Osse rvatorio paolino...2020/04/08  · Jacob Taubes una raccolta di saggi, Messianesimo e cultura....

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Eco dei Barnabiti 1/2020 29 strumentali del pensiero paolino. Ogni autore infatti tenta di portarlo dalla sua parte, e, in certo senso, di stravol- gerne le affermazioni. Tuttavia questo incessante dialogo, seppure limitato ad alcuni pensatori (tanti altri nel Novecento e ancor oggi continuano a confrontarsi con Paolo, basti pensare a K. Barth, E. Bloch, H. Jonas, K. Ja- spers, J. Maritain), dà testimonianza dell’attualità dell’apostolo e della enor- me vitalità delle sue parole e della sua sconvolgente visione di Dio e dell’uomo. Nell’Introduzione, Tosolini richia- ma le parole di Paolo ai Filippesi (Fil 1, 15.18): Alcuni, è vero, predicano Cri- sto anche per invidia e spirito di con- tesa, ma altri con buoni sentimenti… Ma questo che importa? Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sin- cerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a ralle- grarmene. Alla fine dell’Ottocento, Nietzsche aveva identificato in Paolo il nemico mortale dell’uomo; colui che con la predicazione della resurrezione di Cristo aveva “spostato” il centro di gravità, dalla vita in questo mondo, alla vita nell’“altro” mondo. La vita in questo mondo, dominata dalla compassione, finisce per persuadere al nulla, urla Nietzsche. Così egli scrive: Non si dice il nulla; si dice in- vece: al di là, oppure Dio; oppure la vita vera; oppure nirvana, redenzio- ne, beatitudine… (L’Anticristo, §7). Paolo, quindi, ha predicato la grande illusione; ha lasciato che dominasse- ro i deboli e i senza carattere; e che la forza e il vigore di questa vita si il- languidisse fino a scomparire. Paolo ha incitato il “no” degli “ultimi uo- mini”, di quelli che sono destinati ad essere inghiottiti presto o tardi dalla loro stessa rassegnazione e apatia. Ha frenato il “sì” alla vita. Con l’“al di là” si uccide la vita (ivi, §68)! Per Nietzsche, Paolo va cancellato, per- ché nemico della vita vera. Paolo è nemico dello stesso Gesù “questo lieto ‘messaggero’ (che) morì come visse, come aveva insegnato – non per ‘redimere gli uomini’, ma per in- dicare come si deve vivere. La prati- ca della vita è ciò che egli ha lasciato in eredità agli uomini” (ivi, §35). Sembra che con Nietzsche siano suonate le campane a morto per que- sto grande apostolo. Ma non è per nulla così! Osserva Tosoli- ni: Si può notare che la condan- na nietszcheana delle parole di Paolo al silenzio o addirittura al ridicolo, è stata clamorosamen- te disattesa da numerosi filosofi, perfino tra coloro che al pensie- ro di Nietzsche si sono diretta- mente o meno ispirati (p. 8). In una pagina estremamente densa, Tosolini presenta il dia- logo di questi filosofi con Pao- lo nel loro punto essenziale. Per Heidegger, è l’impatto esi- stenziale della vita cristiana, il ‘come’ o il ‘modo’ con cui i contenuti della vita cristiana debbono essere attuati. Il rab- bino Jacob Taubes legge Paolo come il fondatore del nuovo popolo di Dio, destinato ad abbattere l’impero dei Cesari di questo mondo. Badiou, par- tendo da una prospettiva mar- xista, vede in Paolo il militante dell’universalismo, in un mon- do dominato dai particolari- smi politici e culturali. Žižek medita su Paolo come colui che frantuma la circolarità del- la legge, che si incarna nella Osservatorio paolino Tiziano Tosolini Paolo e i filosofi INTERPRETAZIONI DEL CRISTIANESIMO DA HEIDEGGER A DERRIDA L’AUTORE E L’OPERA L’autore, da oltre 20 anni missiona- rio saveriano in Giappone, è docente alla Pontificia Università Gregoriana, dirige il Centro studi asiatico di Osa- ka, ed è ricercatore al Nanzan Insti- tute for Religion and Culture di Na- goya. Autore di diversi saggi sul cristia- nesimo e l’oriente, in questo recente volume approfondisce con estrema competenza e spirito critico il rapporto che i più significativi filosofi del Novecento hanno intrattenuto con gli scritti del- l’apostolo Paolo, mettendone in luce gli aspetti più innovati- vi e stimolanti, ma non evitan- do di sottolineare le aporie e le carenze, le unilateralità e le di- storsioni del pensiero paolino. Ancora una volta ci trovia- mo di fronte a una ennesima replica dell’episodio dell’Areò- pago, già narrato in Atti 17, 16-34, quando alcuni epicurei e stoici invitano l’apostolo a esporre pubblicamente le sue convinzioni, salvo poi derider- lo e andarsene, quando egli inizia a parlare della resurre- zione dei morti. In questo libro il discorso non sarà così sbrigativo. In agili ca- pitoli, Tosolini espone, con cu- ra e precisi riferimenti ai testi, il dialogo con Paolo di Heideg- ger, Taubes, Badiou, Agamben, Žižek, Vattimo, Foucault, Der- rida. Ne fa emergere i punti nodali e con altrettanta paca- tezza e serietà espone le in- congruenze e il rischio di usi

