Operazione Walkiria - La Tana Del Lupo

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l l a a t t a a n n a a d d e e l l l l u u p p o o O O p p e e r r a a z z i i o o n n e e W W a a l l k k i i r r i i a a Come si può osservare nella sottostante cartina, durante la guerra furono parecchi i luoghi che Hitler scelse come quartier generale per dirigere le operazioni al fronte. Tra tutti, uno in particolare è passato alla storia: quello di Rastenburg, meglio conosciuto come "tana del lupo".

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Breve storia dell'operazione Walkiria e della Tana del Lupo, quartier generale di Hitler sul fronte orientale.

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OOppeerraazziioonnee WWaallkkiirriiaa

Come si può osservare nella sottostante cartina, durante la guerra furono parecchi i luoghi che Hitler scelse come quartier generale per dirigere le operazioni al fronte. Tra tutti, uno in particolare è passato alla storia: quello di Rastenburg, meglio conosciuto come "tana del lupo".

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In vista dell’imminente attacco all’Unione Sovietica, per ospitare lo stato maggiore delle forze armate tedesche venne scelta la foresta di Goerlitz (ora Gierloz), vicino a quella che era la città più orientale della Germania, Rastenburg (oggi Ketrzyn). Una località isolata, vicina al confine sovietico, completamente immersa in una fitta vegetazione e difficilmente accessibile per via dei laghi e delle paludi che la circondano. Scelta che sembrava ideale per un gigantesco complesso di bunker che doveva essere completamente mimetizzato e non rintracciabile con i sopraluoghi aerei. L’Organizzazione Todt, incaricata della realizzazione dei lavori, non ci mise molto a portare a termine il progetto: iniziato nel 1940, il nuovo quartier generale fu costruito in condizioni di grande segretezza e divenne pienamente operativo all’inizio dell’estate successiva, giusto in tempo per l’inizio delle operazioni belliche sul fronte orientale. Il fuhrer vi si trasferì in pianta stabile fin dall’inizio dell’Operazione Barbarossa, il 22 giugno 1941, rimanendovi pressoché ininterrottamente fino al 20 novembre 1944, quando dovette forzatamente far ritorno a Berlino a causa dell’inesorabile avanzata dell’armata rossa.

La “Wolfsschanze” doveva essere innanzi tutto un luogo sicuro, un fortino inespugnabile, ed in nome della sicurezza si presero tutte le precauzioni possibili. Distribuito su una superficie di circa 3,5 km quadrati (2,5 km da ovest a est e 1,5 km da nord a sud per complessivi 350 ettari circa), il gigantesco quartier generale sembrava un normalissimo villaggio di piccoli anonimi edifici di legno ma in realtà era un coacervo di bunker (abilmente camuffati sul tetto in modo da non essere riconoscibili dall’alto), gallerie, trincee, filo spinato, campi minati,

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postazioni anti-aeree e torri di guardia inghiottiti da una fitta vegetazione. Un luogo costantemente in penombra, ben difeso ed accessibile solo agli utilizzatori ma con una logistica perfetta per uomini e mezzi, con tanto di strade, scalo ferroviario ed addirittura una piccola e ben nascosta pista di atterraggio nelle vicinanze in grado di garantire i collegamenti con Berlino, con cui Hitler era continuamente in contatto tramite una linea telefonica diretta. Insomma, un quartier generale a prova di intruso, tant’è vero che il pericolo maggiore proverrà non dall’esterno ma dall’interno.

Mappa 1:25000 del sito con in evidenza il bunker di Hitler

Per tutto il tempo che restò a Rastenburg, Hitler trascorse le giornate tra una riunione militare e l’altra, dalla mattina fino a notte inoltrata, Una vita ben diversa da quella cui era abituato a Berlino, lontano dagli sfarzi e dagli svaghi della capitale dove il fuhrer, dopo essersi svegliato in tarda mattinata, poteva permettersi il lusso di dedicare ore ed ore alla nullafacenza più assoluta trascurando il lavoro e gli impegni di governo. Solo ogni tanto interrompeva la routine con occasionali viaggi a Berlino o al suo cottage nel Berghof, sui monti della Baviera, per risollevarsi un po’ dal malumore per le poco confortanti notizie che ogni giorno giungevano dal fronte.

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Ma non era solo Hitler a soffrire per quella permanenza forzata in una foresta acquitrinosa e dall’aria insalubre. La situazione non piaceva granché neppure ai vertici nazisti, costretti a soggiornare in alloggi spartani e tutt’altro che confortevoli, arredati con il minimo indispensabile. Neppure al fuhrer erano riservate particolari comodità: il suo alloggio si distingueva dagli altri solo per un ritratto di Federico il grande, alcune foto di Eva Braun ed una di Greta Garbo.

Modello del bunker di Hitler

Dopo aver lasciato la “Wolfsschanze”, le cose di certo non migliorarono per il fuhrer: il grigiore del suo quartier generale lasciò infatti il posto all’ancor più deprimente bunker della cancelleria, dove quello che era ormai solo più un ex signore della guerra padrone incontrastato della Germania e dell’Europa trascorse, seppellito come un morto vivente, le ultime giornate della propria vita.

