O.Warren, Raccolta di piante delle principali città e fortezze del … · 2010. 3. 10. ·...

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suo asse capitale 2 e nella camera interna, esagonale, ospita due cannoniere; San Giusto (esposto a Sud- Est) presenta un fianco ritirato concavo ed uno rettilineo; Santa Margherita (rivolto a Sud-Ovest, verso la chiesa consacrata all’omonima santa, patrona di Cortona) è l’unico a non essere dotato di vani interni, benché alcuni frammenti di setti murari e ambienti voltati lascino presumere un differente assetto originario; Santa Maria Nuova (esposto a Nord-Ovest) si presenta come una sorta di mezzo baluardo, con un solo fianco ortogonale. Ai presidi difensivi si aggiunge il rivellino esterno, rivolto a Nord-Est e compreso tra i bastioni di Sant’Egidio e San Giusto. L’attuale stato di degrado, i crolli, gli smottamenti che hanno ostruito l’accesso ad alcuni ambienti, nonché la crescita di una fitta vegetazione impediscono il riconoscimento della conformazione originaria. Per meglio comprendere tale figura irregolarissima è quindi opportuno tentare di risalire alle principali fasi e modalità di sviluppo di questa opera “a più mani”. LA FORTEZZA ETRUSCA E MEDIOEVALE La città di Cortona, annoverata tra le sette “Lucumonie” etrusche, raggiunse nell’VIII secolo a.C. un ruolo di primaria importanza nel contesto territoriale della Valdichiana. 3 In mancanza di documenti anteriori al 1000 4 , la ricostruzione del processo di formazione urbana deve fondarsi sulla ricerca e lo studio dei considerevoli reperti archeologici 5 ; ma è soprattutto la struttura edilizia e viaria della città che si rivela eloquente testimonianza di un’urbanizzazione strettamente legata alla morfologia del territorio, caratterizzato da rilievi spesso aspri e scoscesi, nonché da una visibilità privilegiata su tutta la Valdichiana. La posizione nodale tra questa e la Valtiberina, lungo il percorso di crinale proveniente da monte Cuculo, faceva di Cortona il luogo ideale di scambio economico e La fortezza del Girifalco deve la sua peculiare conformazione a più progettisti, che nel corso dei secoli si sono confrontati con le asperità del sito e con la necessità di integrare nuove strutture difensive su corpi di fabbrica preesistenti. L’originario nucleo centrale, formato dal mastio e dal cortile, è l’elemento che, con i suoi quattro piani di altezza, visivamente più emerge rispetto al resto della fabbrica. Ciascun piano è scandito all’interno da quattro sale voltate a botte, dal secondo e terzo è possibile accedere al cortile, mentre dall’ultimo piano si raggiunge il camminamento che ripercorre in quota il perimetro del cortile. I quattro bastioni angolari, oggetto dell’ampliamento cinquecentesco, differenti per forma, dimensioni e collocazione rispetto alle mura urbane (due esterni e due interni), traggono il nome dalle emergenze architettoniche e geografiche verso cui si orientano: Sant’Egidio (esposto a Nord-Est verso l’omonimo monte, il più alto del territorio cortonese) è ascrivibile alla tipologia del bastione lanceolato “a orecchioni” 1 con i due fianchi ritirati concavi simmetrici rispetto al APPUNTI PER UNA STORIA DELLA FORTEZZA DEL GIRIFALCO Aura Gnerucci, Maria Teresa Idone, Dania Marzo Lo scritto riassume gli esiti del laboratorio di tesi interdisciplinare sul tema della fortezza del Girifalco, svolto presso la Facoltà di Architettura di Firenze e coordinato dai Proff. Giacomo Pirazzoli, Amedeo Belluzzi, Pietro Matracchi. Essa è d’una figura irregolarissima siccome ancora i di lei bastioni, perché si assoggettarono nel fabbricarla alle irregolarità del monte, ed hanno voluto da un altro canto profittare degl’antichi recinti. O.Warren, Raccolta di piante delle principali città e fortezze del Gran Ducato di Toscana, 1749

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  • suo asse capitale2 e nella camera interna, esagonale, ospita due cannoniere; San Giusto (esposto a Sud-Est) presenta un fianco ritirato concavo ed uno rettilineo; Santa Margherita (rivolto a Sud-Ovest, verso la chiesa consacrata all’omonima santa, patrona di Cortona) è l’unico a non essere dotato di vani interni, benché alcuni frammenti di setti murari e ambienti voltati lascino presumere un differente assetto originario; Santa Maria Nuova (esposto a Nord-Ovest) si presenta come una sorta di mezzo baluardo, con un solo fianco ortogonale. Ai presidi difensivi si aggiunge il rivellino esterno, rivolto a Nord-Est e compreso tra i bastioni di Sant’Egidio e San Giusto. L’attuale stato di degrado, i crolli, gli smottamenti che hanno ostruito l’accesso ad alcuni ambienti, nonché la crescita di una fitta vegetazione impediscono il riconoscimento della conformazione originaria. Per meglio comprendere tale figura irregolarissima è quindi opportuno tentare di risalire alle principali fasi e modalità di sviluppo di questa opera “a più mani”.

    La fortezza etrusca e medioevaLeLa città di Cortona, annoverata tra le sette “Lucumonie” etrusche, raggiunse nell’VIII secolo a.C. un ruolo di primaria importanza nel contesto territoriale della Valdichiana.3 In mancanza di documenti anteriori al 10004, la ricostruzione del processo di formazione urbana deve fondarsi sulla ricerca e lo studio dei considerevoli reperti archeologici5; ma è soprattutto la struttura edilizia e viaria della città che si rivela eloquente testimonianza di un’urbanizzazione strettamente legata alla morfologia del territorio, caratterizzato da rilievi spesso aspri e scoscesi, nonché da una visibilità privilegiata su tutta la Valdichiana. La posizione nodale tra questa e la Valtiberina, lungo il percorso di crinale proveniente da monte Cuculo, faceva di Cortona il luogo ideale di scambio economico e

    La fortezza del Girifalco deve la sua peculiare conformazione a più progettisti, che nel corso dei secoli si sono confrontati con le asperità del sito e con la necessità di integrare nuove strutture difensive su corpi di fabbrica preesistenti.L’originario nucleo centrale, formato dal mastio e dal cortile, è l’elemento che, con i suoi quattro piani di altezza, visivamente più emerge rispetto al resto della fabbrica. Ciascun piano è scandito all’interno da quattro sale voltate a botte, dal secondo e terzo è possibile accedere al cortile, mentre dall’ultimo piano si raggiunge il camminamento che ripercorre in quota il perimetro del cortile. I quattro bastioni angolari, oggetto dell’ampliamento cinquecentesco, differenti per forma, dimensioni e collocazione rispetto alle mura urbane (due esterni e due interni), traggono il nome dalle emergenze architettoniche e geografiche verso cui si orientano: Sant’Egidio (esposto a Nord-Est verso l’omonimo monte, il più alto del territorio cortonese) è ascrivibile alla tipologia del bastione lanceolato “a orecchioni”1 con i due fianchi ritirati concavi simmetrici rispetto al

    appunti per una storia deLLa fortezza deL GirifaLco Aura Gnerucci, Maria Teresa Idone, Dania MarzoLo scritto riassume gli esiti del laboratorio di tesi interdisciplinare sul tema della fortezza del Girifalco, svolto presso la Facoltà di Architettura di Firenze e coordinato dai Proff. Giacomo Pirazzoli, Amedeo Belluzzi, Pietro Matracchi.

    Essa è d’una figura irregolarissima siccome ancora i di lei bastioni, perché si assoggettarono nel fabbricarla alle irregolarità del monte, ed hanno voluto da

    un altro canto profittare degl’antichi recinti.

    O.Warren, Raccolta di piante delle principali città e fortezze del Gran Ducato di Toscana, 1749

  • culturale tra i due versanti. Asse mediano del tessuto viario urbano, tale percorso si conclude ancora oggi alla sommità del rilievo con l’estremo baluardo difensivo: la fortezza del Girifalco6, a quota 650 m.Tuttavia, la traccia più evidente dell’antica Corito etrusca rimane la cinta muraria, databile intorno al VI-V secolo a.C.7: il circuito medievale tuttora esistente ricalca, infatti, per quasi due terzi del suo perimetro, questa antica cerchia, i cui tratti sono immediatamente distinguibili per la maggior dimensione dei conci, murati senza calce a filari di altezza variabile. All’estremità orientale, il circuito etrusco si estendeva largamente oltre quello attuale, circondando interamente il poggio dove si trova la fortezza del Girifalco; benché non localizzabile con certezza, la presenza di un arce o propugnaculum sin dall’epoca pre-romana è molto probabile, dal momento che, negli insediamenti etruschi, questo rappresentava anche un luogo sacro legato al culto dei morti8. Perduta la propria autonomia e dedotta come colonia romana nel 310 a.C. 9, Cortona continuò ad essere abitata anche durante le invasioni barbariche, fino a riguadagnare il proprio autogoverno e a proclamarsi libero Comune. Come tale, a partire dal XIII secolo fu teatro di rivalità interne tra le fazioni di Guelfi e Ghibellini, nonché di una più profonda lotta di potere contro le città limitrofe, in particolare Arezzo. Nel 1258 i Guelfi cortonesi, probabilmente in minoranza, decisero di rivolgersi al Comune di Arezzo per avere la meglio sulla fazione avversaria: il progetto si trasformò in una tragica sconfitta per

    la città intera, che venne invasa e occupata dagli Aretini per tre anni. In tali circostanze, […] li Aretini […] nella cima del Poggio vi edificarono una bella e forte Rocca, fatta con gran spesa et la fornirono di buone munitioni, et di molta robba, et alla guardia di detta Rocca vi stava un Gran Presidio di Aretini.10Altri documenti coevi riferiscono della costruzione di una fortezza da parte degli Aretini, come presidio per il controllo su Cortona dopo l’invasione del 1258. […] Et destructio fit Cortone ab Arretinis et arx edificatur.11Oppure, una Cronica di anonimo (anni 1200-1336), riporta:1258 – Arretini Cortonium ceperunt de mense februari et eam destruxerunt et fecerunt arcem. Domino Astuldo de Florentia preside. 12Nessuno di questi documenti tuttavia chiarisce se prima della rocca costruita dagli aretini sussistesse o meno un presidio cortonese. A giudicare da alcuni “instrumenti”13 contenuti nelle Riformagioni di Firenze14, sembrerebbe di poter effettivamente affermare la presenza di una preesistente rocca di Gerfalco. In particolare, con il primo “instrumento” il vescovo Ubertini prometteva di donare al Comune aretino 2000 lire dei propri beni, come ricompensa per l’aiuto nella conquista della città. Per adempiere a tale impegno, il secondo “instrumento” testimonia della cessione al Comune di Arezzo, da parte dello stesso Vescovo, del poggio di Cortona, dove era la rocca di Gerfalco ed i suoi contorni, in modo che i conquistatori potessero costruirvi una propria fortezza. Il presidio innalzato dagli aretini non ebbe tuttavia

