dicembre di quel-l’anno. Di fronte all’intervento del sena-tore Sambuy, che avrebbe voluto la sop-pressione del gioco per mo3vi di mora-lità pubblica, Boselli fece valere la vocedell’esperienza e del buon senso, umanoe poli3co insieme. Ricordò, in par3cola-re, i tenta3vi, per altro non giun3 abuon fine, esperi3 in tale direzione daQuin3no Sella, animato sempre dal de-siderio di moralizzare la vita pubblica. Mo-ralizzazione che - secondo lo sta3stapiemontese - passava anche a4raverso in-terven3 finalizza3 a sradicare dal costu-me nazionale abitudini sicuramente per-niciose e deprecabili. A conclusione delsuo discorso, però, Boselli sosteneval’opportunità di mantenere in vigore il gio-co del lo4o in considerazione del ge5toche esso comunque assicurava alle cas-se dello Stato, proprio grazie a quelle de-

precabili abitudini. Con il mantenimentodel gioco, Boselli intervenne, quasi a bi-lanciarne la conservazione, con severe mi-sure di contrasto all’esercizio del lo4oclandes3no, misure contenute nella leg-ge n° 712 del 22/12/1895. A presidio delmonopolio statale in materia, la legge pre-vedeva severe sanzioni a carico degli spe-culatori, che, organizzando clandes3na-mente il gioco, procuravano un grave dan-no allo Stato, so4raendogli risorse e allefamiglie, sfru4ando la loro fragilità psi-cologica. Insomma, secondo la realis3cavalutazione di Boselli, visto che era pra-3camente impossibile eliminare un’abi-tudine così radicata nel costume sociale,specialmente negli stra3 più bassi dellapopolazione, tanto valeva assicurare alloStato - e solo allo Stato - i proven3 di quelcomportamento colle5vo. Ed è, in fon-do, la ragione per cui il lo4o, nonostan-te le periodiche cri3che che vengonomosse al gioco per ragioni di cara4ere e3-co, è rimasto sostanzialmente inta4onel nostro ordinamento, come una “tas-sa sulla speranza“ a beneficio dell’erario.Da liberale della scuola classica e an3coallievo di Quin3no Sella, Paolo Boselliesperì ogni tenta3vo u3le a raggiungereil mi3co “pareggio”, come dimostra la po-li3ca tributaria appena accennata. Nonera, però, pregiudizialmente contrario auna rivisitazione del sistema tributario nelsuo complesso per alleggerire il peso fi-scale che gravava sui ce3 popolari, sullapiccola proprietà privata, nonché sui la-voratori subordina3. Ma non fece intempo a tradurre in concre3 provvedi-men3 questo suo in3mo proposito, obe-rato dalle altre urgenze ed esigenze di se-gno opposto. Nel quadro dei rappor3commerciali con gli altri Sta3 europei, sipose il problema dell’a4eggiamento datenere nei confron3 dei capitali stranie-ri in merito all’incombente pericolo del-le speculazioni finanziarie. Al riguardo,non è superfluo riportare una sua di-chiarazione sull’argomento, che sem-bra contenere elemen3 di straordinariaa4ualità:“Ben venga il capitale straniero se vie-ne per impegnarsi seriamente e dure-volmente in imprese agrarie e indu-striali, ma se viene ad alimentare la spe-culazione, è meglio che non passi i no-stri confini.“Mentre il governo era impegnato sulfronte interno in un rigoroso programmadi austerità, la situazione della poli3caestera, affidata all’impresa colonialeafricana, precipitava. E, a seguito del di-sastroso esito della ba4aglia di Adua edelle roven3 polemiche parlamentariche ne seguirono, il governo Crispi fu co-stre4o a rassegnare le dimissioni. Era il10 marzo 1896 e Boselli usciva dal go-verno per riprendere suo ufficio di mem-bro della Camera.

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Il periodo che fece seguito alla crisi delgoverno Crispi e alla defini3va uscita dal-

la scena poli3ca dello sta3sta siciliano fuuno dei più dramma3ci per la vita del Pae-se. Manifestazioni popolari, scioperi,sommosse, rivolte operaie e contadinecontro le intollerabili condizioni dellavita e del lavoro, culminarono emble-ma3camente nei tragici fa5 di Milano delmaggio 1898. In quella circostanza, comeè noto, per disperdere i manifestan3, con-flui3 nel capoluogo lombardo per chie-dere condizioni di vita più umane, il ge-nerale Bava Beccaris ordinò di sparare acannonate sulla folla. Alla carneficinaerano seguite vivacissime polemiche inParlamento e sulla stampa. Il governo diRudinì, so4o la pressione dell’opinionepubblica, era stato costre4o alle dimis-sioni il 1 giugno 1898, in un paese lace-rato dallo scontro fra proletariato e clas-se dirigente. Ai tragici fa5 di Milano fece

seguito un periodo di reazione a tu4ocampo contro i promotori, veri o presun3,dell’agitazione popolare. Un primo mi-nistero, guidato dal generale Pelloux, e co-s3tuito il 29 giugno 1898, rimase in cari-ca meno di un anno e, a seguito della sfi-ducia della Camera, rassegnò le dimissioniil 3 maggio 1899. Il Re Umberto, co-munque, ritenne di affidare nuovamen-te il governo al dimissionario Pelloux, cheformò la nuova compagine prevalente-mente con elemen3 conservatori e di de-stra. Fra ques3 fu inserito, per la sua in-dubbia capacità e autorevolezza, PaoloBoselli, con l’incarico di ministro del Te-soro. La situazione poli3ca era par3co-larmente grave, con insidiose difficoltà al-l’esecu3vo create dalla ta5ca ostruzio-nis3ca dell’estrema sinistra, ovviamentecontraria al blocco poli3co che era statochiamato alla guida del Paese. A tale en-demica confli4ualità si aggiungevano leconseguenze delle vicende affaris3co-bancarie, che avevano destabilizzato ilPaese, innescando nell’opinione pubbli-ca un moto crescente di sfiducia nelle is3-tuzioni e nella classe poli3ca che le rap-presentava. In qualità di ministro del Te-soro Boselli si occupò, in primo luogo, del-la riorganizzazione della Banca d’Italia, at-tribuendole, fra l’altro, la responsabilitàdel servizio di tesoreria dello Stato. Pro-mosse inoltre numerosi provvedimen3vol3 a favorire il progresso del Paese,come l’impulso alle opere di bonifica deiterreni paludose, ogge4o di un suo ap-passionato intervento davan3 al Senatoil 7 giugno 1899. Altro provvedimento disostegno all’economia nazionale fu ilcontributo erogato dal suo Ministeroper consen3re la partecipazione del-l’Italia all’Esposizione universale di Pari-gi del 1900, sede pres3giosa per la pre-sentazione e il lancio dei prodo5 “madein Italy”. Ebbe, fra gli altri, il merito di averdato un contributo fondamentale alla co-struzione dell’acquedo4o pugliese, au-torizzando il prelievo di un congruo im-porto dal Fondo di riserva sulle spese im-previste. Si occupò, inoltre, delle diffici-li condizioni degli emigra3, sempre più nu-merosi nel con3nente americano, e si im-pegnò a dare ad essi un concreto con-tributo, tramite un disegno di legge chetutelava le rimesse alle famiglie. Ovvia-mente, seguì, con un occhio di par3colareriguardo, le condizioni del bilancio dellaPubblica Istruzione, svolgendo per altroun ruolo decisivo nella fondazione del Po-litecnico di Torino. Dopo le elezioni ge-nerali del giugno 1900, il generale Pellouxil 24 dello stesso mese rassegnava le di-missioni e Boselli riprendeva, quindi, il suoposto di membro della Camera. La si-tuazione nel Paese, come si è de4o, eradiventata incandescente per il dilagaredegli scioperi e delle manifestazioni po-polari nonché per la massiccia ondata dimisure repressive che colpivano ogniambiente. Questa miscela esplosiva ebbeil suo tragico culmine nel regicidio di Mon-za del 29 luglio 1900, che turbò profon-damente l’animo di Boselli. Nel mese diagosto si recò a Torino, dove tenne unacommossa commemorazione del sovra-

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150° Anniversario dell’Unità d’Italia

Giorgio Sidney Sonnino (1847-1922) nominato Presidente delConsiglio l'8 febbraio 1906 a capodi una coalizione di liberali, sociali-s0 e radicali, richiamò Boselli al Mi-nistero dell'Istruzione

no assassinato, nella sede del Consigliomunicipale della ci4à sabauda. A set-tembre tenne un altro discorso comme-mora3vo a Bari, dove era stato invitatodal Municipio di quella ci4à. Tra gli im-pegni parlamentari del periodo successivova ricordato che Boselli il 24 luglio 1902fu relatore alla Camera dei Deputa3 suldisegno di legge rela3vo alla concessio-ne di una cospicua somma per il concorsodello Stato alle opere edilizie di Roma, oc-cupandosi subito dopo dei fondi neces-sarie per il completamento del Policlini-co in3tolato a Umberto I. Nelle elezionidel 1903, per una complicata ques3onedi collegi ele4orali, fu costre4o a staccarsi-con le dimissioni- dal suo an3co ambitoterritoriale e optò per il seggio ele4ora-le di Avigliana. Nel giugno del 1904 si oc-cupò, tra l’altro, di ado4are provvedi-men3 a beneficio della Biblioteca Nazio-nale di Torino, gravemente danneggiatada un incendio e di dare adeguata co-pertura di fondi alle esigenze di illumi-nazione e riscaldamento nelle bibliotechee negli archivi dello Stato.

