3mezzi uno
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mezzi3:I l l a t o u m a n o d e l l a f o t o g r a f i a
{ Storie di vita quotidiana, fotografie & ispirazione }
3:mezzi - Storie di vita, fotografia, ispirazione
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D e d i c a t o a c h i o g n i g i o r n o c a m m i n a n d o l u n g o l a s t r a d a e i n c r o c i a n d o a l t r i s g u a r d i v u o l p e r d e r s i n e g l i o c c h i d e l l e p e r s o n e i n t e r r o g a n d o s i s u q u a l i a l t r i m o n d i a v r a n n o v i s t o q u e g l i o c c h i . D e d i c a t o a c h i r i e s c e a g u a r d a r e i l m o n d o c o n g l i o c c h i c h i u s i v e d e n d o l o m i g l i o r e . D e d i c a t o a c h i o s s e r v a , a c h i a s s a p o r a e a t u t t e q u e l l e p e r s o n e c h e c o n t i n u a n o a v e d e r e n e g l i o c c h i a l t r u i l a b o n t à e l a l e a l t à .
La foto in copertina è di
Cattina Elettroshock
Colore principale
Font: Avenir
Da ZERO a UNO
Benvenuti tra le pagine di questo secondo numero di 3:mezzi, il numero ZERO è stato un grande successo, onestamente più di quanto ci aspettassimo e ne siamo molto felici. È stato come tuffarsi da un trampolino talmente alto da non riuscire a vedere neanche dove saremmo finiti, l’adrenalina del vuoto, respiri profondi a scandire le emozioni e la paura dell’ignoto. Il silenzio dell’attimo, i pensieri che scompaiono lasciando posto all’acqua sottostante. Il tuffo.
Siamo tornati a galla, abbiamo fatto un gran bel respiro e ci siamo riempiti i polmoni d’aria fresca. Galleggiando abbiamo riguardato il monte dal quale ci siamo tuffati; era parecchio alto. Ambizioso!
Ora rimettiamo i piedi a terra ma conosciamo molto bene l’altezza dalla quale ci siamo tuffati, possiamo alzare la posta in palio ed è proprio per questo che il numero UNO è degno di arrivare tra le vostre mani con dei contenuti a dir poco emozionanti.
Per creare questo numero abbiamo guardato negli occhi decine e decine di persone, ci siamo persi nei loro volti alla ricerca di emozioni, sensazioni, attimi da raccontare. Non ci siamo fermati davanti all’apparenza, non ci siamo fatti ingannare. Abbiamo voluto vedere attraverso i loro occhi, abbiamo visto mondi e storie diverse ed ora li potete ammirare anche voi.
Abbiamo ascoltato la vostra voce, i vostri consigli e i vostri feedback in merito a quanto costruito fino ad ora, siamo orgogliosi di essere riusciti a toccare il vostro cuore e l’anima ma non finisce qui anzi, abbiamo appena iniziato.
Cogliamo l’occasione solo per ringraziarvi.
Il team di 3:mezzi
3:mezzi - Storie di vita, fotografia, ispirazione
{ n° UNO - Ritratti }
Trasparenzafotografie di Giuseppe Trotta
Le Penne Nereguest post di Luigi Torreggiani
Islandail viaggio di 3:mezzi - fotografie di Claudia Toloni
Sehnsucht fotografie di Simona De Marchis
Inter:mezzoil segnalibro
Puntofotografie di Cattina Elettroshock
Selezione Flickri Cinque sensi
Gli Sguarditesto e fotografie di Romina Arena
Fisiognòmica fotografie di Marco Calabrese
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{ Ritratti }
Peccato di vanità domina i miei occhi,l'intera anima mia ed ogni mio latro senso;
e per questo peccato non v'è alcun rimedio,tanto è radicato nell'intimo del mio cuore.
Penso che nessun volto sia gentile quanto il mioNé forma più perfetta, o perfezione sì pregiata;
e al mio proprio merito attribuisco tal valorech'io supero ogni altro in qualsiasi campo.
