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attualità e cultura settembre 2015 nella diocesi di lanusei numero 9 orgoglio ogliastrino Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46), art. 1, comma 1 - DCB Cagliari - una copia 1,50 19 settembre Convegno ecclesiale diocesano Jerzu Sui Tacchi d’Ogliastra Ricomincia la scuola Abbasso la scuola

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attualità e cultura settembre 2015

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Don Luigi - Napoli

Insieme.

Insieme ai poveri. Insieme ai dimenticati. Insieme alle vittime della camorra. Insieme ai detenuti. Insieme ai malati. Insieme agli anziani soli. Conto corrente postale n.57803009 - www.insiemeaisacerdoti.it

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1 | sottovoce

Ricomincia la scuola.Abbasso la scuola di Tonino Loddo

Da che mondo è mondo tutti e sempre si sono lamentati della scuola. Da Orazio che del suo maestro, tale Orbilius

Pupillus, ricordava soprattutto le vigorosefrustate; a sant’Agostino che fu costretto ad abbandonare la cattedra di retorica a Cartagine a causa delle ribalderie dei suoistudenti; passando per l’ispettore scolasticolanuseino del primissimo Novecento, GiulioLorrai, che definiva «maestri dell’unghia» i maestri delle scuole locali a ragione del loropoco elegante vezzo di sottolineare sul librocon un’unghiata le righe che gli alunnidovevano mandare a memoria; fino - mal’elenco potrebbe essere davvero lungo! - alla recentissima gallina volante di PaolaMastrocola, metafora ma non troppodell’insegnante insoddisfatta dei propri alunnie del proprio lavoro in classe. Né fa eccezionequesto inizio d’anno che, tra insegnantideportati, stipendi bassi, caro libri, caro zaini,caro penne …, cala sul fine estate di studentie famiglie come un dopobomba. Ora, mettendo da parte la questioneeconomica (anche se è vero - trascurando il resto - che certamente non aiuta un ragazzoa crescere, il sapere che un calciatoreguadagna in un solo giorno quello che il suoprofessore guadagna in un anno), occorrequantomeno provare a capire cosa possa farela differenza a scuola. Non sarà sottolineata mai abbastanza,innanzitutto, l’importanza di far sentireinsegnanti, studenti, genitori, dirigenti epersonale non docente parte di un’unicacomunità educante, capace - anche in forzadell’autonomia - di diventare protagonistaautentica del proprio agire. E ciò, a partiredalla elaborazione del Piano dell’OffertaFormativa che da zibaldone di utopiesconnesse costruite con il copia-incolla(provare a leggerne uno, uno qualsiasi, per credere!) deve diventare lo strumentocon cui, guardando al proprio interno,decidere le modalità per offrire percorsi di crescita non solo nella conoscenza, madell’intera persona. Di qui, la collegialità. Che pena, dozzine di dirigenti che vivono appollaiati in

presidenza, pensando di governare la scuolaa suon di circolari, convinti che il proprioruolo sia quello di far tornare i conti:mediocri ragionieri di ridicoli bilanci! E se appare quantomeno intempestiva la fretta con cui la riforma sembra volerdefinitivamente seppellire gli attualiorganismi collegiali, sarà tuttavia proprio su questo tema che si giocherà la genialitàdel dirigente: nel promuove una collegialitàsostanziale, che non solo non esclude ma, al contrario, perfino esalta l’importanza di un processo decisionale basato sulla realepartecipazione di tutte le componentidirettamente coinvolte nel mondo della scuola, chiamate a collaborare insiemeper il suo ottimale funzionamento. Ed infine, la valutazione. Non solo degli alunni (prassi in cui la scuola si è univocamente esercitata da sempre!), ma anche di insegnanti e dirigenti. Le critichead ogni forma di valutazione si sonoaccompagnate negli anni a boicottaggi nei confronti delle prove Invalsi, colpevoli di imporre una metodologia legataall’addestramento più che al veroapprendimento. Si può discutere sulle formedella valutazione. Ma non possiamodimenticare che, purtroppo, usciamo da un periodo in cui la scuola e i suoioperatori sono diventati sempre piùautoreferenziali: è stata tolta la possibilità di valutare gli insegnanti, dicendo che tuttigli insegnanti sono ugualmente validi in quanto tutti dotati di titolo, di fattoaccettando passivamente che in alcune realtàil livello dell’istruzione si abbassasseprogressivamente, con danno degli alunni o delle famiglie più deboli. Ma si è sempre saputo che non tuttigliinsegnanti (e i dirigenti!) sono ugualmentevalidi; che non tutte le scuole garantiscono lo stesso livello di preparazione; che il solotitolo degli insegnanti non garantisce la lorocompetenza didattica; che ci sono ottimiinsegnanti (e dirigenti!), ma che nell’attualesistema c’è lo spazio, per chi non vuoleimpegnarsi, di fare lo scansafatiche. E che,perciò, è proprio giunto il tempo di cambiare.Forse.

LA COPERTINAManuela Usai è tornata a Lanusei a conclusione deiGiochi MondialiSpecial Olympics2015 di Los Angeles,con cinque medaglievinte nella GinnasticaRitmica (due argentinell’all round e nellafune, tre bronzi nelnastro, nella palla enel cerchio). È la piùtitolata atletaogliastrina di ognitempo. Esempio dicoraggio,determinazione eforza di nonarrendersi alledifficoltà. Orgoglioogliastrino.

In copertina: foto di Pietro Basoccu

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Anno 34|Settembre 2015/n. 9una copia 1,50 euroDirettore responsabileTonino [email protected]

Progetto graficoAurelio Candido

RedazioneFilippo CorriasClaudia CartaAugusta CabrasM. Franca Campus

AmministrazionePietrina ComidaSandra Micheli

SegreteriaAlessandra CordaCarla Usai

Redazione e Amministrazionevia Roma, 108 08045 Lanuseitel. 0782 482213 fax 0782 [email protected] corrente postale n. 10118081

Abbonamento annuoordinario euro 15,00sostenitore euro 20,00benemerito euro 100,00estero (via aerea) euro 35,00

Autorizz. Trib. Lanusein. 23 del 16/6/1982Editore e ProprietarioDiocesi di LanuseiVia Roma 10208045 LanuseiStampaGrafiche Pilia srlZona Industriale Baccasara 08048 Tortolì (OG) tel 0782 623475fax 0782 624538www.grafichepilia.it

Membro dellaFederazione ItalianaSettimanali Cattolici

Associatoall’Unione StampaPeriodica Italiana

Editoriale

1 Ricomincia la scuola. Abbasso la scuola di Tonino Loddo

Ecclesia

3 Lo stile di Gesù e quello dei presbiteri di Antonello Mura

4 La misericordia non esclude nessuno di Filippo Corrias

12 Un vescovo per la diocesi di Ozieri di Tonino Loddo

13 Famiglia. Via per un’ umanità nuova di Tonino e Carmen Cau

40 Il Convegno Ecclesiale diocesanoalla luce del cammino della Chiesa universale

di Carlo Di Cicco

41 Perché mi faccio prete di Marco Congiu

42 Al servizio nelle chiese locali. Fedeli all’unica Chiesa

44 La scomparsa di don Salvatore Masala di Claudia Carta

45 Il Cammino Neocatecumenale. Un dono che fa bene alla Chiesa

di Pinuccia Nieddu

48 L’agenda del Vescovo e della Comunità

La Parola e la vita

8 El-Amarna e la Bibbia. Le lettere dei faraoni di Giovanni Deiana

10 “Educa tuo figlio e prenditi cura di lui...” di Enrico Mascia

11 Padrino | Madrina di Floribert Kiala

Dossier | La scuola

16 Istruire ed educare. Oggi come ieri di Augusta Cabras

18 Dispersione scolastica. Un grave danno per tutti di Augusta Cabras

19 L’offerta formativa in Ogliastra

20 Una scuola che alimenta la dimensione della scoperta

di Piero Coccollone

21 Le scuole paritarie dell’infanzia in Diocesi

22 Il ginnasio dei salesiani. Una storia gloriosa di Tonino Loddo

23 L’Istituto Magistrale

24 Camera oscura di Pietro Basoccu

Attualità

5 L’Ogliastra degli sprechi. Le spese inutili che ci tocca pagare

di M. Franca Campus

14 La favola olimpica di Manuela Usai di Pietro Basoccu

15 Il tempo sospeso di Pietro Basoccu di Tonino Loddo

26 Gender. Riappropriamoci del genere di Giusy Mameli

27 Famiglie e coppie di fatto. No alle equiparazioni di Gemma Demuro

28 Birra Lara. La Sardegna nel bicchiere di Claudia Carta

38 Non tutto ma di tutto

46 Direzione nulla. Il viaggio in musica di Gianpriamo Incollu

di Augusta Cabras

47 Il Basket. Una storia che viene da lontano (2) di Agostino Murgia

Primo piano | Jerzu

30 Sui Tacchi d’Ogliastra di Claudia Carta

32 Un paese che cresce di Antonio Piras

33 Il terzo polo scolastico dell’Ogliastra di Piero Carta

34 Antichi Poderi. Un marchio di eccellenza di Marcello Usala

35 Tra medicina, cultura e tradizione vitivinicola di Nino Melis

36 Una comunità dalla fede forte e radicata. di Roberto Corongiui

37 I luoghi della fede negli anfiteatri della natura di Claudia Carta

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3 | La paroLa deL vescovo

L’ordinazione presbiterale didon Marco Congiu èchiaramente una bellanotizia per la nostra Chiesa.

Ne abbiamo bisogno. Non solonumericamente, ma soprattutto pergioire della bellezza di questavocazione, riscoprendone il senso e ilservizio. In occasione inoltre delnostro convegno ecclesiale, è ancheun’opportunità per riflettere quantosia importante per ogni presbitero - evescovo... - acquisire lo stile di Gesùnel proprio ministero.Per farlo riprendo alcuneaffermazioni di papa Francesconell’omelia dell’11 gennaio 2014 asanta Marta. Il Papa dice che c’è una“pietra di paragone” decisiva percapire il nostro stile: “Se andiamo onon andiamo a trovare Gesù”. Ladomanda diventa: “Qual è il posto diGesù Cristo nella vita sacerdotale?Un rapporto vivo, da discepolo aMaestro, da fratello a fratello, dapover’uomo a Dio, o è un rapporto unpo’ artificiale… che non viene dalcuore?”. Il segreto secondo il Papa è “Andare evenire da Gesù Cristo.Continuamente”. Imitandolo inparticolare nei momenti di“popolarità”, quando andava aritirarsi nella montagna, in luoghideserti, per pregare il Padre chel’aveva chiamato alla missione. Sono parole che ci interpellano sulnostro stile. Domandandoci adesempio come possiamo migliorare lenostre relazioni nella comunità, doveè importante che emerga la fonte delnostro operare e del nostro servire:Gesù stesso. Non sempre iparrocchiani percepiscono quale siala forza che ci guida e l’energia che cisorregge. Per questo dobbiamoimparare di più e meglio a farcomprendere che c’è Lui dietro quelloche facciamo e che pensiamo; chequando preghiamo “non stiamo

perdendo tempo” – né semplicementeci stiamo preparando a far pregare glialtri – ma stiamo abbeverandoci aquella Fonte di vita e di vocazioneche ci ha chiamati. E che continua achiamare.è vero. Ci sentiamo osservati specialidai parrocchiani. Come dice il Papa,essi “hanno fiuto” e capiscono di chepasta siamo fatti. Mentre noi quanteenergie consumiamo per apparirequello che non siamo! Accettiamoinfatti facilmente mondanità e popolarità per non perdereposizioni, e abbiamo paura dimostrare i nostri limiti invece di“consegnarli” al Signore, perché sialui a trasformarli in dono. Crediamo sia meglio rimaneredistanti e distinti, e adottiamo perdifenderci lo stile del burocrate edell’impiegato. Papa Francesco ci diceche non dobbiamo aver pauraneanche dei nostri difetti, e riferisceper questo le parole – più consolantiche giudicanti – della gente: “Ma, sì, ha un caratteraccio, haquesto, ha quello … ma è un prete!”.

Lo stile di Gesù e quello dei presbiteri

Cioè vive da prete, ama da prete,muore da prete. Il segreto è sempre e comunquequello di Gesù: dare la vita. Darlaliberamente. Perdere sé perguadagnare gli altri a Gesù. Nonpotremo farlo se non avessimo comepunto di riferimento lo stesso GesùCristo. “Volete andarvene anchevoi?”, disse un giornoprovocatoriamente Gesù ai suoi nelracconto di Giovanni, e Pietro: “Dachi potremo andare? Noi abbiamocreduto e conosciuto Te!”. E il papacon queste parole ce lo conferma: “Seci allontaniamo da Gesù Cristo,dobbiamo compensare questo conaltri atteggiamenti … mondani. …Ma il prete che adora Gesù Cristo, ilprete che parla con Gesù Cristo, ilprete che cerca Gesù Cristo e che silascia cercare da Gesù Cristo: questoè il centro della nostra vita. Se nonc’è questo, perdiamo tutto. E cosadaremo alla gente?”.Buon cammino don Marco. Insieme a noi.

+ Antonello Mura

Domenica 27 settembre l’Ordinazione di don Marco Congiu

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«La vicinanza del GiubileoStraordinario dellaMisericordia mi permette difocalizzare alcuni punti sui

quali ritengo importante intervenire perconsentire che la celebrazione dell’Anno Santosia per tutti i credenti un vero momentod’incontro con la misericordia di Dio. è miodesiderio che il Giubileo sia esperienza vivadella vicinanza del Padre, quasi a voler toccarecon mano la sua tenerezza, perché la fede diogni credente si rinvigorisca e così latestimonianza diventi sempre più efficace».Inizia così la Lettera che il primo settembrepapa Francesco ha indirizzato al Presidente delPontificio Consiglio per la Promozione dellaNuova Evangelizzazione all’approssimarsi delGiubileo Straordinario della Misericordia.«Desidero, continua il Papa, che l’indulgenzagiubilare giunga per ognuno come genuinaesperienza della misericordia di Dio, la quale a tutti va incontro con il volto del Padre cheaccoglie e perdona, dimenticandocompletamente il peccato commesso. Per viveree ottenere l’indulgenza i fedeli sono chiamati acompiere un breve pellegrinaggio verso la PortaSanta, aperta in ogni Cattedrale o nelle chiesestabilite dal Vescovo diocesano, e nelle quattroBasiliche Papali a Roma, come segno di veraconversione. Dispongo che nei Santuari dove si

Da Papa Francesco untriplice messaggio peril Giubileo, che siaprirà l’8 dicembre.Uno riguarda laChiesa e inparticolare la facoltàdei sacerdoti diconcedere il perdonoin materia di aborto;in secondo luogo, ilpapa assicura a tutti icarcerati la possibilitàdi ottenerel’indulgenza plenarianelle loro celle; edinfine, lancia unmessaggio rivolto alrecupero dei rapporticon i lefebvriani che,in occasione delGiubileo, potrannolecitamente evalidamenteconfessare i fedeli.

è aperta la Porta dellaMisericordia e nellechiese chetradizionalmentesono identificatecome Giubilari sipossa ottenerel’indulgenza».«Gli ammalati e lepersone anziane esole, spesso incondizione di nonpoter uscire di casa,attraverso i varimezzi dicomunicazione[potranno] ottenerel’indulgenzagiubilare. Il miopensiero va anche ai

carcerati, che sperimentano la limitazione dellaloro libertà. Il Giubileo ha sempre costituitol’opportunità di una grande amnistia, destinataa coinvolgere tante persone che hanno presocoscienza dell’ingiustizia compiuta edesiderano sinceramente inserirsi di nuovonella società portando il loro contributo onesto.Nelle cappelle delle carceri potranno ottenerel’indulgenza».«Ho chiesto che la Chiesa riscopra in questotempo giubilare la ricchezza contenuta nelleopere di misericordia corporale e spirituale.Ogni volta che un fedele vivrà una o più diqueste opere in prima persona otterràcertamente l’indulgenza giubilare. L’indulgenzagiubilare, infine, può essere ottenuta anche peri defunti. Penso, in modo particolare, a tutte ledonne che hanno fatto ricorso all’aborto. Unamentalità molto diffusa ha ormai fatto perderela dovuta sensibilità personale e sociale versol’accoglienza di una nuova vita. Il perdono diDio a chiunque è pentito non può esserenegato: per questo motivo ho deciso diconcedere a tutti i sacerdoti per l’AnnoGiubilare la facoltà di assolvere dal peccato diaborto quanti lo hanno procurato e pentiti dicuore ne chiedono il perdono.Confidando nell’intercessione della Madre dellaMisericordia, affido alla sua protezione lapreparazione di questo Giubileo Straordinario».

La misericordia non esclude nessuno di Filippo Corrias

4 | La paroLa deL papa

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Di edifici costruiti e maiutilizzati è pienal’Ogliastra. Stabili enormi,progettati, finanziati e ora

in preda al degrado. Peggio. In manoai vandali che distruggono edanneggiano impuniti. Opererealizzate con investimenti pluri-milionari popolano inutilmente ilterritorio, spesso deturpandone ilpaesaggio. Erano sorti con unadestinazione ben precisa ma almomento del fine lavori hanno persoragione di esistere e non sono mai statiresi fruibili. Una situazioneparadossale in un’area che spesso hadifficoltà a trovare risorse persistemare e migliorare strutturefondamentali come le scuole. Succedecosì che gli studenti talvolta siritrovino a frequentare le lezioni inlocali inadeguati e poco favorevoliall’apprendimento. In questi casi silamenta la carenza di risorsefinanziarie, le stesse che hannopermesso invece il sorgere di struttureimponenti e arroganti, tanto onerosequanto inutili. Da nord a sud dell’Ogliastraabbondano gli edifici che cadono a

pezzi ancora prima della loroinaugurazione. Uno spreco di denaropubblico inspiegabile, di cui nessunorisponde e che nulla insegna perchécontinua a verificarsi. A Tortolìl’emblema di questa situazione è laStazione marittima di Arbatax maanche il parco di Batteria dove con unfinanziamento regionale di un milionedi euro sono sorte strutture per lafruizione e la valorizzazione del sitoche racconta la seconda guerramondiale in Ogliastra. Oggi quelcomplesso è in mano ai balordi e alleintemperie, alla mano dell’uomo edella natura che tanto crea e formaquanto danneggia e distrugge. Alla periferia di Lanusei svettano ilocali dell’Anas e sorge inutilizzato ilCentro fieristico mentre i piccoli alunnidelle elementari seguono le lezioni inuna vecchia scuola che non haneppure l’ingresso adeguato: unaporticina a vetri che si apre su unastrada in pendenza. E a Tortolì glistudenti dell’Alberghiero, l’Istitutosuperiore più grande d’Ogliastra solodi recente hanno avuto una sedepropria. Accanto agli uffici pubblici inutilizzati

L’Ogliastra degli sprechi.Le spese inutili che ci tocca pagare

di Maria Franca Campus

5 | IL fatto deL mese

le macerie di sogni industriali infranti.I capannoni vuoti della Cartiera convista sul porto, poco lontani dallaStazione marittima mai nata. Esull’altopiano di Villanova rimangonole spoglie di quelle che una volta eranole serre di Barbagia Flores. Sonoimmortalate nelle foto di PietroBasoccu esposte di recente nellamostra Fiori di carta all’ex mercatocivico di Tortolì, una struttura cheinvece grazie all’arte è tornata a nuovavita. Proprio lì accanto si trova la exblocchiera Falchi anch’essa diventatasede di importanti iniziative culturali.Esistono quindi edifici scampati aldegrado. Come l’Albergo Esit diLanusei in via Marconi ceduto dallaRegione al Comune e poi rivendutoallo Stato per ospitare l’Agenzia delleentrate. Un passaggio virtuoso che hapermesso la riapertura di uno stabilechiuso rendendolo moderno efunzionale. E chissà che ancheArzana non trovi il modo direcuperare le macerie dell’expreventorio di via MonsignorVirgilio, una volta centro diformazione e opportunità lavorativaper tanti, oggi in rovina.

L’Ogliastra èpiena di operepubbliche enormie inutili, onecessarie e maiutilizzate. Parlaredi sprechi è unesercizio retorico.Tutti noi liabbiamo presentie assistiamoimpotenti alfiume di denarobruciato perniente.

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Il progetto della Stazionemarittima di Arbatax è dellaseconda metà degli anni ottanta.I lavori vennero avviati

dall’Azienda mezzi meccanici diCagliari destinataria del finanziamentodel ministero ma non furono conclusiperché nel frattempo ci fu laprivatizzazione di quelle aziende. Da lìl’opera andò avanti tra ampliamenti erattoppi. Perché c’era da completarel’incompiuto ma anche da metteremano a quello già fatto che nelfrattempo si era deteriorato o era statodanneggiato dai vandali. Lo spettacolo attuale è desolante. Tra ilmare e le Rocce rosse si erge unenorme stabile inutilizzato. Attraversole ampie vetrate sporche con portescorrevoli mai entrate in funzione, sipuò vedere l’interno completamentepavimentato al piano terra, ci sonopersino i lampadari. Ma a dispettodella transenna poggiata a una pareteche vieta l’accesso alle persone nonautorizzate si scopre che l’ingresso è

libero. E non attraverso vetri rotti ofinestre spalancate, che pure ci sono,ma passando per le porte principali.Qua e là qualche adesivo di un istitutodi vigilanza che suscita un sorrisoamaro. Due ampie terrazze su unpaesaggio incantato, solidi pilastri digranito all’entrata, travi in legno chehanno perso il loro colore originale. Lefioriere che avrebbero dovuto coloraree decorare un locale destinato adautorità e servizi sono diventate ampicestini per rifiuti. Solo bottiglie di birrasui davanzali grigi. Grigi come il coloredegli innumerevoli infissi che dannoluce agli interni vuoti, grigi come le

La Stazione marittima di Arbataxdi Maria Franca Campus

6 | IL fatto deL mese

«Il nucleo storico dei lavori venneultimato (si fa perdire) nel 1988. Quindiper vent’anni (fino al 2008) la struttura è stata lasciatamarcire. Un ammassodi ferro e cementoinutilizzato, divoratodalla salsedine. Nel frattempo ipasseggeri chesbarcavano ad Arbataxtrovavano adaccoglierli il deserto.Nessun servizio, solodesolazione a perditad'occhio sullabanchina. Nel 2008, rimodulatoil progetto,ricominciarono i lavori,costo complessivo 1milione e 800 milaeuro, per darefinalmente un voltocompiuto alla strutturamiraggio. Con gli ultimiritocchi, nastrocompreso, la Stazioneoggi è finita» (SimoneLoi, L’Unione Sarda,20 novembre 2011)!

