Omaggio a Cesare Scurati inserto · ricordo e un grande “grazie” per quello che ci ha...

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inserto Interventi di: Italo Fiorin, Franco Frabboni, Sira Serenella Macchietti, Giancarlo Cerini, Paolo Calidoni, Luigi Morgano, Sergio Angori, Mario Falanga, Concetta Sirna, Olga Rossi Cassottana, Andrea Bobbio, Piero Gardani, Alessandro Antonietti, Monica Ferrari, Mario Castoldi, Michele Aglieri, Damiano Felini, Anna Lisa Gasparini, Manuela Valentini, Michele Busi n . 2 - 1 s e tte m b re 2 0 1 1 - a n no X C VIII - E D IT R I C E L A S C U O L A 2 I l 18 maggio scorso a Milano è improvvisamente venuto a mancare il prof. Cesare Scurati, direttore di “Scuola Materna” e pedagogista fra i più conosciuti e apprezzati nel panorama italiano ed internazionale. Le pagine che seguono intendono essere un primo omaggio al direttore da parte della “sua” rivista. Abbiamo chiesto ad amici di “Scuola Materna” e a chi con il prof. Scurati ha collaborato per la scuola dell’infanzia in questi decenni di tracciarci un rapido ricordo dello studioso, dell’uomo, dell’amico. A lui, anche a nome dei molti insegnanti e amici di “Scuola Materna” che ci hanno contattato in queste settimane, il nostro affettuoso ricordo e un grande “grazie” per quello che ci ha insegnato. Omaggio a Cesare Scurati

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Interventi di:Italo Fiorin, Franco Frabboni,

Sira Serenella Macchietti, Giancarlo Cerini, Paolo Calidoni,

Luigi Morgano, Sergio Angori, Mario Falanga, Concetta Sirna, Olga Rossi Cassottana,

Andrea Bobbio, Piero Gardani, Alessandro Antonietti, Monica Ferrari, Mario

Castoldi, Michele Aglieri, Damiano Felini, Anna Lisa Gasparini,

Manuela Valentini, Michele Busi

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Il 18 maggio scorso a Milano è improvvisamente venuto a mancare ilprof. Cesare Scurati, direttore di “Scuola Materna” e pedagogista

fra i più conosciuti e apprezzati nel panorama italiano edinternazionale.Le pagine che seguono intendono essere un primo omaggio aldirettore da parte della “sua” rivista.Abbiamo chiesto ad amici di “Scuola Materna” e a chi con il prof.Scurati ha collaborato per la scuola dell’infanzia in questi decenni ditracciarci un rapido ricordo dello studioso, dell’uomo, dell’amico.A lui, anche a nome dei molti insegnanti e amici di “Scuola Materna”che ci hanno contattato in queste settimane, il nostro affettuosoricordo e un grande “grazie” per quello che ci ha insegnato.

Omaggio a Cesare Scurati

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Ci sono stagioni della vita di una persona chesembrano riflettere stagioni della vita di un

Paese, quasi che alla biografia di un singolo siadato di raccontare qualche cosa che, insieme, loriguarda e lo trascende. Cesare Scurati ha attra-versato, da protagonista, i grandi movimenti dellacultura pedagogica dell’ultimo mezzo secolo, cosìcome si sono manifestati in Italia, contribuendo,anzi, spesso, ad orientarne il corso. C’è un testo emblematico, al riguardo, che se-gnala la sua capacità di intercettare i percorsidelle nuove idee, filtrandoli attraverso una perso-nale rilettura critica: “Strutturalismo e scuola”1.In questo testo C. Scurati presenta e discute criti-camente la posizione propria dello strutturalismodidattico, incarnata principalmente da J. Bruner,che, attraverso una argomentata polemica conl’attivismo pedagogico, si proponeva di rinnovarela didattica attraverso un forte avvicinamento tramondo della ricerca scientifica e mondo dell’inse-gnamento.Oppure, ecco un altro testo emblematico, questavolta non scritto da C. Scurati, ma da lui intro-dotto in Italia: il testo di L. Stenhouse “Dallascuola del programma alla scuola del curricolo”2.C. Scurati ha il merito di aver introdotto in Italiail tema del curricolo, al quale ha dedicato una si-stematica riflessione. I due esempi documentano l’intelligenza pedago-gica e l’apertura internazionale, e segnalano l’av-vio di alcune linee di impegno che caratterizze-ranno il pensiero di C. Scurati, e che si tradur-ranno non solo nei successivi lavori scientifici,ma anche nel suo impegno, molto concreto, nelcampo delle riforme scolastiche, in particolarenell’ambito della scuola materna ed elementare.C. Scurati è stato uno dei principali protagonistidella Commissione che ha elaborato i ‘Nuovi Pro-grammi della scuola elementare’ del 1985 e sideve certamente alla sua rivisitazione dello strut-turalismo didattico e del pensiero di J. Brunerl’idea centrale di quel testo, per molti versi ancoramolto attuale: l’alfabetizzazione culturale. Lascuola elementare cessa di essere considerata‘scuola dl leggere, scrivere, far di conto’ per di-ventare ‘ambiente educativo di apprendimento’che introduce gli alunni, già dal primo anno, nei‘principali linguaggi della cultura’.Ancora di più, C. Scurati è protagonista della ri-

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Ricordando CesareItalo Fiorin