Incontri e riunioni presso la Wolfsschanze

Dopo essere stata abbandonata dal fuhrer, la "tana del lupo" sopravvisse fino al 24 gennaio del 1945, quando venne distrutta dalla Wehrmacht in ritirata per impedire che l’armata rossa in avvicinamento potesse prenderne il controllo. Oggi tutta la zona, è diventata una specie di museo a cielo aperto, molto frequentata da nostalgici e curiosi ma soprattutto dalle migliaia di turisti che ogni anno vi passano causalmente nel corso del loro soggiorno nelle selvagge terre dei laghi

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della Masuria. In realtà non è rimasto molto da vedere perché ben poco è sopravvissuto alla demolizione. Ma i ruderi, in certi casi pericolanti, dei bunker e delle altre installazioni hanno col tempo acquisito nella loro spettralità un fascino del tutto particolare che contribuisce a ricreare quell’atmosfera cupa e tetra che presumibilmente si doveva respirare ai tempi della seconda guerra mondiale. E per non dimenticare chi ha avuto il coraggio di ribellarsi alla follia suicida di un fuhrer ormai accecato dalle proprie fobie belliche, vicino all’entrata è stato recentemente posto un piccolo monumento dedicato al coraggio ed allo zelo dei partecipanti Operazione Valchiria.

Monumento ai partecipanti all’ Operazione Valchiria

Mappa del sito oggi

la piccola stazione

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L'attentato ad Hitler - Operazione Valchiria

Il 20 luglio 1944 alle 12,42 la Wolfsschanze fu scossa da una spaventosa

deflagrazione: una fiammata e una nube di fumo si alzano dalla baracca dove si

teneva la riunione dello Stato Maggiore tedesco. Si sentivano i lamenti dei feriti,

qualcuno era stato proiettato fuori dalle finestre aperte, altri giacevano senza

vita. Cos’era accaduto? In quella sala riunioni, la Lagebaracke, il fuhrer era

appena scampato miracolosamente all’attentato organizzato ed eseguito dal

colonnello Stauffenberg, che molto abilmente era riuscito a posizionare una

bomba sotto il tavolo delle riunioni. Se avesse funzionato, la guerra sarebbe finita

parecchi mesi in anticipo risparmiando migliaia di vite. Ma qualcosa non

funzionò e la belva assetata di sangue divenne ancor più feroce.

La stanza dell’attentato

L’idea di assassinare Hitler per porre fine alla tirannia non era certo nuova ma è

solo dopo la disfatta di Stalingrado che essa si fa avanti anche in seno all’esercito,

sempre più convinto che la guerra fosse ormai perduta e che fosse del tutto inutile

continuare a sacrificare i propri uomini per un fine irraggiungibile. Già da

prima, però, non tutti tra i vertici militari erano d’accordo con la politica estera

aggressiva di Hitler, certi che la Germania non potesse permettersi una guerra

contro gli Alleati occidentali. I primi significativi dissensi al regime hitleriano in

ambito militare iniziarono sommessamente a manifestarsi sin dal 1937, quando

gruppi dell'Abweher (il servizio informazioni dell’esercito) e dello Heer (forze

armate di terra) cominciarono a pianificare un rovesciamento del regime

stabilendo contatti con numerose autorità civili. Nel 1937 il generale Hans Oster

aveva progettato di rovesciare Hitler con la complicità del conte Hans-Jürgen

von Blumenthal e di altri ufficiali che avrebbero dovuto marciare all'interno

della Cancelleria del Reich ed arrestarlo; il piano venne però cancellato quando

il Primo Ministro del Regno Unito Neville Chamberlain decise di adottare una

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politica di “appeasement” nei confronti della Germania nazista per evitare la

guerra. Nel 1938 il generale Ludwig Beck, capo di stato maggiore dal 1935, da

sempre avversario del nazismo, dopo l'Anschluss (l'annessione dell'Austria alla

Germania) si dimise per protesta. Anche il capo del II Gruppo d'Armate Erwin

von Witzleben (poi nominato federmaresciallo nel 1940 dopo la campagna di

Francia), nonostante fosse uno dei generali più in vista della Wehrmacht , mostrò

sempre una certa ostilità verso il regime nazista e nel 1938 partecipò alla

definizione di un piano d'azione per attuare un colpo di stato in occasione della

crisi dei Sudeti e dell’occupazione cecoslovacca. L'opposizione in ambito militare

crebbe mano a mano che le sorti del conflitto volgevano a sfavore della Germania

ma l’idea che si dovesse giungere ad una pace separata con gli Alleati per

evitare una possibile distruzione del paese non si manifestò mai apertamente e

rimase sommersa nello scontento degli alti ufficiali che, in virtù del giuramento di

fedeltà prestato direttamente al Fuhrer e non allo Stato, non potevano ribellarsi

senza rischiare la fucilazione per altro tradimento.

generale Hans Oster generale Ludwig Beck Erwin von Witzleben

Nel 1942 il colonnello Henning von Tresckow, membro dello Stato Maggiore del

Gruppo d’Armate Centro (Heeresgruppe Mitte, una unità speciale costituita

nell’ambito della preparazione dell’’Operazione Barbarossa comandata dal

feldmaresciallo Fedor von Bock) formò un nuovo gruppo di cospiratori che

divenne presto il centro nevralgico di una resistenza sempre più attiva.

