ORTICOLTURA Produzione bio in serra La rete di ricerca europea · che nell’Europa continentale...

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14 Colture Protette / n. 10 - ottobre 2014 ORTICOLTURA di F. Tittarelli, F. G. Ceglie, G. Mimiola, G. Burgio, L. Depalo, C. Ciaccia, E. Testani, G. Dragonetti L’azione Cost FA 1105 Biogreenhouse analizza l’impiego di metodi di coltivazione biologica in campo all’interno delle strutture protette, in particolare il problema della gestione della fertilità del suolo Produzione bio in serra La rete di ricerca europea È difficile quantificare le su- perfici occupate da serre con- dotte con il metodo biologico in Europa, in quanto il sistema Eurostat non fornisce questo livello di dettaglio nelle rileva- zioni riportate nel censimento agricolo. Si stima però che nell’Unione europea le serre bio occupino una superficie intorno ai 4500-5000 ha. L’Italia, con circa 2mila ha di serre biologiche, rappresenta il Paese europeo con la mag- giore superficie. La Sicilia (principalmente la provincia di Ragusa), la Campania, la Serra sperimentale. Immagini relative all’attività pregressa (Campi: I a sx e 2 a dx; giugno 2012: avvio rotazione; agosto 2012: fine produzione colture di copertura; dicembre 2012: fine produzione pomodoro; maggio 2013: fine produzione fragola e fagiolino; la rotazione segue nella successiva annualità a campi invertiti). Foto di F.G. Ceglie. Puglia, la Basilicata e il Lazio sono le regioni in cui la serri- coltura biologica è maggior- mente diffusa. La Spagna è il secondo Paese europeo per superficie (circa 1.350 ha). Le principali regioni sono l’Anda- lusia (la provincia di Almeria), Murcia, Catalogna, Castiglia- La Mancia. La Francia è il ter- zo Paese europeo in termini di superficie investita a serre bio (circa 500 ha), seguita dalla Germania (150-200 ha, di cui il 25-30% sono riscal- date intensivamente), l’Olan- da (circa 100 ha, di cui il 50% riscaldate intensivamente), la Danimarca (circa 30-50 ha). Per i Paesi scandinavi come la Finlandia e la Svezia la su- perficie si riduce, rispettiva- mente a 8,5 e 7 ha. I dati sopra riportati mettono in evidenza che la produzione biologica in serra è molto più diffusa nei Paesi Mediterranei che nell’Europa continentale per numerosi fattori (ricon- ducibili fondamentalmente al clima e ai minori costi strut- turali) che predispongono i Paesi del Sud d’Europa a una maggiore vocazione alla produzione orticola biologica protetta. Ciononostante, tutti i Pae- si europei sono determinati a portare avanti la propria produzione in biologico con tenacia e a voler essere com- petitivi sui mercati a livello in- ternazionale. Carenze normative A tale riguardo, negli ulti- mi anni, a livello di Unione europea, si è sviluppato un dibattito molto acceso sulla necessità di regolamentare la produzione biologica in ambiente protetto. Infatti, né nel Regolamento (CEE) n. 2092/91, né successivamen- te nei Regolamenti (CE) n. 834/07 e Reg. (Ce) 889/08 si è mai fatto riferimento in ma- niera diretta alle produzioni biologiche in serra. La man- canza di un insieme di regole condivise ha determinato, nel corso degli anni, un malcon- tento diffuso fra i produttori dei Paesi Ue, con accuse reciproche di competizione sleale e con effetti potenzial- mente negativi sul mercato della produzione biologica nel suo insieme (Blom, 2011). In effetti, nel corso degli anni, ogni Paese ha interpretato il Regolamento che disciplina la produzione in biologico e lo ha adattato alla propria ge- stione in ambiente serricolo. È evidente che la grande di- versità geografica e clima- tica che caratterizza i Paesi dell’Unione europea non ab- bia facilitato il compito al le- gislatore nel mettere a punto delle regole condivise. Ciò è dovuto anche al fatto che, tal- volta, nel dibattito, alcuni Pa- esi abbiano messo in discus-

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14 Colture Protette / n. 10 - ottobre 2014

ORTICOLTURA

di F. Tittarelli, F. G. Ceglie, G. Mimiola, G. Burgio, L. Depalo, C. Ciaccia, E. Testani, G. Dragonetti

