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Qualità, crescita, innovazione 1 2014 Osservatorio ACCREDIA In collaborazione con:

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Qualità, crescita, innovazione

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OsservatorioACCREDIA

In collaborazione con:

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OAN° 1 - 2014

OsservatorioACCREDIA

Osservatorio Accredia

Direttore editorialeFilippo Trifiletti

Coordinamento editorialeFrancesca Nizzero

Realizzazione graficaZERO ONE

Lo studio è stato promossoda Accredia e realizzato da un gruppo di lavoro del Censis -Centro Studi Investimenti Sociali coordinato da Francesco Estrafallaces e composto da Monica Altieri, Gabriella Addonisio e Vera Rizzotto.

ACCREDIA

Via Guglielmo Saliceto, 7/900161 Roma

Tel. +39 06 844099.1Fax. +39 06 8841199

[email protected]

Premessa 2Secondo Rapporto sulla qualità e sulla certificazione

1 Qualità per competere: percorsi e strumenti per le eccellenze italiane 5

1.1. Oltre la crisi 51.2. L’Italia delle qualità produttive 61.3. Fattori di crescita 101.4. Gli indicatori Censis-Accredia per una visione delle qualità 121.5. Certificazione per la competitività 20

2 Limiti e prospettive degli strumenti per la qualità:la visione degli organismi di certificazione 27

2.1. Una leva strategica in chiaro-scuro 272.2. La ridefinizione degli equilibri di mercato 292.3. Valutazione del potenziale strategico 332.4. Per un percorso di riposizionamento 38

3 Uni En Iso 9001: posizionamento di mercato e strategie 43

3.1. Il contesto di riferimento 433.2. Lo scenario di mercato 473.3. Forze e debolezze 483.4. Proposte per la rimodulazione della certificazione Uni En Iso 9001 52

Nota metodologia - Metodo di calcolo degli indicatori di qualità Censis-Accredia 56

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Con il Secondo Rapporto sulla qualità e sulla certificazione, Accredia intende promuovereuna riflessione sui percorsi di crescita del sistema produttivo italiano e sulla qualità come fattorecompetitivo.

L’obiettivo di questo Secondo Rapporto è duplice: da un lato esso cerca di definire quanto laqualità si configuri come elemento strategico per la creazione di valore nell’impresa e dove risiedala qualità nelle prassi aziendali. Dall’altro lato, il Rapporto cerca di cogliere gli elementi di forzae le criticità che attraversano attualmente il settore della certificazione per la qualità. Una parterilevante dell’analisi poggia su informazioni fornite dai principali organismi di certificazione(OdC) che operano sotto accreditamento Accredia su aspetti quali: l’andamento del mercato, gliorientamenti delle imprese certificate, le caratteristiche assunte dal “prodotto/servizio” certifi-cazione.

Le informazioni, le idee e le riflessioni contenute in questo documento si rivolgono a soggettidiversi: a chi è interessato ai temi dell’impresa, ai policy maker chiamati ad elaborare politicheindustriali e ad individuare strumenti che garantiscano efficienza e competitività alle imprese e,certamente non ultimi, agli operatori della certificazione, in particolare gli OdC. Il secondo ed ilterzo capitolo di questo studio mirano a delineare alcuni possibili percorsi di efficientamentodel settore della certificazione e, nello specifico, della certificazione dei sistemi di gestione dellaqualità (SGQ).

I dati riportati nei capitoli che seguono derivano da fonti diverse: fonti statistiche primarie,indagini di tipo campionario, focus group con operatori del settore della certificazione. Ciò inquanto Accredia intende adottare uno sguardo quanto più ampio e aperto possibile e intende os-servare un fenomeno complesso, come quello della qualità, da angolature diverse. Questo me-todo di analisi ha permesso di individuare e descrivere fenomeni di carattere generale ed aspettipiù specifici legati alle dinamiche del settore della certificazione. In particolare, il Rapporto cercadi cogliere ed interpretare alcuni trend generali legati all’evoluzione del tessuto d’impresa, allagenerazione di valore e di innovazione, alle forme diverse assunte dalle molteplici qualità italianee, non ultimo, all’impatto che le pratiche per la qualità hanno sui processi di crescita.

Allo stesso tempo, il Rapporto propone un’analisi dei trend più recenti della domanda e del-l’offerta di certificazioni Uni En Iso 9001 per la qualità, individuandone le criticità e spingendosia proporre alcuni temi di dibattito per la ridefinizione di tale strumento, finalizzato ad essere piùrispondente alle necessità delle imprese.

Il primo capitolo dello studio esplicita quanto e come la qualità sia non solo un obiettivo acui molte imprese tendono, ma un mezzo per il rilancio della competitività. Si propone, inoltre,un’analisi del peso assunto dagli strumenti di qualità nel portafoglio delle strategie dell’impresa.Lo sguardo, inoltre, si allarga ad una misurazione della qualità in quattro diverse dimensioni, del

Secondo Rapporto sulla qualitàe sulla certi!cazione

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sociale e della struttura economico-produttiva, del Paese. In particolare, come nella prima edi-zione, anche in questo Secondo Rapporto si propongono quattro indicatori sintetici Censis-Ac-credia relativi a: qualità del sistema produttivo, qualità dell’offerta di servizi pubblici, qualitàdella vita e del contesto socio-economico, qualità dell’ambiente. Ciascun indicatore è riportatoin serie storica e con un dettaglio regionale. A causa della mancanza di continuità nella produ-zione di alcuni dati, gli indicatori sintetici riportati nel Primo Rapporto non sono confrontabilicon quelli del Secondo Rapporto. Gli indicatori sono la sintesi di variabili molto diverse e rap-presentano solo in via approssimativa uno strumento di misurazione della qualità incorporatain ognuna delle quattro dimensioni economiche e sociali considerate. Gli indicatori offronoquindi solo una visione di carattere generale dei fenomeni considerati, ma comunque utile acomprendere gli orientamenti del sistema Paese su alcune questioni di particolare rilevanza. L’ul-tima parte del primo capitolo, inoltre, propone una riflessione sul ruolo e sull’impatto che lacertificazione Uni En Iso 9001 può avere nelle dinamiche di crescita del sistema d’impresa. Ven-gono, inoltre, proposti alcuni dati sulla più recente evoluzione del mercato della certificazionedei sistemi di gestione della qualità, individuando questioni aperte e temi di confronto riguar-danti la struttura del settore ed il posizionamento di mercato dell’Uni En Iso 9001.

Il secondo capitolo riporta i risultati di un’indagine realizzata a dicembre 2013 presso 100 or-ganismi di certificazione operanti in Italia sotto accreditamento Accredia. L’indagine è stata l’oc-casione per comprendere gli aspetti salienti riguardanti le dinamiche del mercato, gli elementidi forza e le debolezze che la certificazione Uni En Iso 9001 rivela.

Il terzo ed ultimo capitolo fa riferimento ai risultati di due focus group svolti a giugno e luglio2013 su un panel di OdC e di rappresentanti dei consulenti delle imprese, oltre alle principali as-sociazioni di rappresentanza delle imprese. I focus hanno avuto l’obiettivo di analizzare con oc-chio critico lo stato del settore della certificazione per la qualità. Il capitolo è dedicato a definireuna serie di percorsi ed azioni finalizzate a rendere più efficace e più rispondente alle aspettativedelle imprese la certificazione per il sistema di gestione della qualità. Soprattutto, il capitolo miraad aprire un confronto più intenso tra gli operatori della certificazione per definire un miglioreposizionamento dell’Uni En Iso 9001, che resta una delle leve strategiche per conferire compe-titività al sistema produttivo italiano.

Il dibattito sulla rivitalizzazione e sul rafforzamento del posizionamento di mercato delle cer-tificazioni per gli SGQ – a fronte di una mancata crescita riscontrata negli ultimi anni – è certa-mente delicato, ma necessario, in primo luogo perché la certificazione genera ricavi importanti,superiori a 300 milioni di euro l’anno per la sola parte sotto accreditamento Accredia. Come sievidenzierà nel dettaglio più avanti, più del 40% di questo fatturato è generato dalle sole certifi-cazioni Uni En Iso 9001; si tratta della maggioranza relativa del mercato. Continuare a garantirebuone performance di crescita di questo strumento diventa pertanto determinante.

Accredia, nel rispetto dei limiti imposti dalle proprie competenze, intende promuovere unconfronto tra gli operatori del settore, riportando l’attenzione su aspetti come la funzione ed ilmiglioramento dell’efficacia degli audit, il rafforzamento delle competenze professionali degliauditor, la possibilità di legare la certificazione al godimento di semplificazioni amministrative,la definizione di percorsi che consentano di far sì che la certificazione possa essere un criterio chefavorisca valutazioni positive del merito del credito da parte delle banche. Molti di questi aspettisono esplicitati nell’ultima parte di questo Secondo Rapporto ed intendono essere delle piste dilavoro per il futuro.

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1.1. Oltre la crisi

La qualità, declinata nelle sue molte-plici accezioni, resta una chiave di let-tura significativa non solo percomprendere le caratteristiche intrinse-che del modello produttivo italiano, maper definire percorsi e strumenti checonsentano al Paese un significativo re-cupero di competitività.

Pur nella prolungata fase di crisi checontraddistingue l’economia italiana,molte produzioni sono realizzate nelsegno dell’eccellenza e molti processi pro-duttivi, sia nella piccola che nella grandeimpresa, sono improntati su standard tec-nici elevati, sulla cura del particolare, sucriteri di efficienza, sul controllo dellesingole fasi di lavorazione.

Se, dunque, la perdita di competitivitànegli ultimi anni è innegabile, testimo-niata dal ridimensionamento progressivodella quota delle vendite di prodotti ita-liani sui mercati esteri, tale fenomeno vasoppesato ed osservato da angolature di-verse. L’Italia continua ad essere il se-condo Paese esportatore in Europa ed ilsettimo a livello mondiale.

È, inoltre, al primo posto a livellomondiale per competitività dei prodottidel tessile, dell’abbigliamento e dellapelle; è al secondo posto, dopo la Germa-nia, nel campo della meccanica e di pro-dotti miscellanei (prodotti per lo sport,occhialeria, prodotti alimentari).

I valori medi unitari di molte categoriedi prodotti e di servizi venduti all’estero

hanno mostrato, pur nell’attuale fase dicrisi, una crescita costante, l’espressionedi qualità e valore crescente riconosciutoai prodotti italiani.

Il Paese sembra, dunque, operare nelsegno della qualità più di quanto la crisiin atto da lungo tempo non sembra farepercepire. Le aziende, le filiere, i settoriche meglio riescono a resistere ai feno-meni recessivi in corso sono quelli che ri-disegnano il processo produttivo edorganizzativo secondo criteri di effi-cienza, linee di maggiore controllo dellefasi a monte e a valle del processo pro-duttivo stesso, procedure codificate e tra-sparenti, ma sufficientemente flessibili daessere adattate a cambiamenti improvvisi,criteri improntati all’innovazione.

Molte analisi oggi disponibili tendonoad evidenziare come le imprese che me-glio riescono a resistere al contesto reces-sivo in atto, o che addirittura miglioranole proprie performance, sono quelle che at-tivano più convinte strategie di controllodei processi organizzativi interni, chehanno una visione chiara della loro arti-colazione, che puntano non solo sul mi-glioramento e sull’innovazione delprodotto o del servizio offerto, ma sulcontrollo diretto dei flussi legati alla logi-stica e delle strategie distributive.

Sembra esservi, dunque, una correla-zione stretta e diretta tra adozione di cri-teri di qualità e possibilità di crescita e,per molti aspetti, l’affermazione di nu-merosi prodotti italiani e di molti com-parti produttivi sui mercati esteri, negliultimi anni, ne è la prova.

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1. Qualità per competere: percorsi e strumenti per le eccellenze italiane

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D’altra parte, se esiste un legame dicausa-effetto tra processi produttivi e ge-stionali improntati alla qualità e possibilitàdi crescita e di miglioramento delle perfor-mance aziendali, allora i sistemi di gestionedella qualità e la loro certificazione secondogli standard Uni En Iso si configurano comeveri e propri strumenti della crescita, quasistrumenti di politica industriale, su cui,come si proporrà più avanti, occorre elabo-rare opportune riflessioni.

Se, infine, è relativamente facile com-prendere in cosa si sostanzia la qualità, piùcomplesso è definire quanto e come il Paeseesprime qualità.

Le pagine che seguono, pertanto, si fo-calizzano su alcuni sentieri di crescita che ilPaese ha intrapreso da tempo, nonostantela crisi in atto. Analisi sul posizionamentodell’Italia nei mercati esteri, sulle pratiche esulle strategie messe in campo dalle im-prese per migliorare le proprie performance,nonché alcuni indicatori in grado di sinte-tizzare l’incremento o il decremento di pra-tiche improntate alla qualità in ambitidiversi (nel sistema produttivo, nell’offertadi servizi pubblici, nella tutela dell’am-biente, nella vita quotidiana), consentonouna visione più ampia di ciò che favorisceuna crescita in termini qualitativi del si-stema Paese. L’ultima parte del capitolo èdedicata, invece, alle dinamiche recentidella certificazione per i sistemi di gestionedella qualità, in particolare all’Uni En Iso9001, adottata oggi da quasi 83.000 im-prese e che rappresenta ancora, tra le di-verse tipologie di certificazione, quellalargamente più diffusa e più richiesta.

Se la qualità è una delle leve strategichedella crescita del sistema produttivo italiano,allora lo strumento della certificazione assumeuna valenza alta e può essere, specie in unmomento di ridefinizione dei fattori costi-tutivi della competitività dei prodotti ita-liani, come quello attuale, elemento guida

per il ritorno alla crescita. Ma affinché ciòavvenga, anche le caratteristiche intrinse-che della certificazione Uni En Iso 9001 an-drebbero ricalibrate, per risponderemaggiormente alle aspettative delle im-prese oggi in continuo mutamento. A talproposito il secondo ed il terzo capitolo diquesto studio si focalizzano sulle dinami-che che contraddistinguono la domanda el’offerta di certificazioni per la qualità, sulciclo di vita di tale strumento per le im-prese, cercando infine di proporre un per-corso finalizzato al suo rafforzamento.

1.2. L’Italia delle qualità produttive

La crisi economica che da tempo attra-versa il Paese, seppure grave, non è statatale da travolgere o mutare in modo radi-cale le caratteristiche intrinseche del mo-dello produttivo italiano, le sue specificitàed i suoi elementi di forza.

Processi e prodotti di qualità sono la cifradi un sistema di imprese, che certamente haperso peso sui mercati esteri, non tantoperò per il downgrading dei propri prodotti,quanto per il sopravanzare nello scenariointernazionale di alcune economie emer-genti, in grado di incrementare enorme-mente le quantità di prodotti esportati. E,se è vero che il ridimensionamento dellaquota di esportazioni italiane sul commer-cio mondiale è un dato che va colto in tuttii suoi aspetti critici e deve essere conside-rato come un segnale d’allarme, molti altrielementi e dati indicano che il Paese man-tiene ancora una apprezzabile forza e capa-cità competitiva.

In particolare, tra il 2007 ed il 2013 laquota italiana sul commercio mondiale èpassata dal 3,6% al 2,7%. È questo, comesottolineato in precedenza, soprattutto l’ef-fetto dell’incremento delle quote di mer-cato di Paesi ad alta intensitàmanifatturiera, specie del Sud-Est asiatico.

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Ma nel medesimo arco temporale, e dopol’inevitabile flessione registrata nel 2009,l’Italia è ritornata a crescere sul fronte delleesportazioni, mantenendosi ai primi posti alivello mondiale per operatività sull’estero.Già questo dato permette di mitigare le cri-ticità che potrebbero essere attribuite allaflessione della quota sul commercio mon-diale. Inoltre, se si considerano dati più ar-ticolati, come il rapporto tra quote diexport di un determinato settore e quotaitaliana sul commercio mondiale, si evi-denzia come in molti casi alcuni compartiproduttivi italiani hanno incrementato lapropria competitività relativa. In partico-lare, nel periodo compreso tra il 2007 ed il2012, questo tipo di indicatore, che può es-sere considerato come un indice di compe-titività settoriale negli interscambi conl’estero, ha registrato una flessione solo in5 dei 19 comparti manifatturieri più rile-vanti. Viceversa, il posizionamento italianomigliora in molti ambiti, in particolare nelcomparto farmaceutico, in quello dei pro-dotti della metallurgia, in quello della pro-duzione di carta, in quello della meccanicae dei prodotti alimentari (fig. 1.1). L’indice,

infine, conferma che le principali specializ-zazioni manifatturiere hanno, negli ultimianni e nonostante tutto, rafforzato il pro-prio posizionamento; ciò è accaduto, inparticolare, per il settore calzaturiero, lameccanica, i prodotti in metallo, l’abbi-gliamento, i prodotti in gomma. Certa-mente molte delle produzioni appenaindicate si collocano in una fase di matu-rità del proprio ciclo di vita, ma nonostantetutto esse restano produzioni trainanti dellamanifattura italiana sui mercati esteri.

Perché?

