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5 INTRODUZIONE Carissimi fedeli, amati sacerdoti, diaconi, religiose e religiosi e seminaristi, la nostra amata Chiesa di Teggiano-Policastro, facendo proprio l’anelito della Conferenza Episcopale Italiana negli Orientamenti pa- storali per il decennio 2010-2020 Educare alla vita buona del Van- gelo 1 , si impegna a promuovere una nuova stagione dell’Evan- gelizzazione con appropriati percorsi di ‘vita buona’ nei vari ambiti della vita cristiana proposti dal 4° Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona (16-20 ottobre 2006): «vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione, cittadinanza» 2 . Tale cammino sarà ritmato dai prossimi trienni, così caratterizzati rispettivamente: Educare alla Fede (2012-2015) Educare alla Speranza (2015-2018) Educare alla Carità (2018-2020) In tale prospettiva, in comunione con il Santo Padre Benedetto XVI, faremo nostra la Lettera apostolica Porta fidei dell’11 ottobre 2011, con la quale Sua Santità ha indetto un «Anno della fede» 3 . Esso avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e nel ventesimo anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cat- tolica, e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo. A partire dalla luce di Cristo che purifica, illumina e santifica nella celebrazione della sacra liturgia (cfr. Cost. Sacrosanctum Con- 1 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti past. Educare alla vita buo- na del Vangelo, 4 ottobre 2010. 2 ID., Nota past. “Rigenerati per una speranza viva” (1 Pt 1,3): testimoni del grande 'Si' di Dio all'uomo, 29 giugno 2007, n. 12. 3 BENEDETTO XVI, Lett. ap. Porta fidei, 11 ottobre 2011.

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Orientamenti Pastorali - Diocesi di Teggiano-Policastro

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INTRODUZIONE

Carissimi fedeli, amati sacerdoti, diaconi, religiose e religiosi e seminaristi,

la nostra amata Chiesa di Teggiano-Policastro, facendo proprio l’anelito della Conferenza Episcopale Italiana negli Orientamenti pa-storali per il decennio 2010-2020 Educare alla vita buona del Van-gelo1, si impegna a promuovere una nuova stagione dell’Evan-gelizzazione con appropriati percorsi di ‘vita buona’ nei vari ambiti della vita cristiana proposti dal 4° Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona (16-20 ottobre 2006): «vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione, cittadinanza»2. Tale cammino sarà ritmato dai prossimi trienni, così caratterizzati rispettivamente:

• Educare alla Fede (2012-2015) • Educare alla Speranza (2015-2018) • Educare alla Carità (2018-2020)

In tale prospettiva, in comunione con il Santo Padre Benedetto

XVI, faremo nostra la Lettera apostolica Porta fidei dell’11 ottobre 2011, con la quale Sua Santità ha indetto un «Anno della fede»3. Esso avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II e nel ventesimo anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cat-tolica, e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo.

A partire dalla luce di Cristo che purifica, illumina e santifica nella celebrazione della sacra liturgia (cfr. Cost. Sacrosanctum Con-

1 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti past. Educare alla vita buo-

na del Vangelo, 4 ottobre 2010. 2 ID., Nota past. “Rigenerati per una speranza viva” (1 Pt 1,3): testimoni del

grande 'Si' di Dio all'uomo, 29 giugno 2007, n. 12. 3 BENEDETTO XVI, Lett. ap. Porta fidei, 11 ottobre 2011.

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cilium) e con la sua Parola divina (cfr. Cost. dogm. Dei Verbum), il Concilio ha voluto approfondire l’intima natura della Chiesa (cfr. Cost. dogm. Lumen Gentium) e il suo rapporto con il mondo con-temporaneo (cfr. Cost. past. Gaudium et Spes). Attorno alle sue quat-tro Costituzioni, veri pilastri del Concilio, si raggruppano le Dichia-razioni e i Decreti, che affrontano alcune delle maggiori sfide del no-stro tempo4.

Innestato su queste basi, il nostro primo triennio pastorale – de-dicato alla fede – avrà un triplice orizzonte di riferimento:

1. La fede - annuncio (2012-2013): nella prospettiva della lex credendi la priorità pastorale sarà quella di suscitare «in ogni credente l’aspirazione a confessare la fede in pienezza e con rinnovata convinzione, con fiducia e speranza»5. 2. La fede - preghiera (2013-2014): nell’ottica della lex o-randi si potrà «intensificare la celebrazione della fede nella liturgia, e in particolare nell’Eucaristia, che è “il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana tutta la sua energia”»6. 3. La fede - testimonianza (2014-2015): nella dimensione della lex vivendi si sottolineerà il corale impegno a una coe-rente testimonianza di vita dei credenti che ne esprimerà la sua visibile credibilità7.

In sintesi, potremmo dire che il primo triennio pastorale 2012-2015 vorrà essere espressione di una educazione alla fede, accolta e professata, celebrata e pregata, testimoniata e vissuta, come cifra pa-storale di un «cammino di relazione e di fiducia»8 con Gesù e fra i discepoli. Per questi motivi, il Convegno pastorale diocesano di quest’anno svoltosi a Teggiano il 26 e 27 giugno u.s. si è voluto ca-ratterizzare per una duplice sottolineatura: Parola ascoltata e Parola pregata. Da questa esperienza si è voluto far maturare il bisogno di

4 Cfr. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota con indicazioni pa-

storali per l’Anno della fede, 6 gennaio 2012. 5 BENEDETTO XVI, Lett. ap. Porta fidei, n. 9. 6 Ibid. Nel testo si riprende la famosa espressione conciliare, su cui, cfr. CONCI-

LIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. Sacrosanctum Concilium, n. 10. 7 Cfr. Ibid. 8 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti past. Educare alla vita buo-

na del Vangelo, cap. III.

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entrare nell’impegno pastorale con una rinnovata professione di fede e un nuovo impulso all’annuncio del mistero di Cristo. La fede – non dimentichiamolo – «viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10, 17). Quest’anno, pertanto, sarà un’occasione pro-pizia perché tutti i fedeli comprendano più profondamente che il fon-damento della fede cristiana è «“l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzio-ne decisiva”. Fondata sull’incontro con Gesù Cristo risorto, la fede potrà essere riscoperta nella sua integrità e in tutto il suo splendore. “Anche ai nostri giorni la fede è un dono da riscoprire, da coltivare e da testimoniare”, perché il Signore “conceda a ciascuno di noi di vi-vere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani”»9.

9 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota con indicazioni pastorali

per l’Anno della fede, riprendendo dapprima BENEDETTO XVI, Lett. enc. Deus cari-tas est, 25 dicembre 2005, n. 1, e poi ID., Omelia nella Festa del Battesimo del Si-gnore, 10 gennaio 2010.

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CAPITOLO PRIMO

“CHE COSA CERCATE? ... “VENITE E VEDRETE” (GV 1, 38-39)

1. La prima parola posta sulla bocca del Signore nel Vangelo di Giovanni e rivolta ai discepoli è: «Che cosa cercate?» (Gv 1, 38). L’incontro di Gesù e dei primi due discepoli è immediato: «E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cer-cate?”. Gli risposero: “Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, do-ve dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e vi-dero dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1, 37-39). Nella relazione tenuta dal prof. Cesare Mariano il 26 giugno 2012 a Teggiano durante il primo giorno del Convegno Ecclesiale è emerso che l’incontro con Gesù presenta una dinamica in cinque tempi:

I. ascolto: «sentendolo parlare così» (v. 37); II. sequela: «seguirono Gesù» (v. 37); III. colloquio IV. permanenza: «quel giorno rimasero con lui…» (v. 39); V. annuncio ad altri «…Abbiamo trovato il Messia» (v. 41).

In questo schema vengono sottolineati soprattutto tre elementi,

che sono cruciali per mettere a fuoco ‘il metodo’ con cui Cristo ha chiamato e chiama, ha salvato e salva.

a) La sequela precede, si trova all’inizio. La troviamo poi anche alla fine, ma si trova già all’inizio. È ragionevole cominciare a segui-re Gesù anche senza averlo ancora conosciuto o sentito parlare? Sì, è ragionevole, cioè corrisponde all’intelligenza, all’affezione umana.

b) Il metodo attraverso cui avviene il primo contatto e poi tutto il resto è quello dell’esperienza. Né il fideismo, né il razionalismo: ma la fede che germoglia dall’esperienza. Ecco l’espressione cruciale ἔρχεσθε καὶ ὄψεσθε, in cui il kaì presenta una sfumatura di senso consecutivo o forse finale: venite, così da vedere; venite per vedere.

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Il verbo orào fa riferimento a un vedere che non riguarda solo gli oc-chi della carne: parte da lì, dal vedere concreto, reale, ma arriva al vedere del cuore. È un vedere capace di arrivare sino al fondo del re-ale, cioè sino alla gloria del Verbo Incarnato. Ricordiamo due pas-saggi cruciali del Prologo: «E il Verbo si fece carne e venne ad abita-re in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria… Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (Gv 1, 14.18).

c) L’incontro è personale, ma non individualista: è un incontro comunitario. Il metodo attraverso cui Cristo incontra gli uomini è nel contesto di una comunità. Gesù non si presenta come un guru, come un personal trainer dello spirito, ma come il Capo di una nuova co-munità umana, in cui è data agli uomini la possibilità di rimanere con Lui, cioè di vivere in amicizia con Lui, in comunione con Lui. In questa piccola comunità di tre persone è già rappresentato il ‘Miste-ro’ della Chiesa: la comunità umano-divina (sono tre uomini, di cui uno dei tre è il Verbo fatto carne) in cui Cristo è presente e si comu-nica umanamente, direbbe G. Ungaretti (1888-1970) «per riedificare Umanamente l’uomo»10.

2. Nella domanda di Gesù, «Che cosa cercate?», si coglie, tra

l’altro, un incoraggiamento a recuperare la domanda di senso della propria ricerca: è una pro-vocazione che mira a suscitare la risposta di fede e riconoscere il desiderio di felicità inscritto nel cuore dell’uomo, poiché, come dice Sant’Agostino «Tota vita christiani boni sanctum desiderium est»11. Nel contesto odierno le persone fanno sempre più fatica a dare un senso profondo all’esistenza: «ne sono sintomi il disorientamento, il ripiegamento su se stessi…, il dif-fondersi dell’infelicità»12. Queste inquietudini e ansie del mondo contemporaneo, non sono forse ascrivibili a quella ricerca di pienez-za di vita di cui hanno fatto esperienza tanti santi: «inquietum est cor

10 G. UNGARETTI, Poesia Mio fiume anche tu, in ID., Vita d’un uomo. Tutte le po-

esie, Mondadori, Milano 1988, pp. 229-230. 11 AGOSTINO, In Io. Ep. tr. 4, 6. 12 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti past. Educare alla vita

buona del Vangelo, n. 9.

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nostrum donec requiescat in Te»?13. Così, la ricerca dei due discepo-li del Vangelo di Giovanni (cfr. Gv 1, 38-39) è la ricerca di senso di ogni uomo nel cammino della storia.

Anche nel Vangelo di Matteo Gesù è pronto a cogliere un inter-rogativo di grande importanza: «Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: “Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eter-na?”. Gli rispose: “Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti” (Mt 19, 16-17). Anche in questo testo si cela una domanda di senso e, in qualche modo, una ricerca di percorso sulla vita buona del Vangelo. Commentando questo passo il Beato Giovanni Paolo II scrive: «Nel giovane, che il Vangelo di Matteo non nomina, possiamo riconoscere ogni uomo che, coscientemente o no, si avvicina a Cristo, Redentore dell'uomo, e gli pone la domanda morale. Per il giovane, prima che una domanda sulle regole da osservare, è una domanda di pienezza di significato per la vita. E, in effetti, è questa l’aspirazione che sta al cuore di ogni decisione e di ogni azione umana, la segreta ricerca e l'intimo impulso che muove la libertà. Questa domanda è ultimamen-te un appello al Bene assoluto che ci attrae e ci chiama a sé, è l’eco di una vocazione di Dio, origine e fine della vita dell'uomo»14. La Chiesa è stata voluta da Dio per continuare ad essere nel mondo una risposta credibile ed autentica alla ricerca esplicita o implicita dell’uomo all’amore del Dio uno e trino.

3. Nell’antichità, il monachesimo occidentale ha focalizzato il

“quaerere Deum” – il cercare Dio, nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, come cifra della ricerca dell’Essenziale15. D’altra parte, le Universitas medievali, seguendo la lezione teologica di Tommaso d’Aquino sul nostro desiderium naturale videndi Deum16 hanno visto che nella ricerca di senso «il desiderio di Dio è

13 AGOSTINO, Confessiones, I, 1, 1. 14 GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Veritatis Splendor, 6 agosto 1993, n. 7. 15 BENEDETTO XVI, Discorso all’Incontro con il mondo della cultura al ‘College

des Bernardins’, Parigi, 12 settembre 2008. 16 TOMMASO D’AQUINO, Summa theologiae, I-II, q. 3, a. 8; ID., Contra Gentiles,

III, cc. 25, 50.