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Boselli tornò alla Minerva l’8 febbraio1906, nel primo gabine4o formato da

Sidney Sonnino, che aveva avuto mododi apprezzare il suo operato durantel’incarico del 1888. Erano trascorsi 15 annida quando aveva lasciato il ministero(1891), mentre era nel pieno della sua at-3vità riformatrice e riorganizzatrice del-l’ordinamento scolas3co. Da allora sierano succedu3 alla Minerva, nell’alter-narsi di vari governi, ben 11 ministri, cia-scuno dei quali aveva tentato di lasciarela sua impronta, dedicando l’a4enzionea questo o a quell’aspe4o par3colare delsistema educa3vo. Nessuno, però, era riu-scito a dare una risposta soddisfacentealle richieste della classe insegnante me-dia, che viveva in un profondo stato dimalessere sul piano economico tantoquanto su quello giuridico. So4o que-st’ul3mo aspe4o era, per altro, lamentatodai docen3 un diffuso costume di ecces-siva discrezionalità da parte della buro-crazia ministeriale. La Federazione na-zionale insegnan3 medi, primo e nume-roso sindacato di categoria, si faceva por-tavoce di questo grave disagio dei suoi as-socia3, e conduceva una ba4agliera cam-pagna a sostegno di un nuovo e piùadeguato stato giuridico. Di fronte allegius3ficate richieste dei docen3, Boselliavendo ben chiaro il quadro complessi-vo dei problemi, si a5vò immediata-mente per risolverli. I docen3, in sostanza,reclamavano da anni una pluralità di ga-ranzie che li tutelasse nei momen3 fon-damentali della loro vita professionale,come l’accesso ai ruoli, gli sviluppi di car-riera, il sistema disciplinare, i trasferimen3di sede, ecc. Reclamavano, inoltre, mi-glioramen3 economici che li facesserouscire dalla penosa e mor3ficante con-dizione sociale in cui erano costre5 a vi-vere. Stringendo i tempi e le fasi istrut-

torie del provvedimento, Boselli predi-spose un disegno di legge sullo “stato giu-ridico degli insegnan0 delle scuole me-die e pareggiate“, che illustrò al Senatonella seduta del 9 marzo 1906. In talesede Boselli so4olineava la finalità delprovvedimento, che non era tanto (o solo)quella di venire incontro ai bisogni di unacategoria benemerita di dipenden3 pub-blici, quanto piu4osto quella di concor-rere all’elevazione della dignità dellascuola e al ripris3no della fiducia nei con-fron3 dello Stato. Stre4amente collega-to con questo fu il disegno di legge con-tenente “disposizioni sugli s0pendi e sul-le carriere del personale delle scuole clas-siche, tecniche e normali“, illustrato daBoselli al Senato, sempre nella seduta delmarzo 1906. Si tra4ava di due disegni dilegge che perseguivano congiuntamen-te l’obie5vo di costruire un sistema sco-las3co di certezze e di garanzie, nonchédi soddisfacente serenità economica pertu5 i docen3. I due disegni di legge, dopouna serrata discussione parlamentare, vi-dero la luce rapidamente nelle leggi n°141 e 142 dell’8 aprile 1906. Con questedue leggi, e, sopra4u4o, con la prima (L.141/06) venivano fissa3 alcuni principifondamentali per l’organizzazione del-l’insegnamento e di tu4e le dinamicheche lo riguardavano. Per quanto concer-ne specificamente la legge numero 141,ricordiamo i seguen3 pun3:a) Il principio dell’obbligatorietà deiconcorsi per le nomine in ruolo o ancheper i semplici incarichi di docenza in tu4ele scuole medie governa3ve nonchénegli is3tu3 pubblici di educazione fem-minile (art. 1);b) L’obbligo di seguire rigorosamente l’or-dine della graduatoria dei vincitori delconcorso sia per l’assegnazione delleca4edre sia, ove possibile, per l’a4ribu-zione degli incarichi brevi (art. 2);c) L’obbligo per i vincitori di concorso diprima nomina di raggiungere subito lasede assegnata, pena la perdita del tur-no e il passaggio “in fine della graduato-ria, con diri4o alla nomina fino a un nuo-vo concorso“ (art. 4)d) Il principio del trasferimento di sede adomanda da parte dell’interessato conl’a4ribuzione di un punteggio ai vincito-ri di concorsi speciali (art. 5);e) L’appellabilità dei decre3 di trasferi-mento con diri4o a produrre ricorso al mi-nistro entro 15 giorni dalla no3fica delprovvedimento (art. 5);f) L’obbligo di bandire concorsi speciali per3toli ed esame per provvedere a copri-re le ca4edre nelle sedi più importan3.

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La legge prevedeva, inoltre, un rigoro-so sistema di sanzioni disciplinari (art.

8 e seguen3) che andavano dalla sempliceammonizione, senza obbligo di note sul-lo stato di servizio, alla des3tuzione dal-l’ufficio con perdita del diri4o alla pen-sione. Le sanzioni superiori alla ammo-nizione venivano infli4e dal Ministro suparere conforme della Sezione per l’Istru-zione media is3tuita presso il Ministero.Per l’incolpato era prevista la possibilitàdi difendersi dalle contestazioni, pre-sentando una memoria scri4a o espo-nendo a voce le proprie ragioni. A ga-ranzia del rispe4o della legge, veniva is3-tuita, nella Giunta del Consiglio Superio-re della Pubblica istruzione, una sezioneper l’Istruzione media chiamata a pro-nunciarsi su tu4e le ques3oni sollevatedavan3 al Ministero (art. 15). L’art. 19 del-la legge introduceva poi una norma di tra-sparenza, prevedendo che “ tu2 gli a2riguardan0 nomine, promozioni, tra-sferimen0, des0nazioni ad uffici straor-dinari saranno pubblica0 sul bolle2nodel Ministero, non appena avvenuta laregistrazione.“ Sempre l’art. 19 enunciavaun principio generale, che riassumeva lospirito informatore della legge, voluta daBoselli per sistema3zzare la tutela degliinsegnan3.“Ciascun insegnante delle scuole mediegoverna0ve (e pareggiate) che vi abbiainteresse potrà ricorrere contro qualsiasiprovvedimento non conforme alla pre-sente legge. Il ministro deciderà, sen0-