Nato a Milano nel1937, il prof. Scuratiha dedicato la suavita al mondo dellascuola e dell’educa-zione in diversi ruoli,sino a diventare unimprescindibile puntodi riferimento per lapedagogia italiana edeuropea. Dopo aver lavoratoper alcuni anni comeinsegnante e diri-gente scolastico, erapassato alla ricerca eall'insegnamento uni-versitario negli ateneidi Genova, Parma e,successivamente,nell'Università Catto-lica di Milano, come ordinario di Pedagogia generale e so-ciale e direttore del Centro Formazione Permanente e aDistanza. Fra i temi di studio privilegiati nei suoi interessi scientificivanno certamente ricordati quelli legati all'innovazione deiprocessi formativi, soprattutto in riferimento alla pedago-gia della scuola, alla formazione della dirigenza educativa,alle tecnologie didattiche: temi che Scurati , sempre at-tento alle teorie pedagogiche generali, alle questioni me-todologiche, ma anche alla sperimentazione didattica,ha riletto in chiave personalistica . Membro del Comitato di redazione dell'Editrice La Scuola,per la quale dirigeva le riviste "Scuola Materna" e "DirigentiScuola", Scurati aveva collaborato con il Ministero dellaPubblica Istruzione nelle Commissioni che riformarono iProgrammi (1985) e gli Orientamenti (1991), rispettiva-mente della scuola elementare e dell’infanzia. Ampia la sua bibliografia nella quale spiccano titoli qualiLocke (1967), Strutturalismo e scuola (1972), Non diret-tività (1976), Profili nell’educazione (1977) Umanesimodella scuola oggi (1983), L'educazione extrascolastica(1986), Incontri e messaggi (1993) Elementare oltre (1995),Pedagogia della scuola (1997), Realtà umana e cultura for-mativa (1999), Fra presente e futuro. Analisi e riflessioni dipedagogia (2001), Pedagogia della scuola (2003), Espe-rienza educativa e riflessione pedagogica (2007), ed altri,pubblicati soprattutto dall'Editrice La Scuola. Membro del Comitato Scientifico dell'Istituto di RicercaIARD, Milano, presidente dell'IRRSAE Lombardia (1990-1997), presidente della SIPED- Società Italiana di Peda-gogia (1997-2000), da anni era anche membro del Co-mitato della Facoltà di Scienze dell'educazione della LiberaUniversità di Bolzano.

nota1 C. Scurati, Strutturalismo e scuola, La Scuola, Bre-scia, !974.2 L. Stenhouse, Dalla scuola del Programma alla scuoladel curricolo, Armando, Roma, 1977.

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forma della scuola materna, come Coordinatoredella Commissione ministeriale che ha dato vitaai ‘Nuovi Orientamenti per la scuola materna’, del1991.I ‘Nuovi orientamenti’ sono un testo rivoluziona-rio, per quanto riguarda la cultura dell’infanzia,Segnano veramente uno spartiacque tra un modotradizionale di intenderne il compito educativo eduno tutto nuovo, che le conferisce dignità discuola, scuola autentica (non un luogo di meroaccudimento, né un semplice ambiente di gioco,ma è spazio nel quale l’esperienza diventa occa-sione per una progressiva scoperta dei sistemisimbolico culturali); scuola autonoma (non fina-lizzata a preparare i bambini alla successivascuola elementare, una sorta di pre-scuola, dellaquale, possibilmente, ‘saltare’ un anno per ‘fareprima’).E, soprattutto, la scuola materna è scuola della enella comunità. Gli ‘Orientamenti’ del ’91, anticipando quanto poiverrà realizzato con l’autonomia delle scuole(1997) segnano la fine dei ‘Programmi’ centrali-stici e aprono alla ‘scuola del curricolo’, secondoquella visione che era stata anticipata con la dif-fusione delle idee di Stenhouse e progressiva-mente elaborata e diffusa attraverso tanti scritti econvegni.

Poi, qualcosa è cambiato

Per quanto riguarda l’innovazione della nostrascuola dell’infanzia e primaria, gli anni Settantahanno rappresentato lo stato nascente, quellodella liberazione delle idee, mentre gli anni Ot-tanta e gli inizi degli anni Novanta, con la tradu-zione delle idee in riforme, hanno segnato la fasedella maturità. Si può dire che, specularmente,questa è stata anche per C. Scurati una traiettoriasignificativa, di produzione, di disseminazione, diinfluenza.Poi qualcosa è cambiato, nel nostro Paese. Unanuova visione dei compiti della scuola ha preso ilposto di quella che, da protagonista, C. Scuratiaveva coltivato, e contribuito a disseminare.L’opinione che oggi ha accesso al potere politicosembra essere guidata da una forte polemica neiconfronti della linea di innovazione che, in questiultimi trenta anni, ha guidato la trasformazionedella nostra scuola di base. Si è scatenata una cri-tica cattiva nei confronti delle idee pedagogicheche da allora si sono sviluppate, e, via via, sonostati smontati tanti ‘pezzi’ di un sistema non piùlegittimato: ecco, nella scuola primaria, la ricom-parsa del voto, il ritorno dell’insegnante unico, lafine del gruppo docente…; ecco, nella scuola del-l’infanzia, una sempre maggior permissività neiconfronti degli anticipi scolastici, le sezioni sem-pre più numerose, la scarsa considerazione della

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sua funzione sociale e culturale…C. Scurati vedeva il suo mondo crollare, le ragionidel suo impegno sconfitte. La dolorosa vicenda della lunga malattia e,infine,della perdita dell’amata moglie che era la sua so-lida ancora di sicurezza nel mare di disorienta-mento che lo circondava, lo aveva reso disarmato.Il nuovo mondo non era più il suo mondo.La pedagogia piange un grande studioso, lascuola dell’infanzia e la scuola primaria perdonouna vivida luce che ne aveva tracciato la strada, lanostra rivista perde il suo direttore, noi pian-giamo un amico e un Maestro. Ci mancherà lasua acuta intelligenza, il suo umorismo che si ac-cendeva improvviso e sdrammatizzante, la suacuriosità penetrante, la sua aria svagata di pro-fessore che non si prende troppo sul serio, la suacapacità di leggere pedagogicamente la cronacaquotidiana dimostrandoti, così, su due piedi, chela pedagogia non è ‘aria fritta’, ma una chiave dicomprensione della realtà e uno strumento di cit-tadinanza.Ma c’è una cosa che non va dimenticata. Le ideenon muoiono mai. Le sue idee, la sua visionedella scuola, sono un giacimento che non si puòabbandonare, un’eredità di cui fare tesoro. Il dia-logo non è spezzato, se lo sappiamo coltivare. E,anche se resta la tristezza di sapere che l’ama-rezza è stata compagna dei suoi ultimi anni, pos-siamo credere che non si tratta di una sconfitta.Proprio attingendo alla sua visione dell’educa-zione e della scuola possiamo ripartire, perché ri-torni, dopo l’inverno di questi tempi, una nuovaprimavera.

