P. UGO BASSI ER PUNTO FORTE È DA VEDEJJE ER CORE · moti dell’anima che mossero gli idea-li...

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STORIA DELL’ORDINE Eco dei Barnabiti 4/2016 19 «M aria passando a quel calvario ap- presso / Ove Ugo Bassi fu condotto a morte / Lo bene- dici che di Cristo istesso / Seguì l’esempio, la virtù, la morte». Così i bolognesi lo ricordavano nelle immaginette stampate nel 1850 per l’Anniversario della Madonna di S. Luca, interpellando le più nobili coscienze sul dovere morale di sot- trarre il barnabita da una damnatio memoriae attecchita soprattutto in ambito cattolico. Un impegno scomodo tra gli aggro- vigliati fili di storia d’Italia e di storia della Chiesa, di amor di Patria e di amor di Dio (chiamati nell’Ottocento: “Popolo e Religione”), che rimanda alle luci e alle ombre dell’esperienza della Repubblica Romana, all’insegna dei più alti ideali: “Dio e libertà”! In quei non facili tempi parte del clero non si era lasciato condiziona- re dall’enciclica Mirari vos con la quale Gregorio XVI (1831-1846), il 15 agosto 1832, aveva condannato le dottrine liberali dell’Avenir, dando voce a una restaurazione politica e religiosa capeggiata soprattutto dal suo Segretario di Stato, il cardinale Luigi Lambruschini, barnabita. Mentre altri non avevano disdegna- to l’accorato appello di Giuseppe Mazzini, uscito, pochi mesi dopo, nel fascicolo V della “Giovane Italia”, e che proprio a loro, preti d’Italia, rivol- geva queste accorate parole: «Preti della mia Patria! Il primo tra voi che commosso dai pericoli d’una crisi eu- ropea leverà lo sguardo dal Vaticano a Dio, e ne trarrà direttamente la pro- pria missione – il primo tra voi che consacrandosi Apostolo dell’umanità raccoglierà le sue voci, e forte di una coscienza illibata inoltrerà, col Vange- lo alle mani, fra le moltitudini incerte, pronunciando la parola: riforma – quegli avrà salvo il cristianesimo, rico- stituito l’unità europea, spenta l’anar- chia, e suggellata una lunga concordia tra la so- cietà e il sacerdozio». Fu invece particolar- mente complesso e sof- ferto il rapporto tra “cle- ro e patria”, che avvolse tutto il pro- cesso risorgimentale – alla luce della categoria storiografica del “Risorgi- mento lungo” – in un clima di odio crescente, in una serie non interrotta di aspettative, suggestioni, delusioni, sacrifici e speranze, che misero a du- ra prova in molti cattolici il senso profondo della stessa appartenenza alla Chiesa e del suo rapporto con P. UGO BASSI ER PUNTO FORTE È DA VEDEJJE ER CORE L’Anno Santo della Misericordia non ha ricordato la figura di P. Ugo Bassi (1801-1849): oratore, scrittore, poeta, “Angelo dei Miseri” per l’assistenza ai colerosi a Palermo, cappellano delle truppe pontificie, cappellano di Garibaldi... Amato e odiato, allontanato e ricercato, richiama alla mente il sonetto Er povero ladro del Belli: «Nun ce vò mmica tanto, Monziggnore, De stà llí a ssede a ssentenzià la ggente – E dde dí: cquesto è rreo, quest’è innoscente. Er punto forte è da vedejje er core». Un atto doveroso verso una piena riabilitazione della memoria del giovane barnabita: figlio fedele della Chiesa e martire dell’indipendenza italiana. i diecimila crocifissi italiani: tra di essi, in primo piano, P. Ugo Bassi

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STORIA DELL’ORDINE

Eco dei Barnabiti 4/2016 19

«M aria passando aquel calvario ap-presso / Ove Ugo

Bassi fu condotto a morte / Lo bene-dici che di Cristo istesso / Seguìl’esempio, la virtù, la morte».

Così i bolognesi lo ricordavanonelle immaginette stampate nel 1850per l’Anniversario della Madonna diS. Luca, interpellando le più nobilicoscienze sul dovere morale di sot-trarre il barnabita da una damnatiomemoriae attecchita soprattutto inambito cattolico.

Un impegno scomodo tra gli aggro-vigliati fili di storia d’Italia e di storiadella Chiesa, di amor di Patria e diamor di Dio (chiamati nell’Ottocento:“Popolo e Religione”), che rimandaalle luci e alle ombre dell’esperienzadella Repubblica Romana, all’insegnadei più alti ideali: “Dio e libertà”!

In quei non facili tempi parte delclero non si era lasciato condiziona-re dall’enciclica Mirari vos con laquale Gregorio XVI (1831-1846), il15 agosto 1832, aveva condannato ledottrine liberali dell’Avenir, dandovoce a una restaurazione politica ereligiosa capeggiata soprattutto dalsuo Segretario di Stato, il cardinaleLuigi Lambruschini, barnabita.

Mentre altri non avevano disdegna-to l’accorato appello di GiuseppeMazzini, uscito, pochi mesi dopo, nelfascicolo V della “Giovane Italia”, eche proprio a loro, preti d’Italia, rivol-geva queste accorate parole: «Pretidella mia Patria! Il primo tra voi checommosso dai pericoli d’una crisi eu-

ropea leverà lo sguardo dal Vaticanoa Dio, e ne trarrà direttamente la pro-pria missione – il primo tra voi checonsacrandosi Apostolo dell’umanitàraccoglierà le sue voci, e forte di unacoscienza illibata inoltrerà, col Vange-lo alle mani, fra le moltitudini incerte,pronunciando la parola: riforma –quegli avrà salvo il cristianesimo, rico-stituito l’unità europea, spenta l’anar-chia, e suggellata unalunga concordia tra la so-cietà e il sacerdozio».