La notevole protezione di cui godeva Hitler rappresentava però un notevole

problema per la progettazione e l'attuazione di un eventuale attentato. Già tre

tentativi di Tresckow si erano rivelati infruttuosi. Il 17 febbraio 1943 a Zaporija,

nel quartier generale dell'Heeresgruppe Süd in Ucraina, l’iniziativa fallì a causa

dell'opposizione del feldmaresciallo Erich von Manstein, comandante dell'XI

Armata . Il 13 marzo dello stesso anno il tentativo di assassinare il Fuhrer a

Smolensk in Russia durante la sua visita allo stato maggiore dell'Heeresgruppe

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Mitte fallì per pura sfortuna: il pacchetto consegnato dal colonnello Fabian von

Schlabrendorff ad un ufficiale dello stato maggiore che viaggiava in aereo con

Hitler, ufficialmente contenente alcoolici ma provvisto invece di due piccole

cariche esplosive sufficienti per fare precipitare l'aereo, non esplose. La settimana

dopo, Il 21 marzo, a Berlino fallì anche il terzo tentativo: quando al

colonnello Rudolf Christoph Freiherr von Gersdorff fu dato incarico di

accompagnare Hitler ad una mostra di materiale bellico catturato al nemico,

Tresckow gli chiese se fosse disponibile a sacrificarsi facendosi saltare in aria

mentre si trovava accanto a lui ricevendone l'assenso, ma la visita del Führer si

svolse così rapidamente da non consentire l’azionamento delle spolette

costringendo von Gersdorff ad uscire per disinnescarle.

Henning von Tresckow Fabian von Schlabrendorff R.C.Freiherr von Gersdorff

Fu l'adesione del generale Friedrich Olbricht, capo dell'Ufficio di Ricollocamento

delle Forze Armate presso l’OKW (l’alto comando cui spettava la direzione

strategica della guerra con l’incarico di trasformare le indicazioni di Hitler in

direttive per i comandi delle tre armi), controllore di un sistema indipendente di

comunicazione delle unità di riserva in tutta la Germania, a gettare le basi per

l'attuazione di un colpo di Stato. L'idea nacque infatti in un incontro avvenuto

nel settembre del 1943 nel suo appartamento con il feldmaresciallo Günther von

Kluge, il generale a riposo Ludwig Beck ed il dottor Carl Friedrich Goerdeler, da

sempre uno dei maggiori oppositori alla politica nazista. Incontro sollecitato dal

feldmaresciallo von Kluge, all’epoca comandante dell’Heeresgruppe Mitte

sul fronte orientale, fortemente preoccupato per l'andamento della guerra e

dell'impossibilità di proseguirla, quanto meno su due fronti. Per impedire la

distruzione del paese e l'invasione sovietica della Germania occorreva prendere

rapidamente dei provvedimenti ma per farlo era indispensabile eliminare Hitler

dalla scena politica e militare. Una soluzione drastica che per ovvie ragioni non

si poteva discutere con chiunque ma solo con interlocutori altamente fidati che

già si fossero spesi in passato per metterla in pratica. Un’impresa quasi

impossibile, perché le possibilità di realizzare un attentato diventavano sempre

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più remote in quanto Hitler non appariva quasi più in pubblico e raramente si

spostava dal suo quartier generale nella Prussia Orientale per recarsi a Berlino o

altrove. La sorveglianza si stava facendo inoltre sempre più stretta perché

Himmler e la Gestapo da tempo nutrivano sospetti sull’esistenza di un possibile

complotto contro il Fuhrer da parte degli ufficiali dello Stato maggiore generale.

generale Friedrich Olbricht feldm. Günther von Kluge dt. Carl Friedrich Goerdeler

Ne scaturì, su proposta del Generale Olbricht, quella che sembrava essere l’unica

soluzione possibile. Si trattava di un riadattamento di un piano operativo che già

esisteva da tempo, elaborato dai militari per rispondere all'evenienza di una

grave emergenza di Stato: la cosiddetta “Operazione Valchiria”. Passata allo

storia come atto finale di un tentativo di colpo di stato da attuarsi dopo

l’assassinio del Furher, l’“Operazione Valchiria” è in realtà un piano ben più

vecchio che prevedeva l’uso dell’esercito territoriale (l'Ersatzheer, le riserve della

Wehrmacht) per riportare l'ordine, in patria e nei territori occupati, con qualsiasi

mezzo in caso di rivolta dei milioni di lavoratori forzati occupati nelle fabbriche

tedesche, che, dopo i bombardamenti e le conseguenti distruzioni delle città,

sarebbero presumibilmente sfuggiti al controllo. Invece di essere usato per la

minaccia preventivata, secondo Olbricht il consistente esercito di riserva (che

contava oltre 2 milioni di unità) avrebbe potuto essere utilizzato dopo la morte

del Furher contro le SS ed i vertici del partito per impedire tempestivamente ogni

reazione che avrebbe potuto ostacolare la formazione di un nuovo governo

controllato dai militari e la successiva firma di un armistizio che ponesse

definitivamente fine alla seconda guerra mondiale. Ma per farlo occorrevano gli

uomini giusti al posto giusto, soprattutto ai vertici dell’esercito di riserva. Uno di

questi poteva sicuramente essere il giovane ufficiale Claus Schenk von

Stauffenberg, recentemente promosso colonnello ed assegnato all’Alto Comando.