L’azione Cost FA 1105 Biogreenhouse analizza l’impiego di metodi di coltivazione biologica in campo all’interno delle strutture protette, in particolare il problema della gestione della fertilità del suolo

Produzione bio in serraLa rete di ricerca europea

È difficile quantificare le su-perfici occupate da serre con-dotte con il metodo biologico in Europa, in quanto il sistema Eurostat non fornisce questo livello di dettaglio nelle rileva-zioni riportate nel censimento agricolo. Si stima però che nell’Unione europea le serre bio occupino una superficie intorno ai 4500-5000 ha. L’Italia, con circa 2mila ha di serre biologiche, rappresenta il Paese europeo con la mag-giore superficie. La Sicilia (principalmente la provincia di Ragusa), la Campania, la

Serra sperimentale. Immagini relative all’attività pregressa

(Campi: I a sx e 2 a dx; giugno 2012: avvio rotazione;

agosto 2012: fine produzione colture di copertura;

dicembre 2012: fine produzione pomodoro; maggio 2013:

fine produzione fragola e fagiolino; la rotazione segue

nella successiva annualità a campi invertiti). Foto di F.G. Ceglie.

Puglia, la Basilicata e il Lazio sono le regioni in cui la serri-coltura biologica è maggior-mente diffusa. La Spagna è il secondo Paese europeo per superficie (circa 1.350 ha). Le principali regioni sono l’Anda-lusia (la provincia di Almeria), Murcia, Catalogna, Castiglia-La Mancia. La Francia è il ter-zo Paese europeo in termini di superficie investita a serre bio (circa 500 ha), seguita dalla Germania (150-200 ha, di cui il 25-30% sono riscal-date intensivamente), l’Olan-da (circa 100 ha, di cui il 50%

riscaldate intensivamente), la Danimarca (circa 30-50 ha). Per i Paesi scandinavi come la Finlandia e la Svezia la su-perficie si riduce, rispettiva-mente a 8,5 e 7 ha.I dati sopra riportati mettono in evidenza che la produzione biologica in serra è molto più diffusa nei Paesi Mediterranei che nell’Europa continentale per numerosi fattori (ricon-ducibili fondamentalmente al clima e ai minori costi strut-turali) che predispongono i Paesi del Sud d’Europa a una maggiore vocazione alla produzione orticola biologica protetta.Ciononostante, tutti i Pae-si europei sono determinati a portare avanti la propria produzione in biologico con tenacia e a voler essere com-petitivi sui mercati a livello in-ternazionale.

Carenze normativeA tale riguardo, negli ulti-mi anni, a livello di Unione europea, si è sviluppato un dibattito molto acceso sulla necessità di regolamentare la produzione biologica in

ambiente protetto. Infatti, né nel Regolamento (CEE) n. 2092/91, né successivamen-te nei Regolamenti (CE) n. 834/07 e Reg. (Ce) 889/08 si è mai fatto riferimento in ma-niera diretta alle produzioni biologiche in serra. La man-canza di un insieme di regole condivise ha determinato, nel corso degli anni, un malcon-tento diffuso fra i produttori dei Paesi Ue, con accuse reciproche di competizione sleale e con effetti potenzial-mente negativi sul mercato della produzione biologica nel suo insieme (Blom, 2011). In effetti, nel corso degli anni, ogni Paese ha interpretato il Regolamento che disciplina la produzione in biologico e lo ha adattato alla propria ge-stione in ambiente serricolo. È evidente che la grande di-versità geografica e clima-tica che caratterizza i Paesi dell’Unione europea non ab-bia facilitato il compito al le-gislatore nel mettere a punto delle regole condivise. Ciò è dovuto anche al fatto che, tal-volta, nel dibattito, alcuni Pa-esi abbiano messo in discus-

