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Overbeck, J.F. (1828) Italia und Germania. Neue Pinakothek, München Memoria e riconciliazione La letteratura tedesca „Un caso speciale: Helga Schneider“ Relatrice: Paola De Matteis Ceregnano 11.02.2008 1

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Overbeck, J.F. (1828) Italia und Germania.

Neue Pinakothek, München

Memoria e riconciliazione

La letteratura tedesca

„Un caso speciale:

Helga Schneider“

Relatrice:

Paola De MatteisCeregnano 11.02.2008

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Memoria e riconciliazione

27 Gennaio –

GIORNATA DELLA MEMORIA

25 Aprile -

GIORNO DELLA LIBERAZIONE

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Memoria e riconciliazione

RICORDO

NON per rinvigorire rancore e odio

NON per rinforzare pregiudizi

RICORDO

Per rinvigorire la collaborazione tra le persone

Per unire nella crescita comune

MA

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Memoria e riconciliazioneVoi che sarete emersi dai gorghidove fummo travoltipensatequando parlate delle nostre debolezzeanche ai tempi buicui voi siete scampati.

Eppure lo sappiamo:anche l'odio contro la bassezzastravolge il viso.Anche l'ira per l'ingiustiziafa roca la voce. Oh, noiche abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,noi non si potè essere gentili.

Ma voi, quando sarà venuta l'orache all'uomo un aiuto sia l'uomo,pensate a noicon indulgenza.

Bertolt Brecht, "A coloro che verranno", 1939.

La parole di Brecht

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Memoria e riconciliazione

“Memoria e conciliazione” è uno dei temi conduttori ricorrenti nella letteratura tedesca

La letteratura documenta i momenti più importanti della storia della nazione

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19501961

1989

Memoria e riconciliazione

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Memoria e riconciliazione

Peter Schneider La questione del muro e delle due Germanie

Günter Grass Sulla responsabilitä della propria generazione

Hilde Domin Sulla questione della lingua

Helga Schneider Essere vittime della propria storia

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Memoria e riconciliazione

Tema del RICORDO Helga Schneider

Il rogo di Berlino (1995)

La Porta di Brandeburgo (1997)

Il piccolo Adolf non aveva le ciglia (1998)

Lasciami andare madre (1998)

Stelle di cannella (2002)

L‘usignolo dei Linke (2004)

L‘albero di Goethe (2004)8

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La nonna era grassa, poetica e dotata di lucida intelligenza. Ascoltava di nascosto le trasmissioni della BBC e ci informava sull’andamento della guerra, anche se Peter e io non ne capivamo nulla.

Capivamo solo guerra significava fame, allarme, paura e bombe.

Per farci addormentare ci raccontava le fiabe della Foresta Nera in un misto di tedesco e polacco. La sua voce mi rasserenava.

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1944 - Ebrei

La nostra infanzia è stata infestata da una feroce propaganda antiebraica e quotidianamente abbiamo assistito al manifestarsi dell’antisemitismo.

La gente rinnega i parenti ebrei e tronca amicizie un tempo saldissime con persone anche solo lontanamente sospettate di essere di origine ebraica. Si sente persino parlare di figli che rinnegano i genitori o, peggio, che li denunciano alle autorità e, al contrario, di gente che ha rischiato la vita per proteggere o nascondere gli ebrei.

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Berlino 1944

In che mondo vivo? E che fine ha fatto quella città di cui Opa ogni tanto si compiace di decantare le passate meraviglie? Era una città splendida, viva, con con milioni di abitanti che lavoravano, producevano e si organizzavano la vita con quel la perfezione di cui sono capaci i tedeschi. (…).

Una città moderna dotata di un'efficiente sotterranea e di un’altrettanto funzionale sopraelevata. Che cosa è successo per trasformare tutto in un immenso cimitero a cielo aperto?

