PADOVA Chiesa del Corpus Domini per l’Adorazione Eucaristica · Con l’adorazione si celebra...

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Bollettino EucaristicoPeriodico trimestrale di cultura e spiritualità dell’Opera Diocesana Adorazione Perpetua di PadovaAnno CII - N. 1/2017 GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO - Abbonamento annuo: € 15,00

Sped. Abb. Post. art. 2 comma 20/C L. 662/96 - Fil. di Padova CMP - Aut. Trib. di Padova 12/1/95 n. 100Direttore: Mons. Pietro Brazzale - Direttore Responsabile: D. Gino Brunello

Grafica e Stampa: Tipografia Regionale Veneta - Conselve (Pd) - Tel. 049.5384097 - [email protected] dell’Opera: Via S. Lucia, 42 - 35139 Padova - Tel. 049.8760404 - Lunedì-Venerdì ore 9.00-11.00 - CCP N. 146357

e-mail: [email protected] Redazione: Mons. Pietro Brazzale, Don Gino Brunello, Don Roberto Ravazzolo, Don Leonardo Scandellari,

Mons. Angelo Cecchinato, Mons. Giuseppe Zanon, Dott.ssa Chiara Rigato, Giulia Bertolo, Diac. Francesco Montemaggiore.

PADOVAChiesa del Corpus Domini

per l’Adorazione Eucaristica

Orario delle Celebrazioni:

F E R I A L I(da lunedì a venerdì)

SS. Messe ore: 8.30-10.0017.30 Recita del S. Rosario

18.00 Benedizione Eucaristica e S. Messa

S A B ATOSS. Messe ore: 8.30 - 10.00

Alle ore 12 termina l’adorazione e la chiesa viene chiusa

Si informano i lettori che è on line il nuovo sito web dell’Opera Diocesana per l’adorazione perpetua all’indirizzo www.adorazioneperpetuapd.it,

dove si possono trovare, oltre al Bollettino eucaristico, tutte le informazioni relative alla Chiesa del Corpus Domini - S. Lucia (orari S. Messe e adorazione),

alle iscrizioni alle Messe perpetue, all’Adorazione eucaristica e al BOLLETTINO EUCARISTICO.

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In copertina: Fernando Michelini, “Il gran numero degli eletti”, APocAlIsse.

EditorialeI doni che riceviamo quotidianamente sono innumerevolidi mons. Pietro Brazzale

LiturgiaI Prefazi delle Feste del Signoredi mons. Angelo cecchinato

Il segno della pace aiuta o distrae nella partecipazione della Messa?di Giulia Bertolo

Con l’adorazione si celebra pienamente l’Eucaristiala Redazione

TeologiaEssere degni di recitare il “Padre Nostro”di mons. Pietro Brazzale

PastoralePer consolare bisogna imparare a piangerela Redazione

“Pensando… sotto le coperte”di diac. Francesco Montemaggiore

Pietà EucaristicaCon l’adorazione impariamo a ringraziarela Redazione

Proposta di AdorazioneDio mi viene incontrodi don Roberto Ravazzolo

Adoriamo insiemeTutti… genitori, nonni, lavoratori… troviamo ispirazione per il nostro proporci cristiano so-stando davanti a Gesù una fedele adoratrice

Esempi di Pietà EucaristicaSan Paolo della Crocedi don leonardo scandellari

I donI che rIcevIamoquotIdIanamente sono InnumerevolI

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Abitualmente, quando comincio a vivere la giornata, quasi la vedo da-vanti a me, ma non penso da dove viene. Entro nella giornata trovando naturale tutto quello che in essa incontro. I miei occhi si aprono di nuovo su ciò che vedo ogni giorno, con qualche differenza che non mi stupisce. Vivo semplicemente gli avvenimenti che si producono, senza cercare di spiegarmeli.Rischio così di dimenticare che tutto quello che forma la mia giornata mi è offerto. Tutto mi è dato da qualcuno che ha previsto la mia giornata nel suo sviluppo e nei suoi minimi dettagli, che traccia la mia strada attraverso le cose e gli avvenimenti.Ciò che sarei tentato di considerare come un semplice fatto naturale, che non ha bisogno di spiegazione, in re-altà è un dono intenzionale del Padre che nel suo amore per me ha disposto tutto secondo il progetto da lui stabilito per me.La luce che mi permette di vedere, l’aria che respiro, la via che seguo nel mio cammino, gli oggetti di cui mi servo, tutto questo mi è donato. E an-che la mia vita è un dono. Quando mi risveglio al mattino, devo riconoscere che sono ancora vivo, che il Padre ha voluto conservarmi vivo. Ci sono per-

sone che muoiono improvvisamente durante la notte e non si risvegliano più. Io invece posso rendermi conto che il fatto dì potermi alzare all’inizio del giorno è un dono dall’alto. Tutto quello che popola la mia giornata, tutto quello che l’arricchisce dì nuove esperienze, tutta l’attività che posso svolgere, tutto questo deriva da un dono che mi accorda il Padre.Se la mia giornata è un dono, devo viverla ricevendola dalle mani del Pa-dre. Sono nella verità della mia esi-stenza soltanto se riconosco questo dono. È unicamente in questo modo che posso comprendere fino a che punto la mia vita è opera di un amore superiore.Le più semplici cose che mi circonda-no sono tutta cariche di questo amore. Riconoscendo che tutto è dono, potrò accogliere e vivere con più gioia tutto quello che si presenterà nel corso del-la giornata.

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I Prefazi delle Feste del signore

Al centro dell’anno liturgico sta la Pasqua, culmine della celebrazione del mistero di Cristo. Tutte le celebrazioni dei vari tempi liturgici o sono orien-tate alla Pasqua o prendono vigore da essa. Nell’anno liturgico, tuttavia, troviamo alcune feste del Signore che celebrano dei momenti particolari della sua missione salvifica. Si tratta di celebrazioni che, nel rispetto della centralità del mistero pasquale, ne sottolineano alcuni aspetti significativi. Dal calendario liturgico ne scegliamo alcune, quelle che hanno una data fissa.

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la «Presentazione del signore»(2 Febbraio)

L’embolismo del prefazio di questa festa pone al centro l’espressione: «Il tuo unico Figlio, generato nei secoli eterni». È giusto che sia così perché il protagonista dell’odierna celebrazione è il Cristo. Infatti, fino alla riforma liturgica del Vaticano II, la festa odierna era intitolata Purifi-cazione della Beata Vergine Maria. Considerata, infatti, nella prospet-tiva della legge ebraica secondo cui la donna che aveva partorito il primo figlio maschio, al quaran-tesimo giorno dalla nascita doveva presentarlo al Signore nel tempio di Gerusalemme e assoggettarsi a un rito di purificazione legale (Cf Lv 12,2-4), il 2 Febbraio era una festa della Madonna.

Oggettivamente, l’odierna festa celebra il Figlio di Dio «presentato oggi al tempio». Qui, presentare si-gnifica «offrire». Chi offre Gesù a Dio mediante il rito allora previsto sono Maria e Giuseppe. Ma prima ancora è Gesù stesso ad offrirsi al Padre, sebbene la sua offerta non presenti alcun segno esteriore.Già entrando nel mondo egli aveva detto: «Tu non hai voluto né sacri-ficio né offerta, un corpo invece mi hai preparato… Ecco io vengo… per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,5). Non gli animali o le cose, ma l’ob-bedienza è il sacrificio gradito a Dio.Per nostro amore e per la nostra salvezza, Gesù aderirà libera-mente alla volontà del Padre fino

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all’estremo dono di sé sulla croce: «Il mio cibo è fare la volontà di co-lui che mi ha mandato e compiere la sua opera» (Gv 4,34); «Io faccio sempre le cose che sono gradite al Padre mio» (Gv 8,29); «Padre, sia fatta non la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,4). La disponibilità di Gesù alla volontà del Padre, come quel-la di Maria sempre unita al Figlio, c’insegna l’orientamento fonda-mentale che noi siamo chiamati a dare alla nostra vita. Anche noi, in-

fatti, siamo stati «presentati» al Si-gnore mediante i sacramenti della fede che ci hanno iniziato alla vita cristiana. La nostra adesione al Si-gnore deve continuare e crescere sempre più, per essere anche noi, in unione con Gesù, offerta viva e gradita a Dio.

