Vita consacrata, riflesso e segno dell’umanità di Cristo · dell’umanità di Cristo Lettera...

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LUIGI ANTONIO CANTAFORA Vescovo di Lamezia Terme Vita consacrata, riflesso e segno dell’umanità di Cristo Lettera Pastorale per l’Anno della Vita Consacrata

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LUIGI ANTONIO CANTAFORA Vescovo di Lamezia Terme

Vita consacrata, riflesso e segno

dell’umanità di Cristo

Lettera Pastorale

per l’Anno della Vita Consacrata

2

3

Ai religiosi e religiose,

ai presbiteri, diaconi e

all’intero popolo di Dio della Chiesa

che è in Lamezia Terme.

INTRODUZIONE

«Noi rendiamo grazie a Dio, Padre del Signore Nostro

Gesù Cristo per voi» (Col 1,3).

Carissimi,

l’inizio dell’Avvento coincide con l’apertura dell’Anno

della Vita Consacrata, voluto da Papa Francesco. Con questa

lettera pastorale mi rivolgo a tutti coloro che si riconoscono

appartenenti al gregge di Cristo. Un gregge che, anche se pic-

colo, è sempre importante agli occhi del «Principe dei pastori»

(cf. 1Pt 5,4). Riconoscerci in questo gregge, significa sapersi

eredi di Cristo, in quanto «è piaciuto al Padre di dare il suo Re-

gno» (cf. Lc 12,32) proprio a noi.

Scrivo questa lettera a voi, religiosi e religiose, presbite-

ri, diaconi e fedeli laici, sapendovi credenti anche di questa

precisa e puntuale Parola di Cristo rivolta agli apostoli: «Chi

ascolta voi ascolta me» (Lc 10,16) e che sant’Ignazio di Antio-

chia esplicita: «Ascoltate il vescovo, se volete che Dio ascolti

voi» (A Policarpo, 6).

Papa Francesco nell’udienza del 5 novembre scorso ha

ricordato a tutti noi che

le comunità cristiane riconoscono nel Vescovo un dono

grande, e sono chiamate ad alimentare una sincera e

profonda comunione con lui, a partire dai presbiteri e

dai diaconi. Non c’è una Chiesa sana se i fedeli, i dia-

coni e i presbiteri non sono uniti al vescovo. Questa

4

Chiesa non unita al vescovo è una Chiesa ammalata.

Gesù ha voluto questa unione di tutti i fedeli col vesco-

vo, anche dei diaconi e dei presbiteri. E questo lo fanno

nella consapevolezza che è proprio nel Vescovo che si

rende visibile il legame di ciascuna Chiesa con gli Apo-

stoli e con tutte le altre comunità, unite con i loro Ve-

scovi e il Papa nell’unica Chiesa del Signore Gesù, che

è la nostra Santa Madre Chiesa Gerarchica1.

Le parole che troverete in questa breve lettera, scaturi-

scono dal cuore di un Pastore che vede e sa quanto la nostra

comunità stia crescendo tramite l’impegno generoso di tutto il

popolo di Dio e grazie all’apporto creativo e irrinunciabile dei

nostri fratelli e delle nostre sorelle degli Istituti di Vita Consa-

crata.

Il nuovo anno pastorale ha due grandi caratteristiche in-

timamente legate: sarà un anno di preparazione al Convegno

ecclesiale di Firenze all’interno dell’anno dedicato alla vita

consacrata. C’è dunque un itinerario interconnesso che vorrei

guardare con voi.

1. In cammino verso il

Convegno Ecclesiale di Firenze

Il 5 ottobre, abbiamo avuto la gioia di inaugurare

l’Anno Pastorale in Cattedrale. È stato bello e consolante vede-

re un’assemblea sinodale che riuniva laici, religiose, religiosi,

diaconi e sacerdoti, tutti membra di un unico corpo ecclesiale,

in cammino per rendere testimonianza della fede e della spe-

1 Papa Francesco, Udienza Generale 5 novembre 2014.

5

ranza, dalle quali è reso vivo. Per questo motivo, sento di

esprimere con forza e fiducia che «siamo una Chiesa viva! Una

Chiesa in cui è presente una diffusa e generosa disponibilità al

servizio. Grazie a Dio ci sono sacerdoti, diaconi e laici da ap-

prezzare e ammirare per la passione che condividono annun-

ciando il Vangelo».

Nell’orizzonte del nostro cammino, si profila ormai

prossimo, l’importante appuntamento del Convegno Ecclesiale

di Firenze, dal tema In Gesù Cristo il nuovo umanesimo.

Come Chiesa in Italia, affronteremo il significativo

«trapasso culturale e sociale che caratterizza il nostro tempo e

che incide sempre più nella mentalità e nel costume delle per-

sone, sradicando a volte principi e valori fondamentali per

l’esistenza personale, familiare e sociale»2.

Papa Francesco ci avverte che stiamo vivendo non tanto

un’epoca di cambiamenti, ma un vero e proprio cambio di epo-

ca, che per noi diventa un kairòs: una situazione favorevole e

opportuna offerta da Dio alla fede dei cristiani e agli uomini di

buona volontà.

Benedetto XVI, già sottolineava però che l’attuale cam-

biamento culturale non è una sfida al cristianesimo stesso, «ma

un orizzonte sullo sfondo del quale possono e devono essere

trovate soluzioni creative»3. In tal senso, «la Chiesa, con i sin-

goli suoi membri e con tutta intera la sua comunità, crede di

poter contribuire molto a umanizzare di più la famiglia degli

uomini e la sua storia»4.

2 Convegno Ecclesiale Ecclesiale di Firenze 2015, Invito In Gesù Cristo un

nuovo umanesimo. 3 Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti all’incontro dei rettori e docenti

delle università europee, 23 giugno 2007. 4 Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n.40.

6

Che cosa dovrà fare la nostra Chiesa?

La concreta e attuale situazione dei nostri giorni, esige

una lettura di fede dei segni dei tempi, per riscoprire il linguag-

gio dell’amore nei confronti di questo uomo, confuso, perso e

smarrito.

