ORDINAMENTO GIURIDICO E REALTÀ SOCIALE...sperienza giuridica esprime le regole sulle quali si...

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PARTE I ORDINAMENTO GIURIDICO CAPITOLO 1 ORDINAMENTO GIURIDICO E REALTÀ SOCIALE Sommario: 1. Società e diritto. L’esperienza giuridica. – 2. Correlazioni del diritto con altre esperienze sociali e culturali. – 3. La valutazione giuridica della realtà materiale. – 4. Ordinamento giuridico. – 5. Diritto positivo e diritto naturale. – 6. La scienza giuridica e le categorie generali. – 7. I principali sistemi giuridici: civil law e common law. 1. Società e diritto. L’esperienza giuridica. – È antica l’affermazione che ubi socie- tas ibi ius. Ogni comunità ha bisogno del diritto 1 per vivere pacificamente, assicurando ad ogni aggregazione umana una civile convivenza, al fine di consentire ai consociati di organizzare il presente e progettare il futuro, così nei rapporti esistenziali che nelle scelte economiche. Il diritto si svolge però intorno a fondamentali principi e valori nei quali la società storicamente si riconosce e intende realizzare in quanto il diritto proviene dall’uomo ed è in funzione dell’uomo, per essere l’uomo, ad un tempo, portatore di interessi e bisogni ed attivatore di azioni tendenti alla realizzazione degli stessi. Il diritto non è dunque me- ra somma di concetti e astrazioni, ma esprime la vita stessa di una società: attraverso il diritto si snoda la complessità delle relazioni umane quali si stringono e storicamente si modellano. I concetti e le astrazioni sono (essenziali) strumenti logici di rappresenta- zione dei fenomeni giuridici e di comprensione conoscitiva degli stessi oltre che (ne- cessari) veicoli di dialogo e ragionamento sui singoli problemi: ma la linfa che li nutre e li sostiene proviene dalla realtà, dalla vita di tutti i giorni che stimola bisogni ed esigenze e reclama sostegni e tutele. 1 Il termine “diritto” deriva dal latino medievale directus. Nel diritto romano classico il termine impiegato per indicare il “diritto” era ius. Correlativamente il termine “giuridico” deriva dal latino iuridicus, composto di ius (diritto) e dicere (dire); il termine “giudice” deriva dal latino iudex (colui che dice il diritto); il termine “giurisprudenza” deriva dal latino iurisprudentia, derivato di iurisprudens (esperto del diritto). La radice ius è presente in tutte le nomenclature inerenti all’attività giuridica: es. giurisdizione, giureconsulto, ecc.

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CAP. 1 – ORDINAMENTO GIURIDICO E REALTÀ SOCIALE 3

PARTE I

ORDINAMENTO GIURIDICO

CAPITOLO 1

ORDINAMENTO GIURIDICO E REALTÀ SOCIALE

Sommario: 1. Società e diritto. L’esperienza giuridica. – 2. Correlazioni del diritto con altre esperienze sociali e culturali. – 3. La valutazione giuridica della realtà materiale. – 4. Ordinamento giuridico. – 5. Diritto positivo e diritto naturale. – 6. La scienza giuridica e le categorie generali. – 7. I principali sistemi giuridici: civil law e common law.

1. Società e diritto. L’esperienza giuridica. – È antica l’affermazione che ubi socie-tas ibi ius. Ogni comunità ha bisogno del dirit to 1 per vivere pacificamente, assicurando ad ogni aggregazione umana una civile convivenza, al fine di consentire ai consociati di organizzare il presente e progettare il futuro, così nei rapporti esistenziali che nelle scelte economiche.

Il diritto si svolge però intorno a fondamentali principi e valori nei quali la società storicamente si riconosce e intende realizzare in quanto il diritto proviene dall’uomo ed è in funzione dell’uomo, per essere l’uomo, ad un tempo, portatore di interessi e bisogni ed attivatore di azioni tendenti alla realizzazione degli stessi. Il diritto non è dunque me-ra somma di concetti e astrazioni, ma esprime la vita stessa di una società: attraverso il diritto si snoda la complessità delle relazioni umane quali si stringono e storicamente si modellano. I concetti e le astrazioni sono (essenziali) strumenti logici di rappresenta-zione dei fenomeni giuridici e di comprensione conoscitiva degli stessi oltre che (ne-cessari) veicoli di dialogo e ragionamento sui singoli problemi: ma la linfa che li nutre e li sostiene proviene dalla realtà, dalla vita di tutti i giorni che stimola bisogni ed esigenze e reclama sostegni e tutele.  

1 Il termine “diritto” deriva dal latino medievale directus. Nel diritto romano classico il termine impiegato per indicare il “diritto” era ius. Correlativamente il termine “giuridico” deriva dal latino iuridicus, composto di ius (diritto) e dicere (dire); il termine “giudice” deriva dal latino iudex (colui che dice il diritto); il termine “giurisprudenza” deriva dal latino iurisprudentia, derivato di iurisprudens (esperto del diritto). La radice ius è presente in tutte le nomenclature inerenti all’attività giuridica: es. giurisdizione, giureconsulto, ecc.

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4 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

Il diritto è espresso da un insieme di regole (c.d. norme giuridiche) rivolte a confor-mare la organizzazione della società, riconoscendo e selezionando interessi degni di tute-la, apprestando gli strumenti di tutela degli stessi, fissando i meccanismi di svolgimento della vita sociale. Peraltro molti interessi non sono realizzabili autonomamente dagli uomini ma richiedono una necessaria aggregazione di uomini in gruppi e l’impiego di cospicui beni e mezzi, dandosi così vita ad organizzazioni collettive (associazioni, società, ecc.) valutate dall’ordinamento come entità esponenziali di interessi e riferimenti dell’a-gire economico e sociale.

L’ordine di una comunità non è però assicurato dal solo catalogo dei precetti giuridi-ci, spesso non conosciuti, ma è sostenuto anche dal concorso di dettami etici, precetti religiosi, esigenze economiche, tradizioni di comportamenti, criteri organizzativi di gruppi, che attingono alla complessiva esperienza sociale, in cui si dispiega la totalità della esistenza umana. Ad es., nelle relazioni commerciali, operano prassi e consuetudini co-stantemente rispettate dai singoli operatori economici, avvertite addirittura con maggior rigore delle prescrizioni di legge; in tema di famiglia, pulsa un complesso di valori ideali, costumi, dettami religiosi, sentiti e vissuti con maggiore intensità e severità delle regole giuridiche e che, accanto a queste ultime, caratterizzano la complessiva vita della comu-nità familiare. Sono fasci di doveri che si intrecciano con la imperatività dell’ordina-mento giuridico.

2. Correlazioni del diritto con altre esperienze sociali e culturali. – Le varie espe-rienze umane e sociali e i molti saperi culturali si atteggiano anche come ragioni di soste-gno al diritto e chiavi di lettura delle singole regole giuridiche.

Così, la morale e la religione 2 additano dimensioni non estranee alla realtà giuridica, per avere le due esperienze solo diversità di rilevanza dei relativi precetti. La medesima condotta, moralmente o religiosamente impegnativa, può essere considerata rilevante anche dal diritto: si pensi ad es. ai precetti di non uccidere e non rubare, che sono pecca-ti per la visione cristiana e reati per gli ordinamenti statali. Solo che la dimensione mora-le e religiosa si esaurisce nell’intimità della coscienza (foro interno), in ragione della con-fessione religiosa, della formazione culturale, dell’appartenenza politica, ecc.; la dimen-sione giuridica si svolge attraverso l’apparato ordinamentale (foro esterno). Il diritto si proietta nelle regole impegnative di convivenza, affinché le aspira zioni e le passioni dei singoli possano esprimersi in modo socialmente compatibile, così da realizzare equilibrio e coesione tra i consociati. La storia giuridica mostra talvolta maggiore permeabilità, ta-laltra più stridente antitesi tra precetti etici e religiosi e regole giuridiche in ragione della struttura sociale e del modello ordinamentale. È essenzialmente con l’illuminismo che la teoria dei “beni giuridici” si secolarizza o laicizza, assumendo rilevanza giuridica solo in-teressi tutelati dall’ordinamento.

Un nesso importante ha assunto nelle società moderne il rapporto del diritto con la

 

2 Il termine “religione” deriva dal latino religio derivato dal verbo religare “legare” per intendere il valore vincolante del singolo e del gruppo agli obblighi sacrali. Si calcola che in Italia, affianco alla religione cattolica che riunisce la grande maggioranza del popolo, viva una variegata galassia religiosa stimata in circa seicento gruppi minori con diversa entità, indole, e finalità. Evidentemente il riferimento alla religione non è tanto alle pratiche di culto quanto ma alle motivazioni di fede.

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CAP. 1 – ORDINAMENTO GIURIDICO E REALTÀ SOCIALE 5

economia, specie a seguito dell’affermazione del mercato come generatore di ricchezza. L’economia è parametro essenziale di programmazione e impiego razionale dei mezzi di produzione e di assorbimento dei prodotti, verso uno “sviluppo sostenibile”: orienta dunque la formazione del diritto, ma è al tempo stesso indirizzata e regolata dal diritto, dovendo il diritto esprimere la complessità della morfologia sociale 3. Sempre più al giu-rista si chiede di raccordare, attraverso la propria analisi, i valori espressi dall’ordina-mento con i presupposti economici necessari ad un efficiente funzionamento del sistema; come d’altra parte all’economista si richiede di apprestare soluzioni che tengano conto del quadro istituzionale della società civile.

Un discorso a sé va compiuto circa l’influenza della scienza e dunque della tecnica sul diritto. La ricerca scientifica induce alla elaborazione di tecniche in grado di influi-re sulla vita dell’uomo, dalle pratiche genetiche ai modelli di produzione, che orientano la formazione di regole giuridiche. Si pensi solo alla fecondazione medicalmente assisti-ta anche eterologa, rispetto alla formazione di nuovi gruppi familiari; si pensi alla in-venzione della macchina a scoppio rispetto alle tecniche di produzione industriale della società moderna e ai modelli economici e giuridici che ne sono derivati; si pensi allo sviluppo di internet rispetto ai nuovi modi di comunicazione a distanza e ai doveri di informazione che sono stati introdotti. Però non tutti i risultati della scienza sono con-validati dalla morale e/o accettati dalla società: anzi spesso sono contrastati, in ragione della tutela della persona umana (si pensi al dibattito circa la clonazione e la disposi-zione di embrioni, o anche ai limiti dettati dalla tutela dell’ambiente e dell’arte 4).

Venendo al diritto, le relative funzioni e definizioni risentono degli angoli di osser-vazione dello stesso, in ragione degli obiettivi che la singola scienza che lo esamina si pre-figge 5. È proprio dei concetti il descrivere la realtà, mentre è proprio dell’ordinamento il prescrivere precetti di comportamento. Il giurista guarda al diritto come complesso di regole che consente una civile convivenza improntata ai valori operanti nell’ordina-mento: individua le regole vigenti, fissandone il significato e rendendole operative nella società; contribuisce alla formazione della cultura giuridica che ispira e sedimenta i pre-cetti giuridici, rendendosi così utile alla coesione sociale. Le regole giuridiche non sono dunque calabili in modo neutrale nella realtà materiale, ma vanno penetrate e interpreta-te in una prospettiva funzionale di costante adeguamento alla evoluzione dell’ordina-mento e alle specificità del caso concreto e dei contesti di operatività.

In tale ricostruzione un valore importante assume la storia, come dialogo con il pas-  

3 Se lo sviluppo delle comunicazioni mercantili ha favorito la dissoluzione della c.d. “società chiusa”, è anche necessario che dei processi di discussione critica e di dispiegamento del mercato, quali significative espressioni della c.d. “società aperta” (Popper), siano partecipi tutti i protagonisti della società civile. Anche l’economia deve essere dunque partecipe dei vincoli di solidarietà sociale e di tutela della qualità della vita delle persone.

4 La cultura greca era solita considerare la tecnica come necessariamente correlata all’etica e all’estetica, trovando in queste un limite insormontabile. Analogamente non ogni scoperta può confluire in un diritto senza il consenso sociale: la scienza non può da sola determinare “diritti individuali” senza la mediazione del-la politica che riconosca i portati della scienza compatibili con i valori storicamente vissuti dalla società.

5 Il filosofo guarda al diritto essenzialmente nella sua radice e nei modi di imporsi; il sociologo è attratto dall’impatto del diritto nella organizzazione del consenso sociale; l’economista, più disincantato, osserva il ruolo che il diritto esercita nello svolgersi dei processi produttivi; lo storico analizza il diritto nel suo emergere ed evolversi, e così via.

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6 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

sato per cogliere le radici del presente, governare l’attualità e costruire nuove idee e nuovi disegni. Senza coscienza storica non è possibile capire il presente e quindi pro-gettare il futuro.

3. La valutazione giuridica della realtà materiale. – Non ogni relazione sociale e in genere non ogni interesse e non ogni fatto materiale (comportamento umano o accadi-mento naturale) sono anche giuridicamente rilevanti: essenziale si rivela la valutazione che degli stessi compie l’ordinamento giuridico. Sia in relazione ad un interesse che ad un fatto materiale (umano o fisico) il diritto può assumere un duplice atteggiamento: di indifferenza , in quanto considerati irrilevanti e quindi non disciplinati; di r i levanza , in quanto ritenuti involgenti valori dell’ordinamento e quindi disciplinati. In questa se-conda ipotesi può tenere una posizione di apprezzamento, e quindi proteggerli e talvolta incentivarli, o di contrarietà, e quindi vietarli e talvolta punirli. Nell’opera di valutazione della realtà materiale concorrono considerazioni di varia indole e si riflettono culture ed esperienze di più scienze sociali.

Un fenomeno è giuridicamente disciplinato e dunque diviene giuridico quando l’inte-resse o il fatto materiale (umano o naturale) incide sul modo di essere e sentire della co-munità sociale, sicché la stessa società avverte l’esigenza di prevederlo e regolarlo. L’e-sperienza giuridica esprime le regole sulle quali si fondano i rapporti tra i membri di una comunità o si definiscono i rapporti tra comunità estranee, spesso assorbendo dettami di altre dimensioni sociali (etica, religione, politica, economia, ecc.) o raccogliendo consue-tudini esistenti, ovvero regolando conflitti di nuova emersione. Perciò il diritto è essen-zialmente dialogico e relazionale, rapporto e proporzione di ogni soggetto con il resto della comunità 6.

Al pari di ogni convivenza umana, anche il diritto ha dunque bisogno di un fonda-mento alla propria esistenza e di connesse regole che ne consentano l’attuazione. Gli in-distinti e spesso contrastanti interessi sociali sono valutati e selezionati secondo valori che, avvertiti come essenziali dalla società, si traducono in regole di comportamento che fissano i modelli di sviluppo e di integrazione sociale. Così il diritto svolge una funzio-ne complessa in quanto tende a garantire l’ordinato dispiegarsi delle relazioni e aspira-zioni umane nella pace sociale e secondo i valori accolti 7. Nelle società moderne il diritto è, a un tempo, presidio di garanzia delle posizioni personali e ragione di promozione e attuazione dei valori socialmente condivisi, con sostegno delle posizioni umane più de-boli.

Nella modernità società e diritto implicano concetti sinergici, esprimendo sostanza e forma, ovvero profilo materiale e profilo strutturale, di una medesima esperienza sociale. Il diritto è dunque nella sua essenza storicizzato e cioè localizzato nel tempo e nello spa-  

6 È ormai acquisita alla speculazione più moderna una prospettiva d ia log i ca del diritto, che radica nel dialogo e dunque nel consenso l’essenza della esperienza giuridica. Una concezione ontologica del diritto (che cioè ravvisa il diritto nella realtà) conduce a riconoscere una giuridicità preconcetta rispetto alle relazioni so-ciali, riposta nella natura delle cose o nella natura della persona umana, salvo ricondurla in ultima istanza ad una divinità o altro: ciò ha il limite di essere riconoscibile solo da alcuni soggetti o solo dai sapienti, prestan-dosi così a possibili deviazioni, spesso nefaste (dittature, fondamentalismi, ecc.).

7 Esistono convivenze che si fondano su basi religiose; altre che si riconoscono in ideologie della vita so-ciale; e così via. La convivenza di cittadini in quanto tali, su un medesimo territorio, realizza una comunità civile, che può essere su base locale, nazionale o più vasta: la convivenza sociale implica la necessità del diritto.

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CAP. 1 – ORDINAMENTO GIURIDICO E REALTÀ SOCIALE 7

zio, come espressivo della vicenda storica di una determinata società e dunque dei valori nei quali la stessa si riconosce. Anche l’assiologia, quale teoria filosofica dei valori o ca-noni interpretativi della realtà, è votata ad ammodernare storicamente i suoi referenti: nelle varie epoche, la divinità, l’individualismo, oggi la persona umana nella declinazione del solidarismo. Pure attraverso una visione assiologica della realtà, il diritto, per imporsi alla intera comunità con regole vincolanti, ha però bisogno della mediazione formale del comando: quanto maggiormente la ricaduta del diritto sui consociati si conforma al con-senso popolare, tanto più l’ordinamento (e dunque lo Stato) è democratico; quanto maggiormente se ne discosta, tanto più si rivela dispotico 8.

In una società organizzata democraticamente il diritto trae origine dalla volontà dei consociati e resta in vita fin quando perdura il consenso sociale (espresso attraverso i particolari sistemi di rappresentatività); ma al tempo stesso ricade e si impone coatti-vamente sui consociati stessi come complesso di regole di carattere autoritativo (norme giuridiche) 9. Un’autorità legittimata democraticamente è nella modernità istituzione es-senziale per governare uno sviluppo equilibrato della società, quale sintesi di prosperità economica e benessere esistenziale dei suoi componenti.

Una tradizionale raffigurazione porta ad attribuire due peculiari significati al diritto: in senso oggettivo e in senso soggettivo. Il primo (c.d. diri t to oggettivo) indica l’insie-me dei precetti giuridici vigenti, su cui si fondano i rapporti tra consociati o tra le diverse

 

8 Al fondo di tali problematiche c’è il tema generale della legittimazione del diritto e dunque del potere, che storicamente è stato variamente avvertito in ragione di diverse motivazioni (religiose, filosofiche, socio-economiche). Nelle visuali religiose, e specificamente nella tradizione cattolica e aristotelico-tomista, il diritto è l’ordine naturale oggettivo al quale il singolo deve conformarsi: il limite dei diritti è l’ordine naturale giusto. Nella ricostruzione laica moderna, che inizia col rinascimento e si approfondisce con il giusnaturalismo razio-nale, il diritto diventa prerogativa dell’individuo, che autonomamente agisce nella società: il limite dei diritti è il diritto altrui. La deriva della prima impostazione è la oppressione in nome della giustizia; la deriva della seconda è l’abuso della debolezza altrui. Come si vedrà, sono le Costituzioni del sec. XX a segnare una svolta profonda, in funzione di protezione della dignità umana (I, 3).

9 Si comprende come, nel delineare fondamento e funzione del diritto, si attinge inevitabilmente alle es-senze di sistemi filosofici e con questi ai modelli di organizzazione politica e sociale che storicamente si sono affermati o imposti. È possibile aggregare le varie ricostruzioni che storicamente sono emerse del diritto intorno a due nuclei fondamentali: da un lato, dottrine c.d. normative che valorizzano l’aspetto strutturale del diritto, ricostruendo il diritto come “sistema di comandi”, la cui legittimazione, meramente formale, è espressa dal-l’autorità che lo emana (concezioni c.d. volontaristiche o soggettive); dall’altro, dottrine in vario senso sociali, che ne esaltano il profilo sostanziale di interazione con la società, ricostruendo il diritto come “sistema di valo-ri”, la cui legittimazione, assolutamente funzionale, è radicata nel consenso sociale (concezioni c.d. organici-stiche o oggettive ovvero, con specifica attenzione ai valori, c.d. assiologiche). In una dimensione particolare si muovono le dottrine c.d. istituzionali, che pongono come prius dell’esperienza giuridica l’istituzione e cioè la struttura, l’organizzazione più o meno stabile di una società unitariamente intesa (l’istituzione è essa stessa di-ritto, in quanto non è ammissibile una società senza organizzazione). In realtà le varie impostazioni esprimono insopprimibili aspetti del diritto, che, nella sua essenza, vive in quanto sentito e osservato; e per la sua osservanza necessità di comandi e strutture.

Il degrado istituzionale e la inefficienza delle leggi a governare la contemporaneità ripropongono la valu-tazione delle radici del diritto. Osserva P. Grossi: “il diritto, anche se le sue manifestazioni più vistose sono in solenni atti legislativi, appartiene alla società e quindi alla vita, esprime la società più che lo Stato, è il tessuto invisibile che rende ordinata la nostra esperienza quotidiana, consentendo la convivenza pacifica delle reci-proche libertà”. Ciò è vero, ma è anche vero che solo l’attingere delle istanze sociali alla istituzione pubblica e alla forza della legge consente di assicurare la garanzia di libertà democratiche e l’affermazione di uno stato sociale.

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8 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

comunità (es. la normativa sulla proprietà). Il secondo (c.d. dir i t to soggett ivo in sen-so ampio), indica il potere attribuito al privato di assumere un determinato comporta-mento per realizzare un proprio interesse (es. il diritto del proprietario di godere e di-sporre di un bene) 10. Le due accezioni di significato del diritto sono sinergiche: in tanto un soggetto può vantare un diritto (e dunque un potere) in senso soggettivo in quanto sussiste un oggettivo precetto giuridico che lo riconosce e ne consente l’attuazione; an-cora al diritto oggettivo spetta apprestare gli strumenti di attuazione coattiva del diritto soggettivo quando lo stesso non è realizzabile autonomamente dal suo titolare ovvero non è soddisfatto dal soggetto che è tenuto ad osservarlo (si pensi al diritto di credito che richiede la cooperazione del debitore per la sua realizzazione) (VII, 1.4).

4. Ordinamento giuridico. – L’ordinamento giuridico è il complesso di regole vinco-lanti di cui si dota una determinata comunità, quale che sia la matrice culturale e sociale dei singoli precetti. Le regole sono ordinate in una tavola formale (appunto l’ordina-mento), attraverso una organizzazione che ne consente la formazione e ne presidia l’os-servanza: un sistema istituzionale procede alla selezione degli interessi confliggenti, con la predisposizione di strumenti in grado di garantire le scelte compiute.

Le singole norme giuridiche non operano autonomamente, ma sono tutte innervate in un complessivo ed unitario reticolo che tutte le comprende, che è appunto l’ordi-namento giuridico. Consegue che le singole norme interagiscono, svolgendosi tra le stes-se coordinamenti e completamenti.

a) Connotati strutturali essenziali degli ordinamenti moderni sono la effettività e la completezza.

La effettivi tà garantisce la produzione di regole giuridiche e ne garantisce l’appli-cazione. È tratto comune di ogni ordinamento prevedere meccanismi (sanzioni o incen-tivi) tesi a favorire l’osservanza delle regole. Nella prospettiva del diritto privato, quando gli interessi protetti dall’ordinamento sono violati (es. il cittadino è leso nel suo diritto di libertà, il proprietario è ostacolato nel godimento del bene, il creditore non riceve l’a-dempimento del debitore), operano gli apparati di coercizione dell’ordinamento per ri-stabilire l’ordine violato e ristorare gli interessi lesi.

La completezza indica che ogni fattispecie deve trovare regolazione all’interno del-l’ordinamento. È un profilo della certezza del diritto: la unitarietà del sistema in cui si collocano nel tempo le varie regole consente di apprestare soluzione anche a casi non espressamente previsti, pur sempre muovendo dal diritto vigente (le regole specifiche come i principi generali dell’ordinamento).

b) Le istituzioni di riferimento dell’ordinamento sono in perenne trasformazione. Nell’età moderna la comunità statale, radicata su un territorio definito, è apparsa

come la più ampia e pervasiva delle comunità; sicché l’ordinamento statale è stato tra-dizionalmente configurato come sovraordinato a tutti gli altri ordinamenti delle singo-le formazioni sociali sussistenti sul territorio statale, a presidio della unitarietà e stabili-tà di organizzazione della comunità nazionale. Anche il potere sanzionatorio di coerci-

 

10 L’esperienza anglosassone esprime i due versanti del diritto con i termini Law (per indicare il diritto in senso oggettivo) e Right (per indicare il diritto in senso soggettivo). Una duplicità terminologica era già in diritto romano, con le due espressioni norma agendi e facultas agendi.

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CAP. 1 – ORDINAMENTO GIURIDICO E REALTÀ SOCIALE 9

zione dell’ordinamento statale è stato considerato il più ampio di tutti gli ordinamenti giuridici.

Nell’età contemporanea, il diritto tende sempre più a non esaurirsi nell’ordinamento statale e nelle leggi che dallo stesso promanano: da un lato, le organizzazioni interna-zionali (e specificamente l’esperienza europea) e la progressiva globalizzazione econo-mica; dall’altro, la tendenza alle autonomie e al federalismo fanno emergere fonti del di-ritto ulteriori rispetto all’ordinamento statale, con il quale sono necessariamente correla-te e intrecciate nella determinazione del diritto applicabile. In tale ricerca la ricostruzio-ne del sistema è resa possibile attraverso l’interpretazione: la certezza del diritto è oggi assicurata non solo dalle singole norme autonomamente considerate (quasi tante “grida” di manzoniana memoria) ma dalla certezza del sistema come continuamente evolve ed è vigente, ricostruito attraverso l’interpretazione.

All’apice degli ordinamenti giuridici statali delle società moderne sono le Costitu-zioni, quali tavole dei valori e delle strutture nei quali le società civili si riconoscono, e che perciò devono essere il più possibile condivise dal corpo sociale 11. Si vedrà peraltro come sono frequenti ipotesi di conflitti tra valori espressi dallo stesso ordinamento giuri-dico: si pensi ad es. al diritto di cronaca e critica (art. 21 Cost.), rispetto alla tutela dell’onore e della privacy (art. 2 Cost.); si pensi anche alla tutela esistenziale dell’indivi-duo (art. 21 Cost.) a fronte dei doveri di solidarietà verso la comunità familiare e la socie-tà in genere (artt. 22 e 22-31 Cost.). Nasce allora l’esigenza di mediazione tra i vari valori, con la fissazione di limiti allo svolgimento delle singole prerogative, attraverso criteri di adeguatezza e proporzionalità. Peraltro, non solo il catalogo dei valori, ma anche l’equilibrio tra gli stessi, mutano nel tempo, sicché, pur nella continuità formale delle di-sposizioni, si modifica il precetto imperativo.

c) Venendo al tessuto normativo, è possibile fissare alcuni fondamentali concetti. La norma giuridica 12 è la unità elementare dell’ordinamento e cioè la singola rego-

la di comportamento o di organizzazione della società 13, più spesso caratterizzata da un precetto e da una sanzione per la sua inosservanza (vedi però I, 3.2). Quando il precetto imposto da una norma è correlato con altri precetti posti da altre norme, la regola di condotta impegnativa per i consociati consegue dalla combinazione delle più norme se-condo un criterio sistematico di interpretazione ed applicazione del diritto.

L’i s t i tuto giuridico esprime il compendio delle regole che disciplinano un singolo fenomeno giuridico, talvolta ampiamente inteso (es. proprietà, matrimonio, contratto, ecc.), talaltra considerato in un suo specifico profilo (accessione, comunione legale, con-clusione del contratto, ecc.). È dunque un meccanismo di organizzazione della disciplina di singoli fenomeni giuridici.  

11 Per Capograssi una Costituzione rappresenta la determinazione precostituita del modo di procedere per la formazione intrinseca dell’esperienza giuridica: essa è dunque il punto fermo, il centro stabile di una società, la condizione e il segno del profondo ordine che regge o non regge la società.

12 Il termine “norma” deriva dal latino norma (lett. squadra, intesa come strumento, fig. regola). 13 Ogni testo normativo è di regola formato da più norme (come unità elementari): talvolta un’unica nor-

ma esaurisce il contenuto di un singolo articolo, talaltra più norme coesistono nel medesimo articolo. Ogni articolo, a sua volta, è spesso contraddistinto da vari capoversi: c.d. commi. Di sovente l’articolo ha una sua titolazione: c.d. rubrica, che non è partecipe della disposizione ma contribuisce alla comprensione del signifi-cato della stessa.

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10 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

I principi hanno invece un’accezione molteplice: accanto al dato elementare di motivo ispiratore di regole giuridiche, assumono ulteriori valenze e significazioni, talvolta espres-samente formulate, più spesso implicite nel sistema. Col termine “principi” sono spesso indicati i cri ter i logic i sui quali si fondano singole scelte legislative: ad es. il principio di non contraddizione; il principio nemo venire potest contra factum proprium, per cui nessu-no può accampare diritti in contrasto con un proprio comportamento; il principio nemo tenetur se detegere, per cui nessuno può essere costretto a rendere dichiarazioni dalle quali possa essere esposto a procedimento sanzionatorio; il principio nemo ad factum cogi potest, per indicare la incoercibilità degli obblighi di fare; il principio di relatività delle qualifica-zioni giuridiche, in relazione alla diverse norme dell’ordinamento, ecc.). Con il termine “principi” si vuole anche intendere le tecniche organizzatorie di singoli fenomeni (es. i principi che presiedono alla conclusione dei contratti o alla redazione degli atti, il princi-pio del consenso traslativo che presidia il trasferimento dei diritti). Infine i principi, in una visione complessiva del sistema, attingono ai valori fondamentali dell’ordinamento, così atteggiandosi come principi general i dell’ordinamento, assolutamente inderogabili, tal-volta espressamente formulati, talaltra desumibili dalla combinazione di più normative e dalla complessità ordinamentale (si pensi ai diritti fondamentali della persona umana); nel-la medesima prospettiva si collocano le c.d. clausole generali , quali tecniche di norma-zione di completamento di fattispecie concrete, elastiche ed adattabili alle evoluzioni della realtà materiale e giuridica (es. buona fede). I principi generali consentono anche di riempi-re lacune o sciogliere incertezze di singole leggi, spesso dettate da scelte o pressioni politi-che episodiche o storicamente non più aderenti al divenire storico, realizzando una coe-renza della singola norma con il rinnovamento dell’ordinamento. La enucleazione di prin-cipi generali consente di delineare un quadro valoriale che orienta l’interpretazione e l’ap-plicazione delle regole giuridiche adeguandole alla società che si rinnova 14. A tali ultime de-clinazioni dei principi si avrà specifico riguardo in seguito (II, 7).

Il s is tema 15 è il complesso di regole e principi, come di interpretazioni e prassi, che operano in maniera coordinata, secondo i valori dell’ordinamento, così nella regolazione delle relazioni sociali che nella organizzazione degli apparati istituzionali: esprime la ne-cessaria interazione tra le norme in uno spazio giuridico (alcune di derivazione nazionale, altre di provenienza europea e internazionale). Ogni sistema è però correlato ad un con-testo, quale reticolo di fatti, idee e valori nel quale storicamente opera e di cui si nutre. È perciò delicata la scelta del metodo di rilevazione del sistema: il metodo, come tale, è strumento ordinato di indagine; ma è in funzione degli obiettivi che si vogliono perse-guire che va declinato anche il metodo di verifica, che, nella scienza giuridica, si proietta verso la comprensione delle norme nel sistema contestualizzato.

Nel presente volume il raggruppamento delle prime tre parti sotto il titolo di “prin-cipi” vuole fare emergere, in via generale e complessiva, valori, criteri logici, tecniche,  

14 P. CALAMANDREI considerava “l’interpretazione evolutiva, l’analogia, i principi generali, finestre aperte sul mondo, dalle quali, se il giudice sa affacciarsi a tempo, può entrare l’aria ossigenata della società che si rinnova”.

15 Il termine “sistema” proviene dal verbo greco istemi (stare) con il prefisso syn (insieme). Il sistema è pertanto un insieme di elementi che, non solo coesistono, ma stanno insieme e quindi convivono. L’odierna esortazione a “fare sistema” vuole appunto indicare che non è sufficiente coesistere, ma bisogna orientare in modo coordinato iniziative e comportamenti.

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CAP. 1 – ORDINAMENTO GIURIDICO E REALTÀ SOCIALE 11

categorie che sovrintendono alla complessiva organizzazione e disciplina del diritto pri-vato e alla tutela delle situazioni soggettive. La parti successive hanno riguardo a singoli “istituti” come discipline di singoli fenomeni giuridici.

