Organo della FNISM fondata nel 1901 da della scuola … · obbligato gli scolari di Canneto a...

32
LXVII n.3 (228) Luglio-Settembre e n. 4 (229) Ottobre-Dicembre 2013 3.10 L’ECO della scuola nuova Periodico trimestrale con supplemento - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale 70% - DCB - Roma. Abbonamento e iscrizione alla FNISM su C.C.B. Unicredit - Iban IT 35 Y 02008 05198 000401020572 intestato a FNISM – Federazione Nazionale Insegnanti Organo della FNISM Federazione Nazionale Insegnanti fondata nel 1901 da Gaetano Salvemini e Giuseppe Kirner SOMMARIO Maestri Indimenticabili Mario Lodi e Marcello Cini Tecnologie e inclusione Domenico Milito Giuseppe Verdi Alessandro Casavola Educazione e Parità Claudio De Luca Roma, 19 luglio 1943 Anna Maria Casavola Tre domande a... Esami di Stato Rita Paucera Il piacere di leggere Elisabetta Bolondi Schiave due volte Toponomastica Femminile 2013 47° Rapporto CENSIS 29 8 6 24-28 20 17 16 14 12 10 3-5 EDITORIALE In un breve volgere di tempo, la scuola riparte nella cornice di un nuovo governo, con un nuo- vo ministro, con un nuovo pro- gramma o meglio –temiamo- con nuove parole d’ordine. Un nuovo ministro o, per esse- re esatti, una nuova ministra, se vogliamo seguire le sollecita- zioni dell’Accademia dei Lincei a utilizzare le desinenze di cui la nostra lingua dispone per indicare il genere maschile e femminile, anche se magari corriamo il rischio di passare per guerriglieri di una pericolo- sa dittatura del genere in un ambiente come la scuola dove le donne ci sono da sempre, sono tante, ma impera un maschile presunto neutro lin- guisticamente inesistente. La nuova ministra è giovane e con un curriculum universitario degno del massimo rispetto e per di più la scuola l’ha fre- quentata anche come madre di due figli che sono stati uno alla scuola statale e l’altro a quella privata, involontario omaggio a un sistema paritario del qua- le oggi la ministra si dichiara sostenitrice ma sul quale avremmo qualcosa da eccepire, visto che la scuola gestita da privati con criteri di efficienza necessari per competere sul mercato si affianca a una scuo- la pubblica gestita dallo Stato con impronta burocratica e orizzonti asfittici. Le prime uscite della ministra, come del resto quelle del capo di governo, hanno dato grande rilievo ai temi dell’educazione e della scuola ma più che pro- grammi abbiamo sentito alcu- ne affermazioni che non è pos- sibile non condividere e parec- chie parole d’ordine. Primo fra tutti è stato rilanciato il tema della sicurezza e ci sem- bra doveroso preoccuparci che bambini e ragazzi che affidia- DI NUOVO, SI RIPARTE ISSN: 0012-9496

Transcript of Organo della FNISM fondata nel 1901 da della scuola … · obbligato gli scolari di Canneto a...

■ LXVII n.3 (228) Luglio-Settembre e n. 4 (229) Ottobre-Dicembre 2013 € 3.10 ■

L’ECOdella scuola nuovaPeriodico trimestrale con supplemento - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale 70% - DCB - Roma.Abbonamento e iscrizione alla FNISM su C.C.B. Unicredit - Iban IT 35 Y 02008 05198 000401020572 intestato a FNISM – FederazioneNazionale Insegnanti

Organo della FNISMFederazione Nazionale Insegnanti

fondata nel 1901 daGaetano Salvemini e Giuseppe Kirner

SOMMARIO

Maestri IndimenticabiliMario Lodi e Marcello Cini

Tecnologie e inclusioneDomenico Milito

Giuseppe VerdiAlessandro Casavola

Educazione e ParitàClaudio De Luca

Roma, 19 luglio 1943Anna Maria Casavola

Tre domande a...

Esami di StatoRita Paucera

Il piacere di leggereElisabetta Bolondi

Schiave due volte

Toponomastica Femminile 2013

47° Rapporto CENSIS

29

8

6

24-28

20

17

16

14

12

10

3-5

EDITORIALE

In un breve volgere di tempo,la scuola riparte nella cornice diun nuovo governo, con un nuo-vo ministro, con un nuovo pro-gramma o meglio –temiamo-con nuove parole d’ordine.Un nuovo ministro o, per esse-re esatti, una nuova ministra,se vogliamo seguire le sollecita-zioni dell’Accademia dei Linceia utilizzare le desinenze di cuila nostra lingua dispone perindicare il genere maschile efemminile, anche se magaricorriamo il rischio di passareper guerriglieri di una pericolo-sa dittatura del genere in unambiente come la scuola dovele donne ci sono da sempre,sono tante, ma impera unmaschile presunto neutro lin-guisticamente inesistente.La nuova ministra è giovane econ un curriculum universitariodegno del massimo rispetto eper di più la scuola l’ha fre-quentata anche come madre di

due figli che sono stati uno allascuola statale e l’altro a quellaprivata, involontario omaggioa un sistema paritario del qua-le oggi la ministra si dichiarasostenitrice ma sul qualeavremmo qualcosa da eccepire,visto che la scuola gestita daprivati con criteri di efficienzanecessari per competere sulmercato si affianca a una scuo-la pubblica gestita dallo Statocon impronta burocratica eorizzonti asfittici.Le prime uscite della ministra,come del resto quelle del capodi governo, hanno dato granderilievo ai temi dell’educazionee della scuola ma più che pro-grammi abbiamo sentito alcu-ne affermazioni che non è pos-sibile non condividere e parec-chie parole d’ordine.Primo fra tutti è stato rilanciatoil tema della sicurezza e ci sem-bra doveroso preoccuparci chebambini e ragazzi che affidia-

DI NUOVO, SI RIPARTE

ISSN:

0012

-9496

mo alla scuola siano al sicuro dacrolli di tetti o di pavimenti, nondebbano trascorrere tante ore inambienti degradati e degradanti.Ma questa è una condizionenecessaria e non sufficiente peruna scuola che funzioni davvero.L’operazione “edilizia” ha pro-spettato un piano pluriennale cheprevede interventi in 10.000scuole con procedure semplificatee il completamento dell’anagrafedell’edilizia scolastica. Sono prov-vedimenti che favoriranno il rilan-cio di qualche settore dei lavoripubblici, qualche star dell’archi-tettura potrà imprimere il suomarchio su qualche edificio. Unintervento necessario ma chedovrà avere la giusta calibratura,poiché si tratta di strutturareambienti che devono essere fun-zionali all’apprendimento e allarelazione educativa più cherispondere a canoni estetici oscimmiottare esempi di Paesi lon-tani anni luce dalla nostra realtà edalle nostre esperienze.Altre “parole d’ordine” cheabbiamo sentito rinviano a nodicomplicati e annosi dell’interosistema scolastico. Così per l’ormainauseante questione della meri-tocrazia. Chi potrebbe opporsi? Chi potrebbe difendere comepatrimonio culturale nazionale ilclientelismo e il familismo chesostituiscono la valorizzazione delmerito e continuano a regola-mentare l’accesso dei giovani almondo delle professioni? Ma l’i-deologia meritocratica, se non èsupportata da investimenti nelsistema dell’istruzione che per-mettano di superare le disegua-glianze sociali e di ammortizzarnegli effetti per permettere a tuttidi sviluppare le proprie potenzia-lità, finisce con il consolidare unsistema di ingiustizie. Ed è neces-sario mantenere la scuola al difuori dei valori della competizio-ne e del marcato se vogliamo con-tinuare a sperare che un mondomigliore è possibile.È stata anche richiamata la que-stione docenti, dalla formazioneiniziale (si prospetta una nuovatornata di TFA tirocinio formativoattivo, cui dovrebbe seguire l’in-serimento del tirocinio nei nuovipercorsi di laurea/abilitazione), alreclutamento (sono ancora apertiproblemi di assorbimento del pre-cariato), alla formazione in servi-

zio cui sono affidati lo sviluppo ela manutenzione della professio-nalità dei docenti, con le ipotesi diun nuovo status giuridico e diun’articolazione delle prestazioniin quella che impropriamente vie-ne definita come “carriera”.Troviamo poi il tema della valuta-zione e l’impegno ad estendere erafforzare l’applicazione delleprove INVALSI, altro nervo scoper-to su cui si succedono interventipesanti che stanno incidendonegativamente sulla didattica,spostando l’attenzione dallo svi-luppo delle potenzialità individua-li degli studenti al raggiungimen-to di buoni risultati spendibili nel-la comparazione internazionale.Inoltre si ritiene lecito poter valu-tare senza aver ridefinito il profi-lo dell’intervento educativo, lefinalità da raggiungere ai varilivelli in termini di prestazioniessenziali e infine senza conside-rare le modalità e le condizionidella sua realizzazione, che adoggi influenzano fortemente ciòche si valuta.Molta carne al fuoco e sicuramen-te le prospettive si chiariranno colprogredire delle scelte anche eco-nomiche che verranno fatte. Mac’è anche una questione di meto-do e per ora si ha la sensazioneche si continui a guardare allascuola dall’esterno, prescindendodalla sua realtà, senza interrogarel’esperienza di questi decenni,senza voler comprendere e faremergere ciò che le ha permessodi mantenersi a galla in questianni nonostante i tagli sul pianodelle risorse finanziarie e profes-sionali che hanno avuto un carat-tere distruttivo, il cui effetto per-verso continua a farsi sentire.Se davvero si vuole andare oltre,pensare la scuola in una prospetti-

va nuova che permetta di affron-tare in maniera sistemica le diver-se facce del problema e uscire dauna logica emergenziale, bisognaripartire dalla qualità dei processiformativi e dall’adeguatezza delsistema formativo a un contestosociale, economico e culturale chein questi anni è profondamentemutato, verificare l’efficacia del-l’azione educativa, la sua capacitàdi trasmettere cultura e di svilup-pare quelle attitudini alla cittadi-nanza cui ci richiama l’Europa.Bisogna riflette sulle condizioniche favoriscono questi percorsi esoprattutto occuparsene a partiredall’interno della pratica quoti-diana, guardare la scuola iuxtapropria principia, per dirla conBernardino Telesio. In ambienti vicini alla politica, mavicini anche alla scuola, si senteun’altra parola d’ordine, un pòstrisciante ma molto presente:poiché c’è una conclamata diffi-coltà a dare risposte ai problemidella scuola a livello nazionale,lasciamo più spazio ai livelli terri-toriali, guardiamo alle esperienzee alle pratiche di cambiamentoattivate dalle scuole.Del resto, prima di lasciare il suoincarico, la ministra Carrozza sta-va preparando una grande con-sultazione on line sui temi dellascuola. Pur con tutte le riserve sulmetodo scelto che, sull’onda diuna moda corrente, trasforma ildialogo in consultazione e lariflessione in un vocìo privo dispessore, riteniamo che la stradada seguire sia proprio questa: por-si in posizione di ascolto e di dia-logo. Ma questo è il primo pas-saggio per ricontrattare il manda-to sociale affidato alla scuola pub-blica e su questo passaggio eserci-tare la mediazione politica.

PER DARE PIÙ FORZA ALL’ASSOCIAZIONISMO DEGLI INSEGNANTIVia delle Montagne Rocciose, 69 - 00144 Roma

ccb “BANCA DI ROMA” Intestato a Fnism-Federazione Nazionale InsegnantiIBAN: IT 77 E 03002 03294 000400200573

Abbonamento ordinario €€ 25,00 - Abbonamento sostenitore € 50,00

LEGGI DIFFONDI ABBONATI L’ECO della scuola nuova

2 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuovaEDITORIALE

TESTIMONIANZEL’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 3

In ricordo del Maestro Mario Lodidi Italo Bassotto*

Quando qualcuno se ne va, si dicesempre, lascia un vuoto tra coloroche in vita lo hanno amato edapprezzato. Nel mio caso, soprat-tutto per l’affetto che mi legavaal Maestro di Piadena, il fatto che,in una mattina primaverile dimarzo, egli abbia lasciato la suaCasa delle Arti e del Gioco da luivoluta e costruita nella amatacascina di Drizzona per andare incielo, ha rappresentato una nor-male evoluzione delle “cose dellavita”. Il mio rapporto con lui noncambia ora che non c’è più, per-ché è rimasto lo stesso rapportofra “maestri”, che nacque al Vho(frazione di Piadena con una pic-cola scuola elementare) in unnebbioso giorno di ottobre del1967: Da una settimana avevo“preso servizio” come “maestrodi ruolo” a Canneto sull’Oglio:tre chilometri dal Vho, ma io inprovincia di Mantova e lui in pro-vincia di Cremona; avevo dician-nove anni ed ero impreparato atutto, per quel che riguarda illavoro di maestro…Mi ricordo chemia madre mi telefonò in collegioa Milano, dove vivevo grazie alpre-salario (bisognava fare tuttigli esami dell’anno accademico e

riportare una media del 29 su 30,per averlo!) dicendo che c’era unaraccomandata per me dalProvveditorato e che si trattavadel posto di lavoro: figuratevi l’e-mozione, io figlio di un braccian-te, che diventavo maestro!Nonostante le considerazioni con-trarie dei miei amici studenti pre-

si il primo treno e tornai(l’Università poteva aspettare, illavoro no!). Non avevo neanche lapatente, perché a Milano non ser-viva e mio padre i soldi per l’auto-mobile manco li sognava, perciòcominciai a percorrere in motori-no i dieci Km che mi separavanoda casa a scuola; piovviginavaspesso, ma a questo v’era rimedio,non trovavo risposte, invece, alledomande che mi ponevo circa la

mia attività di maestro: i bambini(23 scalmanati di seconda elemen-tare) volevano soprattutto gioca-re, appena usciva un po’ di tiepi-do sole autunnale mi chiedevanodi portarli fuori, in cortile o aspasso sulle rive fiorite delle rog-ge, nelle cui acque nitide e tra-sparenti giocavamo a riconoscerei pesci e le erbe palustri. Qualchevolta scrivevamo, anche, o faceva-mo “ricerche” sugli insetti o gliuccellini che avevamo osservatodurante i nostri giri, ma i quader-ni dei bambini restavano penosa-mente scarni e sentivo montare imugugni dei genitori, ed anchedelle maestre delle altre dueseconde: i primo non osavanointervenire sulla didattica, ma silamentavano perché i loro figliandavano a casa coi grembiulinisempre sporchi di erba o di fango(chi era sto quel genio che avevaobbligato gli scolari di Canneto aportare grembiulini bianchi?); lecolleghe maestre mi facevanocapire che i loro scolaretti eranoinvidiosi dei miei e, quindi, simostravano irrequieti e partico-larmente indisciplinati in classe.Mi ricordai allora di un libro cheavevo letto in preparazione alconcorso “C’è speranza se questoaccade al Vho” di un certo MarioLodi, maestro a Piadina, nel quale

Maestri indimenticabili Mario Lodi: una vita per la scuola

È morto all’età di 92 anni Mario Lodi, maestro e pedagogista, scrittore e convinto sostenitore della scuola pub-blica. La sua appassionata attività di maestro è iniziata negli anni immediatamente successivi alla secondaguerra mondiale quando, per un verso, c’era la difficoltà di ricostruire l’Italia dalle macerie del conflitto e riav-viarne l’economia ma per altro verso c’era la sfida ancora più difficile a ricostruire un’Italia nuova e diversa ,un’Italia che aveva riconquistato la libertà e la democrazia. La scuola era sentita come il volano attraverso ilquale i valori della Costituzione repubblicana potevano trasformarsi in visione della vita e dare corpo a rela-zioni sociali. Lo stesso Mario Lodi ricordava come nel ’48 si ritrovò come maestro elementare «mandato allosbaraglio in una scuola ancora verticistica e autoritaria, con nel cuore e nella mente i valori della libertà, del-la democrazia e della partecipazione che dovevano essere alla base della nuova società da costruire» (Il Paesesbagliato, 1970)La scuola come luogo di un impegno culturale e civile nel contatto quotidiano con i bambini, ma con un pro-getto di costruzione di una società nuova e più giusta.L’impegno di Lodi si è affiancato alla vita quotidiana nella scuola, all’osservazione partecipe della realtà dei

bambini con il loro modo di percepire la realtà e con il rispetto per la cultura di cui erano essi stessi i primiportatori, la riflessione nell’ambito della didattica e della metodologia, la pubblicazione di libri di narrativa,alcuni dei quali scritti insieme ai suoi alunni, come ‘Bandiera’, ‘Cipì’, ‘C’è speranza se questo accade al Vho’. A ciò si è aggiunto un impegno associativo proseguito fino agli untimi mesi della sua vita attraversol'Associazione culturale Casa delle Arti e del Gioco con l'obiettivo di costruire un centro studi e ricerche suiproblemi dell’età evolutiva, sui processi di sviluppo della conoscenza e della cultura del bambino, con relati-va produzione di documentazione bibliografica, iconografica, audiovisiva, multimediale.

si raccontavano giornate di scuolaassai simili alle mie, che, invece disuscitare malumori e incompren-sioni, generavano “speranza… Fuuna decisione immediata, nontelefonai neppure, ma presi il miomotorino e andai alla scuola delVho per incontrarlo. Quando arri-vai stava lavorando con i suoi sco-lari (fra l’altro un gruppo misto dibambini di classi diverse) allastampa del giornalino della scuo-la: ci salutammo, gli dissi chi ero eche cosa volevo, mi sorrise michiese di stare lì con loro a lavora-re al limografo, che era lo stru-mento di allora per produrre ilgiornale dei bambini. Vi si legge-vano articoli che raccontavano diuna uscita sulle rive del fiume allaricerca di erbe profumate, c’erauna lettera al Sindaco di Piadenaper richiedere una miglioremanutenzione dei giardini pub-blici, nonché la sistemazione digiochi ed arredi per i bambini (ungruppo aveva disegnato una pic-cola fontana, con dentro i pescio-lini rossi e chiedeva che venisseinstallata nel giardino della scuo-la); verso le quattro finimmo lastampa. I bambini entusiasti salu-tarono e, avviandosi verso casa,vociarono:” Domani continuiamo,vero maestro?”Gli raccontai dei miei problemi,mi ascoltò in silenzio, talvoltaannuendo, talaltra sorridendo; mispiegò che era normale succedes-sero queste incomprensioni: igenitori ed i colleghi mi stavanomettendo alla prova, altro cheesame di concorso… questo era ilvero esame! Mi richiamò allaresponsabilità civile dei maestri,dicendo che avevamo la responsa-bilità di insegnare ai bambini ilsenso di appartenere ad unacomunità sociale, ma anche ildiritto ad essere se stessi, cioè:gioco, fantasia e curiosità. Gli dis-si che mi sembravano le stesseparole di un altro mio grandemaestro: Don Milani, la cuiLettera a una professoressa avevopresentato come testo di didatti-ca all’esame di concorso. “Hai unbel coraggio”, mi disse e mi invitòa partecipare agli incontri delMovimento di cooperazione edu-

cativa ed alle attività dellaBiblioteca popolare di Piadina.Per sette anni (tanto durò la miaazione di maestro nelal scuolaelementare) ebbi una costantefrequentazione del Maestro epartecipai con alcuni lavori deimiei scolari alla redazione di alcu-ni dei Libretti della Biblioteca delLavoro, da lui diretta e che pub-blicò negli anni settanta un centi-naio di volumetti, che documen-tavano i percorsi didattici compiu-ti dai bambini con i loro maestrisecondo le linee guida della peda-gogia popolare di Freinet rilettae adattata al contesto italiano delsecondo dopoguerra dal MCE.Furono anni assai ricchi di espe-rienze e di riflessioni in campoprofessionale, poi, come spessoaccade nella vita, le nostra stradesi divisero; ma in me rimase sem-pre lo spirito di quegli incontri e diquei dialoghi, sia da professore diLiceo, sia poi da Direttore didatti eda Ispettore Scolastico… Naturalmente trovavo tracce delsuo magistero in giro per le scuoleitaliane: era andato in pensione,ma continuava il suo lavoro di for-mazione dei maestri con il metododei laboratori (non era uomo diconferenze!) sia di impianto scien-tifico che artistico e ludico e, comesempre, leggevo i suoi interventisulle riviste didattiche, ma soprat-tutto sul Giornale dei bambinidove erano riportate le iniziativedella Casa delle Arti e del Giocorealizzata in una cascina diDrizzona dopo che ebbe abban-donato l’insegnamento attivo. Con lui condivisi, da DirettoreDidattico,la sua battaglia per una“televisione diversa”.Finchè un mattina di giugno del2000 lo rincontrai al Ministero aRoma: entrambi chiamati dall’al-lora Ministro De Mauro, suo gran-de amico e coautore di diversitesti sui rapporti dei bambini conla lingua italiana ed il dialetto, afar parte della CommissioneNazionale per il Riordino dei Cicli.Aveva sempre la medesima sem-plicità di gesto e di parola, cosìcome non era affatto scemata lasua sensibilità per il valore socialee democratico della cultura e del

rispetto dell’infanzia. Tentai diriprendere con lui un dialogo cheper troppi anni era rimasto sepol-to dalle distanze della vita, ma l’e-sperienza di quella commissionedurò troppo poco: ai primi di mar-zo del 2001 il ministro fu costret-to alle dimissioni e con lui svani-rono le residue speranze di unariforma del ciclo primario incisivae significativa al punto tale chepersino l’attuale Ministro della pIsta riprendendo la riflessioneintorno alla riduzione al 18moanno della frequenza all’interociclo scolare nel nostro Paese. Ilmaestro Lodi tornò, come sempresilenzioso ed umile, a lavorare coni suoi bambini e collaboratori nel-la cascina di Drizzona. Ebbi rareoccasione di andarlo a trovare,causa il mio girovagare per lescuole italiane nel tentativo di dif-fondere, con gli altri, anche i suoiprincipi pedagogici; ma, a testi-monianza della grandezza del suomessaggio, fui colpito dal ritrova-mento di cartoline con riprodu-zioni di artisti del novecento rivisi-tati dai bambini della sua Casadelle Arti in una scuola elementa-re di Modica di Ragusa. Ne chiesiragione alle maestre ed alDirettore Didattico (pardon,Dirigente Scolastico!): mi disseroche erano la testimonianza di unaamicizia nata negli anni ’80 dopoche il Maestro tenne un laborato-rio sull’Arte dei Bambini per gliinsegnanti dei tre Circoli Didatticidi Modica; nonostante la lonta-nanza ed il tempo trascorso, i suoibambini di Drizzona continuava-no a scrivere ai loro amici diModica su cartoline che riprodu-cevano i loro lavori di interpreta-zione ed analisi dei prodotti figu-rativi dei grandi artisti del secoloscorso, sotto la guida del MaestroLodi e dei suoi collaboratori. Per questo, per me, Mario Lodinon morirà mai: mi ha lasciatouna ricchezza umana e professio-nale profondissima, capace di ali-mentare per sempre i miei sogni ele mie speranze intorno ai valoridell’educazione e dell’infanzia.