* * *Ma oltre che offrirsi al Padre, nel tempio di Gerusalemme Gesù in-contra il suo popolo, rappresentato da Simeone ed Anna, due anziani

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Israeliti che attendevano il compi-mento delle promesse del Signore.A Simeone fanno riferimento le parole del prefazio: «è proclamato dallo Spirito Santo gloria d’Israele e luce del mondo». Simeone, infat-ti, prese tra le braccia il Bambino e riconobbe in lui la grande missione: essere il centro della storia, «se-gno di contraddizione» con il quale si devono confrontare tutti gli uo-

mini per ottenere o no la salvezza, accettandolo o rifiutandolo (cf Lc 2,34-35). Per aver potuto vedere l’alba del mondo nuovo che, con la venuta del Messia, stava schiuden-dosi per Israele e per tutti i popoli della terra (cf Lc 2,29-33), Simeo-ne proclamò apertamente che lo scopo della sua vita si era ormai compiuto ed espresse il suo gioio-so cantico di riconoscenza a Dio.Di Anna è detto che non si allon-tanava mai dal tempio, servendo il

Signore notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta nel mo-mento della presentazione di Gesù, si mise a lodare Dio e, da profetes-sa qual’era, parlava del Bambino a quanti aspettavano là redenzione di Gerusalemme (cf Lc 2,36-38).Cosa imparare da Simeone ed Anna? A tener sempre viva in noi la luce della fede. La festa odierna, infatti, è chiamata anche Candelo-

ra a motivo della processione con i lumi che la caratterizza imitando il Lucernario che si faceva a Gerusa-lemme fin dalla sua origine.Sull’esempio di Anna dobbiamo anche far risplendere la luce della nostra fede al mondo d’oggi, otte-nebrato da tante ideologie devianti e da ogni genere di violenza, e in-capace di comprendere che soltan-to camminando alla luce di Cristo si può raggiungere una pace vera, giusta e duratura.

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Quando si partecipa alla celebra-zione della Messa, si è sempre in comunione con tutta la Chiesa anche se si fosse da soli a parte-cipare al rito. La Messa è sempre celebrata per tutto il popolo cristia-no, per tutta la Chiesa, per tutti gli uomini che vivono su questa terra.Il Signore che si è incarnato ed è venuto a vivere in mezzo a noi, ci ha insegnato che il comandamento più grande è quello dell’amore ver-so Dio e verso i fratelli e la Chiesa è il segno reale di una comunità di persone che si vogliono bene. Dall’amore di Dio discende la no-stra capacità di amare i fratelli. La Costituzione sulla Sacra Litur-gia emanata dal Concilio Vaticano II ha dato grande importanza, tra le altre cose, alla celebrazione della Messa definendola “centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa uni-versale, per quella locale, e per i singoli fedeli. Nella Messa infatti si ha il culmine sia dell’azione con cui Dio santifica il mondo in Cristo, sia del culto che gli uomini rendono al Padre, adorandolo per mezzo di Cristo Figlio di Dio”.

Il segno della pace aiuta o distraenella partecipazione della messa?

Seguendo lo svolgersi della cele-brazione, siamo invitati nella prima parte all’ascolto della Parola di Dio. È Parola tratta dalla Bibbia, ma adattata alla celebrazione liturgica: abbiamo cioè testi biblico-liturgici. La Bibbia è una raccolta di settan-tatre libri dai quali sono stati tratti i testi che noi leggiamo nella Messa e sono stati predisposti dalla sa-pienza e dalla preghiera dei Padri della Chiesa per la nostra vita spiri-tuale, testi che ascoltati con atten-zione, con la mente e con il cuore, ci fanno crescere nella vita cristia-na. Essi dimostrano come Gesù è il centro di tutta la storia e la sua vita su questa terra è il compimento di tutto ciò che è stato predetto prima che lui, incarnandosi, apparisse tra noi: Nuovo Testamento compimen-to dell’Antico. La seconda Parte della messa, strettamente collegata con la prima, celebra il memoriale della passione, morte e risurrezione del Signore Gesù. È un attingere continuamente all’unico sacrificio di Gesù, è come se noi fossimo presenti a quanto è avvenuto 2000 anni fa. “Nel corso

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di questa stessa memoria la Chiesa, in modo particolare quella radunata in quel mo-mento e in quel luogo, offre al Padre nello Spirito Santo, la vittima immacolata. Essa desidera che i fedeli non solo offrano il sacrificio di Gesù, ma anche imparino a offrire se stessi e così portino ogni giorno più a compimento, per mezzo di Cristo Mediato-re, la loro unione con Dio e con i fratelli, così da formare un solo corpo di Cristo, nello Spirito Santo”. Ecco allora che prima della Comunione, noi ci scambia-mo un segno di pace: ci diamo la mano, alcuni si baciano, i bambini si spostano da un banco all’altro per stringere la mano a più perso-ne possibile. “Con il rito della pace la Chiesa im-plora la pace e l’unità per se stes-sa e per l’intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l’amore vicendevo-le, prima di comunicare al Sacra-mento”. Siamo invitati a seguire con l’attenzione della mente e del cuore tutto lo svolgersi della cele-brazione eucaristica. Anche se non conosciamo le persone che ci sono vicine, non sono persone estranee,

perché siamo tutti fratelli e sorelle nel Signore Gesù. Cerchiamo di ricordarci che siamo invitati “a for-mare un solo corpo di Cristo”. Tutta la liturgia è sempre rivolta a tutto il popolo santo di Dio che siamo noi fedeli presenti e partecipi alla celebrazione eucaristica. Allora ci verrà quasi spontaneo di augurare la pace, di rivolgerci con un sorriso ai nostri vicini.Per una partecipazione attiva, do-vremmo fare tutti un piccolo sforzo per conoscere la Costituzione sulla Sacra Liturgia, sacerdoti e fedeli. Capiremo meglio anche il segno della pace.

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con l’adorazione si celebrapienamente l’eucarIstIa

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A partire dalla riforma liturgica se-guita al Concilio Vaticano II, talvolta il mistero eucaristico viene identifi-cato alla celebrazione della Messa, mentre si presta meno attenzione all’adorazione del SS. Sacramento, vista quasi come una forma meno perfetta di culto eucaristico.Il Pane eucaristico - si dice - non ci è stato dato per essere contemplato, ma per essere mangiato. Tale con-trapposizione, non ha senso, come mostra l’esperienza spirituale della Chiesa. Commentando il Salmo 98, sant’Agostino afferma: “Nessuno mangia questa carne senza prima adorarla…; peccheremmo se non la adorassimo”.Nell’Eucaristia non riceviamo sem-plicemente una “cosa”; essa è l’in-contro e l’unificazione di persone: in essa il Figlio di Dio ci viene incontro e desidera unirsi a noi. Tale unifica-zione si può realizzare soltanto se-condo le modalità dell’adorazione.Ricevere l’Eucaristia significa ado-rare Colui che riceviamo. Proprio in

tale incontro personale con il Signo-re, matura anche la missione socia-le che nell’Eucaristia è racchiusa e che vuole rompere le barriere che ci separano gli uni agli altri.È evidente allora che l’adorazione è necessaria prima e dopo la cele-brazione eucaristica. La fede vera deve essere legata a tutta la nostra vita. L’adorazione è soprattutto ne-cessaria perché possa portare frutto abbondante la Comunione che fac-ciamo.