5. Diritto positivo e diritto naturale. – Le relazioni sociali implicano competizione e spesso contrasto tra idee come tra interessi. La soluzione dei conflitti può essere affida-ta all’ordinamento o rimessa al sentire spontaneo.

Il diritto positivo 16 è il complesso delle regole, adottate attraverso le procedure for-mali di produzione del diritto, costituenti l’ordinamento giuridico. L’osservanza del di-ritto positivo, come si vedrà, vale a garantire la certezza del diritto e dunque la prevedi-bilità dell’applicazione delle regole.

A sua volta il diritto positivo si svolge in due dimensioni: diritto materiale e diritto strumentale. Sono dimensioni distinte ma necessariamente correlate, in funzione della effettività dell’ordinamento giuridico. Il dirit to mater iale (anche detto diritto sostan-ziale) regola i rapporti tra i soggetti, selezionando gli interessi considerati meritevoli di tutela e quelli destinati a soccombere, così attribuendo diritti e obblighi: tali sono ad es. il diritto civile e il diritto penale. Il diri t to strumentale (anche detto diritto formale) disciplina i meccanismi necessari per l’attuazione degli interessi protetti e dunque la tu-tela dei diritti accordati dall’ordinamento: tali sono tipicamente il diritto processuale e il diritto internazionale privato 17.

Il diritto naturale indica l’insieme di principi che si fanno derivare da fonti non for-mali, quali (nelle diverse ideologie) la natura umana o la ragione o la divinità, ecc. Esprime le aspirazioni della società antagoniste alla legge formalmente posta: è una anti-ca e tradizionale risorsa contro il diritto positivo, quando lo stesso impone regole non condivise dalla società, sicché la legalità si inaridisce rispetto ai valori della società fino a divenire il mero presidio del potere. È l’antico dilemma tra ethos e nomos 18.

Il ricorso ad una “etica sociale” è valso, nelle varie epoche storiche, a giustificare le multiformi opposizioni della società all’ordine giuridico, quando lo stesso ha assunto at-teggiamenti autoritari nella gestione del potere o comunque non condivisi. Fu così per il diritto naturale cristiano delle origini che si ispirava alla “legge divina”, come lo fu suc-cessivamente per il diritto naturale protestante (iscritto da Dio nel cuore di tutti gli uo-mini) destinato ad evitare la corruzione ecclesiale; lo è stato per il primo giusnaturalismo razionale dell’età moderna, emancipato dalla teologia morale ed ancorato ad un sistema di “diritto di ragione” 19.  

16 Il termine “positivo” deriva dal latino positivus (che viene posto); da cui l’espressione ius in civitate po-situm.

17 Non mancano previsioni di diritto strumentale anche con riguardo al diritto privato: ad es., le varie normative relative alla pubblicità delle persone fisiche, delle imprese, della circolazione dei beni immobili e mobili registrati.

18 La figura di Antigone, proposta da Sofocle, tuttora esprime il divario tra la legge statale (impersonata da Creonte, che vietava la sepoltura di Polinice come traditore di Tebe) e il diritto derivante dal sentire socia-le e religioso (al quale ricorre Antigone per dare sepoltura al fratello Polinice e che la porta al suicidio).

19 Anche il “diritto naturale”, come antagonista del diritto positivo, non è assoluto: nella rivendicazione di diritti e comportamenti risente della confessione religiosa e dell’ideologia politica che lo sostengono, dell’epo-ca storica e del contesto sociale di riferimento, delle evoluzioni tecnologiche in grado di liberare nuove pro-spettive di svolgimento della persona.

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12 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

La legge stessa, quando vuole regolare un fenomeno giuridico secondo le cadenze che assume nella realtà sociale, valorizza la dimensione “naturale” del fenomeno: tipico esempio è la definizione della famiglia come “società naturale” (art. 29 Cost.). Talvolta la legge ricorre a tale accezione quando vuole definire un fenomeno che trae vita da un fat-to diverso da quelli previsti e regolati dalla legge: così per la “obbligazione naturale”, per designare le prestazioni spontaneamente eseguite in esecuzione di doveri morali o sociali (art. 2034).

L’idea del diritto naturale ha fatto da sfondo alla edificazione dei “diritti umani” o “fondamentali” che pervadono le moderne costituzioni e cui hanno avuto riguardo, in particolare, la Convenzione di Roma del 1950 per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e la Convenzione di Nizza del 2000 istitutiva della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, aprendosi peraltro anche ad istanze di socialità.

6. La scienza giuridica e le categorie generali. – La scienza giuridica è, ad un tem-

po, pratica e teorica: da un lato, individua i conflitti suscitati dalle relazioni umane, in un costante processo d’interazione storica con la realtà socio-economica; dall’altro, elabora le categorie logiche necessarie alla traduzione del dato reale in norme giuridiche, così consentendo anche il controllo dell’applicazione delle regole. La cultura giuridica è pe-rennemente pervasa da una esigenza di rispetto della legge e da una coscienza della real-tà sociale, sempre mutevole, nella quale la legge s’invera attraverso regole comporta-mentali: attraverso la verifica del passato, è in grado di penetrare le problematiche della modernità e leggere gli sviluppi dell’ordinamento, nel suo perenne “ruolo ordinante”.

Nell’opera di regolazione della complessiva esperienza sociale si rivela essenziale la creazione di categorie generali intese quali meccanismi logici di rappresentazione e qua-lificazione dei fatti, innervati del valori che attraversano il sistema. Per essere fondamen-tali schemi ricostruttivi di modelli giuridici di coesione sociale, sono inevitabilmente in perenne evoluzione con il mutarsi dell’ordinamento 20. Molte categorie, storicamente emerse nella prospettiva della proprietà e della sua appartenenza (ricchezza statica), tro-vano difficoltà a supportare una attualità alimentata dall’attività economica e dalla collo-cazione dei prodotti (ricchezza dinamica); si aggiunga che un crescente sostegno all’eco-nomia reale, attraverso l’aiuto alle imprese e la stimolazione dei consumi, sta enucleando meccanismi difficilmente riconducibili a tradizionali modelli fondati sul rispetto della proprietà fondiaria. Analogamente categorie forgiate nella prospettiva della indipenden-za delle sfere giuridiche individuali stentano a intrecciarsi con percorsi culturali di per-seguimento di valori personalistici e solidaristici della modernità. C’è anche l’esigenza di coordinamento di categorie generali emerse nei singoli settori dell’ordinamento: ad es. il diritto tributario erode sempre maggiormente categorie civilistiche per scopi fiscali.

 

20 Le categorie giuridiche sono destinate ad emergere, vivere e declinare coerentemente allo svolgersi dei modelli di coesione sociale, ed eventualmente risorgere quando si ripresentano analoghi conflitti sociali (come si sta verificando con la crescente tutela accordata alla pluralità di situazioni giuridiche insistenti sul medesimo bene). L’affermazione dei diritti umani e l’emersione di un diritto dell’economia, specie nella di-mensione di salvataggio delle imprese in crisi, forgiano nuove esperienze giuridiche, che talvolta si mescolano e combinano con altre pregresse, talaltra le sovrastano, in funzione del formarsi di nuovi equilibri sociali e giuridici e/o dell’affermarsi di nuovi valori, spesso ricostruibili con nuove tecniche, ma non di rado regolabili con l’impiego di consolidati moduli.

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CAP. 1 – ORDINAMENTO GIURIDICO E REALTÀ SOCIALE 13

Categorie giuridiche come “personalità”, “proprietà”, “contratto”, “responsabilità”, e ancora “popolo”, “cittadino” “sovranità” ecc., esprimono criteri di rappresentazione di interessi e valori emersi in varie epoche e in più contesti e culture sociali, composti e or-ganizzati in concetti fruibili dalla comunità. Il diritto non è però ipostatizzato in schemi dati una volta per sempre, perché i valori e gli interessi si declinano continuamente in una vastità di congegni tecnici con i quali i soggetti (privati, enti privati e pubblici) ope-rano. Le strutture sociali e le dinamiche economiche segnano, ad un tempo, la nascita e l’ancoraggio delle categorie, che pertanto vanno costantemente ammodernate, dovendosi sempre ricercare i principi immanenti nel sistema 21. Ciò tanto più con il progressivo de-clino della onnicomprensività degli ordinamenti nazionali e il contestuale emergere di una tendenza alla uniformazione (europea e in prospettiva mondiale) delle normative giuridiche.

La riconduzione della variegata esperienza sociale a parametri logici categoriali (at-tualizzati) consente anche il controllo delle scelte operate. La scienza giuridica trova in-vero il proprio nutrimento nella realtà materiale, cogliendo l’essenza dei fenomeni giuri-dici; ma si esprime inevitabilmente attraverso i concetti, rappresentativi dei singoli feno-meni, comunque tesi all’applicazione delle norme in funzione del conseguimento dei be-ni giuridici che l’ordinamento mostra di tutelare.

Necessario veicolo dei concetti è il linguaggio giuridico come criterio di rappresen-tazione condivisa degli stessi. Molto spesso il linguaggio dei giuristi si esprime con astra-zioni e per metafore, ad imitazione di fenomeni reali (es. persone giuridiche, modellate sulle persone fisiche; bene giuridico, come trasposizione di entità materiali): tale progre-dire logico richiede molta cautela e consapevolezza dell’astrazione operata rispetto alla realtà materiale.

C’è inoltre da segnalare il proliferare di testi normativi provenienti da istituzioni diverse (Unione europea, Stato, Regioni, ecc.), peraltro spesso occasionati da esigenze emergenziali; sono anche frequenti nomenclature non omogenee e artificiose collocazioni dei testi, oltre che imperfezioni lessicali. Tutto ciò incrina la organicità del sistema e la univocità dei modelli logici impiegati, imponendo all’interprete del diritto e perciò alla scienza giuridica una fati-cosa attività di esegesi delle norme e di coordinamento sistematico delle novità normative, con una costante opera di adeguamento delle singole norme ai valori dell’ordinamento.

7. I principali sistemi giuridici: civil law e common law. – Pur accentuandosi la tendenza alla uniformazione di valori, principi e regole giuridiche, specie in ragione dell’affermazione universale dei diritti umani e della espansione dei traffici commerciali oltre i confini nazionali, permane un fondamentale divario di modelli di sistemi giuridici, relativamente alla formazione e all’applicazione delle regole giuridiche. Le esperienze

 

21 La perpetuità nominale di alcune categorie giuridiche (es. proprietà, responsabilità, ecc.) non implica una necessaria continuità di contenuto delle stesse. È altrettanto errato ricostruire il passato attraverso le ca-tegorie del presente, come interpretare il presente servendosi acriticamente delle categorie del passato. La omogeneità delle nomenclature non può prescindere dalla individuazione delle “strutture di legittimazione” del diritto nelle varie epoche storiche e dunque dalla relativa “tavola di valori” di riferimento. La dimensione storica delle singole categorie consente di svelare le radici sociali e culturali delle stesse, e dunque di verificare le continuità ovvero le discontinuità e le fratture rispetto al passato, pur nell’apparente persistenza delle nomen-clature.

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14 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

giuridiche dei singoli paesi sono fondamentalmente ricollegabili a due famiglie ordina-mentali, di civil law e di common law, che hanno avuto origini e sviluppi diversi 22.

Il sistema di civil law è il modello ordinamentale dominante a livello mondiale; si ri-conducono a tale modello il nostro paese e i paesi dell’Europa continentale, compresa la Russia; vi afferiscono anche i paesi del Sud America e dell’America centrale, la Cina e molti paesi asiatici, nonché quasi tutti i paesi del continente africano. È edificato in eu-ropa dopo la lunga esperienza del diritto comune dell’epoca medievale, quando, come si vedrà, per più ragioni politiche, economiche e sociali, l’illuminismo giuridico aveva ma-turato la cultura della legge come base di certezza del diritto uguale per tutti (anche se poi si verificherà che si trattava di una uguaglianza solo formale).

È un diritto di fonte legislativa. I giudici sono tenuti ad applicare il diritto espresso dalle leggi; i precedenti giudiziari non sono vincolanti, ma svolgono solo una funzione persuasiva dei giudici.

Il sistema del Common law è un modello ordinamentale di matrice anglosassone. È attualmente in vigore in Gran Bretagna, Irlanda, Stati Uniti d’America (escluso lo Stato della Louisiana), Canada (esclusa la regione del Quebec), Australia. Alcune nazioni han-no adattato il sistema del common law alle loro tradizioni, creando un sistema misto (per esempio, l’India e la Nigeria attuano il sistema del common law frammisto a regole giuri-diche di stampo religioso).

È un diritto a formazione essenzialmente giudiziaria (judge made law), sviluppatosi sto-ricamente attraverso i precedenti delle decisioni giurisprudenziali, con richieste espresse in formule processuali, prima più stringenti (writs), poi più ampie ed elastiche. La giurispru-denza è la principale fonte del diritto, con un ridotto intervento del diritto legislativo. Vale dunque la regola dello stare decisis, per cui il precedente giudiziario è vincolante per i giu-dici di pari grado o di grado inferiore che successivamente giudicano il medesimo caso. Per discostarsene bisogna motivare circa la novità del caso (nella struttura o quanto meno con riferimento a sopravvenuti principi dell’ordinamento o anche all’evoluzione della so-cietà) attraverso le tecniche del distinguishing e del overruling 23.

Si vedrà come lo svolgersi della globalizzazione, con comunicazione di esperienze  

22  I due sistemi si sono sviluppati differentemente anche per una serie di ragioni strutturali che hanno in-fluito sulla formazione degli stessi. Relativamente al civil law, hanno particolarmente influito: la formazione universitaria del giurista; la selezione burocratica dei giudici; la frammentazione delle Corti fino all’asso-lutismo; l’elevato ruolo della dottrina nella formazione del diritto. Relativamente al common law, hanno parti-colarmente influito: la formazione pratica del giurista; la selezione dei giudici fra i migliori avvocati superiori (c.d. barrister); la precoce centralizzazione ed elevato prestigio delle Corti superiori inglesi; il ridotto ruolo della dottrina giuridica universitaria nella formazione del diritto; la mancanza delle codificazioni; la mancanza del notariato di tipo latino, le cui funzioni sono svolte dagli avvocati.

23 La tecnica del distinguishing implica distinguere un caso dall’altro, trovare cioè un elemento per cui un caso nuovo si differenzia dall’altro precedente, sempre che le differenze si possano considerare rilevanti per la questione da decidere, così da applicare una diversa regola. Il procedimento logico inverso al distinguishing è detto harmonizing, con il quale il giudice considera irrilevanti le differenze tra la nuova controversia e quella decisa dal precedente, così applicando la regola del precedente caso.

Con la tecnica del overruling la regola precedente viene sostituita con una nuova regola, che forma un nuovo precedente, attraverso una più approfondita analisi della fattispecie ovvero in ragione del mutamento delle circostanze di fatto o dell’interesse pubblico.

Tanto con l’overruling quanto con il distinguishing che con l’overruling il giudice individua autonoma-mente la regola del caso di specie, indipendentemente dalla vincolatività del precedente.

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CAP. 1 – ORDINAMENTO GIURIDICO E REALTÀ SOCIALE 15

economiche e di modelli giuridici stranieri, e l’affermazione europea e internazional-mente generalizzata dei diritti fondamentali, sta comportando un avvicinamento delle due aree giuridiche tradizionalmente distinte. Nei paesi di civil law la dimensione legisla-tiva statale si è resa non più esaustiva, mentre si è ampliato l’intervento giurisprudenziale di adeguamento delle nuove realtà complesse: sta emergendo una tecnica di case law giu-risprudenziale, con la valorizzazione della funzione della giurisprudenza, specie quando le sue decisioni, per ripetersi nel tempo, diventano un “indirizzo giurisprudenziale”. Nei paesi di common law sta acquisendo una crescente rilevanza la funzione della legge (sta-tutory law), specie in ragione dello sviluppo del welfare state: è peraltro da registrare la differente rilevanza attribuita agli atti normativi a seconda che siano assunti con Statutory ovvero con Regulation, che lascia più spazio all’interpretazione giudiziale. Va così deli-neandosi un avvicinamento dei due sistemi, nello sforzo di regolazione uniforme dei rap-porti sociali ed economici.

 

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16 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

CAPITOLO 2

DIRITTO PRIVATO

Sommario: 1. Relatività della nozione di diritto privato. – 2. Evoluzione medievale e “diritto comune”. Le idee degli Stati moderni e il diritto privato. – 3. Le codificazioni in senso moderno. Il codice ci-vile francese (cod. nap.) e il codice civile del 1865. I codici di commercio. – 4. Il codice civile tede-sco (B.G.B.). – 5. Il codice civile del 1942. – 6. Le Costituzioni degli Stati moderni. – 7. La Costitu-zione repubblicana. Il primato della persona umana. – 8. Segue. Il “pluralismo” ordinamentale e sociale. –– 9. La capacità e l’attività di diritto privato della pubblica amministrazione. – 10. Il diritto privato europeo. – 11. L’ambito attuale del diritto privato. – 12. Il diritto dei privati. – 13. Segue. La nuova lex mercatoria. – 14. Globalizzazione e convivenza mondiale. – 15. La società dell’in-formazione. Internet, diritti e tecnocrazia. – 16. Verso un diritto uniforme.

1. Relatività della nozione di diritto privato. – Si è visto come funzione essenziale del diritto sia quella di garantire la pacifica convivenza dei consociati: è uno scopo prima-rio e generale che consente la coesione di una comunità e giustifica lo stesso formarsi di un ordinamento giuridico. Ogni norma persegue però uno scopo ulteriore e specifico es-sendo rivolta a selezionare gli interessi (generali o particolari) in conflitto secondo una scala di valori storicamente determinata. Anche l’area delle relazioni tra i privati (cui tradizionalmente ha avuto riguardo il diritto privato) risente degli equilibri nel tempo instauratisi tra gli interessi particolari dei privati e l’interesse generale della società (alla cui tutela ha tradizionalmente provveduto il diritto pubblico). Peraltro, col tempo, cate-gorie proprie del diritto privato sono state applicate anche ai rapporti tra privati e pub-blica amministrazione (es. il contratto).

Perciò la configurazione del diritto privato è inevitabilmente relativa (in quanto correlata all’area di espansione del diritto pubblico) e storicizzata (perché destinata a mutare in ragione della evoluzione della struttura sociale e politica). Avviene così che settori appartenenti in un’epoca al diritto pubblico siano in altra epoca considerati come propri del diritto privato e viceversa. Si può dunque cogliere l’attuale configurazione del diritto privato solo nella consapevolezza della sua storicità e relatività, attraverso l’in-dividuazione delle ragioni che nel tempo ne hanno giustificato e disegnato la specifica connotazione: rilevano i contesti di emersione del diritto e dei connessi valori di rife-rimento.

Il diritto dei rapporti tra privati ha per primo elaborato nomenclature, categorie logi-che, costruzioni teoriche, che poi hanno pervaso l’intero sapere giuridico (si parla al ri-guardo di una “priorità storica” del diritto privato). Ciò ha fatto sì che tradizionalmente proprio l’insegnamento delle Istituzioni di diritto privato abbia fornito quell’essenziale

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 17

bagaglio culturale e tecnico necessario nella formazione giuridica. La concettualizzazione del diritto pubblico ha peraltro apprestato categorie e tecniche di tutela che hanno finito con l’incidere sulla configurazione anche del diritto privato, nel riequilibrio di interessi particolari con quelli generali della società.

Una riflessione sulla evoluzione del diritto privato e sulle relative correlazioni con il diritto pubblico consente di valutare le categorie giuridiche del diritto privato.

2. Evoluzione medievale e “diritto comune”. Le idee degli Stati moderni e il di-ritto privato. – L’area del diritto privato si configura e delimita in vario modo nello svolgersi della esperienza giuridica.

a) Esauritasi l’attualità dell’ordinamento romano 1, non venne meno l’eredità del di-ritto romano, che contribuì a formare l’identità culturale, politica e giuridica dei paesi europei e a modellare una comune coscienza europea. Specialmente la elaborazione giu-stinianea del Corpus juriscivilis (534) veniva ripresa dai glossatori e dal Decretum di Gra-ziano (1142), che, arricchito dalle successive norme canoniche (extravagantes), avrebbe dato luogo al corpus iuris canonici (1582) (rimasto in vigore fino al codice pio-bene-dettino del 1917) 2.

L’Europa medievale, specie dal sec. XI, era caratterizzata dalla contemporanea esi-stenza di una pluralità di fonti del diritto: da una parte, il diritto romano giustinianeo; dall’altra, il diritto della Chiesa; dall’altra ancora, il diritto particolare dei regni (iura pro-

 

1 Nella tradizione romanistica, il diritto privato si sviluppava come primo ed essenziale modello di regola-zione dei rapporti sociali. Le Istituzioni di Gaio si aprono significativamente con il seguente passo “Ogni po-polo che si governa sulla base di leggi e consuetudini utilizza in parte un diritto suo proprio ed in parte un diritto comune a tutti gli uomini: infatti, ciò che ciascun popolo si è dato come diritto è suo proprio ed è chiamato diritto civile (ius civile), in quanto diritto di quella città; ciò che, invece, la ragione naturale ha stabi-lito tra tutti gli uomini e viene custodito allo stesso modo presso ogni popolo è chiamato diritto delle genti (iusgentium), nel senso che tutte le genti ne fanno uso”. E Gaio ancora aggiunge: “L’intero diritto di cui fac-ciamo uso si riferisce alle persone, alle cose o alle azioni” (il testo italiano è tratto da Le Istituzioni di Gaio, trad. it. a cura di M. Balzarini, Torino, 1998).

L’accentuazione in Roma dei traffici e dell’integrazione sociale faceva affinare la nozione di diritto priva-to, contrapposta a diritto pubblico, attraverso una specificazione del suo oggetto. Secondo il celebre passo di Ulpiano: “Huius studii duae sunt positiones, publicum et privatum. Publicum jus est quod ad statum reiromanae spectat; privatum, quod ad singulorum utilitatem; sunt enim quaedam publice utilia, quaedam privatim”(Dig. 1.1.1.2) Il diritto privato (iusprivatorum) ha riguardo al privatus e cioè al singolo paterfamilias, per la tutela dei suoi interessi (quod ad privatorum utilitatem pertinet); viceversa il diritto pubblico (ius populi) inerisce al dirit-to del popolo nella sua organizzazione e funzionamento. Tale ripartizione, fondata sulla natura degli interessi, resisterà a lungo nel pensiero giuridico. Minor seguito ha ricevuto la formulazione di Cicerone che radicava la distinzione nella fonte di provenienza del diritto: lex, senatus consultum, foedus nel diritto pubblico in quanto relativi al populus; tabulae, pactum conventum, stipulatio nel diritto privato in quanto riflettenti i privati.

Al massimo della sua espansione la cultura di Roma veniva, più che travolta da forze esterne, erosa dal-l’emergere ed affermarsi del cristianesimo che prospettava, in luogo dello splendore della vita terrena comun-que precaria, una rassicurante duratura vita ultraterrena (sursum) che valorizzava le virtù soccombenti sulla terra. L’intero impianto ideologico e giuridico che sorreggeva la potenza dell’impero veniva scosso, affioran-do nuove idee e nuovi istituti giuridici con sensibili ricadute anche sul diritto privato.

2 Nel frattempo era diffuso l’utilizzo del corpus juris giustinianeo prima dalla scuola bolognese dei Glossatori (Sec. XII-XIII specie con Irnerio e Accursio), poi dai Commentatori (sec. XIV-XV specie con Bartolo e Baldo). Dopo lo sviluppo della Scuola storica del diritto (sec. XVIII-XIX specie con Savigny), attraverso l’opera di Puchta, si ritornava al corpus giustinianeo studiando criticamente le Pandette ad opera della Pandettistica (sec. XIX specie conWindscheid che riassunse i risultati dell’intero movimento).

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18 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

pria), cui si aggiungeva in modo crescente il sistema di diritto feudale. Eppure tale mol-teplicità di fonti, espressiva di un plural ismo giuridico , non era stata di ostacolo al formarsi di un diritto comune, sia per formarsi una esperienza giuridica omogenea a tut-ti i paesi europei, sia per la comune lingua utilizzata dai giuristi (il latino), sia ancora perché la generalizzata coesistenza era assicurata attraverso un meccanismo per cui i di-ritti particolari trovavano di regola applicazione solo in assenza del diritto comune (ro-mano e canonico) 3. Si aggiunga la profonda penetrazione della cristianità nella cultura dell’epoca che orientava la vita e le aspirazioni delle persone e guidava la organizzazione del potere e delle istituzioni. Così il diritto comune medievale, maturato in una comune cultura giuridica europea, sarà la matrice da cui si dirameranno i vari diritti nazionali man mano diversi e spesso distanti ma che tutti lo presuppongono.

L’Europa come territorio trova una concretizzazione dal finire dell’800 con la uni-ficazione ed espansione dei Franchi e con mire espansionistiche di singoli popoli 4.

 

3 Nella medesima società convivevano dunque più complessi di norme, tendenzialmente rivolti a regolare campi diversi dell’esperienza umana. Il diritto romano regolava i rapporti civili, mentre il diritto canonico re-golava le materie spirituali; ma con frequenti sovrapposizioni e contrasti, anche per la profonda influenza ec-clesiastica nella sfera temporale (fu essenziale in tale opera di raccordo l’apporto della scuola dei glossatori). Relativamente ai diritti particolari, poi, non mancavano ulteriori articolazioni e specificazioni del diritto delle singole città, con riferimento a singoli settori della vita sociale dove si formavano diritti comuni per determi-nate materie.

Quanto al d ir i t t o f euda le , pur nella varietà delle forme assunte nei molti territori dei paesi europei in cui si era affermato, era caratterizzato da un complesso di rapporti giuridici, di carattere pubblico e pri-vato, personale e patrimoniale. In virtù di un contratto feudale, una persona (vassallo) giurava fedeltà (c.d. omaggio) ad un signore, assumendo in suo favore obblighi di servizio militare e personali e ricevendo dallo stesso il beneficio della concessione in possesso e godimento di una terra (c.d. investitura), con conseguenti poteri di imposizione tributaria, polizia e giurisdizione. Un meccanismo gerarchico di successive investitu-re e concessioni (ad iniziare dal rapporto tra sovrano e feudatari in capite e via via di seguito) dava vita ad una stratificazione (sociale e giuridica) della società in classi caratterizzate dai vari status, ciascuna con spe-cifici privilegi e doveri. Il tutto con una commistione di poteri pubblici e di diritto privato: il frazionamen-to dei poteri pubblici tra le varie gerarchie feudali e la corrispondente patrimonializzazione degli stessi consegnava ai feudatari autorità e poteri nei singoli territori, a scapito dello stesso potere regio. Essendo peraltro l’intera economia agraria pervasa da tale organizzazione di sfruttamento dei beni, numerosi e vari erano i vincoli di natura personale e reale che inerivano ai terreni: matura la dottrina del dominio diviso, con la coesistenza di plura dominia.

4 Si è soliti ricondurre la formazione della prima esperienza europea all’epoca carolingia, contrassegnata dalla incoronazione papale di Carlo Magno quale imperatore nel natale dell’800 e dai tentativi di realizzare una unità giuridica e monetaria per l’intero impero (la moneta, chiamata “denaro”, portava da un lato il mo-nogramma “Carolus” e sul rovescio il luogo di conio). Anche Ottone I il Grande, della dinastia del Sassoni (succeduta a quella carolingia), si fece incoronare imperatore a Roma nel 962: questo impero, in seguito chiamato “Sacro romano impero della nazione germanica”, sarà anche difensore della cristianità: sarà però una stagione breve per essere caratterizzato il medioevo dal periodico conflitto, a volte cruento, tra papato e impero come due poteri universali. La unificazione imperiale (che solo formalmente si dissolverà nel 1806) fu una esperienza militare violenta, fatta di occupazioni e annessioni, destinata presto a fallire, come in breve tempo si sarebbero esaurite le mire espansionistiche europee di singoli dittatori. Osserva J.R. LOPEZ: “Oggi chi dice Europa non pensa a una religione unica né a uno Stato universale, ma a un insieme di istituzioni poli-tiche, di conoscenze secolari, di tradizioni artistiche e letterarie, di interessi economici e sociali che cementa-no un mosaico di opinioni e di popoli indipendenti”. Rileva però J. LE GOFF che, semmai, è a partire dall’XI secolo e nei due secoli successivi che il continente europeo ha preso forma: è la “bella Europa” delle città, delle cattedrali e delle Università, ma anche dei mercanti, dell’architettura gotica, dei chierici mendicanti, del-la “discesa dei valori dal cielo sulla terra”. In una visione del diritto quale esperienza giuridica che affonda nelle radici della società la sua essenza, osserva P. GROSSI: il sostantivo Europa ha nel corso del Medioevo un  

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 19

b) Con il sec. XIII, pur perpetuandosi i valori soprannaturali, emergevano valori ter-reni egualmente salvifici, come la valorizzazione del lavoro e la positività del danaro e dei mercati, in uno all’affermazione della innovazione tecnologica e del progresso culturale. Si ha una evoluzione europea dei centri urbani che diventano “comuni”, con una eco-nomia monetaria sorretta dalla classe borghese, che si organizza in corporazioni influenti negli affari e nelle scelte politiche; mentre nelle aree interne l’organizzazione feudale, le-gata allo sfruttamento della terra, si dissolverà lentamente nel tempo. Ciò comportava anche uno sviluppo delle tecniche degli affari. Sul piano dei diritti, si irradiava nell’oc-cidente lo spirito della Magna Charta inglese del 1205, che riconosceva la libertà dei cit-tadini e affermava il principio di legalità, con soggezione alla legge anche del potere so-vrano 5.

Si delinea la c.d. rivoluzione commerciale. Non si tratta solo di un aumento quan-titativo dei traffici: affianco alla ricchezza immobiliare, che pure sopravvive, si sviluppa la ricchezza mobiliare, legata alla moneta, al commercio, al credito. Il potere economico si emancipa dal potere politico, attraverso un rapporto dialettico con il potere sacro e quello secolare. Si afferma uno ius mercatorum , che si discosta sia dalla tradizione del diritto romano, essenzialmente incentrato sulle esigenze di difesa del diritto di pro-prietà e di stabilità dei rapporti sociali, che dal diritto canonico, pervaso da istanze salvi-fiche dell’uomo proprie di una comunità ecclesiale; emergono categorie giuridiche che si diversificano profondamente anche da quelle del diritto feudale. La figura del mercante si impone ai proprietari terrieri e ai produttori artigiani come artefice del collocamento dei prodotti in aree geografiche sempre più vaste 6. La progressiva ascesa della classe dei mercanti nella gestione del potere consente alla stessa di formulare un’autonoma lex mercatoria , imperniata sulla organizzazione delle corporazioni (cui si appartengono i

 

contenuto esclusivamente geografico; “è con l’Umanesimo che assume il significato di un complesso di valori spirituali e culturali, avviando un filone riflessivo che trova più tardi la sua pienezza”.

5 La Magna Carta (Magna Charta Libertatum) era un documento, scritto in latino, che il re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra fu costretto a concedere il 15 giugno 1215 a seguito di una rivolta dei baroni del Regno d’Inghilterra, propri feudatari diretti, per l’inasprimento delle imposte. Si iniziava così ad elaborare la distin-zione tra rule of law (governo della legge), che sottoponeva il potere alla legge, e rule by law (governo attra-verso la legge) che consentiva il governo (e quindi anche l’arbitrio) attraverso la emanazioni di leggi.

6 Dalla fine del medioevo al settecento campeggia la figura del mercante. Le fonti di produzione sono la terra e la bottega artigiana, le cui attività sono progressivamente sempre più svolte su commessa del mercante in vista dei mercati dove collocare i prodotti. Osserva Lopez come i comuni ed in particolare le città marinare, non solo diedero slancio al commercio, ma favorirono il formarsi di una cultura mercantile, una vera rivoluzione commer-ciale, che valorizzava il rischio tra le virtù umane, così preparando quello sviluppo della società che caratterizzerà l’esperienza dell’Umanesimo e del Rinascimento, in cui l’uomo assurgerà a centro della storia. Tra il 1100 e il 1400 si verifica uno sviluppo nella tecnica degli affari, emergendo la lettera di cambio, la partita doppia, nuovi tipi di società, l’assegno, il giroconto, il credito alle imprese: fiorisce un sistema di credito che costituisce l’ossatura del nuovo sistema bancario (senza gli odierni strumenti tossici), che Lopez ha indicato come la rivolu-zione commerciale del Medioevo.