* Dirigente Tecnico MIUR

TESTIMONIANZE4 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

TESTIMONIANZEL’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 5

di Marisa Caccia e Liliana Zappi*

È passato oltre un anno dallascomparsa di Marcello Cini ( otto-bre 2012), scomparsa che hadestato grande rimpianto nelmondo della cultura, in particola-re in quello scientifico. Ha anchecolpito profondamente noi dellaFnism torinese, associazione di cuiera socio onorario. E’ sempre vivoin tutti noi il rimpianto di nonaverlo più come collaboratorepronto e disponibile a parteciparealle nostre iniziative per la scuolae a dare un contributo significati-vo in appoggio alle posizioni lai-che e democratiche della nostraFederazione. Per noi due, socie della Fnism einsegnanti di scienze in un liceotorinese,la figura di Marcello èstata, oltre che di grande aiuto,un valido punto di riferimentoculturale nell’interpretazione cri-tica del mondo contemporaneo.L’impegno di ricordare MarcelloCini non è un compito facile datala complessità del suo percorsocome professore, come uomo discienza e fisico militante, comeintellettuale raffinato in continuaricerca e come cittadino impegna-to anche politicamente.Cercheremo, comunque, di met-tere in evidenza, in queste pocherighe, gli aspetti più significatividella sua eccezionale personalità,soffermandoci in particolare suquelli relativi al rapporto scienza- ambiente - società, non trala-sciando, però, l’importanza cheha avuto nella sua vita l’esperien-za di partigiano e di comunistanon ortodosso (già nel 1956 criti-ca l’invasione sovietica in Unghe-ria e nel 1970, radiato dal PCI,contribuisce a fondare Il Mani-festo) ed il suo impegno nelladifesa dei diritti umani (nel 1967membro del tribunale Russel visi-ta il Vietnam durante la guerra ene testimonia le atrocità belliche). La sua carriera universitaria inizianel 1956, a soli 33 anni, con lacattedra di Fisica all’Università diCatania; nel 1957 Edoardo Amaldilo chiama all’Università La Sa-pienza di Roma alla cattedra diFisica teorica e in un secondo tem-po, a riconoscimento della validi-

tà delle sue ricerche di meccanicaquantistica, alla cattedra di Teoriequantistiche. Marcello ama scrivere, far cono-scere il suo pensiero e le sue posi-zioni critiche sulle nuove questio-ni che vengono alla ribalta nellasocietà moderna e nel mondo del-la ricerca. Dagli anni ’70 accompagna il cam-po dei suoi interessi di docente ericercatore con studi sulla storia efilosofia della scienza e sulla loroinfluenza nell’organizzazione del-la società, studi che lo portano aprendere posizioni innovative escomode. Nel 1976, insieme ad altri autori,pubblica “L’ape e l’architetto”,testo in cui si parla, per la primavolta in Italia, della non neutralitàdella scienza e della particolareresponsabilità degli scienziati siacome ricercatori sia come cittadi-ni:argomenti sempre di grandeattualità che suscitano vivacidibattiti nel mondo contempora-neo.Tra i molti testi da lui pubblicatine vogliamo citare due partico-larmente formativi, specialmenteper gli insegnanti: “Dialoghi di uncattivo maestro” (2001) (PremioNonino 2004) e “Il supermarket diPrometeo”(2006). Da questi scrittigli insegnanti possono trarre vali-di argomenti e concetti innovati-vi, che se utilizzati a scuola con gliallievi, permettono di attualizzareil loro insegnamento:- sì all’ approccio sistemico: èindispensabile un approccio siste-mico alle discipline scientificheper costruire una nuova culturadella complessità consapevole deilimiti della conoscenza e dellaresponsabilità degli scienziati edei cittadini nei confronti dellasocietà;- no alla mercificazione della co-noscenza: è indispensabile unascienza non subordinata alle prio-rità del mercato che muta in mer-ce la conoscenza. Ridurla a mercedeve essere non solo proibito, maanche moralmente condannato:“la vita non si brevetta” potrebbediventare un comandamento,l’undicesimo? …Negli ultimi anni Cini si sofferma

soprattutto sui problemi dell’at-tuale capitalismo e della conse-guente mercificazione della cono-scenza e sottolinea l’esigenza dicollegare lo sviluppo delle tecno-scienze nei paesi industrializzatiad una autentica democrazia“ecologica” che consideri comebene primario la difesa dell’am-biente e che coinvolga nelle deci-sioni controverse tutti i cittadini. Marcello, nell’arco della sua vita,è stato anche tra gli ispiratori del-l’ambientalismo scientifico e hacollaborato con la Lega Ambiente(di cui è stato Presidente delConsiglio scientifico) in particola-re nella lotta contro le centralinucleari e in difesa della biodiver-sità.È del 2007 la sua forte presa diposizione in difesa della laicitàdello Stato : ne testimonia la let-tera da lui scritta al Rettoredell’Università di Roma LaSapienza per chiedere l’annulla-mento dell’invito a Benedetto XVIa pronunciare la lectio magistra-lis in occasione dell’inaugurazio-ne del 705esimo anno accademi-co. La lettera suscita un grandeclamore in tutto il Paese tanto daottenere il declino dell’invito daparte del Papa.Con queste poche righe speriamodi aver contribuito a mantenerevivo il ricordo di Marcello Cini, unintellettuale innovatore nonchèuomo di scienza, laico e democra-tico.Grazie ad un “cattivo maestro”per i suoi “insegnamenti eretici”.

* Sezione FNISM Torino

Maestri indimenticabili

Marcello Cini, uno scienziato “scomodo”

UNA QUESTIONE PER VOLTA6 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

di Domenico Milito*

Inquadrare le tecnologie per l’in-formazione e la comunicazioneda un’ottica riguardante le pro-blematiche educative continua asuscitare un particolare interesseper la loro insita caratteristica diveicolare il sapere, rendendolofruibile attraverso linguaggi,come quello informatico, telema-tico e multimediale, che connota-no le forme e le modalità dicomunicazione e di espressionetipiche del nostro tempo.La riflessione sulle tecnologie infunzione formativa riveste, poi,una particolare importanza sel’asse di interesse si sposta versogli effetti che il loro uso suscita alivello metacognitivo.Ancor di più: si dibatte sulle tec-nologie per il loro potenzialecompensativo e integrativo fruibi-le da quanti, durante il processodi sviluppo e di formazione, pre-sentano bisogni educativi speciali.Sul versante della Pedagogia eDidattica speciale ricorrente edessenziale è chiedersi come equanto le tecnologie possanovalere ai fini del successo formati-vo, avendo come punto di riferi-mento la persona immersa nelprocesso di apprendimento echiamando in causa l’indispensa-bile sinergia delle dimensionisocio-relazionale, emotivo-moti-vazionale e cognitivo-intellettiva.Vige un certo ottimismo derivan-te dal fatto che i nativi digitalisono spinti a manipolare e a uti-lizzare le tecnologie che ormaicostituiscono parte integrante delloro mondo.Per questo motivo, anche a frontedi bisogni educativi speciali, si èdiffusamente portati a sostenereche non mancano la curiosità e la

motivazione necessarie per proce-dere alla graduale padronanza dilinguaggi verso i quali si è “nati-vamente portati”.I linguaggi veicolati dalle tecnolo-gie più sofisticate, in virtù deglieffetti speciali che sono in gradodi produrre, hanno maggiore pre-sa al confronto con quelli di stam-

po tradizionale e, per tale motivo,sono da considerare aprioristica-mente arricchenti rispetto all’ar-mamentario a cui solitamente siricorre a scuola per accedere alleconoscenze e per effettuarne larielaborazione.Questa semplice constatazionepermette di ipotizzare l’uso, sem-

pre più scontato, delle tecnologieda parte dei soggetti con BES nonsolo in funzione compensativa edispensativa, bensì reputandolecome un complesso di opportuni-tà per manifestare se stessi e inte-grarsi in un contesto laddove ilvirtuale si traduce in reale.Fino a tempi alquanto recenti,invece, il ricorso alle tecnologiecon scopo didattico veniva consi-derato come l’eccezione allaregola.Addirittura l’adozione di strate-gie compensative per supportaregli alunni con Disturbi Specifici diApprendimento attraverso le tec-nologie finiva col determinareuna situazione, di fatto, discrimi-nante: utilizzare un tablet come“protesi” per rendersi operativipoteva anche significare presen-tarsi agli occhi degli altri comediversi e vivere, di conseguenza,una situazione di incresciosoimbarazzo se non di vero e pro-prio disagio.Oggi, avvertire fino in fondo lanecessità di espandere le compe-tenze informatiche e telematichealla moltitudine degli allievi signi-fica ribaltare, una volta per tutte,tale ottica discriminatoria, nel sen-so che bisogna soccorrere invecechi, per un motivo o per l’altro, siattarda a rimanere restìo nell’uti-lizzazione delle tecnologie.Tale assunto acquisisce pregnanzadi significato sol se si pensa chetra le competenze chiave prefigu-rate in seno alle politiche formati-ve dell’Unione Europea è annove-rata quella riguardante propriol’alfabetizzazione informatica etelematica.Ma vi è di più: ancor prima del-l’avvio e della definizione del pro-cesso di riforma del sistema educa-tivo nazionale d’istruzione e for-

Tecnologie e inclusione

Si è svolto a Napoli il 9 novembre il Convegno nazionale Fnism “La didattica multimediale. Nuove metodolo-gie per una scuola moderna”. Organizzato dalla sezione di Napoli della Fnism nell’Antisala dei Baroni alMaschio Angioino, il Convegno si è articolato in due sessioni ed è stato accompagnato da una Mostra collet-tiva di Arti Visive di giovani artisti campani organizzata dalla prof. Margherita Calò nei locali stessi in cui si èsvolto il convegno. Riportiamo l’intervento del prof. Domenico Milito relativo all’utilizzo delle tecnologie perl’inclusione degli alunni con bisogni educativi speciali.

Tecnologie e inclusione degli alunni con BES

mazione, con i famosi Orien-tamenti del 1991 si ipotizzava pertutti i piccoli allievi della scuoladell’infanzia un curricolo basatosui sistemi simbolico-culturaliall’interno dei quali è ovvio pensa-re che tanta parte dovessero occu-pare quelli di natura informatica,telematica e multimediale.Se si sono venuti a determinareritardi, punto nevralgico diventaquello del modello organizzativodella scuola, condizionato, tral’altro, dai livelli qualitativi dellaprofessionalità docente.La chiave di volta dovrebbe essererappresentata dalla ricerca e dallasperimentazione che ormai costi-tuiscono i fattori determinanti evitali della scuola dell’autonomia.Tali profili non possono risultarescollati rispetto alle iniziative diampio respiro finalizzate allariqualificazione in servizio del cor-po docente.È bene ricordare che l’Ammini-strazione scolastica ha mobilitatorisorse finanziarie ragguardevoli,promuovendo iniziative rivolte alpersonale in servizio, riflettentipercorsi di formazione di caratte-re universitario come i famosiMaster e Corsi di perfezionamen-to sui Disturbi Specifici diApprendimento (DSA) e su alcune

macro-disabilità, alcuni dei qualiancora in via di espletamento.Anche i curricoli per l’acquisizionedella specializzazione sul soste-gno, nonché quelli relativi ai per-corsi per l’accesso tanto all’abilita-zione all’insegnamento su catte-dra comune quanto sul sostegnoprefigurano un determinatonumero di crediti formativi daacquisire mediante la frequenzadegli insegnamenti e/o dei labo-ratori riguardanti le tecnologieper l’integrazione.Ma a prescindere da tali opportu-nità formative, cosiddette inizialie in servizio, vi è da riflettere suquanto è veramente possibile rea-lizzare con la “ricerca empirica”,rendendo protagonisti i docentiimpegnati a “risolvere i casi”riguardanti gli allievi reali di cui sifanno carico e ai quali bisognagarantire il successo formativosoprattutto a fronte di bisognieducativi speciali.Se gli allievi di oggi sono natividigitali è d’obbligo che chi siprende cura di loro debba condi-videre gli stessi canali e linguaggicomunicativi ed espressivi, pena ilpersistere di procedure trasmissi-ve e mnemoniche, certamentenon accattivanti per quanti ormaisono abituati a rendersi protago-

nisti nella ricerca di ciò che si vuo-le “vedere e sapere” e nel mani-festare le proprie idee all’insegnadella simultaneità e senza barrie-re di sorta.Siamo sinceramente convinti che,in linea di principio, valorizzandotali presupposti il successo forma-tivo può arridere a chiunque: nonci sono alunni più bravi e altrimeno bravi: tutti sono da conside-rare capaci di partecipare e di ren-dersi attivi durante momenti davivere intensamente nell’ambitodi contesti dove vigono i principidell’empatia, della cooperazionee della condivisione.Le definizioni di comunità di pra-tica e di comunità educante asse-gnate rispettivamente al gruppoclasse e all’istituzione scolasticahanno un senso se le conoscenzee i saperi sono veicolati mediantestrumenti e apparecchiature allaportata di ognuno.Il senso della concretezza, della pra-ticità e della fruibilità rende prati-cabile ogni ipotesi strategica con-nessa con l’uso delle tecnologie.Risultano sviati, così, anche i rischidella frammentazione, della ripe-titività, dell’esecutività e, peggio,dell’addestramento.Al contrario, la persona che èchiamata ad utilizzare i prodottidella mente umana, compresi ilinguaggi di cui si avvalgono lepiù sofisticate tecnologie, nonsoggiace ad alcuna forma di stru-mentalizzazione, bensì è portataad emanciparsi gradualmente dalrischio di diventare sottoposta infuturo a forme di accettazioneacritica di ciò che viene impostodall’esterno qualora sia priva deinecessari strumenti di difesa, resiinvece possibili dalla padronanzadi ciò che caratterizza il nostropresente.Dunque, il processo di formazionesupportato dalle tecnologie vainquadrato nelle sue sfaccettaureriguardanti non solo l’integrazio-ne e l’inclusione degli alunni conbisogni educativi speciali, ma tut-ti gli aspetti emancipativi dellapersona soprattutto sui versantidella creatività, della criticità e delsenso di responsabilità.

* Presidente sezione FNISM Cosenza

UNA QUESTIONE PER VOLTAL’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 7

ANNIVERSARI8 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

di Alessandro Casavola

Prima che passi altro tempo, vor-rei ricordare Giuseppe Verdi suquesto giornale che ha raccoltonegli anni tante mie riflessioni.Verdi moriva longevo in Milano il1901 perché era nato a Roncole diBusseto, in provincia di Parma, nel1813: ecco la ragione del ricordooggi. Ma io non ho competenzemusicali, è bene dirlo subito... vor-rei solo parlare della religiositàsua, dischiusasi tardi, mentreGiuseppina Strepponi, che il mae-stro aveva sposato nel 1859, dopoun decennio di convivenza inizia-tasi all’indomani della morte dellaprima moglie, era invece cattoli-ca, diciamo un po’ a modo suo.Verdi, invece, particolare spessotaciuto, era ateo dichiarato. Maleggo di più in un cenno biografi-co: era talmente anticlericale daaccompagnare la sua compagnafin sulla soglia della chiesa pertornare poi a riprenderla alla finedella funzione. Qualcosa di similefaceva Giovanni Pascoli, che poinegli anni scriverà ”Il piccoloVangelo“ e non vorrà togliersi lacroce attorno al collo in attesa diun medico al suo capezzale...Ma dobbiamo dire che Verdi, adun certo momento, per ragioniprobabilmente diverse, volle inincognito sposarsi.... Si sposerà inuna chiesetta sperduta nelTrentino... La nuova condizione lo aiuterà adaccostarsi a sacre or-chestrazioni,nelle quali pensava si potessespendere qualcosa di diverso che

in passato. All’inizio come studen-te aveva composto qualche branoorganistico sotto la guida dell’or-ganista della chiesa parrocchialedi Busseto. Cose di poco valore. Ilmio pensiero potrebbe andare adun Pater Noster per coro, adun’Ave Maria per soprano edarchi...ad altre composizioni cheadesso non mi è facile ricordare.Ma ce n’è una che non si puòdimenticare, che viene ricordataanche nei manuali di storia dellaletteratura: la messa di Requiemeseguita nel 1874, anno successi-vo alla morte di AlessandroManzoni, che Verdi negli ultimitempi aveva cominciato ad ammi-rare, arrivando al punto di vene-rarlo... Nella stesura di questamessa , io penso, ricevette idee dasua moglie, da Giuseppina, cheera una cantante, anche se non dieccelse prestazioni.. La messa diRequiem dà molto spazio allevoci, voci di tenori, di sopranoalternate o all’unisono. La musicasacra di Verdi come già quella diRossini è in fondo musica di sce-na...Ecco che Giuseppina comincia afarci conoscere i suoi profili chesono diversi... I biografi li lascianoin ombra. Ricordano più che altroche fu una cantante non ineccepi-bile e tacciono che a Parigi realiz-zò una scuola di canto prestigio-sa... Sapeva dunque intuire qualifossero i talenti! I biografi bac-chettoni sottolineano poi i suoicomportamenti giovanili: inna-moramenti diversi, due figli avutinon in stato matrimoniale... Manon dicono che Giuseppina pocopiù che ventenne dovette caricar-si del peso della famiglia, appun-to calcando le scene dell’opera. Sefu, incontrando Verdi, dapprimaun’amante discreta... diventeràpoi una moglie impareggiabile,una interlocutrice colta, una se-gretaria diligentissima. Ma Verdi faticò perché lo lascias-sero in pace con la sua donna.Spinto da un temperamento cheesplodeva, contrattaccò le riservedell’ex suocero e le maldicenzeche circolavano se non a Milano,certo a Busseto. Sicchè capiamoperché nella Traviata, rappresen-tata nel 1853, si calò nel perso-

naggio, quello di una ragazza fra-gile e passionale, Violetta Valery(presente in un romanzo diDumas...) che non vive una vitacorretta se non quando incontraun giovane della cosiddetta buo-na borghesia. Ma Violetta nonpuò realizzare il suo sogno diredenzione perché allontanatacon sdegno dalla famiglia bor-ghese di lui. Violetta non puòdiventare una rispettabile signo-ra, è una di quelle... Ma Verdi lacirconda di pathos, scrive le musi-che più commoventi per commen-tare il declino della sua salute,aggredita dalla tisi... E tentandodi coinvolgere il pubblico contro ilpregiudizio, rappresentato nellavicenda, dà ordine ai cantanti diosservare al momento dell’andatain scena quali abiti indossino glispettatori e le spettatrici... perchévuole che ci sia un respingimentodel pregiudizio fuori e dentro lascena. La censura non glielo per-metterà... Verdi nella vicenda di Violettaaveva ripensato alla umiliazionedi Giuseppina e sua... Sentiamoquanto scrisse all’ex suocero. ”Incasa mia vive una signora libera,indipendente, amante come medella vita solitaria, con una fortu-na che la mette al coperto daogni bisogno. Né io né lei dobbia-mo dare a chicchessia conto dellenostre azioni. Chi sa se ella è onon è mia moglie? Chi sa se ciò èbene o è male? Perché nonpotrebbe essere un bene? e fosseanche un male, chi ha il diritto discagliare l’anatema? Bensì io dirò