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  • Eco dei Barnabiti 1/2020 29

    OSSERVATORIO PAOLINO

    strumentali del pensiero paolino. Ogniautore infatti tenta di portarlo dallasua parte, e, in certo senso, di stravol-gerne le affermazioni. Tuttavia questoincessante dialogo, seppure limitatoad alcuni pensatori (tanti altri nelNovecento e ancor oggi continuanoa confrontarsi con Paolo, basti pensarea K. Barth, E. Bloch, H. Jonas, K. Ja-spers, J. Maritain), dà testimonianzadel l’attualità dell’apostolo e della enor-me vitalità delle sue parole e dellasua sconvolgente visione di Dio edell’uomo.

    Nell’Introduzione, Tosolini richia-ma le parole di Paolo ai Filippesi (Fil 1,15.18): Alcuni, è vero, predicano Cri-sto anche per invidia e spirito di con-tesa, ma altri con buoni sentimenti…Ma questo che importa? Purché inogni maniera, per ipocrisia o per sin-cerità, Cristo venga annunziato, iome ne rallegro e continuerò a ralle-grarmene.

    Alla fine dell’Ottocento, Nietzscheaveva identificato in Paolo il nemicomortale dell’uomo; colui che con lapredicazione della resurrezione diCristo aveva “spostato” il centro digravità, dalla vita in questo mondo,

    alla vita nell’“altro” mondo. La vitain questo mondo, dominata dallacompassione, finisce per persuadereal nulla, urla Nietzsche. Così egliscrive: Non si dice il nulla; si dice in-vece: al di là, oppure Dio; oppure lavita vera; oppure nirvana, redenzio-ne, beatitudine… (L’Anticristo, §7).Paolo, quindi, ha predicato la grandeillusione; ha lasciato che dominasse-ro i deboli e i senza carattere; e chela forza e il vigore di questa vita si il-languidisse fino a scomparire. Paoloha incitato il “no” degli “ultimi uo-mini”, di quelli che sono destinati adessere inghiottiti presto o tardi dallaloro stessa rassegnazione e apatia.Ha frenato il “sì” alla vita. Con l’“aldi là” si uccide la vita (ivi, §68)! PerNietzsche, Paolo va cancellato, per-ché nemico della vita vera. Paolo ènemico dello stesso Gesù “questolieto ‘messaggero’ (che) morì comevisse, come aveva insegnato – nonper ‘redimere gli uomini’, ma per in-dicare come si deve vivere. La prati-ca della vita è ciò che egli ha lasciatoin eredità agli uomini” (ivi, §35).

    Sembra che con Nietzsche sianosuonate le campane a morto per que-

    sto grande apostolo. Ma non èper nulla così! Osserva Tosoli-ni: Si può notare che la condan-na nietszcheana delle parole diPaolo al silenzio o addirittura alridicolo, è stata clamorosamen-te disattesa da numerosi filosofi,perfino tra coloro che al pensie-ro di Nietzsche si sono diretta-mente o meno ispirati (p. 8).