Dopo la mondializzazione romana dell’Antichità, limitata al mondo mediterraneo, il XV secolo segna la prima grande mondializzazione moderna, con un’apertura degli scambi economici oltre i confini tradizionali, specialmente attratti dai mercati delle spezie e della seta: secondo Braudel, si realizza una “economia-mondo”, con l’istaurarsi di rapporti stabili tra regioni europee e verso il mondo asiatico attraverso le vie del mare, al cui centro assurge Anversa (in Italia assumono grande importanza Venezia e Genova), con l’effetto di arricchire le città, i luoghi e gli operatori che vi partecipano e impoverire il resto delle popolazioni, aggra-vando gli squilibri politici ed economici.

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20 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

singoli mercanti), che gradualmente si dota di autonoma giurisdizione: è un diritto crea-to dai mercanti, che regola l’attività dei mercanti, dove trovano ingresso le consuetudini invalse nei rapporti tra mercanti. La dottrina canonistica e quella romanistica si incon-trano sul tema della bona fides come fondamento del mercato 7. L’affermazione della ri-forma protestante dal XVI sec., con la trasformazione di molte chiese cattoliche in chiese “riformate”, stimola fortemente l’intrapresa economica e la vita degli affari e segna i prodromi della intermediazione finanziaria e dello sviluppo capitalistico 8. Il tormentato Concilio di Trento (1545-1563) che, nelle aspirazioni degli organizzatori, doveva conci-liare la chiesa cattolica con il protestantesimo, si rivelò una cruda Controriforma, intran-sigente nelle sue tradizioni. Così, non solo le religioni e le chiese, ma con esse anche le istituzioni economiche e giuridiche si divaricarono in Europa, assumendo connotazioni più marcatamente mercantiliste nei paesi protestanti e maggiormente solidali nei paesi cattolici.

Emerge in generale una stratificazione giuridica in ragione dell’appartenenza sociale: a seconda della natura della controversia e della condizione dei soggetti coinvolti, trovano applicazione ora il diritto comune ora i diritti statutari municipali ora quello delle corpo-razioni; o ancora le regole della investitura feudale. E tutti tali corpi giuridici comporta-no autonome giurisdizioni, che giudicano secondo il proprio diritto (è l’esperienza del c.d. particolarismo giuridico). Tutto ciò determina una profonda difficoltà nella in-dividuazione del diritto applicabile e dunque anche molti arbìtri.

c) Dopo la rovinosa guerra europea dei trent’anni 9, la pace di Westfalia del 1648 (con i trattati di Münster e di Osnabrück, entrambe città della Westfalia), segna il de-clino in Europa dell’egemonia imperiale e del Papato, determinando la formazione degli Stati moderni che non conoscono altra autorità al di sopra dello stato e generano la pro-gressiva formazione di diritti nazionali. La massima del re francese Luigi XIV “lo Stato sono io” diviene il nuovo modello di organizzazione dei territori. Il processo di restaura-zione delle monarchie nazionali comporta una ristrutturazione dei poteri e dei rapporti,

 

7 Ormai anche il furto, coma attività di appropriazione di beni altrui, assume una ulteriore dimensione. Osserva P. PRODI (Settimo non rubare, Bologna, 2009): “Diventa centrale il suo rapporto con la genesi e lo sviluppo del mercato occidentale, come tendenza ad impadronirsi dei beni del prossimo per mezzo del mer-cato, infrangendo o deformando le sue regole … non soltanto come frode o inganno del singolo soggetto che compra o vende, ma come violazione del giusto prezzo che può essere stabilito soltanto in un mercato inteso come forum, cioè giudizio collettivo sul valore delle cose”.

8 Con la riforma protestante, tesa a ripulire la chiesa di Roma dalla corruzione e sintetizzata nei 95 punti che il monaco tedesco Martin Lutero affisse fuori della chiesa di Wittenberg, la ricerca del profitto acquista anche un fondamento religioso attraverso la concezione luterana del beruf (vocazione o compito), affinata dalla visione calvinista, che impone agli uomini di adempiere i doveri professionali secondo la propria voca-zione. La riforma predicata da Zwingli a Zurigo è il lievito per l’imponente sviluppo finanziario della città e poi dei vari cantoni già uniti in lega. Secondo M. Weber l’ascesi protestante intramondana ebbe l’effetto di liberare l’attività lucrativa dalle inibizioni dell’etica tradizionalista cristiana per assumere una funzione asceti-ca di valorizzazione capitalistica dei propri averi, utile per le finalità dell’individuo e della collettività, secondo il disegno divino: la formazione delle grandi organizzazioni economiche private e pubbliche nutrirà però il pes-simismo dell’autore che lamenta la scomparsa dell’ascesi mondana nella “gabbia d’acciaio” del capitalismo.

9 La c.d. guerra dei trent’anni (1618-1648) fu una guerra che coinvolse tutta l’Europa: iniziata come guerra di religione tra stati protestanti e cattolici, si sviluppò come conflitto politico per l’egemonia europea. Con la pace di Westfalia del 1648 si realizzò, pur sotto l’ombrello del sacro romano impero, una essenziale autonomia dei singoli territori.

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 21

sia pubblici che privati, che legano i soggetti tra di loro e con il potere regio. L’espe-rienza mercantilista del ’600 e del ’700 accresce la vocazione alla intrapresa economica e alla formazione di ricchezza privata, ponendo le basi dello sviluppo capitalistico. Di pari passo si accresce la potenza delle monarchie assolute mediante interventi di tipo prote-zionistico che valorizzano i traffici economici come fonte di accumulazione di capitali per nuove imprese. La disciplina dei mercati diviene diritto dello Stato.

Le antiche corporazioni perdono gradualmente di autonomia, rimanendo assorbite nell’organizzazione statale come pubbliche istituzioni. L’ordinamento dei rapporti com-merciali perde la tendenziale uniformità europea propria della lex mercatoria per diveni-re diritto statale espresso dai singoli Stati assoluti. Rimarranno molte delle regole di fa-vore che si erano dati i mercanti nel periodo comunale, ma sotto forma di “privilegi” ac-cordati dallo Stato assoluto, che può in ogni momento revocarli. La stessa qualità di commerciante, per le regole di favore che la connota, è accordata dallo stato e perciò dal sovrano. La statal izzazione del dir i tto è vissuta come concentrazione nello Stato della produzione e dell’applicazione delle regole giuridiche.

Nel generale processo di erosione delle idealità e della cultura medievali, a partire dal ’600 e per tutto il ’700, si svolge una laicizzazione della società con riconversione del-l’attenzione dal celeste al terreno, dal divino all’umano 10. Anche il sapere giuridico eu-ropeo è attraversato da un forte filone di pensiero: si afferma il giusnatural ismo ra-zionale che segnerà gli sviluppi successivi della società e della scienza giuridica e inner-verà le idee dell’illuminismo e le categorie dallo stesso elaborate. Pur nella varietà delle voci 11, c’è un’assoluta fiducia nella ragione quale principio e fondamento di ogni regola: gli unici mezzi di accesso all’ordine della natura sono l’osservazione e la razionalità.

Una simile concezione alimenta la rivoluzione liberale contro la stratificazione della società per classi di appartenenza, consegnata dalla tradizione degli stati assoluti. Può considerarsi manifesto essenziale della nuova epoca la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, approvata dall’assemblea costituente francese il 26 agosto 1789, nella quale, sulla scorta di affermazioni di principio già contenute nella dichiarazione inglese (il Bill of Rights del febbraio 1689) e in quella americana (la Costituzione degli Usa del 1787) 12, vengono affermati i diritti naturali ed imprescindibili dell’uomo.

Il metodo razionalistico di interpretazione della realtà approda ad una valorizzazione della soggettivi tà dell’individuo contro il potere assoluto. Si radica l’idea della unità del soggetto di dir it to , come tale portatore di diritti e doveri verso e contro lo Stato, con i corollari della uguaglianza dei soggetti davanti alla legge e della inviolabilità dei di-ritti dell’uomo da parte dei poteri pubblici. L’affermazione della unitarietà del soggetto di diritto, legata alla nascita, esprimeva per l’epoca una grande rivoluzione, non essendo  

10 C’è molto in comune nel ’600 fra la luce pittorica di Rembrandt che squarcia le ombre e il razionalismo filosofico di Cartesio che riscopre l’esistenza nell’esercizio del dubbio, rivoluzionando la filosofia moderna: l’insistenza all’autoritratto del primo si coniuga con l’affermazione del se stesso del secondo, come essenziali riflessioni sulla esistenza umana. È opinione diffusa che vi sia stata una reciproca influenza tra i due autori, e del resto vi fu una lunga permanenza in Olanda del filosofo francese.

11 A partire da Grozio, e poi, tra gli altri, Pufendorf, Thomasius, Diderot, Voltaire, Montesquieu. 12 Il Primo Emendamento alla Costituzione prevede che “Il Congresso non promulgherà leggi … che

limitino la libertà di parola o di stampa, o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea”. È un monito per le varie censure che spesso si determinano in nome del c.d. politicamente corretto!

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22 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

per il passato tutti gli uomini soggetti di diritto; inoltre recideva la stratificazione sociale in classi con diversificati statuti di diritti. Intorno a tali ideologie e agli emergenti assetti sociali ed economici sono modulate le categorie giuridiche.

Anzitutto trova la massima valorizzazione la categoria dei c.d. diri t t i soggett ivi . Gli stessi sono considerati connaturati alla natura umana, come espressivi della soggetti-vità: indicano “il potere della volontà garantito dal diritto”. La legittimazione stessa dello Stato (e dunque del diritto oggettivo) è individuata nella funzione di garantire la esplica-zione dei diritti innati degli individui, intesi quali espressioni della volontà degli stessi. Viene enfatizzata la libertà del volere come affrancazione dal potere assoluto ed essenzia-le elemento di sviluppo sociale ed economico. La volontà indica il momento terminale di processi individuali (più o meno) razionali: l’esplicazione della volontà realizza il conte-nuto dei diritti naturali.

Si svolge la massima elaborazione teorica della categoria del negozio giuridico, quale atto concettualmente unitario, esplicativo della libertà e della volontà dell’unitario sog-getto di diritto. Anche il diritto di proprietà, come espressione di libertà, è necessaria-mente unitario e tendenzialmente assoluto e illimitato, potendo incontrare solo limiti ec-cezionali: la rivendicata libertà di sfruttamento dei terreni comporta l’eliminazione di li-miti ed oneri (quali decime, livelli, ecc.) tradizionalmente spettanti all’aristocrazia quan-do gli stessi venivano dati in uso. In realtà la proprietà continua a sorreggere il tessuto sociale e giuridico dello stato moderno: è solo divenuta “contendibile” e dunque acqui-sibile in ragione del principio di libertà economica, con eliminazione dei tradizionali pri-vilegi e vincoli di nobiltà e clero. Analogamente il diritto di intrapresa economica è libera espressione dell’uomo naturale, che implica libertà di concorrenza e libertà di accesso alla proprietà dei mezzi di produzione, senza attenzione all’esercizio in fatto e nel merca-to dell’attività economica. Anche il diritto di credito è avvertito e tutelato nella sua essen-ziale e astratta struttura formale di rapporto tra consociati, isolato dai contesti socio-economici nei quali matura il ricorso alla cooperazione altrui. Il quadro è chiuso con la considerazione della responsabilità civile quale meccanismo sanzionatorio per il soggetto che non fa buon uso della libertà, arrecando danni a terzi, senza riguardo alle esigenze di tutela della vittima. Sono tutti istituti modellati sulla unitarietà astratta del soggetto di di-ritto, svincolata dalla concreta morfologia delle relazioni sociali e dai contesti di apparte-nenza e di vita del soggetto, che solo le costituzioni del novecento valorizzeranno.

L’illuminismo settecentesco, che delle dottrine giusnaturalistico-razionali è forte-mente nutrito, forgerà le linee portanti dello Stato moderno come Stato di dir it to , edificato sull’idea di unità e libertà del soggetto di diritto e caratterizzato dai seguenti principi: divisione dei poteri, principio di legalità, certezza del diritto e uguaglianza (formale) dei cittadini davanti alla legge 13. Lo Stato, ad un tempo, è dominato dal diritto e regola i rapporti sociali mediante il diritto. È il modello di Stato che perviene fino a  

13 La storia successiva si incaricherà di valorizzare come esistono in natura uomini in carne ed ossa con personali capacità, qualità, attitudini e debolezze, che una società pluralista non può rinnegare. Si scorgerà peraltro come entrambi i fondamenti ideali dello stato di diritto non abbiano un valore assoluto: l’unità del soggetto di diritto è smembrata nei tanti volti assunti dall’uomo nella varietà dei contesti sociali ed economici in cui opera e in funzione delle appartenenze che lo connotano; la libertà incontra condizionamenti di vario genere: anzitutto il passato di ognuno, e poi la dimensione naturale e biologica, l’impellenza del bisogno eco-nomico, l’affettività, l’appartenenza, il contesto socio-economico.

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 23

noi, come stato democratico di diritto, che forgerà i codici della modernità. Con la pro-gressiva acquisizione del metodo democratico, è però avvertita la necessità di salvaguar-dare la libertà civile (o sociale), segnando i limiti dell’intervento pubblico, evitando che l’organizzazione democratica si traduca nell’autorità della maggioranza. Inizia a svilup-parsi il tema dei rapporti tra indipendenza individuale e controllo sociale, tra libertà e autorità 14.

All’esito di tale percorso il diritto pubblico si caratterizza quale disciplina della or-ganizzazione dello Stato e dei rapporti tra lo Stato e il cittadino; mentre il diritto privato si pone come disciplina dei rapporti tra i privati. In tal guisa diritto pubblico e diritto privato esprimono diverse sfere di incidenza in ragione della natura degl i interessi regolati: secondo l’antica ricostruzione ulpianea, il diritto pubblico segna il campo degli interessi generali, alla cui cura è preordinato; il diritto privato fissa l’ambito degli interes-si particolari (di individui e gruppi) per il cui soddisfacimento è predisposto. Più in gene-rale, il diritto privato si atteggia come espressione della “società civile”, mentre il diritto pubblico si connota quale diritto imposto dal potere sovrano, che regola la “macchina dello Stato” e le “condizioni essenziali” per l’operare del diritto naturale dei privati, in-violabile dallo Stato stesso 15.

3. Le codificazioni in senso moderno. Il codice civile francese (cod. nap.) e il codice civile del 1865. I codici di commercio. – Il delineato volto del diritto privato permea l’esperienza dei codici in senso moderno. Vocazione somma degli stessi è di edi-ficare un diritto unitario per il civis come tale, astrattamente considerato: è una esperien-za che inizia con la fine del ’700 e prosegue per tutto l’800 e ancora nel ’900. I codici, per il carattere generale e astratto dei principi e delle categorie che li sostanziano, sono considerati tendenzialmente universali ed immutabili e perciò utilizzabili nel tempo e in più paesi. Nella compilazione, il codice si presenta come un sistema di norme strutturato in modo organico (per riguardare un intero settore) e sistematico (per il coordinamento logico che lo sorregge), realizzando una semplificazione nel rinvenimento della disciplina: un testo ordinato ed ordinante di regole e principi, che abbandona particolarismi giuri-dici in funzione dell’unità del soggetto di diritto, portatore di diritti universali dell’uomo e del cittadino 16.

Massima espressione di tale impostazione è il code civil des français promulgato il 21 marzo 1804 (c.d. code napoléon per essere stato voluto e influenzato da Napoleone), for-giato secondo i principi espressi dalla rivoluzione francese 17 (tuttora in vigore sebbene

 

14 Si inizia a riflettere su alcuni perversi risvolti della organizzazione democratica, con la prevalenza del principio di uguaglianza su quello di libertà, che genera l’autorità del numero comportante conformismo. Alla metà dell’ottocento sono dirompenti i contribuiti di Tocqueville (sulla democrazia in America) e di Stuart Mill (sulla libertà).

15 È la sistemazione concettuale che trova compiuta espressione specie in DOMAT, Les lois civiles dans leur ordre naturel (1689).

16 Si afferma, nella scienza giuridica, la scuola della esegesi che irrigidisce l’interpretazione sulla volontà del c.d. legislatore storico (cioè di quello che emana la legge), non consentendo una interpretazione evolutiva delle norme.

17 Il codice recepiva la tradizione del diritto romano, come rielaborata nella prospettiva giusnaturalistica da Domat; ma si apriva anche all’esperienza del diritto consuetudinario (coutumes) maturato nella vita dei  

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24 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

variamente novellato). Il diritto privato, con il codice napoleonico, diviene diritto dello Stato, che fa propri i valori e le aspirazioni della società civile e chiaramente delle sue classi dominanti: lo stesso diritto civile si atteggia a dottrina del codice civile. Fiorisce una scienza giuridica casistica ed esegetica, di esposizione ed analisi della lettera della legge 18. In tal modo il codice napoleonico rovescia il sistema pluralistico delle fonti espresso dal diritto comune, inaugurando la stagione delle codificazioni moderne che da quella esperienza prenderanno le mosse. Si presenta come prima esperienza significativa di un diritto privato codificato, di ispirazione laica e individualistica. Muta anche il mo-dello di regolazione: la disciplina dei rapporti tra privati è espressa in leggi generali ed astratte da valere per un lungo periodo per il cittadino come tale. Più tardi, con analogo ordine logico, sarà teorizzata la unitarietà del cittadino commerciante e del cittadino che agisce in giudizio o che delinque: è del 1806 il codice di commercio (code de commerce); del 1807 il codice di procedura civile e del 1810 il codice penale.

Al codice napoleonico si conformeranno, prima i codici di singoli Stati italiani pre-unitari 19, poi il cod. civ. del 1865 per il regno unito, abrogato con l’emanazione del cod. civ. del 1942 (tuttora in vigore, seppure variamente novellato).

Con l’unificazione dell’Italia del 1861 si realizza anche l’unitarietà del sistema mo-netario (L. 24.8.1862, n. 788), delle amministrazioni pubbliche e dei codici.

Il codice civile del 1865, nel prendere a modello il cod. nap. 20, ebbe però il torto di non riflettere compiutamente la realtà socio-economica quale nel frattempo si era andata evolvendo, in particolare non prestando attenzione ai problemi che l’industrializzazione faceva già emergere. Il cod. civ. unificato, al pari del modello francese, ruota per intero intorno alla “proprietà”: dei tre libri di cui si compone, il primo è dedicato alle persone e alla famiglia, il secondo riguarda i beni, la proprietà e le sue modificazioni, il terzo regola i modi di acquisto della proprietà. In tal guisa anche il contratto, le successioni, i patti ma-trimoniali sono accorpati e valutati nella unitaria prospettiva di meccanismi di circola-zione della proprietà. Significativamente sia l’art. 544 code civil che l’art. 436 cod. civ. 1865 recitano: “La proprietà è il diritto di godere e disporre delle cose nella maniera più assoluta, purché non se ne faccia un uso vietato dalle leggi o dai regolamenti”. Si ripro-pone una riorganizzazione e concentrazione dei poteri sulle cose secondo il modello già impiegato da Giustiniano, ma con una diversa ispirazione politica. I Digesta di Giusti-niano avevano formalizzato il principio del numerus clausus dei diritti reali, contro la va-rietà dei vincoli alla utilizzazione dei beni espressa dalla fiducia dei romani nelle poten-  

traffici, che Pothier aveva riorganizzato nel solco del diritto romano. Solo in Francia il codice civile provenne dagli autori della rivoluzione e dal suo principale tribuno (Napoleone). Nel resto dell’Europa i codici espres-sivi delle nuove idee derivarono da un potere regio illuminato: es. il codice prussiano del 1794 e il codice au-striaco del 1811.

18 Nell’ispirazione concettuale la interpretazione esegetica avrebbe implicato, oltretutto, il formarsi di una giustizia uniforme, in quanto dedita solo all’applicazione della legge. Secondo i dettami della scuola della ese-gesi fiorirono imponenti commentari del code civil (come quelli di Duranton, Demolombe, Troplong).

19 Il codice napoleonico entra in vigore per il regno italico (cisalpino) nel 1806 e farà da modello ai codici estense, parmense e del regno delle due Sicilie del 1819 (il più fedele al modello francese). Ciò spiega anche perché, dopo pochi anni dall’unita d’Italia (1861), fu possibile redigere un codice civile unitario per il Regno d’Italia.

20 Con accenti retorici rilevava Pisanelli, massimo ispiratore del cod. civ. del 1865, come, in realtà, il cod. nap. rispecchiasse principi del diritto romano e perciò fosse un diritto “restituito” all’Italia.

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 25

zialità dell’autonomia dei privati. Con il cod. civ. 1865 ritorna in vita il principio di tipici-tà dei diritti reali contro la dottrina del dominio diviso (plura dominia) espressa dalla esperienza feudale come reazione alla stratificazione in classi della società.

La esaltazione della volontà individuale comporta che i contratti hanno forza di legge tra le parti (artt. 1134 code civil e 1123 cod. civ. 1865) 21. La possibilità di trasmettere i di-ritti per effetto del consenso, da un lato, garantisce all’aristocrazia di non essere privata dei propri beni senza il proprio consenso; dall’altro, consente alla borghesia commerciale di accedervi facilmente, convogliando verso la proprietà le risorse economiche che la rivolu-zione industriale sta progressivamente liberando. L’affermazione del diritto di libertà eco-nomica consente poi alla classe industriale emergente di sottrarsi al controllo e alle inge-renze che avevano caratterizzato l’azione delle monarchie assolute. Ormai il divario tra di-ritto privato e diritto pubblico si colloca all’interno del diritto di provenienza statale.

Dopo la fondamentale riforma agricola, che aveva consentito all’uomo di dominare la natura, a seguito delle scoperte scientifiche e delle innovazioni tecniche del seicento, si svolge la c.d. rivoluzione industriale, prima con le applicazioni della macchina a vapore di Watt e poi con l’affermazione del motore a scoppio e di nuove fonti di energia. La in-troduzione dell’automazione nei processi produttivi innova il sistema economico, deter-minando la formazione di una ricchezza che dapprima affianca ma poi sovrasterà la rile-vanza e la logica proprietaria. Negli opifici collocati nelle aree urbane accorrono e si concentrano soggetti che alienano la propria forza fisica in corrispettivo di salari: artigia-ni e contadini affluiscono progressivamente negli opifici, cedendo non più un prodotto finito (come per il passato) ma senz’altro una prestazione lavorativa alle dipendenze di chi organizza la produzione 22. In luogo del mercante che traeva profitto dal divario di valore tra i beni acquistati e quelli collocati sui mercati, anche lontani, il nuovo impren-

 

21 Ampio è il riconoscimento dell’autonomia privata, la cui più nutrita disciplina è rivolta a garantire la ve-ridicità e consapevolezza della volontà degli autori dell’atto (artt. 1109 ss. code civil e artt. 1108 ss. cod. civ. 1865). Anche il rapporto di lavoro è collocato nello schema del contratto di locazione, che può avere ad ogget-to le cose come le opere (art. 1708 code civil e art. 1627 cod. civ. 1865). I contratti di matrimonio, quali atti di sistemazione patrimoniale della vita familiare, sono annoverati tra i modi di acquisto della proprietà (art. 1587 code civil e art. 1378 cod. civ. 1865); ed in materia successoria sono soppressi fedecommessi, maggiorascati, ecc., vuoi per la discriminazione che contenevano tra membri di una medesima famiglia, vuoi per la sottra-zione di beni alla libera commerciabilità.

L’affermazione della laicità dello Stato comporta la configurazione del matrimonio civile quale unica for-ma di matrimonio (art. 165 code civil e art. 93 cod. civ. 1865); il code civil consente anche il divorzio (artt. 229 ss.). C’è una indifferenza, se non un’ostilità, verso le forme di vita associata in quanto limitano l’esplicazione della libertà dei singoli: si ha riguardo ai soli “corpi morali legalmente riconosciuti” (art. 2).

22 Emerge la figura dell’imprenditore in senso moderno, come colui che combina e organizza i fattori della produzione, creando nuova ricchezza. Scriverà Cipolla: “Da allora il mondo non fu più lo stesso”. La rivolu-zione industriale – prosegue l’Autore – trasformò l’uomo da agricoltore-pastore in manipolatore di macchine azionate da energia inanimata. La maggior parte della popolazione tende a vivere in grossi agglomerati urba-ni; l’esasperata divisione del lavoro e il lavoro di gruppo implicano un più continuo, più preciso e nel con-tempo più impersonale e più opprimente rapporto con altri simili. Buona parte del grande capitale commer-ciale è così attratto dall’investimento industriale, che si prospetta come produzione di massa. Ormai anche tra i romanisti sta emergendo l’idea che, con il modello di produzione industriale, la storia è “spezzata”. Da tali profonde trasformazioni economiche derivano anche forti mutamenti sociali, formandosi una nuova classe operaia composta di contadini sradicati dalla campagne e artigiani allontanati dalle botteghe, che vanno ad ingrossare una platea indistinta di dipendenti nelle fabbriche, ormai sciolti dai legami di appartenenza sociale e territoriale.

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26 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

ditore forma il lucro attraverso la produzione, realizzata al più basso costo possibile e in quantità sempre maggiore e collocata sul mercato al più alto prezzo possibile con celerità e sicurezza. Con l’industrializzazione si completa il definitivo contrasto all’assetto agra-rio-feudale intrapreso dalla precedente borghesia mercantile, anche perché i privilegi e le immunità che competevano all’aristocrazia feudale sono ormai disgiunti dalle funzioni pubbliche (di difesa militare e di governo) che in passato li legittimavano, sì da apparire come odiosi e ingiustificati: veri e propri “abusi feudali”. Inizia un percorso di produ-zione di massa che andrà progressivamente intensificandosi e dilatandosi fino a coprire mercati mondiali.

Con i piedi piantati nella economia commerciale ma con l’occhio rivolto ad asse-condare le affioranti esperienze della produzione industriale, emergono i primi modelli di codici di commercio. Sull’esempio del cod. comm. francese del 1806, il cod. comm. del 1865 e ancor più il codice di commercio del 1882 introducono una legislazione particola-re per la borghesia commerciale ed industriale. I contratti sono riguardati non più come modi di accesso alla proprietà (terriera), quale ricchezza finale (come era nella indole del code nap. e del cod. civ. del 1865), ma valutati e regolati quali strumenti dell’attività eco-nomica, rivolti perciò all’approvvigionamento dei fattori della produzione e alla colloca-zione dei prodotti, dal cui scambio deriva la (nuova) ricchezza finale. Molti contratti tro-vano disciplina differente nel cod. civ. e nel cod. comm. (ad es. c’è la vendita civile e la vendita commerciale), con significative diversità in favore dell’impresa. In virtù dello stes-so diritto statale è operata una diversità di regolazione giuridica in ragione della possibili-tà o meno di qualificare l’atto compiuto come “atto di commercio”; con l’aggravante che gli atti compiuti dal cittadino con commercianti sono soggetti alla legge commerciale 23.

4. Il codice civile tedesco (B.G.B.). – Con le codificazioni il giusnaturalismo aveva trovato il suo trionfo ma anche segnato l’inizio del suo declino, in quanto i principi di di-ritto naturale maturati si depositavano in leggi scritte nazionali, perdendo il connaturato carattere di astatualità e universalità. Di quella esperienza rimarranno in eredità i valori propri del c.d. Stato di diritto (giunto fino a noi).

Si sviluppa in Germania nella prima metà dell’800 la c.d. scuola storica del diritto 24

che ricostruisce la società come attraversata da una perenne evoluzione, contro la statica universalità razionale dei giusnaturalisti, che ormai si rivela una mera astrazione. C’è una riscoperta del diritto romano come essenziale antecedente dello sviluppo del pensiero  

23 Il cod. comm. del 1882 si apre con la indicazione: “In materia di commercio si osservano le leggi com-merciali. Ove queste non dispongano, si osservano gli usi mercantili … In mancanza si applica il diritto civi-le” (art. 1). Si prevede in particolare: “Se un atto è commerciale per una sola delle parti, tutti i contraenti so-no per ragione di esso soggetti alla legge commerciale, fuorché alle disposizioni che riguardano le persone dei commercianti, e salve le disposizioni contrarie della legge” (art. 54); a tale norma si connette l’altra, per cui “se l’atto è commerciale anche per una sola delle parti, le azioni che ne derivano appartengono alla giurisdizione commerciale” (art. 870). Ciò importava che, nei rapporti con le imprese, i comuni cittadini (cioè i consumatori) venivano assoggettati alla legge di favore per le imprese: scelta vivacemente criticata da Vivante.

24 Secondo tale scuola lo studio storico del diritto è essenziale criterio di rilevazione e di comprensione del formarsi delle regole giuridiche: il diritto non proviene dalle sole fonti statali, assumendo un ruolo fonda-mentale la consuetudine. Per Savigny uno “spirito del popolo” (Volksgeist) attraversa ogni comunità naziona-le informando le espressioni della cultura, compreso il diritto. Esiste una connessione tra materia (la realtà sociale espressa dalla storia) e forma (il diritto quale strumento di organizzazione sistematica della prima).

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 27

giuridico; sull’esperienza di studio medievale del diritto romano si dà luogo ad un usus modernus pandectarum 25. Il diritto positivo, come per i giusnaturalisti, rimane l’unica realtà osservata dai giuristi; però è organizzato con criterio sistematico, sì da enucleare ed elaborare principi general i che innervano l’ordinamento, onde governare la evolu-zione della società (c.d. dogmatica) 26.

Massima espressione della dogmatica pandettistica fu l’elaborazione del codice civile tedesco (Burgerliches Gesetzbuch), comunemente indicato con le iniziali B.G.B., adotta-to nel 1896 e in vigore dal 1° gennaio 1900 (tuttora in vigore sebbene variamente novel-lato). La tradizione del diritto romano permea l’intero codice, adattata alla realtà socio-economica del tempo ormai pervasa dalla industrializzazione 27. Con un linguaggio colto e tecnico la materia del diritto privato è pensata ed organizzata secondo categorie logi-che, generali ed astratte, intorno alle quali è tessuta la sistematica dell’ordinamento. Ela-borato da professori, non è accessibile all’uomo comune ma ai tecnici del diritto, manife-stando profondità culturale e valenza didattica.

È significativa della struttura del codice la Parte generale dedicata alla disciplina di persone (fisiche e giuridiche), cose, negozi giuridici, decadenza e prescrizione, esercizio dei diritti e tutela 28. In particolare il processo di astrazione in funzione della unità del soggetto di diritto trova la massima espressione con la formulazione della figura del ne-gozio giuridico, come manifestazione di volontà rivolta ad uno scopo tutelato dall’ordina-mento giuridico. Prende slancio da tale generale definizione un approfondito filone di elaborazione scientifica, che durerà a lungo 29.  

25 Il diritto romano, che mai aveva smesso di operare, riceve rinnovata vitalità. L’intero ordinamento è orga-nizzato sistematicamente intorno a principi generali (come espressioni dello spirito del popolo) da cui derivano in forma piramidale i concetti di grado man mano inferiore e dunque le regole di ogni istituto giuridico (Puchta).

26 È il trionfo della c.d. scuola sistematica, che si oppone alla scuola esegetica formatasi nel segno del codice napoleonico. Sulle indicazioni del formalismo kantiano si afferma la funzione ordinante delle categorie logiche nella conoscenza scientifica, tendendo le costruzioni dottrinali a inquadrare logicamente la realtà: la verità scien-tifica è saggiata dalla coerenza interna delle categorie utilizzate. Osserva Windscheid, figura emblematica della corrente c.d. pandettistica, come “considerazioni di carattere etico, politico o economico in quanto tali non sono materia propria del giurista”. All’autorità spetta solo di fissare la forma di organizzazione politica che garantisca la libertà individuale (sia personale che nell’utilizzo dei beni) in un contesto di uguaglianza formale dei privati, rinunziando a formulare un contenuto assiologico: è l’affermazione della c.d. neutralità del diritto rispetto al dispiegarsi dei rapporti sociali, che sarà vivacemente contestata nelle epoche successive.

27 Ha osservato Wiacker come il codice tedesco, quale diritto privato generale ed astratto, “orienta fon-damentalmente il proprio sistema non a principi sociali di vita bensì alle manifestazioni concettuali del diritto soggettivo”. Il medesimo autore descrive la situazione della società da cui esso nasce come caratterizzata da una “rivoluzione industriale avanzante che fa della libertà contrattuale ed associativa mezzi di accumulazione di potere sociale ed economico”.