2013, bicentenario della nascitadi Giuseppe Verdi

che a lei in casa mia si deve pari,anzi maggior rispetto, che non sideve a me... e che a nessuno èpermesso mancarvi... Che infineella ne ha tutto il diritto e pel suocontegno e pel suo spirito e peiriguardi speciali a cui non mancaverso gli altri...”Sicchè intonata a questa stima è ilcontenuto del testamento di lei(morta nel 1897) dove elegge ilmarito erede universale, ma c’èuna frase che non ha stile notari-le, è sua: Giuseppina riconoscentegli dice:” Ed ora addio, mio Verdi,come fummo uniti in vita, ricon-giunga Dio i nostri spiriti in cie-lo...”.Verdi ebbe tante buone qualità,passionalità a parte insita nel suotemperamento cui ho fatto cen-no. Trascrivo da un manale diStoria della musica (Luigi Cocchi,edizione Paravia,1976 ) “ Verdi fuun uomo integerrimo, infinita-mente buono, patriota fervente,costante assertore di italianità.”Non per nulla il conte di Cavourasseriva che con dieci ambascia-tori di italianità come GiuseppeVerdi, l’Italia si sarebbe fatta in

pochi giorni... Rude talvolta, masincero, portato ad una musicanon accademica, che si faceva senecessario diversa da quella delpassato, scrutatore degli stati d’a-nimo che assegnava ai suoi perso-naggi. Per avere un’idea dellanotorietà che raggiunse in Europae fuori Europa, potremmo ricor-dare la rappresentazione de “Laforza del destino” che lo Zar vollefosse lui a dirigere a SanPietroburgo nel 1862 e l’Aidacommissionata dal Kedivè in per-sona nel 1871 e rappresentata alCairo per la inaugurazione deltaglio dell’istmo di Suez.A questo proposito è noto che glistessi critici locali andarono in visi-bilio per i canti dei sacerdoti, inscena, perché sembrò che fosserostati tratti per l’occasione damisteriosi documenti, mentre ledanze delle odalische sembraronoeseguite da personale artisticoegiziano mentre erano le danza-trici normalmente presenti nelsuo cast teatrale! Mi sia permessa una parentesi aquesto proposito: chi sa che con iproventi della sua attività di musi-

cista (per certe opere Verdi furemuneratissimo) si era messo afare l’imprenditore agricolo, dan-do lavoro a centinaia di contadi-ni? Pensiamo alla immensa tenutadi Sant’Agata...Forse giocò in lui il ricordo dellavita di stenti condotta con i suoifamiliari in un cascinale aRoncole, il suo villaggio natale...Invecchiando Verdi cominciò peròa pensare ad altre realtà che nonfossero quelle professionali, cosic-ché la sua religiosità che era statain qualche modo influenzata daicomportamenti di Giuseppina,che era religiosa anche se senzarigore formale, come si è detto,cominciò a venir fuori... Lasceràscritto nel testamento di voleresotto il cuscino del feretro, lospartito della sua composizionesacra più riuscita cioè quella dellamessa di Requiem e la sua bac-chetta orchestrale... Il che ci sem-bra naturale per essere stato perlungo tempo un compositore digrandi capacità... ma quello checi sorprende e ci commuove è cheaggiunse ”oltre a queste coseanche un rosario“.

di Antonino Palumbo*

Le conoscenze tecniche sono certamente strumentodi base ma da sole non sono sufficienti. L’insegnantenon è solo somma di conoscenze, ma è soprattuttotrasmettitore di competenze e di valori e particolar-mente di passione operativa.Essere maestro/professore non abilita a raccontaredei saperi, ma impone di prendere in mano i ragazziche gli sono stati affidati per aiutarli a crescere, rico-noscere e far loro prendere consapevolezza deitalenti e delle potenzialità che possiedono. Nel qua-dro dei valori civili della solidarietà e della coopera-zione per la maturazione intellettiva degli alunni, ilmaestro/professore diventa figura centrale, quandoegli sia motivato ed appassionato ed inoltre quandosappia educare i propri alunni a stare insieme, a lavo-rare in gruppo per ricevere singoli un comune van-taggio. Ciò comporta un dialogo continuo, evitandodi far valere sempre la propria opinione. Bisogna spe-rare che ciò avvenga? Ci sono certamente dei segna-li nuovi: la scuola e l’istruzione in genere tornano adessere al centro del dibattito politico, specie da partedi politici giovani e innovatori e un moderato ottimi-smo ha ragione di essere. Solo se la politica sapràmodificare lo stato di acquiescenza e di sonnolenza

degli ultimi venti anni nei riguardi dell’istruzione, sesaprà rivalutare non solo economicamente il ruolodell’insegnante, se sarà in grado di richiamare lafamiglia alle sue responsabilità. Svolgono infatti unruolo importante i genitori che però, a differenza diquanto avveniva nel passato, oggi sono sempre pron-ti a perorare la difesa dei propri figli. Gli si chiedeinvece senso di responsabilità nell’ interesse stesso diquesti :un diploma, un attestato, che in un recentepassato sembrava qualificare ed elevare il ruolo del-la famiglia nella società, oggi è anacronistico e futi-le.Il sapere effettivo, benefico alla società del nostrotempo, insieme alla tenacia profusa e collaudata dal-l’esperienza del lavoro, sono indispensabili per nonrestare fuori dal mondo del lavoro e delle professio-ni. Un’abilitazione conseguita a scuola con troppefacilitazioni, non giova alla società nelle sue varieramificazioni; ne prendano atto i genitori per nonprovocare ai loro figli mortificazioni e bocciature nel-la ricerca di un lavoro oltre ad un deprecabile stato disconforto e di depressione.

*Presidente Onorario Fnism

LA SCUOLA S'È DESTAiI

ANNIVERSARIL’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 9

di Claudio De Luca*

La lettura degli articoli 2 e 3 dellaCostituzione impone una radicaleriflessione sui concetti di parteci-pazione e di democrazia che nonsi fondi su criteri omologanti, cherifugga da modelli unitari, totaliz-zanti, dogmatici, autarchici e siapra alle differenze, all’armoniz-zazione fra culture altre, ad unrapporto persona/mondo dove lapersona ha una propria dignitàontologica in quanto tale, oltreogni possibile ideologismo civile oreligioso, vocazione sessuale, gustipersonali.

Optando per questa visione nonregolamentare ma culturale delconcetto di parità che vivifica lalettura costituzionale, conferen-dole maggiore autorevolezza eautenticità, l’art. 3, a mio avviso,consegna al cittadino e non allaRepubblica il compito di rimuove-re gli ostacoli alla libertà, all’u-guaglianza, al pieno sviluppo del-la persona umana e alla parteci-pazione di tutti, nessuno escluso,alla vita del Paese. In tal modo, iltesto di questo articolo disvelauno spazio pedagogico intersog-gettivo che si concretizza nelleforme della mediazione culturale

e linguistica e che impegna ad unatteggiamento culturale fondatosu una cittadinanza non solo atti-va ma anche e soprattutto apertae solidale. Questo approccio teorico e teore-tico consente di qualificare l’art. 3della Costituzione come luogo diincontro fra sapere giuridico esapere pedagogico, dove le tappedel progresso sociale tracciate neltesto del medesimo articolo, conla conseguente creazione di nuovispazi comunitari di cittadinanza,si rivelano anche e soprattuttocome tappa irrinunciabile nel dif-ficile cammino verso il diventare

Aspetti giuridici e rilievi pedagogicidella parità

iI

di Federica Montanelli

“La casa di Roberta”, a Rende, èstata la sede del dibattito svoltosilo scorso 19 dicembre nel conve-gno “Educazione all’uguaglianzadelle opportunità e prevenzionedella violenza sulle donne”.L’iniziativa ha chiuso il cerchio diincontri organizzati dalla Fnism inoccasione del ventesimo anniver-sario della sezione di Cosenza, colpatrocinio della Provincia diCosenza, del Comune di Cosenza,della Fondazione Roberta Lan-zino e della Toponomastica Fem-minile.”L’educazione scolastica- hadichiarato Domenico Milito,Presidente Fnism di Cosenza – puòessere la chiave di volta per spaz-zare via la tendenza alla violenzasulle donne,quel caleidoscopioche riveste forme inusitate”.Quelle donne e quegli uominidiversi in genere, ma uguali neidiritti, si “contendono” ancora lestesse possibilità. “Oggi più chemai- ha proseguito Milito- si devediscutere di pari opportunità risa-lendo a ciò che si può fare in ter-mini educativi.” Sugli aspetti giu-ridici e sui rilievi pedagogici dellaparità si è, invece, soffermato

Claudio De Luca, Segretariodell’Ordine degli Avvocati diCosenza: “Vorrei parlare di reci-procità- ha sottolineato- di armo-nizzazione tra culture altre e didignità della persona oltre ognipossibile ideologismo. Come spec-chio di una società più giusta, lasuola deve riflettere su cosa fare,come farlo e perché farlo o nonfarlo”. Consapevole di un doloreche non avrà mai fine, MatildeSpadafora Lanzino, madre dellagiovane Roberta stuprata e uccisanel luglio 1988, ha ricordato i pro-getti della Fondazione sposando,a pieni voti, il concorso di Topo-nomastica Femminile, quest’ulti-mo nato da una curiosità sulleintitolazioni delle strade: “La sto-ria - ha affermato - ha un debitodi riconoscimento nei confrontidelle donne che chiedono diritti,non favori. La formazione dovrà,dunque, uscire dall'impasse dellaviolenza”. Presenti al convegnoanche Sonia Migliuri (FnismCosenza), Valdivia Fusco (ZontaClub di Cosenza), Rita Ambrosino(Gruppo nazionale Toponomasti-ca femminile), Manfredo Piazza,Assessore al Welfare del Comunedi Cosenza e Gigliola Corduas,Presidente Nazionale Fnism.

“Cambiare le cose è il senso dellanostra volontà di migliorare lavita sociale- ha sottolineato que-st’ultima- e non dimentichiamoche la scuola è il luogo in cui sidiventa donne e uomini e ilnostro impegno di in segnanti è diessere accanto ai giovani per aiu-tarli a sviluppare tutte le loropotenzialità e magari essere adul-ti migliori di noi”. Si parte, dun-que, dalla storia di una studentes-sa, Roberta Lanzino, divenutaun’eroina, il cui destino assomi-glia a quello di tante altre donne“felici, coi riccioli al vento” primadi piegarsi per colpa di un assassi-no. Che cosa possiamo fare?Ripartire dalla scuola.

IN PRIMO PIANO10 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

Convegno Nazionale FnismEducazione, antidoto alla violenza

se stessi, armonizzando intenzio-nalità educativa ed evento, con-creta occasione emancipativa perla persona umana che in tal modoe solo in tal modo realizza la pro-pria libertà come indefettibilecondizione umanizzante. In tal modo se è vero che la peda-gogia ha il compito, oggi più chemai, di riflettere sulla formazionee l’orientamento dei giovani peruna società migliore, di educarliper un futuro più vivibile, di pro-muovere una nuova educazioneaperta alle relazioni, all’incontro,alla reciprocità, al dialogo, alladifferenza valorizzata, ad un nuo-vo civismo e, infine, allo sviluppodell’antropoietica, presuppostoessenziale per la rigenerazionedella solidarietà, della responsabi-lità etica e politica del XXI secolo,l’incontro tra essa, la pedagogia,e il diritto, da sempre mancato mafortemente auspicato, potrebbegarantire nella scuola la solidacostruzione di un’epistemologiadell’educazione alla convivenzacivile che qualifichi una dimensio-ne di cittadinanza attiva, di edu-cazione alla legalità, di educazio-ne all’intersoggettività, di educa-zione alle pari opportunità checonsenta alla stessa scuola di esse-re finalmente e realmente spec-chio di una società più giustaRicomporre scientificamente ilrapporto mancato e il nessoinscindibile fra pedagogia e dirit-to, consente di pensare allacostruzione di un’epistemologiadella pedagogia dei diritti, cherisponda non solo al “che cosa

fare” e “come farlo” ma non fac-cia mancare risposte neanche al“perché farlo o non farlo”. È un paradigma giuridico-peda-gogico che fonda le proprie radiciculturali nel principio di solidarie-tà enunciato nell’art.2, per tuttigli uomini e non solo per i cittadi-ni, in un anelito di universalismocivico diffuso, si sofferma, nel-l’art.3, a perorare fortemente unordine sociale e politico che siaconforme all’alta dignità dellapersona ed alla fraterna solidarie-tà umana, continuando, nel-l’art.4, a rivendicare per ciascunoun posto e una funzione nell’ordi-nata comunità nazionale, permutuare le parole di La Pira, sen-za dimenticare il recente inter-vento di modifica costituzionaledell’art.120, comma 2, per la tute-la dei livelli essenziali delle pre-stazioni concernenti i diritti civili esociali, da intendersi come la ciframinima di dignità civile e socialeche fa del cittadino una personaumana. È una pedagogia dei diritti che, amio avviso, auspica la coltivazionedi uno sviluppo e di un progressosociale non come illimitata espan-sione dei diritti individuali, macome difesa del bene comune edella coesione civile. È una dimensione rigorosamenteetica e giuridica insieme dellapedagogia, che si fonda sul rico-noscimento del valore della per-sona, chiunque essa sia. Per queste ragioni i diritti implica-no responsabilità verso l’altro e,soprattutto, riconoscimento del

significato centrale della personanell’orizzonte culturale del XXIsecolo. Da qui l’esigenza di una nuovacultura del soggetto che porti allacapacità dei singoli individui diessere protagonisti attivi dellavita associata. Non può prefigu-rarsi altra via per la costruzione diuna più autentica democraziaintesa ad interpretare le istanze diintegrale realizzazione del pro-getto persona e ad operare peruna sua più piena capacità di par-tecipazione alla vita produttiva,sociale, politica e culturale.Le ragioni prospettate rendonoindifferibile una pedagogia deidiritti che si avvalga di una forma-zione alla cultura della partecipa-zione democratica come luogo diincontro, di costruzione e di recu-pero di significati intersoggettiva-mente condivisi e che si offracome occasione per maturare unacoscienza civica informata di con-tenuti giuridici e pedagogicamen-te orientata alla realizzazione delbene di una comunità sempre piùampia destinata a coincidere conquella planetaria; una coscienzacivica che rifugga da un immagi-nario parziale e stereotipato cheesaurisca nelle mere rivendicazio-ni di genere il complesso e diffici-le percorso verso un autentico,integrale e sostenibile sviluppodella persona umana.

*Professore Straordinario diPedagogia Generale e Sociale

Università della Basilicata

IN PRIMO PIANOL’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 11

12 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuovaPER NON DIMENTICARE

di Anna Maria Casavola*

Pochi sanno o ricordano che lavera spallata alla tenuta del fasci-smo in Italia fu data dal bombar-damento alleato a Roma, in par-ticolare, del popolare quartiere diS. Lorenzo, proprio il quartierepiù antifascista della città Quellamattina, era un lunedì, squadri-glie di bombardieri americanisorvolarono Roma, che fino adallora era rimasta indenne daibombardamenti. tanto da alimen-tare l’illusione che, non sarebbestata mai toccata , per il suo carat-tere di città sacra.Invece alle ore 11,03 cominciò l’a-pocalisse e fu la maggiore incur-sione fatta fino a quel momentosull’Italia, in poco più di due orecaddero 682 tonnellate di bombe.Le conseguenze furono terrifi-canti”: la cifra esatta dei mortinon si saprà mai perchè di moltepersone non si ebbe più notizia ei parenti non ne denunciarono lascomparsa nella speranza che sifossero allontanate dalla città pri-ma del bombardamento.Naturalmente il regime, nei co-municati ufficiali dei giorni se-guenti, giocò al ribasso sulle perdi-te, ma – secondo Cesare DeSimone, che si è rifatto ai rapportidell’epoca dei carabinieri e deivigili del fuoco, (”Venti angelisopra Roma”Mursia, 1993) - ilnumero dei deceduti va compresotra i duemila e ottocento e i tremi-la e seimila i feriti, migliaia le casein macerie o lesionate, quaranta-mila i cittadini senza tetto. Si diceche al cimitero del Verano dura-mente colpito si scoperchiasseroperfino i sepolcri,:quindi mentre ivivi venivano sepolti dalle macerie, i morti con i loro scheletri usciva-no fuori dalle tombe. Situazioneche ispirò a Giuseppe Ungarettiquella straordinaria poesia:“Cessate di uccidere i morti, non

gridate più, non gridateSe li volete ancora udirese sperate di non perire”

Oggi una targa di metallo appenasopra elevata da terra nel parcointitolato a “I Caduti del 19 luglio1943”, lunga decine di metri, recai nomi delle vittime identificate(millequattrocentottantadue).

I romani rimasero atterriti. edivenne lampante a tutti la scarsi-tà delle misure esistenti a difesadella popolazione, l’insufficienzadella contraerea italiana e in mol-ti casi anche l’inesistenza di validirifugi.

L’impreparazione militaredell’Italia

Infatti un capitolo emblematicodell’impreparazione e improvvisa-zione militare con cui l’Italia inco-scientemente era stata gettatanella fornace della guerra, eraapparsa subito la inadeguatezzadella sua difesa contraerea. Nelgiugno 1940 le batterie contrae-ree erano 227 tutte fornite di pez-zi obsoleti risalenti alla primaguerra mondiale, nel luglio 1943erano diventate 202. con scarsissi-mi dispositivi moderni di punta-mento come cellule fotoelettriche

e riflettori capaci di illuminareaerei in alta quota. Ironicamentenegli ambienti militari la contrae-rea italiana era chiamata”la silen-ziosa” per alludere alla sua inesi-stenza o inefficienza.Inoltre il mito dell’intangibilità diRoma aveva fatto sì che non fosseapplicata alla città la sia pur tardi-va circolare Buffarini Guidi del 2aprile1943 , nella quale, dopo dueanni di incessanti bombardamentisull’Italia, il governo finalmentespiegava come dovevano esserecostruiti e mantenuti i rifugi e nesollecitava la costruzione, ricalcan-do tra l’altro una memoria -ormainon più adeguata -del 1927 sulladifesa contraerea del territorio Ilprincipe Giacomo Borghese,governatore della città, aveva rite-

nuto una spesa inutile l’allestimen-to di nuovi rifugi, essendoci già asufficienza quelli dei ministeri edenti pubblici aperti anche agli abi-tanti del quartiere, e ciò nella con-vinzione condivisa che Roma nonsarebbe mai stata bombardata.Infatti a Roma la guerra sembra-

va un’eco lontana, e la vita, pur inquell’arroventata estate del 43,continuava come in un’oasiimperturbabile e flemmatica e siaveva ancora tempo di occuparsidei bagni di mare, delle canzonet-te, delle consumazioni al bar, e diandare a teatro o al cinema.Ciò provocava una profonda irri-

tazione negli abitanti delle altrecittà italiane martellate giorno enotte dai bombardamenti e checontavano ogni volta i loro mortie le case ridotte in macerie. Ma,secondo gli informatori della poli-zia fascista, che fedelmente riferi-va ai capi, compreso Mussolini; lagente, sorprendentemente, nonbestemmiava gli aviatori nemicima il fascismo, ritenuto l’unicoresponsabile della guerra e sichiedeva : perchè mai non buttas-sero bombe su Palazzo Venezia eil Ouirinale, tanto che una incur-sione su Roma era fortementedesiderata.

La decisione di bombardare Roma

Il fascismo non l’aveva volutadichiarare città aperta, fidandosul comune sentire , ma nell’in-contro degli Alleati a Casablanca,il 23 gennaio del 43, insieme conla tesi sovietica della resa senzacondizioni, qualora Italia Germa-nia e Giappone avessero volutouscire dalla guerra, era prevalsa laproposta di Churchill di aprire unaltro fronte attaccando il ventremolle dell’Europa (cioè l’Italia) ed

Roma, 19 luglio 1943

L’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 13PER NON DIMENTICARE

era stata programmata l’opera-zione Husky (robusto) Dandosi ilvia ad un attacco all’Italia, eraimplicito che anche Roma , non-ostante la presenza del Papa,avrebbe potuto essere bombarda-ta. Sul bombardare Roma spinge-vano sopratutto gli inglesi deside-rosi di vendicarsi di quelli da lorosubiti su Londra e le altre città Il!5 luglio 43 una squadriglia statu-nitense aveva inondato il cielo diRoma di manifestini che avrebbe-ro dovuto allarmare i romani sefossero stati presi sul serio.I manifestini erano di due tipibianchi e rosa. Quelli bianchi riproducevano ilmessaggio agli italiani diChurchilli e Roosevelt che annun-ciava che la guerra sarebbe stataportata nel cuore del loro paese econcludeva così: ”È venuto per voiil momento di decidere se gli ita-liani devono morire per Mussolinio per Hitler o vivere per l’Italia eper la civiltà” Il testo integrale delmessaggio fu pubblicato dalCorriere della Sera del 18 luglio1943 con il permesso del governofascista, che riteneva che avrebbescreditato nell’opinione pubblicaitaliana i nemici angloamericani. Ivolantini rosa invece invitavano iromani ad allontanarsi dagliobiettivi militari perchè entro leprossime ore sarebbero stati bom-bardati stazioni ferroviarie, aero-porti e caserme,. ma i romani nonci credettero e continuarono aconfidare nell’ombrellone di SanPietro.A Roma c’erano il papa , le grandibasiliche cristiane, c’erano lacolonna di Traiano, l’Arco di Tito,il Partendone, chi avrebbe osatobombardarli?