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Berlino 1945

La gente gridava: «La guerra è finita!». E ci corsero incontro delle persone, e furono nuovi abbracci e riso e pianto, mentre i cuori scoppiavano. La guerra era finita! Sentivo una grande, traboccante, incontenibile gioia. La matrigna mi abbracciò e mormorò, travolta dall'emozione: «Ora si metterà tutto a posto, vedrai», ma non capivo se parlava di se stessa, di me o del destino della Germania.

Continuava ad arrivare altra gente che gridava: «La guerra è finita! La guerra è finita! Hurrà!». Erano spettri ubriachi di gioia. La capitolazione ci aveva resi di nuovo esseri umani, sancendo il primo dei nostri diritti, quello alla speranza. La guerra era finita, la Germania nazista vinta e noi, oltre a essere sopravvissuti, sia pur macilenti, sporchi, affamati e assetati, eravamo di nuovo uomini. Ma come era Berlino quando finalmente le armi tacquero?

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Berlino 1945

Era una distesa di rovine ardenti il cui riverbero rischiarava la notte sino a farla sembrare giorno. Un rogo sconfinato il cui ventre conteneva un residuo di umanità in condizioni catastrofiche. (…). Dalle cantine, dai rifugi e dagli ingressi della sotterranea uscivano poveri spettri sudici e coperti di cenci, provati nell'organismo e nella mente. Erano tedeschi, i rappresentanti della razza superiore, secondo Adolf Hitler, della razza dominatrice. In realtà erano solo ombre.

Doveva essere un crepuscolo eroico quello che Goebbels aveva ipotizzato nell'eventualità di una sconfitta, ma la fine del Terzo Reich fu mesta, ingloriosa e miserabile.

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1944 1945krieg kriegkrieg kieggkrieg kriegkrieg kriegkrieg maikriegkriegkriegkriegkriegkriegkrieg(markierung einer Wende) Ernst Jandl

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Vienna, 1971

Salimmo in fretta le scale del vecchio palazzo viennese e il cuore mi batteva così forte che non fui capace di suonare il campanello. Lo fece Renzo, mio figlio.

L'avevo cercata a lungo e ora, a distanza di trent'anni da quando mi aveva abbandonata in una Berlino già molto scossa dalla guerra, avevo ritrovato mia madre; viveva a Vienna, nella sua città.

Quando la porta si aprì, vidi una donna che mi somigliava in modo impressionante. L'abbracciai piangendo, sopraffatta da un'incredula felicità e pronta a comprendere, a perdonare, a mettere una pietra sul passato.

Lei iniziò subito a parlare, a parlare di sé. Nessun tentativo di giustificare il suo abbandono, nessuna spiegazione.

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Vienna, 1971

Raccontava. Molti anni addietro l'avevano arrestata nel campo di concentramento di Birkenau, dove faceva la guardiana. Vestiva un'impeccabile uniforme "che le stava così bene". Non erano ancora passati venti minuti che già apriva un maledetto armadio per mostrarmi, nostalgica, quella stessa uniforme. "Perché non te la provi? Mi piacerebbe vedertela addosso". Non la provai, ero confusa e turbata. Ma ciò che disse subito dopo fu anche più grave dell'aver rinnegato il proprio ruolo di madre. "Sono stata condannata dal Tribunale di Norimberga a sei anni di carcere come criminale di guerra, ma ormai non ha più nessuna importanza. Col nazismo ero qualcuno, dopo non sono stata più niente".

Mi raggelò. E se lei, nel 1941, aveva deciso di non volere questa figlia, ora ero io a non volere questa madre! Io e mio figlio tornammo in Italia col primo treno. Renzo piangeva deluso. Come avrei potuto spiegargli il motivo per cui io non avevo trovato una madre né lui una nonna? Aveva solo cinque anni.

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Vienna, 1971

Perdetti mia madre per la seconda volta.

Non so se sia ancora viva. Ogni tanto qualcuno mi chiede se l'ho perdonata.

 

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GRAZIE

DANKE

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