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PERIODICO DI INFORMAZIONE E CULTURA DELLA PRO LOCO - TIGGIANO Anno IX, Numero 5 - Tiggiano, Ottobre 2009 - Distribuzione Gratuita di Alfredo De Giuseppe Continua a pag. 5 Continua a pag. 2 P erché la libertà di stampa è un principio che ci riguarda tutti? Per un motivo molto semplice: è uno dei requisiti fonda- mentali per il nostro essere cittadini. La libertà di pensiero e quindi di stampa è stata una conquista complessa per l’umanità, tant’è che ancora oggi in qualsiasi sistema ditta- toriale la prima cosa che viene abolita è la reale possibilità di pubblicare a mezzo stampa o video le infor- mazioni non ufficiali. Noi in Italia abbiamo un problema che ci rende completa- mente anomali rispetto ai principi teorici di una buona democrazia e rispetto alla concretezza del resto d’Europa che ci guarda sempre più con piglio negativo: un problema che ha un nome e un cognome e che purtroppo per tutti noi è il nostro pre- sidente del consiglio, il Cav. Silvio Berlu- sconi. Questa anomalia è nata e cresciuta nell’era craxiana, fra antenne selvagge, tangenti, fondi neri, corruzione di giudici, società off-shore e frequentazioni piduiste. A quel tempo pochi colsero l’enormità delle concessioni nazionali via etere in modo quasi esclusivo ad un’unica persona (fra questi De Mita che dimise i suoi mini- stri dopo l’approvazione della legge Mammì - rivedersi gli articoli del tempo per capire meglio la dinamica dell’ascesa del Cav). Pochi avevano apprezzato l’im- portanza del mezzo televisivo per produrre e costruire consenso politico, elettorale, economico. Da allora Berlusconi con un NOI E LA LIBERTÀ DI STAMPA L a pioggia di informazione è un anestetico sottile che appanna curiosità, sorpresa e partecipazione, soprattutto quando gli eventi raccontati sono remoti nel tempo e nello spazio. Di tutt’altro registro è il dolore che ti esplode nel cuore in conseguenza di un dramma che, pur collettivo, si è consumato nei tuoi paraggi e addirittura con il contributo del tuo sangue. A questo dolore indicibile appartiene la tra- gedia che il 17 settembre ha mozzato il fiato a mamma e papà di Davide Ricchiuto, il Ca- poral Maggiore scelto della Folgore, abbat- tuto insieme a cinque commilitoni mentre era a Kabul, in missione contro quell’incubo di irrazionalità distruttiva che è il fondamenta- lismo islamico. Questo il dramma che dal nucleo familiare di Davide è traboccato sulla nostra comunità; l’ha risucchiata in quelle lacrime, e l’ha pro- iettata al primo piano della cronaca. Notorietà amarissima che nessuno di noi in assoluto avrebbe mai voluto vivere. 39º Parallelo purtroppo arriva in ritardo a dare voce a tanto lutto privato e collettivo. Altri fogli, con scadenza più ravvicinata, hanno po- tuto farlo con immediatezza e, bisogna ag- giungere, in maniera egregia. Ora potrebbe sembrare che a quanto è stato detto e celebrato non ci sia altro da aggiun- gere, e invece intorno a fatti di tal portata, qualche cosa in più da dire c’è sempre, e non è detto che si tratti di una banalità. E allora proviamoci. In memoria di DAVIDE La premessa è che la persona di Davide, il suo ruolo, il sacrificio estremo sono stati omag- giati a livello ufficiale in modo eccellente. Riportiamo a lato i passi più significativi degli interventi fatti durante il rito funebre. Ci piace farlo perché riteniamo quegli interventi meritevoli di lettura e ripensamento. In parallelo però pensiamo che anche le pa- role, le esclamazioni, le mezze frasi bisbi- gliate dalla gente comune stretta attorno allo scoramento della famiglia, meritino rispettosa L a vicenda degli operai Adelchi che da al- cune settimane è alla ribalta delle crona- che regionali e non solo, è oramai nota a tutti e si sta manifestando in tutta la sua dramma- ticità. Dopo aver occupato per giorni il tetto di Palazzo Gallone e Piazza Pisanelli, a se- guito del mancato rispetto degli impegni presi dall’imprenditore circa il riavvio del ciclo produttivo ed il rientro dei lavoratori in cassa integrazione, gli operai, esasperati dai mesi di instabilità lavorativa e dalle contrad- dittorie richieste dello stesso imprenditore ad Istituzioni e sindacati, avevano addirittura oc- cupato la sede Sergio’s di Specchia. Attual- mente sembrava essersi trovato un accordo tra Adelchi e le forze sindacali grazie all’in- tervento della Regione Puglia, tuttavia gli stessi lavoratori, considerandolo insufficiente rispetto alle loro aspettative, stanno tuttora continuando la protesta. Al di là degli aspetti politici della vicenda, ciò che più colpisce sono ovviamente i risvolti umani. Gli uomini che stanno trascorrendo interi giorni e notti passando dal cornicione di Palazzo Gallone alla occupazione dell’azienda non sono eroi ma, come si sono definiti essi stessi in un re- cente comunicato, padri di famiglia e mariti CRISI ADELCHI alcune riflessioni che vorrebbero tornare quanto prima alle loro famiglie. E per comprendere la drammaticità di questa vicenda, occorre spogliarla proprio di tutti quegli aspetti politico-economici e soffermare l’attenzione su queste persone che, seppur in numero costantemente decre- scente, ostinatamente e con la forza della di- sperazione difendono il loro lavoro non solo come mezzo di sostentamento ma come ele- mento di dignità. Di fronte a queste proteste estreme il ruolo del lavoro riprende per intero il suo valore costituzionale, si riconferma ele- mento fondativo di un’intera società. In que- sto senso la vicenda Adelchi pone alcuni importanti spunti di riflessione. La manife- stazione svoltasi a Tricase Mercoledì 30 Set- tembre è stata da tutti considerata un successo. Ma a prescindere da come si con- cluderanno le trattative, quanto mai difficili e delicatissime, che sono in corso ai vari livelli istituzionali per cercare di risolvere la ver- tenza, è stato importante notare quanto forte sia stata la solidarietà della gente di tutto il Capo di Leuca. Al corteo che si è snodato lungo le strade di Tricase hanno infatti parte- cipato Sindaci, studenti, politici e sindacati, lavoratori dipendenti ma soprattutto tanti cit- tadini. Anche i commercianti, al passaggio dei manifestanti, hanno abbassato le saraci- nesche in segno di sentita partecipazione alle difficoltà degli operai. I quotidiani hanno giu- stamente sottolineato l’importanza delle tante presenze. In un periodo storico in cui i media ci descrivono una società contrassegnata dal cinismo degli adulti, orientati solo all’inte- resse personale ed economico, e dal disim- pegno dei giovani, disinteressati del futuro ed occupati solo a navigare in internet o a stor- dirsi con ogni genere di sostanza, la massic- cia e variegata presenza al corteo di mercoledì è soprattutto il segnale di una so- cietà viva e forte nelle sue radici, che guarda al dramma dei lavoratori Adelchi con gli occhi di chi, anche avendo conosciuto il be- nessere di oggi, non dimentica che esso è nato proprio grazie al sacrificio dei padri e dei nonni che con la forza del loro lavoro hanno onorato la loro terra. E’ il segnale che, mezzo che va veloce, ipotizziamo che guidi una Ferrari, ha vinto molte sfide, ha superato molti concorrenti sulle 500, fino ad avere il controllo della Mondadori, di almeno un quotidiano in modo diretto e altri in modo indiretto. Infine, da quando è presidente del consiglio ha messo alcuni suoi uomini nei posti strategici della RAI, controllando di fatto anche il servizio pub- blico. Lo strapotere me- diatico che lo ha fatto vincere è diventato ora un mostro incontrollabile, fino a diventare un vero, reale e immi- nente pericolo per la libertà. Uomini che manipolano in modo costante e professionale (a volte in modo impecca- bile) la realtà pur di mantenere il privile- gio assoluto, politici che sono suoi avvocati difensori, intellettuali che hanno perso ogni senso del pudore, escort, veline, ministre avviluppate in unico grande gioco televisivo con punte da reality di quinto li- vello. Questo lo scenario sconfortante per chi vorrebbe invece un’Italia basata sulla civile convivenza, tesa in modo unitario alla soluzione dei problemi nuovi e antichi. Il Lodo Mondatori, con la sentenza civile di questi giorni che condanna la Fininvest di Berlusconi al pagamento di ben 750 mi- lioni di euro al gruppo che fa capo a De Benedetti, è un paradigma perfetto del- l’azione mediatico/politica di questi anni. Berlusconi per tramite di Cesare Previti, Continua a pag. 2 di Bianca Paris di Stefano Valli

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PERIODICO DI INFORMAZIONE E CULTURA DELLA PRO LOCO - TIGGIANO di Alfredo De Giuseppe di Bianca Paris di Stefano Valli Continua a pag. 2 Continua a pag. 5 Continua a pag. 2 Anno IX, Numero 5 - Tiggiano, Ottobre 2009 - Distribuzione Gratuita 39° Parallelo • ottobre 2009 Continua dalla prima NOI E LA LIBERTÀ DI STAMPA di Marianna Massa pag. 2 Continua dalla prima CRISI ADELCHI...