Il 19 luglio fu morte annunciata

Così il19 luglio a Roma si scatenòl’inferno e fu morte annunciataper tremila persone .Eroi in quella situazione furono ivigili del fuoco che lavorarono incondizioni impossibili con la solaforza delle braccia e con pale epicconi, un eroismo umile e nasco-sto, ne morirono ventiquattro edanche il comandante dei carabi-nieri generale Azzolino Hazonche era accorso sul posto. È rima-sta nella memoria della città lavisita del Papa nel pomeriggiostesso dell’evento: Pio XII che siinginocchia davanti alle maceriedella basilica di San Lorenzo ebenedice la folla che gli si stringeintorno riconoscente, invocando agran voce “pace, pace”.Ben diversa l’accoglienza riservataal sovrano, Vittorio Emanuele III,la sua limousine fu fatta oggettodi sassate e di grida ostili che gliconsigliarono un rapido dietrofront mentre un coro di donne gligridava: ”non vogliamo le vostreelemosine, vogliamo la pace, fatela pace.”La reazione del regime al bom-bardamento fu a dir poco disgu-stosa e i romani la giudicaronoper quello che era, infarcita di

menzogne. Perchè di fronte allerovine del Tiburtino e di SanLorenzo che non si potevanonegare, cercò di dimostrare che lacolpa del disastro non era sua madi quegli incoscienti di romani cheerano rimasti in città invece discapparsene. Questo il senso dell’articolo“Sfollare a tempo” che comparvesu “Il giornale d’Italia” martedì 20luglio: ” La città di Roma non puòe non poteva e non potrà consi-derarsi un’oasi felice e immune.Questo è stato l’avvertimentotempestivamente dato dal gover-no italiano e anche dal nostrogiornale”.Insomma la misura era colma, se ilterrore era l’obiettivo politico chegli Alleati si proponevano di otte-nere, questo fu ampiamente otte-nuto .Una settimana dopo il fasci-smo era franato, Mussolini desti-tuito, l’Italia tornata nelle manidel re e del governo da lui nomi-nato, che oggi diremmo di tecniciIl 25 luglio, alla notizia della cac-ciata di Mussolini, non ci fu nessu-na resistenza da parte dei fascistiche rimasero nelle loro case insilenzio. Il 27 luglio il partito fascista venneufficialmente sciolto. Ma nei qua-rantacinque giorni del governoBadoglio, impiegati e nella re-pressione feroce di ogni agitazio-ne popolare (il bilancio dei disor-dini nella settimana dal 25 al 31luglio fu di 83 morti, 320 feriti, e1614 arresti) e in trattative segre-te con gli angloamericani per faruscire l’Italia dalla guerra, si con-sumò il vero tradimento delgoverno, non nei confronti del-l’alleato tedesco, nei confronti delpopolo italiano che non si pensòin nessun modo di proteggere. Questa fu la vera tragedia dell’8settembre, ma anche la sua gran-dezza. Come commenta Giorgio Bocca”ne “I partigiani della monta-gna”(Feltrinelli, Milano, 2004):“Il popolo restò abbandonato malibero, libero di decidere final-mente di se stesso e da se stesso,cosciente che poteva fare a menodi re, di marescialli e di tutta quel-l’altra accolita, che per anni avevavissuto alle sue spalle“.

*Vicepresidente Consiglio Nazionale FNISM

L’INTERVISTA

L’insegnamento nella dimensioneeuropeadi Antonio Augenti Luciano Amatucci Anicia 2013

D La riproposta del libro'L'insegnamento nella dimensio-ne europeà acquista oggi unsignificato particolare e richiamala responsabilità della scuola nel-l'alimentare una cultura diffusaconsapevole dei limiti del proces-so d'integrazione fino ad oggirealizzato e cosciente di quantoresti ancora da fare. Pensate chepotrà scuotere una sorta di indif-ferenza che ancora domina lascuola italiana, pur con tutti i suoiproblemi?.

R Certamente lo svolgimentodelle prossime elezioni per il rin-novo del Parlamento europeo el'avvio del semestre di Presidenzaitaliana del Consiglio dell'Unioneeuropea attiveranno nel nostropaese un ampio dibattito sul pro-cesso di integrazione europea,che, inevitabilmente, richiameràl'attenzione della scuola sui relati-vi problemi. In questo clima, illibro si presenterà come strumen-to utile per la comprensione del'sogno europeo' e potrà soddisfa-

re e alimentare l'interesse per untema di palese attualità e di sicu-ra risonanza. È qui da precisareche, al momento, tra le posizionidi totale apertura e quelle diintransigente rifiuto di un gover-no europeo, trova maggiori con-sensi un orientamento interme-dio, che mira a una riforma ancheradicale dell'attuale assettodell'Unione, al fine di rinsaldarela collaborazione politica in sensounitario ed evitare l'imposizione atutti gli Stati membri di una lineaeconomica restrittiva.E' comunque unanime il riconosci-mento della funzione pacificatri-ce fin qui esercitata dall'Unioneeuropea, che ha evitato i ricorren-ti conflitti bellici tra Stati europei,che sembravano una ineludibilecondanna del più recente perio-do storico.E' infine da ricordare che una 'di-mensione europea dell'educazio-ne' è sollecitata, con appositidocumenti (richiamati nel nostrolibro) oltre che dall'Unione euro-pea, dal Consiglio d'Europa, altraOrganizzazione europea, di altaispirazione ideale e priva di lega-mi economici, che raggruppa unmaggior numero di Stati, Russiacompresa.L'affermazione della dimensioneeuropea dell'insegnamento puòessere anche un primo passo perpromuovere, su un piano piùampio, una dimensione mondialedell'insegnamento stesso, comestrumento di una cultura di pace edi solidarietà tra tutti i paesi delmondo. Su questo disegno, unavolta esplicitato, non può di certomancare lo spontaneo consensodegli operatori della scuola chesiano ben consapevoli del lorocompito educativo.

D Grazie agli scambi e ai pro-grammi comunitari esiste un'Eu-

ropa dei giovani. La maggior par-te dei giovani ha infatti una visio-ne non più nazionale ma dai con-fini più ampi, non solo rispettoalle vacanze, ma anche come pro-spettiva in cui collocare progettidi vita. Ciò non toglie che nonsempre le scelte che molti fannodi andare a lavorare in altri paesid'Europa non rispondono tanto auna libera scelta quanto a unamancanza di opportunità nelmondo del lavoro, della ricerca,delle professioni in Italia. Comerealizzare una reale cittadinanzaeuropea a partire dalla scuola?.

R È da premettere che il rinno-vato impegno del nostro Governodovrà tendere ad assicurareall'Italia le opportunità ora caren-ti nel mondo del lavoro, dellaricerca, delle professioni, così daevitare che i giovani Italiani sianoindotti ad abbandonare il nostropaese al fine di cercare e trovarein altri Stati europei adeguatiposti di lavoro. Resterà ferma, comunque, l'esi-genza di promuovere, a partiredalla scuola, l'affermazione diuna coscienza europea, come sen-so dell'appartenenza alla culturaeuropea, unitaria nelle comuniradici e arricchita dalla differenzadelle sue componenti. A talriguardo potrà essere utile la con-sultazione del nostro libro (in par-ticolare, del capitolo primo, para-grafo 2, L'identità e la diversitàdell'Europa).Va da sé che in un rinnovato climadi comprensione e di collabora-zione saranno sempre utili e daincentivare gli scambi di persone,di conoscenze e di esperienze,come promossi dagli attuali pro-grammi europei.È infine da precisare che, comechiarito nel libro stesso, la cittadi-nanza europea, dal punto di vista

14 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

Tre domande a Luciano Amatucci e Antonio AugentiA breve si andrà a votare per il rinnovo del Parlamento europeo e inoltre, nella seconda metà del 2014, cisarà il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea. Pure l'Italia è attraversata da rigur-giti nazionalistici e anti europei che trovano una giustificazione nel volto austero ed esclusivamente econo-micistico assunto dalle istituzioni comunitarie nella gestione della crisi che del resto sta attraversando tuttal'Europa.A quanti hanno sempre sostenuto la dimensione europea come unico orizzonte in cui possono collocarsi gliStati nazionali si richiede uno sforzo supplementare per difendere le istituzioni comunitarie e al contempomantenere una posizione critica costruttiva.

INSEGNAMENTO IN DIMENSIONE EUROPEA

L’INTERVISTA

giuridico, ci spetta automatica-mente per il solo fatto di esserecittadini italiani e comporta di persé i benefici elencati dall'art. 8 delTrattato di Maastricht del 1992,confermato dal Trattato di Lis-bona del 2007 (in particolare, ildiritto di circolazione e soggiornonel territorio di tutti gli Statimembri dell'Unione, già previstodal Trattato di Roma del 1957).

D E gli insegnanti, come reagi-scono alle sollecitazioni ad appro-fondire le informazioni e le cono-scenze degli studenti sul percorsoche ha portato dalla ComunitàEconomica Europea (C.E.E.) del1957 all'Unione Europea del 2013?

R Gli insegnanti avvertono l'esi-

genza di precise indicazioni e dicoerenti sostegni . Per il loro impegno risulta indi-spensabile il reperimento di testidi storia adeguatamente aggior-nati sull'argomento.Il nostro libro , nella sua articola-zione in quattro capitoli:1 L'idea e la realtà dell'Europa;2 L'Europa nel sistema delle

Organizzazioni internazionali; 3 La costruzione dell'Unione euro-

pea; 4 Lo sviluppo delle politiche co-

munitarie per l'istruzione e laformazione.

Si rivolge agli insegnanti stessi edanche all'editoria scolastica, per-ché agevoli questo approfondi-mento e presenta al riguardo unatraccia espositiva e un sussidio di

indicazioni bibliografiche.Per l'attualità, risulta sempre utilela consultazione del sito delM.I.U.R. www. istruzione.it (per lavoce 'Buongiorno, Europa'),non-ché del sito dell'Unione europeawww.europa.eu.int (per un'infor-mazione generale).Ovviamente, l'intensità dell'impe-gno degli insegnanti dipende dalpeso e dalla continuità delle solle-citazioni e dalle azioni formativepromosse in materia dall'Ammini-strazione scolastica, che attendo-no un decisivo incremento nelnuovo clima generato dalle pros-sime elezioni per il Parlamentoeuropeo e dell'incipiente seme-stre italiano di presidenza delConsiglio dell'Unione europea.

È un fatto che alla scuola elementare di Corti, frazione di Costa Volpino, Bergamo,genitori italiani hanno ritirato i loro figli dalla prima elementare dove la maggioranza degli iscritti era costituita da bambini stra-nieri. È stata una scelta dettata da razzismo? Alcuni dei genitori che hanno "ritirato" i loro figli fanno rife-rimento alla mancanza di certezze sulla continuita' del servizio per l'intero corso di studi. E gia' questocrea rammarico perché tra accorpamenti di istituti scolastici e razionalizzazioni della rete scompaiono lepiccole scuole che, con la chiesa, il municipio e la caserma delle forze dell'ordine, hanno da sempre costi-tuito la roccaforte dell'identita' civica del paese anche piu' piccolo e che, rispetto alla presenza di immi-grati, potrebbero essere utilizzate come focolai di integrazione linguistica e culturale e dunque di acqui-sizione di cittadinanza rispetto al Paese di accoglienza anche per gli adulti.Nell'istituto comprensivo di Corti, dopo il ritiro dei bambini italiani, l'unica classe prima sara' formata da14 alunni stranieri: romeni, marocchini, bosniaci, croati, albanesi e questo ha fatto scattare l'accusa di raz-zismo. Le reazioni dell'opinione pubblica sono state forti, dalla viscerale difesa del diritto alla qualita' del-l'istruzione senza rallentamenti nei programmi imposti da alunni con problemi di lingua o con preceden-ti percorsi scolastici accidentati fino alla decisa affermazione "diversi e' bello". Prendiamo l'occasione per soffermarci proprio su questo aspetto.Quando "diverso è bello"? Quando le diversita' costituiscono una sfida cui si risponde forzando quanto dirigido ancora caratterizza il nostro sistema scolastico sia nell'organizzazione sia nella cultura che la per-vade. Basti pensare al decreto Gelmini sul "tetto" del 30% alla presenza di alunni stranieri per classe,quando non si puo' parlare di studenti stranieri senza fare distinzioni tra chi e' nato in Italia, chi ci vive datanti anni e non ha problemi ne' linguistici ne' rispetto ai contenuti e chi è arrivato da poco e ha bisognodi una fase di inserimento e di rafforzamento linguistico. Le esperienze positive sono ormai numerose, ciascuna con proprie specificita' e riguardano sia i bambini"non italiani" (una dicitura assolutamente insufficiente) sia i bambini italiani destinati a vivere in unasocieta' plurale.La multietnicita' tra i banchi e' ormai la normalita':i dati del ministero dell'Istruzione per l'anno 2013/2014ci dicono che gli alunni di cittadinanza straniera sono 736.654, su un totale di 7.878.661 studenti. Moltescuole ne hanno preso atto e si sono attrezzate realizzando esperienze di grande interesse che hannomirato a rafforzare le competenze linguistiche di chi aveva problemi, hanno creato occasioni di appro-fondimento delle conoscenze anche rispetto ai paesi di provenienza dei bambini, si sono occupate anchedelle famiglie in cui essi vivono, favorendone l'integrazione culturale e in ogni caso evitando che questedifferenze costituiscano un hadicap. Ma quella che manca ancora e' la certezza che tutte le scuole sap-piano far fronte alla sfida, troppi tagli all'istruzione hanno bloccato le iniziative e impedito di lavorare esperimentare per trasformare la diversita' in ricchezza.

(18 settembre 2013)

MOZIONE FNISM

QUANDO “DIVERSO E' BELLO”?

iI

L’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 15

DIDATTICA

PER DARE PIÙ FORZA ALL’ASSOCIAZIONISMO DEGLI INSEGNANTIVia delle Montagne Rocciose, 69 - 00144 Roma

ccb “BANCA DI ROMA” Intestato a Fnism-Federazione Nazionale InsegnantiIBAN: IT 77 E 03002 03294 000400200573

Abbonamento ordinario €€ 25,00 - Abbonamento sostenitore € 50,00

LEGGI DIFFONDI ABBONATI L’ECO della scuola nuova

di Rita Paucera

Il testo letterario nei suoi trama eordito vive di forza propria, sicostruisce nell’ insieme dei suoiscenari politici e storici, si alimen-ta di flussi interpretativi di voltain volta più chiari o più complessi.La moderna semiotica (anche seormai non più tanto moderna) hatessuto queste maglie articolate ditesto, riuscendo ad entrare nelleprocedure della didattica applica-ta, cioè quella squisitamente sco-lastica. Buone procedure, a cuiper anni la scuola superiore èriuscita ad abituarsi, ad allenarsi ea favorire una preziosa costruzio-ne di senso intorno alla letteratu-ra, accanto al messaggio poeticonelle sue strette correlazioni con icontesti di riferimento. La cosid-detta analisi del testo ha costruitoforze di significato e scientificicampi di interpretazione di quelloche un tempo, non remoto, resta-va patrimonio della critica lettera-ria. Dunque, il corpo docente,quello specializzato e formato alladidattica dei testi, quello compe-tente di narratologia e di linguisti-ca, osserva una preoccupante bat-tuta d’arresto, una sosta forzatarispetto alle conquiste ottenutefinora in merito all’applicazionedella metodologia didattica. E’ verosimile che gli esami di statosiano per gli studenti uno deinumerosi banchi di prova con cuidovranno misurarsi nella carrieraprofessionale e lavorativa; è cer-tezza indiscussa che la prima pro-va scritta non sia una forma diaddestramento, ma è ingannevoleche la didattica istituzionale, quel-la sintetizzata nelle CommissioniMinisteriali che oggettivamentepreparano la prova da sommini-strare, vada in una direzione con-traria, o deviata rispetto alle pro-ve utilizzate durante il triennio,poi sottoposte ad oggettiva valu-tazione. E’ evidente, quindi, chequalche discrepanza ha lievemen-te scalfito quella comunione diintenti che per anni ha funziona-to. La tipologia A, prima tipologiatra le quattro previste agli esamifinali è una prova che valuta lacapacità di leggere e riconoscere

quelle strutture analitiche cheregolamentano un testo, che lorendono prodotto vivo di un tem-po, di un fenomeno, di un autore,nelle sue palesi complessità e nelsuo patrimonio di capacità poeti-che ed espressive. Ciò significa cheil testo deve presentare gli aspettie le forme di un testo poetico, cosìcome recitano le IndicazioniMinisteriali (un componimento,una scena teatrale, un blocco disequenze narrative, un estratto daun romanzo, una sequenza da unanovella) o narrativo. La prova nondeve nascondere insidie di “gene-re”, perché il Genere letterario èun codice e come tale è conformeai suoi precetti e alla sua morfolo-gia. Nelle ultime prove d’esame (sipensi al Montale e al Magris) c’èstata una chiara sterzata versorichieste che ne celano ben altre. Iltesto di Montale per l’a.s.2011-12“Ammazzare il tempo” non eraun testo poetico, nemmeno untesto narrativo. Non lo era il testoper l’ultima “Maturità” a.s. 2012-13, “L’Infinito viaggiare”. La solu-zione: due saggi, quindi due testidi tipo argomentativo. E non sianalizza un saggio in tipologia A,tantomeno con gli strumenti dellanarratologia o della linguistica; ciòsignificherebbe diagnosticare unacritica all’analisi, nei suoi fortunatimeccanismi e nei suoi felici risulta-ti. Un buon docente ne riconoscel’infattibilità e si trova ad applica-re una misurazione poco corri-spondente con una griglia inade-guata, in temi in cui la scienzadocimologica è dichiarata quasi

infallibile. Se si valuta un testo con una gri-glia non tarata, né negli indicatoriné nei descrittori, si rischia di mini-mizzare il valore della valutazio-ne, peggio, di commettere unerrore di valutazione. Le conse-guenze andrebbero ad inficiaretutto quel complesso sistema divalori che ci affanniamo a diffon-dere.Nell’azzardare un motivo chesuperi la logica della superficialitào della poca competenza, non sipuò non riconoscere la traccia diuna svolta, forse malcelata, versoun cambiamento della tipologiain questione, ancora prima che leIndicazioni Ministeriali sanciscanoufficialmente quel cambiamento.Se la questione è “comprendereun testo” per scioglierne il signifi-cato allora stiamo retrocedendoad una pratica che dovrebbe giàfar parte delle comprensioni preli-minari. Del resto le prove Invalsidestinate al Biennio superiorevalutano esattamente questo,come è giusto che sia. Ma l’analisidel testo è un gradino più su, èun’energia maggiore che il letto-re implicito innesca, quindi è unapratica competente e superiore,assolutamente giusta per gli stu-denti che terminano un istitutosuperiore.Siamo in attesa di capire qualisaranno le prossime indicazioni,cosa avverrà ai nuovi esami di sta-to e certamente saremo pronti ecompetenti, tutti fiduciosi chesaranno, stavolta, banditi trappo-le e tranelli di genere.