Ma quando lo specchio mi svela come sono,colpito e disfatto da consunta vecchiaia,
leggo al rovescio questo amore di me stesso:sarebbe cosa infame amare quell'io che vedo.Sei tu, il mio vero io, che elogio in vece mia,
rinverendo la mia età col colore dei tuoi anni.
{ W. Shakespeare }
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Trasparenzafoto di Giuseppe Trotta
I viaggi di 3:mezziOgni due mesi vi portiamo in giro per il mondo
IslandaIl viaggio di 3:mezzi - fotografie di Claudia Toloni
via ascoli piceno, 13. Roma
Officinek.it
Facebook.com/officinek
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Penne Nere
Guest Post a cura di Luigi Torreggiani
Diversi mesi fa mi trovai in un bar a chiacchierare con un fotografo
professionista incontrato per caso. Gli feci vedere con lo smartphone il
mio portfolio, lui lo analizzò pazientemente e alla fine fece una
considerazione che mi colpì: “sono interessanti le tue foto, ci
mancherebbe, ma riprendi tutte le persone di spalle. Per fare belle foto
ci vuole il coraggio di andare di fronte ai soggetti, di entrare nella scena,
a volte di fermarli e chiedere loro di essere fotografati”. Una volta a casa
riguardai molte delle foto scattate negli ultimi mesi e mi accorsi che in
effetti quel fotografo aveva ragione: scattavo spesso da lontano e i
soggetti umani erano quasi sempre presi di spalle o di taglio: le
immagini non funzionavano. Così, da allora, imposi a me stesso di
trovare situazioni dove fosse possibile un cambio di prospettiva: volevo
fotografare i volti delle persone, fare un passo in avanti nella mia
crescita fotografica. Un’occasione d’oro avvenne con l’Adunata
Nazionale degli Alpini, organizzata a Piacenza, mia città di origine.
Dalla street al ritratto
Quando si decide di fotografare un evento è sempre buona norma
effettuare un sopralluogo. Girando per Piacenza il venerdì sera, mentre
la città si stava piano piano riempiendo di Alpini provenienti per il
weekend da tutta Italia, mi venne istintivo pensare al mio “racconto
fotografico dell’Adunata” come un reportage classico, cucito insieme
attraverso molte foto di strada scattate durante la manifestazione. Iniziai
ad immaginare le possibili foto essenziali, i luoghi ideali per realizzarle,
ma mi accorsi da subito di una cosa che frenò il mio entusiasmo: decine
e decine di appassionati di fotografia come me erano già all’opera per
le strade, nel mezzo degli Alpini festanti: l’occasione era davvero ghiotta
per tutti! Le mie foto sarebbero state uguali a tante altre e la cosa non
mi andava, anzi, mi infastidiva. Così mi misi ad osservare con calma i
protagonisti della manifestazione, in cerca di una diversa forma di
“lettura” di quell’evento.
Barbe, baffoni, guance rosse e paffute, espressioni divertenti e fiere,
occhi vispi e orgogliosi: i visi degli Alpini parlavano, dicevano già tutto
di quella grande festa: goliardia, memoria, divertimento, storia,
patriottismo, retorica, semplicità, passione, scambio tra generazioni… il
volto di ciascuno di loro racchiudeva le sensazioni, le emozioni e i
significati dell’Adunata. Cosi trovai la chiave di volta: il ritratto.
Si scatta
Avevo ormai chiaro in testa il mio progetto: una serie di ritratti, scattati il
più possibile con la medesima inquadratura frontale, dalle spalle al
cappello, con sguardo dritto in camera. Andai a letto convinto e montai
sulla mia macchina un 90 mm f 1.8, lente ideale per il ritratto: l’unico
obiettivo che mi sarei concesso di utilizzare il giorno seguente.
La prima scelta, a mio avviso fondamentale, fu quella di andare in cerca
dei miei ritratti da solo, in assoluta calma e senza distrazioni. Girellai per
la città in cerca di volti adatti al mio scopo: personaggi non “estremi” e
totalmente naïf, ma “nella media”. Iniziai così il lavoro che potete
osservare in queste pagine.