    lunga vita: nel 1261, […] avendo Uguccio riunito in pace li Cortonesi, il Lunedì a dì 25 d’Aprile che è il giorno di S. Marco Evangelista fattali giurare a tutti parte Ghibellina, gli ridusse in la Patria, et assediò la Rocca che avevano fatto li Aretini, la quale il Sabbato a dì 18 Giugno del detto anno che è il giorno di S. Marco et Marcellino martiri fu presa, et svaligiata, et tagliati a pezzi tutti li Aretini che vi erano, e riordinò in Cortona il governo.15Secondo un rogito contenuto nel Registro Vecchio di Cortona, nel 1266 si giunse ad un accordo tra le due città, vennero condonati i danni reciprocamente inflitti, compresa la distruzione, ad opera dei Cortonesi, della rocca, quam arcem fecerunt vel fieri fecerunt Aretini16.[…] Dunque la Rocca vi era prima della sorpresa [del 1258] onde gli Aretini non la fecero di pianta, ma se n’impossessarono; e i Cortonesi dopo averli cacciati, la rifeciono, e risarcirono per propria difesa17. Nel 1323, a seguito di una cospirazione da parte di alcune famiglie nobili per il controllo della città, Ranieri Casali, imponendo la propria autorità contro il regolamento cittadino, fu eletto console per due mandati consecutivi; con il passaggio di consegne al

    figlio Bartolomeo nel 1351, ebbe inizio la signoria dei Casali, che mantennero il potere fino all’inizio del secolo successivo.Per garantirsi protezione e per poter gestire una politica di conquista nei confronti dei territori limitrofi, Uguccio Casali stipulò una “raccomandigia” di dieci anni con Firenze (1387)18. Questo accordo, rinnovato dal suo successore Francesco, non fu tuttavia sufficiente ad impedire che Cortona diventasse oggetto delle mire espansionistiche del re di Napoli Ladislao il quale, dopo aver conquistato parte dei territori ecclesiastici, necessitava di una piazzaforte strategica per minacciare anche Firenze. Assediata e conquistata nel 1409, Cortona divenne presto un dominio difficile e troppo dispendioso da conservare: Ladislao stesso giunse ad un accordo con la Repubblica Fiorentina, a cui vendette la città per sessantamila fiorini nel gennaio del 1411.Un’idea di quale potesse essere l’aspetto della fortezza del Girifalco in questa fase storica si può trarre dall’affresco della scuola di Luca Signorelli, datato 1510-1515, proveniente dal Palazzo dei Priori e conservato al Museo dell’Accademia Etrusca di Cortona: tra i quattro Santi protettori di Cortona, San Marco regge tra le mani un dettagliato modello della città. La rocca vi appare priva dei bastioni, posteriori alla data del dipinto, mentre il cassero è rappresentato come un alto torrione merlato. Le mura urbane sembrano circondare la fortezza, ma non è possibile distinguere se vi sia un collegamento tra le due strutture: le torri di guardia, che continuano anche sullo sfondo del cassero stesso, potrebbero far pensare a due circuiti distinti e indipendenti.

    Scuola di Luca Signorelli, Madonna col Bambino e Santi Michele Arcangelo, Vincenzo, Margherita da Cortona e Marco, protettori della città di Cortona, dettaglio. Ca.1510-15, tempera su tavola, diam.146 cm, Cortona, Museo dell’Accademia Etrusca. Provenienza: Cortona, Palazzo dei Priori.

  • GLi interventi cinquecenteschiInterventi nella prima metà del ’500L’intervento mediceo sulla fortezza di Cortona, generalmente attribuito al comandante e ingegnere militare Gabrio Serbelloni19 ed al cortonese Francesco Laparelli20, si rivela all’analisi delle fonti come un cantiere complesso, sviluppato in più fasi e con il contributo di più architetti. Bisogna inoltre precisare che prima dei provvedimenti di Cosimo, alcune modifiche erano già intervenute a trasformare l’assetto della rocca.Il Registro Vecchio del Comune di Cortona riporta infatti un documento, datato 3 ottobre 1521, in cui i Capitani di Parte Guelfa di Firenze, informati dagli oratori Cortonesi che alle mura della città occorrevano molte riparazioni a cui il Comune non poteva provvedere autonomamente, deliberavano di concorrere alla spesa destinandovi la metà dei proventi delle condanne giudiziarie, e prescrivendo il modo di esigerle21.Secondo il Della Cella, tutte le torri e i merli delle mura urbane, fatta eccezione per quelli della fortezza, furono abbattuti nel 1527; nello stesso anno, le mura che girano attorno alla fortezza […] erano state rifatte e collegate colla cinta della città22.L’abbattimento delle torri ordinato dalla Repubblica Fiorentina era concomitante con una massiccia militarizzazione della città di Cortona; già da tempo afflitta da un’epidemia di peste, la città fu in breve tempo costretta ad ospitare un numero di fanti superiori alle proprie possibilità economiche23. Questo può spiegare in parte come i lavori di fortificazione in questa prima fase procedessero a rilento, con scarsità di mezzi e di manodopera24. Una lettera inviata nel 1528 dal commissario Iacopo Morelli alla Balia di Firenze25 menziona due torrioni parzialmente costruiti presso la rocca:Io sono stato nella roccha, e parmi che di necessità bisogna alzare due torrioni che sono comminciati, perché stando così, tengano in gran pericolo la fortezza, e molto peggio che se non vi fussino. Quando le S.V. havessino mandato Giovanfrancesco da S. Gallo, come ne scripsi a quelle, lo farei venire in sin qui, e farei fare un disegno nel modo s’havessi ad far dicti torrioni, perché non veggio ce ne sia né disegno, né modello, né ordine alchuno, et poi mi ingegnerei almeno di farli tirare tanto in alto che si mettessino in difesa. 26 La mancanza di un progetto definito, dichiarata nel documento stesso, potrebbe portare anche ad ipotizzare che si trattasse di fortificazioni provvisorie in terra e fascine di legno: tra i vantaggi del “costruire in terra”,

    sottolineati anche da Giovan Battista Belluzzi nel suo Trattato di fortificazioni27 vi era, oltre al minor costo rispetto a quelle in muratura e alla facilità di reperimento della materia prima, la possibilità di utilizzare mano d’opera non specializzata, almeno fino alla fase dell’“incamiciatura”, ossia il rivestimento protettivo superficiale in mattoni; inoltre, il cosiddetto “terraglio”28, se ben ordito e rivestito da uno strato di terra lisciata ed erba poteva durare fino a dieci anni, rispondendo quindi sufficientemente alle necessità difensive. Tuttavia, il termine torrioni utilizzato da Iacopo Morelli nel documento del 1528 farebbe pensare piuttosto a strutture in muratura, considerando inoltre che la particolare asperità del sito e il sottofondo roccioso avrebbero comunque richiesto l’intervento di maestranze specializzate e che quindi i vantaggi del terraglio non sarebbero stati determinanti.Nel 1529, i Cortonesi avanzarono alla Balia Fiorentina la richiesta di poter avere lo stesso Michelangelo Buonarroti29 a dirigere i lavori:Antonio Francesco delli AlbizziIn Arezzo alli 8 di Sett.bre 1529Io aspecto con desiderio Michelagnolo o al mancho Amadio30, acciò che qui si determini di fare qual cosa di buono con questa fortificazione.Il Commissario di Cortona ovvero Capitano con gran sollecitudine et diligentia fa fornire quel parapetto di muro di quella fortezza, et fa abbassare il Monte che sovrasta a quella, secondo il disegnio che fu dato avanti che arrivassi là.31È dunque possibile che tra il 1528 e il 1529 fosse stato

    redatto un primo progetto, il disegnio menzionato. Così come il commissario Iacopo Morelli parlava di un torrione, anche nello scritto di Antonio degli Albizi il riferimento a un parapetto di muro porterebbe ad escludere l’ipotesi di un terraglio in piote e fascine. Infine, si parla della volontà di abbassare il Monte sovrastante la fortezza: viene affrontato per la prima volta in questo documento il problema del rilievo retrostante la fortezza, dove attualmente si trova il rivellino. Lo stesso monte sarà oggetto di nuovi interventi da parte degli architetti di Cosimo I, per contrastare il rischio che questa sorta di piazzaforte, rialzata e distante rispetto al tiro radente delle artiglierie, potesse facilitare il nemico nell’assalto alla fortezza. Per quanto riguarda l’area antistante la rocca, rivolta verso la città, è probabile che già nel 1549 fossero stati avviati scavi, dal momento che l’antico cassero subì un parziale crollo dovuto ad un cedimento delle fondamenta, descritto da Tommaso Braccioli nei due schizzi conservati alla Biblioteca Comunale di Cortona. Prescindendo dalle inesattezze che disegni di questo tipo potrebbero contenere, si evidenziano elementi rilevanti, come la merlatura ghibellina sulle mura del cassero, la struttura interna a più piani voltati o, per quanto riguarda il cortile, le casematte dei soldati che plausibilmente vi si trovavano; la conformazione circolare del cortile stesso, stante il carattere sintetico della rappresentazione, potrebbe avere carattere simbolico.

    L’arte fortificatoria cinquecentescaL’ammodernamento dei sistemi difensivi del Cinquecento, che interessò anche il circuito murario della città di Cortona, comprensivo della rocca, si rese necessario a seguito delle innovazioni delle modalità di attacco: l’introduzione delle armi da fuoco rese infatti inadeguate le difese medievali, incapaci di resistere ai potenti colpi dell’artiglieria poiché studiate per rispondere ad un attacco diretto, che prevedeva spesso la scalata delle mura. Con il passaggio dalla difesa piombante alla difesa radente, iniziò alla fine del XV secolo un periodo di transizione durante il quale forma e struttura degli elementi difensivi mutarono radicalmente, fino a configurarsi come fronte bastionato, tipico della fortificazione moderna. Figura chiave in questa evoluzione fu Francesco di Giorgio Martini32, presente a Cortona sul cantiere di Santa Maria delle Grazie al Calcinaio, realizzata negli anni 1484-1514; nel Trattato di Architettura Ingegneria e Arte Militare egli presentava soluzioni e studi innovativi, anticipando le elaborazioni teoriche che sarebbero fiorite numerose di lì a poco. La stesura del Trattato

    Sotto: TOMMASO BRACCIOLI, Fortezza di Cortona dopo il crollo parziale del 1549, Raccolta di disegni a inchiostro, seconda metà del XVI secolo. Disegno a inchiostro, mm. 230 x 331. BCAE, 512, c.49r.

    Didascalia: “ adi 9 di maggio cadde la Roccha di Cortona come succede per avere tocco con il scarpello nel far fondamenta del muro di essa fortezza et haveva volte supra volte come si vede in questo esemplio.”

    Sopra: TOMMASO BRACCIOLI, Veduta del Cassero della Fortezza di Cortona, Raccolta di disegni a inchiostro, seconda metà del XVI secolo. Disegno a inchiostro, mm. 230 x 331. BCAE, 512, c.48r.