16 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

Esami di Stato: qualche appunto

RECENSIONI

A cura di Elisabetta Bolondi

Inutile Tentare Imprigionare iSognidi Cristiano Cavina Marcos y Marcos 2013

“Casola Valsenio, Romagna. Inviale Neri, in cima alla salita delviale delle Rimembranze, ci sonole case popolari.”Come molta letteratura nordamericana, che ha smesso da unpo’ di tempo di essere ambientatasolo nelle grandi metropoli, pen-so ai libri di Elizabeth Strout,Joyce Carol Oates, Anne Tyler, cheraccontano in modo esemplare laprovincia americana profonda,anche nella nostra narrativa con-temporanea si sta affermando ilracconto della provincia. Penso aIvano Porpora (autore de “La con-servazione metodica del dolore”,a Marco Malvaldi, MariolinaVenezia, Ada Murolo, MelaniaMazzucco (autrice di “Limbo”),capaci di ambientare i lororomanzi in piccoli centri pococonosciuti della penisola, ma nonper questo meno esemplari delnostro faticoso vivere la contem-poraneità.Cristiano Cavina unisce nel suoromanzo dal titolo immediata-mente riconoscibile come provo-catorio, Inutile Tentare Imprigio-nare Sogni (Marcos y Marcos,2013), il mondo della scuola piùmarginale e meno raccontato,quello di un istituto tecnico indu-striale, l’ITIS Alberghetti di Imola,descritto come un incrocio tra unafabbrica fordista, una caserma, unreclusorio, un convento, dove

alunni e professori sono costrettia convivere come se dovesseroscontare una pena. Quattrocentostudenti, tutti maschi, passano laloro giornata in questa struttura,che occupa la villa di campagnadel vecchio conte Alberghetti, lacui casata si è estinta. Nulla è pen-sato per la comodità di una scuo-la, tutto è rimasto come allora,una campagna fredda e lontanadai mezzi di trasporto, mura fati-scenti, soffitti affrescati distruttidall’umidità e dai fiati dellemigliaia di studenti che vi si sonoavvicendati.”L’inizio della primaora e la fine dell’ultima ora nonerano nemmeno scanditi da unacampanella, ma da una sirena dafabbrica... La sirena della prima ora ululava,come se ci fossero stati dei bran-chi di lupi famelici a caccia per icorridoi ”Cavina racconta in pri-ma persona la vicenda scolasticadi uno studente che odia la scuo-la, gli insegnanti, le materie inprogramma (tranne l’italiano…) icompagni, i bidelli, i presidi: la suacritica feroce è rivolta a tutto ilmondo della scuola, in particolareall’istruzione tecnica e professio-nale, che sembra essere distanteanni luce dalla scuola tradiziona-le, il liceo classico per intendersi,di cui in genere si parla spessonella narrativa di successo che haper oggetto la scuola (PaolaMastrocola è diventata celebre!).Nelle aule di meccanica, di elet-trotecnica, vicino ai torni e a stru-menti che sembrano di tortura, glistudenti giocano a carte, dormo-no nascosti dai tecnigrafi alzati, icomputer beige sono grandicome lavastoviglie, i professorianziani frustrati e infelici, violentio distratti, incapaci di rapportarsiagli studenti demotivati, chiamaticon epiteti deformanti: il conteVlad, Corvagli, vicepreside in tutadi acetato verde, sedicente ecolo-gista/pacifista, odiato dal prof disaldatura, Serafino Dal Re, cheodiava altresì “due terzi dellaclasse, in realtà, e quasi la totalità

dell’istituto, corpo docente com-preso”. Lo scrittore non risparmiai bidelli (“la scuola te ne rifilavaun tanto al chilo per ogni corri-doio”) e, nell’episodio che raccon-ta la ricerca di un kit medico peruno studente ferito, esercita tuttoil suo sarcasmo contro una cate-goria molto nota a chi conosce lascuola: il bidello è descritto immo-bile nella sua postazione all’ango-lo del corridoio, intento a fissareun punto del soffitto, chiuso in uncamice blu tenebra, come se lascuola fosse un vero intralcio aisuoi programmi di vita.Le ragazzecompaiono poco, frequentanoragioneria e sono oggetto diammirazione ma difficili da rag-giungere: in questo mondomaschilista e violento, l’unica profdonna è bollata come “balenotte-ra azzurra”, mentre la ragazza acui aspira il protagonista, VeroliWanda, si concede a ConsoliCamproni, il fichetto in kefiah ros-sa attorcigliata e jeans sbiaditi alpunto giusto, studente di liceo,difensore della pace nel mondo epropugnatore di un grande scio-pero e per questo osannato dalleragazze.L’aspetto più sorprenden-te del libro di Cavina è l’uso di unlinguaggio originale e fortemen-te espressivo, infarcito di efficacis-sime espressioni colloquiali, riccodi figure retoriche mai letterarie,sempre legate al mondo indu-striale o agrario da cui provienel’utenza della scuola raccontata.Paesaggi, atmosfere, abbiglia-mento, interni di scuole e caseriflettono un mondo in difficoltà,una società fortemente condizio-nata da una profonda demotiva-zione a vivere, a studiare, acostruire. L’unico personaggiopositivo del romanzo è la mammadel narratore, “Mamma Creonti”,che lava chilometri di pavimenti,assiste il vecchio marito infermo,aspira al diploma per il figlio, leiche non è riuscita ad andare ascuola. L’aspirazione alla culturacome ascensore per la promozio-ne sociale è narrata nelle ultime

L’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 17

Il Piacere di leggere

RECENSIONI

pagine del romanzo in modocommovente, dalla mamma dagliocchi nocciola che riesce, con ilracconto della sua infelice giovi-nezza, con il rimpianto di quantole è stato sottratto, a dare final-mente uno scopo alla vita insensa-ta di suo figlio, indicando unapossibile via d’uscita, un piano B,a quanti, purtroppo numerosi,oggi continuano ad occupare leaule scolastiche uccidendo dentroe intorno a sé ogni possibileriscatto. Se ministro, direttori generali,dirigenti scolastici e amministra-tori avessero la pazienza di legge-re questo libro, potrebbero capireche c’è da riparare la scuola pub-blica italiana, subito, prima chenon ne restino che le macerie, fisi-che e culturali, dopo decenni ditagli, incuria, piccole stentateriforme, disprezzo per gli inse-gnanti e il loro lavoro, disinteres-se per i giovani di questo paese eper il loro futuro.

Portico d'Ottavia 13 di Anna Foa Laterza 2013

Anna Foa è una storica nota eautrice di opere grandi. In occa-sione del settantesimo anniversa-rio della deportazione degli ebreiromani dal ghetto, avvenuta il 16ottobre 1943, ha voluto pubblica-re un piccolo libro, dal titolo“Portico d’Ottavia 13. Una casadel ghetto nel lungo inverno del‘43” (Laterza, 2013). Una micro-storia, fatta di persone e di cose,di gesti quotidiani, di voci, di sen-timenti, di angoscia, di speranze,di disperazione che caratterizza-rono i mesi oscuri dell’occupazio-ne tedesca della città, a partiredall’ottobre del ‘43 per giungerealla strage delle Fosse Ardeatine,del marzo 1944. Microstoria, dice Anna Foa, per-ché sceglie di raccontare la vicen-

da di una Casa, situata al numero13 di via Portico d’Ottavia, e quel-la dei suoi abitanti, tutti ebrei, lamaggior parte dei quali furonoarrestati e quindi spediti adAuschwitz, da dove non feceroritorno, mentre pochi altri più for-tunati riuscirono a fuggire a sal-varsi. Nel libro vi è raccontata la storiadi tutti, con nomi, cognomi,soprannomi, età, rapporti diparentela, cosicché i numeri chesiamo abituati a conoscere e aricordare, gli oltre mille deportatidell’alba del 16 ottobre, i 335 tru-cidati alle Ardeatine, gli arrestatinell’intervallo tra la razzia e l’ecci-dio, divengono persone in carneed ossa, con le loro caratteristichefisiche e le loro paure, la convin-zione che donne e bambini nonsarebbero stati arrestati, l’inco-scienza di andare a trovare gliarrestati nelle prigioni di via Tassoe di Regina Coeli per averne noti-zie e portare generi di conforto.

Nella Casa presa a metafora del-l’enorme tragedia della deporta-zione ci sono quelli che incontre-ranno:• i soldati “buoni”, • quelli traditi dalla correligiona-

ria Celeste Di Porto, la celebre“Stella” che vendeva su capric-cio gli ebrei per compiacere unamante e depredare gli arresta-ti di vestiti e gioielli,

• quelli che, aiutati da amici aria-ni, riusciranno a rifugiarsi inconventi e parrocchie,

• altri che fuggiranno da Roma,per poi tornarvi, incapaci dirimanere lontani dal quartiere,dalla “Piazza”, dai loro affetti esaranno condannati: è il casodella donna che viene a Romaper partorire in casa, aiutatadalla sorella, e questo gestosarà fatale ad entrambe.

Il saggio della Foa è breve e inten-sissimo: apprendiamo molto dalsuo studio puntuale, pieno dinomi e di volti, che lei stessa dicedi aver seguito “con un rigorefilologico forse eccessivo e inqualche momento ossessivo”, mache permette, dopo settanta annida quei fatti atroci, di restituiredignità e anima a tutti quelli a cuila vita fu strappata brutalmenteal centro di Roma, nell’indifferen-za di molti, l’inconsapevolezza

delle stesse vittime, la complicitàdisinteressata di pochi. La deportazione, ci spiega la stori-ca, fu per certi versi casuale: men-tre i tedeschi agivano in modoscientifico, con fogli e liste e ubbi-dendo ad ordini indiscussi anchese feroci, i fascisti italiani collabo-rarono molto attivamente, alcuniper soldi, come si sa, altri perchéantisemiti, in seguito alla propa-ganda che dal 1938, anno di pro-mulgazione delle leggi razziali,aveva permeato la “pancia” dibuon parte della società italiana;ci si salvò per caso, perché gliaguzzini volevano esercitare ilpotere di condannare o di salvare,secondo un arbitrio soggettivo eirrazionale.La pagine finali del libro sonodedicate ai processi che nel dopo-guerra si fecero contro delatori,spie e bande di assassini. Le con-danne furono per lo più lievi: sifece ricorso all’infermità mentaledegli assassini e comunque moltireati vennero sottoposti ad amni-stia, nell’ansia di ricostruire ilfuturo e non soggiacere alla ven-detta: la riconciliazione, affermaperò Anna Foa, non fu ristabili-mento della giustizia e forse quel-l’atteggiamento che non ricono-sceva il reato di antisemitismo è lacausa, non troppo remota, delsentimento che ancora troviamocosì tanto diffuso nei ragazzi dioggi, non solo italiani.Altro merito del libro è quello diricordare quanti ebrei furono arre-stati per strada, in via Arenula, onelle loro case, fra il 23 e il 24 mar-zo, subito dopo l’attentato di viaRasella, per rimpinguare il numerodi quanti dovevano essere messi amorte per la rappresaglia ordinatada Hitler: questa non fu infatti pre-ceduta da alcun avviso, anzi, lanotizia dell’attentato fu tenuta ilpiù possibile segreta per procedereindisturbati all’eccidio delle FosseArdeatine. Un libro che sarà molto utile agliinsegnanti che doverosamentecontribuiscono alla conoscenza eal ricordo di quanto è avvenutonella nostra città, con il rigorescientifico della storia ma anchecon la passione e il ricordo di chiparla di persone care, incontrateed intervistate, e di un luogo fami-liare, la casa dove la stessa Anna,molti anni dopo, ha abitato.

18 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

RECENSIONI

Parlo d’amor con me. Vita e musi-ca tra le mura di casa Verdidi Paola Calvetti Mondadori 2013

Edito da Mondadori, è un roman-zo raffinato, piacevolissimo, intel-ligente, originale. Questi sono iprimi aggettivi che trovo per defi-nire il libro che Paola Calvetti hadedicato alla casa di riposo permusicisti che Giuseppe Verdi volleper chi, meno fortunato di lui,aveva dedicato alla musica la suastessa passione e la vita intera.A Milano, a Casa Verdi, Ada, lanarratrice, è la domestica. Comenel celebre racconto di Flaubert,“Un cuore semplice”, anche quil’autrice sceglie di mettere in boc-ca all’umile cameriera gusti e raf-finatezze inattese. Ada è l’angelo custode dei vecchimusicisti, quasi tutti ottuagenari,che hanno scelto di finire i lorogiorni in questa residenza straor-dinaria, dove tutto risuona degliechi verdiani, mentre lei, tra unaspolverata e una rigovernatura incucina, con un walkman in tascacelato tra le pieghe del grembiu-le, ripete brani e romanze chesono ormai diventate la sua veraragione di vita. Sì, perché Ada, orfana precoce,muta e timidissima, mai sposata, èarrivata a ventidue anni e ha tro-vato nella Casa Verdi accoglienzae uno scopo per un’esistenza chealtrimenti sarebbe stata davverosterile; invece, accompagnando isuoi ospiti, spiandoli non vista,ascoltandoli e imitandoli, interro-gandoli sulla loro vita artistica,spolverando pianoforti, verticali,mezza coda e gran coda, riordi-nando spartiti, pian piano si ècostruita una vasta cultura operi-stica e un’abilità canora inaspet-tata e imprevedibile. Conosce amemoria i libretti delle opere delMaestro, prova a cantarne insegreto le romanze e le arie piùcelebri, anche se il suo corpo sgra-ziato sembra averle precluso per

sempre ogni possibilità di esibi-zione pubblica.Il romanzo si sofferma sulla vigiliadel matrimonio tardivo fraGiacomo e Clara, due degli anzia-ni ospiti. Tutta Casa Verdi si pre-para ad un evento insolito, chenon parla di morte, come inevita-bilmente troppo spesso avviene,piuttosto guarda al domani confiducia. Dunque, dopo la celebra-zione religiosa delle nozze nellaCappella della Casa, ci sarannoesibizioni musicali da parte deivari ospiti e la sorpresa sarà pro-prio la performance inattesa diAda, che conclude con commozio-ne il romanzo. Tuttavia al di làdella storia, pur tenera e intensa,sono straordinarie le memorie deivari personaggi che raccontanoad Ada, tanto è una semplicedomestica incapace di compren-dere davvero, successi e delusionidella loro vita artistica: bellissimala testimonianza di Luisa, che erastata la Annina, la cameriera diVioletta, nella celeberrima edizio-ne della Traviata alla Scala conMaria Callas, regia di LuchinoVisconti. Sia la divina Callas, sia ilmaestro Giulini, sia il famoso regi-sta avevano elogiato la compri-maria Luisa per la sua interpreta-zione di un ruolo minore, sì, ma

senza i comprimari non si possonomettere su grandi spettacoli, con-clude fiera la ormai anziana can-tante. La Scala, Giuseppe Verdi,gli orchestrali, i solisti, le maestre,le ballerine, i cantanti, questi per-sonaggi hanno fatto grandel’Italia della musica: tutti questivecchi musicisti hanno fatto tour-née in tutto il mondo, applauditinei teatri, alla radio, attraverso imilioni di dischi venduti. La gran-dezza di Verdi e di GiuseppinaStrepponi fu proprio nell’averintuito quanto fosse importanteuna casa di riposo per musicisti, inmodo che quel patrimonio di cul-tura e di armonie non andasseperduto quando i suoi interpretinon fossero stati più attivi, macontinuasse a perpetuarsi in unluogo dedicato alla musica e aisuoi interpreti. Oggi che gli artistiin età anziana debbono spessorivolgersi alla pubblica carità esopravvivono solo grazie alla leg-ge Bacchelli, un’istituzione comeCasa Verdi è un faro a cui ispirar-si. Un grazie a Paola Calvetti peraverci raccontato nelle pagine delromanzo, con l’eleganza dellagrande narratrice, una realtà dalgrande valore culturale, troppospesso misconosciuta o peggiodimenticata.

L’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 19

MOSTRE

A partire dal 1942 su ordine delcomandante delle SS del ReichHeinrich Himmler, furono istituitibordelli in dieci campi di concen-tramento. Lo scopo era di motiva-re ulteriormente al lavoro i prigio-nieri maschi. Gli “edifici speciali”(Sonderbauen), come venivanodefiniti i bordelli dei lager, dal1943 erano parte di un sistema diattribuzione di premi che vigevain tutto l’universo concentrazio-nario. Oltre 200 prigioniere furonosfruttate sessualmente in questibordelli; la maggior parte di loroveniva dal campo di concentra-mento femminile di Ravensbrůck.Solo nel 2005, per la prima volta,lo sfruttamento sessuale coattonei campi di sterminio è diventatotema di una mostra realizzata dalgruppo di studio viennese “DieAussteller” (Gli espositori).Attraverso questo lavoro pionieri-stico l’argomento ha potuto rag-giungere l’opinione pubblicaaustriaca e tedesca. La Casa delmonito e della memoria diRavensbrůck ha poi ampliato que-sta mostra in collaborazione conun progetto dell’istituto d’Arte,oggi MemoA1t, e con l’Universitàdi Berlino, con numerosi docu-menti, mappe a tema e stazioni diascolto facendola diventare unamostra-laboratorio. Sulla base degli studi sui bordellidei lager di Robert Sommer, lamostra ha avuto ulteriori sviluppied è stata concepita come mostraitinerante.

La prostituzione nel Nazional-socialismo Grazie alla legge del Reich sullalotta alle malattie di origine ses-suale, nel 1927 la prostituzione inGermania fu depenalizzata. l bor-delli, tuttavia, erano vietati, cosache, durante la repubblica diWeimar, aveva portato ad un

aumento della prostituzione nellestrade. Dopo la presa di poteredel Nazionalsocialismo, nel gen-naio del 1933 molte città tedeschesi attivarono contro la prostituzio-ne nelle strade, prima fra tutteAmburgo. Le prostitute eranocostrette a lavorare in bordelli oin aree dedicate e sotto la sorve-glianza statale.All’inizio di settembre 1939, pochigiorni dopo l’assalto alla Polonia,il Ministro dell’Interno del Reich,emanò una circolare sulle normedi polizia contro la prostituzione.Le prostitute venivano registratee internate in bordelli sorvegliatidalle forze di polizia e visitateregolarmente da funzionari dellaSanità per verificarela diffusionedi malattie di origine sessuale,come la gonorrea e la sifilide. Ledonne che si fossero sottratte atali controlli correvano il rischio diessere incarcerate o inviate incampi di concentramento.Per mantenere il controllo sui rap-porti sessuali, per scongiurare ilcontagio di malattie trasmissibili,e per evitare l’omosessualità, laWehrmacht, la Marina e le SS ave-vano bordelli separati nelle zoneoccupate. Per evitare contatti ses-suali fra i lavoratori forzati stra-nieri introdotti nelle zone delReich e le donne tedesche, dal1940 i nazionalsocialisti introdus-sero i “bordelli per lavoratori diorigine straniera”.

Prigionieri nei campi di concen-tramentoI campi di concentramento eranoparte fondante del sistema didominio del nazionalsocialismo.Già nel 1933, poco dopo la presadi potere, i “nemici del popolo”venivano trascinati in lager prov-visori. Nel 1934 sotto la sorve-glianza delle SS fu istituito unsistema di campi di concentra-mento, che presto si estese in tut-

ta Europa. “Nemici del popolo”,persone di origine ebraica, Sinti eRom, prigionieri di guerra, omo-sessuali, criminali detenuti nellecarceri, e cosiddetti “asocia1i”furono internati nei campi di con-centramento, torturati e uccisi.I prigionieri dei lager vennerosuddivisi in categorie grazie a unsistema di triangoli e lettere del-l’alfabeto colorati. Il motivo dellaprigionia e la nazionalità eranodistinguibili già dall’abbigliamen-to del prigioniero. Dopodiché leSS misero in piedi un sistema difunzionari tra i prigionieri.Costoro ricoprivano incarichiorganizzativi e assumevano com-piti di sorveglianza. Per questovenivano premiati con miglioricondizioni di vita e alcuni privile-gi. In questo modo le SS riuscironoa creare un sistema di grande dis-parità fra i prigionieri.

La costruzione di bordelli A partire dalla metà degli anni‘30 i campi di concentramento sisvilupparono come luoghi di pro-duzione, nei quali i prigionierirealizzavano mobilio per le SS,materiale di costruzione per can-tieri e armi. Tuttavia, la produtti-vità, a causa dello scarso nutri-mento e delle catastrofiche condi-zioni igieniche, era molto esigua.Nel 1941 Heinrich Himmler, dopoun’ispezione nel campo di con-centramento di Mauthausen,ordinò la costruzione di bordelliper uomini in quel luogo e nelvicino campo esterno di Gusen. Inquesto modo si intendevastimolare l’aumento di produttivi-tà lavorativa.Nel 1943 Himmler istituì un siste-ma di norme sull’attribuzione dipremi per i campi di concentra-mento. Su questa base, ai prigio-nieri con migliori prestazioni lavo-rative venivano concessi premi,come il poter portare un taglio di

Un aspetto a lungo rimosso dell’universo concentrazionario nazista è stato oggetto di studio e di una Mostracurata dal gruppo “ Die Aussteller” di Vienna e da un gruppo dell’Università der Kunste Berlin.*L’esistenza di bordelli dei lager nell’universo concentrazionario nazista è stata a lungo rimossa. Le donnecostrette alla prostituzione forzata hanno taciuto le loro esperienze, così come ne hanno taciuto i frequen-tatori maschi di questi bordelli. Le Case della memoria dei lager, per tanto tempo si sono rifiutate di infor-mare su questo argomento, nella preoccupazione di riportare una “falsa immagine” delle condizioni nei cam-pi di concentramento.

Schiave due volte Prostituzione forzata nei Lager

20 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

MOSTRE

capelli in stile militare, una mag-giore frequenza per la posta, l’ac-quisto di alimenti o di sigarettenello spaccio, cosi come la fre-quentazione del bordello dellager. Negli anni successivi, oltreche a Mauthausen e a Gusen furo-no aperti bordelli anche nei cam-pi di concentramento diAuschwitz·Campo principale,Auschwitz-Monowitz, Dachau,Neuengamme, Sachenhausen eMittelbau-Dora.Le SS nello stesso anno costruiro-no bordelli per le SS ucraine, cheerano state introdotte come sor-veglianti nei campi di concentra-mento. Questi bordelli si trovava-no in una parte separata dellebaracche destinate a bordello deiprigionieri o ricavati negli spaziriservati alle SS. I prigionieripolacchi di sesso femminile delcampo di concentramento diRavensbrůck erano obbligate afornire prestazioni sessuali coattein questi bordelli,

Organizzazione dei bordelli neilagerIl Kommando del bordello venivaamministrato dalle SS, come tuttigli altri regolari Kommando dilavoro nel lager. Negli uffici dedi-cati alla statistica del lavoro esi-stevano documenti nei quali ledonne che fornivano prestazionisessuali coatte venivano registra-te sulla base del luogo in cui ope-ravano. Anche negli atti personalidel prigioniero veniva segnalato ilKommando del bordello. Nelsistema di schede perforate che leSS avevano introdotto per otti-mizzare il lavoro forzato nei cam-pi di concentramento, il lavoronel Kommando del bordello veni-va codificato con il n.. 998.Le SS sottoponevano regolarmen-te le donne a visite ginecologiche.Venivano fatte analisi del sangue,prelievi dall’utero e dalla vaginaper gonorrea e sifilide, esaminatipoi negli Istituti di Igiene delle SS.Questo non significa che alle SSinteressasse la salute delle donne:l’intento era piuttosto quello dievitare il diffondersi di malattie atrasmissione sessuale nel lager.Per l’ingresso al bordello del lageri prigionieri uomini dovevanoinoltrare una domanda ufficiale.Il prigioniero maschio dovevapagare due Marchi del Reich e,dal Febbraiodel 1944, solo un Marco per l’in-

gresso al bordello. Una delle pri-gioniere aveva la funzione di cas-siera per i pagamenti, di cui poi asera rendeva conto alle SS.