28 Un epilogo di tale pensiero giuridico si avrà con la c.d. dottrina pura del diritto elaborata da Kelsen. Contro la deriva del naturalismo giuridico, il diritto è ricondotto alla sua ontologica matrice formale di co-mando, depurato di connotazioni sociali. L’attenzione è tutta rivolta alla struttura del diritto, presentandosi il diritto come complesso organico di norme. Il metodo di analisi e di elaborazione concettuale non può che essere quello positivista, per i caratteri di positività ed effettività del diritto. Anche questa dottrina non andò esente da riserve e critiche per la sua astrazione dalla realtà sociale.

Un medesimo sviluppo ideologico attraversa il sapere giuridico italiano. Peraltro la formazione della “Triplice alleanza” con Austria e Germania (che durerà dal 1882 al 1915) apre la cultura italiana e dunque anche gli studi giuridici ad una forte influenza tedesca. La scuola sistematica si diffonde nei nostri studi e di-viene metodo di studio generalmente accolto.

29 Influenzato dal codice civile tedesco, ma con felice sintesi tra diritto comune e tradizioni locali e  

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28 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

5. Il codice civile del 1942. – Il legislatore italiano, che alla metà degli anni ‘30 dà avvio all’opera di rinnovazione del codice civile, assimila i modelli di entrambe le grandi codificazioni del diritto privato 30. Il codice civile del 1942 31 muove dall’impianto del co-de nap. (e dunque del cod. civ. 1865), ma utilizza tecniche di generalizzazione proprie del B.G.B., come la previsione di “disposizioni generali” (es. artt. 456 ss., 832 ss., 1470 ss.) e l’introduzione di “clausole generali” (es. artt. 1366, 1375). Quanto al contenuto, lo stesso, benché veda la luce durante il fascismo, non è pervaso dalle istituzioni proprie del regime (es. il corporativismo), regolate nella Carta del lavoro 32, alla quale si rinvia mediante un mero richiamo: alla caduta del regime è stato così possibile eliminare tali sovrastrutture 33 perché il codice potesse continuare a svolgere la sua funzione. Il codice, nella sostanza, esprime la vicenda economico-sociale propria dell’Europa dei quegli an-ni: codifica le grandi conquiste ideali del liberalismo dell’800, modellando i singoli istitu-ti secondo le esigenze emerse dal mondo delle attività economiche o connaturate allo svi-luppo dei traffici 34.

Manca a tale codice (come del resto era mancata al codice tedesco) quella dimen-sione ideale rivoluzionaria che aveva caratterizzato il codice napoleonico. Quest’ultimo aveva consacrato l’esito di una lunga stagione di lotta per la conquista delle libertà del-l’individuo contro il potere assoluto; al tempo della codificazione del 1942 tali ideali erano ormai un portato comune delle società europee. D’altra parte l’esperienza tedesca della Costituzione di Weimar del 1919, che aveva formulato la tavola dei diritti sociali della persona umana, aveva avuto breve vita per essere stata travolta nel 1933 dall’av-vento al potere del nazismo. Il nostro codice si attesta, per così dire, a metà strada: ri-specchia gli sviluppi del capitalismo dell’epoca, introducendo ragioni di equità sociale; rispetto al cod. civ. del 1865, adotta scelte umanamente più avanzate oltre che tecnica-mente più raffinate.

Tratto saliente del codice civile è la unificazione della normativa civilistica e di quella commercialistica in un unico codice, mentre nel resto d’Europa rimaneva la di-stinzione tra codice civile e codice di commercio 35. In realtà il cod. civ. del 1865 regola-

 

un’apertura all’intervento del giudice, è il codice civile svizzero (codice della Confederazione elvetica), adot-tato il 10 dicembre 1907 e in vigore dal 1912. È del 1911 la legge federale di complemento del codice civile contenente il libro quinto relativo al diritto delle Obbligazioni (comprensivo del diritto commerciale).

30 Significativa era stata la posizione di E. GIANTURCO che, già alla fine dell’800, invitava a non imitare i tedeschi o copiare i francesi, là dove era necessario disporsi a quel “giusto mezzo a cui inconsapevolmente tende l’intelletto italiano”.

31 Il codice è approvato con R.D. 16.3.1942, n. 262, ed entra in vigore il 21.4.1942, sostituendo i libri del codice stesso in precedenza autonomamente approvati.

32 La Carta del Lavoro è uno dei documenti fondamentali del fascismo: approvata il 21 aprile 1927, ne esprime i principi sociali, la dottrina del corporativismo, l’etica del sindacalismo e la politica economica.

33 Vedi R.D.L. 9.8.1943, n. 721, e D.Lgs.Lgt. 27.11.1944, n. 369. 34 Ha osservato R. Nicolò: “Per la prima volta l’istituto giuridico dell’impresa, come situazione oggettiva

che fa capo all’imprenditore, si pone al centro del sistema del diritto privato. Proprietà e impresa, come cate-gorie parallele, costituiscono insieme alla categoria parallela del lavoro, i filoni fondamentali del nostro codi-ce, e sotto questo profilo rappresentano esattamente gli aspetti primari della nostra organizzazione sociale e della nostra struttura economica”.

35 Secondo la Relaz. del Guardasigilli, con l’adozione della nuova codificazione, si voleva formulare un codice organico e unitario che contenesse la “disciplina dell’economia organizzata”, dove al concetto di “cit- 

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 29

va in via esclusiva persone, famiglia, successioni e proprietà; mentre la disciplina di im-presa e società (e della navigazione) era esclusivamente collocata nel codice di commer-cio: solo obbligazioni e contratti erano disciplinati in entrambi i codici. Sicché la unifica-zione dei due codici di diritto privato (e l’autonoma organizzazione di un codice della navigazione) comportò sostanzialmente la unificazione della disciplina di obbligazioni e contratti. E in tale fusione, in presenza di un divario di disciplina tra i due codici, furono essenzialmente le norme del codice di commercio (quale codice dell’impresa) a prevalere come normativa unitaria sulle tradizionali regole del codice civile (quale codice della proprietà) 36.

La tecnica legislativa adoperata fu il metodo dell ’economia (come si usava dire al tempo della codificazione), perché le forme giuridiche corrispondessero alla sostanza economica dei fenomeni. Tale metodo fece prediligere soluzioni più congrue ad esigenze socio-economiche piuttosto che rispondenti ad elaborazioni concettuali. Non è prevista la categoria del negozio giuridico (come invece è presente nel codice civile tedesco), ma è regolato il contratto, come figura più aderente alla vita dei rapporti economici. E il contratto è disciplinato con particolare riguardo alla sua funzione di essenziale stru-mento di scambio di una economia di mercato 37. Mancano però al codice civile quella valorizzazione dell’attività di impresa e quella generale evoluzione del diritto commer-ciale in diritto dell’economia che già emergevano in altre aree economiche europee ed americane. Anche la legge fallimentare che nello stesso anno vedeva la luce (R.D. 16.3.1942, n. 267) era funzionale alla esecuzione concorsuale del credito piuttosto che finalizzata alla disciplina della impresa in crisi.

Il codice civile del 1942 è tuttora in vigore. A tale longevità hanno concorso due fon-damentali circostanze: l’una interna al codice, per l’ampio impiego di clausole generali (come buona fede, diligenza, ecc.) che hanno consentito di attingere a criteri e regole di comportamento aderenti al mutare dei tempi; l’altra esterna al codice, per il processo di novellazione cui è continuamente assoggettato, vuoi con la sostituzione o modificazione di normative (es. la riforma del diritto di famiglie, la riforma della disciplina delle società di capitali e delle società cooperative), vuoi con l’aggiunta di nuove discipline (es. la normativa sull’amministratore di sostegno, quella sull’affidamento condiviso, quella sul patto di famiglia). Altre numerose normative, anche di grande rilievo, sono fiorite accan-to al codice civile (es. la normativa sul divorzio, il codice del consumo, il t.u. dell’inter-mediazione finanziaria, ecc.). Nonostante l’incalzare di leggi complementari al codice civile, che stanno regolando nuovi settori del diritto privato o sostituendo tradizionali discipline, secondo i valori espressi dalla Carta costituzionale, il codice civile conserva  

tadino” della rivoluzione francese si sostituisse quello di “produttore”, cioè della persona che partecipa atti-vamente con la propria azione individuale all’azione comune di aumento della potenza e del benessere della Nazione, come potenza e benessere di tutti. Del resto dal 1888 era venuta anche meno la duplicità della giuri-sdizione civile e commerciale.

36 Osserva la Relaz. cod. civ., n. 554, come l’unità del diritto delle obbligazioni fu realizzata riconoscendo virtù espansiva ad alcune norme del codice di commercio, nate nella vita rigogliosa e agile dell’attività mer-cantile, con tale duttilità che in gran parte potevano dimostrarsi adatte a soddisfare pure le nuove esigenze dell’economia nazionale.

37 Significativamente, oggetto del contratto non è più “la cosa” (art. 1116 cod. civ. 1865), come in una economia proprietaria, ma “la prestazione” (artt. 1346 ss.), connaturata ad un’economica fondata sull’attività e sull’impresa. Per altre indicazioni, v. la Parte VIII.

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30 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

un ruolo sistematico fondamentale per esprimere, non solo la disciplina più nutrita del diritto privato, ma anche una trama di concetti e un linguaggio in grado di guidare la ra-zionalizzazione e la sistemazione della frammentaria legislazione complementare.

L’impianto concettuale del codice civile è di recente sottoposto a notevoli strappi e ripensamenti in conseguenza dell’innesto nel nostro ordinamento di normative di origine europea spesso espressive di logiche e categorie estranee alla nostra tradizione giuridica. Le aree maggiormente stravolte rispetto all’impianto originario del codice risultano, da un lato, il diritto delle persone e della famiglia per l’emergere di nuovi modelli di rela-zioni familiari e l’affermazione dei diritti della persona umana, e dall’altro l’impresa per evolvere la sua rilevanza nel più generale diritto dell’economia connotato dalle esigenze sociali della produttività e del mercato.

6. Le Costituzioni degli Stati moderni. – I valori che pervadono i codici di inizio ’800 orientano anche le Costituzioni degli Stati moderni, che sanciscono le conseguite libertà e garanzie dei cittadini verso lo Stato: valori non più abbandonati dalle democra-zie occidentali, seppure (come vedremo) integrati e riequilibrati con altri valori successi-vamente affermatisi come quelli della solidarietà e del pluralismo. Si apre la strada alle costituzioni scritte, che hanno lo specifico compito di riconoscere i diritti dei cittadini, anzitutto nei confronti dello Stato, e segnare i rapporti tra lo Stato stesso ed i consociati (c.d. Stato costituzionale).

Espressione di tale stagione fu lo Statuto albertino 38 del 1848, che, pur essenzial-mente rivolto alla regolazione della organizzazione dello Stato, conteneva una parte inti-tolata “Dei diritti e dei doveri dei Cittadini”. Tra i diritti garantiti, accanto a quello di libertà e come espressione dello stesso, c’è il diritto di proprietà: per l’art. 29 “Tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono inviolabili”. Sono valori non più abbandonati dalle democrazie occidentali, ma integrati e riequilibrati con nuovi valori come quelli della dignità umana, della solidarietà e del pluralismo.

È in generale ribadito il modello dello Stato di dir i t to . Connotato primo di tale modello è il principio di legalità, per cui tutti sono soggetti alla legge: anche i pubblici poteri sono soggetti al diritto (lo stesso interesse pubblico giustificante l’intervento sulla proprietà deve essere legalmente accertato). Poiché il diritto ha la essenziale funzione di garanzia della coesistenza degli individui, vi è connesso il principio della certezza del di-ritto: non solo della esistenza della regola giuridica, ma anche della sua applicazione e tu-tela attraverso i meccanismi che ne garantiscono l’attuazione. Il criterio guida è espresso dal principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, senza distinzione di classe o di censo, in funzione della unità del soggetto di dir it to 39. Sono acquisizioni rivolu-zionarie per l’epoca in cui maturarono, anche se in seguito se ne valuteranno i limiti, trattandosi di categorie collegate alla natura dell’uomo e perciò astratte dai contesti so-ciali delle persone e dalle relative appartenenze.  

38 È una Costituzione di carattere ottriato (in quanto derivante da una concessione del sovrano), ma con una sorta di approvazione popolare legata alle pronunce nei plebisciti. È inoltre una Costituzione flessibile in quanto modificabile con legge ordinaria.

39 Funzione precipua dello Stato è quella di garantire la coesistenza degli uomini consentendo a ciascuno di esplicare la libertà all’interno della propria sfera giuridica. Il ruolo della legge è nel definire le libertà dei cittadini, gli strumenti di tutela e i modi di partecipazione al potere.

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 31

7. La Costituzione repubblicana. Il primato della persona umana. – Dalla secon-da metà dell’800 affiorano più eventi che sconvolgono il tessuto socio-economico che aveva fatto da sfondo alle moderne codificazioni. Sul piano economico, la rivoluzione in-dustriale progressivamente affianca, fino a soppiantare, la ricchezza agraria: emerge l’importanza della concentrazione dei capitali e dei valori mobiliari; i rapporti con le banche si rivelano essenziali nell’approvvigionamento dei mezzi di produzione; le infra-strutture diventano essenziali presupposti della produzione. Sul terreno sociale la indu-strializzazione determina la progressiva concentrazione della forza lavoro nelle aree in-dustriali, con l’aggregazione in strutture sindacali degli interessi collettivi del lavoratori per migliori condizioni salariali e di vita sul lavoro: si intensifica un “contromovimento” delle classi operaie in forme collettive sempre più organizzate fino alle formazioni sociali sindacali. In campo politico, l’universalismo proclamato dai giusnaturalisti è contrad-detto dalla diversità delle realtà nazionali e dagli equilibri di potere che la borghesia emergente volta a volta instaura con le classi tradizionalmente detentrici del potere 40. Acquisiti come irrinunciabili i diritti civili contro lo Stato, si guarda da più parti allo Sta-to per conseguire, rispettivamente, ausili all’economia e tutela delle debolezze esisten-ziali in fatto e nel mercato. Si pongono all’attenzione della politica e del mondo giuridico significativi conflitti sociali, che attraversano le elaborazioni dei giuristi.

Il diritto, pur con diverse impostazioni, è studiato come scienza sociale: le finalità del diritto sono fatte risiedere nella regolamentazione di conflitti sociali. L’individuo isolato e astrattamente unitario, analizzato dalla economia classica e al quale avevano fatto rife-rimento sia il giusnaturalismo che l’illuminismo, orientando la formazione dei codici moderni, viene reintegrato nella realtà delle relazioni sociali in cui vive ed opera, valoriz-zandosi appartenenze e contesti di collocazione 41. Anche le tradizionali categorie giuri-

 

40 L’illusione della c.d. volontà generale quale fondamento di legittimazione del potere è smentita dalla ri-stretta base sociale avente diritto al voto. Anche la divisione dei poteri non impedisce che i singoli poteri fos-sero espressione delle medesime classi sociali.

41 Emergono più filoni teorici. Da un lato, l’istituzionalismo (specie con Hauriou), per il quale l’ordina-mento giuridico è più vasto di quello statale, abbracciando tutte le forme di organizzazione rivolte a realizzare uno scopo: elaborazione che, in modo distorto, è stata in prosieguo impiegata con riferimento a talune comu-nità (famiglia, associazioni, ecc.), per designare la prevalenza dello scopo comune rispetto alla persona dei componenti. Dall’altro, il socialismo giuridico (specie con Menger), il quale riceve dal socialismo materiale la lezione che non sussiste una eguaglianza degli individui concreti, per essere gli stessi costretti dalle specifiche condizioni socio-economiche (anche la c.d. libertà negoziale si rivela una mera astrazione); tale filone mette però da parte la lotta di classe incanalando le rivendicazioni delle classi lavoratrici verso la formazione di un catalogo di “diritti economici fondamentali”, sul modello dei diritti politici fondamentali conseguiti nel seco-lo precedente. Rileverà Solari (uno dei massimi studiosi italiani del socialismo giuridico): non si possono im-punemente rinnegare secoli di lotta per la conquista delle libertà individuali consacrate nei Codici; il sociali-smo giuridico si ritrasse da questo errore e anziché contrapporre individuo a società tende a conciliarli sul terreno del diritto privato.

In una diversa prospettiva si afferma un neogiusnaturalismo che, con varie impostazioni, tende a porre un limite alla onnipotenza legislativa con l’affermazione di indisponibilità di alcuni valori essenziali. Nella dimen-sione laica, tali valori sono espressi da progressive acquisizioni etico-giuridiche irreversibili, rivelatrici della dignità umana (appellandosi a un comune sentire derivante dalla “natura delle cose” dalla quale discende un diritto naturale concreto contro l’artificiosità del diritto formale, ovvero riferendosi a una cultura di base co-munemente accettata. Nella dimensione cristiana (specie cattolica), abbandonata l’idea di trasferire nella so-cietà civile il progetto divino per l’uomo e la società, tali valori sono ricondotti ai principi etici impressi dalla divinità nell’uomo.

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32 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

diche della rivoluzione illuministica escono ridisegnate, a cominciare dal diritto soggetti-vo che è ricostruito come “interesse giuridicamente protetto”, con ciò aprendosi la stra-da alla generale concezione della limitazione dei diritti individuali in ragione del tratta-mento giuridico. Il principio di uguaglianza davanti alla legge è connesso con quello di razionalità, per cui è considerato egualmente ingiusto trattare posizioni uguali in modo diverso come trattare posizioni diverse in modo uguale. Il valore per antonomasia diven-ta la dignità della persona umana, da proteggere sia rispetto ai poteri pubblici che verso i potentati privati e da sostenere nell’incertezza e nella debolezza.

Coerente al modello delle Costituzioni degli ordinamenti democratici del XX secolo (la Costituzione francese è del 1947), la nostra Costituzione repubblicana (della cui strut-tura si parlerà trattando delle fonti del diritto: I, 3.5), mentre ribadisce la tavola dei dirit-ti contro il potere statale, introduce garanzie e tutele contro i poteri di fatto della società civile. La materia dei rapporti tra privati penetra nella disciplina della Costituzione, deli-neandosi un criterio assiologico di verifica degli interessi, secondo i valori positivamente imposti dall’ordinamento. Dopo la lunga stagione dell’astrazione del soggetto dalle ap-partenenze, in funzione della unitarietà del soggetto di diritto, riprende a rilevare il con-testo sociale nel quale il soggetto è collocato ed opera: non più però per assegnare privi-legi e immunità di classe, ma per attribuire protezione e difesa alle debolezze sociali.

Una sinergia ideologica sorregge le scelte della Carta costituzionale (c.d. patto o compromesso costituzionale): culture diverse convergono verso l’affermazione di valori fondativi comuni 42. Le varie culture si incontrano sul fondamentale principio della di-gnità e del primato della “persona umana”, che pervade la intera Carta costituzionale: le idee della rivoluzione liberale del secolo precedente e le nuove aspirazioni verso uno Sta-to socialista-marxista si intrecciano con i dettami della “dottrina sociale” della Chiesa cattolica (affermati dalla enciclica Rerum novarum di Leone XIII del 1891) 43, realizzan-do un alto compromesso ideale.

Il principio personalista esprime unitariamente la sintesi dei diritti fondamentali della persona umana, orientando la regolazione delle relazioni sociali 44. Il valore della persona, nella declinazione del solidarismo, attraversa tutti gli istituti giuridici e le relati-ve normative orientandone interpretazione e applicazione. Anche il sentimento umano  

42 L’esperienza unitaria maturata nella lotta antifascista favorì l’aggregazione di matrici culturali comuni. L’Assemblea costituente era formata da un nucleo intellettuale medio-alto che, pur nel divario delle collo-cazioni ideologiche, si mostrava aperto alle istanze di una società di massa e attento ai bisogni delle classi de-boli. Secondo l’immagine che fu data della Carta, la stessa si presentava come una “piramide rovesciata” con un criterio di socialità progressiva: l’uomo è considerato prima nella sua individualità, poi all’interno delle comunità minori, quindi nell’ambito del lavoro e infine dentro la comunità politica; segue quindi la organiz-zazione statale.

43 La reazione della Chiesa cattolica verso il mondo moderno non si situa più nella dimensione del Deca-logo di missione salvifica dell’uomo, ma è volta a costruire in positivo un programma di riforma della società fondata sui valori del cristianesimo: centralità del bene comune, collaborazione delle classi, economia a servi-zio dell’uomo, difesa della proprietà privata, elevazione delle classi lavoratrici. E sarà proprio questa dottrina a segnare il polo di aggregazione delle altre culture.

44 Sull’idea del primato della persona umana convergevano le ideologie fondamentali che diedero vita alla Carta, anche se le giustificazioni che ne erano alla base erano diverse: per i cattolici, rappresentava la “tra-scendenza” della persona, espressiva della divinità; per i marxisti, indicava l’approdo alla “scomparsa dello Stato” nella fase finale del comunismo; per i liberali e laici in genere, significava la “garanzia dei diritti” degli uomini verso lo Stato.

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 33

della tolleranza umana è ripensato in una dimensione di rispetto dell’alterità e costruito come diritto individuale di partecipazione sociale alla vita democratica, espressivo della dignità umana (perciò come diritto alla libertà di espressione, alla diversità umana e ideale, al confronto politico, alla gara economica, ecc.).

Gli artt. 2 e 3 delineano la tavola fondamentale del principio personalista, dal quale tutti gli altri valori derivano. Entrambe le norme sono strutturate nel medesimo modo: una prima parte è rivolta a riconoscere e garantire la inviolabilità dei diritti dell’uomo (espressi dalla tradizione o man mano emergenti); una seconda parte è indirizzata a im-porre l’obbligo di solidarietà politica, economica e sociale (di privati e di pubblici poteri) per realizzare in fatto il pieno sviluppo della persona umana. Il personalismo, correlato al solidarismo, si svolge attraverso una tavola di diritti la cui realizzazione implica un ca-talogo di obblighi correlati 45: è il dato realmente nuovo della Carta costituzionale, che tende a valorizzare l’effettivi tà della condizione umana nella società. Anche la formula abusata di “costituzione economica” (artt. 35 ss.) esprime in realtà la Costituzione nel suo insieme sui temi dell’economia (così la proprietà privata ha funzione sociale e deve essere accessibile a tutti, l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quanti-tà e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa).

In definitiva il principio personalista si irradia sull’intero ordinamento, incidendo an-che sul diritto privato: emerge una normativa costituzionale del diritto privato, sicché tutti i testi normativi, il codice civile come le relative leggi complementari, vanno riletti alla luce della Carta costituzionale. C’è peraltro da evidenziare come tuttora molte “promes-se” costituzionali sono restate disattese; molte idealità non si sono tradotte in norme operative (basta pensare alla forte disoccupazione che ancora attraversa il tessuto sociale, a fronte del diritto al lavoro enunciato dall’art. 4 Cost.).

8. Segue. Il “pluralismo” ordinamentale e sociale. – Come portato dei nuovi valori ordinatori della società è erosa la visione tipicamente statalista del diritto che aveva con-trassegnato l’epoca precedente, per cui il diritto si esauriva nella legge statale. C’è la fi-ducia del costituente che le autonomie locali e le formazioni sociali rappresentino i luo-ghi più idonei per lo sviluppo della persona umana, sicché la Repubblica deve favorirne la formazione e valorizzarne la vita democratica, tutelando le istanze dei gruppi e l’inte-  

45 È anzitutto valorizzato il principio della uguaglianza formale innanzi alla legge, con la previsione di una pari “dignità sociale”, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di con-dizioni personali e sociali: sono abolite tutte le cause storiche di discriminazione portate da un diritto dise-guale, eliminandosi le ragioni di odiosa diversità (si pensi alla razza e al sesso) e le aree di indulgenti immunità e dispense (si pensi alle confessioni religiose) che avevano caratterizzato le epoche precedenti (art. 31). Corre-lativamente è introdotto il principio di uguaglianza sostanziale davanti alla legge: c’è la consapevolezza che la limitazione della libertà e dell’eguaglianza dei cittadini non proviene solo dal potere pubblico ma anche “di fatto” dal potere economico, sicché c’è l’esigenza di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza e impediscono il pieno sviluppo della persona (art. 32).

Rimane attuale il vigoroso discorso sulla Costituzione del 1955 di Piero Calamandrei, che, parlando a giovani milanesi, li esortava a un impegno morale e civile a difesa della Costituzione, rilevando come la stessa non fosse solo una polemica contro il passato, per la riattivazione delle libertà giuridiche e politiche, ma conte-nesse anche una polemica contro il presente per essere l’affermazione solenne della solidarietà sociale ed umana volta alla perequazione economica di fatto: “è la carta della propria libertà, della propria dignità di uomo”.

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34 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

resse dei singoli nei gruppi (art. 2, 2a parte). L’attenzione privilegiata rivolta dalla Costi-tuzione alla persona umana tende a valorizzare le varie comunità nelle quali l’uomo, sin dalla nascita, è inserito e poi liberamente si dispiega: per un verso, famiglia, scuola, asso-ciazioni, confessioni religiose, partiti, sindacati, ecc.; per altro verso, realtà municipale, regionale, statale, europea, internazionale, ecc. Gli statuti delle varie comunità (private e pubbliche) regolano i rapporti di appartenenza, con la previsione di regole di comporta-mento e la comminatoria di sanzioni in ragione della natura delle singole aggregazioni; solo l’irrogazione della pena della carcerazione, per l’afflizione fisica che comporta, è riser-vata alle strutture giudiziarie statali, a seguito di un giusto processo (artt. 25 e 111 Cost.).

L’ispirazione pluralistica si esprime essenzialmente in due direzioni: ordinamentale e sociale.

a) Il plural ismo ordinamentale (in senso stretto) importa il riconoscimento di al-tri ordinamenti giuridici, con i quali coordinare l’azione dell’ordinamento giuridico sta-tale. Il criterio si lega alla dottrina della c.d. “pluralità degli ordinamenti” che aveva avu-to già modo di considerare il coordinamento dell’ordinamento statale con il diritto con-venzionale della comunità internazionale e con l’ordinamento della Chiesa cattolica: pro-spettive riprese e regolate dalla Carta repubblicana 46. Sono inoltre valorizzate le auto-nomie locali, accordando rilevanza giuridica ai rispettivi statuti: per l’art. 5 Cost., la Re-pubblica riconosce e promuove le autonomie locali; e per l’art. 1142 Cost., i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, po-teri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione 47. Un peculiare campo di azione di tale esperienza è quello del fenomeno sportivo e delle relative articolazioni 48.

Peraltro l’autonomia dei singoli ordinamenti non importa separatezza degli stessi: la varietà di discipline è in ragione della specificità delle materie oggetto di regolazione, pe-rò ogni ordinamento o statuto autonomo è assoggettato alla normativa costituzionale e comunitaria e alle normative di cornice e di competenza esclusiva nazionali.

b) Il pluralismo sociale si atteggia come espressione di formazioni sociali giuridi-camente rilevanti e riconosciute, con la connessa limitazione del diritto statale in favore degli statuti dei gruppi, valutati come mezzi privilegiati di sviluppo della persona umana (art. 2 Cost.). Sono all’uopo disciplinate specifiche formazioni sociali, considerate fon-  

46 Nella prospettiva internazionale, per l’art. 101 Cost., l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute; e per l’art. 11 Cost., l’Italia consente, in condizio-ni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. Secondo l’art. 1171 Cost. “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.

Nei rapporti con le confessioni religiose, è accordata rilevanza costituzionale ai “patti lateranensi” (art. 7 Cost.) e sono previste “intese” con le altre confessioni religiose (art. 8 Cost.).

47 In attuazione di tale norma, v. la L. 5.6.2003, n. 131, recante Disposizioni per l’adeguamento dell’ordina-mento della Repubblica alla L. cost. 18.10.2001, n. 3. Sull’ordinamento istituzionale di Comuni, Province e Aree metropolitane, v. D.Lgs. 18.8.2000, n. 267, recante Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

48 Per l’art. 1 D.L. 19.8.2003, n. 220 (recante Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), conver-tito con modificazioni con L. 17.10.2003, n. 280, la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordi-namento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale; i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Re-pubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo.

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 35

damentali: es. associazioni (art. 18); confessioni religiose (art. 19); famiglia fondata sul matrimonio (art. 29); scuola (art. 34); sindacati (art. 39); partiti (art. 49). Trattasi di un elenco non tassativo: l’ampia formula dell’art. 2 Cost. consente di ricollegarvi altre ag-gregazioni di vita sociale, come ad es. le convivenze familiari di fatto che sono esperienze di vita convissuta (V, 1.4).

Sullo sfondo c’è un costituzionalismo nato e sviluppatosi come diritto interno statale (lo spazio della sovranità) e che solo di recente tende a diventare universale per inerire alla dimensione esistenziale degli uomini, innervati delle Convenzioni sui diritti umani: c’è una comune umanità al fondo del costituzionalismo moderno.

9. La capacità e l’attività di diritto privato della pubblica amministrazione. – È da tempo in corso una progressiva attribuzione agli enti pubblici di caratteri propri dei soggetti privati.

a) Quanto alla capacità, per l’art. 11 c.c. le province, i comuni e gli enti pubblici ri-conosciuti come persone giuridiche godono dei diritti secondo le leggi e gli usi osservati come diritto pubblico. Manca il riferimento allo Stato, ma è opinione unanime che tut-te le amministrazioni pubbliche, compresa quindi quella statale, possano godere di di-ritti e sono dunque dotate di capacità generale di diritto privato 49. Peraltro mentre gli enti privati possono essere o meno dotati di personalità giuridica, tutti gli enti pubblici sono dotati di personalità giuridica.

Sul modello della capacità riconosciuta ai soggetti privati e agli enti privati, la capaci-tà di diritto privato della pubblica amministrazione consiste nell’attitudine della stessa ad essere titolare di diritti e doveri (capacità giuridica) e di compiere atti giuridici (capa-cità di agire) (IV, 3.5). Perciò tutta la normativa di diritto privato (contenuta nel codice civile e in leggi complementari) è di regola applicabile anche agli enti pubblici, tranne che norme particolari non vi deroghino espressamente. È conseguito da ciò (come si ve-drà) che fondamentali categorie del diritto privato – come il dovere di buona fede, il principio del neminem laedere, la protezione del contraente nei contratti predisposti da una sola parte – siano state applicate dalla giurisprudenza anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni.

b) Quanto all’attività, all’esito di un percorso di elaborazione dottrinale e giurispru-denziale 50, la riscrittura dell’art. 1 della L. 7.8.1990, n. 241 (ad opera dell’art. 1 della L.  

49 Ha rilevato M.S. Giannini che “l’ente pubblico è prima di tutto un ente (inteso come soggetto agente secondo il diritto comune), poi è pubblico”; e ha osservato A. Falzea che “la qualità di soggetto giuridico non consiste in altro, se non nella posizione, in parte attuale e nella maggior parte potenziale, di destinatario degli effetti giuridici di un ordinamento, senza distinzioni od esclusioni di campi”.

La giurisprudenza è ormai concorde nel riconoscere che “la capacità di diritto privato delle persone giu-ridiche è potenzialmente generale”, ma per gli enti pubblici incontra “il limite della competenza attribuita al-l’ente, che è delimitata da norme qualificabili come imperative” ai sensi dell’art. 1418 c.c., sicché la loro viola-zione comporta la radicale invalidità dell’atto compiuto dall’ente, in quanto affetto da incapacità negoziale (Cass. 21-4-2000, n. 5234). In precedenza si era affermato che “i divieti posti alle persone giuridiche pubbli-che di svolgere determinate attività non toccano la capacità giuridica dell’ente, intesa come ‘astratta attitudine ad acquistare diritti ed a contrarre obblighi’, ma si configurano unicamente come limitazioni della legittima-zione negoziale” (Cass. 10-6-1981, n. 3748).

50 La Suprema Corte ha affermato che è irrilevante il fatto che gli enti pubblici economici “perseguano le proprie finalità istituzionali mediante un’attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato” (Cass., sez. un., 22-12-2003, n. 19667).

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36 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

11.2.2005, n. 15) ha fissato due fondamentali principi: da un lato, l’attività amministrati-va persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, pubblicità e trasparenza secondo le modalità previste dalla legge e dai principi dell’ordinamento co-munitario (art. 11); dall’altro, la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente (art. 11 bis).