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PERIODICO DI INFORMAZIONE E CULTURADELLAPRO LOCO - TIGGIANO Anno IX, Numero 5 - Tiggiano, Ottobre 2009 - Distribuzione Gratuita

di Alfredo De Giuseppe

Continua a pag. 5

Continua a pag. 2

Perché la libertà di stampa è un principioche ci riguarda tutti? Per un motivo

molto semplice: è uno dei requisiti fonda-mentali per il nostro essere cittadini.La libertà di pensiero e quindi distampa è stata una conquistacomplessa per l’umanità,tant’è che ancora oggi inqualsiasi sistema ditta-toriale la prima cosache viene abolita è lareale possibilità dipubblicare a mezzostampa o video le infor-mazioni non ufficiali.Noi in Italia abbiamo unproblema che ci rende completa-mente anomali rispetto ai principi teoricidi una buona democrazia e rispetto allaconcretezza del resto d’Europa che ciguarda sempre più con piglio negativo: unproblema che ha un nome e un cognome eche purtroppo per tutti noi è il nostro pre-sidente del consiglio, il Cav. Silvio Berlu-sconi. Questa anomalia è nata e cresciutanell’era craxiana, fra antenne selvagge,tangenti, fondi neri, corruzione di giudici,società off-shore e frequentazioni piduiste.A quel tempo pochi colsero l’enormitàdelle concessioni nazionali via etere inmodo quasi esclusivo ad un’unica persona(fra questi De Mita che dimise i suoi mini-stri dopo l’approvazione della leggeMammì - rivedersi gli articoli del tempoper capire meglio la dinamica dell’ascesadel Cav). Pochi avevano apprezzato l’im-portanza del mezzo televisivo per produrree costruire consenso politico, elettorale,economico. Da allora Berlusconi con un

NOI E LA LIBERTÀ DI STAMPA

Lapioggia di informazione è un anesteticosottile che appanna curiosità, sorpresa e

partecipazione, soprattutto quando gli eventiraccontati sono remoti nel tempo e nello spazio.Di tutt’altro registro è il dolore che ti esplodenel cuore in conseguenza di un dramma che,pur collettivo, si è consumato nei tuoi paraggie addirittura con il contributo del tuo sangue.A questo dolore indicibile appartiene la tra-gedia che il 17 settembre ha mozzato il fiatoa mamma e papà di Davide Ricchiuto, il Ca-poral Maggiore scelto della Folgore, abbat-tuto insieme a cinque commilitoni mentre eraa Kabul, in missione contro quell’incubo diirrazionalità distruttiva che è il fondamenta-lismo islamico.Questo il dramma che dal nucleo familiare diDavide è traboccato sulla nostra comunità;l’ha risucchiata in quelle lacrime, e l’ha pro-iettata al primo piano della cronaca. Notorietàamarissima che nessuno di noi in assolutoavrebbe mai voluto vivere.39º Parallelo purtroppo arriva in ritardo a darevoce a tanto lutto privato e collettivo. Altrifogli, con scadenza più ravvicinata, hanno po-tuto farlo con immediatezza e, bisogna ag-giungere, in maniera egregia.Ora potrebbe sembrare che a quanto è statodetto e celebrato non ci sia altro da aggiun-gere, e invece intorno a fatti di tal portata,qualche cosa in più da dire c’è sempre, e nonè detto che si tratti di una banalità. E alloraproviamoci.

In memoria di

DAVIDE

La premessa è che la persona di Davide, il suoruolo, il sacrificio estremo sono stati omag-giati a livello ufficiale in modo eccellente.Riportiamo a lato i passi più significatividegli interventi fatti durante il rito funebre. Cipiace farlo perché riteniamo quegli interventimeritevoli di lettura e ripensamento.In parallelo però pensiamo che anche le pa-role, le esclamazioni, le mezze frasi bisbi-gliate dalla gente comune stretta attorno alloscoramento della famiglia, meritino rispettosa

La vicenda degli operai Adelchi che da al-cune settimane è alla ribalta delle crona-

che regionali e non solo, è oramai nota a tuttie si sta manifestando in tutta la sua dramma-ticità. Dopo aver occupato per giorni il tettodi Palazzo Gallone e Piazza Pisanelli, a se-guito del mancato rispetto degli impegnipresi dall’imprenditore circa il riavvio delciclo produttivo ed il rientro dei lavoratori incassa integrazione, gli operai, esasperati daimesi di instabilità lavorativa e dalle contrad-dittorie richieste dello stesso imprenditore adIstituzioni e sindacati, avevano addirittura oc-cupato la sede Sergio’s di Specchia. Attual-mente sembrava essersi trovato un accordotra Adelchi e le forze sindacali grazie all’in-tervento della Regione Puglia, tuttavia glistessi lavoratori, considerandolo insufficienterispetto alle loro aspettative, stanno tuttoracontinuando la protesta. Al di là degli aspettipolitici della vicenda, ciò che più colpiscesono ovviamente i risvolti umani. Gli uominiche stanno trascorrendo interi giorni e nottipassando dal cornicione di Palazzo Gallonealla occupazione dell’azienda non sono eroima, come si sono definiti essi stessi in un re-cente comunicato, padri di famiglia e mariti

CCRRIISSII AADDEELLCCHHIIalcune riflessioni

che vorrebbero tornare quanto prima alle lorofamiglie. E per comprendere la drammaticitàdi questa vicenda, occorre spogliarla propriodi tutti quegli aspetti politico-economici esoffermare l’attenzione su queste personeche, seppur in numero costantemente decre-scente, ostinatamente e con la forza della di-sperazione difendono il loro lavoro non solocome mezzo di sostentamento ma come ele-mento di dignità. Di fronte a queste protesteestreme il ruolo del lavoro riprende per interoil suo valore costituzionale, si riconferma ele-mento fondativo di un’intera società. In que-sto senso la vicenda Adelchi pone alcuniimportanti spunti di riflessione. La manife-stazione svoltasi a Tricase Mercoledì 30 Set-tembre è stata da tutti considerata unsuccesso. Ma a prescindere da come si con-

cluderanno le trattative, quanto mai difficili edelicatissime, che sono in corso ai vari livelliistituzionali per cercare di risolvere la ver-tenza, è stato importante notare quanto fortesia stata la solidarietà della gente di tutto ilCapo di Leuca. Al corteo che si è snodatolungo le strade di Tricase hanno infatti parte-cipato Sindaci, studenti, politici e sindacati,lavoratori dipendenti ma soprattutto tanti cit-tadini. Anche i commercianti, al passaggiodei manifestanti, hanno abbassato le saraci-nesche in segno di sentita partecipazione alledifficoltà degli operai. I quotidiani hanno giu-stamente sottolineato l’importanza delle tantepresenze. In un periodo storico in cui i mediaci descrivono una società contrassegnata dalcinismo degli adulti, orientati solo all’inte-resse personale ed economico, e dal disim-

pegno dei giovani, disinteressati del futuro edoccupati solo a navigare in internet o a stor-dirsi con ogni genere di sostanza, la massic-cia e variegata presenza al corteo dimercoledì è soprattutto il segnale di una so-cietà viva e forte nelle sue radici, che guardaal dramma dei lavoratori Adelchi con gliocchi di chi, anche avendo conosciuto il be-nessere di oggi, non dimentica che esso ènato proprio grazie al sacrificio dei padri edei nonni che con la forza del loro lavorohanno onorato la loro terra. E’ il segnale che,

mezzo che va veloce, ipotizziamo cheguidi una Ferrari, ha vinto molte sfide, hasuperato molti concorrenti sulle 500, finoad avere il controllo della Mondadori, di

almeno un quotidiano in modo direttoe altri in modo indiretto. Infine,

da quando è presidente delconsiglio ha messo alcunisuoi uomini nei postistrategici della RAI,controllando di fattoanche il servizio pub-blico. Lo strapotere me-diatico che lo ha fatto

vincere è diventato ora unmostro incontrollabile, fino a

diventare un vero, reale e immi-nente pericolo per la libertà.Uomini che manipolano in modo costantee professionale (a volte in modo impecca-bile) la realtà pur di mantenere il privile-gio assoluto, politici che sono suoiavvocati difensori, intellettuali che hannoperso ogni senso del pudore, escort, veline,ministre avviluppate in unico grande giocotelevisivo con punte da reality di quinto li-vello. Questo lo scenario sconfortante perchi vorrebbe invece un’Italia basata sullacivile convivenza, tesa in modo unitarioalla soluzione dei problemi nuovi e antichi. Il Lodo Mondatori, con la sentenza civiledi questi giorni che condanna la Fininvestdi Berlusconi al pagamento di ben 750 mi-lioni di euro al gruppo che fa capo a DeBenedetti, è un paradigma perfetto del-l’azione mediatico/politica di questi anni.Berlusconi per tramite di Cesare Previti,

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di Bianca Paris

di Stefano Valli

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39° Parallelo • ottobre 2009 pag. 2

Innanzitutto mi scuso con le persone che mihanno mandato le prime preziose testimo-nianze per il ritardo con cui scrivo questopezzo. Purtroppo alla mia età bisogna sem-pre arrancare per sopravvivere e buttarsi intutta una serie di avventure per fare curri-culum e un po’ di soldi... Le mie avventuremi tengono sempre lontana dalla realtà diTiggiano, di Lecce e dell’Italia. Alloraavevo bisogno di tornare qua e restare ab-bastanza tempo nei luoghi dove il nonnoTonio aveva vissuto, con le persone chehanno condiviso la sua esistenza, perchèsono l’unico legame che abbia mai avutocon lui.Ed eccomi qua, a quasi un anno di distanzadall’appello che ho rivolto ai tiggianesi perfar rivivere la memoria collettiva di Anto-nio Niceforo, eccomi qua alla Serra, MarinaSerra, dove nella calma di Settembre ho fi-nalmente trovato il tempo di tirare lesomme delle prime poche ma buone testi-monianze ricevute.Prime, ripeto, perchè spero che non sianole ultime.La più veloce a rispondere, come immagi-navo, è stata mia madre, la figlia del Dot-tore, che continua fino ad oggi a imbattersiin persone, spesso sconosciute a lei, che rin-graziano il nonno Tonio per vite salvate, fe-