Il reclutamento delle prostituteforzateLe donne per i bordelli venivanoreclutate dalle SS principalmentenel campo di concentramentofemminile di Ravensbrůck, maanche in quello femminile diAuschwitz-Birkenau. E, con la fal-sa promessa di una liberazionedopo sei mesi di servizio nel bor-dello, si tentava di indurre le don-ne ad una candidatura “volonta-ria”. Dal 1943 le SS selezionaronodonne in misura sempre maggio-re, anche senza comunicare loro iltipo di missione.Dal gruppo di donne reclutate gliufficiali delle SS e i medici selezio-navano quelle che, sulla base del-le condizioni di salute, risultavanoadatte al lavoro nei bordelli. Ledonne venivano trattenute peralcune settimane in quarantenanegli edifici dell’infermeria. Lì ledonne maggiormente denutritevenivano «preparate» peril Kommando del bordello, attra-verso una migliore alimentazionee cure mediche. In questo modooltre 200 donne furono destinateai Kommando dei bordelli. Lamaggior parte di loro era di origi-ne tedesca e registrataa Ravensbrůck come “asociale”.Altre donne venivanodall’Ucraina, dalla Russia Bianca edai Paesi Bassi. Erano per lo piùinserite nella categoria delle pri-gioniere «politiche». Secondo idocumenti delle SS nessuna delleprostitute forzate era di origineebraica.

La quotidianità nei bordelli deilagerLe donne rimanevano per la mag-gior parte del tempo rinchiusenelle baracche del bordello. Laloro giornata era severamentescandita. Di giorno dovevanosvolgere lavori semplici per le SS,come la raccolta di erbe o il ram-mendo dei calzini. Le donne dove-vano tenersi a disposizione deiprigionieri a partire dall’appelloserale nei giorni feriali e di dome-nica per tutto il pomeriggio.Dopo ogni rapporto sessualedovevano lavarsi con acqua sapo-nata e mettersi immediatamentea disposizione del prigioniero suc-

cessivo. In caso di gravidanza, leSS obbligavano le donne ad abor-tire.Secondo le testimonianze dellesopravvissute, alcune donne,dopo la prigionia nel campo diconcentramento, erano psicologi-camente distrutte e accettavanosupinamente la loro sorte nelKommando del bordello. Nel con-testo delle catastrofiche condizio-ni di vita nei lager femminili, alcu-ne donne percepivano questasituazione come un miglioramen-to della loro condizione. Nei bor-delli del lager vi erano spazi riscal-dati, sufficiente nutrimento emigliori condizioni igieniche. Nonsi ha notizia di alcun caso di mor-te nei bordelli del lager ed è èprobabile che quasi tutte le pro-stitute forzate siano sopravvissutealla prigionia nel campo di con-centramento.Sebbene fosse severamente vieta-to dalle SS, molte donne intratte-nevano rapporti personali con sin-goli prigionieri che le frequenta-vano regolarmente. Alcuni procu-ravano a queste donne generi ali-mentari e corrompevano altri visi-tatori perché non avessero rap-porti sessuali con loro. Come con-tropartita, questi uomini non dirado pretendevano prestazionisessuali.

Continuità dell’emarginazionePer buona parte, le donne tede-sche nei bordelli dei lager eranostate escluse dalla “collettivitàpopolare” dai Nazisti a causa del-la loro condotta di vita non accet-tabile ed erano state rinchiuse neilager in quanto “asociali”. La per-secuzione degli “asociali” nellaRepubblica Federale Tedesca,secondo la legge federale sulrisarcimento del 1953, non vennericonosciuta come uno dei criminidel nazionalsocialismo.Solo alla fine degli anni ’80 fupossibile, per alcuni di questi per-seguitati, in singoli casi, inoltraredomanda di risarcimento secondoi regolamenti extralegislativi pre-visti per le vittime di crudeltà.Nella DDR, invece, non avevanoalcun diritto a indennizzi di risar-cimento.Solo a partire dagli anni ‘90 otten-nero un riconoscimento in quantoperseguitati come “asociali”.Le donne non tedesche nei bor-delli del lager erano state trasci-nate nei campi di concentramen-

L’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 21

MOSTRE

to per lo più come prigionierepolitiche.Più tardi, nei loro paesi di origine,fu loro riconosciuto lo status divittime del nazionalsocialismo.Tuttavia, quasi tutte tacquero sulloro inserimento nei Kommandodei bordelli, non solo per la ver-gogna, ma anche per la paura divenir stigmatizzate come collabo-razioniste.Non si sa di alcuna donna allaquale sia stato dato un risarci-mento per la sofferenza subita acausa dello sfruttamento sessualenei bordelli. Il loro riconoscimen-to come vittime dello sfruttamen-to sessuale durante il nazionalso-cialismo non è mai stato ottenuto.Quasi tutte sono nel frattempodecedute.

I frequentatori del bordello Soltanto a pochi prigionieri eraconsentito di frequentare il bor-dello del lager. All’inizio eranosolo i “tedeschi del Reich”, piùtardi anche i polacchi, gli scandi-navi e altri europei occidentali.Agli uomini di origine ebraica e aiprigionieri di guerra sovietici eraproibito frequentare i bordelli. Ilnumero dei frequentatori del bor-dello era pari a meno dell’uno percento del numero totale dei pri-gionieri.Pochi prigionieri privile-giati che rivestivano incarichi spe-cifici, come gli anziani del Bloccoo i Kapò frequentavano regolar-mente i bordelli. Gran parte dei frequentatori delbordello sfruttava la possibilità diavere nuovamente un contattocon una donna, dopo anni di pri-gionia.Si hanno casi noti di prigionieriche si innamoravano di una don-na del bordello e per questo moti-vo continuavano a farle visita.Durante l’appello serale le SS leg-gevano il numero di quelli cheavevano avuto il permesso diaccedere al bordello. Costoro dovevano marciare com-patti fino al bordello del lager.Lì, nell’ambulatorio medico, veni-va loro somministrata una iniezio-ne oppure veniva loro spalmatauna crema sul pene di composi-zione ignota. Un uomo delle SS liavviava verso una stanza, davantialla quale dovevano attendere infila. ll tempo concesso loro era perlo più limitato a 15 minuti.Secondo i ricordi degli ex prigio-nieri era permesso soltanto un

rapporto sessuale “normale”.Molti prigionieri non erano incondizioni fisiche sufficienti adavere un rapporto sessuale com-pleto e si limitavano ad intratte-nersi con le donne. Altri ancora,durante la notte, cercavano diraggiungere il bordello e veniva-no puniti dalle SS.

La reazione dei prigionieriLe reazioni dei prigionieri maschiall’apertura dei bordelli del lagerfurono diverse. Alcuni si espresse-ro con disprezzo nei confrontidelle donne che vi si trovavano,altri si comportarono con solida-rietà verso di loro.Tendenzialmente, i prigionieripolitici maschi rifiutavano le visiteal bordello per ragioni morali. Neicampi di concentramento in cui iprigionieri politici avevano uncerto potere, furono organizzateforme di opposizione ai bordelli.Le forme della contestazionefurono diverse.ln molti campi di concentramentoi prigionieri schernivano i fre-quentatori dei bordelli. ANeugamme organizzarono uno“spettacolo di varietà” nel qualeveniva derisa l’istituzione dei bor-delli. A Dachau i prigionieri politi-ci sollecitarono pubblicamente ilboicottaggio e provocarono pub-blicamente i frequentatori deibordelli.L’illegale Comitato Comunista dellager nel campo di concentramen-to di Buchenwald ipotizzò che leSS sfruttassero le frequentazionidel bordello per spiare le attivitàsegrete dei prigionieri. Poiché il richiamo al boicottaggiodel bordello del lager non fuseguito da tutti i prigionieri, sicercò di tenere lontani dal bordel-lo i compagni attraverso forme diagitazione. Nella zona occupatadai Sovietici gli ex prigionieri diBuchenwald che avevano fre-quentato i bordelli furono aspra-mente redarguiti e in alcuni casipuniti dalla Commissione diControllo del Partito Socialista(SED).

Dopo la liberazione, silenzio eoccultamentoLe donne prigioniere costrette alavorare nei bordelli dei campi diconcentramento subirono graviconseguenze fisiche e mentali. Dopo la liberazione, la maggiorparte di loro non parlò dell'espe-

rienza vissuta e non presentòrichiesta per il risarcimento.Gli uomini prigionieri con moltadifficoltà menzionarono le lavora-trici schiave del sesso e, le pochevolte in cui lo fecero, parlarono diloro con disprezzo.Allo stesso tempo, alcuni modellinarrativi voyeristici sul tema deicampi di concentramento e deibordelli sono diventati elementiricorrenti della cultura popolare.Nel cinema, la violenza sessualiz-zata nei campi è da sempre unsoggetto molto presente in tuttoil mondo, a causa di alcuni film diserie B. Il fascino esercitato da questoargomento ha fatto nascere innu-merevoli fantasie bizzarre e pre-tese di sensazionalismo.Nel 1994 per la prima volta fu rea-lizzato il documentario “Das gros-se Schweigen” (Il GrandeSilenzio), cui fecero seguito alcu-ne copertine sul tema sia sullastampa di lingua tedesca, che inradio e in televisione.Per decine di anni, le Case dellamemoria dei campi di concentra-mento nelle due Germanie nonhanno mai nominato l'argomentodei bordelli da campo.Questo della Casa della memoriadi Ravensbrůck è il primo passo diuna ricerca più dettagliata sull'ar-gomento.

Violenza sessuale e guerraLa violenza sessuale è stata espli-citamente dichiarata reato control’umanità per la prima volta nellastoria del diritto penale interna-zionale solo il l luglio del 2002 ericonosciuta come crimine diguerra. In questo giorno è entratoin vigore lo Statuto del TribunaleInternazionale, ratificato tino adoggi da 108 stati.Con questo statuto “Lo stupro, laschiavitù sessuale, la prostituzio-ne coatta, le gravidanze obbliga-te, la sterilizzazione forzata ealtre forme di violenza sessuale dicomparabile gravità” sono statedichiarate sanzionabili. Fino adallora le violenze sessuali controle donne furono intese quasicome una naturale conseguenzacollaterale della guerra.La prostituzione forzata nei cam-pi di concentramento nazionalso-cialisti non è da considerarsi unfenomeno isolato. Durante laseconda guerra mondiale in Cinaed in Corea centinaia di migliaia

22 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

MOSTRE

di ragazzine e di donne furonodeportate e costrette alla prosti-tuzione. Tuttavia, soltanto neglianni ‘90 si è cominciato a discute-re della violenza come crimine diguerra e lesione dei diritti umani.A ciò hanno contribuito l’elabora-zione della storia coreana e giap-ponese, così come le violenze dimassa perpetrate in Jugoslavia ein Rwanda.Le donne che furono costrette allavoro sessuale coatto nei campi

di concentramento nazisti risenti-rono di gravi danni fisici e psichi-ci. Dopo la liberazione continua-rono a tacere l’esperienza delleloro sofferenze. Solo in casi eccezionali fecerodomanda in Germania per avererisarcimenti. Spesso ciò avvennedopo che delle associazioni impe-gnate, come l’AssociazioneProgetto per le vittime dimentica-te del regime Nazionalsocialista diAmburgo, le ebbero indotte a far-

lo. Tuttavia non è noto un solocaso di donne che siano staterisarcite per aver subito sfrutta-mento sessuale.È giunto il momento che le donnesfruttate nei bordelli dei campi diconcentramento nazionalsocialistisiano riconosciute come vittime.

*Tratto dalla presentazione di Be Free- Cooperativa Sociale

contro Tratta ViolenzeDiscriminazioni

Il Consiglio Nazionale della Fnism, riunito a Napoli il 10 novembre 2013, ha approvato la seguente MOZIONELa Fnism stigmatizza la situazione che si sta determinando in sede di programmazione triennale dei Corsi diLaurea nelle Università per effetto della normativa in vigore a firma Gelmini.Gli Atenei sono infatti chiamati a programmare i Corsi di studio in base alle proposte delle Strutture Primarie,sorte in sostituzione delle vecchie Facoltà per effetto della Legge di Riforma del Sistema Universitario Nazionale,giunta da poco a compimento.Nella programmazione si dà rilevanza al parametro numerico in riferimento alla consistenza quantitativa del corpodocente strutturato, mentre si ignora, o comunque si sottovaluta, il dato relativo alla consistenza numerica deglistudenti, che costituiscono la principale risorsa rispetto alla quale ogni corso di studio dovrebbe essere legittimatoad esistere.Di conseguenza:- Si penalizzano i corsi con pochi docenti strutturati, peraltro in una previsione triennale da presupporre comeinattendibile in virtù delle previste immissioni di nuovi professori e ricercatori con carico didattico reclutati aseguito di apposite procedure concorsuali, alcune delle quali, tra l'altro, in fase di espletamento.- Si premiano, con pesanti conseguenze sul piano erariale, i corsi con un organico di professori esuberante e conpochi studenti (in alcuni casi è addirittura possibile annoverare soltanto una decina di nuovi iscritti per il cor-rente anno accademico). - Non si prende invece in considerazione che il fattore determinante, in una fase in cui assumono un rilievo stra-tegico la valutazione (ANVUR) e la necessità di tagli alla spesa pubblica, il vero parametro di riferimento nonpuò che essere quello riconducibile al dato demografico dell’utenza. Presso l’Università della Basilicata si rischia di dare vita proprio a tale paradosso. Infatti, nel Dipartimento di Scienze Umane funzionano (e si ipotizza di riprogrammare) Corsi di Studio conpochissimi studenti (e professori a sufficienza), mentre si profilano ipotesi inaccettabili per il nuovo Corso diStudio a ciclo unico quinquennale in Scienze della Formazione Primaria, che annovera un elevato numero di stu-denti, tanto che per quest’anno la selezione, che ha riguardato circa 400 aspiranti, è sfociata nella completacopertura dei 120 posti assegnati dal Decreto Ministeriale per il numero chiuso. Vi è da considerare che, giacché i professori “esponibili” sono soltanto cinque, vengono ipotizzate decisioniinammissibili come quella di dare vita ad un Corso di Studio inter-ateneo a livello inter-regionale con l’Universitàdi Lecce, ignorando che la Legge istitutiva del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria ha sancitola regionalità di suddetti corsi ed è per questo che ne esiste solo uno in ogni regione.Di contro, la configurazione di inter-ateneo ha riguardato unicamente possibili raccordi (e accordi) a livellointra-regionale, laddove essi sono stati finora realizzati. Risulta praticabile, invece, l’ipotesi di un Corso di Studio a livello inter-strutturale (inter-dipartimentale) facen-do leva sui settori scientifico-disciplinari dello stesso Ateneo coerenti rispetto agli insegnamenti del Corso diStudio in parola. Il Consiglio Nazionale della Fnism esprime la propria fiducia sull’azione di stimolo e di controllo del MinistroCarrozza, dei Rettori e degli Organi preposti, al fine di garantire un’efficace programmazione che coniughi leesigenze di contenimento della spesa e la razionalizzazione delle risorse professionali esistenti nell’interesse pri-mario di una formazione adeguata delle giovani generazioni.

MOZIONE FNISM

LA DIFFICILE PROGRAMMAZIONE DEICORSI UNIVERSITARI

iI

L’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 23

TOPONOMASTICA FEMMINILE

nel Laziodi Livia Capasso

Dopo il successo della mostrafotografica sulle targhe stradaliintitolate a figure femminili, alle-stita il 6 e 7 ottobre del 2012 aRoma nei locali della CasaInternazionale delle Donne inoccasione del I Convegno nazio-nale, abbiamo proseguito le ricer-che e dato vita ad un consistentearchivio fotografico, che ha accol-to anche realtà oltre i confininazionali.Le donne del Novecento sullestrade di Roma: questo il titolodella mostra fotografica itineran-te, esposta in alcuni centri cultu-rali e biblioteche di Roma, fruttodi un intenso lavoro di ricerca-azione che ha coinvolto quattroscuole superiori della capitale. Ilprogetto didattico, realizzatograzie anche al finanziamento

della Commissione delle Elette delCampidoglio, ha preso complessi-vamente in esame circa 200 intito-lazioni, sul totale delle oltre 600strade femminili presenti nellatoponomastica romana. Le allievee gli allievi hanno conosciuto,molto spesso per la prima volta,figure storiche, donne impegnatenella politica, nella difesa deidiritti, nella lotta per la libertà;accanto a loro anche scrittrici,poete, giornaliste, artiste, scien-ziate, tutte figure che, pur aven-do contribuito a definire la realtàin cui viviamo, sono ignorate etrascurate dai manuali in adozio-ne nelle scuole. Non solo aspettiteorici nel percorso di lavoro: percurare l’elaborazione delle imma-gini fotografate è stato organiz-zato per docenti e studenti uncorso di Photoshop, in modalitàblended learning. Il progetto Ledonne del Novecento sulle stradedi Roma si è classificato al secon-do posto (ex aequo) nella sezione

artistica della VI edizione delPremio "Pari e diversi" dell'Uni-versità di Cassino e Lazio Meri-dionale, confermando l’alto valo-re didattico e formativo dell’ini-ziativa.

Il primo assaggio di questo lungoe complesso lavoro condotto dallealunne e dagli alunni di Roma si èavuto presso la Gipsoteca della

24 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

Toponomastica Femminile 2013Nuove strade per la didattica

di Pina Arena*

Per Toponomastica Femminile –di cui la Fnism è parte- il 2013 è stato un anno ricco di azioni che hanno datovita a una molteplicità di iniziative su gran parte del territorio nazionale.Un’intuizione semplice è diventata il grimaldello capace di scardinare l’invisibilità della disparità che tanteprassi educative di genere faticano a rendere evidente: le donne non ci sono neanche nelle intitolazioni, comenei luoghi di potere o nelle cariche apicali, negli ambiti professionali di tradizione maschile. I numeri dei censimenti sono solo il momento di partenza: ora a scuola, le ragazze e i ragazzi diToponomastica femminile li trasformano in biografie, in ricerche di archivio, in testi poetici, in prosa creativa;usano parole di denuncia, raccontano storie interrotte e dimenticate di donne invisibili alle quali restituisco-no evidenza e figura. Così nel 2013 fioriscono, dal Sud al Centro, al Nord del Paese, i Concorsi per le intitola-zioni femminili locali, in collaborazione con le amministrazioni alle quali i \le giovani danno chiari segnali diresponsabilità civica.La didattica di Toponomastica femminile ha fatto anche rete, stringendo alleanze e abbracciando il territorio,collaborando con associazioni o Enti culturali per avviare progetti condivisi: a Catania con l’UDI; a Teramocon Senonoraquando; a Terni con la Bct (Biblioteca comunale); in Calabria con la Fondazione antiviolenzaLanzino, che Franco e Matilde Lanzino hanno creato a Cosenza, nel 1989, appena un anno dopo la mortedella figlia Roberta, vittima di femminicidio, Anche i linguaggi dei percorsi didattici di Toponomastica femmi-nile si rinnovano ed espandono: dopo quelli verbali, ecco prendere il volo il linguaggio della fotografia che è al centro del lavoro dei licei roma-ni confluito nella mostra “le donne del Novecento sulle strade di Roma” realizzata presso la BibliotecaNazionale Centrale grazie alle Consigliere Gemma Azuni e Monica Cirinnà con il contributo dellaCommissione delle Elette del Comune di Roma. Arriva, così, il primo libro pubblicato a scuola da studenti e studentesse “toponomasti\e”: s’intitola “Tre stra-de per tre donne a Catania”. Fioriscono anche le collaborazioni con i giornali, da “Il Carrettino delle idee” a“Dol’s.”. Le esperienze realizzate nel 2013 costituiscono un punto di arrivo e insieme di partenza: aprono lastrada al Concorso nazionale “Sulle vie della parità”, patrocinato da Senato della Repubblica, che arriverà aldeadline, non poteva essere altrimenti, l’8 di marzo del 2014, un’occasione di incontro e di confronto per lescuole italiane, un’occasione per ripensare e rinnovare la scuola in una prospettiva di genere. Ci saranno,accanto alle regioni che già hanno contribuito alla sperimentazione di percorsi didattici in chiave toponoma-stica femminile, le nuove adesioni che giungono dall’Umbria, dal Molise, dal Friuli, dal Veneto, dalla Puglia,dalla Toscana. Nuove strade per una scuola nuova che dà valore alla differenza.