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Dire “Padre nostro” significa pren-dere coscienza che tutta la comuni-tà umana ha lo stesso Padre e che per questa ragione vi è tra di noi un legame di fraternità.Che ciascuno di noi abbia Dio per Padre, è già una delle meraviglie della rivelazione che non finiremo mai di ammirare. Il Padre ama cia-scuno dei suoi figli, con un immen-so amore, e questo amore è di una fedeltà incrollabile.Nell’Antico Testamento, Dio aveva dato al popolo eletto la garanzia di un amore che non avrebbe mai cessato di manifestarsi: “Si dimen-tica forse una donna del suo bam-bino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere ? Anche se ci fosse una donna che si dimenti-casse, io invece non tí dimenticherò mai” (Is 49, 15).Nel Vangelo, Gesù ha rinnovato ai suoi discepoli la garanzia di questo amore: “Il Padre stesso vi ama” (Gv 16,27).Oltre alla meraviglia di questo amo-re supremo che è offerto a ciascu-no, vi è quella dell’unione che il Pa-dre suscita tra noi, riunendoci tutti in una sola famiglia. Egli è il Padre

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della nostra unità. Quando sco-priamo il suo amore per noi, siamo dunque invitati a guardarci recipro-camente come fratelli.Se vi è una gioia nel sapere che io sono personalmente amato dal Padre, questa gioia si allarga per la convinzione che anche gli altri sono amati da lui. Il Padre ama tutti gli uomini senza eccezione; nemme-no noi possiamo fare eccezioni nel nostro amore per gli altri. Quando sono tentato di giudicare severa-mente qualcuno, mi devo ricordare che colui che sono tentato dí non amare è realmente amato dal Pa-dre e, di conseguenza, è degno di essere sinceramente amato da tutti i suoi fratelli.Nella preghiera vi è un motivo spe-ciale di esprimere l’unione fraterna: se vogliamo ottenere il favore del Padre, conviene ricorrere a lui nelle disposizioni d’accordo fraterno che possano piacergli. Quando diciamo “Padre Nostro”, proclamiamo che al di sopra di tutti i motivi che potrebbe-ro dividerci, opporci gli uni agli altri, il Padre, essendo il Padre di noi tutti, ci stabilisce e ci mantiene in una pro-fonda unità. Noi protestiamo contro

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tutti i conflitti che lacerano l’umanità ed esprimiamo la volontà di conser-vare la buona intesa. “Padre nostro” è nello stesso tempo una verità e un auspicio: una verità, perché il Padre ci avvolge tutti nello stesso amore; un auspicio, perché desideriamo ri-

spondergli realizzando sempre più l’unione fraterna, e perché speriamo che tutti gli uomini entreranno sem-pre più in questa unione.Quale ricchezza di senso, quale ric-chezza d’amore in queste semplici parole: “Padre nostro”!

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Per consolare bisogna imparare a piangere

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Nella prima lettera ai Tessalonice-si, San Paolo annuncia la speran-za cristiana di fronte alla morte, per consolare una comunità afflitta per la morte di alcuni membri e conclu-de: “Consolatevi dunque a vicenda con queste parole” (cfr. 4,13-17).Per partecipare all’opera consola-trice di Dio, occorre però un certo stile: per esempio, riconoscere che la consolazione ha i suoi tempi; ascoltare la sofferenza di chi è nel dolore, per capire quale sia il gesto o la parola più appropriata al mo-mento.Una vera consolazione è costituita da una presenza capace di ascol-to, che non svilisce la disgrazia dell’afflitto, con parole banali o falsa-mente rassicuranti, con espressioni illusoriamen-te spirituali, con discorsi teologici.Guai alla presunzione di saper e poter consolare sempre e tutti. Quante volte le parole e gli at-teggiamenti di chi porge le condoglianze sono su-

perficiali, imbarazzate, doveroso e stucchevole rituale a cui non ci si può sottrarre.Nella vicenda di Giobbe, la Bibbia ci racconta di consolazioni falli-mentari: i suoi amici recatisi da lui “per consolarlo” (Gb 2,11) rovinano tutto con parole insensate, meri-tando l’insulto di “consolatori mole-sti”. (Gb 16,2)Lo stesso orante del Salmo 69 ar-riva a denunciare che “ho atteso consolatori, ma non ne ho trovati”.Invece, chi è passato per l’espe-rienza del pianto, può avvicinare l’afflitto con discrezione e intelli-genza. Al riguardo, nel Gennaio

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2015, incontrando i giovani a Mani-la, papa Francesco li ha esortati a imparare il linguaggio delle lacrime: “Invito ciascuno di voi a chiedersi: ho imparato a piangere, quando vedo un bambino che è affamato, drogato, senza casa, abbandona-to, abusato, sfruttato dalla società? Se non imparate come si piange, non potrete essere buoni cristiani”.E ha aggiunto: “Nel mondo oggi manca la capacità di piangere”, ma “alcune realtà della vita si vedono soltanto con gli occhi lavati dalle lacrime”.Consolare significa far percepire e favorire un clima di festa, nei segni e nelle parole.

Occorre assumere lo stile del Si-gnore che si china come buon Sa-maritano sull’umanità ferita.Ci piace richiamare le parole pro-vocatorie di mons. Tonino Bello: “Tra le opere di misericordia, ab-biamo sempre insegnato che bi-sogna consolare gli afflitti, ma non abbiamo mai invertito l’espressio-ne, dicendo che bisogna affliggere i consolati. Tu devi essere una spi-na nel fianco della gente che vive nelle beatitudini delle sue sicurez-ze. Affliggere i consolati significa essere voce critica, coscienza cri-tica. La Chiesa deve farsi presente a ogni dolore umano, a ogni fame di giustizia e di liberazione”.

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Una fastidiosa influenza intesti-nale, provvidenziale per un po’ di riposo forzato sotto le coper-te diventate, a tratti, pesanti ma rassicuranti. Un’opportunità per pensare e ripensare pescando nel mio passato e guardando un po’ al

“Pensando... sotto le coperte”

mio domani. Tanti ricordi nella mia mente, a ritroso, e qualche aspet-tativa, in avanti, nel cuore.Tanti ricordi, non nostalgia, qual-che rammarico, un buco nero: nel-la mia vita ho ascoltato poco; non ho saputo o voluto ascoltare abba-

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stanza. Me stesso e gli altri. Lupo solitario, battitore libero, con tante false sicurezze e poche autocriti-che. Con inevitabili e, per fortuna, non gravi e irreversibili errori di prospettiva e di qualche scelta con-creta. Perché? Perché non è vero che “chi fa per sé fa per tre”, come non è veritiero il proverbio “meglio soli che male accompagnati”. È es-senziale aprirsi all’altro, all’ascolto dell’altro; tanto quanto all’ascolto di se stesso. Non è facile e non è da tutti saper ascoltare, perché oc-corre fare silenzio dentro e fuori di sé, tenere a bada pensieri e parole, darsi del tempo per purificarsi dalle scorie e dagli scarti di cui ognuno è pieno. Saper ascoltare non è né sentire né udire i mille suoni e ru-mori, le mille suggestioni di ogni giorno. È invece avvicinarsi a se stessi e agli altri con discrezione e delicatezza; è farsi vicini e prossimi prestando attenzione, accogliendo e dando valore e rispetto a tutto e a tutti. La pazienza di ascoltarsi e ascoltare, quante distorsioni ed errori verrebbero evitati! Ma non è un atteggiamento facile; nem-meno sotto le coperte, da amma-lato riesco a farlo con convinzione e profitto, perché non è solo una questione di testa, ma di cuore.

