Oscillazioni Torsionali di Stelle Strane UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’AQUILA Facoltà di Scienze...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’AQUILA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Magistrale in FISICA TESI DI LAUREA Oscillazioni Torsionali di Stelle Strane Laureando Relatore interno Francesco TONELLI Dott. Luigi PILO Relatore esterno Dott. Massimo MANNARELLI Anno Accademico 2014-2015

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELL’AQUILA

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e NaturaliCorso di Laurea Magistrale in FISICA

TESI DI LAUREA

Oscillazioni Torsionali di StelleStrane

Laureando Relatore interno

Francesco TONELLI Dott. Luigi PILO

Relatore esterno

Dott. Massimo MANNARELLI

Anno Accademico 2014-2015

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Indice

1 Stelle Compatte 21.1 Caratteristiche Generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 Osservabili ed ulteriori proprietà delle Stelle Compatte . . . . 51.3 Equazione di Tolman-Oppenheimer-Volkoff . . . . . . . . . . 101.4 Stelle di Neutroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

1.4.1 Crosta ionica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131.4.2 Equazioni di stato di una stella di Neutroni . . . . . . 151.4.3 Stelle Ibride . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

1.5 Oscillazioni torsionali di una Stella di Neutroni . . . . . . . . 18

2 Stelle Strane 232.1 Cenni di Cromodinamica Quantistica . . . . . . . . . . . . . . 232.2 Ipotesi della Strange Quark Matter . . . . . . . . . . . . . . . 242.3 Stelle Strane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2.3.1 Costruzione del Modello e discussione dei risultati . . 272.4 Superconduttività di colore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32

2.4.1 Proprietà generali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 322.4.2 Fase di Coulor-Flavour Locking . . . . . . . . . . . . . 332.4.3 Cristalline SuperConductive Phase . . . . . . . . . . . 34

2.5 Possibili segnature della materia a Quark . . . . . . . . . . . 36

3 Oscillazioni Torsionali di una Stella Strana non bare 383.1 Modello Utilizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 383.2 Oscillazioni Torsionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

3.2.1 Toy Model in simmetria planare . . . . . . . . . . . . 443.2.2 Oscillazioni torsionali in simmetria sferica con croste

omogenee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 473.2.3 Crosta ionica non omogenea . . . . . . . . . . . . . . . 52

3.3 Effetti dovuti alla temperatura e al campo magnetico . . . . . 57

4 Conclusioni 59

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Capitolo 1

Stelle Compatte

1.1 Caratteristiche Generali

Durante gran parte della loro vita, le stelle bilanciano la compressione gra-vitazionale attraverso le reazioni di fusione nucleare. Le stelle con massasuperiore ad 8M, dove M è pari ad una massa solare, riescono a fonderegli elementi fino al 56Fe che è l’elemento con maggiore energia di legameper nucleone, (circa 8 MeV/nucleone). Prodotto il ferro, il nucleo, sorrettogravitazionalmente dalla pressione di degenerazione degli elettroni, resta inequilibrio termico. A causa della fusione che avviene negli strati più ester-ni, il nucleo della stella accresce la sua massa. Quando la massa del nucleosupera la massa di Chandrasekhar, circa 1.4M, gli elettroni diventano re-lativistici, la pressione di degenerazione diminuisce e il nucleo va incontroal collasso gravitazionale. Durante il collasso del nucleo viene sprigionataun’enorme quantità di energia che provoca l’espansione violenta degli stratipiù esterni della stella. Quello appena descritto è il meccanismo alla basedell’esplosione di una Supernova. Ciò che resta del nucleo, nel caso in cuiriesca a trovare una condizione di equilibrio, è una Stella Compatta.

Non avendo alcun processo nuleare atto a contrastare la pressione gravi-tazionale, le stelle compatte sono sorrette gravitazionalmente dalla pressionedi degenerazione dei fermioni. Sappiamo che le masse tipiche delle StelleCompatte sono dell’ordine di 1.4M e che i raggi sono in media di circa 10km, quindi la densità media di una Stella Compatta è pari a ρ ' 7 × 1014

g/cm3. Come vedremo in seguito, la densità, all’interno di una Stella Com-patta, è una funzione monotona decrescente del raggio. Di conseguenza, alcentro della stella si possono avere densità da 2 volte maggiore a un ordine digrandezza maggiore rispetto alla densità nucleare, che ricordiamo essere paria ρN ' 2.5 × 1014 g/cm3, pari cioè ad una densità barionica di nB ∼ 0.15nucleoni/fm3. Questa circostanza estrema rende le stelle compatte degli og-getti unici in cui tutte le interazioni fondamentali hanno un ruolo di primariaimportanza.

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1.1 Caratteristiche Generali

Ricordando che il potenziale gravitazionale superficiale è pari a Φ =GM/R (con R raggio della stella), una Stella Compatta ha un potenzialesuperficiale di cinque ordini di grandezza più grande rispetto a stelle di mediagrandezza [2]. Questo implica che per una descrizione accurata delle stellecompatte dobbiamo utilizzare la teoria della relatività generale, dato chea causa di sorgenti così massive e dense la geometria dello spazio tempo èsostanzialmente cambiata rispetto allo spazio piatto. Il punto di partenzadel nostro studio è la nota equazione di Einstein:

Gµν = 8πTµν , (1.1)

dove Gµν è il tensore di Einstein e Tµν è il tensore energia impulso. Peruna trattazione completa della forma del tensore di Einstein si rimanda a[8, 9, 10]. Il tensore Tµν contiene l’equazione di stato (EoS) che descrivela materia all’interno di una stella [4]. In generale dobbiamo risolvere si-multaneamente l’equazione di Einstein e la Lagrangiana totale del sistema,ovvero, considerare che la materia si muove all’interno di uno spazio tempocurvo. La geometria dello spazio tempo, però, dipende dall’ equazione diEinstein che è accoppiata, a sua volta, con la densità di energia dei campidi materia [4]. Fortunatamente possiamo dividere i due problemi dato chela gravità, alle densità presenti nelle stelle compatte, ha un effetto soltantosu scala macroscopica[4]. Il problema fondamentale è definire con certezzal’EoS della materia stellare.

Le EoS per densità minori di ρN sono state calcolate con accuratezzasufficiente a costruire un modello stellare attraverso dati sperimentali suinuclei, dati sullo scattering tra nucleoni e attraverso teorie di sistemi Cou-lombiani fortemente accoppiati [3]. Nonostante non siamo in possesso diesperimenti che possano confermarne la veridicità, le proprietà della materiafino a ρ ' 2ρN sono state calcolate attraverso le teorie a multicorpi. Diconseguenza, il vero punto interrogativo sul comportamento della materiasi ha a densità maggiori di un ordine di grandezza della densità nucleare.Questo perché le uniche informazioni che abbiamo sulla materia ultradensaprovengono dalle collisioni relativistiche di ioni pesanti. Il punto cruciale pe-rò, è che i dati forniti dagli acceleratori, oltre alla difficoltà nello studio deiprocessi dovuto al rapido decadimento delle risonanze adroniche prodotte neicollider (10−23s tempo scala dell’interazione forte), è che le Stelle Compattesono oggetti in un certo qual modo freddi, situazione completamente diversada quello che si ha all’interno di un acceleratore di particelle. Le Stelle Com-patte infatti, si formano con una temperatura di circa T ∼ 1011K ∼ 10 MeVe nelle prime fasi di vita si raffreddano rapidamente attraverso l’emissione dineutrini. Tale emissione è dovuta alla neutronizzazione della stella, ovverol’arricchimento di neutroni attraverso il decadimento β inverso. In questafase la stella perde molta energia e si raffredda a temperature dell’ordine di107 ÷ 109K [4], ovvero circa 1 ÷ 102keV . Energie dell’ordine del keV sonoben al di sotto dell’energia di interazione tra i nucleoni. Infatti alla scala

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1.1 Caratteristiche Generali

del Fermi l’interazione tra nucleoni è dominata dall’interazione forte la cuiscala è ΛQCD ∼ 200MeV . Negli acceleratori di particelle invece, si hannotemperature dell’ordine di ΛQCD.

Infine un ulteriore problema nello studio della materia densa è che laCromodinamica quantistica (QCD), che è la teoria che descrive l’interazioneforte, non è perturbativa alle densità e temperature presenti in una StellaCompatta [15]. Di conseguenza, dato che non conosciamo lo stato fondamen-tale della materia ad alte densità, dobbiamo fare alcune ipotesi. Possiamocomunque partire dalle nostre conoscenze di fisica nucleare per cercare diimporre dei limiti alle possibili EoS.

Figura 1.1: Diagramma di fase per la materia adronica. A basse tempera-ture abbiamo la situazione rilevante a livello astrofisico. Come mostrato nelgrafico si possono realizzare diverse fasi esotiche.[4]

Come già detto in precedenza, durante le prime fasi di vita, una StellaCompatta si arricchisce di neutroni e ciò ci consente di ipotizzare che unadelle sue possibili strutture sia una Stella di Neutroni. Una Stella di Neutro-ni classica è composta quasi esclusivamente da neutroni, e in piccola parteda protoni ed elettroni prodotti dal decadimento β. Questo caso è molto dif-ferente rispetto a quello che si ha all’interno dei nuclei stabili i quali tendonoad essere isospin simmetrici, ovvero caratterizzati da un pari numero di neu-troni e protoni [5], legati dall’interazione forte. Di conseguenza la possibileEoS di una Stella di Neutroni è diversa da quella della materia nucleare inquanto deve tenere conto della asimettria tra i nucleoni. Inoltre tale stellanon è self-bound : ovvero non è legata dall’interazione forte, dato che l’ in-

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1.2 Osservabili ed ulteriori proprietà delle Stelle Compatte

terazione che rende la stella stabile è la forza di gravità [4]. Come discussoin [4], inoltre, l’altra interazione a lungo range, l’interazione Coulombiana,deve essere nulla. Di conseguenza, una Stella di Neutroni è globalmente neu-tra e tale valutazione sarà valida anche nel caso delle altre possibili StelleCompatte.

Una Stella di Neutroni pura è una situazione non realistica. In generale,a causa dell’equilibrio chimico, all’interno di una Stella di Neutroni si forme-ranno adroni o leptoni di diversa specie. Fondamentale è notare che, comemostrato in Figura 1.1, è possibile popolare gli strati interni della stella conadroni che hanno stranezza, dato che, nonostante la stranezza sia una caricaconservata per l’interazione forte, non lo è per l’interazione debole. Inoltre,oltre ad essere popolata da iperoni, possiamo fare un’ipotesi molto più for-te: esistono delle stelle che sono in parte o totalmente composte da materiaa quark. Nel primo caso parleremo di Stelle Ibride, nel secondo di StelleStrane. Le Stelle Strane sono quelle su cui concentriamo i nostri studi. Adifferenza di una Stella di Neutroni, una Stella Strana è self-bound, essendolegata dall’interazione forte. Torneremo comunque nel dettaglio di questestrutture nelle prossime sezioni.

Data la nostra ignoranza sulla composizione interna di una stella, è fon-damentale cercare delle possibili segnature che facciano propendere per unoo per un altro modello. A tale scopo nella prossima sezione parleremo dellegrandezze che si possono ricavare dall’osservazione delle Stelle Compatte.

1.2 Osservabili ed ulteriori proprietà delle StelleCompatte

Gli oggetti compatti sono associati a tre oggetti astrofisici:

• Le Pulsars: Stelle Compatte in rapida rotazione con forte campo ma-gnetico che emettono periodicamente radiazione elettromagnetica.

• Le Magnetars: Stelle Compatte con campi magnetici di 1015 G. Asso-ciate spesso ai Soft-Gamma-Ray Repeaters, emettono per poche mi-gliaia di anni, a causa del rapido decadimento del campo magnetico.

• Burster di raggi X: Stelle Compatte in sistemi binari che catturanomassa dalla propria compagna. I burst di raggi X sono emessi a causadel rilascio di energia da parte della massa catturata.

Una delle osservabili più interessanti è indubbiamente la massa dellastella. La massa degli oggetti compatti può essere dedotta dallo studio deisistemi binari. In Figura 1.2 sono mostrati i valori di massa misurate peralcune stelle e risulta che la maggior parte delle Stelle Compatte ha massadell’ordine di 1.4M. Per tale misura sono stati utilizzati vari metodi basa-ti sullo studio delle orbite, il che rende tali osservazioni indipendenti dalla

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1.2 Osservabili ed ulteriori proprietà delle Stelle Compatte

Figura 1.2: Masse di Stelle Compatte osservate. In alto sono mostrate lemasse di X-ray binaries, in basso rispettivamente Pulsar in sistemi binaricon stelle normali, nane bianche e con altre stelle compatte.[3]

composizione interna della stella. Come vedremo nel corso di questo lavoro,la composizione interna delle stelle determina dei limiti sulla possibile massadi un oggetto. Osservare stelle che sono al di fuori di tali limiti potrebbeindicare che la stella ha una composizione diversa da quella ipotizzata. Inol-tre, un ulteriore vincolo sulla struttura stellare calcolata è dato dalla misuradel raggio. Di conseguenza sarebbe di fondamentale importanza conoscere,contemporaneamente alla massa, anche il raggio di una Stella Compatta.Esistono vari metodi di misura indiretta dei raggi stellari, ma purtroppo so-no affetti da errori molto grandi. Un possibile metodo di misura del raggiodi una Stella Compatta consiste nell’analizzare l’emissione termica dalla su-perficie [3]. Questo metodo non è certamente tra i più semplici in quantobisogna considerare che una Stella Compatta non emette come un corpo ne-ro. La sua radiazione è dominata dalla radiazione non termica dovuta allamagnetosfera. Di conseguenza, deve essere fatta una lunga analisi dei datisperimentali che ha come punto di partenza la separazione della componentenon termica della radiazione osservata. In tale analisi bisogna valutare qualieffetti hanno sulla radiazione emessa oltre al raggio anche altri parametricome la massa, la temperatura e il campo magnetico [3]. Un’analisi di que-

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1.2 Osservabili ed ulteriori proprietà delle Stelle Compatte

Figura 1.3: Variazione lenta del periodo della pulsar Vela: P = 1.2503 ×10−13s/s. Le frecce indicano i fenomeni di glitches osservati [1].

sto tipo è stata recentemente fatta in [6], ed i raggi ottenuti sono dell’ordinedi R = 9.1+1.3

−1.5km. Data comunque l’enorme complessità del metodo e l’in-certezza dei risultati, l’attendibilità delle misure di raggi di stelle compatteandrà valutata in studi futuri.

Passiamo ora all’analisi di un’ altra importante osservabile: il periodo dirotazione. Quando una Stella Compatta viene osservata sotto forma di Pul-sar possiamo, a volte, calcolare con precisione il periodo di rotazione. UnaPulsar emette periodicamente radiazione elettromagnetica parallelamente al-l’asse magnetico, con uno spread angolare di circa 10 [1]. Solitamente unaPulsar è osservata come una sorgente pulsante di onde radio e, più rara-mente, di raggi X o γ. Inoltre, non essendo l’asse magnetico, in generale,coincidente con l’asse di rotazione, il primo asse precede attorno al secondo.Questo implica che possiamo osservare la radiazione elettromagnetica soltan-to quando l’asse magnetico punta verso la Terra. Di conseguenza possiamomisurare, spesso in maniera estremamente precisa, il periodo di rotazione diuna Stella Compatta, che non è altro che l’intervallo temporale tra due im-pulsi osservati. Il periodo di rotazione di una Pulsar è estremamente piccolocon un range che va da qualche secondo al millisecondo. La rotazione cosìveloce di una Stella Compatta è presumibilmente conseguenza della conser-vazione del momento angolare, in quanto, dato che una Pulsar è figlia delcollasso gravitazionale del nucleo di una stella supermassiva, essa avrà neiprimi istanti di formazione lo stesso momento angolare che il nucleo avevaprima del collasso. Ma, ovviamente, la radiazione elettromagnetica emessatenderà a far rallentare la stella. In Figura 1.3 viene mostrata la frequen-za di rotazione della Pulsar Vela in funzione del tempo. Possiamo stimare

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1.2 Osservabili ed ulteriori proprietà delle Stelle Compatte

Figura 1.4: Periodo e sua derivata temporale per Pulsars osservate. Sullato destro della figura viene mostrata la scala del campo magnetico. Unaconvenzione che viene utilizzata in figura è che le Pulsar in sistemi binarisono indicati con un cerchio. Le Pulsar che si trovano in alto nel grafico sonostelle giovani che stanno rallentando. A causa di questo effetto potrebberopassare la linea di turn-off che indica l’inizio dell’evoluzione silente, fasedella vita della stella in cui non emette radiazione elettromagnetica. Lastella potrebbe, attraverso fenomeni di accrescimento, superare nuovamentela linea di turn-off e tornare ad emettere (stelle che si trovano in basso nellafigura)[7]

l’aumento del periodo in P = 1.2503× 10−13s/s. Tale valore implica che larotazione di una Pulsar è estremamente stabile.