Per molti versi tale quesito ha una ri-sposta relativamente semplice. Molti pro-dotti italiani continuano ad affermarsi suimercati esteri, registrando una domanda cre-scente, perché ad essi vengono riconosciute ca-ratteristiche distintive evidenti: artigianalità,design attraente, originalità, funzionalità,contenuto tecnologico interessante, ri-spondenza alle aspettative del mercato, ca-rattere innovativo, precisione nellemodalità di lavorazione, modalità di ven-dita e strategie di marketing innovative.

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat-Ice

Fig. 1.1 - Indice di competitività dei settori produttivi italiani sui mercati esteri (*),2007-2012

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(*) (Quota italiana delle esportazioni del settore i sulle esportazioni mondiali del settore i) / (Quota totaledelle esportazioni italiane sulle esportazioni totali mondiali)

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Pur con una certa approssimazione, èpossibile affermare che le produzioni italianecontinuano ad affermarsi su numerosi mercatiesteri perché vengono riconosciute come pro-duzioni di qualità.

Da anni i valori medi unitari delleesportazioni di un paniere ampio di pro-dotti italiani registra trend crescenti. Parti-colarmente sostenuta risulta la crescita deiprezzi di vendita all’estero di prodotticome gli articoli in pelle, i prodotti agri-coli, i prodotti tessili, l’abbigliamento, iprodotti in gomma, la meccanica, i pro-dotti chimici e molto altro (fig. 1.2).

Ciò che colpisce è che questo fenomenonon riguarda solo i cosiddetti prodotti delMade in Italy, ovvero quelli più tradizionalie per i quali il Paese registra i più elevati li-velli di specializzazione, ma anche compartia media tecnologia. Soprattutto, ciò che oc-corre sottolineare è che la possibilità di pra-ticare prezzi crescenti può essere consideratocome un indicatore sufficientemente robu-sto della qualità che gli acquirenti stranieririconoscono ai prodotti italiani.

Analisi comparative più articolate,come quelle elaborate dall’Unctad-Wto at-traverso il Trade performance Index mettonoin evidenza come l’Italia sia il primo espor-tatore a livello mondiale di prodotti tessilie dell’abbigliamento e di prodotti in pelleed è al secondo posto per i prodotti dellameccanica, per prodotti miscellanei e per imanufatti di base. Inoltre, è al sesto postocome esportatore di prodotti alimentariconfezionati ed è al ventiduesimo postoper capacità competitiva nella collocazioneall’estero di prodotti del settore Ict.

Qualità italiane diviene, così, non unsemplice slogan ma una chiave di letturaimportante per comprendere un sistemaproduttivo oggi sottoposto a molteplicisollecitazioni e trasformazioni. I dati aiquali si è fatto riferimento, infatti, nonsolo confermano che la qualità, declinatain molte forme, resta un fattore competi-tivo di un’economia incardinata in settorimaturi (che comunque continuano ad af-fermarsi nello scenario internazionale), mache il “portafoglio” delle qualità si rivelaestremamente ampio. La mappa delle qua-

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat-Ice

Fig. 1.2 - Indice dei valori medi unitari delle esportazioni (2010=100), 2011-2013

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lità, pertanto, oggi non contempla solo icomparti tradizionali del cosiddetto Madein Italy, ma molto di più. Forte è l’impres-sione che strumenti per la generazione e lagestione di qualità assumano un aspettostrategico, dunque, nei seguenti settori:

! tessile-abbigliamento-moda;

! concia e lavorazione delle pelli;

! prodotti alimentari;

! mobile-arredo;

! meccanica;

! elettrodomestici;

! gomma e plastica;

! prodotti chimici;

! prodotti farmaceutici;

! fibre sintetiche;

! prodotti per l’edilizia;

! Ict;

! costruzione di veicoli e aerospazio.

Sebbene comparti a media e ad alta tec-nologia, come la chimica, la farmaceuticae le Ict assumano un peso ancora piuttostoridotto sull’export italiano, il loro trenddelle esportazioni si è rivelato in crescitanegli ultimi anni (fig. 1.3), anzi, i compartimedium hi-tech generano ormai esporta-zioni per un valore superiore a quello deisettori manifatturieri a maggiore specializ-zazione, ovvero le così dette 4A del Made inItaly (alimentare, arredamento, apparec-chiature per la casa, abbigliamento-moda).

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat

Fig. 1.3 - Valore delle esportazioni dei comparti produttivi italiani, 2007-2012

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4A del Made in Italy (*)

Medium hi-tech manifatturiero (**)

Hi-tech manifatturiero (***)

(*) comprende i settori: alimentare, abbigliamento, apparecchi per la casa, arredamento

(**) comprende i settori: chimico, meccanico, produzione di mezzi di trasporto

(***) comprende i settori: farmaceutico, produzione di PC, apparecchiature elettroniche e di precisione, costruzioni aerospaziali

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Viene, così, dato un segnale particolar-mente rilevante: in sostanza molti ambitiproduttivi operano nel segno dell’eccel-lenza e, nel contempo, vi è spazio per stru-menti che assicurino e che consentano digestire ed alimentare la qualità nel sistemaproduttivo italiano, a cominciare dallostrumento della certificazione del sistemadi gestione della qualità (Uni En Iso 9001).

1.3. Fattori di crescitaChe la qualità e gli strumenti che ne

consentono l’esplicitazione e la gestioneefficace si configurino come fattori di cre-scita della struttura aziendale emerge da ul-teriori analisi. Molteplici studi sullestrategie, sugli orientamenti organizzativie sui processi aziendali tendono ad evi-denziare che i fattori in grado di alimen-tare il miglioramento delle performancedelle strutture produttive sono molteplici enon risiedono solo nella capacità di inno-vazione di un prodotto, di un servizio, onell’applicazione di nuove tecnologie alprocesso produttivo, ma in un insieme diulteriori fattori combinati in modo com-plesso.

Un’indagine promossa da Accredia econdotta dal Censis sul tema della certifi-cazione per la qualità, realizzata alla finedel 2012 su un campione di quasi 900 im-prese manifatturiere e di servizi, prevalen-temente di piccole dimensioni1, consentealcune schematizzazioni ed offre spunti diriflessione su cosa siano le strategie per laqualità e sul peso che gli strumenti per ilcontrollo della qualità hanno nei percorsidi crescita delle imprese.

Delle 870 aziende analizzate, il 40% haindicato di trovarsi in una fase di crescita

(6% del campione) o di consolidamento(34%). La parte restante e maggioritaria delcampione, viceversa, ha mostrato più dif-ficoltà, trovandosi o in una fase stazionariao di ridimensionamento delle proprie atti-vità.

Differenze statisticamente significative(verificate attraverso il test t di Student)sono state verificate tra le risposte fornitedalle imprese in fase di crescita e di conso-lidamento e la parte restante del campione.In particolare, tra le imprese che negli ul-timi anni hanno registrato un migliora-mento delle performance (incremento delfatturato, stabilità o incremento dell’occu-pazione, incremento degli utili, incre-mento del numero dei clienti), l’adozionedi specifiche strategie improntate all’otti-mizzazione dei processi e ad una miglioreconoscenza del mercato, risulta più intensarispetto alle aziende che si collocano inuna fase di crescita bassa o nulla.

L’indagine promossa da Accredia con-sente, dunque, di procedere ad una stilizza-zione dei fattori di crescita, ovvero delle azioniin grado di contribuire all’efficientamentodella struttura aziendale e all’ottimizzazionedei processi. Soprattutto questo tipo di ana-lisi offre spunti per diverse riflessioni.

Il processo di crescita verificato nel cam-pione risulta dipendere da azioni ed inve-stimenti che possono essere rappresentaticome di seguito schematizzato (fig. 1.4). Èimportante sottolineare che la significati-vità statistica delle differenze di comporta-mento della parte del campione in fase dicrescita e miglioramento, rispetto alla partedel campione con crescita bassa o nulla,consente di determinare ed attribuire a cia-scun fattore di crescita rappresentato un

1 L’indagine è stata realizzata nel periodo compreso tra settembre e ottobre 2012 su un campione casuale di imprese aderenti auna delle seguenti associazioni di categoria: Cna, Confapi, Confartigianato che hanno partecipato ad un programma di ricerca sultema della qualità promosso da Accredia. La rilevazione è stata realizzata con metodo Cawi (computer assisted web interview). Ilcampione si articola nelle seguenti classi dimensionali: imprese fino a 10 addetti 48%; imprese tra 11 e 50 addetti 40%; impresecon 50 addetti e oltre 12%. Il 55% delle imprese, inoltre, disponeva, al momento dell’indagine, di certificazione Uni En Iso 9001.

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grado di rilevanza o meglio un grado di ef-ficacia nel determinare un percorso di effi-cientamento.

Al primo ed al quarto posto, per gradodi impatto sull’efficientamento della strut-tura aziendale e sulla crescita, figurano i si-stemi di controllo e di gestione della qualitàdelle lavorazioni dei fornitori, dei processiinterni e dei prodotti. La focalizzazione sulcontrollo diretto di specifici segmenti dellacatena del valore è, in effetti, un tratto sa-liente delle pratiche attivate negli ultimianni dalle imprese con le migliori perfor-

mance o che meglio hanno saputo affron-tare la crisi ed i processi di ristrutturazionedel mercato.

Vasta parte degli studi prodotti negli ul-timi anni tendono ad evidenziare un cam-bio di passo nell’orientamento gestionaledi molte imprese, specie manifatturiere, chehanno deciso di praticare un controllo di-retto delle fasi a monte e a valle del pro-cesso produttivo, per garantire maggiorequalità al prodotto finale e per definire inmodo appropriato e più efficace, rispetto alpassato, il processo distributivo.

Fonte: indagine Accredia-Censis, 2012

Fig. 1.4 - Determinanti della crescita del sistema d’impresa

Controllo di qualità sui principali fornitori

Tecniche e impianti a basso impatto ambientale

Miglioramento delle funzioni di logistica aziendale e di distribuzione

Controlli di qualità sul prodotto e/o sul processo

Miglioramento delle competenze professionali in azienda

Accordi di distribuzione, joint venture, investimenti diretti all'estero

Strategie per la promozione all'estero e l'esportazione

Inserimento di nuove figure manageriali

Miglioramento della gestione finanziaria e contabile

Potenziamento della funzione commerciale

Impa

tto s

ui p

roce

ssi d

i cre

scita

azi

enda

le

+

+++

Miglioramento delle performance aziendali

t-student 6,5

t-student 6,4

t-student 5,8

t-student 5,6

t-student 5,5

t-student 5,2

t-student 4,5

t-student 4,2

t-student 3,6

t-student 2,4

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Colpisce non poco che tra i principalifattori di crescita figurino i sistemi di ge-stione e controllo della qualità. Tra leaziende che assurgono a benchmark dellemigliori pratiche, dunque, è un obiettivopreminente non solo la qualità in sé, maanche l’implementazione di strumentiformali che consentano di generare o digestire la qualità. E d’altra parte ciò signi-fica che le certificazioni di SGQ secondogli standard Uni En Iso 9001, o le certifi-cazioni di prodotto, si configurano comestrumenti di questo tipo, assumendo par-ticolare valore strategico. Se da un lato,come si evidenzierà più avanti, le certifi-cazioni Uni En Iso 9001 hanno registratoun leggero ridimensionamento della do-manda, dall’altro lato occorre considerareche l’orientamento alla qualità e gli stru-menti ad essa connessi assumono nellapratica aziendale una rilevanza determi-nante e questo deve fare molto rifletteresui possibili scenari di mercato del settoredella certificazione.

Infine, il modello a cui in queste pa-gine si è fatto riferimento mette in evi-denza come le determinanti della crescitasiano varie e che le qualità italiane sono,in fondo, il frutto della combinazione difattori diversi: dall’efficiente gestionedella catena logistica al miglioramento co-

stante delle competenze di cui è portatoreil capitale umano, dalla costruzione di reticollaborative di vario tipo (accordi, con-sorzi, joint venture o semplice apparte-nenza ad una filiera) ad investimenti perl’attivazione di forme di internazionaliz-zazione sempre nuove o reputate efficaci,ed altro ancora.

1.4. Gli indicatori Censis-Accredia per una visione delle qualità

Accredia propone una riflessione sullemodalità di approccio alla qualità che ilPaese esprime in alcune dimensioni dellapropria struttura economica e sociale. Gliambiti presi in considerazione offrono, ov-viamente, una visione piuttosto parziale,ma si tratta, comunque, di un utile eserci-zio finalizzato a comprendere se e quantoil Paese oggi operi secondo una logicadella qualità e sia in grado di esprimereuna cultura della qualità anche al di là deilimiti imposi dalla attuale fase di crisi eco-nomica.

Per ciascuna dimensione presa in con-siderazione è stato calcolato, in serie sto-rica, un indicatore in grado di sintetizzaredati afferenti aspetti diversi (cfr. nota me-

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todologica riportata alla fine del Rapporto).L’indicatore di ciascuna dimensione con-siderata è il risultato della sintesi e stan-dardizzazione di dati differenti ed il suovalore esprime, pur con le dovute sempli-ficazioni, il livello di intensità della qualitàinsita in ciascuna delle dimensioni econo-miche e sociali qui considerate. Viene pro-posto, inoltre, per ciascun indicatore undettaglio regionale. Ponendo uguale a 100l’indicatore regionale più elevato, alle altreregioni viene attribuito un valore propor-zionalmente minore attraverso appositemetodologie di calcolo. È stato possibileelaborare un ranking regionale che con-sente, seppure in modo generale, di stabi-lire dove i fenomeni di qualità indagatisono più intensamente presenti e dovemeno intensamente presenti.

La prima delle dimensioni prese in con-siderazione è quella riguardante il sistemaproduttivo. Considerando 18 diverse va-riabili, che vanno dalla nati-mortalità delleimprese all’andamento di brevetti e marchidepositati in Italia da aziende italiane, dal-l’andamento della produttività del lavoro

al ricorso a strumentazioni legate alle Ictnelle imprese, dall’andamento delle proce-dure concorsuali (fallimenti) all’anda-mento delle assunzioni di figureprofessionali specializzate, dall’andamentodelle certificazioni per il sistema di gestionedella qualità ad ulteriori aspetti, è statopossibile elaborare una proxy di quanto ilsistema produttivo italiano abbia messo inatto interventi migliorativi di aspetti di-versi della struttura aziendale.

Tenendo conto che il valore massimoche l’indicatore può assumere è 100, l’in-dice di qualità del sistema produttivo Censis-Accredia si colloca su un livello abbastanzaelevato. Per l’anno 2012 esso risulta pari a71,5 (fig. 1.5). Ciò significa che i fenomenidi propensione all’innovazione e di crescitastrutturale sono abbastanza intensi. L’an-damento dell’indicatore nel periodo com-preso tra il 2009 ed il 2012, inoltre, cogliela difficile fase congiunturale: tra un annoe l’altro, infatti, l’indicatore muta di pocoe comunque nel 2012, rispetto al primoanno preso in considerazione, si registrauna flessione.

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat-Infocamere-Ministero Sviluppo Economico-Accredia

Fig. 1.5 - Indicatore di qualità del sistema produttivo Censis-Accredia (valore massimo dell'indicatore = 100), 2009-2012

71,9 72,3 71,2 71,5

2009 2010 2011 2012

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Nella sua complessità, dunque, il si-stema produttivo ha subito un deteriora-mento e, comunque, l’indicatore nonlascia pensare ad una robusta capacità dicrescita e di ripresa intervenuta di recente.

I dati disaggregati a livello regionalepongono la Lombardia al primo posto, se-guita dal Piemonte, dall’Emilia Romagna,dal Trentino-Alto Adige e dal Veneto. Re-gioni pur importanti dal punto di vistaproduttivo e caratterizzate da elevati livellidi specializzazione in alcuni comparti ma-

nifatturieri, come la Toscana, le Marche edil Friuli-Venezia Giulia, si caratterizzanoper valori leggermente sotto la media ita-liana (tab. 1.1). L’indice, in questo caso, co-glie fenomeni di deterioramentoparticolarmente intensi, verificatisi in que-sti territori negli ultimi anni.

In effetti, tra il 2009 ed il 2012 questetre regioni hanno perso posizioni nellaclassifica (eccetto le Marche). Infine, il ran-king ripropone uno schema piuttosto noto,con le regioni del Centro-Nord nella parte

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat-Infocamere-Ministero Sviluppo Economico-Accredia

Tab. 1.1 - Indicatore sintetico di qualità del sistema produttivo Censis-Accredia(valore massimo dell'indicatore = 100), 2009-2012

Indicatore2012

10084827975757270696563555148434239373731

72

Rango

1234567891011121314151617181920

-

Regioni

LombardiaPiemonteEmilia-RomagnaTrentino-Alto AdigeVenetoLazioToscanaLiguriaFriuli-Venezia GiuliaMarcheValle d'AostaAbruzzoUmbriaCampaniaPugliaBasilicataSiciliaSardegnaMoliseCalabria

Italia

Differenza rango2009-2012

1-1163-1-4-1-32-22-2-111-2000

-

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alta, e con regioni del Sud caratterizzate daindici considerevolmente al di sotto dellamedia generale.

Il secondo aspetto considerato riguardala qualità dell’offerta di servizi pubblici. Levariabili sottoposte a sintesi sono 12 e spa-ziano dai dati sull’offerta di trasporto pub-blico all’erogazione di servizi idrici, dai datisull’offerta di servizi socio-assistenziali alladisponibilità di servizi medico-ospedalieri.L’indice assume valori piuttosto elevati, parinel 2012 al 77,3, indicando come il Paese,anche sotto questo particolare profilo, pre-senta certamente degli aspetti critici, maanche elementi di eccellenza (fig. 1.6). Nelperiodo considerato, tuttavia, l’indice sin-tetico ha registrato un trend leggermente de-crescente, sottolineando come la strada dapercorrere per raggiungere più elevati livellidi qualità sia lunga da percorrere.