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inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l’uomo e soltanto in Dio l’uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa»17, come riferisce il primo capitolo del Catechismo della Chiesa Cattolica18. «Che cosa cercate?»: è il Maestro che fa appello alla libertà e a ciò che di più autentico abita nel cuore, facendone emergere il desiderio inespresso: «Maestro –, dove dimori?» (Gv, 1, 38). L’uomo vuole stare con Colui che «è stabile nei cieli» (Sal 119, 89). I due discepoli del Vangelo sono alla ricerca di ciò che è duraturo, stabile.

Nella postmodernità caratterizzata dalla “società liquida”, come la definisce Zygmunt Bauman – sociologo e filosofo polacco19 – i due discepoli diventano icona della ricerca di punti fermi negli ambi-ti vitali proposti dal Convegno Ecclesiale di Verona: come cercare e trovare stabilità nella vita affettiva, nel lavoro e nella festa, nelle fra-gilità, nella tradizione, nella cittadinanza20. La postmodernità ‘flui-da’ segnata dall’instabilità dei legami affettivi, dalla precarietà del lavoro e del tempo di riposo festivo, dalle molteplici fragilità, dalla complessa tradizione, dalla indefinita appartenenza e cittadinanza, è chiamata a riconoscere che «la parola del Signore rimane in eter-no» (1 Pt 1, 25) e Cristo Gesù è sempre lo stesso «heri et hodie ipse et in saecula» (Eb 13, 8). I due discepoli del Vangelo seguendo Gesù hanno varcato la porta fidei che li ha introdotti alla stabile Comu-nione di vita con Lui: sono entrati nella casa di Gesù, che è “la casa e la scuola della comunione”21. Gesù mostra che un rapporto educa-tivo che affonda le sue radici nella fede cristiana si stabilisce innanzi-

17 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 27. 18 Al fine di favorire il rinnovamento dell’intera vita ecclesiale, il Catechismo

della Chiesa Cattolica è riconosciuto «“come uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e come una norma sicura per l’insegnamento della fede”» (GIOVANNI PAOLO II, Cost. ap. Fidei depositum, 11 ottobre 1992, cit. in BENEDETTO XVI, Lett. ap. Porta fidei, n. 11).

19 L’autore ha indicato nella ‘liquidità’ la caratteristica saliente dell’epoca post-moderna. Tra le sue opere ricordiamo in lingua italiana: Z. BAUMAN, Modernità li-quida, Laterza, Roma-Bari 2002; ID., Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affet-tivi, Laterza, Roma-Bari 2006; ID., Vita liquida, Laterza, Roma-Bari 2006; ID., Ho-mo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Eri-ckson Editore, Trento 2007.

20 Cfr. l’Introduzione di questo lavoro. 21 GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo Millennio Ineunte, 6 gennaio 2001, n. 43.

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tutto sulla base di un incontro personale con Lui: «non si tratta di tra-smettere nozioni astratte, ma di offrire un’esperienza da condivide-re»22.

22 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti past. Educare alla vita

buona del Vangelo, n. 25.

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CAPITOLO SECONDO

COS’È LA FEDE?

1. L’Antica Alleanza e la stabilità della fede Il popolo dell’Antica Alleanza, nella sua esperienza di esodo,

aveva ricevuto dal Signore il dono della Legge (Toràh) e come meta la Terra promessa. Nello stesso tempo, aveva vissuto nella sua storia di salvezza una difficile itineranza. Nella Terra promessa, il Deute-ronomio attualizza nel presente l’unica legge data da Dio al popolo: legge data da Dio a Mosè, quando il popolo era nomade e della me-desima condizione sociale, non rispondeva più alla situazione seden-taria del presente e piuttosto agricolo-latifondista, caratterizzata dall’ingiustizia dei ricchi verso i poveri, dalla minaccia dei culti pa-gani e dalle nefaste alleanze politiche conseguenti. In un certo senso, siamo di fronte a una forma di ‘relativismo’ ante litteram rispetto al-la Legge di Dio, alla giustizia sociale e all’agire etico-religioso. La memoria della salvezza dei padri ad opera di Dio rischiava di cedere il passo al delirio del presente vissuto nella sedentarietà e nel benes-sere che è appannaggio di pochi, nell’ingiustizia sociale e nelle di-sparità tra ricchi e poveri. Tutto ciò aveva minato alla base la fede d’Israele e il primato di Dio e del suo agire nella storia. Era necessa-ria una rilettura della Torah che facesse vivere nell’oggi la fedeltà all’unica Alleanza stipulata da Dio con Israele: nasce così il credo storico di Dt 26.

A differenza del libro dell’Esodo che narra l’evento dell’allean-za sul monte Sinai (cfr. Es 19, 3), il Deuteronomio parla del monte Oreb (cfr. Dt 1, 6). La differenza di nomi riconduce all’unico simbo-lo biblico del monte, luogo che indica il discendere di Dio verso l’uomo e l’ascesa di questi verso Dio, che gli viene incontro. Il testo di Dt 26, 1-11 presenta il credo storico d’Israele, in particolare nel seguente passaggio: «Mio padre era un Arameo errante; scese in E-gitto, vi stette come forestiero con poca gente e vi diventò una nazio-ne grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umilia-

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rono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la no-stra umiliazione… Ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso... Ci condusse in questo luogo e ci diede questa terra, dove scorrono latte e miele» (Dt 26, 5-9).

Una certa precarietà nell’itineranza del popolo di Dio, l’insta-bilità geografica e identitaria vissute, un nomadismo etnico-culturale e religioso sperimentati, sono state anche le coordinate per mettere a fuoco la terminologia ebraica del credere e della fede, esprimendo innanzitutto il senso di ciò che è durevole, permanente, vero. Così il termine ebraico più importante per dire credere è ᾿āman, da cui deri-va il nostro amen, vale a dire: «così deve essere, ciò è vero e certo»23. La radice della parola ᾿āman indica qualcosa di saldo, attendibile e perciò stesso affidabile. In tal senso indica una realtà o una persona e un servo fidati (cfr. 1 Sam 22, 14), un testimone credibile (cfr.: Pr 14, 5; Is 8, 2) e un profeta fedele (cfr. 1 Sam 3, 20). La vulnerabilità delle relazioni e delle incerte alleanze umane aiutano Israele a foca-lizzare la fiducia nel Dio fedele al suo patto e ricco di misericordia (hesed): «“Maledetto l’uomo che confida nell’uomo… Benedetto l’uomo che confida nel Signore”» (Ger 17, 5.7). La fede, dunque, è ritenere Dio incondizionatamente fedele alle sue promesse: ad A-bramo (cfr. Gen 15); a Mosè (cfr. Es 3), ai padri e ai profeti: «“Se non crederete, non resterete saldi”» (Is 7, 9). In altri termini, la fede in Dio è condizione di stabilità personale e sociale. Il popolo di Dio nell’Antica Alleanza ha fatto più volte esperienza che estromettere Dio dal proprio orizzonte vitale è naufragare nei flutti del caos per-sonale e sociale. Aderire a Dio che si rende presente nella storia con parole ed eventi e rispondere «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Dt 6, 5) è condizione di benedizione, pace, stabi-lità di vita. Se Dio ha ascoltato il grido del suo popolo e lo ha libera-to, il primo comandamento della Torah che apre alla fede in Dio di-venta un verbo imperativo dell’ascolto: «“Shemà, Israel”» (Dt 5, 1). In un certo senso, già potremmo dire: porta fidei, porta oboedientiae. L’ascolto e la risposta a Dio che si rivela in eventi e parole è

23 H. SCHMID, voce Fede, in A.M. PIAZZONI – P. OCCHIPINTI (edd.), Grande En-

ciclopedia illustrata della Bibbia, vol. I, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1997, p. 532.

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l’obbedienza della fede. Così, la fede come risposta al Dio di Abra-mo, Isacco, Giacobbe, Mosè, ecc. diventa risposta del popolo dell’Alleanza alle promesse (cfr.: Gen 15, 6; Nm 20, 12; Ger 39, 18). Credere significa prendere sul serio Dio ed esserGli fedele fino in fondo (cfr.: Es 14, 31; 19, 9; Dt 1, 32), rifugiarsi in Lui (cfr.: Sal 7, 2; 16, 1; 25, 20; 57, 2; 91, 4), sperare in Lui (cfr.: Ger 8, 15; Is 69, 9.11), fidarsi di Lui.

2. La novità della fede nel Nuovo Testamento a. Nel Nuovo Testamento ‘il Verbo di Dio’ diventa visibile, ‘si

fa carne’ (cfr. Gv 1). Nella vicenda di Gesù, il Figlio di Dio, morto e risorto, è racchiuso il nucleo originario della fede cristiana. Tale con-tenuto è ben espresso dalle parole di San Paolo ai Romani: «Se con la tua bocca proclamerai (omologhìa): “Gesù è il Signore!”, e con il tuo cuore crederai (pistéuo) che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (Rm 10, 9). La fede in Cristo morto e risorto, Signore della storia, intimamente accolta e creduta diventa fede annunciata, con-fessata pubblicamente, narrata. In tale prospettiva la narratio fidei non ha solo valenza kerigmatico-formativa, ma assume significato profetico-performativo, ovvero mira a trasformare e trasfigurare il mondo, a convertire il cuore dell’uomo e le sue relazioni interperso-nali e comunitarie, per la potenza stessa della Parola annunziata. L’‘Apostolo delle genti’ nella Lettera ai Filippesi sottolinea il prima-to del Kerigma, ovvero la centralità dell’Annuncio di fede, anche al di là delle convinzioni personali, delle prospettive pastorali o ideali di ciascuno: «dum omni modo Christus adnuntietur»24 (Fil 1, 18). Per Paolo al centro della fede sta Gesù Cristo con la sua opera di sal-vezza e di espiazione (cfr. Rm 3, 21).

Da qui è prioritario il vivere in Cristo, ovvero la salvezza

24 In Fil 1, 15-18, san Paolo sottolinea la priorità dell’Annuncio che segue

l’accoglienza della fede: «Alcuni, è vero, predicano Cristo anche per invidia e spiri-to di contesa, ma altri con buoni sentimenti. Questi lo fanno per amore, sapendo che io sono stato incaricato della difesa del Vangelo; quelli invero predicano Cristo con spirito di rivalità, con intenzioni non rette, pensando di accrescere dolore alle mie catene. Ma questo che importa? Purché in ogni maniera, per convenienza o per sin-cerità, Cristo venga annunciato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene».

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dell’uomo non dipende immediatamente dalle opere buone che può accumulare agli occhi di Dio (come meriti di cui vantarsi o dai suoi sforzi di auto-giustificazione, come un volontarismo che mira ad o-perare il bene solo con le proprie forze). E’ la morte e risurrezione di Gesù, la fede nella potenza del suo amore che libera, redime e salva. E’ la potenza della sua croce che giustifica e libera l’uomo dal suo male radicale e dal peccato. E’ questo che si intende per giustifica-zione mediante la fede, ovvero per grazia, «sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge» (Gal 2, 16). Così san Paolo non combatte il bene in sé fatto dall’uomo, ma l’opinione che il bene fatto è condizione suffi-ciente per ottenere la salvezza, un merito accumulato da presentare come conto a Dio nel giudizio. Chi la pensa così annulla la croce di Cristo, la sua Vita offerta nella morte e risurrezione. Si necessita, quindi, di un atteggiamento di fede – ovvero di adesione alla vicenda di Gesù – per prendere posizione nei confronti di se stesso, del suo passato, del suo presente e del suo futuro. In altri termini, la fede del credente è assimilabile a un’esistenza pervasa da Cristo risorto: «Per me infatti il vivere è Cristo» (Fil 1, 21). L’uomo credente non deve vivere chiuso in se stesso e fidarsi delle proprie forze, ma deve pog-giare con tutto se stesso su Cristo Gesù.

b. Gesù stesso, nei Vangeli sinottici, appare radicato nella fede

del popolo dell’Antica Alleanza, ha riaffermato quella fede dei padri e dei patriarchi in una nuova prospettiva: «Non sono venuto ad aboli-re, ma a dare pieno compimento» (Mt 5, 17). Il Vangelo di Marco fa iniziare la missione pubblica di Gesù con un solenne proclama: «“convertitevi e credete nel Vangelo”» (Mc 1, 15). La fede dei di-scepoli in Gesù è condizione di perdono e guarigione del paralitico (cfr. Mc 2, 5) e la fede personale di altri protagonisti è condizione necessaria per la propria liberazione dal male (cfr.: Mc 5, 34; 10, 52; Mt 9, 22; 15, 28; Lc 5, 20; 7, 50; 8, 48; 17, 19).