E la parola d’amore che la Chiesa ha da dire all’uomo è

Cristo. Per poter vivere questo compito è necessario annunciare

con coraggio che «Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, di-

venta anch’egli più uomo»5. La convinzione profonda che ci

anima è la stima e la passione per il destino dell’uomo che se-

condo la parola di sant’Ambrogio, «è il capolavoro del mon-

do», «il culmine dell'universo e la suprema bellezza di ogni es-

sere creato»6.

Ai nostri giorni, questo annuncio appare difficile, se

non incomprensibile, guardando alla grande confusione che re-

gna sulla concreta realtà dell’uomo. Egli appare sempre di più

un mistero, incommensurabile, sempre da scoprire, non solo

per la sua identità, ma anche per la grande nebbia che, un certo

tipo di cultura, ha prodotto intorno a lui. In questa nebulosa

umana, riscopriamo come ancora più vere, le parole di san

Giovanni Paolo II: «L’uomo non può vivere senza amore. Egli

rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è

priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non

s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa pro-

prio, se non vi partecipa vivamente»7.

Questo è vero per tutti: per i consacrati e per gli sposi.

Ce lo ha ricordato nel nostro Convegno diocesano suor Elena

Bosetti, ma soprattutto la recente esperienza ecclesiale del Si-

5 Ibidem.

6 Ambrogio, Exameron VI,75.

7 Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, n. 10.

7

nodo sulla famiglia che ha riportato alla luce l’esperienza

dell’amore coniugale come il miracolo più bello della nostra

storia umana. Per questo motivo, rilanciamo con gioia

l’annuncio della verità integrale, piena d’amore, riguardante il

mistero del matrimonio e il suo compimento nel matrimonio

cristiano. Il mondo che non sa più parlare d’amore ha bisogno

di quella naturale e vitale grammatica sulla sacralità della vita,

sulla responsabilità della paternità e della maternità, sulla vo-

cazione a realizzare nel mondo il matrimonio cristiano, reale

icona ed esperienza della Trinità nel cuore dell’uomo.

In questa direzione, auspico che si riscopra e si divulghi

il grande Magistero di Giovanni Paolo II sulla persona umana,

il matrimonio e la famiglia. Apprezzare, stimare, servire e cu-

stodire la famiglia ci porta a riscoprire la Chiesa come famiglia

di Dio per l’intera umanità, esperienza concreta della vita re-

denta. Infatti il progetto di Dio è

fare di tutti noi un’unica famiglia, in cui ciascuno lo

senta vicino e si senta amato da Lui, come nella parabo-

la evangelica, senta il calore di essere famiglia di Dio.

In questo grande disegno trova la sua radice la Chiesa,

che non è un’organizzazione nata da un accordo di al-

cune persone, ma - come ci ha ricordato tante volte il

Papa Benedetto XVI - è opera di Dio, nasce proprio da

questo disegno di amore che si realizza progressiva-

mente nella storia. La Chiesa nasce dal desiderio di Dio

di chiamare tutti gli uomini alla comunione con Lui, al-

la sua amicizia, anzi a partecipare come suoi figli della

sua stessa vita divina8.

Nella Chiesa, veramente sperimentata e vissuta per

mezzo della presenza di Cristo, l’uomo torna ad essere di Dio e

8 Papa Francesco, Udienza Generale 23 maggio 2013.

8

per Dio. Le radici dell’uomo sono in Cristo, vero Dio e vero

uomo, senza il quale la vita di ognuno di noi resta incompren-

sibile. «Solamente fidandoci di Gesù Cristo, conosciamo che il

destino dell’uomo è partecipare della sua stessa figliolanza; è

chiamata a oltrepassarsi incessantemente, non per divenire altro

da sé, bensì per assumere la propria identità grazie alla relazio-

ne con l’Altro»9.

A Cristo deve rivolgersi il nostro cuore, la nostra atten-

zione. Restano memorabili le parole del beato Paolo VI. Papa

Montini si domanda: da dove riprendere la Chiesa? Da dove

riiniziare il cammino? Quale la strada da percorrere? Quale la

meta da raggiungere? Cristo, Cristo nostro principio; Cristo no-

stra vita e nostra guida; Cristo nostra speranza e nostro termine.

Il nuovo Anno Pastorale, che ci proietta a Firenze, ci

invita a focalizzare la nostra attenzione sulla concreta possibili-

tà che in Cristo l’uomo ha l’opportunità di rinascere e di ri-

spondere alla sua alta vocazione.

«Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera

luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era

figura di quello futuro (Rm 5, 14), e cioè di Cristo Signore. Cri-

sto, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Pa-

dre e del suo Amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo

e gli fa nota la sua altissima vocazione»10

. Perché come inse-

gna san Giovanni Paolo II, «Cristo, Redentore del mondo, è

Colui che è penetrato, in modo unico e irrepetibile, nel mistero

dell'uomo ed è entrato nel suo “cuore”»11

.

Le parrocchie, i gruppi, i movimenti e le associazioni,

in questo anno riscoprano questa dimensione essenziale della

9 Convegno Ecclesiale di Firenze 2015, Invito.

10 Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 22.

11 Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, n. 8.

9

nostra fede: l’orientamento a Cristo Gesù! Ci auguriamo per-

tanto che i diversi appuntamenti, che la delegazione diocesana

per il Convegno Ecclesiale di Firenze offrirà alla nostra Dioce-

si, siano vissuti da tutti con particolare intensità e partecipazio-

ne.

Ma in questo anno pastorale un altro stimolo riceviamo

dal Santo Padre Francesco per vivere con slancio la nostra mis-

sione ecclesiale, ovvero la lode e il ringraziamento per il dono

della vita consacrata. Parlare della vita consacrata, all’interno

del nuovo umanesimo è qualcosa di naturale, di affascinante e

di evangelico. Infatti la vita consacrata è la presenza della cari-

tà di Cristo in mezzo all’umanità12

.

Anzi, i religiosi e le religiose sono chiamati a partecipa-

re alla vita della Trinità, come effusione di gioia, come condi-

visione d’amore, confessando e annunciando l’amore che sal-

va, redime e libera13

.