Per quanto riguarda il campo magnetico, possiamo farne una stima uti-lizzando la conservazione del flusso magnetico. Di conseguenza, supponendoche il campo magnetico del nucleo di una stella massiva sia B = 102 ÷ 103

G e che il raggio si contrae di 5 ordini di grandezza, il campo magnetico diuna Pulsar appena formata ha valori tipici di 1012÷1013 G. In base a questeosservazioni possiamo studiare l’evoluzione temporale di una Pulsar, Figura1.4. Come possiamo notare, le Pulsars con forti campi magnetici e periodidell’ordine 10−1s, ovvero relativamente giovani, si trovano nella parte altadella figura. Tali stelle rallenteranno molto rapidamente (rispetto a Pulsars

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1.2 Osservabili ed ulteriori proprietà delle Stelle Compatte

più vecchie) a causa della forte emissione elettromagnetica dovuta al fortecampo magnetico e alla veloce rotazione a cui sono sottoposte. Inoltre, ilcampo magnetico decade con il tempo, di conseguenza, le Stelle Compatte sispostano nel grafico in basso e verso destra , dove P ' 1s e P ' 10−15, chesono i valori tipici della maggior parte delle Pulsars osservate. Continuandoa perdere energia rotazionale superano, ad un certo istante della loro vita, lalinea di turn-off che implica l’inizio di una fase in cui le Pulsars non emettonopiù radiazione elettromagnetica. Dalla Figura 1.4, però, si possono notaredelle stelle posizionate in basso a sinistra con periodi di rotazione dell’or-dine del millisecondo. Tali stelle sono chiamate Millisecond Pulsars e sonooggetti che vengono accelerati dalla cattura di materia. Quando la materiaviene catturata da una Stella Compatta si crea un burst di raggi X. Oltre aquesto effetto, per la conservazione del momento angolare, la stella aumentala frequenza di rotazione. Queste stelle sono osservate con un campo ma-gnetico molto basso, B ∼ 108 G; di conseguenza si ipotizza che sono stellemolto vecchie che, probabilmente, in una fase precedente della propria vitaavevano superato la linea di turn-off. La cattura di materia, però, ha resti-tuito energia rotazionale al sistema che, quindi, torna ad emettere radiazioneelettromagnetica.

Tornando dalla Figura 1.3, un’ ulteriore informazione che possiamo ot-tenere è la presenza di piccoli incrementi della frequenza, chiamati glitches.La variazione della frequenza della stella compatta dopo un glitch varia tra[1]:

∆νν

= 10−8 ÷ 10−6. (1.2)

Il meccanismo alla base della formazione dei glitches non è chiaro. Diconseguenza, non possiamo per ora predire, nè la frequenza con cui avven-gono, nè la variazione di pulsazione. Sono state avanzate varie ipotesi perspiegare questo fenomeno ed in seguito esponiamo le più accreditate.

La prima ipotesi è che un glitch sia associato ad un riarrangiamento dellacrosta di una Stella Compatta [11, 12]. Come vedremo in seguito, si supponeche gli strati esterni di una Stella Compatta formino un cristallo di Coulomb.Questa zona, chiamata crosta, ha una forma oblata a causa della rotazionedella stella. Il rallentamento della stella provoca la diminuzione dell’accele-razione centrifuga. Quindi, se non ci fosse la crosta, la stella tenderebbe adiventare meno oblata. A causa della rigidità della crosta, la stella resta del-la stessa forma, almeno fino a quando lo stress, generato dalla decelerazionedella stella, non raggiunge il valore limite di breaking. Quando si verifica que-sta condizione, la crosta non riesce più a sostenere questo stress, si rompe e siriarrangia con una forma dettata dalla rotazione della stella in quell’istante.In questa situazione il momento di inerzia della struttura decresce improvvi-samente e, a causa della conservazione del momento angolare, la frequenzadella stella cresce [2]. Un’ulteriore ipotesi è che i glitches siano fenomenidovuti alla presenza di fasi superfluide all’interno di una Stella Compatta

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1.3 Equazione di Tolman-Oppenheimer-Volkoff

[13, 14]. Quando un superfluido è in rotazione forma delle linee di vortice,regioni in cui il fluido è normale e attorno alle quali il superfluido ruota convelocità non nulla. Una caratteristica molto importante delle linee di vorticeè che il loro numero determina il momento angolare del superfluido. Di con-seguenza, il cambio di momento angolare del superfluido richiede un cambionel numero delle linee di vortice [4]. Generalmente si ipotizza che le stellecompatte presentano fasi superfluide ad alte densità. Il superfluido si esten-derebbe in una regione sottostante gli strati esterni i quali, come detto, sonoin fase cristallina. L’ipotesi avanzata è che i vortici tendono a formarsi inmaniera da essere fissati al reticolo cristallino sovrastante. Questo fenomenoproduce una rotazione differenziale tra la crosta, che sta rallentando per ef-fetto dell’emissione elettromagnetica o accelerando per l’accrescimento, e lezone in cui la stella è un superfluido, che sono a velocità costante in quantoil numero delle linee di vortice non cambia. Ad un certo valore di sogliadella differenza di velocità angolare, alcune linee di vortice si staccano dalreticolo e si muovono verso l’esterno, in quanto sono soggette ad una mutuarepulsione [3]. Quando incontrano la superficie della crosta, cedono ad essail proprio momento angolare, aumentando bruscamente la velocità angolaredegli strati più esterni.

1.3 Equazione di Tolman-Oppenheimer-Volkoff

Dopo aver parlato di alcuni osservabili che sono utili nel corso di questo lavo-ro, iniziamo l’analisi teorica delle strutture delle Stelle Compatte. In questasezione esponiamo un risultato fondamentale che ci permette di determinarela struttura della stella, nota l’EoS. Discutiamo la soluzione dell’equazionedi Einstein per una metrica a simmetria sferica non rotante con un terminedi sorgente, che ovviamente è rappresentato dalla massa della stella. Que-sto problema è stato affrontato per la prima volta da Tolman in [17] e daOppenheimer e Volkoff in [16]. In questo paragrafo non mostriamo tutti ipassaggi, per una trattazione più completa vedere ad esempio [1, 2, 4].

Innanzitutto, abbiamo bisogno di imporre delle condizioni sulla sorgente ecalcolare il tensore energia-impulso Tµν . Seguendo la trattazione fatta in [16,17], consideriamo la sorgente come un fluido perfetto. Con questa ipotesi lapressione è una funzione soltanto della densità, ed il tensore energia-impulsopuò essere scritto come:

Tµν = −P (r)gµν + (P (r) + ε(r))uµuν , (1.3)

con P (r) pressione, ε(r) densità di energia, gµν tensore della metrica e uµ

quadrivettore velocità. Noto il tensore di energia-impulso, dobbiamo defi-nire il tensore di Einstain. Definiamo a tale scopo una generica metrica asimmetria sferica non rotante:

ds2 = e2Φdt2 − e2λdr2 − r2dΩ2, (1.4)

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1.3 Equazione di Tolman-Oppenheimer-Volkoff

con dΩ2 = dϑ2 + r2dϕ2. Dato che stiamo considerando una sorgente staticae che gµνuµuν = 1 , il quadrivettore velocità è pari a: uµ = (eΦ, 0, 0, 0) =(1/√g00, 0, 0, 0). Con queste ipotesi, seguendo la trattazione fatta in [1],

dall’equazione di Einstein si ottiene:

e−2λ =(

1− 8πGr

)∫ r

0.ε(r)r2dr. (1.5)

A questo punto definendo la massa gravitazionale inclusa in un raggio r < R,con R raggio della stella:

M(r) = 4π∫ r

oε(r)r2dr, (1.6)

si ottiene che la metrica Eq.(1.4), assume la forma:

ds2 = e2Φ(r) −(

1− 2Gm(r)r

)−1

+ r2dΩ2. (1.7)

La massa totale della stella si ottiene dall’Eq.(1.6), integrata fino al raggiodella stella, ovvero il raggio per cui la pressione si annulla. Siamo certiche la pressione si azzera soltanto sulla superficie della stella, in quanto seall’interno ci fosse una pressione nulla, la stella non potrebbe supportaremateria contro il collasso gravitazionale [1]. Inoltre è possibile determinareanche il termine g00, considerando che tale soluzione deve raccordarsi con lametrica per r > Rs. Per r > Rs, l’equazione di Einstein ha come soluzionela nota soluzione di Schwarzschild:

ds2 =(

1− 2GMr

)dt2 −

(1− 2GM

r

)−1

dr2 + r2dΩ2. (1.8)

Dalle considerazioni fatte in precedenza, si ottiene:

e2φ = 1− 2GMr⇒ φ =

12

ln(

1− 2GMr

). (1.9)

Tralasciando i dettagli dei calcoli, si veda [1], con le ipotesi fatte, dalleequazioni di Einstein otteniamo l’equazione di Tolman-Oppenheimer-Volkoff(TOV):

dp

dr= −ρm

r2

(1 +

p

ρ

)(1 +

4πPr3

m

)(1− 2Gm

r

). (1.10)

L’ Eq.(1.10) ha una interpretazione semplice: esprime l’equilibrio idrosta-tico in relatività generale. Conoscendo l’equazione di stato P (ρ), possiamorisolvere numericamente il sistema chiuso formato dalle Eq. (1.10) e (1.6).Per risolvere tale sistema dobbiamo però imporre delle condizioni al contor-no. Le condizioni che vanno imposte sono la scelta della densità centrale,

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1.4 Stelle di Neutroni

che solitamente è dell’ordine di ρc ∼ 1015g/cm3, e che M(r)r=0 = 0. Comegià detto, l’integrazione va fatta fino al raggio della stella.

Grazie a questo metodo possiamo ottenere delle informazioni a livelloteorico fondamentali. Definita una EoS infatti, la soluzione farà parte di unafamiglia di soluzioni possibili che ha come parametro la densità centrale scel-ta. Questo ci definisce in maniera univoca una relazione tra massa e raggiodella struttura. Inoltre, appare evidente dalla Eq.(1.10), che la derivata dellapressione è sempre positiva. Questo implica che la pressione è una funzionemonotona decrescente in funzione del raggio della stella.

1.4 Stelle di Neutroni

L’idea che leStelle di Neutroni siano i prodotti dell’esplosione di una super-nova per la prima volta fu avanzata da Baade e Zwicky [18]. I primi modellidi Stelle di Neutroni prevedevano delle stelle eslusivamente fatte di neutroni.Vedremo in questa sezione che tale idea è stata ampiamente superata.

La struttura interna di una Stella di Neutroni generalmente accettata èmostrata in Figura 1.5.

Figura 1.5: Possibile struttura interna di una Stella di Neutroni. In figura,ρ0 indica la densità di saturazione nucleare.[3]

Possiamo in base alla densità suddividere una stella di neutroni in quattrostrati:

• La superficie, zona con densità minore di ρ ∼ 7 × 106 g/cm3. É lazona più esterna della stella di Neutroni. In questo strato la mate-ria è composta in maggior parte da nuclei di 56Fe e da elettroni nonrelativistici. Il suo spessore dipende fortemente dalla temperatura e

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1.4 Stelle di Neutroni

dal campo magnetico della stella. Varia da circa 10 cm per Stelle diNeutroni calde, ovvero con temperature superficiali di 106K, a pochimillimetri per Stelle di Neutroni fredde [3].

• La crosta esterna, zona che va dal bordo inferiore della superficie allazona di neutron drip, con densità che variano tra:

7× 106g/cm3 < ρ < 4.3× 1011g/cm3, (1.11)

con ρND = 4.3×1011 g/cm3 densità di neutron drip, densità alla qualei neutroni popolano gli stati al di fuori dei nuclei. In questa zona gliioni presenti formano un cristallo Coulombiano immersi in un gas dielettroni relativistici degeneri [2]. Per il nostro lavoro questa zona èmolto importante, infatti verrà trattata con più cura in seguito.

• La crosta interna, zona con densità tra la densità di neutron drip e ladensità di saturazione nucleare: 4.3×1011g/cm3 < ρ < 2×1014g/cm3.Come già detto in questa zona i neutroni iniziano a popolare gli statiliberi fuori dai nuclei e di conseguenza, la materia è formata da uncristallo di ioni immersi in un gas di neutroni, di elettroni relativisticied eventualmente di muoni [4].

• Il nucleo, zona con ρ > 2 × 1014g/cm3. Questa è la zona più critica alivello teorico. Si ipotizza che ci sia uno strato all’equilibrio rispettoa processi deboli con presenza di neutroni (in gran parte), elettroni,protoni e muoni. Elettroni e muoni sono altamente degeneri e formanoun gas di Fermi. I protoni e i neutroni sono in fase liquida, probabil-mente superfluida. A grandi densità è altamente probabile l’esistenzadi iperoni stabili o la condensazione di pioni, o di kaoni.[3]

Prima di proseguire nello studio, bisogna puntualizzare che i valori di den-sità utilizzati nella schematizzazione della Stella di Neutroni non sono valoriesatti, ma sono indicativi soltanto dell’ordine di grandezza della densità.

Dato che la maggior parte della massa è concentrata nelle zone a den-sità maggiori, la composizione delle regioni più interne è fondamentale perlo studio della struttura di una Stella di Neutroni. Prima di concentrarcisull’effetto che le equazioni di stato hanno sulla struttura stellare, descrivia-mo le proprietà della crosta ionica dato che ci saranno utili per il modelloanalizzato nel capitolo 3.

1.4.1 Crosta ionica

La crosta ionica è uno strato solido della Stella di Neutroni con densitàinferiori rispetto alla densità di neutron drip. A tali densità l’interazionedominante è l’interazione elettromagnetica. Analizziamo inizialmente il casoin cui il plasma sia ad una sola componente ionica, immerso in un gas di

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1.4 Stelle di Neutroni

elettroni relativistici fortemente degenere, e in assenza di campo magnetico[3, 19]. La transizione tra la superficie e la crosta è determinata in ma-niera decisiva dalla temperatura della stella. Infatti la transizione di fasetra un liquido di Coulomb e un cristallo di Coulomb si ha quando l’ener-gia di agitazione termica è molto minore rispetto all’energia di interazioneelettromagnetica. La seguente analisi è fatta supponendo che il potenziale diinterazione elettrostatico sia di tipo Coulombiano. Di conseguenza definiamoil parametro:

Γ =Z2e2

aT, (1.12)

dove Z è il numero di protoni e a è la distanza media fra gli ioni:

a =(

34πnN

)1/3

, (1.13)

con nN la densità di nucleoni. Per grandi valori di Γ l’interazione coulom-biana domina sull’agitazione termica, il che implica che il sistema è in fasecristallina, mentre per piccoli valori di Γ l’agitazione termica è dominante edil sistema è nella fase liquida. Generalmente consideriamo che la transizio-ne di fase tra liquido e solido avvenga per Γ ∼ 175. Questo implica che latemperatura di fusione del cristallo coulombiano è pari a [19]:

Tm ∼ 1.3× 105Z2

(ρ6

A

)1/3 175ΓK, (1.14)

dove ρ6 = ρ/106 g/cm3.Come mostrato nell’Eq.(1.14), la temperatura di fusione della crosta di-

pende dalla specie nucleare in essa presente. La struttura della crosta ionica,includendo gli effetti dovuti all’interazione elettromagnetica, è stata teoriz-zata in [20]. Seguendo la trattazione fatta in [20], possiamo trovare le distri-buzioni degli ioni all’interno della crosta ionica minimizzando la densità dienergia:

ε = nNEA,Z+ εe + εL, (1.15)

con EA,Z energia del nucleo con Z protoni e A− Z neutroni, εe densitàdi energia cinetica degli elettroni e εL densità di energia del reticolo [19].

