Omelia domenica in albisit 2011

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Domenica in Albis 2011 Sono molti i motivi di riflessione che questa domenica ci offre: o Il tempo pasquale che stiamo vivendo, con la Parola di Dio che illumina il mistero del Risorto o Il tema della misericordia, che è proprio di questa domenica o E la festa della Beatificazione di Giovanni Paolo II, che è il motivo che ci raduna qui Cerchiamo di entrare brevemente in tutti e tre… 1. Innanzitutto siamo chiamati a conoscere il Risorto. Perché…chi è il Risorto? Il Risorto, ci dice il vangelo di Giovanni, è Colui che viene e che sta o I verbi, le azioni del Risorto sono innazitutto venire e stare. Gesù venne, e stette. E otto giorni dopo, di nuovo venne e stette. Nei giorni della Passione, abbiamo sentito che le azioni del Signore Gesù erano altre: lasciarsi consegnare, flagellare, schernire, crocifiggere, deporre. Tutti verbi al passivo, che ci parlavano di un Gesù che si lascia fare, che si mette nelle mani di altri. Abbiamo visto una vita debole, della debolezza dell’amore che non si difende, che entra in una passività obbediente. o Qui no. Qui lui prende l’inizativa, e potremmo dire che c’è una così grande esuberanza di vita, una così totale pienezza di Vita, che il Signore Gesù ora può farsi presente, sempre e ovunque. Lui è questa stessa Presenza. Venne e stette. Il Risorto è proprio questa abbondanza di vita. Una vita così esuberante, così piena e totale, che può essere presente ovunque e sempre, che riempie ogni cosa con il suo Spirito. Una vita che ha recuperato tutti gli spazi, che è andata così lontana a recuperare tutto, che ora niente più rimane fuori dal suo raggio d’azione. Non ci sono più limiti alla Vita. Ovunque ora lui può venire, e stare. E quindi di nuovo si mette in cammino, e va in cerca della samaritana, del cieco nato, di Lazzaro nel sepolcro, per comunicare la propria vita. Va dai propri discepoli, stanchi, delusi, chiusi in casa come lui era stato chiuso nel sepolcro…, ancora in attesa di una vita nuova. E cosa fa il Signore Gesù quando li trova? Fa due cose importantissime. o Mostrò loro le mani e il costato. Dunque la prima è farsi riconoscere. Tutto il vangelo di Giovanni è uno svelarsi progressivo dell’identità di Gesù, un lungo processo in cui più volte ritorna questa domanda fondamentale: Ma Tu chi sei? Ora il Signore Gesù risponde. Non a parole, non con dei concetti, ma con delle ferite. Io sono questo. E’ una risposta definitiva. Perché queste ferite gli apostoli non le avevano viste: sotto la croce erano tutti fuggiti…E allora il vivente viene, e mostra loro cos’è questa esuberanza di vita, cos’è l’amore, chi è Lui. Ed è qui che Tommaso puó dire: “Mio Signore e mio Dio”, perché ora la rivelazione è compiuta, il discepolo conosce il suo Maestro, e vedendo queste piaghe, riconosce che è il suo Signore, che è Dio. Perché, attenzione, sono ferite gloriose. E cioè dicono che questa vita, offerta nell’amore in obbedienza al Padre, è capace di vincere la morte. Che non è una sconfitta, che non è un semplice martirio…Ma che esattamente questo gesto d’amore è la vita. Questo perdersi completamente è la assolutamente fecondo. Anzi, è la più vera possibilità di fecondità- Ed è bellissimo che il Signore Gesù, per dirsi, mostri delle ferite…E nasce la domanda: se noi dovessimo parlare di noi stessi, dire la nostra identità, cosa mostreremmo? Mostreremmo delle ferite? Delle ferite gloriose? E non vuole che nessuno perda questa lezione, per cui otto giorni dopo torna apposta per Tommaso, perché ha ragione Tommaso di voler vedere anche Lui. E perché questo dice le due declinazioni della nostra fede, che è comunitaria, ma che è anche personale, è l’incontro personale con queste ferite gloriose, dentro una comunità. o E la seconda è donare lo Spirito. In Giovanni, sembra che il Risorto abbia fretta di donare lo Spirito, e lo fa appena può. La sera stessa del primo giorno, il Signore Gesù viene, sta, si mostra e dona questa pienezza. Ciò che Lui ora è, grazie alla sua passione, alla sua discesa agli inferi, questa comunione con 1