Per questo le persone consacrate meritano davvero tanta

gratitudine da parte di noi tutti, perché la loro presenza «costi-

tuisce memoria vivente del modo di esistere e di agire di Gesù

come Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratel-

li»14

. Come Vescovo di questa Chiesa, vorrei sottolineare per-

tanto la preziosità del lavoro apostolico, portato avanti dalla vi-

ta consacrata e mi riferisco in particolare alla ricchezza speciale

contenuta nel “genio femminile” delle donne consacrate, alle

quali sentiamo di esprimere la più grande riconoscenza.

12

Cf. Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le società di Vita

Apostolica, Ripartire da Cristo un rinnovato impegno della vita consacrata

nel terzo millennio, n. 40. 13

Cf. Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte, 29. 14

Giovanni Paolo II Vita Consacrata, 4.

10

Guardando alla vita consacrata e incamminandoci verso

il Convegno di Firenze, vogliamo proporre quattro grandi

esempi di consacrati, la cui santità e il cui carisma, costituisco-

no lo spessore di donne e uomini redenti, nuovi, attraversati

dall’amore di Dio e profondamente appassionati all’umanità.

Donne e uomini che con Sant’Agostino dicono da seco-

li: «Viva è la mia vita tutta piena di Te»15

. Così da secoli stan-

no davanti a noi, san Francesco d’Assisi che vogliamo ripre-

sentare alla Chiesa diocesana come custode della bellezza e

della gioia; san Domenico di Guzman, come evangelizzatore;

san Francesco di Paola, come santo a noi familiare e caro; santa

Teresa di Gesù, nel suo V° centenario della nascita, per riaf-

fermare l’unico e indiscusso primato di Dio.

Noi guardiamo questi amici di Dio, sorelle e fratelli no-

stri e, insieme, desideriamo emulare il loro cammino e condi-

videre un giorno la loro felicità insieme a Cristo.

2. San Francesco d’Assisi: custode della bel-

lezza

«Nacque al mondo un sole» scrive Dante nella Divina

Commedia, parlando della nascita di Francesco d’Assisi, un

«vero gigante della fede cristiana», come ha voluto chiamarlo

Papa Benedetto XVI.

Recandosi pellegrino ad Assisi, Papa Francesco ha sot-

tolineato i due elementi inscindibili della sequela a Cristo di

Francesco: l’amore per i poveri e l’imitazione di Cristo povero.

L’incontro con Gesù lo portò a spogliarsi di una vita

agiata e spensierata, per sposare “Madonna Povertà” e

15

Agostino, Confessioni, 10,28.

11

vivere da vero figlio del Padre che è nei cieli. Questa

scelta, da parte di san Francesco, rappresentava un mo-

do radicale di imitare Cristo, di rivestirsi di Colui che,

da ricco che era, si è fatto povero per arricchire noi per

mezzo della sua povertà (cfr 2Cor 8,9)16

.

È stato detto che San Francesco rappresentava l’alter

Christus. È stato chiamato «il fratello di Gesù»: questa familia-

rità con Gesù, fa scaturire in lui come una sorgente viva,

l’amore per i fratelli e per tutta la creazione.

Vogliamo prendere questi punti per ripresentare alla

Chiesa diocesana la figura di questo gigante della fede: in pri-

mo luogo l’amore per Cristo in Francesco ha un risvolto prati-

co, immediato e necessario; l’amore per Cristo si esprime tra

l’altro nell’adorazione dell’Eucarestia.

Tutta l’umanità tema, l’universo intero tremi e il cielo

esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, vi è

Cristo, il Figlio del Dio vivente. O favore stupendo! O

sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Fi-

glio di Dio, così si umili da nascondersi per la nostra

salvezza, sotto una modica forma di pane17

.

Da qui la voce della Chiesa ripete ad ogni sacerdote:

«Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai. Con-

forma la tua vita al mistero della Croce di Cristo Signore». Per

noi sacerdoti, è necessario riscoprire e ripartire dall’Eucarestia,

se non vogliamo ritrovarci anonimi burocrati del culto18

.

16

Papa Francesco, Omelia S. Messa, Assisi, 4 ottobre 2014. 17

Francesco di Assisi, Scritti, Editrici Francescane, Padova 2002, 401. 18

«Restiamo fedeli alla “consegna” del Cenacolo, al grande dono del Gio-

vedì Santo. Celebriamo sempre con fervore la Santa Eucaristia. Sostiamo di

frequente e prolungatamente in adorazione davanti a Cristo eucaristico.

Mettiamoci in qualche modo “alla scuola” dell’Eucaristia. Tanti sacerdoti

12

Per Francesco d’Assisi, come un torrente scaturisce

l’amore per i fratelli e le sorelle per le creature di Dio. France-

sco è il modello riuscito di cristiano che si pone con gratitudine

di fronte al mistero del creato. Egli, ormai cieco, mentre la luce

stessa del sole gli procura dolore agli occhi, intona il Cantico

delle creature, in cui chiama “bello” messer frate sole, le stelle,

frate foco.

La cosa straordinaria è che Francesco canta la bellezza

di un mondo che lo fa fisicamente soffrire; ma egli ha sposato

Madonna Povertà, ha rinunciato a tutto ed è in grado di gioire

di tutto19

.

Possiamo godere della bellezza creata, se accettiamo

con essa la croce che la redime. E la croce della bellez-

za non è chissà quale strana sofferenza; è l’amore, con

quello che esso esige in fatto di fedeltà, di rispetto

dell’altro, di obbedienza a Dio e al senso delle cose, e

dunque di sacrificio e di rinuncia20

.

nel corso dei secoli hanno trovato in essa il conforto promesso da Gesù la

sera dell’Ultima Cena, il segreto per vincere la loro solitudine, il sostegno

per sopportare le loro sofferenze, l’alimento per riprendere il cammino dopo

ogni scoramento, l’energia interiore per confermare la propria scelta di fe-

deltà. La testimonianza che sapremo dare al popolo di Dio nella Celebrazio-

ne eucaristica dipende molto da questo nostro rapporto personale con

l’Eucaristia» San Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti per il Giovedì San-

to, 23.03.2000, n. 14. 19

In questo sta l’insegnamento grande sulla perfetta letizia di cui si parla

nelle Fonti Francescane e a cui è bene associare il passo della Lettera di

Giacomo che dice: «Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite

ogni sorta di prove, sapendo che la prova della vostra fede produce la pa-

zienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e in-

tegri, senza mancare di nulla» (Gc 1,2-4). 20

R. Cantalamessa, Dalla Bellezza della Trinità a quella di Cristo e

dell’uomo, XXVI Assemblea Nazionale della FIES, Sacrofano, 1 marzo

2014.