Tresckow incontrò per la prima volta Stauffenberg nell'agosto 1943, quando

ancora era in convalescenza per le gravi ferite riportate in Africa. Il 7 marzo era

infatti rimasto gravemente ferito in Tunisia durante un attacco aereo inglese,

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dove perse la mano destra, due dita della mano sinistra e l'occhio destro, ferite

che gli valsero la promozione a colonnello ed il trasferimento presso l’Alto

Comando. Von Stauffenberg era un conservatore nazionalista e cattolico di nobili

origini (con tanto di titolo ti conte) che sin dall'inizio del 1942 condivideva il

pensiero, largamente diffuso tra gli ufficiali dell'esercito, che il proseguimento

della guerra avrebbe portato la Germania al disastro e che Hitler andava rimosso

dal potere a tutti i costi.

Claus Schenk von Stauffenberg

I suoi scrupoli religiosi non gli consentivano però di pensare all’assassinio come

modo per raggiungere lo scopo, ma la carneficina che accompagnò la disfatta di

Stalingrado gli fece presto cambiare idea. Contattato da Tresckow e dai

cospiratori, accettò di unirsi a loro nel complotto e nel mese di ottobre il generale

Olbricht ne ordinò il trasferimento presso il suo ufficio

come capo di stato maggiore dell'esercito territoriale della

Riserva di Berlino alle sue dirette dipendenze. Forte della

sua nuova posizione, Von Stauffenberg elaborò assieme a

von Tresckow ed al maggiore Hans-Ulrich von Oertzen

(ufficiale di collegamento presso il comando del gruppo di

difesa III di Berlino) la strategia da seguire nei minimi

dettagli. Partendo dall’idea iniziale del generale Olbricht,

furono introdotti nuovi ordini supplementari al piano

originale, programmando di far scattare l'Operazione

Valchiria nelle ore immediatamente successive ad un

attentato che provocasse la morte del Fuhrer, movente più che giustificato per

provvedere alla mobilitazione della milizia territoriale che avrebbe dovuto

riportare sotto controllo la situazione nella capitale dopo il caos che si sarebbe

creato al diffondersi della notizia della morte di Hitler.

All’attentato avrebbe provveduto lui stesso, che come comandante della Riserva

aveva libero accesso alle riunioni informative dell’OKW presso il quartier

generale del Furher a Rastenburg o nella residenza di Berchtesgaden. A cose

fatte, il colonnello avrebbe dovuto poi avvisare per telefono i complici del

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complotto al Ministero della Guerra (Blenderblock) a Berlino e raggiungerli per

via aerea subito dopo per mettersi al comando della milizia che doveva

provvedere agli arresti della vecchia classe dirigente. Nel frattempo a Berlino gli

altri cospiratori avrebbero dovuto prendere il controllo dei principali mezzi di

comunicazione per diffondere la notizia dell'avvenuta morte del Fuhrer e della

formazione del nuovo governo, nominando il generale Ludwig

Beck capo provvisorio dello stato, l’ex sindaco di Lipsia dottor

Carl Friedrich Goerdeler cancelliere, ed il feldmaresciallo

Erwin von Witzleben comandante supremo delle forze armate

che avrebbero così preso il controllo militare dell'intera

Germania. Partito l’ordine della mobilitazione generale, in

tutto il Reich le milizie territoriali delle varie province e delle

zone occupate avrebbero dovuto provvedere alla sostituzione

dei vertici nazisti con i nuovi uomini di fiducia

preventivamente scelti tra i cospiratori, soprattutto nella

Prussia orientale dove aveva sede, come ministro dell’interno, il quartier generale

di Himmler, capo delle SS e della Gestapo.

L'operazione Valchiria poteva però essere messa in atto esclusivamente dal

generale Friedrich Fromm, comandante dell'esercito

territoriale, che andava convinto a partecipare alla

congiura oppure arrestato insieme agli altri funzionari

governativi ed ai militari fedeli ad Hitler. Il generale

Fromm era a conoscenza del complotto e fino ad allora

non aveva fatto nulla per fermarlo, suscitando tra i

congiurati la convinzione che avrebbe continuato a non

far nulla per ostacolarlo. Tuttavia egli aveva condizionato

la sua adesione alla riuscita del colpo di Stato, ossia non ne

avrebbe preso parte fino a quando il successo

dell’iniziativa non fosse stato assicurato. Era lecito

aspettarsi, dunque, che in caso di fallimento si

sarebbe schierato contro i partecipanti rifiutandosi

di inoltrare gli ordini operativi relativi al piano, che

molti comandanti dei distretti periferici senza un

suo ordine diretto non avrebbero mai eseguito. Il

ruolo di Stauffenberg, esecutore materiale

del’attentato, e del generale Erich Fellgiebel, capo

ufficio segnalazioni che avrebbe dovuto telefonare a

Berlino per dare la notizia della morte di Hitler, era dunque fondamentale per la

riuscita del piano. La verifica e la diffusione della morte di Hitler erano fatti

essenziali per procedere alla fase successiva, perché se l'attentato fosse fallito le

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possibilità di iniziare l'operazione Valchiria sarebbero state praticamente

inesistenti. Inoltre occorreva fare in fretta: se gli ordini non fossero partiti in

tempo ed il controllo delle comunicazioni non avesse funzionato, lo stato

maggiore di Hitler avrebbe avuto tutto il tempo di emanare i relativi

contrordini.