Fu invece particolar-mente complesso e sof-ferto il rapporto tra “cle-

ro e patria”, che avvolse tutto il pro-cesso risorgimentale – alla luce dellacategoria storiografica del “Risorgi-mento lungo” – in un clima di odiocrescente, in una serie non interrottadi aspettative, suggestioni, delusioni,sacrifici e speranze, che misero a du-ra prova in molti cattolici il sensoprofondo della stessa appartenenzaalla Chiesa e del suo rapporto con

P. UGO BASSIER PUNTO FORTE

È DA VEDEJJE ER COREL’Anno Santo della Misericordia non ha ricordato la figura di P. Ugo Bassi (1801-1849): oratore,scrittore, poeta, “Angelo dei Miseri” per l’assistenza ai colerosi a Palermo, cappellano delletruppe pontificie, cappellano di Garibaldi... Amato e odiato, allontanato e ricercato, richiamaalla mente il sonetto Er povero ladro del Belli: «Nun ce vò mmica tanto, Monziggnore, De stà llía ssede a ssentenzià la ggente – E dde dí: cquesto è rreo, quest’è innoscente. Er punto forte è davedejje er core». Un atto doveroso verso una piena riabilitazione della memoria del giovanebarnabita: figlio fedele della Chiesa e martire dell’indipendenza italiana.

i diecimila crocifissi italiani: tra di essi, in primo piano, P. Ugo Bassi

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l’Italia, detta allora “moder-na”; in ogni caso, in profondatrasformazione.

In tutto questo, il sacrificiosoprattutto di tanti giovanicampeggiava sulla «tragedia ro-mana, che aveva fatto tanti lutticittadini… sacrificio sfortuna-to», al punto da venire rappre-sentato il Bassi – da Cento (inprovincia di Ferrara) – in primafila nella mesta vignetta: I dieci-mila crocifissi italiani.

Testimonianza martiriale chesembra rimbalzare senza logi-ca apparente tra il frastornodelle passioni e la virulenza diquei tempi – “tempi traditori” –,non solo in riferimento allastigmatizzazione del compor-tamento di Pio IX quanto auno stesso settore di Chiesaprettamente conservatore.

L’allocuzione del 29 aprile1848 non stroncava comun-que l’aiuto che i religiosi e lereligiose stavano portando invarie forme al movimento ri-voluzionario. Molti vescovi,tra cui l’arcivescovo Romilli(che a Milano mise a disposi-zione del governo provvisoriotutta la struttura ecclesiastica dellaDiocesi), e gran parte del clero edei religiosi furono a favore dell’uni-tà d’Italia, schierandosi apertamentecontro l’Austria nel Lombardo Vene-to, contro i Borboni nel Regno delledue Sicilie e contro l’autoritàparticolare del momento neglialtri Stati preunitari.

San Carlo ai Catinari“garibaldina”

Lo spirito della popolazioneromana era meno passivo diquanto si è soliti rappresentare,così come non era da menoquello della maggiore parte deisuoi preti, al punto che, neicorridoi di San Carlo ai Catina-ri, dove si ospitavano centinaiadi garibaldini, al di là degli im-provvisati divisori in legno ibarnabiti ascoltavano, giorno enotte, gridare a squarciagola:«Volemo sangue de’ preti e de’frati» – «Viva la Repubblica emorte ai neri (cioè ai gesuiti)».

Rabbia!, di una gioventù ita-liana sgomenta tra l’allora no-

tevole partecipazione diretta e indi-retta di molti religiosi e religiose alprocesso risorgimentale, in sintoniacon quasi tutti i governi provvisoridella Penisola, e la Compagnia diGesù, considerata il maggiore ostaco-

lo per il raggiungimento del-l’unità d’Italia.

Rabbia!, che nella chiesa diSan Carlo ai Catinari si riflette-va sugli squarci prodotti sullasua magnifica cupola – operadel Rosati – dal cannoneggia-mento dei francesi appostatisul Gianicolo, e che languivanell’oscurità del suo sottochie-sa, dove, accanto il camino diuna villa romana e le ossa se-colari di venerandi barnabitisparse alla rinfusa, gli stessigaribaldini allestirono un lo-ro improvvisato ospedale dacampo, ponendo, poco più inlà, i “loro” morti. Venivano ca-lati direttamente dal sovra-stante pavimento della chiesadopo che i barnabiti vi aveva-no celebrato le esequie, graziealla botola aperta davanti allacappella di Santa Cecilia, det-ta anche “del Paradiso”. Gari-baldi in persona, con le suemani, volle calare la cassacontenente il cadavere delsuo aiutante di campo, l’uru-guaiano di Montevideo An-drea Aguyar, morto il 30 giu-gno 1849 (detto il “moro” di

Garibaldi e il cui cadavere si trovavapresso Santa Maria in Trastevere). Al-tre mani pietose nascosero invece iresti mortali di altri garibaldini nellapiù sontuosa cappella della chiesa,quella della famiglia dei Marchesi

Costaguti; è il caso del mag-giore Alessandro Meloni diImola (morto il 12 giugno1849 fuori Porta San Pancra-zio); i cui resti furono scopertie traslati solo nel 1941. 

Non solo i barnabiti diven-nero custodi dei loro pochioggetti personali e i naturalidepositari degli ultimi lorosospiri e segreti, ma anchecappellani del Sacrario gari-baldino romano, quando i re-sti di quegli ex combattentifurono tolti dai sotterranei diSan Carlo ai Catinari per es-sere traslati nel nuovo Mau-soleo Ossario del Gianicolo,su proposta della Legione ga-ribaldina, accolta dal cardi-nale vicario per la  città  diRoma,  Francesco  MarchettiSelvaggiani, nel settembre del1942. 

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particolare della Cupola di San Carlo ai Catinari,che porta ancora i segni del cannoneggiamentofrancese durante la Repubblica Romana del 1849

luoghi che ospitarono il cimitero dei garibaldininel sottochiesa di San Carlo ai Catinari

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Pio IX

I sempre rischiosi equilibrismi diPio IX, quella sua cosiddetta “politicadell’altalena”, il 1848: «quando gliitaliani si commossero al grido di “Vi-va Pio IX solo” e i parroci lombardiguidavano i loro parrocchiani a unaguerra che sembrava santa», e, so-prattutto, il 1859: quando le armi fu-rono prese senza il Papa, anzi controdi lui, e i parroci ne furono le primevittime, se rimandano agli interrogati-vi di allora e alle dinamiche di unopreciso scacchiere di politica interna-zionale, ci riportano anche a queimoti dell’anima che mossero gli idea-li celesti e temporali di Papa Giovan-ni Mastai Ferretti, oggi beato, e quellireligiosi e patriottici di Ugo Bassi, og-gi dimenticato. Quest’ultimo, in parti-colare, appare ancora oggi “schiac-ciato” tra le figure contrapposte, peresempio, di un don Enrico Tazzoli,che per scelte simili a quelle del Bas-si finirà martire nel Castello di Belfio-re, nel 1852, dopo un lungo processoche fece storia, e di un gesuita, Anto-nio Bresciani († 1862), scrittore dellaCiviltà Cattolica, che lo combattéaspramente con il suo clericalismo.