I vari termini dell’Eq.(1.15) sono valutabili in maniera abbastanza sem-plice. In [19] vengono descritti i vari metodi per calcolarli, ed in questa sederiportiamo soltanto alcuni risultati notevoli. Dalla valutazione dell’energiadovuta al reticolo, si ottiene che la struttura cristallina di equilibrio dellacrosta è un cristallo cubico a corpo centrato (BCC). Non sono comunqueescluse energeticamente eventuali altre strutture, anche non cubiche, che sipotrebbero formare a densità vicine alla densità di neutron drip.

Inoltre, un risultato molto importante è il calcolo, in funzione della den-sità, delle specie nucleari presenti all’interno della crosta. Tale distribuzione

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1.4 Stelle di Neutroni

Nucleo Z N ρmax(g/cm3)56Fe 26 30 8.1× 106

62Ni 28 34 2.7× 108

64Ni 28 36 1.2× 109

84Se 34 50 8.2× 109

82Ge 32 50 2.2× 1010

80Zn 30 50 4.8× 1010

78Ni 28 50 1.6× 1011

76Fe 26 50 1.8× 1011

124Mo 42 82 1.9× 1011

122Zr 40 82 2.7× 1011

120Sr 38 82 3.7× 1011

118Kr 36 82 4.3× 1011

Tabella 1.1: Nuclei presenti nella crosta ionica. Nell’ultima colonna è ripo-rata la densità massima per la quale un nucleo è presente secondo il modelloBPS [20].

si ottiene minimizzando il potenziale di Gibbs [3]:

G =(ε− P )nb

, (1.16)

con nb = AnN numero di barioni. Dalla prima legge della termodinamica, siottiene la seguente espressione per la pressione:

P = n2b

d

dnb

nb

). (1.17)

Dato che stiamo considerando un plasma ad una componente, per studiarela popolazione di varie specie nucleari consideriamo che esso sia stratificatocon una sola specie per strato. Di conseguenza all’interfaccia tra due strati,il primo popolato con una specie (A,Z), il secondo con specie (A′, Z ′), si hauna discontinuità della densità pari a:

∆ρρ∼ ZA′

AZ ′. (1.18)

Considerando che approsimativamente ∆nb/nb ∼ ∆ρ/ρ, possiamo stimare ilpotenziale di Gibbs. La struttura della crosta è totalmente determinata daidati sperimentali fino a densità di ρ ∼ 6 × 1010 g/cm3, oltre tale densità, ilmetodo sovraesposto viene estrapolato ai nuclei che popolano la crosta. Intabella 1.1 riportiamo i risultati ottenuti con questo modello [20].

1.4.2 Equazioni di stato di una stella di Neutroni

Per densità maggiore del neutron drip ma inferiore alla densità di saturazio-ne nucleare, conosciamo il comportamento della materia all’interno di una

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1.4 Stelle di Neutroni

Stella di Neutroni. Superata la densità di neutron drip, infatti, i neutro-ni inizierenno ad essere delocalizzati all’esterno dai nuclei e a popolare glistati nel continuo, ovvero formeranno un fluido. La materia è all’equilibriochimico dettato da processi deboli:

n→ p+ e− + νe, p+ e− → n+ νe. (1.19)

Considerando che la stella è trasparente per i neutrini il loro potenzialechimico è nullo, e quindi dalle relazioni precedenti si ottiene: µn = µp + µe.

Inoltre, considerando il decadimento del muone µ− → e− + νµ + νe, siottiene, nel limite di equilibrio chimico, che µe = µµ. A questo punto èfacile ipotizzare quello che può avvenire a densità crescenti. Il potenzialechimico dei barioni, che a T = 0 è pari all’energia di Fermi, al cresceredella densità, aumenterà di valore. Questo implica che anche il potenzialechimico dell’elettrone (e quindi del muone) aumenta. Quando il potenzialechimico dell’elettrone supera la massa del µ, si inizieranno a generare muoni.La massa del muone in prima approssimazione è quella a riposo: mµ =105.7MeV. Diversi metodi sono stati utilizzati per calcolare le EoS per questafase della materia. I vari metodi utilizzati sono: le espansioni perturbativedell’interazione forte di Brueckner-Bethe-Goldstone, la teoria dei funzionalidi Green, il metodo variazionale, i modelli di Relativistic Mean Field Theoryed i funzionali di densità di energia effettiva. Nel corso di questo lavoro nonparleremo di queste tecniche di calcolo, per maggiori informazioni si rimandaad esempio [3]. La nostra ignoranza sull’effettivo stato fondamentale dellamateria ci permette di modificare i parametri in modo da ottenere risultatiche siano compatibili con le osservazioni sperimentali.

La Figura 1.6 mostra la relazione tra massa e raggio di una stella dineutroni in cui sono presenti neutroni, protoni, elettroni e muoni (a partela curva B di cui parleremo a breve). La differenza tra le varie curve è do-vuta alla diversa compressibilità delle varie EoS. Minore è la compressibilitàmaggiore è la durezza di una equazione di stato, che è un indice di quanto lapressione sia dipendente dalla densità. Più l’equazione di stato è dura, più,a parità di pressione centrale, la densità è bassa. In Figura 1.6 è possibilevedere che stelle che presentano EoS più dure hanno una possibile massamassima più grande rispetto a quelle che hanno equazioni di stato più mor-bide. Inoltre hanno, a parità di pressione centrale, raggi e densità più grandi.Per dettagli specifici sulle EoS mostrate, si veda [21].

Quando la densità è all’incirca ρ > 2ρN potrebbe essere vantaggioso perla stella produrre adroni strani: gli iperoni. Il primo barione che compa-re nella stella è il Σ−. Sappiamo che prevalentemente Σ− → n + π−, diconseguenza µΣ = µn + µe, dato che come sappiamo il π− decade in µ piùantineutrino muonico. Seguendo questo ragionamento è possibile ipotizzarela popolazione di iperoni all’interno della stella in funzione della densità dibarioni, figura 1.7

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1.4 Stelle di Neutroni

Figura 1.6: Grafici della relazione tra massa e raggio di una stella di neutronicalcolati con varie EoS. [21]. La curva B è stata calcolata ipotizzando laproduzione di iperoni. Possiamo vedere che le Stelle di Neutroni hanno raggiche variano da circa 8 km fino a 14km e masse da circa 0.7M, fino a circa2.4M.

Ovviamente la presenza di iperoni all’interno del nucleo della stella in-fluenza le equazioni di stato. Dato che riducendo la pressione del sistemale equazioni di stato diventano più soffici, le masse delle stelle con iperonisono minori rispetto a quelle di Stelle di Neutroni standard. Tornando allafigura 1.6 la curva B è stata ottenuta con un modello in cui si è ipotizzatala produzione di iperoni.

A grandi densità ci sono ulteriori possibilità che includono la presenzadi mesoni π e K, che eventualmente formano condensati di Bose-Einstein.Per maggiori informazioni su questo argomento si veda [3]. In alternati-va i quark presenti negli adroni potrebbero essere deconfinati nel nucleo,formando quella che chiamiamo Stella Ibrida.

1.4.3 Stelle Ibride

La presenza di quark deconfinati negli strati più interni di una stella dineutroni è stata presa in considerazione per la prima volta da [23, 24].

Si suppone che la struttura di una stella Ibrida sia, negli strati esterni,molto simile a quella mostrata in Figura 1.5. Negli strati interni per densitàintorno a (2÷ 3)ρN , c’è una transizione di fase del primo ordine tra materiaadronica e materia a quark. Di conseguenza l’interno di una Stella Ibridaè formata da: strati di materia adronica all’esterno, una fase di coesistenza

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1.5 Oscillazioni torsionali di una Stella di Neutroni

Figura 1.7: Frazione di particelle in funzione della densità. Come è possibilenotare dalla figura, (dove ρ0 equivale a quello che abbiamo definito comeρN ), al crescere della densità vengono popolati stati diversi. Oltre i 2.5ρNinizia la produzione di iperoni. [22]

di adroni e quark e un nucleo di pura materia a quark. Tale materia saràa 3 sapori con la presenza del quark strano in quanto, come già detto inprecedenza, la stranezza non si conserva su scale temporali macroscopiche.Soprassediamo la trattazione delle Stelle Ibride in quanto non utili al nostroscopo. Per referenze si veda ad esempio [1, 3, 4]

1.5 Oscillazioni torsionali di una Stella di Neutroni

Una Stella di Neutroni può sostenere diversi modi di oscillazione non radialiche si dividono in due categorie: le oscillazioni sferoidali e le oscillazionitorsionali. In questa sezione trattiamo nel detteglio le oscillazioni torsionaliall’interno della crosta rigida di una stella di neutroni. La crosta, a causadella sua rigidità, se sottoposta ad un momento torcente, inizierà ad oscillareattorno alla posizione di equilibrio con una forza di richiamo che è dipendentedal modulo di shear.

Il motivo di grande interesse nei confronti di questo tipo di oscillazionirisiede nella possibile spiegazione delle sottopulsazioni presenti nello spettrodi emissione elettromagnetica delle Pulsar. Infatti ogni pulsazione è gene-ralmente composta da sotto impulsi che hanno profili quasi periodici [25].

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1.5 Oscillazioni torsionali di una Stella di Neutroni

Il primo ad avanzare che questi sotto impulsi possono essere associati alleoscillazioni di una stella di neutroni è stato Boriakoff [31]. Successivamentetale proposta è stata eleborata in [32], dove si suggerisce che tale fenomenopuò essere dovuto alle oscillazioni torsionali di una stella di neutroni. Leoscillazioni torsionali, inoltre, sono importanti nello studio delle oscillazioniquasi periodiche dei burst di raggi gamma, che ricordiamo essere associati aMagnetars, vedi per esempio [26, 27, 28, 29] Tale analisi viene in questa sedetrascurata in quanto non siamo interessati ad analizzare gli effetti di campimagnetici estremi come quelli che si possono trovare nelle Magnetars.

In [25] vengono studiate le oscillazioni torsionali di una Stella di Neu-troni con campo magnetico nullo, non rotante, a temperatura nulla e a trecomponenti, un core superfluido, una crosta solida e una superficie fluida.Viene supposto, inoltre, che le oscillazioni stellari possano essere studiate nellimite Newtoniano. Definiamo quindi il vettore di spostamento u(x, t) comeil vettore che descrive lo spostamento di una porzione infinitesima di mas-sa dalla propria posizione di equilibrio. Nel limite Newtoniano le equazioniche governano il moto sono l’equazione di continuità, l’equazione di Euleroe l’equazione di Poisson [25]:

∂ρ

∂t+∇ · (ρv) = 0, (1.20)

∂v∂t

+ (v · ∇)v =1ρ∇ · σ −∇Φ, (1.21)

∇2Φ = 4πGρ, (1.22)

con σ tensore di stress, v è la velocità della porzione di massa che si è spostatadall’equilibrio.

Una ulteriore ipotesi fondamentale è che gli spostamenti dalla posizionedi equilibrio sono piccoli rispetto alle dimensioni del raggio stellare, di conse-guenza, possiamo espandere al primo ordine le precedenti equazioni. Comemostrato in [30], per piccoli spostamenti, definiamo il tensore di strain come:

uik = uki =12

(∂ui∂xk

+∂uk∂xi

), (1.23)

tensore utile nel seguito di questa trattazione.Denominiamo per comodità le grandezze non perturbate con il pedice 0,

le perturbazioni euleriane con un apice e le perturbazioni lagrangiane conla δ. Seguendo la trattazione fatta in [25], dato che la stella non ruota,consideriamo la velocità di background nulla. Questo implica che, chiamataf una variabile tipica del sistema, per la derivata temporale si ottiene che:

df

dt=∂f

∂t+ (u0 · ∇)f ' ∂f

∂t. (1.24)

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1.5 Oscillazioni torsionali di una Stella di Neutroni

Dalla relazione precedente si evince che la perturbazione lagrangiana dellavelocità è pari a quella euleriana:

dvdt

=∂u∂t

+ (u0 · ∇)u ' ∂u∂t. (1.25)

La configurazione di background può essere ricavata dalle equazioni delmoto all’ordine 0. Infatti, nel caso di un fluido non viscoso, il tensore distress è pari a:

σ(0)ik = −P (0)δik. (1.26)

In base a queste considerazioni l’equazione di Eulero all’ordine zero ci diceche la pressione è bilanciata dalla forza gravitazionale, ovvero la stella èall’equilibrio idrostatico. Per lo sviluppo al primo ordine delle equazionidel moto dobbiamo fare delle ulteriori considerazioni. Innanzitutto, per unsolido elastico e isotropo, quale è la crosta ionica di una stella di neutroni, larelazione tra perturbazione lagrangiana di stress e tensore di deformazione èpari a [25]:

δσik =(Γ1pull

)δik + 2ν

(uik −

13ullδik

), (1.27)

con Γ1 = (∂ ln p)/(∂ ln ρ)s e ν modulo di shear nel mezzo. Le oscillazionitorsionali soddisfano le seguenti condizioni:

∇ · u = 0, ur = 0 (1.28)

In queste condizioni, come mostrato in [25], le perturbazioni euleriane elagrangiane sono le stesse, ed inoltre, si ottine che δρ = 0 e φ′ = 0. Conqueste assunzioni, seguendo i calcoli sviluppati in [25], per le componentinon nulle del vettore di spostamento u si ottiene:

uϑ = W (r)1

sinϑ∂Ylm∂φ

eiωt, uφ = −W (r)∂Ylm∂ϑ

eiωt, (1.29)

con W (r) funzione dipendente soltanto dal raggio. Quindi per determinarel’ampiezza dell’oscillazione è sufficiente risolvere l’equazione:

ω2W = v2s

[− 1µ

dr

(dW

dr− W

r

)− 1r2

d

dr

(r2dW

dr

)+l(l + 1)r2

W

], (1.30)

dove Ylm sono le ben note armoniche sferiche e vs =√

νρ è la velocita di

shear nel mezzo.Per risolvere l’Eq.(1.30) dobbiamo imporre le condizioni al contorno e

definire lo shear modulus nella crosta stellare. L’ unico strato che può so-stenere oscillazioni torsionali è la crosta. Le condizioni al contorno per leoscillazioni torsionali sono definite imponendo che la trazione debba esserenulla ai bordi della crosta. Come mostrato in [25], questo corrisponde a:(

dW

dr− W

r

)= 0. (1.31)

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1.5 Oscillazioni torsionali di una Stella di Neutroni

Queste condizioni non sono sufficienti a determinare completamente la fun-zione d’onda, in quanto abbiamo bisogno di definirne la normalizzazione chenel caso di [25] è fissata a W/r = 1.

L’ultimo punto rimasto da chiarire è il valore del modulo di shear al-l’interno della crosta. Nel caso di [25] viene utilizzata il modulo di shearcalcolato in [33]:

ν = 0.3711Z2e2n

4/3N

21/3. (1.32)

In [25], vengono calcolate le oscillazioni di una stella di neutroni con massa0.5M e densità centrale pari a 9.44 × 1014g/cm3. Nello stesso articolovengono mostrati i risultati per i modi torsionali con l = 2 e n = 0, 1, con nnumero quantico principale e l numero quantico angolare. Per convenzionechiamiamo tali modi ltn. I risultati ottenuti in [25] sono mostrati nelle Figure1.8,1.9. Il periodo dei modi con l = 2 e n = 0, è circa 20ms, mentre quellodel modo 2t1 è di circa 2ms. Nelle Figure 1.8,1.9 viengono mostrate lerispettive condizioni di trazione in funzione del raggio. Dai grafici è evidenteche il massimo di tale funzione non si ha nelle vicinanze della crosta esternama ben all’interno della crosta stessa. Anticipiamo che nel nostro modelloavremo una forma della trazione differente.