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Franco Frabboni*

Proprio per la sua apertura al dialogo e al con-fronto epistemico (i paradigmi pedagogici di Ce-sare attestano - sempre - problematicità, mai as-siomaticità; così i modelli didattici da lui elaboratisono - sempre - plurali, mai unidirezionali), vor-remmo aggiungere - come congettura, non certocome assioma - una nostra convinta linea di in-contro che da anni si dà la mano: parliamo dellafrontiera dell’educazione lungo la quale sono incammino il suo Personalismo e il nostro Proble-maticismo. Pur “diversi” per abbigliamento teore-tico, hanno scelto l’irto e ciottoloso cammino cheporta alla frontiera del possibile: sul “crinale”dove le due Pedagogie si vestono di un indubbioprovvidenzialismo utopistico. Per la Pedagogiacattolica é la forza della fede: unica via possibileper poter dare risposta ai grandi interrogatividella vita; per la Pedagogia laica é la forza della ra-gione: unica via possibile per dare risposta al-l’utopia dell’andare oltre, dove progettare e speri-mentare una nuova/umanità. Pur in viaggio su un terreno lastricato da un bi-nomio (fede-ragione) di possibile conflittualità, cisembra fuori discussione il loro comune Progettopedagogico. L’umanità ha il compito di trascen-dere l’angusto tunnel della necessità e dell’aliena-zione (marcusianamente inteso: l’incubo di unadonna e di un uomo a una dimensione) peruscire al più presto a guardare il cielo del possi-bile. È la volta celeste in grado di garantire alla

Ciao CesareLa pedagogia ti deve molto

* Università di Bologna

La pedagogia piange un suo samurai

Il mese di maggio é stato crudele nei confrontidella Pedagogia italiana, costringendola al doloreper la scomparsa improvvisa di Cesare Scurati. Commozione e costernazione sono sentimenti/li-mite: esistenzialmente struggenti quando pian-gono l’addio a memorie interpersonali significa-tive e indelebili, ad amicizie vere e disinteressate,a valori autentici e infrangibili. Per questo, il ri-cordo di Cesare rende michelangiolesche le tanteimmagini (i tanti momenti di incontro) “scattate”- insieme - nelle Commissioni ministeriali degliOrientamenti per la Scuola dell’infanzia e dei Pro-grammi didattici per la Scuola elementare, neiConsigli direttivi della Società italiana di Pedago-gia, negli innumerevoli Convegni scientifici. E so-prattutto nella libera università di Bolzano dove -nel duemila - Cesare, Luigi Guerra, il sottoscrittoe Gerwald Wallnofer sono stati i protagonisti delComitato ordinatore che ha dato cielo alla Mon-golfiera della sede accademica Altoatesina.

Una linea di incontro e di concilia-zione

Dare voce all’ermeneutica pedagogica e alla pro-gettazione educativa di Cesare Scurati é sicura-mente un’impresa carica di azzardi interpretativi.Da una parte, per l’impossibile ritratto - in pocherighe - di una personalità scientifica che ha cam-peggiato per decenni nei paesaggi dell’educazionee della formazione del nostro Paese. Dall’altra parte, per il fatto che l’incursione nellastoria di un’altra persona - pur di inossidabileamicizia e di stretta familiarità professionale - siporta appresso la scia e il sapore dell’indiscre-zione.In punta di piedi, consapevoli della precarietàdella nostra avventura interpretativa, percorre-remo queste poche righe dichiarando, anzitutto,che Scurati é stato uno dei nobili cavalieri senzapaura a difesa del diritto delle giovani genera-zioni a pensare con la propria testa e a sognarecon il proprio cuore. Le sue piste di viaggio sonoilluminate da suggestive linee di riflessione peda-gogica e di progettazione esistenziale: aperte sem-pre alla messa a punto dialettica con altre teoriedell’educazione.

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Pedagogia un orizzonte aperto alla sua incessantetrasformazione in direzione di idealità: all’internodi un contesto storico-sociale che le chiede ade-renza alla realtà e intenzionalità educativa. In altre parole. La Pedagogia sceglie sempre unadonna e un uomo che si autenticano come sog-getti/Persone: sia esercitando la propria autono-mia di pensiero, sia vivendo le contraddizionidella storia e le possibili sofferenze della vita quo-tidiana. Per le quali occorre impegno, solidari-smo, scelta e utopia.

Grazie Cesare. Anche a nome dellascuola materna

La riflessione teorica e la progettazione empiricadi Scurati nell’ambito della scuola dell’infanziacompongono un affascinante mosaico di curio-sità culturale e di interessi intellettuali ramificati.Questi campeggiano nel suo zaino/scientificogriffato da una passione pedagogica e didatticaincessante, mai sazia. La passione educativa di Cesare, si è detto, trovacostante alimento nell’adesione piena a una Peda-gogia nutrita di inconfondibili venature filosofi-che ed epistemologiche. Di conseguenza, la suapassione didattica lo porta, ben presto, ad attua-lizzare il modello educativo della scuola maternaarricchendolo dei contributi empirici della scuolaattiva, della scuola a nuovo indirizzo e dellascuola a tempo pieno di casa nostra.Il mondo dell’infanzia illuminato da Cesare scon-torna alcune incancellabili idee educative. Que-ste. Il destino e le fortune del processo formativonon sono pronosticabili soltanto dentro alla rou-lette della scuola, perché dipendono - anche -dalla funzione e dal ruolo istituzionale che il ter-

ritorio sociale (la città) attribuisce alla comunitàscolastica. Come dire. L’istruzione e la matura-zione della bambina e del bambino - in quanto fu-turi cittadini - non vanno semplicisticamente at-tribuite al positivo o al negativo rapporto che al-lacciano con il proprio gruppo/sezione, perchédipendono anche sia dal prezzo ideologico che lascuola dell’infanzia deve pagare al sistema socio-culturale di cui é servizio educativo, sia dalle im-magini di donna e di uomo che gli adulti - i geni-tori, gli insegnanti e i mentori che occasional-mente incontrano lungo i sentieri della vita -stampano sistematicamente sulla loro pelle.L’idea di infanzia di Cesare appartiene intera-mente alla Pedagogia progressista (popolare e de-mocratica) generata dai movimenti attivistici,sperimentali e postmodernisti del nostro Paese. Èuna pedagogia popolare alla quale va attribuito ilmerito di avere smascherato e combattuto, senzatimori riverenziali, l’odierna dilagante uraganomediatico di immagini di infanzia. Effimere edeccentriche, perbeniste e inesistenti: create dallemultinazionali del mercato per pubblicizzareprodotti alimentari, dell’abbigliamento, del diver-timento et al. Quindi, per creare surrettiziamentequei bisogni-di-consumo, artificiali e superfluiche l’odierna società industrializzata sta mercifi-cando presso un bambino e una bambina indifesie scippati dei loro sacrosanti diritti alla cono-scenza, alla socializzazione e alla creatività. L’in-fanzia con cui simpatizza Scurati non é certoquella tutta immagine-spettacolo-consumo dierogazione televisiva. La sua é un’infanzia-altra:é presenza reale, viva, autentica nella città con-temporanea: occasione di incontro e di dialogocon i “pari”, con i genitori, con gli insegnanti econ il vicinato (*).

