Giovan Battista Cavagna

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Libro di storia dell'architettura moderna sull'architetto Giovan Battista Cavagna

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  • Salvatore Di Liello

    Giovan Battista CavagnaUn architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino

    Fridericiana Editrice Universitaria

    fridericianaarchitettura

    Salvato

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    attista Cavagna

  • fridericianaarchitettura

  • Architettura. Storia e RestauroCollana diretta da Benedetto Gravagnuolo

    2

  • Salvatore Di Liello

    Giovan Battista CavagnaUn architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino

    Fridericiana Editrice Universitaria

  • Direttore:Benedetto Gravagnuolo

    Comitato scientifico:Aldo Aveta, Leonardo Di Mauro, Ezio Godoli, Fabio Mangone, Renata Picone, Javier Gallego Roca,Valentina Russo, Joseph Rykwert, Claudio Varagnoli, Franco Tomaselli, Sergio Villari

    Comitato di redazione:Rita Introno, Emma La Bruna, Giovanni Fazzini

    I volumi della Collana sono sottoposti a una procedura di doppia revisione anonima

    Fridericiana Editrice Universitariahttp://www.fridericiana.it/

    2012 by Fridericiana Editrice UniversitariaTutti i diritti sono riservatiPrima edizione italiana Ottobre 2012Stampato in Italia da Liguori Editore - Napoli

    Di Liello, Salvatore :Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino/Salvatore Di LielloNapoli : Fridericiana Editrice Universitaria, 2012 ISBN 978-88-8338-132-4 eISBN 978-88-8338-133-1

    1. Storia dellarchitettura 2. Architettura del Cinquecento a Napoli I. Titolo

    Ristampe:20 19 18 17 16 15 14 13 12 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

    La carta utilizzata per la stampa di questo volume inalterabile, priva di acidi, a PH neutro, conforme alle norme UNI EN Iso 9760 , realizzata con materie prime fibrose vergini provenienti da piantagioni rinnovabili e prodotti ausiliari assolutamente naturali, non inquinanti e totalmente biodegradabili (FSC, PEFC, ISO 14001, Paper Profile, EMAS).

  • Indice

    IX Prefazione di Maria Raffaela Pessolano 3 Larchitettura incompresa di G. B. Cavagna, decorosa, sebbene priva di impeti creativi

    23 La formazione romana e gli esordi in pittura

    55 Lopera napoletana (1572-1605) Larchitettura del Cinquecento a Napoli: un lungo Rinascimento 55 Architetto e pittore nei cantieri della Controriforma 61 Il palazzo-citt del Cardinale dAragona a Procida 95 La retorica della Carit: il Monte di Piet e il Banco del Popolo 114 Il bono architetto deve essere pi tosto timido che soverchio: le opere civili e lidea di architettura nel Discorso sul palazzo vicereale 137

    177 La carica di Sovrintendente della Santa Casa di Loreto e lopera nelle Marche (1605-1613) Architettura e citt nelle Marche agli inizi del Seicento 177 Lincarico lauretano 182 La moderna forma urbis di Macerata: la Strada Nuova e il Palazzo dello Studio 190 Il Palazzo civico di Ascoli Piceno 205 La chiesa di San Pietro a Valle a Fano 220

    APPARATI

    243 Appendice documentaria

    279 Bibliografia dei testi citati in nota

  • Il preliminare del progetto grafico stato curato da Fabio Buonocore

    Referenze fotografiche:Fotografie di Massimo Velo: copertina e figg. 23, 24, 25, 26, 27, 30, 31, 32, 33, 35, 36, 37, 38, 51, 81, 83, 85, 87, 88, 89, 94, 98, 99, 100, 101, 102, 103, 104, 105; tavv. XXV, XVII, XXVIII, XXIX, XXX, XXXI, XXXIIIb, XXXIV, XXXV, XXXVI, XXXVIII, XLII, XLIII, XLIV, XLV, XLVI, XLVII.Fotografie dellautore: figg. 45, 46, 47, 48, 49, 60, 62, 72, 80, 82, 84, 86, 116, 120, 121, 123, 131, 132, 133, 137, 138, 143, 153, 158, 159, 160, 161, 162, 163, 167, 169, 170, 171, 172, 175, 176; tavv. XLIXa, XLIXb, La, Lb, LI, LII, LIII, LIV, LV, LVIb, LVII,LVIII, LIX, Fotografie di Mattes: tavv. I-IIFototeca della Fondazione Federico Zeri, Bologna: fig. 9Foto Panairjdde: fig. 92

    Fonti delle illustrazioni:La fonte delle incisioni e illustrazioni da libri antichi precisata in didascalia MARIOTTI 1905: figg. 150, 152, 157PANE 1957: fig. 25FIOCCO 1965: fig. 2 GENTILI 1967: figg. 129, 130PANE 1975: figg. 21, 28, 29, fotografie di R. PaneBENEDETTI 1984. tavv. VI, Fi gg. 3, 12 Brandi 1985: tav. X, fig. 90ALISIO 1986: figg. 18, 19 BARBA-DI LIELLO-ROSSI 1994: figg. 56, 57, 58, 59,61, 73, 74, 76, 77, tav. XXXIX, tav. XL, XLIMARIANO 1996: figg. 173, 174DE SETA 2000: fig. 50 BRUSCHI 2002: fig. 4 e tavv. IV, V, XIITUTTLE- ADORNI FROMMEL -THOENES 2002: tav. XI STOPPA 2003: figg. 16, 17, tav. IX PESSOLANO-BUCCARO 2004: fig. 78AMIRANTE-PESSOLANO 2006: fig. 75MACERATA 2007: fig. 136BARLETTI 2011: figg. 52, 53

  • Prefazionedi Maria Raffaela Pessolano

    Lo studio di Salvatore Di Liello dedicato allapprofondimen-to critico della personalit di Giovan Battista Cavagna (~1530-1613) e delle opere da lui realizzate a Roma, a Napoli, a Loreto e nelle citt marchigiane. Particolare attenzione lautore dedica ai modelli culturali presenti nellambiente romano negli anni della formazione e dellattivit dellarchitetto-pittore, anni che vedono la fine delle certezze rinascimentali travolte dagli eventi politici, dagli esiti della Riforma luterana e della Controriforma. La ri-costruzione dei passaggi fondamentali nella vita dellartista e la contestualizzazione delle sue opere nel periodo ricco di stimoli e di soluzioni dominato dalle personalit di Baldassarre Peruzzi e Antonio da Sangallo il Giovane e, pi tardi, dalle figure del Vignola e del Della Porta, conduce lautore a inserire le archi-tetture del Cavagna in una poetica (che connoter tutte le opere) orientata allesattezza formale, al rigore e alla semplicit derivati da una visione classica dellarchitettura in linea con quanto san-cito dalla Chiesa e dalle Accademie; giudizio, questo, diverso da quelli di Roberto Pane che accusava il Cavagna di seguire, in modo generico, le correnti del tardo Cinquecento romano, ri-chiamandosi specialmente al Vignola ed a Giacomo Della Porta (1939) e di Arnaldo Venditti (1979) che individuava nelle opere dellarchitetto romano mancanza di impeti creativi.

    Una prima notizia sullattivit dellartista, secondo le informa-zioni rimaste nelle carte darchivio e in testimonianze di contem-poranei, definisce nel 1569 il Cavagna pittore romano; come pittore ancora ricordato nel 1578 nelle carte dellAccademia di San Luca di cui sar console nei primi anni 80 e, come sti-mato autore, ebbe il prestigioso incarico del ritratto di Sisto V (~1585).

    Il suo debutto nellarchitettura si concreta quando, ancora prima del suo ingresso nellAccademia, lartista chiamato per

    la costruzione della chiesa di San Gregorio Armeno a Napoli dove, in un ambiente contraddistinto, come nota il Di Liello, da un lungo rinascimento e ancora lontano dal lento aggiorna-mento dellarchitettura verso le forme barocche, realizza una chiesa caratterizzata da un rigore classicista che resiste anche ai successivi interventi eseguiti nellaula sacra.

    La partecipazione alla definizione della chiesa annessa al mo-nastero benedettino seguita da numerosi incarichi affidatigli dagli ordini religiosi che, a Napoli, costruivano chiese e conventi o li adeguavano ai dettati controriformistici. Tra gli interven-ti affidatigli specifica attenzione merita la ri-costruzione della chiesa di S. Paolo Maggiore, importante e stratificato edificio sacro costruito sulle rovine del romano tempio dei Dioscuri del quale, sulla base di unimmagine darchivio, il Di Liello propone una nuova lettura del prospetto cancellato da un terremoto. In S. Paolo e negli altri lavori affidati al Cavagna, che opera come architetto e come pittore per le chiese di Monteoliveto, di Santa Maria della Stella, di SantAndrea delle Dame e della Santa Casa dellAnnunziata, emerge in modo chiaro lorientamento dellarti-sta verso forme classicistiche che definiscono volumi e segnano armonicamente pareti e soffitti nei quali a volte si inseriscono opere pittoriche dellartista.

    Prova delle capacit e della duttilit del Nostro, la realiz-zazione nellisola di Procida del palazzo-citt; il grande edificio feudale dei dAvalos, del quale probabilmente cur la sistemazione urbanistica, fu inserito come cerniera fra il nucleo medievale e le nuove costruzioni. Lopera napoletana che meglio testimonia la sua poetica risale al 1598 quando furono affidati allarchitetto-pittore il progetto e la direzione dei lavori (che lo impegnarono almeno fino al 1603) delledificio destinato a ospitare il Monte di Piet. Nellarticolazione degli spazi e dei volumi della fabbrica

  • X Prefazione

    si legge la capacit dellarchitetto di creare in una ininterrotta cortina edilizia che, affacciata su uno stretto percorso, non consen-tiva limmediata visibilit del palazzo un asse visivo ortogonale alla facciata sul quale in profondit si impostava la successione ingresso-vestibolo-luminoso cortile, conclusa dallarticolato pro-spetto della cappella. Le scelte progettuali testimoniano la piena maturazione dellartista che aveva ideato una complessa macchina architettonica dove solennit e magnificenza venivano a fondersi con una forma di severo classicismo, legato s ai modelli della sua formazione romana, ma altres coerente adozione delle prescri-zioni della prima stagione della riforma cattolica improntata alla semplicit e alla chiarezza del messaggio.

    Nello stesso anno il Cavagna, ancora a Napoli, fu chiamato a dirigere i lavori del Banco del Popolo del quale, a differenza del Monte di Piet, sopravvivono scarsi resti. Solo frammenti e pochi documenti darchivio testimoniano, insieme alla cartogra-fia storica, la sensibilit urbanistica ancora una volta espressa nella soluzione che, con la successione portale-vestibolo-cortile in altre forme gi realizzata anche nel Monte di Piet, mirava alla realizzazione di una profondit prospettica che attraversava un intero isolato del tracciato greco-romano. Le scelte progettuali sono oggi ricostruibili a fatica in pochi ambienti del Banco; il primo livello di un prospetto lunico resto architettonico su-perstite e la sua impaginazione rimanda, nellintelaiatura della facciata, a modelli propri dellarchitetto romano.

    Lasciata Napoli nel 1605 il Nostro fu nominato architetto del-la Santa Casa di Loreto, carica prestigiosa che lo inserir nellam-biente marchigiano e gli porter, negli ultimi otto anni della vita, incarichi importanti a Macerata, Ascoli Piceno e Fano.

    Notoriet e prestigio gli procurarono i lavori nel Palazzo Apo-stolico e nella chiesa; oltre alla continuazione delle opere iniziate,

    maggiore responsabilit richiesero la costruzione della sagrestia e il completamento della cupola e della sala del tesoro, strutture complesse che lo impegnarono mentre si occupava anche del disegno degli arredi e, forse contemporaneamente, del progetto del magnifico tempietto dellaltare del Tesoro.

