Gli Stemmi Araldici Dei Cavalieri Del Sole OUROBOROS ANNO 3 N 4 2014
OUROBOROS Speciale 2013
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Numerospecialededicatoallesicasmoslavo
Rassegna bimestrale di StudiTradizionali
Anno 2 n. 4/5Dicembre 2013
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LIBRERIA
ROMASpecializzata in filosofia, esoterismo, ma-gia, yoga, medicina e alimentazione na-turale, simbolismo, alchimia, massoneria,
templarismo, filosofie orientali, antropo-sofia, teosofia, astrologia.
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quisti on-line
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tel.: 080 5211274
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8L Molvi l X l XIX secolo6LEsicsmo slvodiRobeRtaSimini5Il meoo ellEsicsmoeditoRiale
14Pisij Velikovskij,fonore ellEsicsmo slvo.22L riscoper ei Pri ell Chies.
30Esicsmo e movimeno esics.
54Specici ellesicsmo slvo.58Pri spiriuli e puni i riferimeno.
In copertina:
Icona di Paisij Velikovskij.
Rassegna bimestrale
di Studi Tradizionali
anno 2 . 4/5
Dicembre 2013
Direttore Responsabile
Francoardito
Redazionec/ocreativecorporationsrl
via G. Postiglione, 370126 Bari
OUROBOROS si ricevein bbonmeno gruio;
per richieerl inviure il
proprio inirizzo e-mil :
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La Direzione si riservadi adattare testi e illu-strazioni alle esigenzedella pubblicazione.
Le opinioni espressenegli articoli impegna-no solo gli autori e non
coinvolgono n rappre-sentano il pensiero della
Direzione
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QIL MEtOdO dELLESICaSMOuella dellEsicasmo una tecnica non nuova; si co-
noscono pratiche analoghe in Oriente, nellInduismo
tantrico, nel Buddhismo tibetano e, risalendo nel tempo di
circa 5000 anni, nel Mantra Yoga, non a caso chiamato lo
Yoga del Suono. Lincessante ripetizione di una formula,
che sia unMantra o laPreghiera di Ges, recitata secondo
precisi schemi e con una cadenza ben definita, accompa-
gnata da unattenta regolazione del respiro; in proposito
Niceforo lEsicasta scrive: siediti, raccogli il tuo spirito, intro-
ducilo nelle narici; appunto questa la via di cui si serve il respiro
per arrivare al cuore. Spingilo, forzalo a discendere nel tuo cuore
insieme con laria inspirata. Quando vi sar, tu vedrai quale gioia
ne consegue.
La preghiera trascende il suo senso intrinseco di invocazio-
ne al divino, diventando strumento operativo verso lascesi.
Il ritmico riproporsi della formula concentra lattenzione
dellesicasta, astraendone la mente da quanto lo circonda e
focalizzandola sullidea di Dio, mentre la vibrazione stessa
del suono si accorda con le vibrazioni del corpo e quindi
delluniverso. Una finalizzazione analoga a quella dellegiaculatorie, dei canti gregoriani, delle sonorit dellorgano,
ma anche della recitazione dei mantra tibetani, del canto
degliHare Krishna o del rimbombo dei taikogiapponesi.
La tecnica richiama un po la pratica del risveglio dei cha-
kra della tradizione tantrica, in particolare del chakra del
cuore, considerato il principio della vita e del calore. Ag-
giungendovi le componenti proprie delleremitismo (distac-
co dal mondo, mortificazioni corporali, penitenze, digiuni
periodici) la mente allarga i suoi confini, le percezioni
sensoriali si amplificano e si raggiungono stati alterati dicoscienza, che comportano visoni mistiche fino alla com-
pletezza dellascesi.
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LesicasdiRobeR
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Il movimento spirituale noto comeEsicasmomonaco moldavo Paisij Velikovskij, sulla bsa cos come venne vissuto e rielaborato nelmonasteri del Monte Athos.Questo movimento si diffuse rapidamente nedove diede vita al fenomeno degli Starsi, gradi poveri contadini e perfino degli Czar.I movimenti spirituali spesso trovano nella so
zione consolatoria, ma soprattutto hanno il csvilupp questo movimento era complessa, dva affermando, in Europa, il pensiero illuminnomia delluomo da Dio e negazione di tuttodel sovrannaturale. Conseguenza di questo ernon era apertamente combattuta, ad una sem
lisi di senso. A tutto questo reag il movimentnariet dellesperienza mistica.
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o sLavoSimini
Nella foto:
Il monastero di
Simonos Petra
a Meteora.
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avo, nacque, nel XVIII secolo, ad opera dele dellinsegnamento dei Padri della Chie-
onachesimo orientale e in special modo nei
Europa orientale e soprattutto in Russia,i mistici e guide spirituali di principi come
erenza dei popoli il loro humus, hanno fun-
mpito di ridare speranza. Lepoca in cui sinsa di eventi tragici, e inoltre in essa si anda-ta con la conseguente dichiarazione di auto-i che poteva essere riconducibile alla sferauna riduzione della religione, quando questalice morale priva di speranza e in ultima ana-
esicasta, senza paura di mostrare la straordi-
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L
la Moldavia da
origine del principato autono-
mo di Moldavia risale al XIV
secolo. Regione abitata da romeni in
prevalenza provenienti dalla Transil-
vania per sfuggire ai tartari, ottenne
lindipendenza dallUngheria, dive-
nendo poco dopo, con la Valacchia,tributaria della Turchia. Inizi un
periodo travagliato da lotte intestine,
caratterizzato dallarroganza dei bo-
iari e dalle lotte tra Russi, Polacchi e
Austriaci per il predominio sulla Pe-
nisola balcanica. Solo sotto Matteo
Basarab e Basilio Lupo (sec. XVII) vi
furono momenti di relativa serenit.
Limpero turco aveva raggiunto la
sua massima espansione ed incomin-
ci inevitabilmente a decadere, sia
politicamente che economicamente
e culturalmente. Emerse, in questo
panorama, una classe di finanzieri e
di politici greci dettifanarioti, i quali
acquisirono in Moldavia sempre
maggior prestigio, tanto da diventa-
re, al principio del secolo XVIII, con
Nicola Maurocordato, principi prima
di Moldavia e poi di Valacchia. Sotto
il governo dei fanarioti, nominati dalsultano Pasci, la situazione dei
due principati peggior. Grande fu
la corruzione, lo sfruttamento e la
prepotenza subiti dalle popolazioni,
lasciate in uno stato deprecabile di
miseria e di ignoranza. La situazione
dei due principati miglior solo dopo
il trattato diKcik Qainarge(1774)
quando la Russia ottenne dalla Tur-
chia il protettorato su quei territori.Allinizio del XIX secolo la Russia
occup la Valacchia e la Moldavia,
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X al XiX secolo
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Moldavia e la Valacchia si spinse
fino a Costantinopoli, mentre laltra
parte di esso conquist le piazzeforti
dellArmenia; nel frattempo i Fran-
cesi cacciavano gli Egiziani, alleati
dei turchi, dalla Morea e i Greci oc-
cupavano quasi tutta lEllade centra-le. Il sultano chiese allora la pace che
fu suggellata dal trattato di Adria-
nopoli (14 settembre 1829),
col quale riconobbe
lindipendenza della
Grecia e lautono-
mia della Serbia,
della Valacchia
e della Mol-
davia. Que-ste ultime
ricaddero
sotto lin-
fluenza
della Rus-
sia, che
ne affid
il governo
al conte
Kiselv,
che realiz-z molte
riforme sia
in campo
economico
che costituzio-
nale, introdusse
un parlamento e una
milizia locale.
Rifiorirono gli studi, e con
essi il sentimento nazionale cheport al nascere e allaffermarsi di
movimenti nazionalistici, finch nel
1848 fu tentata la rivoluzione che
tuttavia, come nel resto dEuropa
anche in Moldavia, fall e i Russi
alleati questa volta con i Turchi (con-
venzione di Balta-Liman) imposero
alla Valacchia ed alla Moldavia due
principi a loro fedeli.
Con la guerra di Crimea e il suc-cessivo congresso di Parigi (1856)
linfluenza russa diminu e le due
che restitu alla Turchia nel 1812,
con il trattato di Bucarest.
Nel 1821 Alessandro Ypsilanti,
figlio di Costantino Ypsilanti, espul-
so dallImpero ottomano per i suoi
sentimenti liberali, si era rifugiato in
Russia dove si era messo a serviziodello Czar. Quando Al, pasci di
Giannina, si sollev contro il sultano
Mahmud II e chiam allin-
surrezione tutti i popoli
balcanici, Ypsilanti
lasci Pietroburgo e
tent di sollevare
la Moldavia e la
Valacchia. Iasi
e Bucarest,rispettiva-
mente il 16
marzo ed
il 7 aprile
1821, gli
aprirono
le porte
e molti
giovani si
unirono
a lui. Lapopolazione
romena per
non si mostr
favorevole a
quel movimen-
to, per timore di
vendette da parte dei
Turchi.
Lo Czar Alessandro disap-
prov apertamente questa rivoluzio-ne e ordin di cancellare Ypsilanti
dal novero dei generali russi. Anche
i suoi partigiani lo abbandonarono.
Allavvicinarsi dei Turchi si ritir
verso i Carpazi e sconfitto si rifugi
presso gli Austriaci che lo tennero
prigioniero fino al 1828.
A seguito del trionfo della rivoluzio-
ne in Grecia, i Turchi proclamarono
la guerra santa soprattutto controi Russi, loro irriducibili nemici.
Lesercito russo che occupava la
Nella foto:
Ritratto di Ale-
xandru Ypsilanti
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regioni tornarono nellorbita turca,
sebbene con unamministrazione
autonoma. Lappoggio della Fran-
cia di Napoleone III rese possibile
lelezione di un principe romeno,
Alexandru Joan Cuza (1859)
che riusc ad unificare laRomania assumen-
done il titolo di
principe nel 1861.
La Transilvania
invece segu le
sorti dellIm-
pero Austro-
Ungarico
fino alla
sua disso-luzione.
Nel 1864
Alexan-
dru Cuza,
che aveva
assunto il
nome di
Alessandro
Giovanni I,
appoggiato
dal partitoliberal radicale
dei rossi, aveva
introdotto impor-
tanti riforme a favore
dei ceti popolari, ma nel
1866 il partito dei bianchi, che
riuniva i nobili ed i grandi proprie-
tari terrieri, lo costrinse ad abdicare.