to il parere della Sezione per l’istruzio-ne media, salvo all’interessato il ricorsoalla IV sez. del Consiglio di Stato.“La legge, infine, prevedeva norme di sal-vaguardia per gli insegnan3 non ancorastabili e per la loro graduale immissionein ruolo (art. 22), mediante scorrimentodelle graduatorie non esaurite. Anche l’al-tra legge (n° 142/1906) conteneva di-sposizioni puntuali per lo stato giuridicodegli insegnan3 medi, con par3colare ri-ferimento agli s3pendi, alle promozioni,agli aumen3 periodici e ai compensi perprestazioni supplementari (ar3coli da 1a 10). Per tenere so4o controllo l’inci-denza finanziaria delle retribuzioni dei do-cen3 e del funzionamento delle classi, lalegge prevedeva (art. 11) che il numerodegli insegnan3 fosse complessivamen-te stabilito di anno in anno con la leggedel bilancio. Il numero andava determi-nato in base alle classi e ai corsi ordina-ri, alle classi e ai corsi comple3 aggiun3con cara4ere di stabilità in quanto esi-sten3 da un triennio, nonché in base alleesigenze prevedibili sulla scorta dei da3sta3s3ci dell’ul3mo biennio. La leggedisciplinava puntualmente la proceduraper la nomina dei capi d’is3tuto, che ve-nivano dis3n3 in incarica3 ed effe5vi(art.12). La nomina a preside incaricatoveniva conferita a docen3 ordinari, conalmeno 13 anni di servizio, scel3 fraquelli inclusi in un apposito elenco for-mato ogni biennio dalla Sezione dellaGiunta del Consiglio Superiore per l’in-segnamento medio. L’elenco degli aspi-ran3 alla prede4a nomina veniva com-pilato dalla Giunta, in base alle risultan-ze ispe5ve e alle proposte delle autori-tà scolas3che del territorio. L’incarico du-rava un quinquennio, trascorso il quale,in seguito all’esito favorevole delle ispe-zioni, il preside incaricato veniva nomi-nato “ effe5vo “ (ar4. 12 – 13 – 14 – 15).Altre disposizioni regolavano poi i rappor3tra l’ufficio di Capo d’is3tuto e gli incari-chi di insegnamento nella scuola o nel-l’is3tuto di 3tolarità (ar4. 16 e 17). Veniva,inoltre, regolamentato il pagamento del-le “propine” (cioè i compensi ai membridelle commissioni esaminatrici), secon-do le indicazioni fissate in apposite tabelle(ar4. 22 e 23). Seguivano minuziose di-sposizioni per le promozioni, il paga-mento degli s3pendi, le a4ribuzioni di au-men3 periodici e ogni possibile risvoltoeconomico connesso alle più diversecondizioni e situazioni nello svolgimentodella funzione docente (art. 31 e se-guen3). A completamento delle disposi-zioni rela3ve al personale dire5vo edocente, la legge ne conteneva altrespecifiche per il personale di segreteriae di servizio (bidelli, inservien3, macchi-nis3, custodi, ecc.). Per vigilare sul nuo-vo complesso sistema organizza3vo, Bo-selli prevedeva, infine, una stru4ura de-dicata all’interno del Ministero: un Ispet-torato per la sorveglianza amministra3-va, disciplinare e dida5ca delle scuolemedie (art. 44). Ispe4orato la cui cos3-tuzione doveva essere stabilita con ap-posita legge (art. 44) per conferirgli l’ade-guata rilevanza funzionale e strategicanell’ordinamento dell’amministrazionescolas3ca. I due importan3 provvedi-men3 di cui si è esaminato diffusamen-te il contenuto, cos3tuirono grande mo-3vo di orgoglio per Boselli, convinto diaver promosso una legge fondamentaleper la scuola italiana e la dignità dei suoiprotagonis3. Le leggi n° 141 e 142 del-l’aprile del 1906 non esaurirono, ovvia-mente, il suo programma di interven3 nelcampo della competenza is3tuzionaledel Ministero. Numerosi furono anchequelli di natura culturale e ar3s3ca rien-tran3 nel suo an3co obie5vo di sostenerela cultura come leva del progresso spiri-tuale e civile della nazione. Tra essi van-no ricorda3:- La legge n° 88 del 25 marzo 1906, cheapprovava una cospicua spesa per i lavorida eseguirsi nella basilica monumentaledi San Francesco in Assisi. Il provvedi-mento faceva seguito ad altri interven3a tutela del patrimonio ar3s3co nazionale,come quelli realizza3 per la Sacra di SanMichele in Piemonte e la basilica di SanPaolo a Roma.

- Il R.D. n° 244 del 27 maggio 1906, cheis3tuiva in Ancona un Regio museo ar-cheologico nazionale delle Marche.L’is3tuzione del museo mirava a dotarele Marche di un’importante is3tuzioneculturale, valorizzando le raccolte an3-quarie già esisten3 nell’ex conventodegli Scalzi e appartenen3 al patrimoniodello Stato.- Il R.D. n° 217 del 17 maggio 1906, cheprevedeva l’is3tuzione in Roma di un co-mitato nazionale incaricato di raccoglie-re i documen3 u3li alla storia del Risor-gimento. L’is3tuzione del comitato na-sceva dalla necessità di ordinare il ma-teriale già raccolto, da integrare connuovi acquis3, per cos3tuire successiva-mente, nel monumento a Vi4orio Ema-nuele in Roma, il Museo centrale del Ri-sorgimento, con annessa biblioteca.Nel campo più stre4amente scolas3co eforma3vo, Boselli si rese promotore di nu-merosi provvedimen3, tra i quali sono daricordare:- Il R.D. n° 350 del 19 aprile 1906 con l’ap-provazione dell’annesso regolamentoper le ispezioni nelle scuole elementari.Il provvedimento cos3tuiva un vero “Cor-pus Iuris“ delle disposizioni in materiaispe5va nel se4ore dell’istruzione ele-mentare. Il decreto si occupava, in primoluogo, delle nomine e delle promozioni,fissando un principio, sempre sostenutodal Boselli, in tema di accesso ai ruoli sco-las3ci (art. 1):“Le nomine degli ispe1ori e delle ispet-trici per l’istruzione elementare e sub-elementare pubblica e privata si fannosoltanto in seguito a concorso per 0to-li ed esame.”I candida3, di età non superiore a 40 anni,dovevano essere in possesso dell’appo-sito diploma del corso di perfeziona-mento conseguito presso una sede uni-versitaria indicata dalla legge, o del di-ploma di abilitazione alla direzione di-da5ca. Dovevano aver svolto almenoo4o anni di lodevole servizio o cinque diinsegnamento e tre di direzione dida5-ca. Era necessario, inoltre, il parere fa-vorevole del Consiglio provinciale scola-s3co sulle loro a5tudini morali e di-da5che a ricoprire degnamente l’ufficio.Il provvedimento disciplinava in ognide4aglio le procedure concorsuali, laformazione delle graduatorie, le a4ri-buzioni degli ispe4ori, le modalità disvolgimento delle visite ispe5ve, le in-dennità di viaggio, ecc. L’art. 7 fissava cosìlo sviluppo delle carriere ispe5ve:“Le promozioni di classe nel personaledegli ispe1ori si fanno per 2/3 per an-zianità senza demeri0 e per 1/3 per me-ri0 speciali risultan0 dai servizi presta-0 e dai 0toli di cultura acquista0 dopola nomina.”L’art. 25 fissava la ripar3zione delle cir-coscrizioni scolas3che fra il personaleispe5vo con spazio rido5ssimo riserva-to alle donne:“Le circoscrizioni scolas0che del regnosono 226, delle quali 208 affidate agliispe1ori e 18 ad ispe1rici.”

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Altri provvedimen3 riguardan3 la scuo-la ado4a3 da Boselli furono:

- Il R.D. n°106 del 4 marzo 1906, che so-s3tuiva il ruolo organico degli insegnan-3 di ginnas3ca nelle scuole secondarie etecniche, approvato un anno prima colR.D. 22 gennaio 1905. Il nuovo organicoprevedeva n° 165 insegnan3 con lo s3-pendio iniziale di £ 600 annue e n° 429con lo s3pendio iniziale di 500 annue perun totale di 694 docen3 in tu4e le scuo-le italiane secondarie.- La circolare n° 29 del 24 aprile 1906,contenente istruzioni e raccomandazio-ni a difesa degli scolari dalla tubercolosipolmonare. Il provvedimento impar3vadisposizioni severissime a tutela della sa-lute nell’ambiente scolas3co. In par3co-lare, richiamando l’art. 13 del regola-mento ministeriale per la profilassi ema-nato il 16 o4obre 1903, rammentava l’ob-bligo dell’esclusione dalle scuole tanto de-gli scolari quanto degli insegnan3 e del-le altre persone riconosciute affe4e dal-la prede4a patologia. Il provvedimento