    Diversi e di notevole impatto sugli antichi tracciati urbanistici furono gli incarichi nelle citt marchigiane; progetti e realizza-zioni sono esaminati dal Di Liello anche sulla base di copiose testimonianze archivistiche spesso inedite. A Macerata, oltre a decorazioni scultoree e a rifacimenti di palazzi, il Nostro dise-gnava un nuovo asse stradale ampio e rettilineo che, sovrapposto alla trama medievale e fiancheggiato da cortine nelle quali si inserivano gli edifici pubblici, si concludeva davanti alla chiesa di San Giovanni. Nel 1610, inoltre, larchitetto era ad Ascoli Piceno per il progetto del Palazzo comunale; la soluzione fu approvata, ma lintervento iniziato solo negli anni 40 del Sette-cento arricch lidea del Cavagna con ammodernamenti barocchi e altre trasformazioni che, pur importanti, non sono riuscite a cancellare del tutto il disegno originale. Nel 1609 egli forniva il progetto per la chiesa degli Oratoriani a Fano, a noi noto da un disegno a lui attribuito nel quale, come ricorda il Di Liello, sono evidenti ricordi di aule sacre napoletane e romane trasformate, come la chiesa fanese, dalle ricche decorazioni a stucco inserite nella chiara partitura cinquecentesca.

    I tanti riferimenti messi in luce dalla ricerca che ricostruisce la figura e lattivit dellarchitetto, inducono Salvatore Di Liello alla rilettura dello scritto che, attribuito al Cavagna, riporta la feroce critica al progetto di Domenico Fontana per il palazzo reale di Napoli. Il risentimento nei confronti del rivale viene esplicita-to dal Nostro nellanalisi necessaria a scegliere la posizione pi corretta nella quale collocare ledificio e nella critica alla qualit

  • Prefazione XI

    del progetto, nato per esser condotto da persona che non abbia disegno; per inquadrare meglio il suo giudizio negativo egli non si rif alle teorie contemporanee, ma ricorre allinsegnamento albertiano, considerato riferimento imprescindibile, contenuto in quelli testi che dicono che il buono architetto deve essere pi tosto timido che soverchio audace perch di questa maniera se

    va regolando con far le sue cose considerate et bene aggiustate et con la debita simetria.

    Come rimarca il Di Liello, in questa breve frase si riconosce la convinta adesione alla linea di poetica cui lintera attivit di Giovan Battista Cavagna si con costanza riferita.

  • Ringraziamenti

    Molte persone hanno aiutato lautore nella realizzazione del presente volume fornendo aiuti in ogni fase, dallinizio della ricerca alla redazione finale: un calo-roso ringraziamento va in particolare a Maria Raffaela Pessolano, che ha costantemente seguito e incoraggiato il lavoro offrendo fondamentali suggerimenti, e a Maria Luisa Scalvini per i continui preziosi consigli. Per le segnalazioni e la cortese collaborazione lautore riconoscente a Leonardo Di Mauro, Nelia Del Mercato, Massimo Velo, Vincenzo Camuccini, Gabriella Ferretti, Ester Graziosi. Per la disponibilit offerta nella fase di consultazione dei documenti di archivio si ringraziano: Laura Ciotti e Fiorenza Di Cristofaro, Archivio di Stato di Ascoli Piceno; Katy Sordi, Archivio della Santa Casa di Loreto (AN); Maria Grazia Pancaldi, Nadia Capozucca e Isabella Cervellini, Archivio di Stato di Macerata; Francesco Delli Paoli, Archivio della Santa Casa dellAnnunziata di Marcianise (CE); Maria Pia Vecchione, Biblioteca Federiciana di Fano (PU), Luciano Chiapparoli, Archivio Storico di Voghera (PV).

  • al mio maestro Giancarlo Alisio

  • Larchitettura incompresa di G. B. Cavagna, decorosa, sebbene priva di impeti creativi

    Ha per lasciato la sua impronta a Napoli e certamente da annoverarsi tra gli architetti che maggiormente hanno contribu-ito alla formazione di un linguaggio architettonico destinato a imporsi nella citt per tutto il secolo e mezzo successivo. [] Gli altri architetti attivi a Napoli nel corso dei primi anni del Seicento sono decisamente meno dotati di Cavagna1.

    Dalle pagine de Neapolitan Baroque & Rococo Architecture del 1975, Anthony Blunt tratteggiava lopera di Giovan Battista Ca-vagna, riesaminando gli studi sullarchitettura napoletana fra ri-nascimento e barocco dove la figura dellartista veniva pressoch ignorata.

    Le parole dellautore del celebre volume2 interrompevano una consuetudine storiografica generalmente incline a escludere il Cavagna dalle personalit determinanti per laggiornamento a Napoli di una cultura architettonica rinascimentale, ancora do-minante nei decenni successivi alla met del Cinquecento. Un linguaggio come cristallizzato, privo di sostanziali variazioni an-cora molti anni dopo linizio della dominazione vicereale spagno-la che, dal 1503, se determin grandi cambiamenti nellassetto urbanistico, e pi in generale nellidentit urbana della capitale, comport un attardarsi della produzione artistica rinascimentale, continuando a riproporre matrici grammaticali toscane intro-dotte dal mecenatismo aragonese fin dalla met del Quattro-cento3.

    1 A. Blunt, Architettura barocca e rococ a Napoli, edizione italiana a cura di F. Lenzo, Milano 2006, p. 65 e sg.

    2 Per una lettura critica del volume del Blunt e di come fu accolta dagli studiosi napoletani si veda la prefazione alledizione italiana a cura di F. Lenzo; cfr. ivi, pp. 7-15.

    3 Sul Rinascimento a Napoli cfr.: F. Nicolini, Larte napoletana del Rinascimento e la lettera di P. Summonte a M. A. Michiel, Napoli 1925; O. Morisani, Letteratura artistica a Napoli tra il

    Prima del Blunt, gli accenni alla figura del Cavagna appaiono sporadici, con notizie non di rado contraddittorie, inserite nel-le pi ampie descrizioni della citt di Napoli. Anche nelle pi celebri Vite, le notizie risultano scarse: non citato infatti dal Baglione4 che tuttavia traccia le biografie di molti artisti Fede-rico e Taddeo Zuccari, Scipione Pulzone, Rosato Rosati, Nicolas Cordier tutti in varia misura, e per motivi diversi, in contatto diretto con il nostro architetto a Roma negli ultimi tre decenni del Cinquecento.

    Riguardo alle fonti napoletane, fra le pi antiche da segna-lare il Capaccio de Il Forastiero che, indicandolo come Architetto Romano valenthomo in questa professione5, lo segnala quale autore del palazzo del Monte di Piet e, insieme a Benvenuto Tortelli, del palazzo sulla Terra Murata di Procida, commissio-nato dal signore dellisola Innico dAvalos, Cardinale dAragona6. Sullargomento ritorner pi tardi il Parrino che, nelle pagine del Di Napoli il seno cratero7, precisa i ruoli dei due autori assegnando al Cavagna la conclusione del palazzo inizialmente impostato dal Tortelli. trascurato invece dal Sarnelli che nella sua guida del 1685 assegnava addirittura il palazzo del Monte di Piet, la prin-

    400 e il 600, Napoli 1958; M. Rotili, Larte del Cinquecento nel Regno di Napoli, Napoli 1972; R. Pane, Il Rinascimento nellItalia meridionale, 2 voll., Milano 1975; A. Blunt, op. cit., pp. 25-49; fra i titoli pi recenti cfr. anche B. de Divitiis, Architettura e committenza nella Napoli del Quattrocento, Venezia 2007.

    4 G. Baglione, Le vite de pittori scultori architetti, ed intagliatori, dal pontificato di Gregorio XIII del 1572 fino a tempi di Papa Urbano VIII nel 1642 [Roma 1642] Napoli 1733.

    5 G. C. Capaccio, Il Forastiero, Napoli 1630, p. 918.6 Ivi, p. 633.7 D. A. Parrino, Di Napoli il seno cratero esposto agli occhi e alla mente de Curiosi, Napoli 1700,

    p. 160.

  • 4 Salvatore Di Liello

    cipale opera napoletana del Cavagna, a Domenico Fontana8. Sar il Celano, solo sette anni dopo il volume del Sarnelli, a restituire lopera al suo autore: Nellanno poscia 1597, havendo comprato questo luogo, che era il palazzo dei Conti di Montecalvo, col disegno, e modello di Gio. Battista Cavagni famoso architetto in quei tempi si diede principio questa gran fabbrica, che n pi bella, n pi magnifica si pu considerare, n pi perfetta9.

    Registrando le fonti seicentesche, senza peraltro arricchire il catalogo delle sue opere, le settecentesche Vite di Bernardo De Dominici ritornano sul nostro autore, citato insieme a un gruppo di artisti come Ferdinando Manlio, Antonio Fiorentino, Sigismondo Di Giovanni e Vincenzo Della Monica.10 Del Cavagna, lautore delle Vite ricorda la chiesa e il monastero di San Gregorio Armeno progettati insieme a Vincenzo Della Monica, senza distinguerne i ruoli, e il Monte di Piet, opera non mai a bastanza lodata11. Nulla di pi nelle successive celebri Memorie di Francesco Milizia che, senza fornire alcuna notizia biografica, indica, ma non commenta, le opere di San Gregorio Armeno e del Monte di Piet limitandosi a indicare vagamente il 1600 quale anno della morte dellautore12.

    Alle esigue informazioni fin qui richiamate, poco aggiungono i primi autori moderni come il Miola che, pur pubblicando nel

    8 P. Sarnelli, Guida de forestieri curiosi di vedere e intendere le cose pi notabili della regale citt di Napoli e del suo amenissimo distretto, Napoli 1685, p. 215.

    9 C. Celano, Delle notizie del bello dellantico e del curioso della citt di Napoli, Napoli 1692, 10 voll., vol. III, p. 232.

    10 B. De Dominici, Vite de pittori, scultori ed architetti napoletani, 3 voll., Napoli 1742-75, pp. 99-101; cfr. anche F. Sricchia e A. Zezza (a cura di), Bernardo De Dominici. Vite de pittori, scultori ed architetti napoletani, Napoli 2003, pp. 612- 623.

    11 B. De Dominici, op. cit., p. 100. 12 F. Milizia, Memorie degli architetti antichi e moderni, [Parma 178] Bologna 1978, 2 voll., vol.

    II, p. 66.

    1892 il manoscritto della sua invettiva contro Domenico Fontana per il progetto del palazzo vicereale13, non approfondisce la figu-ra dellautore limitandosi a notazioni generiche quali e difatti un Cavagna o Cavagni Giovan Battista architetto, oper in Napoli alla fine del XVI secolo. Chi lo vuol romano e chi napoletano. Si d come morto nel 1600, mentre apparisce vivo nel 1605. Tutto incerto nelle poche notizie che si hanno della sua vita. Lo si confuso con altri dello stesso nome. [] Come opere sicure del Cavagni si citano in primo luogo, e senza pruove di documenti, la chiesa e il convento di San Gregorio Armeno o san Liguoro [] e poi il Monte o Banco della Piet con lannessa chiesa, menati a termine nel 1605. Di ci si hanno i documenti, ed fortuna; essendo tale edificio notevolissimo, tenuto conto del tempo in cui fu fatto, per le sue linee corrette e una maschia e armonica robustezza nelle sue forme14.

    Per legare le linee corrette della sua architettura a quanto veniva elaborato in quei decenni a Roma occorre aspettare lo scritto di Luigi Serra quando, nel 1921, tracciando le Note sullo svolgimento dellarchitettura barocca a Napoli (1580-1615) per Napoli nobilissima, lautore, pur continuando a registrare Scarsissime sono le notizie che su lui si hanno. Pare fosse romano15, il primo tuttavia a legarne il linguaggio agli esiti dellarchitettura del Cinquecento romano, segnatamente vignoleschi. Ascendenze e filiazioni ben precisate dal Serra che, a proposito della cappella del palazzo del Monte di Piet, annota: Nulla di singolare, ma

    13 A. Miola, Cavagni contro Fontana. A proposito della reggia di Napoli, in Napoli nobilissima, vol. I, 1892, pp. 89-91 e pp. 99-103.