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Lanusei ha un Centro fieristicomai diventato tale. Unastruttura di 2500 metriquadrati in agro di Ilbono

nella località di Scal’ ‘e Murtas alconfine con Lanusei, realizzata neglianni novanta e mai utilizzata. èdiventata bersaglio dei vandali che sisono portati via ciò che potevano:lavandini, interruttori, fili, compresoun quadro elettrico. Danni ingenti chesi aggiungono a quello più grave: ilmancato utilizzo di un locale immenso,oggi completamente abbandonato.Carmine Arzu, ex amministratore dellacittadina, spiega che fu costruito pervalorizzare i prodotti dell’artigianato edell’agroalimentare. «Una strutturafortemente voluta dalle Associazioni dicategoria, Cna e Confartigianato, cheinsieme a cinque comuni (Lanusei,Arzana, Elini, Ilbono e Loceri)costituirono il consorzio Sipal per lagestione». Nel regolamento stilato dallaProvincia Ogliastra sono elencate lefunzioni del Centro che vanno dallapromozione dei prodotti locali allo

sviluppo di unaculturaimprenditoriale.Il tutto attraversoun marchiocollettivo deiprodotti,l’organizzazionedi fiere, mostre emanifestazionicommerciali,attività diformazione, distudio e ricerca.Un riccoprogramma,tante idee rimastesulla carta e maientrate tra lepareti diquell’edificio.Carmine Arzuricorda che venne

Lanusei. Il Centro Fieristico e il Centro Anas di Maria Franca Campus

7 | IL fatto deL mese

coinvolta anche la Camera dicommercio che lì, nei locali del Centrofieristico, avrebbe potuto avere unosportello ogliastrino. Lo stabile sarebbedovuto diventare la sede delleassociazioni di categoria masoprattutto la vetrina permanente dei prodotti ogliastrini e «oggi - diceArzu - all’Expo di Milano l’Ogliastrasarebbe stata rappresentata dal Centrofieristico». Il suo auspicio è che venga completato e finalmente utilizzato. Un altroenorme complesso edilizio che sorgeinutilizzato alla periferia di Lanusei ècostituito dai Centro Manutentoriodell’Anas. Secondo i programmidell’Ente, Lanusei sarebbe dovutodiventare uno dei centri operativiregionali dotato di un’areamanutenzioni, magazzini, uffici maanche appartamenti per i dipendenti.Tutto interamente realizzato in un’areadi 4200 metri quadrati alla periferia diLanusei, all’imbocco della strada perCagliari. Ma quando i lavori venneroportati a termine i programmi dell’Anasnon erano più gli stessi: niente centrooperativo a Lanusei. Così da fine anni80 ad oggi quella struttura regnainutilizzata, in cerca di una nuovadestinazione. Eppure, ancora nel 2010per rifare la segnaletica delle strade del Centro Manutentorio l’Anas ha stanziato la bella somma di 580.000euro! Carmine Arzu ricorda i numerosiviaggi a Roma per ottenere ifinanziamenti necessari allarealizzazione e poi al completamentodell’opera che infatti venne portata atermine ma inutilmente. Attualmente sono in corso trattative tra i vertici dell’Anas e il Consigliod’amministrazione dell’Ente foreste per una permuta che consisterebbenello spostamento del centromanutentivo dell’Ente foreste da SanCosimo ai locali dell’Anas mentrequesti avrebbero sede a San Cosimo.Trattative tutt’ora ancora in corso.

ringhiere delle scale che portano sualtre stanze del nulla, grigi come ledue torri di granito che rendonomaestosa e ancor più spavalda unastruttura che invade un’area degna ditutela e valorizzazione senza darenulla in cambio se non amarezza esconforto a chi la guarda. Eppuresarebbe dovuta essere la sede diCapitaneria di porto, Polizia e Guardiadi finanza, negozi e ristoranti esoprattutto avrebbe dovuto accogliere ipasseggeri in arrivo e in partenza dalporto di Arbatax. Una volta forse. Oggile navi che attraccano qui sono sempremeno. Ma sebbene il trafficopasseggeri sia diminuito l’esigenza diun punto di ristoro per i viaggiatori èfondamentale. Lo sa bene un gruppodi pensionati che chiacchierano sulviale alberato di Arbatax. “Due voltealla settimana la nave arriva allequattro e mezzo del mattino e ipasseggeri senz’auto non hanno unluogo in cui sostare in attesa dei mezzipubblici” spiegano i pensionati chenon vogliono il loro nome sul giornale,preferiscono essere citati come iragazzi del muretto. Sono convintiche la Stazione marittima non apriràmai ma sperano di essere smentiti.Ricordano che inizialmente non eracosì grande poi strada facendo è stataampliata. “Così grande manco a Olbiaserve figuriamoci qui ad Arbatax”. Nanni Mele, proprietario insieme allamoglie di un negozio di artigianatoall’ingresso del porto, lo definisce «unmonumento allo spreco» e trovaassurdo che un’opera simile cada apezzi prima del suo utilizzo. Nuccio Meloni, ex amministratore diTortolì, conosce la lunga storia dellaStazione marittima. Ricorda lettere, proteste e solleciti allaRegione per ottenere il completamentodell’iter burocratico, il bando di gara el’assegnazione della struttura. Rispostevaghe o assenti. Quello che rimane lovediamo tutti.

Il Centro EsposizioneProdotti Tipici diLanusei fu varato nelquadro dell’Accordo diProgramma del 1998per una spesacomplessiva di 4.130milioni di lire (più uncofinanziamento di100 milioni di lire acarico di ciascuno deidue comuni di Lanuseie Ilbono). L’opera furealizzata maabbandonata a séstessa e nel 2004 laRegione Sardegnastanziò l’ulterioresomma di258.228,45 euro perla sua riqualificazione.Somma regolarmentespesa e Centroregolarmenteabbandonato a séstesso. Costo dellospreco? Solo 2.494.486,82euro!

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El-Amarna e la BibbiaLe lettere dei faraoni di Giovanni Deiana

Per molti lettori il nome el -Amarna non significa nientema per i biblisti rappresentauna fonte di straordinario

interesse per ricostruire, sia pure inmodo approssimato, l’ambientestorico in cui si svolsero gliavvenimenti descritti sia nel librodella Genesi che dell’Esodo.

LA SCOPERTA DELLE LETTERE. Come capitaspesso, il rinvenimento di questotesoro culturale è frutto del caso:siamo nel 1887 in Egitto; unacontadina, mentre rovistava in uncumulo di rovine antiche, trovò unatavoletta di argilla scritta in unalingua strana. Quella tavoletta fuseguita da altre che, vendute amercanti di antichità, rivelarono, solopiù tardi, il loro inestimabile valore; sitrattava di un archivio che contenevala corrispondenza tra il faraoneegiziano Amenophi IV (1353-1336 a.C.) e gli altri re del Vicino Oriente.Quella scrittura strana era l’accadico,la lingua della Mesopotamia che, inquesto periodo, era adoperata per lerelazioni internazionali. L’Egitto era lapotenza egemone con la quale tutti glialtri re (Babilonia, Assiria, Ittiti,Cipro) cercavano di avere buonirapporti. Essi, legati reciprocamenteda un vincolo di amicizia, coglievano

tutte le occasioni per scambiarsimessaggi di cortesia nei quali ci siinformava della salute delle rispettivefamiglie, si scambiavano doni,specialmente metalli, ma spesso eral’occasione per rafforzare l’amiciziacon matrimoni che portarono ad undiffuso imparentamento tra le variecase regnanti.

LA PALESTINA. La Palestina,geograficamente confinante conl’Egitto, era invece governata da“piccoli re”, i quali dipendevano intutto dal faraone; i loro messaggi, chedi solito accompagnavano l’annualeriscossione dei tributi, costituiti daderrate alimentari, ma anche daoggetti di lusso e schiavi, miravano adimostrare la loro incondizionatafedeltà al faraone. Spesso tuttaviaerano anche l’occasione di lamenteleper la scarsa attenzione che, a lorodire, egli rivolgeva ai rispettiviterritori. Infatti, secondo la politica invigore allora, in cambio del tributo chequesti re dovevano pagare, l’autoritàcentrale aveva il dovere di proteggerlida eventuali attacchi esterni. Mal’Egitto in questo periodo non avevanessun interesse a lasciarsi coinvolgerein conflitti locali e la presenza direttain territorio palestinese era ridotta alminimo: si calcola che non ci fossero

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LE LETTERE DI EL-AMARNA

Si tratta di circa 380 documenti, in scrittura cuneiforme su tavoletted’argilla, rinvenute a El-Amarna, nel Medio Egitto, nel 1887. L’archivio risale al tempo in cui il faraone Akhenaton aveva spostatola capitale da Tebe alla nuova città di Akhetaton (El-Amarna), ma si estende anche indietro nel tempo(Amenophi III) e dura fino ai primianni del regno di Tutankhamon (ca. 1360-30 a.C. in tutto). Si tratta soprattutto di letterescambiate tra l’Egitto e i regni delVicino Oriente asiatico, usando ilbabilonese come lingua di contatto.Le lettere si suddividono in duegruppi a seconda che i corrispondenti del faraone siano i «grandi re» indipendenti suoi pari,oppure i «piccoli re», suoi vassalli. Gli argomenti principali sono loscambio cerimoniale di doni, letrattative matrimoniali, lecongratulazioni ai re di nuovaintronizzazione, l’arrivo delcontingente armato per lariscossione annuale del tributo...

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più di 700 dipendenti egiziani dislocatiin poche città site in posizionestrategica. Il territorio era diviso in treunità territoriali che potremmodefinire anche province; al sud sitrovava il territorio di Canaan, inegiziano Kinahnu, che aveva Gazacome sede del governatore egiziano;Beth She’an era la sede direzionaleper la Palestina centrale, mentre alnord la città di Sumura svolgeva lamedesima funzione.

QUASI 400 LETTERE.Naturalmente, ed èun aspetto che ha sorpreso gli studiosidelle tavolette, questo frequentescambio epistolare tra i diversi palazzi,testimonia l’esistenza di autentichescuole in cui gli scribi si esercitavanoper lunghi anni prima di essere ingrado di svolgere la loro professione.Oggi, grazie allo studio di questelettere, quasi 400, emerge unospaccato di estremo interesse, anchese limitato al tempo del faraone, percapire il mondo politico e sociale deltempo sia dei patriarchi chedell’esodo. Naturalmente, dati i limitiimposti dall’articolo, accenno solo agliaspetti più rilevanti riguardanti il testobiblico e rimando per ulterioriapprofondimenti all’eccellente operadi M. Liverani, Le lettere di el-Amarna, I-II, Paideia, Brescia 1998: in

essa il lettore più interessatoall’argomento, troverà esaurienterisposta alle proprie curiosità.

IL RACCONTO BIBLICO. La storia biblicainizia con la chiamata di Abramocondensata nel discorso che Dio glirivolse: “Il Signore disse ad Abram:Vattene dalla tua terra, dalla tuaparentela e dalla casa di tuo padre,verso la terra che io ti indicherò”, Gen12,1. Quale sia la terra destinata adessere la futura eredità del patriarcaviene precisato più avanti: “4 AlloraAbram partì, come gli aveva ordinatoil Signore, e con lui partì Lot. Abramaveva settantacinque anni quandolasciò Carran. 5 Abram prese lamoglie Sarài e Lot, figlio di suofratello, e tutti i beni che avevanoacquistati in Carran e tutte le personeche lì si erano procurate e siincamminarono verso la terra diCanaan. Arrivarono nella terra diCanaan 6 e Abram la attraversò finoalla località di Sichem, presso laQuercia di Morè. Nella terra si

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ANCHE UN RE OGLIASTRINO SCRIVE AL FARAONE?

Queste lettere offrono un ampiomateriale anche per lo studio di altriargomenti. Tra i re che invianomessaggi al faraone c’è, infatti,anche quello di Ullassa e Yursu:nomi di città che richiamano duepaesi dell’Ogliastra, Ulassai e Jerzu. Si tratta di semplice assonanza?Forse no, tenuto conto che il re diBiblo aveva al suo servizio corpiscelti di Sherdana; anche la città diUgarit, tra le più importanti dell’areamediorientale, aveva un forteinsediamento di Sherdana. È notoche questo nome ha stretteconnessioni con i primi abitanti dellaSardegna.

trovavano allora i Cananei”, Gen 12,4-6. Secondo il racconto biblico,Abramo e la sua famiglia percorserotutta la Palestina senza incontrareanima viva; la realtà storica è bendiversa. Il territorio attraversato dalpatriarca, senza essere densamentepopolato (si calcolano circa 50.000abitanti), pullulava di una vita socialeestremamente vivace. Tanto per fareun esempio Sichem, dove si recaAbramo, era sede di un regno digrande importanza. Il suo re, Laba’ya,scrive tre lettere al faraoneprotestando la sua fedeltà all’Egitto: in tal modo cercava di difendersi dalle accuse di nutrire mireespansionistiche a danno dei reconfinanti, i quali, preoccupati, si rivolgevano al faraone perchétenesse a bada l’irrequieto vicino. Per gli studi biblici rivestono unaparticola importanza le lettere inviateda Abdi-Eba, re di Gerusalemme: il nome della città in questo periodoera Salim, lo stesso attestato in Gen14,18 in cui si narra l’incontro di Abramo con Melchisedek. Anche se il racconto di Gen 14 ha subito nel corso della trasmissione parecchieriletture, tutto lascia credere che abbiaconservato ricordi antichi trasmessidalle scuole scribali testimoniate dalle lettere di El Amarna.

Pag.8: Rovine di El-Amarna; una delle 380tavolette d’argillarinvenute a El-Amarna;Pag. 9: zone d’influenzadell’Egitto al tempodel faraone Amenophi IV;Busto del faraone.

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“Educa tuo figlio e prenditi cura di lui...” di Enrico Mascia

Vicario parrocchiale nel Santuario della Madonna d'Ogliastra in Lanusei

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Tenuto conto del contestostorico e sociale a cui ilbrano si riferisce, l’ideacentrale dello scrittore

ispirato è che il figlio non debba esserlasciato crescere da sé ma vadaaccompagnato. Educare, infatti,significa insegnare e accompagnarenella strada della verità poichéoccorre promuovere la libertà dellapersona coerentemente con il suodecidere per il bene. Tale decisione richiede una lotta eun’ascesi che vanno sostenute ecorrette. Il termine greco ascesi ciricorda che la crescita del piccolouomo coinvolge tanti aspetti, il corpoe lo spirito, la sua intelligenza esoprattutto l’uso della sua libertàindirizzata verso il bene, che altronon può essere che il frutto di unesercizio faticoso che va sostenuto e indirizzato dal genitore.Il sentimento moderno invece rifugge da tale ascesi e sostiene l’idea che l’uomo cresca da sé,spontaneamente e soprattutto evita la fatica continua di un genitoreimpegnato nell’educazionedell’umanità del figlio. Molto megliouna carezza, edulcorare il proprioaffetto con le coccole, confondere il volere il bene con il volere bene,piuttosto che correre il rischio di trasmettere una veritàapparentemente antipatica ma in grado di liberare la persona e renderla protagonista delle suescelte.

Educare al bene e al vero significacorreggere i propri figli. Ed è la Bibbia stessa in altra sede(Eb. 12, 5-11) a ricordarci che la correzione è il primo indiziodell’esercizio della paternità di Dio che corregge coloro che Egliama e punisce tutti coloro chericonosce come figli. Dio corregge, educa prova i suoi figli

perché li ama. Correggere è dunqueamare; per la Bibbia, cioè, aiutarel’uomo a ritrovare se stesso poichéesso nasce ferito dal peccato originalee la sua natura incline al malenecessita di essere rafforzata e risuscitata nella sua opzione al benetramite la correzione.Non è perciò accettabile l’idea del lasciar fare alla natura, perché nel bambino anche piccolissimo vi è il bisogno di temperare ad immagine di Dio l’egoismo,

le pretese, le passioni, pericolosefragilità che impastano la nostranatura, che rendono l’uomo pronto asoffrire e a far soffrire, ad ingannare e ad essere ingannato, a deludere e a subire la delusione di esistere.

Per queste ragioni i nostri figli sin da piccoli hanno bisogno di esserecorretti e richiamati efficacemente al bene e al vero che informa il fondodel loro cuore.

“Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta, per gioire di lui allafine. Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio e se ne potràvantare con i suoi conoscenti. Chi ammaestra il proprio figliorenderà geloso il nemico, mentre davanti agli amici potràgioire. Muore il padre? È come se non morisse, perché lascia un suosimile dopo di sé. Chi accarezza un figlio ne fascerà poi le ferite, aogni grido il suo cuore sarà sconvolto. Un cavallo non domatodiventa restio, un figlio lasciato a se stesso diventa sventato. Coccolail figlio ed egli ti incuterà spavento, scherza con lui, ti procureràdispiaceri. Non ridere con lui per non doverti con lui rattristare, chenon debba digrignare i denti alla fine. Non concedergli libertà ingioventù, non prendere alla leggera i suoi difetti. Educa tuo figlio eprenditi cura di lui”. (Siracide, 30, 1-13)

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La figura del padrino e della madrina èuna scelta pastorale della Chiesa. Sitratta di una figura estremamenteimportante nella vita del figlioccio

sebbene taluni pensino che questa figura siaormai obsoleta, superata, che abbia perso il suosignificato religioso e quindi non debba piùessere mantenuta nella vita della Chiesa. Senzaentrare nel merito di questo dibattito,cercheremo qui di mostrare l’importanza e il ruolo di questa figura nella vita della Chiesa. Nella Bibbia questa figura non è presente. Neiprimi secoli del Cristianesimo solo gli adulti,infatti, potevano ricevere il battesimo. Solo apartire dal quinto secolo i bambini sarannoammessi a ricevere il sacramento ed èprobabilmente in questo periodo che nasce lafigura del padrino e della madrina. Peraltro,nella sua opera De baptismo, Tertulliano parla disponsores (cioè garanti) che assistevano albattesimo dei bambini tra il secondo e il terzosecolo. Si pensa che l’esigenza dei padrini fossecorrelata con il battesimo concepito comenuova nascita, che perciò esigeva nuovi padri omadri. Più tardi, in continuità con questa linea,san Tommaso ricorderà che la rigenerazionespirituale operata dal battesimo assomiglia aquella carnale e, come in questa, il bambino habisogno di una nutrice e di un pedagogo, così

come in quella spirituale c’è bisogno di qualcuno che lo istruisca nella fede e nellavita cristiana (Summa Th. III, q. 67, a. 7).Ebbene, se queste sono le premesse, chi puòfungere da padrino/madrina? La tradizionecattolica stabilisce che ogni cattolico che abbiaricevuto l’Eucaristia e la Confermazione, cheabbia compiuto i 16 anni e che conduca, perquanto possibile, una vita conforme alla fede[…] può fare da padrino o madrina nel rito del Battesimo (CIC, can. 874 §1). Diventandoguida del nuovo cristiano, colui che è statoscelto, dovendo ormai collaborare alla crescitadel bambino, deve rispondere a questeesigenze, per accompagnare degnamente il figlioccio nel suo itinerario spirituale,aiutandolo a divenire più uomo e cristiano. Non possono fare perciò da padrini quelle persone che sono sposate solo civilmente, i conviventi, i divorziati ed i separati conviventicon un altro partner. La scelta del padrino/madrina è molto delicata perchédeve rispondere ai principi della Chiesa. Per questo motivo, la persona da scegliere devecondurre una vita coerente ed esemplare,capace di trasmettere al bambino o ragazzo i valori cristiani.Purtroppo, in alcuni casi, la scelta dei padrininon tiene conto dei valori spirituali dellapersona o dei principi della Chiesa per diveniresempre più una scelta di convenienza. Si fondamolto spesso sul rapporto di amicizia, parentaleo, addirittura, sui vantaggi materiali chepossono derivare da questo rapporto; così,succede che la ricchezza materiale e la notorietàorientino la scelta dei padrini. Inoltre, è fondamentale che il padrino o lamadrina vivano non molto lontano dalbambino, in modo da favorire un legame solidoe duraturo, ed evitare che ci si incontri solo il giorno del sacramento. Il padrino deve dare al figlioccio una chiara testimonianza di fede,deve essere colui che lo accompagna nel suoitinerario terreno ed è chiamato a collaborarecon i genitori per la crescita spirituale e umanadel figlioccio. Per questo motivo la Chiesastabilisce che i padrini non possono essere i genitori (CIC, can. 874). I genitori devono tener conto di questi principinella scelta di questa figura così importante.

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Padrino/Madrina di Floribert Kiala

/pa-drì-no/, s. m.[lat.tardo patrīnus,der. di pater -tris (padre)] /ma-drì-na/, s. f.[lat. tardomatrīna, der. dimater -tris(madre)]Persona che,avendo i requisitiprevisti dal dirittocanonico, presentail battezzando o ilcresimando albattesimo o allacresima,assumendol’impegno dicollaborare con igenitorinell’educazionespirituale delfiglioccio.