    In una pagina estremamentedensa, Tosolini presenta il dia-logo di questi filosofi con Pao-lo nel loro punto essenziale.Per Heidegger, è l’impatto esi-stenziale della vita cristiana, il‘come’ o il ‘modo’ con cui icontenuti della vita cristianadebbono essere attuati. Il rab-bino Jacob Taubes legge Paolocome il fondatore del nuovopopolo di Dio, destinato adabbattere l’impero dei Cesaridi questo mondo. Badiou, par-tendo da una prospettiva mar-xista, vede in Paolo il militantedell’universalismo, in un mon-do dominato dai particolari-smi politici e culturali. Žižekmedita su Paolo come coluiche frantuma la circolarità del-la legge, che si incarna nella

    Osservatorio paolino

    Tiziano TosoliniPaolo e i filosofi

    INTERPRETAZIONI DEL CRISTIANESIMODA HEIDEGGER A DERRIDA

    L’AUTORE E L’OPERA

    L’autore, da oltre 20 anni missiona-rio saveriano in Giappone, è docentealla Pontificia Università Gregoriana,dirige il Centro studi asiatico di Osa-ka, ed è ricercatore al Nanzan Insti-tute for Religion and Culture di Na-goya. Autore di diversi saggi sul cristia-nesimo e l’oriente, in questo recentevolume approfondisce con estremacompetenza e spirito critico ilrapporto che i più significativifilosofi del Novecento hannointrattenuto con gli scritti del-l’apostolo Paolo, mettendonein luce gli aspetti più innovati-vi e stimolanti, ma non evitan-do di sottolineare le aporie e lecarenze, le unilateralità e le di-storsioni del pensiero paolino.

    Ancora una volta ci trovia-mo di fronte a una ennesimareplica dell’episodio dell’Areò-pago, già narrato in Atti 17,16-34, quando alcuni epicureie stoici invitano l’apostolo aesporre pubblicamente le sueconvinzioni, salvo poi derider-lo e andarsene, quando egliinizia a parlare della resurre-zione dei morti.

    In questo libro il discorso nonsarà così sbrigativo. In agili ca-pitoli, Tosolini espone, con cu-ra e precisi riferimenti ai testi,il dialogo con Paolo di Heideg-ger, Taubes, Badiou, Agamben,Žižek, Vattimo, Foucault, Der-rida. Ne fa emergere i puntinodali e con altrettanta paca-tezza e serietà espone le in-congruenze e il rischio di usi

  • società edonistica contemporanea.Agamben indaga la particolare con-giuntura di memoria e speranza, pas-sato e futuro, assenza e presenza, checaratterizza l’“oggi” del tempo mes-sianico. Vattimo scorge nella kénosispaolina il tratto caratteristico dellasocietà postmoderna. Foucault inda-ga il concetto di dire-il-vero, dalla fi-losofia antica fino alle soglie del cri-stianesimo. Derrida dialoga con Paolo

    esplorando le tematiche della circon-cisione e della logica del velo e sot-toponendole al vaglio della sua parti-colare pratica decostruzionista.

    Ovviamente, ci sono dei punti cri-tici in questa interpretazione dellelettere paoline da parte dei filosofi.Tosolini ne enumera due. 1) A nessu-no di questi filosofi (forse a eccezio-ne del rabbino Taubes) interessa ilnucleo fondamentale della teologia

    paolina, cioè il messaggio della re-surrezione. Essi leggono gli scritti diPaolo come fossero dei trattati o deisaggi di filosofia antica (p. 9). 2) Pao-lo viene utilizzato da questi filosofiallo scopo di avvalorare o sostenere leproprie argomentazioni filosofiche,più che a lasciarsi interrogare ed en-trare in dialogo con quanto l’apostolovuole trasmettere (ivi).