    14 Ivi, p. 91. 15 L. Serra, Note sullo svolgimento dellarchitettura barocca a Napoli, in Napoli nobilissima, n.

    s. II, I/II, 1921, p. 88.

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 5

    buone proporzioni e sobriet di forme. La decorazione non sem-pre eletta, compenetrata allambiente [] Il Cavagna si mostra attraverso queste opere artista nobile, che ha studiato quanto di meglio offriva Napoli nellarchitettura del Rinascimento, coglien-do altres limportanza del Vignola, e alle massime della Rinascita egli si tien fedele, pur innestandovi le ricerche barocche, anche in S. Paolo, che, segnatamente per la struttura delle collaterali e gli effetti prospettici, la pi barocca delle sue opere16. Sul suo ruolo nel cantiere di San Paolo Maggiore saranno le ricerche successive, come vedremo, a chiarire che in realt il Cavagna realizz soltanto la navata centrale, ma occorre qui rilevare che il Serra fu il primo ad evidenziare i rimandi vignoleschi e quel certo rigore classicista nelle architetture del Cavagna. Ancora al Serra va riconosciuto di aver ricostruito le fasi della vita professiona-le del nostro architetto negli anni successivi a quelli napoletani quando, trasferitosi nelle Marche, realizz altre importanti opere come la chiesa di San Pietro in Valle a Fano. Per le opere marchi-giane lautore si avvalse degli studi di autori locali e soprattutto di quelli di Pietro Gianuizzi17, lo storico dellarte che nei primi anni del Novecento aveva studiato lopera del Cavagna per la Santa Casa di Loreto ed aveva altres precisato la data della sua morte, avvenuta a Loreto il 19 luglio 1613.

    Alle attente note del Serra erano tuttavia sfuggiti alcuni docu-menti indagati dagli studiosi napoletani che, fra fine Ottocento e primi del Novecento, mettevano in luce numerosi incarichi rice-vuti dal Cavagna in qualit di pittore in alcune chiese napoletane.

    16 Ivi, p. 89. 17 P. Gianuizzi, Giovanni Battista Cavagna, in Rassegna bibliografica dellarte italiana, IX,

    1906, pp. 163-166.

    Grazie alle notizie pubblicate dal Filangieri nel 1884 e 189118, ed a quelle riportate da Giovanni Battista DAddosio19 e pi tardi dal Bresciano20, emergeva infatti che a Napoli il Cavagna svolse anche lattivit di pittore ricevendo incarichi nelle chiese di San Salvatore a Prospetto, ai Camaldoli, nonch in quelle di Santa Maria della Stella, di SantAnna dei Lombardi e in quella di San Pietro a Maiella.

    Ma ritornando al ruolo di architetto, sar pi tardi Roberto Pane, nellArchitettura dellet barocca in Napoli del 1939, a precisare meglio quelle ascendenze, gi avanzate dal Serra, verso un pi rigoroso classicismo velatamente ostile alle deviazioni michelan-giolesche. Riconoscendo in Vignola e Giacomo Della Porta le matrici della sua architettura, il Pane ricostruisce lattivit del Ca-vagna indicato come architetto e pittore romano, aggiungendo al consueto riferimento a San Gregorio Armeno e al Monte di Piet, lintervento nellabside della chiesa di Monteoliveto nonch la sua attivit di pittore, registrando le notizie riportate nei documenti pubblicati pochi anni prima da Giovanni Battista DAddosio21. Ma anche il Pane, pur confermando le idee del Serra sulla ricerca di continuit con il linguaggio dellarchitettura rinascimentale napo-letana ulteriormente precisato quando riconosce la derivazione della facciata della cappella del Monte di Piet da quella della chie-sa di Santa Maria della Stella alle Paparelle di Giovan Francesco

    18 Cfr. G. Filangieri, Documenti per la storia le arti e le industrie delle province napoletane, Napoli 1883-1891, 6 voll., vol. II, 1883, p. 323 sg.

    19 G. B. DAddosio, Documenti inediti di artisti napoletani dei secoli XVI e XVII dalle polizze dei Banchi, in Archivio Storico per le Province Napoletane (ASPN), XXXVIII, 1913, pp. 41-42, p. 597, XLIV, 1919, p. 384.

    20 G. Bresciano, Documenti inediti concernenti artisti napoletani del Quattro e Cinquecento, in Ar-chivio Storico per le Province Napoletane, Anno LII, 1924, pp. 369-370.

    21 Ibidem.

  • 6 Salvatore Di Liello

    Mormando si spinge poco oltre i precedenti giudizi relegando il ruolo del Cavagna a quello di un generico continuatore del tardo Cinquecento romano. Nel complesso egli conclude sul Cavagna piuttosto che manifestare una decisa personalit, la sua composi-zione dimostra di seguire, in modo generico, le correnti del tardo cinquecento romano, richiamandosi specialmente al Vignola ed a Giacomo Della Porta22.

    A tali notizie poco aggiungeranno gli scritti del Rotili del 197223, incline a rintracciare nella soluzione adottata da Giuseppe Valeria-no per la chiesa del Ges Nuovo, a partire dal 1584, un primo su-peramento della tradizione classica locale maturato poi nelle opere di Francesco Grimaldi, Giovan Giacomo di Conforto e Giuseppe Donzelli. Un inizio che, posticipato dal Rotili al primo trentennio del Seicento, esclude quindi il Cavagna, vagamente ricordato in-sieme a Vincenzo Della Monica, Giovanni Antonio Dosio e Do-menico Fontana nei cantieri di adeguamento controriformistico degli antichi conventi. Riguardo al nostro autore le osservazioni del Rotili appaiono assolutamente allineate alle idee del Pane di oltre un trentennio precedenti, anche riguardo alle matrici del suo linguaggio definito austero24, e di chiara intonazione romana, nello spirito del Vignola e del Della Porta25.

    Pochi anni prima della pubblicazione curata dal Rotili sul Cin-quecento napoletano, il volume di Rudolf Wittkower26 (1958) ritor-nava sullarchitettura nella capitale vicereale fra Cinque e Seicento osservata nel pi ampio specchio della cultura architettonica italiana

    22 R. Pane, Architettura dellet barocca in Napoli, Napoli 1939, p. 34.23 M. Rotili, op. cit., p. 83 sg.24 Ivi, p. 83.25 Ivi, p. 84.26 R. Wittkower, Arte e architettura in Italia: 1600-1750, Torino 1972, p. 107 sg., traduzione

    delledizione originale del 1958.

    e romana. Movendo dagli esiti della riforma della Chiesa cattoli-ca nellarte sullo scorcio del Cinquecento, e valutando gli esiti di quello stile formalistico, anticlassico e antinaturalistico, uno stile di formule stereotipate, per il quale gli italiani coniarono la parola maniera, anche Wittkower sposta in avanti linizio della sperimen-tazione a Napoli e lega lassimilazione del classicismo fiorentino e romano27 allopera napoletana di Giovanni Antonio Dosio e Domenico Fontana. Senza mai citare il Cavagna, la nuova fase dellarchitettura napoletana viene riconosciuta nelle figure di Fran-cesco Grimaldi e poi in Giovan Giacomo di Conforto e Giuseppe Donzelli, architetti tutti giunti a Napoli, compresi Dosio e Fontana, almeno quindici anni dopo Cavagna, a Napoli fin dal 157228.

    Fu quindi Anthony Blunt, nel 1975, il primo a riparlare del Cavagna ed a riconoscere nella sua produzione un rilevante aggiornamento del linguaggio al quale lo studioso inglese at-tribuisce un significativo contributo nellinterruzione di quella stasi nellarchitettura napoletana della met del Cinquecento, sostanzialmente ferma al rinascimento, una realt culturale dove la rivoluzione architettonica che ha avuto luogo a Roma nel corso della prima met del XVI secolo non sembra aver pro-dotto a Napoli alcuna conseguenza, tanto che, per gli architetti napoletani, Bramante e Michelangelo avrebbero anche potuto

    27 Ivi, p. 107.28 Dosio arriva a Napoli nel 1589, Fontana nel 1594, Grimaldi nel 1581; per questi autori,

    si confrontino: A. Marciano Giovanni Antonio Dosio. Fra disegno dellantico e progetto, Napoli 2008; P. C. Verde, Domenico Fontana a Napoli. 1592-1607, Napoli 2007; S. De Cavi, Architecture and Royal presences. Domenico and Giulio Cesare Fontana in Spanish, Newcastle 2009; sul Grimaldi si confronti soprattutto S. Savarese, Francesco Grimaldi e larchitettura della Controriforma a Napoli, Roma 1986; per gli studi pi recenti sullopera del Dosio si veda E. Barletti (a cura di), Giovan Antonio Dosio da San Gimignano architetto e scultor fiorentino tra Roma, Firenze e Napoli, Firenze 2011.

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 7

    non essere mai esistiti.29 Su questa sostenibile premessa lau-tore della controverso studio,30 ripercorre lopera napoletana di Dosio, Fontana architetto dal limitato bagaglio di invenzioni31 e Grimaldi, ma riconosce in Giuseppe Valeriano lautore del Ges Nuovo, a Napoli dal 1582 larchitetto pi importante e autorevole giunto a Napoli nelle ultime decadi del XVI secolo.32. Lo studio del Blunt unopera di sintesi sulla produzione dellar-chitettura napoletana tra XVII e XVIII secolo e, seppur ricca di riflessioni nella dialettica fra matrici e derivazioni, non arricchisce il catalogo delle opere degli autori. Quello del Cavagna non va oltre infatti il Monte di Piet, la chiesa di San Gregorio Armeno e il presbiterio della chiesa di Monteoliveto.

    Il primo rilevante aggiornamento sul nostro autore si deve invece ad Arnaldo Venditti che, nel 1979, per il Dizionario Bio-grafico curava unattenta biografia del Cavagna33: precisando la geografia della sua attivit di architetto fra Roma, Napoli e le Marche registrava tutta la precedente letteratura dal Miola al DAddosio, dal Serra al Pane e fino al Thieme-Becker, restrin-gendo larco temporale della sua attivit fra il 1569 e il 1613, anno della morte. Limitandosi alla sua attivit di architetto, e segnalando la mancanza di studi sulla sua produzione pittorica di cui tuttavia segnala alcune opere34, il Venditti evidenzia, per la

    29 A. Blunt, op. cit., p. 51.30 Su come gli studiosi napoletani accolsero il volume si veda, in particolare, F. Lenzo in

    A. Blunt, op. cit., pp. 7 sgg. 31 A. Blunt, op. cit., p. 52.32 Ivi, p. 54.33 A. Venditti, voce Giovanni Battista Cavagna in Dizionario Biografico degli Italiani, 75 voll.,

    Roma 1960-2010, vol. XXII, Roma 1979, pp. 560-563.34 Il Venditti registra i documenti indagati dal Bertolotti (1876) sulla sua collaborazione

    con Giovan Paolo Severi nella villa del cardinale Montalto, ma aggiunge anche opere fra cui

    priva volta, la presenza del Cavagna fra i membri dellAccademia di San Luca dove ricopr la carica di console nel 1578 e fra il 1581 e 1582 insieme a Scipione Pulzone e Federico Zuccari. Pur ritenendo infondata35 lattribuzione al Cavagna di lavori nel cantiere di San Paolo Maggiore, accertata pi tardi da riscon-tri documentari36, da un approfondito scandaglio nelle fonti fra Otto e Novecento, lautore ricostruisce gli interventi nel coro della chiesa di Monteoliveto e nella cappella del Tesoro della chiesa dellAnnunziata, nonch lavori minori su un acquedotto nel territorio di Sarno. Il profilo di un Cavagna non solo artefice di San Gregorio Armeno e del Monte di Piet ma autore ben pi attivo nei primi cantieri napoletani del tardo Cinquecento veniva ulteriormente arricchito dal riferimento alla sua attivit nelle Marche, in parte gi riferita dal Pane37 e prima di questi dal Gianuizzi e dal Serra. Ma a fronte di una pi sistematica elenca-zione delle opere, nella biografia stilata dal Venditti non emerge tuttavia alcun ripensamento rispetto a quella consuetudine critica che continuava a vedere nelle opere del Cavagna una produzione l definita decorosa, sebbene priva di impeti creativi38.