    Didascalia: “Questa è la principal porta della Roccha così detta, hoggi è detta Fortezza o Cittadella. Di questo ordine e maniera era la fortezza di Pierle cotanto vicino a Cortona, e vi ho visto l’arme del Signor di Cortona, posta verso Levante, per la strada che va a Mercatale.Questa è la figura della Roccha di Cortona prima che cascasse: la quale è mia opinione che fusse edificata dal Signore Uguccio, o vero piutosto dal Signore Ranieri primo Signore di Cortona, che fu nel anno 1325.”

  • avvenne con tutta probabilità tra il 1480-82, precedendo dunque anche la discesa di Carlo VIII in Italia del 1494, evento che rivelò l’assoluta necessità di applicare i nuovi principi per fronteggiare le armate francesi. Le alte mura e torri vennero sostituite da bastioni di spessore maggiore e altezza ridotta, in grado di resistere ai colpi delle nuove armi da fuoco e sulle cui piazze si poteva muovere l’artiglieria pesante per il totale dominio visivo del territorio. L’arte fortificatoria divenne così una questione di geometria, dove confluirono gli studi delle traiettorie di tiro e delle linee visuali, come emerge dal Trattato di Dürer33 e dalla prima sistemazione teorica della balistica di Niccolò Tartaglia34. Un approccio rigoroso e geometrico che strutturò un nuovo fronte caratterizzato dall’alternanza di bastioni e cortine, per una difesa per fianco (fiancheggiamento) in cui i raggi visuali di tiro determinano il tracciamento planimetrico35. Benché sia rintracciabile una tendente evoluzione nella forma del bastione36, da soluzioni curvilinee verso impianti rettificati, si evidenzia come entrambe le morfologie siano rimaste compresenti per più secoli nella trattatistica e nelle realizzazioni: ne sono esempi i progetti di Antonio il Vecchio e Giuliano da Sangallo37 per fortificazioni circolari, derivanti probabilmente dai torrioni medioevali; le soluzioni curvilinee e rettilinee proposte nel Trattato di architettura38 da Francesco di Giorgio Martini; i coevi disegni di Leonardo da Vinci il quale, pur conoscendo degli studi sopra menzionati, non ha mai sviluppato baluardi pentagonali.39 Tra le strutture difensive elaborate nei primi anni del Cinquecento, ebbe grande fortuna per tutto il secolo successivo l’anticipazione della linea difensiva con l’aggiunta di corpi avanzati, detti rivellini o puntoni per via della loro forma a punta; questa tipologia di difesa fiancata, attestata già nei disegni di Francesco di Giorgio, aveva lo scopo di deviare i tiri perpendicolari alle cortine, per ridurne l’intensità41. Francesco de Marchi, nel suo trattato del 1545, dichiarava di averli inventati egli stesso42, ma, al di là della paternità, i rivellini rappresentarono un’evoluzione sostanziale nelle dimensioni del sistema delle difese e nel loro rapporto con il territorio43, insieme ai fossati e gli spalti.

    L’intervento di Cosimo I de’ MediciSe nei primi decenni del Cinquecento la politica fiorentina aveva perseguito obiettivi di consolidamento e mantenimento del potere nelle città soggette mediante il rafforzamento delle cinte urbane e la costruzione di alcune nuove fortezze a difesa dei confini, con l’avvento del principato la progettazione e realizzazione di imponenti opere militari diventò parte integrante di una programmata politica di conquista44. La necessità di annettere i territori del dominio senese era dettata dall’ambizione di Cosimo I de’Medici di conseguire il controllo esclusivo della costa e sull’alto Tirreno e spingere fino a Grosseto i confini del proprio ducato45. Il duca esercitava un controllo diretto sui tecnici alle sue dipendenze, architetti-ingegneri militari scelti personalmente, specialisti nell’arte della guerra ma anche abili mecanici in grado di mettere a punto strumenti di rilievo e di misura del territorio, di adattare le tipologie difensive ai variabili contesti territoriali, di mediare tra gli ordini del principe e le problematicità dei singoli cantieri.� Si trattava prevalentemente di progettisti provenienti dalla scuola veneto-urbinate di Francesco Maria della Rovere, a cominciare dal già citato Giovan Battista Belluzzi: estranei e meno influenzabili dalle logiche di potere locali, questi ingegneri ben conoscevano le tecniche di fortificazione in terra, in grado di rispondere con maggiore efficacia alle esigenze di rapidità ed economicità richieste da Cosimo, rispetto alle pratiche costruttive diffuse a Firenze, dove si faceva ancora ampio uso di impalcature e strutture lignee.

    La guerra di Siena (1554-55), frutto di questa politica espansionistica, sollecitò una massiccia opera di fortificazione nelle città della Valdichiana; Cortona, sede del commissario generale Girolamo degli Albizi, fu inclusa fin dal 1550 in un programma di potenziamento militare, come punto di avvistamento privilegiato su tutta la valle per ostruire ogni possibile accesso al dominio fiorentino.Presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze è infatti conservata una Raccolta di piante di città e fortezze per lungo tempo attribuita a Francesco de’ Marchi e solo recentemente riconosciuta da Daniela Lamberini46 come opera di Giovan Battista Belluzzi. Le carte 14 e 15 di questa raccolta rappresentano le fortificazioni di Cortona.Nella prima, collocabile negli anni 1550-5147, il Sanmarino rappresenta l’intero circuito murario della città, comprensivo dei Borghi di San Domenico (sud), San Vincenzo (sud-ovest) e della fortezza

    del Girifalco (nord). Quest’ultima è campita per metà in rosso e per metà in giallo, codice cromatico utilizzato da Giovan Battista Belluzzi anche in altri disegni della raccolta, con lo scopo di distinguere le preesistenze (rosso) dagli interventi parzialmente realizzati o di progetto (giallo). Nella tavola, il Sanmarino si limita a rappresentare il quadrilatero bastionato oggetto dell’intervento mediceo, senza fornire indicazioni in merito alla rocca preesistente, che da tali bastioni veniva circondata. Non si può quindi stabilire se questa fosse ancora in uno stato simile a quello rappresentato nel dipinto della scuola di Luca Signorelli conservato all’Accademia Etrusca, o se, a seguito del crollo parziale del 1549, fosse stata ricostruita nella forma poligonale corrispondente a quella attuale.Ulteriore elemento di interesse nei disegni del Belluzzi è la rappresentazione dell’area retrostante la fortezza ed esterna al circuito fortificato (su cui attualmente sorge il rivellino). Lamberini ipotizza48 che il tocco di pennello in corrispondenza del rilievo orografico, segnalato solo in questa zona e non, ad esempio, sul lato opposto della fortezza dove l’andamento del terreno è pur similare, riveli una volontà di intervento in questa area specifica. Secondo le fonti già citate49, è probabile che fin dal 1529 ci fossero stati interventi per spianare questo rilievo, critico per la difesa della fortezza, ed è testimoniato dai documenti d’archivio come anche negli anni successivi il livello di attenzione in merito a questo problema rimanesse elevato: dopo la ricognizione cortonese del 1556 infatti, Gabrio Serbelloni esprimeva le sue riserve in merito a quanto era stato ordinato dal duca.La parte alta di dreto dal castillo che Vostra Eccellenza Illustrissima mi dise di farla levare, mi pare apposto la si lasa e se abraza con uno pontono guardando dali duoi baluardi restando dase fora dil foso per chè il castilo resta scoperto asaij et non domina quilli scoglij e questo pontono li discoprira e giovara senza alchuno impedimento […] 50Si intuisce una precedente disposizione di abbassare ulteriormente il rilievo di dreto dal castillo, probabilmente concomitante con i rilievi del Belluzzi, giudicata inopportuna dal Serbelloni che proponeva al contrario la costruzione di un pontono, ovvero un rivellino.L’ingegnere milanese, in qualità di diretto incaricato alla sovrintendenza dei cantieri di fortificazione cortonesi, rappresentava il principale interlocutore del duca e referente sullo stato di avanzamento dei lavori tra il 1556 e il 1557. Tramite il cugino, marchese di Marignano, Serbelloni aveva infatti

    Sopra: Francesco di GiorGio Martini, Trattato di architettura civile e militare, BNCF, Codice Magliabechiano, II.I.141, c. 53 v.Sotto: MichelanGelo, studio di traiettorie, Firenze, Casa Buonarroti.

  • ottenuto, nel febbraio del 1554, il comando di un esercito nell’assedio di Siena51 e, due anni dopo, l’incarico di dirigere i lavori di ristrutturazione delle fortificazioni cortonesi. Il fitto carteggio tra il comandante e Cosimo I, conservato all’Archivio di Stato di Firenze, ne documenta la presenza a Cortona dall’agosto del 1556 al settembre del 1557; permette inoltre di ricostruire le tappe salienti dell’intervento sulla fortezza e di identificare gli altri collaboratori coinvolti: già nella sua ricognizione iniziale, infatti, egli veniva affiancato da Bernardo Puccini52, impegnato in quegli stessi anni nella fortificazione di Lucignano.Nella lettera a Cosimo I, datata 9 agosto 1556, Gabrio Serbelloni descriveva la città come debolissima e bisognosa di interventi, ricordando che da cinque anni il duca intendeva farla fortificare. In particolare, […] il castello sta malissimo nela forma si trova e tanto più senza fossa e dentro senza alchuno parapeto né terapienato e mancali le volte dile case mate a duoi baluardi53. È evidente quindi che almeno due baluardi, Sant’Egidio e San Giusto, erano già stati costruiti. Ma si può ipotizzare che questi bastioni fossero già stati abbozzati almeno 25 anni prima, se è a questi che fa riferimento Iacopo Morelli nel documento del 1528.Il dato che già da cinque anni sussistesse da parte di Cosimo l’intenzione di potenziare le fortificazioni cortonesi corrisponderebbe cronologicamente con la datazione dei disegni di Giovan Battista Belluzzi, plausibilmente redatti in quella occasione.Il 9 agosto, insieme a questa prima lettera, Gabrio Serbelloni scriveva anche al segretario Bartolomeo Concini, allegando una pianta di questa città con una memoria di quanto bisognaria ed è molto necesario54. Né la pianta né la memoria risultano più accluse alla filza; tuttavia, l’Archivio di Stato di Firenze conserva, in altra collocazione, una Notta o memoria di quello saria daffar ala città di Cortona55 che, da un confronto calligrafico e contenutistico, è plausibilmente identificabile con quella menzionata da Serbelloni. In questo documento, oltre a fornire una descrizione dettagliata degli interventi necessari sul perimetro murato della città, viene ricordata una

    pianta facta da uno gientilomo di questa città56: si tratta di Francesco Laparelli, citato anche nella lettera a Cosimo I del 16 agosto 1556. Avendo e messer Bernardo e io instruito bene dilopera si harà a comenzare messer Francesco Laparelo gientilomo di questa città molto inteligente e affectionato servitore di Vostra Eccellenza Illustrissima il quale in suo absentia et mia saprà metere a effecto questa opera con diligentia […]57Filippo De’Venuti afferma che nel 1554, essendo stato fatto […] generale dell’Artiglieria, a verun’altro volle lasciare l’esecuzione de’ suoi ordini, che al Laparelli, in casa del quale abitava, promettendogli che quando se gliene fosse aperta la strada, avrebb’egli procurato ogni suo avanzamento, e vantaggio58. Se il rapporto di stima reciproca e di amicizia tra i due comandanti e ingegneri militari è confermato da più fonti, occorre invece posticipare di tre anni la partenza del Serbelloni dalla Valdichiana, rispetto a quanto afferma di seguito il De’Venuti.