Storie del Dottore di TiggianoANTONIO NICEFORO

rite risanate e tutta una serie di gentilezzemediche. Fino ad oggi, ripeto, anzi fino aieri mattina quando stavamo passeggiandoper la Serra e, passando dal lungomare, miha indicato una signora, dicendomi che leaveva raccontato che quando lei aveva il fi-glio piccolo, il dott. Niceforo le aveva por-tato da Lecce, perchè a Tiggiano non sitrovava, un latte adatto a suo figlio cheprima era stato male per il latte e non solonon si era fatto pagare la visita, ma nem-meno il latte comprato a Lecce. Nella email che mi ha mandato poco dopol’appello, mia madre descrive episodi si-mili:“Ultimamente ho avuto due episodi: 1) allasagra di Tiggiano quest’estate la signorache serviva le pizze, quando le ho dato il bi-glietto per ritirare un piatto mi ha guardatain faccia e poi mi ha detto:<<ma lei è la fi-glia del dott. Niceforo?>> e, alla mia rispo-sta, si è messa a fare tante lodi del nonno emi ha riempito il piatto di un sacco di robada mangiare. 2) Al Comune di Tricase,dove in questi giorni sono andata più volteper la costruzione da fare alla Serra, un im-piegato, quando ha letto il mio cognome,mi ha chiesto se ero parente del dott. Nice-foro e poi, quando ha saputo che ero la fi-glia, mi ha detto che mio padre era unmedico bravissimo, che aveva curato lui ela sua famiglia e che curava tanta gente aTricase, Corsano ed altri paesi vicini e nonsi faceva mai pagare.( All’epoca del nonno c’erano i medici con-dotti, cioè i medici che ricevevano uno sti-pendio dallo stato per curare le personeiscritte nell’elenco dei poveri; i non poveri,invece, dovevano pagare le visite. Ma ilnonno non si faceva pagare da nessuno e siaccontetava solo dello stipendio).”

Vorrei citare anche un’altra tesimonianzamolto commovente che ricorda l’abilità delnonno Tonio nell’ usare il forcipe per far na-scere i bambini (uno strumento similespesso arrecava danni cerebrali al nasci-turo). Mi ha scritto la madre di uno deibambini che il nonno Tonio ha fatto nascerecol forcipe.Riprendo il suo racconto da quando, a partoiniziato, il marito preoccupato decide di re-carsi a casa del nonno Tonio.“In verità M. andò da tuo nonno Tonio perpregarlo di correre a casa per applicare ilforcipe. Tuo nonno, preso di sorpresa aun’ora tarda, erano le tre di notte, rimase unattimo titubante.Poi, vista la disperazione del suo amico, sivestì in fretta, prese la borsa dei ferri ecorse. Io, appena lo vidi, dissi fra me: “Gra-zie Signore…” Poi, guardandolo, mi ac-corsi che era spaventato quanto me. Furonobolliti i ferri e intervenne, stando ben at-tento a che il forcipe non danneggiasse lamia bambina. Operò e il vagito di mia fi-glia fu il più atteso “Alleluia” che si po-tesse immaginare.Non mi dilungo a ricordare il dolore patito,la scena irreale che si offriva ai miei occhi,l’espressione distesa di tuo nonno che, ap-pena sentì il vagito della bambina, si tra-sformò e guardandomi sorrise felice. M.abbracciò l’amico alle spalle perché nonpoteva altrimenti, in quell’abbraccio c’eratutta la gratitudine di un amico. Devo ag-giungere che la mia bambina, in attesa del-l’arrivo di tuo nonno, era stata battezzataperché si temeva che non ce l’avrebbefatta.”E ancora un’ultima, importantissima testi-monianza che va ascoltata molto più delle

precedenti poichè contiene un’idea per con-cretizzare il ricordo di questo straordinariopersonaggio.“Lui non era il solito medico di famiglia,ma esercitava molte attività mediche cheoggi sono prerogativa degli specialisti. Dalpronto soccorso, facendo dei piccoli inter-venti in ambulatorio, all’ortopedia, alla gi-necologia, alla consulenza psicologica,all’odontoiatria ecc. Visto che in queglianni nessuno era nelle possibilità economi-che di pagare uno specialista, lui tutte que-ste prestazioni le faceva con amore epassione verso il prossimo; ci si rivolgeva alui per un qualsiasi problema sia di ordinemedico che di altra natura.Vorrei anche cogliere l’occasione di par-larle un po’ di politica locale amministra-tiva, perché il nonno per un po’ di anni hafatto pure il segretario di partito. È vero cheesiste una bellissima piazza a lui intitolata,ma è vero purtroppo, che a nessun ammini-stratore locale è venuta l’idea di inaugurarlae di far sì che la figura del Dott. Niceforo,fossa conosciuta anche dai giovani del no-stro paese o da quelli che non hanno potutoavere il piacere di conoscerlo. Comunque, l’inaugurazione piu’ importantespero ( anzi ho la certezza ) che l’abbia fattapersonalmente il Signore portandoselo incielo a sedere alla Sua destra fra i Dottori(della Sanità).”Ringrazio tutte le persone che mi hanno for-nito queste e altre testimonianze e di cuinon cito i nomi per discrezione. Questo pezzo è stato scritto grazie all’aiutodi pochi preziosi cittadini di Tiggiano, speroche siano d’esempio ad altri volenterosi chefin’ora non si sono espressi. Per questo for-nisco nuovamente i miei contatti postali:Marianna Massa - Via Nazario Sauro 31 73100 Lecce - [email protected] manent, dicevano i latini; scrivere èun gesto umile ma pieno di coraggio e gra-titudine, ed è forse il miglior modo per farrimanere viva la memoria collettiva delDottore di Tiggiano.

di Marianna Massa

condannato in sede penale, com-pra da due giudici romani unasentenza per far decadere l’ac-cordo fra De Benedetti e la fami-glia proprietaria della Mondatori.Berlusconi ne diventa il princi-pale azionista. Dopo la sentenzapenale la conseguente e correttasentenza civile. A parte tutte leconsiderazioni morali (e ci sa-rebbe da scrivere un’enciclope-dia), oggi Berlusconi sfruttandoquello stesso potere mediaticoche gli fu regalato anche attra-verso queste sentenze, affermache si tratta di un complotto po-litico, ordito da giudici, giornalie organizzazioni varie di sinistra.Il mostro mediatico si mette inmoto, confonde le acque dicendole mezze verità (Previti cor-rompe ma non viene mai nomi-nato il mandante), spacca l’Italia,

Continua dalla primaNOI E LA LIBERTÀ DI STAMPA

comunque dovesse concludersi lavicenda, gli operai e le famiglieavranno intorno non indifferenzama il sostegno delle Istituzioni el’umana solidarietà dei cittadini.Ma la vicenda Adelchi pone ancheun serio problema di politica eco-nomica che tutte le forze orientatenon in senso liberista non possonosottovalutare. Occorre fare una ana-lisi critica delle scelte fatte negli ul-timi anni. Tricase, come tanti altripaesi del Sud, ha investito moltianni fa nel settore calzaturiero, inaltre zone si è puntato sul tessile.Erano anni di crescita economica,il Mondo era ancora bipolare e laconcorrenza cinese non era nem-meno presa in considerazione. Ilposto in azienda era consideratouna sicurezza. Il tempo ha pur-troppo smontato queste convinzionied ora lascia spazio solo ad una do-manda semplice ma che nascondeuna analisi critica profonda: è giu-sto affidare l’economia di un intera

Continua dalla primaCRISI ADELCHI...

comunità nelle mani di un’unicapersona, l’imprenditore, che sentedi non avere alcun dovere nei con-fronti della comunità che lo ospitase non quello di pagare gli stipendiai suoi dipendenti? Se da questacrisi si vorrà trarre un insegna-mento per il futuro non si potrà pre-scindere da domande come questa.L’imprenditore è per definizione unuomo libero il cui lavoro presup-pone l’efficienza della produzione.In un mondo globalizzato è conse-guenza naturale che egli si spostidove guadagna di più, lasciandoalle Istituzioni il problema di soste-

non fa più riconoscere gli onesti daidisonesti, decapita tutte le garanzieintermedie al suo stesso strapotere,addomestica gli animi con notiziariad hoc e trasmissioni zuccherose.Libertà di stampa per noi del Sud èdoppiamente importante, primacome cittadini del mondo che de-vono comprendere, educare e for-marsi delle idee. Poi come cittadinidel Sud, di queste regioni collusecon le mafie, governate a colpi dipopulismo e propaganda, forti di unclientelismo secolare, di un nepoti-smo incrollabile, di una disinfor-mazione mascherata di bellecanzoni. Noi abbiamo bisognodella libertà di stampa, per espri-merci, per denunciare, per crescere.Per essere cittadini e non sudditi.Chi minimizza la questione non hacapito niente, sempre fino a ricre-dersi alla prossima catastrofe so-ciale, sempre in agguato, semprevicina.

nere e riassorbire la forza lavoro.Ecco allora che le forze politicheche quelle Istituzioni mirano a go-vernare non possono affrontare ilnuovo secolo se non risolvendo allabase questi problemi figli di uneconomia globalizzata ed un mer-cato del lavoro in cui i paesi emer-genti, Cina in testa, giocano senzaregole. Il difficile rapporto tra eticae profitto sembra una questione fintroppo complessa da analizzare, mala triste realtà degli operai di Tri-case dimostra come purtroppo in-cida ogni giorno nella vita di tuttinoi.