Il Friuli-Venezia Giulia figura come la re-gione migliore in termini di qualità dell’of-ferta di servizi pubblici e di rispondenza alleaspettative ed ai bisogni dei cittadini, ma apoca distanza dalla prima in classifica si pon-gono anche l’Emilia Romagna, il Trentino-Alto Adige, la Valle d’Aosta, la Lombardia

(tab. 1.2). Restano elevate anche le perfor-mance di molte altre regioni come l’Umbria,la Liguria, il Lazio, la Toscana, il Veneto, leMarche e il Piemonte, mentre, ad eccezionedell’Abruzzo, il resto del Mezzogiorno sipone al di sotto della media nazionale. Si configura così, ancora una volta, una po-larizzazione tra poche regioni che rappre-sentano realmente punte di eccellenza intermini di qualità dell’offerta di servizi al cit-tadino e regioni in cui persistono elementicritici, disservizi e difficoltà ad investire ri-sorse pubbliche in servizi realmente utili allecomunità di territorio. Alcune aree del Mez-zogiorno restano emblematiche da questopunto di vista, ma anche regioni come ilLazio o la Liguria che negli ultimi annihanno perso posizioni in classifica. Elevataqualità dei servizi pubblici e procedure bu-rocratiche snelle possono rendere un Paesecompetitivo. Su questi aspetti alcune partidell’Italia mostrano molti ritardi ed il fattoche l’indicatore qui considerato non sia cre-sciuto negli ultimi anni è significativo. Ep-pure, proprio su un migliore apparatopubblico, su servizi più vicini al cittadino eimpostati su standard di qualità, oltre che suprocedure burocratiche più snelle, si gio-cherà molto del futuro del Paese.

Fig. 1.6 - Indicatore di qualità dell'offerta di servizi pubblici Censis-Accredia (valore massimo dell'indicatore = 100), 2009-2012

77,6 77,7 77,6 77,3

2009 2010 2011 2012

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat

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Il terzo ambito sottoposto a valutazionerisulta strettamente connesso con quelloprecedente e riguarda la qualità della vita edel contesto socio-economico. Per il cal-colo dell’indicatore sintetico sono stateconsiderate 16 diverse variabili, che spa-ziano dall’indice di povertà regionale dellefamiglie alla spesa per consumi, dai depo-siti pro-capite al tasso di disoccupazione,dall’indice di partecipazione ad attività divolontariato alle spese culturali, oltre ad ul-teriori elementi. L’indice mira a descrivereessenzialmente la qualità del contesto incui le singole comunità risiedono, tenendo

conto del grado di presenza di elementi cri-tici (presenza di insicurezza, di criminalità,di squilibri di ordine economico) e di fe-nomeni sia economici che sociali che pos-sono contribuire ad innescare processi disviluppo.

L’indicatore si pone ad un livello chepotrebbe definirsi medio rispetto al mas-simo possibile. Esso assume un valore paria 72,2 (fig. 1.7), il che evidenzia che ilPaese non registra certamente fenomeni didegrado diffuso, ma che un lungo percorsodi miglioramento può essere ancora fatto.

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat

Tab. 1.2 - Indicatore di qualità dell'offerta di servizi pubblici Censis-Accredia (valore massimo dell'indicatore = 100), 2009-2012

Indicatore2012

10098979594909087848181807969696757544339

77

Rango

1234567891011121314151617181920

-

Regioni

Friuli-Venezia GiuliaEmilia-RomagnaTrentino-Alto AdigeValle d'AostaLombardiaUmbriaLiguriaLazioVenetoMarchePiemonteAbruzzoToscanaMoliseBasilicataSardegnaCampaniaPugliaCalabriaSicilia

Italia

Differenza rango2009-2012

3-1-12-22-2-111-201-1000000

-

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Fig. 1.7 - Indicatore di qualità della vita e del contesto socio-economico Censis-Accredia(valore massimo dell'indicatore = 100), 2009-2012

72,7 73,3 73,1 72,2

2009 2010 2011 2012

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat

Tab. 1.3 - Indicatore di qualità della vita e del contesto socio-economico Censis-Accredia(valore massimo dell'indicatore = 100), 2009-2012

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat

Indicatore2012

10092918989888683797776766865624845454236

72

Rango

123456789

1011121314151617181920

-

Regioni

Trentino-Alto AdigeValle d'AostaLombardiaFriuli-Venezia GiuliaEmilia-RomagnaVenetoLazioMarcheToscanaUmbriaLiguriaPiemonteAbruzzoSardegnaMoliseBasilicataCalabriaCampaniaPugliaSicilia

Italia

Differenza rango2009-2012

080002-1-60-32-1-10001-100

-

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L’indice, inoltre, sembra cogliere le dif-ficoltà attraversate dal Paese su moltifronti, non solo quello economico-produt-tivo, ma anche nella sua dimensione so-ciale. Tra il 2009 ed il 2012 l’indicatore nonè migliorato, anzi si è leggermente deterio-rato, sebbene di una misura assai conte-nuta. La forte crescita del tasso didisoccupazione, soprattutto tra i giovani,negli ultimi anni, oltre alla riduzione deiconsumi pro-capite ed al progressivo allar-gamento di situazioni di disagio sociale trale famiglie, hanno indubbiamente contri-buito ad un mancato miglioramento del-l’indicatore sintetico.

Anche in questo caso appare piuttostoevidente il dualismo tra le regioni del Cen-tro-Nord e quelle meridionali. La prima inclassifica è il Trentino-Alto Adige, seguitadalla Valle d’Aosta, dalla Lombardia, dalFriuli-Venezia Giulia e dall’Emilia Romagna(tab. 1.3). Si attestano su buone posizionimolte altre regioni, in particolare il Veneto,il Lazio, le Marche, la Toscana, l’Umbria, laLiguria ed il Piemonte. In molti di questiambiti territoriali è noto che la qualità della

vita è elevata, per cui una riduzione dell’in-dicatore o valori contenuti dello stesso sonostati determinati da fattori di crisi contin-genti, come ad esempio l’incremento deltasso di disoccupazione registrato negli ul-timi anni, un fattore fortemente legato allacongiuntura negativa e che, verosimil-mente, dovrebbe tendere a ridimensionarsinuovamente nel tempo.

Il quarto ed ultimo aspetto preso inconsiderazione riguarda la qualità del-l’ambiente. L’indice Censis-Accredia, inquesto caso, è la sintesi di 10 diverse va-riabili che spaziano dall’opinione delle fa-miglie sulla qualità dell’aria, sulla puliziadelle strade e sul livello di inquinamentoacustico della zona di residenza fino aidati relativi alla disponibilità di verde ur-bano e di servizi di raccolta differenziatadei rifiuti, oltre alla spesa pro-capite perl’ambiente, alla dotazione di centralineper il controllo dell’aria ed altri aspetti.L’indice tende a misurare comportamentie disponibilità di servizi che possono con-tribuire alla conservazione delle risorsenaturali e ambientali. L’indicatore sinte-

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat-Ministero dell'Ambiente

Fig. 1.8 - Indicatore sintetico di qualità ambientale Censis-Accredia (valore massimo dell'indicatore = 100), 2009-2012

43,2 40,6

46,5 46,1

2009 2010 2011 2012

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tico assume un valore più contenuto ri-spetto a quelli considerati precedente-mente. Esso si attesta a 46,1 (fig. 1.8),frutto anche di una sperequazione mar-cata tra le regioni. L’indicatore suggerisceche un certo ritardo, in gran parte delPaese, rispetto a pratiche ottimali è evi-dente. Si riscontra tuttavia un incrementodell’indice sintetico tra il 2009 ed il 2012e, questo, dovrebbe essere il segnale posi-

tivo di una maggiore diffusione di processivirtuosi. La regione con l’indicatore piùelevato è la Valle d’Aosta seguita a poca di-stanza dal Trentino-Alto Adige e, a unaconsiderevole distanza, dalla Basilicata,dalla Sardegna e dal Friuli-Venezia Giulia(tab. 1.4). Numerose altre regioni sonoconsiderevolmente al di sopra della medianazionale, come l’Umbria, la Liguria,l’Abruzzo, il Piemonte e le Marche.

Fonte: elaborazione Censis su dati Istat-Ministero dell'Ambiente

Tab. 1.4 - Indicatore sintetico di qualità ambientale Censis-Accredia (valore massimo dell'indicatore = 100), 2009-2012

Indicatore2012

100

93

76

72

69

66

60

60

58

57

56

51

50

50

49

37

37

36

33

28

46

Rango

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

17

18

19

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-

Regioni

Valle d'Aosta

Trentino-Alto Adige

Basilicata

Sardegna

Molise

Friuli-Venezia Giulia

Emilia-Romagna

Umbria

Liguria

Abruzzo

Piemonte

Marche

Veneto

Toscana

Calabria

Lazio

Lombardia

Puglia

Campania

Sicilia

Italia

Differenza rango2009-2012

0

0

2

-1

1

-2

4

0

6

-3

-2

1

-1

0

-5

1

-1

1

1

-2

-

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Ciò significa che molto in queste regionisi è fatto, ma che molto ancora si dovrebbefare, per cercare quanto meno di avvicinarsia quei territori che hanno investito mag-giormente sul fronte della tutela ambientale,che hanno messo in campo strategie e prati-che rivelatesi efficaci in ambiti come quellodel risparmio energetico e della corretta edefficace gestione dei rifiuti, o che meglio rie-scono a preservare l’ambiente naturale di-sponibile. Occorre dire, infine, che colpiscenon poco il fatto che la Lombardia si collo-chi agli ultimi posti di questa classifica, men-tre è ai primi posti in quelle a cui si è fattoriferimento nelle pagine precedenti. Va spie-gato che questo è il risultato, in primo luogo,dei dati sulle opinioni (rilevate dall’Istat pe-riodicamente) espresse dalle famiglie lom-barde sulla qualità dell’aria, sulla pulizia dellestrade e sul livello di inquinamento acusticodella zona di residenza. Specie per ciò checoncerne il primo aspetto, si sono rilevate lepercentuali più elevate di persone preoccu-pate dei livelli di inquinamento percepitodell’aria. I dati, così, articolati, hanno in-fluito notevolmente sulla posizione assuntadalla Lombardia rispetto alle altre regioni.

1.5. Certificazione per la competitività

La qualità genera crescita e rafforza la ca-pacità competitiva non solo dei sistemi pro-duttivi, dei cluster d’impresa o di filiereproduttive ma, si potrebbe dire, anche digruppi sociali, di comunità di territorio. La qualità, tuttavia, ha bisogno di essere ali-mentata, incentivata, gestita con idonei stru-menti. Uno di questi è la certificazione, inparticolare quella dei sistemi di gestionedella qualità, secondo gli standard Uni En Iso9001 e quella di prodotto. L’Uni En Iso 9001,in particolare, è oggi in Italia la tipologia dicertificazione più diffusa: ne fanno ricorsoattualmente quasi 83.000 aziende, dellequali più di 28.000 operanti nelle attivitàmanifatturiere e più di 13.000 nel settoredelle costruzioni.

Analisi diverse mostrano come un sistemadi gestione della qualità ben impostato rap-presenti per l’impresa un’opportunità di cre-scita, poiché esso consente di esplicitare edavere una visione approfondita dei processiinterni individuandone eventuali punti de-boli, di definire specifici obiettivi di efficienzaesplicitandone le azioni necessarie, di coin-volgere i diversi livelli dell’organizzazione nelraggiungimento di un obiettivo comune, distandardizzare gran parte delle procedure in-terne pur in un contesto di flessibilità (la-sciandole adattabili alle diverse situazioni ecomplessità che l’impresa si trova ad affron-tare). L’atto della certificazione, attraverso unprocesso di verifica delle procedure interne,assume di per sé un valore strategico poichécomporta l’attestazione che una serie di pro-cedure e di standard siano correttamente ap-plicati nelle prassi aziendali.

Ci si può chiedere, pertanto, se impresecertificate secondo gli standard Uni En Iso9001 rivelino performance migliori rispetto astrutture non dotate di certificazione. Da questo punto di vista, una serie di analisicondotte sugli indici di bilancio di campionidifferenti di imprese mette in evidenzaaspetti interessanti. Se si considerano i daticontabili di un campione composto da 1.000imprese dotate di certificazione Uni En Iso9001, nel periodo 2005-2012 (sono state ana-lizzate aziende che hanno mantenuto la cer-tificazione per tutto il periodo considerato) edi un secondo campione di 1.000 aziendenon dotate di questo tipo di certificazione, èpossibile effettuare alcuni raffronti (tab. 1.5).

Nel periodo considerato, sia nel primocampione che nel secondo, gli indici di bi-lancio evidenziano un deterioramento deiprincipali aspetti della gestione: redditività,liquidità, gestione corrente e, in alcuni casi,anche delle misure di produttività. Il deterio-ramento degli indicatori di redditività e di al-cuni aspetti della gestione corrente, tuttavia,risulta più accentuato tra le imprese non cer-tificate, così come in queste ultime risultano

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nettamente peggiorate le misure di produt-tività, mentre migliorano nel campione diaziende dotate di certificazione SGQ.

Un’analisi più statica mette in evidenzaquanto segue:

! tra le imprese certificate, gli indici diredditività risultano nettamente piùelevati rispetto al campione di con-fronto;

! per quanto riguarda gli indici dellagestione corrente, le differenze tra idue campioni sono meno accentuate,ma in generale gli indicatori sono mi-gliori tra le aziende dotate di certifi-cazione del sistema di gestione dellaqualità, in particolare la durata com-plessiva del ciclo finanziario risultanettamente migliore nel gruppo dellecertificate.

Fonte: elaborazione Censis su dati Crif

Tab. 1.5 - Confronto degli indici di bilancio tra campioni di imprese certificate Uni En Iso 9001 e non certificate, 2005-2012

Campione imprese certificate Uni En Iso 9001 (1.000 unità)

5,83,83,635,64,91,11,63,336,9117,048,4122,073,81,61,30,21,84,01,15,718,21,97,590.674 373.884 56.213

Campione imprese noncertificate Uni En Iso 9001(1.000 unità)

-0,31,82,226,03,00,91,57,317,461,6197,1143,3107,52,11,40,62,94,80,66,313,61,810,068.679 428.281 45.193

ROEROIROS Incidenza gestione extra caratteristicaROA monetario Turnover Rotazione attivo correnteRotazione crediti clientiRotazione rimanenzeDurata crediti clienti (gg)Durata scorte (gg)Durata debiti fornitori (gg)Durata ciclo finanziario (gg) Current ratioAcid TestCopertura del circolanteMargine di strutturaRapporto di indebitamentoRapporto di indebitamento bancarioLeverage Indice di onerosità indebitamentoRODROD FinanziarioVal agg per dipendente (euro)Ricavi per dipendente (euro)Costo personale per dip. (euro)

Campione imprese certificate Uni En Iso 9001 (1.000 unità)

9,26,25,126,66,31,31,83,533,452,642,0121,656,31,41,10,11,45,60,47,315,41,89,786.661 348.642 52.184

Campione imprese noncertificate Uni En Iso 9001(1.000 unità)

3,94,14,922,94,81,01,68,015,916,084,3117,442,81,81,30,22,66,30,17,913,21,710,0108.247 664.283 62.265

2012 2005

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Tale risultato dovrebbe essere deter-minato da una migliore gestione deitempi di magazzino che sembra com-pensare alcune criticità legate ai tempidi recupero dei crediti commerciali;

! gli indici di liquidità nei due cam-pioni si attestano su valori simili,rivelando tuttavia performance leg-germente migliori tra le aziendenon certificate rispetto a quelle do-tate di certificazione. Le differenzeappaiono, tuttavia esigue. Alcuni in-dicatori di liquidità, come il leverage(totale impieghi sul capitale proprio),si attestano inoltre su valori che rive-lano buone performance;

! le misure di produttività sono quellein cui si evidenziano differenze so-stanziali tra i due campioni conside-rati. Due dei tre indicatori disponibili– in particolare, il valore aggiuntoper dipendente ed i livelli di remu-nerazione del capitale umano – sipresentano più elevati tra le impresecertificate rispetto al campione diconfronto; i ricavi per dipendente,viceversa, sono considerevolmentepiù bassi.

Un semplice confronto, come quello quiproposto, di dati contabili ed indicatori dibilancio, non permette di stabilire se esistauna correlazione effettiva tra la disponibi-lità di un sistema di gestione della qualitàed il miglioramento delle performance ge-stionali dell’impresa. Analisi diverse, ripe-tute nel tempo, mostrano comunque unoschema che sembra ripetersi, ovvero che trale imprese certificate generalmente si ri-scontrano:

! migliori livelli di redditività;

! maggiore efficienza della gestionecorrente;

! maggiore produttività del fattorelavoro.