Nel Vangelo di Giovanni – che abbiamo scelto come icona del nostro percorso annuale – questo compimento dell’Opera di Dio si manifesta con la morte e risurrezione di Gesù: «“È compiuto!”» (Gv 19, 30). Anche la Prima Lettera di Giovanni pone l’accento sull’an-

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nuncio della fede che segue l’esperienza personale del contatto con Gesù: «Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contem-plammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonian-za e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annun-ciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo» (1 Gv 1, 1-3). In quanto Messia, Gesù è la piena rivelazione di Dio e della sua salvezza: credere significa aderire a Gesù, egli è il ‘Vange-lo’, la buona notizia della Vita: «Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv 20, 30-31). Così, in Giovanni accettare Gesù, la sua testimonianza, la sua parola, andare con ‘Lui’, ascoltarlo, seguirlo, restare con Lui, si e-quivalgono come atteggiamenti della fede25.

La salvezza è legata alla persona di Gesù: «chi ascolta la mia pa-rola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna» (Gv 5, 24)26. La fede nasce dalla parola di Gesù (cfr.: Gv 4, 39-42; 5, 25.47) e dalle sue opere (cfr.: Gv 5, 36; 10, 38; 12, 37). Così il Verbo fatto carne è la manifestazione più grande dell’agire di Dio, che già nell’Antico Testamento si era rivelato con eventi e parole intima-mente connessi. In Giovanni, credere in Gesù e conoscere il vero Dio sono una cosa sola (cfr.: Gv 6, 47; 17, 3). La fede nella persona del Logos, che rappresenta la pienezza della grazia e della verità (cfr. Gv 1, 14-16), è rivelazione di un mistero, manifestazione della gloria, passaggio dall’immanenza alla trascendenza: vedere, sentire, cono-scere, venire alla luce, tutto ciò è partecipazione alla vita eterna. Ma il motivo prioritario della fede è la testimonianza: «Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il ve-

25M. SECKLER, voce Fede, in H. FRIES (ed.), Dizionario Teologico, ed. italiana a

cura di G. Riva, vol. I, Queriniana, Brescia 1966, p. 642. 26In Gv l’espressione di Gesù: «chi crede in me… ha la vita eterna» diventa qua-

si un ritornello salvifico; cfr.: Gv 3, 15.16; 3, 18; 3, 36; 5, 24; 6, 40; 6, 47; 7, 38; 11, 25-26; 14, 12.

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ro, perché anche voi crediate» (Gv 19, 35). c. Un altro testo cui vogliamo accennare è la Lettera agli Ebrei,

che presenta Cristo come Sommo Sacerdote degno di fede e mediato-re della nuova alleanza: egli ci ha redenti con il suo sangue (cfr. Eb 9, 11-28). Gesù è il nuovo Tempio, mentre la tenda del Convegno e il suo servizio sacrificale ne erano solo una debole raffigurazione (cfr. Eb 10, 1). Aderire con l’obbedienza della fede a Gesù – Sommo Sa-cerdote della nuova Alleanza – significa accettare che il suo sangue per la remissione dei peccati ci libera dal male, dal peccato e dalla morte. Nel testo in questione, le affermazioni più forti sulla fede so-no riportate nel capitolo 11, che richiama gli esempi di alcuni uomini di fede, cominciando da Abele, Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè e fino alla prostituta Raab. In tale capitolo troviamo una defi-nizione stringente della fede: «La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede» (Eb 11, 1). Tutti i personaggi citati nel capitolo suddetto hanno osato entrare con la loro vita in un futuro ancora incerto, invisibile agli occhi umani, ma per la loro fede speranzosa nelle promesse del Signore era già realizzato, sicuro e ve-ro. Avere fede significa essere certi di quanto si spera ed essere con-vinti di cose non ancora viste. 3. La fede nei Padri della Chiesa e nella storia della Teologia

a. Nei testi dei Padri apostolici e degli autori cristiani antichi si continua a sottolineare la fede come condizione necessaria per la sal-vezza. Tertulliano di fronte agli eretici del suo tempo scrive il De pa-escriptione haereticorum, nel qual si batte per affermare una regula fidei del cristiano, che non può essere elusa senza cadere nell’errore e nell’eresia e rischiare di perdere, così, la salvezza: «In che cosa con-siste la fede? Nella regola della fede stessa. Essa ha la sua legge, e la salvezza ti viene appunto dall’osservanza scrupolosa di questa»27. Per l’apologeta latino è proprio questa regola di fede che va profes-sata, difesa contro le false dottrine.

Fra i padri apostolici, nel II sec. Policarpo, nella Lettera ai Filip-

27 TERTULLIANO, De praescriptione Haereticorum, 14, in PL 2, 27.

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pesi esorta i cristiani a fare memoria del «beato Paolo che quando era presente tra voi di fronte agli uomini di allora insegnò con esattezza e sicurezza la parola di verità. Egli lontano da voi scrisse una lettera che se meditate potete rafforzarvi nella fede che vi fu data. Questa fede è la madre di tutti noi, seguita dalla speranza e preceduta dalla carità verso Dio, Cristo e il prossimo»28. Da questo breve testo si e-vince come la fede annunciata, il Kerigma, è trasmessa oralmente e de visu dall’Apostolo, testimone della risurrezione di Cristo. Tuttavia il testo ‘scritto’ insegnato e meditato serve come catechesi per ‘raf-forzare’, sostenere, orientare la vita di fede dei credenti. Per cui non mancano padri dell’antichità che ritengono necessaria la traditio fidei con una appropriata spiegazione dei primi simboli29. La finalità di quella che viene chiamata regula fidei è la trasmissione del Kerigma di generazione in generazione: «Si Christianus es, crede quod tradi-tum est – Se sei Cristiano, credi ciò che ti è stato trasmesso»30. Ma sia la redditio symboli (la recezione del Simbolo della fede) sia la Traditio Symboli (la trasmissione della fede) non possono che avve-nire in comunione con la Chiesa. Spiegando il Simbolo, Ambrogio osserverà: «Questo è il simbolo accolto dalla Chiesa romana, dove Pietro, il primo degli apostoli, ebbe la sua sede, e dove portò l’espressione della fede comune»31. Particolarmente illuminante è quanto il vescovo di Milano narra in relazione al suo sbarco in Sar-degna dopo il naufragio, quando egli rifiutò di ricevere il battesimo dal vescovo Lucifero di Cagliari, dal momento che non era in comu-nione «con i vescovi cattolici, cioè con la Chiesa romana», e, pur conservando la fede in Dio, non conservava «la fede nella Chiesa di Dio»32.

Agostino comincia a distinguere tra fides quae e fides qua credi-tur, ovvero tra l’assenso alla Verità che mi viene oggettivamente tra-smessa nel contenuto di fede (fides quae) e l’intero processo di con-versione personale (fides qua) frutto dell’illuminazione della gra-

28 POLICARPO, Seconda lettera ai Filippesi, 3, 1-3, in A. QUACQUARELLI (ed.), I

Padri apostolici, Città Nuova, Roma 1978, p. 155. 29 Cfr.: AMBROGIO, De Fide; GREGORIO DI NISSA, De Fide ad Simpl.; CIRILLO DI

ALESSANDRIA, De Recta Fide. 30 TERTULLIANO, De carne Christi, 2, in PL 2, 755. 31 AMBROGIO, Explanatio Symboli, 7, in PL 17, 1196. 32 ID., De excessu fratris, I, 47, in PL 16, 1304.

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zia33. In altri termini, la fede non è soltanto un processo intellettivo e recettivo di alcuni contenuti di verità, ma è dono di grazia che coin-volge la volontà e l’apertura del cuore all’amore di Dio: «Credi. L’intelligenza è premio della fede. Ma che significa credere in Cri-sto? Significa credere e amare sinceramente, credere e penetrare in lui, incorporandoci alle sue membra. Questa è la fede che Dio vuole da noi, e non può trovarla se non è lui stesso a donarcela»34. Agosti-no, in diverse opere, mette a fuoco il rapporto tra fede e ragione. A cosa dare priorità nell’accoglienza delle verità rivelate? Come cri-stiano devo prima capire e poi aderire, o, invece, è necessario acco-gliere con fiducia il messaggio di fede per poi comprenderlo? Ispi-randosi alla traduzione dei LXX di Is 7, 9, il vescovo d’Ippona trova la sua soluzione: «“Se non crederete, non comprenderete”35». Da ciò deriva il rapporto dialettico tra fede e conoscenza (pistis – gnosis): «ergo, crede ut intelligas et intellige ut credas»36. E’ significativa la spiegazione che Agostino dà di questo rapporto dialettico tra fede e comprensione dei suoi contenuti: «Se dunque esigi ragionevolmente da me o da qualsiasi altro maestro tale spiegazione razionale per comprendere le verità della fede che tu credi, correggi la tua convin-zione; non si tratta di rigettare la fede, ma di percepire con la luce della ragione le verità che già credi con la ferma fede»37. Così, per Agostino, è necessario accogliere la fede a motivo dell’autorevolezza e credibilità della Chiesa – madre della fede, per i segni importanti (miracula) e il compimento delle profezie in Cristo.

b. Dall’alto medioevo in poi, con il sorgere della Scolastica, si

33 AGOSTINO, De Trinitate, 13, 2.5, in PL 42, 1017: «Ex una sane doctrina im-

pressam fidem credentium cordibus singulorum qui hoc idem credunt verissime di-cimus: sed aliud sunt ea quae creduntur, aliud fides qua creduntur».

34 ID., Tractatus in Iohannem 29, in PL 35, 1631. 35 «“Nisi credideridis non intellegetis”»: tante volte Agostino riprende queste pa-

role (cfr. ad es. in: De libero arbitrio II, 2, 5; De utilitate credendi 14, 31 e 16, 34; De doctrina christiana II, 12, 17; De Trinitate XV, 2, 2; Sermones 118, 1; 139, 1; 140, 6; ecc.).

36 ID., Ep. 120 ad Consent., 2, in PL 33, 453. La celebre espressione può util-mente essere considerata riassuntiva del complesso rapporto tra fede e ragione nel pensiero agostiniano; altresì, cfr.: Tractatus in Iohannem 29, 6; Sermones 43, 9; 214, 10.

37 ID., Ep. 120 ad Consent., 2, in PL 33, 453.

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compie una svolta decisiva verso una fede fondata sul dogma. Il mo-do di porre le quaestiones (domande) sulla fede diventa, dopo la ri-scoperta delle opere di Aristotele, un argomentare di tipo intellettuale e scolastico nella scholae, nelle universitas, in riferimento a un magi-ster. Sant’Anselmo d’Aosta chiamato anche Anselmo di Bec o An-selmo di Canterbury (Aosta, 1033/1034 – Canterbury, 21 aprile 1109) è stato un teologo italiano che ha continuato la riflessione sulla fede sul programma di Agostino. Considerato un dottore della Chiesa, è stato arcivescovo di Canterbury dal 1093 alla morte. È so-prannominato Doctor magnificus e padre della Scolastica. Nel Pro-slogion Anselmo, allo scopo di chiarire il contenuto della fede, for-mula il suo programma: «neque enim quaero intelligere, ut credam, sed credo, ut intelligam – non cerco di capire per credere, ma credo per comprendere»38.

Questo rapporto dialettico fra fede e intelligenza della fede, che diventa sempre più ‘intellettuale’ viene bilanciato dalla teologia fran-cescana di San Bonaventura che, aderendo ugualmente ad Agostino, reagisce fortemente alle forme di ‘razionalizzazione’ e guarda alla fede in maniera più storico-concreta (scientia affectiva), cioè che tocca la volontà, l’agire affettivo. La fede diventa innanzitutto un processo concreto di esperienza di Dio, incontrato e gustato in una realtà vissuta in adesione a Lui. D’altra parte, il culmine della teolo-gia scolastica viene raggiunto da San Tommaso D’Aquino che, attra-verso le sue Summae, sintetizzò ciò che era stato elaborato dai suoi predecessori e a cui faranno riferimento quanti verranno dopo di lui, ed anche le dichiarazioni ufficiali del Magistero della Chiesa. Per il Doctor Angelicus nell’assenso di fede alla nascosta realtà della sal-vezza trova inizio la vita eterna: «Fides est habitus mentis quo in-choatur vita aeterna in nobis, facies intellectum assentire non appa-rentibus – la fede è una disposizione della mente che fa assentire l’intelletto in maniera non apparente, e con la quale trova inizio in noi la vita eterna»39. Per Tommaso la fede annunciata a voce è ne-cessaria (fides ex auditu), ma predicazione, segni e miracoli, argo-

38 ANSELMO D’AOSTA, Proslogion I, ed. F.S. Schmitt, Seckau-Edimburgo 1938,

I, p. 100. 39 TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologiae, IIª-IIae, q. 4, a. 1 co; cfr.: In III

Sent., d. 23, q. 2, a 1, ad 4; De Veritate 14, 2, ad 9.