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39° Parallelo • ottobre 2009 pag. 5

di Concettina Chiarello

Sp@zio ai lettori

Informiamo i nostri lettori che il gior-nale offre uno spazio dedicato a “li-beri pensieri”.Gli indirizzi a cui far pervenire sug-gerimenti, proposte, contributi equant’altro sono:• Pro Loco - Piazza Roma, n° 1 73030 Tiggiano (Le)• e-m@il: [email protected]• Tel. 0833.531651Fax. 0833.531651• Per il sostegno del periodico:c/c n. 37428828 intestato aPro Loco Tiggiano, p.zza Roma

sito della Pro Loco Tiggiano:www.prolocotiggiano.it

Sulla scia degli ultimi avvenimenti chehanno rattristato il nostro paese, scosso

le coscienze e richiamato l’attenzione del-l’opinione pubblica sul tema delle missionidi pace, nonché sul sacrificio di quantisono impegnati in prima persona, l’unicariflessione possibile è quella sulla morte.Il Santo d’Assisi la considerava “sorella”liberandola, così, da quell’aura di tristezzaed orrore con la quale si suole indicarla. Noi comuni mortali, che non apparteniamoalla schiera degli eletti (almeno per ora), laconsideriamo sorellastra e, come tale, ca-pace di tenderci le trappole più subdole as-sestandoci dei colpi quando meno ce lospettiamo. Mi sono più volte domandata soprattuttoin questi giorni, come penso molti abbianofatto, se sia giusto morire in circostanzetragiche, in un’età nella quale si fanno pro-getti per il futuro che appare roseo e pro-mettente.La risposta, sinceramente, non sono riu-scita a trovarla, ma ad una conclusionesono giunta: la morte è sempre col fiato sulcollo e quando prendiamo consapevolezzadi tale inquietante verità la nostra mentereagisce in modi diversi a seconda dellespecificità individuali.C’è chi, ossessionato dalla sua idea, sichiude in atteggiamenti patologici che im-pediscono di progettare il futuro, vede pe-ricoli dappertutto ed attribuisce al destinoun ruolo di arbitro delle proprie ed altruiazioni. Sono i fatalisti, coloro che consi-derano il destino “già scritto, già segnato”e si convincono che nulla potrà deviare ilcorso degli eventi.A differenza dei primi, altri non sembranoaffatto turbati dall’idea della morte, comescomoda compagna di viaggio, al puntoche raccolgono le sfide più insolite fino acombattere battaglie ardue che mettono adura prova la resistenza reciproca. Sono gliaudaci, coloro che, pur rendendosi contodei pericoli, si lanciano nelle avventure piùspaventose, aprono varchi insperati nel de-dalo degli eventi e, spesso, ne hanno la me-glio divenendo Eroi.C’è, poi, il pavido colui che ha timore dimenzionare l’inquietante “sorella” e,quasi, rinuncia a vivere perchè sospetta ditrovarsela negli angoli più bui e remoti,come anche dietro la porta di casa.Indipendentemente dall’idea che gli uo-mini hanno della morte e delle reazionipossibili alla sua idea, essa giunge ina-spettata, in silenzio o clamorosamente,dopo lunghe sofferenze o improvvisa.In tal caso si sente ripetere che questa “èla morte dei giusti” quasi che chi muore, osi lascia morire, lentamente non possa ap-partenere alla categoria.Per chi ha il dono della fede la morte è soloun momento di passaggio dalla vita terrenaall’eternità beata, dimensione nella qualelo sguardo è orientato verso il volto mise-ricordioso del Padre.Nei testi sacri è ricorrente la descrizione

Riflessioni d’autunno…della condizione di somma beatitudine de-rivante dalla contemplazione del volto diDio, ma non si trovano riferimenti, né som-mari, né particolareggiati, dei luoghi, deitempi o delle persone con le quali, nell’al-tro mondo, ci si può incontrare, o si spera divedere. Ed è proprio questo l’assillo, il pungolo diogni comune mortale: capire come vivremouna volta esalato l’ultimo respiro. Mi capita, perché limitata, fragile e soggettaalle crisi esistenziali, mentre sono impe-gnata in un’attività o mentre ammiro la bel-lezza della natura o nei momenti di relax,di interrogarmi su come appariranno i luo-ghi della terra osservati dalla volta celeste.Mi chiedo se proverò nostalgia per averlilasciati o se potrò continuare a seguire,anche soltanto con lo sguardo, le personerimaste a condurre una vita, forse più mi-sera, ma terrena. Molto spesso opero unasorta di trasposizione e cerco di immaginareil tutto attraverso una visione dall’alto comese stessi compiendo un lungo viaggio inaereo, ma poi mi accorgo che il mondo ap-pare piatto, lontano, informe e ritorno allarealtà rimuovendo, anch’io, il pensierodella morte e di una vita più eterea e diversada quella terrena.In questi giorni, devo ammetterlo, più voltesono ritornata su tali inquietanti pensieriforse a causa della tristezza autunnale che liconcilia, ma soprattutto perchè determinatie tragici eventi evocano immagini cheavremmo voluto cancellare e ricordi checredevamo sopiti. La morte, scuote semprele coscienze e induce alla riflessione sul no-stro essere persona, se poi a spegnersi, o adessere trasformata, è una giovane vita si ri-schia di mettere in discussione perfino leverità di fede (sempre per chi ha tale dono).E’ proprio in quel momento che si cade inuno stato di crisi profonda che porta a nonavere più fiducia in nessuno, neanche in unPadre Buono e Misericordioso che, inspie-gabilmente, si è dimenticato dei suoi figli.A tutti riesce difficile comprendere il para-dosso della morte che, se cristianamente in-tesa, è promessa di una vita nuova e piùappagante, priva delle brutture di quella ter-rena.Nel momento della prova la limitatezza e lafragilità umane emergono in tutta la lorocrudezza, ma di ciò non dobbiamo averpaura: anche il Figlio di Dio, uomo comenoi, ebbe a chiedere al Padre che “se fossepossibile passasse da lui il calice amarodelle morte”. Ma neanche Lui fu rispar-miato da quella più orrenda... “quella dicroce”.Forti di questa convinzione non dobbiamoaver pudore di manifestare le nostre per-plessità, ma non possiamo neanche viverechiusi nelle trappole del fatalismo o dellapaura, né possiamo sfidare gli eventi. Dob-biamo solo considerare la morte un eventonaturale comune al genere umano e… non

domandarci nulla. Certo, se ci venisse chiesto di sceglieredove poter morire, quasi tutti sceglie-remmo un luogo a noi familiare ... dome-stico. Solo qualcuno potrebbe indicare...il cielo! Davide Ricchiuto, presumo, abbia sceltotale “non luogo” non tanto per morirequanto per vivere in un’altra dimensione.Ed ora sovrasta il nostro mondo librandosinell’aria come Folgore.Mentre cercavo di tessere queste mie,contestabilissime, riflessioni mi sono im-battuta, e non mi sembra un caso, nellepagine di un’antologia dove, nonostantetanti altri bellissimi brani scelti, sono stataattratta da uno in particolare con al mar-gine questa precisazione “da Le canzonidei paracadutisti della Folgore” (Ma-nuale di Scrittura Signorelli Scuola).Pensando di fare cosa gradita lo riportoper intero ma invito tutti a riflettere so-prattutto sulle due ultime strofe.

Giungiamo da lontanoQual folgore dall’altoSpazzando ogni difesa

Nell’ebbrezza dell’assalto;apriam la strada al fante,

il valico ai carristi,diam ali alla vittoria: chi?

Noi, paracadutisti

Siam cento, cento e cento,tutti forti, arditi e sani,

un po’ pazzi, un po’ poeti, ma il fior degli italiani.

A chi cade combattendoDio concede in sorte bella

Di volare lieve lieve Tra una nuvola e una stella:

In quell’ angolo di cieloRiservato a tutti noi,dove vivono in eternoSanti, Martiri ed Eroi.

attenzione. “E’ un eroe” si sentiva dire. “Da-vide è un eroe”. E la cosa suscitava almeno inme una tenerezza infinita. Leggevo infatti inquella parola “eroe” l’orgoglio di poter ri-vendicare la propria appartenenza a Davide, aquesto ragazzo in divisa , figlio della nostracomunità, divenuto di colpo tragicamente fa-moso. Ma “eroe” è una parola da usare con lepinze. E’ troppo alta e insieme, troppoastratta. Non a caso il mondo greco lo usavaper indicare le entità intermedie tra gli dei egli uomini.Un po’ al di sotto della divinità e tanto al disopra della umanità. Insomma, un’astrazione.Davide era forse questo? Assolutamente no.Davide era un ragazzo reale concreto, un ra-gazzone come tanti, pieno di vita, innamoratodella vita e del lavoro che si era scelto. Era uncompagnone, pronto a dare una mano d’aiutoquando occorreva e prontissimo a gioire congli altri, coraggioso certo, ma non privo di ti-tubanze; desi-deroso dicalore umanodi incoraggia-mento, comeha ricordatocon paternatenerezza ilsuo diretto su-periore.Questa descri-zione dellapersona di Da-vide potrebbe sembrare riduttiva, non lo è af-fatto. È invece quella che, restituendolo alladimensione della normalità, sottolinea la paz-zesca anormalità del gesto che gli ha spento lavita. Quell’odio implacabile è il segnale diuna voglia matta di distruggere la vita, di unafame voracissima di morte.Oggi ha inghiottito sei giovinezze, sei pro-messe di futuro. Che altro brama il suo“sonno della ragione?”. E intanto a Tiggiano, nella linda villetta dipiazza Roma, quella assurda voglia di morteha lasciato un vuoto grande così e, con ilvuoto, lacrime amare.Chi non vorrebbe avere il potere di asciugarlequelle lacrime? Tutte le lacrime del mondo,comprese quelle, ancora più amare che si ver-sano nella ignominia e non nella gloria? Tuttilo vorremmo, ma quel potere non è concessoa nessuno. Le lacrime bisogna piangerle finoin fondo. Perché le lacrime, soleva ripetere ungrande saggio dell’antichità, sono la penaleda pagare per il fatto di essere nati. E allora a noi tutti cosa resta?Ben poco, al di là della speranza di una so-cietà meno feroce dell’attuale. Una societàvaccinata una volta per tutte contro la barba-rie che imperversa e che oggi da Tiggiano siè portata via la vita di Davide. E al suo posto nel cuore della famiglia, ha la-scito un vuoto tale che l’abbraccio di tutta lacomunità tiggianese, pur caldo e intenso, nonpuò certo sperare di compensare almeno unpo’. E tuttavia è lì, intorno a loro, nel ricordocommosso di Davide.