Il lungo pontificato di Pio IX – dal1846 al 1878 – abbraccia eventi digrande rilevanza ecclesiale, diversi deiquali ruotano attorno a una data: l’8dicembre, da quando venne procla-mato il dogma dell’Immacolata Con-cezione nell’anno 1854; data che si ri-pete per l’Enciclica Quanta Cura eil  Sillabo (pubblicati nella ricorrenzadella solennità dell’Immacolata Con-cezione l’8 dicembre 1864), per ilConcilio Vaticano I (si aprì l’8 dicem-bre 1869), mentre l’8 dicembre 1870,sempre Pio IX, proclamava San Giu-seppe patrono della Chiesa universale.

Al di là degli aspetti dottrinali con-nessi, da sottolineare l’importanza chePio IX sempre diede alla realtà sopran-naturale della fede per sostenere tantecoscienze smarrite, sospese quasi tracielo e terra, tra passioni umane e i ri-verberi della fede, indicando proprioMaria Immacolata come sicuro scogliocontro il quale si sarebbero infrante leonde impetuose dell’allora detta “mo-dernità”, caratterizzata dal razionali-smo teorico e pratico dell’Ottocento.

Dopo la rivoluzione francese, la so-cietà europea era portata a negarequanto meno molti valori sopranna-turali, ad accettare senza troppe diffi-

coltà una politica laicista e secolariz-zatrice; da qui lo sforzo del suo pon-tificato nel riaffermare le verità fonda-mentali del cristianesimo e i doveri diun cattolico anche in una società ci-vile sempre più laica se non laicista.

Preoccupazioni che aiutano a com-prendere il suo comportamento an-che durante la Repubblica Romana,di fronte a “fatti inauditi”e ai cattivi consigli so-prattutto del Segretariodi Stato Antonelli, fauto-re di un dispotismo illu-minato, che sostenevaper “principio” la difesaad “oltranza” del poteretemporale della Chiesa,sapendo che già la lottaera votata comunque al-l’insuccesso. Da qui quel -l’immobilismo di chi nonvuole per giustizia in-fluire ma per ingiustiziasubire!

Nel 1846 Gioberti su-scitava, intanto, un’agita-zione indescrivibile pro-fessando la possibile con-ciliazione tra la religionetradizionale e gli idealinazionali: il nuovo Papaavrebbe concesso la li-bertà nel suo Regno e sa-rebbe stato riconosciutocome capo della federa-zione dei vari Stati italia-ni; il Papa, del resto, ave-va concesso un’amnistia

per i reati politici, subordinata a unaconfessione dell’errore e a una richie-sta di perdono. L’Italia intera era cosìesplosa in un delirio di entusiasmo.Poi egli concesse ben altre riforme,sotto la pressione della piazza, checulminarono nel noto editto del 10febbraio 1848, che terminava con pa-role pregne di speranza: «Oh perciòbenedite gran Dio l’Italia, e conserva-tele sempre questo dono di tutti pre-ziosissimo, la fede!».

A lui proprio Ugo Bassi rispose en-tusiasta dedicandogli un sonetto: «Fi-do degli italiani – O vero Pio / Orahai formato un popolo d’onore: È tual’Italia, e sei Vicario di Dio».

L’equivoco di un Papa liberale sulsoglio di Pietro durò fino al 1848,quando nell’Allocuzione del 29 apriledello stesso anno, di fronte al pericolopaventatogli dal Nunzio a Vienna diuno scisma in Austria, Pio IX si rifiutòdi prendere parte con il Regno di Sar-degna alla guerra contro l’Austria; co-sa inconciliabile con i suoi doveri diCapo della Chiesa universale.

La scelta del 29 aprile – contrariaai consigli del Rosmini e del CorboliBussi, alto funzionario della Segrete-ria di Stato e anch’egli favorevole al-la partecipazione del Papa alla guer-

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P. Ugo Bassi (1801-1849)

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ra contro l’Austria, soprattutto se sifosse realizzata la confederazionedei vari Stati italiani – e maledetta damilioni di italiani, era comunque pre-sagio di una feconda svolta successi-va: la rinuncia del papato a una fun-zione politica diretta.

Quel passo compiuto in circostan-ze drammatiche fece però sì che laprevalenza data alla missione pasto-rale della Santa Sede venisse pagataa un prezzo altissimo: l’approfondi-mento del solco tra Chiesa e Stato,tra Chiesa e Modernità. Il non volerela guerra ma il permettere ai sudditidi farla, equivaleva a un suicidio dalpunto di vista politico. Da qui fiumidi inchiostro.

Per Filippo Crispolti, ad esempio,come per molti altri, il Papa avevasaputo evitare con il suo dietro frontdell’allocuzione citata “un fune-sto, misero italianismo”, per usareun’espressione del Fogazzaro; in gio-co vi era la natura stessa della Chiesanella sua universalità. Giulio Andre-otti, invece, in relazione alla Repub-blica Romana appare molto criticosul comportamento politico giudica-to ambiguo di Pio IX, così come lostorico gesuita Giacomo Martina.

Comunque sia, lo sdoppiamentodelle due dimensioni nel Pontefice,quella spirituale e quella temporale,era destinato a ripresentarsi anchenel giorno della beatificazione di Pa-

pa Mastai Ferretti, quando GiovanniPaolo II ritenne di dover precisareche: «beatificando un suo figlio laChiesa non celebra particolari opzio-ni storiche da lui compiute».

“el liberalismo es pecado!”

Lo scontro tra intransigenti e catto-lici liberali esprime bene le lacera-zioni allora presenti nella Chiesa.