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1.5 Oscillazioni torsionali di una Stella di Neutroni

Figura 1.8: Autofunzione e trazione per il modo con n = 0 e l = 2 [25]

Figura 1.9: Autofunzione e trazione per il modo con n = 1 e l = 2 [25]

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Capitolo 2

Stelle Strane

La possibilità che all’interno di stelle compatte si possa trovare materia aquark deconfinata potrebbe aprire nuovi scenari nello studio della materiaad alte densità. In questo capitolo tratteremo dei cenni di CromodinamicaQuantistica e discuteremo l’ipotesi della Strange Quark Matter. Con que-ste premesse, discuteremo la costruzione di un modello di Stella Strana ei risultati che si ottengono. Successivamente cercheremo di capire le possi-bili fasi presenti all’interno di una Stella Strana partendo dal presuppostoche in essa emerge il fenomeno della superconduttività di colore. Discutere-mo quindi alcune proprietà generali della teoria della superconduttività e ciconcentreremo sulla Color Flavour Locking phase e sulla Cristalline Color Su-perConducting phase. Infine discuteremo alcuni osservabili da cui potremmoricavare informazioni atte a dimostrare l’esistenza delle Stelle Strane.

2.1 Cenni di Cromodinamica Quantistica

L’interazione forte riveste un ruolo di fondamentale importanza all’internodelle Stelle Compatte. La teoria di campo che descrive tale interazione èla QCD, una teoria di gauge non Abeliana con gruppo di simmetria SU(3)c[34, 36, 37]. Le particelle che si trovano in rappresentazione fondamentale diSU(3)c sono i quark. I 3 possibili stati di colore vengono convenzionalmentechiamati red (r), blue (b), green (g). Una importante caratteristica dei quarkè che hanno un ulteriore carica: il sapore. I possibili stati di sapore sono 6 esono chiamati up(u), down(d), strange(s), charm(c), bottom(b), top(t). InTabella 2.1 mostriamo massa e carica elettrica per i diversi stati di sapore.

Ricordiamo che gli unici quark che costituiscono i nucleoni sono i quarku e d. Nel vuoto gli altri quark sono instabili per decadimenti elettrodebolie qualsiasi adrone che contiene quark di sapore diverso, rispetto a quelli piùleggeri, decade. Data la simmetria, la teoria ha 8 bosoni mediatori dell’inte-razione forte: i gluoni. I gluoni sono bosoni vettori non massivi in quanto lasimmetria SU(3)c è una simmetria esatta. Una caratteristica che contrad-

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2.2 Ipotesi della Strange Quark Matter

Sapore u d c s t bm(GeV) .005 .01 1.5 .1 180 4.5qel 2/3 −1/3 2/3 −1/3 2/3 −1/3

Tabella 2.1: Valore di massa corrente e carica elettrica per quark di diversosapore [35].

distingue i gluoni dai fotoni (i mediatori dell’interazione elettromagnetica)è che i gluoni sono auto-interagenti: caratteristica dovuta al fatto che laQCD è una teoria non-Abeliana. Da questa proprietà segue che, nel casodella QCD, la costante di accoppiamento αS è una funzione che decresceall’aumentare del momento scambiato nell’interazione. Questa proprietà èchiamata libertà asintotica [38, 39].

Una ulteriore caratteristica dell’interazione forte è il confinamento, ov-vero la proprietà per cui possiamo osservare soltanto stati in singoletto dicolore: mesoni o barioni. All’interno del modello standard il fenomeno delconfinamento non è ben spiegato, ma può essere descritto attraverso un mo-dello fenomenologico: il MIT bag model [40, 41]. Secondo tale modello iquark sono quasi liberi di muoversi all’interno di una zona confinata (la bag)con carica di colore nulla. L’effetto della bag è quello di creare una tensionesuperficiale che esercita una pressione negativa sul sistema. Di conseguenzasi ottiene che

P +B =∑i

Pi, (2.1)

dove con i si intende la sommatoria su tutte le particelle presenti all’internodella bag e con B si indica la tensione superficiale esercitata. Il contributorisultante alla densità di energia, invece, è positivo ed è pari a:

ε =∑i

εi +B. (2.2)

2.2 Ipotesi della Strange Quark Matter

Comprimendo la materia a densità tali che la distanza media tra i nucleonisia inferiore del raggio dei nucleoni stessi, si può ipotizzare che gli adronivengano dissolti in quella che viene chiamata Quark Matter [44, 54]. Oggettiche potrebbero raggiungere densità sufficienti a permettere la dissoluzionedegli adroni potrebbero essere le Stelle Compatte. Una delle ipotesi possibiliè che il passaggio alla materia a quark avviene nel nucleo di una StellaCompatta e questa transizione di fase è dovuta soltanto all’alta densità delsistema [46]. Questa possibilità apre alla formazione delle Stelle Ibride, giàdiscusse in precedenza. Si può però fare un’ipotesi più stringente, ovveroche lo stato assolutamente stabile dell’interazione forte è la Strange QuarkMatter(SQM) [42, 43], che è una fase della materia costituita da quark u, d

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2.2 Ipotesi della Strange Quark Matter

e s deconfinati, più una determinata componente di elettroni che garantiscela neutralità elettrica del sistema [59]. Cerchiamo di dare una giustificazionea questa ipotesi attraverso un semplici argomenti teorici per un sistema diquark massless non interagenti, a temperatura T = 0, confinate all’internodi una MIT bag con pressione esterna nulla [4, 56].

Figura 2.1: Confronto tra l’energia per barione del 56Fe e l’energia perbarione della Quark matter con 2 o 3 sapori [4].

Avendo i quark massa nulla, pFi = µi, dove pFi è il momento di Fermi,µi il potenziale chimico dei quark e l’indice i si riferisce ai diversi sapori. Perun gas di Fermi, si ottengono risultati noti:

ni = µ3i /π

2, εi = 3µ4i /(4π

2), Pi = µ4i /(4π

2),

con ni numero di particelle per unità di volume, εi densità di energia e Pi lapressione di tutte le particelle con stesso sapore [56, 4, 57, 15]. Dato che lapressione esterna è nulla, la somma dei contributi della pressione dovuta allediverse specie di quark è pari alla costante di bag:

∑i Pi = B. Da questo

segue che la densità di energia totale è pari a: ε =∑

i εi+B = 3∑Pi+B =

4B, e la densità di barioni è pari a: nB =∑

i ni/3 [56, 4].Il primo caso che analizziamo è un gas con quark u e d. Imponendo la

neutralità elettrica del sistema si ottiene che nd = 2nu e µ = µu = µd/21/3.Di conseguenza, dato che la pressione totale è pari a: P = Pu + Pd =

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2.2 Ipotesi della Strange Quark Matter

(1 + 24/3)µ4/(4π2) = B, considerando che la densità di barioni è pari a:

nB = (nu + nd)/3 = nu = µ32/π

2, (2.3)

ed inoltre utilizzando la relazione della densità di energia totale trovata inprecedenza, si ottiene che l’energia per barione pari a [56, 4]:

E

A

∣∣∣∣Ni=2

=4BnB

= 934×B1/4145 MeV, (2.4)

con B145 = B/(145 MeV4).Un gas di fermioni con tre quark deve per ipotesi esercitare la stessa

pressione del caso precedente, data dalla costante di bag. Seguendo i calcolimostrati in [4], si ottiene:

E

A

∣∣∣∣Ni=3

=4B

1.127nB= 829×B1/4

145MeV. (2.5)

Di conseguenza la materia costituita da quark con tre sapori diversi ha ener-gia per numero barionico più bassa di circa 100 MeV rispetto all’energia pernumero barionico della materia contente solo quark u e d. Questo è facilmen-te spiegabile in quanto, nella materia strana, possiamo popolare uno statoin più, abbassando in tale modo l’energia di Fermi delle particelle. Possiamoparagonare i risultati ottenuti con l’energia per numero barionico del 56Fe,che è l’elemento con maggior energia di legame. Ricordiamo che l’energiaper numero barionico del 56Fe, è pari a [15]:

E

A

∣∣∣∣56Fe

=56mN − 56 · 8.8MeV

56= 930MeV, (2.6)

con mN = 938.9 MeV massa di un nucleone e 8.8 MeV energia di legameper nucleone nel ferro. Dato che la materia che osserviamo a basse densità èfatta di materia confinata, la costante di bag ha limite inferiore pari a [15]:

E

A

∣∣∣∣56Fe

<E

A

∣∣∣∣Ni=2

⇒ B1/4 > 144.4MeV. (2.7)

La SQM invece ha un energia per nucleone minore a quella del ferro perB1/4 < 162.8 MeV. Inoltre, come detto in [57], essa è metastabile rispetto adun gas di particelle Λ fino a B1/4 < 195.2 MeV. Comunque questo semplicemodello necessita di essere esteso al caso in cui il quark strange ha una massanon nulla ed inoltre siano presenti le interazioni. Il calcolo delle grandezze perms 6= 0 è stato svolto da Madsen [56] ed in Figura 2.2 mostriamo i risultatiottenuti. Le curve presenti indicano l’energia per nucleone al variare dellacostante di bag e della massa del quark strano. La regione racchiusa dallacurva a 939 MeV è all’incirca la regione di assoluta stabilità della SQM,mentre tra 939 e 1110 abbiamo la regione di metastabilità rispetto ad un gasdi barioni Λ [56].

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2.3 Stelle Strane

Figura 2.2: Energia per barione per SQM come funzione della costante di Bage della massa del quark strange. La regione in cui la SQM è assolutamentestabile è quella racchiusa dalla curva a EB = 139MeV [56].

2.3 Stelle Strane

Assumendo valida l’ipotesi di SQM, le alte densità presenti all’interno di unastella compatta potrebbero permettere la conversione della materia nuclearein materia deconfinata. Una stella di questo tipo è chiamata Stella Strana.

2.3.1 Costruzione del Modello e discussione dei risultati

Per studiare le proprietà delle Stelle Strane dobbiamo determinare una EoScon cui risolvere l’equazione TOV. Seguiamo la trattazione fatta in [15]. Ilmodello studiato è quello di una stella a temperatura nulla, con due quarkmassless, i quark u e d, ed un quark massivo, il quark s, all’interno di una bagdi densità di energia B. L’equilibrio chimico all’interno della Stella Strana ègarantito dai processi deboli:

u+ e→ d+ νe, (2.8)d→ u+ e+ νe, (2.9)s→ u+ e+ νe, (2.10)u+ e→ s+ νe, (2.11)s+ u↔ d+ u. (2.12)

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2.3 Stelle Strane

Dalle precedenti reazioni segue che:

µu = µ− 23µe, µd = µ+

13µe, µs = µ+

13µe, (2.13)

dove µ è il potenziale chimico medio. Si considera un potenziale chimico deineutrini nullo. Tenendo conto che il quark s ha massa, i momenti di Fermidei vari quark sono pari a:

pF,u = µu, pF,d = µd, pF,s =√µ2s −m2

s. (2.14)

Di conseguenza la densità di energia e la pressione dovute alle particelleall’interno della bag sono pari a [15]:∑

i=u,d,s,e

εi =3

4π2(µ4u + µ4

d + µ4e) +

3π2

∫ pF,s

0dp p2

√p2 − µ2

s, (2.15)

∑i=u,d,s,e

Pi =1

12π2(3µ4

u+3µ4d+µ4

e)+3π2

∫ pF,s

0dp p2(µs−

√p2 − µ2

s). (2.16)

Dato che la carica elettrica totale è nulla, si ottiene:

0 =∂

∂µe

∑i=u,d,s,e

Pi = −23nu +

13nd +

13ns + ne, (2.17)

e, risolvendo questa equazione sviluppata al primo ordine nella massa delquark strange, otteniamo i seguenti risultati [15]:

µe 'm2s

4µ, (2.18)

pF,u ' µ−m2s

6µ, (2.19)

pF,d ' µ+m2s

12µ, (2.20)

pF,s ' µ−5m2

s

12µ. (2.21)

É evidente, dalle relazioni precedenti, che i momenti di Fermi sono equi-spaziati di m2

s/(4µ), che è il potenziale chimico degli elettroni [15]. Comemostrato in [15], la densità di elettroni è proporzionale ne ∝ m6

s/µ3. Vedre-

mo in seguito che, nonostante la densità di carica sia piccola, questo fattoprovoca delle conseguenze rilevanti.

Sostituendo le espressioni precedenti nelle equazioni Eq.(2.15) e (2.16), eincludendo la costante di MIT bag, si ottiene la EoS per la materia a quark[15]:

P ' 3µ4

4π2− 3µ2m2

s

4π2−B. (2.22)

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2.3 Stelle Strane

Utilizzando la EoS precedente nell’equazione TOV si ottengono delle stellecon limite superiore di massa pari a 0.7M [47]. Il motivo di una massacosì piccola risiede nell’ipotesi di assenza di interazioni che, invece, rivesto-no un ruolo fondamentale. L’equazione precedente comunque può esseregeneralizzata includendo alcune correzioni come mostrato in [45]:

P =3

4π2a4µ

4 − 34π2

a2µ2 −B. (2.23)

Il primo termine sulla destra descrive in maniera effettiva le correzioni diliquido di Fermi. Il secondo termine correttivo dipende sia dalla massa delquark strange, sia dall’energia di gap (∆) di una delle possibili fasi supercon-duttive di colore presenti nella stella. Discuteremo questo argomento nellaprossima sezione.

Figura 2.3: Relazione massa raggio per diverse equazioni di stato. In violaviene mostrata una Stella Ibrida con due fasi di quark (CFL e APR), inrosso e blu sempre due Stelle Ibride con fase a quark (2SC) ma con diverseequazioni di stato nucleari. Infine in nero una Stella di Neutroni classica (conequazione di stato DBHF) ed in verde una Stella Strana, con equazione distato calcolata utilizzando un modello perturbativo di QCD. Per informazionisulle varie equazioni di stato, vedi [64].

Definita la EoS che utilizzeremo nel nostro modello, ci soffermiamo a par-lare delle caratteristiche generali di una Stella Strana. Mostriamo in Fig.(2.3)i profili tipici di massa e raggio di Stelle di Neutroni, Ibride e Strane ottenuticon diversi tipi di EoS, per dettagli si veda [64]. Si può immediatamente no-tare che, a differenza degli altri due tipi di Stelle Compatte in cui M ∝ R−3,per stelle conM < 1M, la relazione tra massa e raggio di una Stella Strana

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2.3 Stelle Strane

è M ∝ R3. Questo implica che in una Stella Strana con massa piccola ladensità è costante, caratteristica tipica di oggetti self-bound, ovvero tali chel’interazione che tiene la stella legata è la sola interazione forte. In realtà lagravità gioca un ruolo importante per grandi masse.

6 9 12R (km)

0

0.5

1

1.5

2

2.5

M/M

O. A

B

Figura 2.4: Relazione tra massa e raggio per Stelle Strane trovata utilizzandol’EoS Eq.(2.23). Per il modello A (curva rossa), i parametri utilizzati sono:a4 = 0.7, a2 = (200MeV)2, B = (165MeV)4 e con densità centrale ρc =5 × 1015g/cm3. Si ottiene una massa massima della stella M = 1.27Mcon raggio R ∼ 7.1 km. Per il modello B (curva blu), i parametri utilizzatisono a4 = 0.7, a2 = 0, B = (145MeV)4, con densità centrale pari a ρc ∼2 × 1015g/cm3. In questo caso, invece, si ottiene una massa massima dellastella pari a M = 2.0M e raggio R ∼ 10.9 km [53].

L’effetto dovuto alla gravità è facilmente osservabile nelle due curve diFigura 2.4 [53]. Tali famiglie di soluzioni dell’equazione TOV sono stateottenute con la EoS Eq.(2.23) variando i parametri a2 e B e tenendo fisso ilparametro a4 = 0.7. Per quanto riguarda il modello A, linea rossa in Figura2.4, sono stati scelti come parametri a2 = (200MeV)2 e B = (165MeV )4.Assumendo una densità centrale di ρc = 2 × 1015g/cm3, si ottiene che illimite superiore della massa è pari a 1.27M, con raggio di 7.2 km. Ilmodello B è stato ottenuto con pari densità centrali ma con a2 = 0MeV2

e B = (145MeV)4. In questo caso il limite superiore è pari a 2.0M a cuicorrisponde un raggio di 10.9 km. É chiaramente visibile che al crescere dellamassa le curve cambiano la propria dipendenza rispetto al raggio, scostandosisensibilmente dal caso in cui M ∝ r3.