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Domenica in Albis 2011 • Sono molti i motivi di riflessione che questa domenica ci offre:

o Il tempo pasquale che stiamo vivendo, con la Parola di Dio che illumina il mistero del Risorto o Il tema della misericordia, che è proprio di questa domenica o E la festa della Beatificazione di Giovanni Paolo II, che è il motivo che ci raduna qui

Cerchiamo di entrare brevemente in tutti e tre…

1. Innanzitutto siamo chiamati a conoscere il Risorto. Perché…chi è il Risorto? • Il Risorto, ci dice il vangelo di Giovanni, è Colui che viene e che sta

o I verbi, le azioni del Risorto sono innazitutto venire e stare. Gesù venne, e stette. E otto giorni dopo, di nuovo venne e stette. Nei giorni della Passione, abbiamo sentito che le azioni del Signore Gesù erano altre: lasciarsi

consegnare, flagellare, schernire, crocifiggere, deporre. Tutti verbi al passivo, che ci parlavano di un Gesù che si lascia fare, che si mette nelle mani di altri. Abbiamo visto una vita debole, della debolezza dell’amore che non si difende, che entra in una passività obbediente.

o Qui no. Qui lui prende l’inizativa, e potremmo dire che c’è una così grande esuberanza di vita, una così totale pienezza di Vita, che il Signore Gesù ora può farsi presente, sempre e ovunque. Lui è questa stessa Presenza. Venne e stette. Il Risorto è proprio questa abbondanza di vita. Una vita così esuberante, così piena e totale, che

può essere presente ovunque e sempre, che riempie ogni cosa con il suo Spirito. Una vita che ha recuperato tutti gli spazi, che è andata così lontana a recuperare tutto, che ora

niente più rimane fuori dal suo raggio d’azione. Non ci sono più limiti alla Vita. Ovunque ora lui può venire, e stare.

E quindi di nuovo si mette in cammino, e va in cerca della samaritana, del cieco nato, di Lazzaro nel sepolcro, per comunicare la propria vita. Va dai propri discepoli, stanchi, delusi, chiusi in casa come lui era stato chiuso nel sepolcro…, ancora in attesa di una vita nuova.

• E cosa fa il Signore Gesù quando li trova? Fa due cose importantissime.

o Mostrò loro le mani e il costato. Dunque la prima è farsi riconoscere. Tutto il vangelo di Giovanni è uno svelarsi progressivo dell’identità di Gesù, un lungo processo

in cui più volte ritorna questa domanda fondamentale: Ma Tu chi sei? Ora il Signore Gesù risponde. Non a parole, non con dei concetti, ma con delle ferite. Io sono

questo. E’ una risposta definitiva. Perché queste ferite gli apostoli non le avevano viste: sotto la croce erano tutti fuggiti…E allora

il vivente viene, e mostra loro cos’è questa esuberanza di vita, cos’è l’amore, chi è Lui. • Ed è qui che Tommaso puó dire: “Mio Signore e mio Dio”, perché ora la rivelazione è

compiuta, il discepolo conosce il suo Maestro, e vedendo queste piaghe, riconosce che è il suo Signore, che è Dio.

Perché, attenzione, sono ferite gloriose. E cioè dicono che questa vita, offerta nell’amore in obbedienza al Padre, è capace di vincere la morte. Che non è una sconfitta, che non è un semplice martirio…Ma che esattamente questo gesto d’amore è la vita. Questo perdersi completamente è la assolutamente fecondo. Anzi, è la più vera possibilità di fecondità-

• Ed è bellissimo che il Signore Gesù, per dirsi, mostri delle ferite…E nasce la domanda: se noi dovessimo parlare di noi stessi, dire la nostra identità, cosa mostreremmo? Mostreremmo delle ferite? Delle ferite gloriose?

E non vuole che nessuno perda questa lezione, per cui otto giorni dopo torna apposta per Tommaso, perché ha ragione Tommaso di voler vedere anche Lui.