Da un lato i conservatori alla lucedello slogan el liberalismo es peca-do!, che volevano consolidare l’alle-anza tra trono e altare, e il cui pen-siero si poteva così riassumere:«Ogni novità in politica è una rivolu-zione, in filosofia un errore, in teolo-gia un’eresia». Mentalità molto diffu-sa a Roma in quelli che Pio IX chia-mava “papalini”, al punto che unlaico convertitosi al cattolicesimo,William Ward, auspicava il “break-fast dogma”, ossia il ricevere ognimattina con il giornale alla porta unadefinizione dogmatica del papa chelo liberasse dall’errore e che gli con-sentisse di vivere tranquillo. Ma oltrea questo, l’opposizione al liberalismonasceva da altri e ben più seri motivi:dal fatto, ad esempio, che, almenonelle sue forme più radicali, facevadella ragione il criterio unico dellaverità, negando ogni possibilità disottomettersi alla rivelazione; procla-mava l’indifferentismo che metteval’ateismo e tutte le religioni sullostesso piano; separava l’economiadalla morale; rifiutava alla Chiesa ildiritto di intervenire negli ambiti del-la vita umana al di fuori di quellodogmatico, ecc.

Dall’altro lato, i cattolici liberali,che cercavano di giungere a unachiarificazione e accettazione deiPrincìpi dell’89, mettendo in risaltol’incontro tra la fede tradizionale e ilnuovo clima sorto con la Rivoluzionefrancese. Ritenevano che se la Chie-sa era combattuta lo era non per in-conciliabilità fra liberalismo e cristia-nesimo, ma perché i cattolici non ac-cettavano il nuovo regime politico,rimanendo fedeli all’assolutismo, or-mai decrepito. Compito della Chiesaera quello di raggiungere un accordotra i princìpi religiosi immutabili e lenuove circostante storico politiche:la Chiesa è un fermento, non con-danna ma accoglie, battezza, perdo-na ed eleva le tendenze della societàin cui vive ed opera; compito sempre

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lettera autografa del P. Ugo Bassi al proprio Superiore Generale Picconi,da Livorno, 30 luglio 1846

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nuovo quanto antico di incarnare ivalori eterni.

P. Gioacchino Ventura, nella prefa-zione del Discorso per i morti diVienna, tenuto a Roma nel 1848, emesso all’indice l’anno successivo,scriverà: «Se la Chiesa non marceràcon i popoli, non per questo i popolisi fermeranno dal marciare, ma mar-ceranno senza la Chiesa, fuori dellaChiesa, contro la Chiesa».

Con maggiore erudizione Rosmini,nelle Cinque Piaghe, dimostrava co-me fosse stretta la libertà di cui gode-va la Chiesa nell’ancien régime,deplorando come il potere civilenominasse i vescovi e controllassel’amministrazione dei beni ecclesia-stici. Concetti espressi in Francia dalLammennais nel 1830, in Germaniadal Dollinger nel 1848, e poi ripresidal Montalbert nei suoi due discorsial Congresso cattolico di Malines, di-venendone la magna Charta del cat-tolicesimo liberale.

Nella Chiesa molti guardavano confavore a una Chiesa maggiormenteseparata dallo Stato, libera da ognicompromesso politico, svincolata dastrutture che l’appesantivano. Lacor-daire ammoniva: «Una capanna perpresbiterio… una pietra dei campiper altare… la tettoia che ripara lemessi per tempio».

Questa discussione tra intransi-genti e cattolici liberali raggiunse ilsuo apice proprio durante il pontifi-cato di Pio IX costituendo “il lem-ma” di tutto l’Ottocento. In Italia, diconseguenza, si contrapponevano icardinale “zelanti” ai cardinali “po-

litici”, propensi questi ultimi a unaconciliazione con il mondo moder-no; prevalse però nettamente l’in-transigenza, come nell’episcopato,anche per l’opera e l’influsso negati-vo dell’arcivescovo di Torino LuigiFransoni.

A Pio Nono. Altre parole di Ugo Bassi

Ugo Bassi, figlio del suo tempo, chiedeva candidamente al Papa di rinunciare al potere temporale. Nel suo appelloA Pio IX il Cappellano di Garibaldi si rivolse direttamente al papa re, come un profeta, ma sempre con filiale rispetto.Non poteva, infatti, più tacere dopo che era scappato a Gaeta, ed avere così ricevuto: «Nuove calunnie e nuove rispo-ste. Avendo esaurito (così Pio IX) tutte quante le vie per richiamare i traviati figliuoli a senno e dovere, dopo i loroeccessi nella Nostra Sacrosanta Persona, e diritti di Santa Chiesa eccetera; Ci è stato necessario invocare l’interventoarmato straniero, ecc.».

Al Bassi doleva di ritrovarsi annoverato, come altri, tra i figli traviati, ossia dissoluti e insolenti e altresì scellerati, e perquesto avere reso necessario il ricorso all’intervento straniero: «Nelle quali parole si discorre di tutte le vie e tutti i modibuoni e graziosi di Padre e di Pastore che bastano ad erranti talvolta, ma non rei e perfidiosi figliuoli. Questi figliuoli sonoper Pio IX dimandati traviati, cioè dissoluti e insolenti, ed altresì scellerati. Perocché dichiara le loro cose misfatte nellaSua sacrosanta Persona ec. E quindi e per tutte queste ragioni esser dovuto ricorrere all’intervento armato straniero».