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2.3 Stelle Strane

Un aspetto interessante di una Stella Strana è legato alla sua superficie.Ricordiamo che la superficie di una stella, per definizione, è lo strato in cuila pressione diventa nulla. Per analizzare al meglio questo punto, utilizziamouna EOS semplificata rispetto a quella che abbiamo definito finora:

P =13

(ρ− 4B). (2.24)

Questa EOS si ottiene nel caso di ms → 0 e αS → 0, come mostrato in[59]. Dato che la superficie di una stella ha pressione nulla, dall’Eq.(2.24)si ottiene una densità superficiale pari a: ρs = 4B. Questo vuol dire chela densità superficiale è dell’ordine di 1014 ÷ 1015g/cm3 e da tale valore ladensità si annulla sulla distanza caratteristica dell’interazione forte, ovvero1 fm. Nella Figura 2.5 è riportata la variazione della densità in funzione delraggio. É possibile notare che all’interno della stella la densità varia menodi un ordine di grandezza. Questa caratteristica resta vera anche nel caso distelle costruite con diverse EoS e ci sarà d’aiuto per la nostra analisi.

Figura 2.5: Densità di massa di tre Stelle Strane con diversa massa, calcolatein [3]. Come è possibile notare la densità decresce bruscamente quando r èpari al raggio della stella. All’interno della stella, invece, la densità cambiamolto lentamente. Infatti, è possibile notare che, nel caso in cuiM = 1.8M,la densità varia, all’interno di una stella di circa 10 km, da circa 2×1015g/cm3

a circa 1× 1015g/cm3 [3].

Analizziamo ora la distribuzione elettronica. Gli elettroni, non essendolegati dall’interazione forte, possono fuoriuscire dalla Quark Sfera, ovvero laregione della stella in cui sono confinati i quark. Lo spessore della zona incui si distribuiscono gli elettroni, al di fuori della Quark Sfera, è di qualche

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2.4 Superconduttività di colore

centinaia di Fermi [59, 53]. Questa zona viene chiamata Elettrosfera. In [59,53] è stato calcolato il potenziale elettrostatico dovuto a questa distribuzionedi carica, ottenendo V ∼ 5×1017 V/cm. Una distribuzione di carica di questotipo, come mostrato in [53], può amplificare l’emissione elettromagneticadella stella.

Finora abbiamo fatto delle considerazioni generali soltanto su una classedi Stelle Strane: le Stelle Strane bare. C’è infatti una ulteriore possibilità.Solitamente gli oggetti compatti si trovano in sistemi binari con altre stellee per l’attrazione gravitazionale che esercitano su queste, possono catturaremassa dalla compagna. Per le Stelle Strane può succedere che la massa cat-turata vada a formare una crosta di materia ionica. Tale crosta viene sorrettaal di sopra della superficie dal campo elettrostatico discusso in precedenza.Questo tipo di stelle vengono chiamate Stelle Strane non bare.

La possibilità che una Stella Strana abbia una crosta di materia nuclearerichiede una attenta considerazione. Infatti se la crosta nucleare entrasse incontatto con la superficie della Quark Sfera, date le nostre ipotesi, verreb-be convertita in SQM. Ne segue che la crosta ionica si estende per densitàinferiori alla densità di neutron drip [59]. Infatti, se la densità della crostaraggiungesse il neutron drip, i neutroni sarebbero liberati dai nuclei ed es-sendo neutri a causa dell’attrazione gravitazionale verrebbero assorbiti dallaQuark Sfera. Questo pone dei limiti superiori sulla massa della crosta ioni-ca. Calcoli accurati hanno dimostrato che la crosta nucleare per stelle conmassa M > 1M può essere spessa circa 300 m, contenendo una massa dicirca 1.7× 10−5M [3].

2.4 Superconduttività di colore

Un importante ed interessante aspetto dello studio di una Stella Strana ri-siede nelle possibili fasi della materia deconfinata. Per ragioni che sarannoesposte tra breve, ci aspettiamo che i quark deconfinati si trovino in fasisuperconduttive di colore, ovvero in fasi che rompono la simmetria SU(3)c.

2.4.1 Proprietà generali

Partendo dalle nostre conoscenze di QCD cerchiamo di addurre degli argo-menti che ci aiutino a descrivere le proprietà della materia a densità superioridella densità di saturazione nucleare. Ricordando che una della proprietà del-la QCD è la libertà asintotica, nel limite di potenziali chimici che tendonoa infinito, la costante di accoppiamento dell’interazione forte deve tendere a0, rendendo teoricamente possibile un approccio perturbativo della QCD. Inquesto regime ci aspettiamo, inoltre, che i quark siano deconfinati e popolinole proprie sfere di Fermi. Dato che è nota l’esistenza di un canale di intera-zione attrattiva, per il teorema di Cooper i quark con impulso nell’intorno

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2.4 Superconduttività di colore

della superficie di Fermi creano coppie di quark detti diquark del tutto ana-loghi alle coppie di Cooper. Questi formano un condensato in quanto bosoni[49]. Grazie a questo fenomeno emergono fasi superconduttive all’internodella materia. Il fenomeno della superconduttività è descritto dalla teoria diBardeen, Cooper e Schrieffer (BCS) [52]. Una delle conseguenze della teoriaBCS è che al fine di dissolvere una coppia di Cooper è necessario fornire alsistema energia. Questa energia, chiamata energia di gap, è in generale unaquantità che decresce all’aumentare dalla temperatura del sistema. Questoimplica che esiste una certa temperatura Tc, chiamata temperatura critica,in cui avviene la transizione tra fase superconduttiva e fase normale. Si no-ti che nel caso analizzato il meccanismo di pairing è dovuto all’interazioneforte.

A causa della creazione di coppie alcune simmetrie del sistema vengonorotte. Un condensato di diquark rompe la simmetria SU(3)c e per questomotivo tale fenomeno viene chiamato superconduttività di colore. Quindi, acausa dell’effetto di Meissner-Anderson-Higgs, alcuni dei gluoni acquistanomassa. Tale fenomeno è l’analogo della formazione di Coppie di Cooper didue elettroni che rompe la simmetria U(1)em e che rende un fotone massivo.

2.4.2 Fase di Coulor-Flavour Locking

A potenziali chimici asintotici, possiamo considerare una idealizzazione dellaQCD in cui i quark u, d, s sono massless [48], il che implica che la popolazionedei quark è esattamente la stessa: nu = nd = ns. Il condensato, in questocaso, ha la seguente forma [48]:⟨

ψαiL(~p)ψβjL(−~p)⟩

= −⟨ψαiR(~p)ψβjR(−~p)

⟩= ∆CFL(p2)εαβAεijA, (2.25)

dove ψ è l’operatore del campo di quark, (α, β) indici di colore, (i,j) indi-ci di sapore e ∆CFL è il parametro di gap della fase CFL. Il condensatoEq.(2.25) è invariante per rotazioni simultanee di colore e sapore, ovverostiamo rompendo contemporaneamente la simmetria di Gauge SU(3)c di co-lore e la simmetria globale di sapore SU(3)L× SU(3)R. Il pattern di rotturadella CFL è pari a:

SU(3)c × SU(3)L × SU(3)R ×U(1)B → SU(3)c+L+R × Z2. (2.26)

Questa fase viene chiamata Color-Flavour Locking Phase(CFL) perché solole rotazioni simultanee di colore, sapore e chiralità vengono preservate.

Il pattern di rottura Eq. (2.26) porta a caratteristiche fisiche peculiaridella teoria. Come prima proprietà, la CFL rompe la simmetria chirale e lo fain maniera diversa rispetto a ciò che succede nel caso della QCD a bassa den-sità. Infatti, per basse densità, la simmetria chirale è rotta spontaneamenteda condensati del tipo

⟨ψRψL

⟩, mentre in questo caso la simmetria chirale

è rotta dal locking colore-sapore [50]. Di conseguenza ci aspettiamo che la

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2.4 Superconduttività di colore

CFL abbia un ottetto di modi di Goldstone. Oltre a rompere la simmetriachirale, il pairing tra due quark rompe anche la simmetria U(1)B, lasciandosoltanto la simmetria discreta Z2. Come spiegato in [49], associata a talerottura esiste un bosone di Goldstone che rende la CFL una fase superflui-da. Infine viene rotta, come già anticipato, anche la simmetria SU(3)c, e diconseguenza ci aspettiamo che alcuni gluoni diventino massivi. Per quantoriguarda il parametro di gap, questo è stato calcolato con diversi metodi chenon elencheremo perché esulano dal nostro lavoro, per informazioni si veda[48, 49, 15]. I valori tipici dell’energia di gap calcolati sono:

∆CFL = 20÷ 100MeV. (2.27)

All’interno della Stella Strana, la massa del quark strange riveste unruolo fondamentale nel determinare le fasi della materia. Infatti, maggioreè la massa del quark strange, maggiore è la differenza tra i livelli di Fermidelle tre specie. Questa situazione crea uno stress sulla fase CFL in quantoil condensato accoppia i quark con pari momento di Fermi. Come detto in[49], il costo di energia da pagare per avere momenti uguali è dell’ordine dellamassa dello strange alla quarta potenza. Questo implica che la fase CFL èfavorita per energie di gap ∆CFL > M2

s /4µ [51]. Quando tale fase diventainstabile c’è la transizione ad una fase non-CFL.

2.4.3 Cristalline SuperConductive Phase

Le possibili fasi teorizzate che sono superconduttive di colore ma non sonodel tipo CFL sono molteplici, vedi per referenza [48, 49]. Alcune delle fasiproposte hanno delle instabilità cromomagnetiche, ovvero alcune masse deigluoni risultano immaginarie.

Una fase cromomagneticamente stabile è la Crystalline Color SuperCon-ducting (CCSC) [49, 55]. Questa ha diverse peculiarità. Innanzitutto, ilpairing tra i quark non è del tipo BCS. Il condensato caratteristico di talefase è [55]:

⟨0|φαiLφ

βiL|0

⟩≈

3∑I=1

∆IεαβIεijI

∑qm

I ∈qI

e2iqmI ·r, (2.28)

L’accoppiamento Eq.(2.28) è simile a quello proposto da Larking, Ovchinni-kov, Fulde e Ferrell [58] per la materia condensata ed è modulato dai vettoriqmI dove m è l’indice che identifica il set di vettori qI. La particolaritàdi tali vettori è che la grandezza è fissata dalle separazione delle superfici diFermi dei quark, mentre la direzione deve essere determinata minimizzandol’energia libera del sistema. Il pairing ha ampiezza data dai parametri digap ∆I e tale accoppiamento avviene senza deformare le sfere di Fermi deiquark, evitando costi energetici da pagare per riequilibrare i momenti. L’uni-co svantaggio di questo tipo di pairing è che l’accoppiamento non è isotropo

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2.4 Superconduttività di colore

φ φ

du

2q

s

2

2q3

du

s

φ=π

2q

φ=π

3

2q2

Figura 2.6: Grafico che mostra come si accoppiano i quark sulle superfici diFermi in due diverse configurazioni, φ = 70 e φ = 0, con φ, angolo compresotra q3 e q2. Gli anelli in rosso sono i condensati 〈ud〉, che ricordiamo hannoun parametro di gap pari a ∆3, ed il vettore d’onda è pari a q3. In blusono mostrate due degli anelli in cui è possibile il condensato 〈us〉, che haparametro di gap pari a ∆2 e vettore q2 [55].

nelle sfere di Fermi, di conseguenza possiamo accoppiare soltanto quark chehanno differenza di momento pari a 2qI, il che implica un ridotto guadagnodi energia libera. Dalla Eq.(2.28) si può immediatamente notare che i vettoriqmI sono i vettori dello reticolo di Bravais, e questo definisce una strutturacristallina [54, 55, 49].

Le analisi fatte si sono focalizzate sul pairing u-d e u-s, in quanto laseparazione dei momenti di Fermi tra d-s è il doppio, Fig.(2.6). Questo,guardando la forma del condensato Eq. (2.28), equivale a ipotizzare ∆1 = 0.In Fig.(2.6) sono mostrati i pairing possibili per una semplice struttura con 2vettori q2 e q3 [55]. Come è possibile vedere ci sono due anelli sulla superficiedi Fermi del quark up, uno in rosso ed uno in blu. L’anello in rosso èassociato al pairing con il quark d, con differenza di momento pari a 2q3,mentre l’anello in blu è associato al pairing con il quark s, con differenzadi momento pari a 2q2. Varie strutture cristalline sono state analizzate in[54, 55, 49]. Attraverso espansioni di Ginzburg-Landau (GL) è stato mostratoche le possibili strutture CCSC sono energeticamente favorite nell’intervallo:

2.9∆CFL .M2s

µ. 10.4∆CFL. (2.29)

Ulteriori analisi sono richieste, in quanto tali parametri sono dipendenti siadal modello utilizzato nel calcolo, sia dall’espansione GL fatta che potrebbenon essere sotto controllo.

Una importante proprietà della CCSC è la sua rigidità. Infatti, la presen-za di una struttura cristallina ci induce a pensare che possa essere definito un

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2.5 Possibili segnature della materia a Quark

modulo di shear. Il calcolo del modulo di shear è stato fatto in [54] attraversol’espansione GL della Lagrangiana, ottenendo che

ν ' ν0

(∆

10MeV

)2( µ

400MeV

), (2.30)

conν0 = 2.47MeV/fm3. (2.31)

Il valore del modulo shear risulta essere circa 20 ÷ 1000 volte superiore almodulo di shear della crosta di una Stella di Neutroni [53]. La presenza diuna fase rigida all’interno della Quark Sfera potrebbe fornire una spiegazioneal fenomeno dei glitches all’interno di una Stella Strana. Infatti possiamoimmaginare che i vortici formati nel nucleo superfluido siano legati al reticolocristallino formato dalla materia in fase CCSC.

2.5 Possibili segnature della materia a Quark

In questa sezione analizzeremo nel dettaglio le più importanti segnature dellapresenza di materia a quark all’interno di una Stella Compatta.

Una possibile segnatura dell’esistenza delle Stelle Strane può essere rica-vata dallo studio della relazione tra massa e raggio di una Stella Compatta.Ricordiamo che la differenza fondamentale tra le Stelle di Neutroni (e anchele Ibride) e le Stelle Strane, è che queste ultime sono self-bound. Di con-seguenza è possibile, in linea teorica, scoprire delle stelle che hanno raggi emasse minori dei limiti inferiori teorici previsti per le Stelle di Neutroni. Unesempio di questo tipo di stelle è stato discusso in [61], dove è stata analiz-zata la stella SAX J1808.4-3657 [3]. Attraverso dei modelli fenomenologiciin [61], è stato stimato che tale stella abbia una massa di M = 1.3M e unraggio R < 8km. Se la misura del raggio fosse precisa, potremmo chiara-mente pensare che tale sorgente sia una Stella Strana. Sfortunatamente lamisura del raggio di una Stella Compatta è affetta da grande incertezza, inquanto estremamente dipendente dal modello utilizzato. Inoltre vale la penacitare la possibile esistenza di materia strana all’interno di nane bianche, chenel caso vengono chiamate nane strane [62]. Come spiegato in [60], grazieal progetto Hyparcus nel futuro si potrebbero avere dei dati più precisi sullarelazione tra massa e raggio di una nana bianca [63]. Questo potrebbe es-sere un valido test per verificare l’esistenza di nane strane, che hanno unarelazione tra massa e raggio diversa rispetto al caso di nane bianche.

Un’ ulteriore segnatura dell’esistenza delle Stelle Strane è legata all’os-servazione delle submillisecond pulsar, ovvero stelle che ruotano con periodiinferiori a 0.5ms. Come detto in [3, 1, 60] le stelle di neutroni non posso-no avere periodi inferiori al millisecondo. Infatti, per periodi più piccoli, larotazione di una Stella di Neutroni supera il limite di mass-shedding, che èil limite per cui la forza centrifuga causa l’emissione di massa dell’equatore.

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2.5 Possibili segnature della materia a Quark

Per le Stelle Strane, considerando una tipica stella diM = 1.4M, possiamoottenere dei valori di rotazione inferiori [1]. Comunque, come mostrato in[3], possiamo trovare una legge di scala per il periodo minimo di rotazione.