Forzando le ipotesi, ci si potrebbe spin-gere ad affermare che la presenza di un si-stema di gestione della qualità operantesecondo lo schema Uni En Iso 9001 po-trebbe influire positivamente sul migliora-mento e sull’efficientamento di alcunepratiche gestionali (migliore gestione cor-rente, migliore remunerazione del capitale,migliore equilibrio dei costi e migliore re-munerazione della forza lavoro) (fig. 1.9),

Fig. 1.9 - Effetti presunti della certificazione Uni En Iso 9001 sull'efficienza e sulla struttura aziendale

Redditività

Gestione corrente

Produttività

Liquidità

Effetto positivo ++

Effetto positivo +

Effetto positivo ++

Effetto neutrale

Fonte: elaborazione Censis su dati Crif

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mentre si potrebbe ipotizzare un effettoneutrale sulla gestione della liquidità, nonessendosi constatata nessuna differenza so-stanziale degli indici di liquidità tra i duecampioni, sia nell’ambito di questo studioche in studi precedenti.

La certificazione del sistema di gestionedella qualità secondo gli standard Uni EnIso 9001 ha, o può avere, un valore strate-gico elevato. Tuttavia le sollecitazioni ed icambiamenti del mercato intervenuti inquesti anni di crisi, spingono ad una ri-flessione nuova sul settore della certifica-zione e sugli strumenti per la qualità deiprocessi aziendali.

Come indicato in precedenza, quasi83.000 imprese in Italia adottano un SGQcertificato e la sola Uni En Iso 9001 generaun fatturato stimato di oltre 133 milioni dieuro per un numero complessivo di 130 or-ganismi di certificazione operanti in Italiasotto accreditamento Accredia. I 133 mi-lioni di euro per la certificazione della qua-

lità rappresentano più del 40% del fatturatoderivante da tutte le attività di certificazionein Italia sotto accreditamento Accredia.

Secondo il parere di 100 OdC (accredi-tati da Accredia), i comparti che esprime-ranno, nel breve e medio periodo, i piùelevati livelli di domanda di certificazioneUni En Iso 9001 saranno quelli delle co-struzioni, dei servizi alle imprese ed i com-parti manifatturieri (fig. 1.10).

Particolarmente interessante è il fattoche il secondo comparto citato sia quellodel terziario avanzato, probabilmentemeno fidelizzato degli altri, ma capace dirappresentare un elemento di novità nelpanorama e nella struttura produttiva ita-liana. Le analisi più accreditate tendono amettere in evidenza come l’incremento dicompetitività della struttura industriale ita-liana dipenda molto da una compenetra-zione più forte con i servizi, specie quellipiù complessi, capaci di operare con ele-vati standard di qualità.

Fig. 1.10 - Settori nei quali gli organismi di certificazione prevedono un incrementodella domanda di certificazioni Uni En Iso 9001 (risposte in %)

4

9

10

18

22

22

35

53

68

Agricoltura e pesca (coltivazione, allevamento)

Trasporti e logistica

Commercio

Forniture (di energia elettrica, acqua, gas) e gestione dei rifiuti

Servizi alla persona

Pubbliche Amministrazioni, sanità e istruzione

Industrie manifatturiere

Servizi alle imprese

Costruzioni

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

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E d’altra parte, le pratiche degli ultimianni mettono in evidenza che le strutturemanifatturiere più capaci di resistere alla crisisono quelle che hanno immesso nella pro-pria organizzazione e nel proprio processoproduttivo dosi massicce di servizi (servizi dilogistica, di distribuzione, di misurazione econtrollo dei processi).

Da questo punto di vista, pertanto, gliOdC analizzati colgono appieno i muta-menti progressivi cui la struttura produttivadel Paese sta andando incontro, e ciò do-vrebbe rafforzare la tesi secondo la quale lostesso strumento della certificazione do-vrebbe essere, per quanto possibile, ritaratosu nuovi parametri. Che un cambiamentodi contesto sia in atto è innegabile e tale fe-nomeno non ha effetti neutrali sul sistemadella certificazione. Negli ultimi anni il nu-mero di aziende certificate si è leggermenteridotto e con esse lo stesso numero di cer-tificati Uni En Iso 9001. Dagli oltre 88.000certificati sotto accreditamento Accredia inessere in media nel primo trimestre del2012 si è passati a 87.164 certificati rilevatiin media nell’ultimo trimestre del 2013,con una marcata flessione nei periodi piùrecenti (fig. 1.11).

Parallelamente, il fatturato generato - al-l’interno del sistema accreditato da Accredia– dalle certificazioni Uni En Iso 9001 rivelaun’apprezzabile variabilità con una flessionesia nel 2011 che nel 2013 (fig. 1.12).

Questi ed altri dati, ai quali nei capitolisuccessivi si farà riferimento, spingono a ri-tenere che la certificazione Uni En Iso 9001sia attraversata da due fenomeni rilevanti:

! da un lato, un’elevata capacità di pe-netrazione del mercato, determinatadall’intrinseco valore strategico chetale strumento possiede. La qualitàresta per un numero assai ampio diaziende italiane un obiettivo priorita-rio e gli strumenti che possono aiutarea generarla rientrano nei piani di in-vestimento delle imprese. La domandadi certificazioni per gli SGQ dovrebbepertanto rimanere su livelli elevati;

! dall’altro lato, la collocazione di que-sto strumento in una fase di maturitàdel proprio ciclo di vita, testimoniatoda prezzi delle certificazioni stabili oin riduzione e da un parallelo ridi-mensionamento della domanda.

Fonte: elaborazione Censis su dati Accredia

Fig. 1.11 - Numero di certificati Uni En Iso 9001 in essere, media trimestrale 2012-2013

88.227 88.131 87.587

88.445 87.641

87.212 87.314 87.164

I trim. 2012 II trim. 2012 III trim. 2012 IV trim. 2012 I trim 2013 II trim. 2013 III trim. 2013 IV trim. 2013

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Tali fenomeni, inoltre, non sono at-tribuibili solo all’attuale contestocongiunturale di crisi, ma alle carat-teristiche intrinseche della certifica-zione per la qualità.

Se l’Italia esprime una molteplicità di set-tori che operano nel segno della qualità, perstrumenti come la certificazione Uni En Iso9001 vi sarà e vi dovrà essere uno spazio cre-scente. Il punto è comprendere come rivita-lizzare questo tipo di prodotto/servizio,rendendolo più rispondente non solo alleaspettative ma, soprattutto, alle esigenze tec-nico-operative delle singole imprese.

Nei capitoli che seguono si delineerannoalcuni aspetti critici legati ai meccanismi didomanda-offerta di certificazione per gliSGQ. Qui è sufficiente accennare al fattoche da un lato vi è la necessità di fare per-cepire alle imprese, specie quelle di ridottedimensioni, la certificazione come un va-lore, uno strumento strategico capace didare un contributo importante al migliora-mento dell’efficienza aziendale. Ciò com-porta che l’approccio delle strutture dicertificazione venga impostato su “canonidi interrelazione”, per quanto possibile,

nuovi. Gran parte delle imprese ritengonoche l’OdC non debba limitarsi alla verificadi elementi formali, ma che debba valutarela congruità dei processi che generano qua-lità ed eventualmente segnalare incon-gruenze. Pur nel rispetto delle norme,sarebbe utile individuare dei percorsi checonsentano una maggiore rispondenza alleaspettative delle imprese.

Infine, sarebbe auspicabile l’avvio di unprocesso che spinga a generare un rapportodi maggiore fiducia tra le diverse compo-nenti della filiera della certificazione per isistemi di gestione della qualità, ovvero tragli organismi di certificazione, i consulentiche generalmente accompagnano le im-prese alla definizione e organizzazione delproprio SGQ e le stesse imprese clienti.

Il settore della certificazione rappresentaoggi un comparto di rilievo per i numeri cheriesce a generare e per il ruolo strategicodegli strumenti (le certificazioni) di cui èportatore. Riconquistare mercato, attivarenuove strategie e crescere in qualità è unasfida che va colta, nel segno di una discon-tinuità e del cambiamento di cui il Paese hada tempo bisogno.

Fonte: elaborazione Censis su dati Accredia(*) Stima

Fig. 1.12 - Fatturato derivante da certificazioni Uni En Iso 9001 sotto accreditamentoAccredia (milioni di euro)

135,4

133,6

135,2

133,3

2010 2011 2012 2013*

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2.1. Una leva strategica inchiaro-scuro

Se il mercato della certificazione apparesempre più sotto stress, con un fatturato lacui crescita, anche nel 2013, si è rivelatacontenuta, l’atteggiamento della granparte degli organismi di certificazione ri-sulta, viceversa, focalizzata sul contrastoalla crisi perdurante attraverso strategie didiversificazione dell’offerta e di fidelizza-zione dei clienti. Nonostante tale proatti-vità, tuttavia, è in atto una ridefinizionepiuttosto marcata della domanda delle dif-ferenti forme di certificazione, imponendocosì agli operatori del settore, per primi,una costante ricalibratura delle propriestrategie.

Con l’intento di comprendere le forze ele debolezze del mercato della certifica-zione e le prospettive di breve termine, èstata realizzata nel mese di dicembre 2013un’indagine presso gli organismi di certifi-cazione accreditati o riconosciti da Accre-dia. Dei 130 organismi che compongonol’universo di riferimento, hanno rispostoall’indagine 100 strutture, un numero suf-ficientemente robusto per trarre indica-zioni prospettiche interessanti. Larilevazione, inoltre, si prefigura ormaicome un vero e proprio monitoraggio si-stematico del settore, essendo stata realiz-zata per il terzo anno consecutivo.

Se l’analisi, come si vedrà più avanti,considera aspetti generali del mercato dellacertificazione, il punto focale è rappresen-tato da alcune considerazioni sul valorestrategico, sul ruolo e sulla funzione del-

l’Uni En Iso 9001, ovvero della certifica-zione del sistema di gestione della qualitànelle imprese. Si tratta, come è noto, del“prodotto” più diffuso tra le diverse formedi certificazione e quello da cui deriva laparte più consistente del fatturato del set-tore. Ma i minori margini che essa sta ge-nerando negli ultimi anni spingono aritenere che ciò derivi non solo da causeesogene, ovvero dalla crisi generalizzata, daun atteggiamento più prudente delleaziende e da una conseguente contrazionedella domanda. Molti elementi – e la stessaindagine on field lo rivela – sembrano di-mostrare che l’Uni En Iso 9001 presentielementi quasi “distonici” rispetto alle ne-cessità delle imprese. Il suo carattere gene-ralista, trasversale a tutte le funzioniaziendali, applicabile sia a strutture pro-duttive complesse ed articolate che allemolte strutture micro di cui il tessuto d’im-presa italiano è ricco, appare ormai agliocchi di molti degli stessi organismi di cer-tificazione, strategico ma non sufficiente-mente potente per garantire quel recuperodi competitività di cui il tessuto produttivonecessita.

Verrebbe quasi da dire che l’Uni En Iso9001 vive alcune contraddizioni interne, acominciare dalla sua estrema adattabilità acontesti differenti, ma a ben guardare nonè così. Come emerge dalle risposte ottenutenell’indagine, il vulnus potrebbe essere rap-presentato dalla difficoltà di far percepirequesto tipo particolare di certificazionecome uno degli strumenti operativi che ivertici dell’azienda (sia essi semplici ostrutturati) hanno a disposizione per otti-mizzare i processi interni.

2. Limiti e prospettive deglistrumenti per la qualità: la visione degli organismi di certificazione

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Non è un caso infatti, come si sottoli-neerà più avanti, che gli organismi di cer-tificazione ritengono che molte impreseconsiderino ormai l’Uni En Iso 9001 solocome un passaggio burocratico obbligatoper poter eventualmente accedere a garenel settore pubblico o privato. Diventa de-terminante, viceversa, specie nell’attualefase di crisi, continuare ad investire in stru-menti che abbiano come obiettivo priori-tario il mantenimento di elevati standarddi qualità, innanzitutto dei processi ge-stionali delle imprese, e l’Uni En Iso 9001ha questo specifico intento. Occorre chie-dersi pertanto se vi sono i margini per darenuovi contenuti e nuove funzioni all’Uni EnIso 9001, rimanendo pur sempre nel tracciatodelle norme che la regolano e nei limiti im-posti alla relazione che intercorre tra im-presa, organismi di certificazione e,eventualmente, consulenti esterni che in-tervengono nella fase preparatoria del si-stema di gestione della qualità.

Si tratta, evidentemente, di un pro-blema complesso, poiché le procedureche portano alla certificazione di un SGQsono ben definite e spingono ad unobiettivo chiaro, ovvero la verifica di spe-cifici standard che determinano la cor-rettezza e l’efficacia dei singoli processiaziendali. Ma è altrettanto evidente chequesto processo così altamente meccani-cistico (fondato sulla verifica della pre-senza o dell’assenza di determinatirequisisti) non è più sufficiente a confe-rire appeal alla certificazione Uni En Iso9001, con conseguenze facilmente verifi-cabili, a cominciare da alcune difficoltàdi mercato.

Eppure, vale la pena di ribadire che lacompetitività del sistema Italia dipende so-prattutto dalla capacità del sistema pro-duttivo di generare servizi e prodotti diqualità elevata, operando, dunque, se-condo una logica improntata all’efficienza

Fig. 2.1 - Fattori determinanti la fase di maturità del ciclo di vita della certificazioneUni En Iso 9001 ed effetti correlati

Fase di maturità del ciclo di vita dell'Uni En Iso 9001

Ridimensionamento fatturato derivante da

certificazioni Uni En Iso 9001 Riduzione del numero di

certificati Uni En Iso 9001 in essere e di aziende

certificate

Minore valore strategico attribuito dalle imprese

all'Uni En Iso 9001

Ridefinizione di alcuni aspetti della certificazione Uni En Iso 9001 relativi a:

Audit Rapporti con il sistema

della Pubblica Amministrazione

Rapporti con il sistema bancario

Fonte: Censis-Accredia, 2013

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dei processi, delle modalità di lavoro e del-l’azienda nel suo complesso. Questa pro-spettiva sembra valere ancor piùnell’attuale fase di recessione che il Paesesta da tempo registrando. Continuare adinvestire in qualità appare, infatti, comeuna strategia imprescindibile ed averestrumenti, come l’SGQ, che consentano ditenere sotto controllo le leve che contri-buiscono a fare di un’impresa una strut-tura di qualità diventa essenziale.

Come si avrà modo di verificare piùavanti, l’opinione di un numero cospicuodi organismi di certificazione si concentrasu due parole-chiave: maturità del ciclo divita della certificazione Uni En Iso 9001 eridefinizione di alcune delle sue caratteri-stiche essenziali. Dal punto di vista con-cettuale il quadro potrebbe essere definitocome illustrato (fig. 2.1).

La flessione del fatturato derivante daquesto tipo di certificazione, così come delnumero dei certificati in essere, sono giàelementi sufficienti a descrivere una fasedi maturità di questo tipo di certificazioneed a suggerire la necessità di politiche dirivitalizzazione.

Il 70% degli OdC interpellati riconosceche, per taluni aspetti, l’Uni En Iso 9001 sirivela obsoleta rispetto ai mutamenti inatto ed alle modalità operative di molteimprese, ciò non di meno gli operatori ve-dono possibilità di rivitalizzazione del-l’Uni En Iso 9001. In particolare, moltiOdC riconoscono che le modalità di in-terlocuzione con le imprese, in sede di ve-rifica, dovrebbero e potrebbero cambiare,in una logica di maggiore sinergia con iltessuto produttivo e di sostegno all’im-plementazione di modelli gestionali effi-cienti. Ciò non significa che l’audit e lamission dell’OdC dovrebbero essere sna-turati rispetto a quanto stabilito dalla nor-mativa in materia, ma che lariformulazione di alcune norme dovrebbe

essere presa in considerazione. Così, dun-que, migliorare le competenze degli audi-tor o legare l’Uni En Iso 9001 algodimento di specifiche semplificazioniamministrativo-burocratiche o a più favo-revoli valutazioni del mercato del creditoda parte delle banche rappresenterebbe,probabilmente, un plus non indifferenteper le aziende ed un arricchimento di con-tenuti di cui oggettivamente l’Uni En Iso9001 oggi manca. Ridefinizione delle po-litiche di mercato e delle caratteristicheintrinseche dell’Uni En Iso 9001 diven-gono priorità che molti OdC ritengononecessarie e su cui il settore della certifi-cazione, con i suoi molti attori, dovrebbedunque iniziare a riflettere, aprendo undibattito innanzi tutto presso gli appositigruppi di lavoro che a livello internazio-nale sono periodicamente chiamati a re-visionare la normativa sulla certificazione.

2.2. La ridefinizione degli equilibri di mercato

L’andamento del fatturato derivantedalle attività di certificazione e le valuta-zioni che gli OdC danno sia del proprioposizionamento che delle strategie com-merciali messe in campo definiscono unquadro dal duplice aspetto, con informa-zioni interessanti che consentono di ri-flettere sulle prospettive future del settore.Da un lato, il mercato delle certificazionidei sistemi di gestione della qualità ha re-gistrato negli ultimi anni una crescitapiuttosto contenuta, anche con momentidi flessione (come ad esempio nel 2011 enel 2013), non eclatante ma sufficiente arivelare la persistenza di una fase di ma-turità del ciclo di vita e la conseguente ne-cessità di specifiche strategie di interventoin grado di ridefinire l’essenza stessa dellacertificazione, di rendere il certificato unostrumento più rispondente alle necessitàdelle imprese che vi ricorrono, di ridefi-nire le modalità di interlocuzione tra ilsingolo OdC e l’impresa cliente.