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note* Per approfondire queste righe di ricordo, vedasi ilSaggio a quattro mani da qualche mese alle stampe: F.Frabboni, C. Scurati, Dialogo su una scuola possibile,Giunti, Firenze 2011.

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Sira Serenella Macchietti*

Ho conosciuto Cesare Scurati negli anni set-tanta e gradualmente tra noi si è sviluppato

un rapporto professionale che mi ha consentito diapprezzarlo per la sua vivacità intellettuale, per ilsuo rigore scientifico, per la solidità della sua for-mazione, per le sue intuizioni spesso geniali, perle sue aperture culturali, per le sue produttive ri-cerche che si sono collocate in diverse prospettivedel sapere pedagogico, per la sua proposta di unadidattica coerente con la sua antropologia perso-nalista e con la fede che professava.In seguito, dal nostro rapporto è scaturita un’ami-cizia e negli ultimi vent’anni le nostre conversa-zioni non si sono più limitate all’ambito profes-sionale; infatti, Cesare mi ha parlato prevalente-mente di sé, del suo passato, della sua famiglia,dei suoi affetti e del suo dolore.La costruzione della nostra amicizia è stata favo-rita anche dal fatto che dalla fine degli anni ot-tanta in poi ho avuto l’opportunità di lavorare conlui nella Commissione Ministeriale incaricatadella revisione degli Orientamenti per la scuolamaterna del 1969 e successivamente di collabo-rare con la rivista “Scuola Materna” da lui direttae, quindi, in un certo senso, di vederlo crescerecome “costruttore” della pedagogia dell’infanzia.Inoltre, nel periodo in cui è stato elaborato il te-sto dei Nuovi Orientamenti dell’attività educativanelle scuole materne statali (D.M. 3 giugno 1991)ho potuto conoscere la sua “pedagogia testimo-niata” e constatare la sua capacità di coordinarecolleghi ed esperti “di diversa estrazione cultu-

rale, professionale e politica” rispettando leloro “convinzioni personali”, di mediare i variapprocci alle questioni di fondo, di elaborareun documento che onorava la particolaritàdella scuola materna, ne ridefiniva l’identità,ne sottolineava la natura culturale ed educa-tiva e faceva appello alla coscienza pedagogicadegli educatori.Ai maestri, infatti, il Nostro ha sempre chiesto“di essere agenti coscienti e responsabili del-l’educazione dell’altro”, di testimoniare “retti-tudine etica”, di orientare “ai valori definitividell’esistenza”, al rispetto della persona, a colti-vare “l’inclinazione e l’attitudine a promuovereil bene negli altri”, di essere coscienti del “pro-prio ruolo educativo” e “il possesso di sicurecompetenze, la disposizione all’autocritica ed al-l’autocontrollo”.Inoltre, ha sempre sostenuto che “la regola es-

senziale dell’educare è la reciprocità degli‘sguardi’ che, al di là dei servizi, degli interventi edegli adempimenti d’obbligo, connettono i sog-getti in gioco: per la famiglia, si tratta di recupe-rare le note della comunità di amore; per lascuola, di dare corpo di azione effettiva ad unideale di ‘comunità professionale di cura’”.Infine nel corso degli anni duemila Cesare Scuratiha auspicato “la costruzione effettiva di un uma-nesimo totale nel quale le dimensioni tradizionali(verbale, estetica, filosofica) si fondono con le di-mensioni di natura tecnologica e scientifica”1 e di“una cultura realmente universalistica dell’infan-zia come impegno comune dell’umanità”. Ha, quindi, testimoniato la sua fedeltà ai bam-bini e all’educazione dimostrando di essere “pervocazione e convinzione originaria e radicale, pe-dagogista della scuola sopra e prima di ogni altracosa”.In effetti, Cesare Scurati ha testimoniato di pos-sedere la virtù della fedeltà e quella della gratitu-dine nei confronti dei suoi amici2 e di tante per-sone che ha incontrato durante il suo percorsoesistenziale.Ha dimostrato, inoltre, di “saper voler bene” e di“volere il bene” di ogni creatura di Dio.

nota1 C. Scurati, Educazione ambientale: motivi e prospet-tive, in “Scuola Materna”, n. 4, 1° ottobre 2009, p. 18.2 A questo proposito giova ricordare la fedeltà dimo-strata nei confronti di Mario Mencarelli e di AldoAgazzi, cfr. C. Scurati (a cura), Educazione societàscuola. La prospettiva pedagogica di Aldo Agazzi, LaScuola, Brescia 2005.

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Cesare Scurati: l’impegno e la testimonianza

* Università di Siena

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VIIn. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Giancarlo Cerini*

Non era facile sullo scorcio degli anni ’90 con-durre in porto una operazione delicata come

era la revisione degli Orientamenti per la scuoladell’infanzia. C’erano nell’aria molte aspettative,spesso però pilotate da sindacati più attenti agli or-dinamenti che non agli orientamenti (perché ingioco ci sono pur sempre posti, orari, strutture,ecc.). Si era appena conclusa l’epopea dei nuoviprogrammi della scuola primaria (1985), ove laqualità del progetto pedagogico-didattico faceva ag-gio sui modelli organizzativi (ma c’era pur sempreil “modulo” che infervorava gli animi). Bisognava inqualche modo portare a compimento quel “tritticobruneriano” – materna, elementare, media – cheavrebbe suggellato definitivamente l’ammissionedella scuola dai 3 ai 6 anni al “gran ballo” del curri-colo (ma con qualche rischio di scolasticismo).C’era poi la grande questione “cattolica”, cioèl’enorme peso che la tradizione d’oltre Tevere gio-cava nel comparto dei servizi educativi non stataliper l’infanzia. Insomma occorreva un fine tessitore,qualcuno capace di tenere a freno le intemperanzedei tanti accademici presenti nel gruppo di espertichiamati a “palazzo”, ma di cogliere anche i segnaliprovenienti dalle tante scuole dell’infanzia sparselungo lo stivale. Ne venne fuori un capolavoro sulpiano culturale e del metodo, di cui Cesare Scuratifu abile regista, con spirito di servizio e disponibi-lità al dialogo continuo, anche con i giovani imper-tinenti – come lo scrivente – che a quel tempo face-vano le prime apparizioni negli austeri saloni delMinistero.