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Tecnica
Quando si scatta un ritratto di questo tipo, in luce ambiente, la tecnica
fotografica non è il fattore limitante. Ho infatti impostato la macchina
una sola volta, in modo molto semplice: modalità di scatto in priorità dei
diaframmi, apertura fissa su f 2.2 (per avere a fuoco solo il viso) e lettura
dell’esposimetro ponderata centrale.
La vera difficoltà sta nell’approcciare il soggetto, nel renderlo a suo
agio, sorridente e partecipe. Se si è bravi e dopo un po’ di esperienza è
possibile creare un’empatia tale da ritrovarsi di fronte all’obiettivo un
volto rilassato e naturale, evitando così l’effetto “fototessera” o, peggio
ancora, quello di “foto da funerale”.
In questo caso cercai di avvicinare i soggetti con simpatia, attraverso
battute del tipo: “sto cercando l’Alpino più bello dell’adunata… e lei mi
sembra papabile per il titolo”. Prima dello scatto è poi consigliatissimo
scambiare quattro chiacchiere, proprio per creare un’atmosfera
amichevole e rilassata (in questa occasione mi feci una vera e propria
cultura su guerra, esercito e tipologie di vini!). E’ poi molto utile prestare
attenzione allo sfondo; nella maggior parte dei casi scovai gli Alpini più
interessanti nel mezzo di un marasma di centinaia di persone:
nonostante la forte sfocatura il disturbo dato dal background era
davvero fastidioso. Così, proprio per essermi conquistato la fiducia dei
soggetti con chiacchiere e battute, mi permisi in moltissimi casi di
chiedere loro di venire con me in un posto meno affollato, solitamente
vicino ad alberi, per rendere gradevole lo sfondo dell’immagine.
Insomma, oltre alla tecnica fotografica ci fu un grosso lavoro “umano”,
che credo sia ciò che ha costruito poi il valore aggiunto di queste
immagini. Oltre alla contentezza per la loro riuscita sono tornato a casa
con emozioni e aneddoti, storie e risate: ho passato una giornata
memorabile e mi sono divertito, ottimi motivi per amare la fotografia!
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Post produzione e… rimpianti
Gli interventi in post produzione sono stati decisamente minimi: ho
leggermente desaturato, aumentato i contrasti e alzato talvolta le
ombre sugli occhi dei soggetti, perché l’ala del cappello li rendeva
spesso scuri. Questo problema, in presenza di un assistente, si sarebbe
potuto risolvere attraverso l’utilizzo di un semplice riflettore fotografico
pieghevole, che consiglio in questi casi di portare sempre con sé.
Ho poi presentato le immagini (40 ritratti scelti su circa 60 scattati) su dei
dittici, in cui ho affiancato volutamente due foto verticali: due Alpini con
baffi particolari, un “vecio” e un “bocia”, un uomo e una donna e così
via, per dare un livello ancora maggiore alla lettura.
I rimpianti di questo lavoro sono sostanzialmente due, collegati tra loro.
Non ho avuto la costanza di chiedere ai soggetti ritratti il loro nome,
cognome, città, il grado, il battaglione e il reparto di appartenenza
durante il servizio militare: mi sarebbe piaciuto apporre queste
informazioni sulle immagini, per renderle ancora più forti e “vive”. L’atro
rimpianto è che, nella confusione generale e dato il numero davvero
elevato di immagini, non sono più riuscito ad associare i nomi dei pochi
che mi hanno chiesto la spedizione della foto ai loro effettivi ritratti e
così tutto non ho potuto spedire nulla. Morale della favola: progettare
meglio tutte le possibili sfumature del lavoro e portarsi sempre dietro un
blocco per gli appunti e una penna!
In conclusione
Spero che chi osserva oggi queste immagini riesca ad immergersi in un
piccolo-grande tratto del popolo italiano. Quando le riguardo sento i
valori e riascolto i messaggi di quell’evento, a volte ingigantiti, altre
contradditori, altre ancora retorici, ma pur sempre una parte di noi, della
nostra Italia… una parte degna di essere raccontata!
3:mezzi - Storie di vita, fotografia, ispirazione
L’articolo originale lo potete trovare sul blog di Luigi Torreggiani
iso400.it
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{ Inter:mezzo }
Come un segnalibro tra le pagine consumate di un vecchio libro, proprio nel mezzo di un’avventura, lì documentando il vostro passaggio e la sosta.