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sione alcuni principi di base della produzione biologica. Ad esempio, fra gli altri, è stato messo in discussione la produzione su suolo, apren-do, di fatto, la strada a una le-gittimazione della produzione biologica fuori suolo che ha molto allarmato il mondo del bio dei Paesi mediterranei e non solo.Di fronte a posizioni tanto di-verse, l’unità di Agricoltura biologica della Dg Agricoltura ha dato mandato al Gruppo di esperti permanenti sull’agri-coltura biologica della Com-missione Europea (Expert group for technical advice on organic production - Egtop) di procedere alla stesura di un report sulla produzione biologica in serra. Il report è stato pubblicato sul sito della Commissione lo scorso set-tembre 2013, ed è consulta-bile e scaricabile al seguen-te link: http://ec.europa.eu/agriculture/organic/eu-policy/expert-advice/documents/

Gestione della fertilitàCome è noto, la gestione della fertilità del suolo in agricoltura biologica è più complessa rispetto alla pro-duzione convenzionale. In termini generali, in agricoltu-ra biologica la gestione della fertilità dovrebbe essere ba-sata su strategie agro ecolo-giche che necessitano una profonda conoscenza della situazione pedoclimatica e del flusso dei nutrienti attra-verso l’agroecosistema. Tutto ciò è influenzato e regolato

dagli avvicendamenti, dai sovesci, dagli ammendanti e può essere integrato con l’utilizzo di concimi organici. La necessità di sincronizzare il tasso di mineralizzazione della sostanza organica con l’esigenza delle piante, nelle diverse fasi di crescita, rende la gestione della fertilità del suolo molto complessa. In un ambiente protetto, tali pro-blematiche sono ancora più amplificate. Di conseguenza, a causa dell’alto livello d’in-tensificazione colturale che caratterizza la produzione in serra, l’agricoltore è spes-so indotto a derogare dal rispetto dei principi di base dell’agricoltura biologica. Il risultato è l’implementazione di un sistema di produzione biologico “convenzionalizza-to” o di sostituzione. Con tale termine, si intende un siste-ma di produzione biologico che tende a ridurre l’impiego delle tecniche agronomiche menzionate sopra, utilizzan-do, per gestire la fertilità del terreno, quasi esclusivamente i fertilizzanti organici ammessi in agricoltura biologica. Pra-ticamente, in questo caso, si opera una semplice sosti-tuzione degli input utilizzati in agricoltura convenzionale con input ammessi ai sensi della normativa sulla produ-zione biologica. Un altro ap-proccio, che può essere de-finito agroecologico, adatta le tecniche agronomiche di gestione della fertilità in agri-coltura biologica alla realtà produttiva serricola. Chiara-mente, in ambiente protetto, questo secondo approccio è più complesso, richiede un

final-reports/final_report_eg-top_on_greenhouse_produc-tion_en.pdfContemporaneamente al di-battito sulle regole comuni, si è sviluppato un dibattito inter-nazionale fra i ricercatori che operano nel settore dell’agri-coltura biologica per creare una rete, a livello europeo, di ricerca sulla produzione bio-logica protetta. È stata così finanziata l’azione COST FA 1105 Biogreenhouse dal titolo “Towards a sustainable and productive EU organic green-house horticulture” (vedi box).

L’attività dell’azione Cost FA 1105 “Towards a sustainable and productive EU organic greenhouse horticulture” (Bio-

greenhouse) ha avuto inizio il 19 aprile 2012. Di seguito, si riportano i link del sito web ufficiale del programma Cost

con le principali informazioni (http://www.cost.eu/domains_actions/fa/Actions/FA1105) e di quello realizzato sulla

base dell’attività dei partecipanti (www.biogreenhouse.org).

Il Cost è una struttura intergovernativa finalizzata alla cooperazione europea per la Scienza e la tecnologia, la cui

attività è finalizzata a favorire il coordinamento delle ricerche finanziate a livello nazionale nel contesto europeo.

Le azioni Cost non elargiscono fondi per progetti di ricerca, ma favoriscono i contatti e gli scambi fra i ricercatori di

36 Paesi, europei e non, creando le condizioni per la realizzazione di un network scientifico di grande potenzialità.

L’azione Cost FA 1105, che svolgerà la propria attività nel periodo 2012-2016, è presieduta da Rob Meijer del

Wageningen UR Greenhouse Horticulture (Olanda) e si articola in 5 working groups (WGs):

WG1: Robust plant material (Chairman Martin Koller);WG2: Soil fertility, suppressiveness and water management (Chairman Fabio Tittarelli);WG3: Plant health (Chairman Gerben Messelink);

WG4: Energy saving and climate neutral production (Chairman Evert Eriksson);

WG5: Sustainability and standards (Chairman Ulrich Schmutz).