Orientamenti ancora validi

Ma perché ancora oggi ricordiamo gli Orientamentiper la scuola dell’infanzia del 1991 come insuperatotesto di riferimento per la scuola dei piccoli? Per ilmetodo prescelto, che fu quello di non arrivare conun blitz ad un documento scritto a tavolino, ma dipassare attraverso stesure e approssimazioni suc-cessive. Tra il primo documento di orientamento(1989) e la versione finale (1991), fu gestita un’am-pia consultazione che portò a circa 15.000 schedepervenute da quasi tutte le scuole. Ogni risposta ve-niva letta da piccoli sottogruppi, le questioni sa-lienti riprese in parole chiave, mentre schede di sin-tesi davano il “tono” di quanto veniva emergendodal paese reale (e Cesare inseriva nella sua borsa, altermine della giornata, quelle preziose “voci dallascuola”, sicuro che da una pur rapida lettura neavrebbe tratto giovamento tutto il lavoro). E fu così,gli Orientamenti erano il frutto di una ballata po-polare (e Cesare ne era il cantastorie) che crescevamese dopo mese nei tanti incontri, confronti, inter-

venti: due anni spesi bene, perché il progetto si ra-dicava nel Paese e tra gli insegnanti (mentre i mini-stri cambiavano: erano appunto gli Orientamentidella scuola dell’infanzia, non di questo o quel mi-nistro…).Anche i contenuti rispecchiavano le doti di equili-brio del coordinatore: non un programma rigido,precocemente ingabbiato nei saperi, ma un approc-cio ecologico, ricorsivo, rispettoso della plasticitàdello sviluppo infantile, eppure già proiettato versoun ambiente di apprendimento sapientemente re-golato dalla mano leggera del docente. Parole chepoi hanno forgiato un lessico pedagogico amato ericonosciuto dagli insegnanti: campi di esperienza,sistemi simbolico-culturali, regia educativa, il sé el’altro, il contesto affettivo, la relazione educativa.Parole su cui è cresciuta molto la scuola dell’infan-zia italiana, interpretata al meglio in quello scorciodi stagione pedagogica in cui prevalevano ancora leragioni del confronto e della condivisione. Si pensialla questione della religione, alla delicatezza delpluralismo di quel “sé e l’altro” (che lascia alla sen-sibilità della comunità educativa di fare un uso so-brio della A maiuscola), attenta alla dimensioneumana, antropologica, che apre (non anticipa) do-mande di senso. Ho sentito anche recentemente Scurati affermareche la scuola dell’infanzia e la scuola elementaresono scuole di popolo, spazi comunitari e identitarima aperti ad incontri “universali”, “luoghi di pacifi-cazione sociale” (sua è la citazione). Un bene pre-zioso da salvaguardare, da tenere al riparo da con-flitti impropri, regolato dalla professionalità deglioperatori che prendendosi cura della loro comunità(scolastica) si prendono cura della più ampia co-munità (sociale). Come solo i grandi educatori, allaCesare Scurati, sanno fare.

* Ufficio Scolastico Regionale, Emilia Romagna

Un paziente tessitore… un fine cantastorie

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VIII n. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Paolo Calidoni*

Qualche settimana fa mi aveva molto colpitol’eco su Twitter della proposta del Depar-

tment of Education del Governo degli U.S.A. della“Teacher Appreciation Week”. Dal 2 al 6 maggiotutti erano invitati a “postare” un messaggio - an-che multimediale - per ringraziare pubblicamenteil docente che gli aveva “cambiato la vita”. Neavrei parlato al mio prof, a quel prof che mi hacambiato la vita, a Cesare - che tanto aveva colti-vato studi e amicizie con gli U.S.A. - alla primaoccasione d’incontro. Purtroppo, inaspettata-mente, non c’è stata.

Arrivò puntualissimo, era giovane; si presentò,distribuì una scheda ciclostilata e si mise a “far le-zione” ponendoci domande, facendo schemi allalavagna ed alternando riferimenti teorici dotti,esempi concreti, qualche nota di colore e d’attua-lità. Insomma, un’eccezione in quell’antica auladi università di provincia, dove anche i docentipiù contestatori - era il 1969 - avevano la barbabianca e facevano lunghi discorsi retorici. C’in-contrammo così, il prof al primo incarico d’inse-gnamento universitario, dopo alcuni anni di la-voro come maestro e direttore, ed il maestrino deldoposcuola che al mattino frequentava il secondoanno di Magistero. Il corso era di didattica gene-rale.Cominciava un cammino con una guida speciale,quella che ascolta ed addita, che accompagnanella scoperta ma non si sostituisce né obbliga,che rende possibile il progressivo allargamentodell’orizzonte e l’approfondimento della rifles-sione andando da un crinale all’altro, da un in-contro all’altro; insieme, ma ognuno con le suegambe ed in compagnia con altri. Bruner, Skinner, Freire, Rogers furono i primi in-