Divenne principe di Romania, su
designazione delle potenze europee,Carlo di Hohenzollern, nipote del re
di Prussia.
Questi, allo scoppio della guerra
russo-turca del 1876-78, si schier a
fianco dei Russi e comand le forze
russo-rumene ottenendo piena vit-
toria a Plevna. La conferenza della
pace di Santo Stefano ed il succes-
sivo trattato di Berlino riconobbero
lindipendenza della Romania.Nel 1881 la Romania fu dichiarata
regno e non pi principato ed il suo
principe divenne re con diritto di
trasmettere la corona ai suoi discen-
denti.
La regione dellAlta Moldavia chia-
mata Bucovina, situata a Nord-
Est del Paese e confinantecon lUkraina, una
zona geografica ricca
di montagne bo-
scose, le cui cime
degradano dol-
cemente, con
fiumi torren-
tuosi e fertili
vallate. E in
questa zonache sorgono
la maggior
parte dei
monasteri
e delle pi
belle chiese.
I tentavi di
penetrazione
del cattolicesi-
mo, le incursio-
ni dei Tartari daEst e dellImpero
ottomano da Sud,
convinsero il voivo-
da romeno Stefano il
Grande e, dopo di lui Petru
Rares e Alexandru Lupu, della
necessit di costruire fortificazioni
civili e monasteri ortodossi, al fine
di salvaguardare lidentit romena.
Furono eretti chiese e monasteri for-tificati, che sono ancora molto ben
conservati. La maggior parte di essi
furono edificati tra il XV ed il XVI
secolo, ad opera del voivoda Petru
Rares e del metropolita Gregorio
Rosca, nonch dei boiari Arbore e
Movilesti. Le mura esterne comple-
tamente affrescate, con disegni di
grande originalit, purezza nei tratti,
precisione nei dettagli e raffinatezzacromatica, costituiscono la caratteri-
stica pi rilevante di questi edifici.
Nella foto:
Ritratto di
Alexandru Joan
Cuza, primo
principe
di Romania.
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Fra i pi importanti ed anche pi
belli figura il monastero di Humor,
costruito nel 1530 sulle rovine di
un precedente monastero del 1400,
per ordine di Petru Rares. Dal 1785
non fu pi abitato dai monaci, ma
la chiesa continu a funzionare finoa quando, nel 1991, la comunit
monastica non vi si ristabilita.
Sullimpianto
di unantica
chiesa in un
bosco Ales-
sandro il Buo-
no, nel 1410,
fece edificare
la chiesa diMoldovita,
famosa per i
suoi splendidi
affreschi ester-
ni ed interni,
e nel 1532
Petru Rares
vi annesse
lomonimo
monastero.
Nel monastero di Moldovita sono
custoditi preziosi manoscritti miniati
quali il Libro dei salmi di Sant Efrem
e due Epitaffi dellepoca di Stefano il
Grande. Arbore, Voronet, Sucevita,
Putna, Dragomirna, Patrauti, Baline-
sti, Rasca, Slatina, Probota, Bogdanaed altri ancora compongono lo splen-
dido arcipelago monastico moldavo.
Nelle foto:
Gli splendidi mo-
nasteri ortodossi
di Moldovita (inalto) e di Humor
(in basso)
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I
Nella foto:
La piaga della
sett ima coppa,
Escurial - Biblio-teca Reale di San
Lorenzo.
movimenti di rinascita spiritua-
le nascono sempre dal disagio,
dallinsoddisfazione per la situa-
zione di crisi, di difficolt, di stallo
morale in cui si dibatte una societ
o unintera epoca. Cos dal dilagare
dellilluminismo, dal decadere lento
ed apparentemente inesorabile della
vita religiosa, vessata dalloppressi-
vo autoritarismo imperiale, da leggi
sfavorevoli, da un clima generale
dinsofferenza, prese vigore come un
improvviso, meraviglioso risveglio, il
movimento degli Startsi, meglio notocomeEsicasmo slavo.
Non fu una scoperta, ma se mai la
riscoperta di una spiritualit antica,
che, dal Monte Athos, continuava a
irradiarsi, uneredit che attendeva
solo di essere raccolta, rivissuta e rivi-
talizzata. E proprio questo fu il prin-
cipale merito di Paisij Velikovskij.Egli non invent la spiritualit esica-
sta, non invent il ruolo dellostarets;torn agli insegnamenti dei Padri, al
monachesimo primitivo, alle radici
PaisijveLickovskij,fondatoredeLLesicasmo sLavo
del cristianesimo, si abbever alle
fonti di una tradizione che, nel Monte
Athos, era riuscita a sopravvivere a
persecuzioni, divisioni, al dominio
turco ed alle sue devastazioni, per
giungere a permettere linnesto di
nuove energie spirituali sul suo ceppo
tanto antico quanto saldo.
Come tutti i movimenti di riforma,
anche questo non nacque da un pro-
getto umano prestabilito, da un dise-
gno generale, nacque dal semplice ed
intenso desiderio di vivere la fede in
modo profondo, secondo unesigenzaspecifica, originale e nello stesso tem-
po tradizionale: Paisij voleva vivere la
povert, lobbedienza, lo desiderava
ardentemente, cercava un riferimento
autorevole, lo cercava caparbiamente,
sfidando, per trovarlo, lautorit di pa-
renti e professori, lostilit del clima,
la fragilit della sua stessa costituzio-
ne fisica, sfidando la paura, la fame,
il pericolo, andando oltre le sue stessecapacit, superando s stesso, affi-
nando lingegno con la volont. Egli
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non si fece maestro e guida di altri
uomini, non si propose come riforma-
tore, ideologo, egli attir a s, quasi
senza volerlo, con quella capacit di
penetrazione, con quella autorevolez-
za che noi chiamiamo carisma e che
traspare, ancora oggi, dai suoi scrittie da quelli di quanti lo conobbero e lo
seguirono, con sorprendente vitalit.
Paisij nacque a Poltava, in Ukraina,
il 21 dicembre 1722 da Giovanni
Velikovskij e da Irina, che si fecesuccessivamente monaca con il nome
di Giuliana. Il suo bisnonno pater-
no, come egli stesso attesta nella sua
autobiografia, era un ricco cosacco e
si chiamava Simeone. Il nonno, LucaVelikovskij, era protopo-pe a Poltava, mentre il
nonno materno era un
famoso mercante
di origine ebrea,
conosciuto come
Mandia, il
quale si fece
battezzare,
insieme alla
sua famiglia,nella Parroc-
chia della
Trasfigura-
zione del
Salvatore
a Poltava
assumendo
il nome di
Gregorio
Mandenko.Era lundice-
simo di venti
figli e fu chiama-
to Pietro da san
Pietro metropolita
di Mosca, sacerdote a
Poltava. Rimasto orfano
di padre a soli quattro anni,
ricevette i primi rudimenti scolasti-
ci dalla stessa madre e dal fratelloGiovanni, sacerdote anche lui come
il padre. Lesse ben presto le Sacre
Nella foto:
Il monaco
Pacomio, padrespirituale di Paisij
Velikovskij.
Scritture, gli scritti dei Padri, quali
Giovanni Crisostomo, Sant Efrem,
San Doroteo ed altri.
Il giovane Pietro avrebbe dovuto
seguire le orme paterne e diventare
sacerdote in Poltava, ma forse proprio
grazie a quelle letture sinnamor delmonachesimo. Era molto silenzioso e
schivo di carattere, riservato persino
con i suoi familiari pi stretti.
Quando aveva appena tredici anni,
anche il fratello maggiore mor e la
madre si rec con il giovanissimo
Pietro dal metropolita di Kiev con
una petizione del Colonnello Basi-
lio Basilievic Kochabei, padrino di
Pietro, e di altri stimati cittadini,che chiedevano fosse riser-
vato al ragazzo il posto
occupato dal padre
e dal fratello. In
quella circostanza
il giovane Pietro
recit dinanzi
al metropolita
alcuni versi,
scritti da un
notabiledella sua
citt, di
contenuto
religioso,
con tanta
devozione
che questi
gli disse:
sarai il suc-
cessore di tuopadree diede
a sua madre i
documenti e le
istruzioni ne-
cessarie perch lo
iscrivesse alla scuola
ecclesiastica di Kiev.
Paisij studi a Kiev per quat-
tro anni, ma gli studi profani non lo
interessavano molto, egli impiegavail suo tempo a studiare gli scritti dei
Padri della Chiesa. Fu l che matur
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lintenzione
di intrapren-
dere la vita
monastica. In
quel periodo
strinse amici-
zia con alcunicompagni di
studi, i quali
condivide-
vano la sua
attrazione
per la vita
monastica, e
determinante
fu la relazione
col reverendoieroschimona-
co Pacomio, che viveva nel monaste-
ro della Teofania a Kiev, che fu per lui
guida e maestro.
Durante il quarto anno di studio,
nonostante tutti i suoi sforzi, egli
non riusciva a provare interesse per
gli argomenti e quindi ad assimilarli
come era solito fare, di conseguenza
anche il suo rendimento cal mentre
cresceva sempre pi in lui il desideriodi diventare monaco. In inverno due
giovani compagni avevano lasciato
la scuola e si erano recati, per farsi
monaci, in unaskite, chiamata Kitaev,
che dipendeva dalla Kievo-PeerskajaLavra. Paisij, come pot and a
trovarli confermandosi sempre di pi
nella sua decisione.
Ma la sua strada non sarebbe stata
cos facile. Sua madre infatti contavasu di lui come sostegno nella sua
vecchiaia, essa voleva che prendes-
se il posto che fu gi del padre e del
fratello maggiore e le desse dei nipo-
ti, garantendole di trascorrere cos
serenamente gli ultimi anni della sua
esistenza, e non le fu facile accettare
la differente scelta del figlio. Dappri-
ma cerc di convincerlo con tutti i
mezzi leciti che le furono offerti, poi,di fronte allinutilit di preghiere e
minacce, di fronte alla fuga del figlio
ed allimpossibilit di raggiungerlo,
cerc di lasciarsi morire dinedia,
finch, per intervento soprannaturale,
come ci narra lo stesso Paisij, non si
rese conto di qual grave errore stesse
commettendo e decise di accettare la
volont di Dio, che spesso sconvol-
ge i progetti degli uomini, trovando
anchessa la pace in un monastero.