L’ora della disfatta era vicina e ciò, almeno in teoria, facilitò il convincimento di

molte alte cariche militari sulle linee del fronte. Tra questi il

feldmaresciallo Erwin Rommel, reduce delle sconfitte appena

subite in Francia dopo lo sbarco degli alleati il 6 giugno sulle

coste della Normandia. Informato dal generale Hans Speidel

dei preparativi di un attentato al Führer, aveva

formalmente aderito al complotto, anche se nulla fu deciso

riguardo alla sua posizione nel nuovo governo. La notizia

rafforzò però la determinazione dei congiurati, perché

Rommel godeva di grande popolarità e

stima in tutta la Germania anche da

parte della popolazione e la sua presenza avrebbe potuto

spostare l'equilibrio del consenso a favore dei congiurati.

Aveva solo qualche dubbio sull’opportunità strategica

dell’attentato, perché secondo lui uccidere Hitler ne

avrebbe fatto un martire e sarebbe stato preferibile

arrestarlo processarlo davanti a un tribunale militare per i

suoi molteplici crimini. Altra acquisizione importante fu

l’aggiunta tra le fila dei congiurati del generale Carl-

Heinrich von Stülpnagel, comandante militare in Francia, che dopo la morte di

Hitler avrebbe preso il controllo di Parigi con l'intento di negoziare l’armistizio

con le forze Alleate.

L’ occasione per attuare il piano si presentò il 20 luglio 1944, quando von

Stauffenberg venne convocato alla Wolfsschanze per riferire sulle divisioni che la

milizia territoriale stava creando in previsione dell'avanzata sovietica. Prima di

presentare il suo rapporto alla riunione quotidiana di Hitler con il suo stato

maggiore all'interno del bunker di cemento dove usualmente si tenevano gli

incontri, il colonnello avrebbe dovuto posizionare vicino al Fuhrer la valigetta

contenente una bomba con innesco a tempo ed uscire con un pretesto, attendendo

dall’esterno l'esplosione per poi fare velocemente ritorno a Berlino dove, dal

Bendlerblock (l'edificio del ministero della guerra eletto a quartier generale della

cospirazione), si sarebbe stato dato il via all'operazione Valchiria. Già la

settimana prima, il 14 luglio, aveva fatto un tentativo, ma all’ultimo minuto

Hitler venne chiamato fuori dalla stanza ed il piano non scattò. Questa volta gli

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ordigni erano addirittura due, chiusi nelle borse di Stauffenberg e del tenente

Werner von Haeften che lo accompagnava (assieme al generale Hellmuth Stieff),

contenenti ciascuna circa un chilogrammo di esplosivo al plastico avvolto in una

carta di colore marrone. L’esplosivo avrebbe dovuto innescarsi a tempo

attraverso un detonatore formato da una sottile molla di rame che sarebbe stata

silenziosamente corrosa da un acido contenuto in una fialetta da rompersi

manualmente al momento opportuno. Giunti a

Rastenburg, von Haeften ordinò al pilota di

tenersi pronto a ripartire per la capitale da

mezzogiorno in poi e, lasciato il piccolo

aeroporto, i tre si diressero in automobile alla

Wolfsschanze. Il dispositivo di sorveglianza del

quartier generale di Hitler era formato da tre

anelli, difesi da campi minati, casematte e da

una barriere di filo spinato, superabili

attraverso tre posti di blocco ai quali

dovevano presentare il lasciapassare, valido

una sola volta, ed essere perquisiti da un

ufficiale delle SS. I due cospiratori, convocati personalmente da Hitler, riusciron0

ad oltrepassare molto facilmente la sorveglianza e si presentarono a rapporto

all'interno della "tana del lupo" verso le 11 del mattino. La riunione in cui avrebbe

dovuto essere presente il Führer era in programma per le 13.00.

Hitler con Goebles e Goering

Dopo una breve colazione, i due ufficiali si recarono dal generale Fellgiebel che,

insieme al generale Stieff, avrebbe dovuto trasmettere la notizia della morte di

Hitler e, immediatamente dopo, bloccare qualunque comunicazione verso

l'esterno per dare tempo ai cospiratori di avviare l'operazione Valchiria. Poco

dopo le 12:00, von Stauffenberg si recò dal feldmaresciallo Wilhelm Keitel, capo

del’OKW, per sottoporgli il contenuto della sua relazione ottenendone

l'approvazione. In quell’occasione venne informato che la riunione sarebbe stata

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anticipata alle 12.30 per via dell'arrivo di Benito Mussolini che sarebbe giunto in

visita nel pomeriggio. Un fuori programma che scombussolava non poco piani

perché rendeva necessario iniziare subito l'operazione di innesco degli ordigni.

Von Stauffenberg chiese così al feldmaresciallo il permesso di ritirarsi per qualche

minuto per lavarsi e cambiarsi la camicia, chiedendo di essere accompagnato dal

suo attendente il cui nervosismo rischiò tra l’altro di compromettere l’intera

operazione. Mentre von Stauffenberg era a colloquio con gli ufficiali, egli aveva

infatti lasciato incustodito su di una scrivania l'esplosivo, avvolto in una camicia

e visibile attraverso la borsa, tanto da attirare l’attenzione di un sottufficiale

delle SS che gli chiese di cosa si trattasse. Solo l’improvviso arrivo di von

Stauffenberg risolse in extremis la situazione evitando con una scusa ulteriori

approfondimenti. Una volta rimasti soli, i due iniziarono la preparazione dei

due ordigni ma, dopo l'innesco del primo, vennero richiamati dal feldmaresciallo

Keitel poiché la riunione era già iniziata.