    Nella stessa data del 16 agosto 1556, Serbelloni citava una pianta:Il Puzino è stato qua et siamo stati insieme a vedere e considerare bene ogni cosa, et siamo confrontati nel medesimo che o mandato in notta a Sua Eccellenza Illustrissima et è partito per Lucignano dove farà la pianta e la mandara quanto prima a Sua Eccellenza Illustrissima; et per conformita o facto designar qua di sua mano sopra una pianta, quale si lasara qua sopra lopera, tutto quanto harremo confrontato.59La presenza di Bernardo Puccini è attestata sul cantiere cortonese anche dalla lettera di sua mano, indirizzata a Cosimo I nei giorni successivi60, nella quale viene affrontato il tema del Borgo San Domenico. Probabilmente a causa di alcune divergenze tra le soluzioni proposte dal Serbelloni e le indicazioni del Puccini in merito a questo argomento61, furono i lavori presso il Borgo san Vincenzo i primi ad essere avviati, duoi mezi baluardi che l’uno difendese la cortina dilaltro […] quasi bassi al pede de la muraglia62: la data riportata dall’architetto è quella del 24 agosto 1556; intanto però, […] a la fortezza non se li è per hanco dato alcuno principio[…]63. La priorità e l’ordine dei lavori da svolgere venivano stabiliti direttamente dal duca Cosimo: […] principiato che sarà il primo che sarà quello segnato G, si caverà li fondamenti de l’altro segnato F, li qualli in effetto sono li più necessari come Vostra Eccellenza Illustrissima scrive, a’ quali non si mancarà d’ogni studio e solizitudine.64

    I lavori alla rocca del Girifalco cominciarono con duoi piconieri, quali alenano a consumare quelo muro di dentro vecio65. Si può ipotizzare che Serbelloni faccia riferimento alle mura della cinta urbana del 1527, alle quali era stato collegato il cassero. Per inserire il circuito bastionato tali tratti di mura furono, infatti, parzialmente demoliti, come ancora oggi si evince dalla scucitura dei conci in corrispondenza dello spigolo del cortile rivolto verso il bastione di San Giusto.Nonostante l’aggiunta di un terzo picconiere, il già citato muro vecchio si troa durissimo, e con gran faticha fano poco lavoro66.Serbelloni registrava inoltre che:[…] La settimana pasata comenzò venire qualche lavoratori a spazare il fosso tra la città e il castello, ma se facto poco per il maltempo; […] al pontone di dreto dal castello non se li e per ancho facto altro salvo che se disegnato e non sara piu di quattrocento quadrati di lavoro di tutto. […] Li duoi baluardi e la cortina di dreto dal Castello verso il monte non sono trapienati dala volta in su, ma è complito la metà del muro di dintro, ma sollo la metà dela parte di forra, credo per mettersi in sicuro e per fare poi la parte di dentro con comoditate e per che questa materia deli muri che si ruinino di dintro dal castello bisogna livarla da dove casca e reponirla aparti dove non offinda67.Alla fortezza si lavorava quindi parallelamente alla demolizione del muro preesistente con i tre picconieri, allo scavo del fossato sul lato rivolto verso la città e al disegno del pontone sul lato opposto; più difficile è l’identificazione del muro citato nella parte seguente del documento. Si è già visto68 come Serbelloni sostenesse che la collina retrostante la fortezza non fosse da abbassare ulteriormente, quanto piuttosto da abbracciare con una struttura esterna al fossato. Benché la massima diffusione del rivellino si registri intorno alla fine del secolo e all’inizio del Seicento69, Bernardo Puccini nelle sue lettere a Cosimo I dal cantiere di Lucignano parlava di una struttura simile già nel 155670; considerando anche l’iniziale collaborazione dell’architetto al cantiere cortonese, si può plausibilmente ritenere il pontone, o rivellino, contemporaneo ai bastioni di San Giusto e Sant’Egidio.I lavori dovettero procedere con le modalità descritte almeno fino al 22 novembre del 1556, quando Serbelloni scriveva a Cosimo I che i lavori al pontone erano fermi per mancanza di calcina, ma che uno dei baluardi era sufficientemente terrapienato, presentava le piazze di tiro suddivise e quindi per l’inverno era pronto ad ospitare artiglieria71. Sul

    Sopra: GIOVAN BATTISTA BELLUZZI, Cortona, BNCF, Fondo nazionale, II. I. 280, c.14rDisegno a penna, inchiostro marrone, acquerello policromo, quotato, orientato (ca.1530), scala grafica: 500 braccia.

    Sotto: GIOVAN BATTISTA BELLUZZI, Fortezza di Cortona, BNCF, Fondo nazionale, II. I. 280, c.15rDisegno a penna, inchiostro marrone, acquerello policromo, quotato, orientato (ca.1530), scala grafica: 50 braccia.

  • davanti della fortezza, si cominciava a scavare il fosso e ad innalzare la controscarpa, sempre utilizzando il materiale di recupero delle demolizioni; con il giungere dell’inverno, tuttavia, il cantiere era ostacolato dai venti e dal maltempo, tanto che lo stesso Serbelloni denunciava nella lettera cattive condizioni di salute e chiedeva una licenza per poter rientrare a Firenze72. Durante l’assenza di Serbelloni, la sovrintendenza dei lavori passò a Giovanni Camerini73, come emerge dal carteggio del luglio successivo: dopo un colloquio probabilmente diretto con Cosimo, Serbelloni era ripartito alla volta di Cortona. In una lettera del 13 luglio riferiva del buon andamento dei lavori alle mura della città e ai mezzi baluardi: si accenna anche ad un sistema di organizzazione della manodopera locale, con turni a rotazione. Tre giorni dopo, la relazione sulla fortezza del Girifalco non era tuttavia altrettanto positiva: se la cortina esterna sembrava conclusa e terrapienata, e i baluardi ad un buon punto di avanzamento, il giudizio di Serbelloni era estremamente critico riguardo all’operato del suo sostituto, per due questioni principali.La prima riguardava lo scavo del fossato:[…] Vostra Eccellenza Illustrissima comandò si atendesse a cavare li fossi in cierco a essa forteza e tanto piu a quelo denanti, il qual ne a gran bisogno, a quali non si è facto altro dapoi mi parti, havendoli il Camarino voltati [le maestranze] a cavar il fosso

    in cierco a quelo pontono che si facto di fora dila forteza di dreto […] la qual cosa ultra che sarà di tanta spesa e fastidio come a fare tutte le altre cose mancano in quella forteza, reusirà tanto dannosa e sarà tanto contraria ala forteza di quello loco che saria come volerli levare il bono sito a che la forteza li a dato la natura, e quelo che hora è utile resti dannoso, che apena poso credere che il Camarino lo habia ordenato, che mi e parso non manchare di ragualiarvi Vostra Eccellenza Illustrissima74.La seconda questione riguardava la collocazione della porta del soccorso, attualmente murata, che, nella collocazione definitiva consentiva la fuga dall’orecchione del bastione di Sant’Egidio verso il rivellino:Trovo hancora che [il Camerini] a rimoso l’ordine già più dì fu dato per Vostra Eccellenza Illustrissima sopra il fare la porta del soccorso nel oregione dil baluardo di dreto a mandrita, aprobato per il Signor Ciapino75 che da quanti è stato sopra questo loco; […] e quando li havese detto che quelo fianco o oregione se indebolise, se ingana perché quelo orecione è baso sotto e voltato che non li manca altro che tagliare tanto dil muro come posa reusire la portizola, la qual intrava al piano et pasa per una casamatta et riese ala porta di la forteza al piano senza salire sopra terapieni; e quando li havese detto che a farla sotto questa medesima che hora li è doperando le medesime prede76 e ante de porta reusiva con manco spesa e faticha di laltra se ingana tanto più, perché bisognava cavare la strada nele piaze de terapieni dentro […], mentre […] a laltra non li è bisogno ne di strada ne d’altro salvo di sbasare la muraglia e farli la porta.[…] Questa porta del soccorso quale hora li è, è in bono loco nè s’è cercato di removerla per altro che per la incomodità che se disende duodici scalini con una scala […] 77.Le successive lettere confermano un normale avanzamento dei lavori e riferiscono gli spostamenti delle truppe negli stati confinanti. Il 30 settembre del 1557, dopo aver riferito del passaggio dell’esercito, il Serbelloni constata che è cesato in tutto il bisogno del mio stare qua78 e si dichiara in procinto di partire. Effettivamente, il Carteggio di Cosimo I non conserva ulteriori lettere da parte dell’ingegnere militare posteriori a quella data.È possibile che la sovrintendenza dei lavori sia passata

    direttamente al Laparelli, in quegli anni intento alla costruzione del campanile della cattedrale. Dell’architetto cortonese l’archivio familiare conserva un disegno in cui viene rappresentato il perimetro fortificato della città in due differenti versioni. Il documento è stato datato da Paolo Marconi intorno al 155479: si tratterebbe quindi di un disegno posteriore a quello, già citato, del Sanmarino e si potrebbe interpretare dunque come un rilievo di uno stato di fatto. Tuttavia, vi sono due elementi che farebbero pensare ad una lettura in chiave progettuale: in primo luogo, il tratto sud-orientale delle mura della città, rappresentato in due diversi assetti (con e senza l’aggiunta del baluardo sotto agli orti di Santa Margherita), potrebbe indicare un confronto prima-dopo; inoltre, in corrispondenza della fortezza del Girifalco, soltanto sui bastioni esterni sono indicate le misure, come se quelli interni rappresentassero un’ipotesi di progetto non ancora pienamente sviluppata. Non ci sono quindi elementi sufficienti per determinare se sia effettivamente questo il disegno del gientilomo di questa città menzionato da Gabrio Serbelloni. Nonostante le incomprensioni e le divergenze con Gabrio Serbelloni, Giovanni Camerini operò nuovamente sul cantiere della fortezza del Girifalco e ne concluse probabilmente i lavori80. In un Memoriale del 1568, il provveditore Giovanbattista Gianfigliazzi81 ne richiedeva direttamente l’intervento al duca Cosimo:Alla fortezza di Cortona s’harebbe necessario far il ponte levatoio et le guardiole per poterla invero domandar fortezza. […] Ma è necessario la voluntà di Vostra Eccellenza Illustrissima et il disegno et presentia di Mastro Giovanni Camerini, et non solo per questo ma per quello anchora che dicontinuo si lavora ne’ fossi di detto luogo.82