contri di cui si fece mediatore nel corso dei mieistudi universitari, con un’apertura di sguardo chespaziava nel mondo e negli orientamenti ideali,che andava alle radici (Locke, gli utopisti, DonBosco), continuamente aperto all’ascolto dell’at-tualità (è del 7 gennaio 2011 l’email con la qualeha fatto girare tra suoi ex allievi il Rapporto del2010 di Renee Hobbs per l’Aspen Institute sullaDigial and Media Literacy ed una scheda in pub-blicazione su MED, la rivista dell’associazione perl’educazione mediale che ha contribuito a fon-dare e sviluppare) ed impegnato nella riflessionecritica penetrante. Penetranti come gli sguardidei profili a carboncino degli autori che ha incon-trato e fatto incontrare, ripresi nel volume “Profilinell’educazione” (Vita e Pensiero, 1991), che cam-peggia(va)no alle sue spalle nel suo studio all’uni-versità ed ai quali aveva giustamente aggiunto an-che il proprio. Tutti, ciascuno e sempre incontraticome persone e non solo come studiosi o ricerca-tori, a cominciare dai suoi allievi.Incontri fatti di letture, analisi, approfondimento,lavoro individuale ma anche di confronto e rifles-sione di gruppo, con spirito ed obiettivi di servi-zio concreto alle professioni educative. Quindi, lapartecipazione a diverse “cordate” (nel significatoalpinistico e amicale del termine, non in quellolobbistico), che affrontano sempre nuove sfide, èstata la costante dell’impegno di Cesare e del no-stro continuo reincontrarci anche con nuovi, di-versi e più giovani compagni di viaggio. La parte-cipazione all’attività dell’Associazione ItalianaMaestri Cattolici con i primi studi sul curricolo eal gruppo della Scuola come Centro di Ricerca; la

Grazie, Cesare, grande prof!

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IXn. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

fondazione del Gruppo Italiano di Studi sul Cur-ricolo e di Dirigenti Scuola, la prima rivista ita-liana sul tema; il lavoro nella commissione mini-steriale incaricata di elaborare i programmi dellascuola elementare e per Scuola Italiana Moderna;la redazione degli orientamenti per la scuola del-l’infanzia, l’impegno per Scuola Materna e l’idea-zione di Mondozero3; l’attività nella Società Ita-liana di Pedagogia. Da ultimo, l’elaborazione diun volume su “Le scuole di base in Italia: di tuttie per tutti” (LAS, 2011), destinato alla traduzionein cinese, che raccoglie in sintesi la Pedagogiadella Scuola dell’infanzia, primaria e secondariadi primo grado che Cesare ha elaborato e genero-samente messo a disposizione, senza risparmiarsinell’impegno pubblicistico e formativo. Di cui glisono grati insegnanti e dirigenti amici dei bam-bini e ragazzi della scuola italiana. Sì, l’amicizia del maestro e della guida è stata lacifra del suo lavoro e delle sue relazioni, della suavita. L’insegnamento di una testimonianza; da se-guire.Quando ci è capitato di condividere il momentodella perdita di un amico, Cesare più di una voltaha menzionato un canto di montagna che amava:

note1 B. De Marzi, Signore delle Cime, Ed. Mus. Curci, Mi-lano 1968.

Signore delle Cime1. Rileggerlo, riascoltarlo, me-ditarlo vuol essere un modo semplice e sincero diringraziare e salutare il nostro grande amico prof.

Dio del cielo, signore delle cime un nostro amico, hai chiesto alla montagna. Ma ti preghiamo, ma ti preghiamo su nel paradiso, su nel paradiso lascialo andare, per le tue montagne.

Santa Maria, signora della neve copri col bianco, (tuo) soffice mantello il nostro amico il nostro fratello. Su nel paradiso, su nel paradiso lascialo andare, per le tue montagne.

* Università di Sassari

Il prof Scurati con il prof. Aldo Agazzi in occasione di un convegno

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X n. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

* Segretario nazionale Fism

Luigi Morgano*

A distanza di qualche settimana dalla morte delcaro amico Professor Cesare Scurati, debbo

confessare che ho ancora difficoltà a parlare diLui. L’emozione non può non prendermi per lafraternità del rapporto che negli anni si era co-struito, esito di empatia e di comuni idealità, non-ché della condivisione di impegni ed appunta-menti.Innanzitutto va sottolineato che la Sua scelta divita, professionale ed umana, fu l’educazione:come docente, genitore, educatore, pedagogista.Scelta attuata nella intelligente, proficua, gene-rosa attività da Lui svolta.Alla scuola, con la S maiuscola, sia nella fase dellaSua formazione e poi lavorando in essa e per essa,diede il meglio di Sé, ciò che Gli era più conge-niale, intimo della Sua anima. Un impegno maidimesso, che dice di una passione esigente e ri-spettosa, per una scuola libera e liberatrice, a par-tire dalla materna.Fu un Maestro. Un uomo di cultura coerente edappassionato capace di trasmettere la Sua voca-zione cristiana, il sentimento austero dell’uma-nità che costruisce, anche nel dolore, come nel sa-pere, il suo presente ed il suo futuro.Chi l’ha conosciuto ben sa quanto contassero perLui i Suoi studenti: coltivando la loro promozioneumana, da un lato li incoraggiava, dall’altro ren-deva loro disponibili i Suoi talenti di educatore,con quella compiutezza morale che manifestavasia nella quotidianità del Suo insegnamento chenelle Sue altre molteplici presenze e in cui riflet-teva la Sua maturità, la Sua pacatezza, i Suoi sen-timenti più veri e la perseveranza dei propri con-vincimenti.Uomo di cultura, manifestava la Sua curiosità in-tellettuale in un’attenzione sollecita alle vicendedella vita ed alle trasformazioni di una societàsempre più esigente, con quel Suo carattere avolte introverso ma gioviale, con amici e colleghi,capace di superare le formalità e di stabilire con-tatti positivi.Ricordare il Professor Cesare Scurati vuol direanche parlare di qualità della scuola, di aggiorna-mento, di autoaggiornamento, di scelte capaci diandare oltre gli ordinamenti legislativi vigenti al-l’epoca, con proposte in grado di sollecitare no-vità. Mi limito a ricordare il Suo apporto alla rile-vante evoluzione che via via ha interessato lascuola dell’infanzia e la scuola elementare ora pri-maria, per promuovere una formazione ancor piùadeguata delle educatrici e delle insegnanti. An-cora, il sostegno a progetti innovativi, la valoriz-zazione di quanto di costruttivo si svolge nella