E, spesso e volentieri, “al cuore non si comanda”. Eppure solo nel cuore i ricordi diventano emozioni e semi di futuro. La ragione che si fa tenerezza, come ama dire e scri-vere Papa Francesco. Ascoltarsi e ascoltare con tenerezza, cioè con emozione ed affetto. Proprio quello che a me (e chissà a quanti altri!) è mancato e manca e proprio questo dovrà essere il mio impegno con meno errori e più relazioni per un domani fatto “di cura e di custodia gli uni verso gli altri”. Tenerezza è ascoltare, anzitutto col cuore cre-ando un autentico “sentimento di intima unione con gli altri” (Papa Francesco); ma anche col corpo, attraverso il mio modo di essere e di fare. Tenerezza è creare-ricreare legami veri e duraturi. Con se stes-si per andare in profondità e verità; con gli altri per costruire ponti e fratellanze autentiche. Essenziale l’ascolto; esistenziale la tenerezza. Non virtù di persone deboli o per femminucce come istintivamente ho metabolizzato fin da piccolo, ma virtù di uomini liberi e forti.Occorreva proprio che mi carpisse la febbre e me ne stessi coatto sot-to le coperte per capire cose così evidenti e… importanti. Benedetta influenza…!

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con l’adorazione impariamoa ringraziare

Il SS. Sacramento è il segno perma-nente dell’amore infinito che Dio ha manifestato sulla croce e l’adorazio-ne è la forma concreta con la quale l’uomo può dimostrare la propria ri-conoscenza al Signore che l’ha re-dento con il suo sangue.L’adorazione plasma ed esprime la gratitudine per tutto quanto il Signo-re ha donato e dona continuamente all’uomo. Una Chiesa, che offre al Signore un culto pubblico con l’ado-razione, tiene desta in se stessa e nel mondo una gioiosa riconoscenza nei confronti dì Colui che sta all’origi-ne della vita e di ogni dono.Guai se nei cristiani venisse meno la consapevolezza di questa carità divina che vuoi rendere felice e be-neficare l’esistenza di ogni persona. In un’umanità che sembra diventata sempre più incapace di ringraziare e che si allontana sempre più dalla gioia, l’adorazione indica che l’uomo è un essere costituito dal fatto di rice-vere tutto da Dio, e immeritatamente.In quanto creature finite e contin-genti, la nostra esistenza è un puro

regalo, “grazia”. Quando l’essere umano dimentica questa radicale dipendenza e pretende di ergersi a unico, assoluto padrone di sé e della vita, viene inesorabilmente smentito, cade nell’infelicità, nell’amarezza e nella disperazione.Nel silenzio della adorazione euca-ristica emergono tutte le motivazioni per cui noi dobbiamo essere ricono-scenti.Risuona chiaramente nella mente la domanda: “Che cosa hai, che tu non l’abbia ricevuto?”.

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Prima che ne prendessi coscienza, qualcuno si è preso cura di me: i miei genitori mi hanno accolto, nutrito, protetto, ascoltato. Quante persone mi hanno voluto bene prima che io fossi in grado di rispondere. Anche l’interesse di Dio per me precede il mio interesse per Lui, anzi lo rende possibile. Prendo coscienza con gratitudine di questo avvicinarsi di Dio alla mia vita. Lascio da parte il mio sapere su Dio e quello che faccio e ho fatto per Lui e faccio memoria degli incontri di Dio con me. Forse Dio è stato presente da sempre, forse un giorno ha fatto irruzione nella mia vita all’improvviso. Quando è avvenuto questo incontro?quale volto di Dio è emerso? Cosa è cambiato nella mia vita?

Dio di bontà, ti rendo grazie per quello che mi hai donato.Mi hai dotato di molte capacità, mi hai dato questo corpo nel quale la mia anima si trova bene (o soffre), nel quale tu stesso hai preso dimora. Con esso posso gioire, amare, ma anche lavorare, camminare, muovermi.Mi hai fatto incontrare delle brave persone … Al momento giusto mi hai mandato la persona che è stata per me un angelo a che mi ha aiutato a procedere nel mio cammino.Mi hai accompagnato lungo la mia strada, anche quando io non ti ho riconosciuto o non mi sono proprio aperto a te. Ti rendo grazie per ogni attimo, perché in ogni momento tu sei con me. In ogni momento mi riempi di doni: con incontri che mi toccano, con parole che mi indicano il cammino, con lo sguardo che schiude il mio cuore.Ti rendo grazie, per avermi creato così come sono, nella mia unicità.Tu mi hai chiamato a esprimere qualcosa di te in questo mondo, qualcosa che soltanto io posso comunicare. Ti ringrazio per questa vita, per ogni attimo in cui posso respirare, sentire, amare, gioire.Ti ringrazio perché sei con me e mi accetti senza condizioni.Io ti prego, fa’ che attraversi la vita con riconoscenza e possa aiutare con la mia gratitudine anche chi sta accanto a me ad aprire gli occhi sul mistero della loro vita.

(Anselm Grün)

A volte Dio interviene discretamente, come una brezza leggera che dilata il cuo-re, altre volte, con intensità dirompente; sempre mi dispone alla comunione, alla

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calma e alla vita, come è successo al profeta Elia sull’Oreb. Dio è l’Amore che si avvicina e desidera specchiarsi sul mio volto, come lo sposo del Cantico ane-la agli occhi della sposa. Avanzare sulla strada dell’incontro con Dio è via alla pace, come sperimenta il salmista. Leggo attentamente i testi e li trasformo in preghiera.

Egli si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”. Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: “Alzati e mangia!”. Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un or-cio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: “Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”. Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb. Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: “Che fai qui, Elia?”. Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita”. Gli fu detto: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.(1 Re 19, 4-13)

Una voce! Il mio diletto!Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline.Somiglia il mio diletto a un capriolo o ad un cerbiatto.Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia attraverso le inferriate.Ora parla il mio diletto e mi dice: Alzati, amica mia, mia tutta bella, e vieni!O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso,fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro.Il mio diletto è per me e io per lui.

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Egli mi dice: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio;perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la gelosia:le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore!Le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo”.(Cantico dei Cantici 2,8-16; 8,6-7)

Beato l’uomo che teme il Signoree cammina nelle sue vie.Vivrai del lavoro delle tue mani,sarai felice e godrai d’ogni bene.

La tua sposa come vite fecondanell’intimità della tua casa;i tuoi figli come virgulti d’ulivointorno alla tua mensa. Così sarà benedetto l’uomoche teme il Signore.Ti benedica il Signore da Sion! Possa tu vedere la prosperità di Gerusalemmeper tutti i giorni della tua vita.Possa tu vedere i figli dei tuoi figli.Pace su Israele!(Sal 128,1-6)

Dopo l’incontro con Dio la vita cambia gusto, assume un senso inedito. Lo Spirito plasma un cuore nuovo, mi aiuta a riscoprire la centralità di Gesù Cristo e a sotto-mettermi al Padre. Riconosco che non sempre sono disponibile a questo incontro, perché ho paura di quello che Dio mi domanda, sono pigro; oppure sono distratto, non mi accorgo che mi cerca, è alla porta e bussa. Gli chiedo di rompere il guscio della mia autosufficienza e di lasciarlo entrare nella mia vita senza riserve e con-dizioni da parte mia, come suggerisce Roger Schutz nel testo che segue.

Siamo qui per essere afferrati da Dio, lavorati da Lui, mutati nell’intimo di noi stessi. Una simile trasformazione non si compie in un giorno. Continuamente dobbiamo venir modificati di nuovo. Non è mai monotona la ricerca di Dio. Ma questa trasformazione in vista di cosa? Per diventare capaci di accogliere gli eventi facili come le ore dure e le opposizioni, sempre disposto ad andare verso

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ciò che ci sta davanti. Fintantoché non ci lasciamo afferrare da Dio, non dobbia-mo stupirci di non capire nulla di Lui e di far di Lui un oggetto di curiosità e di con-tinue discussioni. La nostra vita rimane fissa in un monologo senza sbocco con la nostra stessa persona. Se noi possiamo capire da soli molti elementi della vita e del mondo, riguardo alla conoscenza di Dio la cosa va in ben altro modo. Lo conosciamo soltanto quando ci lasciamo afferrare e lavorare da lui dal di dentro.