Un sergente bussò alla porta e fece

ingresso nella stanza, vedendo i due

ufficiali manipolare un oggetto e, dopo che

Keitel replicò ad alta voce "Stauffenberg si

sbrighi", il sottufficiale si mise davanti alla

porta aperta rimanendovi fino a che il

colonnello non uscì con la borsa sotto il

braccio senza aver avuto il tempo di

innescare anche la seconda bomba. Per non attirare troppo l'attenzione su di sé

Stauffenberg aveva infatti rinunciato a proseguire i preparativi, convinto che il

calore prodotto dall'esplosione di uno degli ordigni avrebbe comunque fatto

deflagrare anche l’altro. Una volta diretto verso la sala riunioni, l'attendente di

Keitel cercò di prendergli la borsa per affrettarsi ma il colonnello non glielo

permise e percorse velocemente i 500 metri che separavano la baracca dove

aveva sostato dalla sala dov’era in corso la riunione. Qui ebbe una seconda

amara sorpresa: non si trattava del solito bunker di cemento, che avrebbe

amplificato la potenza dell'esplosione, ma di comune edificio in legno e mattoni

con larghe finestre protette da serrande in acciaio (aperte per via causa del caldo

opprimente di quel giorno), che al contrario avrebbe attutito l’onda d’urto che

dall’interno si sarebbe propagata verso l’esterno non essendovi le solide pareti in

calcestruzzo a contenerla. Von Stauffenberg iniziò a pensare che la carica potesse

essere insufficiente, ma a quel punto era impossibile fermarsi. All'interno

dell'edificio, il colonnello chiese all'attendente di Keitel di essere posizionato

vicino al Führer a causa dei suoi problemi di udito; l'ufficiale diede il suo assenso

ed appoggiò la cartella di von Stauffenberg dietro al tenente generale Adolf

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Heusinger, che in quel momento stava presentando il suo rapporto in merito al

fronte orientale. A quel punto si verificò probabilmente il terzo evento fortuito

che, più di tutti gli altri, contribuì a far fallire l’iniziativa: il colonnello Heinz

Brandt, che era in piedi accanto a Hitler, urtò inavvertitamente con il piede la

cartella che ricollocò subito dopo dietro la gamba del tavolo, vicino a sé,

allontanandola dal Fuhrer.

disposizione dei posti e della bomba al tavolo della riunione

Nella stanza si trovavano 24 persone ed il feldmaresciallo Keitel richiamò

l'attenzione di Hitler dicendogli che Stauffenberg era arrivato, ma questi, dopo

avere salutato il colonnello con un cenno del capo, rispose che lo avrebbe ascoltato

più tardi perché prima voleva lasciar finire Heusinger. Fu in quel momento che

von Stauffenberg chiese all'attendente di Keitel di potere uscire per fare una

telefonata ed i due lasciarono insieme la stanza. Giunti all'apparecchio telefonico,

il colonnello chiese di essere messo in

comunicazione con il generale Fellgiebel.

L'attendente fece immediatamente ritorno

nella stanza ed il colonnello e von

Stauffenberg fece finta di telefonare

sollevando e riagganciando il ricevitore per

uscire poi immediatamente dall'edificio.

Mentre stava percorrendo a piedi i circa 300

metri che lo separavano dall'automobile che lo attendeva, il generale Heusinger

stava terminando la sua relazione ed alle 12.42 la sua frase "se non facciamo

ritirare immediatamente il nostro gruppo di armate che si trova accanto al lago

Peipus, una catastrofe...", venne interrotta da una potente esplosione.

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Convinto che l'attentato fosse riuscito, Il colonnello, assieme al suo attendente von

Haeften, salì in macchina ed ordinò all'autista di partire. Ma nella confusione e

nella fretta non era riuscito a vedere nulla di quanto fosse realmente accaduto e

le cose in effetti non erano andate come sperato. L’esplosione uccise quattro

ufficiali, ma Hitler subì solo lievi ferite: a parte il viso annerito, i capelli arruffati

i calzoni a brandelli (la sua prima reazione è stata: “i miei calzoni nuovi...!”) ebbe

solo qualche escoriazione, alcune bruciature alla gambe e la perforazione del

timpano destro. Ne uscì quindi praticamente incolume al punto che fu

perfettamente in grado di ricevere alle 16.00 la visita di Mussolini (inizialmente

prevista per le 14,30).

Hitler dopo l’attentato

Che si fosse trattato di un attentato per uccidere il Fuhrer fu subito evidente ed i

colpevoli dovevano per forza essere ancora nei dintorni. Tutte le uscite dal

quartier generale vennero bloccate, ma alle 12.44 von Stauffenberg riuscì

ugualmente ad uscire per intercessione dell’ufficiale dello stato maggiore con cui

aveva fatto colazione, cui telefonò per convincere il sottufficiale di guardia a

lasciarlo passare nonostante gli ordini appena ricevuti di non far uscire nessuno.