Vi è dunque la elevazione dell’ordinamento comunitario a parametro di verifica an-che dell’azione della pubblica amministrazione: l’atto amministrativo che violi il diritto comunitario comporta violazione di legge. È inoltre consacrata la forza espansiva del diritto privato nel perseguimento dell’interesse pubblico: la pubblica amministrazione può realizzare proprie finalità istituzionali, non solo mediante esercizio di poteri auto-ritativi, ma anche mediante moduli convenzionali disciplinati in tutto o in parte dal di-ritto privato 51.

Quando però gli enti pubblici agiscano mediante strumenti di diritto privato (pre-cipuamente i negozi giuridici), c’è da coniugare il principio dell’autonomia privata, improntato all’autodeterminazione e alla libertà di perseguimento degli interessi, con il principio di legal ità del l ’azione pubblica , per cui i pubblici uffici sono orga-nizzati secondo “disposizioni di legge” in modo che siano assicurati il "buon anda-mento” e la “imparzialità” dell’amministrazione (art. 97 Cost.), al fine del persegui-mento di interessi pubblici. L’intreccio tra i vari profili è reso possibile dal dovere di osservanza da parte della P.A. di un procedimento di evidenza pubblica, che è un procedimento interno all’ente, che precede la stipula dell’atto negoziale ed è svolto secondo scansioni fissate dalla legge al fine di garantire la realizzazione dell’interesse pubblico. La procedimentalizzazione amministrativa (cioè il susseguirsi concatenato e formalizzato di atti tipici da parte della pubblica amministrazione) nella determina-zione dell’interesse da realizzare, nonché nella individuazione dei mezzi necessari allo scopo e nella scelta del contraente, consente di verificare il rispetto della legge e l’uso corretto della discrezionalità, garantendo la trasparenza dell’azione della pubblica am-ministrazione (che è presupposto essenziale per un controllo democratico della stessa quando compie attività di amministrazione mediante strumenti del diritto privato) 52. In sostanza l’evidenza pubblica doppia la stipula privata, rappresentando la prima il presupposto della seconda ed operando la delibera amministrativa e il contratto stipu-lato come collegati, con la conseguenza che la nullità della prima comporta la nullità del contratto 53, salvo il diritto del privato a richiedere il risarcimento dei danni subiti.

 

51 Il fenomeno si svolge essenzialmente in una duplice prospettiva: talvolta l’ente pubblico prende esso stesso la forma privatistica (specie s.p.a.), adottando atti che tendono a mutuare dal diritto privato i singoli effetti; talaltra l’ente pubblico rimane tale sul piano soggettivo, ma ricorre al diritto privato nell’esplicazione dell’attività. Nella prima ipotesi c’è vestimentum privatistico dello stesso ente; nella seconda ipotesi vestimen-tum privatistico della sola attività.

52 L’ordinamento comunitario ha valorizzato il principio della imparzialità della pubblica amministrazio-ne anche come divieto di discriminazione tra soggetti in ragione della provenienza nazionale al fine di realizza-re un mercato unico effettivamente concorrenziale. Come si vedrà, anche la pubblica amministrazione, quan-do fa uso della capacità di diritto privato e dunque opera nel mercato, è soggetta alle regole di tutela della concorrenza e del mercato (II, 6.4).

53 Fondamentale è l’atteggiamento delle Sezioni unite: “Nella formazione dei contratti soggetti alla c.d.  

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 37

Da ciò consegue anche, al fine di garantire la trasparenza dell’attività della P.A., la ne-cessità della forma scritta a pena di nullità per gli atti di diritto privato compiuti dal-l’ente 54.

È inoltre riconosciuto alla pubblica amministrazione il potere di riesame del provve-dimento amministrativo in autotutela, come espressione dell’interesse pubblico, che con-sente il ritiro del provvedimento, nella forma dell’annullamento o della revoca 55 (III, 3.5). I terreni dove maggiormente si svolge l’intreccio tra attività amministrativa di evi-denza pubblica e impiego di moduli di diritto privato sono quelli dei contratti della pubblica amministrazione, specie appalti pubblici (IX, 2.3) e costituzione di società o partecipazione a società della pubblica amministrazione.

Più di recente è emerso il problema della natura giuridica delle società con prevalente partecipazione pubblica per la gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica (c.d. società in house): sono organismi di struttura privatistica che perseguono interessi pub-blici 56.

 

evidenza pubblica (nel cui novero rientrano anche quelli dei comuni e delle province) coesistono due proce-dimenti: il primo si traduce in un provvedimento (deliberazione a contrarre da parte degli organi qualificati) con cui si esterna lo scopo da perseguire nonché il modo con cui s’intende realizzarlo, e tale manifestazione di volontà costituisce il presupposto dell’atto negoziale che perciò si pone in rapporto strumentale col provve-dimento; il secondo si svolge tra le parti contraenti ed ha ad oggetto la formazione della volontà secondo le norme privatistiche, con alcune varianti correlate specialmente alle procedure da seguire per la scelta del con-traente. È vero che la deliberazione dell’ente – fino a quando non risulti tradotta in un atto contrattuale sotto-scritto dal rappresentante dell’ente stesso e dal privato – è atto con efficacia interna all’ente pubblico, non costituente neppure proposta contrattuale, sicché non è idonea a determinare la costituzione del relativo rap-porto negoziale (ex multis, Cass., sez. un., 25-11-2003, n. 17891; 5-11-2001, n. 13628); ciò tuttavia non signi-fica che tutti i vizi della fase amministrativa e della delibera siano privi d’incidenza sul contratto stipulato in forza di essa. L’affermazione può essere condivisa in relazione a carenze o vizi che rendano la delibera stessa soltanto annullabile, non in presenza di una violazione di legge che ne comporti la nullità, in quanto il con-tratto e la delibera, ancorché tra loro distinti, sono collegati poiché la delibera a contrarre s’inserisce come passaggio obbligato nell’iter di formazione della volontà contrattuale della parte pubblica: la sua nullità (co-me la sua mancanza) si riflette necessariamente sulla validità del contratto, perché la volontà dell’ente non si può ritenere ritualmente formata nella sede propria e, sul piano negoziale, il contratto viene ad essere stipula-to in contrasto con una norma imperativa, con le conseguenze di cui all’art. 14181.

54 Ad es., con riguardo ad un contratto di locazione con rinnovo tacito, si è stabilito che, verificatisi gli effetti della disdetta, le parti possono porli nel nulla solo con un ulteriore atto contrattuale che deve rivestire forma scritta ed essere adottato dall’organo legittimato a rappresentare l’ente ed a concludere in suo nome e per suo conto, a nulla rilevando l’inerzia della P.A. (Cass. 9-5-2017, n. 11231).

55 Si è precisato che il decorso di un significativo lasso temporale (ad es. un periodo di oltre dieci anni) tra l’adozione di un provvedimento ed il ritiro in sede di autotutela determina un legittimo affidamento in ordine alla stabilità del provvedimento (Cons. Stato 20-8-2008, n. 3984).

56 Il D.Lgs. 19.8.2016, n. 175 (t.u. in materia di società a partecipazione pubblica) detta regole per la costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche, nonché l’acquisto, il mantenimento e la ge-stione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, avendo riguardo all’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica; per quanto non derogato dalle disposizioni di tale decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato (art. 1). È ormai principio consolidato che l’affidamento di servizi pubblici a una società in house ha natura ordinaria e non eccezionale e la relativa decisione dell’Amministrazione, ove motivata, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salva l’ipotesi di macroscopico travisamento dei fatti o di illogicità manifesta (Cons. Stato 18-7-2017, n. 3554).

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38 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

10. Il diritto privato europeo. – Si è visto come una esperienza giuridica europea si è progressivamente formata nel tempo e proviene sin dal medioevo, non disgiunta da mi-re espansionistiche di singoli popoli, nello svolgersi di una complessa storia giuridica eu-ropea (I, 1.2).

L’Europa quale istituzione è però maturata più di recente, dopo le tragedie della se-conda guerra mondiale, nutrita delle idee forti di pace e di civile convivenza e di rispetto della persona umana, che attingono alla tradizione del cristianesimo che aveva pervaso la società medievale e ai principi illuministici dello Stato di diritto affermatisi nell’età mo-derna. Falliti l’ideale di una unità politica ed anche l’obiettivo di una federazione euro-pea 57, più filoni di pensiero si sono intrecciati verso un processo di integrazione europea economica e sociale e in prospettiva politica 58; come si vedrà, la dignità della persona

 

57 Era l’idea del “Manifesto di Ventotene”, che aveva come titolo “Per un’Europa libera e unita”, redatto da Altierio Spinelli e Ernesto Rossi durante il loro confino nell’isola pontina (uscito clandestinamente nel 1941), e che ispirò nel 1943 la formazione del Movimento federalista europeo. Peraltro il progetto degli Stati Uniti d’Europa nasceva da una demonizzazione dello Stato nazionale, sicché solo ii federalismo sarebbe stato l’antidoto ad ogni autoritarismo; inoltre il "partito rivoluzionario" avrebbe dovuto attuare il federalismo an-che senza attendere la maturazione delle masse popolari (un federalismo dall’alto). Entrambi i presupposti sono stati smentiti in quanto l’Europa opera con la coesistenza e l’apporto degli stati nazionali; e d’altra parte una democrazia matura non può fare a meno del consenso popolare.

58 Il primo approccio alla cooperazione europea in senso moderno avveniva con il Trattato di Parigi del 1951 sulla introduzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), che sottoponeva sotto un’uni-ca autorità la produzione carbo-siderurgica dei vari pesi, essenziale fattore di sviluppo economico dell’epoca, con il fondamentale scopo di mettere insieme le materie prime dell’armamento e così evitare ulteriori scontri bellici. Secondo l’intuizione di Jean Monnet doveva essere “un primo passo che sarebbe sicuramente sfociato nell’unio-ne politica”. In realtà il percorso è stato più lento e tuttora in corso, connotato da vari arresti. Accantonata l’idea della fusione o anche solo federalista, veniva imboccata la strada della progressiva integrazione economica per poi tendere alla unione politica. Nel 1952 i sei paesi fondatori firmavano il Trattato che istituiva la Comunità eu-ropea di difesa (CED) con lo scopo di realizzare un esercito europeo unificato, non ratificato. Dopo vari progetti di integrazione e unificazione, in Campidoglio a Roma il 25.3.1957, veniva firmato il fondamentale Trattato isti-tutivo della Comunità economica europea (CEE) (nota come “mercato comune”) con alcuni obiettivi importanti: la libera circolazione di beni, persone e capitali, cui si affiancavano l’unione doganale, la tariffa unica verso l’e-sterno, una politica commerciale e agricola comune, la valorizzazione delle aree sottosviluppate. La crescita del-l’economia mondiale di quegli anni favoriva la liberalizzazione degli scambi e sembrava accelerare l’integrazione. Ma la successiva crisi economica ne rallentò il processo; in particolare la crisi petrolifera provocò un rialzo dei prezzi che convinse i sei paesi europei di creare un Sistema monetario europeo (SME), entrato in vigore nel 1979, che attenuasse l’impatto della fluttuazione dei cambi tra le varie monete. Dopo il naufragio nel 1984 del progetto federalista di Altiero Spinelli di un Trattato di unione europea, l’Atto unico Europeo del 17.2.1986 fissa-va l’obiettivo di creare un mercato interno e unico europeo anche di servizi e capitali. I primi trasferimenti di potestà legislativa dagli Stati alle istituzioni europee hanno comportato una contrazione di democraticità per pro-venire le norme dal Consiglio (istituzione intergovernativa) e non dal Parlamento. Inoltre nei trattati originari mancavano norme sui diritti umani. Anche il riferimento alla circolazione delle persone era in una prospettiva essenzialmente produttivistica.

Per realizzare una politica economica europea competitiva nel mercato mondiale e in grado di attenua-re gli squilibri sociali e territoriali bisognava accedere, come primo passo, ad una moneta unica come base per la costruzione di un governo economico dell’Europa. La riunificazione tedesca, a seguito della caduta del muro di Berlino del 9 novembre 1989, faceva temere che la Germania potesse riprendere il sopravven-to sugli altri paesi europei e stravolgere gli equilibri territoriali. Sulla spinta specie degli altri paesi si diede vita al Trattato di Maastricht del 7.2.1992 con il quale veniva istituita l’Unione europea, articolata su tre pilastri di impegno: è fondata sulle Comunità europee, integrate dalle politiche e forme di cooperazione instaurate dal medesimo trattato, con il compito di organizzare in modo coerente e solidale le relazioni tra gli stati membri e tra i loro popoli (art. 13); assolve funzioni di politica estera e di sicurezza comune (artt.  

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 39

umana è valore essenziale di coesione dell’unificazione giuridica; d’altra parte l’adozione dell’euro quale moneta unica europea ha comportato la cessione della sovranità naziona-le in tema di politica monetaria, con la definizione a cura delle istituzioni europee del patto di stabilità e crescita europea 59. Però l’aspirazione verso una “Europa dei diritti”, nutrita dei diritti umani e sociali, sta progressivamente arretrando verso una “Europa del diritto”, legiferante regole comportamentali economiche e organizzative; inoltre la cre-scente crisi economica ha incrinato l’equilibrio tra i vari paesi con un progressivo inde-bolimento dei paesi già deboli del meridione d’Europa.

Naufragato il progetto di un Trattato sulla Costituzione europea del 2004, il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato e reso esecutivo con L. 2 agosto 2008, n. 130, in vigore dal 1° dicembre 2009, segna il nuovo volto delle istituzioni europee 60. Un ruolo essenziale unificante assume anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,  

11 ss.); incide sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (artt. 29 ss.). Erano dunque obiettivi amplissimi, senza però l’indicazione dei mezzi per conseguirli; e difatti solo l’obiettivo di una unione economica monetaria veniva raggiunto: il 1° gennaio 2002 nasceva l’euro come moneta unica euro-pea, anche se non tutti i paesi (es. Gran Bretagna) parteciavano all’eurozona. È seguito il Trattato di Am-sterdam del 2.10.1997, con specifica attenzione ai diritti dell’uomo, all’occupazione e alle posizioni sociali deboli. Fondamentale è anche la Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3.5.1996, ratificata e resa esecutiva con L. 9.2.1999, n. 30.

59 I paesi europei hanno così goduto, dopo la seconda guerra mondiale, di un inedito lungo periodo di pace e di crescita economica: democrazia e libertà civili si sono consolidate; lo stato sociale si è affinato; la comunità si è progressivamente allargata a più stati. Successivamente più fattori hanno però arrestato il percorso di integrazione: l’economia europea ha perso forza e rilevanza rispetto ad un mercato globalizzato; la generalizzata crisi finanziaria ha indebolito l’euro e ha incrinato la stabilità delle banche, compromettendo le prospettive di crescita; il dramma delle migrazioni suscita laceranti approcci diversificati di singoli paesi e dei cittadini europei. Sono in gioco le ragioni stesse della coesione: libertà, sicurezza, lavoro, stato sociale, sviluppo. Va ripresa un’azione europea rilevante e socialmente avvertita in tali direzioni. In una organizzazio-ne degli interessi economici su scala mondiale e di ripresa di contese politiche e religiose intercontinentali l’Europa svolge una essenziale ragione di attrazione culturale e sociale, dove la materia giuridica rappresenta un significativo fattore trainante della integrazione e di sintonia tra le istituzioni europee e gli stati nazionali. La marcia verso un diritto europeo è essenzialmente condotta da ambienti della cultura giuridica anche come antidoto alla tendenziale finanziarizzazione globalizzata dell’economia.

60 Per il Trattato UE, come denominato e innovato dal Trattato di Lisbona, l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze; valori comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini (art. 1 bis). E d’altra parte l’Unione instaura un mercato interno; si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occu-pazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente; promuove il progresso scientifico e tecnologico (art. 2).

La crisi economica emersa a partire dal 2008 ha determinato erosione di redditi e risparmi e aumenti di disoccupazioni e povertà che hanno alimentato un crescente euroscetticismo che costringe l’Europa ad una svolta. “Europa 2020” è la strategia decennale (2010-2020) dell’UE che tende ad uscire dalla crisi economica e colmare le lacune del modello di crescita attraverso uno sviluppo economico più intelligente, sostenibile e solidale. In particolare l’UE si è data cinque obiettivi da conseguire: occupazione, istruzione, ricerca e inno-vazione, integrazione sociale e riduzione della povertà, clima e energia. Non sono però individuati i mezzi da mettere in campo: come era nella ideazione dei padri fondatori, va ripensato il progetto federalista, costruen-dosi le istituzioni necessarie, a base democratica, di decisione circa obiettivi di unione politica (tra l’altro, fi-scalità, politica estera, difesa militare, presidio delle frontiere, ecc.), nella prospettiva di formazione di una Costituzione europea.

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40 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

approvata a Nizza nel 2000 e confluita nel Trattato di Lisbona. In seguito si avrà riguar-do alla formazione e alla rilevanza del diritto europeo tra le fonti del diritto (I, 3.6).

Oltre le discipline di settore, resiste un clima culturale e specificamente giuridico condiviso (pur con periodiche incrinature) di elaborazione di principi generali unifican-ti, non solo nella dimensione dei valori accolti, ma anche in quella della tecnica giuridica (normativa e interpretativa) utilizzata, orientata alla regolazione per “risultati”, cioè in funzione di obiettivi perseguiti, piuttosto che attestata sulla struttura delle fattispecie: così anche la certezza del diritto è orientata nella direzione della sicurezza delle tutele piuttosto che dei mezzi o schemi adoperati. L’evoluzione del sistema giuridico europeo è sempre maggiormente opera della giurisprudenza e della sinergia tra Corti europee e giudici nazionali attraverso il c.d. “rinvio pregiudiziale” (la Carta costituzionale, con gli artt. 10 e 11, si era aperta alle regole della vita internazionale) (I, 3.6).

Il diritto europeo rappresenta oggi la spinta più incisiva alla formazione di un diritto uniforme. È in atto un processo di formazione di un diritto europeo e quindi anche di costruzione di un diritto privato europeo attraverso un duplice percorso: da un lato, con la formazione di un diritto dell ’Unione europea e cioè di una disciplina uniforme del diritto privato proveniente dall’alto, attraverso le Convenzioni europee (diritto eu-ropeo convenzionale) e l’intervento normativo delle istituzioni europee (diritto euro-peo derivato) (I, 3.6); dall’altro, con la elaborazione di un dirit to comune e cioè di un insieme di criteri e categorie uniformi provenienti dal basso, mediante l’opera di studiosi e operatori del diritto. Si è delineato un acquis communautaire, quale insieme di principi giuridici e di obiettivi politici, sociali ed economici che accomunano e vinco-lano gli stati membri.

Nonostante alcune forti resistenze alla integrazione europea, le istituzioni europee con-tinuano nel percorso di produzione di diritto materiale uniforme e di armonizzazione degli ordinamenti nazionali: ormai tutti i settori del diritto privato sono attraversati dalla forza unificatrice del diritto europeo. Gli interventi necessariamente settoriali e frammentari del-le istituzioni europee mettono però a dura prova la organizzazione di un “diritto privato generale”. È in corso da tempo l’aspirazione alla formazione di un codice civile europeo, attraverso progetti elaborati da significative scuole giuridiche europee 61, che però incontra vari arresti in uno alla stasi nel processo di integrazione europea: la stessa formazione di una società civile europea, procedente dal basso, è caratterizzata da significative accelera-zioni e periodici rallentamenti. Spesso le istituzioni europee sono costrette a produrre normative unificate di carattere opzionale per i singoli stati, inserite in un complesso qua-dro normativo integrato con i sistemi nazionali, nel rispetto delle varie identità culturali.

Evidentemente il terreno più risalente e più concreto di formazione di un diritto uni-forme è quello degli scambi commerciali e delle organizzazioni economiche. È emerso un diritto europeo dei contratti e dei consumatori, destinato a formare il nucleo forte di un futuro (eventuale) codice europeo di diritto privato. Come si vedrà, le varie direttive eu-ropee che si sono succedute hanno determinato la graduale sedimentazione di complesse  

61 Il progetto più complesso e organico è rappresentato dal Draft Common Frame of Reference (DCFR), elaborato da una Commissione di giuristi europei presieduta da Christian von Bair (Study Group on a Euro-pean Civil Code), che rappresenta un insieme coordinato di regole relative a contratti, proprietà e responsabi-lità civile.

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 41

normative a tutela del consumatore e relativamente ai contratti dei consumatori, princi-palmente confluite nel codice del consumo (D.Lgs. 6.9.2005, n. 206), continuamente emendato. Sono anche emerse nuove figure di responsabilità civile (come ad es. la re-sponsabilità del produttore). Si aggiunga una nutrita normativa in materia di servizi, con riguardo al mercato e alla concorrenza, ai contratti di impresa. E sono in corso ulteriori si-gnificativi interventi europei di uniformazione della disciplina dei contratti 62. Per le opera-zioni economiche compiute a mezzo internet è stata approvata la direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico attuata con D.Lgs. 70/2003.

Ampio sviluppo ha anche avuto una normativa di tutela dei risparmiatori rispetto alla circolazione e alla gestione dei prodotti finanziari. Ulteriore campo di esplicazione è quello delle società commerciali, al fine di tutela dei diritti delle minoranze, di garanzia della verità e precisione delle scritture contabili e di analiticità del bilancio.

Più lento è il processo di formazione di un diritto materiale uniforme delle persone e della famiglia, per il radicamento territoriale delle discipline nazionali (dove convergono consuetudini di vita, precetti religiosi, costumi sociali, tradizioni culturali, modelli di svi-luppo economico, ecc.); ma anche in tale direzione sono ormai molte le raccomandazioni e le risoluzioni delle istituzioni europee verso un diritto uniforme e già emergono i primi principi uniformi, con significative normative di diritto processuale uniforme (basti pen-sare alla disciplina in materia di diritti dei minori e in materia matrimoniale e sulla re-sponsabilità genitoriale). Pure in materia successoria la Commissione europea ha pubbli-cato il 1° marzo 2005 il libro verde “Successioni e testamenti” ove si evidenzia l’esigenza di uniformazione del diritto successorio.

Anche con riguardo alla proprietà, nonostante il c.d. “principio di neutralità” sancito dall’art. 345 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – secondo cui “I tratta-ti lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri” –, la previsione dell’art. 6 del Trattato sull’Unione europea, che riconosce i diritti, le libertà e i principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (tra cui il diritto di proprietà disciplinato dall’art. 17), impone un orientamento all’azione delle au-torità europee e nell’atteggiamento delle Corti europee e nazionali.

In tale disorganico emergere di normative europee di settore (ma non sono maggior-mente organiche le normative nazionali) l’attività delle Corti europee (Corte di giustizia UE e Corte europea dei diritti dell’uomo) elabora i formanti giurisprudenziali che circo-lano nei vari Stati e influenzano la formazione di un diritto uniforme vissuto. Spetterà all’interprete raccordare le variegate regole giuridiche con i valori espressi dal Trattato di Lisbona e indirizzare la formazione di un diritto privato europeo connotato dai diritti inviolabili e inalienabili della persona umana e proteso verso uno sviluppo socio-eco-nomico sostenibile e solidale.

Con l’art. 11149 L. 27.12.2017, n. 205, l’espressione “diritto comunitario” è sostituita con quella di “diritto dell’Unione europea”: la direttiva semplifica le regole di trasparen-za e supera alcune limitazioni – esistenti in Italia – per l’erogazione del finanziamento.

 

62 È stato elaborato il c.d. Feasibility Study, che è uno strumento opzionale di diritto europeo dei contrat-ti a disposizione delle parti. È dell’11.10.2011 la proposta di regolamento relativo a un diritto comune euro-peo della vendita di beni mobili. La direttiva 2014/17/UE sui contratti di credito ai consumatori relativa a beni immobili residenziali è stata attuata con D.Lgs. 21.4.2016, n. 72.

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42 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

11. L’ambito attuale del diritto privato. – Si è visto come, nella formazione degli stati moderni, si sia delineata una separatezza tra diritto privato e diritto pubblico in ra-gione di un duplice criterio: da un lato, la diversità delle sfere di influenza (diritto pub-blico, come disciplina della organizzazione dello Stato e dei rapporti tra lo Stato e il cit-tadino; diritto privato, come disciplina dei rapporti tra i singoli); dall’altro, la natura de-gli interessi regolati (diritto pubblico, come campo degli interessi generali; diritto priva-to, come ambito degli interessi particolari di individui e gruppi). C’è al fondo di tali di-cotomie un netto divario tra società civile e Stato, che rilascia ai privati la realizzazione di interessi particolari, attraverso i meccanismi propri della parità giuridica (formale) degli stessi, e demanda invece allo Stato il perseguimento dell’interesse generale attraverso gli strumenti autoritativi della sovranità: lo Stato non deve interferire con il naturale svol-gersi delle relazioni private.

Si è però anche visto come, con l’inizio del ‘900 e ancor più con l’avvento dei nuovi modelli di carta costituzionale, il potere pubblico abbandoni la posizione di estraneità rispetto allo svolgersi delle relazioni economico-sociali. Assunte le connotazioni di Stato sociale di diritto, sempre più spesso lo Stato è portato ad intervenire nella sfera dei rap-porti privati e talvolta ad orientare lo sviluppo socio-economico in funzione di un benes-sere generale 63. D’altra parte anche la tradizionale idea della parità giuridica dei privati è progressivamente smentita dalla esperienza della produzione e distribuzione di massa, caratterizzata dal meccanismo della predisposizione unilaterale dei contratti, cui l’altra parte può solo aderire (c.d. contratti per adesione), rendendosi così necessario un con-trollo dell’esplicazione dell’autonomia privata in funzione di riequilibrio delle posizioni contrattuali in fatto asimmetriche 64.

In questo contesto si dilatano i confini del diritto privato. Resiste il criterio di distin-zione fondato sulla natura degli interessi regolati, per cui al diritto pubblico inerisce la cura dell’interesse generale, mentre al diritto privato è demandata la realizzazione de-gli interessi particolari (degli individui e dei gruppi). Emerge però un nuovo criterio di osservazione della dicotomia, che fa riferimento alla t ipologia dei mezzi per il perse-guimento degli interessi, assumendo rilevanza la natura degli strumenti di attuazione del diritto utilizzati, se connessi a poteri autoritativi di sovranità o affidati a meccanismi di parità giuridica.

L’interesse particolare (individuale del singolo o collettivo di gruppo) certamente in-volge il diritto privato ed è realizzabile solo attraverso i meccanismi privatistici. È bene peraltro precisare che anche il diritto privato ha un fondamento mediato di tutela del-l’interesse generale della società: si ritiene però che, nelle sfera dei rapporti economici, il

 

63 È un intervento che si snoda con più atteggiamenti: ad es. incentiva certe aree geografiche disagiate e favorisce l’accesso a determinati beni di prima necessità; regola lo statuto di certi beni di interesse generale (es. beni artistici o ambientali) o controlla la gestione dei mezzi di produzione (per l’impatto sulla società); partecipa a società con privati o assume senz’altro in proprio la gestione di servizi di pubblica utilità (es. sani-tà, trasporti, ecc.). Sono penetranti poi i limiti al potere dei privati, così nella utilizzazione dei beni (es. edifi-cabilità dei suoli, locazione di immobili urbani e affitto di fondi rustici) che nello svolgimento dell’attività di impresa.

64 I meccanismi utilizzati si svolgono essenzialmente lungo due filoni: imposizione di obblighi di informa-zione e trasparenza; manovra del contenuto del contratto, con nullità di singole clausole ed eventuale sostitu-zione di diritto con norme imperative (II, 5.4).

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 43

perseguimento degli interessi individuali sia maggiormente in grado di assicurare la pro-duttività dei beni e la collocazione ottimale dei prodotti, che si riverberano a beneficio della società; mentre le dimensioni esistenziali, espressive della personalità dei soggetti, sono necessariamente perseguibili individualmente.

Viceversa l’interesse generale è realizzabile dal potere pubblico, oltre che con gli stru-menti istituzionali del diritto pubblico (espressivi di sovranità), anche con gli strumenti del diritto privato (esplicativi di parità giuridica): è emerso come, molto spesso, interessi di carattere generale possano essere realizzati con maggiore efficienza mediante mecca-nismi di diritto privato. Ad es., volendo la P.A. acquisire un’area per realizzare un’opera pubblica, può imporre un provvedimento di espropriazione o ricorrere al contratto di compravendita; ancora, avendo urgenza di realizzare un presidio di forza pubblica o un posto sanitario o un plesso scolastico, può assumere un provvedimento amministrativo di requisizione di un edificio dal proprietario (cioè lo strumento autoritativo del diritto pubblico) oppure stipulare un contratto di locazione con il proprietario di un edificio (cioè il meccanismo di parità giuridica proprio del diritto privato). Inoltre, spesso l’attività dello stato o di enti pubblici in economia è svolta con l’impiego di strumenti di diritto privato, quali principalmente la società e il contratto: è il percorso proprio dei con-tratti della pubblica amministrazione e delle società partecipate. Quando imbocca la strada del diritto privato, il modulo convenzionale è funzionale all’esercizio dell’attività am-ministrativa di realizzazione dell’interesse generale, sicché la tecnica del consenso impiega-ta dal potere pubblico assurge a schema dialogico nell’esercizio della potestà pubblica.

In una diversa prospettiva, è diffusa l’esperienza dell’impiego da parte dei privati di strumenti di diritto privato per la realizzazione di interessi generali. È il mondo proprio del volontariato e del non profit: è il c.d. terzo settore o del privato sociale, appunto per realizzare interessi sociali attraverso strumenti privatistici.

In tal guisa il diritto privato ha nel tempo acquisito la connotazione di diritto comune ai soggetti privati e ai soggetti pubblici, quando questi ultimi operino su un piano di pari-tà giuridica con i privati. Le discipline relative a contratti, obbligazioni, proprietà, re-sponsabilità civile, trovano applicazione sia ai soggetti privati che ai soggetti pubblici; tranne che non assuma rilevanza la qualificazione pubblica (ad es. del funzionario che ha compiuto l’atto, per certi rilievi penalistici). Si è anche affermata una responsabilità civile della P.A. connessa ad attività provvedimentale illegittima 65. Anche gli enti pubblici economici vengono soggetti ad una disciplina di diritto privato 66. In una diversa angola-zione sta imponendosi la consapevolezza che anche l’attività della P.A. debba esplicarsi in modo efficiente: per l’art. 11, L. 7.8.1990, n. 241 (come modificato dall’art. 1 L. 15/2005 e poi dall’art. 7 L. 69/2009) l’attività amministrativa persegue i fini determinati

 

65 La giurisprudenza, peraltro, pure confermando in generale la c.d. pregiudizialità amministrativa, ha stabilito che l’amministrazione deve essere convenuta davanti al giudice ordinario in tutte le ipotesi in cui l’azione risarcitoria costituisca reazione alla lesione di diritti incomprimibili (come la salute o l’integrità per-sonale), ovvero quante volte la lesione del patrimonio del privato sia l’effetto indiretto di un esercizio illegit-timo o mancato di poteri, ordinati a tutela del privato (come ad es. nell’ipotesi di occupazione “usurpativa”) (Cass., sez. un., 13-6-2006, n. 13659).

66 Ad es., con L. 9.1.2008, n. 2, la Società italiana degli autori e editori (SIAE) è configurata ente pubblico economico a base associativa, la cui attività è disciplinata dalle norme di diritto privato; anche le controversie concernenti le attività dell’ente sono devolute alla giurisdizione ordinaria.

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44 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza nonché dai principi dell’ordinamento comunitario.

In definitiva, si è in presenza del diritto privato quando non vengono in rilievo i pote-ri autoritativi del soggetto pubblico, comportandosi lo Stato e in genere l’ente pubblico su un piano di parità giuridica: gli strumenti utilizzati sono frutto della valutazione e del-la scelta dei soggetti (privati o pubblici). Si è in presenza del diritto pubblico quando lo Stato e in genere l’ente pubblico si avvale della potestà pubblica di imperio esercitando poteri autoritativi che la legge conferisce per la realizzazione di interessi generali: gli strumenti utilizzati sono vincolati all’esercizio della funzione legislativamente preordinata.