    Rilievi e studi del manufatto Parallelamente all’indagine archivistica, le osservazioni dirette condotte sul manufatto, dal punto di vista del rilievo e delle analisi delle caratteristiche materico-costruttive, hanno permesso da un lato di verificare quanto veniva descritto nel carteggio tra Serbelloni e Cosimo I, e dall’altro lato di risolvere alcune questioni più complesse sull’evoluzione della fabbrica. La prima e fondamentale informazione acquisita è stata il posizionamento del mastio centrale rispetto al perimetro delle mura della città. Dalla campagna di rilievo topografico, avvenuta in due fasi distinte (aprile 2007, aprile 2008), sono emersi allineamenti significativi tra la porzione muraria che chiude il cortile e le mura stesse della città. Si deduce come

    effettivamente la rocca sia stata collegata al perimetro delle mura, così da creare un cortile chiuso da quattro lati: ad ovest dal mastio stesso, ad est dalle mura, a nord e sud con la realizzazione di due nuovi tratti. L’apparecchiatura e la consistenza muraria di queste porzioni denunciano chiaramente la loro datazione: la parete del mastio è realizzata in pietra da taglio con conci squadrati di grandezza maggiore rispetto alle altre tessiture presenti, omogenei e posti in opera secondo filari regolari con giunti di calce molto sottili, in buono stato conservativo fatta eccezione per la presenza superficiale di concrezioni. Questa muratura, collocabile all’incirca nel XIII-XIV secolo, faceva probabilmente parte del nucleo più antico della rocca medioevale. La realizzazione non coeva rispetto ai lati nord e sud del cortile è evidente dall’ammorsatura non passante della facciata interna del mastio; la muratura impiegata nei bracci, dello spessore di un metro circa, è realizzata in pietra da taglio con conci squadrati grossolanamente, disposti in filari orizzontali di dimensioni variabili, con frequenti inserzioni litiche e laterizie. La datazione ipotizzata la fa risalire al XVI secolo, concorde quindi alle informazioni bibliografiche secondo cui la rocca fu collegata alle mura della città nel 1527. Di tutt’altre caratteristiche risulta essere il tratto ad est, appartenente alle mura cittadine. Lo spessore di questa muratura supera in alcuni tratti i due metri e grazie ad alcune brecce ed interruzioni si è potuto conoscere la sua apparecchiatura interna fatta di conci murati a secco per tutto lo spessore83. Un ulteriore approfondimento indaga il tema dell’inserimento del circuito bastionato cinquecentesco, i relativi lavori di demolizioni e di nuove costruzioni e l’integrazione delle parti esistenti a questo più ampio e nuovo sistema difensivo. Inevitabilmente i due punti critici erano quelli in cui le mura cittadine dovevano interrompersi per permettere di incastonare tra la rocca e le mura i quattro bastioni, di cui due interni e due esterni alla città. Il collegamento è stato risolto in corrispondenza del bastione di San Giusto e del bastione di Santa Maria Nuova, mentre le cortine corrono senza soluzione di continuità tra bastione e bastione. Due interventi che, seppur con peculiarità dovute ad una differente condizione topografica (San Giusto è situato su un terreno più scosceso) e ad una differente localizzazione rispetto alla città (San Giusto esterno, Santa Maria Nuova interno), mostrano una medesima linea di intervento rispetto alle preesistenze. Provenendo dal bastione di San Giorgio, esterno alla fortezza in direzione sud, le mura presentano una

    Disegno della Fortezza del Girifalco e delle cortine adiacenti, attribuito a Francesco Laparelli e datato da Paolo Marconi intorno al 1554. In: LAPARELLI 1970, fig. I

  • riduzione di spessore in prossimità del bastione di San Giusto: quest’ultimo tratto coincideva con la breccia che era stata aperta nella cinta urbana per il passaggio dei materiali da costruzione, evitando così il ripido percorso di fronte al convento di Santa Margherita; erano state create delle porte che soltanto in un secondo tempo furono richiuse, come testimonia una lettera del 1568.Le Mura di detta città in di molti luoghi han facile l’entrata e uscita nella terra e fuori, e sarebbe di necessità si restaurassino, e secondo che ho inteso Vostra Eccellenza Illustrissima ne dette già commessione. Che stando di così son cagione d’infiniti mali d’importantia e è cosa che actiene a quella comunità. 84Situazione ancora non mutata nel 1624, quando l’ingegnere Gabriello Ughi, inviato a Cortona per redigere una relazione sulla condizione della fortezza del Girifalco, non manca di denunciare questo passaggio lasciato aperto:È stante il bisogno, avanti ad ogni altro lavoro rifar il pezzo di muraglia della città che attacca con la fortezza il qual era rovinato e vi si è lassato una porta con sue imposte e serrature, per dove entrano i materiali che servono per i lavori che si fanno dentro alla detta fortezza, che è di gran comodità e molto risparmio, rispetto all’essere quel sito assai ripido e di lungo circuito nell’ aver a entrare della città […] 85.In corrispondenza dello stesso bastione di San Giusto, le mura perimetrali del cortile terminano, più alte, dinnanzi all’ingresso del bastione stesso e nella loro parte sommitale presentano ancora la cicatrice

    della scucitura, tanto da poter leggerne la tessitura muraria interna; nella parte inferiore è stata invece realizzata una scarpatura così da ridare stabilità al muro interrotto. Nelle lettere a Cosimo I, Serbelloni descriveva (1556-1557) spesso come le mura vegie dovessero essere abbassate, sebbene le intemperie a volte non lo permettessero, e come picconieri e guastatori86 fossero addetti a tale opera: […] saria al meno di comandare ogni giorni uno numero di guastatori che lavorasero a fare li fossi e terapienasero dentro e basasero queli muri di dentro, azioché si andase asetando l’opera. 87[…]e fra tanto si farà venire li soliti lavoratori e maestri, quali atendarano a ruinar la muraglia vechia quando non sarano molestati da venti88.Molto probabilmente è qui che Francesco Laparelli fa esperienza di questa tipologia di manodopera, spesso citata nel suo manoscritto, in cui a proposito della fortificazione della città di Malta89, si legge che […] tutto il principal fondamento e bisogno, ora che si ha li dinari, è di guastatori, i quali sento dire che non si trovano. Et per questo dico che Io Francesco Laparelli mi obbligherò a condor cinquecento guastatori a uno delli tre lochi che si diranno, per portarli a Malta […].90Le pietre di spoglio venivano poi regolarmente riutilizzate nelle nuove porzioni murarie secondo una pratica di cantiere consolidata e conformemente agli ordini diretti di Cosimo I. […]Mi è piaciuto molto la resulutione che Vostra Eccellenza Illustrissima apresso che si fornisca di murare li duoi baluardi e cortina de dreto ala

    fortezza e terepierarli da la ruine de muri che se disfano quali son contigue a l’opera91Al contempo, non si mancava di far lavorar li contadini a comodar le piaze de baluardi di dreto, di quela materia di la ruina del muro vechio che si va levando. 92Un breve tratto di tale muraglia affiora ancora dalla piazza alta del bastione di San Giusto, si trova lungo il tracciato murario antico e la sua tessitura muraria è con questo perfettamente confrontabile. Il suo spessore è stato inglobato all’interno del muro a sacco93 che costituisce il fianco del bastione, e probabilmente la sua posizione permetteva di avere un maggior rinforzo d’angolo. Anche all’interno del bastione di Santa Maria Nuova un tratto di mura è stato reimpiegato, qui non per delineare un fianco bensì per scandire due ambienti interni e rafforzare la punta: informazione emersa dai rilievi di Odoardo Warren del 1749, e confermata dal rilievo topografico che, permettendo di relazionare l’interno del bastione con il resto della fortezza e delle mura, rende evidente l’appartenenza di questo tratto murario interno al tracciato cittadino. Inoltre, dal momento che il tratto in questione divide due ambienti accessibili è stato possibile verificare lo spessore che, essendo di circa due metri, non può altro che sancirne l’appartenenza alle mura urbane. L’osservazione dei tre bastioni coperti rivela la presenza di archi tamponati in pietrame lungo le pareti che ne delimitano gli ambienti interni. San Giusto presenta delle peculiarità che meglio svelano la consistenza effettiva di queste cortine murarie: l’ambiente voltato è infatti scandito da pilastri e setti che descrivono una sala centrale, sulla quale si aprono lateralmente quattro ambienti anch’essi voltati. La parete sud, dalla quale si entra, è una muratura interna al sistema difensivo, a contenimento del terrapieno della piazza tra bastione e bastione: si struttura su un sistema portante di archi impostati su pilastri, con tamponamento in pietra delle aperture sottostanti. La stessa struttura definisce anche la parete interna del bastione di Santa Maria Nuova: qui le tamponature, in parte crollate, lasciano intravedere il terrapieno retrostante.Ben diversa risulta essere la consistenza della cortina muraria esterna, cui era affidato il principale ruolo difensivo. All’interno del bastione di San Giusto, si può ipotizzare che i setti perpendicolari alla parete si

    A sinistra: scucitura dei conci sul perimetro esterno del cortile del mastio, in corrispondenza dell’accesso al bastione di San Giusto.Al centro: in prossimità dei bastioni di San Giusto e Santa Maria Nuova, le mura urbane si assottigliano.A destra: crollo del tratto di mura in corrispondenza dell accesso al Bastione di San Giusto.

    A destra, dall’alto verso il basso: scarpatura dello spigolo del cortile prospiciente l’accesso al bastione di San Giusto;interno del bastione di Santa Maria Nuova;arco di scarico interno al bastione di San Giusto;setti murari interni al bastione di San Giusto.

  • prolunghino in profondità: l’assenza di ammorsature dichiara la muratura di fondo come semplice tamponamento. Va così prendendo forma l’ipotesi di una tecnica costruttiva mista, in terra e pietra, che sfrutta il vantaggio della terra nell’assorbire i potenti colpi di artiglieria, economizzando al contempo sui tempi e spese dei materiali più nobili da costruzione, come pietre e calcina. È stato inoltre possibile rilevare lo spessore di questa cortina esterna: nei punti in cui il livello del piano di calpestio interno non è regolare, gli archetti di scarico su cui si imposta la parete lasciano intravedere la loro profondità. In tre casi è stata rilevata la presenza di cisterne subito sotto questi archi di scarico, la cui parete di fondo coincide per posizione e apparecchiatura con la muratura che, poco sopra, chiude in profondità l’arco di scarico stesso. Di questa altra muratura si può solo ipotizzare lo spessore, probabilmente limitato sia in pianta, data la sua presunta funzione di irrigidimento della parte bassa della cortina interna; che in sezione, per la presenza poco sopra dell’imposta della feritoia. Della cortina esterna e di quale effettivamente fosse lo spessore del riempimento di terra si possono fare soltanto ipotesi; tuttavia, il parapetto della piazza alta dei bastioni che si imposta sul “redendone”94 si può considerare come spessore minimo della cortina esterna sulla quale poggia. Probabilmente la costruzione in fase di cantiere procedeva murando contemporaneamente il muro interno ed esterno, sul quale poi si impostava il parapetto che collegava tutto il circuito bastionato conferendo unità al sistema.