Così, con impeto, si rivolse al Papa: «Ed io qui tralascio innanzi tutto, che a niuna cagione il Vicario del Cristo nondovrebbe mai ricorrere alle vie dei discacciati tiranni, cioè armi ed eserciti di altri tiranni; (Cristo ha detto agli eletti 12, nonfacessero mai quello che i re della terra). Tralascio di ricordare a Pio IX, che quel santo re Edoardo d’Inghilterra cacciato delregno e potendolo con istrani aiuti ricuperare, disse magnanima sentenza non da re, ma da cristiano: Più tosto voglio esserprivato del regno, che riacquistare non posso senza strage e sangue. Questo non avete già detto voi, o Santissimo Padre!!!...e per l’orrore, che ciò naturalmente inspira, andate ancora voi ricorrendo a quel gergone de’ Papi re: Non posso io renun-ciare a regno, che non è mio, ma di altrui. E di cui sia questo regno?... Di Cristo? Esser non può, perocché Cristo ha gridato:Regno mio non è di questo mondo. Della Chiesa? Né anco; perocché e la Chiesa non si vuol propagare e custodire amodo di guerra, dicono i Santi, né pure a modo di guerra e con istragi degli uomini non si vuol ripigliare e tenere. Degli altriPontefici, che verranno?... Ma se tal regno non è vostro, non è pure di mano in mano di nessuno di quelli. Dunque è dinessuno. E cosa, che è di nessuno, non la puoi fare di qualcheduno?... Ma è falso che quel regno non è di nessuno. Quelloè del Popolo Italiano, quello è del secolare, a cui spetta il regno di questo mondo, e non del Prete a cui è negato da Dio:quello è di Cesare, cioè del governo secolare di Roma, al quale Cesare Romano Italiano voi, preti interpreti del Vangelo, sie-te tenuti per la vostra anima di rendere il suo: Reddite Caesari quae sunt Caesaris: a voi restando quello che è di Dio, viene

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Ugo Bassi nell’Ospedale di San Domenico in Palermo assistendo i Colerosi(incisione di Domenico Gandini, 1850 ca., Fotografia, Museo civico delRisorgimento)

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a dire la Parola divina, che resiste ai superbi, e leva gliumili: i sacramenti, la potestà di sciogliere i legati animie di consolare le afflizioni del genere umano: Et quaesunt Dei Deo. Ma voi, voi 72 Farisei, avete trovato ilgergo, che verrebbe a dire, Gesù Cristo aver presoumana carne per incarnare perpetua quanto la Religio-ne cristiana la tirannia. Bestemmia!!...».

In un altro passo, dai toni sempre più accesi, ri-scontrava nel Pontefice una grave mancanza di mise-ricordia: «Ora vengo all’accuse. Pio IX ha esaurito tut-te le vie, tutti i modi caritatevoli, sani, razionali, evan-gelici. Queste vie e questi modi eccoli. Ha negato dibenedirci dimandando di andare a morire in Lombar-dia pei fratelli oppressi e vituperati dal Tedesco. In-stando noi, ci ha fatto tirare delle fucilate dagli impurisgherri stranieri, che ’l torniavano. Dagli sgherri stra-nieri ha fatto fucilare i figliuoli dimandanti di accorrerein aiuto ai fratelli!!!... Quindi è fuggito di Roma. Lascioche in tempo di pericolo il buon Pastore, come dice ilCristo, non fugge, ma sta a morire per il gregge: coluiche fugge non è pastore, ma mercenario, a cui noncal della greggia, afferma il Vangelo. Ma poiché il pa-pa è fuggito per tentare ogni via di farne buoni e sag-gi, vediamo dove è andato. È forse andato a Milano acacciare dal Tempio il Radetzki e le sue immonde or-de croate ree di tutte le micidialità, le impudicizie, le

scelleratezze, a vendicare il sangue Milanese quivi sparso siccome l’acqua per quelle piazze, in quelle sacre soglie?... Èandato a Milano? No. Sarà andato a Torino ad eccitare esso medesimo quel re, che può e teme di salvare l’Italia, e muo-vere a coraggio quel popolo potente e ritroso?... No. Sarà andato a Venezia a benedire e confortare di sua presenza l’Ita-lia in quel piccol giro salvata? No. Sarà andato a Napoli a raumiliare il coronato tigre? No. Sarà andato a piangere sulleruine dell’eroica Messina, come Cristo pianse sopra l’idea della distrutta Gerusalemme? E così Pio IX vedendo Messina hapianto?... No. Sarà andato in Asia, in Affrica, in terra di Turchi a battezzare quegli sciagurati, che eran venuti insino a Ro-ma a’ piedi santi suoi? Sarà andato come Gesù Cristo a predicare il Vangelo, a visitare e beare le cristianità sparse per ilmondo universo, a cercare il Martirio? No. Dove dunque è andato?... È andato a Gaeta!!!... Quivi ha fatto tutto per ri-chiamarci pentiti.!... ha baciato il Bombardatore, l’infame che è reo delle nostre orbate madri, delle vedovate spose, delleorfanate famiglie!... Colui ha regalmente donato dei doni che il Turco presentò al Pontefice di Roma, come a Redentoredel Popolo! Colui ha convitato, a colui ha dato l’Eucarestia, al cane ha dato il Santo!!!... Inoltre ha cacciato le nostre de-putazioni andate a Gaeta per richiamarlo a Roma, ha detto: Non vogliamo tornare con condizioni né di statuti, né diguerra al Tedesco, vogliamo tornare assoluti ed arbitri, come chi sedea prima di noi!!!... E con ciò ha esaurito tutte le vie ei modi dolci e paterni!!!... Che più? Ha fatto ed esaurito quanto stava in lui per levare parte del popolo colle coltella con-tro i fratelli, e farci scannare uno dall’altro, poiché miracolo è di Dio, e non già natural cosa, se ciò non è stato. Ha fattoed esaurito tutto, quando ne ha intentato la scomunica, se provvedessimo alla patria in pericolo, se cercassimo d’impedi-re l’anarchia venuta dal suo abbandono; ha fatto ed esaurito tutto, quando in parte per lui maledetti dovevamo, se Iddionon salvava tanta innocenza, e tanta carità, esser lacerati dall’idra gesuitica e gregoriana, che mai non muore né dorme,dall’aristocratica invidia, dalla ingannata plebe: e in Roma e nello stato doveva celebrarsi la notte sanguinaria ed infamedi S. Bartolommeo!!!... Santo Padre, voi avete fatto ed esaurito tutto, non voglio dire per ruinarci e distruggere (poiché ilvostro petto fu alcuna volta albergo di tanto amore e di tanto bene): ma certo non avete fatto o provato quel solo, chepoteva ricreare e voi e i vostri figliuoli, e la Patria e la gloria: Proporne di tornare voi in Roma, tolto via il litigio ridicolo del-le costituzioni, ma con una parola espressa, anzi giuramento: Io Pio IX grido guerra al tedesco, finché non sia cacciatofuori d’Italia. E avreste, come angelo, conciliato tutti gli animi e tutte le cose!!... L’altra accusazione, che il Papa ne muove,sta nella voce traviati, viene a dire scellerati nella sua Sacrosanta Persona ec. Traviati!!... E quale è il fiero errore, e la stranascelleranza, onde ci vuol ricondurre pentiti e compunti?... D’avere amati gli oppressi fratelli lombardi e Veneti, il fiore Ita-liano e Cattolico calpesto dalla rabbia tedesca eretica e ferocissima? D’avere amati i fratelli afflitti e vituperati, e quindiaver fatto proponimento di dare per essi la vita, come la diede il Cristo, e a noi ognuno insegnò e comandò di darla per lifratelli? Né per isciagure, né per sconfitte, né per tradizioni di re e di satelliti di re aver mai cessato dal santo e magnanimodesiderio?... Questo è l’errore, questo traviamento nostro? Questo onde si vuole il nostro ravvedimento?... ravvederci dalVangelo; ravvederci dall’estremo dell’amore, che dare la vita pei fratelli: ravvederci dall’udire e imitar Gesù di croce mor-to dai tiranni per la felicità del genere umano, da ciò ravvederci?.... Maledetto ed infame chi si ravvede da Cristo e dal-l’umanità!!!... Santo Padre, rendetevi certo, che noi non abbiamo mai altro voluto ed inteso, se non che l’indipendenzaitaliana, viene a dire la cacciata dello straniero da terra d’Italia; che a ciò abbiamo invocato la lega dei principi d’Italia; aciò abbiamo anche umiliato il nostro orgoglio al Borbone, al Carignano… a ciò lealmente abbiamo adorato voi Pio IX. Néla Repubblica, a che noi non pensavamo, la repubblica che dal vostro abbandono, e dalla necessità d’evitare la guerra ci-