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In particolare, se nel 2010 il fatturato degliOdC derivante da certificazioni Uni En Iso9001 (sotto accreditamento Accredia) era dipoco superiore a 135 milioni di euro, per il2013 si stima un giro d’affari di poco superiorea 133 milioni di euro ed una flessione paralleladel numero dei certificati in essere, dagli oltre92.000 del 2010 a poco più di 87.000 attuali.

È interessante rilevare e sottolineareche questo trend riguarda solo le certifica-zioni del sistema di gestione della qualità,mentre i ricavi complessivi del settoresono in considerevole aumento (+21% trail 2010 ed il 2012 per il totale delle certifi-cazioni rilasciate sotto accreditamento Ac-credia).

Dall’altro lato, occorre dire che, alle dif-ficoltà congiunturali, un numero cospicuodi operatori sembra reagire con politicheproattive, cercando nuovi sentieri di pre-sidio del mercato, nonostante le comples-sità del momento. Solo una parteminoritaria – sebbene da non sottovalu-tare – degli OdC analizzati sembra, invece,“giocare di rimessa” o appare spiazzata dai

rapidi mutamenti in atto e da un mercatoa tratti asfittico.

L’impressione, pertanto, è che nono-stante le difficoltà determinate dalla fasecongiunturale negativa, dal ridimensiona-mento del mercato della certificazione edalla mancata crescita della sua compo-nente maggioritaria (in termini di numerodi certificati in essere e di volumi di fattu-rato generati), ovvero dall’Uni En Iso9001, il settore sia sottoposto ad una posi-tiva ridefinizione degli equilibri interni, aspinte in avanti, a politiche proattive, allapropensione al miglioramento delle com-petenze che generalmente promana so-prattutto dai leader del settore.

Che la domanda di certificati per il si-stema di gestione della qualità sia attual-mente sottoposta ad una fase quantomeno “riflessiva” emerge con chiarezzadalle indicazioni ottenute dagli Odc. Perciò che riguarda il 2013 (fig. 2.2), solo il18% degli operatori contattati nell’inda-gine ha previsto un incremento del fattu-rato, mentre per ben il 42% si stima una

Fig. 2.2 - Andamento del fatturato degli organismi di certificazione nel 2013 rispetto al 2012 relativo alle certificazioni Uni En Iso 9001 (risposte in %)

In aumento 18%

Stabile 40%

In diminuzione 42%

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

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riduzione e per il restante 40% un livellostabile. Le difficoltà peraltro, sembrano ac-centuarsi rispetto a quanto rilevato nel2012, quando la quota di organismi chesegnalavano una flessione del fatturatoerano il 37% e quelli che ne registravanoun incremento erano il 23%.

Il dato del fatturato legato alla sola cer-tificazione Uni En Iso 9001 corrisponde al-l’andamento delle relative giornate-uomodi verifica, in flessione nel 2013 per quasiil 40% degli intervistati e aumentate, in-vece, solo per il 18%.

Sebbene solo le certificazioni per l’SGQregistrino un trend di mercato non parti-colarmente vivace, le valutazioni degli or-ganismi di certificazione sulla fasecongiunturale complessiva restano im-prontate alla prudenza, con non pochicasi di difficoltà. Solo un terzo degli inter-vistati (si tratta delle poche strutture dimaggiori dimensioni) ha segnalato di tro-varsi in una fase di apprezzabile espan-sione caratterizzata da incremento delfatturato e/o del numero dei clienti nel

corso dell’ultimo anno (fig. 2.3). Si col-loca, invece, in una fase di crescita moltocontenuta il 22% delle strutture contat-tate, mentre per il 27% la fase di mercato èdefinita come piatta, nel senso che non siperdono posizioni, ma non si cresce, e peril restante 18% il mercato si è rivelato, nel2013, in contrazione. Se si sommano leprime due quote del campione, il 55%degli OdC segnala fenomeni di crescita(seppure con sfumature molto diverse), ilche significa che la maggioranza del set-tore esprime una positiva spinta in avantied una rilevante capacità di contrasto allacrisi. Resta pur sempre vero, però, che laquota di chi attualmente affronta un mer-cato sostanzialmente stagnate è consi-stente, pari al 45%, un fenomeno chedovrebbe non essere sottovalutato.

Nel complesso, tuttavia, gli elementipositivi appaiono in sovrannumero ri-spetto alle criticità. In particolare, la capa-cità di presidio del mercato, anche attraversointeressanti percorsi di fidelizzazione dellaclientela, appare ancora forte e diffusa tragli OdC.

Fig. 2.3 - Fase di mercato segnalata dagli organismi di certificazione (risposte in %)

Fase espansiva 33%

Fase di assestamento, crescita molto

moderata 22%

Fase piatta 27%

Fase di contrazione del mercato

18%

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

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Solo l’11% ha perso negli ultimi dueanni alcuni key client senza riacquisirnealtri (fig. 2.4), mentre il 45% li ha persi, tut-tavia sostituendoli con altri, ed il 44% hamantenuto le proprie posizioni. Dietro al-cuni di questi fenomeni vi è sicuramentel’intensificazione di un passaggio diaziende da un OdC ad un altro che, quasisempre, offre prezzi più contenuti. Sebbenesi stiano accentuando tali forme di con-correnza focalizzate su un ribasso delle ta-riffe (con effetti non sempre positivi), nelcomplesso emerge un’interessante capacità“rigenerativa” del settore ed una spinta al-l’adattamento a condizioni di mercato nonparticolarmente favorevoli, spinta che, ve-rosimilmente, consentirà al settore di resi-stere meglio agli effetti della crisi.

In effetti, questa spinta vitale, impron-tata alla proattività, emerge anche dal-l’esplicitazione della strategia di mercatoadottata dalle strutture prese in considera-zione nell’indagine. Solo una minoranza,pur non irrilevante, pari al 24%, indica diporsi in una condizione di difesa dai com-

petitori ed il 4% segnala di non avere al mo-mento una precisa strategia di mercato. Laparte restante del campione esprime, invece,un approccio al mercato più dinamico, inalcuni casi improntato alla diversificazionedei servizi offerti, in altri improntato ad unalogica di crescente fidelizzazione dei clientie, in altri ancora, a strategie di pricing e diun’offerta “aggressiva” per cercare di allar-gare il raggio azione (fig. 2.5).

Ciò che i dati sulle performance del-l’ultimo anno e sugli orientamenti di mer-cato mettono in evidenza con relativachiarezza è, dunque, una sorta di dualismoche si sta profilando nel settore:

! da un lato, l’Uni En Iso 9001 conti-nua ad essere la forma di certifica-zione più diffusa, più richiesta dalleimprese e quella che contribuisce, dasola, a generare la quota maggiore difatturato (circa il 45% del totale), manel contempo i livelli di crescita e pe-netrazione di tale strumento appa-iono più ridotti rispetto al passato;

Fig. 2.4 - Turnover dei key client degli organismi di certificazione negli ultimi due anni(risposte in %)

OdC che hanno perso alcuni key client senza acquisirne altri

11%

OdC che hanno perso uno o più key client, ma ne hanno

acquisiti di nuovi 45%

OdC che hanno mantenuto tutti i key

client nell'ultimo biennio

44%

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

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! dall’altro lato, sta progressivamenteaumentando la domanda di altre ti-pologie di certificazione, in partico-lare quella relativa alla qualità deiprodotti/servizi. Nessuna di tali cer-tificazioni tuttavia presenta la stessamassa critica dell’Uni En Iso 9001 enon si profila, così, per il momentoun possibile effetto di sostituzionedi consistenti proporzioni.

Questa dinamica non può essere sot-tovalutata nel momento in cui si inten-dano elaborare valutazioni sulleprospettive del settore e, ancor più, sulruolo che l’Uni En Iso 9001 può e do-vrebbe avere come strumento di politicaindustriale per la crescita in qualità del si-stema produttivo. Se, infatti, si è convintiche questo tipo di certificazione possacontribuire a rafforzare e preservare unadelle leve strategiche del sistema d’im-presa (la leva della qualità), allora occorreaffrontare l’aspetto più evidente cheemerge già soltanto analizzando le perfor-mance di mercato degli OdC, ovvero la

minore presa che l’Uni En Iso 9001 ha re-gistrato negli ultimi anni.

Tornare a crescere anche attraverso lacertificazione del sistema di gestione dellaqualità è oggi determinante, ma per rivi-talizzare tale strumento occorre esplici-tarne i limiti, identificare specificheinnovazioni da applicare a questo tipo dicertificazione e, non ultimo, avere la vo-lontà di rendere fattibili le proposte di in-novazione nel rispetto delle norme.

2.3. Valutazione del potenziale strategico

Che la certificazione del sistema di ge-stione della qualità necessiti, almeno sulmercato italiano, di una ridefinizione dialcuni aspetti, emerge con chiarezza dalleopinioni espresse dagli OdC. In partico-lare, ben il 70% degli intervistati ritieneche l’Uni En Iso 9001 debba essere, percosì dire, riformata in alcuni aspetti ope-rativi per renderla più rispondente alleesigenze delle imprese.

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

Fig. 2.5 - Strategie di mercato degli organismi di certificazione (risposte in %)

Strategia espansiva, finalizzata al rapido

allargamento del proprio mercato di

riferimento 18%

Strategia di difesa dai competitori

24% Strategia di

fidelizzazione offrendo ai clienti una gamma

ampia di servizi 24%

Strategia di diversificazione,

finalizzata ad estendere gli ambiti per i quali l’OdC è

accreditato 30%

Al momento non abbiamo una specifica

strategia di mercato 4%

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Molto meno ottimismo, invece, tra-spare dal 20% del campione che ritienequesta forma di certificazione ad alto ri-schio di obsolescenza, senza grandi possi-bilità di rivitalizzazioni, per cui destinataad essere progressivamente sostituita da

altre tipologie di certificazione capaci diagire su aspetti diversi dalla qualità ed ef-ficienza dei processi gestionali. Solo il10% del campione è convinto che lo stru-mento vada bene così com’è attualmente(fig. 2.6).

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

Fig. 2.7 - Valore strategico attribuito alla certificazione Uni En Iso 9001 dagli organismi di certificazione (definito sulla base delle % di risposta)

L'Uni En Iso 9001 consente la migliore gestione dei

costi dell'azienda

Attraverso la certificazione le

imprese prendono coscienza dei propri

limiti

L'Uni En Iso 9001 migliora i rapporti dell'azienda con i propri fornitori e

clienti

L'Uni En Iso 9001 favorisce processi di cross

selling nel campo delle certificazioni Va

lore

stra

tegi

co a

ttrib

uito

alla

funz

ione

Funzione strategica della certificazione Uni En Iso 9001

+++

++

+

Fig. 2.6 - Opinione degli organismi di certificazione sull'efficacia della certificazione Uni En Iso 9001 (risposte in %)

L’Uni En Iso 9001 risponde poco alle

attuali esigenze delle imprese ed è

probabile un declino della sua richiesta

20%

L’Uni En Iso 9001 è un prodotto/servizio

maturo, ma può essere rivitalizzato

con opportuni interventi

70%

L’Uni En Iso 9001 è un tipo di

certificazione che va bene così come è e

risponde alle esigenze di molte

imprese 10%

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

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Pur nelle diverse sfumature di opi-nioni, il campione sembra prevalente-mente orientato ad una visione ancorapositiva di tale strumento, riconferman-done, almeno da un punto di vista teo-rico, il ruolo strategico. Non si puòsottacere, tuttavia, l’opinione molto dif-fusa che la certificazione del SGQ pre-senti limiti evidenti che possono esseredi seguito esplicitati.

Una quota molto ampia degli OdCpresi in considerazione nell’indagine ri-tiene che vi sia una sorta di perdita di con-tenuti e di depotenziamento delle funzioniper cui l’Uni En Iso 9001 è stata, in origine,disegnata. In particolare, è molto diffusatra gli operatori l’idea che l’Uni En Iso9001 abbia ormai limitate capacità diconfigurarsi come strumento (fig. 2.7):

! per il miglioramento delle proce-dure aziendali, consentendo in par-ticolare, la razionalizzazione deicosti e la migliore gestione deglistessi;

! per identificare limiti organizzativie definire soluzioni ad hoc;

! per migliorare la connettività nel si-stema in cui l’impresa è collocata,ovvero le relazioni con i fornitori edi clienti;

! per attivare processi di cross selling,tali per cui un’azienda accede ini-zialmente all’Uni En Iso 9001 inte-ressandosi poi ad altre tipologie dicertificazione.

Come emerge, infatti, dalla figura 2.7, lefunzioni strategiche che l’Uni En Iso 9001può assumere sono state collocate dagliOdC intervistati nel quadrante basso, attri-buendone un valore limitato. Tale valuta-zione nasce, ovviamente, da ciò che gliorganismi constatano presso le aziendeclienti e da come queste ultime percepi-scono la certificazione per il SGQ.

L’indagine scende più nel dettaglio econsente di individuare alcuni aspettiche contribuiscono a questo progressivosvuotamento di significato della certifi-cazione del sistema di gestione della qua-lità. Molti degli OdC ritengono che leaziende clienti percepiscano questo stru-mento come (fig. 2.8):

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

Fig. 2.8 - Forze e debolezze della certificazione Uni En Iso 9001

Forza

Possibilità di accesso a gare del settore pubblico e privato

Debolezza

Appesantimento burocratico

Costo e non un investimento con ritorni

effettivi

Strumento che difficilmente constente

di identificare incongruenze organizzative

Certificazione che contribuisce poco a

migliorare l'immagine dell'azienda

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! un appesantimento burocratico, dicui l’azienda stessa farebbe, ovvia-mente, a meno;

! un costo e non un investimentonell’efficientamento dell’organiz-zazione e delle pratiche gestionali;

! un metodo che raramente permetteall’impresa di identificare i proprilimiti organizzativi e ancor menodi identificare possibili soluzioni;

! una certificazione poco riconosci-bile all’esterno, in grado di raffor-zare l’immagine stessa dell’aziendache ne fa ricorso;

! un requisito formale, utile solo apermettere alle imprese di parteci-pare a gare pubbliche o private.

Occorre poi considerare un ultimoaspetto che afferisce agli stessi OdC, allestrategie messe in campo ed agli attualilivelli di competizione. Gli operatori con-tattati evidenziano, anche in questo caso,

alcune debolezze o meglio alcune mi-nacce ad una corretta evoluzione delmercato. In particolare (fig. 2.9):

! la competizione focalizzata su poli-tiche per attrarre clienti di altriOdC attraverso politiche di prezzo;

! la presenza di operatori che po-trebbero praticare in modo semprepiù intenso strategie di interventoquasi sotto costo, forse a discapitodella qualità del servizio offertospingendo ad un eccessivo ribassodelle tariffe;

! competenze di alcuni OdC non sem-pre all’altezza delle aspettative delmercato e di ciò che l’operare nel“segno della qualità” richiederebbe;

! la concorrenza di soggetti operantiin Italia ma accreditati all’estero.

Le opinioni espresse dagli intervistatisugli equilibri e le criticità interne al set-tore vanno, tuttavia, soppesate.

Fig. 2.9 - Minacce alle evoluzioni del mercato della certificazione segnalate dagli organismi di certificazione

Minaccia

Eccessiva competizione focalizzata sul tentativo di fare migrare i clienti da un OdC ad un altro

Politiche di ribasso dei prezzi ed attività sottocosto

Limitate competenze professionali espresse dagli OdC

Concorrenza di OdC operanti in Italia ma accreditati presso enti stranieri

Media

Media

Bassa

Bassa

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

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Occorre, infatti, sottolineare che sol-tanto sui primi due aspetti, legati allemodalità di competizione ed ai livelli diconcorrenza, vi è una diffusa preoccupa-zione. Gli altri aspetti appaiono, vice-versa, come minacce molto più sfumate.

La questione che effettivamente rischiadi indebolire il settore riguarda le politi-che di pricing, oggi spinte al ribasso, prin-cipalmente a causa della crisi. Alcuni OdCda tempo esprimono la convinzione che,soprattutto le strutture più piccole, prati-chino quasi tariffe sottocosto. Il problemanon è di facile soluzione perché non esi-stono tariffe minime e non sono ovvia-mente possibili accordi per praticareprezzi uniformi. Resta soltanto la stradadella reputazione e delle competenze ri-conosciute dal mercato, che ciascun OdCriesce a costruirsi, oltre all’azione di con-trollo sulla corretta applicazione delle ta-riffe da parte di Accredia.

Diversi aspetti critici sono emersi fino aquesto punto. È indubbio che la crisi inatto ha accentuato alcune minacce ed ha

contribuito a ridimensionare negli ultimitre anni la domanda di certificati Uni EnIso 9001. Il ridimensionamento, peraltro,non è eclatante (la flessione del fatturatosegnalata dagli OdC sotto accreditamentoAccredia, tra il 2010 ed il 2013 è intornoall’1,5%), ma è un segnale che non può es-sere sottovalutato. Accanto ai fattori con-giunturali agiscono, poi, fattori cheattengono alle caratteristiche intrinsechedel “prodotto” certificazione Uni En Iso9001. La limitata funzione d’uso o il limi-tato valore strategico percepito dalle im-prese, così come sottolineato ericonosciuto anche dagli OdC, sono statiampiamente discussi in precedenza.