Dopo una pausa di riflessione, nella quale prendo coscienza delle mie resistenze e chiedo che il balsamo della misericordia divina allenti i nodi del pensiero, degli affetti e della volontà, chiudo con queste parole della beata Camilla Battista da Camerino, clarissa.

Cammina, corri, vola nella via di Dio. I virtuosi camminano, i sapienti corrono, gli innamorati volano. Se puoi correre, non camminare. Se puoi volare, non correre, perché il tempo è breve.Tu, o Signore, per grazia sei nato nell’anima mia,mi hai donato la Tua Luce, Luce di VeritàVia per venire a te, vero paradiso!Nelle tenebre e oscurità del mondo mi hai fattovedere, udire, parlare e camminare nella Tua Luce.O dolce Signore, dammi grazia che io ti restituiscaamore per amore, sangue per sangue, vita per vita,perché con la mia vita sempre io lodi, benedicae glorifichi Te, ed edifichi i fratelli.Domanda a Dio questa mirabile rivelazione: Egli ti sveli te stesso, ti faccia cono-scere chi sei,quanto puoi, quanto sai e quanto meriti. Senza questa rivelazione nessuno mai diventerà santo.È un segreto che non s’impara da altri; è chiuso nel Cuore sacratissimo di Gesù Crocifisso.O Signore, non permettere che mi perdae anneghi nel mare, perché tanto mi hai cercatoe tanto ti sei affannato per togliermi dalla tempesta.Ricordati, Gesù mio, quanto ti sono costata cara,ricordati che prezzo pagasti per me sulla croce,ricordati di quello che ho avuto voglia di faree non di quello che ho fatto!Accoglimi, attirami a Te in Te,dolce Dio mio, eterno vero e sommo Bene.

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tutti... genitori, nonni, lavoratori...troviamo ispirazione per il nostro proporci cristiano sostando davanti a Gesù

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Nel mio cammino di spiritualità, mi sorprendo anche a collegarmi con più intensa preghiera a quelle per-sone che so lontane da un contatto vivo col Signore.Chiedo loro di presentarsi con le oc-casioni misteriose che Lui sa trova-re, che Lui sa creare. Pur non chie-dendo la soddisfazione di conoscere eventi o cambiamenti, se o quando questo accade, è esplosione di gra-zia interiore, gratitudine e lode. Fortunatamente nell’interno della mia famiglia siamo tutti vicini al Si-gnore: si è arrivati a pregare con spontaneità insieme il Rosario alla sera o anche durante un tragitto in auto, dedicando ogni decina alle in-tenzioni che sgorgano dal cuore. Il coraggio di esprimersi a voce alta, lasciando fluire í sentimenti legati alle intenzioni, è anche questo frutto di “allenamento”, che viene dal dia-logo che si instaura con il Signore. Nel lavoro mi capita, non di rado, che un contatto anche occasionale magari con operai o collaboratori ecc., porti a ricevere confidenze su situazioni dolorose. Con una natu-ralezza che sorprende anche me

stessa, mi capita di porgere l’arma potente della preghiera e di “recla-mizzare” i frutti della fede, portando anche fatti personali. È allora che tocco con mano come la forza di quanto esprimo susciti dap-prima magari stupore e poi attimi di silenzio pensoso. Anche a scuola, soprattutto qui, Gesù fa davvero la differenza…! All’adorazione si portano anche e soprattutto le difficoltà e i percorsi spesso irti e difficili dei giovani. È qui, ad adorare Gesù e a chiedere luce, che ho incontrato proprio insegnanti che affinano la loro sensibilità. È così che anche chi è genitore o nonno e non solo educatore di pro-fessione, trova un modo ispirato proprio dallo Spirito, di proporre at-teggiamenti di ascolto, di compren-sione, di consiglio. I risultati e la gratitudine che sgorgano da tante difficoltà affrontate con questo spiri-to, fanno condividere il rendimento di grazie al Signore. Lui ci cambia, ci rende più corag-giosi nel proporLo con convinzione, consapevoli di regalare l’esperienza unica di sentirLo al proprio fianco.

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Eremita e apostolo al tempo stesso: san Paolo della Croce (al secolo Pa-olo Danei, 1694 – 1775) è ricordato perlopiù come fondatore della congre-gazione dei religiosi Passionisti, ma il suo carisma è assai meno conosciuto. Anche la sua eredità spirituale viene spesso ridotta ad un’insistenza predi-catoria sulla Passione di Gesù Cristo, liquidata sbrigativamente come pro-dotto di una sensibilità “barocca” e del-le polemiche teologiche in una Chiesa arroccata sulla Controriforma. In realtà, questo mistico, teologo ed evangelizzatore è uno dei protagonisti del cattolicesimo nel secolo xviii, molto più vivace e tormentato, anche in Ita-lia, di quanto comunemente si creda. A tanti sforzi di riforma nella vita cristiana intrapresi da papi e vescovi illuminati (benché, è vero, non sempre giunti

a successo), si accompagna anche l’azione di Paolo: il quale peraltro non si sentirà mai autore di alcuna riforma, oltre a quella che tenta incessante-mente di invocare su sé stesso dalla grazia divina, lungo il cammino così chiaramente testimoniato dai grandi maestri dello spirito nell’età moderna: Francesco di Sales, e prima di lui Tere-sa d’Avila e Giovanni della Croce. San Paolo predica e ammonisce, anche severamente, quando la coscienza gli preme, ma non cerca mai d’imporsi. Gli è sufficiente vedersi riconosciuta la libertà di seguire la propria strada at-traverso la penitenza severa, la pover-tà radicale, lo slancio apostolico verso i più umili. Non pretende che “altri” (i laici, i religiosi, i pastori) percorrano il suo stesso cammino: si esaurirà, inve-ce, nel predicare con la parola e con

la vita perché tutti seguano docilmente quella via che lo Spirito indica a cia-scuno personalmente. L’Eucaristia segna di frequente il tempo delle sue grandi decisioni. Accade nel 1716, quando, al ritorno da una prolungata adorazione delle «Quarant’Ore» nella città di Crema, Paolo Danei rinuncia definitivamente al sogno della vita militare. E ancora quattro anni dopo, mentre è raccolto in ringraziamento dopo la Comunione (che a quei tempi molti vescovi e preti esitano a concedere con frequenza): un’estasi, forse una visione, lo ispira a dar vita ad una nuova forma di de-dizione a Dio e a raccogliere attorno a sé dei compagni di strada. Dovrà essere, la loro, una vita di profonda ascesi e contemplazione, ma al tempo stesso — come gli si precisa sempre meglio — una missione di annuncio dell’amore infinito di Dio rivelato nella Passione di Gesù Cristo. La devozione e la fiducia illimitata nel mistero della Croce, Paolo l’ha per così dire ereditata fin da piccolo, se-guendo particolarmente le parole e l’esempio della mamma. I primi tempi di questo cammino sono incerti, se-gnati anche da tentativi contraddittori e diversi fallimenti. Il giovane mistico non manca di affidarsi a sapienti diret-tori di anime, trascorre le sue giornate (e gran parte delle notti) nella peni-tenza, nell’orazione, in lunghe soste dinanzi al Santissimo; la comunione eucaristica diviene per lui pratica quo-tidiana. Tuttavia, l’entusiasmo lo rende

a volte ingenuo, e un suo primo tenta-tivo di presentarsi al Papa, nel 1721, fallisce. Solo dopo svariati tentativi in Lazio e Campania, gli riesce finalmen-te una prima “fondazione”, nel 1728, sulle pendici del Monte Argentario, dove già sei anni prima si era provvi-soriamente stabilito; gli viene ora con-cesso di occupare il vecchio romitorio di S. Antonio. dove assieme al fratello Giambattista comincia a raccogliere i primi compagni. Nel frattempo, i suoi più fiduciosi so-stenitori l’hanno convinto a ricevere l’ordinazione presbiterale; una grazia della quale Paolo non si sentiva de-gno, e che nemmeno riteneva neces-saria per l’opera a cui si sentiva chia-mato. Ma a Roma, dove per qualche tempo Paolo e Giambattista si sono assunti la cura di un ospedale in Tra-stevere, i loro consiglieri più accorti li hanno faticosamente persuasi, anzi quasi forzati: come sacerdoti, i due fratelli si vedrebbero facilitare il com-plesso iter dell’approvazione papale. Così, nel 1727 Paolo e Giambattista Danei vengono ordinati preti da papa Benedetto xiii in persona. Per il san-to è una grazia costosa: sentendosi indegno di consacrare con le proprie mani il Corpo e il Sangue di Cristo, per molti anni non riuscirà a celebrare la Messa senza piangere… Dalla prima comunità sull’Argentario, ordinata secondo regole di estrema austerità e di vita spirituale — più vol-te alla settimana trascorrono l’intera notte in chiesa dinanzi all’Eucaristia