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Papa Francesco ha nominato il nuovovescovo per la diocesi di Ozieri: èdon Corrado Melis, 52 anni,originario di Sardara, presbitero

della diocesi di Ales-Terralba (è stato ordinatonel 1988), attualmente in servizio pastoralenella parrocchia di santa Barbara a Villacidroe vicario episcopale per l’evangelizzazione el’educazione oltre che direttore dell’Ufficio dipastorale familiare.Nel suo primo messaggio alla diocesirivolgendosi ai «Carissimi fratelli e sorelle chesiete pietre vive della Chiesa di Ozieri», hainnanzitutto chiesto a tutta la diocesi di«aiutarmi e sostenermi con la preghierae l’affetto». Quindi, ha presentato ai futuridiocesani «alcune convinzioni, che mi sentodi comunicarvi attraverso quattro parole che,anche se dette in latino, sono facili da capireper tutti: Jesus Caritas (Gesù è l’Amore, difratel Charles de Foucauld), EvangeliiGaudium (la gioia del Vangelo, dipapa Francesco). Ciascuna di queste quattroparole ha un senso compiuto: Gesù, amore,Vangelo, gioia. Sono certo che potrannodiventare la forza di tutti. Personalmentevengo a voi con il desiderio di tradurle invita».

Un vescovo per la diocesi di Ozieri di Tonino Loddo

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Per manifestare fin da subito la suaattenzione verso la porzione del Popolo di Dioche gli è stata affidata, il nuovo vescovo hascelto di ricevere la consacrazione episcopaleproprio ad Ozieri, dove il solenne rito haavuto luogo il 13 settembre per la presidenzadi mons. Angelo Becciu, che aveva comeconcosacranti mons. Giovanni Dettori e mons.Sebastiano Sanguinetti. «In questo modo - hadetto il nuovo vescovo - semplifichiamo unaserie di cerimonie e in unica giornataconcentriamo l’ordinazione a vescovo, l’iniziodel mio episcopato, l’ingresso ufficiale e lapresa di possesso della cattedrale». Lacerimonia di ordinazione episcopale è statauna vetrina importante della chiesa ozierese;originario di Pattada è, infatti, mons. Becciu,oggi tra i più stretti collaboratori di papaFrancesco, mentre è originario di Nule mons.Giovanni Dettori, nativo di Nule e per unlungo periodo parroco della cattedraleozierese. La diocesi del Logudoro aspettavaquesta nomina da 3 anni dopo la rinuncia dimons. Sergio Pintor per raggiunti limiti dietà. In seguito alle sue dimissioni, infatti, daldicembre del 2012 era stato nominatoamministratore apostolico della diocesimonsignor Sebastiano Sanguinetti, vescovo diTempio-Ampurias (dal 2006) e già vescovo diOzieri dal 1997 al 2006. Dopo la riformarichiesta da papa Francesco alla ConferenzaEpiscopale Italiana per la riduzione dellediocesi italiane da 226 a 190, si pensava chela diocesi di Bisarcio e Castro sarebbe stata laprima in Sardegna a essere soppressa oaccorpata. La nomina di monsignor Melisconserva, invece, almeno per il momento esperiamo a lungo, una chiesa locale compostada 30 parrocchie, 68mila abitanti con 39sacerdoti e 4 frati.All’antichissima e prestigiosa diocesi di Ozierila diocesi di Lanusei è legata da particolarivincoli di amicizia. Nel 1834 vi fu trasferitoda Tortolì (dove aveva sede la diocesi) mons.Serafino Carchero che la governò fino1847,quando vi morì. E da quella diocesi provenivamons. Lorenzo Basoli, che fu vescovod’Ogliastra dal 28 ottobre 1936 fino allamorte, avvenuta il 4 luglio 1970.

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Uscire, annunciare, abitare,educare, trasfigurare:cinque parole per Firenze2015. Anche la Chiesa

Regionale sarda ha voluto inserirsi in questa riflessione. Presbiteri, laicie famiglie si sono ritrovate insiemeper vivere un forte momentocomunitario di preghiera, di ascoltoe di condivisione della Parola del Vangelo e della Chiesa sullafamiglia, crocevia fondamentaledella sua vita e della sua missione. è stato importante riflettere su cosaabbiano significato per i Padriconciliari l’espressione “umanesimo”,in che termini essa sia apparsa in quell’autorevolissimo magistero,come di fatto si sia creata unavisione cristiana dell’umanesimodopo il Concilio e cogliere la misuradel percorso che noi stiamo facendoadesso, e che vorremmo continuare a fare. L’incontro si è svolto in tregiornate (21 - 23 agosto) con lapresenza di oltre cento persone. La giornata di venerdì si è aperta coni saluti e la presentazione

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Famiglia. Via per un’umanità nuovadi Tonino e Carmen Cau

del convegno da parte dei coniugiTonino e Carmen Cau, coppiaresponsabile dell’Ufficio Regionale di Pastorale Familiare, e di mons.Mosè Marcia vescovo della diocesi di Nuoro e responsabile delegatodella pastorale familiare per laRegione, seguiti, alle 12.00, dallapreghiera con lectio divina curata daGiuliano e Donatella Sechi.Significativa ed interessante la relazione Verso un nuovoumanesimo: con quale famiglia?,tenuta da p. Cristian Stainersacerdote delegato della pastoralefamiliare regionale, che ha introdottoi laboratori Le cinque vie versoun’umanità nuova e Trasfigurazione –coniugalità curati da Mauro e Filomena Ledda. Il giorno successivo i lavori sonoiniziati con la preghiera e la lectiodei coniugi Tonino e Carmen. Si èentrati nel vivo della giornata con le relazioni su Educare - genitorialitàe Annunciare - famiglia soggettoecclesiale curate da mons. PaoloRabitti, arcivescovo emerito

della diocesiFerrara-Comacchio. Si è proseguitocon un’altrarelazione suAbitare-Famigliasoggetto politico,sociale, culturale,economico tenutada EleonoraCesarani.Successivamentela parola è passatanuovamente a p. Stainer perla relazione suUscire-Famigliasoggetto digitale,potenzialità e rischi e con

la chiacchierata Le famiglie si raccontano. Nel pomeriggio si è proseguito con i laboratori dedicatiall’approfondimento dei temi trattati.Un plauso va all’Animatema di famiglia, gruppo nutrito di giovani,che con cura, pazienza e tantacreatività hanno intrattenuti un foltonumero di bambini divisi per fasce di età. La serata si è conclusa conuna piccola festa per tutte le famigliepresenti. La domenica, dopo la preghiera e la lectio divinadei coniugi Tore e Loredana Marcia,segretari della pastorale per lafamiglia, tutti i convenuti si sonoriuniti in una tavola rotonda per presentare le conclusioni sui temitrattati, seguita da una conclusionecurata da p. Stainer e dai coniugi Cau. La commissione ha espresso paroledi apprezzamento sul convegno sia per la sentita partecipazione sia per la ricchezza e l’attualità dei temitrattati e, infine, per la ricchezza di temi proposti alla sua prossimaattività.

Anche quest’anno la diocesi di Ozieri ha ospitato(Casa Betania, Bultei, in località Sa Pastia )l’incontro regionale organizzato dalla commissioneregionale per la pastorale della famiglia. Il tema di questa edizione era Famiglia, via perun’umanità nuova. Una trentina, le coppie presenti,provenienti da tutta la Sardegna.

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Lo sport è uno strumento,fonte e motore di inclusionesociale oltre che educativo eformativo. è un veicolo

privilegiato nell’integrazione perchériesce ad abbattere le barriere; e losport, come ci insegna Mandela, «ridein faccia ad ogni tipo didiscriminazione». Ho incontrato Manuela a Lanusei inun pomeriggio caldo e assolato. Mi accoglie in una piccola palestrasemplice e disadorna. Lei mi appare timida, introversa masolo per un attimo perché i suoiocchi si illuminano appena ha tra lemani la palla, il cerchio, il nastro e lacorda.Mostra con soddisfazione e orgogliole medaglie conquistate lamentandosigioiosamente del loro peso.Accetta volentieri di farsi fotografare.Poche parole. Per lei parlano i suoisplendidi occhi.

Settemila atleti,provenienti da 177paesi, per novegiorni si sono sfidatiin competizioniatletiche, lavoro di squadra einclusione: sonoquesti i numeri della47° edizione degliSpecial OlympicsWorld Games. Creatia Chicago da EuniceShriver, le Olimpiadispeciali hannol’obiettivo di dare ai disabili cognitivila possibilità di giocare, di competere e di crescere. La cerimonia diapertura, ha avutocome ospited’eccezione la firstlady MichelleObama.

La favola olimpica di Manuela Usai

testo e foto di Pietro Basoccu

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Manuela Usai con isuoi due argenti(nell’all round e nellafune) e tre bronzi (nelnastro, nella palla enel cerchio)conquistati nellaspecialità dellaginnastica ritmica, èstata una delleprotagoniste assoluteagli Special Olympics2015 che si sonosvolti a Los Angelesdal 25 luglio al 2agosto. Ha fatto partedel team Italia,composto da 101atleti, 32 tecnici, 3delegati e 7 membridi staff. Sotto il profilosportivo è l’atletaogliastrina piùtitolata di sempre.

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Il tempo sospeso di Pietro Basoccu di Tonino Loddo

Aguardare (e ri-guardare,perché a guardare per una sola volta ne sfuggeinesorabilmente

il mistero) queste belle foto chePietro Basoccu ha esposto dal 20agosto al 6 settembre presso l’ex Mercato Civico di Tortolì, ci si sente esposti a quella sensazionetra il magico e l’estraniante chesolitamente si prova quando siosserva qualcosa che, pur facendoparte del qui ed ora, al presente nonappartiene ma neppure èinteramente passata, e morde ilcuore e la ragione da dietro l’angolo,perché i suoi tentacoli ancoraavvolgono e stringono fino a faremale. Da quell’ombra nebbiosa cheavvolge ruderi che sfidano il cielo, fino alla montagna di cristalliinfranti che sfida la maestà delGennargentu vicino, è un percorsoche mozza il fiato, è una storia senzapause che tenta di addomesticare iltempo giocando a riavvolgerloaddosso allo spettatore. Una terra dinessuno in cui non è già più prima enon è ancora dopo, dove la vita èsospesa ed è come se fosse in attesadi riprendere in un elettrico istante il proprio ruolo. Un inconsueto spazio in bianco e nero che non tiappartiene e che pure sai tuo, un destino di fantasmi eombre vane in cui ti guida un impetuoso Sofocle. Unosguardo gettato oltre che rimanda le impressioni vivide diuna dimensione che non riesci a spiegare,paradossalmente sospesa tra l’attesa e il non più. Untempo che sai che è crepuscolo e che vorresti aurora,metà luce e metà buio che abbacina il cervello. La crepa

di un’altra dimensione, uno squarciodi futura nostalgia. Le immagini che l’obiettivo dolentedi Pietro Basoccu ci rimandaindietro, ci catapultanoprepotentemente in un’epocaparallela, come se il tempo si fossefermato, creando una sorta dicortocircuito temporale che lasciaaffranti. Una roba da goticocontemporaneo che inquieta oltremisura. Perché sembra un raccontodi spiriti, fantasmi, case stregate, chesenti da sempre fino a pensarlinormali ancorché lontani. Ed invece sono lì, dietroquell’insegna pretenziosa e a lato diquella strada, e le incroci mentrechatti col tuo smartphone. Una storia appena passata ma pronta

a riaffacciarsinelle pieghe della nostraindifferenza. La magnificenzadell’anticaCartiera (sì, conla maiuscola,perché meritatutto il rispettoche si deve ad una grandedella storia) e l’abbaglioazzardato

delle serre abbondanti perfinosmisurate nella pur vasta piana aipiedi del grande Monte d’argento,sembrano carezze di sorelle che nonsono più, nostalgia di un tempo sacroche ha figura di speranza.

E dietro a ciascuna di quelle chiavi appese in buonordine, al telefonino distrattamente appoggiato sullecarte, alla giacca da lavoro appesa allo stipetto... , sembra perfino di vedere volti, sentire commentisull’ultima partita di calcio, scorgere sorrisi imbarazzati.Perché sono tutti lì, operai e fioriste, con i loro ricordi,emozioni, sensazioni; sono appena dietro l’obiettivo,pronti a riprendere il lavoro. è solo il momento del cambio turno…

FIORI DI CARTA. In esposizione a Tortolì e in un magnifico libro (Soter Editrice, VillanovaMonteleone 2015) i 38 scatti di Pietro Basoccu che raccontano la terribile favola contemporaneadella Cartiera di Arbatax e dell’aziendaflorovivaistica Barbagia Flores di Villanova Strisaili.

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La scuola è un luogo quasi sacro,centro dell’esistenza di tutti, terrenosu cui si costruisce l’individuo e la suacoscienza. Terra di conoscenze, saperi,

scoperte, responsabilità, progettualità, visionedel futuro. In qualunque tempo è luogo diparole, simboli, amicizie, legami, passioni. Perchi ormai l’ha attraversata è luogo di ricordi,qualsiasi sia stata l’esperienza vissuta. Perché èda lì che passa il futuro di ciascuno.Inevitabilmente.E dal momento che tutto cambia, cambia anchela scuola e in un tempo in cui tutto si muovevelocemente, ancora cambierà.Per capire come si è trasformata in questiultimi decenni l’istituzione scolastica, mi faccioaiutare dall’esperienza umana e professionaledi una maestra che da oltre trent’anni, tutti igiorni, varca il portone della scuola. Alle ottoin punto! E non è un dettaglio da poco. IrmaMereu, per i baunesi e non solo, Maestra Irma,mi spiega che quei venti minuti che anticipanoil suono della campanella a cui segue l’ingressodei bambini, sono fondamentali per le maestree i maestri che hanno così il tempo perscambiarsi informazioni scolastiche,informazioni sugli studenti, leggere circolari.Perché il tempo dell’insegnamento va oltre iltempo trascorso in aula. Oltre la preparazionedelle lezioni, sia nei contenuti che nellemodalità, c’è il tempo impegnato apreoccuparsi degli studenti quando questihanno difficoltà, quando una situazionedifficile non si è risolta in classe, quandol’indecisione su una valutazione tiene svegli lanotte. Essere maestri è una missione, ha unlivello di coinvolgimento tale che ti sembra diessere un pronto soccorso aperto 24 ore su 24. Illivello di attenzione è e deve essere massimo. Inclasse l’insegnante deve accorgersi di quello chevivono i bambini, di quello che si instaura traloro e tra loro e l’insegnante. Attenzione e passione. Oggi come ieri. Oggi piùdi ieri. Perché per reggere ai continui attacchi acui la scuola è sottoposta ci vuole davveroimpegno, attenzione e passione. Oltre ai tagliinflitti alle risorse umane e a quelle materialiche, puntuali come il suono della primacampanella di settembre, arrivano con ogninuovo governo che si insedia, c’è un sempre

CHI È | IRMA MEREU

Diploma magistrale nel1973 a Cagliari. Dopo 7 anni diprecariato diventainsegnante di ruolo. A parte un’esperienza in un piccolo paese al confine tra la provincia di Sassari e Oristano, presta la sua attività inOgliastra dal 1981.«La difficoltà

più diffuso atteggiamento che contribuisce asminuire il ruolo della scuola e degliinsegnanti. Rispetto al passato c’è, da parte ditanti, meno serietà nelle cose che si fanno e anchela scuola subisce questo atteggiamento. E ilrischio è che tutto diventi approssimativo,passando dalla troppa rigidità del passato allatroppa leggerezza di oggi. Rigidità quella delpassato, che spesso è sfociata nell’instaurarsi direlazioni fredde e distaccate tra insegnanti ealunni, dove la punizione corporale eraammessa e a volte anche richiesta dai genitori.Genitori a cui oggi è richiesta maggiorepartecipazione ma che a volte hanno la pretesadi intervenire e contestare il lavoro degliinsegnanti, disorientando i bambini e i ragazzi.Nella scuola come in tutte le relazionieducative tutto è una questione di equilibriocostante. Ieri come oggi. Oggi più di ieri.Perché se da un lato ora sono aumentate leconoscenze sui bambini, sulla loro psicologia,sulle dinamiche dell’apprendimento dall’altrola pressione esercitata dalla società sui bambiniè più forte rispetto al passato. Abbiamo oggibambini super impegnati, bambini su cui siriversano le aspettative degli adulti, bambini chebruciano le tappe, iper stimolati ma anche superprotetti. Bambini che hanno fretta di concludereun compito perché proiettati sull’attivitàsuccessiva, bambini che spesso faticano aconcentrarsi e che ormai non sanno neanche piùannoiarsi. Bambini supertecnologici ma che adieci anni non sanno ancora legarsi le scarpe dasoli. Cambiamenti che portano contraddizionidi fronte alle quali come può la scuoladelineare il percorso migliore per la crescitadelle persone? Maestra Irma con la naturalezzae la grinta che la caratterizza mi risponde chela scuola deve fare ciò che ha sempre fatto:istruire ed educare. Dare le basi e gli strumentiche servono per tutta la vita, perché le personeimparino a pensare, a parlare, a dialogare. Bene.Correttamente. E istruire non implica solo ilsemplice o complesso passaggio di nozioni daldocente al discente, ma l’instaurarsi di relazionifondamentali dove il maestro deve “ex ducere”(termine latino da cui deriva il nostro verboeducare), cioè deve “estrarre, mettere inrilievo, tirare all’esterno ciò che è interno”all’allievo; non deve quindi mettere in atto

Istruire ed educare. Oggi come ieri di Augusta Cabras

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un’imposizione concettuale e/o morale, madeve provocare lo stimolo a sviluppare lapotenzialità, la creatività, le inclinazioni deibambini e dei ragazzi. E oggi questo, grazieall’attenzione degli insegnanti, viene fatto piùdi ieri. Maestra Irma conferma che rispetto alpassato viene dato più spazio al pensiero logicoe alla possibilità offerta ad ogni bambino diragionare in autonomia con gli strumenti chegli sono stati messi a disposizione. Ognibambino in questo modo diventa protagonista,soggetto attivo del proprio percorso scolastico.L’insegnante non si sostituisce al bambino madiventa la sua guida, il suo punto di

riferimento. Ed è proprio questo che gli alunnidevono ricevere dalla scuola. Insegnanti chesiano maestri, guide, che li preparino per lavita, che forniscano loro gli strumentifondamentali, non in solitaria ma insieme allafamiglia. Scuola che si riappropria del suoruolo originario, naturale, fuori da queimeccanismi tipici dell’azienda, a cui a piùriprese la si vuole ridurre, fuori dallatentazione di farla diventare un luogo diprogetti che poca attinenza hanno con laformazione degli studenti. Scuola che istruiscee che educa. Oggi come ieri. Perché rimanganella mente e nei passi di chi l’ha vissuta.

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maggiore degli anni diformazione a Cagliari era data dalla distanza in untempo in cui icollegamenti stradalierano scarsissimi.Rientravo a casa trevolte all’anno: il 1°Novembre, a Natale e a Pasqua»,ricorda Irma Mereu.

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Nel migliore dei mondipossibili il percorsoscolastico di ogni studentepotrebbe caratterizzarsi

per la passione forte e costante chemuove l’impegno nello studio, la setecontinua di conoscenza, l’importanzadelle relazioni che può instaurare con ipropri compagni di viaggio e con ipropri maestri. Purtroppo non semprenelle aule delle nostre scuole avvienequesto. Scarso interesse e poca vogliadi faticare per la costruzione del futuro, incomprensioni, pocoentusiasmo perché quello che si delinea alla fine del percorso è incerto, fanno sì che tanti decidanodi interrompere il proprio percorso di studi. Abbandono scolastico, dispersionescolastica, alto numero di bocciati e debiti formativi segnano in modonegativo la vita della scuola edegli studenti.L’insieme dei dati presentatinell’ultimo dossier sulla dispersionescolastica in Italia, a cura diTuttoscuola, con i dati del MinisteroIstruzione Università e Ricerca, sono,ovviamente, preoccupanti. L’unicanota positiva è il leggerissimo (quasiimpercettibile) calo dellapercentuale, considerato il fenomenoin tutto il territorio nazionale rispettoai primi anni del 2000.Dal dossier emerge che 2 milioni e900mila sono gli studenti iscritti allascuola secondaria statale e mai arrivatial diploma negli ultimi 15 anni,vittime di un fallimento formativo; 167mila sono gli studenti dispersinell’ultimo quinquennio nel percorsoverso la maturità; 37% di dispersionenegli istituti professionali; 68milastudenti dispersi al 1° anno dellesuperiori, 35% di dispersione nelleIsole; 91mila studenti dispersi dopo ilbiennio iniziale.Se la situazione è grave in tutta Italia,in Sardegna lo è ancora di più, dove il

Dispersione scolastica. Un grave danno per tutti

di Augusta Cabras

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tasso di dispersione al termine delquinquennio 2009-10/2013-14 è del36.2% contro il 27.5% delle Regionidel Sud (il Molise ad esempio ha unapercentuale del 21,1), contro il 24,8%del Centro Italia ( il più basso l’Umbriacon il 18,2%), il 24,5% del Nord Est eil 29,1% del Nord Ovest.Dalle ricerche condotte in ambitoscolastico si evince che il momento dimaggior rischio di dispersionescolastica si presenta nel passaggiodalla scuola media (Istituto Secondariodi Primo grado) alla Scuola Secondariadi Secondo Grado, nonostante iprogrammi di orientamento scolastico,per sfociare alla fine del biennionell’abbandono vero e proprio. Questodato è presente anche in Ogliastra,dove il tasso di dispersione scolasticasi verifica dopo il biennio delleSuperiori e generalmente in seguitoad una bocciatura. Questo fenomeno rappresenta non

solo il fallimento personale dellostudente che non completa il suopercorso o dell’insegnante che forsetutto ha provato ma nulla ha potuto,ma determina un costo sociale edeconomico molto elevato. Perché alladispersione consegue ladisoccupazione e ancora l’assenza diformazione. è bassissima infatti lapercentuale degli studenti che lasciatala scuola rientra nel percorsoscolastico. Nel dossier si legge: Ladispersione scolastica è un’emorragiache ogni anno indebolisce il corposociale del paese e ne riduce la capacitàdi competere come sistema nazionalenella società della conoscenza. Perché lascarsa formazione produce scarsaoccupazione a cui consegue povertà,disagio sociale, nuovi costi perammortizzatori sociali, ecc. Si pone inessere un circolo vizioso che bruciaenormi energie e risorse sociali. Conun grave danno per tutti.