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Ugo Bassi sui gradini di San Petronio, olio su tela di NapoleoneAngiolini, 1850 ca., Bologna Museo Civico del Risorgimento

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vile è nata, la Repubblica medesima, se non mirasse a tale scopo, non ci sarebbe cara, anzi ingrata ed infame. Però farneravvedere da questo santissimo proponimento è vanità, è cecità, è ferocia, è antropofagia, non è Vangelo».

Ma queste accuse davvero ledevano la sacra persona del Pontefice? Per nulla al mondo il Barnabita si sarebbe spinto alpunto di offendere il Vicario di Cristo: «Nella VOSTRA SACROSANTA PERSONA siamo rei!!.. Ma ancor noi, come gentea immagine di Dio creata, e quindi ragionevole, sappiamo o Santo Padre, distinguere che nella vostra Sacrosanta Personadi capo visibile della Cristianità, e Vicario in terra del Cristo, ed insomma di vescovo di Roma, nessuno di noi ha mosso al-cuna cosa, che offendere vi potesse. Ma poiché in voi v’è ancora un’altra persona, che non è il Vicario del Cristo, e ’l Ca-po visibile della Chiesa ma il re temporale di Roma, ancoraché noi (il che non è vero) avessimo offeso a tale persona, talepersona non è Sacrosanta, ma è tale quale di ogni altro re. E poiché ogni altro re non di diritto divino regna nei popoli,ma appena di umano, così ancora il Papa re non ha, né possiede più in là, che appena un diritto umano, come altri re. Epoiché gli altri re, quando non fanno il bene del popolo, ma il male, quando abbandonano il governo e lasciano l’anar-chia, si cacciano o si depongono, così si può fare in voi come in altri, senza peccare nella vostra Sacrosanta Persona. Cri-sto solo, o Santo Padre, Cristo solo Salvatore del mondo, e non re, è tutto Divinità: ma chi dice che il Papa è Dio, è un pa-gano. Quindi chi offende come che sia al Cristo, è scellerato; e chi contraddice alla persona del Vicario del Cristo nel Pa-pa, contraddice al Cristo: ma chi contraddice alla persona di re nel Papa, quando il Papa sacrifica ai re popoli,contraddice all’ingiustizia, all’inumanità, al male, e quindi all’inferno. Ma voi vel sapete, o Santo padre, che noi non v’ab-biam contraddetto, ma solo v’abbiam dimandato la guerra al barbaro e la salute de’ nostri fratelli vostri figliuoli: vel sape-te, che non v’abbiam cacciato, ma voi n’avete lasciati in abbandono all’anarchia e alla morte: vel sapete, che richiamatodue o tre volte n’avete avuto in onta e dispregio».

Richiamando il Papa ad incarnare la misericordiae vultus, in quanto nel Volto del Crocifisso si legge il Volto miseri-cordioso di Dio e dei fratelli, infine gli ricordava: «La VOSTRA SACROSANTA PERSONA!! Lascio, lascio, che tocca anoi a darvi queste divinissime denominazioni: che Cristo ha proibito agli Apostoli, onde voi siete successore, di diman-darsi padre, e maestro, e nostro Signore, il che fanno i pagani e i re: Vos autem non sic, sed qui maior est in vobis, fiatsicut minor; che questo magnificarsi da sé, e trasumanarsi e divinizzarsi, non è di quella cara umiltà, che rende i Pasto-ri più venerandi e sublimi [I Papi ne’ loro decreti scrivono non pure NOI, ma anche CI, e il possessivo NOSTRO conmaiuscola: p.e. Ci siam degnati… Ci è necessario… il Nostro popolo; cioè il possessivo loro con maiuscola, e il popolocon minima lettera, il che è proprio stile di superbia da re, a mo’ de’ quali ha detto il Cristo, che non faranno gli Apo-stoli: Vos autem non sic e non che i Papi, ma tutti i Vescovi, tutti i prelati, tutti i regoli, tutti di sé parlando come di no-stri Signori, e di Numi, e più. O pazienza che tanto soffristi!!...]; lascio tutte queste cose e più altre, e dico, che troppopiù della Vostra sacrosanta Persona vi si conveniva guardare e stimare la Sacrosanta persona di Gesù Cristo vituperata,calpestata, lacerata, morta ne’ nostri fratelli Lombardi e Veneti; la Sacrosanta Persona di Gesù Cristo in quelle miseremadri de’ Milanesi, che ora de’ loro figliuoli orbate sono costrette a vedere l’abborrito Teutono, che svenò i loro cari,abitare in quelle camere, in que’ talami, in que’ filiali letti ferocemente dormire!... Di quella Sacrosanta Persona di Ge-sù Cristo afflitta, e crocifissa con istrazio e con beffa dai tiranni, e dagli sgherri de’ tiranni nel misero Popolo vi si con-venne avere passione e pietà. Che il Popolo è l’immagine di Dio vera, e quindi la Persona del Popolo, che non curate,né amate, né estimate, quella è Sacrosanta Persona!!.. In ultimo, della Sacrosanta Persona di Gesù Cristo vi si conven-ne avere rispetto, che scacciata dall’Ateismo, dal razionalismo, e da mille altre eresie e sette, per voi ne’ vostri belli ecari principii resuscitata da morte, quando tutta lagioventù d’Italia, di Francia, ed anche di Vienna, tuttigli eretici, gli scismatici, gli Ebrei, i Turchi, gl’infedelivenivano cantando laudi ai vostri santi piedi, pureper gelosia di regno e per poco coraggio di resisterea 50 o 60 lupi che vi latravano, voi la scacciaste da’vostri piedi lontano, e soffriste gli Eretici, e gl’Infedelimettere in ridicolo il cattolicesimo, né aveste orroredi spingere colle vostre mani stesse il Popolo Italiano(il che allontani Iddio) dal protestarsi eretici e ribel-lanti anche nel sacrosanto Primato del Vescovo diRoma in tutta la Chiesa!!... E questi forse miserissimiperiranno; ma a colui dal quale è venuto lo scandaloguai, guai!! Verumtamen veh homini illi, per quemscandalum venit!..».