    Eppure il riesame delle sue opere note, alla luce dello studio di altre realizzazioni sinora sconosciute o trascurate, non solo amplia la geografia della sua attivit, ma, al contempo, suggerisce con forza la revisione di quei giudizi precedenti e, soprattutto, di

    pitture di stemmi sugli stendardi e sulle trombe per la Camera Apostolica, per una grande bandiera di Castel S. Angelo, una tela raffigurante la Presentazione di Ges al tempio per la chiesa di Santa Maria de la Vid a Burgos, firmata Jos Baptista Cavagna romanus pictor architectus Neapoli faciebat anno Dni MDXCI. Ibidem.

    35 Ivi, p. 561.36 S. Savarese, Francesco Grimaldi, cit., pp. 57-59. 37 R. Pane, Architettura dellet barocca..., cit., pp. 33-34. 38 A. Venditti, voce G. B. Cavagna, cit., p. 560.

  • 8 Salvatore Di Liello

    riconoscere nellassenza di impeti creativi una precisa e consa-pevole scelta di linguaggio, espressione di una chiara formazione culturale piuttosto che di una ridotta capacit inventiva.

    Verrebbe quindi da ripartire dagli studi di Silvana Savarese quando, introducendo lopera di Francesco Grimaldi, auspicava una rilettura critica dellarchitettura napoletana nel periodo, anco-ra poco approfondito, fra la fine del Cinquecento e i primissimi anni del XVII secolo39. Verrebbe ancora, nellalveo delle aperture interpretative proposte dai pi recenti contributi sugli innesti ro-mani nellarchitettura napoletana della Controriforma40, da rive-dere lopera del Cavagna non solo per chiarirne la sua articolata produzione, precisandone pi possibile il catalogo, ma soprattutto per ripensare al suo apporto valutando la possibilit di sottrarlo a quel perentorio giudizio di assenza di personalit, come nel tempo hanno chiosato la sua figura molti attenti studi.

    Motivo ricorrente nelle storie dellarchitettura napoleta-na fra rinascimento e barocco lindividuazione del momento della transizione dal classicismo tardo quattrocentesco ai primi esperimenti della teatralit seicentesca. Nello specchio di questi studi, volti a cogliere i cambiamenti del locale linguaggio archi-

    39 S. Savarese, Francesco Grimaldi, cit., p. 8.40 G. Cantone, Larchitettura, in Civilt del Seicento a Napoli, catalogo della mostra, 2 voll.,

    Napoli 1984, vol. I., pp. 49-75; S. Savarese, Francesco Grimaldi, cit.; G. Cantone, Larchitet-tura a Napoli tra Controriforma e Barocco, in Larchitettura a Roma e in Italia (1580-1621), Atti del XXIII Congresso di Storia dellArchitettura, Roma 1988, vol. II, pp. 291-307 e pp. 535-542; D. Del Pesco, Larchitettura della Controriforma e i cantieri dei grandi Ordini Religiosi, in G. Pugliese Carratelli (a cura di), Storia e Civilt della Campania. Il rinascimento e let barocca, Napoli 1998, pp. 327-386; Id., Storia dellarte italiana. Larchitettura del Seicento, Torino 1998, pp. 223-255; Id., Napoli: larchitettura, in C. Conforti, R. Tuttle, Storia dellarchitettura italiana. Il secondo Cinquecento, Milano 2001, pp. 318-347. Fra i contributi pi recenti, si vedano anche P. C. Verde, op. cit.; A. Marciano, op. cit.; S. De Cavi, op. cit.; E. Barletti, op. cit.

    tettonico, sottratto dopo un lungo, lunghissimo rinascimento a quel classicismo quattrocentesco, stancamente perpetuato ancora nelle opere di un Giovan Francesco di Palma ben oltre la met del Cinquecento, larrivo sulla scena dellarchitettura partenopea di un autore incline al rigore pi che allinvenzione non rappresenta una svolta. Ma il Cavagna non appare interessato a svoltare il corso dellarchitettura napoletana: a voler individuare laspirazione del suo linguaggio, questo andrebbe nella direzione del rigore, della simmetria di quella poletia espressamente richiamata nel suo scritto contro il Fontana piuttosto che verso lesperimento e linnovazione. Nelle sue architetture le superfici e gli spazi sono sempre fortemente regolati dalla geometria: un controllo costante che trattiene il movimento a favore di una solennit, una tensione non dinamica ma ferma che con luso sapiente della prospettiva e della luce riesce tuttavia a conferire magnificenza e drammati-cit agli interni. Lo spazio fermo, armonico, ma tuttavia non statico e dallinterno, pi che fluire dinamicamente, si aggancia allesterno in modo di volta in volta differente: ora nel Monte di Piet, con scattante prospettiva inquadrata da un portale vignole-sco attraverso un vestibolo, di dimensioni inusitate fino ad allora a Napoli, ora in modo pi cadenzato attraverso un massiccio e scuro atrio porticato, nella chiesa di San Gregorio Armeno, a segnare il passaggio dalla pulsante citt al silenzio della serrata clausura, ora con stereometrica fuga prospettica centrale verso la piazza dArmi (palazzo dAvalos, Procida) o tangente al compatto e compassato bianco volume della pietra (palazzo dellArringo, Ascoli Piceno). Per il Cavagna il passaggio interno-esterno non mai dinamico e, laddove ci si aspetterebbe movimento e tensione, egli opta per una graduale e calibrata scansione degli spazi. Rapporti dove non c ancora alcuna traccia di osmosi, non c poetica del movimento, ma piuttosto ponderazione degli spazi racchiusi da superfici dove

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 9

    lautore rinuncia sempre allesuberanza decorativa, proponendosi come ebbe a scrivere egli stesso di essere un architetto pi tosto timido che soverchio41.

    Gli impeti creativi e le invenzioni non appartengono quindi alla sua espressivit nel cui specchio la limitata inventiva diventa una scelta consapevole: i suoi misurati ornati rivelano matrici ben evidenti che, distanti dallaulico classicismo anticheggiante del primo Cinquecento ma anche dallinquietudine del Manierismo, trovano origine in quellinsegnamento di Antonio da Sangallo il Giovane che, almeno nella prima stagione immediatamente successiva alla conclusione del Concilio di Trento, prevarr lar-gamente nellarchitettura a Roma rispetto agli apporti michelan-gioleschi i cui esiti matureranno solo pi tardi.

    Un autore, il nostro Cavagna, che privilegia modi espressivi compassati sottraendosi alle innovazioni linguistiche, anzi attento, nella sua intera produzione artistica, a verificare il rispetto delle regole albertiane. Egli non alimenta quindi la transizione al ba-rocco dellarchitettura napoletana e anche nelle occasioni in cui i suoi modi esprimono solennit questa sempre determinata dal controllo matematico dello spazio, mai dallesuberanza formale. Il repertorio decorativo sempre ridotto al minimo. A Napoli come a Procida nel palazzo dAvalos, nei palazzi delle magistrature cittadine di Macerata e di Ascoli e fino alla chiesa di Fano da-gli esordi alla maturit la sua aggettivazione formale sempre asciutta e il suo classicismo, essenziale e razionale, non indugia mai nel compiacimento anticheggiante. Luso degli ordini, sempre ridotto al minimo, limitato ai momenti salienti della fabbrica e

    41 La citazione tratta dal suo manoscritto relativo allinvettiva contro il progetto del pa-lazzo vicereale di Domenico Fontana; cfr. A. Miola, Cavagni contro Fontana, cit.; cfr. anche F. Strazzullo, Architetti e ingegneri dal 500 al 700, Napoli 1969, p. 79.

    la sua impronta sobria resiste anche alle addizioni barocche degli interni delle sue chiese, come accade a San Gregorio Armeno, resa barocca solo sul volgere del Seicento dagli straordinari affreschi di Luca Giordano e poi dalle decorazioni plastiche settecentesche ideate da Nicol Tagliacozzi Canale, o nella sua ultima chiesa di San Pietro a Valle di Fano dove il misurato impaginato continua ad essere lelemento caratterizzante malgrado le esuberanti stuc-cature di Pietro Solari e gli affreschi di Antonio Viviano. Ridotto e sempre riconoscibile il suo repertorio lessicale: catene bugnate a rafforzare nei cantonali laustera monumentalit delle facciate (Monte di Piet di Napoli, Palazzo dellArringo di Ascoli Piceno), basamenti rivestiti in lisce lastre di pietra (Banco del Popolo e Sedi-le di Montagna a Napoli, palazzo dAvalos a Procida), al pi segnati da fregi corridietro (Monte di Piet), cornicioni finemente scolpiti, finestre ornate da riquadri a bassorilievo e inquadrate da massicce cornici in pietra (Palazzo dellArringo, Monte di Piet, Banco del Popolo), lesene fasciate da bugne (facciata di San Gregorio Ar-meno, palazzo dellArringo). Motivi certo non innovativi in cui preponderante la lezione del Cinquecento romano, da Sangallo il Giovane e da questi a Vignola e a Giacomo Della Porta, come vedremo pi avanti nellanalisi puntuale delle opere. Il suo arrivo a Napoli pi che innovare tende quindi a riportare il classicismo napoletano nelle linee corrette dei trattati quattro-cinquecenteschi intervenendo in quella interpretazione popolaresca delle forme classiche dalle alterate proporzioni attribuibile alla folta schiera di seguaci dei Mormando e alle maestranze meno colte.

    Altri, come il Valeriano o il di Conforto saranno pi innova-tivi, aprendo la cultura architettonica napoletana allesperimento barocco. Quella coltivata dal nostro Cavagna invece uninten-zione stabilizzatrice del classicismo cinquecentesco: i suoi non sono mai impeti, ma sempre rigorose riflessioni.

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    Tav. I: Pirro Ligorio, Casina di Pio IV, il Casino piccolo, Citt del Vaticano

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    Tav. II: Pirro Ligorio, facciata della Casina di Pio IV, Citt del Vaticano

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    Tav. IIIa: Antonio da Sangallo il Giovane, Pianta del palazzo Baldassini, Roma (da Letarouilly, difices de Rome moderne 1868)

    Tav. IIIb: Antonio da Sangallo il Giovane, Facciata del palazzo Bal-dassini, Roma (da Falda, Palazzi di Roma 1675)

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 13

    Tav. IV: Antonio da Sangallo il Giovane, cortile del palazzo Baldassini, Roma

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    Tav. V: Antonio da Sangallo il Giovane, La facciata della chiesa di Santo Spirito in Sas-sia, Roma

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 15

    Tav. VI: Antonio da Sangallo il Gio-vane, Chiesa di San Marcello al Corso, interno, Roma, da Bene-detti 1984

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    Tav. VII: Giovan Battista Cavagna, ritratto di papa Sisto V (c. 1585), olio su tela, 128x99, Collezio-ne Vincenzo Camuccini

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 17

    Tav. VIII: Villa Montalto, Roma (da Vasi, Delle Magnificenze di Roma antica e moderna, 1747-1761)

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    Tav. IX: Giacomo Della Porta, Pa-lazzo Maffei-Marescotti, Roma

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 19

    Tav. X: Vignola, Chiesa di SantAndrea della Valle in via Flaminia, Roma

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    Tav. XI: Vignola, Villa Farnese, Caprarola

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 21

    Tav. XII: Palazzo Altemps, Roma

  • La formazione romana e gli esordi in pittura

    Di famiglia di origine lombarda1, ma nato da un padre gi indicato nei documenti come romanus, Giovanni Battista Cavagna nacque quasi certamente nel quartiere romano di Campo Marzio, intorno al 1530. Sulla sua nascita romana, le fonti non sono sempre con-cordi limitandosi a segnalare, di volta in volta, i luoghi dove visse per periodi pi lunghi: viene infatti indicato di origine romana a Napoli e napoletana nellambiente marchigiano dove visse stabil-mente dal 1605 fino alla sua morte, il 19 luglio del 16132.