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Apartire dagli anni ‘Sessantadel Novecento anche inOgliastra (ci riferiamo alterritorio della diocesi

omonima) hanno cominciato aprender piede le istituzioni scolastichedi secondo grado, fino ad allorapresenti solo grazie alla lungimiranzadella Chiesa che vi aveva apertoprima (1830) a Tortolì il Ginnasiocollegato al Seminario, poi (1900) aLanusei il ginnasio dei salesiani el’Istituto Magistrale (1936).Bisognerà, però, attendere gli anniSessanta per veder sorgere anche lescuole secondarie pubbliche. Il primoistituto pubblico dell’Ogliastra èl’Istituto Professionale di Stato perl’Agricoltura, che nasce nel 1960,aggregato all’omonimo istituto diNuoro. Nel 1961 nasce il LiceoScientifico di Jerzu, come sezionestaccata del liceo scientifico di Nuoroche diventerà autonomo nel 1968.

L’anno successivo (1962) è la voltadel Ginnasio di Lanusei e (due annidopo) del locale Liceo Classico; se necaldeggiava l’istituzione da tempo, mala paura della concorrenza con ilginnasio dei salesiani ne avevalungamente bloccato la realizzazione. Quindi, è la volta dell’IstitutoProfessionale di Stato per l’Industria el’Artigianato di Tortolì che inizia adoperare nell’A. S. 1965-66 comesezione coordinata dell’I.P.S.I.A. diMacomer, seguito a ruota - nellastessa cittadina costiera - dall’IstitutoTecnico Industriale che nasce nel1969 come sede staccata del IstitutoTecnico Industriale “Dionigi Scano” diCagliari, per diventare autonomo nel1973. L’anno successivo (1970) aprele porte anche il Liceo Scientifico diLanusei che nel 2000 accorperà illocale Liceo Classico in un unicoIstituto Superiore. Due anni dopo(1972) nasce a Villaputzu l’IstitutoProfessionale di Stato per ilCommercio, come sede dell’omonimoistituto cagliaritano “DomenicoAlberto Azuni” da cui si separerà nel1999. Sono ragioni di carattereprofessionale (preparare maestranzeper l’attività del locale PoligonoInterforze) che in quello stesso anno(1972) porteranno alla nascitadell’Istituto Professionale perl’Industria e l’Artigianato diPerdasdefogu. Per venire incontro alle esigenze deglistudenti che provenivano dallamarina e dell’Alta Ogliastra, quindi,nel 1973 viene istituito il LiceoClassico di Tortolì, come sede staccatadel Liceo Classico di Lanusei. Sempreper rispondere ad esigenze di mobilitàdegli studenti, nel 1978 aprono ibattenti il Liceo Scientifico di Seui(come sezione staccata dell’omonimoLiceo di Jerzu) ed il Liceo Scientificodi Baunei che, però, anche a causa delmancato accordo per la costruzionedello stabile nella più baricentrica

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L’offerta formativa in Ogliastra

Santa Maria Navarrese, verrà chiusonel 2003. Nel 1983 nasce quello che saràdestinato a diventare il più grandeistituto superiore dell’Ogliastra,l’Istituto Tecnico Commerciale diTortolì che parte come sede staccatadel corrispondente istituto di Gavoidal quale si separerà ben presto nel1988 con l’autonomia e dal quale saràgemmato il Tecnico Commerciale diJerzu (1991). L’anno successivo(1984) nasce a Lanusei l’Istitutod’Arte, come sezione staccatadell’omonimo istituto di Nuoro dalquale si separerà nel 1989. Quindi èla volta (1988) dell’Istituto Tecnicoper Geometri sempre di Lanusei,gemmato dall’omonimo istituonuorese. Il panorama delle nuoveistituzioni si avvia a completamentonel 1996 con l’istituzione dellasezione del Liceo Scientifico di Tortolìche funzionerà come sezione staccatadel Liceo scientifico di Lanusei fino aquando (2000) entrerà a far partedell’Istituto di Istruzione Superioreformato dall’Istituto TecnicoIndustriale e dal Liceo Classico.L’ultimo istituto superiore ogliastrinovede la luce nel 1989; si trattadell’Istituto Professionale di Stato peri Servizi Alberghieri e dellaRistorazione la cui dipendenzadall’Istituto Alberghiero di Sassaridura lo spazio di un quinquennio.Da questi istituti, per via dellesuccessive leggi di riordino scolastico,sono nati una pluralità di indirizzi(come il Liceo Sportivo a Lanusei)che rendono abbastanza completo eomogeneamente distribuito nelterritorio il panorama dell’offertaformativa. Ad essi si aggiungono, percompletare il quadro, le ScuoleCiviche di Musica operanti (sia purein mezzo a mille problematiche) dagliultimi anni Novanta prima a Lanuseie quindi a Tortolì.

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La scuola èchiamata, ancorae più di prima, afarsi caricod’interpretare lediverse letturedella realtà allaquale, attraversoil processo diinsegnamento-apprendimento ericerca, devonopoter partecipareanche gli alunni.

Una scuola che alimentala dimensione della scoperta

di Piero Coccollone

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della comunicazione, prodotta da unanuova e pervasiva placentatecnologica: i nuovi mass media,internet e rete in particolare, abitanoin uno spazio e in un luogo virtualedove evapora la fisicità e il senso deltempo, della memoria e della storia.Il sapere, reso più disponibile eaccessibile, è offerto in modo confuso,non organizzato e privo di una sicuraauctoritas; viene privilegiato unapprendimento superficiale, senzastudio, fatica e metodo, con l’usoprevalente dell’intelligenzasequenziale, di una cultura visiva,virtuale e simultanea. Il mutamento, dicui non s’intravvede la destinazione,investe il nostro stesso modo dipensare e di comportarci, il nostromodo di essere sapiens.Se vogliamo, e dobbiamo, affrontare ilcompito di gestire l’attuale crisi e leattuali trasformazioni, di particolare egrave complessità, di fronte al pericolodi una possibile deriva dellaconoscenza e dell’etica, è necessarioche l’io mantenga il suo caratteresociale e acquisisca capacità divalutazione e di trasformazione.

Un nuovo anno scolastico èiniziato, ed è iniziatoall’insegna della Buonascuola che lascia, però,

intatte e irrisolte diverse e crucialiproblematiche, tra le prime l’annosoproblema della valutazione, ancora espesso viziata da una voluta e graditasoggettività.L’attuale Riforma (?) lascia tutt’oraintatti dubbi e domande sul perchédella scuola, sul come e cosa insegnareed apprendere e sulla stessa possibile eda taluni auspicata morte della scuola.Una qualche risposta è possibile elegittima solo se in via prioritariariflettiamo sul nostro attuale presentestorico e su i suoi evidenti mutatiparadigmi. L’attuale contesto è oggiradicalmente mutato a seguitodell’imporsi di un irreversibile processodi globalizzazione che determinameccanismi di omologazione, diappiattimento culturale e genera lacrisi dei modelli identitari, dellafamiglia, primario nucleo sociale, e deivalori educativi di riferimento.Particolare rilevanza assume, per lanostra riflessione, la globalizzazione

Compito particolarmente e parimenticomplesso che non possiamo, e nondobbiamo, delegare o appaltare apresunti o ipotetici e improvvisativolontari, o alla tv o alla rete, che sonoe restano utili strumenti ma mai, senon cattivi, maestri.L’acquisizione di capacità ecompetenze passa, come è scontato,attraverso un processo educativo che èun processo sociale. è statoautorevolmente sottolineato che «ognieducazione deriva dalla partecipazionedell’individuo alla coscienza socialedella specie»: l’unica, esclusivacomunità sociale che può realizzarequesta coscienza sociale è la scuola conil suo ambiente selezionato, le sueesperienze programmate e il suo abitoformale.La scuola è chiamata, ancora e più diprima, a farsi carico d’interpretare lediverse letture della realtà alla quale,attraverso il processo di insegnamento-apprendimento e ricerca, partecipinoanche gli alunni. Possibilità di lettura,però, che può e deve avvenire solo conl’uso e la padronanza del linguaggioalfabetico e numerico.

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Inon più giovanissimiricorderannocertamente che leprime scuole

dell’infanzia dell’Ogliastranacquero in direttocollegamento alla Chiesadiocesana. Da Lanusei aSeui, da Ilbono ad Arzana,fino ad Esterzili, Villaputzue Baunei, passandopraticamente per tutti icentri della diocesi,l’educazione prescolare delsecondo dopoguerra fuinteramente guidata dallaChiesa in termini sia dirisorse umane, chestrutturali e finanziarie. Poi,a questa diffusa edefficiente organizzazione sisostituì prima l’ESMAS e quindi loStato. Oggi, di quel grande sforzoorganizzativo rimangono solo pochiscampoli nelle scuole dell’infanziaparitarie di Lanusei, Tortolì,Villagrande e Villaputzu, e il 16 luglioscorso mons. Antonello Mura haincontrato i dipendenti che vilavorano, per fare il punto sullasituazione economica eorganizzativa. Da tempo infatti, per venire incontroalle difficoltà delle scuole il Vescovole ha riunite in un Coordinamento,affidando a un suo delegato - donFranco Serrau –, al dott. GiovanniIdili e a un responsabile di ciascunascuola, il compito di presentargli unquadro completo della situazione.Nell’incontro il vescovo ha ribadito –anche dopo essersi consultato con ilConsiglio affari economici e tutti ipresbiteri – l’impegno della diocesi diaffrontare la complessa situazionefinanziaria delle scuole cattoliche, lequali vivono diverse problematichesoprattutto in riferimento aglistipendi arretrati del personale e adaltri debiti pregressi maturati negli

organizzativa eamministrativa, cheevidenzi sia la necessitàdella formazione delpersonale chel’accentuazione delcarattere ecclesiale dellescuole, in particolare con ilcoinvolgimento dellefamiglie, oltre che unanecessariarazionalizzazione dei costi.Tutto per salvare l’identitàdelle scuole paritarie chevivono in Sardegnadifficoltà sempre maggiori. In questo senso bastaverificare le contribuzioniregionali, passate dal 50%della spesa a poco più,oggi, del 38%, e con

notevoli ritardi nell’erogazione,mentre lo Stato contribuisce per ognialunno nella misura di 76 euroall’anno. Dati che dimostranoampiamente che non c’è nessunaumento dei finanziamenti pubblicialla cosiddetta scuola privata!Considerando inoltre che la quotaproveniente dalle rette delle famiglienon supera il 10-12% delle entrate,ad ogni singola scuola rimane ilcompito di recuperare ogni anno, daaltre fonti, una cifra vicina al 50%delle spese. Se questa situazione dovesseperdurare è chiaro che l’impegnodella diocesi non potrebbe ripetersicon le proporzioni straordinarieindicate quest’anno, anche perchétoglierebbe fondi ad altri compartidella vita diocesana. Per evitare infuturo la chiusura delle scuole, saràquindi importante coinvolgere lefamiglie, le parrocchie di riferimentoe gli stessi fedeli, in un impegnocomune che valorizzi queste opereecclesiali che hanno educato neglianni migliaia di bambini.

ultimi otto anni.Per venire incontro a questesituazioni, il Vescovo ha comunicatoche la Diocesi – pur trovandosianch’essa in una difficile situazioneeconomica – ha fatto richiesta a unistituto bancario di un consistenteprestito finanziario per risolvere idebiti delle scuole, in particolare pervenire incontro alle famiglie deidipendenti, versando tutti gli stipendiarretrati, la cui consistenzacomplessiva per le tre scuole èsuperiore ai 300 mila euro. Da notareche nell’anno in corso la Diocesiaveva già impegnato propri fondi,derivati dall’otto per mille, per unasomma superiore ai 110 mila euro.In un momento di crisi congiunturalela Chiesa ogliastrina ha voluto cosìmanifestare tutta la sua attenzionealla sorte degli asili cattolici del suoterritorio, collaborando a trovaresoluzioni per il proseguimento diquesto importante impegnoeducativo a favore delle nuovegenerazioni. Tale attenzione comporteràchiaramente una nuova fase

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Le scuole paritarie dell’infanzia in Diocesi

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Il 29 aprile 1879 giunse a donBosco una lettera dalla Sardegnain cui gli si chiedeva di inviarenell’Isola alcuni salesiani “perchè

non c’è un collegio in cui educare igiovani di buona riuscita”, conun’amara conclusione: “abbiamo piùbisogno noi che i poveri dellaPatagonia”. Fu questo il primo incontrofra l’Opera di don Bosco e la Sardegna.Nel 1893 la Giunta comunale diLanusei, su sollecitazione dell’avv.Antonio Giua che aveva frequentato ilCollegio salesiano di Alassio, chieseformalmente al primo successore didon Bosco, don Michele Rua, l’aperturanella cittadina di un’opera salesiana.Nel 1896 la stessa petizione fureiterata e sottoscritta da 87 cittadini enotabili lanuseini, ma non se ne fecenulla.Il 13 marzo 1896 il vescovo scrisseancora per rafforzare le richieste dellamunicipalità di Lanusei e, questa volta,le trattative si avviarono davvero. Il 19aprile 1898 giunsero da Torino, ospitidel vescovo Depau in episcopio aTortolì, don Luigi Rocca e donTommaso Pentore per definire iparticolari dell’impresa. Il 27 ottobre

Dopo 117 anni isalesiani lascianoLanusei. Ilginnasio già erastato chiuso neiprimi anniOttanta, ed orafinisce anchel’ultima presenzastabile. Il 5settembre, nelcorso di unacommossaliturgia, ilreciproco addiotra le lacrime e gliabbracci. Come inogni bella storia

isolana del dopoguerra. Sulle cattedredell’Istituto sedettero valorosi maestri,tra cui ricordiamo don Eugenio Ceria,direttore dal 1913 al 1921, latinista dichiara fama e autore di traduzioni ecommenti di Cesare, Cornelio Nepote,Cicerone, storico dell’opera salesiana.Mons. Virgilio scrisse dei salesiani:“sono tre lustri circa, ed i benemeritifigli di don Bosco, precursori nei nostritempi di una vera vita civile... hannoinvidiabile collegio per l’educazione deigiovinetti che saranno nell’Isola forzedirettive del pensiero e dell’azione” (22luglio 1913). Il vescovo non sisbagliava. Ma quella storia, già avviataa conclusione nei primi anni Ottanta,con la chiusura della scuola media,trova oggi il suo epilogo definitivo conla fine della presenza stabile deisalesiani a Lanusei: il 5 settembre, nelcorso di una commossa e partecipataassemblea eucaristica, presieduta dalvescovo mons. Antonello Mura, Lanuseie i salesiani si sono salutati. è statabella, questa storia, durata 117 anni.Una storia lunga e gloriosa, fatta dirispetto reciproco e di collaborazione.Una storia. Appunto. «Tutto è come unsoffio di vento …» (Qoelet).

Il ginnasio dei salesiani.Una storia gloriosa di Tonino Loddo

1898 lo stesso mons. Depau era aLanusei in Stazione per attenderel’arrivo dei primi padri salesianiincaricati dell’apertura del collegio;con lui c’erano il Sottoprefetto, ilSindaco e i membri della SocietàOperaia. Il primo nucleo di salesianiera composto da don Matteo Ottonello,don Severino Anedda (primo salesianodi origine sarda), don Evasio Spriano,don Giacomo Cattaneo e dalcoadiutore laico Lorenzo Gaggino. Idinamici e volenterosi salesiani, pocomeno di un mese dopo il loro arrivo enonostante tutte le difficoltà logistiche,riuscirono a far partire il Ginnasio con iprimi 28 alunni.Si procedeva, intanto, alla costruzionedel nuovo stabile che fu inaugurato il14 giugno 1902 dall’arcivescovo diCagliari Balestra, assistito da mons.Depau e dal vescovo di Iglesias Ingheo,presente don Michele Rua che eragiunto a Lanusei il giorno prima ed erastato ospitato nella casa del cav.Stefano Giua.Ha inizio così una presenza densa diattività culturali e formative che hacontribuito in maniera decisiva allaformazione della classe dirigente

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Alla morte di mons.Giuseppe Miglior (1935) funominato AmministratoreApostolico della Diocesi il

vescovo di Nuoro, mons. GiuseppeCogoni che ebbe una splendida idea:aprire anche alle donne ogliastrine lapossibilità di accedere alla culturasuperiore; infatti, il Ginnasio delSeminario e quello dei Salesiani eranounicamente aperti ai giovani di sessomaschile ed alle donne ogliastrine nonera concessa alcuna forma discolarizzazione superiore, salvo recarsia Cagliari, circostanza che potevanopermettersi - però - solo le famigliebenestanti. Senza alcun indugioacquistò un fabbricato sito nella viaUmberto di proprietà della famigliaSerra (in quella casa nacque ancheMarcello, uno fra i più grandi scrittorisardi del Novecento) per adibirlo aIstituto Magistrale.Il vescovo Lorenzo Basoli, giunto aLanusei nel 1937, abbracciò subito econ entusiasmo l’idea ed aprì, neiprimi mesi del suo Episcopato (9novembre 1937), la prima classedell’Istituto Magistrale Inferiore “MariaImmacolata” che fu frequentata,nell’A.S. 1937/38, da 13 ragazze.Mons. Basoli, va precisato, aveva unasensibilità tutta particolare neiconfronti dell’istruzione femminile, cheaveva maturato negli anni diassistentato alla Gioventù Femminiledi ACI nella sua diocesi diappartenenza (Ozieri). Nel 1938, perfacilitare la partecipazione dellegiovani che provenivano dai paesi piùlontani della diocesi, aprì un convittofemminile annesso, che fu affidato allesuore Figlie della Sapienza. Anno dopoanno si aggiunsero, poi, le altre classi eil corso quadriennale si completònell’A.S. 1940/41. Quandol’introduzione in Italia della ScuolaMedia Unica sostituì il Corso delleMagistrali Inferiori, anche l’Istituto siadeguò, così che nell’A.S. 1944/45 era

(medie inferiori comprese) con D.M. 22 maggio 1958. L’intero corpodocente delle scuole elementariogliastrine dell’ultimo terzo del Novecento proviene da questascuola e non si può non riconoscereche fosse preparato culturalmente e pedagogicamente, oltre che umanamente disponibile ed attento alle esigenze degli alunni e delle loro famiglie.L’Istituto fu diretto fino al 1948 daldotto canonico Beniamino Corgiolu,valente umanista; dal 1948 al 1969dal can. Flavio Cocco, che fu ancheapprezzato e indimenticato docentedi lettere (insieme al can. AntonioConi), oltre che accurato studioso di cose ogliastrine; dal 1969 agli ultimianni Ottanta, dal can. Gavino Lai,quindi da Ernesto Nieddu, apprezzatocultore di cose sarde ed autore di numerosi volumi.

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L’Istituto Magistrale di Lanusei

del tutto scomparso il vecchio Corso distudi. Si trattava, però, pur sempre diuna scuola privata che non offrivaalcun titolo di studio avente valorelegale, per cui le alunne eranocomunque costrette a sostenere gliesami finali di corso a Cagliari o aNuoro. Il Vescovo, saggiamenteassistito dal preside can. BeniaminoCorgiolu, pensò allora alriconoscimento legale che giunse con ilD.M. 16 giugno 1948, reiterato per ilcorso completo il 15 giugno 1951.Serviva, però, anche un IstitutoSuperiore perché per giungereall’abilitazione le alunne eranocostrette sempre ad emigrare. Apartire dal 1951/52 e via via fino al1954/55 egli chiese ed ottenne isospirati Decreti che consentironol’apertura delle classi del CorsoSuperiore e fu riconosciuto, infine,l’intero corso dell’Istituto magistrale

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La Sardegna, dovediffuso è il disagioeconomico e sociale,è una delle regioni

con percentuale maggiore di abbandoni, dispersionescolastica e alto numero di ripetenze, oltre che conun minor numero di personein possesso di diplomasuperiore o laurea e con un tasso elevato di analfabetismo di ritorno.Lo spopolamento delle zoneinterne, la diffusadisoccupazione, i tagli sul sistema scolastico e il ridimensionamento della scuola sarda fannopresagire un futuro denso di incognite. La riformaGelmini ha fatto scomparireperfino gli Istituti d’Arte,letteralmente cancellati:patrimoni di sapere destinatia morire. Riduzione degli insegnanti di sostegno,ore di sostegno dimezzate,assistenza inesistente hannoportato ad un accesso allo studio, di fatto, negato ai diversamente abili.La scuola interessa solo comepotenziale voce di risparmio,mentre in Italia 3,7 milioni di giovani under 35, il 40% alsud, non studia e non lavoraed è come scomparso dallasocietà così com’è scomparsala scuola agli occhi di unoStato miope. Uno Stato deveguardare lontano partendoproprio dalla scuola pubblicae dai suoi giovani.

camera oscura

Desaparecidostesto e foto di Pietro Basoccu

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Con lo slogan difendiamo i nostrifigli, le famiglie sono scese inpiazza a Roma il 20 giugno scorsoper contestare la teoria del gender,

contrabbandata come conquista di libertà perl’Italia, in linea con altri Stati. Una grandemanifestazione trasversale, multietnica,interreligiosa e intergenerazionale. Laideologia gender, attualmente inserita nel ddlCirinnà, è riproposta a vario titolo nellalegge sulla cosiddetta buona scuola (ma èiniziato l’iter di raccolta firme per ilreferendum abrogativo). Non è semplice faresintesi su temi quali le idee di libertà, diuguaglianza e dei diritti civili che rischianodi dissimulare il vero problema. Il tentativo ditale teoria è quello di estrapolare l’identitàsessuale dalla natura biologica, fin dallatenera età, per farla rientrare in teorie socio-politiche ove il genere di appartenenza può eanzi deve essere scelto in età adulta,presunzione di maturità e consapevolezza mache confonde il genere (maschile efemminile) con le scelte sessuali (che sonoindividuali e non monopolio dello Stato).