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— Paolo e i compagni danno vita alle loro prime missioni in aiuto alle parroc-chie circostanti, soprattutto attraverso la predicazione, le missioni popolari, la confessione, la direzione spirituale. Come guida nel cammino di fede per i suoi seguaci e per molti altri fedeli, il santo si segnalerà, tra l’altro, per i suoi incoraggiamenti alla Comunione frequente, se non quotidiana. È un’epoca in cui il giansenismo, seppure condannato ufficialmente da decenni, continua ad esercitare una certa influenza su molti teologi e pa-stori che vi vedono un’opportuna rea-zione al lassismo spirituale di cui sono accusate altre dottrine o la pratica di alcune istituzioni eccelsiastiche e re-ligiose. Non è certo per superficialità che Paolo, all’opposto, contrasta qua-lunque insegnamento rischi di allon-tanare il popolo cristiano dalla grazia dell’Eucaristia. I rigoristi temono la pratica sacramentale frequente come illusione di salvarsi attraverso “opere” anziché abbandonandosi totalmente alla fede in Dio. San Paolo, in linea con il magistero solennemente riba-dito due secoli prima dal concilio di Trento, indica nell’Eucaristia il manife-starsi della gloria e della grazia divina nel massimo splendore: è «memoria viva» dell’amore nel quale il Padre of-fre agli uomini la vita del suo Figlio nel mistero della Croce e della Pasqua. Il cristiano non può concentrarsi nella

propria purificazione senza la grazia della comunione eucaristica. Deve in-vece orientare tutta la preghiera e la penitenza al momento nel quale rin-novare, attraverso l’Eucaristia, la gra-zia battesimale di unirsi alla morte di Gesù per “risorgere” a sua volta come figlio di Dio. Osserva Adolfo Lippi, importantissimo biografo e studioso di san Paolo del-la Croce: «Si tratta di far memoria… dell’opera suprema che Dio ha com-piuto nel Cristo. Questo, secondo le parole stesse di Gesù [cf. Luca 22,19] e la chiara coscienza che ne ha Paolo, è lo scopo principale del sacramento dell’Eucaristia. Giustamente perciò, nell’attuale teologia, è stata messa in rilievo l’importanza del “far memo-ria”. Il suo zelo per propagare questa memoria si manifesta principalmente nelle missioni e negli esercizi spiri-tuali, ma non si limita a questi grandi ministeri. Nelle Regole scrive esplici-tamente che, oltre a questi mezzi, i re-ligiosi diffonderanno la memoria della Passione in qualunque maniera sarà loro possibile, come quando “confes-sano, tengono conferenze spirituali e in ogni altra opportuna occasione”».1 «Si riceve l’Eucaristia per diventare Eucaristia», annota lo stesso studio-so2 rifacendosi a quanto scrive papa Benedetto xvi nell’enciclica Deus ca-ritas est (13-14). Così si comprendo-no le parole di san Paolo in una delle

1 Lippi Adolfo, Paolo della Croce. Mistico ed evangelizzatore. Maestro di santità per oggi, Panzano in Chianti: Edizioni Feeria, 2014, p. 350.

2 ivi, p. 397n, 431

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sue lettere ad un sacerdote: «Quando avete celebrata la messa vi siete ciba-to di Gesù… Or perché dopo la messa non lasciate che Gesù si cibi di voi, vi digerisca e vi trasformi in sé ed arden-do di quel fuoco di amore che arde il suo divin Cuore non vi lasciate tutto incenerire?» Questo ardente mistico della Passio-ne avrebbe voluto a sua volta poter trascorrere gli ultimi anni della vita terrena “consumandosi” nell’adorazio-ne. In una lettera ai suoi religiosi, già nel 1758 esprime il «vivo desiderio…

di ritirarmi in uno dei nostri Ritiri di più profonda solitudine, affine di non pen-sare ad altro che a starmene ai piedi di Gesù Sacramentato per piangere giorno e notte le mie colpe e prepa-rarmi [con la preghiera, il digiuno e il silenzio] ad una santa morte». Le necessità della sua giovane Congre-gazione, i desideri dei papi che nu-trono per lui un’immensa stima — ma appunto per questo non cessano di ri-chiedergli nuovi impegni anche gravo-si — e, non ultima cosa, gli imprevisti disposti per lui dalla Provvidenza… lo obbligheranno ancora per oltre quindi-ci anni a consumarsi nell’apostolato e nel ministero. Paolo della Croce celebra personal-mente la Messa per l’ultima volta nella solennità del Corpo del Signore del 1775. Di là in avanti, fino all’ottobre dello stesso anno, tormentato da cre-scenti sofferenze, potrà solo ricevere da mani altrui la comunione quotidia-na e i sacramenti della penitenza e dell’unzione. Muore nel pomeriggio del 18 ottobre dopo aver contempla-to fino all’ultimo il crocifisso appeso nella sua camera, e aver consumato le sue ore estreme sulla terra con le aspirazioni che anni prima aveva de-scritto ad una delle sue figlie spirituali: «Vi raccomando sempre più di starve-ne nel sacro deserto interiore in vera solitudine di fede e di amore, in sacro silenzio. Cibatevi di Gesù, bevete il suo Sangue prezioso, levatevi la sete al calice di Gesù; ma più berrete, più avrete sete».

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Quando recitiamo il “Padre nostro”, diciamo “Sia santificato il tuo nome!”. Che cosa significano queste parole?Le due domande seguenti: “Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà”, sono più facili da comprendere. Ma “santificare il nome” non corrisponde al nostro linguaggio abituale.Nel vocabolario della religione giudai-ca, il nome di Dio, significava glorifica-re Dio stesso. Alcuni hanno interpre-tato la domanda alla luce dell’usanza giudaica, nel senso di “Sia santificato il nome di Dio”. Ma, in effetti, Gesù dice qualcosa di nuovo: “Padre, sia santificato il tuo nome!”. Questo nome è quello del Padre.È questo nome di Padre che dev’es-sere santificato, ossia, pronunciato con venerazione. Si desidera che il Padre sia riconosciuto come tale da tutti coloro che egli ha voluto amare come suoi figli. Non si tratta semplice-mente di pronunciare un nome, ma di testimoniare al Padre un sincero amo-re filiale.Nella sua conversazione con la Sama-ritana, Gesù allude a questa venera-zione del Padre. Egli definisce il nuovo culto.