13

Per questo, la bellezza è solo quella del Signore Croci-

fisso. Il Cristo è sempre bello, anzi è «il più bello tra i figli

dell’uomo» (Sal 45,4), perché è un uomo offerto e consegnato

a noi gratuitamente. Siamo chiamati alla santità, ma siamo

chiamati anche alla bellezza.

Che ne abbiamo fatto del mandato di custodire, creare e

vivere la bellezza? Si tratta della bellezza della solidarietà, del-

la gratuità e del perdono e non invece delle contrapposizioni,

della mondanità e del calcolo. È la bellezza che rispetta il corpo

dei meno fortunati e se ne prende cura.

È la bellezza che valorizza ogni talento e ogni persona,

rigettando la violenza, il sopruso e la denigrazione. È la bellez-

za che rispetta la nostra terra e non la trasforma in una discarica

a cielo aperto, dove i rifiuti non sono solo la spazzatura, ma an-

che le persone scartate e dimenticate.

Infine, si tratta della bellezza da vivere nelle relazioni,

in cui nessuno dica all’altro: «Io non ho bisogno di te» (1Cor

12,21), perché ogni lacerazione è sfigurare la bellezza del cor-

po di Cristo21

. Francesco del resto,

sapeva che Cristo non è mai “mio”, ma è sempre “no-

stro”, che il Cristo non posso averlo “io” e ricostruire

“io” contro la Chiesa, la sua volontà e il suo insegna-

mento, ma solo nella comunione della Chiesa costruita

sulla successione degli Apostoli si rinnova anche

l’obbedienza alla parola di Dio22

.

21

Cf. E. Bianchi, Le parole della spiritualità, Piemme 2000, p. 43. 22

Benedetto XVI, Catechesi Udienza Generale del Mercoledì, 27 gennaio

2010.

14

Per questo Francesco sia modello e intercessore per noi.

Francesco d’Assisi,

che hai riconosciuto la voce del Signore

quando ti chiedeva di “riparare la sua casa”,

aiuta anche noi a collaborare con la sua grazia

per curare e fasciare le tante ferite

che deturpano la bellezza della carne del Signore

in mezzo a noi.

Fa’ che seguendo il tuo esempio,

possiamo essere anche noi veri fratelli e sorelle di Gesù,

amanti e custodi della bellezza

di ogni figlio di Dio e di tutto il creato.

Per questo intercedi per noi,

presso il più bello tra i figli dell’uomo,

l’eterno splendore del Padre, il Cristo nostro Signore. Amen.

3. San Domenico,

passione per la salvezza

dei fratelli e delle sorelle

Il tema della riforma della Chiesa suscita sempre grandi

attese, in quanto Ecclesia semper reformanda est. C’è chi pen-

sa che la riforma della Chiesa consista nel porre atti esclusiva-

mente di governo, come se la realtà ecclesiale fosse un qualco-

sa di puramente aziendale. Nessuno nega che provvedimenti

debbano essere presi, ma sono strumenti puramente umani e

spesso corrotti da noi uomini e donne di Chiesa. Ma questo ten-

tativo umano, sempre necessario per non peccare di omissione,

non è da solo sufficiente. Infatti,

sono i santi, guidati dalla luce di Dio, gli autentici ri-

formatori della vita della Chiesa e della società. Maestri

15

con la parola e testimoni con l’esempio, essi sanno

promuovere un rinnovamento ecclesiale stabile e pro-

fondo, perché essi stessi sono profondamente rinnovati,

sono in contatto con la vera novità: la presenza di Dio

nel mondo23

.

Sono i santi coloro che splendono per la loro spirituale

capacità di leggere i segni dei tempi. In particolare in un tempo

di grande prova per la Chiesa, quando la diffusione di diverse

eresie (in particolare quella catara), rischiava di minare l’unità

della Chiesa stessa, lo Spirito provvide a suscitare Domenico di

Guzman per l’annuncio del Vangelo.

Da parte del suo successore, il beato Giordano di Sas-

sonia, abbiamo un ritratto sorprendente: «Infiammato dello ze-

lo di Dio e di ardore soprannaturale, per la tua carità senza con-

fini e il fervore dello spirito veemente ti sei consacrato

tutt’intero col voto della povertà perpetua all’osservanza apo-

stolica e alla predicazione evangelica». Questi secoli di storia

che ci separano dai tempi di san Domenico, hanno testimoniato

che l’aspetto essenziale del dono di Dio è la compassione che

lo porta a consacrare la propria vita alla salvezza dei fratelli e

delle sorelle. Questa passione in lui aveva due aspetti fonda-

mentali.

Era una passione eroica, perché gli chiedeva di mettere

in gioco tutto, di spendere la sua vita per questa causa, sino ad

accettare il martirio. Inoltre era una passione comunicativa, in

quanto era consapevole che la salvezza avviene mediante la

comunicazione della fede. Domenico ha scelto di consacrare il

meglio delle sue forze ad un’opera di illuminazione sulle con-

vinzioni del prossimo con la proclamazione della fede, il suo

insegnamento. Questa è la sua opzione precisa e specifica.

23

Benedetto XVI, catechesi 13 gennaio 2010.

16

Come confermerà il Papa nel 1221: «Annunciare ai pagani il

nome del Signore Gesù e spezzare ai fedeli il pane della Paro-

la».

La predicazione che Domenico vuole - e vive - è la pre-

dicazione della fede che nella contemplazione ha la sua unica e

fondamentale fonte. Domenico predica e annuncia la miseri-

cordia di Dio perché Dio stesso gli ha donato di contemplare la

sua misericordia. “Contemplare e donare agli altri quanto con-

templato” (contemplarii et contemplata aliis tradere) è un mo-

to che ben sintetizza il carisma di Domenico e dei suoi figli e

figlie.

Forse questa è una dimensione che non abbiamo così

presente. Forse facciamo fatica a coglierne l’importanza, dando

spazio a un annuncio spesso troppo orizzontale, sociale, poco

kerigmatico. Anche la stessa parola “salvezza”, suona così

strana alle nostre orecchie!