Allo stato attuale, partecipano 27 Paesi Cost e le istituzioni universitarie di 2 Paesi non-Cost (Egitto e Giordania). n

COS’È IL PROGRAMMA COST FA 1105

Adulto di Episyrphus balteatus (Diptera: Syrphidae).

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maggior approfondimento tecnico per aumentare il livel-lo di servizio ecologico forni-to dalle colture di copertura, riducendo il tempo in cui il terreno è occupato da colture che non producono reddito, ma garantisce potenzialmen-te un maggiore controllo dei patogeni terricoli, dei nemato-

di, degli insetti dannosi.Fra le diverse pratiche agro-nomiche di gestione della fer-tilità, in effetti, la coltivazione di colture da sovescio in serra è la più controversa sia a li-vello nazionale che europeo. A tale proposito, nel report EGTOP menzionato sopra, si fa esplicito riferimento all’im-

caratterizzante la produzione biologica che può aiutare a mantenere la fiducia del con-sumatore nei confronti di que-sto sistema di produzione.

Il progetto BiosemedNel 2012, come contributo al dibattito internazionale sulla produzione biologica protetta, l’Istituto agronomico mediter-raneo di Bari (IAMB), nell’am-bito delle attività sperimentali del master internazionale in “Mediterranean organic far-ming” (coordinato da Lina Al Bitar), ha avviato una ricerca sull’agricoltura biologica in serra, presso la propria azien-da sperimentale, con il prin-cipale obiettivo d’individuare un sistema produttivo che, in ambiente mediterraneo, fosse sostenibile in termini di produzione, di reddito per l’agricoltore e che avesse un

Trappole a caduta per il monitoraggio dell’artropodofanuna

del terreno. Foto di Serena Magagnoli.

ORTICOLTURA

Progetto BiosemedIl progetto dal titolo “Sistemi di produzione orti-

cola biologica in serra in ambiente mediterraneo:

confronto fra approccio agroecologico e conven-

zionalizzato - Biosemed” è coordinato da Fabio Tittarelli del Cra - Centro di ricerca per lo studio

delle relazioni fra pianta e suolo (CRA-RPS) di

Roma. Le Unità Operative coinvolte nel progetto

e le principali linee di ricerca sono riportate di

seguito:

Unità operativa 1Responsabile scientifico: Giancarlo Mimiola

(CIHEAM-IAMB)

L’Unità operativa 1 ha il compito di assicurare la

gestione agronomica dei campi sia nella serra

sperimentale che in quella dimostrativa. Valuta

la produzione quali-quantitativa delle colture da

reddito, ottimizza la gestione della risorsa idrica,

monitora e quantifica, per trattamento, eventuali

lisciviazioni di nitrati e, di concerto con i respon-

sabili delle altre linee di ricerca, organizza l’attivi-

tà dimostrativa del progetto.

Unità operativa 2Responsabile scientifico: Giovanni Burgio (Dip-

SA dipartimento di Scienze agrarie - Alma Mater Studiorum Università di Bologna)

L’Unità operativa 2 è responsabile della valuta-

zione dell’effetto delle diverse miscele di colture

di copertura, previste nei sistemi di produzione a

confronto, sulla artropodofauna utile e dannosa.

In particolare, mediante l’uso di trappole e di altre

tecniche di campionamento, si valuterà l’effetto

dei sistemi di produzione sulle popolazioni di in-

setti dannosi e sui loro nemici naturali. Verrà inol-

tre valutata, al contempo, l’efficacia di tecniche

conservative nella prevenzione delle infestazioni

di fitofagi. Verrà considerato, in particolare, in

che misura ogni tecnica di gestione è in grado

di incentivare la lotta biologica conservativa per il

controllo dei fitofagi (azione preventiva). La soste-

nibilità ecologica dei diversi sistemi di copertura,

inoltre, verrà valutata mediante un monitoraggio

dell’artropodofauna del terreno, che comprende

bioindicatori molto importanti in campo agrario.

Unità operativa 3Responsabile scientifico: Fabio Tittarelli CRA-

RPS (Centro di ricerca per lo studio delle relazioni

tra pianta e suolo).