Possiamo facilmente immaginare,
anche al di l del suo stesso racconto,
quanto questo atteggiamento della
madre avesse fatto soffrire il giovane
Paisij e quanto daltro canto, grande
fosse la sua determinazione a seguire
una difficile via di ascesi.
A causa dellopposizione della madre
il giovane Paisij non poteva assoluta-
mente entrare nella comunit mona-
stica della Kievo-Peerskaja Lavra eneppure dellaskitedi Kitaev; sarebbe
stato facilmente trovato e ricondot-
to a casa ed egli ne era consapevole
e come lui ne erano consapevoli le
autorit monastiche.
A seguito della conclusione della pace
tra Russia e Turchia, il metropolita di
Moldavia, Antonio, che era al seguito
dellesercito, si era recato a Kiev, dove
aveva celebrato laDivina Liturgiainlingua moldava. Il giovane Paisij ebbe
modo di assistere a questa celebra-
Nella foto:
Celebrazione della
Divina Liturgia.
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zione insieme al suo padre spirituale
Pacomio, vecchio amico del metropo-
lita, e ne rimase molto favorevolmen-
te colpito, rafforzandosi ancora di pi
nel suo desiderio.
In quellinverno Paisij, che aveva
deciso di abbandonare la scuola diKiev, fu costretto a ritornarvi dallin-
tervento del direttore. Durante le
vacanze torn a Poltava e comunic
alla madre la sua decisione. Grande
fu lopposizione che incontr, come
si gi detto, tanto che dovette fin-
gere di rinunciare allidea, mentre in
realt preparava la sua fuga, insieme
con un suo amico, anchegli deciso ad
abbracciare la vita monastica sia purecontro il volere dei genitori.
Una malattia improvvisa gli imped
di partire con lamico e quando fi-
nalmente pot mettersi in viaggio per
raggiungerlo, lo incontr che stava
tornando a casa. Dispiaciuto per la
defezione del suo amico, ma sempre
pi determinato nel suo intento, giun-
se a Kiev e di qui si rec a ernigovper incontrare il suo amato padre
spirituale Pacomio. Il viaggio non fu
facile: dovette soffrire molto il freddoe affrontare le difficolt di un viaggio
per fiume in una stagione, lautunno,
in cui le acque sono particolarmente
tumultuose, dovette remare, lottare
con gli insetti, la pioggia mista a neve
che inzuppava i suoi vestiti, svuotare
la barca dallacqua che vi entrava a
causa della furia delle onde, lottare
con la paura di affogare. Finalmente
giunse a ernigov dove incontr lo ie-roschimonaco padre Pacomio che loospit per alcuni giorni, dopo di che
lo indirizz al monastero di Ljube,dove avrebbe dovuto presentarsi a
padre Gioacchino.
Il monastero di Ljubesitrovava sulla riva del Dnepr,
proprio sulla frontiera con i
domini polacchi. Per giunger-
vi Paisij dovette superare dei
posti di blocco, e senza laiutodi un monaco del monastero
di Ljube, incontrato per casolungo il cammino, non sareb-
be riuscito nel suo intento. Fu
accolto nel monastero come
postulante e gli fu affidato il
servizio della dispensa. Duran-
te la sua permanenza in quel
monastero Paisij pot ricopiare
la Scala Paradisidi GiovanniClimaco. Dopo appena tre
mesi dal suo arrivo a Ljube,per, il superiore cambi, per
decisione del metropolita della
Moldavia, Antonio, e colui che
subentr alla guida del mona-
stero assunse subito un atteg-
giamento arrogante e aggres-
sivo. Il giovane Paisij decise
allora di abbandonare il mo-nastero e insieme ad un altro
postulante fugg. Sulla via del
Nella foto:
Unicona russa
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ri-
tor-no
verso
Kiev, si
ferm in
unaskiteche
dipendeva dal
monastero Kirillov-
skij di Kiev, dove cadde
malato per circa un mese.
Ritrovate le forze decise di
partire alla volta della Molda-
via insieme a tre monaci stranie-
ri. Convinti a rinviare il viaggio ver-
so la Moldavia dalla presenza di molti
soldati polacchi, poco disponibili
verso i monaci ortodossi, ripiegarono
verso i Monti Moenskij, sui quali sitrovavano molti monasteri ortodossi.
L Paisij incontr un santo eremita di
nome Esichio, che lo ospit presso di
s per qualche giorno, ma non vollesaperne assolutamente di prenderlo
con s come allievo, indirizzandolo
al monastero Moenskij. Giuntovi,si ferm per alcuni giorni, quindi si
rec con alcuni monaci al monastero
Medvedovskij, dedicato a San Nicola,
che si trova su di un isolotto del fiume
Tjasmin. Il monastero dipendeva dal
metropolita di Kiev e ne era superio-
re lo ieromonaco Padre Niceforo, ilquale accolse Paisij come postulante.
Dopo non molto tempo pot ricevere
la
ton-
sura
col nome di
Platon. Padrino alla tonsura fu lo
ieromonaco Nicodemo, che avrebbe
dovuto guidarlo dandogli una regola
da seguire nella sua cella, ma non
volle e gli disse di affidarsi al Signore,
cos come gli aveva gi risposto lere-
mita. Inoltre il suo padrino dopo solo
una settimana dalla tonsura lasciil monastero e Paisij non seppe pi
nulla di lui. E solo cos, come pecora
smarrita, senza il mio pastore e la mia
guida, mi tocc di trascorrere il resto dei
miei giorni dovendo decidere da me stesso
Parole sconsolate che danno la misu-
ra della sofferenza del giovane Paisij
per la mancanza di una guida, di un
riferimento autorevole, di qualcuno
che prendesse a cuore la sua vita spi-rituale conducendolo nel suo cammi-
no di ascesi verso la perfezione.
Nella foto:
La corda da
preghiera, che
consente alloran-
te di mantenere
lattenzione nella
pratica esicastadella Preghiera di
Ges.
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Anche il soggiorno in quel monastero
non pot durare a lungo perch, a cau-
sa dei pesanti interventi delle autorit
polacche cattoliche, che cercavano
di imporre in ogni modo la riunione
con la Chiesa Romana, la comunit si
disperse. Paisij si un a due monaci chefacevano ritorno a Kiev, passarono la
frontiera (tra il territorio sottoposto al
dominio polacco e quello sottoposto
al dominio russo) allaltezza della citt
di Vasilkov. Giunti a Kiev si presenta-
rono allarchimandrita della Lavra di
Peersk, che li accolse nella comunit.Paisij rest in quella comunit per
poco pi di un anno, poi finalmente
incontr qualcuno che lo aiutasse arealizzare laspirazione di andare a
vivere in un eremo allestero.
Alessio soprannominato Filevierauno dei compagni di studi con i quali
Paisij aveva progettato a lungo di di-
ventare monaco e di vivere lontano dal
mondo, trovatolo nella grande Lavra
di Peersk, lo rimprover amichevol-mente per aver scelto quel monastero,
relativamente comodo, ed insieme
organizzarono la partenza. Partironoin quattro e passarono la frontiera
nei pressi del monastero Kirillovskij
della Santa Trinit. Questo viaggio
fu pieno di pericoli e di avversit,
come ci racconta lo stesso Paisij nella
sua autobiografia; lamico Alessio fu
costretto dal fratello a tornare indietro,
mentre Paisij, con gli altri due amici,
raggiunse il monastero Motrenynskij
Qui incontr lo ieroskimonaco padreMichele, che era vissuto a lungo in
Moldavia e in Valacchia, il quale gli
consigli di recarsi in una skite della
Valacchia, chiamata Tristeni, direttadallo ieromonaco Domezio, suo disce-
polo e uomo di grande spiritualt.
Si misero subito in viaggio giungendo
allaskitedi Dlhuti, dove dimora-rono per alcuni giorni, e finalmente
alla skite di Tristeni, dove Paisijpot per la prima volta assistere allacelebrazione della Divina Liturgia
secondo il typikondel Monte Athos.
Ed in questaskiteche Paisij incontra
lostaretsBasilio di Poiana Mrului(16921767), che esercita una grande
influenza su di lui, per la sua grande
cultura e spiritualit. Paisij tuttavia ri-
fiuta di fermarsi con lui, per timore diessere costretto ad accettare lordina-
zione sacerdotale, preferendo andare
a vivere con lo skimonaco Onufrio,
nellaskitedi Crnul. Sar comunque
Basilio a consacrarlo monaco del pic-
colo abito, sul Monte Athos, nel 1750.
Durante il suo primo soggiorno in Va-
lacchia Paisij impar il romeno, visse
in un ambiente di intensa spiritualit e
fu iniziato alla preghiera del cuore. Mafu lo stretto legame tra quei monasteri
valacchi ed il Monte Athos a spingerlo
ad intraprendere il lungo viaggio che
lo porter sulla Santa Montagna.
Vi giunse nellestate del 1746 pren-
dendo alloggio nel romitorio detto
Kyparis, dipendente dal monastero di
Iviron. Anche qui non gli fu possibile
trovare un padre spirituale in grado di
guidarlo e visse in solitudine per tre
anni, finch non giunse allAthos Ba-
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silio di Poiana Mrului, che gli consi-glia di vivere con due o tre amici e lo
inizia al combattimento spirituale.
Piano piano, si cre intorno a Paisij
una comunit sempre pi numerosa,
tanto che egli fu costretto a trasferirsi
da Kyparis al kellion di San Costanti-no, che dipendeva dal monastero del
Pantokratoros.
Costretto dalle esigenze della sua
comunit Paisij dovette accettare
lordinazione sacerdotale, nel 1758,
allet di trentasei anni. La sua comu-
nit cresceva ed egli dovette trasferirsi
allaskitedi SantElia, che versava in
stato di abbandono. Anche questa
dopo un po risult troppo piccola perpoter ospitare i suoi monaci, che nel
frattempo erano diventati 64. Decise
allora, dopo diciassette anni di vita
allAthos, di tornare in Moldavia, con
la sua comunit e, nel settembre del
1763, si insedi nel monastero di Dra-
gomirna, che era libero da imposte e
debiti e possedeva molti poderi.
Lorganizzazione della comunit era
improntata ai principi della povert e
della rigorosa obbedienza, i monaci
erano esortati a praticare la preghiera
di Gese a confessare quotidiana-
mente i pensieri al padre spirituale.