raccomandava misure igieniche rigorosee una costante a5vità di vigilanza sullostato di salute degli scolari da parte de-gli insegnan3, al fine di intervenire im-mediatamente al verificarsi dei primisintomi. La circolare conteneva il richia-mo a una più generale coscienza civile dapromuovere nella comunità scolas3ca.“Questo ministero, nel richiamare l’at-tenzione delle autorità scolas0che sul do-vere che loro incombe di contribuire allapreservazione degli scolari dalla tuber-colosi, ricorda che uno dei mezzi più effi-caci per comba1ere questa mala2a èquello di curare, per quanto è possibile,le condizioni igieniche generali dellascuola, in quanto che alla scuola spe1anon solo la tutela della salute dei fanciulliche la frequentano, ma anche la nobilemissione di formare la coscienza igieni-ca della nostra popolazione.”- La circolare n° 16 del 25 febbraio 1906,contenente dire5ve per la realizzazionedi lavori negli is3tu3 di istruzione supe-riore. La circolare nasceva dalla necessi-tà di contenere le spese, a volte rilevan-3, determinate dal ricorso all’opera di li-beri professionis3 anziché a quello del Ge-nio civile per effe4uare lavori di ogni sor-ta negli edifici scolas3ci. Boselli, econo-mista a4ento alle condizioni della finan-za pubblica, riteneva di intervenire dra-s3camente:“E’ mio intendimento, pertanto, checessi tale inconveniente e però (perciò:N.d.A.) prego la S.V. di disporre che in av-venire l’is0tuto da lei dipendente si ri-volga per de2 lavori unicamente al-l’ufficio del Genio civile… Dopo di che av-verto che non acce1erò nessun proge1oche non sia stato compilato dal Corpo delGenio civile.”- La legge n° 105 dell’8 aprile 1906, chedeterminava il concorso dello Stato nel-la spesa per la costruzione della nuovasede del convi4o Nazionale di Roma. Trat-tandosi di un’is3tuzione forma3va di ri-levanza nazionale, Boselli volle dare un se-gno concreto dell’a4enzione dello Stato,con un concorso di spese da corrispon-dere in cinque annualità.- La circolare n° 27 del 2 aprile 1906, checonteneva chiarimen3 in ordine alla cor-responsione delle diarie e indennità aimaestri elementari componen3 di com-missioni esaminatrici. La circolare scio-glieva i dubbi sull’interpretazione delconce4o di “residenza ufficiale“ in sen-so favorevole ai maestri e al loro maggioreimpegno nel territorio per raggiungere lesedi d’esame.- Il R.D. n° 220 del 17 maggio 1906 concui veniva nominata una commissione in-caricata di: compiere gli studi per una ri-forma degli Is3tu3 nau3ci. Ciò al fine dime4ere l’Istruzione e l’Educazione nau-3ca in più stre4a armonia con le pre-scrizioni e le esigenze del codice della ma-rina mercan3le e delle altre leggi ma-ri5me, e di integrare, al tempo stesso,l’insegnamento teorico con esercitazio-ni pra3che e marinaresche.- La circolare n° 40 del 20 maggio 1906per la diffusione e il rilancio delle biblio-teche popolari come strumento di capil-lare diffusione della cultura. La circolare,in verità, non decideva un granché, ma siponeva come un affe4uoso tributo di ri-conoscenza a quan3 erano impegna3 nelloro funzionamento. Tributo al quale siuniva l’assicurazione che il ministroavrebbe esaminato con a4enzione i vo3e gli auspici degli operatori in servizio inquelle is3tuzioni.A tu5 ques3 provvedimen3, che tocca-vano gli aspe5 e le ques3oni più diver-se dell’istruzione primaria e secondaria,ne vanno aggiun3 altri, riguardan3 l’istru-zione universitaria nel suo complesso. Tradi essi basterà ricordare:- Il R.D. n° 232 del 17 maggio 1906, chestabiliva norme per le promozioni del per-sonale appartenente al ruolo delle se-greterie universitarie. Il decreto preve-deva, tra l’altro, l’esplicito divieto di co-mandi presso altri uffici del Ministero difunzionari del ruolo delle segretarie e,analogamente, il divieto di comandi di al-tri funzionari presso le segreterie stesse.- La circolare n° 37 del 15 maggio1906 che, sulla base del parere espres-

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150° Anniversario dell’Unità d’Italia

Luigi Cadorna (1850-1928) Capo diStato Maggiore dell'Esercito, du-rante la Grande guerra, ebbe sem-pre l'appoggio di Boselli, nonostan-te le cri0che di autoritarismo e con-do1a strategica discu0bile. Dopo ladisfa1a di Capore1o, caduto il Go-verno Boselli, Cadorna fu sos0tuitodal Generale Armando Diaz, so1o lacui guida iniziò la riscossa italiana

so dal Consiglio superiore della PubblicaIstruzione, scioglieva in senso nega3voil dubbio sulla cumulabilità dell’ufficiodi professore ufficiale con quello di li-bero docente.L’enumerazione di tu5 i provvedimen-3 sopra ricorda3 sta ad indicare la stra-ordinaria ricchezza dell’impegno profu-so da Boselli in quel in quel frene3co tri-mestre del 1906. Trimestre alla fine delquale la crisi travolse improvvisamenteil governo Sonnino (27 maggio). Bosellilasciò la Minerva per la seconda e ul3-ma volta, ritornando alle sue funzioni disemplice deputato.

***

Il decennio che seguì (1906-1916) fu den-so di even3 e interven3, che resero la

figura di Boselli sempre più centrale e au-torevole nelle dinamiche della poli3ca na-zionale. Pur non avendo una responsa-bilità is3tuzionale specifica, ebbe unruolo determinante nella fondazione delPolitecnico di Torino, che era stata per al-tro sollecitata dallo stesso Presidente Gio-li5. Per dare all’ex capitale sabaudaun’is3tuzione forma3va d’eccellenza,corrispondente alle sue esigenze econo-miche e industriali, fu nominata un’ap-posita commissione con il compito di de-linearne il complesso percorso cos3tu3-vo. Il Politecnico, infa5, non era una strut-tura che nasceva “ex-novo”, ma dovevarisultare dalla fusione fra la Regia scuo-la degli ingegneri, esistente da tempo, eil Museo industriale della ci4à, di cui Bo-selli era allora presidente. Alla commis-sione fu preposto lo stesso Boselli, che,fornite alla Camera tu4e le delucidazio-ni necessarie, riuscì a far approvare de-fini3vamente il proge4o con la leggedell’8 luglio 1906. Nel 1907 legò il suonome all’approvazione del disegno di leg-ge che a4ribuiva il cara4ere di monu-mento nazionale alla casa di Garibaldi aCaprera e ai terreni e manufa5 in cui ilgenerale aveva svolto la sua opera. Trat-tandosi di un’inizia3va dal profondo va-lore simbolico per la storia nazionale, il30 giugno 1907 Boselli proponeva un ar-3colo aggiun3vo, cos3tuente l’indispen-sabile corollario del rela3vo disegno dilegge. Con questo ar3colo il governoera autorizzato a procedere all’espropriodi tu5 i beni rientran3 nel complesso ri-feribile a Garibaldi. L’ar3colo fu accoltosenza problemi e il provvedimento pas-sò, come a4o di concordia nazionale fratu4e le forze poli3che. Della sua a5vitànel corso del 1907 vanno ricorda3 anchegli interven3 a supporto dei miglioramen3edilizi nel patrimonio degli uffici pubbli-ci di Torino, ci4à alla quale era da lunghianni profondamente legato, anche comepresidente del rela3vo Consiglio provin-ciale. Nel giugno del 1907 Boselli inter-venne, infa5, alla Camera per sostene-re l’approvazione del disegno di legge,proposto dal ministro dei lavori pubbli-ci La Cava per la sistemazione degli uffi-ci finanziari, della sede della Scuola diguerra, dell’Opificio carte valori e della Bi-blioteca universitaria ci4adina. Qualchemese dopo, in o4obre, ebbe luogo l’even-to che avrebbe impresso alla sua vita unasvolta significa3va e duratura: l’elezionea presidente della Società “Dante Ali-ghieri”. L’elezione avvenne nell’o4obredel 1907, durante il Congresso di Caglia-ri, quando Boselli fu ele4o, quarto in or-dine di tempo al ver3ce del sodalizio,dopo le presidenze di Ruggero Bonghi, Pa-squale Villari e Luigi Ravà. Uomini poli3-ci, ques3 ul3mi, che avevano avuto unruolo non secondario nel mondo della cul-tura e potevano vantare la pres3giosaesperienza di ministri della Pubblicaistruzione. Ele4o alla presidenza del so-dalizio, Boselli rimase in carica, con suc-cessive rielezioni, per ben 25 anni, pra-3camente fino alla data della sua morte.L’a5vità da lui svolta come guida del so-dalizio non può essere considerata, però,di valenza esclusivamente culturale. Dalmomento in cui assunse la presidenza eper tu5 gli anni successivi, Boselli im-presse, infa5, alla “Dante” una funzionepiù ampia e profonda della semplice di-fesa linguis3ca nazionale, pur sempre per-

seguita. In coerenza con le radici cos3-tu3ve del sodalizio ma in progressiva con-sonanza con le a4ese e le aspirazioniemergen3, Boselli lanciò la “Dante” comeun’is3tuzione di italianità a tu4o campo.Da associazione fondata sul culto delle pa-trie memorie e sul compiacimento per imeri3 le4erari e linguis3ci del passato, la“Dante” si trasformò con lui in una en3-tà viva, in sintonia coi bisogni del presentee le speranze dell’avvenire. La “Dante” de-clinò, pertanto, la sua opera in una riccaserie di a5vità finalizzate all’affermazionee alla salvaguardia dell’iden3tà naziona-le, all’interno ma anche al di fuori dei con-fini stabili3 dalle forze degli eserci3 e del-le decisioni della poli3ca. A5vità che ven-gono ricordate da Giuseppe Zaccagnini,allora segretario generale della “Dante”,nella sua commossa prefazione alla rac-colta di scri5 di Paolo Boselli, riuni3 so4oil 3tolo di “Per la Dante e per la Vi4oria”(1924):“… Aiu0 si de1ero sempre alle terre oggifelicemente redente; si fondarono ealimentarono nelle colonie scuole e bi-blioteche; venne ere1o un “is0tuto sco-las0co” a Marsiglia; si fece sorgere e fio-rire un “Is0tuto di Studi medi” a San Pao-lo del Brasile; furono accol0 e conforta0durante la neutralità e durante la guer-ra i profughi triden0ni, della (Venezia)Giulia e della Dalmazia; s’is0tuironoborse di studio e si sussidiarono giova-ni nelle nuove province…”Tu4o questo fu il fru4o dell’opera di spro-ne a4uata da Boselli nel segno dell’ita-lianità, come bene esistenziale irrinun-ciabile da perseguirsi a4raverso la “Dan-te“. E quest’ul3ma doveva affermarsicome l’unione di quan3 auspicavanoche l’Italia “tenesse alto il capo, largo lospirito e fervido il cuore”. Iniziava così,in un’atmosfera entusias3ca, il periodo dipreparazione ideale alla dramma3ca as-sunzione di responsabilità dell’Italia nel-lo scenario europeo.