Il quadro che ne deriva, pur complesso,non indica affatto un declino incontra-stabile della principale tra le certificazioni,ma solo la necessità di un ripensamento dialcune logiche, di alcune norme, di alcuneprocedure che la contraddistinguono, e glistakeholder italiani della certificazione po-trebbero farsi portavoce e promotori di talimodifiche nelle sedi internazionali di re-visione degli standard.

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Per ritornare a crescere, l’Uni En Iso9001 avrebbe bisogno di rinnovarsi o diriformarsi in alcuni aspetti essenziali ed èquesto il punto in assoluto più difficile dapraticare, poiché richiederebbe una purprogressiva modifica di alcune norme es-senziali, oltre ad una maggiore unità di in-tenti tra i molti soggetti che a vario titolooperano nel settore della certificazione,unità di intenti oggi difficile da attivare.

2.4. Per un percorso di riposizionamento

Possono essere individuati alcuni spuntiper mitigare gli elementi di debolezza cheattualmente caratterizzano l’offerta di cer-tificazioni Uni En Iso 9001, nella consape-volezza che i margini di manovra sonopiuttosto limitati. Conterebbe, tuttavia inquesto caso, la capacità dell’intero settore equindi delle sue diverse componenti (OdC,consulenti aziendali, Associazioni di cate-goria, Ente di accreditamento) di stabilireun percorso condiviso, ovvero di concor-dare sulle azioni minime che potrebberoquanto meno mitigare le criticità o i cam-biamenti che il settore si trova ad affrontare.

Le linee di intervento delineate dagliorganismi di certificazione contattati nel-l’indagine sono tre:

! operare affinché la certificazione UniEn Iso 9001 possa divenire a tutti glieffetti uno strumento che consentaalle singole imprese di accedere a delle“corsie preferenziali” di trattamentosia in ambito pubblico che privato,che consenta dunque di ottenere deivantaggi che ricompensino lo sforzodi operare nel segno della qualità;

! ridefinire o migliorare per quantopossibile la funzione degli audit,trasformando questo strumento inun momento di interlocuzione traOdC e impresa, più intenso diquanto non accada oggi;

! migliorare una serie di aspetti cheriguardano nel complesso la strut-tura e l’organizzazione del settoredella certificazione.

Per ciò che attiene i primi due aspettisopra indicati, è interessante rilevare che

Fig. 2.10 - Nuove funzioni degli audit e della certificazione Uni En Iso 9001 (% di chi è favorevole all’attivazione di nuove funzioni)

1. Audit come strumento di misurazione dell'efficacia dei processi organizzativi aziendali74%

2. Certificato Uni En Iso 9001 come strumento per un più facile affidamento del credito presso il sistema bancario75%

3. L'Audit non deve verificare solo l'assenza o la presenza di requisiti ma deve verificare eventuali incongruenze aziendali segnalandole all'azienda79%

4. L'Uni En Iso 9001 dovrebbe essere strumento per il godimento automatico della semplificazione amministrativa85%

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

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Fig. 2.11 - Forze e aspetti da migliorare nel settore della certificazione, nell’opinione degli organismi di certificazione (risposte in %)

6,1

21,2

33,3

33,3

44,4

93,9

78,8

66,7

66,7

55,6

Competenza/professionalità dei consulenti a cui ricorronono del imprese per predisporre l'SGQ

Capacità di interlocuzione che gli Odc hanno nei confronti del sistema d'impresa

Professionalità degli OdC

Livello di approfondimento con cui vengono effettuate le verifiche presso le aziende

Ruolo di controllo e di coordinamento svolto da Accredia sugli OdC

Punto di forza Aspetto da migliorare

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

gli OdC analizzati ritengono che unprimo passo importante attraverso cuirafforzare l’appeal della certificazione peril sistema di gestione della qualità ri-guardi per importanza crescente (fig.2.10):

! la possibilità che in sede di verifical’auditor possa attribuire un voto al-l’efficacia e congruenza di ciascunprocesso aziendale, in modo da of-frire all’azienda un’informazione inpiù ed uno strumento che consentauno sguardo a 360 gradi, seppuregenerale, dell’organizzazione e dieventuali inefficienze; è di questoparere il 74% degli intervistati. È questa, tuttavia, l’innovazionepiù difficile da effettuare date lenorme attualmente vigenti;

! un accordo quadro tra il settoredella certificazione ed il sistemabancario affinché la certificazioneSGQ possa essere inserita tra i cri-teri che alzano la valutazione delmerito del credito, favorendo dun-

que l’azienda che ne fa richiesta alsistema bancario, secondo quantoauspica il 75% del campione;

! la possibilità che l’audit non si ri-solva più soltanto nella verificadella presenza o assenza di requisitiformali, ma che possa concludersicon una valutazione complessivaed esplicita sul livello di efficaciadei processi, così come ritiene il79% degli intervistati;

! la possibilità che l’Uni En Iso 9001porti le aziende certificate al godi-mento automatico di una serie diprocedure fortemente semplificate,di competenza delle Amministra-zioni pubbliche; è di questa opi-nione l’85% del campione.

Per ciò che concerne ulteriori aspettiattinenti l’operato di una serie di soggettidiversi che intervengono a vario titolo nelcomparto della certificazione, è interes-sante rilevare che gli OdC ritengono chedebbano essere migliorate (fig. 2.11):

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! le competenze dei consulentiesterni che generalmente accompa-gnano l’impresa nella progetta-zione e predisposizione del sistemadi gestione della qualità;

! la capacità di interlocuzione degliOdC nei confronti delle aziendeclienti, cercando di compenetrarsimeglio e di più nei problemi delcliente;

! le competenze di chi opera all’in-terno degli organismi di certifica-zione;

! il livello di approfondimento concui vengono effettuate le verifiche;

! le attività di controllo e di coordi-namento afferenti all’Ente di accre-ditamento Accredia.

Sul contributo che Accredia potrebbeoffrire per il migliore funzionamento del

settore, le indicazioni ottenute nell’inda-gine sono abbastanza precise, in partico-lare all’Ente di accreditamento sirichiedono soprattutto tre cose (fig.2.12):

! promuovere corsi di formazione ob-bligatori per i certificatori, in mododa garantire un miglioramento con-tinuo del livello professionale;

! adottare criteri più restrittivi per laconcessione degli accreditamenti;

! adottare nuove modalità di con-trollo sugli organismi di certifica-zione.

Le opinioni che emergono su taliaspetti risultano particolarmente inte-ressanti, perché con molta chiarezza lamaggior parte degli OdC riconosce lapersistenza di alcuni problemi, in parti-colare i complicati rapporti con il si-stema dei consulenti esterni, così come

Fig. 2.12 - Gli interventi di Accredia per il miglioramento del settore della certificazionein Italia (risposte in %)

9,1

11,1

19,2

32,3

42,4

60,6

Effettuare controlli più frequenti sugliorganismi di certificazione

Limitarsi a valutare il rispetto formale delle procedure

Applicare in modo più severo le sanzioni nei confronti degli organismi di certificazione

Adottare nuove modalità di controllo per verificare l’operato degli organismi di certificazione (audit in

incognito, audit senza preavviso, post audit review

Adottare criteri più restrittivi per la concessione di nuovi accreditamenti

Favorire il miglioramento qualitativo del comparto mediante corsi di formazione obbligatori per i

certificatori

Fonte: indagine Censis-Accredia, 2013

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la necessità di un miglioramento pro-gressivo delle competenze e del modo diapprocciare il mercato, da parte di tutti.Ma è altrettanto evidente che almeno suquesti aspetti molto può essere fatto conrisorse verosimilmente contenute.

Pur nella sua complessità, la que-stione di come rivitalizzare la certifica-zione Uni En Iso 9001 resta centrale enon è azzardato affermare che una sortadi Action plan potrebbe essere studiato econcordato da tutti coloro che a vario ti-tolo operano nel settore delle certifica-zioni che, vale la pena di ricordare,assume un valore non indifferente, concirca 300 milioni di euro di fatturato (dicui oltre il 40% afferente la sola certifi-cazione degli SGQ).

L’Action plan potrebbe porsi alcuniobiettivi di base, come più volte sottoli-neato in precedenza e come verrà indi-cato in dettaglio nel capitolo successivo:da un arricchimento di contenuti e difunzioni degli audit ad interventi per ilrafforzamento delle competenze a vari li-velli, da quelle dei consulenti esterni aquelle degli auditor. Il miglioramentodelle competenze non è una questione disecondo piano perché sottende moltiaspetti rilevanti e di sostanza. Migliorareil modus operandi significa far sì che gliOdC operino secondo standard più ri-spondenti alle aspettative delle imprese eche la certificazione torni ad essere unostrumento appetibile per il cliente finale,perché rilasciata dopo un procedimentoche crea valore per lo stesso cliente.

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Strategie d

i mercato

OA

Le considerazioni riportate in que-sto capitolo del Rapporto sonotratte da due focus group promossida Accredia, a cui hanno preso

parte i rappresentanti dei principali orga-nismi di certificazione, le organizzazionidi rappresentanza dei consulenti che ac-compagnano le aziende nella definizionedel sistema di gestione della qualità, oltrealle principali associazioni di rappresen-tanza delle imprese. L’obiettivo dei focusgroup, realizzati a giugno ed a luglio 2013,è stato di sondare gli elementi di forza ele criticità che la certificazione Uni En Iso9001 presenta nella pratica effettiva delleimprese e condividere con gli operatoridel mercato possibili piste di lavoro per ilmiglioramento del posizionamento dimercato della certificazione.

3.1. Il contesto di riferimento

Il segmento della certificazione del si-stema di gestione della qualità ha regi-strato negli ultimi anni una progressivaflessione sia in termini di certificati rila-sciati che di fatturato.

A dicembre 2013 i certificati Uni En Iso9001 sotto accreditamento Accredia in es-sere erano 87.380 a fronte degli 88.622 ri-levati a dicembre 2012 e degli oltre 90.000di dicembre 2011. Se si considerano i pe-riodi infra-annuali, ovviamente, si rile-vano incrementi di domanda e successividecrementi, ma nonostante tale variabi-lità l’effetto finale, come detto, è quello diun ridimensionamento di questo seg-mento di mercato, seppure non eclatante.

3. Uni En Iso 9001:posizionamento di mercato e strategie

Fonte: Censis-Accredia

Fig. 3.1 - Fattori di contesto che influiscono sull’evoluzione della domanda di certificazione Uni En Iso 9001

Caratteristiche intrinseche e funzione d'uso

Norme, regolamenti e procedure (standard, verifiche, audit)

Concorrenza tra tipologie diverse di certificazione

Competizione sul fattore prezzo

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Stra

teg

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i m

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toOsservatorio ACCREDIAOA

I fattori che possono spiegare tale fe-nomeno non vanno attribuiti esclusiva-mente all’attuale congiuntura sfavorevole,ma ad altri elementi che afferiscono al va-lore strategico che le imprese attribui-scono all’Uni En Iso 9001 ed alle forzecompetitive che attraversano il settoredella certificazione (fig. 3.1):

In particolare, gli operatori del settoremettono in evidenza:

! la sempre più diffusa percezione, daparte delle aziende, di un processo dicertificazione vissuto come un sem-plice passaggio burocratico e noncome strumento in grado di attivareun efficace sistema per operare se-condo criteri improntati alla qualità;

! norme e procedure legate alla certi-ficazione Uni En Iso 9001 non piùdel tutto corrispondenti alle neces-sità delle singole imprese;

! il rischio che la certificazione perl’SGQ possa essere progressiva-mente “spiazzata” da altre forme dicertificazione (es.: qualità del pro-dotto, sicurezza sui luoghi di lavoro,tutela ambientale), innescando uneffetto di sostituzione anziché pro-ficui processi di cross selling, tali percui un’azienda familiarizza primacon la certificazione Uni En Iso9001 per poi accedere ad ulteriori ti-pologie di certificazione;

! la crescente competizione, tra gli or-ganismi di certificazione, centratasul ribasso delle tariffe, tale da de-terminare alcune distorsioni dellaconcorrenza ed effetti potenzial-mente lesivi per l’intero settore. Inparticolare, operare con tariffe ri-dotte al minimo potrebbe spingeresempre più le imprese a sminuire ilvalore strategico di questo tipo di

certificazione ed a considerarlocome un mero passaggio burocra-tico finalizzato a pagare il menopossibile per ottenere un’attesta-zione che consente di accedere agare di evidenza pubblica.

Ma se l’Uni En Iso 9001 registra i limitiai quali si è appena fatto riferimento, laqualità resta per molte imprese una levastrategica a cui si guarda ancor più nel-l’attuale fase di crisi. Molti indicatori, spe-cie afferenti agli scambi con l’estero,evidenziano come il grado di competiti-vità di molti prodotti italiani risulti parti-colarmente elevato grazie alla qualità chea tali prodotti viene riconosciuta. Ma laqualità totale, adottata nell’organizzazioneaziendale o incorporata nel prodotto, non ne-cessariamente, oggi, coincide con la certifica-zione del relativo sistema di gestione.

In sostanza, sempre più il sistema pro-duttivo identifica la qualità come levastrategica, ma sempre meno le impreseidentificano la certificazione Uni En Iso9001 come strumento per generare qua-lità e valore; il che sottolinea come sianole caratteristiche intrinseche del pro-dotto/servizio Uni En Iso 9001 ad esseremesse in discussione.

Sia le associazioni di consulenti che gliOdC evidenziano alcuni aspetti che aiu-tano a leggere meglio i comportamentidelle imprese ed il loro attuale approccioal SGQ, in particolare:

! una sensibilità piuttosto elevatadelle aziende verso il concetto diqualità e verso la comunicazionedella qualità come leva di marketingma parallelamente investimentisempre più contenuti nella certifi-cazione del SGQ;

! l’orientamento crescente a conside-rare la certificazione Uni En Iso

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Strategie d

i mercato

OA

9001 come un costo più che comeun investimento.

Il mercato si rivela, in sostanza, semprepiù contraddittorio: la qualità resta unostrumento importante per contrastare lacrisi e mantenere elevati livelli di compe-titività, ma la l’Uni En Iso 9001 potrebbenon essere lo strumento più adatto per“generare qualità” o comunque vienesempre più percepita come un passaggioobbligato, un costo superfluo, uno stru-mento con il quale le imprese hannoscarsa dimestichezza o che non interioriz-zano fino in fondo (fig. 3.2), specie neicasi in cui l’azienda risulta di ridotte di-mensioni ed il processo produttivo e ge-stionale è particolarmente flessibile, cioèdifficilmente standardizzabile.

Vi sono infine da considerare due ulte-riori fattori critici contingenti:

! la competizione fondata su un ri-basso delle tariffe praticate da nu-merosi OdC nel campo della

certificazione Uni En Iso 9001, conuna sorta di downgrading del valoreche le imprese attribuiscono al SGQcertificato. L’abbassamento deiprezzi per le verifiche in azienda edil rilascio della certificazione, acausa delle avverse condizioni dimercato, spinge ormai in molti casiad una sorta di appiattimento dell’of-ferta;

! la presenza sul mercato di diversi or-ganismi di certificazione di piccoledimensioni, talvolta, vere proprie“agenzie italiane” di organismiesteri, spinti ad offrire servizi aprezzi contenuti, sovente a disca-pito della loro qualità. Per dareun’idea della parcellizzazione delsettore, sarebbe sufficiente citareche nel settore delle costruzioni Ac-credia ha riconosciuto circa 30 diquesti organismi che rilascianocomplessivamente circa 3.000 certi-ficati (dunque, circa 100 ciascuno,in media).

Fonte: Censis-Accredia

Fig. 3.2 - Elementi di debolezza dell’approccio delle imprese alla certificazione Uni En Iso 9001

Uni En Iso 9001 percepita dalle imprese come passaggio obbligato

Un costo e non un investimento

Strumento poco interiorizzato dalle imprese

Crescente competizione sulle tariffe praticate dagli OdC

Incremento del numero degli OdC e dei livelli di competizione

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Gran parte degli OdC e dei consu-lenti delle imprese sono inoltre convintiche, se ben impostato, un sistema di ge-stione della qualità può essere uno stru-mento finalizzato al rafforzamento dellastruttura organizzativa dell’impresa (fig.3.3), in particolare:

! alla migliore gestione delle risorseaziendali;

! al miglioramento del rapporto confornitori e clienti;

! ad una migliore gestione dei costi.

Anzi in molti casi, soprattutto per leimprese di minori dimensioni, l’ado-zione di una certificazione Uni En Iso9001 può rappresentare l’occasione perprendere coscienza di eventuali limitidell’organizzazione aziendale o delle po-tenzialità di un suo corretto sviluppo. Ilpunto critico, tuttavia, è un altro, cosìcome emerge anche dalla rilevazionecampionaria riportata nel secondo capi-tolo di questo studio. In primo luogo, glioperatori della certificazione mettono inevidenza che la reale efficacia di un SGQ

dovrebbe dipendere da un commitmentforte da parte dei vertici aziendali, o me-glio – per le strutture di piccole dimen-sioni – del capo azienda, un commitmentche spesso è difficile da fare emergere oda attivare.