    Da tali indicazioni, volte a indicare la citt di immediata pro-venienza senza documentare lorigine dellartista, che certo ebbe in Roma, a Napoli e nelle Marche i poli della sua attivit, si di-scosta unicamente il cronista dei frati minori conventuali Felice Ciatti quando, in occasione della sua visita al convento napole-tano nel 1639, a proposito del progetto di ampliamento per la chiesa di Santa Maria Apparente a Napoli, affidato al Cavagna, riporta Opus meditatum Cavagna Perusino3, unannotazione mai pi riproposta dagli autori successivi.

    1 Da ricerche presso gli archivi lombardi emergerebbe che non appartiene al casato dei Cava-gna di Gualdana e non risulterebbe parente del pittore bergamasco, suo contemporaneo, Gian Paolo Cavagna (c. 1556-1627); non possibile documentare contatti con i Cavagna di Bergamo il cui blasone raffigura una croce dorata su fondo azzurro e un cavagno doro su fondo rosso; sulla famiglia Cavagna di Bergamo G. B. Di Crollalanza, Dizionario Storico Blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti, Bergamo 1965, 3 voll, vol. 3, p. 99; sui Cavagna Sangiuliani di Vo-ghera e Pavia si confrontino invece A. Cavagna Sangiuliani, Antica e nobile famiglia Cavagna-Cavagnus di Voghera e di Pavia, Voghera (PV) 1903; sui Cavagna di Gualdana e sulla cappella appartenente alla famiglia cfr. anche Id., DellAbazia di S. Alberto di Butrio e del Monastero di Santa Maria della Piet detto il Rosario in Voghera, Milano 1865, p. 204; vedi anche L. C. Bollea, In memoria del conte Antonio Cavagna Sangiuliani, Pavia 1914, con stemma e albero genealogico della famiglia.

    2 Ad 19 di luglio 1613. M. Gio. B. Cavagna Architetto di S. Casa fu sepolto in questa nostra chiesa il d sopradetto, Archivio della Santa Casa di Loreto (ASCL), Mortuor I, 1566-1617, p. 18, cfr. doc. 197 in Appendice.

    3 Il documento pubblicato in E. Ricciardi, La chiesa e il convento di S. Maria Apparente in Napoli, in Archivio Storico per le Province Napoletane, 1998, p. 440 sg.

    La sua nascita romana invece avvalorata dal contratto di locazione di un suolo che il nostro architetto stipulava, il 18 settembre del 1577, con il monastero di San Silvestro in Capite a Roma, al fine di costruire la propria abitazione4.

    Si trattava di un appezzamento di terra lungo via Ferratina, oggi via Frattina, che prendeva il nome per la presenza nel luogo, allora ancora poco urbanizzato, del palazzo del vescovo Barto-lomeo Ferratini costruito fra il 1562 e il 1571 e poi inglobato nelledificio di Propaganda Fide5.

    Nel contratto, redatto dal notaio Antonio Palumbo, il Cava-gna indicato quale filio Ioannis Cavagne Romanus regionis Campi Martiis, nello stesso quartiere dove risiedevano i genitori e dove intendeva costruire la propria residenza, fra via Frattina e via della Vite, da realizzarsi nel termine di due anni: il detto conduttore6 riporta latto riferendosi al nostro autore si obbliga di fare in detto sito in termine di doi anni da cominciare da hoggi e come sequita da finire miglioramenti di scudi cento di moneta7. Nello stesso atto veniva altres precisato che, in caso di ritrovamenti di reperti antichi durante i lavori, questi dovevano essere segnalati alle religiose e quelle siano libere del detto mo-nasterio et volendole le sopradette monache esse siano obbligate a farle cavare, tirare e levare a loro spese quanto sarra di bisogno [] It. Che il detto conduttore e suoi heredi e successori non

    4 Cfr. S. Pressouyre, Nicolas Cordier: recherches sur la sculputure Rome autour de 1600, Roma 1984, 2 voll., vol. I, pp. 104-105 e pp. 299-319; cfr. anche J. Ligi, Congregatione dellOratorio di Fano, manoscritto, [c. 1720], Biblioteca Federiciana di Fano, sez. I 76, pp. 113-119, vedi doc. 198 in Appendice.

    5 Sul Ferratini, vescovo di Amelia, cfr. G. Moroni, Dizionario di erudizione ecclesiastica da S. Pietro ai nostri giorni, 103 voll., Venezia 1840-1861, vol. 24, p. 189.

    6 ASR 30 Notai Capitolini, Ufficio 3, vol. 14, f 859, doc. 5 in Appendice. 7 Ibidem.

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    possino affrancare detto sito in parte alcuna ne sui miglioramenti da farsi del pagamento di detto annuo canone8.

    I lavori furono compiuti nei termini pattuiti dal momento che un successivo documento riporta: Il signor Gio Batta Cavagna possiede una casa che fa faccia nella via ferratina che partendo dal palazzo del Ferratino va alla via Del Corso e va a S. Lo-renzo in Lucina confina da un lato con la casa che possiedono M. Francesco e M. Stephano figli del [] Bartolomeo Socci e dallaltro lato confina con le case che possiedono li heredi del q. Defendino del moro tornitore e dalla parte di dietro fa faccia nella Strada che si dice della Clausura del Monastero qual casa lui lha fatta fabbricare sopra canne n. 59 e due terzi di sito havuto in locatione del Monasterio a baiocchi 25 la canna come ne appare per contratto rogato, il q. Antonio Palombo sotto il di 18 settembre 1577 sib e fol. N 25 paga di canone ogni anno al primo di Gennaio e primo di Luglio 8.859.

    La casa romana, il 3 gennaio del 1611, quando Cavagna risie-deva ormai gi stabilmente a Loreto, sar acquistata dallartista lorenese Nicolas Cordier10 con il quale il Cavagna era in contatto prima nellambito dellAccademia di San Luca e pi tardi, come vedremo, della Compagnia di San Giuseppe di Terrasanta11.

    8 Ibidem.9 ASR, Corporazioni Religiose femminili, Clarisse, San Silvestro in Capite, f 253; vedi

    doc. 2 in Appendice.10 Sullartista lorenese si veda in particolare S. Pressouyre, Nicolas Cordier, cit. 11 Il Cordier continu i lavori sullisolato di propriet di San Silvestro in Capite aggiungendo

    un secondo immobile che non ebbe modo di veder compiuto in quanto mor il 24 novembre del 1612. La seconda fabbrica fu poi completata da suo figlio, Giovan Pietro Cordier il quale, nel 1633, fu costretto a venderla per aver contratto debiti. Per il testamento del Cordier si veda il documento in S. Pressouyre, op. cit., pp. 317-319; per le opere compiute da Giovan Pietro Cordier si confrontino le pp. 345-349; a p. 346 si legge che nel 1633 la casa risultava nella

    Certamente in questi anni egli fu in relazione anche con un altro artista lorenese, un tal Jrme Coloms, un pittore poco noto attivo in Italia agli inizi del Seicento che tuttavia non sfugg al Dictionnaire dellHeineken che lo registra quale peintre, daprs lequel B. Thiboust a grav le portrait de J. B. Cavagna12. Lesi-stenza del ritratto del Cavagna, riportata anche da altre fonti13 e dal quale lincisore Benoit Thiboust intorno al 169014 trasse unincisione confermerebbe la notoriet nellambiente romano del nostro architetto, che le fonti descrivono adulto fin dal 1545, anno in cui sarebbe citato in un atto giudiziario15. da Roma quindi che bisogna muovere per ricostruire un percorso pro-fessionale non sempre lineare e, almeno prima dellarrivo a Na-poli, eminentemente limitato a quello di pittore. Come pittore romano citato per la prima volta il 17 agosto del 1569 in una querela insieme a un non precisabile Nardo pittore16.

    Strada Ferratina Rione Campo di Marzio () posta sotto la propriet delle dette Reverende Monache di S. Silvestro la qual casa contiene lentrata, o andito con doi botteghe di sotto rispondenti in detta strada Ferratina con le loro cantine di sotto, il cortile et una stanza al paro del cortile con doi cantine di sotto, con quattro stanze al primo piano quattro stanze al secondo piano, et altre tre al terzo piano con sua loggia sopra.

    12 K.-H. von Heineken, Dicitionnaire des artistes dont nous avons des estampes avec une notice dtaille des leurs ouvrages gravs, Leipzig 1778-1790, 4 voll., vol. I, p. 266; altre fonti lo segnalano attivo anche a Bologna dove ebbe come allievo Jacques Courtois.

    13 R. Roli, Unopera firmata di Jrme Coloms, in Arte antica e moderna, 21, 1963, pp. 47-49.

    14 Sul Thiboust, nato a Chartres nel 1660, ma attivo a Roma negli ultimi decenni del Seicento, si veda H. Rees, The Cyclopedia; or universal dictionary of Arts, Sciences, and Literature, London 1819, 39 voll., vol. 16, p. 87.

    15 Il Tiberia non cita la fonte relativa allatto giudiziario del 1545; cfr. V. Tiberia, La Com-pagnia di S. Giuseppe di Terrasanta nei pontificati di Clemente VIII, Leone XI e Paolo V (1595-1621), Martina Franca (TA) 2002, p. 110, n. 26.

    16 A. Bertolotti, Artisti urbinati a Roma prima del secolo XVIII, Urbino 1881, p. 24.

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 25

    Lambiente nel quale si forma il giovane Cavagna non pi ormai la Roma dei fasti di Giulio II, ma quello della Chiesa scossa dalla Riforma nel pi ampio orizzonte del tramonto dellegemo-nia economica e culturale delle signorie italiane, i cui territori venivano invasi dalle truppe francesi e spagnole. Il sacco del 1527 tragica conferma della fine degli anni doro del Rinasci-mento, di quella Roma luogo di delizie dellantico, di una citt ricca di biblioteche e di gloriose vestigia, la cui retorica era stata ininterrottamente alimentata, fin dal medioevo, dai versi Roma quanta fuit ipsa ruina docet di Hidelbert de Lavardin.17 La citt in rovina, i palazzi, le chiese e i conventi saccheggiati, e per diversi anni la luce dellarte e dellumanesimo sembrer ormai spenta.

    17 A. Chastel, Il sacco di Roma. 1527, Torino 1983.

    E lo sfondo della catastrofe, della dispersione degli artisti e dello smarrimento dei pi colti umanisti, aliment quelle aspre critiche contro la Chiesa accusata di aver alimentato il mito pagano del-la Citt Eterna. Sentimenti e risentimenti, espressi ancor prima del Sacco delle truppe imperiali, che vedono una sintomatica continuit fra le invettive di Martin Lutero, a Roma nel 1511, ancor prima della definitiva ribellione del 1517, e le posizioni antiumaniste di Adriano VI (1522-1523), sprezzante verso la pomposit dei cardinali che avevano commissionato i capolavori artistici nella Roma del primo decennio del Cinquecento. Lo ri-corda Giorgio Vasari nella vita di Antonio da Sangallo il Giovane quando, tratteggiando la realt romana degli anni di Leone X, scrive: Intanto morendo, e con esso lui tutte le belle e buone arti tornate in vita da esso e da Giulio II suo antecessore, succedette Adriano VI nel pontificato, dal quale furono talmente tutte larti e tutte le virt battute, che se il governo della sede apostolica fusse lungamente durato nelle sue mani, interveniva a Roma nel suo pontificato quello che intervenne altra volta, quando tutte le statue avanzate alle rovine de Goti (cos le buone come le ree), furono condannate al fuoco.18. Condanna della magnificenza dei programmi del primo Cinquecento condivisa persino da un colto umanista come Erasmo da Rotterdam, a Roma fra il 1506 e il 1509, che proprio nel 1527, nellanno del Sacco, scagliava nel Dialogus Ciceronianus, pubblicato nel marzo del 1528, uno degli attacchi pi diretti contro lumanesimo romano19. La critica di

    18 G. Vasari, Le vite dei pi celebri pittori, scultori e architetti, 2 voll., La Spezia 1988, vol. II, p. 107.

    19 Per il clima intellettuale della Roma di questi anni cfr., in particolare, A. Chastel, op. cit.; per le idee di Erasmo si vedano in particolare ivi le pp. 112-123; vedi anche S. Benedetti, Architettura e Riforma Cattolica nella Roma del 500, Roma 1974.