    Parallelamente alle indagini dirette, la trattatistica militare di quegli anni fornisce un’ulteriore conferma di tale ipotesi. Pur dedicando maggior spazio alla trattazione delle fortificazioni di terra, nel Libro de Fortificazioni, Assedij et difese de Piazze, Giovan Battista Belluzzi inserisce anche disegni di cortine irrigidite da setti perpendicolari e voltati.Lo stesso capitano Francesco Laparelli esemplifica le medesime tecniche costruttive nel suo lungo trat-tato, intercalato da disegni di architettura militare95, nonché […] il modo di costruire le nuove città, le-gate o meno alle fortezze antiche, […] e come si co-struisce su vecchi ruderi.96

    Un altro testo dai contenuti confrontabili con la si-tuazione costruttiva del Girifalco è il trattato Della fortificatione delle città di Girolamo Maggi:[…] Avverirassi ancora di fabbricare i contrafforti talmente, che dove son più vicini alla cortina, siano più grossi, a fine che il riempimento del terreno sia alquanto più largo di dietro che davanti, e non pos-sa cascar nel fosso, quando gli sia tolto l’appoggio della cortina. Chi volesse che la fabbrica fusse più gagliarda, potria fare un’altra cortina sottile, lon-tana dalla prima due braccia, riempendo lo spatio di mezzo con creta ben battuta, e questo acciò il ter-rapieno non sforzi la prima, e le palle dell’Artiglie-ria che le passaranno facilmente , vengano dentro a questa creta a perdere il loro impeto. Quali se-bene col batter lungamente, consumeranno questa prima cortina, non seguirà però l’inconveniente del cascare il terreno nel fosso così liberamente, come se non ci fusse l’altro muro benchè sottile. Molto più utile ancora saria tal cortina, facendo spessi archi da un contrafforte a l’altro, e riempendo gli spatij di quelli con creta, si come persò si dovesse fare il Castriotto, come si vedrà di sotto. 97Recentemente è inoltre stato possibile verificare di-rettamente la composizione della cortina muraria del sistema bastionato della fortezza: gli scavi in corso al bastione di Santa Maria Nuova, il cui progetto di recupero è già in fase esecutiva, hanno fatto emerge-re le due murature, una interna che delimita la gran-de sala voltata a botte, ed una esterna sulla quale si imposta il parapetto. Le cortine sono collegate da setti murari e gli interstizi sono riempiti con terra e pietrame.Emerge così dall’analisi delle tecniche costruttive di tutto il sistema bastionato cinquecentesco l’impor-tanza che gli spessori avevano per resistere ai potenti colpi delle artiglierie; e di come la terra avesse una presenza preponderante rispetto alla muratura, sia per la realizzazione delle cortine murarie che per le piazze alte dei bastioni. Anche in copertura infatti la muratura della volta era ridotta al minimo spes-sore, ma acquistava una notevole resistenza grazie alla terra che la ricopriva, e che assolveva in maniera ottimale il compito di smorzare i colpi delle armi da fuoco. Si conclude così il passaggio verso la fortificazione alla moderna, i cui principi risultano ormai assimi-lati così come le modalità difensive. Da questo mo-mento in poi il nuovo fronte bastionato si diffonderà in tutta Europa iniziando un altro periodo di speri-mentazione soprattutto a livello formale.

    dopo L’intervento mediceo

    Il SeicentoNella prima metà del XVII secolo, la neutralità del Granducato di Toscana rispetto alle tensioni fra i maggiori stati europei98 rendeva sempre più gravoso il mantenimento di muraglie, fortezze e bastioni sparsi nell’intero territorio.99 I documenti seicenteschi relativi alla fortezza di Cortona fanno riferimento ad un contesto ristretto, urbano, riportando prevalentemente notizie di contese con il convento sottostante, come le usurpazioni da parte del castellano relative ad un pezzo di terreno sodo […] detto il Prato di Santa Margarita.100 Tra le rare fonti iconografiche pervenuteci a mostrare l’oggetto di contesa, l’Archivio di Stato di Firenze conserva una veduta, che tuttavia non documenta esaustivamente lo stato della fortezza.Nello stesso fondo, una lettera del 1655 contiene la richiesta della comunità di Cortona di poter rialzare il campanile della chiesa di Santa Margherita. L’ingegner Annibale Cecchi, inviato dal provveditore generale delle Fortezze e Fabbriche, autorizzava l’intervento, che non può esser di danno che tutta l’altezza di esso non supera quella delle mura della fortezza e poco può dominarla101; per una maggior cautela le parti da sopraelevare potevano essere realizzate con una muraglia più sottile in modo che nell’eventualità di una guerra il campanile potesse essere abbattuto con poche cannonate.102 A sostegno della propria delibera, l’ingegnere accludeva una veduta dettagliata, in cui i bastioni rivolti verso il convento e la città, Santa Margherita e Santa Maria Nuova, non differiscono sostanzialmente dallo stato attuale, se si eccettua la presenza delle casematte di vedetta di cui restano oggi solo alcuni frammenti; relativamente al bastione di Santa Margherita (sulla destra), si sottolinea l’integrità del parapetto, evidentemente compromesso da crolli in una fase successiva. Sorprende invece la struttura circolare del mastio: al contrario è presumibile che il cassero avesse una conformazione simile a quella attuale o comunque molto più vicina al precedente disegno del 1612, sopra citato. Ulteriori indizi sulla conformazione del cassero vengono forniti dal già citato resoconto dell’ingegnere Gabriello Ughi, inviato a Cortona nel 1624: oltre la necessità di chiudere le brecce nei tratti di mura adiacenti i bastioni, la fortezza risultava bisognosa di molti rimedi:…si tirino su le mura della Rocca, et si sanino dall’acque et humidità le prime quattro stanze dabasso in volta, et poi si facciano i tramezzi et si

    A sinistra, dall’alto: Pianta di fortificazione, in: Della fortificatione delle città, di m. Girolamo Maggi, e del capitan Iacomo Castriotto, Pubblicato in Venetia appreso Camillo Borgominiero, 1583. , libro I, p.46; Vista assonometrica, ivi, libro I, p.67;Francesco laparelli, Disegno di fortificazioni, Cod. Lap. Pag. 112. in: OCCHINI 1937, p. 51;immagini del cantiere presso il bastione di Santa Maria Nuova.

  • cuoprino con il tetto le altre quattro mure di sopra… […] Nel Cortile della medesima Rocca s’è giudicato esservi necessario farvi una loggia bassa per tenervi l’artiglieria al coperto, e disopra cavarne stanze per grani, legnami, materiali et altre munizioni grosse che si deve ordinariamente tener nelle fortezze: et perché con detta loggia si leverà la Cappella che v’è di presente, s’è disegnato di rifarla in testa al detto Cortile.103Un disegno di fortezza104, anonimo e senza data, conservato nella Miscellanea Medicea dell’Archivio di Stato di Firenze e che proponiamo di identificare con la pianta del Mastio della fortezza del Girifalco, rappresenta le caserme dei soldati, effettivamente presenti nel cortile almeno fino al 1776105, nonché, nelle immediate prospicienze del cassero, una loggia a sei campate, su pilastri quadrangolari; l’accesso e le aperture presenti lungo le mura corrispondono esattamente a quelli ancora oggi visibili, mentre la presenza della loggia comporta lo spostamento della cappella, più avanzata verso le mura. Alla luce di tali considerazioni, è possibile identificare in questo documento anonimo il disegno citato da Gabriello Ughi nella sua lettera (o comunque una copia dello stesso progetto). Si tratterebbe anche del primo documento iconografico finora individuato relativo al mastio e al cortile, considerando che tutte le piante precedenti e finora analizzate rappresentavano unicamente il circuito bastionato, e che i disegni di Tommaso Braccioli erano riferiti ad uno stato antecedente l’intervento mediceo. La mancata realizzazione della loggia e il conseguente mantenimento della cappella nella posizione originaria sono testimoniate anche nella successiva relazione di Ughi106. Probabilmente furono attuati prioritariamente i lavori urgenti, a salvaguardia della fabbrica della fortezza e della vita dei suoi abitanti.Un altro intervento testimoniato da Gabriello Ughi è la ricostruzione della volta di due casematte […] che

    piglia il disopra tutto del baluardo. La qual volta torna benissimo poi che così si potrà con Artiglieria difendere e ben guardare il roscello e l’entrata della fortezza, da questo fianco et per la faccia guarda di fronte la venuta dalla città.107 È plausibile che il baluardo in questione fosse quello di Santa Margherita, la cui conformazione aperta e diversa rispetto agli altri bastioni, è dovuta probabilmente a successivi crolli e ricostruzioni.

    La veduta a volo d’uccello, incisione di Pietro da Cortona del 1634108, nonostante il carattere encomiastico e illustrativo che la differenzia dai documenti fin qui analizzati, offre una descrizione tridimensionale degli edifici e delle fortificazioni all’inizio del Seicento: è possibile ad esempio comprendere l’assetto dei borghi di San Vincenzo e San Domenico, ormai ultimati (si riconoscono in basso a sinistra i due mezzi baluardi con cui Gabrio Serbelloni aveva avviato i lavori alle mura della città); si nota inoltre come tutti i merli e le antiche torri fossero stati abbattuti, ad eccezione del tratto di muraglia che collegava la fortezza del Girifalco al bastione all’estremo sud-orientale del circuito.Motivo di lustro e prestigio per la città al pari delle chiese di Santa Maria Nuova o del Calcinaio, la fortezza veniva rappresentata in piena attività, con tutti e quattro i bastioni armati di cannoni fumanti, benché, come si è visto, di tale attività non ci sia pervenuta memoria; è interessante notare come i bastioni venissero rappresentati tutti ugualmente

    dotati di piazze di tiro scoperte, benché lo stato attuale del bastione di Santa Margherita sia molto alterato: questo farebbe pensare ad alterazioni successive, probabilmente dovute a crolli, che ne avrebbero compromesso l’originaria consistenza. Ulteriore elemento di interesse è la relazione che intercorre tra la fortezza del Girifalco e il convento di Santa Margherita, qui rappresentato nella sua conformazione originaria medievale. Le modifiche ottocentesche hanno totalmente alterato questo assetto originario, in cui la chiesa presentava dimensioni molto ridotte rispetto alla mole odierna, né poteva essere altrimenti, dal momento che un edificio delle dimensioni dell’attuale convento avrebbe potuto compromettere la sicurezza del sistema difensivo.109