In secondo luogo, gran parte degliOdC ha la netta percezione che, sulpiano pratico, le aziende clienti attribui-scono un limitato valore alla certificazioneUni En Iso 9001 come strumento di effi-cientamento organizzativo e di razionaliz-zazione. In sostanza, tutti concordanoche, dal punto di vista prettamente teo-rico, la certificazione del SGQ è unostrumento che consente all’impresa dieffettuare un salto di qualità, ma ripor-tato sul piano concreto la questione èdifferente.

La percezione diffusa degli organismidi certificazione che gran parte delle im-prese, nei fatti, dà poco significato allacertificazione Uni En Iso 9001 emergeormai da una molteplicità di rilevazionied è forse il punto di partenza per con-siderare nella giusta luce il mercato, oggied in prospettiva.

Incremento di efficienza nella gestione delle risorse aziendali

Miglioramento del rapporto con fornitori e clienti

Migliore gestione dei costi

Fonte: Censis-Accredia

Fig. 3.3 - Vantaggi derivanti alle imprese dalla certificazione Uni En Iso 9001

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3.2. Lo scenario di mercato

Sulla base di quanto detto, sembra diffi-cile immaginare uno scenario espansivodella certificazione Uni En Iso 9001 e sa-rebbe, viceversa, necessario un ripensa-mento delle strategie complessive,finalizzate a ridurre le probabilità di un de-clino della domanda dovuta ad una sorta diobsolescenza di questo tipo di certificazione.

Da dove ripartire?

Un primo punto potrebbe essere di con-siderare non solo le debolezze attuali maalcuni elementi di forza insiti nel settoredella certificazione, su cui continuare adinvestire. In particolare, vale la pena di ri-badire che:

! per molte imprese la qualità, in sensolato, è un valore ed una leva dellacrescita;

! a prescindere dai fatti contingenti, lacertificazione Uni En Iso 9001 se im-postata secondo lo spirito originariodelle norme che la regolano, consenteuna razionalizzazione dell’organizza-zione aziendale, permette agli im-prenditori, specie nelle strutture dipiccole dimensioni, di prendere co-scienza dei propri limiti, di definireinterventi correttivi e, non ultimo, diattivare processi all’insegna dellamaggiore efficienza;

! sia i consulenti esterni che coadiu-vano le singole imprese a predisporreil sistema di gestione della qualità perle opportune verifiche necessarie alrilascio della certificazione, che glistessi organismi di certificazione pos-sono, pur nei limiti stabiliti dallanormativa, coadiuvare l’azienda adapprontare processi interni efficaci,incardinati in un concetto di qualitàin senso ampio.

Sulla base di quanto detto, esistono cer-tamente spazi per strategie di mercato fi-nalizzate a generare nuovamente valoreattraverso la certificazione Uni En Iso 9001ed a rivitalizzare tale strumento.

C’è innanzi tutto la necessità di far per-cepire o di ritornare a far percepire alle im-prese, specie quelle di ridotte dimensioni,la certificazione del SGQ come un valore ecome uno strumento di efficientamentodell’impresa. Parallelamente, occorre al-lentare il clima di diffidenza che una parteconsistente del tessuto produttivo attual-mente nutre nei confronti di tale stru-mento. Infine, occorrerebbe ritarare lepolitiche di offerta praticate dagli OdC nonfocalizzandole esclusivamente – comeormai da tempo accade a causa della crisi –sul fattore prezzo.

Si tratta di orientamenti e strategie cer-tamente più facili da enunciare che da met-tere in campo. In particolare, molto sembraruotare intorno ad un cambio di perce-zione da parte delle imprese. Per questi mo-tivi, il dialogo tra l’impresa ed il soggettocertificatore deve essere più pregnante, piùefficace e meno improntato al formalismo.Potrà essere infatti l’OdC a far capire al-l’azienda la rilevanza di un sistema di ge-stione della qualità certificato ed è difficile,peraltro, che il singolo capo azienda lo per-cepisca autonomamente. Occorre, anche conil concreto impegno delle organizzazioni d’im-presa presenti in Accredia, ritornare a raffor-zare il ruolo fiduciario tra soggetti della filiera,ovvero tra consulenti e OdC da un lato eaziende dall’altro. Operare con prezzi al ri-basso ha prodotto una sorta di dequalifica-zione della certificazione che non hacertamente giovato al settore.

Sarebbe, dunque, opportuno ritornare astrategie più mirate e, ove possibile, adeventuali modifiche alla certificazione UniEn Iso 9001 per renderla più appetibile neiconfronti delle imprese.

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3.3. Forze e debolezze

Nella pratica di mercato, la certifica-zione per gli SGQ rivela alcune debolezzeche rendono piuttosto complesso il qua-dro generale in cui operano gli organismidi certificazione ed i consulenti nella fasepreparatoria alla verifica ispettiva. Nonmancano – come più volte sottolineato inprecedenza – anche le opportunità peruno sviluppo futuro, ma in questo mo-mento gli elementi critici appaiono parti-colarmente evidenti ed andrebberocontrastati.

In via preliminare, prima di passare aduna più ampia analisi SWOT, possono es-sere individuate alcune parole e concetti-chiave che permettono di chiarire cosaaccade nel mercato e di riflettere su possi-bili scenari futuri (fig. 3.4).

I fattori che condizionano sempre piùle evoluzioni del mercato sono:

! la concorrenza tra la certificazioneUni En Iso 9001 ed altre tipologie dicertificazione;

! la diffusa percezione di una marcataburocratizzazione della certifica-zione del SGQ a causa della sua ob-bligatorietà in alcuni contesti;

! la standardizzazione dei modelli digestione della qualità, con una con-seguente rigida applicazione dellenorme in sede di verifica da partedegli OdC;

! la difformità di comportamento degliauditor e dei consulenti d’impresa;

! la permanenza di un potenzialeconflitto di interessi nei rapporti traOdC e consulenti;

! il potenziale conflitto di interessi nel-l’interazione tra l’OdC e la singola

Fig. 3.4 - Elementi di debolezza dell’azione degli organismi e delle attività di certificazione Uni En Iso 9001

Concorrenza tra tipologie di certificazione

Burocratizzazione delle procedure

Standardizzazione delle attività di verifica

Difformità di comportamento degli OdC

Potenziale coflitto di interessi

Fonte: Censis-Accredia

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impresa, nel momento in cui l’ispe-zione e le altre verifiche ed attivitàcondotte dagli OdC rischiano disconfinare in attività di consulenza.

Vale la pena di sottolineare, dunque,che l’Uni En Iso 9001 è sempre più perce-pita come una certificazione avente un ca-rattere “generalista”, per questo menoattrattiva rispetto ad altre certificazionicome quella, ad esempio, sulla conformitàdel prodotto o sulla sicurezza sui luoghi dilavoro, solo per fare qualche esempio. Inverità, si tratta di certificazioni molto dif-ferenti l’una dall’altra, ma ad esempioquella sul prodotto fornisce garanziemolto specifiche (che il prodotto sia quelloatteso, sicuro ed efficace) che, per moltiversi, l’Uni En Iso 9001 non dà, perché sifocalizza sulla molteplicità dei processi cheriguardano un’unità produttiva. L’Uni EnIso 9001 è entrata, così, quasi in concor-renza con altre forme di certificazione ri-schiando, nell’attuale contesto direcessione, di subire una sorta di effetto dispiazzamento. Parallelamente, la rigida ap-

plicazione di procedure di verifica e l’idea,sempre più diffusa, che l’ottenimento delcertificato sia un passaggio burocratico –privo di un forte impegno al migliora-mento organizzativo della singola impresa– per il quale è sufficiente pagare, rischianodi fare percepire questo strumento comepoco efficace, poco attraente e poco utile.

È possibile, tuttavia, una disamina piùapprofondita di elementi positivi e nega-tivi che incidono sul contesto (fig. 3.5).

In particolare, tra gli elementi di forzariconosciuti all’Uni En Iso 9001 figura:

! la capacità di spingere l’impresa, so-prattutto quella di limitate dimen-sioni, a prendere coscienza dellapropria struttura organizzativa, dieventuali criticità e di possibili mi-glioramenti;

! l’essere strumento per l’ottimizza-zione dei processi aziendali dellestrutture che si fanno certificare;

Fig. 3.5 - Forze, debolezze, minacce e opportunità della certificazione Uni En Iso 9001

Forze L'Uni En Iso 9001 ha introdotto il concetto di organizzazione anche nelle imprese piccole

Ottimizzazione dei processi aziendali Leva di marketing

Elemento distintivo dell'azienda Partecipazione a gare con riduzione

dei costi di fidejussione

Debolezze Politica dei prezzi

Possibile abbassamento del livello di competenza degli auditor

Difficoltà di interlocuzione OdC-impresa Confusione tra qualità del sistema

e qualità del prodotto/servizio

Opportunità Miglioramento delle modalità di elaborazione

del rapporto finale di verifica da parte dell'OdC Visibilità della certificazione sul mercato

Azione più mirata dell'OdC sull'efficacia del SGQ anzichè limitata alla verifica di conformità

Verifica e valutazione dell'OdC dell'efficacia del singolo processo aziendale

Minacce Proliferazione di OdC con limitato livello di

professionalità rispetto ai benchmark di settore Accentuata difformità nelle procedure

di verifica tra auditor Bassa uniformità delle attività

di controllo sugli OdC

Fonte: Censis-Accredia

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! l’essere un elemento distintivo perl’azienda e quindi una leva di mar-keting;

! l’essere un mezzo per partecipare agare d’appalto usufruendo di mi-nori costi legati alla sottoscrizionedi garanzie fidejussorie.

Tra le debolezze, gli organismi di certi-ficazione, le imprese ed i consulenti se-gnalano:

! la marcata “frammentazione” (dif-ferenziazione) delle tariffe praticatedagli OdC e, soprattutto, la ten-denza al ribasso delle tariffe conuna forte concorrenza tra gli orga-nismi e qualche “effetto” di distor-sione della concorrenza, talvolta adiscapito della qualità del servizioofferto;

! la diffusione di tecniche di valuta-zione e modalità di verifica diffe-renti tra auditor e tra organismi dicertificazione che inficia l’imma-gine del settore della certifica-zione;

! la possibilità di un abbassamentodella qualità dell’operato degli or-ganismi di certificazione e dei con-sulenti in condizioni di concorrenzaspinta ed in presenza di una do-manda di certificazione in fase di ri-dimensionamento;

! il disallineamento tra le aspettativedelle imprese che intendono farsicertificare e l’operato degli organi-smi di certificazione, talvolta vistierroneamente come strutture diconsulenza;

! la possibile confusione che può in-sorgere, nelle imprese, tra certifica-zione del sistema di gestione della

qualità e certificazione di prodottoo altre tipologie di certificazione,con un effetto finale di delusionedelle aspettative delle imprese.

Sono considerati come opportunità disviluppo aspetti quali:

! il miglioramento delle modalità disvolgimento delle visite di verificada parte degli OdC presso le im-prese ed il miglioramento dei processidi elaborazione dei rapporti finali diverifica, da sviluppare non attra-verso la rigida applicazione di pro-cedure standard, bensì con una piùintensa interlocuzione tra OdC edimpresa;

! strategie finalizzate a comunicaremeglio e più intensamente il valoredella certificazione dei SGQ;

! la possibilità che gli organismi dicertificazione comunichino meglioalle singole imprese, i vantaggi ed ilvalore della certificazione Uni EnIso 9001 piuttosto che limitarsi allaverifica delle conformità degli stan-dard adottati alle singole norme inmateria di qualità;

! l’attivazione di procedure attra-verso cui gli OdC possano valutare,in sede di verifica, l’efficacia, e nonsolo la conformità alle prescrizioni,dei singoli processi aziendali.

Infine, le principali minacce vengonoidentificate:

! nella crescita abbastanza sostenutanegli ultimi anni del numero diOdC, talvolta caratterizzati da stan-dard operativi piuttosto lontani daquelli che sono considerati in Italiai benchmark del mercato della certi-ficazione;

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! nella difformità nel modus operantidegli OdC, alcuni dei quali inclini adeffettuare verifiche ed a rilasciare cer-tificazioni anche a tariffe molto ri-dotte, fenomeno piuttosto diffuso, inparticolare, tra organismi esteri ope-ranti in Italia;

! in un controllo ancora piuttosto li-mitato e non omogeneo sull’operatodegli OdC e sui rapporti che possonointercorrere tra l’OdC ed i consulentia cui ricorrono le aziende nella fasepreparatoria dei sistemi di gestionedella qualità.

Indipendentemente dai trend di mercato– legati ad una domanda più instabile ri-spetto al passato – sembra si possano co-gliere due aspetti essenziali, tra i moltievidenziati, che possono aiutare ad elabo-rare un’analisi prospettica. In particolare:

a) il primo aspetto sembra fare riferi-mento alle caratteristiche intrinseche dellacertificazione Uni En Iso 9001. Aspetticome la realizzazione di un sistema di ge-stione della qualità, o come la standardiz-zazione di procedure interne all’azienda ola verifica periodica del rispetto delle pro-cedure in materia di qualità, possono non

essere correttamente percepite dall’im-presa, specie se di piccole dimensioni. Inmolti casi, sembra diffondersi tra le aziendel’idea che l’Uni En Iso 9001 sia, tutto som-mato, un passaggio obbligato o, peggio an-cora, una necessità burocratica, finalizzataa disporre di un requisito formale che con-sente eventualmente di partecipare a gared’appalto ed a poco altro. Sempre meno,viceversa, sembra prevalere una sorta di“cultura della qualità” nella struttura pro-duttiva che possa passare non solo per unafocalizzazione sulla qualità del prodotto edel processo, ma anche attraverso l’ap-prontamento di un sistema complessivo digestione della qualità, così come fa l’UniEn Iso 9001. Occorre, dunque, prendere co-scienza che per molte imprese italiane laqualità è un valore implicito ed una levaquasi embedded della crescita, ovvero utilema spesso nascosta. In quanto tale, solo inun numero limitato di casi questa certifi-cazione aiuta ad esplicitare il valore delconcetto di qualità ed il valore del sistemadi gestione della qualità. Infine, il fatto chel’Uni En Iso 9001 sia comunque percepitacome un passaggio burocratico, come unformalismo che alla fine perde, agli occhidi molte imprese, di utilità, certamentenon è un incentivo alla crescita della do-manda di questo tipo di certificazione;

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b) il secondo aspetto concerne lastruttura e l’organizzazione che il mer-cato (offerta) della certificazione UniEn Iso 9001 ha oggi assunto. La fram-mentazione dell’offerta, determinataanche e soprattutto dal proliferare diOdC di piccole dimensioni spinti a pra-ticare tariffe molto concorrenziali purdi espandersi, ed il modo di operarenell’espletamento delle verifiche, pocoincline ad un dialogo con l’impresa cheintende farsi certificare, rappresentanoormai degli ostacoli allo sviluppo dellacertificazione del SGQ.

Casi di contiguità tra il consulenteaziendale e l’organismo di certificazionee verifiche effettuate osservando sol-tanto aspetti formali, senza un’analisi amonte delle problematiche aziendali,fanno apparire spesso la certificazionecome uno strumento rigido e poco utile,per il cui ottenimento è sufficiente chel’azienda paghi. Pur riconoscendo che imargini di manovra per migliorare ilcontesto di mercato sono piuttosto li-mitati, occorrerebbe ripensare le moda-

lità di approccio dell’OdC nei confrontidelle imprese, dando il segnale che la ve-rifica non è tanto o solo un atto di con-trollo, ma un intervento costruttivoattraverso cui l’OdC può contribuire almiglioramento dell’efficienza aziendale.

3.4. Proposte per la rimodulazione della certificazione Uni En Iso 9001

Da un punto di vista generale, il ripo-sizionamento ed il rafforzamento dellacertificazione Uni En Iso 9001 come pro-dotto/servizio vendibile sul mercato sem-bra dipendere da due differenti elementi(fig. 3.6).

a) una sorta di riequilibrio e di rialli-neamento dei diversi segmenti di quellache potrebbe essere definita come la fi-liera dell’Uni En Iso 9001, ovvero di unriequilibrio dei rapporti e delle funzionidei consulenti aziendali, degli organismidi certificazione, delle imprese e, non ul-timo, di Accredia;

Fonte: Censis-Accredia

Fig. 3.6 - Proposta di linee di riposizionamento della certificazione Uni En Iso 9001

Riequilibrio dei rapporti e dei ruoli dei soggetti della filiera Uni En Iso 9001

Nuova strategia di comunicazione del valore e del ruolo della certificazione Uni En Iso 9001

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b) la ridefinizione ed il miglioramentodel rapporto e delle modalità di comuni-cazione tra gli organismi di certificazionee le imprese, per il recupero di una visi-bilità dell’Uni En Iso 9001 e per l’affer-mazione del valore implicito che talecertificazione ha come strumento a sup-porto dell’azienda.

Il primo dei due step sopra indicati ècertamente il più complesso anche per-ché è il più articolato. Il riequilibrio ed ilriallineamento dei diversi segmenti diquella che può essere definita la filieradella certificazione del sistema di ge-stione della qualità implica infatti:

! un’opera di ridefinizione dei ruolidei diversi attori, eliminando, inprimis, quelli che da più parti sonoidentificati come conflitti di inte-ressi (rapporti tra consulenti e OdC)e come pratiche di distorsione dellaconcorrenza (tariffe sempre piùcontenute per favorire fenomeni dimigrazione da un OdC ad un altro,verifiche “più veloci e facili” per ri-spondere alla mancanza di tempodell’impresa o per render più appe-tibile il processo di certificazione);

! una riconfigurazione, ove possi-bile, delle modalità di svolgimentodegli audit;

! una riconfigurazione, dove possi-bile, del certificato rilasciato;

! un processo estensivo di rafforza-mento delle competenze di tutti gliattori, in primo luogo, degli auditor.