Il segnalibro
Ho sempre trovato affascinanti i segnalibri, piccoli oggetti sottili che
riescono ad infilarsi tra le pagine dei libri e che riescono a tener traccia
del nostro percorso durante la lettura di una storia.
Spesso nelle librerie molte persone entrano a curiosare nella speranza
di riuscire a trovare una storia che riesca a coinvolgerli. Lo faccio anche
io ma non riesco a fare a meno di cercare quell'angolo magico dove
trovare un piccolo albero formato da tanti segnalibri appesi. Sono
affascinanti e allo stesso tempo malinconici; chiedono disperatamente
attenzione, desiderano che qualcuno si soffermi di fronte a loro ad
accarezzarli, ad osservarli minuziosamente e a sceglierli ma vengono
spesso ignorati. Perché spendere dei soldi per un pezzetto di cartoncino
con uno spago?
Tornerò a casa, recupererò dalla borsa quel biglietto del tram utilizzato
e lo infilerò tra le pagine del mio libro - non è un pensiero. È un'azione
spontanea. Tanti sottovalutano l'importanza di un bel segnalibro. Perché
un segnalibro non può raccontare una fantastica storia proprio come il
libro che avete tra le mani? Cosa gli manca? Nulla, ecco perché un
segnalibro è importante tanto quanto un libro.
Sin dai tempi antichi i segnalibri erano dei piccoli capolavori artistici
creati in maniera certosina da artisti in tutto il mondo. Tempere,
acquarelli, stampe e la continua ricerca di soggetti in grado di meritarsi
spazio tra le pagine dei libri. Piccole storie concentrate in paesaggi,
ritratti, natura morta e ancora, animali, luoghi incantati, castelli,
monumenti. Ogni segnalibro la sua storia e dietro ad ogni storia vi è
sempre stata la storia dell'artista.
Recentemente ho regalato un segnalibro ad una persona importante, le
ho dato in dono un piccolo cartoncino con sopra raffigurati dei gatti. Ho
pensato subito che avrebbe apprezzato molto visto e considerato che le
piace leggere, sono sicuro che è stato un pensiero gradito e sono
altrettanto sicuro che, in un modo o nell'altro, ogni volta che lo
prenderà in mano penserà a me. Il segnalibro ha un potere
comunicativo non indifferente. Non è da sottovalutare l'idea di darlo in
dono ad una persona; questo l'accompagnerà nella sua lettura, nel suo
viaggio e nei piccoli gesti quotidiani rivolti nei confronti del libro.
Durante la vostra lettura vi perderete in una marea di parole, inizierete
ad immaginare i mondi descritti dall’autore, sognerete e con molta
probabilità vi ritroverete immersi in pensieri che fino a quel momento
non avrete minimamente immaginato. In tutto questo ci sarà sempre un
fedele compagno, il vostro segnalibro.
Per quanto mi riguarda, intraprenderò un viaggio, porterò con me un
buon libro a farmi compagnia sul treno e tra le pagine del mio libro
infilerò il mio segnalibro preferito; una polaroid con il suo viso
sorridente che mi terrà compagnia. Ogni volta che aprirò il libro la
vedrò, terrò tra le mani quella foto e ne osserverò gli occhi e i colori. Il
calore di quella fotografia farà tutto il resto.
Trovate il vostro segnalibro, amatelo e proteggetelo. Non vi farà mai
perdere la strada.
Selezione FlickrLe tue foto su 3:mezzi
Selezione Flickrfoto a cura degli artisti Flickr
Gli Sguarditesto e foto a cura di Romina Arena
Gli sguardi nascondono cose che spesso non riusciamo a decifrare.
Sono sfuggenti, liquidi, impossibili da afferrare. Da bambina li rifuggivo,
nonostante i larghi sorrisi tracimanti tenerezza, nonostante le caramelle,
nonostante le carezze. Mi nascondevo dietro le lunghe gambe di mio
padre, al massimo tiravo fuori la manina concedendo un “ciao”
stringendo le dita in un pugno sprimacciato e duro.