Una ulteriore distinzione tra diritto privato e diritto pubblico è possibile rinvenire con riguardo alle modalità e alla tipologia della sanzione. La violazione del diritto pub-blico fa scattare, anche di ufficio (e dunque automaticamente), la sanzione, che può con-sistere anche nella coercizione fisica per la violazione di alcune norme di diritto penale (previo controllo dell’autorità giudiziaria che l’rroga). Viceversa la violazione di una norma di diritto privato comporta, in linea di massima, la reazione dell’ordinamento solo su impulso e richiesta del privato (di regola del soggetto leso), e la sanzione è sempre di carattere economico (sempre previo controllo dell’autorità giudiziaria che l’irroga).

C’è ancora da osservare che in molti paesi europei, specialmente quelli dell’area del common law (es. Inghilterra), più spesso il potere pubblico persegue interessi generali ri-correndo agli strumenti del diritto privato piuttosto che a quelli del diritto pubblico, rila-sciando l’intervento autoritativo amministrativo alla tutela di esigenze fondamentali dello Stato (come ad es. la sicurezza pubblica, la difesa dello stato, ecc.). Per una generale circo-lazione dei modelli giuridici che sta interessando i paesi europei anche da noi è in corso una riespansione degli strumenti privatistici, specie nel settore dei servizi pubblici 67.

12. Il diritto dei privati. – Accanto al diritto dettato dallo Stato per i rapporti tra privati, pulsa un diritto dei privati espresso dagli stessi privati nei gruppi come nell’espli-cazione delle relazioni commerciali.

a) Si è già detto come precipuo portato del principio personalista nella Carta costitu-zionale sia la valorizzazione delle formazioni social i dove si svolge la personalità dei singoli (art. 2 Cost.). L’autonomia collettiva dei gruppi dà luogo a statuti che si impon-gono ai singoli partecipanti come diritto proprio della specifica comunità, come tale ap-plicato ed osservato, spesso presidiato da sanzioni previste dallo stesso statuto. Peraltro già il codice civile ebbe il merito di offrire rilevanza alla comune volontà degli associati, pure in assenza di riconoscimento: per l’art. 36, l’ordinamento interno e l’amministra-zione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli ac-cordi degli associati.

Fondamentale limite all’esplicazione dell’autonomia collettiva è che lo statuto si riveli coerente con i valori dell’ordinamento espressi dalla Carta costituzionale (in particolare

 

67 L’art. 2 del D.Lgs. 6.9.2005, n. 205 prevede, tra i fondamentali diritti del consumatore, quello alla “erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza”. E del resto già la L. 14.11.1985, n. 481, garantiva la promozione della concorrenza e dell’efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità, non-ché adeguati livelli di qualità nei servizi medesimi in condizioni di economicità e di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale.

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 45

è essenziale il rispetto del metodo democratico interno, come presidio di attuazione della stessa funzione dell’ente di valorizzare la personalità dei partecipanti al gruppo) (IV, 3.1).

Collegato all’esperienza dei gruppi è il fenomeno della c.d. autodisciplina, non solo all’interno ma anche nei rapporti esterni degli associati. Con riferimento alle varie attivi-tà professionali sta anche emergendo con rilevanza giuridica sempre più incisiva il feno-meno dei c.d. codici deontologici apprestati dai vari ordini professionali 68.

b) Un ulteriore terreno di emersione di un diritto dei privati (inteso nell’accezione sopra indicata) è quello delle relazioni commercial i . Dopo una lunga stagione di “di-ritto dell’economia”, sta riemergendo un’esperienza di “economia del diritto” (secondo la felice formula di Santini). Resiste, sul piano formale della organizzazione delle fonti, il criterio che solo gli usi normativi sono fonti di diritto e dunque operanti anche contro la volontà delle parti (I, 3.9); ma l’esperienza moderna dei rapporti commerciali è sempre maggiormente espressa da contratti-tipo o attraversata da clausole di significato standar-dizzato che si impongono sul mercato nei contratti di massa, favorendo l’emersione di una nuova lex mercatoria.

13. Segue. La nuova lex mercatoria. – Un incremento del diritto consuetudinario si era avuto nel medio evo, successivamente allo sviluppo del commercio e dei traffici spe-cie marittimi. L’inadeguatezza del diritto romano a regolare le nuove esigenze emerse favorirono la formazione spontanea di uno ius mercatorum per coprire i rischi di spedi-zioni, rastrellare risparmi, consentire circolazione di capitali: emersero nella spontaneità dei commerci istituti che sarebbero giunti fino a noi, come la polizza di carico, lo stru-mento dei carati per condividere i rischi della navigazione, la cambiale, la lettera di cam-bio (corrispondente all’attuale assegno bancario, le lettere di credito, la presenza delle banche a sostegno delle intraprese economiche.

Le misure protezionistiche dei sec. XVI e XVII e successivamente la statalizzazione della legge e della giustizia segnarono un regresso di tale esperienza. Ma lo sviluppo della rivoluzione industriale, attraverso produzioni e distribuzioni di massa, rendeva necessa-ria l’apertura dei mercati oltre i confini degli stati nazionali. L’ideologia della modernità di irretire ed esaurire il diritto nella legge statale gradualmente è iniziata ad erodersi: da alcuni anni la globalizzazione ha ripreso a far pulsare il cuore antico dello spontaneismo del diritto, attraverso un crescente fenomeno di elaborazione privata del “diritto” usato dagli operatori economici, che si è ormai soliti qualificare come una novella “lex merca-toria”. È l’esperienza propria del commercio internazionale, dove principalmente opera-  

68 Si pensi ai codici deontologici previsti dall’art. 20 della Convenzione internazionale contro il doping nello sport del 19.10.2005 (ratificata con L. 26.11.2007, n. 230); si pensi anche ai codici deontologici cui si fa riferimento nella normativa contro le pratiche commerciali scorrete nell’art. 19 cod. cons.

Per Cass., sez. un., 10-7-2003, n. 10842, le disposizioni dei codici deontologici predisposti dagli ordini (o dai collegi) professionali, se non recepite direttamente dal legislatore, non hanno né la natura né le caratteristi-che di norme di legge, come tali assoggettabili al criterio interpretativo di cui all’art. 12 prel., ma sono espres-sione di poteri di autorganizzazione degli ordini (o dei collegi), sì da ripetere la loro autorità, oltre che da con-suetudini professionali, anche da norme che i suddetti ordini (o collegi) emanano per fissare gli obblighi di correttezza cui i propri iscritti devono attenersi e per regolare la propria funzione disciplinare; ne discende che le suddette disposizioni vanno interpretate nel rispetto dei canoni ermeneutici ex artt. 1362 e ss., risul-tando denunciabile, anche in cassazione, la violazione o falsa applicazione dei suddetti canoni, con la specifi-ca indicazione di quelli tra essi in concreto disattesi, nonché, il vizio di motivazione.

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46 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

no prassi e modelli contrattuali e si riflettono le varietà di fonti e di tipologie di regola-zioni. Talvolta sono categorie professionali e merceologiche a predisporre singoli formu-lari, più spesso sono società multinazionali ad imporre tecniche comportamentali e mo-delli contrattuali. E la circolazione di tali modelli, di tali prassi e dei comportamenti che li sostengono fanno emergere la formazione di culture giuridiche e di principi univer-salmente introitati e sentiti come diritto vigente.

Inoltre l’ammodernamento delle tecniche di produzione e distribuzione di massa, l’evoluzione delle capacità e modalità di erogazione dei servizi, la dilatazione dei mercati finanziari, la diffusione e velocizzazione delle linee di trasporto intermodale, favoriscono lo sviluppo di relazioni economiche tra paesi e aree del mondo sempre più diverse e lon-tane, soggette a regolamentazioni uniformi imposte dalle imprese multinazionali.

Un ruolo importante in tale direzione, per la vastità della ricaduta, è svolto dal W.T.O. (Organizzazione mondiale per il commercio), ormai fonte importante di un di-ritto convenzionale globalizzato. Per la tensione delle imprese ad una disciplina unifor-me dei contratti, si muove ed ha fortuna anche l’opera della Camera di commercio in-ternazionale che appresta regolazioni uniformi dei rapporti più significativi degli scambi internazionali 69. Sono regole normalmente richiamate dai contratti, assumendo la forza di patti contrattuali. In assenza di richiamo, possono operano come usi negoziali, perciò (come si vedrà) integrare i contratti ma non contro la volontà delle parti.

14. Globalizzazione e convivenza mondiale. – L’applicazione delle tecnologie ai trasporti, con la velocizzazione e la moltiplicazione delle rotte, avevano già dilatato for-temente gli scambi economici e le comunicazioni personali. Le nuove tecnologie infor-matiche e segnatamente le telecomunicazioni accompagnano la espansione di un mercato globale che segna una nuova mondializzazione in senso moderno, in cui internet esprime la via virtuale e immediata di comunicazione commerciale e di dialogo interpersonale 70.

La globalizzazione non è nuova 71: di nuovo ci sono la formazione di un controllo del mercato globale ad opera di singole potenze economiche multinazionali e la maturazione di una coscienza umana globalizzata correlata alla totalità dell’esperienza umana. Si va de-lineando un nuovo ordine mondiale dell’economia e dei rapporti sociali: le strategie eco-nomiche si muovono più velocemente delle scelte politiche, come dimostrano le recenti ripercussioni mondiali delle crisi finanziarie che hanno esercitato una forte pressione sul-la coesione sociale. Cambia il senso dei luoghi e dei territori, si schiudono i confini na-

 

69 Sono regolazioni adottate su base convenzionale dagli operatori. Fondamentali sono le Regole interna-zionali per l’interpretazione dei termini commerciali (c.d. Incoterms), le Norme ed usi uniformi relativi ai crediti documentari, le Norme uniformi relative agli incassi, le Regole applicabili ai documenti di trasporto multimoda-le. Da qualche tempo tali regole compaiono nelle Raccolte provinciali di usi, sotto una indefinita etichetta di “Appendice”. La diffusa e costante applicazione delle stesse fa immaginare in tempi brevi l’avanzamento a usi normativi, imponendosi in tal guisa anche contro la volontà delle parti.

70 È in corso una unitizzazione della rete: il ricorso di cittadini, imprese e istituzioni all’uso della rete ha ormai sviluppato una economia di rete (net economy), espressione da preferire a quella più consueta di new economy, che, per la sua genericità, non esprime un aspetto contenutistico.

71 Si è visto sopra come il XV secolo aveva già segnato una “economia-mondo”, aperta ai mercati asiatici, attraverso una più efficace produttività del trasporto marittimo.

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 47

zionali fisicamente e culturalmente, sicché anche gli Stati non sono più finanziariamente in grado di dispensare i modelli di sviluppo finora garantiti, con il sostegno alle imprese nazionali e l’assistenza alle debolezze sociali locali.

Peraltro, sul versante economico-sociale, non vi è una universalizzazione di istanze ed esigenze, ma si rafforza un fenomeno, emerso con la produzione e distribuzione di massa, di controllo privato dell’economia: la grande impresa riesce ad imprimere una standardizzazione comportamentale che non si dispiega solo nella uniformazione contrattuale, ma involge la stessa organizzazione ed articolazione dei mercati e delle relazioni industriali. Si acuisce una concorrenza economica senza regole, che coinvol-ge modelli comportamentali e una politica salariale al ribasso. È in gioco anche una nuova frontiera delle relazioni industriali: dopo lunghi periodi di conflitti antagonistici affiorano modelli di sindacalismo partecipativo in grado di coniugare globalizzazione e diritti sociali per la salvaguardia dell’occupazione.

Quanto ai beni, la competizione globalizzata non è più solo nella collocazione del-le merci ma si è ampliata alla erogazione dei servizi. La globalizzazione ha spostato il centro della crescita economica in altre parti del mondo (specie Cina e India), che un tempo erano ai margini dello sviluppo 72, con la connessa migrazione di posti di lavoro. Di recente sta emergendo anche una competizione dei saperi, con la formazione di centri elitari di cultura che sovrastano e orientano le conoscenze mondiali, come tra l’altro mostra la gara tra le grandi università private mondiali, anche attraverso l’istru-zione telematica, per rappresentare la conoscenza la più penetrante ragione di svi-luppo di un paese.

Espressione della moderna globalizzazione è la c.d. rivoluzione finanziaria dell’eco-nomia e del capitalismo, con l’accentuazione della mobilizzazione e della dematerializza-zione della ricchezza. Dopo la “rivoluzione commerciale” guidata dai mercanti che riu-scivano a esplorare e allargare i mercati, lucrando sulla differenza di valore delle merci acquistate e alienate, e la “rivoluzione industriale” indotta dall’impiego delle macchine e dell’energia che hanno determinato la produzione e la collocazione di massa dei prodot-ti, la mondializzazione propone una “rivoluzione finanziaria” che consente di orientare le sorti dell’economia sovranazionale e financo l’affidabilità degli stati e dei “debiti so-vrani” con la commercializzazione di titoli finanziari e la speculazione sugli stessi 73.

 

72 Dopo la meccanizzazione introdotta nel XVIII secolo e la introduzione della catena di montaggio alla fine dell’ottocento e inizi del novecento e l’impiego dell’elettronica e dell’informatica nei processi di automa-zione a partire dagli anni sessanta, la telematica come comunicazione a distanza innesta un processo di pro-gressiva integrazione e digitalizzazione dell’intera filiera produttiva (dal design e dalla progettazione fino alla realizzazione di prodotti finiti, con una rete di servizi che accompagnano i prodotti fino alla consegna al frui-tore, secondo un sistema door to door), realizzando processi produttivi integrati e automazioni globali.

73 Le piccole e medie imprese non sono più trainanti della crescita. Inoltre le acquisizione delle imprese estere nel territori nazionali portano all’estero i profitti e il migliore capitale umano. Sono intervenuti cam-biamenti geopolitici e geoeconomici ai quali bisogna fare fronte. Si va delineando un nuovo ordine mondiale dell’economia e dei rapporti sociali: le strategie economiche si muovono più velocemente delle scelte politiche, come dimostrano le ripercussioni mondiali della crisi finanziaria che ha esercitato una forte pressione sulla coesione sociale. In tale contesto il futuro del nostro paese dipende dalla capacità dell’Europa, quale prota-gonista più ampio dello stato nazionale, di offrire risposte adeguate alla sfida mondiale. In particolare la sfida industriale dei paesi asiatici e un’accentuata competizione internazionale per la ricerca e la collocazione degli investimenti richiedono una capacità e uno slancio della politica europea di regolare i mercati finanziari e delle  

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48 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

La territorialità delle legislazioni nazionali si rivela inadeguata a fronteggiare una crisi economica globalizzata. C’è un problema di regolazione globale dei flussi finanziari e delle collocazioni di merci e servizi, in uno con la difficoltà di armonizzazione delle poli-tiche economiche con quelle fiscali e sociali. In tutto il mondo i meccanismi di gestione della crisi, quand’anche rilasciati alla economia privata e agli strumenti del diritto priva-to, involgono atteggiamenti di realizzazione di interessi generali.

Le grandi migrazioni mondiali, sull’onda della ricerca del lavoro o degli insediamenti industriali, pongono gravi problemi di confronto tra religioni, tradizioni e culture diver-se, che una democrazia pluralista e multietnica non può ignorare, ma deve lavorare ad un sincretismo religioso e ad un interculturalismo, pur senza abdicare al rispetto dei va-lori fondamentali espressi dalle convenzioni sui diritti umani. È in atto una sfida di crash of civilizations che impone una nuova sensibilità mondiale di gestione degli scontri e di regolazione delle convivenze.

15. La società dell’informazione. Internet, diritti e tecnocrazia. – Emblema mas-simo e strumento fondamentale della globalizzazione è la formazione di una realtà vir-tuale planetaria con la emersione di un ciberspazio che è, ad un tempo, “spazio comune” di dialogo mondiale, affrancato dalle barriere nazionali, e “bene comune” di accesso per soggetti, gruppi e istituzioni, perciò sottratto alla disponibilità pubblica e privata. La comune connotazione di net neutrality della rete vale appunto a significare che la rete, per essere bene comune, non può essere oggetto di sperequazioni e parzialità così nel-l’accesso che nelle modalità di utilizzazione.

La rivoluzione telematica ha delineato una società dell ’ informazione connotata .dalla digitalizzazione delle reti (informatiche, di telecomunicazione e radiotelevisive) e dalla affermazione di Internet (quale interconnessione globale tra reti informatiche ad accesso pubblico): la produzione e la acquisizione di conoscenza sono risorse strategiche di sviluppo economico, in quanto in grado di far fruttificare le capacità espansive della rete attraverso la correlazione e la elaborazione delle informazioni così da produrre in-novazioni e nuovi beni (economici, scientifici, culturali, politici, ecc.) 74.

Attraverso l’informatica (che realizza automazione) e la telematica (che determina comunicazione a distanza) va perciò incentivato l’accesso alla rete come strumento, ad un tempo, di informazione e per essere informati. In tal senso l’accesso alla rete costi-

 

merci e di riconoscere la necessità di un forte coordinamento politico al fine di coniugare una produttività con-correnziale con la tutela dei diritti umani e quindi con garanzie minime per consumatori e lavoratori di tutti i Paesi.

74 La società dell’informazione allude dunque ad un sistema che fonda i rapporti interpersonali e l’assetto economico sull’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, pervenendo alla dematerializza-zione di atti e di operazioni economiche. La possibilità di estrarre informazioni, di selezionarle, metterle in relazione ed elaborarle consente la produzione di nuovi beni da immettere sul mercato; ma anche di realizzare utilità rilevanti nelle dimensioni sociali, culturali, politiche. Perciò l’accesso all’informazione diven-ta oggetto di contesa sociale ed economica in grado di incidere sugli assetti socio-economici di ogni Paese. Le tecnologie digitali utilizzano algoritmi (matematici) per ordinare liste di numeri che dominano le azioni di Internet (ad es. algoritmo di cifratura; di PageRank che vale a definire le pagine che compaiono per prime nella ricerca su Google, ecc.); le nuove tecnologie si aprono ormai sempre a nuovi campi (es., svolgono varie funzioni di enti pubblici e privati, operano nelle manipolazioni genetiche e addirittura nella mappatura del cervello, ecc.).

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 49

tuisce un nuovo diritto fondamentale, per essere divenuto il più importante mezzo co-municativo, così da condizionare lo sviluppo individuale e sociale della persona 75 e quindi la stessa agibilità democratica della società 76. È un diritto di rilevanza costitu-zionale, per prevedere l’art. 21 Cost. il diritto di tutti di manifestare liberamente il pro-prio pensiero con “ogni mezzo” di diffusione, tra cui è oggi annoverabile Internet: il giudice costituzionale ha enucleato dalla norma un principio di “pluralismo informati-vo” nella duplice dimensione di diritto informare e di essere informato; sicché il diritto di manifestare il proprio pensiero si ricollega allo “sviluppo della persona umana” e alla “effettiva partecipazione” all’organizzazione politica, economica e sociale (art. 32 Cost.). Consegue l’inclusione di tale diritto tra i diritti sociali, con il correlato sostegno finanziario pubblico, anche in partenariato con i privati, che consenta effettività di ac-cesso alla connessione e alla conoscenza dei contenuti.

Il digital divide, cioè lo squilibrio nella distribuzione (territoriale e individuale) delle tecnologie di accesso al Web, rappresenta oggi una essenziale (anche se non l’unica) ra-gione di discriminazione nella distribuzione del benessere: ad es., tra gli obiettivi strate-gici dell’Europa, c’è la realizzazione di una società dell’informazione “inclusiva” (e-inclusion) ossia una società dell’informazione per tutti 77. A fronte di ciò, c’è però da in-tensificare l’educazione alla selezione del sovraccarico di informazione perché si produca effettiva conoscenza. Inoltre la diffusività e la pervasività di internet consentono la circo-lazione universale di dati personali senza consenso del soggetto interessato (è l’espe-rienza propria dei social networks), con violazione dei diritti sui dati personali, alla im-magine, all’oblio, di autore. I dati digitali lasciati sulla rete sono le nostre persone: il pe-dinamento digitale consente una pubblicità mirata e una omologazione di massa con in-dirizzamento in più direzioni, generando una società (resa) uniforme. Addirittura la c.d. virilizzazione della notizia conferisce verità anche alla menzogna, con incrinatura della tenuta della democrazia. Vi è poi la drammatica esperienza delle relazioni con i minori,

 

75 Sul piano nazionale, significativa è la “Carta dei diritti in Internet”, approvata il 28 luglio 2005, il cui art. 2 riconosce l’accesso ad Internet come “diritto fondamentale della persona” e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale, in condizioni di parità; mentre, per l’art. 6, ogni persona ha diritto di “accedere ai propri dati”, quale che sia il soggetto che li detiene e il luogo dove sono conservati, per chiederne l’integrazione, la retti-fica, la cancellazione secondo le modalità previste dalla legge.

76 Nella prospettiva istituzionale si agita il delicato tema della c.d. democrazia digitale, che alimenta i due grandi fronti del ripensamento della mediazione obbligatoria dei partiti (democrazia rappresentativa) e della esaltazione della volontà generale espressa nelle forme telematiche (democrazia diretta). La reiterazione ed enfatizzazione di comportamenti induce all’assuefazione e alla conformazione, erodendo spazi di progetta-zione o anche di sogni e con essi di dimensioni di libertà, con profonde ricadute sulla cultura diffusa e sullo stesso impianto della democrazia.

77 Significativa è la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni di iniziativa europea 2010 di “partecipare alla società dell’informazione”, secondo l’indirizzo “e-inclusion: be part of it”. È seguita la Comunicazione della Commis-sione “Europa 2020”, di più ampia portata, con le conclusioni del Consiglio d’Europa del 17.6.2010, che de-linea un quadro dell’economia di mercato sociale europea per il XXI secolo con la previsione di “una strate-gia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, caratterizzata da alti livelli di occupazione, produtti-vità e coesione sociale e con tre priorità che si devono rafforzare a vicenda: a) crescita intelligente, sviluppan-do un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione; b) crescita sostenibile, promuovendo un’econo-mia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva; c) crescita inclusiva, stimolando un’economia con alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale.

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50 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

frequentemente oggetto di abusi, che stimolano una tutela rafforzata della sua personali-tà, sia con interventi strutturali di rete, che attraverso un sistema di “parental control”.

In tale contesto emerge un’inquietante problematica circa la rilevanza delle tecnolo-gie della società dell’informazione. Come per ogni tecnica, anche Internet è suscettibile di assumere direzioni opposte: l’accesso all’informazione è benefico se la conoscenza ac-quisita valorizza la personalità dell’utente, mentre è nocivo se la conoscenza procurata è rivolta contro l’utente che ha accesso alla rete o la società in genere.

Le nuove tecnologie innestano così profili intrecciati non sempre coerenti: da un la-to, l’accrescimento delle conoscenze stimola l’elevazione sociale ed economica; dal-l’altro, operano vari fattori di segno negativo per gli stessi soggetti che accedono alla rete come in generale per la vita sociale, economica e politica: oltre le più elementari offese all’onore e travisamenti della identità morale di soggetti (persone o enti) 78, sono frequenti furti di identità (con c.d. virilizzazione) per finalità sessuali e delinquenziali; inoltre grandi potenze economiche, attraverso il sistema del web, traggono profitto dal-la stimolazione delle libertà dei fruitori telematici di sentirsi protagonisti del sistema, acquisendo conoscenze (senza vincoli territoriali) che consentono una profilazione de-gli utenti, da utilizzare per l’orientamento all’assorbimento di beni e servizi; ancora, una criminalità informatica senza volto che abusa di persone deboli e di minori, con violenza alla persona e conseguimento di proventi illegali; senza dire del supporto della comunicazione mondiale alle organizzazioni terroristiche.

Tra le varie direzioni nocive della rete sta emergendo una prospettiva di impiego che coinvolge la stessa coesione sociale. Attraverso una stretta correlazione economica tra fornitori di accesso alla rete e produttori di contenuti informatici, con la progressi-va concentrazione economica dei mezzi di informazione, sta crescendo la rilevanza del-la tecnocrazia come sistema di governo dei tecnici, con il pericolo che una classe diri-gente di tecnocrati, depositaria di conoscenze e in grado di orientare informazioni, possa indirizzare i processi di selezione e le organizzazioni socio-economiche, senza una base di legittimazione democratica ma solo sostenuta dalle competenze tecniche e capacità gestionali. Si delinea così l’ulteriore problema della correlazione tra il mezzo tecnico dell’accesso e la tipologia di contenuti accessibile, che chiama in causa lo stato sociale per consentire l’accesso ai contenuti. In sostanza, emerge quel problema di democrazia politica dei c.d. poteri di fatto che possono orientare e la concorrenza economica e la competizione politica e il confronto ideologico. In tal senso il principio della neutralità nella rete si atteggia come un formante poliedrico: da un lato, di garanzia di accesso e fruizione per tutti i soggetti e per tutti i territori; dall’altro, di schermo di passività e di non intervento, dietro il quale si muovono e si organizzano i potentati economici, politici e sociali, che vanno regolati per renderli coerenti al gioco democratico della effettività di gara economica, di competitività politica e di confronto di idee.

In sostanza la società dell’informazione pone prepotente e ampliato un problema di

 

78 È stato precisato che una persona giuridica la quale lamenti che, con la pubblicazione su Internet di dati inesatti che la riguardano e l’omessa rimozione di commenti sul proprio conto, sono stati violati i suoi diritti della personalità, può proporre un ricorso diretto alla rettifica di tali dati, alla rimozione di detti commenti e al risarcimento della totalità del danno subito dinanzi ai giudici dello Stato membro nel quale si trova il centro dei propri interessi (foro della vittima) (Corte giust. UE, Grande Sez., 17-10-2017, C-104/16.

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 51

limiti all’esercizio dei diritti in rete e di conseguenza la imprescindibilità di un bilancia-mento tra la libertà di manifestazione del pensiero in rete e altri diritti fondamentali su-scettibili di essere lesi attraverso la rete.

Nel complesso contesto della globalizzazione spetterà, insieme, al diritto privato e al diritto pubblico fissare le regole fondamentali della convivenza mondiale, improntate alla difesa dei diritti umani e alla tutela del mercato. Nella prima direzione, individuan-do nella dignità della persona umana e nella solidarietà i riferimenti essenziali dei diritti individuali di partecipazione, quanto meno fissando nel dovere di tolleranza un criterio di coesistenza di diverse religioni e culture 79. Nella seconda direzione, con la elabora-zione di un governo dell’economia in grado di operare in più direzioni: attivando i pre-sidi della conoscenza e della trasparenza, per il pieno sviluppo della persona e la mi-gliore allocazione di risorse e capitali; azionando gli strumenti di sostegno all’oc-cupazione come essenziale difesa della dignità umana; fissando i “segnali” della circola-zione giuridica a tutela di imprenditori e consumatori in un mercato concorrenziale connotato da sicurezza giuridica.

Poiché, allo stato, è ancora impossibile o molto difficile prefigurare un governo mon-diale dell’economia e in generale una disciplina universale delle relazioni sociali e mer-cantili 80, sarà necessario valorizzare la formazione di un diritto uniforme degli stati e del-le istituzioni sovranazionali (a cominciare dall’Unione europea). Ma sono anzitutto la famiglia e la scuola e poi le varie istituzioni sociali, pubbliche e private, a dovere educare

 

79 Sono significative due fondamentali stagioni di intolleranza religiosa ed umana per esorcizzare nuovi al-larmanti scenari.

Si ricordi la persecuzione dei cristiani ad opera di Diocleziano (editti del 303 d.C.). Però, dopo la breve parentesi della libertà di culto ad opera di Costatino (editto di Milano 313 d.C.) che valse all’imperatore a rafforzare il reclutamento militare contro Massenzio, non fu meno crudele la persecuzione delle religioni di-verse da quella cristiana ad opera di Teodosio: i non cristiani sono denominati “dementi e pazzi” (editto di Tessalonica 380 d.C.); così i cristiani in ottanta anni passano da vittime a carnefici. Con la morte di Maometto del 632 d.C., dopo la guerra di investitura nella figura del Califfo (cioè successore di Maometto) si svolge l’avanzata per la conquista dei territori del decaduto impero romano nel segno della “spada dell’Islam”, ra-dendo al suolo il santo Sepolcro. Con il Concilio di Clemont del 1095 Papa Urbano II invita i cristiani ad ar-marsi e liberare la Terra Santa e Gerusalemme, dando inizio alle crociate nel segno di “Dio lo vuole” (si pensi allo sterminio della setta eretica dei Catari) per combattere il male negli uomini e conquistare la salvezza eter-na. Seguirà ancora un tormentato millennio di guerre espansionistiche, intrise di fanatismi religiosi e discri-minazioni razziali, tra intransigenze settarie e crudeltà umane, ostentando sui labari degli eserciti la professio-ne nel Dio cui si è fedeli o il sostegno della razza di appartenenza.

Ritorna di incredibile attualità la preghiera (laica) che VOLTAIRE rivolgeva a Dio nel Trattato sulla tolle-ranza (1763): “Tu non ci hai dato un cuore perché ci odiassimo, e meno che mai perché ci sgozzassimo. Fà che ci aiutiamo reciprocamente a tollerare il fardello d’una vita penosa e passeggera: che le minime differenze tra le vesti che coprono il nostro debole corpo, tra le nostre lingue insufficienti, tra tutti i nostri ridicoli co-stumi, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre insensate opinioni, tra tutte le nostre condizioni così sproporzionate ai nostri occhi e così simili davanti a Te; che tutte le minime sfumature che distinguono gli atomi chiamati uomini non siano segnali di odio e di persecuzione; impieghiamo l’attimo della nostra esi-stenza a benedire in varie lingue, dal Siam fino alla California, la Tua bontà che ci ha accordato questo atti-mo!”. È il manifesto dell’ecumenismo laico alla tolleranza e del relativismo culturale, che la storia recente tal-volta ha seguito, talaltra ignorato e spesso addirittura negletto!

80 Anche l’e-government non si può tradurre in una trasformazione digitale di consuete azioni fisiche e pratiche burocratiche, ma implica riprogettazione dei meccanismi di coordinamento organizzativo e di rego-lazione delle relazioni sociali attraverso un nuovo sistema di interazione tra pubblica amministrazione e socie-tà civile.

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52 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

ad una cultura dell’alterità ed alla maturazione della coscienza di una convivenza umana mondiale.

16. Verso un diritto uniforme. – Dopo la stagione del diritto comparato, teso allo studio del confronto tra vari ordinamenti nazionali (e dunque statali), è da tempo in cor-so una lunga marcia verso un diritto uniforme, stimolata dalla mobilità di persone, capi-tali e merci a seguito della produzione di massa e dello sviluppo dei trasporti e delle nuove tecnologie, e rinfocolata dalla diffusione dei diritti umani.

Con riferimento ai rapporti di diritto privato, dapprima si è sviluppato un diritto strumentale uniforme e propriamente un diritto internazionale privato uniforme, allo scopo di fissare criteri uniformi di individuazione dell’ordinamento applicabile alla fatti-specie che presenti elementi di collegamento con più ordinamenti (I, 3.12). Più di recen-te è anche in atto un percorso di formazione di un diritto processuale civile uniforme, vol-to a delineare criteri uniformi per la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni (III, 1.7).

Ma con l’accrescersi delle relazioni sociali ed economiche tra cittadini di paesi diversi è fortemente avvertita l’esigenza di un diritto materiale uniforme e cioè di una regola-zione uniforme delle singole materie, allo scopo (anche) di realizzare maggiore certezza dei rapporti giuridici.

Aree sempre più vaste del diritto privato sono così regolate dal diritto convenzionale, mediante la stipulazione di convenzioni internazionali rese esecutive nell’ordinamento interno. Tra le convenzioni più risalenti si pensi a quelle in materia di titoli di credito 81. Più spesso convenzioni internazionali sono stipulate su impulso di singole organizzazio-ni 82 e specificamente dell’Onu. Esemplare è il formarsi di un diritto materiale uniforme della vendita internazionale di cose mobili, pur tra paesi caratterizzati da ordinamenti non omogenei: dopo l’esperienza delle due Convenzioni dell’Aja del 1° luglio 1964, è maturata la Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di compravendita internazio-nale di merci, adottata a Vienna l’11 aprile 1980, ratificata e resa esecutiva con L. 11.12.1985, n. 765. La tendenza alla formazione di un diritto uniforme materiale involge ormai anche la dimensione esistenziale delle persone: si pensi alla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva con L. 27.5.1991, n. 176. Di altre convenzioni internazionali, che introducono un diritto uni-forme di singoli settori, si darà conto nel corso del lavoro.