L’Unità operativa 3 è responsabile, nell’ambito

del progetto, della linea di ricerca che riguarda

la gestione della fertilità del terreno. Valuta la

disponibilità degli elementi della nutrizione (prin-

cipalmente N e P) per le colture da reddito e ne

verifica la sincronia con le esigenze delle piante

coltivate. Inoltre, valuta l’effetto dei sistemi di

produzione a confronto sulla fertilità del suolo a

breve e lungo termine attraverso dei bilanci sem-

plificati degli elementi della nutrizione sia sulle

singole colture che a livello di rotazione.

Il progetto scadrà il 31 dicembre del 2016. n

LE ATTIVITÀ PROGETTUALI

possibilità di coltivare in serra colture da sovescio annuali per motivi economici, ma si esplicita che “possono essere coltivate colture da sovescio, incluse le leguminose, a ciclo più breve”.Questa affermazione ha riba-dito un concetto fondamenta-le per la produzione biologica e ha sottolineato, anche in situazioni che da un punto di vista tecnico ed economico sono più difficili da regola-mentare, la necessità di diffe-renziare in maniera significa-tiva un sistema di produzione biologico da quello conven-zionale. Risulta evidente che l’inserimento nella rotazione di una coltura da sovescio anche in ambiente protetto non sia l’unica pratica agro-nomica che differenzia il bio dal convenzionale, ma sicura-mente introduce un elemento

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basso impatto ambientale. Sulla base dei primi risultati ottenuti e a seguito delle con-clusioni e raccomandazioni contenute nel Report Egtop sui diversi aspetti tecnici che riguardano la produzione biologica in serra, a livello dell’ufficio di Agricoltura bio-logica (PQA V) del Mipaaf si è sentita la necessità di avere un quadro completo e artico-lato sull’efficienza produttiva e la sostenibilità di diversi sistemi di produzione biolo-gica in ambiente protetto. A supporto tecnico-scientifico e normativo nel lungo processo di discussione e di revisione dei regolamenti riguardanti la produzione biologica protet-ta presso lo Standing Com-mittee on Organic Farming (Scof), L’ufficio PQA V del Mi-paaf ha finanziato un progetto di ricerca dal titolo “Sistemi di produzione orticola biologica in serra in ambiente mediter-raneo: confronto fra approc-cio agroecologico e conven-zionalizzato - Biosemed”. L’approccio innovativo del progetto Biosemed è quello di mettere a confronto 3 si-stemi di produzione biologica caratterizzati dall’implementa-zione di 3 differenti sistemi di gestione della fertilità del suo-lo affiancata da una gestione adeguata degli interventi irri-gui. In particolare, in una ro-tazione biennale basata su 2 colture principali per annata agraria (cetriolo e valeriana su un campo; cavolo rapa e lattu-ga sull’altro), verranno messi a confronto 3 sistemi di gestione della fertilità del terreno basa-ti sulla coltivazione o meno di colture da sovescio e da una

diversificata miscela di am-mendanti e concimi organici, supportati dall’integrazione, in copertura, di concimi organici liquidi da somministrare me-diante fertirrigazione.

Disegno sperimentaleIl tunnel è stato diviso longi-tudinalmente in due campi (I e II) per coltivare contempo-raneamente (in funzione del loro ciclo colturale) le colture principali (Foto 1). Ciascun campo è stato suddiviso in blocchi randomizzati in cui le parcelle elementari relative a ciascun sistema saranno ri-petute 3 volte (Fig. 1).I sistemi di gestione della fer-tilità messi a confronto sono riportati di seguito:I) Subst: è il cosiddetto siste-ma di produzione biologico “convenzionalizzato”. È il si-stema di produzione biolo-gico più semplificato (e più diffuso) che, sostanzialmente rispecchia il sistema di produ-zione convenzionale attraver-so la sostituzione degli input di origine minerale e/o sinteti-ca del sistema convenzionale con quelli ammessi in agricol-