Molto curato era anche lo studio dei
testi patristici, sia comunitario che
privato, tanto che nacque proprio in
questo periodo lattivit di traduzionedei testi patristici, che vedr a Neamt
il suo massimo sviluppo.
A Dragomirna Paisij incontr il suo
amico Alessio, che nel frattempo era
riuscito a diventare ieromonaco, e
ricevette proprio da lui la consacra-
zione a monaco megalo-schema, il
terzo e pi perfetto grado dellordine
monastico, nella tradizione bizantina.
A seguito della guerra russo-turca, lazona della Moldavia che aveva assun-
to il nome di Bucovina, in cui sorge-
va il monastero di Dragomirna, fu
ceduta agli Asburg. Paisij, che temeva
di subire vessazioni da parte dei fun-
zionari austriaci a causa della politica
giuseppinista, si trasfer a Secu con i
suoi 350 monaci. Poich la sua comu-
nit diveniva sempre pi numerosa,
il principe Costantino Moruzi, su sug-
gerimento del metropolita Gabriel, gliassegn il monastero di Neamt, il
pi grande del Paese, e cos Paisij,
nel 1779, divenne superiore di
Neamt e contemporaneamente di
Secu. E a Neamt che lattivit di
traduzione dei testi patristici vede
il suo massimo sviluppo, ed qui
che verr composta laFilocaliain
romeno ed in slavonico.
Nel 1790 Paisij venne nominatoarchimandrita dallarcivescovo di
Poltava, Ambrogio Serebrenikov, il
quale svolgeva il ruolo di supplente
della sede metropolitana di Iai.La sua comunit contava ormai
pi di mille monaci rumeni, russi,
serbi, greci, bulgari, quando il 15
novembre 1794, a 71 anni di et,
Paisij concluse la sua avventura
terrena. Fu sepolto nella chiesa delmonastero e la sua tomba ancora
oggi meta di pellegrinaggi.
Nella foto:
il Semantron
dellAbbazia di
Neamt; una lastra
metallica sospesa
che veniva colpita
con un mazzuolo
per chiamare araccolta i fedeli alla
preghiera.
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Come si detto nel precedentecapitolo, il giovane Paisij avrebbevoluto ardentemente trovare un padre
spirituale, qualcuno che si prendes-
se cura della sua anima, qualcuno
in grado di indicargli la volont del
Signore, che lo iniziasse alla vita
ascetica, qualcuno a cui rendere
conto delle proprie azioni e dei propri
pensieri. Molti uomini spirituali
incontr sul suo cammino, ma non
trov mai quello che cercava tra i suoi
contemporanei. Fu questo desiderio
inappagato che lo port a scoprire labellezza e limportanza degli scritti
dei Padri della Chiesa.
Gli scritti dei Padri erano stati, in
quei tempi, dimenticati; il livello
culturale generale era molto basso, e
questo a causa delle frequenti guerre
tra gli stati europei e contro lImpero
Ottomano. Nei paesi balcanici, in cui
dominavano i Turchi, era difficilissi-
mo fare studiare i ragazzi. Le scuoledei monasteri, tradizionalmente le
uniche funzionanti, erano state chiuse
e continuavano la loro attivit nella
clandestinit, con tutti i rischi e i limi-
ti imposti dalle circostanze.
Anche nei territori sottoposti al domi-
nio polacco o austroungarico la vita
per lortodossia non era facile, la spin-
ta polacca alluniatismo, la politica
giuseppinista, non favorivano certo lo
sviluppo degli studi in genere e degli
studi patristici in particolare.
Il giovane Paisij aveva potuto ac-
costarsi alla lettura dei Padri della
Chiesa gi negli anni della scuola a
Kiev, ma non conoscendo ancora ilgreco antico dov accontentarsi delle
traduzioni esistenti in slavonico, per
lo pi di Catene. Queste furono suffi-
cienti per sollecitare il suo interesse,
sul tesoro prezioso che contengono,
per chi desidera intraprendere una re-
ale vita ascetica e progredire in essa.
E Paisij era animato, fin da giovane,
da un sincero forte desiderio di ascesi,
tanto che i suoi superiori in Valacchialo chiamarono giovane starets.
Il lungo soggiorno sul Monte Athos
La riscoPerta deiPadri deLLa chiesa
Nella foto:
I Dottori del la
Chiesa: Agostino,Gregorio, Gerola-
mo e Ambrogio
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Nella foto:
Il monastero di
Dragomirna, dove
si svolse lattivit
di traduzione dei
testi patristici
sotto la guida di
Paisij Velikovskij.
gli permise di apprendere il greco
antico e potere quindi leggere final-
mente gli scritti dei Padri, di cui i
monasteri dellAthos erano ricchi;
anche se linteresse per essi era molto
scarso da parte dei monaci athoniti,
la cui cultura purtroppo era molto
carente. Fu al suo ritorno in Moldavia
che prese lavvio limportante atti-
vit di traduzione dei testi patristici
dal greco in romeno ed in slavonico:
una delle componenti fondamentali
dellinsegnamento e della eredit
spirituale di Paisij.
Egli stesso descrive il lavoro di tradu-
zione che si svolgeva nel monastero
di Dragomirna sotto la sua direzione:
Allorquando ci stabilimmo nel santo Mo-
nastero di Dragomirna, io incominciai con
grande diligenza a pensare ed a riflettere sucome io potessi correggere i libri patristici in
slavonico, o tradurli ex novo da greco anti-
co; e io trovai grandi e terribili difficolt in
questo lavoro, per molte buone ragioni. In
primo luogo, il traduttore di un libro deve
per prima cosa conoscere in modo completo
la lingua in cui scritto, e non solo essere
esperto nella grammatica e nellortografia
e deve essere padrone delle caratteristiche
di entrambi i linguaggi, ma deve possedereuna conoscenza profonda e non superficiale,
attraverso elevatissimi studi, di letteratura,
di retorica e di filosofia
e della stessa teologia.
Ma io, sebbene nella
mia giovent avessi
trascorso quattro anni
nella scuola di Kiev,
avevo studiato solo inparte la grammatica
ed avevo approfondito
poco le mie conoscen-
ze. Ed inoltre queste
scarse conoscenze, in
cos molti anni le avevo
completamente dimen-
ticate, e cos io temevo
di non essere in grado
di affrontare un cosgrande lavoro.
In secondo luogo, vi era la mia mancanza
di abilit ortografica, che consiste nella
giusta conoscenza di come si scrivono
le parole. Uno che non conosce il giusto
modo di scrivere le parole e vuole copiare
i sacri testi, secondo me, sebbene nel suo
cuore possa credere nella verit, e le sue
labbra possano confessarla per la sua
salvezza, ciononostante, a causa della sua
mancanza di abilit ortografica, attraver-
so la sua mano egli commette blasfemia
per sua eterna dannazione, sebbene dalle
sue labbra non sia mai uscita alcuna
parola blasfema ed egli non conosca la sua
blasfemia. Ragion per cui quando io inco-
minciai, essendo ancora inesperto, a quel
tempo nellortografia, ero molto spaventa-
to dallidea dincominciare quel lavoro.
In terzo luogo, io non possedevo un voca-
bolario per questo lavoro, eccetto il soloVarin, che inoltre era nella cella di fratel-
lo Macario per poter tradurre in lingua
moldava, e per giunta non era sempre
affidabile. E la traduzione di libri senza
un vocabolario era come il lavoro di un
artista senza utensili.
In quarto luogo, io conoscevo solo una
parte e pure la parte pi piccola dei voca-
boli del greco antico, ed ignoravo comple-
tamente le regole del linguaggio.In quinto luogo, il greco antico sorpassa
incomparabilmente ogni linguaggio nel
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mondo intero in bellezza, profondit di
significato, e nella irraggiungibile abbon-
danza e ricchezza delle sue espressioni e
perfino gli stessi greci, che erano stati ade-
guatamente istruiti, non potevano coglierle
profondamente nel loro significato. Io
avevo non poca paura nellintraprendere ilmio lavoro di correzione e traduzione dei
libri da questo cos profondo linguaggio.
In sesto luogo, la nostra stessa gloriosa
lingua slavonica, a parer mio, sorpassa
incomparabilmente molte lingue in bellez-
za, profondit ricchezza di espressioni, e
soprattutto in vicinanza alla lingua greca,
ma scarsamente conosciuta soprattutto
in alcune particolarit delle espressioni del
suo linguaggio, ed ignorata in larga par-te, ed io temevo nellintraprendere questo
lavoro. Riflettendo su queste ragioni e sul
mio lavoro con molti problemi riguardo
alle numerose necessit spirituali e fisiche
sia del monastero che del suo circonda-
rio, io disperavo assolutamente di poter
intraprendere questo lavoro per tutti questi
inconvenienti.
Vedendo, per, la fame della parola di
Dio nella nostra comunit, per la quale
le anime dei miei fratelli insieme con la
mia povera anima erano interamente
collassate, io riposi tutte le mie speranze
nel Signore che rese cieco il senno, e per
le preghiere della santa comunit io mi
azzardai ad intraprendere questo lavoro
che completamente al di sopra di me,
con questo intento, con
questa consapevolezza
ed in questa via. Rico-
noscendo i miei proprilimiti, per le ragioni
sopra esposte, io vidi
che sarebbe stato asso-
lutamente impossibile
per me portare avanti
questo lavoro che avevo
incominciato, che
era, la correzione e la
nuova traduzione in
slavonico degli scrittipatristici in greco, in
una forma cos com-
pleta da valere la pena che fosse copiata
o stampata anche dalle sante comunit
degli altri monasteri, ci fatto pi tardi
diverr necessario che qualcuno gli esami-
ni e gli corregga una seconda volta. Ed io
vidi anche cos chiaramente, come in uno
specchio, non immediatamente ma moltianni dopo, io ottenni un vocabolario ed
arrivai a comprendere il greco antico un
po meglio, e divenni pi esperto nellorto-
grafia dello slavonico e studiai a fondo le
caratteristiche grammaticali e stilistiche di
entrambe le lingue, cosa assolutamente ne-
cessaria per me, se Dio avesse prolungato
la mia vita, o dopo la mia morte se qual-
cuno della comunit, esperto in questa
materia, potesse esaminare questi testi conpi attenzione e correggerli. Perci, io non
vidi, in quel dato momento la possibilit
di ricevere alcun beneficio (dal mio lavoro)
per quei monaci che desideravano salvarsi
(attraverso la lettura dei testi patristici)
ma piuttosto io speravo nella completa
correzione di questi tanto desiderati testi
che sarebbe avvenuta molto tempo dopo.