E perché questo dice le due declinazioni della nostra fede, che è comunitaria, ma che è anche personale, è l’incontro personale con queste ferite gloriose, dentro una comunità.

o E la seconda è donare lo Spirito. In Giovanni, sembra che il Risorto abbia fretta di donare lo Spirito, e lo fa appena può. La sera stessa del primo giorno, il Signore Gesù viene, sta, si mostra e dona questa pienezza. Ciò che Lui ora è, grazie alla sua passione, alla sua discesa agli inferi, questa comunione con

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il Padre…ora Lui ce li dona. È morto per poterceli donare, e ora, tornato vittorioso dalla morte, è impaziente di donarceli…

• Ma mi sembra che tutto questo abbia un altro sviluppo, importante e necessario. Abbiamo detto che il Signore

Gesù è la vita, è questa abbondanza, questa presenza totale. Ma proprio perché Lui è tutto questo, ora, fra poco, dopo qualche giorno, Lui può lasciarci. Proprio perché è il massimo possibile di presenza, ora può farsi assenza, può tornare al Padre. Gesù rende i suoi certi della sua presenza, della sua risurrezione, li introduce in questa nuova relazione di sicurezza (la parresia negli Atti!), ma non rimane li e non li lascia lì. C’è un ulteriore passo che i discepoli sono chiamati a fare, ed è quello della fede adulta, quella che crede non perché vede, ma perché ha fatto esperienza certa della Vita nuova del Cristo.

o Dunque, questa pienezza di vita e di presenza che è il Risorto deve arrivare qui, a farsi assenza. Il compimento della Pasqua è l’ascensione: lì la missione di Gesù è compiuta, e la sua presenza nel mondo continua attraverso ciascuno di noi, attraverso la Chiesa, colmata dallo Spirito della Pentecoste.

o È quanto il Signore Gesù cerca di dire a Tommaso: tu hai visto, ma fra poco questo non sarà più possibile. E la beatitudine, la gioia, non sarà più quella di vedermi, ma quella di avere in cuore la certezza della mia presenza, della mia vittoria sulla morte. Beati quelli che pur non vedendo, crederanno. Noi pensiamo che la fede adulta sia quella che sa trovare la presenza del Signore nella propria

vita e nella storia, ed è vero. Ma questo passa necessariamente attraverso il sapere stare dentro un’assenza, perché il Signore Gesù non è qui fisicamente, noi non lo vediamo. La fede adulta è quella che “regge” l’assenza di Dio, che nella contraddizione della storia e della vita sa stare dentro un’attesa certa, dentro un’intima sicurezza di Lui.

• Cfr Madre Teresa di Calcutta, e il suo buio… 2 . E qui arriviamo al secondo punto, cioè alla misericordia

• Abbiamo detto che Dio, in Gesù Risorto, è così presente da diventare assente. Questa è la redenzione. • Ma questo è anche il modo di agire di Dio: così ha fatto anche nella creazione, dove vediamo un Dio che in

qualche modo si ritira. Non occupa lui tutto lo spazio, ma in qualche modo si contrae, per lasciarci posto, per lasciarci lo spazio dove vivere e dominare la terra; perché l’amore è lasciare spazio all’altro, è innanzitutto accogliere. Questo è l’amore che fa vivere.

• Ma a Dio questo non è bastato. Non gli è bastato lasciare spazio all’uomo fuori di sé, lui ci vuole dentro, ci accoglie dentro di sé.

• Ma qual è la via per entrare dentro di lui, nella vita della Trinità? o La via sono queste ferite gloriose che Gesù mostra a Tommaso, questa è la via che Lui ha pensato

per farci entrare. Non ce n’é un’altra. o La via è questa misericordia infinita di Dio che si apre, che apre il suo cuore per farci entrare, per

accoglierci dentro. o Queste ferite, questa misericordia sono la porta che ci dà un accesso libero e gratuito alla Trinità,

sono le chiavi di casa. o Altrimenti la porta sarebbe stata irrimediabilmente chiusa, sigillata dal limite dell’uomo e dal suo

peccato. Si poteva aprire solo così, dall’interno, per un sovrabbondare d’amore. E così è stato! • Ma non è finita qui, perché poi attraverso questa porta bisogna entrarci. Non basta che la porta sia aperta, se

poi nessuno ci entra. o E non è così facile entrare per delle ferite…bisogna essere molto poveri e molto semplici, bisogna

essere dei puri di cuore. Soprattutto bisogna entrare con amore, con la tenerezza e lo stupore di chi capisce cosa sta facendo. Queste ferite bisogna prima averle ascoltate, e devono averci prima commosso, colpito al cuore…

3 . E qui arriviamo al terzo punto, cioè alla beatificazione di GPII, che chiaramente è il motivo dell’essere qui