Continua dalla primaIN MEMORIA DI DAVIDE

Toma AntonioOrologeriaOreficeria

P.zza Don Tonino Bello, 28 Alessano (Le)

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39° Parallelo • ottobre 2009 pag. 6

La redazione ricorda ai lettori che rice-vono copia di 39° Parallelo a domicilioche ad aprile è scaduto l’abbonamento.Sicché l’invio è assicurato, e lo diciamocon rammarico, solo a coloro che effet-tuano il versamento. La Redazione rin-grazia comunque tutti i lettori perl’interesse con cui seguono la vita delgiornale.

c/c n. 37428828 intestato a Pro LocoTiggiano, p.zza Roma, 1

Il mio terzo viaggio in quel lontano“capo” occidentale della Sicilia è coin-ciso con l’evento dell’anno internazionalesanvitese “la Sagra del Cous Cous” svol-tasi dal 22 al 27 settembre. Per sei giornii tanti visitatori, circa 200 mila, hanno go-duto di un evento eccezionale, l’ho av-vertito subito anch’io al mio arrivo. Misono sentito catapultato in un ribollire dipreparativi per la quarta sera dell’eventotra artisti di strada, impalcature per i con-certi serali, allestimento di bancarelle,imponenti stand già pronti all’apertura egli ultimi ritocchi per la finale della gara.Non avrei mai immaginato che da lì apoco mi sarei trovato a sedere tra i giu-dici di gara pronto a selezionare il piattovincitore dell’edizione 2009: un mio caroamico presentandomi all’assessore Gra-ziano Paolo tra gli organizzatori del-l’evento, mi aveva invitato a far partedella giuria popolare. Durante l’attesa, trauna portata e l’altra, sorseggiando un ec-cellente vino siciliano, ho chiacchieratocon il giurato seduto alla mia sinistra.“Ritengo”, mi diceva, “questa manifesta-zione un’iniziativa da prendere ad esem-pio e possibilmente da esportare comeevento culturale, anche sotto l’aspetto or-ganizzativo”. In seguito ho scoperto cheil compagno di paletta era l’addettostampa dell’Ambasciata Americana, ilquale con tutta evidenza, vivendo quel-l’iniziativa, già pensava di esportarla inAmerica. Il cous cous è costituito da granelli di se-mola, piatto di origini arabe ma moltodiffuso nell’Africa settentrionale, in al-cuni paesi dell’Asia e di altri europei cheaffacciano sul Mediterraneo. Si caratte-rizza nella cultura popolare come piattosemplice e carico di spiritualità, in alcunipaesi durante la preparazione e il con-sumo, le comunità familiari si riunisconocreando un’atmosfera esorcizzante enello stesso tempo propiziatoria in unclima di festa.Il cous cous tradizionalmente veniva pre-parato con semola di grano duro. Di so-lito accompagnato con carni in umido o

DDeessttaaggiioonnaalliizzzzaarree ssii ppuuòòSan Vito Lo Capo e la sagra del Cous Cous

verdure bollite, molto spesso condito conaromi piccanti. Nella tradizione del couscous di San Vito Lo Capo la semola la-vorata a mano, viene cotta a vapore inuna pentola di terracotta, condita conbrodo di pesce, con l’aggiunta di aromicome foglie di alloro, cannella e in alcunicasi anche con mandorle tritate. La sagra del 2009 ha visto come parteci-panti alla gara del “Cous cous fest” ottopaesi: Italia Costa D’Avorio – Francia –

Palestina – Senegal – Israele – Marocco –Tunisia. La squadra dell’Italia con ilpiatto di cous cous a base di pesce con fi-nocchio selvatico e medaglione di mo-stella si è imposta in finale su quella delSenegal giunta al secondo posto col couscous condito con pesce al forno.Edoardo Respelli grande esperto dell’arteculinaria, presidente della giuria tecnica,alla domanda: cos’è per lei il cous cous?così ha risposto: è prima di tutto un piattodi un’importanza socio-politica notevole,è una grande testimonianza di ciò che cihanno lasciato gli arabi. In gastronomia èun piatto straordinariamente versatile,personalmente lo gusto in tutte le ver-sioni, ma ho una passione particolare perquella con i gamberi rossi siciliani.Il sindaco di San Vito, Matteo Rizzo, so-stiene che destagionalizzare si può. Il

mese di settembre è molto propizio: l’ap-pendice dell’estate e l’evento fanno in-crementare le presenze del 30% rispettoad agosto, mese in cui si toccano le puntemassime di presenze. In questi ultimianni in controtendenza rispetto all’anda-mento generale, la crescita è stata del450%. Per queste ragioni l’obiettivoanche se ambizioso è quello di esportarenon solo in Italia ma anche all’estero que-sta iniziativa, facendo diventare un verobusiness la vendita di semola di granoduro dal momento che solo nei giornidella sagra se ne utilizzano circa 5 ton-nellate. Le nazioni che si sono aggiudi-cate il titolo delle dodici competizionisono: 3 edizioni la Tunisia - 2 l’Italia - 2Costa D’Avorio - 2 Israele - una edizionePalestina - Marocco - Algeria. - Più volte mi sono soffermato a rifletteresu quanto accomuna San Vito Lo Capo alCapo di Santa Maria di Leuca. Entrambiaffacciati su promontori di confine conmari di incanto esprimono il primatodella bellezza naturalistica, nello stessotempo marcano la lontananza dall’Eu-ropa. Li accomuna la sensibilità degli abi-tanti verso gli usi e i costumi di altrepopolazioni e altre culture, come peresempio il Cous cous fest. Il “Finibus ter-rae festival” organizzato dalle Pro Locoe Associazioni dei 9 Comuni del Capo diLeuca nacque guardando verso la inter-nazionalizzazione dell’evento. Intenzioneera quella di coinvolgere paesi che affac-ciano sul Mediterraneo nel tentativo difondere le musiche popolari di altri po-poli con la pizzica salentina. Purtroppoquel progetto naufragò dopo qualcheanno, malgrado l’idea era buona. Non sipuò escludere tuttavia che possa essere ri-presa. San Vito Lo Capo mi ha riservatola grande sorpresa di ritrovare lì un po’ diSalento. Ho scoperto che i due comitati

PERIODICO DELLA PRO LOCO - TIGGIANO

Sede: Piazza Roma, 1 - 73030 Tiggiano (Le)Reg. Tribunale di Lecce n. 775/2001 reg. stampa

Direttore editoriale:Bianca Paris

Coordinatore redazionale:Ippazio Martella

Redazione:Concettina Chiarello,

Maria Antonietta Martella, Stefano Marzo, Enzo Ferramosca, Ilaria Aretano, Massimo Alessio

Direttore responsabile:Antonio Silvestri

Collaboratori: Luigi Maria Guicciardi, Alfredo De Giuseppe,Angelo Lazzari, Marianna Massa, Stefano Valli,

Emanuele Martella

Foto Archivio Pro Loco (salvo diverse indicazioni)La collaborazione sotto qualsiasi forma è gratuita

Gli articoli ricevuti e pubblicati possono non seguire la linea editoriale del giornale

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Chiuso in tipografia il 16 ottobre 2009

dei festeggiamenti San Vito, quello di Tri-case e San Vito quello siciliano di SanVito Lo Capo sono, come si potrebbedire, “gemellati”. Buon segno di collabo-razione.

Ippazio Martella

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39° Parallelo • ottobre 2009 pag. 8

Nacque a Roma il 12 febbraio 1577 da Fran-cesco Cenci ed Ersilia Santacroce. Alla morte della madre, la piccola Beatricefu accolta assieme alla sorella Antonina nelmonastero di Santa Croce a Montecitoriodove rimase fino all’età di quindici anni.Nel 1593 Francesco Cenci sposò in secondenozze Lucrezia Petroni dalla quale non ebbefigli. Uomo collerico e spregiudicato, piùvolte condannato ed incarcerato per gravi de-litti, Francesco Cenci, fermamente restio aprovvedere la bellissima Beatrice di una doteadeguata al suo rango, decise nel 1595 di se-gregarla, assieme alla matrigna, nella roccadi Petrella Salto, nel basso Lazio.Nel 1597, malato e perseguitato dai creditori,si ritirò anch’egli a Petrella, assieme ai figliBernardo e Paolo. Per la giovane Beatrice laconvivenza con il padre si rivelò subito inso-stenibile: da tempo privata della libertà ed orafatta anche oggetto di continui oltraggi e per-cosse, scrisse anche al papa per ottenere lagrazia di essere sottratta alla tirannia paterna.Esasperata, Beatrice giunse alla risoluzionedi assassinare il padre: assieme alla matrignaLucrezia, ai fratelli Giacomo e Bernardo, alcastellano Olimpio Calvetti, suo amante, e almaniscalco Marzio, tentò in più occasioni diliberarsi di lui. Al terzo tentativo, Francesco

Cenci, prima stor-dito dall’oppio som-ministratogli atradimento poi col-pito violentemente al capo ed alla gola, morì.Il suo corpo fu gettato ai piedi della rocca daun’alta balaustrata, per simulare una cadutaaccidentale. I familiari lasciarono in fretta Pe-trella per tornarsene a Roma a palazzo Cenci,senza neanche prendere parte alle esequie.Due furono le inchieste che seguirono al ri-trovamento del cadavere: la prima dispostadal feudatario del luogo, la seconda solleci-tata da papa Clemente VIII. La verità nontardò a venire a galla. Olimpio Calvetti, mi-nacciato di “tormenti”, confessò; poi, unodopo l’altro, sotto tortura, confessaronoanche gli altri.Bernardo, per non aver partecipato attiva-mente all’assassinio del padre, fu il solo adaver salva la vita: condannato ai remi sullegalere pontificie, fu costretto ad assistere al-l’esecuzione dei suoi cari, legato ad unasedia. L’11 settembre 1599, alla presenza di unafolla immensa, Lucrezia e Beatrice salironosul patibolo di Castel Sant’Angelo per esseredecapitate; Giacomo fu seviziato e squartatolungo il tragitto.