Una ulteriore possibile segnatura dell’esistenza di Stelle Strane bare èstata discussa da Usov in [65]. In [65] viene calcolata la luminosità generatadalla produzione di coppie e+e− dalla barriera Coulombiana presente sullasuperficie di una Stella Strana bare. Il calcolo è stato fatto per Stelle Stranemolto calde con temperature superficiali di T ∼ 1011K, valori che tali stelleraggiungono soltanto immediatamente dopo la propria formazione. In questecondizioni la luminosità dovuta alla produzione di coppie e−e+ è di circa 1051

erg/s. Tale valore è molto maggiore sia del limite di Eddington (che per stelledi 1.4 masse solari è all’incirca di 1038 erg/s), sia della luminosità prodottadalla creazione di coppie neutrino-antineutrino nelle stelle di neutroni( dicirca otto ordini di grandezza come mostrato in [65]). Come detto in [60]se la Stella Strana è non nuda, la materia nucleare deve sottostare al limitedi Eddington, mostrando caratteristiche, anche in questo caso, del tuttoanaloghe alle Stelle di Neutroni.

Queste che abbiamo elencato sono le principali possibili prove all’esisten-za di una Stella Strana. Ulteriori ipotesi, che non vengono discusse perchéesulano da questo lavoro, sono state fatte in [60].

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Capitolo 3

Oscillazioni Torsionali di unaStella Strana non bare

In [53] sono state analizzate le oscillazioni torsionali di una Stella Strana baree in questo lavoro abbiamo esteso tale analisi al caso di Stelle Strane Vestite.Ci siamo focalizzati sul modo l = 1 che corrisponde ad una torsione dellacrosta. Questo modo non conserva il momento angolare, e di conseguenzadobbiamo ipotizzare che processi che trasferiscono momento angolare allacrosta siano attivi. Un tipico fenomeno di questo tipo è un glitch e in questolavoro analizzeremo le conseguenza di un glitch di tipo Vela.

Nella prima sezione di questo capitolo descriviamo il modello stellarestudiato e faremo una rapida rassegna delle varie ipotesi ed approssimazioniche sono utili al nostro scopo. Successivamente risolveremo l’equazione TOV,determinando i parametri del nostro modello stellare. Nella seconda sezioneci concentreremo sulle oscillazioni torsionali della stella considerata. Al finedi comprendere al meglio i risultati ottenuti abbiamo studiato il problema insimmetria planare ed in simmetria sferica mantenendo costanti i parametriall’interno delle croste. Infine abbiamo risolto il problema delle oscillazionitorsionali nel caso in cui la densità della crosta ionica abbia una dipendenzarealistica dal raggio. Nell’ultima sezione discutiamo brevemente i possibilieffetti dovuti alla temperatura della struttura e alla presenza del campomagnetico.

3.1 Modello Utilizzato

Le assunzioni fatte nella costruzione del nostro modello sono state ampia-mente discusse nei capitoli precedenti, di conseguenza facciamo soltanto unveloce riepilogo. L’ipotesi principale che viene avanzata è l’ipotesi di SQM.Ipotizziamo inoltre, che all’interno di una Stella Strana vi siano due diver-se fasi superconduttive di colore: un nucleo in fase CFL e un inviluppo dimateria in fase CCSC [53, 68]. Denominiamo il raggio a cui avviene la tran-

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3.1 Modello Utilizzato

sizione tra le due fasi superconduttive RCFL. La regione che contiene questedue fasi è la Quark Sfera, che ha raggio Rq. Ricordiamo che l’energia a cuila CCSC è favorita, rispetto alla CFL, dipende sia dalla massa del quarkstrange sia dal parametro di gap della CFL. Dato che tali quantità dipen-dono fortemente dal modello che viene utilizzato per il loro calcolo, il raggioRCFL è espresso in maniera parametrica: RCFL = aRq, con a parametroche varia tra 0 ≤ a ≤ 1.

La presenza di materia in fase CCSC implica la presenza di elettroniall’interno di una Stella Strana. Gli elettroni non sono vincolati dall’intera-zione forte e di conseguenza una parte di essi formano un sottile strato al difuori Quark Sfera, l’Elettrosfera. Questa si estende dal raggio Rq al raggioRe, ed è spessa qualche centinaia di Fermi [59]. Comunque, considerando chei raggi tipici di una Stella Strana sono dell’ordine della decina di chilometri,al fine della nostra analisi possiamo trascurare lo spessore dell’Elettrosfera.Al di sopra dell’Elettrosfera si estende una sottile crosta ionica, con spes-sore massimo dell’ordine di 200 m. Tale crosta è un cristallo coulombianoche supponiamo si estenda dalla densità di neutron drip alla densità a cuiavviene la transizione alla fase liquida, dove inizia il cosiddetto oceano. Latransizione tra oceano e crosta dipende dalla temperatura di melting, e mag-giore è la temperatura superficiale della stella, maggiore è la densità a cuiavviene tale transizione di fase.

Ricordiamo che che l’equazione TOV esprime l’equilibrio idrostatico al-l’interno della stella. L’assunzione di equilibrio idrostatico sembrerebbe incontrasto con il nostro studio, in quanto le oscillazioni torsionali di una stellasono considerate una risposta ad uno stress meccanico. L’equilibrio idrostati-co, comunque, è appropriato se possiamo descrivere la stella come un fluido.Questa approssimazione è sicuramente ragionevole per densità comprese trail neutron drip e 105 g/cm3. Questo perché la pressione nella crosta ionica èdovuta alla degenerazione degli elettroni, i quali possono essere trattati comeun fluido. La restante parte della crosta ionica ha massa trascurabile rispettoalla stella e possiamo ometterla nelle equazioni di equilibrio idrodinamico.Per quanto riguarda la materia a quark, la fase CFL è un superfluido e diconseguenza la descrizione fluida ha piena giustificazione. Infine, nonostantela grande rigidità della fase CCSC dovuta al pattern periodico del parametrodi gap, la pressione di equilibrio della materia a quark dipende debolmentedalla presenza del condensato. Assumiamo che tale contributo possa essereassorbito nella descrizione di tipo liquida della materia a quark. Infine as-sumiamo che la stella considerata ha rotazione nulla e campo magnetico dibackground trascurabile. Fatte le opportune considerazioni preliminari, ri-solviamo l’equazione TOV, Eq.(1.10). In questo caso, a differenza di quantovisto in precedenza, dobbiamo utilizzare due diversi tipi di EoS, una per lamateria a quark e una per la crosta ionica. In entrambi i casi consideriamo latemperatura trascurabile in modo da poter assumere che la distribuzione dibackground si comporti come un liquido di Fermi a temperatura nulla. Per

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3.1 Modello Utilizzato

CFL

q

Re

RCFL

R

electrons and ions

electrons

electrons and u, d, s quarks

u, d, s quarks

ionic crust

electrosphere

CCSC

R

Figura 3.1: Modello di Stella Strana non bare. Dalla risoluzione della TOV,otteniamo che il raggio della stella è R ' 9.18 km, e il raggio della QuarkSfera è Rq ' 8.98 km. La Quark Sfera contiene materia in fase CFL nellazona più interna e in fase CCSC in quella più esterna. Il raggio al qualeavviene la transizione tra le due fasi è lasciato come parametro. Lo spessoredell’ Elettrosfera è di qualche centinaio di Fermi e di conseguenza trascu-rabile. La crosta ionica è una crosta che ha le stesse proprietà della crostastandard di una Stella di Neutroni ed ha uno spessore di circa 200 m.

quanto riguarda la materia a quark abbiamo definito nel corso del precedentecapitolo, la EoS che riteniamo più plausibile, la Eq.(2.23) che riportiamo diseguito

ΩQM = − 34π2

a4µ4 +

34πa2µ

2 +B.

Il set di parametri utilizzato è a4 = 0.7, a2 = (200MeV)2 e B = (165MeV)4,valori intermedi rispetto a quelli utilizzati in [53]. Per la crosta ionica uti-lizziamo, per densità minori della densità del neutron drip, una differenteEoS. La EoS scelta è quella definita in [69], che è una EoS realistica basa-ta sui dati sperimentali delle masse di atomi ricchi di neutroni. Tale EoSnon ha una forma analitica, ma viene estrapolata dai dati riportati in [69],di cui mostriamo la dipendenza della pressione in funzione della densità inFigura 3.2. Notare che stiamo seguendo la trattazione fatta in [70], ovve-ro avanziamo l’ipotesi che la crosta ionica abbia come densità massima ladensità di neutron drip. Probabilmente in questo modo stiamo sovrastiman-do lo spessore della crosta in quanto studi più raffinati, che hanno tenuto

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3.1 Modello Utilizzato

105 108 1011 1014density Hgcm^3L

1019

1023

1027

1031

1035

Pressure Hdyncm^2L

Figura 3.2: Grafico dell’equazione di stato per la crosta ionica. Dai datipresenti in [69] abbiamo ottenuto una funzione interpolante.

in considerazione la pressione degli elettroni, indicano che probabilmente ladensità massima non è quella di neutron drip ma inferiore. Da questo segueuna diminuzione della massa e dello spessore della crosta ionica [71, 72].Perla nostra trattazione è sufficiente l’ordine di grandezza dello spessore dellacrosta ionica date le incertezze presenti nel modello. Nella risoluzione dellaTOV, consideriamo che la pressione sia una funzione monotona rispetto alraggio. Di conseguenza definiamo il raggio della quark sfera Rq, il raggio alquale si verifica la seguente condizione:

PQM (Rq) = PNM (Rq) = PND ∼ 7.8× 1029dyne/cm2, (3.1)

con PQM pressione calcolata con l’equazione di stato di quark matter, PNMpressione calcolata con l’equazione di stato della crosta ionica e PND pres-sione di neutron drip. Per quanto riguarda gli effetti del campo magneticosulle EoS, possiamo notare dalla discussione di [73] che il campo magneti-co, anche se estremamente forte come quello di una magnetar, ha un effettotrascurabile sulla distribuzione di materia.

Il modello ottenuto dalla risoluzione della TOV con i parametri descrittiè una stella con massa pari a 1.4M, valore tipico per questi oggetti. Ilprofilo di densità ottenuto risolvendo la TOV è mostrato in Figura 3.3. Ilraggio della stella è pari a circa R ' 9.18 km mentre il raggio della QuarkSfera è di Rq ' 8.98 km, il che implica che la crosta ionica è spessa circa200 m. É anche possibile notare che, come atteso, la densità non è unafunzione continua del raggio ma ha una discontinuità nel punto r = Rq,risultato simile a quanto ottenuto con altre equazioni di stato utilizzate nellostudio di Stelle Strane non bare, si veda [1]. Inoltre, una proprietà molto

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3.2 Oscillazioni Torsionali

0 2 4 6 8 10

r [km]

1000

1e+06

1e+09

1e+12

1e+15

ρ [g

/cm

3]

Figura 3.3: Profilo di densità del modello considerato di Stella Strana nonbare La Quark Sfera si estende fino a r < Rq ∼ 8.98km e la linea blucontinua rappresenta la densità della materia a quark. La crosta ionicasi estende approssimativamente dalla superficie della Quark sfera fino allasuperficie della stella. Il suo profilo di densità è rappresentato dalla lineatratteggiata in nero. Come aspettato la densità all’interno della stella hauna discontinuità.

interessante della crosta ionica è il gradiente di densità. Infatti nella crostala densità varia di circa 10 ordini di grandezza, passando in 200 m dalladensità di neutron drip (ρND ∼ 4.3 × 1011 g/cm3), alla densità del ferroρFe ∼ 7.8 g/cm3, caratteristica tipica della crosta di una Stella di Neutroni.Situazione diametralmente opposta invece si ha all’interno della Quark Sferadove la densità e quasi costante, come ci aspettavamo dalle considerazionifatte nel precedente capitolo.

3.2 Oscillazioni Torsionali

In questa sezione analizziamo le risposte meccaniche di una Stella Strananon-bare. Assumiamo come riferimento i risultati ottenuti in [25] e mostratinel primo capitolo. Ricordiamo che stiamo considerando le perturbazioni nellimite di risposta elastica, di conseguenza, valgono le seguenti espansioni:

U = U0 + u, Pik = P0δik −Πik, ρ = ρ0 + δρ, (3.2)

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3.2 Oscillazioni Torsionali

dove le quantità con il pedice 0 sono indipendenti dal tempo. Considerandoche la stella non ruota, la configurazione di equilibrio del vettore di sposta-mento è pari a: U0 = 0. Nel nostro studio non abbiamo considerato processidissipativi e abbiamo assunto l’equilibrio chimico, ovvero che la densità dimateria delle varie specie non cambia. Omettiamo anche il contributo dovu-to alle collisioni tra particelle, considerando quindi che il tempo scala con cuisi raggiunge l’equilibrio all’interno della materia sia trascurabile rispetto allascala delle forze esterne che determina le collisioni. Per considerazioni ener-getiche, tutte le perturbazioni oscillano alla stessa frequenza ω e assumiamoche il vettore di spostamento abbia una dipendenza del tipo:

u = eiωtξ. (3.3)

Con tali premesse, analizziamo il comportamento delle oscillazioni tor-sionali caratterizzate dall’ Eq.(1.28) che riportiamo in seguito:

∇ · u = 0, ur = 0.

Estendiamo il caso considerato nel corso del primo capitolo analizzandogli effetti della presenza di due croste. Risolvendo l’equazione di EuleroEq.(1.21) e l’equazione di continuità Eq.(1.20) la componente radiale delvettore di spostamento può essere trovata risolvendo l’Eq.(1.30) in entrambii mezzi:

ω2Wi = v2s,i

[− 1µi

dµidr

(dWi

dr− Wi

r

)− 1r2

d

dr

(r2dWi

dr

)+l(l + 1)r2

Wi

], (3.4)

con i= 1, 2. Denominiamo tutte le grandezze riferite alla crosta in faseCCSC con il pedice 1 e quelle riferite alla crosta ionica con il pedice 2.La condizione al contorno Eq.(1.31) va applicata ai bordi esterni delle duecroste e all’interfaccia tra le stesse. Inoltre sull’interfaccia imponiamo anchela condizione di no-slip, che implica che la perturbazione sulla superficie diseparazione delle due croste è la stessa. Le condizioni elencate si traduconoin: (dW1

dr− W1

r

)∣∣∣∣∣RCFL

= 0, (3.5)

ν1

(dW1

dr− W1

r

)∣∣∣∣∣Rq

= ν2

(dW2

dr− W2

r

)∣∣∣∣∣Rq

, (3.6)

W1(Rq) = W2(Rq), (3.7)(dW2

dr− W2

r

)∣∣∣∣∣Rs

= 0, (3.8)

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3.2 Oscillazioni Torsionali

con R2 ' 9.15 km, che rappresenta il raggio a cui avviene la transizionetra la crosta ionica e l’oceano. La densità a cui avviene tale transizioneè ρ(R2) ' 107 g/cm3. Inoltre ricordiamo che le dipendenze angolari sonoanaloghe a Eq.(1.29).

Per risolvere il problema delle oscillazioni torsionali dobbiamo definireall’interno delle regioni stellari sia il modulo di shear che la densità. Per loshear modulus della CCSC, utilizziamo il risultato mostrato nel precedentecapitolo Eq.(2.30),(2.31). In questa analisi consideriamo che il potenzialechimico varia poco all’interno della Quark Sfera e dato che il parametro digap è dipendente da esso, le due quantità vengono assunte costanti. Persemplicità consideriamo all’interno della crosta CCSC che il modulo di shearè pari al valore di riferimento Eq.(2.31):

νCCSC = ν0 = 2.47MeV/fm3.

La densità all’interno della crosta CCSC, come detto in precedenza, variadebolmente e di conseguenza possiamo assumerla costante, con valore ρQM =1015 g/cm3. Tale analisi è valida per tutti i casi studiati in questo capitolo.

Il modulo di shear della crosta ionica dipende non solo dalla struttu-ra cristallina considerata ma anche dalla direzione di oscillazione. Ad ognimodo è possibile definire un modulo di shear effettivo mediando sulle variedirezioni [74], la quale è una buona approssimazione nel caso in cui vengonostudiate croste con strutture policristalline. Da considerazioni dimensionali,considerando che la rigidità è dovuta all’interazione elettromagnetica tra gliioni, si ottiene: νeff (r) ∝ (Z(r)e)2n

4/3N . L’ordine di grandezza del modulo

di shear così stimato è di circa 1030 dyne/cm2. Comunque calcoli più precisisono stati fatti in [74] attraverso il metodo di Monte Carlo, in [75] attra-verso simulazioni di Dinamica Molecolare, e in [76] includendo fluttuazioniquantistiche. Da tali modelli si ottiene che:

νeff = cnN (e)(Z(r)e)2

a(r), (3.9)

con a(r) = (3/(4πnN (r)))1/3 distanza media tra gli ioni e c ∼ 0.1. Per quantoriguarda la densità, abbiamo utilizzato la funzione estrapolata in precedenzanella risoluzione della TOV, chiamata ρ(r)NM . Per evitare confusioni nellanotazione definiamo:

ν1 = νCCSC , ν2(r) = νeff (r) ρ1 = 1015g/cm3, ρ2(r) = ρNM (r).