scuola, la vo-lontà di contri-buire a supe-rare le diffi-coltà. CesareScurati è, infatti, all’origine e alla definizione de-gli Orientamenti della scuola italiana del 1991,che restano un documento vitale, frutto di un sa-piente coordinamento della Commissione mini-steriale che redasse il testo.Il Professor Scurati sosteneva che una società inmovimento dovrebbe essere una società che in-terpella la scuola in modo esigente, assumendosiperò l’onere di qualificarla e di investire su di essacon convinzione e determinazione. In questosenso, la complessità è, per la scuola, soprattuttoper la scuola dell’infanzia, una provocazione euna sfida: infatti, non si tratta di fare riferimentoa una generica sociologia dell’educazione o di ri-volgersi ad alunni senza volto né storia, ma sitratta di interagire con diverse realtà, di com-prendere storie differenti, di accogliere bambiniconcreti e di formulare proposte educative credi-bili nei diversi contesti socio-culturali. Un criterioorientativo, questo, che attraversa il progetto diuna nuova scuola dell’infanzia da Lui perseguitae ne sostiene l’impianto educativo e didattico.Aspetto della complessità che coglie non solo lavarietà delle situazioni di vita, legate all’eteroge-neità delle esperienze e dei modelli offerti, ma an-che la varietà delle sollecitazioni e degli stimoliche alimenta i processi di apprendimento. In so-stanza, un’idea di complessità applicata all’orga-nismo sociale e al tessuto di informazioni, dinuove funzioni, di rapporti che ne contraddistin-guono lo sviluppo, che rimanda ad un quadrofondamentalmente positivo di risorse, di stru-menti e di mezzi a cui attingere.Per tratteggiarne compiutamente la figura biso-gna leggere i Suoi interventi svolti in occasionedei tanti convegni e corsi di aggiornamento intutta Italia – organizzati, in parte, anche dallaFISM, Federazione Italiana Scuole Materne – daiquali emerge la tensione prospettica del Suoagire, nonché i tanti saggi e volumi di cui è statoautore.Il Professor Cesare Scurati si è contraddistinto, inanni sicuramente anche difficili, non solo inse-rendosi – a tutti gli effetti – nella grande tradi-zione pedagogica ed educativa italiana, ma arric-chendola.

A ricordo dell’amicoCesare

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XIn. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Sergio Angori*

Tra le tante suggestioni offerte da Cesare Scu-rati nella sua ampia e qualificata produzione

scientifica ci piace richiamare l’immagine cui eglifa ricorso per delineare i lineamenti peculiari (e,per converso, anche i lineamenti comuni) propridelle diverse figure educative che si alternanosulla scena nelle diverse stagioni della vita: quelladel volto. L’educazione – che se ne faccia promo-tore il genitore, l’insegnante, l’animatore, il for-matore, il consigliere, la guida spirituale, pocoimporta – se è tale ha sempre come obiettivo pro-muovere e coltivare le potenzialità della persona(perché questo, in sintesi, è chiamata a fare). Ciòche cambia sono le condizioni che possono favo-rirla o ostacolarla, gli stili relazionali volta a voltaadottati, le attività e gli strumenti di cui si serve;da contesto a contesto cambia soprattutto il modoin cui viene promossa e condotta. Ed il “modo” dieducare rinvia incontestabilmente a ciò che di di-stintivo possiede la “figura” che di tale attività sifa interprete. Rinvia, sottolinea Scurati, ad unvolto e quindi ad una “identità personale”, ad un“passaggio significativo”, all’“equivalente di unanecessità”, alla “insostituibilità di una presenza”1.Superfluo annotare che le varie figure educativeriescono a lasciare un segno su coloro di cui si oc-cupano solo se capaci di stabilire con essi una re-lazione significativa e se percepite come autenti-camene capaci di sostenere in modo efficace lacrescita di ciascuno. “L’idea di volto e quella dipresenza, annota ancora Scurati, camminano in-sieme ed entrambe non si accontentano di tratti edi colori, ma esigono lineamenti”2. Se il termineprofilo richiama la descrizione minuziosa dellecompetenze tecniche da possedere per svolgereuna determinata attività professionale, con volto

si evocano piuttosto le doti dipersonalità (sollecitudine, cura,empatia) che devono sorreggerel’agire in ogni sua manifesta-zione, specialmente se si trattadell’agire educativo. Il volto sin-tetizza sia il ruolo, la funzione, lecompetenze dell’educatore, che lacapacità di guardare l’altro negliocchi, la disponibilità ad ascol-tarlo e a leggerne i silenzi, la pre-mura nell’affiancarlo e nel soste-nerlo nella crescita.Educare, scrive Scurati, “è senzadubbio una delle forme del servire,ma questo non deve essere confusocon la debolezza. Solo chi è forte(competente, preparato, sicuro),egli aggiunge, può imbandire la ta-

vola agli altri; solo chi ha può dare: il servizio del-l’educatore, quindi, non è il servire dello schiavo,ma l’invito del signore, che ha in sé la ricchezzadel contenuto, la bellezza del dono e l’attrazionedel gesto. In questo senso, l’azione formativa na-sce sempre dal bisogno (povertà) ma si concludepoi con l’offerta dell’intervento (sostegno, consi-glio, aiuto, direzione, docenza: ricchezza)” . Pa-role scarne, essenziali, prive di retorica – questolo stile del suo parlare e del suo scrivere – e, allostesso tempo, profondamente vere ed impegna-tive. Parole che Cesare Scurati ha onorato testi-moniando scrupolo e perizia nell’interpretare i bi-sogni emergenti (quelli legati ai mutamenti so-ciali e culturali del nostro tempo come quelli ri-guardanti le professioni educative), ma anchepreoccupandosi di suggerire, a quanti sono chia-mati ad assumere il “volto” dell’educatore, criteriper legittimare il loro agire, per individuare sen-tieri di indagine in grado di produrre conoscenzecon le qual affrontare i problemi in cui sono de-stinati ad imbattersi, per non farsi affascinaredalle sirene del didatticismo.La “sintesi” che egli riusciva ad operare con stu-pefacente maestria, tanto nell’ambito della rifles-sone teorica quanto nei contesti operativi (ne ab-biamo appena proposto una esemplificazione conl’idea di volto), testimonia una grande capacità dielaborazione mentale di informazioni, concetti,teorie ed una straordinaria attitudine – sorrettada una forte passione educativa – a tradurre il sa-pere pedagogico in proposte, esperienze, prospet-tive per ulteriori ricerche.

* Università di Siena

Una singolare capacità di sintesi

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n. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Mario Falanga*

Scrivere pur brevi parole su Cesare Scurati, fra-terno amico, non è tanto un rovistare nella

memoria e nella selva dei ricordi, quanto un ri-trovarmi annodato e avvinto in forti emozioni;troppo acerba è stata la sua scomparsa e repen-tina. E sono qui a ricordarlo con il cuore gonfio ditristezza.