“È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cer-ca tali adoratori” (Gv ,23).Egli sottolinea espressamente che l’adorazione si rivolge al Padre; è la caratteristica della nuova era religio-sa che comincia. Il Padre è il Padre di tutti gli uomini, sicché le divisioni esi-stenti tra i culti nazionali, come il culto giudaico e il culto samaritano, devono sparire. Colui che si adora è Padre universale.L’adorazione si deve fare in spirito e verità, cioè essa deve tradursi con una condotta che piaccia al Padre. Per la Samaritana, questa adorazione com-porta l’esigenza di un cambiamento di vita morale.Con la domanda: “Sia santificato il tuo nome”, noi esprimiamo il desiderio che tutti gli uomini giungano a pronunciare il nome del Padre con amore filiale, ed a vivere conformemente a questa venerazione, o adorazione, in spirito e in verità.

vorremmo che dio fosse invocatoe amatoda tutti gli uomini

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l’adorazione eucaristicaha rinnovato la mia vita

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Sono qui a scrivere un dono di Dio, una grazia, che mi sta accompa-gnando da tanti anni, nonostante le peripezie della vita.A lungo sono stato un cristiano “della domenica”, dove tutta la ricchezza ricevuta nella San-ta Messa si esauriva alla sua conclusione, lasciandomi un amaro in bocca, un dubbio, una nostalgia.Cogliendo l’invito della par-rocchia di partecipare a un triduo di preghiera, indetto da un gruppo denominato “Maria Regina della Pace”, ho avuto modo di entrare nel vivo dell’adora-zione eucaristica, quando il sacer-dote, con tutti noi fedeli, iniziò una sorta di colloquio vivo con Gesù.Svestito delle mie miserie umane, chiedevo il suo perdono, offrendo a lui tutto me stesso, lasciandomi cullare dalla sua divina presen-za. Non è tardato che lo Spirito di Gesù si facesse sentire, facendomi percepire l’amore divino, che mi ha toccato.Solo con una adesione comple-ta a Gesù posso dire di riuscire

ad affrontare la quotidianità sen-za aspettare nulla in cambio. Ho posto fiducia in lui come Persona

viva, e mi porto dentro quell’Ostia domenicale, come un profumo che lascia una scia in qualunque posto io vada.Gesù mi chiede di seguirlo, nutren-domi della preghiera, della lettura del Vangelo, della partecipazione viva all’adorazione eucaristica, del-la confessione, della partecipazio-ne alla Santa Messa.Il tempo della vita è un grande dono prezioso e lo è soprattutto quando mi fermo dinanzi a Gesù Eucaristia e Gli apro il mio cuore.

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Giornate eucaristiche

aPrIle 2017 1 OSPEDALE “S. ANTONIO” DI PADOVA 2 BORGORICCO S. EUFEMIA E SAONARA 3 VOLTABRUSEGANA IN PADOVA E PENSIONATO UNIVERSITARIO

“BEMBO” DI PADOVA 4 FOSSONA E PENSIONATO “MARIA IMMACOLATA” DI PADOVA 5 ISTIUTO “CASA NOSTRA” DI PADOVA E S. ANDREA DI CAMPO-

DARSEGO 6 BRONZOLA E ROCCHETTE 7 BASTIA DI ROVOLON 8 PROZZOLO E PENSIONATO PER SIGNORE DI PADOVA 9 S. MARGHERITA DI CODEVIGO 10 OSPEDALETTO EUGANEO E ROSSANO VENETO 11 TOGNANA E TRIBANO 12 S.GREGORIO BARBARIGO IN PADOVA E SALETTO DI MONTA-

GNANA 13 MEGGIARO 18 BASSANELLO IN PADOVA 19 ISTITUTO “CANOSSIANE” DI FONZASO 20 CHIESANUOVA IN PADOVA 21 CASA DI RIPOSO DI CRESPANO DEL GRAPPA 22 FERIOLE E ROVOLON 23 IMMACOLATA IN PADOVA E FONTANAFREDDA 24 ISTITUTO “TERESIANUM” DI PADOVA E S. PIETRO VIMINARIO 25 IST. S. CUORE DI PADOVA 26 S. ANNA DI PIOVE E VIGHIZZOLO 27 BORGORICCO S. LEONARDO E STRÁ 28 CIVÉ E SOLAGNA 29 S. EULALIA E TRESTO 30 FOSSE DI ENEGO

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maGGIo 2017 2 CARCERI E CELESEO 3 MADONNA PELLEGRINA IN PADOVA E CAMIN 4 ISOLA DELL’ABBÁ E PONTE DI BRENTA 5 GRISIGNANO DI ZOCCO E SEGUSINO 6 MEGLIADINO S. FIDENZIO E PIOVEGA 7 PADOVANELLE IN PADOVA E PONTEVIGODARZERE 8 GUIA S. GIACOMO E ESTE–S. TECLA 9 CASA DI RIPOSO PER SUORE DI TEOLO E S. CUORE DI ROMANO 10 CROCIFISSO IN PADOVA E SEMINARIO MAGGIORE DI PADOVA 11 OPERA IMMACOLATA CONCEZIONE DI PADOVA E ESTE–GRAZIE 12 CASA DI RIPOSO DI MONSELICE E CORREZZOLA 13 COMUNITÁ BASILICA DEL SANTO DI PADOVA E PRAGLIA 14 COLLEGIO “FORCELLINI” DI PADOVA E PIONCA 15 ISTITUTO “MANFREDINI” DI ESTE E LUVIGLIANO 16 S.NAZARIO E SEMINARIO MINORE DI RUBANO 17 ARZERELLO 18 CASA DI RIPOSO DI MONTAGNANA E GUIZZA IN PADOVA 19 SANDON E ZANÈ 20 TERRASSA PADOVANA 21 MONASTERO “S. CHIARA” DI MEZZAVIA E S. ALBERTO MAGNO

IN PADOVA 22 MEIANIGA E OGNISSANTI IN PADOVA 23 CONA E PREMAORE 24 ISTITUTO “SACCHIERI” DI MONTAGNANA E VANZO 25 PIACENZA D’ADIGE E TAGGÌ DI SOPRA 26 BARBONA E CA’ MOROSINI 27 MONASTERO “S. FRANCESCO” DI MONTAGNANA E SACRA FAMI-

GLIA IN PADOVA 28 SACRO CUORE IN PADOVA E BUSA 29 ISTITUTO “BETTINI” DI PONTE DI BRENTA 30 CASA “MADONNA PELLEGRINA” DI PADOVA E PIOVE DI SACCO 31 COMUNITÀ VOCAZIONALE “S. ANDREA” E PILASTRO D’ESTE

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GIuGno 2017 1 CARMINE IN PADOVA E ALTICHIERO IN PADOVA 2 ISTITUTO SUORE SALESIE DI PADOVA 3 ISTITUTO “M. CLAIR” DI PADOVA E S. CARLO IN PADOVA 4 ISTITUTO DIMESSE DI PADOVA E TORRESINO IN PADOVA 5 BRENTA DELL’ABBà E PRà DI BOTTE 6 TEMPIO DELLA PACE IN PADOVA E MONSELICE (DUOMO) 7 RIVADOLMO 8 COLLEGIO VANZO DI PADOVA E CRISTO RISORTO IN PADOVA 9 SALBORO E VALLI MOCENIGHE 10 ARCELLA IN PADOVA E SUORE DI MARIA BAMBINA DI PADOVA 11 CONSELVE 12 QUERO 13 PICCOLE ANCELLE DEL S. CUORE DI PADOVA 14 DOSSI DI SALETTO 15 RONCAIETTE E TERRAGLIONE 16 VIGODARZERE 17 BEOLO 18 CASA PROVINCIALE “ELISABETTINE” DI PADOVA E MEZZAVIA 19 GALTA DI VIGONOVO 20 SANTA CROCE IN PADOVA 21 S. URBANO 22 CAMPOLONGO SUL BRENTA E TRESCHÈ CONCA 23 ROTZO 24 S. ANDREA IN PADOVA 25 OSPEDALE DI MONTAGNANA E CANTARANA 26 CASA S. ANGELA MERICI DI PADOVA E S. DOMENICO DI

SELVAZZANO 27 PEDESCALA 28 THIENE (DUOMO) 29 CASA DEL FANCIULLO DI PADOVA E TURRI 30 PALÙ E VILLAGGIO “S. ANTONIO” DI NOVENTA PADOVANA