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• la gioia, ereditá di GPII alla Chiesa • la gioia della Chiesa per la beatificazione di questo suo figlio e padre • la gioia anche di questa Chiesa particolare di Terra santa, unita a Benedetto XVI e a questo atto di

affetto e di restituzione ecclesiale • la scelta di questo giorno per la beatificazione (mentre la memoria liturgica saràå il 22 ottobre): la

domenica della misericordia, da lui stesso istituita, e la puntualità della Provvidenza che è venuta a prenderlo ai primi vespri proprio di questa domenica

• si possono dire tante cose del suo lunghissimo pontificato (l’uomo via della Chiesa, l’amore alla vita, la

passione per il rispetto dei diritti dell’uomo, per la libertà, l’amore responsabile, la famiglia, la donna, l’amore alla Chiesa, l’aver ridestato la fede della Chiesa –come ha detto il cardinale Ratzinger ai suoi funerali-, la Vergine Maria –totus tuus-, l’Eucarestia, il Vangelo della sofferenza vissuto in prima persona ... vero uomo dei dolori anche lui –chi non lo ricorda piegato dal dolore ma ritto nella dignità che ha restituita al dolore stesso?- ), veramente un pontificato lunghissimo e aperto a tutti gli ambiti della vita della Chiesa e dell’uomo … e tantissime cose sono state dette di lui: il comunicatore, il papa viaggiatore, il filosofo e il poeta, il contemplativo, il mistico …

• Non posso certamente concludere questo breve e comunque inadeguato ricordo di GIOVANNI

PAOLO II senza far menzione del pellegrinaggio da lui compiuto qui in Terra Santa dal 20 al 26 marzo, in occasione del grande Giubileo dell’anno 2000. I gesti compiuti in quello storico pellegrinaggio costituiscono una pietra miliare nel cammino della Chiesa nel suo rapporto con l’Ebraismo e l’Islam. Le storiche visite al muro del pianto e alle moschee sono ancora impresse nella nostra memoria. Nel suo pellegrinaggio il Santo Padre ebbe a dire: "Per tutti noi Gerusalemme, come indica il nome, è la Città della Pace". E in quante circostanze il Papa ha alzato la sua voce per invocare il dono della pace, per questa città, per la Terra Santa, per il Medio Oriente, per il mondo intero! La Terra Santa, in particolare, è sempre stata in cima ai suoi pensieri e alle sue preoccupazioni. Pensiamo a quanti Angelus ha dedicato a questo tema e all’indimenticabile magistero sulla pace in occasione dei Messaggi per la giornata mondiale per la pace! Desidero citarne uno particolarmente significativo, quello dell’anno 2002, Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono: “Meditando sul tema del perdono, non si possono non ricordare alcune tragiche situazioni di conflitto, che da troppo tempo alimentano odi profondi e laceranti, con la conseguente spirale inarrestabile di tragedie personali e collettive. Mi riferisco, in particolare, a quanto avviene nella Terra Santa, luogo benedetto e sacro dell'incontro di Dio con gli uomini, luogo della vita, morte e risurrezione di Gesù, il Principe della pace”. Come sono ancora attuali quelle parole, e com’è ancora così difficile perdonarsi in questa nostra amata Terra! E proprio in questo nostro contesto, lacerato da odi e divisioni, da perenne tensione, da rancore e soprattutto da paura, la voce di Giovanni Paolo II si è sempre levata con autorevolezza per invitare tutte le parti ad incontrarsi, a superare le reciproche ostilità, ma soprattutto ad abbandonare ogni forma di violenza, dalla quale può derivare solo altra violenza.

• una cosa sola, su tutte, legata a questa domenica e al suo messaggio essenziale, parole sue, tratte

dall’ultimo suo libro: Memoria e identità (pag.29ss), che possono essere dette anche a noi, per noi, qui e oggi, come un testamento:

Mi è stato dato di fare esperienza personale delle ideologie del male. E’ qualcosa che resta incancellabile nella mia memoria … non si dimentica facilmente il male di cui si è fatta diretta esperienza. Si può soltanto

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perdonarlo. E che cosa significa perdonare, se non appellarsi al bene che è piú grande di qualunque male? … La Redenzione costituisce il limite divino imposto al male … E’ questa la risposta anche al male del nostro tempo? … Nel mistero della Redenzione, la vittoria di Cristo sul male è data all’uomo non solo come personale vantaggio, ma anche come compito.

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