***

Il 24 novembre 1908 Boselli fu nomina-to primo segretario dell’Ordine Mauri-

ziano, carica di notevole valore onorifico,che in genere si a4ribuiva alle persona-lità virtualmente uscite dal circuito is3-tuzionale. Boselli cominciò a svolgere sindall’inizio un’a5vità di ampio respirostorico-poli3co, che poi raccolse nella mo-nografia dal 3tolo “l’Ordine Maurizianodalle origini ai giorni nostri”, pubblicatanel 1917. Monografia che traccia la sto-ria dell’Ordine in connessione con gli svi-luppi militari sabaudi, non trascurando co-munque l’intensa a5vità sociale e cul-turale promossa dall’Ordine stesso. Nel-l’opera vengono ricordate, in par3cola-re, le stru4ure ospedaliere fondate dal-l’Ordine, come l’ospedale Umberto I diTorino, gli ospedali Mauriziani di Aosta,Lanza e Valenza, di cui viene messa in evi-denza la modernità e la sensibilità ge-s3onale. Accanto agli is3tu3 ospedalie-ri vengono ricordate da Boselli altre is3-tuzioni, benefiche e culturali, mantenu-te a vantaggio delle popolazioni governateper assicurarne il benessere materiale espirituale. Era per Boselli la dimensionegiusta che integrava il suo impegno cul-turale come presidente della “Dante”. Se-guì, l’anno dopo, il Congresso di que-st’ul3ma a Brescia (se4embre 1909),scelta come ci4à ad alto valore simboli-co per la storia del risca4o nazionale. Inquella circostanza Boselli, nel rendereomaggio al ruolo della “leonessa d’Italia”,spronava i soci della “Dante” a proseguireil cammino intrapreso nelle memorabiligiornate del 1849 per il bene della ci4àma anche dell’Italia intera. Va ricordatoancora che, nel dicembre 1910, durantela discussione generale del bilancio del-la Pubblica istruzione, Boselli difese stre-nuamente, contro le cri3che di alcunigruppi conservatori, la legge dell’aprile1906 sullo stato giuridico degli inse-gnan3. Sostenne, infa5, che quel prov-vedimento si era reso necessario per por-re un argine contro i favori3smi e, spes-so, gli abusi perpetra3 dalla burocrazia mi-nisteriale. Dichiarò, pertanto, che non sipen3va affa4o di aver collaborato, con

quelle norme, a creare una “indispensa-bile correzione dei costumi amministra-3vi”. Naturalmente i suoi impegni non in-ves3rono solo ques3oni specifiche comela scuola e la cultura o il sistema econo-mico e tributario. La data di alcune ri-correnze storiche lo spingeva, infa5, adaffrontare importan3 tema3che nazionali.Così, nel marzo 1911, per il 50º anniver-sario della formazione del Regno, com-memorava davan3 alla reale Accademiadelle scienze di Torino, di cui era diven-tato presidente l’anno prima, i soci ele5a suo tempo membri del Parlamento su-balpino. E da tale spunto storico traevaoccasione per esortare tu5 gli italiani a:“ricordare le fon0 delle proprie fran-chigie e ad abbeverarvisi sovente per ser-barsi degni di vivere liberi.”La sua a5vità di appassionato divulgatoredella storia d’Italia fu coronata in quel pe-riodo, oltre che dalla citata nomina al-l’Accademia delle Scienze, anche daquella di presidente dell’Is3tuto StoricoItaliano (1911) e da altre della stessa 3-pologia. Nel maggio del 1911 intervenneal primo Congresso internazionale degliallievi ingegneri presso il Politecnico di To-rino per dare il benvenuto ai giovani pro-tagonis3 della scienza moderna convenu3presso la stru4ura che lui stesso avevacollaborato a fondare. E l’altra occasio-ne per tenere alto il nome dell’Italia al-l’interno e all’esterno dei confini nazio-nali. Sempre nel 1911, quando scoppiòla guerra di Libia, Boselli fu uno dei par-lamentari più a5vi nel diba5to sulle pro-blema3che poli3che connesse alla nuo-va impresa coloniale italiana. E proseguìnel suo impegno di instancabile soste-nitore della causa nazionale nelle sedicongressuali della “Dante Alighieri”, dicui, come si è de4o, era stato ele4o pre-sidente nel 1907. Tra gli incontri socia-li di quel periodo va ricordato il Con-gresso di Pallanza, nella cui seduta inau-gurale (31 agosto 1913) tenne il discor-so di apertura alla presenza del ministrodella Pubblica istruzione Luigi Credaro.Al di là delle rituali parole di circostan-za, volle anzitu4o rimarcare il ruolo delsodalizio da lui presieduto.“Noi promuoviamo la difesa, la diffu-sione, la restaurazione della lingua ita-liana senz’altra fede, senz’altro par0to,senz’altro legame, che non sia quello del-l’italianità. Noi andiamo nell’opera no-stra dovunque sono italiani, di sangue edi storia, dovunque gli emigran0 del la-voro e della fortuna, svolgono la loro a2-vità e non devono perdere il tesorodella favella e della coscienza italiana.”Enunciate queste premesse, Boselli ri-chiamò l’a4enzione dei soci sul popolodisperso degli emigra3, cioè su quel-l’Italia, sradicata dalla propria terra perragioni di sopravvivenza, sulla quale la“Dante” riteneva doveroso riversaretu4e le sue cure. Cure des3nate a evita-re che la lingua na3a, e, quindi, l’espres-sione dell’iden3tà di base andasseroprogressivamente spegnendosi nellanuova os3le realtà di vita e di lavoro.“A Tolone, a Marsiglia, a Tunisi, nellecontrade della Svizzera, dovunque siadunano operai nostri, non rechiamonoi ai loro fanciulli, alle loro bambine,l’armonia di quella lingua che si di-sperderebbe tra le favelle rumoreggian0nelle officine, nelle colonie, fra tantegen0 diverse?”Naturalmente, la consapevolezza della ci-viltà passata non poteva restare un pa-trimonio relegato nello scrigno della me-moria e dello sterile compiacimento in-telle4uale, ma doveva farsi orgogliosapremessa di un programma d’azioneispiratoall’italianità ovunque presente. Erievocava le figure esemplari per la linguae la civiltà italiana, come quelle di Ales-sandro Manzoni, Antonio Rosmini, Mas-simo d’Azeglio e Ruggero Bonghi, ricor-dato anche come primo illustre presi-dente della “Dante”. E concludeva larassegna con l’omaggio a Niccolò Tom-maseo, generoso protagonista della lo4aper l’iden3tà nazionale.“Niccolò Tommaseo, o signori, asserto-re costante di ogni tradizione d’italica ci-viltà, parlava, con un’anima sola, dellasua Dalmazia e della sua Italia. Così

Niccolò Tommaseo ne parla ancora, o si-gnori, così egli ne parlerà sempre.”L’impegno culturale e patrio5co di Bo-selli, sempre vibrante nella sua oratoriacalda e appassionata, andava rapida-mente saldandosi al moto generale di ispi-razione interven3sta nell’Italia del 1914.