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mentazioni e dissertazioni teologiche, ecc., sono solo aiuti e supporti per la possibilità della fede, e come tali non sono motivo, né necessa-rio né sufficiente. Ciò che per l’Aquinate è invece condizione neces-saria e decisiva è l’interiore a-priori della grazia: «Gratia facit fidem – la grazia dona la fede»40.

Nella societas christiana del medioevo la struttura della fede è ugualmente sociale: il singolo faceva suo, nella fede e nel battesimo, ciò che la comunità ecclesiale credente esponeva e trasmetteva in modo sicuro. In questo organismo sociale anche la razionalità e la credibilità della fede hanno una loro intrinseca ragionevolezza: il singolo credente può anche non essere in grado di vedere personal-mente questa razionalità, ma la sua appartenenza alla Chiesa – corpo mistico di Cristo – garantisce le qualità oggettive della propria fede.

c. Con il finire del medioevo giunge il tempo della Riforma. Con

Lutero la fede si presenta come fiducia nella promessa e nella mise-ricordia divina e convinzione di essere personalmente salvati: verità, conoscenza, assenso, problema della struttura e della razionalità della fede, tutto passa in secondo ordine. Prendono il loro posto la collera ed il giudizio della croce, la remissione e la grazia. La fede è dedi-zione incondizionata e fiduciosa al Dio incomprensibile nella sua collera e nella sua grazia, al quale non può condurre nessun procedi-mento razionale umano. I capisaldi della dottrina luterana circa la fe-de possono essere così sintetizzati:

• Salvezza per sola fede (sola fides): la salvezza non si ot-tiene a causa delle buone azioni; si ottiene solamente a-vendo fede in Dio, che può salvare chiunque Egli voglia.

• Sufficienza delle Sacre Scritture per la fede (Sola Scriptu-ra): per comprendere le Sacre Scritture non occorre la mediazione della Tradizione o del Magistero ecclesiale; ciò che è necessario e sufficiente è la grazia divina che il-lumina il singolo credente. In modo simile Calvino mette in rapporto l’assenso di fede alla Parola rivelata.

40 ID.: Summa Theologiae, IIª-IIae, q. 4, a. 4, ad 3; In Ioannem 6, lect. 6.

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CAPITOLO TERZO

LA FEDE NEI PRONUNCIAMENTI MAGISTERIALI UNIVERSALI

ED ECCLESIALI ITALIANI

1. Concili e Magistero

a) La fede tra il Concilio di Orange e il Concilio Vaticano I Nella storia della Chiesa tre concili hanno preso posizione a ri-

guardo della fede: il Concilio di Orange (529), il Concilio di Trento (1545-1563) ed il Concilio Vaticano I (1869-1870)41. Il Concilio A-rausicanum II (Orange) ricusa la visione semipelagiana della fede, secondo la quale la forma iniziale della fede (initium fidei) è opera dell’uomo e non della grazia42. Il Concilio – II Sinodo di Orange è un’antica dimostrazione di come la Tradizione abbia sempre sottoli-neato il primato della grazia rispetto alla volontà dell’uomo di crede-re o meno: la fede è prioritariamente un dono. Nel can. 6 di Orange c’è la correzione della visione semipelagiana che ritiene che l’uomo anche senza la grazia di Dio può credere, volere, desiderare, pregare, ecc.43: quasi come una visione autosalvifica.

I canoni del Concilio di Trento descrivono la fede come parte in-tegrante della giustificazione e le attribuiscono, in linea con la Tradi-

41 M. SECKLER, voce Fede, op. cit., p. 660. 42 Cfr. H. DENZINGER, Enchiridion symbolorum definitionum e declarationum de

rebus fidei et morum (= DH), edizione bilingue a cura di P. HÜNERMANN, versione italiana a cura di A. Lanzoni - G. Zaccherini, EDB, Bologna 1995, qui DH 375, p. 217: «Se qualcuno dice che come la crescita, così anche l’inizio della fede (initium fidei) e della stessa inclinazione a credere (affectum credulitatis), con la quale noi crediamo in colui che giustifica l’empio e perveniamo alla [ri]generazione del sacro battesimo, è in noi non per il dono di grazia (non per gratiae donum), cioè per ispi-razione dello Spirito Santo che corregge la nostra volontà dall’incredulità della fede, dall’empietà alla pietà, ma per natura (sed naturaliter nobis insesse), si dimostra avversario degli insegnamenti apostolici, giacché il beato Paolo dice: “Confidiamo che colui che ha iniziato in voi l’opera buona, la porti a compimento fino al giorno di Gesù Cristo” [cf. Fil 1,6]».

43 Cfr. DH 376, p. 217.

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zione dei padri della Chiesa, un’importanza fondamentale per la sal-vezza. Nel cap. 8 del Decreto sulla giustificazione i padri conciliari sintetizzano il primato della grazia nella giustificazione per mezzo della fede44. La fede, in contrapposizione alla fede fiduciale di Lute-ro, appare come un atto dell’intelletto, che acconsente alla Rivela-zione e come primo orientamento dell’uomo verso il Dio delle pro-messe. Non è possibile la certezza personale della salvezza; anche la fede del peccatore (fides informis) è soprannaturale. Così Trento de-dica un intero capitolo contro il tema della vana fiducia (inanem fi-duciam) proposta dai riformatori45 che fa consistere il perdono dei propri peccati e quindi la propria salvezza in un semplice, e talvolta superficiale, atto fiduciale in Dio46.

La presa di posizione ufficiale più dettagliata sulla questione della fede si ha con il Concilio Vaticano I, con definizioni circa la natura della fede, la sua soprannaturalità e libertà, fede e Magistero, la necessità della vera fede. Nella Costituzione dogmatica Dei Filius, i padri conciliari definiscono il concetto di fede, il suo essere dono di Dio e dunque frutto della grazia, l’oggetto e la necessità della fede, l’aiuto esterno e interno di Dio per la fede47. A Dio che si rivela, con la fede l’uomo risponde con l’obbedienza e l’adesione dell’intelli-genza e della volontà (intellectus et voluntatis obsequium)48. Segue la definizione di fede che il Concilio Vaticano I elabora: «questa fe-de… è una virtù soprannaturale (virtutem esse supernaturalem), per

44 Cfr. DH 1532, pp. 653-654: «Quando l’apostolo dice che l’uomo viene giusti-ficato “per la fede” [can. 9] e “gratuitamente” [Rm 3,22.24], queste parole si devono intendere secondo il significato accettato e manifesto dal concorde e permanente giudizio della chiesa cattolica, e cioè che siamo giustificati mediante la fede, perché la “fede è principio dell’umana salvezza”, il fondamento e la radice di ogni giustifi-cazione, “senza la quale è impossibile essere graditi a Dio” [Eb 11,6] e giungere alla comunione che con lui hanno i suoi figli; si dice poi che noi siamo giustificati gra-tuitamente, perché nulla di ciò che precede la giustificazione, sia la fede che le ope-re, merita la grazia della giustificazione: “infatti se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti (come dice lo stesso apostolo) la grazia non sarebbe più grazia” [Rm 11,6]».

45 Cfr. DH 1533, p. 655: «si deve dire che a nessuno, che ostenti fiducia e cer-tezza della remissione dei propri peccati e in essa sola si acquieti, sono o sono stati rimessi i peccati».

46 Cfr.: DH 1535-1539, pp. 655-659; 1551-1583, pp. 665-671. 47 Cfr. DH 3008-3014, pp. 1049-1053. 48 Cfr. DH 3008, p. 1049.

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la quale sotto l’ispirazione divina e con l’aiuto della grazia, noi cre-diamo vere le cose da lui rivelate, non a causa dell’intrinseca verità delle cose percepite dalla luce naturale della ragione, ma a causa dell’autorità di Dio stesso, che le rivela, il quale non può ingannarsi né ingannare»49. A questo punto il motivo esteriore della credibilità della Rivelazione consisterebbe anche nei segni concreti dei miraco-li e profezie (miracula et prophetias)50 che in tale prospettiva sono segni certissimi della Rivelazione. In altri termini, il Concilio Vati-cano I esorta tutti affinché «si deve credere tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata (scripto vel tradito), e che la chiesa propone di credere come divinamente rivelato»51.

Un’ultima considerazione sul Vaticano I è necessario farla sul rapporto fede e ragione espresse nel cap. 4 della Dei Filius. I padri conciliari parlano di due ordini di conoscenza, distinti non solo per il loro principio, ma anche per il loro oggetto: «per il loro principio, perché nell’uno conosciamo con la ragione naturale, nell’altro con la fede divina; per l’oggetto, perché oltre la verità che la ragione natura-le può capire, ci è proposto di vedere i misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non sono rivelati dall’alto»52.

b. Il Concilio Vaticano II

Dopo aver presentato in maniera essenziale la posizione di alcu-ni concili significativi in relazione alla quaestio fidei, possiamo af-fermare che il Concilio Vaticano II, pur seguendo le orme del Tri-dentino e del Vaticano I, ha assunto una prospettiva decisamente pa-storale e, tuttavia, senza rinunciare a «proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e la sua trasmissione, affinché per l’annun-zio della salvezza il mondo intero, ascoltando creda, credendo speri, sperando ami»53. Nel n. 5 della Costituzione dogmatica Dei Verbum si presenta l’obbedienza della fede a Dio che si rivela, con la quale «l’uomo gli si abbandona tutt’intero e liberamente… e assentendo

49 DH 3008, pp. 1049-1051. 50 Cfr. DH 3009, p. 1051. 51 DH 3011, p. 1051. 52 DH 3015, p. 1053. 53 CONCILIO VATICANO II, Cost. dogm. Dei Verbum, 18 novembre 1965, n. 1.

All’interno della citazione si riprende un celebre passo agostiniano, su cui, cfr. AGO-

STINO, De catechizandis rudibus, 4, 8, in PL 40, 316.

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volontariamente alla Rivelazione che egli fa»54. Nello stesso tempo si afferma la necessità della grazia di Dio che previene e soccorre l’adesione di fede55. Nello stesso documento al n. 21 i padri concilia-ri si soffermano sull’importanza della Sacra Scrittura nella vita della Chiesa che le ha sempre venerate come ha fatto con il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nu-trirsi del pane di vita dalla mensa sia della parola di Dio che del Cor-po di Cristo56. Il testo sottolinea altresì la regula fidei, così intesa dal Concilio: «Insieme con la sacra Tradizione, (la Chiesa) ha sempre considerato e considera le divine Scritture come la regola suprema della propria fede»57. La fede in Cristo – unico mediatore – che ha costituito sulla terra la sua Chiesa santa, comunità di fede, si esprime nella professione del Simbolo che la professa una, santa, cattolica, apostolica58. Per questo, prima di partecipare alla liturgia, gli uomini devono essere chiamati alla fede59. La stessa fede permea ogni ambi-to di vita del credente60. In questa prospettiva il Concilio Vaticano II con le sue quattro Costituzioni ci aiuta a focalizzare il nostro percor-so pastorale che in quest’anno desideriamo compiere sui passi della fede:

• la lex credendi, che possiamo approfondire con lo studio della Costituzione dogmatica sulla Rivelazione Dei Ver-bum;

• la lex orandi, che ci spinge a guardare la Chiesa - sacra-mento di salvezza nelle Costituzioni dogmatiche Lumen Gentium e Sacrosanctum Concilium sulla divina liturgia;

• la lex vivendi, che richiama la testimonianza di fede dei credenti nel mondo contemporaneo, espressa nella Costi-tuzione pastorale Gaudium et Spes.

54 CONCILIO VATICANO II, Cost. dogm. Dei Verbum, n. 5. 55 Cfr. Ibid. 56 Cfr. Ibid., n. 21. 57 Ibid. 58 Cfr. ID., Cost. dogm. Lumen Gentium, 21 novembre 1964, n. 8. 59 Cfr. ID., Cost. Sacrosanctum Concilium, 4 dicembre 1963, n. 9. 60 Cfr. ID., Cost. past. Gaudium et Spes, 7 dicembre 1965, n. 21.

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2. I piani pastorali della CEI

Il dettame conciliare, maturato attraverso il serrato confronto per rispondere alle urgenze della mutata realtà dell’uomo, si concretizza nel vario e articolato cammino della nostra realtà ecclesiale italiana. Il cammino pastorale – via attuativa del Concilio Vaticano II – acco-glie ed esplicita nel vissuto della chiesa locale quanto il millenario cammino di comprensione della fede ha man mano offerto. In tal senso, per finalizzare il senso di questo sviluppo tracciamo di seguito i vari passaggi.

a. Evangelizzazione e Sacramenti (1973-1980).