Durante il tragitto all'aeroporto, von Haeften riuscì a liberarsi della seconda

bomba (che fu in seguito ritrovata dalla gestapo) ed entrambi si imbarcarono

sull'aereo messogli a disposizione dal generale Eduard Wagner, (anch'egli

partecipante al complotto) per fare ritorno a Berlino. Non ci volle molto per

scoprire chi fu l’esecutore materiale dell’attentato. Era evidente che i colpevoli

andavano ricercati tra coloro che parteciparono alla riunione e, a parte i morti,

solo uno mancava all’appello e si scoprì che addirittura era uscito dalla stanza

proprio qualche minuto prima dello scoppio. Ma ancora bisognava scoprire come

ci era riuscito e chi lo avesse aiutato.

Dopo l'esplosione, il generale Fellgiebel doveva informare Berlino dell'accaduto,

ma ebbe non poche difficoltà nel decidere quale segnale inviare, visto che non era

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stata contemplata l’ipotesi che la bomba scoppiasse senza uccidere Hitler, che lui

stesso aveva visto uscire barcollante dall'edificio distrutto appoggiato al braccio

del feldmaresciallo Keitel. Nell'impossibilità di contattare von Stauffenberg

(ormai uscito dal complesso), per metterlo al corrente che Hitler era ancora vivo,

si mise in contatto con l'ufficio del generale Olbricht a Berlino dicendo soltanto,

in modo molto generico per non compromettere nessuno, che "è successa una cosa

terribile, il Führer è vivo". In presenza solo di notizie così sommarie e confuse, la

milizia territoriale non venne messa in movimento fino all'arrivo a Berlino di

von Stauffenberg, che diede il via al piano comunicando a tutti i distretti la

morte del Führer, nonostante il rifiuto del generale Fromm a collaborare: poco

prima egli aveva infatti parlato personalmente con il feldmaresciallo Keitel

ricevendo la rassicurazione che il Führer era vivo e che in quel momento si

trovava in compagnia del Duce.

Hitler riceve il Duce alla stazione dopo l’attentato

Hitler con il Duce dopo l’attentato

Le operazioni rimasero sospese sin alle 16.00, ma mandarono avanti. Per radio

furono diramate le nomine per il nuovo governo, ma tali comunicazioni

iniziarono ad essere smentite dai messaggi che intanto stavano iniziando a

provenire da Rastenburg. La radio ed il quartier generale della Gestapo non

vennero occupati e tale esitazione, come la generale lentezza nell’attuare il

piano, furono fatali ai cospiratori.

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Verso le 18.00, il comandante del III gruppo della difesa, il generale Joachim von

Kortzfleisch, fu convocato al Bendlerblock ma si rifiutò di obbedire agli ordini di

Olbricht, sostenendo che il Führer non era morto. Arrestato e tenuto sotto

sorveglianza, al suo posto venne nominato il generale Karl Freiherr von

Thüngen, che però non fu in grado di mobilitare le sue truppe. Il generale Fritz

Lindemann, che avrebbe dovuto leggere alla radio un proclama al popolo tedesco,

non si presentò. Per contro, alle 18.45 la radio tedesca iniziò a diffondere

ripetutamente un messaggio che spiegava che il Führer era stato oggetto di un

attentato ma che era rimasto illeso e che era in atto un colpo

di stato. Inutilmente von Stauffenberg cercò di smentire la

notizia ed a Praga e Vienna i comandanti territoriali, che

avevano iniziato ad arrestare le SS, liberarono i prigionieri

ristabilendo l'ordine. Alle 19:00 circa, Hitler effettuò diverse

telefonate mentre il ministro della propaganda Joseph

Goebbels si attivò per smentire la notizia della sua morte. Il

maggiore Otto Ernst Remer, che si era presentato per

arrestarlo, fu da lui messo in comunicazione con Hitler che

lo rassicurò sulle sue condizioni e lo promosse colonnello

ordinandogli di fermare il colpo di stato ed arrestare i cospiratori. Ordinò quindi

alle sue truppe di circondare ed isolare il Bendlerblock, senza però entrare

nell'edificio. Alle 20:00 anche da Parigi giunsero notizie poco rassicuranti: il

feldmaresciallo Günther von Kluge,saputo che Hitler era vivo, interruppe il

sequestro dei vertici nazisti del governo della città facendo venir meno un’altra

delle condizioni indispensabili alla riuscita del piano. Poco dopo, alle 20.30, il

feldmaresciallo Keitel diffuse un messaggio in cui si affermava che Himmler era

stato nominato comandante dell'esercito territoriale al posto di Fromm e che da

quel momento si sarebbe dovuto obbedire solo agli ordini che provenivano da lui.

Nel tentativo di salvarsi in extremis dalle inevitabili accuse di complicità cui

sarebbe andato incontro, alle 22.30 il generale Fromm, dopo una breve sparatoria

all'interno del Bendlerblock, fece arrestare e successivamente giustiziare i

principali congiurati. Poco dopo la mezzanotte, nel cortile dell’edificio, vennero

fucilati il colonnello von Stauffenberg, il generale Friedrich Olbricht, il

colonnello Albrecht Mertz von Quirnheim ed il tenente Werner von Haeften.