***

Nel crescendo di tale moto, Boselli sitrovò presto al centro di un’inizia3-

va poli3ca che conduceva l’Italia versol’obie5vo dell’entrata in guerra control’Austria. Dopo le dimissioni del governoSalandra, rassegnate il 13 maggio 1915,e l’infru4uoso tenta3vo di formare un Go-verno Marcora, il Re convocò, infa5, Bo-selli per conferirgli l’incarico di formareil nuovo governo. Ma l’anziano parla-mentare, membro della Camera da oltre45 anni, non ritenne ancora giunto il suomomento e convinse il Sovrano dell’op-portunità di mantenere al governo il di-missionario Salandra. Il 20 maggio 1915Boselli, in qualità di presidente dellacommissione incaricata di discutere il di-segno di legge sui pieni poteri al gover-no, pronunciò il discorso che invitava laCamera a votare:“il compimento dei des0ni nazionali e ladifesa del diri1o di nazionalità.”Il discorso in parola, costruito con laconsueta abilità tecnica e subito deno-minato “il grido di guerra nel Parlamen-to” fu accolto con grandi manifestazionidi entusiasmo. E la Camera approvò con367 vo3 favorevoli e 54 contrari la pro-posta di discussione del disegno di leggeche a4ribuiva al governo pieni poteri incaso di guerra. Qualche giorno dopo, il 24maggio, l’Italia dichiarava guerra all’im-pero austro-ungarico. Ma la dichiara-zione di guerra e l’inizio delle os3lità sulterritorio non bastarono a dare al governoquello slancio ideale di concordia e di coe-sione che pur sarebbero sta3 necessariin quella dramma3ca circostanza. Bosellicercò in ogni modo di appoggiare il go-verno Salandra, tanto sul piano parla-mentare, cioè all’interno del sistemapoli3co, quanto all’esterno del Parla-mento, con inizia3ve a4e ad alleviare lecondizioni economiche delle famigliedei richiama3 più bisognosi. Si a5vò, in-fa5, fra l’altro, come presidente del Con-siglio provinciale di Torino, fin dal giugnodel 1915, per la concessione di un sussidioprovinciale da des3nare a tale scopo. Ini-zia3va che fu seguita, compa3bilmente coni fondi a disposizione, anche da altre am-ministrazioni territoriali. L’andamento del-la guerra si rivelò ben presto assai cri3coe devastante, anche per la disillusione deimol3 che, all’inizio, avevano sperato in unconfli4o di breve durata. Gradualmente einevitabilmente il governo Salandra si tro-vò so4o a4acco, con l’accusa di non essereall’altezza di ges3re efficacemente le sor-3 della guerra. La crisi bellica, conse-guenza anche del parziale successo della“Strafexpedi3on” sferrata dalle forze au-stro-ungariche, portò all’acuirsi della cri-si poli3ca e alla caduta del governo Sa-landra. Questa volta Boselli non poté sot-trarsi al gravoso compito che veniva affi-dato a lui, decano del Parlamento, alla piùche ragguardevole età di 78 anni. Il Re con-ferì l’incarico di formare il governo con ilpiù ampio mandato poli3co per la sua com-posizione. Ferdinando Mar3ni, illustreparlamentare e cronista poli3co d’ecce-zione, nel suo prezioso “Diario 1914-1918” so4o la data del 13 giugno (1916)così annotava:“Il re ha dato a Boselli l’incarico di for-mare il ministero. Salandra mi dice diaver veduto Boselli: esitante, in0mori-to dalla gravità dell’ufficio e del mo-mento; ha acce1ato per un senso di do-vere e di devozione al re e al paese, masenza slancio, come chi si rassegna, noncome chi ambisce…”Il diario cos3tuisce una vera miniera percomprendere quei giorni memorabili oper apprendere par3colari curiosi e sco-nosciu3 sull’incarico a Boselli. Interes-sante è questo impietoso giudizio ripor-tato so4o la data del 21 giugno.“Non basta aver posto a capo del go-verno un uomo per l’età e per l’indole in-

capace dei vigori che si dice di voler usa-re maggiori nella direzione della cosapubblica e della guerra. Ma si sono cac-cia0 coloro che la vollero per porre nelgoverno coloro che non la vollero emale la tollerano.”Mar3ni, in altre parole, caricava su Boselliil peso di un’incoerenza poli3ca genera-le che, grazie a lui, aveva portato, nel se-gno della “concordia” nazionale, alla piùinvereconda “ammucchiata” poli3ca im-maginabile al momento. So4o la data del24 giugno Mar3ni riportava un’altra no-3zia sulla figura poli3ca di Boselli, rica-vandola dalle confidenze di Salandra.“Salandra, che sin dagli ul0mi mesidell’anno scorso prevedeva la possibi-lità di una crisi, vide (a Torino) Bosellie gli disse: - Se vorranno, come dicono,il ministero nazionale, dovrai essere tua presiederlo.”Fin qui nulla di strano, considerato il ne-cessario livello di interlocuzione tra unpresidente in carica (Salandra) e uno“in pectore” (Boselli) nell’imminenza diun avvicendamento ormai consideratoinelu4abile. Ma la straordinarietà della ri-velazione di Mar3ni sta nella stupefacenterisposta di Boselli, indice non si sa se diuna candida insipienza o, piu4osto, di unaspregiudicatezza ammantata di ingenui-tà. Ecco dunque la risposta di Boselli:“Il ministero nazionale composto ditu2 i par00 mi pare una minchioneria.”Poco più avan3 Mar3ni annotava:“Avvenuta la crisi e incaricato il Boselli dicomporre il nuovo gabine1o, per primacosa andò a parlare con Salandra e, conlui parlando, disse: - Mi ricordo del tuo in-vito di Torino e mi ricordo anche come ioebbi a qualificare il ministero nazionale.Anche oggi quell’idea del ministero na-zionale mi pare una minchioneria. Ma lovogliono, io che ci posso fare?”Il 28 giugno 1916 Boselli, pur con la riservamentale riferita, fece il suo discorso pro-gramma3co alla Camera, incentrato sul-la necessità della guerra, che o4enne lapiù larga fiducia. E ciò non solo per la suasperimentata abilità oratoria, ma anche- e sopra4u4o - per la massiccia parte-cipazione alla maggioranza di tu4e le for-ze poli3che presen3 in Parlamento, conla sola eccezione dei socialis3 ufficiali. Par-tecipazione che era stata assicurata da unpiù che nutrito numero di incarichi mi-nisteriali, distribui3 per cementare la“concordia”. Rispondendo alle cri3che sul-l’eccessivo numero dei ministri chiama-3 a far parte del governo, conveniva cheil suo ministero non era:“… da scriversi e da insegnarsi nei libridi diri1o cos0tuzionale, ma (era) il mi-nistero della concordia per la guerra eper la vi1oria…”Comunque, una volta incassata la fiducia,Boselli si ge4ò anima e corpo nell’a4ua-zione del programma. L’impegno princi-

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150° Anniversario dell’Unità d’Italia

Pa2 Lateranensi (Roma, 11 febbra-io 1929) so1oscrizione dei Pa2 La-teranensi da parte dello Stato italia-no e della Santa Sede. Nel successi-vo mese di marzo, Boselli, designatorelatore del disegno di legge perl'approvazione parlamentare dellostorico accordo, tenne in Senato il di-scorso propedeu0co all'approvazio-ne (Legge del 27 maggio 1929 n.847)

pale era, ovviamente, quello di daresupporto all’azione militare in corso, instre4a collaborazione con il Comando Su-premo peraltro gelosamente esercitatodal generale Luigi Cadorna. Boselli si im-pegnò, inoltre, in numerose inizia3ve dipropaganda patrio5ca, nell’intento dicontrastare il disfa5smo più o meno dif-fuso a causa delle dramma3che condi-zioni di vita dei solda3 al fronte. Si trovò,quindi, a ges3re i difficili rappor3 all’in-terno di una maggioranza ufficialmentelegata dal pa4o della “concordia” ma sot-terraneamente rissosa e predisposta asfaldarsi al minimo pretesto. Uno dei nodicri3ci che dove4e affrontare fu quello deirappor3 col generale Cadorna, incline aconsiderare il governo più come un sog-ge4o di intralcio che come l’autorità le-gi5mata a dare un certo qual indirizzo al-l’a5vità bellica nazionale. Boselli riuscì asuperare vari momen3 insidiosi dellalo4a poli3ca che si sviluppava a4orno allages3one della guerra. Il primo fu quan-do i socialis3 ufficiali (che non parteci-pavano al governo) il 16 dicembre 1916,su inizia3va degli onorevoli Treves e Tu-ra3, presentarono una mozione per lapace di cui chiedevano il voto al Parla-mento. Tale mozione invitava a propor-re agli allea3 una conferenza dei pleni-potenziari delle nazioni belligeran3 perstudiare una soluzione concordata delconfli4o con specifiche risposte a tu4e lerivendicazioni territoriali. Boselli si opposecon fermezza all’accoglimento della mo-zione che, a suo parere, avrebbe dato alivello internazionale solo un segnale didebolezza da parte della nazione propo-nente. Davan3 alla Camera sostenne, congrande veemenza, che la pace non pote-va essere fru4o di un voto, sia pure ispi-rato astra4amente da nobili finalità, masolo della vi4oria con le armi, vero segnodi concorde volontà del Paese. La Came-ra accolse le sue argomentazioni conunanime plauso e respinse la mozione Tu-ra3-Treves con 294 vo3 favorevoli e solo47 contrari. Facendo sempre appello allanecessità della concordia e allo spirito pa-trio5co, riuscì poi ad evitare una crisi mi-nisteriale, che sembrava inevitabile perconfli5 esplosi all’interno della maggio-ranza. Vi riuscì il 12 giugno 1917, rinfor-zando la compagine governa3va con duepersonalità di pres3gio: il generale Alfre-do Dall’Oglio e il senatore Riccardo Bian-chi, prepos3 rispe5vamente all’approv-vigionamento delle armi e al se4ore deitraspor3. In tale circostanza annunciòanche la creazione del Ministero della pro-paganda per tenere alto lo spirito nazio-nale in quei dramma3ci momen3.