Se ripresentiamo all’attenzione di tutti, la grandezza di

Domenico è perché desideriamo che la sua passione per Dio e

per la salvezza degli altri, ridiventi anche il motore della nostra

attività pastorale. Nell’Evangelii Gaudium, Papa Francesco

scrive che l’evangelizzazione è il compito della Chiesa e «que-

sto compito continua ad essere la fonte delle maggiori gioie per

la Chiesa: “Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si

converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bi-

sogno di conversione”» (Lc 15,7)24

. E questo compito è di tutto

il popolo di Dio25

. Infatti c’è una forma di predicazione che

compete a tutti come impegno quotidiano.

24

Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n.13. 25

«Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con

l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo “discepoli” e

“missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”. Se non siamo

17

Si tratta di portare il Vangelo alle persone con cui cia-

scuno ha a che fare, tanto ai più vicini quanto agli sco-

nosciuti. È la predicazione informale che si può realiz-

zare durante una conversazione ed è anche quella che

attua un missionario quando visita una casa. Essere di-

scepolo significa avere la disposizione permanente di

portare agli altri l’amore di Gesù e questo avviene spon-

taneamente in qualsiasi luogo, nella via, nella piazza, al

lavoro, in una strada26

.

L’invito che il Papa ci rivolge, riguarda proprio quell’indi-

spensabile forma dell’annuncio della fede che passa da persona

e persona. E qui ci sentiamo come Chiesa di dover rilanciare

quella comunicazione della fede che passa naturalmente nelle

case, nelle scuole e negli uffici, che una certa ritrosia alla te-

stimonianza impedisce e camuffa.

Ci affidiamo all’intercessione di San Domenico.

San Domenico,

la cui passione per la salvezza dei fratelli e delle sorelle

rivela la grandezza del dono di Dio in te,

aiuta la nostra Chiesa

a riscoprire la preghiera

convinti, guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver co-

nosciuto lo sguardo di Gesù, andavano a proclamarlo pieni di gioia: «Ab-

biamo incontrato il Messia» (Gv 1,41). La samaritana, non appena terminato

il suo dialogo con Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero

in Gesù «per la parola della donna» (Gv 4,39). Anche san Paolo, a partire

dal suo incontro con Gesù Cristo, «subito annunciava che Gesù è il figlio di

Dio» (At 9,20). E noi che cosa aspettiamo?» Papa Francesco, Evangelii

Gaudium, n. 120. 26

Ibidem.

18

perché l’annuncio di chi ha incontrato Cristo

sia più vero, credibile, appassionato.

Ricorda a tutti i fedeli di questa Chiesa

che non vi è luogo dove non si possa predicare,

che non vi è relazione in cui Cristo

non possa essere reso presente.

Fa’ che in ogni casa, aula, ufficio, fabbrica, strada

vi sia un cristiano che con la sua vita

diventi annuncio della misericordia di Dio.

Presenta questa preghiera a Dio

e accompagna la nostra Chiesa. Amen.

4. San Francesco di Paola,

la carità della giustizia

Nel V centenario della morte di San Francesco di Paola,

Benedetto XVI, scrivendo al Superiore Generale dei Minimi,

ricordava «la grandezza della sua santità e il disegno provvi-

denziale di Dio, che lo chiamò in quella difficile e importante

fase della Chiesa nel passaggio dal medioevo all'età moder-

na»27

.

In questo frangente storico, confortati anche dalla gran-

de devozione che la nostra gente ha per san Francesco, sappia-

mo di poter guardare a lui, che nella storia della Chiesa è stato

paragonato a san Giovanni Battista. Francesco ha avuto una

grande influenza nella Cristianità occidentale: santi come Fran-

cesco di Sales, Vincenzo de’ Paoli, Vincenzo Pallotti e Daniele

27 Benedetto XVI, Messaggio all'Ordine dei Minimi in occasione del V

Centenario della morte di San Francesco di Paola, 27 marzo 2007.

19

Comboni sono profondamente legati alla spiritualità dell’ere-

mita calabrese. Perché questo successo?

I santi sono il segno di un continuo cammino di rinno-

vamento della Chiesa. Francesco di Paola, incarnando lo spirito

penitenziale del messaggio di Cristo ha attirato lo sguardo di

chiunque volesse servire nella Chiesa, in momenti difficili e di

smarrimento. Infatti,

la Chiesa, ogni qualvolta sente il bisogno di rinnovarsi,

riparte dalla penitenza come aspetto fondante e primor-

diale del suo annuncio; dalla conversione interiore, in-

fatti, scaturisce ogni cambiamento, perché la penitenza

evangelica tocca il cuore dell’uomo e decide le sorti di

qualunque altra azione riformatrice28

.

Non sfugge a nessuno di noi, quanto siamo bisognosi di

conversione e di misericordia e di ritrovare sia singolarmente

che come Chiesa, gli spazi e i tempi per dare il primato alla

preghiera e alla meditazione.

La grandezza del nostro Santo calabrese è testimoniata

dal fatto che la sua devozione si è particolarmente diffusa nei

ceti sociali più umili, verso i quali, in vita, ha avuto una grande

predilezione. Come ricorda sempre papa Benedetto XVI:

«L’ascesi, infatti, se da una parte educa lo spirito ad essere for-

te nel combattimento spirituale, dall'altra allarga il cuore alla

carità verso i poveri»29

.

San Francesco è un santo veramente moderno. Egli è

stato testimone di uno stile di vita in cui la più intensa mistica

si è unita a un grande impegno sociale e politico. In lui vedia-

mo un santo che, grazie alla sua intensa spiritualità, è stato un

28

Ibidem. 29

Ibidem.

20

costruttore di civiltà: egli ha fatto della difesa dei poveri un se-

gno eloquente della sua unione con Dio.

I biografi narrano che davanti al Re Ferrante d’Aragona

il santo spezzò in due una moneta d’oro, che gli veniva offerta

per le necessità della sua Congregazione religiosa e ne fece

sprizzare fuori Sangue vivo, e guardando fisso negli occhi il

sovrano, disse: «Sire, questo è il Sangue dei sudditi che tu op-

primi e che grida vendetta al cospetto di Dio». Come Chiesa

siamo chiamati ad essere voce di un popolo che soffre per le

gravi disuguaglianze sociali, acuite da una crisi che tarda a la-

sciarci.