    Fig. 1: Anonimo, Veduta del Palatino e del Septizonio, disegno

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    Erasmo appare particolarmente illuminante sulla cultura a Roma negli anni immediatamente successivi al sacco, in quanto espressa da un umanista non solo contrario alla rilassatezza dei costumi e alla scarsa spiritualit della Chiesa, ma apertamente avverso a quel culto dellantico, a quel fervore antiquario riconosciuto come causa della paganizzazione della cultura e della vita ro-mana negli anni di Leone X e di Raffaello.

    La Chiesa romana, umiliata dalla Riforma che ne criticava gli eccessi mondani perpetrati in nome dellarte e dellumanesimo, soltanto nei primi anni trenta inizier a riconquistare quel presti-gio in Europa che sembrava irrimediabilmente compromesso. Il nuovo clima espresso innanzitutto da una rinnovata sensibilit religiosa destinata a riscrivere i rapporti fra arte e societ nello specchio di una rigida disciplina morale. Siamo negli anni in cui i pontefici, a partire da Paolo III Farnese, eletto nel 1534, e continuando con Giulio III (1550-1555), Pio IV (1559-1565), Pio V (1566-1572) e Gregorio XIII (1572-1585), riaffermano il prestigio e la centralit europea di Roma e della sua Chiesa, chiudendo lepoca tollerante del Rinascimento e inaugurando un clima di rigore e controllo sancito dalla Controriforma, che porter allistituzione dellInquisizione (1542), alla censura della stampa (1543) e allinizio del Concilio di Trento (1545).

    In questa dimensione, forte il concorso delle strategie cultu-rali attente a reagire alle accuse della riforma luterana che aveva riconosciuto uninaccettabile continuit fra lassismo teologico, corruzione dei costumi e culto dellantico. Per la chiesa della Riforma cattolica persino il legame fra produzione artistica e ricerche sullantico appare da riscrivere. Se lantico pu essere instrumentum regni, si trattava di ripensare alla saldatura sul mondo antico e pagano degli imperituri monumenti romani costruita dalla Chiesa quattrocentesca. Ma presto il nuovo clima andr

    ben oltre un semplice ripensamento: lultima convocazione del Concilio di Trento, nel dicembre del 1563, coincideva con un percorso di riforma pressoch ventennale nel cui specchio pren-de forma lurgenza di una pratica artistica lontana dagli artifici e dalla sontuosit formale, e quindi espressione di una chiarezza lessicale e di unimmediata comprensibilit del messaggio. Verso questi nuovi valori muoveranno i pi importanti movimenti nati in et tridentina come lOratorio di San Filippo Neri e la Com-pagnia di Ges di SantIgnazio da Loyola (1540), tutti attenti a promuovere, in campo artistico, una drastica semplificazione delle ricerche sulle complesse spazialit centriche dei primi de-cenni del Cinquecento, da Bramante a Raffaello e a Palladio. Insomma una linea che denuncia una precisa rottura col mon-do anticheggiante, intriso di mitologie precristiane20 come la definisce lucidamente Sandro Benedetti e che caratterizza la produzione architettonica a Roma fra gli anni trenta e quaranta del Cinquecento. Opere concepite in quel rinnovato clima di rigore e semplificazione registrato negli scritti del Borromeo, insofferente delluso generalizzato degli ordini architettonici an-tichi, ma anche nel Trattato di Architettura del cardinale Alvise Cornaro (1516-1584), pronto a rinunciare, in nome della essen-zialit, anche ai fondamenti del classicismo21: riferendosi agli or-dini, egli infatti scrive non tratter di tal forme perch hora ne son fatti libri nuovi [] perch non ho per cosa necessaria, che una fabbrica non possa essere bella, se ben non ha in se alcune

    20 S. Benedetti, Lavvio pauperista alla prima stagione dellarchitettura gesuitica, in G. Sale, Pauperismo architettonico e architettura Gesuitica, Roma 2001, p. 13.

    21 Sul trattato del Cornaro cfr. P. Carpeggiani, Alvise Cornaro. Gli scritti di architettura, s. l. 1980; L. Puppi (a cura di), Alvise Cornaro e il suo tempo, (catalogo mostra), Padova 1980; S. Benedetti, Fuori dal classicismo, Roma 1984, p. 20.

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 27

    di tal opere, essendo le Chiese di Santo Antonio di Padova, et altri edifici bellissimi, et pure non hanno adornamento alcuno, n ordine Dorico, n Jonico, n Corinthio 22.

    Questo clima di rigore, fra moralizzazione e rinuncia alla re-torica dellantico, certamente influ sulla formazione del Cavagna. In quegli anni la scena dellarchitettura romana era dominata dalle figure di Baldassarre Peruzzi e di Antonio da Sangallo il Giovane. Questultimo, dopo la morte del Peruzzi nel 1536, era diventato lincontrastato protagonista delle nuove opere nella citt papale dove era restato, a differenza dei suoi contempora-nei, negli anni immediatamente successivi al sacco, qualifican-dosi come lultimo allievo di Bramante ancora vivente e primo architetto papale scelto per continuare il progetto di San Pietro dal 1520, in seguito alla morte di Raffaello23. Larchitettura del Sangallo orient la formazione di quella generazione di architetti che, come il nostro Cavagna, in quegli anni muoveva i primi passi nella pratica dellarte mostrando una velata ostilit per le deviazioni stilistiche di Michelangelo che, se si esclude Giacomo del Duca, non troveranno rilevanti riscontri nella seconda met del Cinquecento24.

    22 La citazione da S. Benedetti, Fuori dal classicismo, cit., p. 20. 23 Su Antonio da Sangallo il Giovane e sulla sua influenza sullarchitettura romana del

    Cinquecento si vedano almeno G. Giovannoni, Antonio da Sangallo il Giovane, Roma 1959, 2 voll.; S. Benedetti, Fuori dal classicismo, cit., pp. 31-66; G. Spagnesi (a cura di), Antonio da Sangallo il Giovane: la vita e le opere, Atti del XXI congresso di storia dellarchitettura, Roma 1986; W. Lotz, Architettura in Italia. 1500-1600, Milano 1997, pp. 52-60; sulla Roma degli anni del Sacco si veda soprattutto A. Chastel, op. cit.

    24 Sullarchitettura a Roma in questi anni si confrontino S. Benedetti, Giacomo Del Duca e larchitettura del Cinquecento, Roma 1972; R. Wittkower, op. cit., pp. 5-29; P. Portoghesi, Roma Barocca, Roma 1973; L. Spezzaferro, La Roma di Sisto V, in F. Zeri (a cura di), Storia dellarte italiana, III, V, Momenti di architettura, Torino 1983, pp. 365-405; S. Benedetti, Fuori dal clas-sicismo, cit.; M. L. Madonna (a cura di) La Roma di Sisto V, catalogo mostra, Roma 1985; Fig. 2: Jacopo Tintoretto, Ritratto di Alvise Cornaro

  • 28 Salvatore Di Liello

    Architetti come Pirro Ligorio (1510-1583), Giacomo Della Porta (1533-1602), Ottavio Mascherino (1524-1606), Flaminio Ponzio (1560-1613), pur dichiarando la propria ammirazio-ne per il genio della fabbrica di San Pietro, seppur quasi mai apertamente, riconoscono nelle invenzioni michelangiolesche un allontanamento dal canone del classicismo e dallequilibrio bramantesco del primo Cinquecento, sacrificato nelle pulsioni plastiche, inquieta espressione di laceranti dubbi25. Vuole colui che fa pi disordini in Architettura o in pittura essere adorato26 sostiene il Ligorio nei suoi manoscritti riferendosi, senza mai nominarlo, a Michelangelo et come se ne sguazza nella sua ritrovata di rompimenti di morselletti et havendosi posto nel cervello, desser Architetto ha rovinato quanti ordini et propor-tioni si trovano nelle eccellenti opere antiche, et rompono la testa a Vitruvio27.

    Quella ricerca di esattezza formale e di rigore spinge gli archi-tetti verso un recupero del classicismo nel quale prende forma, in maniera pi o meno velata, un allontanamento da Michelangelo e dalle sue deroghe al vitruvianesimo. Tale aspirazione allequi-librio e alla misura lega fra loro i contributi di autori decisi a ri-parlare di classicismo come fa il napoletano Pirro Ligorio (1513-

    M. P. Sette (a cura di) Larte a Roma al tempo di Sisto V. Architetture per la citt, Roma 1992; si veda in particolare il saggio di S. Benedetti, Larchitettura nel tempo della transizione. Note su Domenico Fontana a pp. 7-11; cfr. A. Bruschi, Introduzione a Vignola. Ornamenti antichi/architetture moderne, in R. J. Tuttle, B. Adorni, C. L. Frommel, C. Thoenes (a cura di), Jacopo Barozzi da Vignola, Milano 2002, pp. 9- 23; A Bruschi, Roma. Dal Sacco al tempo di Paolo III (1527-1550), in A. Bruschi (a cura di), Storia dellarchitettura italiana. Il Primo Cinquecento, Milano 2002, pp. 160-207.

    25 Vedi, fra gli altri, P. Portoghesi, op. cit., pp. 79-90.26 Ivi, p. 80.27 Ibidem. Fig. 3: Antonio da Sangallo il Giovane, Palazzo Baldassini, Roma

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 29

    1583), a Roma dal 1534, quando nei suoi celebri manoscritti vede nellordine classico una rassicurante certezza e critica i dubbi anticlassici del manierismo28. La posizione viene confermata dal Baglione che proprio nella biografia dellarchitetto napoletano riporta, a proposito dei lavori di questi al Vaticano, Ma dopicch mor Michelangelo, ed in suo luogo fu posto Jacopo Barozzi da Vignola, Pirro anchegli seguitava, ma con ordine di osservare inviolabilmente il disegno fatto dal Buonarroti; il ch fu altres da Pio V ne suoi tempi comandato. Ma il Ligorio prosuntuo-samente volendo alterare quellordine fu dal Pontefice con poca

    28 Ivi, p. 79 sg.

    sua riputazione, a gran ragione, da quella carica rimosso29. La posizione, per fermarsi al Ligorio, trova traduzione in architet-tura nelluso dellordine classico adottato a villa dEste a Tivoli o nella casina di Pio IV al Vaticano (1558) dove, a meno della quantit di rilievi e decorazioni, il prototipo risulta ancora rin-tracciabile nel classicismo del primo decennio del Cinquecento della Farnesina del Peruzzi.

    Da Sangallo il Giovane ai suoi numerosi seguaci, come con-ferma Vasari quando indica quella setta sangallesca, si sostan-zia la ricerca di un canone ispirato a un pi severo classicismo, incline alla semplificazione della monumentalit e della magni-ficenza archeologica di Bramante e Raffaello. quel che per-segue Sangallo nella sua architettura fin dalle prime opere come, per citare un edificio destinato a sedimentarsi nellarchitettura napoletana del Cavagna, nel palazzo costruito a Roma, fra il 1516 e il 1519, per Melchiorre Baldassini. Qui lautore realizza, com stato pi volte rilevato,30 uno scatto a ritroso dove pi che ai celebrati modelli di palazzo Caprini (1501-1510) o a quelli di Raffaello a lui contemporanei dei palazzi Branconio-dellAquila e Vidoni-Caffarelli, egli guarda ai modelli del primo Quattrocento fiorentino precedenti alla tradizione anticheggiante inaugurata da palazzo Rucellai.31 Nel palazzo Baldassini, a una pianta compatta svuotata al centro da un cortile quadrato, corrisponde una fac-ciata semplicemente segnata da fasce marcapiano. Queste scan-discono la superficie dove lautore rinuncia sia al bugnato rustico

    29 G. Baglione, op. cit., p. 10. 30 S. Benedetti, Fuori dal classicismo, cit., pp. 42-46; sul palazzo Baldassini si veda anche

    W. Lotz, op. cit., pp. 35-37. 31 Sullargomento cfr. W. Lotz, op. cit., p. 35 sg.; S. Benedetti, Fuori dal classicismo., cit.,

    pp. 42-44; per questi anni, pi in generale, si veda anche F. P. Fiore, Roma, le diverse maniere, in A. Bruschi (a cura di), Storia dellarchitettura italiana, cit., pp. 132-159.