***

Il nuovo ministero era chiamato, in-fa5, a promuovere una vigorosa azio-

ne psicologica contro il sempre più dila-gante disfa5smo originato dalle terribi-li condizioni di vita delle truppe al fron-te. Condizioni s3gma3zzate per altrodallo stesso pontefice Pio XI, con l’invitoal belligeran3 a far cessare “l’inu3lestrage”. Il vero nodo del governo Bosel-li era, come si è de4o, lo stato dei rappor3col generale Cadorna, da lui ritenuto uneccellente stratega e perciò sostenuto e

difeso in ogni circostanza. E ciò anche con-tro la manifesta os3lità di altri membri delgoverno e le prime cri3che provenien3dagli stessi ver3ci militari. Cadorna in-terpretò con straordinaria rigidità il suoruolo di comandante Supremo, prescri-vendo l’impiego costante dei plotoni diesecuzione per scoraggiare episodi di co-dardia e ordinando a4acchi frontali de-s3na3 a priori a fallire lasciando sul cam-po migliaia di mor3. Al di là della durez-za dei metodi e dei suoi esi3 disumani, Ca-dorna venne visto progressivamentecome uno strisciante pericolo cos3tu-zionale per il Paese. Il potere militare, dalui ges3to in assoluta solitudine e con mal-celato fas3dio nei confron3 degli altri po-teri dello Stato, sembrò aver superato ilimi3 della più ampia tollerabilità poli3-ca. Tanto più che quella ges3one, im-permeabile ad ogni sinergia is3tuziona-le, aveva finito per produrre effe5 nefas3su tu4a la catena di comando e sul mo-rale delle truppe. Il “diario” di Mar3ni èpieno di annotazioni cri3che sull’opera-to di Cadorna, riferite dai più vari espo-nen3 della gerarchia militare, operan3 sulteatro di guerra e tes3moni dire5 del-l’azione del capo del Comando Supremo.So4o la data del 30 giugno 1916 si trovaannotato il seguente passo rela3vo al-l’intervento di un generale molto cri3conei confron3 di Cadorna:“Qua1ro ore di seguito ha parlato in co-mitato segreto (organo di alta consu-lenza strategica per riferire al governo:n.d.A.) il generale Marazzi, censurandotu1a la condo1a della guerra e so-pra1u1o l’opera dello Stato maggiore edel suo capo, accusando questo di di-spo0smo irriflessivo, di mancanza didire2ve sicure… di aver sacrificato mi-gliaia di vite senza aver o1enuto risul-ta0 non pure proporziona0 ma quasi in-significan0…”Qualche giorno prima (5 giugno 1917)Mar3ni aveva annotato:“I bolle2ni ufficiali austriaci portano chenegli ul0mi comba2men0 noi abbiamoavuto fuori comba2mento 180.000 uo-mini. Mi scrivono che la cifra è esageratadella metà. Raccontano che Cadornaavrebbe de1o a Boselli: si può andare aTrieste, ma bisogna sacrificare altri300.000 uomini.”La gravità della situazione, nota per altroai comandi allea3, in Italia era conosciu-ta diffusamente in tu5 gli ambien3 po-li3ci. L’unico che si os3nava a negarla, nonsi sa se per miopia poli3ca o per 3moredi irritare un personaggio ritenuto in-toccabile come Cadorna, era proprioPaolo Boselli. Ma il so4erraneo e inde-cifrabile asse tra il Presidente del Consi-glio e il Capo dello Stato maggiore sa-rebbe stato presto spezzato per la cadutadel governo che lo consen3va. Mar3ni,nel diario più volte citato, ha parole as-sai aspre nei confron3 di Boselli che cer-cava, fino all’ul3mo, di tenere in piedi ilministero per salvare il salvabile, mentrela guerra infuriava con gravi perdite peril nostro esercito. So4o la data del 29 giu-gno 1917 Mar3ni annotava:“Quanta fiducia si nutre ancora nel-l’operato del ministero così com’è com-posto si apprende dai discorsi che si fan-no nei corridoi. Del Boselli nessunovuol più sapere, ma egli è a1accato nondico al potere, perché in sostanza nonpuò nulla né sa volere, ma ai fas0gi del-la presidenza.”Parole indubbiamente pesan3 e sarca-s3che, da spiegarsi verosimilmente colrisen3mento di Mar3ni per non esserestato lui a ricevere dal Re l’incarico di for-mare il governo, pur ritenendosi più ido-neo e qualificato di Boselli. Gli even3 pre-cipitarono con lo sfondamento nemicodel nostro fronte che provocò la disfa4adi Capore4o iniziata il 24 o4obre 1917.Quell’evento, ben presto divenuto sim-bolo della più generale crisi del Paese, se-gnò quasi contemporaneamente la ca-duta del governo Boselli, costre4o aprendere a4o del voto contrario della Ca-mera il 25 o4obre 1917 (314 vo3 contrarie 96 favorevoli). Alla caduta del gover-no Boselli fece seguito, inevitabilmente,l’8 novembre 1917, l’estromissione di Ca-dorna dal Comando supremo e la sua so-

s3tuzione con il Generale ArmandoDiaz, so4o il quale iniziò la riscossa perla vi4oria. L’estromissione avvenne, co-munque, salvando l’onore di Cadorna, inapplicazione dell’an3co principio: “pro-moveatur ut amoveatur.” Il Generale, in-fa5, fu nominato, in rappresentanza del-l’Italia, membro di un Comitato milita-re inter-alleato di secondaria impor-tanza, mantenendo il grado e non per-dendo del tu4o la faccia nel mondo mi-litare. La caduta del ministero naziona-le determinò la defini3va uscita di sce-na di Paolo Boselli dal circuito degli in-carichi ministeriali, ma non dal campodell’a5vità poli3ca e culturale. Duran-te la sua permanenza al governo nonaveva, infa5, lasciata la presidenza del-la “Dante Alighieri”, per ragioni da luistesso spiegate in un’intervista al “Popolod’Italia” qualche anno più tardi, nel1925.“Non c’era nessun mo0vo per cui dovessiabbandonare una carica che ritenevo ditanto buon auspicio. E così pure in queltempo la mia a2vità non ebbe soste. Di-ressi moni0 agli italiani per la resistenzae per la vi1oria e presiede2 assembleedei presiden0 della “Dante” perché fiam-meggiasse l’idea di cui essa era simbolo,impedendo che i cuori si intorpidissero inquelle grandi ore della nazione.”Prima, però, di riprendere a tempo pie-no l’a5vità di presidente del sodalizio,partecipò a5vamente alla Camera, apar3re dalla seduta del 14 novembre, aldiba5to sulla disfa4a di Capore4o. Condignitosa fermezza, considerata la po-sizione già rives3ta, propose un ordinedel giorno che impegnava tu4e le forzepoli3che a proseguire nel segno dellaconcordia.“La Camera afferma la necessità dellaconcordia nazionale e della fusione ditu1e le energie per fronteggiare l’inva-sione nemica mediante il valore del-l’esercito e la fede negli allea0.”L’ordine del giorno fu approvato a lar-ghissima maggioranza, a conferma delpres3gio di cui ancora godeva anchedopo l’avvicendamento al Governo conV.E. Orlando. Proseguì la difesa del suoministero anche nel corso del 1919, cer-cando di ricostruire con esa4ezza il qua-dro dell’intera vicenda.“Fu quello il tempo in cui crollò l’eser-cito russo, in cui l’America non era an-cora giunta, in cui gli jugoslavi cerca-vano di a1rarci, ricchi di lusinghe… Ca-deva la Romania; nella Francia e nel Bel-gio gli eserci0 amici duravano in aspris-simi cimen0…”Ebbe così occasione di chiarire la posi-zione del governo sia nei rappor3 con leforze poli3che sia in quelli con il ComandoSupremo. E ciò per rispondere alle accusedi debolezza mossegli per il comporta-mento benevolo tenuto nei confron3 diCadorna. Ecco un breve stralcio del suointervento:“io assunsi il governo nel momento in cuii par00 erano in cozzo gli uni contro glialtri… e avrei tradito la missione che miera stata affidata se non avessi sempreseguito una poli0ca di concordia e di pa-cificazione… Che cosa sarebbe avvenu-to, dopo Capore1o, se gli animi si fosserotrova0 implacabilmente divisi?”Erano parole tu4o sommato equilibrateche cercavano di proporre finalmentequella interpretazione condivisa neces-saria alla rinascita nazionale.