Il 1973 è l’anno in cui la Chiesa italiana pubblica i suoi primi Orientamenti pastorali, che intendono interpretare al tempo stesso il Concilio Vaticano II e lo spirito del tempo nuovo che avanza con profondi cambiamenti che influiscono sulla società, ma soprattutto sulle coscienze delle persone. Evangelizzazione e sacramenti è il tito-lo del documento che sottolinea come la fede non possa più essere data per scontata e che l’evangelizzazione debba precedere i sacra-menti61. Occorre tornare ad evangelizzare e a farlo in un contesto in cui la proposta cristiana è ritenuta nota. Dieci anni dopo il Concilio Vaticano II, Paolo VI l’8 dicembre 1975 consegna l’Esortazione apo-stolica Evangelii Nuntiandi sull’impegno dell’evangelizzazione. In tale prospettiva evidenziava la complessità dell’azione evangelizza-trice e la necessità di un «annuncio esplicito» della fede62. Nel testo si suggerivano i ‘mezzi adatti’ ai tempi per compiere un’efficace o-pera evangelizzatrice: una coerente testimonianza di vita dei creden-ti, seguita dall’annuncio della parola di Dio, dalla catechesi, dall’uso dei nuovi mezzi di comunicazione, dal contatto personale, da una vi-ta sacramentale e dalla evangelizzazione della pietà popolare63. Tutta la Chiesa è chiamata ad annunciare la fede ma con modalità proprie dei diversi gradi di ministerialità.

Nel 1976, a metà percorso del primo piano pastorale CEI, si col-

61 Cfr. EPISCOPATO ITALIANO, Documento past. Evangelizzazione e sacramenti,

12 luglio 1973. 62 PAOLO VI, Esort. ap. Evangelii Nuntiandi, 8 dicembre 1975, n. 22 63 Cfr. Ibid., n. 48.

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loca il primo Convegno Ecclesiale su Evangelizzazione e promozione umana. Esso avvia la consuetudine di un appuntamento di verifica a metà percorso pastorale, una convocazione in cui è coinvolto tutto il popolo di Dio, e in particolare i laici. Ha inizio la redazione dei cate-chismi per le varie fasce d’età. Nel 1979 il nuovo pontefice Giovanni Paolo II pubblica l’Esortazione apostolica Catechesi Tradendae in cui esprime il senso proprio della catechesi nella Chiesa: «Ben presto fu chiamato catechesi l’insieme degli sforzi intrapresi nella chiesa per fare discepoli, per aiutare gli uomini a credere che Gesù è il Fi-glio di Dio, affinché, mediante la fede, essi abbiano la vita nel suo nome, per educarli ed istruirli in questa vita e costruire il corpo di Cristo»64. Nel testo pontificio vengono rintracciate anche le linee portanti affinché la catechesi aiuti realmente gli uomini a maturare nella fede:

1. «esso deve essere un insegnamento sistematico, non im-provvisato, secondo un programma che gli consenta di giunge-re ad uno scopo preciso;

2. un insegnamento che insista sull’essenziale, senza pretende-re di affrontare tutte le questioni disputate, né di trasformarsi in ricerca teologica o in esegesi scientifica;

un insegnamento, tuttavia, sufficientemente completo, che non si fermi al primo annuncio del mistero cristiano, quale noi ab-biamo nel kèrigma;

4. un’iniziazione cristiana integrale, aperta a tutte le compo-nenti della vita cristiana»65.

Nel testo in questione si argomenta che «grazie alla catechesi, il kèrygma evangelico – primo annuncio pieno di calore, che un giorno ha sconvolto l’uomo portandolo alla decisione di donarsi a Gesù Cri-sto per mezzo della fede – viene a poco a poco approfondito, svilup-pato nei suoi corollari impliciti, spiegato da un discorso che fa appel-lo anche alla ragione, orientato verso la pratica cristiana nella chiesa e nel mondo»66. Non mancano neppure le linee metodologiche per elaborare i nuovi catechismi67.

64 GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Catechesi Tradendae, 16 ottobre 1979, n. 1. 65 Ibid. n. 21. 66 Ibid., n. 25. 67 Ibid., n. 50. Di rilievo anche il brano seguente: «Non basta, dunque, che si

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b. Comunione e comunità (1981-1990). Per l’animazione degli anni ’80 la Chiesa italiana si è data degli

Orientamenti pastorali il cui obiettivo era quello di aiutare le comu-nità a crescere nella vita di comunione, per essere soggetto credibile di evangelizzazione68. Essi hanno assunto le linee-guida del Docu-mento di base per il rinnovamento della catechesi (Db), secondo le quali tutta la Chiesa è protagonista dell’evangelizzazione; tutta è re-sponsabile dell’annuncio della parola di Dio e dell’educazione della vita di fede69. Questi orientamenti hanno messo a fuoco la domanda: “Chi annuncia Gesù Cristo?”; hanno ribadito con forza che «su tutto il popolo di Dio incombe il dovere dell’evangelizzazione. Ma solo una Chiesa che vive e celebra in se stessa il mistero della comunione, traducendolo in una realtà vitale sempre più organica e articolata, può essere soggetto di un’efficace evangelizzazione»70. Comunione e comunità ha proposto un modello di Chiesa missionaria, formata da persone adulte nella fede, che sanno assumere in pieno le responsa-bilità pastorali derivante dal proprio status. In altre parole, il docu-mento ha sancito la necessità di una catechesi permanente, che coin-volge soprattutto gli adulti, con orientamento missionario.

Nel decennio pastorale incentrato su Comunione e comunità, la Chiesa italiana ha vissuto il suo momento culminante nel 2° Conve-gno Ecclesiale, tenuto a Loreto nel 1985 e intitolato: Riconciliazione moltiplichino le opere catechetiche. Perché esse rispondano alla loro finalità, sono indispensabili diverse condizioni:

• che siano realmente collegate alla vita concreta della generazione alla quale si rivolgono, tenendo ben presenti le sue inquietudini ed i suoi interro-gativi, le sue lotte e le sue speranze; • che si sforzino di trovare il linguaggio comprensibile a questa genera-zione; • che s’impegnino ad esporre tutto il messaggio del Cristo e della sua chiesa, senza nulla trascurare né deformare, pur presentandolo secondo un asse e una struttura che mettono in rilievo l'essenziale; • che mirino veramente a provocare in coloro che devono servirsene una maggiore conoscenza dei misteri di Cristo, in vista di una vera conversione e di una vita sempre più conforme al volere di Dio» (n. 49).

68 Cfr. EPISCOPATO ITALIANO, Documento past. Comunione e comunità, 1 otto-bre 1981.

69 Cfr. ID., Documento past. Il rinnovamento della catechesi. Documento base per la redazione dei catechismi, Roma, 2 febbraio 1970.

70 ID., Documento past. Comunione e comunità, n. 3.

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cristiana e comunità degli uomini, incentrato sui modi di concepire l’identità cristiana e il dialogo con il mondo71. Nel corso di quel Convegno il papa Giovanni Paolo II ha sottolineato da una parte l’importanza del servizio alla verità («coscienza di verità») e dall’altra la necessità di un più deciso «dinamismo missionario», nonché la priorità di «una sistematica, approfondita e capillare cate-chesi degli adulti», in continuità con uno dei punti qualificanti del Db72. c. Evangelizzazione e testimonianza della carità (1991-2000).

Una fede matura e una comunità evangelizzata si esprime attra-verso la carità vissuta: è questo l’obiettivo degli Orientamenti pasto-rali degli anni Novanta73. Nel 1992 viene pubblicato il Catechismo della Chiesa Cattolica con lo scopo di: «presentare una esposizione organica e sintetica dei contenuti essenziali e fondamentali della dot-trina cattolica sia sulla fede che sulla morale, alla luce del Concilio Vaticano II e dell’insieme della Tradizione della Chiesa. Le sue fonti principali sono la Sacra Scrittura, i santi Padri, la liturgia e il Magi-stero della Chiesa. Esso è destinato a servire come “un punto di rife-rimento per i catechismi o compendi che vengono preparati nei di-versi paesi”»74. Fin dall’inizio si ribadisce che la catechesi è «“un’educazione della fede dei fanciulli, dei giovani e degli adulti, la quale comprende in special modo un insegnamento della dottrina cri-stiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza di vita cristiana”»75. A metà percorso, il Con-vegno Ecclesiale di Palermo (1995) su Il Vangelo della carità per una nuova società in Italia pone con nuova forza l’istanza dell’evangelizzazione, insieme al rapporto tra fede e cultura: nasce così la questione del Progetto culturale della Chiesa in Italia per la

71 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Riconciliazione cristiana e comunità de-

gli uomini, AVE, Roma 1985. 72 GIOVANNI PAOLO II, Discorso al Convegno della Chiesa Italiana, Loreto, 11

aprile 1985, n. 4. 73 Cfr. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti past. Evangelizzazione

e testimonianza della carità, 8 dicembre 1990. 74 Catechismo della Chiesa cattolica, n. 11. 75 Ibid., n. 5.

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presenza dei cattolici nella società76. Da un punto di vista catecheti-co, il decennio si apre con la pubblicazione degli Orientamenti e iti-nerari di formazione dei catechisti77. L’impianto dei catechismi, vie-ne pubblicato nella sua stesura definitiva. Nel frattempo, ha subìto un’accelerazione la crisi della sensibilità religiosa diffusa ed è cre-sciuta l’estraneità della mentalità comune ad una visione cristiana della vita. Non vi è sostrato culturale su cui la catechesi non trovi dif-ficoltà a mettere radici. Occorre rinnovare i percorsi dell’iniziazione cristiana, perché divenga consapevole inserimento in un percorso di vita che non ha più nulla di ovvio e che richiede scelte cristiane ma-ture. d. Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (2000-2010). Comunicare il Vangelo è il compito fondamentale della Chie-sa78. La Chiesa prende atto che «le persone che si dicono «senza religione» sono in aumento; vi sono poi persone disposte a ricono-scere un certo riferimento a Cristo, ma non alla Chiesa; non mancano neppure le conversioni dal cristianesimo ad altre religioni. Ciò che tuttavia è più preoccupante è il crescente analfabetismo religioso del-le giovani generazioni, per tanti versi ben disposte e generose, ma spesso non adeguatamente formate all’essenziale dell’esperienza cri-stiana e ancor meno a una fede capace di farsi cultura e di avere un impatto sulla storia»79. Così il Convegno vuole dare a tutta la vita quotidiana della Chiesa, anche attraverso mutamenti nella pastorale, una chiara connotazione missionaria; fondare tale scelta su un forte impegno in ordine alla qualità formativa, in senso spirituale, teologi-co, culturale, umano e favorire una più adeguata ed efficace comuni-cazione agli uomini, in mezzo ai quali viviamo, del mistero del Dio vivente e vero, fonte di gioia e di speranza per l’umanità intera80. Per dare concretezza alle decisioni che gli Orientamenti esprimono, si

76 Cfr. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota past. Con il dono della carità

dentro la storia, 26 maggio 1996, qui n. 25. 77 Cfr. UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, Sussidio past. Orientamenti e itinera-

ri di formazione dei catechisti, EDB, Bologna 1991. 78 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicare il Vangelo in un mondo che

cambia, n. 32 79 Idem. n. 40 80 Idem. n.44

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auspica «una conversione pastorale»81, per imprimere un dinami-smo missionario: Si delineano, pertanto, i due livelli specifici, ai quali ci pare si debba rivolgere l’attenzione nelle nostre comunità lo-cali: quella che viene chiamata «comunità eucaristica», cioè coloro che si riuniscono con assiduità nella eucaristia domenicale, e in par-ticolare battesimale», coloro che, pur essendo battezzati, hanno un rapporto con la comunità ecclesiale che si limita a qualche incontro più o meno sporadico, in occasioni particolari della vita, o rischiano di dimenticare il loro battesimo e vivono nell’indifferenza religiosa. In tale prospettiva sembra importante che la comunità sia coraggio-samente aiutata a maturare una fede adulta, «pensata», capace di te-nere insieme i vari aspetti della vita facendo unità di tutto in Cristo82. Come verifica a metà percorso il Convegno Ecclesiale di Verona e-labora la nota pastorale a conclusione che ha per titolo “Rigenerati per una Speranza Viva“ (1 Pt 1,3): Testimoni del Grande “Si” di Dio all’uomo. Una uova prospettiva metodologica che il Convegno inau-gura, per la comunicazione della fede, ovvero dell’evangelizzazione, è l’individuazione di cinque ambiti sociali in cui incarnare il mes-saggio cristiano: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umane, Tradi-zione e cittadinanza83 che riprenderemo nel capitolo conclusivo per contestualizzare la proposta dei nostri orientamenti pastorali.

81 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Con il dono della carità dentro la storia.

La Chiesa in Italia dopo il Convegno di Palermo. Nota pastorale, 23: Notiziario CEI 1996, 173.

82 CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 50 83 CEI, “Rigenerati per una Speranza Viva“ (1 Pt 1,3): Testimoni del Grande

“Si” di Dio all’uomo, III, 12.