E cos io formulai, nella mia anima, come
un incrollabile proposito, questo testamen-
to: che questo mio lavoro di correzione e
di traduzione dei testi patristici, incerto ed
imperfetto come esso , sotto ogni aspetto,
non avrebbe avuto il permesso di uscire
dalla comunit finch, con laiuto di Dio,
non sarebbe stato corretto e portato fino
alla perfezione.
Nella foto:Manoscritto della
chiesa slavonica.
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Io incominciai il mio lavoro, che consiste-
va nella correzione e nella traduzione dei
testi patristici, dal greco antico in slavoni-
co, in questo modo: vedendomi privo di un
vocabolario e delle competenze necessarie
per questo lavoro, come si detto sopra,
io scelsi come guida la traduzione dei testi
patristici in lingua moldava, che era stata
fatta dai nostri amati fratelli ieromonaci
Macario e Ilarione il Didascalo, dallanti-
co greco nella loro lingua nativa il molda-vo; essi erano abili nel tradurre ed uomini
molto istruiti. Macario tradusse parte di
essi mentre era ancora sulla Santa Mon-
tagna dellAthos, e parte in Dragomirna;
cos pure lonorevole Didascalo, Padre
Ilarione, tradusse parte di essi nella nostra
comunit. Essendo la loro traduzione fe-
dele sotto ogni aspetto senza alcun dubbio,
io incominciai a correggere i libri patristici
dei seguenti Santi, libri che erano statitradotti anticamente dal greco antico in
slavonico, guardando con attenzione agli
originali greci: St. Esichio, St. Diadoco, il
secondo libro di St. Macario, St. Filoteo,
la preghiera di St. Nilo, St. Talassio, St.
Gregorio il Sinaita, St. Simeone il Nuovo
Teologo (Omelia sullintenzione nella
preghiera), St. Cassiano il Romano sugli
otto pensieri, ed altri, aggrappandomifermamente, come un uomo cieco ad una
cancellata, alle su menzionate traduzioni;
e cos io corressi questi libri in un primo
momento.
In questa guisa, dopo molto tempo, quan-
do io incominciai a progredire nei miei
studi, io scoprii nei libri che avevo corretti,
dovuti alla mia mancanza di abilit, mol-
ti errori; e cos io potei correggerne alcuni
in un secondo momento. Allo stesso modo,dopo che fu passato ancora altro tempo,
trovando in essi molti altri errori, io li
corressi per la terza volta. Alcuni errori
erano rimasti, comunque, dalla prima
correzione, perch io non ero stato capace
di correggere molti di questi per mancanza
di tempo. Ma essi erano ancora lontani
da unesatta correzione tanto pi che i
libri in greco antico che io avevo copiato
sulla Santa Montagna e che a causa della
mia mancanza di abilit io avevo ritenuto
fossero senza errori, in molti punti erano
stati trovati ortograficamente sbagliati.
Al medesimo tempo, quando io non ero
ancora in possesso di un vocabolario, io
avevo tradotto da questi libri scritti in
greco antico le opere di questi santi: St.
Antonio il Grande, St. Isaia lEremita, il
secondo libro, St. Pietro Damasceno, che
aveva, a causa della mia estrema incapa-
cit, cos tanti errori di traduzione, che mi impossibile pensarli; ma non possibile
correggerli completamente senza dei testi
in greco antico affidabili. Il testo di St.
Teodoro lo Studita, per uninevitabile ne-
cessit, fu tradotto da me, in quel tempo,
dal greco moderno, non avendo potuto,
allora, nonostante il mio sincero desiderio,
vedere il testo in greco antico; e per questa
e per le altre suddette ragioni, vi si trovano
molti errori.Nello stesso modo, riguardo alla traduzio-
ne in slavonico antico del libro di Isacco il
Nella foto:
Guercino,
S. Girolamo nel
deserto, Museo
dellEscurial
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Siro, dallinfinita provvidenza di Dio e al
di l di ogni aspettativa, io fui giudicato
degno in questa vita di vedere un suo testo
stampato in greco antico, ed io lavorai un
anno intero per correggerlo, ora dal greco
antico, ora dal moldavo; ma purtroppo
tutto il mio lavoro, anche per questa e perle altre ragioni, lontano dalla perfezione,
e sar necessario per me, gi mezzo morto,
che solo Dio, nella Sua misericordia,
voglia conservarmi in vita e concedere luci
alla mia vista (poich io sono gi del tutto
cieco), per lavorare ancora, con ogni dili-
genza, nel correggerlo, poich ora posseggo
dei vocabolari e, per la pratica acquisita
lavorando, io ho fatto progressi in questo
campoIntorno a Paisij si cre tutta una
scuola di traduttori, che permisero
il diffondersi della conoscenza degli
scritti dei Padri tra i contemporanei.
Padre Macario e Padre Ilarione ed
altri ancora, che conoscevano il greco
antico, lavoravano giorno e notte, per
tradurre le opere dei Padri in moldavo
ed in slavonico, in modo da renderle
accessibili a tutti.
La cura nella ricerca delle fonti, nellaricostruzione dei manoscritti e nella
traduzione, le frequenti riedizioni
corrette, fecero di questo lavoro un
prezioso supporto allo sviluppo del
pensiero teologico slavo, fondando-
lo su basi di indiscutibile solidit,
ma non solo, diedero la possibilit a
molti di accedere a modelli di com-portamento, di ascesi, che saranno
fondamentali per linstaurarsi di una
vera ortoprassi mistica. Il padre spi-
rituale, il maestro che tanto a lungo
aveva cercato, Paisij lo aveva trovato
nei libri, che scavalcando il tempo e
lo spazio, lo avevano messo in rela-
zione con unesperienza di fede viva,
con le grandi profondit dellanima
che ripensa s stessa e nel raccontarsilo metteva in contatto con lassoluto.
Ed questo il dono che Paisij volle
portare a tutti, il padre spiritualeche
egli don anche a chi non aveva avuto
la fortuna dincontrarne uno, e, forse
senza volerlo, cos facendo, divenne
padre e maestro egli stesso, punto di
riferimento per molti ed attraverso il
suo lavoro ed il suo insegnamento,
form molti padri e maestri, capaci di
guidare le anime nel cammino versoil vero ed unico Maestro.
Nella foto:
La biblioteca
del monastero di
Neamt; dei circa
mille manoscritti
posseduti, 276
sono stati prodott i
dalla scuola di
Paisij Velikovskij.
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Francoardito- Simonaardito
CaSTEL DEL MonTEilgRembodellaVeRgine
Cstel del Mte un concentrato di applicazioni astronomiche, geografiche, matematiche e geo-metriche, un inspiegabile condensato di simboli, di segni, di formule. Si d per scontato che lo abbiafatto costruire Federico II ma si sa per certo che lImperatore non vi soggiorn mai. E assolutamen-te inadatto ad essere abitato e non ancora chiaro per quali motivi sia stato costruito n chi abbiainteso impegnare per la sua costruzione tanto denaro, energie e sapienza. E poi lacqua: nella vascamonolitica che era nel cortile, nelle cisterne sulle torri, nel pozzo sotto il castello, quasi a proteggereil visitatore come in un grembo...
edizionigiuSeppelateRzadi Giuseppe Laterzawww.giuseppelaterza.it
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l movimento esicasta si inserisce
nella tradizione monastica orien-
tale che dal IV secolo d.C. si diffuse
progressivamente, di pari passo con la
cristianizzazione di zone sempre pi
vaste del continente euroasiatico. Se
non si pu parlare, in senso proprio,
di movimento esicasta prima del VI-
VII secolo, molti ne sono i precursori,
soprattutto tra i padri del deserto,
alla cui spiritualit, i monaci esicasti
attingeranno ampiamente.
Il termineEsicasmoindica il sistema
di vita caratteristico dellasceticaorientale, che si sostanzia in unostato
di vita solitaria allinterno del cenobiti-
smo, adatto per la quiete () della
contemplazione, la tranquillit di corpo
e di mente. Gli esicasti, attraverso
lesercizio della preghiera continua, o
Preghiera di Ges, della penitenza e del
digiuno, attraverso una rigorosa asce-
si, tendono alla illuminazione, alla
contemplazione dei divini misteri,della luce taborica, quella luce divina,
increata dalla quale apparve circon-
fuso il corpo trasfigurato di Cristo sul
monte Tabor.
La teologia, che questo movimen-
to svilupp, si basa, sulla assoluta
inconoscibilit dellessenza divina, la
quale si manifesta solo attraverso le
sue energie ed operazioni. Attraverso
queste Dio, totalmente trascendente,
crea, si rivela, comunica con luomo
e con luniverso, compie lopera di
redenzione e divinizzazione delluo-
mo. Le energie e le operazioni sono
comuni alle persone divine cos come
lo lessenza, le persone per nonsono modi di manifestazione di un
unico Dio, come nel modalismo, ma
il dogma della Santissima Trinit non
mai messo in discussione.
Il monachesimo come esperienza
di vita anacoretica, come esigenza
di fuga dal mondo per concentrare
tutte le proprie energie spirituali nella
preghiera e nella contemplazione dei
misteri divini, non un fenomeno co-evo alla nascita delle prime comunit
cristiane, ma sorge e si afferma con la
esicasmo emovimentoesicasta
I
Nella foto:
Cristo Pantocrato-
re fra lImperatore
Costantino IX
Monomachos e
lImperatrice Zoe,
mosaico nella Ba-silica di S. Sofia a
Istanbul.
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fine delle persecuzioni e con il diffon-
dersi della nuova religione, diventata
nel frattempo religio licita, in strati
sempre pi vasti della popolazione.
Le prime comunit cristiane infatti
erano costituite da persone gene-
ralmente fortemente determinate,
consapevoli di rischiare discrimina-
zioni, persecuzioni, fin anche la vita.
Questo portava ad una coesione forte
nelle comunit, allinterno delle quali
si realizzava pienamente il desiderio
di non sentirsi coinvolti negli affanni
di una vita mondana, vissuta spes-so allinsegna della sopraffazione e
dellegoismo.