    Tuttavia, non bisogna trascurare ilfatto che questa lettura ‘secolare’operata dai filosofi potrebbe aiutarecoloro che si dedicano agli studi teo-logici ed esegetici a (ri)scoprire deisignificati o dei valori che a voltenon sono debitamente presi in con-siderazione proprio perché l’interes-se di questi studiosi è principalmen-te rivolto alle tematiche religiose. Unalettura filosofica dei testi di Paolocontribuisce ad approfondire queirichiami alla libertà, alla verità, allagiustizia, alla pace, all’ospitalità, al-l’equità, all’uguaglianza, alla pietà…(p. 10).Osservare come i filosofi odierni

    leggono Paolo, cogliere le loro intui-zioni e le loro giustificazioni aiuta aosservare da una diversa prospettivale idee dell’apostolo e incoraggia a ri-scoprire la sua profondità spirituale ela sua carica innovativa (ivi).

    UNA STORIA SINGOLARE:IL RABBINO JACOB TAUBES

    E PAOLO

    Presentare un libro di tale natura sipresta al rischio dell’inutilità. L’auto-re è veramente dotato nel coglieresinteticamente il pensiero del filosofoin questione, il nocciolo duro delsuo dialogo con Paolo, il pregio deipunti originali della lettura e i punticontroversi, lasciati in ombra o sullosfondo. Il recensore potrebbe al mas-simo offrire un sunto approssimato diquanto l’autore ha meglio espresso.Perciò, l’invito è quello di leggere illibro con calma e passione, perchéattraverso il pensiero di questi filosofianche Paolo ci parlerà con una tona-lità inattesa.

    Per parte mia, ho scelto di appro-fondire quanto Tosolini svolge nel ca-pitolo dedicato a Taubes (1923, Vien-na-1987, Berlino), intitolato Paolo,fondatore del nuovo popolo di Dio.Taubes e la lettura politica della Let-tera ai Romani (pp. 23-35). La lettura

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    OSSERVATORIO PAOLINO

    Paolo parte da Mileto. Marcello Scozzi (sec. XIX). Roma, Basilica di San Paolofuori le mura

  • dei singoli capitoli, infatti, apre a unacostellazione di riferimenti, per cuila mente spazia e, dai continui ri-mandi, trova nutrimento nuovo e si-gnificati inaspettati nelle parole diPaolo. Paolo lo si trova là ove menoce lo si aspetta. Piano piano si ha lapiacevole sorpresa che in un modo onell’altro il mondo del pensiero è incontinuo dialogo con lui. Taubes saràquindi un paradigma per gli altri au-tori presi in considerazione da Tosoli-ni, ma la cui scoperta verrà lasciataalla curiosità e al gusto del lettore dibuona volontà.

    Il libro di Jacob Taubes, La teologiapolitica di san Paolo (Adelphi, Mila-no, 1997; orig. tedesco, Fink Verlag,München, 1993) era già stato recen-sito in Eco dei Barnabiti (2/2004,pp. 26-7). Ma, nel frattempo, le ope-re di Taubes e la letteratura su Taubeshanno avuto un enorme impulso, so-prattutto per merito di Elettra Stimil-li. Nel 2019 è uscita presso Quodli-bet di Macerata la nuova edizioneaggiornata della traduzione dell’ope-ra prima di Taubes, Escatologia occi-dentale (1a ed. it., Garzanti, Milano1997). Nel 2018 usciva Ai lati oppo-sti delle barricate. Corrispondenza escritti di Jacob Taubes – Carl Schmitt(Adelphi, Milano, 2018). Nel 2017,veniva pubblicata, sempre da Quo-dlibet di Macerata e a cura di E. Sti-milli, la seconda edizione de Il prez-zo del messianesimo (Una revisionecritica delle tesi di Gershom Scho-lem). Nel 2016, le edizioni Glossadi Milano pubblicavano il volumeJacob Taubes – La fenomenologiadialettica, frutto di un Seminario diAlta Ricerca tenutosi presso la Fa-coltà Teologica dell’Italia Settentrio-nale di Milano. Nel 2004, usciva unsaggio su Jacob Taubes della stessaElettra Stimilli: Jacob Taubes. Sovra-nità e tempo messianico (Morcellia-na, Brescia, 2004). Nel 2001, sem-pre a cura di E. Stimilli, l’editoreGarzanti di Milano pubblicava diJacob Taubes una raccolta di saggi,Messianesimo e cultura. Saggi di po-litica teologia e storia. Nel 1996,l’editore Quodlibet di Macerata pub-blicava di Jacob Taubes, sempre acura di E. Stimilli, In divergente ac-cordo. Scritti su Carl Schmitt. Taubesè un autore le cui riflessioni vengo-no sempre più esplorate.