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Terminata la Grande Guerra, Boselliche, come si è de4o, non aveva ab-

bandonato la presidenza della “Dante”,convocò il Congresso del sodalizio inuna ci4à-simbolo per l’Italia intera. E que-sta era - e non poteva non essere - Trie-ste, il cui nome, assieme a quello diTrento, era stato il vessillo dell’impegnocomba4ente, prima e durante la guerra.Il Congresso, apertosi a Trieste il 15 set-tembre 1920, faceva seguito a un’altra ini-zia3va della “Dante”: il Convegno dei pre-siden3 dei vari comita3, a guerra appe-na conclusa, il 1 dicembre 1918. In que-sto convegno Boselli aveva espresso ilproprio compiacimento per l’esito del

confli4o so4olineando, la necessità di nonriposare sugli allori.“In questo momento posano le armi, manon posano le insidie… Vincemmo congrido “Trento e Trieste”; dobbiamo oravincere col grido “Fiume e Spalato”,che vuol dire la Dalmazia italiana.”In quella sede aveva appunto proposto ilCongresso di Trieste, come ritorno allanormalità della vita quo3diana ormai li-bera dalle angosce della guerra.“In quel congresso torneremo alle con-dizioni normali della vita della “Dante”,cominciando dalle elezioni. In quel con-gresso avranno luogo le relazioni sul-l’opera sociale, i rendicon0 finanziari etu1e quelle altre discussioni che i socicrederanno di fare… In quel congressoil consiglio centrale dimostrerà che la“Dante” non fu assente in questo pe-riodo, ma vigilò costante…”L’anelito alla vigilanza fu lo spirito ani-matore del “Congresso della Vi4oria”che si aprì solennemente a Trieste il 15se4embre 1920. Con un discorso comeal solito appassionato e coinvolgente,Boselli, reso omaggio al ruolo storico diTrieste nell’opera di costruzione del-l’iden3tà nazionale, toccò tu5 i pun3che intrecciavano la sfera d’azione del-la “Dante”. Per essa Boselli preconizza-va l’inizio di una nuova era, che comin-ciava a spirare simbolicamente dopo lavi4oriosa guerra di compimento del-l’unità nazionale. Il discorso, che alter-nava riflessioni storiche, rimembranzepatrio5che e allusioni polemiche, mi-rava a sollecitare, a4orno alla “Dante”un nuovo e più vigoroso movimento diadesioni. È interessante rileggere qual-che breve stralcio di quell’intervento perricostruire i suoi proposi3 come presi-dente del sodalizio che doveva rico-minciare il cammino dopo la lunga pa-rentesi della guerra.“Oggi leviamo in mezzo a voi il grido del-la vi1oria: vi1oria dell’oggi, vi1oria im-mancabile del domani… La “Dante” èsorta fiduciosa, più che nel presente, nel-l’avvenire.”Tu5 dovevano sen3rsi coinvol3 nellosforzo colle5vo verso la meta comune equesta non poteva non essere “l’affer-mazione dell’iden0tà nazionale in ogniterritorio, vicino o lontano, ove ardesse,anche 0mida e contrastata, la fiammadel cuore e del pensiero italiano.”Questa tensione ideale non gli impediva,però, di richiamare tu5 alla prosa dellarealtà, so4olineando la scarsa corri-spondenza tra la nobiltà dei fini dichiara3e la penuria dei mezzi disponibili. Signi-fica3vo il seguente passaggio:“Senonché, carissimi amici, alle belle ve-s0 il panno manca. Sessantacinquemilasoci alla “Dante” sono troppo pochi e ri-spe1o all’espressione del sen0mento ita-liano e al paragone di quan0 soci si an-noverano per consimili unioni presso al-tri popoli… La nostra fede non pa0scesconforto; ma tu1o ci ammonisce, tu1oci sprona a dare maggior fiamma alla no-stra propaganda…”L’intervento si concludeva con un appelloa tre categorie di persone, ciascuna pre-ziosa nel suo ruolo sociale e ciascuna ingrado di mobilitare le più profonde ener-gie nella comunità nazionale. L’appelloera rivolto in primo luogo alle donne trie-s3ne, invitate a me4ersi in conta4oideale e non solo con tu4e le altre don-ne italiane. Poi ai giovani, che rappre-sentavano la garanzia di una vitalità ge-nerosa in ogni se4ore della vita nazionale.L’appello era rivolto, infine, ad una ca-tegoria che sempre più numerosa anda-va affacciandosi sulla scena sociale: quel-la dei protagonis3 del mondo del lavoro.“A noi, che tanto pensiamo all’Italia cheall’estero lavora, vengano - cooperatori de-sidera0 e numerosi - i lavoratori italiani.”Gli applausi che seguirono furono il pre-ludio alla sua rielezione.

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Il dopoguerra si rivelò tragico per tu5.Tra scioperi, violenze, occupazioni del-

le fabbriche, incontri internazionali pocofru4uosi per la causa italiana, cominciò

a prender corpo nel Paese il fantasma del-la “vi4oria mu3lata”. Boselli, ormai ot-tuagenario, seguiva le vicende poli3chee sociali con l’animo del poli3co deluso,che però non intendeva ancora abban-donare il campo e l’impegno nelle is3-tuzioni. Impegno che con3nuò con il con-ferimento della nomina a senatore il 10aprile 1921, su proposta di Gioli5.L’a5vità a Palazzo Madama, assieme aquella rela3va agli altri incarichi di ca-ra4ere storico e scien3fico, consen3ro-no a Boselli di con3nuare a sen3rsi vivoe a5vo, in conta4o con la realtà del Pae-se. L’Italia del dopoguerra diventava, nelfra4empo, il terreno dell’insicurezza edell’esasperazione dei confli5 sociali, inun contesto reso ancor più precariodall’incapacità delle forze poli3che dicomprendere la gravità della situazione.Fu in questo clima pericoloso e incan-descente che il fascismo ebbe buongioco ad affermarsi come movimento atutela dell’ordine e dei calpesta3 inte-ressi nazionali. Boselli, vecchio parla-mentare di an3ca e dichiarata ispirazionenazionalista, non poteva non guardarecon benevola a4enzione al nuovo mo-vimento, che sembrava porsi in con3-nuità con le tradizioni patrio5che del-lo Stato nazionale. Pur essendo alienodalla violenza, che comunque cara4e-rizzava spesso l’azione del nuovo movi-mento, non manifestò nessun segno dicri3ca nei suoi confron3. Al contrario, as-sieme ad altri autorevoli esponen3 po-li3ci, come Marconi, Pantaleoni, Murrie Ti4oni, diventò di fa4o una nobilesponda intelle4uale per l’iden3tà delnuovo regime. D’altro canto, il linguag-gio usato nei suoi discorsi, specie negliul3mi tempi, corrispondeva plas3ca-mente allo spirito nazionalista del nuo-vo movimento. Nel 1925, quando Mus-solini era già capo del governo da treanni, gli fu assegnata la tessera “ad ho-norem” del par3to nazionale fascista, ac-compagnata da un telegramma di con-gratulazioni da parte dello stesso Mus-solini. Era il suo ingresso formale nel nuo-vo sistema poli3co, ormai saldamente in-sediato nel Paese. Sviluppando questaconclamata sinergia con il nuovo regime,da lui ritenuto non in contrasto con lostatuto Alber3no, proseguì ancora alungo nel cammino parlamentare. Era or-mai considerato una icona vivente del-la con3nuità storica con i padri della Pa-tria. Così, nel marzo 1929, fece sen3reancora la sua voce a Palazzo Madama,come relatore del proge4o per l’appro-vazione dei Tra4a3 lateranensi. Con lasua consumata abilità oratoria, ricordò,tra l’altro, la gloriosa stagione poli3ca chenel 1871 aveva prodo4o la legge delleGuaren3gie. La relazione da lui svolta,che celebrava lo storico accordo fral’Italia e la Santa Sede, dopo anni di in-comprensioni, fu il suo canto del cigno.Negli anni successivi Boselli, ormai ul-tranovantenne, si trascinò, con sempremaggior fa3ca, da una sede all’altradelle molteplici is3tuzioni culturali escien3fiche che si sforzava di frequen-tare. Is3tuzioni come l’Accademia dei Lin-cei, l’Associazione per le riforme e la co-dificazione del diri4o internazionale, ilComitato nazionale per la storia del Ri-sorgimento e altre ancora. Si spense aRoma il 10 marzo 1932, al termine diun’esperienza umana e poli3ca ecce-zionalmente lunga ed intensa. Suoi in-terlocutori e referen3 erano sta3 i prin-cipali protagonis3 della vita pubblica nel-l’Italia unita: Quin3no Sella, FrancescoCrispi, Sidney Sonnino, Antonio Salandra,Giovanni Gioli5 e, da ul3mo, BenitoMussolini. Ma, in effe5, al di là delle con-traddizioni e delle incertezze della suacondo4a complessiva, aveva avuto unsolo vero referente, ispiratore del suo im-pegno nelle is3tuzioni. E questo erastato il bene dell’Italia e della sua iden-3tà nazionale in coerenza con l’an3co so-gno del Risorgimento.

Giacomo Fidei