Con lEditto di Costantino del 313
d.C., le comunit cristiane cessarono
di essere perseguitate, e se poterono
organizzarsi, riunirsi in Concilio,
evangelizzare liberamente altre popo-
lazioni, costruire chiese e cattedrali
sempre pi imponenti, daltra parte
dovettero accogliere un numero sem-pre maggiore di persone che aderiva-
no alla nuova religione pi per motivi
di opportunit sociale che per profon-
da convinzione.
Questo port allaffievolimento dei le-
gami di comunione tra i membri della
comunit ecclesiale e ad un progres-
sivo impoverimento dellesperienza
spirituale vissuta nel suo ambito. Si
afferm sempre pi fortemente, negli
spiriti migliori, lesigenza di ritirarsi
in luoghi appartati per cercare, nel
silenzio e nella rinuncia alle sia pur
relative comodit e sicurezze della
vita cittadina, la purezza di unespe-
rienza di dialogo con Dio, vissutanella preghiera, nella meditazione
e nella contemplazione, divenute
spesso impossibili in una Chiesa ricca
e potente, e sempre pi spesso im-
pegnata a svolgere funzioni politico-
amministrative lontane dal suo spirito
originario.
Da soli o organizzati in grandi co-
munit, i monaci costituirono la
spina dorsale della Chiesa dOriente,che scelse tra di essi i suoi vescovi,
ne adott la liturgia e la spiritualit,
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poich la loro esperienza realizza-
va quellideale di vita cristiana che
inizialmente apparteneva allintera
comunit.
Lesigenza di una rigorosa ascesi
accompagn lesperienza e la forma-
zione cristiana dei pi elevati spiritidel IV secolo. Basilio di Cesarea (329
- 379), Gregorio di Nazianzo (330
ca.- 390ca.), Gregorio di Nissa (335
- 394), Giovanni Crisostomo (340?
- 407) trascorreranno periodi pi o
meno lunghi della loro vita nella ri-
cerca della quiete, che rende possibile
la contemplazione e la comprensionedei divini misteri e che solo la vita
monastica era in grado di dare.
Basilio di Cesarea, infatti, viaggi a
lungo tra lEgitto, la Siria e la Meso-
potamia proprio per conoscerne di
persona i famosi monasteri, finch,
tornato in Cappadocia, intraprese
con Gregorio di Nazianzo ed altri
amici unesperienza di vita asceticadalla quale fu tratto dal suo vescovo
Dianio, per diventare in pochi anni
sacerdote e poi vescovo di Cesarea.
Anche Gregorio di
Nissa, dopo la breve
esperienza matri-
moniale, conclusasi
con la morte prema-
tura della giovane
moglie, si ritir nelconvento fondato
dal fratello Basilio e
si dedic esclusiva-
mente agli studi di
filosofia e teologia.
Scopo principale
della vita ascetica
era la contemplazio-
ne dei divini misteri,
attraverso la pre-
ghiera ed il distaccodalle umane passio-
ni e dalle preoccu-
pazioni della vita
quotidiana, e con
il raggiungimento
dellunione mistica
dellanima col suo
Creatore. Questope-
ra di riflessione e di
ricerca fu estrema-mente feconda, in
unepoca in cui le
dispute sulla divinit
del Verbo e dello
Spirito Santo erano
estremamente vivaci, e procur alla
lotta contro le eresie campioni in gra-
do di contribuire in modo definitivo
alla formazione dei dogmi, cos come
verranno definiti dai grandi ConciliiEcumenici del IV e V secolo.
Nelle opere di questi grandi PadriNella foto:
Monaco esicasta.
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troviamo i primi spunti di quella che
sar in seguito la teologia del mo-
vimento esicasta: la consapevolezza
dellintrinseca inconoscibilit dellessenza
divina, che si manifesta alluomo attraver-
so i suoi attributi e le sue operazioni.Dio
dunque gi nel pensiero di Basilio intuito come inconoscibile, nella sua
essenza, quellessenza sovrasostan-
ziale che costituisce lunit delle Tre
Persone Divine, ma intuibile, attraver-
so la rivelazione, nelle sue relazioni
interne e comunicabile attraverso i
suoi attributi e le sue operazioni, co-
muni anchesse a tutta la Trinit.
Gregri di niss, pi di ogni al-tro, si preoccup di dare struttura
filosofica al dogma cristiano dellin-
carnazione, morte e resurrezione di
Cristo, s da renderlo compatibile con
la mentalit speculativa dellOriente
bizantino. Era, allepoca, dominante
la filosofia neoplatonica, ed nel suo
ambito che Gregorio di Nissa colloc
ed espresse i valori della spiritualit
cristiana. Se non fu il primo a parlare
della deificazione delluomo, dottrinaattinta ampiamente da Origene, egli
seppe svilupparla in senso mistico,
giungendo ad elaborare una teoria
della luce che dalla tenebra luminosa, e
quindi dalla comprensione dellasso-
luta trascendenza di Dio, giunse, alla
distinzione tra essenza inconoscibile
ed energie increate comunicabili.
La maggior parte della gente crede che il
termine Divinit si applichi, per parlarepropriamente, alla natura divina Ma
noi, seguendo le indicazioni della Scrittu-
ra, sappiamo che questa natura inno-
minabile e indicibile, e diciamo che ogni
nome (divino) che sia inventato dagli uo-
mini o trasmesso dalle Scritture, esplicita
alcuni concetti relativi alla natura, mentre
il senso della natura stessa non da lui
compreso Dunque, poich concepiamo
le diverse energie della Potenza trascen-dente, traiamo gli appellativi da ciascuna
delle energie che ci sono note.
Lo stesso
Gregorio
Palamas,
nei suoi
Capita
centum
quin-quaginta
Physica,
Theologi-
ca, etc., e
nellHa-
gioriticus
Tomus,
per di-
mostrare
il fonda-mento
patristico
della
distin-
zione tra
essenza
divina inconoscibile ed energie incre-
ate comunicabili richiama pi volte
il pensiero dei Cappadoci, insieme
al pensiero di Giovanni Crisostomo,
di Giovanni Damasceno, di DionigiAreopagita e di Cirillo (senza mai
specificare se di Gerusalemme o di
Alessandria): Divina quidem essentia
numquam pluraliter dicitur: sacra vero
et increata Dei gratia et operatio, divine
distributa, ad imaginem solaris radii,
qui et calefacit, et vivificat, et nutrit, et
illuminatis propriam immittit lucem,
ut ait Basilius Magnus: Operationes
spiritus quaenam? Ineffabiles quidemsunt ob magnitudinem, at innumerabiles
ob multitudinem. Quomodo enim intelli-
gamus quae sunt ultra secula? Quaenam
erant ejus ante intellectualium creationem
operationes?
Sed insuper Gregorius Theolo-
gus, divinas illas spiritus operationes
memorans:Spiritus operationes, inquit,
spiritus vocare Isaiae libuit Ipse autem
prophetarum sublimissimus, non solumeas differre a divina essentia clare ostendit
per numerum, sed et increatas esse has di-
Nella foto:
Gregorio di Nissa,
affresco nella
chiesa di Chora a
Istanbul
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vinas operationes demonstravit hac voce,
requiescet super eum. Nam superrequie-
scere est eminentioris dignitas.
Ma la conoscenza dei divini misteri
non si raggiunge attraverso la specula-
zione razionale, attraverso la riflessio-
ne filosofica, vissuta nellautonomiadellintelletto umano, ma attraverso
la meditazione e la contemplazione
vissute nella preghiera e nellascesi,
sullesempio dei Padri del deserto.
Esempio perfetto di integrazione tra
riflessione filosofica e vita anaco-
retica fu Evgri Ptic(+ 400).
Contemporaneo ed amico di Basilio
e Gregorio di Nazianzo, si ritir neldeserto egiziano per dedicarsi inte-
gralmente alla preghiera e alla con-
templazione.
Fu Evagrio il primo a codificare la
preghiera individuale continua, ed i
suoi Capitoli(Centurie gnostiche) uti-
lizzati largamente dalle generazioni
successive di monaci orientali, costi-
tuirono la base della loro spiritualit
e del loro lessico. Evidente in essi
la concezione della preghiera comeunione dellintelletto con Dio, come
unica possibilit di giungere alla com-
prensione del mistero di Dio.
La preghiera unascensione dellintelli-
genza verso Dio
Lo stato di orazione uno stato impas-
sibile che, con un amore supremo, trascina
sulle vette intellettuali lintelligenza ricol-
ma di sapienza e spiritualit.
La preghiera lattivit che si conf alladignit dellintelligenza, cio limpiego
migliore e pi adeguato di questa.
La gnosi eccellente, poich collabo-
ratrice della preghiera, risvegliando la
potenza intellettuale dellintelligenza
alla contemplazione della gnosi divina.
Unascesi come si vede tutta tesa
alla comprensione dei divini
misteri, alla conoscenza ed alla
contemplazione; un percorso allacui sommit c lunione mistica
dellanima con il suo Creatore, la
divinizzazione delluomo attraverso
le energie divine increate, ossia i doni
dello Spirito.
Ma la concezione della preghiera in
Evagrio portava in s i rischi propri
del neoplatonismo, di una fede disin-
carnata, senza riferimenti diretti alCristo, ma intesa come attivit pro-
pria dellintelligenza umana, e questo
provoc la condanna per eresia del
pensiero di Evagrio, i cui scritti con-
tinuarono ad essere diffusi sotto lo
pseudonimo di San Nilo.
Diversamente da Evagrio,
Mcrifond la sua mistica
sullIncarnazione del Ver-bo, e su di unantropologia
legata alla concezione bibli-
ca delluomo come un tutto
unico e non distinto platonica-
mente in corpo e anima, uomo
creato interamente ad imma-
gine del suo Creatore ed inte-
ramente redento attraverso
lopera del Verbo di Dio,
divinizzato anche nel
corpo tramite lapartecipazio-
ne ai sacra-
menti, in
attesa
della
re-
Nella foto:
Dionigi l Aero-
pagita, stampada un volume del
1584.
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surrezione della carne: La gloria, che
i santi possiedono gi da adesso nelle loro
anime, coprir, rivestir e innalzer nei
cieli i corpi nudi (il giorno della Risurre-
zione). Il nostro corpo e la nostra anima
riposeranno dunque eternamente con il
Signore nel RegnoLa preghiera incessante fornisce
alluomo quelle ali che Dio non gli ha
dato fisicamente, affinch sia solleva-
to e portato fino a Lui: Dio creando
Adamo non gli ha dato ali materiali
come agli uccelli ma in compenso gli
ha preparato ali spirituali quelle che
desidera dargli nella resurrezione
affinch lo sollevino e lo portino lad-
dove lo Spirito desidera che egli sia.Queste ali le anime sante le ricevono
sin dora, quando esse si sollevano
con lo spirito verso pensieri celesti.