Se siamo in grado di rispondere con la pacatezza delle buone idee,anche quellarappresentata dal gender diventauna sfida preziosa,che ci interroga e ci obbliga a tirarefuori il meglio del nostro patrimoniodi convinzioni e di speranze

Tutto ciò intimorisce per la complessità deltema che concerne sensibilità personali maanche per l’elevato tasso di conflittualità conil quale viene affrontato. Chi ritiene diabbattere i pregiudizi del razzismo, delladiseguaglianza, dell’omofobia non puòilludersi di ottenere risultati, pur condivisibilie legittimi, eliminando il concetto stesso didiversità.La diversità esiste in natura: è una ricchezza,un’opportunità che va rispettata dal punto divista dell’essere umano quanto del creato. ègiusto rivendicare parità di diritti e doveri, ilrispetto sociale a prescindere dall’esseremaschio o femmina, ma non si creda dirisolvere i problemi nell’illusione di nonurtare le suscettibilità altrui (come giàaccaduto con fantasiosi neologismi qualigenitore 1 e genitore 2, per non utilizzare glistereotipi di padre e madre)! Non dobbiamotemere il confronto con idee, pensieri, teorieanche molto divergenti dalle nostre, néimpedire che il pensiero umano si diversifichi.Ma ugualmente non si vuole delegare ad altril’educazione dei figli o la propria. Nellescuole non si dovrà parlare, come accadeall’estero, solo di educazione sessuale,importante ma riduttiva. Occorre educareall’affettività, come la Chiesa e le Associazioniecclesiali propongono da anni: un complessodi riferimenti psico-fisici ed etico-religiosi chedovranno coinvolgere, e non solo in ambitoscolastico, ragazzi, genitori, medici, psicologi,insegnanti, sacerdoti, educatori, secondo unapproccio multidisciplinare che stenta arealizzarsi. Come cattolici vogliamo ribadireche l’identità non si baratta, i principi moralinon possono essere di comodo,individualizzati o appannaggio della lobby diturno. Ripartiamo dalle parole del Papa:l’essere genitori, ricorda la Bibbia, si fondasulla diversità di essere maschio e femmina.Teorie che propongono l’identità sessualeorientata, fin da bambini, alla neutralità piùche al riconoscimento e al rispetto dellediversità, sono estremiste e non possonostravolgere l’impianto educativo della nostraCostituzione (art. 29), della scuola italiana edei luoghi deputati alla formazione. Famigliacompresa.

Gender.Riappropriamoci del genere di Giusy Mameli

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Dal 4 al 25 ottobre prossimosi svolgerà in Vaticano ilSinodo sulla famiglia. Neimesi che hanno preceduto

un evento così importante per laChiesa, tutti i fedeli sono statichiamati a rispondere ad unquestionario, i cui risultati sonoconfluiti nello Instrumentum laboris.Un testo che guiderà i lavori e da cuisembrano emergere possibili aperturenei confronti di divorziati, coppie difatto, omosessuali. Vi si legge, infatti,che la Chiesa deve «prendersi curadelle famiglie ferite e far sperimentareloro l’infinita misericordia di Dio»(107) e si specifica quali siano talifamiglie ferite: «separati, divorziatinon risposati, divorziati risposati,famiglie monoparentali» (104).Particolari passaggi del documentosono anche riservati all’«attenzionepastorale verso le persone contendenza omosessuale» (130-132) e a«coloro che vivono nel matrimoniocivile o in convivenze» (98-99).In particolare, sono queste ultime (lecosiddette coppie di fatto) a porre allaChiesa interrogativi sempre piùpressanti. Rivendicano un ruolo nellasocietà civile come in quella religiosa.Vogliono godere dei medesimi dirittidelle coppie sposate. La politica nonpuò più rimandare l’emanazione diuna legge sul tema, una legge attesaormai molto tempo, ma anche unalegge che fa discutere già prima diessere portata davanti al Parlamentoper la sua discussione e approvazione.Gli esponenti dei partiti politici siaffrontano nei salotti televisiviriducendo a una quasi formalità ciòche invece è un passaggio epocale pertante persone. E già, perché dietrol’espressione coppie di fatto ci sonoesseri umani con ansie e aspettative,rivendicazioni e sentimenti. La Chiesa desidera prendersi curaproprio di queste persone affrontandocon loro un percorso di riconciliazione

fatto di rispetto e pazienza. Due persone che decidono diconvivere stabilmente senza sposarsi,infatti, attualmente non godono deimedesimi diritti e non sono gravatedai medesimi doveri di coloro chehanno scelto di unirsi in matrimonio. Ed’altronde la scelta di convivere, fattasempre più di rado per ragioniideologiche, è più spesso voluta perevitare quel senso di stabilitàsentimentale visto come conseguenzanegativa del matrimonio. Non ci sipuò, pertanto, stupire che la legge,non imponendo doveri a dueconviventi, nel contempo nonriconosca loro diritti. La decisione di vivere insieme è oggi,spesso, il segno di una relazione chevuole strutturarsi, aprirsi ad un futuroduraturo di comunione materiale espirituale che, quasi per timore, sipreferisce non sacralizzare con ilmatrimonio. Come se l’assenza di unvincolo sia l’anestetico somministratoin anticipo rispetto ad una possibilerottura della coppia. Magari fosse così

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Famiglie e coppie di fatto.No alle equiparazioni di Gemma Demuro

semplice! Quel senso di fallimento edelusione, per non dire di rabbia, cheassale coloro che vivono la fine di unmatrimonio, è il medesimo cheprovano coloro che vivono la fine di un’unione di fatto. è, in particolare,a queste coppie che la Chiesa sirivolge, offrendo loro la forza di unsacramento che arricchisce la vita. Come accennato, il Sinodo si occupaanche delle coppie omosessualiauspicando progetti pastorali diocesaniche riservino loro una specificaattenzione, pur nella ferma statuizionedella non assimilabilità dell’unioneomosessuale con il disegno di Dio sulmatrimonio e la famiglia e ribadendo,comunque, che «gli uomini e le donnecon tendenze omosessuali devonoessere accolti con rispetto edelicatezza» (130).Ora Stato e Chiesa sono chiamati adire la loro, a fare chiarezza su untema dai forti risvolti ideologici edeconomici che tocca una parte dellapopolazione. L’incertezza non fa benea nessuno.

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E il sogno diventa realtà, sia pure traalterne vicende, tra burocrazia di ognigenere, tra imprevisti e fasi complesse.Il 2007 viene finalmente costituital’azienda. La birra Lara è oramairealtà. Per l’inaugurazione ufficiale,tuttavia, occorre attendere ancora dueanni. Il 2009 regala a Tertenia il primobirrificio artigianale, con un miniimpianto di 80 litri, che dà l’avvio allacommercializzazione, inizialmente inOgliastra e nel cagliaritano.Il prodotto piace. Il passaparola scorrea fiumi e ottiene risultati considerevoli.La richiesta aumenta e il lavoro cresce.Gianni lascia quella che era la suaprima occupazione (addetto agliimpianti elettrici e dicondizionamento) e dal 2012 si dedicaa tempo pieno all’azienda. Francesca,diploma di infermiera in tasca, loaffianca costantemente, sposando

esperienza, competenza eprofessionalità per farla fruttare nelmigliore dei modi. Inizia, così, ilperiodo della formazione, con i corsisvolti a Cremona tramitel’Associazione nazionale birrai. Parolad’ordine: migliorare la qualità delprodotto. Il futuro era a un passo.«Un giorno – fa sapere il giovaneterteniese – mi trovai per caso aparlare con un caro amico, consulentedel lavoro, il quale mi mise al correntedi un bando di finanziamento legatoalla Legge 215 sull’imprenditoriafemminile che prevede facilitazioni perle imprese “in rosa”, sia da avviare chegià esistenti. Con Francesca ci siamoguardati senza dir nulla: abbiamopensato la stessa cosa. Perché nonprovare davvero? Il micro birrificioprese rapidamente corpo nei nostrisogni più belli».

C’è anche chi ce la fa. Birra Lara. La Sardegna nel bicchiere

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Due cuori e... un birrificio. GianniPiroddi e Francesca Lara. Un grandeamore, quattro figli, entusiasmo da vendere e una passione comune:la birra. Non siamo in Baviera, ma in piena Ogliastra, a Tertenia. Al civico 14 della via Gennargentu,un cancello aperto invita a entrare,mentre un bel tavolino con quattrosgabelli invoglia la sosta e duechiacchiere. La compagnia è ottimale:una “bionda” o una “rossa”, aseconda dei gusti. Freschissime. E, soprattutto, 100% sarde.

«L’idea nascesostanzialmente dallapassione per la birra– racconta Gianni,

mastro birraio – che ci ha sempreportato a cercare, trovare e assaggiarebirre speciali in giro per l’Europa.Stiamo parlando del 1998. Curiosità einteresse che hanno fatto scattare ildesiderio di produrre la birradirettamente a casa nostra, perconsumo personale o, tutt’al più, perqualche assaggio con gli amici. Fu cosìche, nel giro di sei, otto mesi, eravamogià in grado di creare una buona birra.Da quel 1999 non ci siamo piùfermati». Quello di Gianni Piroddi è un raccontoche corre veloce, percorrendo unastoria fatta di 16 lunghi anni di lavoro,sacrificio, tenacia e impegno. Perchéuna buona idea non basta: occorre

di Claudia Carta

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un’idea imprenditoriale rivelatasivincente.L’incremento della domanda imponeuna produzione maggiore: arriva ilnuovo impianto, la cui potenzialitàraggiunge gli 800 litri giornalieri. Mal’ambizione della coppia terteniese nonsi ferma qui. Altro passo. Altra sfida.Perché non realizzare una birra conmaterie prime locali? Grano e orzo diSardegna. Si può fare: «Qui inizial’aspetto più scientifico e tecnico dellanostra esperienza – commenta GianniPiroddi –. Abbiamo, infatti, presocontatti con l’Università di Sassari ediversi ricercatori, tra cui MarilenaBudroni, docente di Biotecnologie deimicrorganismi presso il dipartimentodi Scienze ambientali agrarie ebiotecnologie agroalimentari. Stiliamoun progetto per creare una birra sardaal 100%. Il canale è quello offerto dalbando nazionale Mipaaf (Ministerodelle politiche agricole, ambientali eforestali). La fortuna è dalla nostraparte: l’idea, infatti, raccoglie il plausodella commissione. Che tradottosignifica 110 mila euro in tre anni perapprofondire, in manierarigorosamente scientifica, l’impiego dicereali sardi nella produzione.Concluderemo la sperimentazione asettembre».Il micro birrificio Lara, dunque, prendedai campi giallo oro di Tertenia granoe orzo. Prodotti che viaggiano poi allavolta dell’Inghilterra per il processo dimaltatura e che fanno rientro in terrasarda dopo circa venti giorni. Ma,anche sotto questo aspetto,l’aspirazione di Gianni e Francescaguarda lontano e vola alto:«L’intenzione è quella di trasformarequi il prodotto, con un macchinarioper la maltatura affiancato al birrificio– spiega l’imprenditrice che dà il nomealla sua birra – perché si realizzi intutto la filiera corta, sinonimo digenuinità e qualità». Una mossa che,se concretizzata, li porterebbe a essere

pionieri del settore. L’azienda Lara,infatti, che nasce come aziendaartigianale, è ora a tutti gli effettiun’azienda agricola, in perfettaarmonia con il Decreto Ministeriale212/2010 che annovera la birra tra iprodotti agricoli e consente alleaziende produttrici la materia prima,di creare una malteria o un birrificioaziendale e di considerare laproduzione di questa bevanda e delmalto attività agricole.Una scelta premiata dal mercato: «Dal2012 al 2013 abbiamo triplicato laproduzione – spiega il mastro birraio –e nel 2014 abbiamo registrato unulteriore 25% in più. Proprio in questigiorni sostituiremo gli attuali impianticon uno nuovo dalla capacità di 20ettolitri». Una produzione annuale chesi attesta sulle 140 mila bottiglie e 70mila litri. La copertura regionale èpressoché totale e rientra anche nelcircuito di “Campagna amica” targataColdiretti, mentre a livello nazionale ledirettrici spaziano dalla Sicilia allaValle d’Aosta. In Europa la birra Laraparla francese, svedese e norvegese.Ma il marchio terteniese è forte, varcal’oceano e finisce nei boccalistatunitensi di Hollywood, tra LosAngeles, Santa Monica e Beverly Hills. I gusti? «Io preferisco le note dolci –sorride Francesca – mentre Giannipredilige quelle più amare. Ciconfrontiamo e sperimentiamoinsieme, al fine di ottenere unprodotto ottimale».Dalla prima nata in casa Lara, la“Rubja”, una rossa con buonacorposità, alle “4 sorelle”: Piculina(che sia Francesca?), Sennora,Moretta e Affumiada. Dietro ognietichetta, un nome e dietro ogninome una storia. Niente è lasciato alcaso o all’improvvisazione. Il tutto èstudiato ad arte, con calma. Matura eprende colore. Chiaro e scuro.Proprio come la birra: artigianale,genuina, sarda. Lara.

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e Pelaeddu, nonché nelle moneteimperiali rinvenute in Corongiu, aPardu e nello stesso Pelaeddu.Una ricchezza archeologica che con isuoi villaggi nuragici e le domus dejanas regala il fascino di un autenticoviaggio nel tempo, tra le pagine distoria, suscitando il crescente interessedi studiosi, esperti e viaggiatori attenti.Circa trenta i nuraghi presenti, mentrenel tacco del Monte Corongiu sorgeuna necropoli punica e una capannache risalgono allo stesso periodo.Ma che l’anima stessa e il cuorepulsante di Jerzu siano da sempreintimamente legati alla terra e ai suoifrutti è cosa nota.Nella seduta del 14 dicembre 1851, ilConsiglio Comunale inviò agli organicompetenti una lunga relazione checonsente di avere un’idea moltoprecisa sull’organizzazionedell’economia agro-pastorale di Jerzu.Un’agricoltura basata essenzialmentesulla coltivazione del grano e dell’orzo.Sia in epoca giudicale, quando Jerzuera capo curatoria, sia in epoca pisana,l’Ogliastra era terra di cacciatori e di

Jerzu è terra di forti richiami. I Tacchi sono il suo simbolo e ilsuo cuore antico. Nell’ottobredel 1893, dalle righe de

L’Unione Sarda, Nicolò Businco,giornalista e intellettuale jerzese, cosìesordiva: “Chi senta, colle ferroviesecondarie il desiderio di percorre iltronco Genna Ierzu, prenda il piccolotreno alla prima stazione e dopo novechilometri di rapida ascesa sarà giuntoalla stazione di Ierzu […] É assaidifficile che in Sardegna siavi stazioneferroviaria situata in luogo più ameno epittoresco […] La via provincialel’attornia, il mare all’orizzonte è visibileper una lunga distesa. Ulassai alle spallemeravigliosamente addossato alle suerupi. Le vie nazionali, centrale edorientale, che serpeggiano, una perperdersi sull’altura di Sarcerei, l’altraper correre al piano. In fondo il Monte

Sui Tacchi d’Ogliastra di Claudia Carta

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Ferru, con le sue creste aguzze efrastagliate, e di fronte a due chilometri,il grosso paese di Ierzu che guarda laferrovia…”.Una mano alla montagna e l’altra tesaverso il mare. Il capoluogo delCannonau si presenta come uno deipiù importanti centri dell’Ogliastrameridionale e sorge a 460 metri s.l.m.da cui domina la sottostante vallatadel rio Pardu, circondato in unabbraccio millenario dagli imponentitacchi calcarei di Porcu de Ludu eTroiscu, cui si affiancano i picchi e itonneri di Marmillara, negli ampianfiteatri di Gedili e Sant’Antonio.Un vasto territorio che supera i 100Kmq a cui appartiene anche l’isolaamministrativa di Quirra.Particolarmente erto e frastagliato, conla cima isolata e più alta, Corongiu, cheraggiunge un’altitudine di 1008 metri,conserva le tracce della dominazioneromana nelle fondamenta di edifici aforma circolare in località S’Arenargiu

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pastori e nelle sue terre siavventuravano i mercanti ebrei che viesportavano fustagno, stoffe di lana emanufatti tessili in cambio di giumentee di pelli di capra, fortemente richiestedal mercato internazionale e vendutenel porto di Cagliari. Il fatto che inquesto mercato non compaia il vinoconsente di poter affermare che la suaproduzione fosse insufficiente perl’esportazione; ma esso venivaprodotto per i consumi interni dellepopolazioni isolate dell’Ogliastra, datoche il vino e le vigne erano giàconosciute in epoca antichissima. E sefin dal Medioevo il paesaggio agricolosardo era contrassegnato dallapresenza di numerose vigne immersenelle ampie zone destinate allacoltivazione dei cereali, tuttavia è soloalla fine del Cinquecento che laviticoltura comincerà ad affermarsi inmodo più deciso fino a diventare, nellaprima metà del Seicento, il settore piùimportante dell’economia ogliastrina. è comunque certo che fin dai primianni del Seicento le campagne di Jerzubrulicavano di vigneti: dalla prima diMinadórgiu, che compare in un’ipotecadel 1603, a quelle degli anni successivi. Nel celebre Dizionario geograficostorico statistico commerciale degli statidi S.M. il Re di Sardegna, del 1841, diAngius/Casalis, si legge: “Vigne. Sonoqueste la principal sorgente del lucro diquesti provinciali. Il sole opera sugliaprichi lor poggi con tutta sua virtù a

maturare i succhi de’ grandi grappoliche incurvano i pampini; ed unasemplicissima operazione dà i vini piùpregevoli al commercio.”Un binomio, quello Jerzu-vino,divenuto oramai inscindibile: laviticoltura, con la relativa produzionedel Cannonau e dei vini Doc, è dasempre la realtà del paese e della suagente che da tempi immemorabilicustodisce i segreti di quest’artesopraffina, se è vero, come sottolineaancora l’Angius/Casalis che “la vignaprospera come ne’ luoghi più favorevoli.[…]I vini riescono di ottima qualità e

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però se ne fa gran commercio co’genovesi”.Riveste un interesse particolare iltestamento di tale Caderina Suca,redatto il 10 Aprile 1560 e conservatonell’Archivio Arcivescovile di Cagliari,non solo perché è il più anticodocumento nel quale un jerzese parlain prima persona del paese e della suavita, ma anche perché vi compare su“istergiu de su jnu”, ossia l’occorrenteper la cantina, a conferma diun’economia basata, allora come oggi,sulla produzione vinicola.Il vigneto, dunque, individuava unavera e propria classe sociale, quella deicontadini e caratterizzava l’interoterritorio jerzese. Ma al di là del beneeconomico, la vigna diventava unacomponente esistenziale irrinunciabileper ogni contadino che la curava fin dagiovanissimo e ne conosceva ognifibra, la capacità vinicola, quellaalimentare e la resistenza alle malattie.Il momento stesso della vendemmiaacquistava un sapore e un’atmosferadel tutto particolari. Anche il paesecambiava aspetto e le cantine,ingombre di botti e di tini, sitramutavano nel cuore pulsante diogni casa. Quando scendeva il buio el’oscurità della notte, le vigne lontaneerano punteggiate dai fuochi deibivacchi, accesi per illuminare erischiarare i vendemmiatori in festa.L’uva, trasportata in paese con i carri econ i cavalli, veniva schiacciata con ipiedi nel tino, da cui fluiva un mostodenso e corposo. Ognuno proseguiva,successivamente, le diverse fasi dellaproduzione del vino, servendosi diparecchi strumenti; quegli stessiattrezzi che in molti casi, oggi,rimangono appesi o conservatigelosamente come pezzi da museo diuna professione che ha anch’essariscoperto la comodità e l’utilità dellamoderna tecnologia, ma che conservaimmutabile nel metodo il cuore e lapassione dei tempi passati.

Nelle varie fonti, iltoponimo vieneregistrato in mododiverso: Jerzzu eErtho, ne Le Cartevolgari del Solmidatabili al 1130; Jersude Montibus, nelregistro delle Rentasde Çerdeña del 1316;Jerco e Jerzum, neitestamenti del 1500 enel Fara; Hierzo, neidocumenti ecclesialidel 1600; Ierzu oJerzu, nell’epocaattuale. Secondo ilPaulis il nome delvillaggio ogliastrino«ha un chiaro etimobizantino: gr. khérsos“incolto, improduttivo”.

