Omelia s croce 07052011

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7 maggio 2011 Invenzione della S. Croce Mi sembra che ci possano essere due porte per entrare in questa solennità: la prima è quella della storia, del riascoltare e rileggere la tradizione che sta alla base di questa festa; e poi c’è quella del simbolo, di cosa questa festa dice a noi, oggi, qui. 1. Iniziamo dalla prima. Sappiamo bene quello che ci viene tramandato dalla storia riguardo a questo ritrovamento, di S. Elena che arriva in pellegrinaggio e trova i luoghi santi profanati e desolati, e decide di ridonare onore ai luoghi della salvezza. Le fonti descrivono questa vecchia donna affranta per ciò che trova, e la sua risolutezza e la sua fede nel voler ritrovare e riscoprire i segni del passaggio del Signore Gesù, della Sua passione (…). Di questa storia mi colpiscono, fra l’altro, due cose. La prima è che a far tutto questo è una donna. Una regina, un’imperatrice, ma comunque una donna. Non fu il figlio Costantino a fare questo, non furono gli uomini. Anche ai piedi della croce c’erano quasi solo donne, e così alla deposizione, e così la mattina della Pasqua, al sepolcro. Possiamo dire, dunque, che ogni evento legato alla salvezza, al modo con cui Dio ama il mondo, ha qualcosa di affine al cuore della donna. O, più in generale, che ha qualcosa di affine con il cuore; che la porta per entrarci è quella dell’amore, della passione, dell’audacia di seguire non la pista dei calcoli, dei ragionamenti, ma quella della compassione, del sentimento. Non nel senso banale del termine, ma nel senso dei sentimenti di Cristo, quei sentimenti di cui parla la seconda lettura, di avere i sentimenti del Figlio, la forza dell’amore di Cristo che si umilia fino a qui, fino alla morte in croce. Nel senso della compassione, che spinge ad agire, che di ogni azione è la sorgente, la forza e il senso. La croce non può essere capita; è qualcosa a cui affezionarsi, di cui innamorarsi, di cui stupirsi, per cui commuoversi, da cui lasciarsi attrarre, da contemplare…Come S. Elena. La seconda è il modo con cui viene riconosciuta la croce di Cristo, la vera croce. Sempre secondo la tradizione, durante gli scavi furono ritrovate 3 croci, e S. Elena chiese un segno al Signore per scoprire quale fosse la croce su cui era stato inchiodato Gesù. E il segno le fu dato per il miracolo di una morente, che accanto alla vera croce, rivenne alla vita piena. Il segno della croce di Cristo è la vita. Chi, in qualsiasi modo, entra in contatto con questo evento, trova la vita. È quanto ci dice il vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato: è per questo che il Padre dà il Figlio, perché chiunque crede abbia la vita. Sembrerebbe assurdo, ma in realtà è così semplice: lì dove la morte è stata vinta, lì non può che fiorire la vita. C’era un unico modo per vincere la morte, ovvero che la vita di Dio arrivasse anche lì. E Gesù ce la porta, porta con sé l’amore del Padre, lo fa arrivare e regnare anche lì dove prima aveva regnato la morte, la disobbedienza, il peccato. 1

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7 maggio 2011

Invenzione della S. Croce Mi sembra che ci possano essere due porte per entrare in questa solennità: la prima è quella della storia, del riascoltare e rileggere la tradizione che sta alla base di questa festa; e poi c’è quella del simbolo, di cosa questa festa dice a noi, oggi, qui. 1. Iniziamo dalla prima. Sappiamo bene quello che ci viene tramandato dalla storia riguardo a questo ritrovamento, di S. Elena che arriva in pellegrinaggio e trova i luoghi santi profanati e desolati, e decide di ridonare onore ai luoghi della salvezza. Le fonti descrivono questa vecchia donna affranta per ciò che trova, e la sua risolutezza e la sua fede nel voler ritrovare e riscoprire i segni del passaggio del Signore Gesù, della Sua passione (…). Di questa storia mi colpiscono, fra l’altro, due cose. • La prima è che a far tutto questo è una donna. Una regina, un’imperatrice, ma comunque

una donna. Non fu il figlio Costantino a fare questo, non furono gli uomini. Anche ai piedi della croce c’erano quasi solo donne, e così alla deposizione, e così la mattina della Pasqua, al sepolcro. Possiamo dire, dunque, che ogni evento legato alla salvezza, al modo con cui Dio ama il mondo, ha qualcosa di affine al cuore della donna. O, più in generale, che ha qualcosa di affine con il cuore; che la porta per entrarci è quella dell’amore, della passione, dell’audacia di seguire non la pista dei calcoli, dei ragionamenti, ma quella della compassione, del sentimento. Non nel senso banale del termine, ma nel senso dei sentimenti di Cristo, quei sentimenti di cui parla la seconda lettura, di avere i sentimenti del Figlio, la forza dell’amore di Cristo che si umilia fino a qui, fino alla morte in croce. Nel senso della compassione, che spinge ad agire, che di ogni azione è la sorgente, la forza e il senso. La croce non può essere capita; è qualcosa a cui affezionarsi, di cui innamorarsi, di cui stupirsi, per cui commuoversi, da cui lasciarsi attrarre, da contemplare…Come S. Elena.