    Nel 1642 Cortona si trovò nuovamente coinvolta, per la sua posizione di confine, nel conflitto fra il pontefice Urbano VIII ed Edoardo Farnese duca di Parma sostenuto dal granduca di Toscana, divenendo piazza d’arme delle soldatesche necessarie alla guerra.110 Dalle Memorie di Annibale Laparelli emerge il costante rifornimento della fortezza, consistente in palle da moschetto, miccia, barili di polvere d’archibuso, moschetti con sue forcine e banderole. La città fu posta in stato di difesa, e per ordine del granduca furono terrapienate porta di S. Vincenzo e di porta Montanina.111Nella seconda metà del Seicento i sopralluoghi dei provveditori persero il carattere di ispezioni militari, mirando piuttosto all’individuazione delle manutenzioni strettamente necessarie112; i tecnici preposti alle visite non erano più solo ingegneri militari: emblematico il caso di Ferdinando Tacca, scultore granducale, incaricato delle visite a Cortona nella seconda metà del Seicento. La relazione113 da lui redatta nel 1667 per il granduca era incentrata sul mastio e sul cortile, luoghi in cui si svolgeva la vita della piccola guarnigione rimasta: occorreva risarcire il castellano per le invetriate da lui realizzate, veniva richiesto il ripristino di pavimenti, camini, una nuova catena per prelevare l’acqua dalla cisterna, il risanamento della cappella, interventi cioè focalizzati sui problemi del vivere quotidiano piuttosto che sulle strategie di difesa dei confini.[…]Li marciapiedi del recinto, quali con volticciole sopra beccatelli sono superiore alli tetti de magazzini, quartieri e altre stanze, et a quelli anco del signor castellano per haver imbevuto e incorporato l’acqua, penetra di sotto per la muraglia o lungo essa in tutte le suddette stanze e infradicia le muri, tetti e palchi; il vero rimedio sarebbe rialzare tutti li

    Veduta della Fortezza del Girifalco e della Chiesa di Santa Margherita, Cortona, 1612, ASF, Scrittoio delle Fortezze e Fabbriche. Fabbriche Lorenesi, 1933 c.213inGeGner annibale cecchi, Veduta della Fortezza del Girifalco, Cortona, 1655, ASF, Scrittoio delle Fortezze e Fabbriche. Fabbriche Lorenesi, 1933 c.640

    In alto:ASF, Miscellanea Medicea, busta 120, sezione II D (microfilm: bobina 1, fotogramma 293)Pianta di Fortezza, anonimo, senza data. (datazione proposta: 1624)

    Al centro:odoardo Warren, Raccolta di piante delle principali città e fortezze del Gran Ducato di Toscana, 1749.Fortezza di Cortona, cc.186-187. (dettaglio del Mastio)

    In basso:Stato attuale del cortile e del piano terra del Mastio.

  • tetti sopra il piano di detto marciapiede, per braccia 3 ½ e coprirlo tutto con una volticina andante, con il suo tetto sopra ben murato, e gli altri tetti seguitassero quel pendio, e per la parte di fuori sul detto marciapiede fare un ordine andante di finestre da potersi serrare che oltre al rinsanicarsi ogni cosa si acquisterebbe molte stanze per servizzi della fortezza, ma per esser spese di circa a scudi 1000, la metto solo in considerazione a Vostro Illustrissimo.Bisogna perlomeno, poiché non c’è altro modo che l’acqua non penetri in detti marciapiedi (et in fortezza ci è munizione di piombo) coprirgli di piastre di piombo per quanto tengono li tetti sotto con farli le sue ricolte bene ristuccate, le sue cannelle saldate, che cavino fuori l’acqua, che così credo non penetrerà a infradiciare sotto.

    Alla luce di queste problematicità, ben si comprende la successiva decisione di demolire le caserme. Non soltanto l’usura, ma anche i forti venti e altri accadimenti naturali determinarono il progressivo deterioramento delle condizioni della fortezza114; come fu per il fulmine, ricordato nelle cronache di Annibale Laparelli, che nel 1669 rovinò il torrione e portò gran danno alle stanze dell’armeria.115

    Dal Settecento ad oggiCon il passaggio del Granducato alla casata dei Lorena, il controllo militare fu assolto in un primo momento da truppe austriache; solo dal 1739, con l’editto Articoli di guerra prescritti alle truppe, Francesco Stefano istituì nuovi contingenti toscani incaricati di tale compito.Nel 1741 Cortona fu nuovamente armata in occasione della contesa fra Francia, Spagna ed Austria per il Regno di Sicilia: tuttavia, si è visto come, conclusa da tempo la politica di espansione, la Toscana mirasse esclusivamente a salvaguardare la propria neutralità e a garantire un periodo di pace e prosperità.116Grazie a questo contesto di distensione, nell’ anno 1743 fu cominciata a disarmarsi la fortezza di Cortona [...] furono levato sei Cannoni di Bronzo di diversi calibri, quali furono trasportati a Firenze, e come altri dicono in Arezzo, ove si crede che siano presentemente.117

    Le operazioni di disarmo si protrassero fino al 1744; il 20 agosto di quell’anno, gli Accademici cortonesi autori delle cronache riunite con il titolo di Notti coritane118, e conservate alla Biblioteca Comunale di Cortona, annotavano che:[...] [furono] levate dalla fortezza di questa città le masserizie militari consistenti in alcuni cannoni grossi ed altri piccoli da campo, come ancora la campana e d’ogni altro destinato a l’uso antico di quella e in ogni cosa fu trasportato per ordine del Serenissimo Gran Duca a Firenze.119 Cosicché la fortezza rimase vuota, e serrata di fuori con chiavistello.120La guarnigione presente in fortezza al momento in cui fu disarmata, o riformata, come scrivevano gli Accademici, era tuttavia già esigua, e consisteva in un castellano, un tenente, un sergente, un caporale, nove soldati ed un cappellano121. Insieme alle artiglierie fu rimossa anche la campana che si trovava nella torre del mastio, risalente al bottino di guerra della vittoria su Perugia dell’anno 1239. La politica di disarmo dei Lorena e la problematica gestione di strutture ormai svuotate del loro utilizzo bellico, rese necessaria anche una revisione amministrativa delle difese Granducato, attuata dalla Direzione Generale dell’Artiglieria e Fortificazioni; a capo di tale istituzione fu nominato, con ordinanza del 26 aprile 1739, il colonnello Odoardo Warren. Alle dipendenze di questa direzione fu istituito nel 1753 il Corpo del Genio Militare, poi soppresso nel 1777 e confluito negli uffici dello Scrittoio delle Fortezze e Fabbriche. L’esigenza di controllare lo stato in cui versavano tutte le fortificazioni, particolarmente sentita nel momento dell’avvicendamento ai Medici della Signoria dei Lorena, fu assolta dalla compilazione nel 1749 della Raccolta di piante delle principali città e fortezze del Gran Ducato di Toscana, ad opera dello stesso Warren, in seguito ai suoi viaggi di ricognizione effettuati insieme all’aiuto Anastagi. In una fase storica che tendeva sempre più verso l’unificazione del linguaggio cartografico e progettuale, e che vedeva comparire alle dipendenze dei governanti la figura dell’ingegnere-geografo, anche Warren non si limitò a prendere atto delle condizioni in cui versavano tali fortificazioni, ma produsse in alcuni casi disegni dai quali si deduce una volontà di suggerire soluzioni per il potenziamento delle stesse, ad esempio nel caso di Grosseto e di Pisa.Nella pianta generale della città di Cortona si nota, relativamente alla fortezza, come tre dei quattro bastioni siano rappresentati al livello delle piazze scoperte, che ne nascondono la configurazione

    interna; diversamente, il bastione di Santa Margherita è collegato da una rampa al corpo di guardia superiore, lasciando supporre un diverso assetto degli ambienti sotterranei. Dal confronto con la veduta a volo d’uccello di Pietro da Cortona, in cui i bastioni erano raffigurati tutti ugualmente dotati di piazze scoperte, si può supporre che quello di Santa Margherita avesse subito un crollo; ipotesi che sembra confermata da alcuni elementi architettonici che lo differenziano rispetto agli altri tre: in primo luogo bisogna osservare che il suo piano di calpestio, esterno, corrisponde alla quota dell’interno del bastione di Santa Maria Nuova; inoltre, l’osservazione delle murature rivela evidenti segni di scuciture e crolli indicanti, insieme al profilo del parapetto terminante al di sotto del livello del cordolo, che il bastione ha subito nel tempo notevoli alterazioni. Si tratta purtroppo di elementi non sufficienti a formulare ipotesi più consistenti in merito ad una possibile configurazione originaria.

    pietro da cortona, Cortona, città antichissima in Toscana, metropoli già di Turrenia, 1634, Incisione, Biblioteca Comunale e dell’Accademia Etrusca, 425, c. 2r

    odoardo Warren, Pianta della Città di Cortona e Piano della Fortezza di Cortona, in: Raccolta di piante delle principali città e fortezze del Gran Ducato di Toscana, 1749.

  • La seconda pianta di Warren, di dettaglio sulla fortezza del Girifalco, raffigura invece l’interno dei bastioni e il cortile del mastio, riunendo sinteticamente due livelli in realtà distinti e concentrando in un’unica rappresentazione tutti gli elementi strutturanti il complesso fortificato. Si possono osservare alcune differenze rispetto all’assetto attuale, come l’assenza, nel bastione di San Giusto, di tre ambienti minori, o la diversa forma della camera secondaria del bastione di Santa Maria Nuova. Potrebbe trattarsi tuttavia di omissioni dettate da esigenze di sintesi e chiarezza della rappresentazione: in questo caso, infatti, a differenza di quanto avviene nel bastione di Santa Margherita, non sono presenti discontinuità murarie e risulta difficilmente sostenibile l’ipotesi di modifiche occorse nel tempo. In allegato alle piante Warren descrive brevemente

    la città e la sua fortezza, […] d’una figura irregolarissima siccome ancora i di lei bastioni, perchè si assoggettarono nel fabbricarla alle irregolarità del monte, ed hanno voluto da un altro canto profittare degl’antichi recinti. Ella è tutta rivestita di mattoni, con delle leghe di pietra agl’angoli, ciò che non fa vedere che non v’è stata risparmiata la spesa, d’altrove vi sono delle gallerie con delle feritoie in molti luoghi. Vi è una specie di fosso cominciato davanti ai tre lati che guardano la campagna, e come vi era ancora una piccola eminenza alla tramontana, è stata occupata da un rivellino assai grande, ed assai imperfetto. Lo spazio che resta tra la fortezza e la città, è considerabile e forma come un grande spalto, fra del quale e la fortezza è una specie di gran fosso ma poco profondo che si passa sopra di un ponte. In generale questa fortezza è poca cosa presentemente, e non può essere utile nel grado in cui sono gli affari122.