tura biologica. In questo siste-ma non si fa uso di colture da sovescio;II) Agroman: è il sistema di produzione caratterizzato dal-l’uso di letame bovino ma-turo (come ammendante) e da una miscela di colture di copertura a prevalenza di specie graminacee coltiva-te per la loro produzione di biomassa vegetale ai fini del successivo loro allettamento (con finalità di controllo delle infestanti, modulazione del rilascio dei nutrienti, aumento del contenuto di sostanza or-ganica del terreno);III) Agrocom: è il sistema di produzione caratterizzato dal-l’uso del compost (come am-mendante) e da una miscele di colture da sovescio a pre-valenza di leguminose (con finalità principale di arricchire il terreno di azoto).Il progetto ha come obiettivo principale quello di valutare la possibilità di orientarsi verso una gestione produttiva che segua il metodo biologico, ed in particolare che applichi i principi dell’agroecologia, anche in ambiente protetto, in cui normalmente i sistemi

di produzione orticola sono più intensivi. Mediante un ap-proccio multidisciplinare che integra le competenze nel-la gestione della fertilità del suolo e della nutrizione delle piante (U.O CRA-RPS) a quel-le legate all’uso irriguo della risorsa idrica (U.O. IAMB) ed alla gestione dell’artropodo-fauna utile (U.O. DipSA), si intende valutare i principali vantaggi e svantaggi dei di-versi sistemi di produzione. In particolare, si vorrà verificare quale sia il sistema di produ-zione in grado di garantire una maggiore sincronia fra la disponibilità degli elemen-ti nutritivi e le esigenze della coltura, una corretta gestione della risorsa idrica a livello di rotazione ed un migliore con-trollo dei fitofagi. Inoltre, si va-luterà il loro effetto sulla cre-scita delle colture, sulla resa e la qualità del prodotto e sulla qualità dell’ambiente.

Attività divulgativaNell’ambito del progetto Bio-semed saranno previste una serie di attività dimostrative e divulgative. A tale proposito, il progetto ha previsto la realiz-

Fig. 1 - Disegno sperimentale

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zazione di una seconda serra a scopo prevalentemente di-mostrativa, a fianco a quella già in atto per attività speri-mentali. La serra di natura dimostrativa avrà la finalità di mettere a confronto, su scala maggiore, gli stessi sistemi di produzione di quella speri-mentale e oggetto di studio. Nel corso delle giornate di-vulgative, come previsto nel progetto, si terranno degli in-contri assieme agli operatori del settore che consentiranno di discutere ed approfondire le principali problematiche dell’attività di produzione bio-logica in ambiente protetto. Inoltre, il progetto Biosemed, per le tematiche trattate, opererà in sinergia la COST

action FA 1105 e ciò le con-sentirà una notevole visibilità internazionale. In particolare, nell’ambito delle attività del WG2 “Soil fertility, suppressiveness and water management”, lo Iamb ha organizzato lo scorso set-tembre una Training school dal titolo “Soil fertility, Sup-pressiveness & Water mana-gement strategies towards sustainable and productive organic greenhouse agricul-ture” a cui hanno partecipato 30 studenti di master o dotto-rato e giovani ricercatori pro-venienti dai Paesi Cost. Alla metà dei partecipanti iscritti è stata erogata una borsa di studio Cost per il sostegno di tutte le spese. Durante lo svol-

gimento delle attività, gli stu-denti e i docenti hanno avuto la possibilità di visitare sia la serra sperimentale che quella dimostrativa.Maggiori dettagli, il program-ma della Training School al link di seguito:http://www.biogreenhouse.org/news-and-events/65-trai-ning-school-september-2014Negli ultimi anni, l’attività or-ticola biologica in ambiente protetto sta giocando, un ruo-lo sempre più importante sia a livello nazionale che estero. Finora ci si è interrogati sulla competitività dei sistemi pro-duzione adottati nei diversi Paesi in termini di produzione quali-quantitativa. A tal pro-posito, la pubblicazione del

Report EGTOP ha voluto sot-tolineare la necessità che la produzione biologica in serra rispetti i criteri ed i principi validi per la produzione biolo-gica in pieno campo e che i sistemi di produzione in serra abbiano delle performance di eccellenza in termini di consumo energetico, idrico e di suolo in quanto questi sono elementi fondamentali di sostenibilità. L’orticoltura biologica protetta in ambien-te Mediterraneo ha tutte le caratteristiche per poter sod-disfare questi requisiti e per poter immettere sul mercato una produzione di alta qualità commerciale e ambientale. nLe foto sono di Serena Maga-gnoli