*Presidente Fnism Sicilia

TOPONOMASTICA FEMMINILE

Facoltà di Lettere dell’UniversitàLa Sapienza, in occasione delseminario “Che genere di pro-grammi? Percorsi e canoni peruna scuola che cambi” nel feb-braio 2013.E’ stata quindi la volta dei centriculturali: la mostra è stata espo-sta, tra marzo e aprile, nei tre cen-tri culturali comunali intitolati aGabriella Ferri, Aldo Fabrizi e ElsaMorante. Anche le bibliotechesono diventate, in questa occasio-ne, degli spazi espositivi. La primaad ospitare la mostra è stata labiblioteca di Aprilia, che ha sceltola data dell’8 marzo comemomento di riflessione sul ruolodelle figure femminili nella storiadel XX secolo; in seguito anche laBiblioteca Comunale Borghesianadi Roma ha accolto, nel mese diaprile, le immagini delle vie fem-minili. Ma l’appuntamento che haavuto maggiore visibilità e riso-nanza è stato quello organizzatoalla Biblioteca Nazionale Centraledi Roma tra aprile e maggio, occa-sione straordinaria durante laquale numerose persone, di cultu-ra ed età differenti, hanno cono-sciuto storie femminili spessopoco conosciute o del tutto igno-rate, verificando in concreto losquilibrio culturale di genere.(vedi “L’Eco della scuola nuova”n. 1-2 2013).Infine le fotografie delle vie fem-minili di Roma sono state ospita-te, nella tarda primavera, anchenelle sale dell’UNAR (Unione delleAssociazioni Regionali di Roma edel Lazio) grazie all’interessamen-to dell’Associazione FogolarFurlan che riunisce i friulani resi-denti nella capitale. Un intenso 2013 concluso, nellasettimana che precede il Natale,con un’ultima esposizione foto-grafica, di nuovo organizzata nel-la sede romana del FogolarFurlan. La mostra ha cercato, conuno sguardo da lontano, di imba-stire un intreccio di memorietoponomastiche, un gemellaggioideale fra realtà geografiche -Roma e le città del Friuli VeneziaGiulia – distanti eppure inaspetta-tamente vicine.

in Lombardia di Nadia Boaretto e Danila Baldo

A Milano, in una classe della scuo-la media “Rinascita” viene avvia-

ta la riflessione sulle vie dellaparità con un progetto che inte-gra il percorso curricolare.L’obiettivo è quello di far conver-gere proposte provenienti dallevarie discipline per portare alun-ne\i a riflettere sui ruoli assegna-ti alle donne e sulla memoria fem-minile. si lavora nell’ambito dellalinguistica (attraverso la riflessio-ne sul sessismo nella grammaticaitaliana), sulla comprensione deltesto (attraverso la lettura di fia-be e la riflessione degli stereotipisessuali); sulla produzione deltesto (attraverso la riscrittura difiabe con un finale alternativoche non presenti preconcetti sullafigura della donna); sulla , par-tendo da una fiaba tradizionale(cenerentola); sulla produzioneorale (con esercitazioni sulle tec-niche di intervista); nella ricercastorico-sociale (attraverso le storiedelle partigiane e del loro ruolonella liberazione). infine, inbiblioteca viene promosso un tor-neo di lettura, a cura dellebibliotecarie della classe, sul testo“Le tre donne forti”.

A Lodi, una bella biciclettata, afine maggio, per le vie della cittàdedicate a personaggi femminili,con studenti che recitano le lorobiografie, che suonano le loromusiche e interpretano le loropoesie!! Maria Hadfield (piùconosciuta, guarda un po’, con ilcognome del marito, Cosway),Angela Pugni (anch’essa ricordatacome Danelli), Carlotta Ferrari,Santa Chiara, Lina Minestra, AdaNegri, Santa Caterina, Giusep -pina Strepponi, Santa FrancescaSaverio Cabrini… sono solo alcu-ne delle figure - alcune locali altrenazionali - che saranno ricordate,pochissime percentualmente,rispetto all’altro genere, maesempi importanti.Il lavoro didattico sullaToponomastica femminile, inizia-to nel 2011 con due classi, si è

esteso in seguito a tante altrescuole e ha attirato l’attenzionedi diversi consigli comunali e diassociazioni che ne hanno diffusoil significato e l’importanza. Nel2013 si è creato un gruppo lodi-giano di Toponomastica femmini-le, patrocinato dal Comune diLodi, che è composto da setterealtà scolastiche e una quindici-na di docenti, che parteciperannoal concorso nazionale “Sulle viedella parità”, ciascuna classe conun proprio progetto di approfon-dimento e ricerca. Il lavoro di tut-te ruota intorno alla vicenda diHadir, la studente diciannovenne,nostra alunna, portata via il 3febbraio 2013dal rogo dellacascina nella quale viveva con lafamiglia. Davanti al nostroIstituto c’è una curata e ampiaarea verde, con un viottolo cheogni giorno la studente dicianno-venne Hadir attraversava perrecarsi a scuola: se avesse potutoconcludere la classe quinta, avreb-be conseguito il diploma di tecni-ca dei servizi turistici. Hadir ama-va cantare, come era scritto nelsuo nome che significa in arabo“suono armonioso”. Consapevolidell’enormità della tragedia , si èdeciso di intitolare proprio adHadir quest’area verde, un luogoche per lei è stato importante eche può diventare “simbolico”per tutti, non solo per chi l’haconosciuta, ma anche per lecomunità italiana e araba, unitenel dolore: “Il Giardino di Hadir”potrebbe essere l’intitolazione,anche perché in arabo la parola“giardino” è sinonimo di“Paradiso”. In questo caso non sitratta di ricordare una santa (laprevalenza delle vie dedicate adonne) o una donna famosa, masi tratta di una giovane studentestraniera, forse solo sfortunata oforse vittima delle condizionisociali in cui viveva… ma serve asottolineare l’importanza dellostudio anche per le donne e lavalorizzazione delle loro aspira-zioni e qualità. La biciclettata termina proprio alGiardino di Hadir, dove gli/le stu-denti suoneranno e canteranno, esarà scoperta la targa dedicataalla giovane studente.

in Campania di Giuliana Cacciapuoti

L’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 25

TOPONOMASTICA FEMMINILE

Il successo dello scorso anno del I°concorso di Toponomastica fem-minile a Napoli, che ha concluso ilsuo iter con l’intitolazione ufficia-le, in sede di Commissione topo-nomastica comunale, alle tre don-ne indicate dalle classi vincitriciche hanno preparato le biografiedi Enrichetta Caracciolo, RitaAtria e Hannah Arendt, di altret-tante strade cittadine, ci ha fattoindire la seconda edizione , conuna nuova proposta didattica. Il2° Concorso, che si concluderà nel2014, è rivolto alle scuole secon-darie superiori della RegioneCampania e premia originali per-corsi didattici che riscoprano trac-ce dell’attività delle donne sul ter-ritorio di riferimento della scuola. Nel corso del Convegno nazionaledella Fnism di Napoli il 9 novem-bre, grazie anche all’invito diMargherita Calò, Presidente dellalocale sezione Fnism, abbiamotenuto la presentazione ufficialedel concorso. Inoltre abbiamoavviato una collaborazione didat-tica sui temi del Concorso, conSuor Orsola Benincasa, vera citta-della del sapere al femminile ,sospesa tra il mare e il cielo diNapoli, che ospita l’intero ciclodidattico dalla scuola dell’infan-zia all’Università specializzata neitemi educativi innovativi.Quest’anno oltre al Patrocinio daparte della Consulta delle elette edella Commissione Pari opportu-nità del Comune di Napoli,l’Associazione” Le Sentinelle ”che tutela con la sua opera divolontariato un ecosistema uniconella regione Campania ,l’Oasi deiVariconi, offrirà alla classe autricedel percorso tematico al femmini-le più creativo, una visita guidataspeciale all’area protetta. Ci èsembrato come Toponomasticafemminile della Campania disostenere, con questo nuovo rap-porto di collaborazione, il cam-biamento culturale e civile dellasocietà campana, non solo nelrispetto della memoria storica alfemminile, ma strumento adattoper rendere omaggio all’impe-gno ambientalista, a tutela edifesa della propria terra, che ledonne campane hanno intrapresocon coraggio, in questi anni.

in Abruzzodi Maria Scarponi

Teramo- Il comitato“SeNonOraQuando?” di Teramoper l’anno scolastico 2013-2104 hacondiviso l’iniziativa didatticapromossa dal gruppo “Topono-mastica Femminile” e, con ilpatrocinio della consigliera diparità provinciale di Teramo, hadiffuso il bando del concorso“Sulle vie della parità” presso tut-te le scuole superiori della città. E’ stata prevista una selezionelocale dei lavori e ci si è inoltreaccordati con le amministrazionicomunale e provinciale affinchévengano intitolati tre luoghi pub-blici (la Sala Polifunzionale dellaProvincia di Teramo, la Sala espo-sitiva comunale ed il Parco comu-nale della scienza) alle tre figurefemminili che verranno alla lucedai migliori lavori nelle scuole.Dei partner culturali (Archivio diStato di Teramo, BibliotecaProvinciale “Melchiorre Delfico”di Teramo, i Musei Civici Cittadini,l’Associazione “Teramo Nostra”)hanno manifestato interesse perl’iniziativa e dato la loro disponi-bilità ad offrire collaborazionenelle fasi di ricerca.Per le classi che elaboreranno imigliori lavori, il premio (concessodalla Consigliera di ParitàProvinciale di Teramo) sarà unavisita di istruzione a Romaseguendo un itinerario di genereriportato in uno dei libri “RomaPercorsi di genere femminile” diMaria Pia Ercolini.

in Siciliadi Pina Arena

Nel 2013 in Sicilia, con ilConcorso regionale “Sulle vie del-la parità” si raccolgono i fili diun percorso di innovazione didat-tica che ha coinvolto scuole ditutte le città dell’isola. Si premia-no fotografie, disegni, ricerchebiografiche che hanno riscopertostorie femminili di grande inte-

resse. A Piazza Armerina, aVittoria si riscrivono storie di don-ne del territorio, grandi ma pres-soché sconosciute. A Catania siintitolano tre strade a tre donne esi pubblica un libro che raccogliele storie di 50 donne dimenticate:le loro biografie sono state scrit-te dalle\dagli studenti e sono orapubblicate insieme alle motiva-zioni di chi le ha proposte.La forza delle azioni didattichesiciliane sta anche nella sinergiastabilita con il mondo dell’associa-zionismo, dalla Fnism, all’UDi, aSEN, alla Fidapa. Fioriscono cosìiniziative condivise che allarganogli orizzonti delle attività scolasti-che e la prospettiva della coope-razione diventa cittadinanza atti-va. Toponomastica femminile alle-stisce pannelli fotografici di tar-ghe stradali e partecipa allamostra dell’UDI “Donne e mafie”.Le giovani donne incontrano ledonne dell’associazionismo stori-co e ne raccolgono l’eredità.Giovanna Crivelli dell’UDI coinvol-ge le giovani delle scuole diToponomastica femminile nellospettacolo “Ferite a morte” diSerena Dandini e insieme sosten-gono intitolazioni alle donne vit-time di violenza. L’associazioneSEN, intitolata a Stefania Noce,coinvolge le docenti già attive neipercorsi di Toponomastica femmi-nile in azioni per la memoria del-le donne vittime di femminicidio,contro la violenza. Attraversoqueste strade di cooperazione,Toponomastica Femminile inSicilia ha aperto un movimentoculturale che vuole incidere sullarealtà , combattere la discrimina-zione, per assicurare ai\alle ragaz-ze\i un futuro di pari opportunitàe di equità.

Le iniziative autunnali sono ripar-tite poi da Palermo dove, dal 31ottobre al 3 novembre, si è svoltoil II Convegno nazionale diToponomastica Femminile, ospita-

26 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

TOPONOMASTICA FEMMINILE

to nei locali dei Cantieri Culturalidella Zisa. Anche qui una raccoltadi fotografie di targhe stradali diPalermo e della Sicilia in particola-re, ma anche di altre città italianee non solo, ha sottolineato la pre-senza femminile nelle strade cit-tadine. A Catania pannelli topo-nomastici dedicati alle tante don-ne, che hanno fatto dell’impegnocontro le mafie la ragione dellaloro vita e anche di quelle chehanno scelto e scelgono di nonabbandonare la cultura e la prati-ca della violenza e della morte,sono stati inseriti nella MostraUDI “Donne e mafie” (Palazzodella Cultura, 15 dicembre 2013 -15 gennaio 2014). I ragazzi e leragazze di un Istituto superiore diCatania hanno voluto dedicare unpannello anche alle donne per lequali vorrebbero intitolazioni:Giuliana Saladino, Rita Bartoli,Felicia Impastato, GiovannaGiaconia Terranova.

in Piemontedi Loretta Junck

Il contributo del Piemonte aToponomastica femminile è statonecessariamente commisuratoalle limitate forze in campo. Larisposta delle istituzioni alle solle-citazioni è stata scarsa. Pochi i sin-daci che hanno risposto alle lette-re in cui si richiedevano i datinecessari per la ricerca: 16 su 315nella provincia di Torino, 3 su 190in quella di Alessandria, 20 su 118in quella di Asti, 8 su 82 nelBiellese, 31 su 250 nel Cuneese, 12su 88 nel Novarese, 6 su 77 nellaprovincia di Verbano CusioOssola. I comuni della provincia diVercelli non sono stati raggiunti.I censimenti sono stati comunqueeffettuati per tutte le province,per la generosa collaborazione diparecchie toponomaste di altreregioni, la Campania in prima fila,sulla base per lo più degli stradaridell’Agenzia del Territorio.Qualche stradario è stato recupe-rato sulla rete. È stata garantita la presenza dellareferente regionale o di collabo-ratori di Toponomastica femmini-le alle cerimonie di inaugurazionedelle targhe femminili di cui si èavuta notizia: quella del giardinoMarisa Bellisario il 14/12/2012 e divia Adelaide Aglietta il 12/7/ 2013.Si è accolta la proposta dell’Asses-

sorato allo Sport, Politiche giova-nili e Toponomastica del Comunedi Torino, di condurre una ricercasulle intitolazioni a donne distin-tesi nel campo dello sport, e conl’entusiastica collaborazione delgruppo si sono raccolti i dati rela-tivi alle atlete cui sono state dedi-cate targhe di strade o altri luoghipubblici. Il testo redatto sulla basedi tale ricerca è stato inviatoall’Assessorato suddetto, chedovrebbe utilizzarlo quandoTorino, nel 2015, sarà CapitaleEuropea dello Sport.È stata avviata dal settembre 2013una collaborazione con R.B.E(Radio Beckwith Evangelica) e,attraverso un redattore dellaradio, con il blog collettivoBradipodiario, sul quale, a firmadella referente del Piemonte,compaiono mensilmente articolisulla toponomastica femminiledelle Valli valdesi o sulle figure didonne valdesi meritevoli di even-tuali intitolazioni.È stata allestita una mostra foto-grafica nei locali della BibliotecaCivica di Villa Amoretti a Torino,dall’1 al 15 febbraio 2014, con lapresenza di Maria Pia Ercolini edella referente piemontese nel-l’incontro di presentazione dell’8febbraio.Non ancora soddisfacente la dif-fusione sul territorio delle iniziati-ve del gruppo di Toponomasticafemminile nel campo della didat-tica, sebbene non siano mancati itentativi di far conoscere il bandodel Concorso nazionale per lescuole.I contatti con le Consigliere diparità provinciali e regionale, atti-vati a questo scopo, non sono sta-ti utili. Infatti, come è stato inseguito chiarito, l’azione delleConsigliere si concentra quasiesclusivamente sulle discrimina-zioni nel campo del lavoro, nonesistendo finanziamenti adeguatiper le attività di tipo culturale e diprevenzione della discriminazio-ne, che pure sarebbero necessa-rie.Sulla diffusione delle iniziativeper le scuole si dovranno concen-trare gli sforzi in futuro. I contattiche già si sono presi per prepara-re la mostra di Torino si sperapotranno dare buoni frutti.

…..e inoltre“Strada alle donne” è stato il tito-lo della mostra proposta a

Genova all’interno del Festivaldell’Eccellenza Femminile, dedica-to a Donne e Diritti. La mostra,inaugurata il 21 novembre e rima-sta aperta fino al 30 novembre, èstata allestita nel prestigiosoSalone di Rappresentanza dellaProvincia, Palazzo dellaPrefettura, in concomitanzaanche con la settimana “Genovadice no alla violenza” durante laquale si sono succeduti eventicontro il femminicidio. Le donnerappresentate, titolari di targhestradali, si sono tutte distinte peraver difeso un diritto, quello allavita, alla libertà, al lavoro, allostudio. Ogni città ha contribuitocon intitolazioni significative, apartire dalla stessa Genova, cittàMedaglia d’oro della Resistenza,dove è stata recentemente inau-gurata la via “Donne dellaResistenza”, e che ha propostointitolazioni ad alcune partigianeparticolarmente valorose. I contri-buti sono arrivati anche dall’este-ro, da Friburgo con le donne chehanno lottato per la parità, e daParigi dove è nato il femminismo.Appena qualche giorno dopo, il23 novembre, a Chioggia, nellaSala Consiliare del PalazzoMunicipale, in occasione delConvegno Toponomastica femmi-nile Regione Veneto, un’altramostra fotografica, “Sulle vie del-la parità”, ha illustrato le donnepresenti nelle strade italiane,organizzandole in varie catego-rie: partigiane, letterate, “belle”donne, musiciste, poete, scienzia-te, lavoratrici, artiste, vittime ditutte le guerre, politiche, bene-fattrici. Grazie all’impegno generoso del-le referenti locali, regionali e pro-vinciali, spesso sostenute dalleconsigliere PO all’interno delleistituzioni, allo spazio che ci dedi-ca la stampa, online e cartacea,alle interviste radiofoniche, ai ser-vizi televisivi, l’opinione pubblicacomincia a essere sensibile altema della disparità nelle intitola-zioni stradali, e i risultati sonoarrivati. Ne vorremmo ricordaresolo alcuni.Toponomastica Femminile hasostenuto e partecipato aBolsena, l’8 marzo, alla cerimoniacon la quale il comune laziale hareso omaggio alla concittadinaAnna Briscia e ad Emanuela Loicon l'intitolazione di due stradecittadine.

L’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 27

28 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuovaTOPONOMASTICA FEMMINILE

Per la provincia di Pistoia sonostati presi contatti con gli assesso-rati alle P.O. dei Comuni e dellaProvincia, che a breve intitolerà anomi di donna due sale del palaz-zo. Con il Comune di Pistoia sonoin corso contatti ed è stata lancia-ta l'idea di assegnare nomi fem-minili alle rotatorie, sempre piùpresenti sul nostro territorio. La cultura della toponomastica“al femminile”si sta gradualmen-te diffondendo anche inSardegna, dove le commissionitoponomastiche comunali piùlungimiranti stanno accogliendole proposte da noi presentate perun riequilibrio di genere. L’estatescorsa si è svolto a Pattada unconvegno riguardante il lavorofemminile, nel quale è stato datospazio alla nostra attività e allenostre proposte e che ha dato ini-zio a una collaborazione settima-nale con la nuova rivista online

“Sardegna Soprattutto”. Nelmese di dicembre Cagliari ha inti-tolato a Maria Piera Mossa, JoyceLussu, Rosa Luxemburg nuovestrade, a Giusy Devinu un’areainterna al parco della musica, e aEmanuela Loi uno svincolo strada-le; a Emanuela Loi e Maria CartaSassari ha dedicato due frequen-tatissimi parchi cittadini.A Milano è stato ottenuto ilpatrocinio dal consiglio di zona 6di Milano per diffondere il con-corso Sulle vie della parità, e per il2014 si sta pensando a una mostrafotografica anche nel capoluogolombardo.A Padova è stata portata avantiuna proposta di intitolazioneall'interno dell'università di unasala o di un dipartimento a RitaLevi Montalcini. Toponomasticafemminile ha partecipato il 28/02al convegno contro la violenza digenere, il 7/03 ad un altro conve-

gno in onore dell'archeomitolo-ga Marija Gimbutas, portandouna proposta di intitolazione diun piazzale, e il giorno successivoalla cerimonia di intitolazionedella sala consiliare a EricaFerazza. La nostra referente per ilVeneto è entrata nellaCommissione Toponomastica delcomune, con decreto di nominadel 14.05.2013; il 22 novembre hapresentato in Comune il concorsoSulle vie della parità.