Non servono solo i proclami e le denunce, ma anche

impegno concreto nella promozione del bene comune. In que-

sto, accompagniamo il nostro popolo e aiutiamolo a prendere

consapevolezza delle ingiustizie sociali che lo attanagliano,

aprendo i cuori e le menti alla possibilità della rinascita, alla

speranza. Guardando san Francesco di Paola, sappiamo che la

carità alta che come cristiani e Chiesa, siamo chiamati a vivere

è proprio quella della giustizia e dell’impegno nella sua pro-

mozione e diffusione, anche in taluni contesti in cui sembra

predominante la criminalità organizzata di stampo mafioso.

Se annunciamo il Vangelo della carità, non siamo eso-

nerati dalle opere e dalla fatica della carità. Sappiamo di dover

proseguire con impegno nella strada che lo Spirito ci ha indica-

to, per essere presenza autentica e profetica di una Chiesa che

vive ed è incarnata in una terra povera e fragile. Continuiamo e

incrementiamo la presenza e l’azione di quella Charitas che

San Francesco di Paola sapeva capace di raggiungere le povertà

di singoli e di famiglie, diventando segno concreto della nostra

scelta preferenziale per i poveri.

21

Se amiamo i poveri, se siamo loro vicini, se li teniamo

come il nostro tesoro è perché un tale posto hanno nel cuore di

Cristo. Non chiediamo soltanto che il sistema statuale preveda

una equa politica sociale, ma sentiamo anche necessario un

cambiamento di prospettiva e di coerente testimonianza del no-

stro vivere come cristiani nella società. Papa Francesco

nell’Evangelii Gaudium tra i tanti spunti e sollecitazioni, ci ri-

corda il concetto di pace sociale: c’è la pace diplomatica tra le

nazioni, c’è la pace politica tra i partiti, ma c’è anche la pace

sociale tra i ceti e tra i cittadini. Su questa si riflette poco, ep-

pure è oggi quella più dirompente perché le disuguaglianze e la

precarietà del lavoro finiscono per mettere i cittadini e i gruppi

sociali gli uni contro gli altri.

A tal proposito, per questo nono anno della Scuola di

Dottrina Sociale abbiamo scelto come tema, Noi come popolo

noi come cittadini, per diffondere la necessità di recuperare

un’identità e un’unità territoriale comune, ma aperta al mondo

intero. Infine, prendendo in prestito le parole del Santo di Pao-

la, un appello ai politici: «Ricordate la fiducia che in voi è stata

posta, la fiducia dei poveri, degli ultimi, di chi attende un mano

per rialzarsi. Se su di noi governate, governate bene e fate del

bene, perché: «Guai a chi regge e mal regge» come scrisse san

Francesco a Simone Alimena in difesa della gente di Paola,

colpita dagli esattori del Re di Napoli».

Ci affidiamo alla preghiera di San Francesco.

San Francesco da Paola,

la nostra Chiesa diocesana

ti venera con amore suo protettore.

La devozione a te cresce e si diffonde.

Accompagna il nostro cammino nella Chiesa.

Fa crescere nei nostri cuori

22

il bisogno di ritornare a Dio con cuori e menti rinnovati

dall’amore che salva.

Le difficoltà presenti

non ci portino a disprezzare la terra natale

che con te condividiamo.

Fa’ che possiamo essere santi anche noi,

perché rigenerati nel Battesimo

e costruttori di una civiltà,

perché infiammati dalla carità di Cristo.

Accogli la nostra preghiera e presentala

a Cristo nostro unico Maestro e Signore. Amen.

5. Santa Teresa D’Avila:

Solo Dio basta

La vicenda terrena di S. Teresa D’Avila o Teresa di Ge-

sù, è davvero particolare. Quest’anno si celebra il V centenario

della sua nascita. Nata nel 1515 dedicò i suoi 67 anni di vita al

suo Sposo e Signore per la riforma dell’Ordine Carmelitano e

per il bene della Chiesa. Una donna straordinaria, affabile, con-

templativa e operosa, materna e determinata nelle sue scelte,

assolutamente moderna, eppure vissuta nel XVI secolo! Alcuni

aspetti della sua profonda e intensa spiritualità, ci coinvolgono.

Teresa è simile alla donna Samaritana del Vangelo che

cerca l’acqua per placare la sua sete che solo in Gesù riesce ad

essere placata.

23

Dalla donna mistica che scopre di essere interamente

“di Gesù” e parte di Lui, troviamo la donna credente e virile

che lotta per affermare la dignità della condizione femminile, la

scrittrice che inventa linguaggi nuovi per raggiungere tutti, la

fondatrice e riformatrice dell’ordine per essere più fedele a Dio

e alla Chiesa. Orfana dei genitori in età giovanile, lasciata dai

fratelli che emigrano per l’America, sperimenta così l’assoluta

appartenenza a Dio, Suo Sposo e Signore.

Cosa ci propone questa santa?

In primo luogo, santa Teresa propone la preghiera co-

me amicizia con Dio; per lei pregare «significa frequentare con

amicizia, poiché frequentiamo a tu per tu Colui che sappiamo

che ci ama»30

. Questo rapporto col Signore è il fondamento di

tutto per Teresa al punto che alla fine della sua vita dirà: «È

ormai ora, mio Sposo, che ci vediamo».

La nota poesia Nada te turbe, nade te espante. Quien a

Dios tiene nada le falta… solo Dios basta31

, non nasce dal di-

sprezzo delle cose terrene ma dall’orientamento decisivo verso

il Signore. È un cambio di prospettiva che Teresa realizza pie-

namente e insegna anche a noi a viverlo.

Teresa non ebbe una formazione accademica ma seppe

nutrirsi attraverso la Parola di Dio in tempi in cui certamente

non erano in molti a leggerla (tanto meno le donne!), i Padri

della Chiesa, in particolare: san Girolamo, san Gregorio Ma-

gno, sant'Agostino e si fece aiutare e accompagnare nel suo

30

TERESA DI GESÙ, Vita 8, 5 31

Niente ti turbi, niente ti spaventi, chi ha Dio niente gli manca…solo Dio

basta.