    Tosolini inizia la presentazione dellibro di Taubes su San Paolo (in realtà

    si tratta di un seminario tenuto nel1987 ad Heidelberg da Jacob Taubespoco prima di morire, e pubblicatoin base agli appunti dei partecipantialcuni anni dopo) richiamando unaneddoto che Taubes stesso raccon-

    tava. In uno dei dialoghi avuti con ilfamoso giurista Carl Schmitt, conenorme scandalo dei suoi correligio-nari che gli rimproveravano il fatto diessere andato a parlare col giuristache aveva affiancato i persecutori de-

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    Domenico Beccafumi (1486-1551), San Paolo in trono, 1515, Museo dell’Operadi Siena

  • gli ebrei durante la dittatura hitleria-na, dopo che Taubes gli aveva espo-sto le proprie riflessioni riguardantiRomani 9-11, Schmitt gli aveva sug-gerito: Taubes, prima di morire, rac-conti anche a qualcun altro questecose. Infatti la tesi centrale dell’inter-pretazione che Taubes vuole offriredella lettera ai Romani è che per Pao-lo ne va della fondazione di un nuo-vo popolo di Dio. Dopo duemila an-ni di cristianesimo può sembrareun’affermazione non troppo dram-matica. Ma per l’animo ebraico sitratta del processo più drammaticoche si possa immaginare, dal mo-mento che è fondato sulla convinzio-ne che la orghē theoû, l’ira di Dio,vuole annientare il popolo perché hapeccato, perché si è ribellato (Tau-bes, op. cit., pp. 60-61).

    Sappiamo che per Schmitt, “sovra-no è chi decide nello stato di ecce-zione”.

    Paolo, quindi, per Taubes, avrebbeuna radicale consapevolezza del-l’arrivo di questo “stato d’eccezio-ne” per il popolo ebraico, e questaidea sarebbe da ricercarsi proprioin quella orghē theoû con la qualeDio intende distruggere il suo po-polo. Di fronte a questo pericoloesistenziale, nella Lettera ai Roma-ni Paolo annuncia la decisione so-vrana di Dio di fondare e legittima-re un nuovo popolo che includa insé sia i Gentili che gli Ebrei. E ciòche dà inizio a questa nuova aggre-gazione è la paradossale fede nelMessia che è stato crocifisso dalnómos. La legge che ha ucciso ilMessia non è identificabile con la

    Torah di Mosè, quanto piuttostocon il sistema legale dell’ImperiumRomanum. Per Taubes, quindi, nonil nómos, ma chi è stato crocifissodal nómos, è l’imperatore. Ecco,perché, secondo il filosofo, la for-mula paolina “Voi non siete piùsotto la legge, ma sotto la grazia”(Rom 6, 14) rappresenta di fatto,una “teologia politica in quanto di-chiarazione di guerra politica neiconfronti dei Cesari” (Taubes, op.cit., p. 55).

    Taubes paragona l’annuncio pao-lino della volontà di Dio di costi-tuire un nuovo popolo mediante lafede nel Messia con la consegnaagli israeliti delle tavole della leggesul Sinai da parte di Mosè. Que-st’affermazione di Taubes su Paoloquale nuovo Mosè mi ha sempre

    sconcertato e mi sconcerta. (VediTosolini, op. cit., pp. 25-28). Com-menta così Tosolini: “L’ira di Diosuscitata dal rifiuto del Messia vie-ne posta sullo stesso piano dell’iradi Dio scatenata contro il popoloche ha rifiutato la legge e adorato ilvitello d’oro. Ma mentre Mosè rie-sce a indurre Dio a tener fede al-l’alleanza, Paolo diventa profeta deipagani e apre la comunità degliEbrei, il sacro popolo di Dio, aiGentili. Il modo in cui avviene que-sta trasfigurazione è chiaramenteidentificato nel pneûma, cioè inquel principio che permette a Paolodi porsi al di là dei legami etnici,dell’ordine naturale e dei dettamidi una specifica tradizione. Dettoaltrimenti: Paolo spiritualizza ilconcetto di ‘Israele’”.