Protagoniste della storia

A cura di Emanuele Martella

BEATRICE CENCI

LETTERA A PAOLO BUZZI - FUTURISTA

Paolo, il tuo futuro è già qui.Le rondini fuggite dal Nord

coperto d’ombra dopo l’estiva nudità,

qui sull’estremo lido del mare italo-greco sono a caccia:

ultimo scalo, ultimo rifornimento prima del grande volo.

Piccole cose, insettiun po’ come i pacchetti del viatico

da migranti all’opposto al Nord, cacciati dal Destino maligno

via dai cieli azzurri dai tramonti viola e di smeraldo.

Le rondini sfrecciano a volo radentefra gli ulivi

esaltate da un misterioso istinto.Passeranno alte sopra umani abbruttiti.

Di loro molte moriranno nel volo o a fucilate ma non sarà morte indecente.

Anzi, eroica, in cielo o all’atterraggio.Paolo, hai detto bene:

morire, dovrebbe essere volare e più in alto, e al massimo dei sensi fuori dalla gabbia dove viviamo piccolissimi poeti rinchiusi.

Dal Salento settembre 2009 Luigi Maria Guicciardi

Oggi l’angolo allarga il suo spazio aduna iniziativa di particolare interesse, inquanto omaggio unitario a due valori: lamemoria collettiva e quella privata.Per la prima, l’autore evoca nel cente-nario della nascita, la stagione del Futu-rismo, l’evento letterario che, superati itoni sommessi dei poeti crepuscolari,esaltò l’ebbrezza del vivere la vita comesfida, l’ottimismo, le macchine e i toni“gridati”. Per la seconda, l’autore recu-pera il profilo culturale di Paolo Buzzi,lo scrittore che con Marinetti varò ilFuturismo stesso, con qualche preludioermetico.Si dirà: cosa c’è di privato in tutto que-sto? C’è la circostanza che Paolo Buzzi,a Milano, abitava nella stessa strada e acento metri di distanza dalla casa diLuigi M. Guicciardi. Una circostanza,si potrebbe dire, contagiosa. Perché non

è da escludere che abbia contribuito adesaltare lo spirito di per sé vivace ecreativo del giovane Luigi. Il quale inuna nota a parte così ricorda il suo im-portante vicino di casa:“era un bel vecchio ancora dotato diforza e di umorismo. Per gli ottanta annila Provincia fece una grande festa in cuirispose con una giovanilissima ora-zione. Un giornalista gli chiese come glipiacesse viaggiare in treno (in prima,seconda o in terza?) Rispose: sulla lo-comotiva! Futurista fino alla morte”.In conclusione: bravo, certo, PaoloBuzzi. Ma una lode va anche al dottorLuigi M. Guicciardi che, nel ricordo diquella lontana poetica, ci ha regalatoquesti 27 versi freschi frizzanti percorsidal quel brivido rapinoso che è la ten-sione verso l’alto.

B.P.

Il 25 u.s. è stato presentato il STT nel-l’ambito dell’area vasta del sul Sa-lento. Il progetto ha una sua precisavalidità. La prova sta anche nella ade-sione unanime che ha ottenuto con lapossibile integrazione in unico progettocon quello dell’area vasta del nord Sa-lento e con possi-bili sviluppi perl ’ in tegraz ionedella Provincia diBrindisi e partedella Provincia diTaranto. L’idea di promuovere turistica-mente la terra dei Messapi in un unicopiano è meritevole di grande apprezza-mento progettuale. Finalmente si propone ai visitatori unSalento nella sua interezza geograficapur nel rispetto rigoroso della propriadiversità territoriale: tra costa ionicacosta adriatica ed entroterra con la va-lorizzazione dei locali usi costumi cul-tura e beni architettonici.Tuttavia è bene non sottovalutare l’ec-cellenza del progetto appena sotto-

PROGETTO SALENTOSistema Turistico Territoriale

scritto. Esso non cancella il lavoro giàfatto, ma è opportuno accantonare laeventuale pretesa di voler governare ilnuovo istituto solo perché si è partitiprima. Va certo tenuto conto del lavorofin qui svolto, ma subito dopo bisognaguardare oltre e progettare per l’intero

territorio. Badando bene anon trascurare oignorare del Sa-lento, luoghi econtrade pregne

di storia. Per fare un esempio: nei moltiinterventi non ho mai sentito nominareLeuca. Oggettivamente Leuca è il suoterritorio ha un significato storico, mi-tologico e culturale di grande spessore.E Leuca non è la sola perla che il Sa-lento può esibire. La promozione di unprogetto turistico non può prescinderedalla individuazione di itinerari signifi-cativi, percorrendo i quali i turisti pos-sono dire al loro ritorno in sede di averconosciuto “culturalmente” e non solo“climaticamente “ il Salento.

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Questo il titolo della mostravideo-fotografica allestita il

18 agosto scorso nell’atrio del Pa-lazzo Baronale e nel corridoio cen-trale del bosco retrostante. Quellatiggianese era una delle circatrenta tappe previste in Italia (inprovincia è stata ospitata solo aLecce) della mostra itinerante or-ganizzata con l’alto patrocino del-l’Ambasciata americana ericonosciuta dalla NASA comeunico evento ufficiale nell’ambitodei festeggiamenti in Italia dei 40anni trascorsi da quando i dueastronauti Neil Armstrong eEdwin Aldrin per la prima voltanella storia misero piede sullaLuna. La mostra è patrocinataanche dall’Agenzia Spaziale Ita-liana, dall’Istituto di Fisica delloSpazio Interplanetario, dall’Isti-tuto di Astrofisica Spaziale e Fi-sica Cosmica, dall’Università del

Salento, da Federculture e dal-l’Unione Astrofili Italiani. Latappa tiggianese, voluta dall’am-ministrazione comunale, illustravadunque con pannelli esplicativi eimmagini fornite dalla NASA idettagli della missione Apollo, for-temente auspicata dall’allora Pre-sidente degli Stati Uniti JohnKennedy che già nel 1961 chie-deva al Congresso di impegnarsiper vedere un uomo sulla Lunaentro la fine degli Anni ’60. Siamoin piena guerra fredda. Il mondoche conta è diametralmente schie-rato in due blocchi di potere tuttiorientati alla sfida dell’avanzatatecnologica e della progettazionedelle armi più sofisticate mai pen-sate fino ad allora, dopo aver spe-rimentato la potenza distruttivadella bomba atomica sul Giapponeun quindicennio prima. Si mettecosì in moto una macchina di uo-

mini e mezzi di portata straordina-ria: qualche migliaio di ingegnerimettono a disposizione i loro cer-velli collaborando con la NASAnell’eccezionale sforzo volto a nonfallire l’ambizioso progetto in cuisaranno investite ingenti risorseeconomiche. Gli studi, l’addestra-mento dei piloti e le simulazioninella fase di progettazione dellanavicella che dovrebbe far scen-dere l’uomo sulla Luna e ‘possi-bilmente’ riportarlo sano e salvosulla Terra durano quasi un decen-nio, quando nel 1969 tutto èpronto per la storica impresa. Untempo apparentemente lungo,dieci anni, ma relativamente brevese pensiamo alle scarse informa-zioni sul periodo di sopravvivenzadell’uomo nello spazio, o sulleancor più scarse notizie riguar-danti la consistenza del suolo lu-nare visto che nessuno ci era statoprima, o ancora come ci si puòmuovere e camminare una voltaallunati, dato che la gravità dellaLuna è un sesto di quella terrestre.Ma la difficoltà maggiore consiste,forse, nella fase di separazione eriaggancio di Eagle, in italiano‘Aquila’, il modulo progettato perraggiungere il suolo lunare, allanavicella di comando Columbiache nel frattempo rimarrebbe inorbita intorno alla Luna in attesadi riportare gli astronauti a casa.Gli americani, comunque, sonopronti a tutto. Nel caso in cui la

missione fallisse e gli astronauti ri-manessero bloccati sulla Luna, equindi condannati a morte certa, ilPresidente Nixon in diretta televi-siva leggerà un comunicatostampa di cordoglio alla nazione ealle famiglie degli astronauti pe-riti, sottolineando che il loro sacri-ficio non sarà stato vano ma saràservito a fare un passo importantenella conoscenza umana. Così, il 20 luglio 1969, mentre ipiù sulla Terra sono nelle loro fac-cende affaccendati, Armstrong eAldrin allacciati alla cabina, inpiedi, dopo aver corretto la traiet-toria che punta su una zona piùrocciosa di quanto si aspettassero eche potrebbe compromettere la

missione, dal modulo lunare co-municano con la Terra: “Qui BaseTranquillità. Aquila è atterrata”.Dalla scaletta scendono sul suololunare, fanno un breve giro di per-lustrazione, scattano foto, raccol-

gono rocce e altro materiale pre-zioso per gli studi futuri senza di-menticare di attivare la telecameradel circuito televisivo grazie allaquale le immagini in bianco e nerodella prima volta sulla Luna, sep-pur con qualche minuto di ritardoe in modo non proprio nitido e per-fetto, arrivano sulla Terra facendoesultare l’America e milioni dipersone in tutto il mondo. La ban-diera statunitense piantata nelsuolo lunare, e tesa con delle bac-chette nell’aria priva di vento, èforse il simbolo più emblematicodella potenza americana, ma l’in-cisione su una targhetta “uominidal pianeta Terra sono venuti inpace per tutta l’umanità” unisce

tutti i popoli umani. La più grandedelle imprese è compiuta e ilmondo per qualche ora dimenticaguerre e rigidi schieramenti, nonancora consapevole forse che maiprima l’uomo aveva osato tanto.