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AnnaAnna BaruffaldiAntonia e Gino BassaniAntonioArmando ed EmiliaAssunta PanettieriAttilio SolmiAurelio MiglioriniBrigitte BurgerBrunoCarla Faccini GiovannucciCesare LauretiChiaraCostantino e MariaCristinaCristina RositoDanilo Milan e FamigliaDanilo RizzoDavideDefunti Famiglia e amici QuirogaDomenicoDomenico FerianiDon Franco BartolomielloElda BassanElisa ZinElvira BrunelloEmma e CesareEmma ZucaliEnnio MarzariFabri, sorella di MirellaFamiglia AntonelloFamiglia BravoFamiglia Brolatti MaurizioFamiglia CandeoFamiglia CantonFamiglia CardelliniFamiglia Colbachin Gloria

nuovi iscritti alle messe perpetue

Famiglia Ferraro AlessandroFamiglia Girardi e MiazziFamiglia GottardoFamiglia MariniFamiglia MegaFamiglia Padovan - SaccomaniFamiglia Peruzzo CesareFamiglia RizzoFamiglia Sartor GabrieleFamiglie Zennaro – Panizzolo – BattistelloFausto GarbinFerruccio e Rosa BogonFlavia SchiavonFlora BaraccoFrancesco e Paola VignatoFranco FaisFratelli GirardiGabriella e FrancescoGelindo BellonGiandomenico VillaGianna CherubiniGino BergamoGiorgio BonettoGiorgio PizzeghelloGiovanni DominiciGiovanni e Maria RossettoGiovanni e TarcisioGiseldaGiulianaGiuliana CherubiniGiuseppeGiuseppe CampardoGiuseppe e TeresaGiuseppe Le DonneGiuseppina e AlbinoGuido e Margherita

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Ida, Luigi e NicolaIrmaIsabella ZanettoItalia FasoloIva ZampieriJonny FaratroLiliana e Osvaldo ContiLino, Marcello e Pasqua PagninLisa VedolinLivio MinardiLivio TurattiLorenaLorenzoLuca MarchiLuca SimonciniLuciaLucia NonnatoLucia SumanLuciano CaregnatoLuigi CavaliereLuigia, Fortunata e Silvio NicolettoLuisa SartiManlio BergamoMarcoMarco e GiuliaMaria AlbertiMaria e NenoMaria Luisa FerianiMarinaMario FrigoMario MiettoMario PintonMario PuttiMaristella Vittadello TommasinMarta LazzaroMassimiliano ed EthanMassimoMatteo CaldognettoMaurizio SorciMaurizio Zanetto

Natale, Nello, Gina e Livia FiaoniNatalia e DiegoOrazio MarconOrfeoOttone e Maria TognonPaolaPaola CherubiniPaoloPaolo ed EugenioParidePierangelo La RosaPierino e Ivo MariPierino Littamè e FamigliaRemigio RossettoRina PuttiRinoRino, Carla e Anna FasoloRita CampardoRita e AugustoRita FabbroRita FaisRita, Massimo, Flavio e Sabina Sergi VidaliRosa ZampieronSalvatore Sergi e Antonio ed Emilia VidaliSaverio SpecchioSimone CasonStefania e VittorioStefano, Lorenzo e Paolo BiasioloStellaSuor FlorianaSuor StellaThelmaTolardoUmberto BenedettiVittoria ScantamburloViventi Famiglia QuirogaZena Peruzzi

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aPrIle 2017

Intenzioni affidate all’AdP dal Papa:Per i giovani, perché sappiano rispondere con generosità alla propria vocazione, considerando seriamente anche la possibilità di consacrarsi al Signore nel sacerdozio o nella vita consacrata.

e dall’Episcopato italiano:Perché la celebrazione dei sacramenti apra all’incontro tra la nostra piccolezza e la misericordia di Dio.

Per il Clero:Cuore di Gesù, i tuoi sacerdoti celebrino la divina liturgia come fonte e segno dell’unità fra tutti i membri del tuo popolo.

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maGGIo 2017

Intenzioni affidate all’AdP dal Papa:Per i cristiani in Africa, perché diano una testimonianza profetica di riconciliazione, di giustizia e di pace a imita-zione di Gesù Misericordioso.

e dall’Episcopato italiano:Perché la fiducia nella Provvidenza ci spinga ad affronta-re le difficoltà con speranza certa.

Per il Clero:Cuore di Gesù, i tuoi sacerdoti siano gioiosi annunciatori di buone notizie ai poveri.

GIuGno 2017

Intenzioni affidate all’AdP dal Papa:Per i responsabili delle nazioni, perché si impegnino con decisione per porre fine al commercio delle armi, che causa tante vittime innocenti.

e dall’Episcopato italiano:Perché attraverso l’ascolto della Parola di Dio possiamo fare nostri i sentimenti del Cuore di Cristo.

Per il Clero:Cuore di Gesù, stringi a te i sacerdoti e rendili strumenti del tuo amore misericordioso.

Adoriamo insiemeVorremmo che Dio fosse invocato e amato da tutti gli uominidi mons. Pietro Brazzale

L’adorazione eucaristica ha rinnovato la mia vitaun adoratoreGiornate EucaristicheMesse Perpetue: iscrizioni e rinnoviApostolato della Preghiera

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Il BollettIno eucarIstIcovIve con Il vostro contrIButo

non vogliamo che muoia.anzi merita una diffusione più ampia.

È stato e vuole essere un prezioso strumentodi pietà e di formazione eucaristica.

si rivolge in modo particolareai presbiteri e diaconi, agli adoratori,

agli accoliti adulti e ai ministri straordinari della comunione.

Può essere una guida ispiratriceper i gruppi liturgici parrocchiali.

Diventerà ancora più ricco e variocon i vostri contributi e testimonianze.

abbonamento annuale al Bollettino eucaristico euro 15,00

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Bollettino EucaristicoPeriodico trimestrale di cultura e spiritualità dell’Opera Diocesana Adorazione Perpetua di PadovaAnno CII - N. 1/2017 GENNAIO - FEBBRAIO - MARZO - Abbonamento annuo: € 15,00

Sped. Abb. Post. art. 2 comma 20/C L. 662/96 - Fil. di Padova CMP - Aut. Trib. di Padova 12/1/95 n. 100Direttore: Mons. Pietro Brazzale - Direttore Responsabile: D. Gino Brunello

Grafica e Stampa: Tipografia Regionale Veneta - Conselve (Pd) - Tel. 049.5384097 - [email protected] dell’Opera: Via S. Lucia, 42 - 35139 Padova - Tel. 049.8760404 - Lunedì-Venerdì ore 9.00-11.00 - CCP N. 146357

e-mail: [email protected] Redazione: Mons. Pietro Brazzale, Don Gino Brunello, Don Roberto Ravazzolo, Don Leonardo Scandellari,

Mons. Angelo Cecchinato, Mons. Giuseppe Zanon, Dott.ssa Chiara Rigato, Giulia Bertolo, Diac. Francesco Montemaggiore.

PADOVAChiesa del Corpus Domini

per l’Adorazione Eucaristica

Orario delle Celebrazioni:

F E R I A L I(da lunedì a venerdì)

SS. Messe ore: 8.30-10.0017.30 Recita del S. Rosario

18.00 Benedizione Eucaristica e S. Messa

S A B ATOSS. Messe ore: 8.30 - 10.00

Alle ore 12 termina l’adorazione e la chiesa viene chiusa

Si informano i lettori che è on line il nuovo sito web dell’Opera Diocesana per l’adorazione perpetua all’indirizzo www.adorazioneperpetuapd.it,

dove si possono trovare, oltre al Bollettino eucaristico, tutte le informazioni relative alla Chiesa del Corpus Domini - S. Lucia (orari S. Messe e adorazione),

alle iscrizioni alle Messe perpetue, all’Adorazione eucaristica e al BOLLETTINO EUCARISTICO.