24

cammino da uomini di Dio. Fu indubbiamente proficuo il le-

game e la collaborazione intensa con il grande maestro spiri-

tuale S. Giovanni della Croce.

Ciò che mi preme sottolineare è che santa Teresa nei

suoi scritti accompagna il lettore (sia esso l’esercitante di un

corso di esercizi spirituali oppure le novizie del Carmelo) passo

passo all’incontro con Dio, partendo dalla sua esperienza e at-

tingendo continuamente ad essa.

Teresa non solo racconta, ma mostra di rivivere

l’esperienza profonda del suo rapporto con Dio mentre la de-

scrive. Questo la rende molto vicina a noi e mi auguro che in

questo anno dedicato alla vita consacrata e in cui si celebra il

suo centenario, possiamo attingere alla sapienza dei suoi scritti.

Ancora troviamo in Teresa la valorizzazione di alcune

virtù evangeliche come base di tutta la vita cristiana e umana:

«il distacco dai beni o povertà evangelica, e questo concerne

tutti noi; l'amore gli uni per gli altri come elemento essenziale

della vita comunitaria e sociale; l'umiltà come amore alla veri-

tà; la determinazione come frutto dell'audacia cristiana; la spe-

ranza teologale, che descrive come sete di acqua viva»32

.

Infine per Teresa, «la vita cristiana è relazione persona-

le con Gesù, che culmina nell'unione con Lui per grazia, per

amore e per imitazione. Da ciò l'importanza che ella attribuisce

alla meditazione della Passione e all'Eucaristia, come presenza

32

Benedetto XVI, Udienza Generale, 2 febbraio 2011.

25

di Cristo, nella Chiesa, per la vita di ogni credente e come cuo-

re della liturgia»33

.

Teresa di Gesù,

donna e religiosa di grande coraggio!

Insegnaci l’arte della preghiera

che racchiude il segreto dell’amicizia con Gesù;

insegnaci ad amare il Signore

con un amore intenso, appassionato

e guidaci ad avere nella vita la tua determinazione

per non indugiare nel compromesso

e perderci in scelte accomodanti, poco evangeliche.

Diventeremo così, anche noi, come te

uomini e donne di Dio!

6. Una presenza luminosa e feconda

Carissimi religiose e religiosi, dopo aver delineato alcu-

ni tratti della vita di santi particolarmente significativi per noi

per la loro spiritualità, desidero anche guardare la vita delle

comunità religiose che rappresentate e ringraziare il Signore e

voi per il dono di Dio che esprimete con la vostra presenza in

Diocesi.

Nella nostra piccolezza, il Signore ha colmato di doni la

nostra realtà diocesana.

Si, sono contento della vostra presenza luminosa e fe-

conda. Luminosa perché la vita consacrata è benefica e le per-

sone si lasciano interpellare più facilmente dalla gratuità con

33

Ibid.

26

cui voi offrite il tempo, le risorse, le capacità, ma soprattutto la

vostra vita per le persone che vi sono affidate.

La chiamata alla fede di Abramo è per voi una realtà

concretissima: avete lasciato la casa, il lavoro, la famiglia, la

vostra terra di origine per seguire il Signore Gesù. E questo non

solo una volta, ma è un passo che rinnovate ogni volta siete

chiamati a prendere e lasciare una nuova terra, un nuovo am-

biente. La libertà di annunciare il Vangelo comincia da qui. «Si

tratta di ripartire sempre di nuovo nella fede per un viaggio

sconosciuto (Sap 18,3), come il padre Abramo, che partì senza

sapere dove andava (cf. Ebr 11,8). È un cammino che chiede

un’obbedienza e una fiducia radicali, cui solo la fede consente

di accedere e che nella fede è possibile rinnovare e consolida-

re»34

.

Sono pertanto grato, a nome della Chiesa, a voi e ai vostri su-

periori che hanno accolto le istanze e le richieste del nostro po-

polo.

Feconda, perché nell’offerta della vostra vita voi edifi-

cate la Chiesa. Questo è profondamente vero pur nelle varie

stagioni che la vita consacrata ha attraversato nei secoli.

Attualmente da più parti si sente parlare di crisi della vita con-

sacrata. Questi decenni, dobbiamo riconoscerlo, sono stati un

periodo di alti e bassi, di slanci e delusioni, di esplorazioni e

chiusure nostalgiche, anche di persecuzione e non comprensio-

ne. L’esperienza del martirio è fortemente presente nella vita

consacrata e questo la rende molto vicina alla vita di Gesù!

34 Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita aposto-

lica, seconda lettera per l’anno della vita consacrata, Scrutate – Ai consa-

crati e alle consacrate in cammino sui segni di Dio, 2014, p. 12 (Da questo

momento citato col solo titolo Scrutate).

27

Continuando la metafora delle stagioni, potremmo defi-

nire il nostro tempo “autunnale”, perché caratterizzato da alcu-

ni fattori problematici: i più evidenti sono l’età che avanza, le

vocazioni che diminuiscono, le risorse dimezzate e quindi le

opere ormai insostenibili.

Cosa ci offre questo tempo? Come ogni stagione anche

questo è un’occasione preziosa di vita, un’opportunità da gio-

care. In autunno la natura lascia morire ciò che deve rinnovarsi

e questo passaggio è necessario perché ci sia una vita nuova.

Non sarà così anche nella vita spirituale? Non ci è chie-

sto forse il faticoso ma indispensabile passaggio pasquale, dalla

morte alla vita, per capire dove ci muove lo spirito di Dio?

La paura della morte e la mancanza di sicurezze – espe-

rienza esistenziale fortissima che accomuna tutti gli uomini –

forse rischia di farci cadere nelle sue trappole, se perdiamo di

vista l’orizzonte spirituale che abbiamo abbracciato e in cui vi-

viamo.

La vita consacrata vive una stagione di esigenti passag-

gi e di necessità nuove. La crisi è lo stato in cui si è

chiamati all’esercizio evangelico del discernimento, è

l’opportunità di scegliere con sapienza - come lo scriba,

che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (cf

Mt 13,52) – mentre ricordiamo che la storia è tentata di

conservare più di quello che un giorno potrà essere uti-

lizzato. Rischiamo di conservare "memorie" sacralizza-

te che rendono meno agevole l’uscita dalla caverna del-

le nostre sicurezze. Il Signore ci ama con affetto peren-

ne (cf Is 54,8): tale fiducia ci chiama a libertà35

.