    Fig. 4: Antonio da Sangallo il Giovane, Chiesa di Santa Maria di Loreto, Roma

  • 30 Salvatore Di Liello

    nel piano terra, delimitato da una cornice ornamentale su cui poggiano anche le finestre del primo livello, che allinserimento dellordine nel piano nobile limitato soltanto alle semicolonne doriche del portale.

    nellascendenza verso il Quattrocento fiorentino di palazzo Baldassini e, pi in generale, nella riduzione degli accenti pla-stici e monumentali, che si compie la formazione giovanile del Cavagna negli anni in cui larte rientrava sotto il controllo della Chiesa controriformata. La dialettica fra regola e libera ispira-zione alimentava una rinnovata produzione teorica che trovava nelle attivit delle accademie un momento fondante. Del resto le accademie della seconda met del Cinquecento erano istituzioni rigidamente organizzate, rivolte s alla formazione soprattutto teorica degli artisti, ma ben presto chiamate anche a svolgere un

    Fig. 6: Raffaello, Palazzo Vidoni-Caffarelli, RomaFig. 5: Bramante, Il Palazzo Caprini a Roma, in unincisione di Antoine Lofrry

    Fig. 7: Raffaello, Il Palazzo Branconio dellAquila, a Roma, in unin-cisione del sec. XVII

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 31

    ruolo di enti consultivi per questioni artistiche di ogni genere. A partire dal 1578, Giovan Battista Cavagna citato come pittore negli Introiti dellAccademia romana di San Luca, la celebre isti-tuzione controllata dallautorit papale32. Un contatto tuttaltro che sporadico se nel 1581 continua a essere citato nei documenti come novo consule33 prima insieme al pittore gaetano Scipione

    32 M. Battista Cavagni pittore deve dare del suo introito scudi due di moneta, Archivio dellAccademia di San Luca (AASL), Introiti, vol. 2, f 75 v., cfr. doc. 6 in Appendice; M. Battista Cavagna a datto a Scipioni pulzone consolo per il suo introito scudi dui di moneta questo d 28 maggio 1578, dico 2., ivi, f76 r.; cfr. doc. 7 in Appendice.

    33 Ivi, vol. 41 f 18 r., doc. 8 in Appendice.

    Pulzone34 e poi al pittore Federico Zuccari35, legame, questulti-mo, che avvicinerebbe le idee del Cavagna alle posizioni ufficiali della cultura accademica.

    Ecco che proprio nello specchio dellAccademia di San Luca prende forma il profilo culturale di un Cavagna vicino alla cultura accademica che vedeva fra i pi autorevoli interpreti in quegli anni proprio Federico Zuccari che elever nel 1593 il sodalizio di San Luca al rango di scuola darte, destinata a costituire un modello per tutte le istituzioni successive36. Contemporaneo del nostro autore e convinto antinaturalista, Federico Zuccari, vicino allambiente pontificio e in contatto diretto con Gregorio XIII, dedic grande attenzione alle questioni teoriche, prima fra tutte a quella dellidea platonica di disegno interno, ossia di unarte quale ipostasi, manifestazione divina: unidea aprioristica svinco-lata dalla natura, come ebbe modo di sviluppare nel suo trattato Lidea de pittori scultori e architetti, del 1607. E non meno fruttuosi furono i contatti del Cavagna con il pittore Scipione Pulzone (1550-1598), console dellaccademia di San Luca nel 1573, fra il 1577 e il 1579, e ancora nel 1581 e 1582, celebratissimo ritrattista di cardinali37, nonch interprete di una pittura sacra connotata

    34 Adi 25 marzo 1581. Fu lultima dominica del misi e si fece la congregatione oridinaria nel solito luoco alla sapienza con intervento di 28 persone e mi furno rassignati gli introiti di dinari sotto S.ri Consuli M. Scipioni gaetano e M. Gio.batta Cavagna, ivi, f 19 r.,; docc. 8 e 9 in Appendice.

    35 5 agosto 1581. A di detto doppo la missa fu la nostra solita congregatione [] e fu dicchiarato consule M. Giobatt.a Cavagna ad conditio di haver compagno Federico Zuccaro consuli delli anni passati da confirmarsi la prima dominica di ottobre alla presentia di esso M. Federico Zucaro., ivi, f 88 v., doc. 10 in Appendice.

    36 Sullo Zuccari cfr. A. Bertolotti, Federico Zuccari, in Giornale di erudizione artistica, V, fasc. V-VI, 1876, pp. 129-152.

    37 Gi il Baglione lo descrive come grande ritrattista; cfr. G. Baglione, op. cit., pp. 50-51.

    Fig. 8: Documento contabile dellArchivio dellAccademia di San Luca, Roma, (Introiti, vol. 2, f 92)

  • 32 Salvatore Di Liello

    da una matrice accademica e da una chiarezza espressiva la cui influenza sulla pittura del Cavagna appare evidente nel dipinto Presentazione di Ges al Tempio del 1591, firmato dal nostro autore e inserito nel retablo dellaltare maggiore della chiesa di Santa Maria de la Vid a Burgos38.

    Nel 1583, dopo essere stato console dellAccademia di San Luca nei due anni precedenti, Cavagna chiedeva di aderire alla Compagnia di San Giuseppe di Terrasanta, la potente Congrega-zione, pi tardi nota con il titolo Virtuosi del Pantheon, sorta nel 1542 per iniziativa del canonico Desiderio dAudiutorio e riconosciuta dal papa Paolo III, il 5 ottobre dello stesso anno. La celebre istituzione, che godeva della protezione del pontefice e aveva sede al Pantheon39, raccoglieva i pi importanti architetti, pittori e scultori presenti a Roma nella met del Cinquecento, fra cui, per citare alcuni degli autori in contatto con il nostro architet-to, ancora Federico Zuccari e quel lorenese Nicolas Cordier che, ammesso ufficialmente nella Compagnia il 16 maggio 160440, avrebbe acquistato, come abbiamo visto, nel 1611 la casa roma-na del Cavagna a Campo Marzio. Operando sotto legida delle pi alte sfere religiose, la Compagnia del Pantheon procurava ai

    38 A. Venditti, voce G. B. Cavagna in Dizionario, cit., p. 561. Il dipinto parte del retablo realizzato insieme a Fabrizio Santafede, Girolamo Imparato e Wenzel Cobergher. Sulla de-rivazione pulzoniana del dipinto si veda P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli. 1573-1601, lultima maniera, Napoli 1991, p. 251; riguardo allattivit di pittore del Cavagna cfr. anche il regesto a p. 323.

    39 Sullinfluenza della Congregazione sullarte a Roma cfr. A Bruschi, Introduzione a Vi-gnola, cit., p. 11; Alla congregazione era stata assegnata la cappella di San Giuseppe di Terrasanta, cos intitolata perch il fondatore vi aveva collocato una cassetta contenente terra da lui raccolta in Palestina.

    40 Cfr. V. Tiberia, La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta nel XVI secolo, Galatina (LE) 2000, p. 143.

    propri soci contatti e favori ma soprattutto incarichi professionali di rilievo. Lammissione ufficiale del Cavagna alla congregazione del Pantheon risale all8 gennaio del 158441 e da allora i verbali della Compagnia documentano che il Nostro continu a essere

    41 La proposta dellammissione del Cavagna alla Compagnia di San Giuseppe di Terrasanta risaliva al 13 dicembre del 1583; cfr. V. Tiberia, La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta nei pontificati, cit., p. 111.

    Fig. 9: Giovan Battista Cavagna, Presentazione di Ges al Tempio, chiesa di Santa Maria de la Vid, Burgos

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 33

    in contatto con la Confraternita anche quando, nel decennio successivo, risiedeva ormai pi stabilmente a Napoli.

    Il 13 dicembre del 1597, infatti, i rapporti fra il Cavagna e il sodalizio del Pantheon erano ancora tali da suggerire al reg-gente Giovan Maria Nanino di inviare una richiesta a Giovanni Antonio Dosio e a Giovan Battista Cavagna, entrambi in quei tempi abitanti a Napoli, pregandoli di ricordare a Ippolito Valle, anchegli nella citt partenopea, di voler satisfare alla Compagnia quanto deve, e che non voglia esser ingrato al benefitio ricevuto dalla Compagnia42. E del resto anche quando il nostro autore viveva ormai a Loreto continuava a essere fra i pochi architetti membri della confraternita: ancora nel 1610 infatti insieme a

    42 Ivi, p. 110.

    Gaspare Guerra e a Flaminio Ponzio, che entrava nel Sodalizio il 22 aprile di quellanno, fra i pi noti architetti della Compa-gnia. Anche poche settimane dopo, quando nelladunanza dell11 agosto 1613 il segretario della Congregazione Giovanni Guerra dava notizia dellavvenuta morte del Cavagna, lo ricordava come architetto della Santissima Casa43 di Loreto e per lui il Reggente ordinava di celebrare una messa di suffragio.

    Il rientrare negli ambienti delle influenti accademie procur al Cavagna non pochi incarichi, per quanto esclusivamente legati, prima di spostarsi da Roma, alla sua attivit di pittore: fra il 1581 e il 1582 lo troviamo infatti impegnato nelle decorazioni della villa Montalto allEsquilino, realizzata dal 1576 su richiesta di Felice Peretti, il futuro Sisto V nominato cardinale nel 1570, su disegni di Domenico Fontana che progett un articolato com-plesso di edifici, fontane, viali alberati e giardini con statue, pi tardi descritti nei resoconti dei viaggiatori fra Sei e Settecento44. I documenti segnalano che, nei lavori di villa Montalto, il Cava-gna collaborava con il pittore pesarese Giovanni Paolo Severi45

    43 Ivi, p. 199.44 Sulla villa cfr. G. Matthiae, La villa Montalto alle Terme, in Capitolium, XIV, 1939, pp.

    139-147; C. DOnofrio, Una grande scomparsa: Villa Massimo in Roma, in Capitolium, XLV, 1970, 2-3, pp. 59-63; M. Caperna, La fontana del prigione in M. P. Sette (a cura di) Larte a Roma al tempo di Sisto V, cit., pp. 159-173.

    45 Il Bertolotti nelle note su Federico Zuccari riporta alcune notizie su Giovanni Paolo Severi, nominato nel processo come lavorante nella vigna del cardinale di Montalto () che aveva per compagno certo G. B. Cavagna, luno e laltro poco conosciuti. Lautore non precisa alcunch sul Cavagna per il quale anche in dubbio se non dovesse trattarsi del pittore bergamasco Giovanni Paolo Cavagna (1556-1627) o del figlio di questi, detto il Cavagnolo; cfr. A. Bertolotti, Federico Zuccari, in Giornale di erudizione artistica, V, fasc. V-VI, 1876, pp. 129-152, la citazione a p. 131 sg.; nei successivi scritti lautore riporta altre incerte notizie sul Cavagna; a riguardo si vedano A. Bertolotti, Artisti urbinati a Roma prima del secolo XVIII, Urbino 1881, p. 24 sg.; Id., Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI, XVII,

    Fig. 10: Pianta del complesso di Villa Montalto, Roma (da Falda, Il secondo libro del novo teatro delle fabriche, 1667 ca.)