Alcuni aspetti possono o potrebberoessere definiti come possibili linee di ri-modulazione e di riposizionamento dellacertificazione Uni En Iso 9001.

In particolare:

- L’audit come strumento di verifica esupporto all’azienda – l’audit non do-vrebbe limitarsi, come nella maggiorparte dei casi avviene, ad una verifica econtrollo di alcuni requisiti, ma dovrebbeessere innanzi tutto un’opera di analisidei processi aziendali, per evidenziarne illivello di efficacia. Il passaggio daun’opera di “raccolta di evidenze” e dicontrollo della “presenza o assenza” di al-cuni aspetti dell’organizzazione aziendaleda parte dell’OdC ad una attività di ana-lisi non è affatto scontata o banale. Sa-rebbe opportuno, dunque, sforzarsi diregolamentare con più apertura le proce-dure di audit facendone, in modo espli-cito, uno strumento di “verifica e disupporto” all’azienda. Il termine “sup-porto” deve essere esplicitato e dovrebbeconsistere nella possibilità che l’OdC ve-rifichi e comunichi all’impresa, dopoun’attenta analisi, eventuali incon-gruenze organizzative, possibili migliora-menti apportabili alla struttura aziendalee strumenti utili al rafforzamento dell’ef-ficienza. E d’altra parte, la comunica-zione e l’interlocuzione tra l’OdC e leaziende sugli aspetti menzionati non puòpiù essere sporadica e destrutturata (comeaccade nei casi migliori) ma dovrebbe es-sere esplicitata nella regolamentazione inmateria di verifiche.

- Migliore gestione degli audit – ciò do-vrebbe avvenire attraverso il rafforza-mento delle competenze degli auditor,nonché attraverso il maggiore approfon-dimento ed ampliamento dei contenutiche essi sono chiamati a trattare. La mi-gliore gestione degli audit presupponetuttavia, che – come detto in precedenza– le stesse finalità dell’audit fossero, perquanto possibile, ridefinite ed ampliateprevedendo una azione di supporto affe-rente gli aspetti organizzativi e strategicidell’impresa piuttosto che la sola verificadi alcuni requisiti necessari al rilascio delcertificato Uni En Iso 9001.

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- Misurazione dell’efficacia dei processiorganizzativi e gestionali – attraverso un’in-terpretazione estensiva delle norme cheregolano l’Uni En Iso 9001 sarebbe op-portuno che l’auditor non solo eviden-ziasse eventuali non conformità edeffettuasse una valutazione complessivasulla base dei diversi elementi verificati,ma che ponesse in essere uno step inter-medio effettuando un’analitica valuta-zione di coerenza ed efficacia dei singoliprocessi aziendali. Ne sortirebbe una sortadi check-up approfondito e ragionato, re-lativo all’organizzazione aziendale ed alleprocedure, attraverso cui l’azienda puòevidenziare con maggiore chiarezza ele-menti di forza e strumenti correttivi. Sitratterebbe di una sorta di servizio ag-giuntivo ma coerente con la mission diciascun OdC, un servizio che farebbe delmomento della verifica e della certifica-zione uno strumento più interessante, ap-petibile e utile agli occhi di molteaziende, che oggi considerano la certifi-cazione stessa come una scialba proce-dura burocratica.

- Ampliamento dei processi aziendali dasottoporre a verifica per il rilascio della certi-ficazione Uni En Iso 9001 – sarebbe auspi-cabile che gli stakeholder proponesseronelle sedi competenti una revisione dellanorma che prevedesse la verifica di pro-cessi aziendali importanti, ma attual-mente esclusi, come ad esempio lagestione dei pagamenti, il processo am-ministrativo o l’effettuazione di audit in-terni mirati non solo alla valutazione delsistema di gestione della qualità, maanche alla gestione della conformità legi-slativa dei processi richiamati nello scopodel certificato. Ciò dovrebbe avere comepresupposto, condiviso da tutte le partiinteressate, che la valutazione della con-formità della Uni En Iso 9001 non puòprescindere da una preliminare valuta-zione sui processi, e non solo sulle fun-zioni, dell'azienda. Ovviamente un

approccio siffatto dovrebbe essere recepitoanche nella fase di accreditamento.

- Legare la certificazione Uni En Iso9001 al godimento automatico di forme disemplificazione amministrativa e di beneficifiscali – la disponibilità di un SGQ certifi-cato dovrebbe essere, in modo esplicito,titolo di godimento di una sostanzialesemplificazione amministrativa, elimi-nando passaggi ridondanti e richieste diautorizzazioni presso la Pubblica Ammi-nistrazione. Ad oggi le imprese certificatenon godono di nessun reale beneficio intal senso. Viceversa, tenendo conto che ilpeso determinato da una molteplicità diadempimenti che ricadono sulle impreseè estremamente consistente in Italia, eche tale peso rappresenta una perdita peril sistema produttivo, legare la disponibi-lità di un certificato Uni En Iso 9001 allasemplificazione amministrativa e, nonmeno importate, ad eventuali benefici fi-scali farebbe della stessa certificazione unvantaggio competitivo rilevante.

- Miglioramento dell’appeal dell’offertadi certificazione Uni En Iso 9001 attraversola proposta di servizi complementari – sa-rebbe auspicabile avviare un programmadi formazione mirata, condiviso a tutti ilivelli (Accredia, organismi di certifica-zione, consulenti e imprese) di volta involta focalizzato su requisiti specificidella norma e sui processi aziendali a cuiessa fa riferimento. Solo a titolo semplifi-cativo, gli organismi di certificazione e glistakeholder ogni anno potrebbero indivi-duare e definire un tema specifico (es.:controllo dei fornitori, riesame della di-rezione, progettazione per obiettivi, for-mazione per il miglioramento dellecompetenze) sul quale promuovere atti-vità di dibattito e di formazione. Tuttociò aiuterebbe ad aumentare la consape-volezza sul tema della qualità da partedegli operatori e a innescare comporta-menti virtuosi.

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- Avvio di un confronto tra il sistemadella certificazione ed il sistema bancario perun accordo specifico sulla certificazione UniEn Iso 9001 – la 9001 potrebbe divenireuno dei criteri di valutazione utilizzabilidal sistema bancario per l’elaborazionedei propri rating finalizzati a definire l’af-fidabilità e il merito del credito diun’azienda cliente. Le informazioni con-tenute nei rapporti di verifica degli OdCpotrebbero rappresentare elementi utili acompletamento delle analisi svolte dallebanche nei confronti delle imprese.

- Maggiore visibilità ed intensificazionedell’attività di controllo da parte di Accredia– uno dei problemi più sentiti dagli OdCè il rispetto delle regole della concorrenza,evitando l’intensificarsi della migrazionedelle imprese da un OdC ad un altro gra-zie ad un continuo ribasso delle tariffe, acui potrebbe non sempre corrispondereun’elevata qualità del servizio offerto. Pre-messo che non è compito di Accredia in-tervenire sul rispetto delle regole dellaconcorrenza e sindacare sulla congruitàdelle tariffe applicate dagli organismi, sipotrebbe prevedere, su base volontaria esu modelli oggettivi, trasparenti e con-cordati con le associazioni dei soggetti ac-creditati, un “rating” degli OdC, con degliindicatori di qualità da rendere pubblici(per esempio, percentuale di ispettori cer-tificati, partecipazione a gruppi di la-voro/tavoli di normazione, investimentinella formazione del personale, organiz-zazione di eventi culturali, ecc.). Ciò alloscopo di favorire una competizione basatasulla migliore competenza, anziché sulprezzo più basso.

- Istituire un tavolo degli stakeholderdella certificazione – sarebbe utile aprireuna nuova fase di confronto tra i soggettiche, in modo diverso, sono coinvolti nellacertificazione. Nello specifico, sarebbe op-portuno promuovere un confronto tra leorganizzazioni imprenditoriali, le associa-

zioni di rappresentanza dei consulenti e lerappresentanze degli organismi di certifi-cazione per individuare soluzioni che aiu-tino a superare le attuali contrapposizioni.Sarebbe altresì auspicabile una partecipa-zione più intensa e consapevole di tutti glistakeholder ai tavoli internazionali Ea, Iaf eIso dove si definiscono le norme e le rela-tive modalità di applicazione e verifica.

Vi è poi un secondo livello di inter-venti che afferisce più alla sfera della co-municazione; si tratta comunque di unaspetto da non sottovalutare. Come piùvolte sottolineato, forte è la percezione,soprattutto da parte degli operatori dellacertificazione, che vi sia il pericolo di unincremento di pratiche non concorren-ziali, di una sorta di scadimento del va-lore della certificazione, di unatteggiamento di crescente distacco o di-sinteresse del sistema delle imprese ri-spetto alla certificazione Uni En Iso 9001e, forse, anche nei confronti di altre cer-tificazioni in materia di qualità. Molteaziende, specie di piccole dimensioni, sicertificano in ambito Uni En Iso 9001solo perché indotte dalle imprese clientie non perché esse percepiscono l’effet-tiva utilità di un sistema di gestione dellaqualità. Si potrebbe, dunque, agire, sudue livelli:

! promuovere un piano di comunica-zione che abbia come obiettivo ilmiglioramento della conoscenza diruoli e regole degli operatori dellacertificazione verso le aziende ed iconsumatori;

! organizzare e convocare gli Stati ge-nerali della qualità, con tutti i sog-getti coinvolti nella certificazione,al fine di concordare e proporre in-terventi di miglioramento e raffor-zamento degli aspetti proceduralie di contenuto afferenti alle certi-ficazioni.

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Nota metodologica

Metodo di calcolo degli indicatori di qualità Censis-Accredia

*Alimentari, bevande e tabacco (CA), industria tessile, abbigliamento, pelli, accessori (CB), mobili(CM31), macchinari e apparecchi nca (CK).

Gli indicatori di qualità Censis-Accredia, riportati nel primo capitolo del Rapporto, fannoriferimento a quattro dimensioni sociali ed economiche:

- qualità del sistema produttivo;- qualità dell’offerta di servizi pubblici;- qualità della vita e del contesto socio-economico;- qualità ambientale.

Ciascun indicatore sintetizza set articolati di variabili statistiche diverse, disponibili conuna disaggregazione di livello regionale. Per consentire la confrontabilità temporale e terri-toriale, è stato necessario limitare il raggio di osservazione al periodo 2009-2012, per il quale,per ciascun ambito trattato, si disponeva di un congruo numero di informazioni.

Per ciascun ambito sono stati effettuati i seguenti step:- standardizzazione degli indicatori al !ne di eliminare disomogeneità legate ai diversi

ordini di grandezza e alle differenti unità di misura;- riduzione delle variabili originarie attraverso l'analisi delle correlazioni che ha

evidenziato gli indicatori fortemente correlati; i casi individuati sono stati sintetizzati – attraverso medie semplici – in variabili uniche;

- una volta ridotto il numero delle dimensioni da considerare è stata applicata la media semplice;

- trasformazione lineare che ha assegnato valore pari a 100 alla regione più virtuosa e valori proporzionalmente più bassi alle altre.

Di seguito si fornisce il dettaglio delle variabili statistiche utilizzate per ciascuno dei quat-tro indicatori sintetici di qualità Censis-Accredia.

• Tasso di natalità imprenditoriale• Imprese attive per 100 abitanti 2012• Marchi e brevetti per 10.000 abitanti• Imprese in procedura concorsuale per 1.000

imprese registrate• % Unità locali delle imprese con 50 addetti

e più sul totale• Produttività reale del lavoro• Tipologia di connessione: banda larga fissa o

mobile • Utilizzo di internet nelle imprese (val.%)• Spesa intramuros in ricerca e sviluppo in %

del PIL• % imprese attive in hi-tech sul totale

• % imprese attive nel terziario avanzato per 1.000 abitanti

• Aziende certificate (siti produttivi) Uni En Iso 9001:2008 per 1.000 imprese attive

• % saldo bilancia dei pagamenti sul PIL• Assunzioni previste di personale laureato sul

totale assunzioni• Dimensione media delle imprese attive in

hi-tech• Operatori economici all'esportazione per

100 imprese attive• % Esportazioni del Made in Italy * sul totale

settore manifatturiero• % Esportazioni del settore manifatturiero sul PIL

Variabili statistiche utilizzate per il calcolo dell'indicatore sintetico di qualità del sistema produttivo

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• Difficoltà di collegamento (problema molto o abbastanza presente) per 100 famiglie della stessa zona

• Irregolarità nell'erogazione dell'acqua (problema molto o abbastanza presente) per 100 famiglie della stessa zona

• Bambini tra 0 e 3 anni che hanno usufruito dei servizi per l'infanzia (asilo nido, micronidi, o servizi integrativi e innovativi) di cui il 70% in asili nido, sul totale della popolazione 0-3 anni

• % Anziani trattati in assistenza domiciliare integrata (ADI) rispetto al totale della popolazione anziana (65 anni e oltre)

• Bambini dell'asilo e della scuola materna, studenti che si recano a scuola o all'università utilizzando un mezzo di trasporto collettivo (per 100 bambini e studenti della stessa zona che escono di casa per andare a scuola o all'università)

• Persone di 15 anni e più occupate che si recano al lavoro utilizzando un mezzo di trasporto collettivo (per 100 occupati della stessa zona che escono di casa per andare al lavoro)

• Numero di passeggeri trasportati dal Trasporto Pubblico Locale nei comuni capoluogo di provincia (val. per abitante)

• Famiglie che dichiarano difficoltà a raggiungere una farmacia (per 100 famiglie)

• Famiglie che dichiarano difficoltà a raggiungere un pronto soccorso (per 100 famiglie)

• Famiglie che dichiarano difficoltà a raggiungere un ufficio postale (per 100 famiglie)

• Famiglie che dichiarano difficoltà a raggiungere una stazione di polizia o di carabinieri (per 100 famiglie)

• Medici per 100.000 abitanti

Variabili statistiche utilizzate per il calcolo dell'indicatore sintetico di qualità dell'offerta di servizi pubblici

• Indice di povertà regionale (famiglie): popolazione che vive in famiglie al di sotto della soglia di povertà (%)

• % Famiglie per giudizio positivo sulle risorse economiche complessive negli ultimi 12 mesi(ottime + adeguate)

• Spesa per consumi finali delle famiglie pro capite (! correnti)

• Depositi pro capite (! correnti)• Tasso di occupazione 15-64 anni• Tasso di disoccupazione• Tasso di partecipazione all'istruzione secondaria

superiore (studenti iscritti nelle scuole secondarie superiori su popolazione nella classe d'età di 14-18 anni - al 1° gennaio in %)

• Giovani che abbandonano prematuramente gli studi (% popolazione 18-24 anni con al più la licenza media e che non frequenta altri corsi scolastici o svolge attività formative superiori ai 2 anni)

• Laureati nella popolazione di 15 anni ed oltre• Grado di diffusione di Internet nelle famiglie (% di

coloro che dichiarano di possedere l'accesso a Internet sul totale delle famiglie)

• Persone di 6 anni e più che hanno letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

• Persone di 6 anni e più che hanno fruito di alcuni spettacoli o intrattenimenti fuori casa negli ultimi 12 mesi - Cinema (%)

• Persone di 6 anni e più che hanno fruito di alcuni spettacoli o intrattenimenti fuori casa negli ultimi 12 mesi - Musei e Mostre (%)

• Spesa media mensile familiare per tempo libero, cultura e giochi

• Partecipazione sociale (% persone di 14 anni e più che hanno svolto volontariato sul totale della popolazione di 14 anni e più)

• Criminalità diffusa per 1.000 abitanti

Variabili statistiche utilizzate per il calcolo dell'indicatore sintetico di qualità della vita e del contesto socio-economico

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taOsservatorio ACCREDIAOA

• Mw di potenza efficiente lorda delle fonti rinnovabili su Mw di potenza efficiente lorda totale (%)

• Produzione lorda di energia elettrica da fonti rinnovabili sui consumi interni lordi di energia elettrica (%)

• Disponibilità di verde urbano nei i comuni capoluogo di provincia (mq per abitante)

• Famiglie che dichiarano molto o abbastanza presente l'inquinamento dell'aria nella zona in cui abitano (per 100 famiglie)

• Famiglie che dichiarano molto o abbastanza presente la sporcizia nelle strade nella zona in cui abitano (per 100 famiglie)

• Famiglie che dichiarano molto o abbastanza presente il rumore nella zona in cui abitano (per 100 famiglie)

• Rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani (%)

• Dotazione di centraline di monitoraggio dell'aria (numero per 100.000 abitanti)

• % Popolazione residente nei comuni capoluogo connessa a impianti di depurazione delle acque reflue urbane

• Spesa pro capite per l'ambiente (!)(corrente ed in conto capitale)

Variabili statistiche utilizzate per il calcolo dell'indicatore sintetico di qualità dell'ambiente

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www.accredia.it

Stampato in Italia nel mese di febbraio 2014

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