L’esecuzione si era appena conclusa quando lo Standrertenturer (colonnello) delle

SS Otto Skorzeny arrivò con la sua squadra per arrestare ed interrogare i

congiurati. Vietando tassativamente qualsiasi altra esecuzione, arrestò quelli

rimasti per consegnarli alla Gestapo, che immediatamente si attivò per scoprire

tutte le persone coinvolte nell'attentato.

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Nelle settimane successive, la Gestapo catturò quasi tutti coloro che avevano

avuto a che fare, direttamente indirettamente, con il complotto. La scoperta di

lettere e diari nelle case e negli uffici degli arrestati, che rivelò l’esistenza di una

congiura sin dal 1938, fece lievitare a dismisura la lista degli elementi non più

graditi al regime, alimentata anche dalla pratica della cosiddetta “Sippenhaff”,

l'arresto per motivi di parentela. Colpendo non solo i congiurati ma anche i loro

parenti, alla fine vennero arrestate circa 5000 persone, 2000 delle quali furono

poi giustiziate. Probabilmente molti non avevano nulla a che fare con il

complotto, ma per la polizia politica si

trattava di un’occasione d’oro per

regolare i conti con molti oppositori

vecchi e nuovi. I partecipanti attivi al

complotto vennero processati dal

“Volksgerichshof”, il tribunale del popolo,

presieduto dal giudice Roland Freisler,

che li condannò tutti a morte con

processi brevissimi (svoltisi tra il 7 e l’8

agosto) effettuati senza alcun riguardo nei confronti degli accusati, obbligati a

presentarsi privi di cinture ed in abiti molto grandi al solo scopo di renderli

ridicoli e senza alcuna possibilità di difendersi. Il tentativo di Fromm di riuscire

a sopravvivere ordinando l'esecuzione di Stauffenberg e degli altri congiurati si

rivelò di fatto infruttuoso: anche lui venne infatti arrestato il 21 luglio,

processato e condannato a morte dal Tribunale del Popolo. L’accusa non fu però

di alto tradimento ma di scarso rendimento nelle sue funzioni, commutando per

ordine dello stesso Hitler la condanna a morte per impiccagione alla “più

onorevole" fucilazione. Pochissimi riuscirono a sfuggire al Tribunale del Popolo

dandosi la morte. Tra questi il feldmaresciallo von Kluge ed i generali Wagner e

von Tresckow, che si suicidarono. Durante

un interrogatorio, Karl-Heinrich von

Stülpnagel fece il nome di Rommel e pochi

giorni dopo, il suo consigliere personale

(Cesare von Hofacker) ammise sotto tortura

che anche il celebre feldmaresciallo faceva

parte della cospirazione. Nonostante non vi

fosse stata nessuna formale adesione né

alcuna partecipazione diretta da parte sua, anche lui il 14 ottobre fu costretto a

togliersi la vita. L'esecuzione delle prime condanne avvenne nel carcere di

Plötzensee, a poche ore dalla lettura della sentenza: i condannati vennero

impiccati con filo di ferro ed i loro corpi appesi a ganci da macellaio come Hitler

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aveva disposto. Tutte le esecuzioni furono filmate in maniera meticolosa e

dettagliata per un totale di circa quattro ore di riprese, per essere poi mostrate

ad Hitler (che le aveva commissionate) e quindi successivamente agli altri

gerarchi come monito. Proiettato per l'ultima volta nel 1950, il filmato è

scomparso dalla circolazione. Altri congiurati, tra cui l'ammiraglio Wilhelm

Canaris (ex capo dell' Abwehr, il servizio segreto militare tedesco) ed il generale

Hans Oster, furono arrestati e giustiziati il 9 aprile 1945 nel campo di

concentramento di Flossenbürg, vicino a Norimberga. I parenti dei congiurati,

arrestati secondo le norme del Sippenhaft, vennero internati nei campi di

concentramento dove molti persero la vita. Tra essi dieci membri della famiglia

Stauffenberg e otto della famiglia Gordeler. Man mano che gli alleati

avanzavano, vennero spostati da un campo all'altro finché il 28 aprile i

superstiti non vennero liberati in Tirolo dagli Americani. A Berlino, nella

prigione dove furono eseguite le sentenze di morte, è stato allestito dopo la guerra

un museo commemorativo delle vittime del processo.

NOTE DELL’AUTORE:

Il presente lavoro viene pubblicato esclusivamente per finalità divulgative ed in nessun caso potrà mai essere utilizzato a scopi

commerciali. Tulle le informazioni contenute in questo articolo sono il frutto di una ricerca personale utilizzando materiale reperibile dal

web e nel centro documentazione della “Tana del Lupo” a Gierloz ion Polonia, visitato nel 2008. Tutte le immagini e le fotografie

storiche provengono dal pagine web facilmente individuabili tramite i principali motori di ricerca. Le fotografie più recenti provengono dal

mio archivio personale e da alcuni siti web senza che sia stato possibile però individuarne la provenienza originaria. Qualora i

proprietari detentori dei diritti delle fotografie ed illustrazioni utilizzate ritengano che esse debbano essere tolte o che si debba

aggiungere una dettagliata citazione della fonte da cui sono tratte, sono pregati di contattarmi affinché possa celermente provvedere in

merito.

AUTORE: FRANCO BORGIS - mail: [email protected]