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CAPITOLO QUARTO

LA CHIESA, COMUNITÀ EDUCANTE: INDICAZIONI PER UN ORIENTAMENTO PASTORALE

1. Fede e impegno educativo per affrontare la ‘crisi’

Il Card. A. Bagnasco, Presidente della CEI, nella 64a Assemblea Generale, lo scorso 21 maggio 2012 ci ricordava che «la condizione complessiva del nostro popolo ci angustia… per questo vorremmo essere in grado di intravvedere i primi bagliori di qualcosa di nuovo e che dovrà poi maturare attraverso un paziente, lungimirante servi-zio… Ad una crisi epocale si deve rispondere con un cambiamento altrettanto epocale, di mente innanzitutto, che invece è la più lenta a lasciarsi modificare»84. Le parole d’ordine della seconda metà del secolo scorso – lavoro, sacrificio, crescita progressiva e inarrestabi-le – hanno generato il mito del consumo il cui debito accumulato da tanti paesi ha divorato «le risorse destinate ai figli e troppe popola-zioni del mondo» sono rimaste ai margini dei «processi di svilup-po»85. Anche nel nostro territorio diocesano è necessario proporre strade concrete, efficaci e percorribili, per andare oltre le crisi e tor-nare a parlare di una «speranza “affidabile”… perché poggia sulla fede intesa come fiducia nella fedeltà di Dio che, in Gesù, si è legato al destino dell’uomo»86.

In concreto, quest’anno la nostra Diocesi di Teggiano-Policastro con la celebrazione di apertura dell’Anno della fede varca la porta della Cattedrale e delle chiese parrocchiali volendo confessare la fe-de in Cristo e fare anche della nostra Chiesa particolare una casa e scuola di comunione87. Spalancare le porte a Cristo, in concreto, si-

84 A. BAGNASCO, Prolusione alla 64a Assemblea Generale CEI, Roma, 21 mag-

gio 2012, n. 1. 85 Ibid. 86 Ibid., n. 2. 87 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lett. ap. Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2001, n.

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gnificherà per noi vivere il prossimo triennio pastorale 2012-2015 come opportunità per rilanciare una nuova evangelizzazione del terri-torio diocesano nella prospettiva della fede annunciata, celebrata, vissuta. Pertanto, in preparazione all’Anno della fede tutti i fedeli so-no invitati a leggere e meditare attentamente la Lettera apostolica Porta fidei del Santo Padre Benedetto XVI88. Egli ha ricordato la re-sponsabilità di noi Vescovi: «Vegliate e operate perché la comunità cristiana sappia formare persone adulte nella fede perché hanno in-contrato Gesù Cristo, che è diventato il riferimento fondamentale della loro vita; persone che lo conoscono perché lo amano e lo ama-no perché l’hanno conosciuto; persone capaci di offrire ragioni solide e credibili di vita»89. Siamo consapevoli che nella Chiesa «ogni bat-tezzato ha ricevuto da Dio una personale chiamata per l’edificazione e la crescita della comunità»90. L’unità della Chiesa lungi dall’essere «uniformità, ma comunione di ricchezze personali», che mediante la diversità dei carismi mira alla crescita di tutto il corpo ecclesiale.

La complessità dell’azione educativa ci sollecita ad adoperarci in ogni modo per l’annuncio della fede, dum omni modo Christus adnuntietur (Fil 1, 18) e ci spinge ad adoperarci «affinché si realizzi “un’alleanza educativa tra tutti coloro che hanno responsabilità in questo delicato ambito della vita sociale ed ecclesiale”. Fede, cultura ed educazione interagiscono, ponendo in rapporto dinamico e co-struttivo le varie dimensioni della vita. La separazione e la reciproca estraneità dei cammini formativi, sia all’interno della comunità cri-stiana sia in rapporto alle istituzioni civili, indebolisce l’efficacia dell’azione educativa fino a renderla sterile. Se si vuole che essa ot-tenga il suo scopo, è necessario che tutti i soggetti coinvolti operino armonicamente verso lo stesso fine»91.

Mi piacerebbe ora poter rileggere il percorso compiuto in questi Orientamenti Pastorali alla luce degli ambiti proposti dal Convegno Ecclesiale di Verona: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana,

88 Cfr. l’Introduzione di questo lavoro. 89 BENEDETTO XVI, Discorso all’Assemblea della Conferenza Episcopale Italia-

na, 24 maggio 2012. 90 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti past. Educare alla vita

buona del Vangelo, n. 35. 91 Ibid.

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tradizione e cittadinanza92.

2. Annunciare la fede in ogni ambito della vita

a. Siamo chiamati ad annunciare la fede nella vita affettiva – «Comunicare il Vangelo dell’amore nella e attraverso l’esperienza umana degli affetti chiede di mostrare il volto materno della Chiesa, accompagnando la vita delle persone con una proposta che sappia presentare e motivare la bellezza dell’insegnamento evangelico sull’amore, reagendo al diffuso “analfabetismo affettivo” con percor-si formativi adeguati e una vita familiare ed ecclesiale fondata su re-lazioni profonde e curate. La famiglia rappresenta il luogo fonda-mentale e privilegiato dell’esperienza affettiva»93. A voi dilette famiglie, grazie per essere «“santuario della vita”, luogo di accoglienza… “prima e indispensabile comunità educante”…, “scuola di socialità… all’insegna del rispetto, della giustizia, del di-alogo e dell’amore” in ogni ambito del vissuto»94. Come ho avuto modo di scrivervi nella Lettera alle famiglie di cui sopra, siamo con-vinti che voi siete per i vostri figli i primi pedagoghi nella fede: da voi i vostri ragazzi imparano «il segno della croce, le preghiere del mattino, della sera e dei pasti, il modo di vivere la domenica e il tempo della festa, il riconoscimento e la pratica convinta dei simboli della fede»95. Conosco quanto sia difficile e talvolta faticoso portare a crescita e maturazione una famiglia e le sue componenti in questo nostro tempo. Vorrei dirvi: coraggio, non siete soli! Il Signore e la nostra azione pastorale affiancano i vostri sforzi. Talvolta per tanti genitori l’educare diventa «un’arte davvero difficile»: essi «soffrono, infatti, un senso di solitudine, di inadeguatezza e, addirittura, d’impotenza. Si tratta di un isolamento anzitutto sociale, perché la società privilegia gli individui e non considera la famiglia come sua

92 Cfr. l’Introduzione di questo lavoro. 93 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota past. “Rigenerati per una speranza

viva” (1 Pt 1,3): testimoni del grande 'Si' di Dio all'uomo, n. 12. 94 A. DE LUCA – DIOCESI DI TEGGIANO-POLICASTRO, Lettera alle famiglie della

nostra Diocesi, 8 aprile 2012, p. 2. 95 Ibid., p. 5.

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cellula fondamentale»96. Non dimenticate ciò che, alla luce del Con-cilio Vaticano II, vi ho richiamato nella Lettera sopra citata: siate piccola «“Chiesa domestica” che crede, professa, educa, annuncia e vive, prega in comunione di amore e di vita al suo interno e con tutte le altre famiglie e componenti del vissuto cristiano»97.

Auspico, in quest’Anno della fede, che le parrocchie possano ‘entrare’ di più con l’annuncio della vita buona del Vangelo nel vis-suto della famiglia, ad es., nel contesto delle benedizioni delle case, dei battesimi, delle confermazioni, dei matrimoni, nei momenti di sofferenza o di lutto. Sarà opportuno verificare la recezione del Con-cilio Vaticano II specialmente in ambito catechistico. In tal senso, auspichiamo un rinnovato impegno da parte dell’Ufficio catechistico a curare la formazione dei catechisti sul piano dei contenuti della fe-de e di quanti sono chiamati a trasmetterla nei luoghi di formazione, specialmente nelle famiglie. L’Anno della fede, inoltre, sarà un’occasione importante per far lievitare, in particolare, la fede nell’Eucarestia – mistero della fede e sorgente della nuova evange-lizzazione – in cui la fede della Chiesa viene proclamata, celebrata e fortificata. Sappiamo altresì che «la fede senza le opere non ha valo-re» (Gc 2, 20): solo una fede che opera mediante l’amore è autentica (cfr. Gal 5, 6). Tutti i fedeli sono invitati perciò a testimoniare la fede nella concretezza della carità vissuta.

A voi carissimi giovani, grazie per la gioia della vita e l’entusia-smo con il quale avete accolto il mio ministero fin dal primo momen-to del mio arrivo in mezzo a voi. La prossima Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro nel luglio 2013 ci offrirà «un’occa-sione privilegiata… per sperimentare la gioia che proviene dalla fede nel Signore Gesù e dalla comunione con il Santo Padre, nella grande famiglia della Chiesa»98. Non lasciatevi schiacciare da quella chiusu-ra narcisistica oppure dall’omologazione di gruppo che potrebbe fre-nare la vostra originalità e creatività come persone volute e amate da Dio in maniere unica e irripetibile: la novità del Vangelo è apertura

96 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti past. Educare alla vita buona del Vangelo, n. 36.

97 A. DE LUCA – DIOCESI DI TEGGIANO-POLICASTRO, Lettera alle famiglie della nostra Diocesi, pp. 9-10.

98 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota con indicazioni pastora-li per l’Anno della fede, I, n. 4.

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di mente e di cuore a tutti. La vostra sete di senso della vita, di liber-tà, di verità e di amore potrete colmarla nell’incontro con Gesù Cri-sto, esperto di umanità, vero uomo e vero Dio. Abbiate la consapevo-lezza che la Chiesa è la vostra famiglia di fede, essa accompagna e sostiene la vostra crescita con affetto e con sollecitudine: la vostra «appartenenza consapevole alla Chiesa; la conoscenza amorevole e orante della Sacra Scrittura; la partecipazione attiva all’Eucarestia; l’accoglienza delle esigenze morali della sequela; l’impegno di fra-ternità verso tutti gli uomini; la testimonianza della fede sino al dono sincero di sé»99, sono condizioni di maturità cristiana perché possiate diventare uomini e donne maturi inseriti responsabilmente nella so-cietà e nel mondo del lavoro con una mentalità nuova e aperta al be-ne comune. Tra i giovani mi piace ricordare e ringraziare anche colo-ro che hanno risposto alla chiamata del Signore: i seminaristi della nostra Diocesi di Teggiano-Policastro. A voi dico: duc in altum! (cfr. Lc 5, 4) Puntate alla misura alta della santità: negli ambiti della vo-stra formazione umana, spirituale, intellettuale-teologica e pastora-le100.

b. Siamo chiamati ad annunciare la fede nel mondo del lavoro

e ad evangelizzare la festa – «Il rapporto con il tempo, in cui si e-splica l’attività del lavoro dell’uomo e il suo riposo, pone forti pro-vocazioni al credente, condizionato dai vorticosi cambiamenti sociali e tentato da nuove forme di idolatria». Anche nel nostro territorio oc-corre «chiedere che l’organizzazione del lavoro sia attenta ai tempi della famiglia e accompagnare le persone nelle fatiche quotidiane, consapevoli delle sfide che derivano dalla precarietà del lavoro, so-prattutto giovanile, dalla disoccupazione, dalla difficoltà del reinse-rimento lavorativo in età adulta, dallo sfruttamento della manodopera dei minori, delle donne, degli immigrati. Anche se cambiano le mo-dalità in cui si esprime il lavoro, non deve venir meno il rispetto dei diritti inalienabili del lavoratore: “Quanto più profondi sono i cam-biamenti, tanto più deciso deve essere l’impegno dell’intelligenza e

99 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti past. Educare alla vita

buona del Vangelo, n. 32. 100 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Pastores Dabo Vobis, 25 marzo 1992, in

part. nn. 42-59.

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della volontà per tutelare la dignità del lavoro”. Altrettanto urgente è il rinnovamento, secondo la prospettiva cristiana, del rapporto tra la-voro e festa: non è soltanto il lavoro a trovare compimento nella festa come occasione di riposo, ma è soprattutto la festa, evento della gra-tuità e del dono, a “risuscitare” il lavoro a servizio dell’edificazione della comunità, aiutando a sviluppare una giusta visione creaturale ed escatologica. La qualità delle nostre celebrazioni è fattore decisivo per acquisire tale coscienza. Occorre poi fare attenzione alla crescita indiscriminata del lavoro festivo e favorire una maggiore concilia-zione tra i tempi del lavoro e quelli dedicati alle relazioni umane e familiari, perché l’autentico benessere non è assicurato solo da un tenore di vita dignitoso, ma anche da una buona qualità dei rapporti interpersonali. In questo quadro, grande giovamento potrà venire da un adeguato approfondimento della dottrina sociale della Chiesa, sia potenziando la formazione capillare sia proponendo stili di vita, per-sonali e sociali, coerenti con essa. Assai significative sono in propo-sito le risorse offerte dallo sport e dal turismo»101.

c. Siamo chiamati ad annunciare la fede nell’ambito della fra-

gilità umana – «In un’epoca che coltiva il mito dell’efficienza fisica e di una libertà svincolata da ogni limite, le molteplici espressioni della fragilità umana sono spesso nascoste ma nient’affatto superate. Il loro riconoscimento, scevro da ostentazioni ipocrite, è il punto di partenza per una Chiesa consapevole di avere una parola di senso e di speranza per ogni persona che vive la debolezza delle diverse for-me di sofferenza, della precarietà, del limite, della povertà relaziona-le. Se l’esperienza della fragilità mette in luce la precarietà della condizione umana, la stessa fragilità è anche occasione per prendere coscienza del fatto che l’uomo è una creatura e del valore che egli riveste davanti a Dio. Gesù Cristo, infatti, ci mostra come la verità dell’amore sa trasfigurare anche l’oscuro mistero della sofferenza e della morte nella luce della risurrezione. La vera forza è l’amore di Dio che si è definitivamente rivelato e donato a noi nel Mistero pa-squale. All’annuncio evangelico si accompagna l’opera dei credenti, impegnati ad adattare i percorsi educativi, a potenziare la coopera-

101 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota past. “Rigenerati per una speranza

viva” (1 Pt 1,3): testimoni del grande 'Si' di Dio all'uomo, n. 12.