Foneticamente iltoponimo sardocoincide in modoperfetto con la formache il gr. khérsosprende nelle parlatedella zona diCatanzaro (jèrsu)». Ladenominazione potevariferirsi, plausibilmente,sia al fatto che ilterritorio così chiamatoera vergine, cioè nonlavorato e forseoriginariamenteassegnato come“feudo” militare, siaalla natura ingrata delterritorio, adatto allacoltivazione della vite eal pascolo delle capree delle pecore.

Il suono misterioso di un nome ricco di fascino

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Jerzu, poggiato a mezza collinasul versante meridionale dellaValle del Pardu, guarda il maredella vicina costa tirrenica.

I suoi 3200 abitanti fanno argine eresistenza, ad oggi dignitosa, alfenomeno del decrementodemografico che colpisce le zoneinterne.Giocano a favore del paese delCannonau la collocazione geograficae la morfologia del proprio territorio:mai troppo distante dal mare,baricentrico rispetto agli altri centriabitati dell’Ogliastra meridionale,ricco di zone fertili nella parteorientale digradante nella piana delPelau.Ma anche la forza propulsiva delsistema economico jerzese, da sempreimperniato sulla produzionevitivinicola e il commercio, harappresentato un importante veicolodi crescita del paese. Dapprima, qualestimolo per l’uscita dall’isolamento,attraverso la realizzazione deicollegamenti stradali e ferroviari perCagliari della seconda metà dell’800.Successivamente, quale traino percombattere e sconfiggere i nefastieventi del secolo successivo (lafillossera, l’emigrazione, le guerre) eper la rinascita della seconda metàdello stesso secolo, quando laviticoltura, da tempo immemorepraticata sulle colline che circondanoil paese e nella piana, ha assuntoconnotazione e dimensione industrialigrazie all’attività della CantinaSociale.Il sistema economico rettosull’agricoltura, il commercio e ilterziario (Jerzu è polo scolasticograzie alla presenza, a partire daglianni sessanta del ‘900, di un Liceo; è,inoltre, polo sanitario, servito dallaCasa della Salute della Asl di Lanuseie, in convenzione, dalla ClinicaTommasini) ha dunque contrastato lospopolamento, che infierisce sulla

generalità dei paesi non costieri della Sardegna: negli ultimi quindicianni Jerzu ha perso circa il 5,2% degli abitanti (nello stesso periodol’Ogliastra ha registrato un – 1,2%, i Comuni ogliastrini non costieri un -8,5%). Altri due dati Istat confermano lavitalità di un paese che non sirassegna allo spopolamento.Innanzitutto, l’elevato tasso dinatalità (in media 9,5 nuovi nati ogni1000 abitanti negli ultimi 12 anni,superiore alle medie sarda eogliastrina calcolate sul medesimoarco temporale e attestate su 8 nuovinati ogni 1000 abitanti); in secondoluogo, la struttura della popolazione,riferita al periodo 2002/2014,laddove Jerzu passa, nella fascia dipopolazione giovane (0-14 anni) dal13,6% del 2002 al 14,1% del 2014, inmiglioramento rispetto al datogenerale che vede, nel medesimo arcotemporale di osservazione, ovunque

in calo la fascia di popolazionegiovane (Sardegna da 13,8 a 11,9;Ogliastra da 14,8 a 12,6).Fondamentale, nel terzo millennio, sirivela l’obiettivo di sviluppare larisorsa turistica, ricca di potenzialitàinesplorate.La straordinarietà dell’ambientenaturale posto a monte dell’abitato,sul quale si stagliano imponenti lecelebri formazioni dei Tacchi calcareie dove è impressa traccia di anticheciviltà, presenti fin da epoca nuragica,ben si concilia con le eccellenzeenogastronomiche della consolidatatradizione contadina Jerzese. La sfida che attende gli jerzesi,chiamati al dovere di preservare ciòche è stato loro trasmesso dai propriavi, è quella di saper proporre,restituita al mondo in chiave modernae funzionale, l’anima di un paeseantico, incastonata da sempre tra imonti che circondano l’abitato e lecolline del Cannonau.

Un paese che cresce. Controlo spopolamento servizi e turismo di Antonio Piras

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La cultura del vino ha costituito sempreper gli Ierzesi l’abito che li distingue: ilfondamento di un’identità storica cheresiste nel tempo e che fa scattare

spontaneo l’accostamento meccanico fra Jerzue vino, Jerzu e cannonau.Meno immediato e meno rilevante sotto il profilo di una connotazione identitaria e storica è il richiamo di Jerzu come poloscolastico dell’intera Ogliastra, con Lanusei e Tortolì. Non si tratta di una indicazione di primati più o meno sterile, ma dellaricostruzione di un percorso che ha incisofortemente sui destini di una comunità e sugliintrecci di positivo scambio che si sono creaticon le popolazioni più prossime al centromontano che guarda il mare. Eppure Jerzu,osservato come nodo dei servizi scolastici e punto di movimentazione culturale di rango,presenta numeri significativi sul suo curriculumdi anzianità e qualità del servizio stesso.Rispetto all’anzianità, dopo aver rilevato in assoluto la storica presenza dei Salesiani a Lanusei e il loro peso globale sull’Ogliastrae la stessa Sardegna, Jerzu registra l’indice piùalto sia riguardo alla istituzione della ScuolaMedia (1954-55) sia, soprattutto, riguardo alla istituzione in Ogliastra del primo Liceo

di Provincia dopo Nuoro. Nel 1961l’Amministrazione Comunale realizza unascelta di natura strategica e lungimirante.Nel cuore di una lunga e consolidata tradizionedi cultura contadina si fa strada laconsapevolezza di un investimento a più lungotermine nel mondo della formazione superioreper creare i presupposti di un sistemaeconomico sociale che rispondesse, da un lato,alla sfida del cambiamento e dell’evoluzionecivile e culturale e, dall’altro lato, aprisse nuoveopportunità e frontiere ai figli di un paese e di un territorio che anelava a superare, nonnegandola ma valorizzandola, i limiti crescentidi un’economia di base legata all’agricoltura.Forse non si è sottolineata abbastanza la sceltalucida operata nel campo scolastico dai genitoridi Jerzu e dei paesi della valle del Pardu: a noioggi la scuola appare un servizio dovuto dalloStato in quanto tale e in effetti è così, in unsistema statuale maturo e organizzato. Al tempo dei nostri genitori (anni ’50), cheuscivano dalla guerra e si incamminavano su direzioni di fondo (anni ’60), ogni percorsopoteva definirsi strategico e poteva risultare piùo meno funzionale al bacino dei bisogni in cuisi calava. Questo sottofondo di valutazioni e di consapevolezze attraversò la comunitàcontadina di allora. Al liceo accorsero i giovanidel bacino territoriale (circa 15000 abitanti)facendo di Jerzu un centro culturale diavanguardia: da questo centro è venuta unaparte importante della nuova classe dirigentedel territorio, i quadri delle nuove professioni e delle iniziative imprenditoriali e di servizio di un’ampia area dell’Ogliastra.Quando nel 1987 si realizzò l’affiancamento al Liceo Scientifico dell’Istituto TecnicoCommerciale si applicò un ragionamento di sistema scolastico ogliastrino in una visioneunitaria: un altro esempio di buona coerenza di comportamenti.Le generazioni di ragazzi ne trassero indubbiovantaggio morale civile ed economico: la promozione sociale di gran parte dei cittadinid’Ogliastra avvenne e ci fu il tempo buono. Poi sono cominciati anche i tempi non buoni.L’investimento nella cultura e nella formazioneè la lezione dei nostri padri ed è per tutti la via del ritorno al futuro.

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Il terzo polo scolasticodell’Ogliastra di Piero Carta

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e Laore. Studioimportantissimo che ci haconsentito didiversificare le produzione in una zonaparticolarmentevasta edeterogenea, conquote che vannodai 50 ai 750metri sul livellodel mare e da cui scaturisce una gamma di prodottidifferenti tra loroper profumi,sentori, aromi e sensazioni. Il presentedell’azienda dicecrescita e

innovazione, con le certificazioniinternazionali Brc e Ifs, di cui l’azienda è entrata in possesso, finalizzate a garantire conformità, qualità e sicurezza dei prodotti alimentari. Maprincipalmente tecnologica, finalizzataall’utilizzo di vinificatori di ultimagenerazione che, grazie a un grosso in investimento corso, consentiràl’utilizzo di un sistema di vinificazionebrevettato, unico in Sardegna e fra i primi in Italia, utilizzato anche per la lavorazione dell’Amarone. Questoper noi è motivo di grande orgoglio. Il tutto passa attraverso una gestionerigorosa dell’azienda, finalizzataall’impiego di risorse finanziarie che derivano unicamente dallevendite, con attenzione incessante al contenimento dei costi. Il futurodella cantina? Comunicazione.Mercato on line, Rete. Un sito internetnuovo di zecca. Brochure e packagingcon veste internazionale. Perché laparola d’ordine continui ad essere una:qualità e giusta gratificazione ai soci.

Antichi Poderi.Un marchio di eccellenza di Marcello Usala

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attestava al 7% significano esseresempre più presenti sui mercatiinternazionali di Germania, Inghilterra,Stati Uniti e Cina. Un risultatopossibile grazie alle politiche aziendalimesse in campo in questi anni, tese avalorizzare sempre più i vitigni ingenerale e il Cannonau in particolare,di cui l’azienda Jerzu detiene il 35%della produzione regionale. Si tratta diun vitigno autoctono che costituisceuna porzione importante del mercato:questo ci ha responsabilizzato e ci haportato a investire, attraverso una seriedi studi, non ultimo quello sullazonazione, portato avanti nel corso diquesti anni in collaborazione conl’Università di Conegliano Veneto

Parola d’ordine: qualità.L’azienda Antichi Poderiindirizza le proprie scelte eorienta i suoi programmi

tenendo ben presente questoimprescindibile punto di riferimento. Una storia lunga 65 anni, fatta di luci eombre, di momenti esaltanti e altriprofondamente complessi. Ma inciascuno di questi passaggi, il pilastroportante è sempre stato lo stesso: isoci. Lavoratori infaticabili che hannoportato sulle loro spalle – e continuanoa farlo oggi – il presente e il futurodella Cantina Sociale, sostenendosacrifici notevoli e attraversandoperiodi difficili, sposando una causacomune, credendo nelle linee guida diun progetto che oggi sta dando i suoirisultati, sia intermini difatturato e diimmagine, sia interminiqualitativi.Elementiessenziali cherendono l’AntichiPoderi un’aziendaleader.Una storia doveanche i numerisono importanti, con il bilancio 2014che si conferma come il migliorrisultato in assoluto, sia in merito afatturato che a numero di bottiglievendute. Un trend che fa ben sperareanche per la chiusura di questoesercizio, con nuovi contratti sul tavolopronti da sottoscrivere, che vedono lacantina assolutamente presente sulpanorama nazionale e internazionale. Attualmente le produzioni siattestano intorno ai 50mila quintali diuva che garantiscono 3,5 milioni emezzo di litri di vino.Gli importanti incrementi sullavendita del tappo sughero, anchegrazie al triplicarsi della fetta dimercato estero che nel 2012 si

430 soci50 mila quintali diconferimento medio annuo3,5 milioni di litri prodotti2 milioni di bottiglie vendute40% della produzione regionale di Cannonau90% uve Cannonau Doc10% uve Vermentino Doc e Monica Doc+8% l’incremento di fatturatonell’ultimo anno

Vino e salute. Non è un caso che afondare la cantinasociale di Jerzu siastato (1950) il me-dico condotto delpaese, Josto Miglior.

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Il capoluogo del cannonauvanta una buona dotazione di servizi sanitari grazie allapresenza di un Poliambulatorio

della Asl e all’unica clinica privataoperativa in Ogliastra. A fondare la casa di cura Mario Tommasini comecentro specializzato in ortopedia erastato, nel 1951, il medico-imprenditore ulassese Gianni Lai.

Medici illustri. Ben prima che sorgesse la clinicaTommasini, Jerzu aveva dati i natali alprofessor Armando Businco, l’OspedaleOncologico di Cagliari porta il suo nome, e al fratello Ottaviofondatore della scuola di Radiologiapresso l’Università cagliaritana doveancora insegna un allievo di Ottavio, ilprofessor Vincenzo Racugno. Anche luidi origini jerzesi come Lino Businco,allergologo di fama nazionale. Il Poliambulario jerzese rappresenta il terzo polo dellasanità pubblica in Ogliastra insieme a quelli di Lanusei eTortolì. Assicura visite specialistiche di natura ambulatorialenei settori di: odontoiatria-ginecologia, pediatria, psichiatria,oculistica, cardiologia, dermatologia, endocrinologia,ortopedia e otorinolaringoiatria. I servizi ambulatorialivengono erogati a favore di un ampio bacino di utenza che

dai paesi della valle del Pardu siestende fino a Cardedu, Tertenia,Perdasdefogu, Ussassai e Seui.

La casa di cura Tommasini.La struttura pubblica opera in perfettasinergia e integrazione con la clinicaprivata Tommasini, dotata dicertificazione di qualità Iso 9001 e convenzionata con la Asl di Lanusei.É stata autorizzata dalla Regione a erogare prestazioni sanitarie di diagnosi e cura in regime di ricovero e ambulatoriale. Il ricovero per pazienti acuti riguardaMedicina e Geriatria. Gli interventichirurgici svolti in regime diurno (daysurgey) sono quelli catalogati a bassaincidenza di complicanze chirurgiche eanestesiologiche. Le prestazioni di riabilitazione e lungodegenzavengono garantite da un reparto di ricovero per pazienti post-acuti.

Il Poliambulatorio. Anche il Poliambulatrio della Asl ha registrato nell’ultimo decennio un forte rinnovamento. La strutturaoriginaria è stata ampliata grazieall’acquisizione dei locali contiguidismessi dalla scuola media. Ciò ha consentito l’estensione e la diversificazione dei servizi sanitari,oltre ad una migliore operatività. Il polo sanitario fa ormai parte, a pienotitolo, della struttura economica e sociale del paese del Pardu accantoal polo enologico ed a quello culturale.Non è un caso che il medico condottoJosto Miglior sia stato il primopresidente della cantina sociale AntichiPoderi. A lui, rimasto in carica fino allasoglia dei 90 anni di età, è stato dedicato il cru d’eccellenza del vino cannonau. Mentre il poloscolastico jerzese, che annovera il primo Liceo Scientifico istituito in Ogliastra, è stato intestato ad Armando Businco, luminare della medicina in ambito nazionale.

Tra medicina, cultura e tradizione vitivinicola di Nino Melis

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Consapevolmenteprimeggiante nella valle delPardu, da secoli Jerzuintreccia in maniera tutta

particolare la vita spirituale conl’operosità del quotidiano. Non èinfatti difficile scorgere i segni di unafede ancora tenace e di un senso delsacro che, nonostante tutto, resiste agliattacchi di una modernità dissacrantee spesso pregna di indifferentesufficienza. Terra per eccellenza del Cannonau, dasempre riferimento e possibilitàlavorativa per molti, vive una federadicata in secoli di tradizionecristiana, come si può evincere dalnutrito e curato arredo liturgico direcente valorizzato, e che, oltre alletradizionali celebrazioni dell’annoliturgico, si mostra in manieraparticolare nelle festività proprie. Dellenumerose tramandatesi nel tempo nerestano alcune di particolare rilievo:San Sebastiano, in quella chiesa untempo dedicatagli, e ora intitolata alCuore Immacolato di Maria; la festadella Madonna delle Grazie a Pelau;Sant’Antonio, con la lunga e

partecipata processione versol’omonima cappella, sulla strada perPerdasdefogu; poi la festa dei SantiGiacomo e Anna, che vede in questiultimi anni una rinnovatapartecipazione; la festa dell’Assunta,impreziosita dal solenne simulacrodella Vergine dormiente; la piùrecente, ma non meno devotamentepartecipata, in onore di San Pio daPietrelcina; infine quella che dovrebbe

essere la più importante, in onore delpatrono Sant’Erasmo, cui è dedicata latardo seicentesca chiesa parrocchiale. In queste e in tutte le attività dellaparrocchia, sono principalmente leassociazioni della Madonna delRosario, dell’Assunta e del SacroCuore, unitamente ai comitati e allasempre presente collaborazionedell’Azione Cattolica e dei catechisti, aspendersi senza risparmio per il benedella comunità. Una comunità che hasempre avuto a cuore la propria fede etradizione, vivendola magari anche inmodo critico, con una religiositàlontana dall’illusione e dall’effimero,ben radicata nella realtà, consapevoledella durezza del quotidiano e dellapreziosità della propria fatica. Una comunità che in questi ultimi anniha sofferto momenti di difficoltà neimesi scorsi con l’ineluttabile male e ilritorno alla casa del Padre dell’ultimoparroco, don Salvatore Masala. Unacomunità capace però di risollevarsi, edi guardare al futuro con speranza,nell’attesa di un nuovo pastore capacedi essere seminatore della Parola diDio e dispensatore dei Suoi misteri, intempi difficili e apparentemente votatiall’indifferenza. Una comunità infine, che affronta leproprie difficoltà, perché comeovunque, anche Jerzu vive le sue, nelladisoccupazione, nelle nuove forme dipovertà materiale e umana, nellasvalutazione dell’unità della famiglia.Questa è però umanità, umanità vera,con le sue fragilità, con le suedebolezze, anche le sue ipocrisie,luoghi nei quali si può permettere aDio di essere presente, di curare erisollevare, di mostrare la Sua forza. Incontinuo cammino allora, verso quellache sarà la città celeste, questa piccolacittadina di Jerzu fa i suoi passi, coisuoi tempi, salda nella fiducia in Dio,col suo modo tutto particolare che solouna fede opportunamente disincantataè capace di offrire.

Una comunità dalla fede forte e radicata di Roberto Corongiu

Vicario parrocchiale di Jerzu

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SANTUARIO DI SANT’ANTONIO DA PADOVANel suggestivo scenario dei Tacchi d’Ogliastra, fra le ripidefalesie e la folta macchia mediterranea, hanno luogo ifesteggiamenti in onore del santo più caro e amato daglijerzesi, Sant’Antonio da Padova. Di questa chiesa campestresi ha una documentazione molto scarsa. Si sa che il cultodel Taumaturgo era già vivo nel 1713, quando la popolanaAnna Corda nel suo testamento dispose che venissedestinata una modesta somma per acquistare della cerabianca “per la festa di Sant’Antonio”. L’edificio sacro fucensito in un documento del 1750 ed era certamente apertaal culto nel maggio del 1800, quando gli emissaridell’Arcivescovo Cadello, in visita pastorale in Ogliastra vifecero un sopralluogo trovandola pienamente efficiente. Nel1904 il Canonico Vincenzo Maria Carta, visto il grave statodi indecenza in cui si trovava la chiesetta, ne favorì laricostruzione che venne effettua con la cooperazionepopolare solo nel 1922 e i lavori ebbero termine nel 1925.Gli ultimi lavori nel maggio 2007, finalizzati a riportarel’edificio sacro della prima metà del 1700 alla suacostituzione originale: ripristinate le tre arcate sulla facciataanteriore, così come le lunette superiori collocate nellepareti laterali, che rendono la struttura al suo internoparticolarmente luminosa.

CHIESA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE IN PELAU

Così Tonino Serra ne descrive lafondazione: «La primavera dell’annodel Signore del 1710 fu particolarmentefredda. Anche la conca di Pelau Mannu,seppur protetta dalle montagnecircostanti, risentiva del clima cheprolungava i rigori invernali e lo stessovicario di Jerzu, Don Giovanni AntonioMelis, aveva lasciato di buon mattino ilpaese per recarsi a cavallo nella suaproprietà per controllarvi is caiddus (glialveari) e porli al riparo. La neve cheera caduta nei giorni precedenti avevaricominciato a cadere e in breve avevaassunto le caratteristiche di una vera epropria bufera. Il povero vicario alriparo de su barracu (rifugio di cannee frasche) cominciava a preoccuparsi: laneve aveva ricoperto il modesto rifugioche minacciava di crollare sotto il suopeso. Cominciò a pregare la Madonnafacendo voto di erigerle una chiesa a sue

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I luoghi della fede negli anfiteatri della natura di Claudia Carta

spese se avesse avuto salva la vita.La leggenda dice che la neve smise dicadere quasi all’improvviso e al vicarioapparve un fatto miracoloso: nei campiricoperti da un alto manto di neve sidistingueva un pezzo di terracompletamente pulito che parevadisegnare la pianta di una chiesa. Per ilsacerdote non vi era alcun dubbio:quello era il luogo che avrebbe ospitatol’edificio sacro dedicato alla Madonna.Si mise subito all’opera. Tracciòdapprima il perimetro e poi si mise ascavare per le fondamenta della partepiù sacra del tempio, l’altare. Ma dopotre colpi di piccone avvenne un fattoprodigioso: dalla terra smossaemergeva un forziere pieno di monete e

fra di esse, lucente d’oro, l’immaginedella Madonna. La chiesa vennecostruita in brevissimo tempo e da quelgiorno ogni anno una folla di fedeli sireca nel luogo sacro per ricordare ilmiracolo e venerare la Madonna delleGrazie alla quale la chiesa fudedicata». Da allora, fra alterne vicissitudini,cavalcando la leggenda, senza maitralasciare le fonti documentarie e le testimonianze orali e scritte, sonopassati 305 anni. Tre secoli di devozione autentica e religiositàprofonda che, la seconda domenica di maggio, riunisce gli jerzesi nella cornice inconfondibile del Pelaue dei suoi vigneti.

Festa di sant'Antonio. Sotto:

festa della Madonnadi Pelau

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IN PILLOLESadali.Alla sesta edizionedi Sa cordamanna è statobattuto il recordraggiunto adAlghero su questopiatto tipico dellatradizioneagropastoralesarda.