Prendiamo atto con soddisfazione delle scelte fatte per la scuola nel pacchetto "L'Istruzione riparte" inse-rito nel Decreto Scuola. Da troppo tempo ormai sentivamo coniugare altisonanti affermazioni di principiosul valore della cultura e sul ruolo dell'istruzione per il rilancio economico del nostro Paese regolarmente seguite da interventi di taglio agli investimenti. Il decreto costituisce invece un segnale importante inquanto interviene su aspetti che incidono sull'efficacia del sistema seppure con tutti i limiti della situazio-ne attuale. In particolare sarà definito un piano triennale per l'immissione in ruolo del personale docen-te, educativo ed ATA- negli anni scolastici 2014/2016 e, per garantire continuità di insegnanti agli alunni disabili, viene autorizzata l'assunzione a tempo indeterminato di oltre 26.000 docenti di sostegno. Quanto ai libri di testo, ci si muove su una logica che abbina il risparmio all'innovazione l'adozione, deitesti scolastici diventa facoltativa; i docenti potranno decidere di sostituirli con altri materiali conferman-do così ipotesi da tempo in discussione. Troviamo anche misure volte a favorire il welfare studentesco (borse per trasporti e mensa, accesso al wire-less a scuola), misure per contrastare la dispersione scolastica, per recuperare il ruolo dell'orientamento,oltre a investimenti sulla formazione dei docenti. Naturalmente sia per l'entita' degli stanziamenti sia per i tempi previsti e per la quantita' dei problemiaperti, questo è solo un avvio. Altri interventi dovranno essere realizzati in tempi brevi, a partire dalla ride-finizione degli Istituti Tecnici e Professionali che con i nuovi piani di studio vedono rafforzate le materieteoriche mentre non vengono potenziati i laboratori e i rapporti con il mondo del lavoro, un nodo diffi-cile e delicato del nostro sistema scolastico e formativo, da sempre poco collegato alla cultura del mondodel lavoro. Pur con tutti i limiti che possono essere rilevati, diamo atto alla ministra di essersi davvero impegnata perriportare l'istruzione al centro dell'agenda politica,come lei stessa aveva dichiarato. Da troppo tempo scuola, universita' e ricerca sono stati il centro solo di tagli e riduzioni. Consideriamo quindi questo decreto come un segnale di inversione di tendenza, un richiamo a guardarealla scuola come ad un investimento e non ad una spesa e gia' questo determina quel clima politico posi-tivo cui il sottosegretario Rossi Doria, in un'intervista a La Stampa, attribuisce un forte rilievo. Infine, rileviamo come sia anche questo un modo per attuare la Costituzione che fa del diritto allo studioun cardine del sistema democratico. Speriamo che nuove perturbazioni di una perversa meteorologia politica non ci riportino indietro.

(10 settembre 2013)

MOZIONE FNISM

ARIA NUOVA PER LA SCUOLA?

L’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 29STATISTICHE

Il 2013 si è chiuso con la fotogra-fia dell’Italia contenuta nel 47°Rapporto CENSIS sulla situazionesociale del Paese. In particolare,per quanto si riferisce ai processiformativi, il Rapporto sottolineala necessità di recuperare unavisione comune di educazione eformazione. Come? facendo ilpunto sui processi di riformaavviati in questi anni nei diversisegmenti e realizzando un grandedibattito su questi temi per solle-citare il coinvolgimento collettivoe rilanciare il ruolo che i percorsiformativi possono avere nello svi-luppo del sistema Paese.Proprio in questa prospettiva,vengono analizzati alcuni processisettoriali. Il primo riguarda l’is truzionedegli adulti, che ha sicuramenteun ruolo strategico nella tenuta enello sviluppo sociale ma che inItalia rappresenta ancora un nododa sciogliere. Persiste infatti unlivello insufficiente di scolaritàcomplessiva, con titoli di studiobassi in ampi strati della popola-zione, anche tra i giovani. Sonoallarmanti i dati relativi al nume-ro di persone che non hanno con-seguito un titolo di studio. Questa situazione è strettamenteconnessa al fenomeno degliabbandoni precoci degli studi,con la difficoltà a cambiare i datiche testimoniano di un 43,7% digiovani tra i 18 e i 24 anni che nonsono più in formazione e hanno lasola licenza media. C’è una per-versa connessione tra i bassi titolidi studio, la difficoltà a trovarelavoro e una scarsa disponibilitàad investire in ulteriori percorsi diformazione. Rimangono anche elementi disquilibrio territoriale e mentre nel2012, a livello nazionale, la popo-lazione di età compresa tra i 18 ei 24 anni con al più la licenzamedia, o che non frequentavaaltri corsi scolastici o attività for-mative superiori ai due anni erapari al 17,6%, in alcune aree delPaese era al di sopra della sogliadel 20%: così nelle regioni meri-dionali (21,1%), o in Sicilia eSardegna, dove addirittura unquarto dei 18-24enni residentinon partecipava a alcun percorso

di studi o di formazione.La situazione è ancora più diffici-le per la popolazione immigrata,per la quale non solo si registranobassi titoli di studio, ma ci sonoanche problemi legati al ricono-scimento di titoli di istruzioneconseguiti all’estero, attraverso lavalidazione delle competenze, ela necessità di attivare percorsiindividualizzati, con un rafforza-mento linguistico. Altro nodo strategico del sistemariguarda la lotta alla dispersione,che nel nostro Paese, sebbenetenda a diminuire, continua amantenersi elevata e ad esserepersistente in alcune aree territo-riali.Numerose iniziative sono staterealizzate sia a livello nazionaleche territoriale per prevenire ecombattere la dispersione scola-stica e formativa e nonostante siregistri una tendenza alla riduzio-ne, i dati restano preoccupanti.Infatti in Italia nel 2011 alla finedel primo anno aveva abbando-nato gli studi l’11,4% degli stu-denti iscritti. Nelle regioni delNord e del Centro l’indicatore eradi poco superiore al 10% (nell’or-dine, 10,4% e 10,3%), mentre leregioni meridionali si contraddi-stinguevano per la maggioreintensità dei rispettivi tassi diabbandono, con valori pari al13% nel Mezzogiorno in comples-so e al 14,9% nelle sole Isole.Non manca uno sguardo all’inte-grazione scolastica degli alun-ni disabili, pari al 2,6% del tota-le degli alunni iscritti: i dati sullaloro distribuzione nell’anno scola-stico 2013-2014 testimoniano unaloro maggiore presenza nel set-tentrione delPaese, dove siconcentra il 38%del totale, segui-to dal Sud e isole(35,6%) e infinedal Centro, dovela percentuale èdel 19,9%. In treregioni si rag-giunge o si supe-ra quota 10%:Campania (10%),Lazio (11%) eL o m b a r d i a

(14,8%), seguite dalla Sicilia(9,7%). Il Lazio (come anchel’Abruzzo) si caratterizza come laregione con la più alta incidenzadi alunni con disabilità. Quanto ailivelli scolastici, si riscontra unacrescita con il procedere del per-corso di scolarizzazione, in parti-colare nel passaggio dalla scuoladell’infanzia (1,4%) a quella pri-maria (3%) e, più ancora, a quellasecondaria di I grado (3,8%). Dalrapporto tra il numero totaledegli alunni e i posti riservati agliinsegnanti di sostegno nell’orga-nico risulta che nel corrente annoscolastico il numero medio dialunni con disabilità per docenteè pari a 2.Che ne pensano i dirigenti scolasti-ci? In realtà le loro risposte deli-neano un quadro con luci e ombre.Per un verso sussistono infatti vin-coli e criticità alla piena integrazio-ne degli alunni con bisogni specia-li e per quasi un dirigente su quat-tro (23,6%) tale processo resta unproblema di difficile soluzione. Iprincipali fattori che ancora fannodella disabilità una criticità per lascuola sono: l’insufficiente numerodi insegnanti per le attività disostegno rispetto alla numerositàdell’utenza (70,6%); le difficoltànella gestione dei rapporti con glialtri soggetti coinvolti nel processodi inserimento – servizi socio-sani-tari, enti locali, altre scuole/entiformativi, ecc. – (39,9%) e dallainadeguata specializzazione deidocenti di sostegno rispetto allespecifiche disabilità (26,5%). Se lascarsità degli insegnanti di soste-gno in rapporto all’utenza è consi-derata tra gli impedimenti da circail 70% dei dirigenti che hanno

47° Rapporto CENSIS

30 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuovaSTATISTICHE

risposto, le difficoltà di raccordotra la scuola e la rete dei servizi sulterritorio sono denunciate soprat-tutto dai dirigenti scolastici delleregioni meridionali e insulari(50,5%), mentre l’inadeguata spe-cializzazione dei docenti di soste-gno in misura maggiore da quelliche operano al Nord (34,5%). Per altro verso troviamo dirigentiche hanno dichiarato che nei loroistituti l’integrazione degli alunnicon disabilità è un problema in viadi soluzione, grazie alla capacitàdi fare rete tra le diverse profes-sionalità della scuola – tra docenticurricolari e insegnanti di soste-gno (50,8%) e tra tutti i compo-nenti il personale scolasticodocente e non (31,8%) – e graziealla possibilità di utilizzare lerisorse del territorio e degli altrisoggetti a vario titolo responsabi-li dell’inserimento degli alunnidisabili (39,4%). È, infine, un mix che coniugainsieme didattica, responsabiliz-zazione educativa delle famigliedi origine e rete del territorioquello che scaturisce dalle azionipiù intraprese dai dirigenti per iquali l’integrazione degli alunnidisabili è oramai entrata a far par-te dell’ordinaria convivenza scola-

stica. Infatti, il 91,9% ha orientatol’azione dei consigli diclasse/interclasse in favore dellapromozione di occasioni diapprendimento, della partecipa-zione alle attività scolastiche deglialunni con disabilità e della colla-borazione alla stesura del Pianoeducativo individualizzato;l’81,8% ha promosso il coinvolgi-mento attivo delle famiglie el’80,3% ha curato il raccordo conle diverse realtà territoriali, nellaconsapevolezza che alla sola scuo-la non può essere attribuita laresponsabilità assoluta dell’attua-zione del diritto allo studio diquesta particolare categoria dialunni.

Secondo il Rapporto, infine, rima-ne aperta la sfida dell’integrazio-ne tra il sistema di istruzione equello della formazione profes-sionale.I percorsi triennali d’istruzione eformazione professionale (IeFp)costituiscono ormai una sceltaconcreta e sempre più perseguitaal termine della scuola secondariadi primo grado, anche per il com-pletamento dell’obbligo d’istru-zione. Questa scelta ha portatodai 23.563 allievi dei primi corsi ai241.620 dell’anno formativo2011/2012, e i primi dati relativi al2012/2013 segnalano un ulterioreincremento. Anche in questo caso, che ne pen-

Fanno molto male le immagini di banchi bruciati, pareti annerite, cavi elettrici divelti di una scuola distrut-ta da un incendio doloso. Fanno male quei resti di uova marce lanciate contro le pareti e le scritte vanda-liche. E’ grave se si tratta di un attacco all’istituzione scuola, perché come ci ricorda Malala Yousafzai, vittimadella battaglia dell'estremismo islamico contro l’istruzione “Un bambino, un insegnante, una penna e unlibro possono cambiare il mondo“. La scuola è un baluardo contro l’imbarbarimento e la regressione, è unpresidio culturale e di civiltà. E’ grave anche se è frutto di un atto vandalico da parte di soggetti che individuano in una determinatascuola un luogo sentito come nemico, secondo una visione politica incentrata pregiudizialmente suglischieramenti opposti e si sentono in dovere di lanciare messaggi intimidatori.Ma queste immagini fanno male anche se sono espressione dell’odio che nasce dal malessere e dal disagiodi singole persone fragili di cui la scuola non ha saputo intercettare i bisogni più profondi aprendo il var-co alla loro rabbia e alla loro volontà di distruzione.Non sappiamo quali dinamiche ci siano dietro l’incendio del Liceo Socrate, un istituto romano da tempoimpegnato oltre sul fronte dell’innovazione e della didattica anche ad affrontare tematiche difficili concui i giovani si confrontano, a partire dai temi dell’identità di genere e dell’omosessualità. In quelle aule abbiamo incontrato studentesse e studenti, insegnanti, dirigenti interessati non tanto a tro-vare facili soluzioni ma disposti a discutere, a confrontarsi, ad analizzare i problemi. Una scuola che provaa non cedere al conformismo e trae vitalità dal contesto sociale in cui è inserita, dove non mancano con-traddizioni e problemi. Una scuola che dialoga con le strutture pubbliche e con l’amministrazione e neottiene anche il sostegno e la collaborazioneA questo tipo di scuola va tutta la solidarietà della Fnism nella difficile strada del dialogo con i giovani enell’impegno a leggere criticamente i complessi problemi che li investono.

(15 luglio 2013)

MOZIONE FNISM

TEPPISTI IN AZIONE

L’ECO della scuola nuova Luglio-Dicembre 2013 31STATISTICHE

sano i dirigenti scolastici? A loroparere, la principale motivazionedella mancata attivazione di per-corsi di IeFp, soprattutto per gliistituti che non li hanno mai ero-gati, è riconducibile alla carenza didomanda da parte dei potenzialiutenti, che, a seconda dei casi, puòessere ricondotta o a un maggioreappeal dell’offerta di istituzioniscolastiche presenti sul territorio oa una scarsa domanda di percorsiprofessionali in genere. Anche chi ha sperimentato nelpassato tale proposta formativasegnala una domanda debole(31,8%), mentre una quota mino-ritaria di dirigenti interpellati(18,2%) ritiene che percorsi scola-stici e formativi debbano rimane-re distinti. Interessanti sono le opinioni inmerito ai bassi tassi di consegui-mento della qualifica da partedegli iscritti nelle istituzioni scola-stiche prima dell’introduzione delregime di sussidiarietà. Il 29,9%dei rispondenti segnala che moltiragazzi hanno deciso di non con-seguire la qualifica e proseguirenel percorso quinquennale, maun altro 26,2% afferma che ilfenomeno dipende dal fatto che ipercorsi triennali realizzati negliistituti scolastici sono troppopesanti, teorici, impegnativi. Tale

affermazione può essere diretta-mente correlata a quella di chievidenzia come molti ragazziabbiano preferito passare a fre-quentare corsi erogati dalla for-mazione professionale (24,4%)Un altro aspetto preso in conside-razione dall’indagine riguardal’impatto dell’attivazione di per-corsi triennali in regime di sussi-diarietà sull’organizzazione scola-stica e gli aspetti da migliorareper garantire una più efficacegestione dei corsi IeFp erogatinell’istituto. La maggior parte dei dirigentiscolastici (55,6%) si focalizza sullanecessità di elaborare metodolo-gie didattiche più affini alla tipo-logia dei corsi e dell’utenza e,nell’85,2% dei casi, ritiene che siasenz’altro un aspetto da migliora-

re; l’impatto sull’organizzazionecomplessiva delle attività didatti-che è segnalato dal 31,9% degliintervistati e gli attuali modelliorganizzativi sono ritenuti suscet-tibili di miglioramento nel 73,1%dei casi. Se solo il 10,4% di diri-genti, infine, sottolinea l’impattoprovocato dall’erogazione di ser-vizi di accompagnamento e sup-porto per l’utenza, ciò dipendeprobabilmente dal fatto che sitratta di un’attività ancora pocodiffusa.Numerose e diversificate sembra-no essere le azioni già intrapresedagli istituti professionali per ilsuccesso formativo degli iscritti aipercorsi triennali, innanzituttol’attivazione di stage (74,3%) o dipercorsi in alternanza scuola/lavo-ro (72,9%).

Ci sono cose che devono essere fatte per migliorare la vita delle persone ma che si stentano a fare. Cosìleggi che sanciscano il rifiuto dell'omofobia e mettano al bando comportamenti improntati all'istigazioneall'odio e alla violenza. Leggi sulle quali sembra esserci un accordo diffuso ma che restano ancora soloall'orizzonte. Ci sono cose che devono essere dette e trasformarsi in comportamenti e relazioni che aiutino a infrange-re tabù superati e permettano alle persone di essere se stesse, nel rispetto di tutte le diversità individualia condizione che si collochino in un contesto di responsabilità collettive e di regole condivise. Deve diven-tare realtà quell'eguaglianza dei diritti cui fa riferimento la Costituzione all'art.3 "senza distinzione di ses-so, di razza, di lingua" che forse troppi dei nostri concittadini non hanno ancora recepito.Continuano invece ad esserci troppe cose che non si vogliono vedere o dire e allora prevale l'acquiescen-za rispetto a un sistema dove gli stereotipi alimentano le false certezze e il conformismo, barattato peruna rassicurante normalità, diventa un mito da salvaguardare ad ogni costo. Ma c'è un luogo, in particolare, che non puo' arrendersi a questi comportamenti ed è la scuola, dove lenuove generazioni vivono il difficile percorso di costruzione della propria identità personale e sociale cheli trasforma in persone adulte. Un luogo in cui, più che nell'ambito della famiglia, ci si confronta con i tanti modi in cui vivere la propriaappartenenza di genere. Ma la scuola troppo spesso non vede, non sente, non parla, incapace di rappor-tarsi alle persone e ai loro problemi. E non basta coprire questi vuoti spostando l'asticella sul magico trit-tico delle conoscenze - competenze - abilità o parlare di successo formativo."Il soggetto, ragazzi, non dimentichiamo il soggetto" diceva l'insegnante che in tempi ormai lontani ciguidava nei meandri dell'analisi logica.

(12 agosto 2013)

MOZIONE FNISM

MORIRE DI SILENZIO

32 Luglio-Dicembre 2013 L’ECO della scuola nuova

DIRETTOREeDIRETTORE RESPONSABILEGigliola Corduas

COMITATO DIRETTIVOMarco Chiauzza, Luisa La Malfa, Domenico Milito,Elio Notarbartolo, Fausto Dominici.

REDAZIONEElisabetta Bolondi, Anna Maria Casavola, PaolaFarina.

DIREZIONE E REDAZIONE“L’ECO della scuola nuova”via delle Montagne Rocciose, 69 - 00144 RomaTel. 06.7858568 - 06.5910342 - Fax 06.5910342www.fnism.it - [email protected]

A QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATOPina Arena, Danila Baldo, Italo Bassotto, NadiaBoaretto, Elisabetta Bolondi, Marisa Caccia,Giuliana Cacciapuoti, Livia Capasso, AlessandroCasavola, Anna Maria Casavola, Claudio De Luca,Loretta Junck, Domenico Milito, FedericaMontanelli, Antonino Palumbo, Rita Paucera,Maria Scarponi, Liliana Zappi

EDITOREFnism, Federazione Nazionale Insegnanti,Registazione del Tribunale di Roma n. 424/81 del21/12/81

ABBONAMENTIPer gli iscritti FNISM l’abbonamento è gratuito.Il costo di un numero singolo è di € 3.10È possibile sottoscrivere l’abbonamento su- c.c.b. UNICREDIT IBAN:IT 35 Y 02008 05198 000401020572Intestato a Fnism - Federa zione NazionaleInsegnantiQuote:

Abbonamento ordinario € 25,00Abbonamento sostenitore € 50,00

IMPAGINAZIONEAlessia di Giovanni

STAMPATipografia DDF Grafica 2013 SrlVia Montenero, 47 - 00012 Guidonia MontecelioCell. 349.7482795E-mail: [email protected] di stampare Aprile 2014

PUBBLICITÀFnism, Federazione Nazionale Insegnanti,via delle Montagne Rocciose, 69 - 00144 Roma

La FNISM, Federazione NazionaleInsegnanti, fondata nel 1901 da GaetanoSalvemini e Giuseppe Kirner, è la primaassociazione professionale di insegnanticostituita in Italia. Ha una struttura federale che si articola insezioni territoriali e associa insegnanti del-le scuole pubbliche di ogni ordine e grado,personale direttivo e ispettivo della P.I.,docenti dell’Università. Offre ai propri asso-ciati l’opportunità di partecipare a progettidi ricerca e di innovazione scolastica, semi-nari e corsi di aggiornamento, gruppi dilavoro su argomenti didattici e dibattiti,proposte di politica scolastica e associativa.La FNISM, che si richiama alla laicità comemetodo di confronto e di vaglio critico del-le conoscenze, vuole il potenziamento del-la scuola pubblica, scuola di tutti, la valo-rizzazione della professionalità docente, ilriconoscimento di uno status di soggetti delprocesso formativo alla componente stu-dentesca, l’attribuzione ai capi di istituto diuna funzione di coordinamento dell’attivi-tà didattica e di gestione delle risorse sco-lastiche.È affiliata alla Fédération Européenne del’Enseignement et de la Culture, attraversola quale partecipa a programmi finanziatidell’Unione Europea e organizza scambi epartenariati. L’iscrizione si può effettuareversando la quota presso una delle sedilocali o utilizzando il c.c.b. Unicredit Iban:IT 35 Y 02008 05198 000401020572Intestato a Fnism - Federazione NazionaleInsegnanti. Si dovranno indicare, oltre allacausale del versamento, nome e cognome,indirizzo, materia/e di insegnamento, even-tuale sede di servizio.

Articoli, lettere, comunicazioni, messaggi,segnalazioni di mutamento di indirizzovanno inviati al seguente indirizzo: FNISM, via delle Montagne Rocciose, 69 -00144 Roma - Fax 06.5910342 [email protected] articoli devono essere inviati su editoreMicrosoft WinWord o compatibile.Gli articoli non pubblicati non verrannorestituiti.

L’ECOdella scuola nuova

Organo della FNISMFederazione Nazionale Insegnanti

fondata nel 1901 daGaetano Salvemini e Giuseppe Kirner

LE SFIDE CIVILI DELLA FNISM