35

Scrutate, p. 30.

28

Quello dei consacrati è stato ed è un vero «cammino

esodale»36

, per usare una nota espressione di san Giovanni Pao-

lo II.

«Negli ultimi anni lo slancio di tale cammino sembra

svigorito. La nube pare avvolga più di oscurità che di

fuoco, ma in essa abita ancora il fuoco dello Spirito.

Anche se a volte possiamo camminare nell'oscurità e

nella tiepidezza, che rischiano di turbare i nostri cuori

(cf Gv 14,1), la fede risveglia la certezza che dentro la

nube non è venuta meno la presenza del Signore: essa è

bagliore di fuoco fiammeggiante durante la notte» (Is

4,5), oltre l’oscurità»37

.

Eppure in questo cammino faticoso noi vediamo germi

di vita in ciascuna delle comunità che rappresentate. La mag-

gior parte di voi, provenendo da altre regioni, ha accolto la ri-

chiesta di venire al Sud, lasciando sicurezze consolidate e tutti

vi siete aperti al nuovo con tante incertezze.

La vostra vita, qui in Diocesi, è spesso spesa a servizio

delle parrocchie e credo nella vostra presenza efficace e amo-

revole. Il nostro popolo vi vuole bene e vi stima. Accanto a

questo sento che il vostro spendere la vita per il Vangelo non

può prescindere dal vostro carisma, vissuto, annunciato, tra-

smesso. Quest’anno sarà prezioso per far conoscere i doni va-

riegati dello Spirito e incarnati in voi. La presenza e il servizio

in parrocchia infatti, rischia di omologare doni e carismi; dun-

que se è vero che lavoriamo tutti per il Vangelo e per la Chiesa

di Dio, è pur vero che ciascuno di noi ne esprime una particola-

36

Cf. GIOVANNI PAOLO II, Es. Ap. post-sinodale Vita consecrata, (25

marzo 1996), 40. 37

Scrutate, pp.11-12.

29

re nota, un singolare aspetto che, tanto più è vissuto e incarna-

to, tanto più sarà luminoso e attraente.

Non si tratta di intraprendere iniziative divulgative o da

propaganda, ma di trasmettere ciò che abbiamo ricevuto, con

rispetto, con una retta coscienza38

, con gioia! Sarebbe bello po-

ter cogliere le diverse sfumature e tonalità con le quali ciascuno

di voi vive e incarna il Vangelo, non per autocompiacimento

(sarebbe vanagloria!), ma per lodare Dio che, amando la creati-

vità, non si ripete mai!

Da qui l’invito: siate voi stessi, siate ciò che il Signore

vi chiama ad essere!

Qual è il senso della vita religiosa oggi? Essere uomini

e donne donate a Dio per gli altri e chiamati a vivere con gli al-

tri, che scoprono così, attraverso voi, la bellezza e la gioia del

Vangelo.

Bellezza e gioia sono collegate. La bellezza della vo-

stra vita susciti attrattiva, perché il Signore chiama sempre

ma a voi è lasciata la responsabilità di donarlo al mondo.

La gioia è frutto dello Spirito Santo (Gal 5,22), la

gioia vera di sentirsi amati gratuitamente dal Signore e di

vivere donando se stessi, portando a tutti la consolazione di

Dio, la notizia dell’amore gratuito del Signore vivente perché,

anche se nell’andare si va piangendo portando la semente da

gettare, poi si torna con gioia portando i covoni (Sal 126,6).

Credo che molti di voi abbiano sperimentato questo venendo

qui al Sud.

38

Cf, 1Pt 3,16

30

La vita consacrata è chiamata così ad essere una lampa-

da che illumina la via del Vangelo, lo esprime, lo realizza an-

che e soprattutto nella piccolezza, nell’amore per i poveri, nella

forza di liberazione che solo la Parola di Dio è capace di opera-

re.

Non solo. Mi auguro che quest’anno dedicato alla Vita

Consacrata ci aiuti a ripensarci insieme come Chiesa, una

Chiesa di molte vocazioni, nella quale tutti sono riconosciuti e

valorizzati per il dono che portano. I carismi, secondo

l’immagine del corpo usata da S. Paolo, non solo esistono per

l’edificazione della Chiesa ma sono tra loro complementari (cf.

1Cor 12-14), come dice Papa Francesco:

La vita consacrata è dono alla Chiesa, nasce nella Chie-

sa, cresce nella Chiesa, è tutta orientata alla Chiesa…

Non si può riflettere sulla vita consacrata se non

all’interno della Chiesa39

.

Siamo tutti chiamati a vivere il mistero di comunione

voluto dal Signore ma sento di dire un grazie sincero per il con-

tributo che i consacrati e le consacrate sapranno dare e per

quanto già offrono col dono della loro vita.

39

JORGE MARIO BERGOGLIO, Obispo Auxiliar de Buenos Aires. Si-

nodo "La vita consagrada y su misión en la Iglesia y en el mun-

do", Roma, 1994, in «Vida Religiosa», vol. 115, n. 7, Julio-

Septiembre 2013; tratto da Vita consacrata, n. 50, 2014/1.

31

Questo è il mio augurio, questa la mia preghiera per

voi!

O Dio Padre, Figlio e Spirito santo,

Ti ringraziamo per il dono della vita consacrata,

che nella fede cerca Te

e nella sua missione universale

invita tutti gli uomini e le donne

a camminare verso Te che sei la via, la verità e la vita.

+ Luigi Antonio Cantafora

Vescovo di Lamezia Terme

Lamezia Terme, 29 novembre 2014,

Primi Vespri della I domenica d’Avvento

Inizio dell’Anno per la Vita Consacrata

32

INDICE

Introduzione 3

1. In cammino verso il Convegno Ecclesiale di Firenze 5

2. San Francesco custode della bellezza 12

3.San Domenico, passione per la salvezza degli altri 16

4. San Francesco di Paola, la carità della giustizia 20

5. Santa Teresa d’Avila 26

6. Una presenza luminosa e feconda 29