NUOVA SCOPERTAARCHEOLOGICAu GAIRO. C’è molto interesse intornoall’area archeologica di Is Tostoinus, aGairo Taquisara, dove sta emergendoun insediamento nuragico didimensioni insolite, finora tenuto alriparo da occhi curiosi dalla macchiamediterranea. Seconda laSoprintendenza Archeologica di Nuoropotrebbe trattarsi di un megavillaggio, composto da almeno centocapanne difese da un nuraghequadrilobato eretto a mille metrid’altezza, da due tombe di giganti digrandi dimensioni e da un pozzosacro. È proprio la sua altezza sul livello del mare e la presenza nelle vicinanze di antiche miniered’argento a suscitare l’interesse deglistudiosi. Qualcuno avanza anchel’ipotesi che possa trattarsi di unaroccaforte degli antichi iliesi,popolazione storicamentedocumentata ma sulla quale si hannopochi riferimenti.

ANCORA RITARDI PER LE CASEu CARDEDU. Quarant’anni fa laRegione aveva espropriato, eregolarmente pagato, un centinaio dilotti destinati alle case per le famigliealluvionate del 1951, ma qualcuno siè dimenticato di attivare le procedureper determinare la proprietà deiterreni così espropriati. Così uncentinaio di cittadini di Cardedu, chehanno realizzato le abitazioni nelquartiere a monte del municipio,sono ancora oggi privi di titolo diproprietà e non possono né alienarené impiegare il bene in garanzia. «Si

tratta - ha detto il sindacoGiambeppe Boi - di diritti sacrosanti.Ci rivolgiamo alla Regione affinchévengano accelerate le procedure diaccatastamento dei terreni e ditrasferimento del titolo di proprietàalle famiglie che vi hanno realizzatola prima casa».

INIZIO D’ANNO COL FUOCOu TORTOLÌ. Non c’erano ancora glialunni in classe, ma i docenti riunitiper programmare l’inizio delle attivitàdidattiche all’Istituto Alberghiero se lasono vista davvero brutta, quando lefiamme hanno avvolto i terreniantistanti l’edificio. Imbracciati gli estintori e riempiti i secchi d’acquahanno atteso l’intervento dei vigili del fuoco e dei volontari dellaProtezione civile. L’incendio, partito apochi metri dalla ferrovia checosteggia il muro di cinta

dell’impianto sportivo di via AntonioScorcu, in pochi istanti ha divoratodiversi cumuli di sterpaglie intornoall’edificio scolastico mentre il fumodenso ha avvolto l’area.

ORTI COMUNALIu GIRASOLE. Accade a Girasole,dove l’esecutivo guidato da GianlucaCongiu mette a disposizione dellefamiglie con reddito basso i terrenivincolati dall’uso civico, ottenendo unduplice positivo risultato: aiutare lefamiglie ed evitare che i terrenirestino incolti e abbandonati. Iconcessionari vi potranno piantareortaggi e alberi da frutto per ilsostentamento familiare. Il Comune ha anche approvato ilRegolamento per la gestione di taliterreni, così da rendereimmediatamente operativo ilprogetto. Gli ettari a disposizionesono veramente tanti, circa uncentinaio, in parte già affidati per losvolgimento di varie attività.

L’OGLIASTRA DEGLI SPRECHIu LANUSEI. Dopo quattro anni diinutilizzo sembrava fosse arrivato ilmomento giusto per vederefinalmente in azione le quattro motod’acqua da soccorso che la Provinciaaveva acquistato declinandonel’utilità e l’indispensabilità per la vitadei bagnanti! Per la verità, il commissarioliquidatore della provincia ci haprovato a metterle in funzione. L’idea sembrava semplice e attuabile:le moto sarebbero state affidate a quattro Comuni per potenziare ilservizio di salvamento a mare, ma le amministrazioni hannodeclinato la proposta. Motivo? Troppoelevate le spese di gestione inrapporto ai bilanci comunali con costiche si aggirerebbero intorno ai 12mila euro mensili; così, ai sindaci èstato impossibile accedere allaproposta E così il patrimoniopubblico (100 mila euro il valored’acquisto) continua a restareall’ombra dei magazzini di Lanusei.

ANCORA DIFFICOLTÀ PER SAIPEMu ARBATAX. La mega piattaforma posatubiCastoro sei, in procinto di attraccare ad Arbataxper una serie di lavori metalmeccanici destinatiagli impianti di perforazione di tutto il mondo, hapuntato la prua verso l’Olanda dove, invece,saranno realizzati gli interventi di manutenzione.All’origine del cambiamento di rotta ci sono ledifficoltà logistico-strutturali del porto di Arbataxdovute al fatto che la banchina di ponente (checon i suoi 430 metri di lunghezza e 11 diprofondità sarebbe l’approdo ideale) è interdettaper danni strutturali. Il paradosso è che, secondoquanto si dice, tale emergenza sarebbe volta arisoluzione, giacchè il 29 luglio la Regione hadato il nullaosta per realizzare alcuni interventi dimassima urgenza. Come sempre, troppo tardi.

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IN PILLOLETalana. Il 22 luglio inpoche ore sonocaduti nelterritorio di Talanae Villagrandemigliaia di metricubi di acqua: unavera e propriapioggia tropicalesi è abbattutanelle localitàNortidulli e Iserasricadenti neiterritori di Talana eVillagrande.

Ulassai. È intitolata AllaLuce e l’harealizzata GuidoStrazza la cappelladel cimitero doveriposa Maria Lai. Il1 agostol’inaugurazione.

Urzulei.Le tradizioni deipastori delSupramonte diUrzulei sono alcentro deldocumentarioCuiles e Maghias,di Antonio Rojch,che è statoproiettato inanteprima in piazzadel Rosario.

ADDIO AEROPORTOu TORTOLÌ. Le prove sui motori spazialiVega che si prevedeva potesserosvolgersi nell’aeroporto ogliastrino, sonogià emigrate verso Porto Torres. Ètramontata anche l’ipotesi alternativa dispostare le sperimentazioni nella pistadel Poligono di Quirra-Capo SanLorenzo, giacché anche lì hanno influitonegativamente le indagini giudiziarie incorso (relative al presunto utilizzo diuranio impoverito), mentresull’aeroporto di Tortolì, di proprietà delConsorzio Industriale, pende ancora laspada di Damocle della procedurafallimentare. Gli amministratori tortoliesiostentano, comunque, fiducia nelfuturo, giacchè - come ha annunciato ilprofessor Giacomo Cao, presidente delDistretto aerospaziale sardo - sonoancora in pista (è il caso di dirlo!) lerichieste di concessione in usodell’aeroporto di Tortolì che èconsiderato ideale per lesperimentazione di droni e velivoli aguida remota. La testa della pista,infatti, dista poche decine di metri daltratto di mare dove il Poligono giàdispone di un cono di volo riservato allesperimentazioni militari e civili.

FESTIVAL LETTERARIOu PERDASDEFOGU. Un pubbliconumeroso, attento e appassionato haseguito Sette sere, sette piazze, settelibri, il festival letterario che harappresentato l’appuntamento centraledell’estate di Perdasdefogu, ma nonl’unico. La vita culturale del paese,infatti, è arricchita anche da altremanifestazioni ed ha un pubblico incostante crescita. Sommando i dati diquesta edizione a quelli del prefestival,della rassegna teatrale, di Foghesucanta Foghesu, della recentemanifestazione sulla longevità, i datiparlano di alcune migliaia di presenze,più del doppio dell’ultima edizione. DiPerdasdefogu, inoltre, hanno parlatoanche giornali stranieri, come El Pais,perché nel paese è stata inaugurata laprima piazza al mondo intitolata aCent’anni di solitudine, il capolavoro diGabriel García Márquez.

ERASMUSu VILLAPUTZU. Il locale IstitutoComprensivo, nel quadro di un’iniziativaeuropea, ha partecipato al progettoUna scuola sempre più europeafinalizzata alla formazione in serviziodel personale. È così che quattordicidocenti e la Dsga dell’Istituto hannopotuto trascorrere un periodo (ingenere di due settimane) all’estero permigliorare le proprie competenze.Diversi i paesi di destinazione: RegnoUnito, Irlanda, Malta, Francia e Spagnaper assicurare una gamma diversificatadi esperienze e consentire laconoscenze di sistemi scolasticidifferenti. Diverse anche le tipologiedei corsi seguiti: lingue straniere, conparticolare riguardo a nuovi approccididattici come ad esempio il CLIL,innovazione tecnologica e classidigitali, gestione di progetti europei.L’esperienza didattica è finalizzata alloscambio di buone pratiche eall’instaurazione di collaborazioni a distanza, in cooperazione con altrecinque scuole europee.

TORNA ROCKAMICIZIAu LANUSEI.Il festival Rockamicizia, daventisette anni appuntamentoirrinunciabile per i nuovi talentidella canzone isolana. Il temadell’edizione 2015 è DagliShardana al Terzo millennio - un popolo, la sua musica, il suoterritorio. La rassegna, curata daPietro Arzu, ha aperto le iscrizioniper le due giornate del concorsoche si terrà a novembre,articolato in tre sezioni: inediti, editi e over 45. Per le iscrizionirivolgersi all’organizzatore, in viaGrazia Deledda 1 a Lanusei.

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NON C’È PACE PER L’EMODINAMICAu LANUSEI. I lavori alla salaemodinamica di Lanusei sonostati completati da oltre tre anni,ma il piccolo gioiello sanitarionon è mai entrato in funzione,nonostante esistano in locoanche le professionalità sanitarienecessarie al suo funzionamento.Così, gli interventi costati oltre unmilione di euro rimangonoimmobilizzati in attesa chequalcuno alla Regione si svegli.Intanto (tale è, ad esempio, ilcaso di Triei) è aumentata lapercentuale degli infarti, conalcuni casi finiti in tragedia. Un comitato di cittadini hasollecitato nuovamente la classepolitica per chiedere l’aperturadel reparto in cui i pazientipossono sottoporsi all’esame cheindica se ci sia in corso un infartooppure no. Il portavoce delcomitato, parla con cognizione dicausa avendo vissuto unatragedia in famiglia: «Basta conquesta situazione - ha detto LucaTangianu-; dateci più servizi. Troppi sono stati finora gliepisodi dolorosi ». E mentre gli ogliastrini continuano arivolgersi ai presidi di Nuoro e Cagliari per sottoporsiall’esame, la protesta dei cardiopatici per la mancataapertura della sala emodinamicaè arrivata fino alla Regione per il tramite del consigliereregionale Franco Sabatini cheha chiesto alla Giunta di farechiarezza sul presente e sul futuro dei servizi erogati.

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Gesù e laChiesasonotornati al

centro dell’attenzionenelle comunitàcristiane. La fortespinta alrinnovamentospirituale per ridareefficacia allatestimonianza deicredenti avviata conil concilio Vaticano II,con Benedetto XVI eFrancesco haregistratoun’impennata. AGesù, Benedetto XVIrompendo unaconsuetudine hadedicato tre volumi firmati cometeologo anziché come papa, mettendoin circolo la possibilità di un dibattitoampio e aperto sul nodo cruciale dellafede cristiana quale è stata findall’inizio della Chiesa la figura diGesù di Nazaret. E poi, nel suomagistero petrino ha insistito nelparlare di un Dio vicino all’uomo ealle sue vicissitudini, un Dio amore.Tanto ne ha parlato con convinzioneche ha terminato il suo pontificatocon un gesto squisitamenteevangelico, coerente con l’immaginedi servizio con cui si era presentatoalla sua elezione: semplice operaionella vigna del Signore, avendo fattotutto il possibile e sentendosi mancarele forze si ritirava dal ruolo di guidasenza abbandonare la vigna.Francesco in piena armonia spiritualecon papa Ratzinger non si è maistancato di presentare la figura diGesù come amico e maestromisericordioso, punto di riferimentocentrale dell’annuncio del Vangeloalle donne e agli uomini del nostrotempo. Misericordia che richiede unostile di vita più giusto e umano

Delegati diocesani al Convegno di Firenze della Chiesa italiana

Oltre al Vescovo, sono delegati al Convegno Ecclesiale nazionale

di Firenze (9-13 novembre 2015):don Marco Congiu, Giovanni

Pischedda e Giuseppina Nieddu(coppia), Antonio Carta e Andrea

Gillone. Sarà presente anche Miria Ibba, invitata

direttamente dall’organizzazionein quanto responsabile regionale

dell’Ufficio scuola.

solidarizzando con i poveri e i deboli,parte costitutiva, speciale e nonmarginale della Chiesa.La Chiesa dunque, come popolo diDio, invitata a confrontarsinuovamente con la sua ragione diesistere per adeguarsi allo stile di Dionel suo parlare e servire tutti i popolidella terra e tutte le condizioni sociali,a partire da quelle più bisognose diaiuto e di giustizia.Il tema del primo convegno diocesanoindetto dal vescovo Antonello Mura si

inserisceperfettamente inquesto percorso dellaChiesa universale.“Lo stile di Gesù peruna Chiesaaccogliente esolidale” - tema delconvegno - riassumeil senso di laboratoriopastorale della Chiesaconciliare per unmondo nuovo, incammino ormai da50 anni e coglie lapreoccupazionecentrale degli ultimipontefici.L’invito del vescovoal cardinale TarcisioBertone a prendere

la parola nel convegno è maturatodall’obiettivo di avere un testimoneautorevole e di prima mano del ventonuovo che sta soffiando nella Chiesa.Nessuno meglio del porporatosalesiano che è stato segretario di Stato di Benedetto XVI e diFrancesco nei mesi iniziali delpontificato potrebbe raccontare ilsenso del passaggio del testimone daBenedetto a Francesco e aiutare acogliere gli aspetti di continuitàsostanziale e le particolaritàspecifiche della Chiesa al tempo diBenedetto e al di Francesco.Polemiche di vario genere e non dirado fuorvianti rimbalzate sui mediahanno contribuito piuttosto aconfondere il valore degli eventiaccaduti anziché aiutare a leggere ilsoffio dello Spirito che non mancamai alla Chiesa di Gesù anche neimomenti più difficili e controversi.Notizie e interpretazioni fondate di prima mano aiuteranno lacomunità diocesana a entrare con più convinzione entro il solco del concilio nel quale occorrecontinuare la semina.

Il Convegno Ecclesiale diocesano alla luce del cammino della Chiesa universale di Carlo Di Cicco

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Perché mi faccio prete di Marco Congiu

Nel mio caso si può parlaredi un vero e proprio “colpodi fulmine” che mi hacolpito quando ancora ero

un bambino; da quel momento in poila certezza di essere stato creato, diessere stato scelto, fin dall’eternità,per essere prete ha messo ordine atutta la mia vita. Tutte le esperienze,tutte le scelte, anche le più semplici,erano subordinate all’unica scelta checontava davvero, quella di risponderesì a quel meraviglioso progetto di vitache il Signore aveva previsto per me.San Giovanni Paolo II nelle sueriflessioni sulla vita sacerdotaleutilizza due parole: “dono” e“mistero”. Dono speciale quello dellavocazione sacerdotale al qualerispondere facendoti a tua volta donoper gli altri. Un dono gratuito,totalmente immeritato, quello chericevi che ti permette di fare di tuttala tua vita un dono gratuito e totaleper gli altri. Un dono che, purabbracciandolo totalmente, restamisterioso; un dono che non riescitotalmente a capire, ancor meno aspiegare. Un mistero che vivi giornoper giorno del quale a volte intravvediqualche frammento senza mai riuscirea comprenderlo totalmente. E, tuttavia, accetti il fatto che ci sonodomande che non trovano ancorarisposta: «perché io?», «cosa vuoiesattamente da me?», «cosa miaspetta?», «come devo vivere il miosacerdozio?». E, nonostante tanta incertezza, superi

Sant’Agostino, nelle sue Confessioni,scrive: «Ci hai fatti per te, o Signore, eil nostro cuore non ha posa finchénon riposa in te». Questo è quello che provo, che hoprovato per tutta la mia vita, unaforte tensione verso quel giorno in cuisarò unito in modo speciale a Cristo,come un promesso sposo che, daquando ha incontrato per la mia voltala sua sposa, non vede l’ora chegiunga il momento in cui, con lagrazia di Dio saranno finalmente unsolo corpo e una sola anima. Questonon significa che dal 27 settembre, misentirò un uomo arrivato, totalmenterealizzato, che ha ormai compiuto lasua missione; anzi inizierà per me unnuovo cammino in cui trovare un

modo nuovo,diverso diesprimere il mioamore per laChiesa, il mioservizio a Cristoe ai fratelli.E dunque, pursapendo di nonaver detto tutto,mi faccio preteperché mi sentoamato da Dio e amia volta amoLui e amo la suaChiesa, e quella

del sacerdozio è la maniera in cui io,per sua misericordia, possorispondere al suo amore donandoglitutto me stesso, le mie mancanzeperché Lui possa colmarle e i mieitalenti perché possano essere messi afrutto per l’edificazione del Regno deiCieli. Non ho molto da offrire, maGesù col mio poco può fare tanto. Che il Signore mi conceda di metterea disposizione tutta la mia vitaperché, là dove sarò inviato possacondividere con il mio prossimo laSua presenza, il suo amore, la suamisericordia.

Ho sempre vissuto la vocazionesacerdotale come un innamoramento.E, come ogni storia d’amore è diversadalle altre, allo stesso modo ognistoria vocazionale è un’esperienzaunica e difficile da comunicare a chi non ha vissuto qualcosa disimile in prima persona. MarcoCongiu sarà ordinato sacerdote ad Arbatax il 27 settembre.

tutte le paure, i dubbi e le difficoltàsolo perché ti fidi di Colui che ti hachiamato e amato per primo. Ti riconosci nelle storie vocazionalidei profeti e dei santi, nelle lorotitubanze, nelle resistenze, ma anchenell’incapacità di fuggire da Dio, diignorare la sua materna insistenza, eti fidi di Lui, ti lasci andare in Lui,perché senti rivolte anche a te quelleparole: «non temere, io sarò con te» e ancora «non voi avete scelto me, maio ho scelto voi e vi ho costituitiperché andiate e portiate frutto e ilvostro frutto rimanga…».

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Arriva la rivoluzione delvescovo mons. AntonelloMura: cambiano parroci e responsabili degli uffici

diocesani. Si tratta talvolta di cambiclamorosi, ma tutto si è svolto in unclima di affettuosa partecipazione e di disponibile attesa. A tutte lecerimonie di insediamento e di saluto è stato sempre presente il vescovo checon la sua parola affettuosa e incoraggiante ha ringraziato chi lasciava e chi cominciava, ed ha ringraziato anche le comunità che,nella fede semplice, hanno accolto e sostenuto le sue scelte. Dei suoisacerdoti, poi, ha puntualmenteelogiato la serena disponibilità nel rimettere in gioco la propria vitadinanzi al Signore, per rinascere e ringiovanire. Il primo a raggiungere la sua nuovasede è stato mons. Piero Crobedduche ha lasciato il suo incarico di Vicariodel vescovo a Lanusei, per prenderepossesso della prestigiosa sede, già cattedrale, dedicata a sant’Andreaapostolo in Tortolì. Don Piero (cometutti continuano a chiamarlo) havarcato la soglia della sua nuova chiesail 2 agosto. Al suo arrivo, ha trovatouna chiesa gremita di fedeli che l’haaccolto con un calorosissimo applauso.

Tra gli interventi, molto significativo è stato il saluto del sindaco di Tortolì,Massimo Cannas, che ha richiesto la collaborazione del neo parroco perguidare i tanti giovani che fanno partedella comunità tortoliese. Il vescovoAntonello Mura ha invitato tutti i presenti a «ricordare una cosaimportante: non dobbiamo maiguardare indietro per fare confronti col passato, ma dobbiamo offrire a Diola possibilità di fare cose nuove su di noi e per noi». è stata, quindi, la volta di don Piero che, dopo averaffidato i suoi nuovi parrocchiani alla misericordia di Dio, li haringraziati con parole semplici chesono giunte dritte al cuore di tutti.Il 22 e il 23 agosto è toccato, quindi, a don Ernest Beroby e a don FrancoSerrau di scambiarsi le parrocchie.Sabato 22 agosto don Ernest (chelasciava la parrocchia di san Giorgio a Villaputzu) ha preso possesso dellaparrocchia di Villagrande che venivalasciata libera da don Franco. Le duecerimonie si sono svolte in manierapraticamente identica, giacché è statoun vero e proprio gemellaggio traVillaputzu e Villagrande, quello che havisto l’incontro tra le due popolazioniin un rapporto destinato a continuare e culminato nello scambio tra i dueparroci. Tante persone hannopartecipato alle cerimonie dibenvenuto/arrivederci dei sacerdoti,partiti da un paese per giungereall’altro. Assieme a don Franco, è arrivato a Villaputzu anche don Joilson Macedo come vicarioparrocchiale, cui verrà affidata la chiesa di Santa Maria dato cheanche don Claudio Razafindralongo,a ottobre, lascerà Villaputzu perspostarsi a Esterzili. L’amministrazionecomunale del centro sarrabese haaccompagnato don Ernest e accoltodon Franco e don Joilson, rilevandoche «si apre sotto ai nostri occhi un meraviglioso parallelismo tra la vita

Al servizio nelle chiese locali.Fedeli all’unica Chiesa

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I trasferimenti di sacerdoti in diocesiNel corso dei mesi estivi la diocesiha vissuto un’ampia serie di movimenti di parroci eamministratori parrocchiali. Gli spostamenti (ma altri ancoraavranno luogo tra settembre e i primi di ottobre) erano statiannunciati dal vescovo mons.Antonello Mura nel corso della celebrazione della Messacrismale e durante le giornate di riflessione di Baumela.