È però lo spazio cibernetico che, per la sua diffusività mondiale, è maggiormente su-scettibile di influire sulla vita sociale, politica ed economica della globalità planetaria: l’unica prospettiva di tutela dei diritti sulla rete è la regolazione globalizzata. Vi è ormai una pluralità di fonti del diritto regolatore di internet, tra leggi, regolamenti, normative europee, convenzioni internazionali, codici di deontologia e diritto vivente della giuri-sprudenza (I, 3.10). Si sta sedimentando una disciplina multilivello di Internet, così di presidio della neutralità di gestione e di sicurezza della navigazione, come di contrasto

 

81 Convenzioni di Ginevra del 7 giugno 1930 sulla cambiale e il vaglia cambiario e sull’assegno bancario, che diedero vita al R.D. 14.12.1933, n. 1669 e al R.D. 21.12.1933, n. 1736.

82 Sono molteplici le convenzioni sulla tutela del lavoro stimolate dalla Organizzazione internazionale del lavoro (OIL).

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CAP. 2 – DIRITTO PRIVATO 53

alle operazioni di asservimento dello spazio. L’art 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riconosce il diritto alla protezione dei dati personali come un di-ritto fondamentale, restituendo all’utente il dominio della sfera privata e quindi della esibizione della propria personalità 83. L’Unione europea tende anche a incentivare e rendere più sicure le tecnologie dell’informazione (TIC), secondo le previsioni degli artt. 179 ss. del Tratt. Funz. UE. Fondamentali sono il Regol. 910/2014/UE sull’identità digi-tale, il Regol. 679/2016/UE sul trattamento dei dati personali, la direttiva 2016/1148/UE, recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informa-tivi nell’Unione.

 

83 Ai sensi dell’art. 82 della Carta dei diritti fondamentali i dati di carattere personale devono essere trat-tati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o ad un altro fondamento legittimo previsto dalla legge; ogni persona ha diritto di accedere ai dati raccolti che la ri-guardano e di ottenerne la rettifica. In applicazione di tale principio la Corte di giustizia UE, con sent. 8-4-2014, nelle cause riunite C-293/12 e C-594/12 ha dichiarato l’invalidità della direttiva sulla conservazione dei dati in quanto comportava un’ingerenza di vasta portata e di particolare gravità nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, non limitata allo stretto necessario; e con sent. 13-5-2014, nella causa C-131/12, ha stabilito che, nel caso in cui, a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, l’elenco di risultati mostra un link verso una pagina web che contiene in-formazioni sulla persona in questione, questa può rivolgersi direttamente al gestore oppure, qualora questi non dia seguito alla sua domanda, adire le autorità competenti per ottenere, in presenza di determinate con-dizioni, la soppressione di tale link dall’elenco di risultati. Si è parlato di un c.d. diritto all’oblio al quale si è adeguato Google per il territorio europeo con modalità però ancora da verificare.

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CAPITOLO 3

FONTI ED APPLICAZIONE DEL DIRITTO

Sommario: 1. Regole giuridiche e fonti del diritto. – 2. Tecniche di normazione e caratteri delle norme giuridiche. – A) FONTI DEL DIRITTO. – 3. Fonti di produzione e fonti di cognizione. – 4. Tipologia e gerarchia delle fonti di produzione. – 5. Costituzione e leggi costituzionali (il controllo di legittimità costituzionale). – 6. Diritto europeo e il problema della sussidiarietà. – 7. Leggi (statali e regionali). – 8. Regolamenti. – 9. Usi. – 10. L’emersione di nuove fonti. – B) APPLICAZIONE DEL DIRITTO. – 11. Efficacia nel tempo (obbligatorietà delle norme). – 12. Efficacia nello spazio (diritto internazionale privato). – 13. Interpretazione delle norme giuridiche. Criteri. – 14. Risultati dell’interpretazione. L’analogia. – 15. L’equità. – 16. Certezza del diritto e diritto vivente.

1. Regole giuridiche e fonti del diritto. – È di rilevante importanza il tema delle "fonti del diritto" quale fondamento di regolazione delle relazioni sociali e quindi della convivenza civile. Esso tende ad individuare la specificità delle regole giuridiche tra le tante regole (morali, religiose, di cortesia, ecc.) che sorreggono lo svolgimento quotidia-no delle relazioni sociali. La disciplina delle fonti del diritto regola i modi nei quali sono generate le norme giuridiche e rese conoscibili ai consociati. Il tratto maggiormente ca-ratterizzante il moderno Stato di diritto rispetto allo Stato assoluto sta proprio in ciò: la produzione delle norme giuridiche è disciplinata in modo vincolante, perché tutti (pub-blici poteri e privati) siano soggetti alla legge (principio di legalità) e sia certa l’esistenza delle regole (principio di certezza del diritto). Correlativamente è anche essenziale una disciplina dell’applicazione del diritto, perché sia possibile pervenire il più possibile ad una attuazione omogenea del diritto, pur nella varietà di formazione culturale dei sogget-ti che professionalmente sono chiamati ad applicare il diritto.

A suggellare l’importanza di tali esigenze, in apertura del codice civile sono dettate disposizioni sulla legge in generale 1, con una normativa relativa alle “fonti del diritto” (artt. 1-9) ed un’altra relativa alla “applicazione della legge in generale” (artt. 10-16). La collocazione della disciplina si giustifica per il valore storicamente avuto dal codice civile, come disciplina fondamentale e generale dei rapporti tra cittadini. Proprio per tale col-locazione le disposizioni sulla legge in generale sono anche comunemente denominate disposizioni preliminari al codice civile o senz’altro, in modo abbreviato, preleggi, per in-dicare appunto che precedono, costituendone quasi la premessa, la legge generale per  

1 Il R.D. 16.3.1942, n. 262, recante l’approvazione del testo del codice civile, testualmente dispone: “È approvato il testo del codice civile, il quale, preceduto dalle Disposizioni sulla legge in generale, avrà esecu-zione a cominciare dal 21 aprile 1942, sostituendo da questa data i libri del codice stesso”.

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CAP. 3 – FONTI ED APPLICAZIONE DEL DIRITTO 55

antonomasia, cioè il codice civile. Vanno però subito compiute due notazioni, che l’ana-lisi successiva maggiormente analizzerà: per un verso, le disposizioni delle preleggi de-vono intendersi applicabili a tutti i rami dell’ordinamento e non solo al codice civile; per altro verso, le stesse preleggi vanno integrate con le fonti che successivamente sono emerse, specificamente la Carta costituzionale e i Trattati di diritto europeo, che essendo di rango superiore si applicano anche alle preleggi e prevalgono sulle stesse 2.

È ormai tramontato il monopolio statale nella produzione del diritto. Come si vedrà, fonti di diversa provenienza (nazionale, europea e internazionale), determinazioni giuri-sprudenziali e amministrative, scelte delle attività professionali e delle prassi contrattuali concorrono alla formazione del diritto vivente. L’affermazione dei diritti umani nei mo-derni ordinamenti impone applicazioni e interpretazioni adeguatrici delle singole regole giuridiche ai diritti fondamentali e ai valori dell’ordinamento. L’osservazione della evo-luzione del diritto privato è di grande ausilio nella comprensione dell’ammodernamento delle fonti. D’altra parte la continua evoluzione e l’accresciuta complessità delle vicende umane ed economiche richiedono sempre maggiormente una interdisciplinarietà, come integrazione di saperi, nel comprendere e risolvere i problemi suscitati dall’esperienza giuridica (problemsolving).

Si dipana così una valutazione storicizzata del diritto, atteggiandosi le soluzioni giuri-diche come espressioni di esperienza storica delle relazioni sociali e dunque del diritto stesso come esperienza.

2. Tecniche di normazione e caratteri delle norme giuridiche. – Esistono più tec-niche di normazione cui si connettono i caratteri delle norme giuridiche. Alcuni caratteri sono comuni a tutte le norme giuridiche (caratteri generali); altri sono riferiti a singole categorie di norme (caratteri particolari), connaturandone le singole tipologie.

a) Le tecniche di normazione indicano i criteri e i modi di formulazione delle norme giuridiche, che di recente stanno ricevendo anche l’apporto dall’esperienza europea.

1) Tradizionalmente la tecnica più diffusa di normazione è per fatt ispecie . L’ordi-namento prevede il fatto astratto al cui realizzarsi in concreto conseguono gli effetti pre-visti dall’ordinamento. Attraverso un percorso logico di argomentazione deduttiva, si procede ad un fenomeno di sussunzione del caso concreto alla norma giuridica con un sillogismo logico tra una c.d. fattispecie astratta che prevede il fatto astratto regolato dal-l’ordinamento (premessa maggiore) ed una c.d. fattispecie concreta o materiale (premessa minore) che esprime il fatto concreto realizzatosi: la riconducibilità della fattispecie con-  

2 Di recente è avvertita anche in Italia l’esigenza di una preventiva “analisi di impatto della regolazione” (Air), secondo lo strumento noto negli ambienti internazionali di “Regulatory Impact Analysis” (Ria). È un sistema consistente nell’esame delle possibili opzioni di intervento normativo per realizzare un determinato obiettivo, attraverso la verifica del prevedibile impatto sociale della regolazione, in termini di costi e benefici sui cittadini, sulle imprese e sulle pubbliche amministrazioni, così da incidere sulla qualità della regolazione (better regulation). Nelle formulazioni più evolute il metodo comporta anche l’assunzione del punto di vista dei destinatari della regolazione. In realtà il meccanismo è emerso in ragione di compatibilità delle nuove re-golazioni con le esigenze delle imprese e dei mercati, ma poi è evoluto fino a includere tutte le implicazioni delle regolazioni, sul terreno, sociale, ambientale e istituzionale.

Il metodo aveva avuto in Italia un primo riconoscimento con l’art. 5 della L. 8.3.1999, n. 50. Ma da allora poco è stato fatto; anche una delega in tal senso contenuta nella L. 29.7.2003, n. 229, non ha avuto attuazione. Allo stato il D.P.C.M. 12.9.2006 ha avviato un sistema di integrazione dei vari strumenti di verifica delle nor-mative.

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56 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

creta alla fattispecie astratta comporta l’applicazione della norma. Il lato debole di tale meccanismo logico è che, trascurando la varietà della morfologia della realtà, tende ad astrarre dalle circostanze concrete in cui il fatto concreto si realizza e dalla personalità degli autori del fatto. Il procedimento della sussunzione è stato perciò progressivamente adattato al rinnovato sistema giuridico o talvolta abbandonato in funzione di una valo-rizzazione della natura degli interessi coinvolti e del contesto di svolgimento delle vicen-de umane, secondo i valori ordinamentali di riferimento.

Più spesso la fattispecie è formata da un precetto, che fissa la regola di comportamen-to (c.d. norma primaria), e da una sanzione, che stabilisce la conseguenza della inosser-vanza del precetto (c.d. norma secondaria), esprimendo la imperatività dell’ordinamento giuridico. Sono queste le c.d. norme perfette (anche dette norme sanzionatorie o coer-citive) per connettere all’antigiuridicità del comportamento la sanzione della relativa vio-lazione. I due profili (precetto e sanzione) sono di frequente contenuti nel medesimo ar-ticolo: ad es., chi cagiona ad altri un danno ingiusto è obbligato a risarcirlo (art. 2043); il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno (art. 1218). Talvolta però i due profili sono regolati da norme distinte: ad es., gli artt. 1325 ss. prescrivono i requisiti di validità del contratto, mentre gli artt. 1418 ss. e 1425 ss. dispongono le conseguenze della inosservanza con la sanzione di nullità o an-nullabilità del contratto. Non è peraltro raro che, ad un precetto (norma primaria), si connettano più sanzioni (norme secondarie), sia di diritto civile che di diritto penale (con formula di gergo, opera il “combinato disposto” di più norme): ad es. il comporta-mento (colposo o doloso) che cagiona ad altri un danno ingiusto, mentre integra l’illecito civile ex art. 2043 (con l’obbligo di risarcimento del danno a carico dell’autore), può in-tegrare anche un illecito penale (reato) (con le relative pene afflittive imposte) 3.

Non mancano precetti la cui osservanza, invece di essere affidata alla funzione inti-midatoria della sanzione, è rimessa alla prospettiva di un vantaggio (c.d. norme pre-mial i): tipici esempi sono le norme che prevedono incentivi e sussidi per chi investe in aree depresse o agevolazioni tributarie per chi reinveste nell’impresa gli utili prodotti.

Esistono anche norme che si limitano ad una mera indicazione della condotta, senza prevedere conseguenze immediate, né per la violazione né per l’osservanza. Ciò avviene quando la norma intende solo fissare principi generali e valori del sistema o additare in-dirizzi generali di comportamento: sono queste le c.d. norme imperfette , per non connettere al precetto una conseguenza immediata e diretta (es. l’art. 315 bis fissa il do-vere per il figlio di “rispettare i genitori”).

2) È frequente una tecnica di normazione per clausole generali . Il contenuto pre-cettivo delle clausole non è determinato in modo compiuto, ma attraverso l’impiego di formule generali che si completano e concretizzano in ragione dell’evolvere della realtà socio-giuridica, operando come integrative e correttive degli atti e dei comportamenti dei privati (es. la clausola generale di buona fede). Perciò le clausole generali sono carat-terizzate da una nota di elasticità e adattabilità (II, 7.1).

 

3 È il terreno proprio delle sanzioni civili in sede penale: per l’art. 185 c.p. “ogni reato obbliga alle restitu-zioni, a norma delle leggi civili; se abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risar-cimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui” (ai sensi degli artt. 2043-2059 c.c.).

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CAP. 3 – FONTI ED APPLICAZIONE DEL DIRITTO 57

3) Una più recente tecnica di normazione è per r isultato. L’ordinamento si limita a prevedere l’obiettivo da conseguire, lasciando a enti e privati la scelta degli strumenti per conseguirli. Se ne ha una chiaro impiego nella normativa europea, specie attraverso le direttive europee, rimettendosi agli stati membri la individuazione dei modi di consegui-re i risultati indicati.

È una tecnica di normazione che involge una tutela rimediale, per additare meccani-smi di protezione funzionali al caso concreto e alla tipologia e natura degli interessi coinvolti (III, 1.9).

b) I caratteri delle norme giuridiche si articolano in due gruppi: generali, in quanto ineriscono a tutte le norme giuridiche; particolari, in quanto riferiti a specifici gruppi di norme.

1) I caratteri generali hanno riguardo all’essenza della normatività delle regole giuri-diche, come disciplinatrici di vita sociale: sono tali la esteriorità e la plurilateralità.

La ester iorità indica che le norme giuridiche sono riferite ai comportamenti tenuti dai soggetti. Le regole non giuridiche (morali, religiose, di galateo, ecc.), per propria essenza, toccano la coscienza degli uomini e sono dunque avvertite prima che osserva-te (hanno una incidenza solo nella intimità dei soggetti); viceversa le norme giuridiche sono esteriorizzate per assicurare i comportamenti relazionali della società civile, fis-sando di sovente le conseguenze della violazione o osservanza (rispettivamente, san-zione o premio).

Connessa è la pluri lateral i tà (o alterità), con la quale si indica che le norme sono rivolte a regolare le relazioni dei soggetti tra loro e con le istituzioni. Tutto l’ordina-mento è in funzione degli uomini e dunque le singole norme segnano modi e misure di rapportarsi ed organizzarsi degli uomini.

La plurilateralità è connotata dal fondamentale principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge (art. 31 Cost.), applicato secondo i fondamentali criteri di ragionevo-lezza e proporzionalità (artt. 2 e 32 Cost.), non potendosi immotivatamente introdurre una disparità di trattamento di situazioni uguali e non potendosi trattare in modo uguale situazioni materiali differenti (come più ampiamente si vedrà in seguito). Trattamenti differenziati sono giustificati, in relazione ai privati, allo scopo di rimuovere gli ostacoli che, in fatto, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipa-zione all’organizzazione politica, economica e sociale del paese (art. 32 Cost.); con ri-guardo alla pubblica amministrazione, in ragione del buon andamento, dell’efficienza ed economicità, nel rispetto della imparzialità (art. 97 Cost.).

2) I caratteri particolari risentono delle tecniche di normazione. Gli stessi sono decli-nabili in ragione della struttura, della funzione e della efficacia della norma.

Rispetto alla struttura, rileva la formulazione della norma. Con la edificazione dello Stato moderno hanno preso a funzionare c.d. norme general i per l’unità del soggetto di diritto. Le norme sono strutturate con i caratteri della generalità e dell’astrattezza, quali connotati della eguaglianza (formale) dei soggetti davanti alla legge (I, 2.3). Speci-ficamente la general ità ha riguardo al profilo soggettivo del precetto, per indicare che la norma si applica a tutti i soggetti che si trovano nella particolare situazione o che han-no tenuto il determinato comportamento; l’astrattezza inerisce al profilo oggettivo del precetto, e vale ad indicare la situazione o il comportamento regolati dalla norma, prefi-gurati in astratto e cioè in via ipotetica, attraverso un processo di enucleazione dei carat-

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58 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

teri tipici del fenomeno. I due caratteri della generalità e dell’astrattezza sono connessi alla tipizzazione della fattispecie 4 (es. artt. 2043 e 1218).

Con lo svolgersi dello stato sociale è da tempo in atto un fenomeno di part icolar i -smo giuridico con funzione di valorizzazione dei contesti e di protezione delle posizioni deboli. È un neoparticolarismo, per settori di interessi o per classi di soggetti, che si diffe-renzia dall’antico particolarismo che era fondato su odiosi privilegi. Sono norme struttu-rate per tipizzazioni di soggetti destinatari o di rapporti regolati o di contesti ove i rap-porti si svolgono (es. soggetti disabili, rapporti di consumo, cicli produttivi). Sono nor-me special i (o di diritto speciale) in quanto, in ragione di elementi di specificità consi-derati rilevanti dall’ordinamento, sono inerenti a particolari materie o a specifici settori (es. la materia della navigazione 5); ovvero hanno riguardo a rapporti coinvolgenti pecu-liari categorie di soggetti o sono applicabili in determinate aree o specifici luoghi: sono tali ad es. le molte regole di favore di contraenti c.d. deboli (consumatori, lavoratori su-bordinati, affittuari, ecc.), o anche inerenti a particolari categorie di beni (es. beni di consumo). Talvolta le norme speciali si atteggiano come norme eccezional i (e quindi danno vita ad un diritto eccezionale) per operare in circostanze specifiche o per far fronte ad evenienze particolari (ad es., leggi in conseguenza di calamità naturali). Per l’art. 14 prel. le leggi penali e quelle che fanno eccezione alle leggi generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati. Sono norme di stretta applicazione, non suscettibili di applicazione analogica.

È poi in atto un crescente processo di c.d. amministrativizzazione della legge, per cui si ricorre a leggi c.d. formali per imporre imperativi relativi a casi concreti e/o con rife-rimento a soggetti determinati (c.d. norme singolari o anche dette norme-provvedi-mento) 6.

Rispetto alla funzione, rileva lo scopo perseguito dalla norma. Si distinguono in ra-gione delle materie regolate e degli interessi attuati.

Sono norme di diritto strumentale o formale (c.d. ordinative ) le regole organizzative dell’azione pubblica e dell’attività giuridica, tra le quali rientrano anche tutte le norme processuali per far valere in giudizio i propri diritti. La reazione dell’ordinamento per

 

4 Tale dicotomia è oggi anche riassunta con il concetto di ripetibilità. Riferendosi la norma a uno schema astratto di situazione o comportamento e alla generalità dei soggetti che possono integrarlo, il precetto è de-stinato a ripetersi quante volte un soggetto si troverà nella situazione ipotizzata o compierà il comportamento prefigurato.

5 In ragione del mezzo tecnico impiegato (nave o aeromobile) il diritto della navigazione si atteggia quale “diritto speciale” in quanto si innesta nel diritto comune apportandovi gli adattamenti necessari a realizzare specifiche esigenze: sicché gli aspetti non disciplinati, ove non operi l’analogia, restano soggetti al diritto co-mune. Qualche dubbio suscita invece la comune qualificazione di autonomia del diritto della navigazione, per essere l’ordinamento giuridico unitario nella organizzazione sistematica e per i valori sui quali è riposto.

6 Non mancano ipotesi di difficile qualificazione dell’atto normativo, quando l’atto proviene da una auto-rità alla quale, oltre alla potestà normativa, sono attribuite altre potestà: c’è allora da stabilire se si tratti di atto normativo o di atto amministrativo. Soccorrono all’uopo più criteri che si è soliti ricondurre alla struttu-ra, al contenuto e agli effetti dell’atto. Criteri maggiormente accolti sono quello che ha riguardo alla ripetibili-tà della prescrizione e cioè alla sua indefinita applicabilità; quello che attiene agli effetti e cioè all’incidenza della norma sul diritto oggettivo, secondo un principio di effettività; infine un criterio teleologico che ha ri-guardo al fine dell’attribuzione della potestà, se cioè rivolta alla disciplina astratta di rapporti giuridici o alla cura di interessi pubblici concreti.

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CAP. 3 – FONTI ED APPLICAZIONE DEL DIRITTO 59

inosservanza di tali norme è la inefficacia in senso ampio dell’atto compiuto (per invalidi-tà o altre ragioni); non si producono o vengono eliminati gli effetti, sicché il risultato perseguito con l’atto non è realizzato: ad es., l’assenza di uno degli elementi costitutivi del contratto comporta la nullità e quindi la inefficacia dell’atto (artt. 1325 e 1418); la mancata trascrizione di una convenzione matrimoniale o di un contratto di vendita im-mobiliare comporta la inopponibilità dell’atto ai terzi (artt. 162 e 2644).

Sono norme di diritto materiale o sostanziale (c.d. proibit ive) quelle regole attributi-ve di situazioni giuridiche soggettive, conformative di interessi individuali o di gruppi. La reazione dell’ordinamento per la lesione di un interesse giuridicamente protetto è la imposizione dell’obbligo di risarcimento dei danni a carico del soggetto responsabile del-l’atto dannoso: es. l’obbligo di risarcimento del danno del debitore inadempiente o per lesione di un diritto altrui (artt. 1218 e 2043); l’obbligo di restituire le cose illegittima-mente sottratte al proprietario o al possessore (artt. 948 e 1168).

Sono frequenti le ipotesi in cui un medesimo fatto dà luogo alla violazione sia di una norma strumentale che di una norma materiale, così operando le sanzioni connesse a en-trambi i tipi di norme violate: ad es., a fronte di un contratto che manca di uno degli elementi costitutivi per la sua validità, consegue senz’altro la nullità e dunque la ineffica-cia dell’atto (art. 1418) (norma strumentale); se però una delle parti conosceva la causa della nullità e non ne ha dato notizia all’altra, ha leso la libertà di autodeterminazione della controparte ed perciò è tenuta a risarcire il danno da questa risentito (art. 1338) (norma materiale). È anche possibile che un contratto sia conforme alla norma strumen-tale e quindi valido, ma il comportamento di una di esse sia in contrasto con una norma materiale per risultare lesivo di un interesse giuridicamente protetto, così da dare luogo all’obbligo di risarcimento del danno: ad es., il dolo incidente non è causa di annulla-mento del contratto ma obbliga l’autore dei raggiri al risarcimento dei danni (art. 1440).

Rispetto alla efficacia, rileva la operatività della norma. Come si è anticipato, in tem-pi più recenti si tende a favorire il rispetto della norma attraverso, non solo misure di re-pressione, ma anche di vigilanza preventiva; e sempre maggiore è il ricorso a misure di incentivazione verso determinati comportamenti. Il diritto sanzionatorio impone con la forza l’osservanza della norma e dunque la tenuta della stessa organizzazione sociale (c.d. coercibilità o coattività): la sanzione ha una funzione punitiva per chi viola il precetto (con la comminazione di una pena a carico del trasgressore), e perciò stesso ha anche una funzione dissuasiva della violazione (la minaccia della pena fa da deterrenza alla inosservanza della norma). Le norme premiali, invece, procurano un vantaggio a chi tie-ne un determinato comportamento; ma il mancato comportamento previsto non com-porta una sanzione.

La operatività della norma è graduata, a seconda che siano o meno in gioco valori fondamentali dell’ordinamento e dunque le basi stesse della coesistenza sociale. Sono norme imperat ive (anche dette cogenti o inderogabili) quelle che non consentono de-roghe dai privati: sono applicate anche contro la volontà delle parti (ad es. l’art. 160 vieta ai coniugi di derogare ai diritti e agli obblighi previsti dalla legge per effetto del matri-monio; l’art. 1229 dichiara nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore). Sono norme disposit ive quelle la cui osservanza è rimes-sa alla valutazione di convenienza dei soggetti: sono norme sì operative, ma non contro la volontà dei destinatari. Le norme dispositive, a loro volta, si atteggiano in duplice mo-

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60 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

do: come norme dispositive in senso stretto, quando sono derogabili dai privati (ad es. l’art. 1282 prevede la naturale fecondità del denaro, per cui i crediti liquidi ed esigibili producono di diritto interessi, “salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente”); come norme suppletive, quando operano in via residuale, allorché i privati non abbiano apprestato una diversa regola pattizia (ad es. l’art. 159 impone il regime di comunione legale “in mancanza di diversa convenzione” dei coniugi; gli artt. 1182 e 1183 fissano, rispettivamente, il luogo e il tempo della esecuzione della prestazione se non sono pattui-ti o diversamente determinabili).

A) FONTI DEL DIRITTO

3. Fonti di produzione e fonti di cognizione. – Il tema delle fonti porta ad esami-nare i modi e le forme di derivazione del diritto e di conoscenza dello stesso.

a) Le fonti di produzione sono le fonti in senso stretto del diritto: sono i fatti genera-tori delle regole giuridiche, rispetto ai quali le norme rappresentano il risultato ovvero il prodotto. Si è visto peraltro che, affinché tale effetto si produca, è necessario che le fonti siano previste e disciplinate da specifiche norme giuridiche, al fine di rendere noto il meccanismo di generazione delle norme e di assicurare la conoscenza delle stesse: perciò sono “fonti legali” del diritto. Tratto precipuo di ogni moderno ordinamento è quello di fissare, non solo la tipologia delle fonti, ma anche i procedimenti di formazione delle nor-me, a presidio dei principi di legalità e di certezza del diritto. Ad es., la formazione delle leggi ordinarie è regolata dagli artt. 70 ss. Cost.; l’adozione di leggi di revisione della Co-stituzione e di altre leggi costituzionali è regolata dagli artt. 138 e 139 Cost.

Il risultato del procedimento di formazione, della legge come di ogni altro atto nor-mativo, si concretizza in un testo che, debitamente pubblicizzato, consente di attingere la conoscenza della regola giuridica.

b) Le fonti di cognizione sono fonti in senso lato del diritto: sono gli atti e gli stru-menti pubblici rivolti a procurare la conoscibilità delle regole giuridiche; non sono dun-que produttive di diritto, ma solo ne consentono la conoscenza. Nello stato di diritto la conoscenza del diritto è un presupposto essenziale della certezza del diritto: fonti di co-gnizione sono, ad es., la Gazzetta Ufficiale e il Bollettino Ufficiale della Regione 7.

Quando, in singoli settori, più normative si stratificano nel tempo, è frequente il ri-corso a testi unici che riordinano organicamente la disciplina di un settore, al fine di faci-litarne la cognizione e dunque l’applicazione. Di regola i testi unici, redatti dal governo su delega del parlamento, si limitano a riorganizzare le norme esistenti, che mantengono la propria originaria forza precettiva; ma non mancano ipotesi in cui la legge delega at-tribuisca al governo anche il potere di modifica ed integrazione della normativa esisten-te. Ad es., con la legge delega 29.7.2003, n. 229, si è prevista l’emanazione di c.d. codici di “riassetto normativo” di specifici settori, con finalità, sia di riforma sostanziale secon-  

7 La pubblicazione di leggi e regolamenti statali avviene nella Gazzetta ufficiale della Repubblica; la pub-blicazione di leggi e regolamenti regionali avviene nel Bollettino ufficiale della Regione; la pubblicazione di regolamenti di Province e Comuni mediante affissione all’albo rispettivo.

La pubblicazione degli usi nelle raccolte ufficiali delle Camere di commercio, rilevando gli usi come fonti-fatto, ne fa solo presumere l’esistenza, fino a prova contraria (art. 8 disp. prel.).

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CAP. 3 – FONTI ED APPLICAZIONE DEL DIRITTO 61

do un criterio di semplificazione, sia di raccolta organica delle norme del settore 8. No-nostante l’enfatico impiego del termine “codici”, si tratta di testi monotematici: il termi-ne “codice” è quindi utilizzato in una accezione differente rispetto a quella tradizionale (di cui si è parlato nel capitolo 2), di indicazione di un testo normativo complesso e or-ganico di una intera materia per l’unità del soggetto di diritto (come i codici civile, pena-le, di procedura civile, di procedura penale, della navigazione).

4. Tipologia e gerarchia delle fonti di produzione. – Si è soliti distinguere le fonti produttive del diritto in due grandi categorie: fonti-atto e fonti-fatto.

Le fonti -atto afferiscono all’attività di particolari autorità cui è attribuita la potestà di produrre norme giuridiche (c.d. fonti soggettive o volontarie). Il diritto proveniente da fonti-atto è dunque tipicamente diritto scritto (es. leggi).

Viceversa le fonti - fatto esprimono l’oggettivo operare di comportamenti e situazio-ni cui l’ordinamento attribuisce rilevanza giuridica, limitandosi a fissare i meccanismi di tale rilevanza (c.d. fonti oggettive). Proprio per l’emergere spontaneo del diritto dal cor-po sociale trattasi di diritto non scritto (es. usi).

Le disposizioni sulla legge in generale prevedevano originariamente quattro specie di fonti del diritto, gerarchicamente organizzate: le leggi, i regolamenti, le norme corporati-ve e gli usi (comprendendosi tra le “leggi” anche i codici, quali fondamentali discipline giuridiche delle singole branche). Dopo pochi anni dall’introduzione del codice civile del 1942 sopraggiungevano però più fatti che ridisegnavano il sistema delle fonti. Anzi-tutto si verificava la caduta del regime fascista, che implicava la soppressione dell’ordi-namento corporativo (R.D.L. 9.8.1943, n. 721) e delle connesse organizzazioni sindacali (D.L.L. 23.11.1944, n. 369). Inoltre si formava la Costituzione repubblicana, approvata con deliberazione dell’assemblea costituente nella seduta del 22.12.1947 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948, che assumeva il ruolo di carta fondamentale dello Stato re-pubblicano, gerarchicamente sovrastante alle leggi. Iniziava poi un lungo percorso di in-tegrazione europea che sarebbe approdato alla formazione della Comunità europea e poi dell’Unione europea, determinando la formazione di un diritto europeo sovraordinato rispetto alle leggi (l’art. 10 e più incisivamente gli artt. 11 e 117 Cost. contengono una chiara autolimitazione della sovranità dell’ordinamento nazionale in favore di quello eu-ropeo). Si è anche dilatato un diritto di provenienza delle convenzioni internazionali, che però richiede una norma di ricezione nell’ordinamento (art. 10 Cost.). La L. cost. 18.10.2001, n. 3, ha poi modificato il titolo V della Parte II della Carta costituzionale, con ampliamento della potestà legislativa delle regioni. Dal susseguirsi di avvenimenti il sistema delle fonti (di produzione) del diritto esce profondamente modificato rispetto al quadro originario e perciò così ridisegnato e gerarchicamente organizzato:

1) Costituzione e leggi costituzionali; Diritto europeo; 2) Leggi (statali e regionali) e atti assimilati;

 

8 La L. 229/2003 prevede l’emanazione di più codici di riassetto normativo. Sono stati emanati, ad es., il codice della proprietà industriale (D.Lgs. 10.2.2005); il codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 7.3.2005, n. 82); il codice del consumo, che contiene il riassetto normativo in materia di tutela dei consumato-ri (D.Lgs. 6.9.2005, n. 206); il codice delle assicurazioni private, che contiene il riassetto normativo in materia di assicurazioni (D.Lgs. 7.9.2005, n. 209).