La tradizione spirituale del mo-
nachesimo orientale fu influen-
zata fortemente dagli scritti di
Evagrio e di Macario (+ 400),
la sintesi dei quali costitu
lessenza del pensiero de-
gli autori successivi.
Ma se la spiri-
tualit esi-
casta si
form
sul-
le opere di Evagrio e Macario, e poi
Giovanni Climaco e Diadoco di Foti-
ce, la teologia del movimento attinse
ampiamente alle opere di Diigi
arepgit. Questi dovrebbe essere,
secondo la tradizione, il filosofo greco
convertito da San Paolo durante il suosoggiorno ad Atene, ed infatti tutte le
opere da lui composte sono ambienta-
te in epoca apostolica. Lattribuzione
di questi scritti al Dionigi giudice
dellAreopago risale allepoca dellim-
peratore Giustiniano (527 - 565), pro-
babilmente intorno al 532 - 533.
Nel dibattito che segu il Concilio di
Calcedonia (451), le opere di Dionigi
furono ampiamente citate dai severianiper contestare le affermazioni dogma-
tiche di Calcedonia ed in quella occa-
sione furono manifestati i primi dubbi
sullautenticit dei testi. I calcedoniani
infatti si meravigliavano come un ope-
ra cos autorevole fosse assolutamente
ignorata da teologi come Atanasio e
Cirillo di Alessandria.
Ma si dovr attendere lumanesi-
mo per giungere al riconoscimento
dellopera di Dionigi come pseudo-epigrafica. Si da pi parti tentata
unattribuzione, ma con risultati pi
fantasiosi che scientifici. J. Stiglmayr
dimostr in modo definitivo che il
Corpus dionysiacumnon poteva essere
anteriore al VI secolo. Ma a dispetto
delle polemiche sulla sua autenticit,
che accompagnarono questopera
nel corso dei secoli, il suo influsso
sul pensiero teologico in Oriente edanche in Occidente fu enorme.
Del Corpus dionysiacumfanno parte
La Gerarchia Celeste,La Gerarchia Ec-
clesiastica,I Nomi Divini,La Mistica
TeologiaeLe Epistole. Si pu pro-
priamente parlare di Corpusperch
tutta lopera si sviluppa secondo un
piano logicamente organizzato e
coerente; nelle prime due opere si
tratta dellunione delle creature in-telligenti con Dio, nelle altre di Dio
stesso. Chiaro limpianto neopla-
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Nella foto a destra:Giovanni Climaco,
Museo di Stato di
San Pietroburgo.
Foto sotto:
La scala del Para-
diso, icona ispirata
allopea di Giovan-
ni Climaco.
tonico dellopera tutta, ampiamente
applicato il metodo apofatico, esposta
chiaramente la distinzione in Dio tra
essenza inconoscibile ed energie o
attributi comunicabili.
Dio essenza sovrasostanziale, infini-
tamente semplice, essere ma oltrelessere, possiede i suoi attributi in
modo infinito ma li trascende, oltre
la bellezza, oltre la bont, oltre la
giustizia eppure si rivela come bont,
bellezza, giustizia e cos via.
Occorre, io penso, che noi, per riprendere
meglio largomento, esponiamo in modo
perfetto dellunit e della distinzione divina,
affinch tutto il nostro discorso risulti
facilmente comprensibileSi sa che i sacriprecettori della nostra tradizione teologica,
cosa che ho gi detto in altri scritti chiama-
no unit divine le stabilit superiori occulte
e inaccessibili della singolarit superinef-
fabile e del tutto ignota, e distinzioni le
progressioni benefiche e manifestazioni
della tearchia che sono in Dio e dicono,
seguendo la Sacra Scrittura, che ci sono
propriet della predetta
unit e anche particolari
unit e distinzioni della
divisione stessa. Per esem-
pio, nellunione divina,
cio soprasostanzialit,
unita e comune alla Tri-nit, principio di unit, la
Sostanza sovrasostanziale,
la Divinit superiore alla
divinit, la Bont superio-
re alla bont; lidentit di
tutte le cose situata oltre
ogni propriet, che a sua
volta superiore a tutto,
ununit che supera ogni
principio che unifica,lineffabile, ci che si pu
esprimere con molti nomi,
ci che impossibile a
conoscersi e perfettamente
intelligibile, laffermazio-
ne e la negazione di ogni
cosa che sta al di sopra
di ogni affermazione e
negazione
Se Evagrio e Macario
gettarono le basi perledificazione della
tradizione spirituale
monastica orientale,
fu con Diadoco di
Fotice (V sec.), Gio-
vanni Climaco (+ 649) e Massimo il
Confessore (+ 662) che questa usc
dallambiguit tra fedelt allortodos-
sia e settarismo ereticale.
Anche Didc, vescovo di Fotice in
Epiro scrisse dei Capitoli Gnostici, sul
modello di Evagrio, ma il suo vero
ispiratore fu Macario, fondamenta-
le infatti in essi la funzione della
grazia di cui veicolo la vita sacra-
mentale. La preghiera continua, alla
maniera dei Padri del deserto, viene
indirizzata verso la persona del Logos
incarnato, ed il cuore, la vera sededellesperienza mistica, e non lintel-
letto, come per Evagrio.
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Nella foto:
Massimo i l
Confessore e i suoimiracoli,
icona russa.
umana assorbita comple-
tamente da quella divina.
Secondo Massimo le due
nature di Cristo sono reali
e complete, la volont (o
energia) umana si conforma
liberamente a quella divina,poich lesistenza umana
di Cristo esistenza reale e
non unastrazione.
Ne deriva che come lin-
tera umanit assunta in
Cristo e unita ipostatica-
mente e non assorbita, alla
natura divina, cos anche i
cristiani, dal momento in
cui si uniscono sacramen-talmente e misticamente al
Cristo, unendosi alla volont
umana, si uniscono anche
allenergia divina. La deifi-
cazione quindi conformare
la propria volont (o ener-
gia) a quella di Dio e rice-
verne lenergia.
Il centro dellesperienza
mistica, anche per Massimo,
nel cuore e non nellintel-letto, come per Evagrio, di
cui adotta per la gerarchia
delle passioni e il concetto di
apatia, come risultato di un
severo ascetismo. Ma questo
risultato, per Massimo, non
si conquista eliminando an-
che lamore umano in quan-
to imperfetto e frutto della
caduta, ma trasformandoloda erosin agape. E attraver-
so la comunione con Dio
che lamore da eros diviene
agape, che le passioni ven-
gono dominate ed eliminate,
ma luomo non perde la sua
essenza individuale e la sua energia.
Riflesso della questione cristologica,
che si dibatteva da oltre quattro seco-li, furono le lotte iconoclastiche che
turbarono per circa due secoli (VIII e
IX) la vita religiosa e civile in Oriente.
Nato nelle regioni pi orientali
dellimpero bizantino, il mvimet
icclst risente dellinflusso dellareligione musulmana, che partendo
dallassoluta trascendenza ed inco-
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municabilit di Dio ne proibiva ogni
raffigurazione. La teologia monofi-
sita, che allorigine del movimento
iconoclasta, poi, portando a conside-rare la natura umana come comple-
tamente assorbita da quella divina,
e quindi non avente una individuale
consistenza, estendeva la proibizione
di raffigurare Dio, anche al Cristo,
Dio incarnato e come tale pensabile e
rappresentabile in forma umana. Il di-
sprezzo per il corpo, per il mondo del-
la sensazione, della fisicit, derivantedal neoplatonismo, unito allinterpre-
tazione rigorosa del divieto biblico di
farsi delle immagini di Dio, nonch
il rigetto dellesagerato culto delle
icone, che a volte caratterizzava la
piet popolare in Oriente, fornirono
lhumus entro il quale nacque e si svi-
lupp il movimento iconoclasta. Ma
fu solo allepoca di Costantino V Co-
pronimo (741 - 775) che il movimentosvilupp una sua teologia compiuta.
Con la pubblicazione dei trattati
contro la venerazione delle icone e la
convocazione del Concilio di Hieria
(754) limperatore diede una struttura
teoretica al pensiero iconoclasta.
Il Concilio di Hieria infatti, sosteneva
che un pittore, nel dipingere limma-
gine di Cristo, rappresentava o la sola
natura umana, separata cos da quella
divina, ricadendo nella condannadi Efeso (431), o entrambe le natu-
re, pretendendo o di circoscrivere la
natura divina in quella umana, il che
rappresenterebbe un assurdo logico, o
di mescolare le due nature, ricadendo
cos nel monofisismo.
E evidente come il dogma di Calce-
donia fosse travisato da questi teolo-
gi, che si presentavano formalmente
come non monofisiti, ma nella realtmostravano di considerare la natura
umana di Cristo come completamen-
te assorbita da quella divina, igno-
rando il vero significato dellunione
ipostatica, che presuppone una reale
distinzione tra natura e ipostasi.
La natura umana, infatti, assunta
dallipostasi del Logos non perde la
sua identit.
Al movimento iconoclasta, appoggiatodagli imperatori bizantini, opposero
una strenua quanto vigorosa resistenza
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gli esponenti pi autorevoli del mona-
chesimo orientale, seguiti da tutte le
comunit monastiche dellimpero.
La voce pi autorevole che si lev
in difesa del culto delle immagini
fu quella di Givi Dmsce,il quale dalla Lavra di San Saba in
Palestina, ormai in territorio arabo e
quindi lontano dalla repressione im-
periale, diede unit al pensiero orto-
dosso sul culto delle immagini.
Giovanni partiva dallargomento
cristologico per riaffermare la liceit
della raffigurazione di Cristo: Io
rappresento Dio lInvisibile non in quanto
invisibile, ma nella misura in cui egli divenuto visibile a noi mediante la parteci-
pazione alla carne e al sangue.
Nella foto sopra:
Icona araba di Gio-
vanni Damasceno.
Foto a destra:
Icona della Trinit,
conosciuta anche
come LOspitalitdi Abramo, Andrej
Rublv, Galleria
statale di Tretjakov
a Mosca.