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zione e la solidarietà, a diffondere una cultura e una prassi di acco-glienza della vita, a denunciare le ingiustizie sociali, a curare la for-mazione del volontariato. Le diverse esperienze di evangelizzazione della fragilità umana, anche grazie all’apporto dei consacrati e dei diaconi permanenti, danno forma a un ricco patrimonio di umanità e di condivisione, che esprime la fantasia della carità e la sollecitudine della Chiesa verso ogni uomo»102.

A voi fratelli e sorelle della vita consacrata, grazie per essere segno – con la vostra vita e la vostra testimonianza – del Regno futu-ro e dei cieli nuovi e della terra nuova (cfr. Ap 21, 1). In questo tem-po tutti i membri degli Istituti di vita consacrata sono sollecitati ad impegnarsi nella nuova evangelizzazione, con una rinnovata adesio-ne al Signore Gesù, mediante l’apporto dei propri carismi e nella fe-deltà al Santo Padre e alla sana dottrina. Sappiamo come «l’edu-cazione cristiana orienta la persona verso la pienezza della vita eter-na», oltre i limiti, le contingenze e le fragilità della storia umana. Con la vostra vita e il vostro ministero voi aiutate a comprendere come la consacrazione al Signore mediante i voti di povertà, castità, obbedienza, «non allontana dall’impegno nelle realtà terrene, ma preserva dal cadere nell’idolatria di se stessi, delle cose e del mon-do»103.

d. Siamo chiamati ad annunciare la fede nell’ambito della tra-dizione – «Nella trasmissione del proprio patrimonio spirituale e cul-turale ogni generazione si misura con un compito di straordinaria importanza e delicatezza, che costituisce un vero e proprio esercizio di speranza». Come abbiamo già detto, alla «famiglia deve essere ri-conosciuto il ruolo primario nella trasmissione dei valori fondamen-tali della vita e nell’educazione alla fede e all’amore, sollecitandola a svolgere il proprio compito e integrandolo nella comunità cristiana... In modo del tutto peculiare, poi, la parrocchia costituisce una palestra di educazione permanente alla fede e alla comunione, e perciò anche un ambito di confronto, assimilazione e trasformazione di linguaggi e comportamenti, in cui un ruolo decisivo va riconosciuto agli itinerari catechistici. In tale prospettiva, essa è chiamata a interagire con la

102 Ibid. 103 ID., Orientamenti past. Educare alla vita buona del Vangelo, n. 24.

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ricca e variegata esperienza formativa delle associazioni, dei movi-menti e delle nuove realtà ecclesiali»104. La parrocchia dovrà porsi come «comunità accogliente e dialogante» non perdendo mai di vista il suo essere «crocevia delle istanze educa-tive»105 e del suo essere «‘grembo’… e via alla Chiesa»106: le nostre parrocchie diventino cellule di evangelizzazione. In quest’anno si au-spica che le parrocchie esprimano un rinnovato impegno nella «“pa-storale biblica”»107 del primo annuncio. Anche per questo abbiamo programmato nell’Agenda Pastorale del 2012-2013 alcune Lectio divinae per forania, che saranno tenute nei tempi forti dell’anno li-turgico. Un’attenzione particolare meriterà di essere dedicata al Ca-techismo della Chiesa Cattolica nel suo ventesimo anniversario di pubblicazione. Invito in modo particolare i sacerdoti, le persone con-sacrate e i catechisti, come esorta il Santo Padre, a far sì che «l’Anno della fede dovrà esprimere un corale impegno per la riscoperta e lo studio dei contenuti fondamentali della fede che trovano nel Catechi-smo della Chiesa Cattolica la loro sintesi sistematica e organica»108.

A voi amati sacerdoti, dico grazie per il vostro instancabile im-pegno! «Coraggio, rinnoviamoci, non diamo nulla per scontato, la-sciamoci provocare dalla vita, facciamo conto di essere al nostro primo anno di Messa, dispieghiamo tutto l’entusiasmo di cui siamo capaci, coinvolgiamo le religiose, i laici, i genitori»109. In tutte le di-mensioni della vita pastorale teniamo presente la regola d’oro indica-ta dal Santo Padre Benedetto XVI: «La fede non deve essere presup-posta […] ma deve essere sempre annunciata»110. «In tale prospetti-va, il progetto culturale orientato in senso cristiano stimola in ciascun battezzato e in ogni comunità l’approfondimento di una fede consa-

104 ID., Nota past. “Rigenerati per una speranza viva” (1 Pt 1,3): testimoni del

grande 'Si' di Dio all'uomo, n. 12. 105 ID., Orientamenti past. Educare alla vita buona del Vangelo, n. 41. 106 A. BAGNASCO, Prolusione alla 64a Assemblea Generale CEI, n. 3. 107 BENEDETTO XVI, Esort. ap. Verbum Domini, 30 settembre 2010, n. 73. Si

parla altresì di: «“animazione biblica dell’intera pastorale”» (n. 73); animazione biblica della catechesi (cfr. n. 74); pratica della lectio divina nelle varie comunità educanti (cfr. nn. 82-83; 86-87).

108 ID., Lett. ap. Porta fidei, n. 11. 109 A. BAGNASCO, Prolusione alla 64a Assemblea Generale CEI, n. 3. 110 BENEDETTO XVI, Discorso in apertura del Convegno ecclesiale della diocesi

di Roma, 13 giugno 2011.

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pevole, che abbia piena cittadinanza nel nostro tempo, così da contri-buire anche alla crescita della società»111. La formazione permanente del clero farà riferimento, particolarmente in quest’Anno della fede, ai Documenti del Concilio Vaticano II e al Catechismo della Chiesa Cattolica, trattando tematiche di interesse diffuso. Inoltre non man-cheranno appuntamenti formativi che coinvolgeranno i presbiteri del-le diocesi della nostra metropolìa. Ai sacerdoti vorrei ricordare in particolare che il ministero è la fonte della nostra santificazione, noi non siamo ‘impiegati del sacro’, dob-biamo essere fortemente convinti di quanto ha detto il Santo Padre nel Discorso alla 64a Assemblea Generale della CEI: «…non ci sarà rilancio dell’azione missionaria senza il rinnovamento della qualità della nostra fede e della nostra preghiera; non saremo in grado di of-frire risposte adeguate senza una nuova accoglienza del dono della Grazia; non sapremo conquistare gli uomini al Vangelo se non tor-nando noi stessi per primi a una profonda esperienza di Dio. Cari Fratelli, il nostro primo, vero e unico compito rimane quello di im-pegnare la vita per ciò che vale e permane, per ciò che è realmente affidabile, necessario e ultimo. Gli uomini vivono di Dio, di Colui che spesso inconsapevolmente o solo a tentoni ricercano per dare pieno significato all’esistenza: noi abbiamo il compito di annunciar-lo, di mostrarlo, di guidare all’incontro con Lui. Ma è sempre impor-tante ricordarci che la prima condizione per parlare di Dio è parlare con Dio, diventare sempre più uomini di Dio, nutriti da un’intensa vita di preghiera e plasmati dalla sua Grazia»112. Ai sacerdoti del primo decennale sarà riservata una particolare attenzione e momenti di formazione permanente, come abbiamo indicato nell’Agenda Pa-storale 2012-2013, per l’accompagnamento e il sostegno della loro azione pastorale. Quest’anno sarà altresì un tempo favorevole per ac-costarsi con maggior fede e più intensa frequenza al sacramento della penitenza. Sarà opportuno promuovere missioni popolari e altre ini-ziative nelle parrocchie e nei luoghi di lavoro, per aiutare i fedeli a

111 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti past. Educare alla vita

buona del Vangelo, n. 41, su cui altresì, cfr. ID., Nota past. “Rigenerati per una spe-ranza viva” (1 Pt 1,3): testimoni del grande 'Si' di Dio all'uomo, n. 13.

112 BENEDETTO XVI, Discorso all’Assemblea della Conferenza Episcopale Ita-liana, 24 maggio 2012.

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riscoprire il dono della fede battesimale e la responsabilità della sua testimonianza, nella consapevolezza che la vocazione cristiana «è per sua natura anche vocazione all’apostolato»113.

A voi carissimi educatori, catechisti, formatori e animatori in parrocchia, grazie per la vostra autentica testimonianza di gratuità, accoglienza e servizio della Chiesa nella proposta di percorsi di ‘vita buona del Vangelo’. Anche da voi, dalla vostra passione per la mis-sione evangelizzatrice, dal vostro lasciarvi formare nelle competenze catechetico-teologiche, culturali e pedagogiche, dipende la crescita umana e spirituale di tutta la comunità. Tuttavia, quest’obiettivo re-sterà disatteso se non si riuscirà a dar vita a una «“pastorale integra-ta”», che mette «“in rete» le varie energie parrocchiali realizzando così una «vera e propria “conversione”, che riguarda l’insieme della pastorale» nella corresponsabilità, superando gli stretti confini par-rocchiali e allacciando alleanze con altre agenzie educative114: orato-ri, aggregazioni socio-culturali, sportive, musicali, teatrali, ludiche, caritative, ecc.

A voi membri di Associazioni, Gruppi e Movimenti ecclesiali, grazie per il vostro specifico impegno laicale di responsabilità comu-ne nel vivere e comunicare la fede. Con le parole del Card. Angelo Bagnasco vorrei invitarvi a scoprire «ciascuno la propria valenza ini-ziatica» e del particolare carisma che vi contraddistingue, innestan-dovi «in una pastorale integrata, che sia di compagnia alle solitudini di oggi e rilanci in concreto la missione sul territorio»115. Fatevi promotori di specifiche iniziative affinché, mediante il contributo del vostro dono di grazia e in collaborazione con i presbiteri e le parroc-chie, possiate sempre più radicarvi nel territorio per rinnovarlo con un impegno di nuovo annuncio ed evangelizzazione.

e. Siamo chiamati ad annunciare la fede nell’ambito della cit-tadinanza – A voi uomini e donne impegnate sul fronte delle istitu-zioni sociali, civili e politiche, dico grazie per il vostro impegno civi-

113 CONCILIO VATICANO II, Decr. Apostolicam Actuositatem, 18 novembre 1965,

n. 2. 114 Cfr. EPISCOPATO ITALIANO, Nota past. Il volto missionario della parrocchie

in un mondo che cambia, 30 maggio 2004, qui nn. 1, 9, 11-12. 115 A. BAGNASCO, Prolusione alla 64a Assemblea Generale CEI, n. 3.

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co aperto agli orizzonti e alle frontiere del bene comune. «Il bisogno di una formazione integrale e permanente appare urgente anche per dare contenuto e qualità al complesso esercizio della testimonianza nella sfera sociale e politica». Come non menzionare e «far tesoro della riflessione e delle opere maturate in cento anni dalle Settimane sociali dei cattolici italiani». A tal proposito, riprendendo il Docu-mento preparatorio della 45ª Settimana sociale, teniamo presente che: «“Agli occhi della storia non si può non riconoscere che i catto-lici hanno dato un apporto fondamentale alla società italiana e alla sua crescita, nella prospettiva del bene comune. È necessario alimen-tare la consapevolezza, non solo fra i cattolici ma in tutti gli italiani, del fatto che la presenza cattolica – come pensiero, come cultura, come esperienza politica e sociale – è stata fattore fondamentale e imprescindibile nella storia del Paese”. Se oggi il tessuto della con-vivenza civile mostra segni di lacerazione, ai credenti – e ai fedeli laici in modo particolare – si chiede di contribuire allo sviluppo di un ethos condiviso, sia con la doverosa enunciazione dei principi, sia esprimendo nei fatti un approccio alla realtà sociale ispirato alla spe-ranza cristiana»116.

116 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Nota past. “Rigenerati per una speranza

viva” (1 Pt 1,3): testimoni del grande 'Si' di Dio all'uomo, n. 12, dove è menzionato il brano del Documento preparatorio della 45ª Settimana sociale dei cattolici italia-ni citato nel testo.