Il 6 settembre, don Battista Mura prende possessodella parrocchia di Tertenia

religiosa e quella civile della storia di Villaputzu: un nuovo inizio per le comunità parrocchiali e un nuovoinizio per la comunità civile». A Villagrande, tale è stata la folla di fedeli che hanno voluto accoglieredon Ernest, che il comune ha dovutorivoluzionare la viabilità intorno alla chiesa. Il saluto a don Franco in partenza, poi, è stato resoparticolarmente caloroso a ragione di un largo e affettuoso spazio chel’Amministrazione Comunale ha volutodedicargli su un quotidiano isolano. Ed ancora un altro addio/ingresso si è registrato il 30 agosto, quando donFrancesco Piras ha preso possesso

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come amministratore della parrocchiadi Ulassai, in luogo di don VirgilioMura chiamato a svolgere il servizio di assistente spirituale pressol’ospedale di Lanusei. Il Comune,anche in questo caso, tramite lapropria pagina facebook ha avutomodo di far sentire la propria voce:«Ringraziamo don Virgilio Mura perquanto fatto in questi anni per lanostra comunità e diamo un calorosobenvenuto a don Francesco Piras». Alla cerimonia d’ingresso del nuovoamministratore parrocchialeproveniente dal confinante centro diOsini, hanno partecipato tanti fedeli dientrambi i paesi dell’area della vallatadel Pardu. Il vescovo ha ringraziato i due sacerdoti per la loro dedizioneentusiasta, finalizzata a consentire chea tutti potesse giungere solo esemplicemente l’annuncio del Vangeloe della gioia di vivere che ne consegue. Sempre il 30 agosto, dopo diciassetteanni, don Giovanni Piroddiha lasciato Tertenia. In occasione dellafesta di santa Sofia, il parroco nativo di Jerzu ha salutato i fedeli che l’hannoaccompagnato nel lungo camminoverso la chiesa campestre, metafora del lungo cammino trascorso nellacomunità. Nella chiesa dell’Assunta,poi, dove il sindaco Luciano Loddo ha ringraziato il parroco in partenzaper Loceri a nome della comunità, non sono mancati i momenti di commozione. L’ingresso del nuovoparroco, don Battista Mura ha avutoluogo domenica 6 settembre. Lo hannoaccompagnato in tanti verso la suanuova destinazione, ricordandone le doti umane e sacerdotali. Il vescovo,nel presentarlo alla sua nuovacomunità, gli ha ricordato i fondamentidella missione sacerdotale che è quelladi portare Dio agli uomini: «è questa la missione essenziale del sacerdote,missione che tu sei reso capace di realizzare perché, scelto da Dio, vivicon Lui e per Lui».

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Il 22 agosto don Ernest Beroby prende possesso della parrocchia di Villagrande

Il 2 agosto mons. Piero Crobeddu prende possesso dalla parrocchia di sant'Andrea in Tortolì

Il 23 agosto don Franco Serrau e don Joilson Macedo prendono possesso della parrocchia di san Giorgio a Villaputzu

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e allestimento, da numerosiparrocchiani, il risultato è degno dinota. Nella sala espositiva trovanospazio diverse sezioni: l’allestimentodi tessuti e arredi liturgici, comestendardi, paramenti, tovaglie dipregio, fanno da corredo a quello cheè il vero tesoro dell’esposizione, glioggetti d’arte sacra di varie tipologie:«Si tratta di un patrimonioragguardevole – erano le parole didon Salvatore – in cui sarà possibileammirare calici cesellati, pissidi,turiboli e navicelle, aspersori eampolline, ostensori, reliquiari, vasi ecorone, quasi tutti risalenti alSettecento». Sono inoltre esposti quadri storicidonati alla parrocchia, foto d’epocariguardanti la genesi architettonicadella chiesa jerzese, nonché tele deisanti più venerati nel territorio. Di notevole rilievo la sezione dedicataai documenti seicenteschi, come i libridella Causa Pia, i registri, le cronache,gli evangeliari, e alle statue lignee di antica datazione.In un silenzio denso di commozione e di gratitudine, la mattina del 20agosto la comunità di Jerzu ha salutato il suo parroco. Autorità civili e militari, masoprattutto gente comune, la stessache don Salvatore incontrava tutti i giorni. I bambini. Tanti. Ognuno con in mano una rosa. Uomo e sacerdote dalla fedeautentica, forte e luminosa, don Salvatore. Così lo ha ricordatomons. Antonello Mura, sottolineandoquanto, pur nei momenti di difficoltà,abbia combattuto con tutte le sueforze, continuando a esercitare il suo ministero fino alla fine, pur provato sensibilmente da quelmale terribile che lo stavaconsumando ogni giorno di più. Testimonianza di un amore grande e reale per la sua parrocchia e i suoifedeli.

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Se n’è andato in punta dipiedi, a 73 anni, in unanotte stellata di metàagosto, don Salvatore

Masala, parroco di Jerzu, strappatoalla vita da un male incurabile chenegli ultimi due mesi lo avevacostretto in una clinica romana,lontano dalla sua comunità. La notiziavarca il mare e giunge sui Tacchid’Ogliastra alle prime ore del 18agosto. Cordoglio e commozione sonoi sentimenti che hanno attraversato ilcuore di tutti, a Jerzu. E non solo.Riservato, umile, uomo dalla fedesemplice e genuina, ma vigoroso altempo stesso, sicuro e tenace nellesue scelte, capace di far crollare lasua apparente austerità con unsorriso intriso di tenerezza.Giornalista pubblicista, don Salvatoreera uomo di grande spessore eprofonda erudizione, attento allavalorizzazione e alla crescita deivalori culturali e sociali. Porta il suonome la festa della famiglia, che dadue anni vede riunite per la cenacomunitaria, il 28 dicembre, tutte lefamiglie del paese, in una clima diarmonia e condivisione. Lo stessoclima che don Salvatore desideravacreare intorno a sé. Sua anche l’idea di realizzare, per laprima volta nella chiesa Sant’Erasmo,il museo parrocchiale, inaugurato il28 luglio 2013, oggi pienamentefruibile: «É una realtà moltoimportante – aveva commentato – siaper la Parrocchia che per il paese. Unmuseo sul territorio innanzituttosignifica la presenza di un patrimonioculturale da proteggere e daconservare; in secondo luogo indica ilbisogno di una comunità di renderevisibile la propria identità. Inparticolare un museo della Chiesarappresenta la storia stessa dellaParrocchia attraverso gli oggetti che leappartengono».Coadiuvato, nell’opera di collocazione

La scomparsa di don Salvatore Masala

di Claudia Carta

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Il Cammino Neocatecumenale «è unitinerario di formazione cattolica,valido per la società e per i tempimoderni» (san Giovanni Paolo I), un

«dono della Provvidenza» che «fa un grandebene nella Chiesa» (papa Francesco), che sicaratterizza - come si legge nello Statuto - peril suo porsi «al servizio del Vescovo come unamodalità di attuazione diocesanadell’iniziazione cristiana e dell’educazionepermanente della fede». Il suo scopo è,quindi, quello di portare gradualmente ibattezzati all’intimità con Gesù Cristo e direnderli soggetti attivi nella Chiesa etestimoni credibili della Buona Notizia. SanGiovanni Paolo II ha sottolineato più volte ifrutti di radicalismo evangelico e di slanciomissionario che il Cammino Neocatecumenaleporta nei fedeli laici, nelle famiglie, nellecomunità parrocchiali e la ricchezza divocazioni che esso suscita al sacerdozio e allavita religiosa. Vissuto in piccole comunitànelle parrocchie, si fonda sul tripode: Paroladi Dio – Eucarestia – Comunità.In Ogliastra, ad Arzana, è stato introdotto, surichiesta del parroco don Vincenzo Pirarba,da un’èquipe di catechisti di Muraveraaccompagnati dal loro parroco don EmilioManca, nell’ottobre 1988. Nel 1996, quindi, il

CamminoNeocatecumenaleaffonda le proprieradici ad Ilbono peropera dei padrimonfortani (padreGiorgio, padre Pieroe padre Domenico) econtemporaneamentead Ussassai. Fra tante difficoltà,ma conl’incoraggiamentodel vescovodell’epoca, mons.Antioco Piseddu, la ComunitàNeocatecumenale di Ilbono, “piccoloresto”, ha resistitoieri e persevera oggi,

nel suo itinerario di formazione tappa dopotappa, sotto lo sguardo vigile del vescovoAntonello Mura, e con l’accompagnamentodel Parroco di quel centro, don Luca Fadda.Ciò che ci ha attratto e che ancora ci attrae in questa forte esperienza di fede, è il desiderio di autenticità, di coerenza e di radicalità evangelica che si traduce in una testimonianza efficace di uno stile di vita impregnato dei valori cristiani:riconoscere il proprio peccato e godere dellamisericordia di Dio è la gioia che noivogliamo annunciare al mondo intero. Il 6 marzo scorso, incontrando a Roma unagrande rappresentanza del CamminoNeocatecumenale, Papa Francesco ha avutoper gli aderenti parole di grande stima: «Voi -ha detto, tra l’altro - siete la conferma che loSpirito di Dio è vivo e operante nella suaChiesa, anche oggi, e che risponde ai bisognidell’uomo moderno. In diverse occasioni ho insistito sulla necessità che la Chiesa ha di passare da una pastorale di sempliceconservazione a una pastorale decisamentemissionaria. Quante volte, nella Chiesa,abbiamo Gesù dentro e non lo lasciamouscire... Quante volte! Questa è la cosa più importante da fare se non vogliamo che le acque ristagnino nella Chiesa».

Il Cammino Neocatecumenale.Un dono che fa bene alla Chiesa

di Pinuccia Nieddu

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CHI SIAMO

Il CamminoNeocatecumenale ebbeinizio nel 1964 fra ibaraccati di PalomerasAltas, a Madrid, per opera diFrancisco José (Kiko)Gómez Argüello e di CarmenHernández che, sudomanda di quegli stessipoveri con i quali vivevano,cominciarono adannunciare loro il Vangelo diGesú Cristo. Con il passaredel tempo questo kérygmasi concretizzò in una sintesicatechetica finalizzata acondurre le persone allacomunione fraterna e a unafede matura.Questo nuovo itinerario diiniziazione cristiana, natonel scolco del rinnovamentosuscitato dal ConcilioEcumenico Vaticano II,incontrò il vivo interessedell’allora arcivescovo diMadrid, mons. CasimiroMorcillo, che incoraggiò gliiniziatori del Cammino aportarlo nelle parrocchieche lo richiedessero,diffondendosi gradualmentein tutta l’arcidiocesi diMadrid e in altre diocesispagnole. Nel 1968 gliiniziatori del CamminoNeocatecumenale giunsero,quindi, a Roma e sistabilirono nel BorghettoLatino. Con il consenso delcardinale AngeloDell’Acqua, vicario generaledel papa per la città diRoma, si cominciò la primacatechesi nella parrocchiadi Nostra Signora delSantissimo Sacramento eSanti Martiri Canadesi. Apartire da quella data ilCammino si è andato viavia diffondendo nellediocesi di tutto il mondo.

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Lo ascolti e capisci subito che ladirezione è quella della musica. Dellabuona musica. Che avvolge, emoziona,commuove. Il primo lavoro

discografico di Gianpriamo Incollu è questo e molto altro. L’album uscito e presentatonell’agosto di due anni fa è e rimane un grandelavoro. Gianpriamo Incollu musicista, autore,cantante, arrangiatore è talento e passione,tecnica e coraggio. Dentro Direzione nulla,(questo il titolo del primo album dell’etichettaLa Chiave), inizi un viaggio. Viaggi e scopri,corri e rallenti, nei ritmi e nelle parole. 8 branisu 12 sono scritti da Dario Pusole, amico findall’infanzia, che con la sua scrittura si rivela un fuoriclasse della parola, un professionista dei giochi con le parole soprattutto nei brani Lo scemo del villaggio, Qui in città e Notte sullacittà, brano questo che chiude l’album e dove la notte che cala sulla città diventa il simbolodella fine del viaggio musicale. Le parole diqueste canzoni non sono mai banali, ma semprecariche di senso e suono. Presentano suggestiveallitterazioni, assonanze, sinestesie, curiosi

poliptoti. Immagini raccontate in musica,viaggi, luoghi, uomini, donne e bambini. Ti sembra di vederli tutti lì davanti a te, di conoscerli da sempre. Con il brano Sogna,dolcissimo pensiero rivolto ad un bambino,attraversi il tempo e lo spazio. Pensi e rifletticon Plastica e chiffon, ma poi puoi anche ballareperché il ritmo è incalzante. Con Libera,straordinario inno alla libertà delle donne,rischi di commuoverti così come per il brano Ti aspetterò, struggente poesia d’amore tra bluese jazz e il malinconico e poetico Il respiro del mare scritto da J. P. Tegas. Unico elementofemminile del lavoro discografico è il testo

del brano Musica in mefirmata da Desirè Cardia.Grandi le collaborazioniartistiche: EnricoMantovani, SimoneChilivò e Giorgio Cordini,musicisti di MassimoBubola e De Andrè.L’influenza dei grandicantautori italiani si percepisce fin dal primo ascolto. Ma

è un’influenza che non disturba e non distogliedall’originalità dei testi e della musica, perchétutti i brani sono perfetti nella loro vestemusicale e più li ascolti più li apprezzi. 12 branida ascoltare, da leggere e anche da guardare.Perché se il contenuto è impeccabile lo è allo stesso modo anche la forma. Nulla èlasciato al caso. Booklet curato nel dettaglio. Il testo di ciascun brano è accompagnato da un’immagine realizzata a mano da alcuniamici degli autori. La foto in copertina rilancial’idea del viaggio intrapreso o da intraprendere,sempre nella direzione della musica. Così comeil nuovo lavoro di Gianpriamo Incollu, cheattendiamo per il 2016. Un importante progettocantautorale a cui collabora Enrico Mantovani e altri musicisti di ottimo livello e in cui lui curala stesura sia delle musiche che dei testi (fattaeccezione per due brani). G. Incollu anticipa:sono brani che trattano vari temi, passandodalla canzone denuncia per passare a temi piùleggeri ma ispirati ad argomenti di attualità e a realtà che meritano di essere raccontate.Sempre in musica.

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Direzione nulla. Il viaggio in musicadi Gianpriamo Incollu di Augusta Cabras

CHI ÈGianpriamo Incollu. 41 anni. Diploma di fagottopresso il ConservatorioStatale di Musica G. Pierluigi da Palestrina di Cagliari, due corsi di specializzazione per professori d’orchestra;esperienza in orchestra con l’orchestra del Conservatorio a Cagliarie con l’orchestra della Cooperativa Teatro e Musica di Sassari.Dal 2002 insegna Ed. Musicale nella ScuolaSecondaria Inferiore e realizza vari laboratori di musica popolare.Attualmente direttore del Coro Montesantu di Baunei, del Coro Istelottedi Dorgali e del Corofemminile Sant’Anna di Tortolì.

DIREZIONE NULLADurata 45:46Etichetta La ChiaveGianpriamo Incollu: voce,piano, chitarra e armonica;Enrico Mantovani: chitarree bouzouki;Simone Chivilò: chitarra e basso;Giorgio Cordini: bouzouki;Luciana Vaona, cori;Stefano Zeni: violino.

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47 | non soLo caLcIo

Il Basket. Una storiache viene da lontano (2) di Agostino Murgia

nel numero degli iscritti ed in alcuni anni soloun gruppo sufficiente a rappresentare la societànel campionato di Nuoro. Pur in tali difficoltà èscaturita anche la selezione di Michele Carta,unico del 2000 nell’intera Provincia di Nuoro adessere stato selezionato nel 2013 per il trofeoBulgheroni, azzurrini maschile. Attualmente lasocietà è in crescita con 65 bambini che fannominibasket su Nuoro ed il campionato Under 17su Cagliari con eccellenti risultati.Prossimamente i ragazzi vestiranno le divisedella prima divisione. Unico rammarico le

poche ragazze che non consentono per ilmomento la creazione di una sezione a parte.L’impegno societario non si limita all’aspettosportivo e tecnico: in questi ultimi anni si èdeciso di puntare su attività alternative quali lasolidarietà, realizzando in palestra a finemaggio 2015 una giornata a sostegno delladonazione di midollo osseo e maturando ladecisione di fare da primo punto informazioniper l’ADMO. Vasto lo staff tecnico: DomenicoLudovico, Bruno Moi, Paolo Midiri, FrancoTosciri a cui presto si aggiungeranno AntonioMurru, Alessio Atzori e Marco Griva.Interessante esperienza nel 2014 quella delcamp estivo Un Tuffo nel basket, tenutosi aSanta Maria Navarrese: 60 ragazzi equamentedivisi tra basket e minibasket, tra atleti che giàpraticano e dilettanti che hanno usufruito peruna settimana delle lezioni dei bravissimiMarco Merli, Alessandro Mambretti.Quest’anno si replica e salgono in cattedra gli exNazionali Rodolfo Rombaldoni e FrancescaModica, ed ancora: Alessandro Gai, EnricoMontefusco e Carlo Bonu.

Con il nuovomillennio, inizia una fase nuova del basket tortolieseche culmina nel secondo postodell’Under 13 nel TorneoInternazionale di Cervioni in Corsica(2011). Tantissime le presenze nazionalied internazionali.

Nel 2003, dopo quasi dieci anni diassenza la passione per il parquetrifiorisce e viene fondata una nuovasocietà: ASD Basket Tortolì tuttora

attiva. Tra i Soci fondatori troviamo vecchie enuove glorie Franco Tosciri, Luigi Lai, MimmoLai, Bruno Moi, Michele Murgia... PrimoPresidente Luigi Lai per pochi mesi e a seguireBruno Moi per circa sette anni in cui ha anchevestito il ruolo di allenatore-giocatore: un verofactotum. Nel 2003 si è ripartiti dal minibasket,con una trentina di ragazzini iscritti dai 5 agli11 anni. I primi campionati categoria BAMUnder 12 a Cagliari. Tra il 2005 ed il 2012 vistigli iscritti nasce una sezione femminile che hamilitato nei campionati under 15 prima e 17poi, riuscendo a mandare nella selezioneannuale degli azzurrini la brava Vanessa Contitra le nate del 1996. La sezione maschilecoinvolse i nati tra il ’91 ed il 1994, i campionatifurono quelli under 14, 16 e prima divisioneper due anni consecutivi. Per dedicarsiall’allenamento, nel 2009 Moi lascia iltestimone di Presidente a Rita Stochinochiamata dapprima a collaborare visto l’altonumero di iscrizioni e poi a presiedere la societàper 3 anni consecutivi. Sono anni di confrontiinteressanti in tutta la provincia di Nuoro ed iltriennio culmina in un secondo posto dell’Under13 nel Torneo Internazionale di Cervioni inCorsica, dopo oltre otto ore di viaggio trapullman e traghetto. Ne 2012 a Rita Stochino èsucceduto Agostino Murgia tuttora in carica: lamessa in sicurezza della palestra di Zinnias eduna grande attenzione al minibasket sono gliobiettivi del suo mandato. Ha notato che neltempo il vivaio minibasket ha avuto alti e bassi

Una storica sfida:Dorgali-Tortolì del 20 aprile 2008In alto: Gli atleti allamanifestazione ADMO

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48 | agenda deL vescovo e deLLa comunItà

SETTEMBRESabato 19 ore 9.30-19.00: Convegno ecclesiale diocesano

a Tortolì – parrocchia di san Giuseppe

Venerdì 25 ore 17.00: Incontro con i docenti di religione in Seminario

Sabato 26 ore 18.30: S. Messa per l’ingresso come Amministratore di don Pietro Sabatini a Lotzorai

Domenica 27 ore 18.00: Ordinazione presbiterale del diacono don Marco Congiu ad Arbatax

OTTOBREGiovedì 1 - Sabato 3: Corso regionale dei docenti di religione in Seminario

Sabato 3 ore 18.00: S. Messa per l’ingresso come parrocodi don Alessandro Loi a Villanova Strisaili

Domenica 4 ore 10.00: Incontro con le zelatrici del Seminario e per l’avvio diocesano del cammino dei giovani verso la GMG

Mercoledì 7 Festa della B.V. Maria Regina del Rosario, patrona principale della Diocesi

Sabato 10 ore 10.00: Incontro con le zelatrici del Seminario

ore 17.30: S. Messa per l’ingresso come parroco di don Claudio Razafindralongo a Esterzili

Domenica 11 ore 18.00: S. Messa per l’ingresso come parroco di don Antonio Fanni a Baunei

Giovedì 15 ore 10.00: Incontro del Vescovo con i presbiteri e i diaconi della forania di Seui

Venerdì 16 ore 10,00: Incontro del Vescovo con i presbiteri e i diaconidella forania di Jerzu

Sabato 17 ore 18.00: S. Messa e celebrazione delle Cresime a Villaputzu, parrocchia san Giorgio

Giovedì 22 ore 10.00: Incontro del Vescovo con i presbiteri e i diaconidella forania di Tortolì

Sabato 24 ore 15-30/19.30: Scuola di teologia guidata da TeresaViscome, psicoterapeuta, sul tema: Alcune linee per un’educazione all’affettività.

DIOCESI DI LANUSEISCUOLA DI TEOLOGIADIOCESANASabato 24 ottobre 2015, ore 15-30-19.30Aula Magna delSeminario Vescovile

LANUSEIVia Roma 106

Alcune linee perun’educazioneall’affettività

TeresaViscome

psicoterapeuta

Sono invitati particolarmente i docenti di religione, i catechisti, i collaboratori parrocchiali e chi desidera approfondire la propria fede.

É necessario far pervenire l’iscrizionecomunicando al numero 349.4983456oppure via email: [email protected]

La partecipazione è richiesta per l’intero Corso; non sono ammessepartecipazioni parziali.

per info www.diocesidilanusei.it

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