LLUUNNAA 11996699.. QQUUII BBAASSEE TTRRAANNQQUUIILLLLIITTAA’’.. AAQQUUIILLAA EE’’ AATTTTEERRRRAATTAAdi Maria Antonietta Martella

Vorremmo cominciare questo articolocon un grande GRAZIE! Grazie a

tutte le persone che ci hanno dato fiduciae che hanno creduto in noi dandoci lapossibilità di realizzare nel e per il nostropaese, qualcosa di creativo, originale masoprattutto di veramente GIOVANILE.Quest’estate infatti la PRO-LOCO GIO-VANI grazie all’impegno di noi ragazzi e

SSPPAAZZIIOO AAII GGIIOOVVAANNIIalla preziosa collaborazione di alcuni soci,ha realizzato due importanti iniziative: “Lagrande festa dei bambini” tenutasi il 19Agosto e la manifestazione “RIFIU-TARTE” che si è tenuta il 31 Agosto, neipressi del campo sportivo comunale.“La grande festa dei bambini” interamentededicata ai più piccoli si è svolta nel corsodi tutta la giornata del 19 Agosto. Nel po-meriggio, durante LA CACCIA AL TE-SORO, più di 40 bambini sono statiimpegnati nella ricerca di indizi, per lestrade del nostro paese. Ci ha entusiasmatol’idea di far trascorrere ai più piccoli un po-meriggio ricco non solo di divertimento maanche di socializzazione e di storia tiggia-nese. Il contenuto degli indizi nascosti, in-fatti, era legato alla storia delle piazze,delle strade e dei monumenti di Tiggiano.La serata invece è stata allietata dallo spas-soso spettacolo di Enzo Pazzo e MonikComik, due artisti della “Compagnia deiGirovaghi&Ciarlatani”, che hanno appas-sionato le famiglie presenti con gag comi-

che, numeri di giocoleria e tanto mimo.“RIUFIUTARTE” è stata una manifesta-zione rivolta per lo più ai giovani. Nelcorso della giornata sono state svoltediverse attività: perfor-mance di pittura, crea-zioni di sculturema soprattuttowriting nonsolo su pan-nelli di variedimensionima anche suvecchi elettro-domestici edaltri oggetti di re-cupero che sono statiraccolti nelle campagnetiggianesi e nelle zone limitrofe.L’evento, infatti, ha voluto evidenziarel’insistente realtà delle discariche abusivepresenti sul nostro territorio e dimostrarecome oggetti, ritenuti “di rifiuto”, possonodiventare materia prima per autentiche

opere d’arte. La serata si è poi conclusacon vari concerti di musica rock e reggae,con la spettacolare partecipazione di tram-

polieri, giocolieri e sputa fuoco. Continueremo certamente

a dare il nostro con-tributo alle atti-vità dipromozionesociale ec u l t u r a l edel nostropaese, mav o r r emmo

F O R T E -MENTE che

altri giovani si av-vicinassero all’associa-

zione per poterla arricchire connuove idee e nuove proposte. A loro rivolgiamo questa famosa frase“Chi vuol muovere il mondo, primamuova se stesso” (Socrate).

PRO LOCO GIOVANI

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39° Parallelo • ottobre 2009 pag. 4

Ciao Davide…Oggi ci ritroviamo qui, stretti intorno ate, come ad ogni tuo ritorno.Era questo che amavi fare … Ti piaceva circondarti di noi amici, tra-scorrere intere serate tra il buon cibo el’allegria per poi riuscire sempre a con-vincerci ad aspettare con te l’alba di unnuovo giorno.Tutto questo ti caricava di forza e dienergia che trasmettevi anche a noi…Perché è questo che tu eri: Solare Dina-mico Propositivo Orgoglioso Forte Ge-neroso Protettivo Testardo, e semprepreso dalle mille passioni che vivevi conassoluta intensità.Come gli avventurosi viaggi, le intenseestati al mare, le magre battute di pesca,le donne e i motori, ma soprattutto la tuavita militare…

E’ proprio a quest’ultima che hai dedi-cato te stesso, con grinta coraggio tena-cia e caparbietà; doti che ti sono statetrasmesse dai tuoi cari genitori, Angeloe Marina, che abbracciamo e soste-niamo, ma soprattutto ringraziamo peraverci donato un Eroe, il NOSTROEROE…IL NOSTRO DAVIDE… che èstato, è e resterà un buon amico, ungrande fratello e un vero compagno!CIAO 1° caporalmaggiore scelto DA-VIDE RICCHIUTOCIAO BUFFALO

Un rombo di moto attraversava la strada, sa-pevamo tutti che era lui, Davide, arrivavacol suo solito sorriso e diceva “ Beh! Ci acifaciti!” noi lo ammiravamo a cavallo diquella moto. Ci mancherà quel rombo checi annunciava la sua venuta, ci mancherà lasua serenità, la sua semplicità di ragazzobuono, ci mancheranno le sue parole, pochema sempre soppesate.

Ogni persona piccola o grande che passanella nostra vita è unica, lascia sempre unpo’ di sè e prende un po’ di noi.Davide, porteremo sempre con noi i tuoi ri-cordi, custodiremo il suono della tua voceper ascoltarla in giornate senza sole.Ciao Davide! Ti vogliamo bene i tuoi cuginie i tuoi zii.

Carissimo Davide,

Figlio fratello amico e alunno indimen-ticabile, ti scrivo con la penna del cuore,perché, come tua maestra, ti ho vistocrescere, giorno dopo giorno per cinqueanni. Arrivasti a scuola anticipatariocome la rondine più piccola. Ora te nevai come la rondine più grande. Ilmondo si regge su entità piccolissimecome i messaggi del dna, gli impulsidegli aironi, e cosi via. Tu, caro Davide,hai saputo raccogliere il seme dell’an-tico senso del dovere, lo hai ereditato datua madre, da tuo padre, e dalla gentedel tuo paese.Caro Davide, come tua madre tuo padre

tua sorella e tuo fratello, artisti da sem-pre, hai voluto dare anche tu una pen-nellata eroica al grandioso quadro dellatua vita. Ora per noi sei l’artista piùgrande.Conoscevi i pericoli, eri conscio deglialti rischi, ma nonostante tutto sei an-dato avanti con il grande spirito di ab-negazione che ti ha semprecontraddistinto. Purtroppo sei andatooltre e con un volo ancora una volta an-ticipatario ci hai lasciato per sempre. Latenacia, che oggi noi tutti leggiamo nellafierezza del tuo sguardo, rimarrà scol-pita nei nostri cuori.

Ciao Davide

Ciao Davide,Siamo i tuoi fratelli, tu sai cosa significa laparola fratelli per noi, siamo tanti, in ser-vizio e non. Comunque anche coloro cheancora non lo sono, hanno sempre l’orgo-glio di indossare il tuo basco amaranto.Io vorrei dirti tante cose, ma il dolore ha ilsopravvento, noi paracadutisti e tu lo sai,quando diciamo non ce la faccio più vuoldire che la mente e il corpo hanno ancoraforza, ma forse sono le parole che non vo-gliono più uscire.

Caro DavideCi possono togliere tutto anche la vita, pur-troppo, ma non il colore dei nostri baschi eil nostro essere paracadutisti; tu Davide seial di sopra di tutti, 400metri sopra tutti etutto anche di coloro che ti hanno fatto que-sto. Da oggi non avremo sei paracadutistiin meno, ma sei angeli in più.Riposa Davide in quell’angolo di cielo ri-servato a tutti noi ed agli eroi perché tu losei e per noi lo sarai sempre.

Ciao Davide! Buon volo

Sono il fratello di Davide. A nome della mia famiglia ringrazio tutti,in tutta Italia. Siamo commossi per la vostra partecipazione al nostrodolore. Ci avete dato la forza, anche se eravamo già forti, per supe-rare questa prova durissima e l’immensa sofferenza che ne è derivatacerchiamo di non dimenticare tutti i nostri fratelli che sacrificano lapropria vita per la patria e per la pace nel mondo.

Grazie a tutti

Cari Concittadini,se per tragedia si intende anche la diffi-coltà di esprimere in modo adeguato laprofondità di un dolore, l’evento per cuioggi siamo qui riuniti, è un’autenticaTRAGEDIA.Tocca a me, Ippazio Antonio Morciano - Sindaco novello - trovare la forza perfarmi portavoce di questo lutto che è dellaintera Comunità, e che è fuori dell’ordina-rio. E non sono sicuro di reggere alla com-mozione per un dramma di tanta intensità.Davide Ricchiuto, il caporal maggiore gio-vanissimo, forte, generoso e bello dellaFOLGORE ... Non è più con noi.In missione in Afganistan per aiutare “daItaliano”, quella terra a rinascere, a libe-rarsi dalla stretta dei terroristi islamici, èstato falciato, insieme a cinque suoi com-militoni, dalla furia di quell’incubo che an-cora oggi personifica l’anti-ragione.