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ALCUNE INDICAZIONI OPERATIVE

Una rinnovata attenzione all’iniziazione cristiana

Educare alla fede significa dare priorità all’iniziazione cri-stiana di bambini e adulti. La particolare configurazione del no-stro territorio se ci impedisce di sognare pianificazioni destinate ai grandi numeri, ci permette altresì di valutare la possibilità di accompagnamenti personalizzati nel percorso dell’iniziazione cristiana. In tale cammino devono essere coinvolti i genitori, i padrini e soprattutto coloro che chiedono di ricevere i sacramen-ti. E’ vero che possiamo avere la richiesta dell’iniziazione cri-stiana anche da parte di persone adulte, tuttavia è ordinaria la ri-chiesta da parte di genitori per i loro bambini, i fanciulli e gli adolescenti. Ed è questa la primaria possibilità che abbiamo per ricalibrare i nostri interventi educativi: devono essere solidi, motivati, ‘seducenti’, capaci di trascinare e di offrire esperienze concrete di fede. Non ci sfugga che molti dei nostri ragazzi an-dranno a completare la loro formazione culturale e professionale in contesti accademici e sociali dove il secolarismo e il laicismo condizionano molto. Solo una formazione cristiana solida può resistere a questo impatti. Pertanto, i percorsi siano maggior-mente fondati sulla Parola di Dio, sul senso della Domenica, e la solidarietà autentica. Nell'anno della fede siamo invitati a ri-prendere tra le mani il Catechismo della Chiesa Cattolica, a par-tire da questo prezioso strumento siamo anche certi di offrire un percorso affidabile e sicuro di crescita cristiana. Luoghi ed eventi per l’Anno della fede

Dopo l’apertura dell’Anno della fede a livello diocesano, si organizzi un evento in ogni forania che faccia riflettere sul me-desimo: una celebrazione, un pellegrinaggio in un luogo partico-larmente significativo (perché non rivalutare come luogo-simbolo diocesano il Battistero di San Giovanni in Fonte?). Si

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può pensare altresì: ad una celebrazione comunitaria del sacra-mento della riconciliazione; a una diffusione capillare di uno dei quattro Vangeli; alla configurazione di nuovi ministeri nella fo-rania (l’accoglienza, la visita alle persone sole, il dialogo nei luoghi di incontro con persone che vivono lontano dalla propo-sta di fede, l’accoglienza e la catechesi alle coppie di sposi che vivono situazioni difficili e irregolari, il dialogo con i fratelli che provengono da altre nazioni del mondo, ecc.). Annuncio della Parola e lectio divina

E’ necessario organizzare in ogni forania un appuntamento di lectio divina nelle settimane di Avvento e in quelle di Quare-sima. Ciascuna di esse designi il presbitero che guiderà questi momenti; dall’Agenda pastorale vi viene indicata la data e la fo-rania rispettiva. Dignità nella celebrazione del “Misterium Fidei”

Come comunità parrocchiali è necessario porre gesti concreti di fede che recuperino la dignità delle nostre celebrazioni litur-giche. Pertanto, è necessario che ogni parrocchia sia corredata di una dignitosa suppellettile e di quanto occorre per la celebrazio-ne dei sacramenti e dei sacramentali, i libri liturgici (ad es., i ri-tuali, il benedizionale), ecc. Nella celebrazione del sacramento della Confermazione si segua il Rito e il parroco deve presentare i cresimandi subito dopo la proclamazione del Vangelo: vi verrà offerto un formulario ‘tipo’ che può servire a questo scopo. Nelle nostre chiese sia riservato un posto dignitoso alla custodia degli Olii Sacri. La Pastorale giovanile e vocazionale

Essa deve acquisire una configurazione foraniale: in ogni fo-rania vi sia un referente per la pastorale giovanile e vocazionale. Bisogna costituire una Consulta diocesana di giovani, con il compito di: creare un collegamento tra le foranie, ma anche tra le varie espressioni associative; offrire suggerimenti e indica-

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zioni per una vicinanza sentita e convinta al mondo dei giovani ed il loro responsabile protagonismo nel progetto pastorale dio-cesano. Nell’Anno della fede la giornata diocesana dei giovani dovrà avere la rilevanza straordinaria che l’evento richiede. Non si trascuri la formazione, in ogni parrocchia la costituzione del gruppo liturgico e dei ministranti. Pastorale scolastica

In contatto con l’Ufficio scuola diocesano e in dialogo con i dirigenti scolastici è ipotizzabile un pellegrinaggio dei giovani in una data feriale da concordare in un luogo simbolo della fede cristiana. Percorso dei fidanzati al sacramento del matrimonio

Il collaudato percorso di preparazione dei fidanzati al sacra-mento del matrimonio continui a offrire non solo la comunica-zione del dato dottrinale, ma diventi anche un tempo per forti esperienze di fede e di crescita morale e spirituale attraverso la partecipazione alla carità e alla celebrazione dell’Eucaristia do-menicale, così da favorire l’apprendistato alla vita di preghiera della coppia. La famiglia

La famiglia resta una delle priorità nella nostra azione eccle-siale. Se la pastorale ordinaria ci consente di mantenere vivo il contatto con tante famiglie, è altresì urgente creare percorsi sta-bili di accompagnamento e di catechesi per le medesime, in spe-cie laddove si vivono situazioni di povertà di vario genere, con un’attenzione alle forme ‘irregolari’ di unione, anche con l’aiuto di coniugi preparati, dei diaconi permanenti, degli insegnati del-la religione cattolica, ecc. Scuola del Vangelo

Con l’aiuto degli organismi interessati, deve riprendere in

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ogni forania la scuola del Vangelo; non mancheranno gli aiuti e il sostegno necessario. Nel contesto di questa formazione si ponga spacciate cura per formare coloro che nelle nostre As-semblee si rendono disponibili a proclamare la Parola di Dio. Si evitino le improvvisazioni e l'occasionale reperimento di lettori. Associazionismo cattolico

E’ particolarmente urgente ridare vita alle forme di associa-zionismo cattolico (ad es., i giuristi, medici, politici, dirigenti e lavoratori, docenti e ricercatori cattolici, ecc.), non per innalzare steccati o sottolineare distinzioni, ma per irrobustire l’identità cristiana di quanti – ispirandosi ai principi evangelici e alla dot-trina sociale della Chiesa – vogliono impegnarsi per offrire una testimonianza coerente con la fede professata e celebrata. E’ ne-cessario inoltre che le stesse realtà delle congreghe e confrater-nite non corrano il rischio di essere solo un’appendice coreogra-fica o, peggio, luoghi e spazi di esercizio di potere. «Di ben po-ca utilità saranno le cerimonie più belle o le associazioni più fio-renti, se non sono volte ad educare gli uomini alla maturità cri-stiana»117. Gli organismi di partecipazione e di comunione

Nelle realtà parrocchiali e foraniali, gli organismi di parteci-pazione e di comunione possono essere uno dei propositi da rea-lizzare nell’Anno della fede. Con l’inizio del nuovo anno pasto-rale ad ogni forania sarà richiesto di preparare un piccolo pro-getto pastorale che prevede, tra l’altro, l’opportuna valorizza-zione dei laici nella gestione della vita parrocchiale, la forma-zione del consiglio pastorale foraniale che tenga conto degli ambiti pastorali suggeriti dal Convegno ecclesiale di Verona ed esaminati in questo Documento. In concreto, ogni parrocchia potrebbe esprimere per il lavoro in forania una o più persone che esprimano il legame con ogni ambito proposto da Verona:

a) per l’ambito affettività (ad es., una famiglia che possa

117 CONCILIO VATICANO II, Decr. Presbyterorum Ordinis, 7 dicembre 1965, n. 6.

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collaborare con la parrocchia e la forania); b) per l’ambito del lavoro e festa (ad es., un imprenditore

cristiano, un responsabile del mondo del lavoro, un operaio cattolico, alcuni membri del comitato festa che siano motivati in senso cristiano, ecc.);

c) per la fragilità umana (un operatore cristiano che viva in qualche modo professionalmente nell’ambito: ad es., un medico, un infermiere, un assistente sociale, un operatore sanitario e sociale, ecc.);

d) per la tradizione (ad es., un docente chiamato a tra-smettere la cultura e la fede in ogni ambito socio-ecclesiale);

e) per l’ambito della cittadinanza (ad es., un cristiano impegnato nel mondo della politica e delle istituzioni civili preposte all’ambito, ecc.).

Si segnala pure la necessaria valorizzazione della scuola fora-niale del Vangelo alla quale dovranno aderire tutti coloro che da anni svolgono qualche ministero nella comunità. E’ bene inoltre accogliere il percorso triennale individuato nella Presentazione di questo Documento che sarà predisposto dalla Diocesi. Saran-no offerti particolari aiuti a quelle parrocchie che non riescono ancora a costituire il consiglio pastorale parrocchiale ed il con-siglio parrocchiale per gli affari economici. E’ necessario offrire e richiedere agli insegnanti della reli-gione cattolica un ruolo ed una presenza credibile e convincente all’interno delle nostre comunità per dare una concreta testimo-nianza di unità di vita tra quanto si insegna e ciò che si pratica. La grande risorsa della pietà popolare e delle feste di paese e cittadine ci impone un senso di corresponsabilità pastorale che accompagni tutti coloro che ne sono coinvolti, in modo da favo-rire idoneamente questo grande patrimonio di fede delle nostre popolazioni. A ciò si unisca una ricerca seria di quelle modalità che contraddistinguono un vissuto cristiano nei percorsi di pro-grammazione e gestione degli eventi cittadini. Non possiamo spingere tali celebrazioni verso derive esibizionistiche e dispen-diose. Resta pertanto di particolare efficacia il testo del docu-

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mento preparato da Mons. Angelo Spinillo per la Celebrazione delle feste religiose dell’11 aprile 2010118. A partire da settembre, io o un mio delegato saremo presenti alle riunioni delle rispettive foranie per offrire il necessario so-stegno e le indicazioni concrete adatte alla configurazione pa-storale di ognuna di esse. Si tenga presente che le foranie devo-no ritrovarsi almeno una volta al mese il primo martedì. Anche a livello di presbiterio diocesano vorremmo cominciare a dare segni concreti di fede con la costituzione di qualche frater-nità sacerdotale che, a partire da convinzioni mature ed un chia-ro progetto pastorale locale, esprima tutta la comunione e la passione ecclesiale per l’annuncio del Regno di Dio. Attendo suggerimenti e proposte da coloro che hanno doni, carismi e at-titudine verso questa rinnovata forma di presenza pastorale nella società e nella chiesa. Prego vivamente le comunità parrocchiali e i presbiteri ad accogliere i possibili cambiamenti ed avvicen-damenti con animo docile e con la prospettiva di una rinnovata opportunità pastorale per le nostre parrocchie ma anche una ri-sorsa per i singoli presbiteri. La pubblicazione dell’Agenda diocesana è una modalità per mantenere informate le nostre comunità e il presbiterio diocesa-no, e' necessario assicurarne la presenza ai momenti indicati e prevedere così quegli impegni e scadenze comunitarie che raf-forzano la crescita nella fede comune. Vi prego di porre partico-lare attenzione a quanto mensilmente è stato programmato. Le mutate condizioni di vita e la tempestività crescente delle comunicazioni ci spingono a creare una rete di contatti e di co-municazioni tra parrocchie, presbiteri e operatori pastorali, così da generare un coordinamento di iniziative e servizi per evitare sovrapposizioni e dispersive ripetizioni.

118 A. SPINILLO, Norme per la Celebrazione delle feste religiose proprie delle

Parrocchie, 11 aprile 2010, prot. 9/2010 – in Bollettino Diocesano n. 1/2010.

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CONCLUSIONE «La fede “è compagna di vita che permette di percepire con

sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell’oggi della storia, la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo. La fede è un atto personale ed insieme comunitario: è un do-no di Dio, che viene vissuto nella grande comunione della Chiesa e deve essere comunicato al mondo. Ogni iniziativa per l’Anno della fede vuole favorire la gioiosa riscoperta e la rinnovata testimonianza della fede. Le indicazioni qui offerte hanno lo scopo di invitare tutti i membri della Chiesa ad impegnarsi perché quest’Anno sia occasione privilegiata per condividere quello che il cristiano ha di più caro: Cristo Gesù, Redentore dell’uomo, Re dell’Universo, “autore e per-fezionatore della fede” (Eb 12, 2)»119.

Maria, la Vergine fedele, e i santi patroni Cono e Pietro vescovo, ci sostengano nel cammino della vita e intercedano per la nostra amata Chiesa di Teggiano-Policastro perché confessi in pienezza la fede nel suo Signore e la trasmetta con rinnovata passione.

Di cuore vi benedico. Antonio De Luca Vescovo di Teggiano-Policastro Teggiano, 2 settembre 2012 XXII Domenica del Tempo ordinario

119 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota con indicazioni pasto-

rali per l’Anno della fede, Conclusione.