    LA CONTESA SU PAOLO:JACOB TAUBES

    CONTRO GERSHOM SCHOLEM

    C’è una vicenda personale che haattraversato tutta la vita di Jacob Tau-bes: la sua aspirazione a essere am-messo tra i discepoli di GershomScholem (1897, Berlino-1982, Ge -rusalemme), il grande studioso dellaQabbalah ebraica. Discepolato e ami-cizia che dopo qualche anno si inter-rompono bruscamente, per abuso difiducia. Scholem rimprovererà Tau-bes di aver diffuso notizie che gliaveva confidato in modo riservato.Fino alla morte, Scholem non vorràavere niente più a che fare con Tau-bes, nonostante i reiterati tentativi diquest’ultimo di riallacciare i rapporti,almeno sotto il profilo accademico.Taubes aveva un’intelligenza luciferi-na: capiva a volo punti nodali e con-nessioni, prima ancora che l’interlo-cutore li avesse formulati; era sempredavanti; ma si stancava subito dellesue intuizioni e non ne approfondivascientificamente premesse e conse-guenze. La seconda moglie, Marghe-rita Von Brentano, ha scritto di lui:“L’elemento proprio di Taubes era laparola, non la scrittura; il dialogo ela disputa, non la sistematica; i capo-volgimenti e le contraddizioni, nonla continuità e l’identità assicurata…era sé stesso soprattutto nel dialogovivo”. Scholem, invece, aveva assor-bito il metodo e la disciplina prussia-na, insieme a una coscienza moraletutta d’un pezzo e non incline a com-promessi di sorta. E nello stesso tem-po era prigioniero della sua intelli-genza sottile e critica, che gli impe-diva di schierarsi e di impegnarsipersonalmente per impulsi di cuore.In certo senso, non amava essere in-quadrato. Non potevano esistere duepersonalità più inconciliabili. Per tut-ta la vita Taubes e Scholem furonodivisi sull’interpretazione di tre gran-di temi della vita ebraica: la conce-zione del messianesimo, l’interpreta-zione della filosofia della storia diBenjamin; il ruolo della figura di Paoloall’interno dell’ebraismo. Ed è pro-prio questo il punto che mi sembrainteressante sviluppare.

    Nel saggio Per la comprensionedell’idea messianica nell’ebraismo(G. Scholem, Concetti fondamentalidell’ebraismo, Marietti, 2a ed. 1995,pp. 105-150) afferma drasticamente:

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    confronto fra le figure di San Paolo sulla porta del Filarete e sul ciboriomarmoreo della bottega di Paolo Romano

  • In tutte le sue forme e costruzioni,l’ebraismo si è infatti sempre attenutoa un concetto di redenzione comeevento pubblico che si compie sullascena della storia e nel cuore dellacomunità. Insomma, come eventoche si produce essenzialmente nelmondo del visibile e che al di fuori diquesto suo modo di manifestarsi nelvisibile è impensabile. Al contrario, ilcristianesimo concepisce la redenzio-ne come evento che accade nell’am-bito dello “spirituale” e dell’invisibile:come un accadimento che si producenell’anima, nell’universo del singolo,inducendo una misteriosa trasforma-zione interiore che non necessaria-mente corrisponde a un mutamentoesteriore dell’ordine del mondo(op. cit., p. 107). Sarebbe questo, perScholem, il conflitto fondamentale traebraismo e cristianesimo (ivi).