Si può notare immediatamente che si ottengono le seguenti relazioni:ν1 >> ν2(r), ρ1 >> ρ2(r), per ogni Rq ≤ r ≤ R2.

3.2.1 Toy Model in simmetria planare

Prima di studiare nel dettaglio le oscillazioni torsionali all’interno della no-stra struttura, consideriamo un Toy-model che ci aiuta a comprendere ilcomportamento di oscillazioni torsionali in sistemi accoppiati.

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3.2 Oscillazioni Torsionali

−F

1D

2

F

D

Figura 3.4: Rappresentazione schematica del Toy Model costituito da solidipiani a contatto di spessore rispettivamente D1 e D2 e con ν1 6= ν2, ρ1 6= ρ2.Sulle superfici esterne agisce una coppia di forze che provoca l’oscillazionetorsionale della struttura.

Il Toy-Model è il sistema mostrato in Figura 3.4, formato da due solidiomogenei in contatto attraverso una superficie di separazione. Il sistemapuò essere considerato come un unico strato non omogeneo con una densi-tà di materia e un modulo shear che variano nel mezzo come una funzioneStep-like. Agli strati è applicato una coppia di forze che genera un momen-to torcente. In casi standard essi scivolerebbero uno sull’altro con attritodeterminato dalle forze di frizione presenti nel sistema. Supponendo cheil momento torcente sia sufficientemente piccolo, l’attrito statico impedisceagli strati di allontanarsi e il sistema inizierà ad oscillare intorno alla propriaposizione di equilibrio. Nei casi standard l’attrito statico è conseguenza delleforze di Van der Waals, di conseguenza è molto piccolo. Ma, supponendoche sulla superficie di separazione si trovi un forte campo elettrostatico, idue strati sono fortemente legati. Supponiamo, inoltre, di trovarci nel casoestremo in cui la forza di legame tra le due superfici sia dello stesso ordine osuperiore alla forza tra gli atomi negli strati. Di conseguenza, la forza neces-saria a far slittare le due superfici è maggiore di quella sufficiente a romperei legami atomici nei due strati.

Per semplicità nei successivi calcoli, poniamo l’origine del sistema sul-l’interfaccia dei due mezzi e chiamiamo la variabile di integrazione z. Lecondizioni al contorno sono le stesse definite in precedenza, ma in simmetria

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3.2 Oscillazioni Torsionali

planare. Di conseguenza per la no-slip condition, si ottiene:

u1(0−) = u2(0+),⇒ ξ1(0−) = ξ2(0+), (3.10)

e per la no-tracion condition si ottiene:

ν1∂zu1(0−) = ν2∂zu2(0+)⇒ ν1∂zξ1(0−) = ν2∂zξ2(0+), (3.11)∂zu1(−D1) = 0, (3.12)∂zu2(D2) = 0, (3.13)

dove le ultime due condizioni altro non sono che le condizioni di Neumannsui bordi esterni dei due strati.

A questo punto esprimiamo l’Eq.(3.4) in coordinate cartesiane, conside-rando gli shear modulus costanti e gli spostamenti dipendenti soltanto daz:

ν1∂2zξj(z) + ω2ρ1ξj(z) = 0 −D1 ≤ z ≤ 0,

ν2∂2zξj(z) + ω2ρ2ξj(z) = 0 0 ≤ z ≤ D2,

(3.14)

definendo nelle precedenti equazioni j = x, y. Ricordando che la velocitàdi shear nei mezzi è pari a vsi =

√νiρi, possiamo risolvere analiticamente le

Eq.(3.14):ξj(z) = A cos

(ωvs1z)

+B sin(ωvs1z)−D1 ≤ z ≤ 0,

ξj(z) = C cos(ωvs2z)

+D sin(ωvs2x)

0 ≤ z ≤ D2.(3.15)

Imponendo le condizioni al contorno alle soluzioni Eq.(3.15), si ottiene

∂ξj(z)∂z

∣∣z=D2

= −C ωvs2

sin(ωvs2D2

)+D ω

vs2cos(ωvs2D2) = 0,

∂ξj(z)∂z

∣∣z=−D1

= A ωvs1

sin(ωvs1D1

)+B ω

vs1cos(ωvs1D1) = 0,

ξj(0−) = A = ξj(0+) = C ⇒ A− C = 0,µ1

∂ξj(z)∂z

∣∣z=0−

= µ1ωvs1B = µ2

ωvs2D = µ2

∂ξj(z)∂z

∣∣0+ .

(3.16)

Scrivendo il precedente sistema in forma matricialeωvs1

sin(ωvs1D1

)ωvs2

cos(ωvs2D1

)0 0

0 0 − ωvs2

sin(ωvs2D2

)ωvs2

cos(ωvs2D2

)1 0 −1 00 ω µ1

vs10 −ω µ2

vs2

ABCD

=0,

(3.17)ed imponendo il determinante della matrice pari a 0, otteniamo:

µ1

vs1sin(ωD1

vs1

)cos(ωD2

vs2

)+µ2

vs2cos(ωD1

vs1

)sin(ωD2

vs2

)= 0. (3.18)

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3.2 Oscillazioni Torsionali

Utilizzando le formule di prostaferesi, la precedente equazione può essereriscritta in una forma più semplice:

sin[ω

(D1

vs1+D2

vs2

)]=

(µ2vs1 − µ1vs2)(µ1vs2 + µ2vs1)

sin[ω

(D1

vs1− D2

vs2

)]. (3.19)

L’Eq.(3.19) è l’equazione generale per la condizione di quantizzazioneall’interno del sistema analizzato. Quello che però noi vogliamo è che talesistema possa dare risultati utili allo studio del nostro modello stellare. Pos-siamo di conseguenza ipotizzare che i due strati siano una schematizzazionein simmetria planare delle croste in fase CCSC e della crosta ionica. Nelconsiderare degli strati piani, stiamo assumendo che il raggio della stella siasufficientemente grande da giustificare l’utilizzo della simmetria planare. Unapproccio di questo tipo è stato fatto in numerosi lavori come ad esempio[26, 27]. Di conseguenza per i parametri tipici delle due croste si ottiene:

ν1vs2 >> ν2vs1 . (3.20)

Imponendo la precedente relazione all’equazione Eq.(3.19) si ottiene:

sin[ω

(D1

vs1+D2

vs2

)]= − sin

(D1

vs1− D2

vs2

)]⇒

⇒ 2 sin(ωD1

vs1

)cos(ωD2

vs2

)= 0. (3.21)

Dalla condizione Eq.(3.21) si ottengono due frequenze, una dipendentedalle proprietà meccaniche del primo strato e una dipendente dalle proprietàmeccaniche del secondo strato. Per il primo strato si ottiene la frequenza diquantizzazione:

ωn =nπvs1D1

, (3.22)

che non è altro che la frequenza che si otterrebbe per un singolo strato dispessore D1, imponendo le condizioni di Dirichlet. Per il secondo strato siottiene la frequenza:

ω2 =(2n− 1)πvs1

D2, (3.23)

che diversamente dal caso precedente, è la condizione che si otterrebbeapplicando condizioni di Neumann ad una crosta di spessore D2.

3.2.2 Oscillazioni torsionali in simmetria sferica con crosteomogenee

Analizziamo ora le oscillazioni torsionali in simmetria sferica ipotizzandoche le croste siano omogenee, ovvero che abbiano densità e moduli di shearcostanti nei mezzi. Analizziamo due set di parametri per la crosta ionica. Il

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3.2 Oscillazioni Torsionali

primo, che chiamiamo set A, corrisponde a considerare i parametri calcolatialla densità di neutron drip:

ρ2 = ρND, ν2 = νeff (Rq) = 3.4 · 10−5MeV/fm3. (3.24)

Il secondo set, che chiamiamo B, corrisponde alla scelta di utilizzare i para-metri calcolati sulla superficie di separazione tra crosta ionica e oceano:

ρ2 = ρNM (R2) = 2.8 · 109g/cm3, ν2 = νeff (R2) = 2.1 · 10−15MeV/fm3.(3.25)

Dato che le croste sono omogenee, possiamo calcolare analiticamente lasoluzione dell’ Eq.(3.4), in quanto il termine nella l’Eq.(3.4) che dipende dalladerivata logaritmica del modulo di shear è nullo. In questo caso l’Eq.(3.4)è un’equazione di Bessel. Di conseguenza le soluzioni per i due mezzi sonocombinazioni lineari delle ben note funzioni di Bessel:

W1 = AJl+1/2(rω/v1) +BYl+1/2(rω/v2) per RCFL ≤ r ≤ RqW2 = CJl+1/2(rω/v1) +DYl+1/2(rω/v2) per Rq ≤ r ≤ R2

(3.26)

con Jl+1/2 e Yl+1/2 funzioni di Bessel di primo e secondo tipo.In questo lavoro ci concentriamo sul caso l = 1. Utilizzando le condizioni

al contorno definite sui bordi esterni delle croste, si ottiene:

Wi(r) =1√rCi(J3/2(rω/vi)−KiY3/2(rω/vi)

)(3.27)

conK1 = J5/2(RCFLωv1)/Y5/2(RCFLω/v1), (3.28)

eK2 = J5/2(R2ωv2)/Y5/2(R2ω/v2). (3.29)

Con le restanti condizioni al contorno determiniamo il rapporto C1/C2 e lafrequenza di oscillazione.

Mostriamo i risultati ottenuti utilizzando il modello A in Figura 3.5,dove riportiamo la frequenza in KHz rispetto al parametro che definisce lospessore della crosta CCSC, a. La linea blu, rappresenta il modo 1t1, la lineatratteggiata rossa il modo 2t1 e la linea punteggiata verde il modo 3t1. Lostesso abbiamo fatto per il modello B, i cui risultati vengono mostrati inFigura 3.6.

Osservando la Figura 3.5, si può notare la particolare dipendenza da adelle frequenze. Infatti per a . 0.75 il modo 1t1 è un modo che cresce alcrescere di a. Per a & 0.75, invece, la frequenza diventa costante. Possiamonotare che per a . 0.75 la frequenza di oscillazione è molto simile a quellaottenuta per una Stella Strana bare in [53] e in base a tale osservazionepossiamo ipotizzare che in questo range di valori di a, la frequenza è unafrequenza tipica della crosta CCSC. Per a & 0.75 invece l’oscillazione è a

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3.2 Oscillazioni Torsionali

Figura 3.5: In figura sono mostrate le frequenze dei modi 1t1 con una lineacontinua blu, 2t1 con una linea tratteggiata rossa e 3t1 con una linea punteg-giata verde, per il modello A. Al variare di a notiamo che la frequenza delmodo con n = 1 è crescente fino ad a ' 0.75, dove diventa un modo indipen-dente dallo spessore della crosta CCSC. Analogamente il modo con n = 2,per piccoli a cresce fino a quando a ' 0.5. Da questo punto fino ad a ' 0.75,la frequenza è indipendente da a. Successivamente per 0.75 . a . 0.9, lafrequenza del modo torna ad avere una dipendenza da a. Infine, per a > 0.9il modo torna ad essere indipendente dal valore di a.

frequenza costante, che implica che è una proprietà meccanica della crostaionica. Le frequenze associate alla crosta ionica sono all’incirca pari a:

ω2 'πv2

2(R−Rq), (3.30)

analogamente a quanto ottenuto in precedenza nel caso planare. La primafrequenza indipendente da a ottenute nel caso in analisi è all’incirca pari a25000Hz che è in buona approssimazione il valore che si ottiene sostituendoalla precedente relazione i dati del problema. Il fatto che in:

a∗ = (1− 2v1/Rq · (R−Rq)/v2) ∼ 0.75, (3.31)

ci sia un crossing tra due differenti modi di oscillazione, implica che le oscilla-zioni della crosta CCSC e della crosta ionica sono uguali, e che tale situazionecorrisponde ad un nodo che si trova sulla superficie di separazione dei mezzi.

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3.2 Oscillazioni Torsionali

Figura 3.6: In figura sono mostrate le frequenze dei modi 1t1 con una lineacontinua blu, 2t1 con una linea tratteggiata rossa e 3t1 con una linea pun-teggiata verde, per il modello B. In questo caso i primi 3 modi sono tuttidebolmente dipendenti dallo spessore della crosta CCSC, qualsiasi esso sia.

I modi con più nodi hanno lo stesso comportamento. Per il 2t1 ci sonotre crossing, due volte con il nodo con n = 3, e uno con il nodo n = 1. Comeè possibile vedere in Figura 3.5 per grandi a la frequenza del modo 2t1 èall’incirca uguale a:

ω ' 3πv2

2(R−Rq)(3.32)

Dal grafico Figura 3.5 si può notare che per ogni valore di a almeno uno dei tremodi è di pura crosta ionica. Per il set di parametri B tutte e tre le frequenzesono indipendenti da a, vedere Figura 3.6. In questo caso la frequenza dioscillazione del modo con n = 1 è pari a ω ' 1kHz. I valori delle frequenzeottenute sono in buona approssimazione pari a ω = (2n− 1)πv2/2(R−Rq):

Per comprendere meglio la dipendenza delle oscillazioni da a discutiamonel dettaglio le ampiezze del modo 1t1. In Figura 3.7 mostriamo l’ampiezzadel modo ottenuto utilizzando i parametri del set A, considerando a = 0.4,mentre in Figura 3.8, sempre utilizzando i parametri del set A, mostriamol’ampiezza di oscillazione per a = 0.8. Per determinare i valori assolutidi tale ampiezze assumiamo che tutta l’energia di un glitch di tipo vela,Eglitch ∼ 5×1042 ergs, venga ceduta al modo 1t1. Per a = 0.4 otteniamo chesia la crosta CCSC che la crosta ionica oscillano con ampiezza dell’ordinedella decina di centimetri. Per a = 0.8, invece, l’oscillazione della crosta CC-

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3.2 Oscillazioni Torsionali

Figura 3.7: Ampiezza di oscillazione per il modo con n = 1 calcolata con iparametri del set A e per a = 0.4. L’oscillazione è presente in entrambe lecroste e l’ampiezza tra le due è confrontabile (dell’ordine di 10cm.

Figura 3.8: Ampiezza di oscillazione per il modo con n = 1 calcolata con iparametri del set A e per a = 0.8. É evidente in questo caso che l’oscillazioneavviene soltanto nella crosta ionica e l’ampiezza è di circa 10 m.

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3.2 Oscillazioni Torsionali

SC è trascurabile e il modo è confinato nella crosta ionica con oscillazioni didecine di metri. Questo risultato conferma l’ipotesi per cui le oscillazioni chenon hanno dipendenza da a sono modi confinati nella crosta ionica. Per ilset di parametri B la dipendenza da a dai primi tre modi è trascurabile e, diconseguenza, se graficassimo le ampiezze di oscillazione otterremmo compor-tamenti simili alla Figura 3.8. Ad ogni modo, il valore assoluto dell’ampiezza,per parametri del modello B, è estremamente grande e si può mostrare chepotrebbe raggiungere l’ordine di grandezza della decina di metri. Ovvia-mente una situazione di questo tipo trascende i limiti di approssimazione dirisposta elastica e possiamo possiamo supporre la rottura della crosta ionica.