L’appello terminava con queste parole: «Temete,Santo Padre, temete, che in quella misura che voi mi-suraste il Popolo Italiano, Cristo non vi misuri altret-tanto; e non vi raffacci offesa per voi, sprezzata,conculcata la sua sacrosanta Persona, cioè LA RELI-GIONE ED IL POPOLO!!!».

Fu tutto inutile. Pio IX, pur subordinando il poteretemporale e i doveri che ne nascevano alla sua missio-ne spirituale, decise di sacrificare comunque l’aspira-zione all’unità d’Italia difendendo il potere temporale.

STORIA DELL’ORDINE

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veduta dell’abside della chiesa di San Pancrazio nel giugnodel 1849, metà XIX secolo, olio su tela - Roma, Museo Centraledel Risorgimento

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“ma l’anima e l’onore giammai”

Esplosa la rivoluzione del 1848,si unì, assieme al confratello Ales-sandro Gavazzi, al corpo di spedi-zione pontificio comandato dal Ge-nerale Durando, come cappellanomilitare. Cambiata la politica ponti-ficia, non tornò indietro. Secolariz-zato con rescritto del 21 luglio1848, del quale forse non ebbe mainotizia, il 25 ottobre dello stessoanno annotava in un foglio volante:«Mi deporranno nello Stato pontifi-

cio, dove quei signori vestiti di bis-so e di porpora, guastatori del Papa-to, si sono tanto ingegnati di depra-var la fama dell’Angelico Pio IX? Mimetteranno nelle mani dei miei ne-mici? Quindi il carcere, e la morte?Viva Iddio… la libertà e la vita perprepotenza di questo mondo mi sipotrà togliere: ma l’anima e l’onoregiammai».

Catturato a tradimento, con la fal-sa accusa di aver portato armi, ver-rà fucilato l’8 agosto 1849 a Bolo-gna per ordine del Generale au-

striaco Gorzkowski, desideroso diuna punizione “esemplare” pervendicarsi della sua cacciata da Bo-logna avvenuta esattamente un an-no prima, e in virtù dei non ancorachiariti posizionamenti delle diver-se autorità ecclesiastiche implicate,in quanto, il Barnabita, soggetto al-la loro giurisdizione, non poteva es-sere abbandonato al giudizio som-mario di un tribunale militare im-provvisato.

Forse per questo, prima di essereucciso – quando «con grande umiltàe contrizione il misero condannatoha ricevuto il Sacramento della Peni-tenza…» – pronunciò parole di solamisericordia: «Chieggo perdono atutti, e perdono a tutti. Raccomandola Religione, e godo di poter spirarein pace sotto le ali di Maria SS.Ma diS. Luca».

Giosuè Carducci nell’epigrafe sullasua lapide scriverà: «Qui addì VIII ago-sto 1849 – Ugo Bassi – cittadino italia-no e sacerdote di Cristo – cadeva – fu-cilato dalle milizie dell’imperatore au-striaco – per sentenza – della fazionesignoreggiante nel nome del ponteficeromano».

Un bel cuore!, un bell’uomo!

Grande predicatore, per esempio,a S. Petronio in Bologna, a Napoli,a Torino, ad Alessandria, a Palermo,ecc., Ugo Bassi già intravedeva unastagione diversa della Chiesa rispet-to a quella della prima metà del-l’Ottocento, quando, sconcertato,così scriveva alla mamma originariadi S. Felice sul Panaro, Felicita Ros-setti, di professione cameriera: …ancora dal confessore ho ascoltatoche Dio è «giudice vendicatore epunitore e non fonte inesauribiled’amore e di misericordia come voimadre mi avete insegnato” – e che –la donna è complice di Satana enon la sorgente di bontà ch’io cre-deva perché donna fu la Madre diCristo».

Un bel cuore!, un bell’uomo!, daqui le dicerie sul fascino esercitatosulle donne. Anita Garibaldi nellesue Memorie annoterà nel suo carat-teristico intuito femminile: «A propo-sito di Ugo bassi, quando lo incontraiper la prima volta con Josè, notai su-bito in lui un’umanità ed una com-prensione ben diversa. Ho capito,conoscendolo meglio, cosa vuol dire

STORIA DELL’ORDINE

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“Foglio volante”, privo di data, in Le canzonette che fecero l’Italia, a cura diE. Jona, Milano 1962

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Josè quando dice che esistono anchei “preti buoni”, quelli che sono dav-vero dalla parte dei poveri e che non“disprezzano” le donne come se fos-sero diavoli incarnati. Pensa che nonho mai sentito il Bassi criticare nessu-no, l’ho sempre visto tra i nostri uo-mini, disponibile a tutti i discorsi.Spero proprio di ritrovarlo presto, so-no sicuro che adesso è a Roma, aconsolare i feriti e a incoraggiare icombattenti».