    Non è questo, per Taubes il puntonodale della differenza tra ebraismoe cristianesimo. Innanzi tutto, perchél’interiorizzazione è all’interno dellaidea messianica, quando essa nonriesce a imporsi al mondo esterno. Ilcristianesimo, dice Taubes, rappre-senta una crisi “tipica” nella storiaebraica ed esprime una tipica “ere-sia” ebraica, il messianesimo antino-mico – la fede che con la venuta delMessia non sia necessario, per la sal-vezza, osservare la Legge, quantopiuttosto credere in lui (J. Taubes, Ilprezzo del messianesimo, Quodlibet2017, p. 24). D’altra parte, aggiungenel saggio Una revisione critica delletesi di Scholem sul messianesimo:Non accade mai che la fantasia mes-sianica e la formazione della realtàstorica stiano agli estremi opposti. Sipensi alle attese millenaristiche dellacomunità puritana del New England.Sbarcati nella baia del Massachusettsper creare una nuova Sion, alla finehanno fondato gli Stati Uniti d’Ameri-ca (ivi, p 55). E che cosa è stato peroltre mille anni il Sacro Romano Im-pero in Europa? Un sogno? una fan-tasia interiorizzata?

    Piuttosto, per Taubes, la differenzaineliminabile tra ebraismo e cristia-nesimo è il ruolo della Legge, dellaTorah. E qui entra in gioco prepoten-temente la figura di Paolo. Il puntocontroverso è la Legge. Tutte le pre-messe della teologia di Paolo sono“ebraiche”, persino “farisaiche”; daesse, tuttavia, egli trae conclusioni ere-tiche: e cioè, dalla premessa ebraica

    verosimilmente legittima che il Mes-sia annuncerebbe la fine della Legge,egli trae la conclusione eretica delcristianesimo, secondo cui il Messia ègià venuto e la Legge è superata: ‘Cri-

    sto infatti è la fine della Legge, chicrede in lui è giusto’ (Rom 10,4). Mail fondamento della religione ebraica,a partire da Ezra, è stata la Torah, laLegge, o meglio l’halachah, la “via”

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    Francesco Nagni (1897-1977), San Paolo (Roma Eur, 1942), scalinata monumentale antistante la basilica dei SS. Pietro e Paolo all’Eur

  • della Legge nella vita dell’uomo. Ri-spetto a questo tutte le speculazioniteologiche sono secondarie (ivi, p. 22).

    Da qui l’ulteriore contestazione del -la tesi scholemiana, che il popoloebraico ha dovuto pagare un caroprezzo all’idea del messianesimo.Scrive Scholem: Alla grandezza del-l’idea messianica corrisponde l’infini-ta impotenza della storia ebraica pertutti i secoli dell’esilio, quando nonera pronta a farsi avanti sul piano del-la storia universale. Per Taubes, inve-ce, storicamente, questo non è vero.Non è l’idea messianica che ci haimposto una vita vissuta nel differi-mento (Scholem). Ogni sforzo per at-tualizzare l’idea messianica è statoun tentativo di fare un salto nella sto-ria, per quanto deviato in senso miti-co. E aggiunge pesantemente: Se lastoria ebraica in esilio è stata una‘vita vissuta nel differimento’, talevita in sospeso è dovuta all’egemoniarabbinica. Ritirarsi dalla storia è, piut-tosto, la posizione assunta dai rabbi-ni, la prospettiva, cioè, di opporsi atutte le correnti messianiche laiche,condannando, inoltre, a priori tutti iliberatori movimenti messianici con ilmarchio di “pseudo-messianici”. Vi-vendo nei ‘quattro cubiti dell’hala-chah’, l’ebraismo rabbinico, per tuttii secoli dell’esilio, ha sviluppato unastraordinaria stabilità delle sue strut-ture. (…) Sotto tutti gli aspetti prati-ci, abbiamo vissuto al di fuori dellastoria. Solo coloro che sono passatidalla parte del messianesimo, religio-so o secolarizzato che fosse, hannodato totalmente se stessi per la cau-sa, bruciandosi nell’accettare il rischiomessianico (ivi, p. 56).