E il Logos che ha assunto la
natura umana, nobilitandola e
riconciliandola con Dio, in-
sieme a tutta la creazione, ad
essere rappresentato e, ci che
pi importante, non si adora
limmagine, in quanto distintadal suo modello, ma la si vene-
ra proprio perch al suo model-
lo rimanda. E la confusione
tra immagine e prototipo e tra
adorazione e venerazione che
porta allequivoco iconoclasta.
Questa posizione fu ripresa dal
Concilio Ecumenico del 787,
Niceno II, che rigett licono-
clastia, definendo le caratteri-stiche ortodosse del culto delle
immagini. Il Concilio di Nicea
del 787, per non chiuse defini-
tivamente la questione, che fu
ripresa dagli imperatori Leone
V (813 - 820), Michele II (820 -
829) e Teofilo (829 - 842).
Spetter a teologi come Teodo-
ro Studita e Niceforo, Patriarca
di Costantinopoli, chiarire
definitivamente il fondamentoteologico della liceit del culto
delle immagini.
Tedr Studitfu dal 798 abate del
monastero di Studio, in Costantino-
poli, esponente di spicco del movi-
mento monastico ne fu riformatore e
guida. Il monastero di Studio, infatti,
attraversava, in quei tempi, un perio-
do di grave decadenza, ma sotto laguida di Teodoro rifior diventando
uno dei centri principali del mona-
chesimo orientale e la sua regola,
composta secondo gli insegnamen-
ti dello stesso Teodoro, fu assunta
dalle maggiori comunit cenobitiche
dellepoca e costitu il fondamento di
quella corrente del pensiero monasti-
co orientale che si staccher dallespe-
rienza anacoretica ed esicasta e daessa si differenzier.
Fondamentale fu limportanza del
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pen-
siero di Teo-
doro nella lotta che vide impegnato
tutto il mondo monastico orientale
contro liconoclastia, in difesa del
culto delle immagini, di cui spesso
monasteri e comunit erano custodi efautori.
Scrisse unaPiccolaed una Grande Ca-
techesi, insistendo sui valori dellobbe-
dienza, sulla vita liturgica e sullimpor-
tanza del lavoro. Scrisse anche inni,
molte delle parti ascetiche del Triodion,
delParakletikee dellOktoechos, nonch
lettere e le tre Controversicontro gli
iconoclasti . Egli sottoline la concre-
tezza dellumanit di Cristo, della suavita come uomo tra gli uomini, con
coscienza umana individuale.
Le
lotte iconocla-
ste portarono ad un
radicalizzarsi, nel mondo mona-
stico, della diffidenza verso la cultura
laica, che nel pensiero greco trovava i
suoi maestri, e contribuirono a chiu-
dere i monaci in un rigorismo senza
compromessi. La grave persecuzione
subita dal mondo monastico contri-
bu poi ad accrescere lautorevolezza
dello status di monaco, inteso come
una forma di perfezione. Nonostante
nellambito del monachesimo orienta-
le si fossero venute a creare due formedi esperienza opposte, quella ceno-
bitica che aveva come riferimento
Pacomio e quella eremitica che aveva
come modello Antonio dEgitto, i
fondamenti del movimento, rifiuto
del mondo e centralit della preghie-
ra, rimasero unitari.
Il Patriarca di Costantinopoli, nice-
fr, invece non proveniva dal mon-do monastico, ma dalla burocrazia
imperiale, nella quale aveva percor-
Nella foto sopra:
Teodoro Studita,
mosaico dell11
secolo del monaste-ro di Nea Moni
a Chios.
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so una brillante carriera. Patriarca
dall806 all815, quando fu deposto
dallimperatore Leone V, proprio a
causa della sua difesa del culto delle
immagini, compose una Confutazione
del Concilio di Hieria, tre Controversie,
unaLunga Apologia, un Trattato controEusebio ed Epifanio. Mor nell828.
Niceforo si oppose alla concezione
che voleva lumanit di Cristo inte-
ramente assorbita dalla sua divinit,
minimizzando lacommunicatio idio-
matume dichiarando che Cristo, in
quanto uomo perfetto non possedeva
una conoscenza superiore a quella
degli altri uomini, perch aveva as-
sunto tutti gli aspetti della condizioneumana, compresa lignoranza. La
sua teologia sembra inclinare verso il
nestorianesimo, ma la sua ortodossia
non fu mai messa in discussione.
Le lotte iconoclaste ebbero termine
nell843, ed in quelloccasione fu
composto il Synodikon, che comme-
morava i difensori dellortodossia
e condannava gli eretici. I monaci
erano i veri vincitori di questa vera e
propria guerra, che li aveva visti spes-so oggetto di persecuzioni e violenze.
Essi videro accrescersi il loro prestigio
presso le popolazioni di cui avevano
saputo interpretare i sentimenti e le
esigenze spirituali.
Come tutte le controversie, anche
questa aveva portato ad un affina-
mento delle capacit di riflessione
nonch ad una maggiore puntualiz-
zazione dei dogmi stessi e delle loroapplicazioni. Larte bizantina, per
esempio, usc da questo dramma con
una consapevolezza maggiore di esse-
re espressione di profonde convinzio-
ni teologiche e fiss i suoi canoni con
maggiore precisione.
In questi due secoli di lotta, sembra
prevalere la corrente del monache-
simo cenobitico e non si incontra-
no grandi personalit tra i monaciesicasti. Il pensiero esicasta come
soffocato dallurgenza della crisi
iconoclasta che ripropone questioni
cristologiche e cultuali che, pur non
estranee al mondo esicasta, non lo
videro coinvolto in prima persona.
Simee, ilNuovo Teologo, segna la
ripresa dellesperienza esicasta; mo-naco presso il monastero di Studio,
quindi abate di S. Mama, sempre a
Costantinopoli, realizz una sintesi
perfetta tra lappartenenza ad una
grande scuola di pensiero, ad una tra-
dizione mistica e loriginalit corag-
giosa e senza reticenze, nel racconto
dellesperienza personale di Dio.
Discepolo di S. Simeone il Pio, per
il quale nutr sempre una grandevenerazione, resse il monastero di
S. Mama per circa venticinque anni,
finch non ne fu allontanato a causa
Nella foto:
Icona di Simeone,
il Nuovo Teologo
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Tu stesso crescevi in luce Mi sembr, o
Signore, che Tu immobile ti movessi, Tu
immutabile ti mutassi, Tu senza un aspet-
to distinto diventassi distinto Risplen-
devi oltre misura e sembravi apparire tutto
in tutti, a me che vedevo chiaramente.
La visione narrata in queste righesembra essere la descrizione e la
conferma, a livello esperienziale, della
concezione esicasta delle energie: Dio
percepito dal mistico come incono-
scibile, immutabile, imperscrutabile,
eppure viene colto, quasi fisicamen-
te oltre che spiritualmente, nella
Sua manifestazione come unEntit
dinamica, percepibile, che purifica
e divinizza colui col quale entra incontatto.
Il carattere profetico dellesperien-
za di Simeone lo port pi volte al
della rivolta dei suoi monaci, che non
reggevano la sua disciplina ascetica.
Scrisse i Trattati Teologici ed Etici,Le
Catechesi,per i suoi monaci, 58 inni
e molti scritti minori; fu chiamato il
Nuovo Teologodai suoi ammiratori e
paragonato quindi a Giovanni Evan-gelista e a Gregorio di Nazianzo.
Considerato uno dei massimi espo-
nenti della tradizione esicasta, in
realt non fece alcun accenno alla
preghiera intellettuale e alla distinzio-
ne in Dio di essenzaed energie.
Lo inserisce, per, a pieno titolo, nel-
la tradizione esicasta la sua concezio-
ne del cristianesimo come esperienza
diretta di Dio nella preghiera e nellacontemplazione.
Per Simeone, partendo dalla conver-
sione, attraverso una rigorosa ascesi
vissuta sotto la guida di un ma-
estro, si pu giungere alla visio-
ne dei misteri divini: Tu mi hai
tratto dalla palude fetida e quando
fui sulla terraferma, mi hai affi-
dato al tuo servo e al tuo discepolo
ordinandogli di mondarmi da ogni
sozzura. Egli mi condusse per mano
come si conduce un cieco alla fonte,
cio alle Sacre Scritture e ai tuoi
comandamenti diviniUn giorno
in cui correvo per immergermi nel
bagno quotidiano, sulla strada, Tu
mi hai incontrato, Tu che mi avevi
gi tratto dal fango. Fu allora che
per la prima volta brill ai miei
occhi la luce immacolata del tuo
Volto divino E piangendo sempreandavo in cerca di Te. Sconosciuto.
Schiacciato dalla tristezza e dallaf-
flizione, dimenticavo completa-
mente il mondo e tutto ci che nel
mondo, non serbando nel mio spiri-
to nulla di ci che sensibile. Allo-
ra Tu mi sei apparso, Tu invisibile,
Inafferrabile, Intangibile. Sentivo
che purificavi la mia intelligenza,
che aprivi gli occhi dellanima mia,che mi permettevi di contemplare
pi pienamente la Tua gloria, e che
Nella foto:
Reliquiario di
Gregorio Palamas
conservato nel mo-nastero Gregorios
del Monte Athos.
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conflitto con le autorit ecclesiastiche,
sempre prudenti nei confronti di chi
manifesta visioni, e si muove con
libert fuori dei rgidi canoni della
Chiesa, le quali erano contrariate per
la sua concezione dellinefficacia del
Battesimo se non produce frutti, e perla sua strenua difesa della consuetu-
dine monastica della confessione resa
ad un semplice monaco, non ordi-
nato. Egli, come scrive Meyendorff,
rappresenta un caso unico di misticismo
personale, ma nello stesso tempo un
importante testimone della inevitabile ten-
sione nel cristianesimo tra tutte le forme di
istituzione e la libert dello Spirito.
Dopo un silenzio di circa due secoli,la tradizione esicasta riprese vigore
verso la fine del XIII secolo, grazie
allopera di personalit come Nicefo-
ro, probabilmente un monaco greco
di origine italiana, e Gregorio il Sinai-
ta, che contribu alla sua diffusione
soprattutto nei paesi slavi. Ma fu con
Gregorio Palamas (1296-1359) che la
teologia esicasta conobbe il suo apice.
Gregri Plmsnacque nel 1296
a Costantinopoli; di famiglia nobi-