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62 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

3) Regolamenti; 4) Usi. Con il ridimensionamento del primato della legge statale, convivono ormai vari livelli

di legalità (europea, costituzionale, di legislazione statale e regionale). Su tale nuova ge-rarchia delle fonti si articola anche il principio iura novit curia, che eleva a dovere del giudice di conoscere e rinvenire le fonti del diritto applicabili 9. Anche la scienza giuridi-ca di ogni branca del diritto non si identifica più con la dottrina del codice di riferimen-to (ad es. la scienza del diritto civile non ha più come unico referente il codice civile).

5. Costituzione e leggi costituzionali (il controllo di legittimità costituzionale). – La tradizionale discussione se dovesse considerarsi fonte gerarchicamente superiore la Carta costituzionale o il diritto europeo è oggi abbastanza superata con l’ormai acquisita evoluzione dell’ordinamento dell’Unione europea verso principi di democraticità e ri-spetto dei diritti umani, sicché l’osservanza dell’ordinamento europeo si armonizza con il rispetto della legalità costituzionale. Fondamentale in tale direzione è l’art. 6 del Trattato di Maastricht, che (tra l’altro) espressamente riconosce le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri come “principi generali del diritto comunitario”. Significativamente il nuovo codice del diritto amministrativo, introdotto con il D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, prevede, nel suo art. 1, che la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo.

Dopo però una stagione di stretto ossequio alla normativa europea 10, è ormai princi-pio acquisito della Corte costituzionale che i principi fondamentali dell’ordinamento co-stituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscono un limite all’ingresso delle norme internazionali generalmente riconosciute, alle quali l’ordinamento giuridico ita-liano si conforma secondo l’art. 101 Cost., ed operano quali “control imiti” alle limi-tazioni di sovranità ex art. 11 Cost. per l’ingresso delle norme dell’Unione europea, oltre che per l’ingresso delle norme di esecuzione dei Patti Lateranensi e del Concordato ex art. 7 Cost., rappresentando gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale 11. Vi è l’afferma-  

9 È indirizzo consolidato che l’obbligo del giudice di ricercare le fonti del diritto applicabili alla fatti-specie dedotta in giudizio non opera con riferimento alle norme giuridiche secondarie ed agli atti amministrativi (nella specie si è affermato che gli statuti delle Università, avendo natura di atti amministrativi, andavano depositati tempestivamente dalla parte che intendeva avvalersene) (Cass. 12-2-2015, n. 2737).

10 La Corte cost., con la storica sentenza 8-6-1984, n. 170, affermava il principio che, nelle materie ri-servate alla normazione delle Comunità europee il giudice ordinario deve applicare direttamente la norma comunitaria (nella specie, regolamento), la quale prevale sulla legge nazionale incompatibile, anteriore o successiva; né può il giudice stesso denunciare alla Corte costituzionale, in riferimento all’art. 11 Cost., la detta incompatibilità. Si è precisato che vi è una “ritrazione” dell’ordinamento italiano, sicché, nelle materie regolate da norme comunitarie direttamente applicabili, il giudice nazionale deve applicare le norme comunitarie “disapplicando” quelle interne incompatibili (Corte cost. 14-6-1990, n. 285).

11 Corte cost. 22-10-2014, n. 238, che altresì precisa: In un sistema accentrato di controllo di costituziona-lità, la verifica della compatibilità costituzionale (cioè della conformità ai principi irrinunciabili dell’ordina-mento costituzionale) della norma internazionale da immettere ed applicare nell’ordinamento interno, così come interpretata nell’ordinamento internazionale ed avente rango costituzionale in virtù del rinvio operato dall’art. 101, Cost., spetta alla sola Corte costituzionale, con esclusione di qualsiasi altro giudice.

Per l’affermazione che il bilanciamento rientra tra “le ordinarie operazioni cui la Corte costituzionale è chiamata in tutti i giudizi di sua competenza”, v. sent. 236/2011. Sulla qualificazione dei principi fondamen- 

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CAP. 3 – FONTI ED APPLICAZIONE DEL DIRITTO 63

zione di uno spazio di sovranità intangibile, che dapprima è stato fatto valere nei ri-guardi del diritto internazionale convenzionale interposto dalla legge nazionale di appli-cazione e segnatamente nei confronti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) 12, poi anche con riguardo alla produzione giuridica dell’Unione europea 13.

La Costituzione della Repubblica italiana, in vigore dal 1° gennaio 1948, è una Costitu-zione c.d. rigida, occorrendo uno speciale procedimento per la sua revisione (artt. 138 ss.).

La Carta costituzionale si apre con la formulazione dei “Principi fondamentali”, che esprimono i valori portanti della Carta repubblicana; seguono due distinte parti: la pri-ma, intitolata “Diritti e doveri dei cittadini”; la seconda, “Ordinamento della Repubbli-ca”. In particolare i Principi fondamentali e la Prima parte toccano da vicino il diritto privato, per riguardare le prerogative dei privati, i rapporti del cittadino con l’autorità pubblica, la dignità della persona e la solidarietà nelle relazioni socio-economiche: i rela-tivi articoli hanno efficacia precettiva nei confronti dello Stato, ma sono anche immedia-tamente efficaci nei rapporti tra privati. La Seconda parte disegna l’organizzazione e la struttura dello Stato e degli altri organi costituzionali, ed è perciò di specifico interesse del diritto pubblico (diritto costituzionale e diritto amministrativo).

Norme particolari sono dettate per le leggi costituzionali, di revisione o integrazione della Carta costituzionale: quando non sono approvate da ciascuna delle Camere a mag-gioranza di due terzi dei suoi componenti, sono sottoposte a referendum popolare (art. 138 Cost.).

Alla Corte costituzionale è rimesso il controllo di legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni (art. 134 Cost.) 14: è la c.d. giu-stizia costituzionale, quale controllo giurisdizionale di rispetto della Costituzione. La questione di legittimità costituzionale può essere sollevata, da una delle parti o di ufficio, innanzi al giudice dove pende un giudizio 15.

Con la sentenza di accoglimento la Corte dichiara la illegittimità costituzionale

 

tali dell’ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona come elementi identificativi ed irri-nunciabili dell’ordinamento italiano, operanti come controlimiti all’ingresso in esso di norme di altri ordina-menti, v. sentenze 284/2007, 73/2001, 168/1991, 232/1989, 1146/1988, 170/1984, 18/1982, 48/1979, 183/1973, 32/1971, 31/1971 e 30/1971. Sul carattere accentrato del controllo di costituzionalità italiano e sulla spettan-za alla sola Corte costituzionale della verifica di compatibilità con i principi fondamentali dell’assetto costitu-zionale e di tutela dei diritti umani, v. sentenze 120/2014, 284/2007.

12 Con le c.d. sentenze gemelle nn. 348 e 349 del 24.10.2007, è stato analizzato il valore della Cedu nel sistema delle fonti del diritto, affermandosi che la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del-l’uomo, ratificata e resa esecutiva con la L. 4.8.1955, n. 848, pur essendo dotata di una particolare natura che la distingue dagli obblighi nascenti da altri Trattati internazionali, non assume, in forza dell’art. 11 Cost., il rango di fonte costituzionale né può essere parificata, a tali fini, all’efficacia del diritto comunitario nell’ordinamento interno.

13 Fondamentale Corte cost. 22-10-2014, n. 238, cit. 14 Tra gli “atti aventi forza di legge” si comprendono i decreti legislativi e i decreti legge. Sono invece

esclusi dal controllo della Corte costituzionale i regolamenti: questi sono soggetti al controllo del giudice am-ministrativo, che può annullarli per contrasto, sia con le leggi e gli atti aventi forza di legge, sia con la Costitu-zione.

15 Il giudice, rilevata la pregiudizialità della legittimità costituzionale della norma da applicare nel giudizio in corso e verificata la non manifesta infondatezza della questione, con ordinanza di rimessione sospende il giudizio e rinvia gli atti alla Corte costituzionale, dando inizio al procedimento per il controllo di costitu-zionalità (c.d. giudizio incidentale).

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64 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

della norma di legge o di altro atto avente forza di legge: la norma cessa di avere effet-to dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione (art. 136 Cost.), normal-mente con efficacia retroattiva. Peraltro si va delineando nella giurisprudenza della Corte un indirizzo di modulazione degli effetti temporali della sentenza, secondo un criterio di bilanciamento dei valori costituzionali, in una visione unitaria del sistema costituzionale 16.

Da qualche tempo le sentenze di accoglimento tendono ad intervenire sulla portata della disposizione impugnata (c.d. sentenze manipolative). Si distinguono tre modelli di intervento: illegittimità di una sola parte della disposizione (c.d. sentenze di accoglimento parziale); illegittimità della disposizione nella parte in cui non prevede quanto avrebbe dovuto prevedere conforme a Costituzione, integrato dalla Corte (c.d. sentenze additi-ve) 17; illegittimità della disposizione nella parte in cui prevede una disposizione anziché un’altra diversa conforme a Costituzione, sostituita dalla Corte (c.d. sentenze sostitutive).

Con la sentenza di r igetto la Corte dichiara “non fondata” la questione di legitti-mità costituzionale prospettata dalla ordinanza di rimessione. Sono frequenti sentenze interpretative di rigetto con le quali la Corte dichiara infondata la questione di legittimità

 

16 La dichiarazione di illegittimità costituzionale non è una forma di abrogazione, ma una conseguenza dell’invalidità della legge; perciò ha tradizionalmente comportato l’inefficacia retroattiva, nel senso di inve-stire anche le fattispecie anteriori alla pronuncia di incostituzionalità, con i limiti derivanti dalle regole che disciplinano il definitivo consolidamento dei rapporti giuridici e il graduale formarsi del giudicato e delle preclusioni nell’ambito del processo (Cass. 7-5-2003, n. 6926; Cass. 23-9-2002, n. 13839). Si è chiarito che il limite alla retroattività è costituito dalle situazioni giuridiche consolidate, per essersi il rapporto definiti-vamente esaurito, in conseguenza della intervenuta formazione del giudicato ovvero per il decorso del termine di prescrizione o di decadenza previsto dalla legge (Cass. 27-6-2008, n. 17746; Cass. 21-3-2008, n. 7698; Cass. 9-1-2004, n. 113). Perciò una sentenza di illegittimità costituzionale può essere invocata anche in un giudizio pendente ed anche per la prima volta in sede di legittimità, con l’unico limite, appunto, del-la intervenuta formazione del giudicato ovvero del decorso del termine prescrizionale o di decadenza (Cass. 28-7-2005, n. 15809).

Questo consolidato indirizzo ha ricevuto una flessione, sia pure con riferimento alla legittimità di una im-posizione tributaria: si è stabilito che gli effetti della dichiarazione di illegittimità costituzionale decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta Ufficiale al fine di evitare che l’impatto macroeconomico delle restituzioni dei versamenti tributari connesse alla pronuncia determini uno squilibrio del bilancio dello Stato di entità tale da implicare la necessità di una manovra finanziaria aggiuntiva, e anche per non venir meno al rispetto dei parametri cui l’Italia si è obbligata in sede di Unione europea ed interna-zionale e, in particolare, alle previsioni annuali e pluriennali indicate nelle leggi di stabilità in cui tale entrata è stata considerata a regime (Corte cost. 11-2-2015, n. 10).

17 Si distingue tra sentenze additive in senso proprio, che hanno efficacia immediatamente precettiva, risol-vendosi automaticamente la dichiarazione di illegittimità della omissione in quella, speculare, di necessità co-stituzionale della inclusione del quid omissum nel testo normativo, e sentenze additive di principio, che dichia-rano la illegittimità costituzionale della mancata tutela di diritti fondamentali ovvero di meccanismi idonei a renderli effettivi. Si è precisato che la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una omissione legislativa – com’è quella ravvisata nell’ipotesi di mancata previsione, da parte della norma di legge regolatrice di un dirit-to costituzionalmente garantito, di un meccanismo idoneo ad assicurarne la effettività – mentre lascia al legi-slatore, nella sua innegabile competenza, di introdurre e di disciplinare anche retroattivamente tale meccani-smo in via di normazione astratta, somministra essa stessa un principio cui il giudice comune è abilitato a far riferimento per porre frattanto rimedio all’omissione in via di individuazione della regola del caso concreto (Corte cost. 26-06-1991, n. 295; v. anche Corte cost. 15-3-1996, n. 74). Per una recente applicazione, v. Corte cost. 5-6-2015, n. 96, che dichiara incostituzionali gli art. 11, e 22, e 41 L. 19.2.2004, n. 40, nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili, accertate da apposite strutture pubbliche.

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CAP. 3 – FONTI ED APPLICAZIONE DEL DIRITTO 65

costituzionale perché il dubbio sollevato dal giudice si fonda su una errata interpretazio-ne della disposizione impugnata: la Corte, nel rigettare la questione, fornisce nella moti-vazione la interpretazione “conforme a Costituzione” che vale ad evitare la illegittimità costituzionale della disposizione impugnata 18.

6. Diritto europeo e il problema della sussidiarietà. – Il tradizionale diritto inter-nazionale è formato da regole concordate tra Stati, che attuano nel territorio nazionale il diritto concordato con leggi di ratifica ed esecuzione. Il diritto europeo supera l’ottica del diritto internazionale, atteggiandosi come un sistema di diritti e di tecniche organiz-zative che si impongono agli stati nazionali, entro i controlimiti di rilevanza costituziona-le sopra indicati. Il diritto europeo si muove in una duplice direzione: minima, di armo-nizzazione delle normative nazionali attraverso il coordinamento delle varie discipline; massima, di unificazione delle normative nazionali attraverso un diritto uniforme euro-peo 19. Tra i due indirizzi esistono poi vari approcci di uniformazione, dei quali si è già parlato (I, 2.10).

La normativa si articola in due fondamentali componenti: diritto europeo convenziona-le, rappresentato dai Trattati con i quali la Comunità europea prima e la Unione europea dopo si sono costituite e gradualmente modificate; diritto europeo derivato, costituito dagli atti normativi che provengono dagli organi istituzionali. Il diritto convenzionale è gerar-chicamente sovraordinato al diritto derivato; alla Corte di giustizia dell’Unione europea spetta il controllo del rispetto del diritto europeo.

a) Il diritto convenzionale (c.d. primario) ha gradualmente segnato la nascita formale dell’ordinamento europeo. Di recente, fallito il tentativo di formazione di una costituzione europea, l’intero impianto è stato assoggettato ad una incisiva revisione ad opera del Trat-tato di Lisbona del 13 dicembre 2007 (entrato in vigore sul piano internazionale il 1° di-cembre 2009) 20. A seguito del Trattato di Lisbona, il termine “Unione” sostituisce sempre quello di “Comunità”: resta in vita il Trattato sull’Unione europea, con le modifiche appor-tate, destinato a contenere il diritto materiale convenzionale; mentre il Trattato CE diventa il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, con le modifiche apportate, destinato a contenere il diritto strumentale convenzionale. È però affermata la “integrazione differen-ziata”.

Pur essendo stato abbandonato il progetto di Trattato sulla Costituzione europea del 2004, emerge dal Trattato di Lisbona una istanza di legittimità democratica per il raffor-zamento del ruolo del Parlamento europeo e per un maggiore coinvolgimento dei Par-

 

18 Sono emersi frequenti contrasti con la Corte di Cassazione e in genere con i giudici ordinari che riven-dicano la funzione propria di interpretazione delle norme. Di fronte ad una interpretazione consolidata della giurisprudenza ordinaria, la Corte tende a non prospettarne una nuova ma assume la stessa come “diritto vi-vente”, cioè quale diritto nel significato applicato dalla giurisprudenza ordinaria. Ma, evidentemente, specie con riguardo a leggi nuove, ricorre a sentenze interpretative di rigetto quando c’è la necessità di fare prevalere il significato conforme a Costituzione (c.d. sentenze adeguatrici).

19 Con riguardo al coordinamento tra diritto nazionale e diritto europeo, da tempo si confrontano una concezione monista di un ordinamento unitario (professata dalla Corte di giustizia) e una concezione dualista di una duplicità di ordinamenti (sostenuta dalla Corte costituzionale).

20 Il Trattato di Lisbona (in GUCE 17.12.2007, C-306/1) è stato ratificato e reso esecutivo con L. 2.8.2008, n. 130.

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66 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

lamenti nazionali; è anche riconosciuta una “iniziativa dei cittadini” 21. Inoltre confluisce nel Trattato di Lisbona la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea di Nizza del 7 dicembre 2000, che così assume carattere vincolante e lo stesso valore giuridico dei trattati. Per l’art. 6 del Trattato UE, “le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei trattati”; pertanto diritti e principi della Carta rilevano in quanto risultino di competenza dell’Unione europea (c.d. competenze di attribuzione); però i diritti, le libertà e i principi indicati dalla Carta vanno interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta stessa 22. L’Unione aderisce alla Con-venzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: “i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea e risultanti dalle tradizioni co-stituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto prin-cipi generali” (art. 6) 23.

A seguito di un lungo percorso, la Unione europea non è più dunque solo uno spazio di libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali, secondo le istanze dei trattati originari; è anche una unione monetaria e vuole essere uno spazio di dignità umana, li-bertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, sicurezza e giustizia, secondo la tavola dei valori prescritti dalla Carta dei diritti fondamentali di Nizza. È in atto un processo di “europeizzazione” anche del diritto processuale civile e del diritto internazionale priva-to, oltre che di altri rami del diritto, mentre crescono le iniziative per il conseguimento dell’obiettivo finale di edificazione di un diritto materiale uniforme (anche se sporadi-camente non mancano significative remore di alcuni stati).

Inoltre il Trattato di Lisbona ridisegna i criteri di equilibrio tra regole accentrate e scelte nazionali. Vengono riformulati i principi, già indicati dal Trattato CE, di “attribu-zione”, “sussidiarietà” e “proporzionalità”, ora regolati dall’art. 5 Tratt. UE e che, come si vedrà, sono da tempo penetrati anche negli ordinamenti nazionali.  

21 Con il Trattato di Lisbona è accentuata la marcia da un assetto intergovernativo a una integrazione di cittadini, con i diritti civili e sociali che li connotano. Nel Preambolo del Trattato sull’Unione europea è inse-rito l’espresso riferimento alle “eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’ugua-glianza e dello Stato di diritto”; è introdotta la previsione che il funzionamento dell’Unione si fonda sulla de-mocrazia rappresentativa (art. 8). Inoltre si prevede che, “nella definizione e nell’attuazione delle sue politi-che e azioni, l’Unione mira a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la re-ligione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale”.

22 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ha così assunto lo stesso valore giudico dei tratta-ti, collocandosi nel sistema delle fonti del diritto tra le norme primarie del diritto dell’Unione europea: con la conseguenza della prevalenza rispetto alla normativa interna e della disapplicazione della norma nazionale, sostanziale e processuale, che con essa si trovi in contrasto. Il principio ha trovato applicazione anche in sede penale: si è ad es. stabilito, con riferimento alla direttiva 2008/115/CE (c.d. direttiva rimpatri), che il giudice nazionale deve disapplicare la normativa interna contraria alla direttiva seppur non recepita nell’ordinamento italiano e applicare in via retroattiva la pena più mite, secondo le tradizioni costituzionali agli stati membri (Corte giust. UE 28-4-2011, causa C-61/11).

23 Tale adesione ha suscitato delicati problemi di equilibrio tra le competenze delle due Corti europee. Invero la Convenzione sui diritti dell’uomo (conclusa a Roma nel 1950) ha un proprio sistema di garanzia affidato alla Corte europea dei diritti dell’uomo con sede a Strasburgo; in virtù della detta adesione l’Unione deve evidentemente sottoporsi alla Convenzione sui diritti dell’uomo con una conseguente modifica del pro-prio sistema di garanzia, sicché anche la Corte di giustizia UE è costretta ad uniformarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che diventa la suprema corte giurisdizionale per il rispetto dei diritti fondamentali.

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CAP. 3 – FONTI ED APPLICAZIONE DEL DIRITTO 67

Per il principio di attr ibuzione , l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che sono ad essa attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti; qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri.

Per il principio di sussidiarietà , nei settori che non sono di sua competenza esclu-siva, l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non pos-sono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione. Il principio di sussidiarietà si è de-clinato in più prospettive ed è stato utilizzato anche per delineare, sul terreno nazionale, le articolazioni dei rapporti tra pubblico e privati e tra le varie organizzazioni pubbliche.

La sussidiarietà, in senso orizzontale, riguarda il rapporto tra pubblici poteri e priva-ti 24. Tende anche a diffondersi una c.d. sussidiarietà circolare per valorizzare l’azione del terzo settore (privato sociale) attraverso una cittadinanza attiva in grado di sostenere il welfare per quelle attività di solidarietà che i privati riescono a svolgere più efficacemen-te dei poteri pubblici.

La sussidiarietà in senso verticale riguarda le relazioni tra pubblici poteri. In tale pro-spettiva funziona come un raccordo di equilibrio tra la supremazia dell’Europa nei con-fronti degli Stati e il presidio di sovranità degli Stati nei confronti dell’Europa 25.

Per il principio di proporzionali tà , il contenuto e la forma dell’azione dell’Unio-ne si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati 26.  

24 Nel senso orizzontale (c.d. su s s id i a r i e t à or i z zonta l e ), il principio delimita e protegge la sfera del-l’autonomia dei privati dall’intervento pubblico: l’intervento dei pubblici poteri ha ragione di svolgersi quando determinate esigenze non sono realizzabili attraverso l’azione dei privati.

Il principio ha trovato applicazione interna con la riforma dell’art. 118 Cost., ad opera della L. cost. 18.10.2001, n. 3, secondo cui Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. In specifici settori è previsto l’intervento pubblico quando l’azione privata non si mostri in grado di realizzare interessi di carattere generale (c.d. privato sociale o terzo settore).

25 Nel senso verticale (c.d. su s s id ia r i e tà ve r t i ca l e ), il principio ha la funzione di ripartizione dei poteri tra le diverse istituzioni, rilevando come sussidiarietà verticale c.d. ascendente. Si peraltro è ricorsi all’immagine dell’ascensore per risultare il principio in grado sia di limitare la competenza degli Stati quando la relativa azio-ne non si riveli in grado di raggiungere un obiettivo del Trattato, sia di limitare la competenza delle istituzioni europee quando l’azione degli Stati emerga come idonea a raggiungere gli obiettivi europei, con la conse-guenza di dovere ricercare in concreto l’equilibrio tra i due possibili sensi vettoriali.

Il principio ha trovato applicazione interna specie con la L. cost. 18.10.2001, n. 3. L’art. 120 Cost., nel fissare le materie in cui il Governo può sostituirsi ad organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni (tra l’altro per mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria), richiede che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

26 Il principio è stato più volte affermato dalla giurisprudenza comunitaria. Ad es., con riguardo all’ap-plicazione dell’art. 8, n. 2, della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti dell’uomo, si tratta di verificare quali interessi debbano essere presi in considerazione e reciprocamente ponderati per valutare la necessità di un’ingerenza nel diritto fondamentale al rispetto della vita familiare, garantito dalla Convenzione. Trattandosi di espulsione di immigrati, bisogna valutare il tipo e la gravità del delitto commesso, la durata del soggiorno e il livello di integrazione nel paese dal quale si viene espulsi, la cittadinanza dell’interessato, la situazione fami-liare nonché le eventuali difficoltà dell’interessato e dei suoi familiari nel paese d’origine dell’interessato. Fondamentali Corte giust. 26-11-2002, causa C-100/01; Corte giust. 11-7-2002, causa C-60/00.

Si tende a dilatare l’applicazione del principio di proporzionalità anche in sede interna, con riguardo  

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68 PARTE I – ORDINAMENTO GIURIDICO

b) Le fonti del diritto derivato (c.d. secondario), già regolate dall’art. 249 del Tratta-to CE, sono state confermate dal Trattato di Lisbona, che vi ha apportato le precisazioni emerse nella giurisprudenza della Corte di giustizia. Per l’art. 288 Tratt. funz. UE, per esercitare le competenze dell’Unione, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, deci-sioni, raccomandazioni e pareri.

Il regolamento ha portata generale: è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, anche in deroga a leggi nazio-nali incompatibili. Non necessita dunque di un atto di adattamento dell’ordinamento interno 27. Spesso convenzioni internazionali sono trasfuse in regolamenti.

La direttiva è, di regola, un atto normativo sfornito di immediata applicabilità: vincola lo Stato membro cui è rivolta relativamente al risultato da raggiungere 28, ri-chiedendosi a tale scopo un atto di adattamento dell’ordinamento interno 29, restando salva la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi di attuazione. Con l’attuazione della direttiva si realizza una efficacia della stessa nei rapporti tra cit-tadini (c.d. efficacia orizzontale).

La Corte di giustizia, al fine di favorire l’operatività del diritto europeo nei casi in cui lo Stato ne ritardi l’attuazione, ha ritenuto che, se la direttiva è precisa e priva di condizioni relativamente alla fattispecie e alla disciplina (c.d. “direttive dettagliate”), la relativa normativa è immediatamente operante e vincolante (autoesecutiva) 30, ha cioè

 

all’esercizio della potestà legislativa e in riferimento al criterio del buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.); in tal guisa la pubblica amministrazione, nell’adottare provvedimenti di ordine pubblico, deve operare in modo tale che siffatti provvedimenti siano idonei a garantire la realizzazione dello scopo perseguito e non eccedano quanto necessario per raggiungerlo. Il principio si connette ad un fondamenta-le e generale criterio di razionalità e adeguatezza del mezzo utilizzato rispetto allo scopo perseguito, ed è oggi confermato nel diritto interno dalla clausola di formale recezione dei principi comunitari ex art. 11 L. 241/1990 (come novellato dalla L. 15/2005). Per Cons. Stato 17-4-2007, n. 1736, il principio di propor-zionalità, che investe “lo stesso fondamento dei provvedimenti limitativi delle sfere giuridiche dei cittadini e non solo la graduazione della sanzione”, assume nell’ordinamento interno lo stesso significato che ha nel-l’ordinamento comunitario; nel sistema antitrust, articolato su due piani, nazionale e comunitario, il sud-detto principio si articola “nei tre distinti profili della idoneità, necessarietà e adeguatezza”.

27 Gli artt. 223 ss. Tratt. funz. UE fissano le Istituzioni dell’Unione, individuate in Parlamento europeo, Con-siglio europeo, Commissione, Banca centrale europea, Corte dei conti e Corte di giustizia dell’Unione europea, alla quale ultima è conferito il controllo del rispetto del diritto dell’Unione e dunque anche dei “diritti fonda-mentali” da parte del diritto derivato.

28 Il giudice nazionale deve disapplicare ogni contraria disposizione di legge nazionale quando il termine di trasposizione della direttiva non è ancora scaduto (Corte giust. CE 22-11-2005, causa C-144/04).

29 Indirizzo inaugurato da Corte giust. CE 26-2-1986, nella causa n. 152/84, e sempre seguito. Si è chiarito da Cass. 9-11-2006, n. 23937, che la giurisprudenza della Corte di giust. (vincolante per i giudici nazionali) non ha affatto superato il principio che le direttive obbligano esclusivamente gli Stati alla loro attuazione me-diante strumenti normativi interni (talché l’applicazione delle loro disposizioni ai singoli è soltanto l’effetto indiretto delle disposizioni interne che le recepiscono), ma ha, più limitatamente, stabilito che lo Stato non può opporre ai singoli l’inadempimento, da parte sua, degli obblighi impostigli dalla direttiva, per cui esso risponde, nei loro confronti, dei danni derivanti da tale inadempimento.

30 Secondo Corte cost. 18-4-1991, n. 168, occorre far riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia CE, secondo cui la diretta applicabilità, in tutto od in parte, delle direttive comunitarie non di-scende unicamente dalla qualificazione formale dell’atto fonte, ma richiede ulteriormente che la prescri-zione sia incondizionata (sì da non lasciare margine di discrezionalità agli Stati membri nella loro attuazio-ne) e sufficientemente precisa (nel senso che la fattispecie astratta ivi prevista ed il contenuto del precetto ad essa applicabile devono essere determinati con compiutezza, in tutti i loro elementi), e che inoltre lo  

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CAP. 3 – FONTI ED APPLICAZIONE DEL DIRITTO 69

efficacia diretta (self-executing): opera però nei rapporti tra cittadini e stato (efficacia verticale), non nei rapporti tra cittadini (efficacia orizzontale).

Se lo Stato omette o ritarda l’attuazione della direttiva nel proprio ordina-mento e la direttiva non è autoesecutiva, lo Stato è obbligato al risarcimento dei danni nei confronti del cittadino danneggiato dalla mancata o ritardata trasposi-zione (per inadempimento di obbligazione ex lege) 31.

La decis ione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari designati. La raccomandazione e il parere non sono vincolanti. Per l’art. 19 Tratt. UE e l’art. 267 Tratt. funz. UE la Corte di giustizia dell’Unione eu-

ropea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, su richiesta delle giurisdizioni nazionali: a) sull’interpretazione del diritto dell’Unione; b) sulla validità e l’interpreta-zione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione (c.d. rinvio pregiudiziale). È cioè consentito ad una giurisdizione nazionale di interrogare la Corte di giustizia dell’Unione Europea sull’interpretazione o sulla validità del diritto eu-ropeo nell’ambito di un contenzioso in cui tale giurisdizione venga coinvolta; è anche ammesso il rinvio pregiudiziale d’urgenza per determinate materie (III, 1.8). È un im-portante strumento di dialogo tra giudici nazionali e europei che agevola la sicurezza giuridica tramite un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione europea. È andato an-che affermandosi un generale dovere del giudice nazionale di tutelare i diritti attribuiti dalla normativa europea, sia con il disapplicare le disposizioni contrastanti della legge in-terna, anteriore o posteriore, sia con l’interpretare il diritto nazionale alla luce della lette-ra e dello scopo del diritto europeo 32; e a ciò sono tenute anche le corti nazionali di ul-  

Stato destinatario – nei cui confronti il singolo faccia valere tale prescrizione – risulti inadempiente per essere inutilmente decorso il termine previsto per dare attuazione alla direttiva.

31 Per Cass., sez. un., 17-4-2009, n. 9147, in caso di omessa o tardiva trasposizione nel termine prescritto di direttive comunitarie non autoesecutive, sorge, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia, il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto allo schema della responsa-bilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, quale responsabilità contrattuale, di natura in-dennitaria, dovendosi considerare la condotta dello Stato inadempiente come antigiuridica nell’ordinamento comunitario ma non anche alla stregua dell’ordinamento interno; il relativo risarcimento, avente natura di credito di valore, non è subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa e deve essere determinato, con i mezzi offerti dall’ordinamento interno, in modo da assicurare al danneggiato un’idonea compensazione della perdita subita in ragione del ritardo oggettivamente apprezzabile, restando assoggettata la pretesa risarcitoria all’ordinario termine decennale di prescrizione. Conformi Cass.12-2-2015, n. 2737; Cass. 10-3-2010, n. 5842. Non convince peraltro il doppio grado di valutazione del comportamento dello Stato (antigiuridico per l’ordinamento europeo e non per quello interno): l’antigiuridicità nel primo ordinamento si comunica nel secondo, essendo la normativa europea all’apice dello stesso ordinamento nazionale.

Si è chiarito da Cass. 17-5-2011, n. 10813, che il termine decennale di prescrizione del diritto al risarci-mento inizia a decorrere dal giorno in cui entra in vigore la normativa italiana di recepimento; se lo Stato non provvede alla trasposizione dell’atto UE, non potrà essere applicato alcun termine di prescrizione. Più flessi-bile si è mostrata Corte giust. UE 19-5-2011, causa C-452/09, secondo cui, in virtù del principio di equivalen-za e effettività, il termine di prescrizione può essere calcolato anche prima del recepimento della direttiva a condizione che lo Stato non sia responsabile dei ritardi nell’azionabilità dei ricorsi; è irrilevante il preliminare accertamento da parte della Corte UE della violazione dello Stato nei casi in cui la violazione sia evidente.

32 Quanto ai Trattati, i giudici nazionali sono tenuti a disapplicare il diritto interno in contrasto con quello comunitario, sicché la c.d. questione di compatibilità comunitaria costituisce un prius logico e giuridico rispetto alla questione di costituzionalità investendo la stessa applicabilità della norma censurata (Corte cost., ord. 4-7-2007, n. 284). In particolare, in base al principio iura novit curia, è “rilevabile d’ufficio la questione di com-patibilità di una norma interna con l’ordinamento comunitario”, anche se occorre distinguere se l’accertamento