Ora a tutti noi non resta che fare quadratoattorno al dolore ed allo smarrimento dellafamiglia, ben consapevoli di non essere ingrado di consolarla, in quanto noi stessiabbiamo bisogno di essere consolati.Per questo chiedo a tutte le autorità militarie civili presenti, a nome dell’intera Comu-nità, ringraziandole nello stesso tempo pertutto quello che hanno già saputo fare, diimpegnarsi affinché la pace possa real-mente regnare su ogni parte del mondo.Questo è quello che noi vogliamo, questaera la volontà di Davide.Addio Davide, piangiamo con tutte le no-stre lacrime la tua prematura scomparsa,ma porteremo nel cuore e nella mente l’or-goglio di averti avuto, sia pure per untempo brevissimo, in mezzo a noi. Al-l’Amministrazione Comunale ora, l’impe-gno di tramandare ai posteri il tuosacrificio.

LUTTO CITTADINO 22 Settembre 2009

IL SINDACO Gli amici

IL MARESCIALLO

LA MAESTRA

Gli zii e i cugini

IL FRATELLO

foto di A. Martella

foto di A. Martella

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39° Parallelo • ottobre 2009 pag. 3

Per l’ennesima volta in questi ultimitempi le Pro Loco sono chiamate in

causa quasi come quei soggetti che com-promettono l’immagine del Salento o dellaPuglia o dell’Italia con l’organizzazione disagre e fiere, che “non promuovono il ter-ritorio e spesso si svolgono in condizionipoco decorose sotto il profilo dell’igiene”.Affermazioni gravissime e tali da richie-dere immediati interventi di chi di compe-tenza.Anni di impegno delle nostre Associa-zioni, quando il resto del mondo utilizzavatagliatelle alla bolognese o crepes alla pa-rigina, vilipesi e distrutti da atteggiamentia dir poco frettolosi. La sagra, o meglio sacra, senza voler an-dare nella preistoria, risale, stando alla let-teratura, agli anni Trenta, quando è stataaccertata e documentata come manifesta-zione popolare legata al prodotto locale. Così solidificata è divenuta l’espressionepiù genuina e immediata di quella promo-zione del territorio, che è alla base dellaormai centenaria storia delle Pro Loco ita-liane, che nessun altro fine e interessehanno se non quello della tutela, valoriz-zazione e promozione della propria loca-lità. L’appello rivolto alle Pro Loco (così rife-risce il giornalista), in sostanza, ci sembraperciò del tutto fuori luogo. Se poi vi sono anche altri problemi, qualiquelli legati all’igiene, allora s’è fatto grandanno nel non intervenire tempestiva-mente. Noi da sempre abbiamo ritenutol’ecologia nella sua espressione comples-siva un fattore fondamentale per l’interaimmagine del territorio, e al propositomolto abbiamo detto e rilevato, anche qui,

BASTA CON LE SAGRE

purtroppo, riscontrando soltanto un muro digomma. E allora ci siamo rimboccati le ma-niche e abbiamo provveduto con la nostrapassione e le nostre braccia a operare anchein quel campo. L’UNPLI (Unione Nazionale delle ProLoco italiane) da tempo proprio per questotipo di manifestazioni ha redatto un proto-collo sulla corretta prassi igienico-sanitaria,approvato dal Ministero della Sanità, alquale le nostre associazioni hanno semprecercato di attenersi scrupolosamente.Se le sagre poi promuovano positivamenteo meno il territorio bisognerebbe chiederloagli utenti, specie agli ospiti che proven-gono da ogni parte d’Italia e dall’estero.Tale tipo di indagine l’UNPLI Puglia hacondotto qualche anno fa, quando si co-minciava a rivestire il termine di un’imma-gine negativa. Il riscontro ha evidenziato

un interesse eun gradimentototale. E, anzi, ilturista chiedevaespressamentedi essere coin-volto anchenella organizza-zione del-l ’ e v e n t o ,p e r c e p e n d ol’importanza diuna volontàd’integrazionenon solo di tiporicreativo, masoprattutto cul-

turale. Non si comprende, pertanto, perché non siperde occasione nel porre al centro del pro-blema la Pro Loco, quando sagre e sagrettedi ogni tipo vengono bandite da tanti altrienti, associazioni e privati, di cui non si famai cenno. Allora si cominci a fare unamappatura della situazione e poi si ester-nino valutazioni e apprezzamenti. E non vogliamo entrare nel campo delle fi-nalità e delle gestioni di tali eventi. Perquanto ci riguarda possiamo solo dire cheeventuali utili, pagate tutte le tasse e lespese di rito, le Pro Loco li utilizzano esclu-sivamente per le proprie attività istituzio-nali, legate alla tutela, alla promozione eall’accoglienza sul territorio. Da anni, non da ieri, abbiamo sollecitato gliorgani preposti a redigere un disciplinare

sulle sagre pugliesi e a regolamentare lamateria. Ogni tentativo è rimasto senzasuccesso.La qualità è stato un connotato portante delnostro movimento: qualità come sistema divita, come arredo territoriale e come of-ferta culturale. Non vogliamo addentrarcinelle problematiche legate alla qualità. Maabbiamo sempre evitato di fare come chiper tenere pulito il proprio uscio spazzal’immondizia verso il vicino di casa. Gli esercizi di qualità, comunque configu-rati, osterie, ristoranti e pub, non temonole sagre, fiere o altro: per mangiare in queiposti bisogna prenotare con anticipo, e nonsolo d’estate. Anzi, la sagra è un’occasionedi conoscenza e di apprezzamento del ter-ritorio, e consente un’affluenza altrimentinon possibile. La selezione la fa l’utenza,non le Pro Loco o gli Enti. E questo è unproblema reale, che bisogna affrontare conmetodo, coraggio e professionalità. La qualità delle nostre iniziative, per for-tuna, è attestata dalla presenza sempre cre-scente dei visitatori, e ci si sforza dimigliorarne continuamente i livelli, attra-verso iniziative di formazione e conve-gnistica. Certamente stando alledisposizioni di legge, anche europee, rite-niamo di essere abbastanza ossequiosi, e citurbano profondamente questi richiami allaigienicità, soprattutto rispetto a quanto ab-biamo visto a Bruxelles in occasione dellamostra dei nostri presepi, dove l’arrosto dicarni, wurstel, e simili preparato per le viee piazze della città, a mala pena consentivadi poter distinguere i fumi dalle persone.

Angelo LazzariPresidente Regionale UNPLI Puglia

Anche quest’anno il nostro piccolopaese può vantare la partecipazione

della sua squadra di calcio in un campio-nato di 2^ categoria, cosa non di pococonto se si pensa che le compagini deipaesi limitrofi non hanno saputo fare dimeglio.Un nuovo team, con il solo intento di pro-seguire quanto di buono si era già fattonegli anni precedenti con l’A.S.D. ”CalcioGiovanile Tiggiano”, di cui si conserva ilnome, armato di tanta buona volontà, si èmesso al lavoro per cercare di portareavanti nel migliore dei modi un foltogruppo di giovani calciatori. Infatti, se da una parte il numero di calcia-tori tiggianesi, componenti la rosa, nonforma l’intera compagine locale, è pur veroche quest’anno si ha a disposizione unasquadra composta quasi esclusivamente dagiovani ragazzi, molti dei quali provenientidirettamente dai settori giovanili. A tal proposito, si è cercato di dare unmaggiore impulso e investire maggiori ri-sorse proprio nel settore giovanile, in unafascia di età che comprende tutti i ragazzidai 5 ai 15 anni, acquisendo anche la pre-ziosa collaborazione di personale che inquesto campo vanta le numerose espe-rienze fatte in altre società sportive, con lasperanza di avere, chissà in futuro, una

AALLLL’’IINNSSEEGGNNAA DDEELL CCAALLCCIIOO

squadra che possa accedere e primeggiaremagari anche in categorie superiori.In tale prospettiva, altrettanto preziosa è lacostante attività di Rocco Morciano, chenell’ambito delle attività svolte dalla“Nuova Polisportiva Virtus Tiggiano” stada anni portando avanti un discorso didat-tico-sportivo con i ragazzini della stessa fa-scia di età.Oggigiorno diventa sempre più difficiletrovare giovani ragazzi disposti a far partedi una squadra di calcio, considerato checiò comporta il sacrificio di tre o quattropomeriggi a settimana e che molti giovani,e sempre in numero più crescente, intra-

prendono i loro studi universitari fuori re-gione. Anche il calcio, come era giustoche fosse, si è fermato nei giorni succes-sivi alla tragedia che ha colpito noi tutti,per rendere omaggio al giovane nostroconcittadino scomparso così tragicamentee, di conseguenza, il debutto stagionale ca-salingo è stato rinviato a domenica 04 ot-tobre, con un’affluenza di pubblico chenon si vedeva da tanto tempo e dove la no-stra compagine unitamente a quella ospiteha tributato un ultimo saluto a Davide.Il calcio a Tiggiano, non ha ceduto il passoneanche al caldo torrido di quest’estate. Sisono, infatti, susseguiti diversi tornei di

calcetto primo fra tutti quello delle “Asso-ciazioni” che ha visto impegnati circa 110calciatori, tutti tiggianesi, dal più giovanedi appena 16 anni fino al meno giovane dicirca 64 anni e che ha visto vincente la for-mazione dell’AVIS capeggiata dal suo pre-sidente Luigi Marzo, squadra che ognianno si è sempre battuta alla grandeavendo, questa volta, la meglio in finalecontro la fortissima squadra della WelnessStudio vincitrice della precedente edizionee che ogni anno arriva nelle zone alte deltabellone. La nota più bella dei tornei estiviè sicuramente la partecipazione attiva ditanti nostri concittadini che, per motivi dilavoro o di studio sono fuori e tornano inpaese solo per le vacanze estive, gente co-mune che si ritrova intorno ad un campodi calcio che in questo caso non divide, maunisce.

Massimo Alessio