  • 34 Salvatore Di Liello

    insieme al quale pochi anni dopo, il 7 giugno 1585, presentava conti alla Camera Apostolica per larmi fatti alli stendardi grandi et piccioli et per le trombe della Guardia di N. S. et Bandiera di Castillo46.

    Forse proprio nellambito del lungo cantiere di villa Peretti matur il prestigioso incarico del ritratto di Sisto V, un dipinto firmato dal Cavagna, probabilmente nel 158547. Felice Peretti ripreso da sinistra, secondo quella posa ritrattistica che aveva

    2 voll., Milano 1881, vol. I, a p. 125, lautore scrive lo Zani registra tre pittori bergamaschi cognominati Cavagna; non so se si debba aggiungere un G. B. Cavagna che nel 1585 insieme con Gio. Paolo Severi facevano pitture al Vaticano.

    46 ASR, Camerale I, Giustificazioni di Tesorerie b. 15, 1584-89: Die 7 junij 1585 io Paulus pisarensis pictor nomine suo et Gio baptiste Cavagne exhibuit haec computa mi camera Apostolica [] Rev. Mi SS. Ri, a questo conto del Pittore per larmi fatti alli stendardi grandi et piccioli et per le trombe della Guardia di N. S. et Bandiera di Castillo. Le SS. VV si faranno mostrare gli ordini sufficienti di far tal Armi et le ricevuta delle consignationi. Circa il prezzo mitte le signorie vostre faranno vedere quanto si vende il [] et delli lavori [] , cfr. doc 3 in Appendice. Nelle pagine successive dello stesso documento si riportano ulteriori lavori: Conto dellopere fatte di pittura nelli stendardi et trombe della Guardia di sua Santit et bandiera di castello fatte da Gio. paolo da pesaro et Giovanni Battista Cavagna compagni pittori di Palazzo [] Prima per haver fatto 14 arme del papa in taffetta tondino quale sono state commesse nelli stendardi et trombe vecchie et furno fatte per la preseria, per non esserci tempo da far le nove per la festa di incoronazione di sua Santit maest [] e luna per essere il taffetta et spesa tutto [] . E poi deve per aver fatto detti Arme di Sua Santit con il nome suo messe doro. Et dargento nella bandiera di castello. E poi deve avere per sei pennoni di trombe grandi con le arme di sua Santit et fregi attorno doro et argento [] E poi deve per li altri sei pennoni piccoli delle trombe con larme di sua Santit et per fregi doro et dargento per ciascheduno.

    47 Il ritratto conservato nel Palazzo Camuccini di Cantalupo in Sabina; cfr. F. Petrucci, Pittura di ritratto a Roma. Il Seicento, 3 voll., Roma 2008, vol. I, p. 22, fig. 25. Per il ritratto, recentemente presentato in una mostra a Washington, si veda anche F. Petrucci, Papi in posa. 500 years of papal portraiture, catalogo della mostra, Roma 2005, scheda XVIII, p. 86, dove lautore segnala un ritratto speculare a quello del Cavagna, attribuibile alla sua bottega e conservato nei depositi dei Musei Vaticani, inv. 41207.

    Fig. 11: Giovan Battista Cavagna, ritratto di papa Sisto V, olio su tela, collezione Vincenzo Camuccini

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 35

    raggiunto il suo apice a Roma grazie soprattutto allopera di Scipione Pulzone, gi descritto dal Baglione come grande ritrat-tista48. Una chiara ascendenza, a cui tuttavia il Cavagna aggiunge la variante del braccio benedicente, sintomatica della frequenta-zione fra i due artisti maturata fin dagli anni precedenti quando entrambi condividevano la carica di console nellAccademia di San Luca prima dellinsorgere dei contrasti tra Federico Zuccari e il Pulzone che come racconta il Baglione per cagione di pittura, e non volle pi venire allAccademia di San Luca, dove anchesso aveva il suo pretesto di preminenza49. Realismo di chiara derivazione nordica, vis narrativa e cura dei dettagli di prevalente matrice pulzoniana caratterizzano il ritratto del papa Peretti conservato a Cantalupo in Sabina: diversamente da altri ritratti di Sisto V50, ritualmente ripreso con lo sfondo della cu-pola di San Pietro e dellobelisco nella piazza antistante, le due maggiori imprese del suo pontificato, nel ritratto del Cavagna non c alcun riferimento esterno che potrebbe distrarre locchio dalla figura: il papa diventa simbolo di se stesso e la posa ieratica, ripresa lievemente dallalto in modo da evitare la sovrapposizione della mano benedicente al viso, si staglia in uno spazio limitato, costruito attraverso i dettagli del tendaggio, della poltrona e del campanello con lo stemma Peretti sul tavolo, dove trova spazio il taccuino con la firma Per Gio. Batta Cavagna.

    Occorre ancora fermarsi nellambiente romano per ricostruire alcune tappe dell attivit del nostro autore durante gli anni ottanta.

    48 G. Baglione, op. cit., pp. 50-51.49 Ivi, p. 51.50 Si veda il ritratto attribuito ad Antonio Scalvati da Redig de Campos, ma recentemente

    restituito alla paternit del mantovano Pietro Facchetti; cfr. la scheda di A. Vannugli in M. E. Tittoni, F. Buranelli, F. Petrucci, (a cura di ), Papi in posa. Dal Rinascimento a Giovanni Paolo II, catalogo mostra, Roma 2004, p. 66 sg.

    Fig. 12: Antonio da Sangallo il Giovane, chiesa di S. Spirito in Sas-sia, Roma

  • 36 Salvatore Di Liello

    Questi si erano aperti con i dipinti nella villa Montalto e continua-rono con i lavori, ancora da pittore, nella cappella di San Nicola da Tolentino51 nella quattrocentesca chiesa di SantAgostino a Campo Marzio. Nel 1582 la cappella, documentata fin dal 1448, veniva concessa al conte di Sarno Vincenzo Tuttavilla che, discendente del fondatore della chiesa di SantAgostino, il cardinale Guglielmo

    51 Cfr. A. M. Pedrocchi, La cappella di San Nicola da Tolentino in SantAgostino a Roma: risvolti di unannosa diatriba, in Bollettino darte, 135-136, 2006, pp. 97-116.

    dEstoutville camerlengo di Sisto IV, programm la ristruttura-zione della cappella affidandone il progetto delle decorazioni al Cavagna, che le fonti indicherebbero come coordinatore dellin-tera realizzazione52. Egli citato infatti in un documento, datato 1 dicembre 1588, che conferma il suo impegno per la perficien-dam cappellam53 dove, nel giro di sei mesi, avrebbe concluso la decorazione della volta54. Per tali lavori il nostro autore, indicato come Romano pittor55, avrebbe percepito quattrocento scudi e si sarebbe avvalso della collaborazione di Sebastiano Guerra, citato nel documento quale pittore modenese. Si trattava dellar-tista presumibilmente imparentato con il pi noto pittore mode-nese Giovanni Guerra, anchegli coinvolto nelle decorazioni della villa Montalto allEsquilino, nonch membro Compagnia di San Giuseppe di Terrasanta56 e quindi certamente in contatto con il Cavagna. Per le decorazioni della cappella, come confermano le ricerche condotte durante il recente restauro,57 furono ingaggiati anche i pittori Vincenzo Conti e Andrea Lilio, chiamati ad operare malgrado le difficolt finanziarie del committente conte di Sarno, che causarono linterruzione dei lavori almeno fino al 1597.58

    52 Ivi, pp. 97-116.53 Per il documento si veda ivi, p. 115.54 Ibidem.55 Ibidem.56 Riguardo ai Guerra, il Baglione non riporta alcuna notizia di Sebastiano. Degli artisti di

    tale famiglia modenese il biografo cita Giovanni Guerra, pittore di Sisto V, Gaspare, archi-tetto, e Giovanni Battista pittore; G. Baglione, op. cit., p. 150. Giovanni Guerra l11 agosto del 1613, in qualit di Segretario della Compagnia di San Giuseppe di Terrasanta, in una congregazione del Sodalizio del Pantheon annunci ai confratelli la morte del Cavagna; cfr. V. Tiberia, La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta, cit., p. 199.

    57 Cfr. A. M. Pedrocchi, op. cit., pp. 99-101. 58 Nei lavori successivi il Cavagna non risulta presente; lopera, ancora sospesa nel 1609,

    sar poi ripresa per concludersi soltanto nel 1618; cfr. ivi, p. 110.

    Fig. 13: Vignola, Frontespizio del trattato Regola delli cinque ordini darchitettura, edizione del 1563

  • Giovan Battista Cavagna. Un architetto pittore fra classicismo e sintetismo tridentino 37

    Fig. 14: Vignola, Regola delli cinque ordini darchitettura, lordine co-rinzio, edizione del 1562, tav. XIX

    Fig. 15: Vignola, Regola delli cinque ordini darchitettura, lordine io-nico, edizione del 1562, tav. XVIII

  • 38 Salvatore Di Liello

    Durante gli anni ottanta, il Cavagna era in piena attivit nella citt pontificia dove, secondo le fonti, fra il 1586 e il 1601 condu-ceva, insieme a Domenico Foraboschi e poi a Giovanni Guerra, una bottega nei pressi della chiesa di San Nicola de Cesarini nel luogo corrispondente oggi a largo Torre Argentina, non distante da via Frattina dove abitava59. Altri documenti lo indicano impe-gnato, nel 1588, nel restauro dellaffresco della Madonna delle Scale nel palazzo dei Conservatori al Campidoglio60, e nel 1590 nei dipinti della sala della Cosmografia di Palazzo Altemps, ancora con Sebastiano Guerra61. Il Bertolotti ci avverte ancora che nel 1587 fu coinvolto in una querela per colpi e bastonate dalla quale non riport condanne62.

    Lungo lasse dei rapporti fra accademie, trattatistica tardo-cinquecentesca e ricerche verso una declinazione del classicismo attenuata nei suoi accenti di solennit e magnificenza, si com-pongono gli anni della prima produzione del Cavagna, pittore a Roma e architetto solo in seguito ai suoi primi contatti con Napoli. Accademie, trattati e grandi figure di maestri, ma non solo: a chiarire meglio lambiente dove matura la formazione del Cavagna sono anche quelle tendenze, non sempre coerenti fra loro, in atto a Roma in quegli anni. Occorrerebbe valutare quel tempo della transizione63 individuato da Sandro Benedetti quando, sullopera di Domenico Fontana per Sisto V, distingue le fasi di stabilit dei primi due decenni del Cinquecento da quelle pi incerte in cui si abbandonano le regole e ci si inoltra in

    59 V. Tiberia, La Compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta nei pontificati, cit., p. 110 sg. 60 Ivi, p. 111, n. 26; si tratta presumibilmente dellaffresco realizzato da Antonio da Viterbo

    sul finire del XV secolo. 61 Cfr. A. M. Pedrocchi, op. cit., p. 97.62 A. Bertolotti, Artisti urbinati, cit., p. 25.63 S. Benedetti, Larchitettura nel tempo della transizione, cit., pp. 7-11. Fig. 16: Giacomo Della Porta, Palazzo Maffei-Marescotti, Roma

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    territori inesplorati sperimentando ricerche maturate fuori dai recinti della stabilit divenuta consuetudine64.

    Ma se per Domenico Fontana ben evidente lappartenen-za a questa fase di transizione in cui le regole del classicismo bramantesco passano da codice a sfondo, come rileva ancora il Benedetti65, il nostro Cavagna si sottrae a unespressivit dichia-

    64 Ivi, p. 7.65 Ivi, p. 8.

    ratamente aperta alla sperimentazione. Anzi, ben noto quanto egli criticasse Fontana e le sue deroghe al classicismo. Egli decisamente pi vicino ad altri linguaggi come quelli del Vignola lo evidenziava il Serra fin dal 1921 e di Giacomo Della Porta. Ma anche ben oltre i riscontri e i rimandi lessicali egli appare impegnato nel recupero della chiarezza del disegno e del classi-cismo rinascim