• La seconda è il modo con cui viene riconosciuta la croce di Cristo, la vera croce. Sempre

secondo la tradizione, durante gli scavi furono ritrovate 3 croci, e S. Elena chiese un segno al Signore per scoprire quale fosse la croce su cui era stato inchiodato Gesù. E il segno le fu dato per il miracolo di una morente, che accanto alla vera croce, rivenne alla vita piena. Il segno della croce di Cristo è la vita. Chi, in qualsiasi modo, entra in contatto con questo evento, trova la vita. È quanto ci dice il vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato: è per questo che il Padre dà il Figlio, perché chiunque crede abbia la vita. Sembrerebbe assurdo, ma in realtà è così semplice: lì dove la morte è stata vinta, lì non può che fiorire la vita. C’era un unico modo per vincere la morte, ovvero che la vita di Dio arrivasse anche lì. E Gesù ce la porta, porta con sé l’amore del Padre, lo fa arrivare e regnare anche lì dove prima aveva regnato la morte, la disobbedienza, il peccato.

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2. Questo sul piano storico. Ma poi c’è un altro livello di questa festa, quello simbolico, quello che ci fa riflettere più direttamente sulla nostra vita; e anche qui mi soffermo su due aspetti:

• Il primo è che la croce fu ritrovata. Dunque si era persa, e fu necessario rimettersi a cercarla, fu necessario ritrovarla. Mi sembra che accade così anche nella vita di molti di noi: questo mistero, che è il centro, che è il cuore di tutto (della nostra vita, della nostra fede, della nostra vocazione, delle nostre relazioni…), ad un certo punto accade che anche noi lo perdiamo. Ciascuno per i suoi motivi, per le sue strade, ma è come se ci si allontanasse di un pochino da quel luogo profondo della tua vita dove tu vivi solo perché qualcuno ha dato la vita per te. Dove la vita ti è donata, ed è solo grazia. Attenzione, perché allora, quando ci si allontana da qui, tutto cambia: perché la croce non è solo un evento, è uno stile, è lo stile della nostra vita, e soprattutto della nostra vita qui, in questa terra. È il nostro modo di vivere, di amare, di dare la vita, di obbedire, di essere poveri; è il segreto della nostra pace, è il nostro perdono, è la nostra libertà, è la nostra gioia. E se manca questo, allora si ricade nella schiavitù, che è la schiavitù di obbedire a se stessi, ai propri bisogni. Che sono un’altra cosa rispetto ai sentimenti di cui parlavamo prima. Ma poi è il Signore stesso che si incarica di riportarci lì, è la vita, sono i fratelli. Non ci ritorniamo da soli, perché questo cammino è esattamente il contrario di ciò che possiamo fare con le nostre forze. È proprio provare a mettersi da parte, a non essere al centro, a lasciarsi salvare, a lasciare che sia Lui a salvare gli altri… Noi possiamo “solo” obbedire a questa nostalgia di verità che il ricordo della croce –l’essere nati lì- ha impresso nel più profondo di noi stessi.

• Il secondo è che quando la ritroviamo, allora ritroviamo noi stessi. Perché non c’è altra

luce, altra verità sulla nostra vita che quella della croce. A volte l’iconografia rappresenta Gesù che scende agli inferi e usa la croce come chiave per scardinare la porta: con la croce Lui entra dentro. La croce è anche la chiave per aprire il mistero che siamo noi, non c’è altra verità, e solo questo amore immenso ci dice il nostro valore agli occhi del Padre. Noi valiamo questo prezzo, noi siamo stati amati così. Dunque tutto in noi ha questo valore, perché la croce è l’unica chiave per aprire tutto il mistero dell’uomo, senza lasciare fuori niente. Tutto in noi è stato amato, tutto è stato salvato, e dunque tutto ci riporta a Lui. Il peccato è proprio lasciar fuori qualcosa, impedire che Cristo entri, che sia Lui il Signore.

Per questo oggi è festa. Ritrovare la croce è una vera festa, è la grazia più grande che possa accaderci. È anche una festa molto impegnativa, che non riguarda il passato, non è il ricordo di una scoperta archeologica.

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Oggi siamo chiamati tutti a scendere con S. Elena, a ritrovare la croce, a lasciare che da qui Lui regni sulla nostra vita, trasformi i nostri sentimenti, e imprima questo stile nel profondo di tutto ciò che siamo.

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