    Dal momento del suo disarmo, infatti, nonostante la tassa sui fuochi imposta ad alcune ville del territorio cortonese per poterla mantenere, era iniziato per la fortezza un lento e costante processo di decadimento. Le condizioni della cappella, del corpo di guardia e delle caserme, ormai completamente rovinate erano tali che si auspicava la loro demolizione, mentre al contrario veniva chiesto che la somma ottenuta grazie alle tasse fosse destinata a tenere in piedi almeno la Fabbrica principale della Fortezza.123 Fu così che nel 1763, in seguito all’avanzare dei dissesti, fu riscontrato il crollo della cappella nel cortile del mastio.124Due piante molto simili a quelle di Odoardo Warren, risalenti sempre al XVIII secolo, furono redatte dal topografo Luigi Giachi, probabilmente sulla base delle prime.Nel 1766 la fortezza del Girifalco fu ceduta alla Comunità di Cortona che ne aveva fatto richiesta e di lì a tre anni vennero demoliti vari ambienti per ridurla a carcere cittadino.125 Allarmati dalla possibilità che le sorti della fortezza fossero affidate al maggior offerente, quando, nel 1776, fu posta al pubblico incanto, i Gonfalonieri e i Priori della Comunità di Cortona chiesero a sua Altezza Reale Pietro Leopoldo di concedere alla Comunità di Cortona la Fortezza suddetta con facoltà di finir di rovesciar le caserme che non sono suscettibili di rifacimento e con l’onere di riattare e mantenere il Palazzo del Castellano.126 Accolta la domanda, iniziarono una serie di interventi mirati a restaurare i forti del palazzo del castellano127, […]demolire le caserme128, […] rifare il tetto rovinato della loggia

    che cuopre la volta reale dell’Ingresso in Fortezza, per preservarla dal pregiudizio dell’acqua129, […] riserrare a muro con sassi esterni solamente in calcina otto voti di finestre, e due di camini in Fortezza nelle Muraglia del maschio130.

    Tra le carte del Catasto Leopoldino131, risalente all’età della Restaurazione successiva alla dominazione napoleonica, si può rintracciare una pianta della fortezza successiva ai lavori di riassestamento di fine Settecento: si può notare l’assenza delle caserme dei soldati all’interno del cortile, di cui si era denunciata più volte la precarietà e che furono demolite nel 1778. Di queste, restano tuttora visibili tracce di ammorsature sulle mura del cortile.L’assetto della fortezza rimase invariato negli anni successivi; nel 1897 si tentò invano di venderla a privati. Abbandonata ed aperta, fu depredata di legname, pietrami, mattoni; lo stesso Comune nel 1918 smantellò i tetti del palazzo per asportarne i soffitti lignei, e fu anche utilizzata come dimora per cani randagi132. Dal 1940 al 1945 ospitò 250 figlie di italiani all’estero, soldati tedeschi che vi innalzarono una radio trasmittente e soldati alleati. Dopo la guerra, nel 1948 il Comune nominò ufficialmente un castellano con il compito di tenere la fortezza a disposizione dei visitatori133. Nel 1959 il Ministero della Pubblica Istruzione stanziò la somma di L. 2.200.000 per urgenti lavori di restauro; in occasione della mostra d’arte sulla Val di Chiana prevista nel 1969 nei locali della fortezza furono effettuati ulteriori lavori miranti alla conservazione ed al consolidamento delle strutture murarie antiche, del camminamento del recinto del cortile e dell’interno della rocca, che necessitava della ricostruzione di alcune parti. Contestualmente si ripristinarono pavimentazioni, intonaci, infissi; si predisposero impianti elettrici ed idraulici ed opere di protezione per fruire di tutti gli spazi durante lo svolgimento della mostra; si costruì una scala in legno per di collegare tutti i piani del mastio ed un ascensore ricavato nello spessore delle pareti. 134 Seguendo il cantiere della fortezza di Cortona nell’avvicendarsi dei numerosi architetti e ingegneri, si evidenzia come tale esperienza abbia rappresentato per il giovane Francesco Laparelli la possibilità di affiancarsi ad un personaggio già affermato sulla scena militare135 quale Gabrio Serbelloni, nonché l’inizio di una preziosa collaborazione che sarebbe proseguita nel corso di tutta la vita. Il suo operato venne dapprima ricompensato con gli incarichi per il campanile di Cortona e con l’assegnazione della

    cittadinanza fiorentina nel 1555, quando Cosimo I volle così premiare cinque nobili cortonesi che avevano contribuito alla vittoria nella guerra di Siena. Quando, nel 1559, fu eletto Papa il fratello del marchese di Marignano con il nome di Pio IV, il Serbelloni beneficiò della parentela ottenendo la carica di Capitan Generale della Guardia Pontificia, Cavaliere di Malta e Priore d’Ungheria. Tale mandato valse al Laparelli la nomina di Capitano e l’assegnazione di una compagnia di 200 uomini a guardia di Civitavecchia, dove diresse i lavori di fortificazione delle mura e del porto. Nel 1560 lo stesso Pio IV gli affidò la fortificazione del Borgo Vaticano e di Castel Sant’Angelo. A proposito della sua collaborazione al cantiere della Cupola di San Pietro, la biografia di Filippo de’ Venuti sottolinea l’onestà e il rigore dell’architetto, di cui Michelangelo volle servirsi come sostituto perché esattamente eseguisse, senza fare il Dottore, le sue idee e i suoi studiati disegni.136 Culmine della collaborazione con il pontefice fu una serie di sopralluoghi al fine di redigere un rapporto dettagliato sulle fortificazioni nei territori dello Stato, di cui ci resta un volume autografo corredato di disegni137; fu infatti sempre su suggerimento di Gabrio Serbelloni, e con il consenso di Cosimo I, che al termine dell’incarico romano Laparelli fu inviato da Pio IV nell’isola di Malta, per assistere il Gran Maestro Parisot de La Valette nella progettazione delle nuove fortificazioni dell’isola, che ci consegnano la struttura della città capitale.

    luiGi Giachi, Pianta della Città di Cortona e Pianta della Fortezza di Cortona seconda metà del XVIII secolo. Disegni a china con acquerelli.

    Particolare della carta del Catasto Lorenese, 1823-1824, relativo alla Fortezza del Girifalco.

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    seVerini 1999Giancarlo seVerini, Fortificazioni e controllo delle acque in Toscana tra 500 e 600. Il caso di Pisa. Pisa, ETS, 1999.

    spini 1976GiorGio spini, Architettura e politica da Cosimo I a Ferdinando

    I, Firenze, Olschki, 1976.

    Storia di Cortona 1835Storia di Cortona, Bologna, Atesa, 1979. Riedizione anastatica dell’originale stampato in Arezzo, Tipografia Bellotti, 1835.

    tarGioni tozzetti 1779GioVanni tarGioni tozzetti, Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana dal dottor Gio. Targioni Tozzetti, Tomo ottavo, Firenze, Cambiagi, 1768-1779.

    tartaGlini 1700doMenico tartaGlini, Nuova descrizzione dell’antichissima città di Cortona, Bologna, Forni, 1986. Ristampa anastatica dell’originale stampato a Perugia, Costantini, 1700.

    Venuti 1761

    Filippo de’Venuti, Vita del Capitano Francesco Laparelli da Cortona, Cortona, Calosci, 1979. Ristampa anastatica dell’originale, Livorno, 1761.

    Warren 1749odoardo Warren, Raccolta di piante delle principali città e fortezze del Gran Ducato di Toscana, 1749.

    (Endnotes)1 Questa uoce pigliamo dal’orechio del’huomo, poi che quei tondi semicircoli, che si fanno a’ lati delle spalle delle cannoniere sembianza habbino d’orechie. leonardi 1975.2 Asse bisettore dell’angolo capitale, ovvero l’angolo formato dalle facce del bastione.3 della cella 1900, p.6.4 La mancanza di documentazione sul periodo tardo-antico è dovuta in parte alla dispersione degli archivi dei monasteri di Farneta, Petroio e Montemaggio, le più importanti istituzioni ecclesiastiche sul territorio cortonese prima del 1200; ma le perdite maggiori sono avvenute con l’incendio che nel 1569 ha devastato il Palazzo dei Priori e l’archivio comunale lì custodito. Cortona 1987, p.239. 5 Per una rassegna dettagliata dei reperti si veda chierici, Materiali per una carta archeologica del territorio cortonese, in: Cortona 1987.6 Per una ricostruzione delle fasi di sviluppo urbano, Cortona 1987, pp.49-52.7 neppi Modona 1925 pp.48-56.8 della cella 1900, p.13, p.21 e p.239.9 Ivi, p.24.10 Cod. car. 532, Raccolta delle notizie di Cortona, compilata da M. Andrea Sernini Cucciati nel 1592 p.29-30, in Frescucci 1966, p.6.11 pasqui 1904, p. 40, in: Frescucci 1966, p.7.12 pasqui 1904, p. 78, in: Frescucci 1966, p.7.13 repetti 1833, voce cortona. Gli stessi documenti sono citati, seppure con qualche difformità, in Frescucci 1966, p.7.14 Le Riformagioni, tra le istituzioni più antiche della tradizione archivistica fiorentina, risalgono agli inizi del Trecento e rappresentano la redazione in pubblica forma degli atti dei consigli comunali; il Notaio delle Riformagioni, incaricato della redazione, venne qualificandosi come una presenza stabile e punto di riferimento obbligato della vita politica e amministrativa cittadina, nel frastagliato panorama istituzionale fiorentino caratterizzato dalla rapida rotazione degli incarichi pubblici. (Sistema Informatico Archivio di Stato di Firenze)15 Cod. car. 532, Raccolta delle notizie di Cortona, compilata da M. Andrea Sernini Cucciati nel 1592, p.29-30, in: Frescucci 1966, p.6.16 repetti 1833, voce cortona. Gli stessi documenti sono citati, seppure con qualche difformità, in Frescucci 1966 p.7.17 alticozzi 1763, pp. 258-259. In appendice al testo l’Alticozzi riporta le trascrizioni integrali dal Registro Vecchio dei documenti citati.18 repetti 1833, voce cortona.19 Cugino del marchese di Marignano Giovangiacomo Medici, comandante dell’esercito di Cosimo I, il milanese Gabrio Serbelloni (1509-1580) fu nominato generale dell’artiglieria nella guerra di Siena, nonché incaricato della sovrintendenza ai lavori di fortificazione di molteplici presidi medicei. Oltre a Cortona ricordiamo Castrocaro, Sansepolcro, Arezzo e Portoferraio. I Castelli 1978, pp.188-283. Relativamente alla collaborazione con Bernardo Puccini, laMberini 1990.20 Nato a Cortona il 5 aprile 1521 da nobile famiglia e dedito già in giovane età allo studio della scienza militare e della meccanica, Francesco Laparelli intraprese la carriera militare tra le file degli Imperiali nella guerra di Siena. Per le notizie biografiche si è fatto prevalentemente riferimento a Venuti 1761.21 BCAE, Registro Vecchio di Cortona, f.531, 3 ottobre 1521. Regesto del documento, a cura di Girolamo Mancini, in: BCAE,

  • Indice dei documenti contenuti nel Registro Vecchio del Comune di Cortona.22 della cella 1900, p. 68 e pp. 239-240.23 Mancini 1897, pag.369. Riferimento documentario: A.C.C., Deliberazioni consiliari di Cortona, filza Q 11, cc. 492, 498, 512.24 Anche nella fase successiva di interventi sulla fortezza, alla metà del secolo, si verificavano problemi di reclutamento della manodopera, tanto che