Gli sguardi ti scrutano, ti indagano, sono invadenti nel loro mutismo.
Eppure sono magnetici, attirano a sé, si fanno cercare, a volte
desiderare, tanto spesso attendere. Sono armi a doppio taglio: ti
blandiscono, ti adulano e poi ti infilzano, loro sanno dove.
Ora che di anni ne ho molti di più e che il mio “ciao” è diventato meno
duro, sciolto com’è in un sorriso disarmato e arrendevole, li spio, li cerco
tra la folla, me li immagino nel naufragio delle loro solitudini,
nell’esaltazione della loro collettività. Sento lo schianto senza accusare
la botta e non corro più a nascondermi. Crittografie da decriptare che
continuano ad indagarmi e per le quali nutro ancora sfumature
imprecise di incertezza, ma alle quali vado incontro con incoscienza,
forse con innocenza. Li restituisco gli sguardi, le rendo indietro le
carezze e mi spalanco all’emozione, accettando il prodotto che scaturirà
da quella moltiplicazione.
In ognuno di quegli sguardi ritrovo un pezzo della mia malinconia, una
buccia del mio passato spellatosi dal corpo per galleggiare
svogliatamente in quella cloaca chiamata ricordo. Fotocopie di me
replicate migliaia di volte. Caleidoscopici frammenti che metto insieme
per costruire, di me, un ritratto picassiano, distorto, amorfo eppure così
reale e organico da capire, io stessa, qualcosa in più della mia
sbrindellata biografia.
Sono diventati, questi sguardi, trappole che scattano mentre passo,
dalle quali non aspetto altro che di farmi irretire. E non importano i
graffi, le scalfitture o quanto dentro la carne il dente metallico della
tagliola si spingerà, fosse anche fin dentro al cuore.
3:mezzi - Storie di vita, fotografia, ispirazione
Ci sono tracce di umanità che vale la pena di vivere, che vale la pena
mettersi a cercare per vedercisi riflessi anche al costo di rimetterci della
propria carne. Sono labili come bolle di sapone, imprecisi come le
macchie e per questo irripetibili. Non tramuteranno i dubbi in certezze;
non restituiranno cose smarrite; non daranno il loro indirizzo per essere
nuovamente rintracciati. Mutevole la sostanza, mutevole la forma.
Se mi chiedessero quale parte del corpo rappresenti meglio il ritratto
risponderei gli occhi, senza esitare. Al massimo le mani, ma gli occhi di
più. Con quella loro fisiologica tendenza allo smascheramento, gli occhi
sono come una patente sulla quale è impresso il codice di accesso al
nostro essere, il citofono del nostro spirito. Depositi della nostra vita,
chiavi di violino delle nostre armonie interne. Pozzi, boschi fitti, laghi
profondi, sentieri di sterpi dentro i quali addentrarsi.
{Negozio di fotografia digitale, analogica, Lomography}
Corso Matteotti 23/a, 29015 Castel San Giovanni
facebook.com/f64photo.it
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Fotografare è la tua passione?Ogni giorno cerchiamo nuovi autori per 3:mezzi. Raccontaci la tua storia attraverso 4 fotografie e potresti apparire sul prossimo numero.
Invia le tue 4 foto a [email protected] la tua storia e prova ad ispirarci.
Cerchiamo talento e passione.Fotografia di Cristiano Delise
{ Indice autori & co-autori }
Storie( in ordine di apparizione )
Trasparenzafotografie di Giuseppe Trotta
Sehnsucht guest post di Simona De marchis
Islandail viaggio di 3:mezzi
Penne NereGuest Post di Luigi Torreggiani
Inter:mezzoTesto e selezione a cura di Francesco Mazzoli
Puntofotografie di Cattina Elettroshock
Selezione Flickrfotografie degli artisti di Flickr
Gli Sguarditesto e fotografie di Romina Arena
Ritratti di Nikytesto e fotografie di Niky Tauro
Selezione Flickr( in ordine di apparizione )
Luca de Luca
Giuseppe D’Antonio
Alessandra Gregori
Elvira Leone
Simone Ridi
July Pastorello
Marina Monaco
Stefano Majno
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