    Taubes conclude le sue riflessionicritiche sulle tesi del messianesimodi Scholem, avanzando una foscaprofezia, ora che l’istanza messiani-ca… ha permesso alla sfrenata fanta-sia apocalittica di prendere il control-lo della realtà politica dello Statod’Israele. Se l’idea messianica, nel-l’ebraismo, non viene interiorizzata,può trasformare il ‘paese della reden-zione’ in una fiammeggiante apoca-lisse. Se si entra nella storia in modoirrevocabile, è un dovere guardarsidall’illusione che la redenzione abbialuogo sulla scena della storia. Poichéogni tentativo di portare la redenzio-ne sul piano della storia senza unatrasfigurazione dell’idea messianica,porta direttamente nell’abisso. Lo sto-

    rico non può far altro che rendereconto dei fatti. Così facendo, però,può sollevare un problema e segnala-re un pericolo nell’attuale situazionespirituale e politica del popolo ebrai-co (ivi, p. 56). Parole che risalgono al1982.

    PAOLO, ZELOTA SPIRITUALE

    Nel 1986, poco prima di morire,quando tuttavia era già ammalato ditumore, Taubes, in un saggio intitola-to: Walter Benjamin – un marcionitamoderno?, ancora una volta in pole-mica con l’interpretazione di Scho-lem a riguardo del suo profondoamico Benjamin (morto suicida inFrancia nel 1940, per sfuggire allacattura nazista), ha occasione di scri-

    vere ancora su Paolo. Paolo, che re-sta sempre un ebreo (mai egli si defi-nirà ‘cristiano’) e che non esita adautodefinirsi zelota spirituale (ivi,p. 69). Scrive Taubes: Non è affattosemplice infrangere pregiudizi che

    dominano da due millenni e che sisono consolidati nel corso di una sto-ria cruenta. Ciò nonostante bisognaosare, per dar spazio a una prospetti-va in cui sia possibile discutere la co-stellazione di Paolo come zelota spiri-tuale. Poiché nella prospettiva di unastoria universale egli – così almenocredo – ha più che diritto a rivendi-care questo titolo. Gli zeloti politici,infatti, opponendosi a Roma, si sonoassunti il rischio militare di una guer-ra messianica universale, e… in bat-taglia avrebbero avuto una chancereale, se non fossero stati piantati inasso dalla diaspora ebraica e se nonfossero stati traditi e calunniati dai fa-risei e dai rabbini… Paolo, invece, sioppone totalmente a Roma “da zelo-ta”, ma con tutt’altri mezzi rispetto aquelli usati dagli zeloti nazionali; eglicioè combatte con mezzi spirituali,con cui alla fine mette in ginocchioRoma. Con Paolo gli zeloti che, nellaloro disperata resistenza a Roma, sisono ritirati nella fortezza di Masada,cadendo tragicamente, sono stati sto-ricamente legittimati e vendicati inanticipo! Il nesso tra la politica radi-calmente “teocratica” degli zeloti ela visione teocratica di Paolo, chesembra avere “soltanto un senso reli-gioso” (ma che non resta priva diconseguenze anche da un punto divista politico), è ancora un capitolooscuro della storia della religioneebraica e di quella cristiana.

    Tali tesi, lo sappiamo, saranno ri-prese e sviluppate nelle lezioni su“La teologia politica di San Paolo”, dicui il bel libro di Tiziano Tosolini dàpreziose indicazioni. Un lavoro discavo andrebbe fatto sui singoli auto-ri che, come si diceva, Tosolini pre-senta con encomiabile sinteticità ebrillantezza. Ma si lascia ai volente-rosi lettori innanzi tutto gustare il li-bro di Tiziano Tosolini; ed eventual-mente, in seguito, navigare per il va-sto mare delle proprie preferenze.

    Giuseppe Cagnetta

    Abbiamo parlato di:

    Tiziano Tosolini. Paolo e i filosofi.Interpretazioni del cristianesimo daHeidegger a Derrida (Marietti 1820,CED Bologna, novembre 2019, pp. 175,€ 16,00).

    Eco dei Barnabiti 1/202034

    OSSERVATORIO PAOLINO

    Paolo con la «cista» dei suoi libri.Affresco (sec. III). Roma, Catacombadi Domitilla