Una misura della deformazione di un solido è lo shear strain. In generalelo shear strain dipende dalle coordinate angolari ma, in questo lavoro, siamointeressati al suo modulo:

|s| =∣∣∣∣dWdr − W

r

∣∣∣∣, (3.33)

che dipende soltanto dalle coordinate radiali. Si può notare che lo shearstrain è per ipotesi nullo sulle superfici esterne delle croste. Ad ogni modo,la dipendenza angolare dello shear strain può essere ottenuta moltiplicandol’equazione precedente con le appropriate funzioni angolari Eq. (1.29). InFigura 3.9, riportiamo lo shear strain del modo 1t1, con a = 0.8 e set diparametri A. Tale figura si riferisce soltanto allo strain nella crosta ionicadato che la deformazione della crosta CCSC è molto più piccola. La Figura3.10 corrisponde allo stesso modo ma calcolato con il set di parametri B.Si può notare che lo shear strain mostrato in Figura 3.10 è di circa dueordini di grandezza maggiore rispetto allo shear strain mostrato in Figura3.9. Si può notare inoltre, che in entrambi i grafici la deformazione massimasi ottiene all’interfaccia tra la crosta CCSC e la crosta ionica. Lo strain èuna funzione monotona decrescente della coordinata radiale perché la crostaionica è omogenea e perché lo shear strain sulla superficie deve essere zero.

La crosta ionica può sostenere al massimo shear strain di circa smax =10−4 ÷ 10−2, vedi [77] per una discussione sullo strain di diversi materiali.Recentemente sono stati sviluppati delle simulazioni di dinamica molecolaredi cristalli di Coulomb [78], ottenendo che lo shear massimo nel caso dicristalli perfetti è di circa 10−1. Come è possibile vedere nelle Figure 3.9,3.10 la deformazione della crosta ionica è grande, il che implica che la crostamolto probabilmente si rompe se viene trasferita su di essa tutta l’energia diun glitch.

3.2.3 Crosta ionica non omogenea

Analizziamo ora le proprietà meccaniche in presenza di una crosta ionica nonomogenea. Risolviamo quindi l’ Eq.(3.4) includendo nella velocità di shearv2(r) e nel modulo di shear ν2(r) la dipendenza dal raggio. Le frequenze dei

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3.2 Oscillazioni Torsionali

Figura 3.9: Valore assoluto dello shear strain nella crosta ionica. Risultatiottenuti con i parametri del set A e per a = 0.8, assumendo che tutta l’energiadi un glitch di tipo Vela sia fornito al modo 1t1.

Figura 3.10: Analogo della Figura 3.9 con i parametri del set B.

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3.2 Oscillazioni Torsionali

Figura 3.11: In figura sono mostrate le frequenze dei modi 1t1 con unalinea continua blu, 2t1 con una linea tratteggiata rossa e 3t1 con una lineapunteggiata verde, nel caso di una crosta ionica non omogenea. Sono evidentile similitudini con il caso costante calcolato con set di parametri A.

primi tre modi sono mostrati in Fig. 3.11. Tale figura mostra una dipendenzadelle frequenze rispetto allo spessore della crosta CCSC del tutto simile alcaso omogeneo con set di parametri A. Per piccoli valori di a la frequenzadi oscillazione del modo 1t1 dipende fortemente dallo spessore della crostaCCSC. Come visibile in Figura 3.11 ci sono effetti di crossing tra le frequenze.Aumentando il valore di a, infatti, si raggiunge il valore critico, per il modo1t1, intorno ad a∗ ∼ 0.7 per il quale c’è un crossing tra il modo con n = 1 en = 2. Per a > a∗, anche nel caso di crosta ionica non costante, si ottieneun modo di sola crosta. In Figura 3.12, mostriamo l’ampiezza di oscillazionenel caso di a = 0.4. É evidente che in questa situazione il moto è accoppiatoe l’oscillazione, normalizzata come fatto in precedenza, è dell’ordine delladecina di cm in entrambe le croste, analogamente al caso mostrato Figura3.7. In Figura 3.13, invece, viene mostrata l’ampiezza di oscillazione perun modo di pura crosta, ovvero con a = 0.8. In questo caso, è evidente chel’ampiezza di oscillazione è nulla sulla crosta CCSC e raggiunge le centinaia dimetri nella crosta ionica. Questo caso è analogo a ciò che abbiamo mostratonella Figura 3.8, ma rispetto a quest’ultimo l’ampiezza nel caso non costanteè di un ordine di grandezza maggiore.

Come nel caso studiato in precedenza, l’ampiezza di oscillazione è moltolarga e ciò indica che a causa di questi modi la stella potrebbe essere soggetta

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3.2 Oscillazioni Torsionali

Figura 3.12: Ampiezza di oscillazione per il modo con n = 1 calcolata pera = 0.4, nel caso di crosta ionica non omogenea. L’oscillazione è presentein entrambe le croste e l’ampiezza è confrontabile con i risultati mostrati inFigura 3.7.

Figura 3.13: Ampiezza di oscillazione per il modo con n = 1 per a = 0.8,calcolata nel caso di crosta ionica non omogenea. In questo caso l’oscillazioneavviene soltanto nella crosta ionica, analogamente al caso 3.8, ma l’ampiezzaè di circa 100 m, ovvero un ordine di grandezza superiore al caso mostratoin Figura 3.8.

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3.2 Oscillazioni Torsionali

Figura 3.14: Shear strain, come definito nell’Eq.(3.33) prodotto dal mododi oscillazione 1t1 prendendo in considerazione le proprietà inomogenee dellacrosta ionica. Come è possibile notare, a differenza del caso ottenuto utiliz-zando parametri costanti, il massimo dello strain si ottiene nelle vicinanzedella crosta. Tale figura è stata ottenuta considerando a = 0.8.

ad una frattura della crosta. Lo shear strain corrispondente all’oscillazionedella crosta ionica è riportata in Figura 3.14 come funzione del raggio. Met-tendo in relazione la figura 3.8 e la figura 3.14, si può notare che lo shearstrain, nel caso di crosta non omogenea, non ha un massimo sull’interfacciatra crosta CCSC e crosta ionica. La ragione è che lo shear modulus dellacrosta ionica diminuisce muovendosi verso la superficie e di conseguenza lamateria può essere spostata da una oscillazione torsionale più facilmente.Questo è anche il motivo per il quale le oscillazioni di pura crosta nel casodi crosta non omogenea sono maggiori rispetto al caso con crosta omogenea.Considerato che lo shear strain deve essere nullo sulla superficie di una stellane segue che il massimo di strain è prodotto vicino alla superficie.

Nella figura 3.15 mostriamo il massimo valore ottenuto dello strain infunzione del parametro a. Da questa figura è chiaro che per ogni valore dia lo shear strain è molto più grande di 10−4, e probabilmente questo portaalla frattura della crosta in presenza di fenomeni di glitches.

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3.3 Effetti dovuti alla temperatura e al campo magnetico

Figura 3.15: Valore massimo dello shear strain in funzione dello spessoredella crosta CCSC.

3.3 Effetti dovuti alla temperatura e al campo ma-gnetico

Abbiamo finora trascurato gli effetti della temperatura e del campo magneti-co della stella. In questa sezione discutiamo rapidamente il range di validitàdella presente analisi.

Per quanto riguarda gli effetti dovuti alla temperatura è ben noto che ilmodulo di shear è inversamente proporzionale a T . Una tipica temperaturasuperficiale di una Stella Strana è di circa 105÷106 K. Ovviamente all’internosi raggiungono temperature maggiori, per maggiori informazioni sulla tem-peratura di una Stella Strana vedere ad esempio [2]. Ad ogni modo la tipicaenergia di scala della crosta CCSC è dell’ordine di decine di MeV quindi glieffetti della temperatura nella crosta CCSC possono essere trascurati. D’al-trocanto la crosta ionica è fortemente influenzata dalla temperatura, comedetto nel primo capitolo. Stimiamo che la temperatura a cui la nostra analisiè valida considerando la densità a cui si forma l’oceano stellare. Ricordia-mo che la transizione è determinata dal rapporto tra l’energia di Coulomb el’energia termica. Definendo il parametro Γ come nella Eq. (1.12), la condi-zione di fusione si ha quando Γ = 175. Quindi nel nostro caso, assumendo latemperatura costante nella crosta ionica, approssimazione giustificata datoche la crosta è un ottimo conduttore termico, possiamo facilmente stimareil punto corrispondente alla transizione solido- liquido. Tale dipendenza è

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3.3 Effetti dovuti alla temperatura e al campo magnetico

9 9,05 9,1 9,15

r (km)

10

100

1000

ΓT = 3 x 10

8 K

T = 3 x 107 K

LIQUID

SOLID

Figura 3.16: Studio della fase della crosta ionica in funzione della tempera-tura. La linea orizzontale corrisponde ad un parametro di Coulomb pari aΓ = 175. La linea blu è stata calcolata per T = 3 × 108 K, mentre la linearossa per T = 3× 107 K.

mostrata nella figura 3.16. Per T = 3× 107K che corrisponde alla linea trat-teggiata rossa solo una piccola frazione della crosta è liquida. Il valore delladensità della stella a cui la transizione avviene è ρ ∼ 107 g/cm3. Quindi,nella presente analisi abbiamo considerato che la crosta ha una temperaturaal massimo di 107 K. Per temperature maggiori il comportamento cambia.Ad esempio analizziamo il caso in cui T = 3× 108K che corrisponde la lineablu della figura 3.16. In questo caso, gran parte della crosta ionica è liquida.

L’effetto del campo magnetico in questo modello è duplice. Difatti, ècausa sia di effetti sulla carica netta situata per r ∼ Rq sia di effetti dimagnetoidrodinamica nel volume della stella. Gli effetti locali corrispondonoa deformazioni della carica distribuita a Rq e possono essere assorbiti nellecondizioni al contorno. Questo produce uno shift nelle frequenze quantizzate.A meno di considerare campi magnetici B >> 1014G questo shift è moltopiccolo[59]. Per quanto riguarda gli effetti di magnetoidrodinamica, il campomagnetico produce una forza di Lorentz di richiamo che compete con lo shearstress. Se la forza di Lorentz è maggiore dello shear stress le oscillazionidominanti sono onde di Alfven. abbiamo ottenuto che per B . 1013G, lavelocità di shear domina e l’analisi fatta in questo capitolo è valida.

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Capitolo 4

Conclusioni

Nel corso di questo lavoro abbiamo considerato un modello di Stella Strananon bare che comprende al suo interno materia a quark in fase supercondut-tiva con un inviluppo di materia nucleare standard. Abbiamo supposto chela materia a quark si possa trovare in due fasi superconduttive: un nucleoin fase CFL e un suo inviluppo in fase CCSC. Questo sistema, che forma laQuark Sfera, è separata dalla crosta ionica da uno strato popolato da elettro-ni spesso poche centinaia di Fermi. Abbiamo determinato la configurazionedi background risolvendo l’equazione TOV utilizzando e raccordando oppor-tunamente due EoS. Una EoS si ottiene da considera una semplice parame-trizzazione della materia a quark mentre l’ EoS utilizzata per la descrizionedella materia nucleare è ricavata da dati sperimentali. Abbiamo scelto unasoluzione rappresentativa tra la famiglia di soluzioni possibili della TOV.Risultati simili possono essere ottenuti in Stelle Strane con raggi e massediverse.

Sia la crosta CCSC che la crosta ionica sono rigide e pertanto abbiamostudiato le oscillazioni torsionali che possono supportare. Abbiamo visto cheesse sono di due tipi. Oscillazioni del primo tipo sono quelle che mettonoin movimento entrambe le croste mentre quelle del secondo sono i moti checoinvolgono soltanto la crosta ionica. Questi ultimi diventano i moti a minoreenergia quando la crosta CCSC è sottile, ovvero quando la regione in faseCCSC è spessa meno di circa 2 km. Abbiamo risolto il problema in simmetriasferica sia in un modello semplificato, in cui tutti i parametri del sistema sonocostanti, sia in un modello più realistico in cui la crosta ionica è disomogenea.Per quanto riguarda la crosta CCSC abbiamo considerato che i parametriche la descrivono sono costanti. Tale approssimazione è ragionevole dato chela densità in tutta la Quark Sfera varia di un fattore 2 . Abbiamo ottenutoche le frequenze di oscillazione del modo con l = 1 sono dell’ordine di 10kHz e non sono molto sensibili all’estensione della crosta CCSC. I modi conl = 1 corrispondono a torsioni della crosta e non conservano il momentoangolare. Di conseguenza devono essere generati da fenomeni che scambiano

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momento angolare con la crosta. Abbiamo assunto che l’energia necessariaall’attivazione del modo torsionale sia fornito da un glitch. Per questa ragioneabbiamo supposto che l’energia di una oscillazione torsionale sia dell’ordinedi un glitch di tipo Vela. Inoltre, abbiamo ipotizzato che tutta l’energiadi un glitch fornisca energia ad un solo modo. Con queste ipotesi abbiamoottenuto che la deformazione della crosta ionica è molto grande. Se solo unafrazione α venisse convogliata in un modo torsionale, l’ampiezza e lo shearstrain corrispondenti verrebbero scalati di

√α. Se α ∼ 1, probabilmente lo

strain è sufficientemente grande da rompere la crosta ionica in ogni caso. Sela crosta CCSC dovesse essere sufficientemente sottile da confinare il motosolo sulla crosta ionica anche considerando α ∼ 10−3 lo strain è dell’ordinedi 0.1. La frattura della crosta avviene se lo shear strain è più grande delbreaking strain, smax. In [77] vengono discussi i valori di strain per diversimateriali. Non è noto quale sia il meccanismo microscopico responsabiledella risposta non elastica, di conseguenza lo strain massimo ha una grandeincertezza. Il range di valori ampiamente usati è tra smax = 10−4 ÷ 10−2

ma valori di 10−1 possono essere appropriati per cristalli privi di difetti [77]come mostrato ad esempio in simulazioni di dinamica molecolare [78].

Per capire meglio la regione in cui la crosta si rompe potrebbe essereimportante calcolare il breaking strain come una funzione della distanzaradiale. Il risultato dei nostri calcoli è che il massimo dello strain per unmodo 1t1 è localizzato a qualche decina di metri dalla superficie della stella.Quindi questa zona è probabilmente quella che si rompe durante un glitch.Purtroppo ad oggi non abbiamo alcun tipo di osservabile ad oggi conosciutoche possa essere associato a questo fenomeno. Probabilmente potremmostudiare i Gamma-ray burst, vedere per esempio [81], e le quasi periodicoscillations [79] che potrebbero avere relazione con questi fenomeni. Potrebbeessere maggiormente interessante trovare alcuni osservabili specifici che cipossono aiutare a distinguere questo processo di breaking rispetto a processidi breaking standard.

Si può notare che il massimo dello shear strain in questo modello è moltopiù vicino alla superficie rispetto al modello mostrato in [25]. Infatti, in unastella di neutroni standard l’energia del modo t è distribuito su tutta l’interacrosta che si estende per più di un chilometro al di sotto della superficiedella stella. Invece nel modello considerato della Stella Strana non bare,tutta l’energia del modo torsionale è distribuito soltanto sulla crosta ionica,la quale si estende per poche centinaia di metri. Si noti che l’effetto dellariduzione dello spessore della crosta è quello di massimizzare la deformazionee dato che nel nostro modello abbiamo considerato l’estensione della crostaionica il più grande possibile, abbiamo sicuramente sottostimato lo shearstrain.

Come ultimo punto notiamo che se le oscillazioni torsionali non sonogenerate da un trasferimento di momento angolare sulla crosta, il modo conl = 1 non può essere eccitato. Ad esempio abbiamo considerato il modo di

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oscillazione 2t0. Abbiamo determinato la frequenza per tale modo ed essarisulta di circa 5 kHz ed è debolmente dipendente da a. Risultati simili sonostati riportati in [80], dove un modello di Stella Strana non bare con uncore di CCSC è stato considerato. Assumendo che un glitch di energia deltipo Vela triggera questo modo, troviamo che lo shear strain corrispondenteè soppresso rispetto al caso di l = 1 di circa 3 ordini di grandezza. Ciaspettiamo risultati simili per più grandi valori di a, che implica che il casocon l = 1 produce il massimo shear strain.

In questo lavoro teorico abbiamo esaminato soltanto uno degli aspetti diuna Stella Strana, e ulteriori approfondimenti possono essere fatti in futuro.Certamente il più importante aspetto da chiarire è il comportamento dellamateria a densità superiori della densità di saturazione nucleare. Inoltre,sarebbe estremamente importante riuscire a definire all’interno di errori dicalcolo accettabili, il comportamento di parametri ad oggi soggetti a grandeincertezza come lo shear modulus e il breaking strain.

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