“ri-formarne la memoria”

Progettata dall’Ufficio tecnico delComune, l’arca marmorea – sempli-ce e sobria – destinata a contenerele spoglie mortali di Ugo Bassi, fucollocata nella cripta del Monu-mento ai caduti di Bologna. La ceri-monia della traslazione si svolse l’8agosto 1940. Dopo la Messa fune-bre e la benedizione della salma, siformò un lungo corteo: «Precedeva-no labari e gagliardetti, il reparto ar-mato, i sacerdoti, e quindi la bara[…]; seguivano i discendenti delBassi signori Coltelli e Grazia. Poi lafolla commossa del popolo. Il cor-teo, attraverso i suggestivi chiostridella Certosa, giunse al sepolcretodei Caduti. Circondato dalle autori-tà e da alti ufficiali dell’esercito in-terveniva a questo punto l’A.R. ilDuca di Bergamo. Appena passatala bara, salutata militarmente, il Du-ca, col seguito, si aggiunse al cor-teo, che scese nella cripta, assisten-do alla benedizione dell’area […] ealla tumulazione delle spoglie diUgo Bassi. La cerimonia si chiusecol rituale minuto di silenzio».

Il Superiore generale P. IdelfonsoClerici delegò il P. Filippo Parenti arappresentarlo alla traslazione dellespoglie mortali di P. Ugo Bassi, in-dirizzando ai Confratelli bolognesiqueste parole: «Mi fa piacere la no-tizia della riesumazione dei restimortali del nostro P. Bassi, e la col-locazione di essi nel sacrario dei ca-duti. E veramente egli è caduto sot-to il ferro nemico per un’Italia piùgrande e più bella, per un’Italia piùreligiosa e pacificata con la Chiesa.Il suo martirio è stato un atto di fedee di abbandono in Dio, di filiale fi-ducia nella nostra Madre Celeste,nella cara Madonna di S. Luca. Lasua morte è un episodio edificante ecommovente».

L’8 agosto 1940, l’Arcivescovo diBologna, Card. G.B. Nasalli Rocca diCornegliano, scriveva a V. Besenghi:«Egregio Signore, in questo giornonel quale Voi vedete avverato il Vo-stro nobile desiderio di restituire al-l’onore della vera storia la figura di P.Ugo Bassi col visibile tributo di unadegna Tomba – ottimo divisamentodel nostro Podestà – fra i Caduti glo-riosi per la grandezza d’Italia, Vi rin-novo i più vivi ringraziamenti per ildono dei vostri volumi… La Chiesa

non ha mai negato sulla Tomba di Pa-dre Ugo Bassi la sua materna paroladi preghiera e i funebri onori: comeben si dovevano alla sua morte piissi-ma, edificante, sotto il sorriso dellaceleste Regina la Madonna dellaGuardia, sotto il peso di una iniquasentenza. E stamane nel Santo Sacri-ficio della Messa la mia preghiera si èunita ai raccolti nella Certosa. Vi be-nedico di cuore: continuate nellabuona battaglia per la verità integra-le. Aff.mo».

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Lapidaria, infine, la definizione cheBettino Craxi diede di P. Ugo Bassi:«Un martire e un fervente cattolicoche amò la Patria».

Conclusione

Per volgere definitivamente le spal-le a quel Risorgimento scomunicatoche tanto divise cattolici e laici perl’invasione dello Stato pontificio, allaluce di vecchie polemiche intransi-genti, che vedevano nel Risorgimen-to solo un complotto massonico-pro-testante volto a distruggere la Chiesa,P. Ugo Bassi può oggi rappresentareun punto fermo di unità e di ricon-

ciliazione; a condizioneperò di saperne riscopri-re l’autentico amore perCristo, per la Chiesa e perl’Italia!

Ultimamente, una nuo-va attenzione sul Bassi– mai del resto sopita trastoria, mito e leggenda –ha ripreso vigore, al pun-to che è spontaneamentesorto in Italia un Comita-to per la riabilitazionedella memoria del Barnabita: il “Co-mitato Ugo Bassi” di Bologna, e si èriscontrato l’interessamento di diver-se Associazioni, tra le quali l’“Asso-

ciazione A. Cipriani Comitato Giani-colo” di Roma.

La Congregazione dei Chierici Re-golari di S. Paolo, Barnabiti, da partesua, continua a sentire il Bassi comeproprio (si vedano le numerose pagi-ne a lui dedicate nel Boffito, Bibliote-ca Barnabitica e nel Menologio, oltreai numerosi articoli e studi apparsisulle riviste domestiche). Ne ha volu-to poi consacrare l’appartenenzacantando – ogni anno – le lodi diDio nella Liturgia delle ore del Pro-prio (previa autorizzazione della Con-gregazione per il Culto Divino e laDisciplina dei Sacramenti del 27 apri-le 1982), con le sue due note poeti-che elevate in onore della Madonna,che tanto amava: Bella di Dio verginemadre e Fior della gloria.

Quest’ultima, in particolare, negliamari versi: Mostra che il nome dimadre hai diletto / Per la pietà deltuo svenato figlio / che a me, spiran-do: Ecco tua madre, ha detto, ricor-da ancora – ad perpetuam rei memo-riam – che quel “bel cuore” attendedalla Chiesa, Madre e Maestra, pienae filiale memoria.

Filippo Lovison

STORIA DELL’ORDINE

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Roma, Parco Gianicolense, Cerimonia del 20 novembre 2016 accanto al bustodi P. Ugo Bassi, al termine del Giubileo della Misericordia. P. Filippo Lovisoncon le autorità civili e militari presenti e con i rappresentanti dell’AssociazioneA. Cipriani Comitato Gianicolo e del Comitato Ugo Bassi di Bologna sortoper la riabilitazione della sua memoria

Ugo Bassi, Le tombe a cui si giacciono / L’ossacompiante e care / Sian ciascheduna altare / Dicittadino amor (Augusto Grossi inv. e dis.,Francesco Casanova lit., Scipione Goldini ed.,1875 ca., litografia, Bologna, Gabinetto delleStampe del Museo del Risorgimento)

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