La conoscenza personale

Da giovane ho studiato sui suoi testi; era tra i pe-dagogisti emergenti nel panorama culturale edaccademico italiano. Di lui mi hanno sempre fa-vorevolmente colpito l’ampiezza del sapere peda-gogico, affinato nel confronto con le fonti inter-nazionali della cultura, il saldo radicamento delsuo argomentare ai principi etici del personali-smo cristiano, un grande amore per la scuola, inparticolare quella primaria, e un periodareasciutto, a volte linguisticamente creativo, defini-torio, mai ridondante o retorico.La conoscenza personale risale alla fine del mesedi marzo 1990, quando l’Editrice La Scuola diBrescia mi chiamò per una collaborazione stabilealla rivista “Scuola Italiana Moderna” (SIM); do-vevo curare, insieme con l’indimenticato ispettoreVittorio Vincenzi, la parte relativa all’informa-zione giuridica e amministrativa. All’epoca il prof. Scurati faceva parte del Comi-tato di redazione della casa editrice, collaborava aSIM, dirigeva con successo la rivista “Dirigenti eScuola”, da egli stesso fondata, promuoveva edanimava, ricordo bene, tavole rotonde, convegni,incontri di studio, discussioni.

Memorabili i suoi in-terventi nei convegniannuali promossidalla rivista ScuolaItaliana Moderna,con cui ha posto lebasi per il rinnova-mento della scuolaelementare italianacome scuola delgruppo docente, delmodulo organizza-tivo e del supera-mento della figuradel maestro unico,oggi improvvida-mente ripristinata.

Incarichi di fiducia

Scurati mi volle subito nel Comitato direttivodella sua rivista per dirigenti scolastici, con ilconcorde parere del direttore editoriale, all’epocaRemo Bernacchia; sino a designarmi, nel 2009,vice-direttore della stessa, insieme con il prof.Mario Castoldi. Il mio compito è consistito nelcurare la rubrica giuridica.Dire che mi stimava è dire parzialmente la verità;mi voleva bene davvero; mi stimolava e valoriz-zava in tutto, aveva grande fiducia nei miei poverimezzi. Una volta ricordo che gli chiesi come im-postare un editoriale per la rivista “Scuola Ma-terna”, di cui pure egli era direttore responsabile;la richiesta era motivata dal fatto che nell’edito-riale avevo intenzione di censurare il comporta-mento di un ministro dell’istruzione, se ricordobene si trattava del ministro Berlinguer. La sua ri-sposta fu secca; mi disse: “Scrivi l’editoriale in au-tonomia, come hai sempre fatto”. Se non è fidu-cia questa! Ed io non sono mai venuto meno aquesto credito di fiducia!Ed un’altra volta si adoperò oltre misura nel volerrisolvere un contrasto sorto tra me ed un comuneamico: voleva che tra i suoi collaboratori ci fossesempre concordia e serena cooperazione.

La persona

Amava la compagnia, era molto socievole, formi-dabile intrattenitore e sempre di buon umore, al-meno sino a quando non lo ha colpito il forte do-lore per la scomparsa della moglie, la signoraRita. Negli ultimi tempi, devo dire, si era anche ri-preso, seppure moderatamente; mi ha confidato,contento e con dire dimesso, che aveva ripresol’attività di relatore e che ne richiedevano la pre-senza in diverse città e per diverse occasioni dicultura e di pedagogia. Insieme stavamo anche lavorando all’idea di scri-vere un volume, un dizionario dei termini peda-gogico-giuridici; l’idea gli era venuta anni fa, mal’avevamo accantonata per reciproci, ed ecce-denti, impegni di lavoro. La prematura scom-parsa non ha consentito il prosieguo di questo co-mune progetto ed ha interrotto un’amicizia, sin-cera e fraterna, di lungo corso.Grazie prof. Scurati per tutti i tuoi doni di bontàe di intelligenza.

Il mio ricordo-omaggio

XII

* Università di Bolzano

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nota1 C. Scurati, Innovazione e transizione:lineamenti dipedagogia della scuola, in C. Scurati (a cura di), DalleIndicazioni alla Scuola, Linee di sviluppo didattico, LaScuola, Brescia 2004, p.10.2 Ibidem, p. 14.3 Ibidem, p.15.4 C. Scurati, Il limite e lo sguardo, in C. Scurati (a curadi), Infanzia famiglia scuola. Comunità e comunica-zione, La Scuola, Brescia 2005, p. 10.5 C. Scurati, Innovazione e transizione, op.cit., p.20.

Concetta Sirna*

Difficile sintetizzare in poche battute itanti importanti contributi del peda-

gogista e amico Cesare Scurati, studiosoeccellente e persona di grande umanità,cui siamo tutti debitori di riflessioni acutee suggerimenti preziosi. Sicuramente ilsuo lavoro, al contempo lucido ed appas-sionato, è stato fondamentale per lascuola, e per quella dell’infanzia in parti-colare, che ha contribuito a rinnovare sianei suoi assetti istituzionali che sul pianodella professionalità dei docenti. Suo messaggio chiave era l’idea che la scuoladebba sempre mantenere aperta la tensione tra la“promozione dell’autorealizzazione personale sulpiano individuale” e la “creazione di una ‘civitas’morale collettiva”1. La scuola, ricordava sempre,non può ridursi a “tecnologia sociale”, ma va in-tesa ed attuata come “una realtà umana, per cui,oltre che come luogo delle regole, occorre vederlacome mondo dei principi e dei significati, comu-nità nazionale-internazionale-ecumenica, profon-dità storica e struttura etica”2.Quella per cui ha lavorato è, quindi, una scuola diqualità che cerca la sostanza, la profondità e lastrutturazione dell’umano: vuole diventare illuogo “nel quale, oltre alle sicurezze della scienza,circolino anche le domande e le verità della co-scienza, senza delle quali l’impatto formativo ri-sulta troppo debole rispetto alle sfide che ci at-tendono”3. Per realizzare questo tipo di scuola ènecessario, però, riuscire a ‘dare corpo’ di azioneeffettiva ad un ideale di ‘comunità professionaledi cura’”, che sappia mobilitare le persone che inessa interagiscono, siano essi alunni, docenti, ge-nitori e responsabilizzarli, ciascuno rispetto alproprio compito educativo, in uno sforzo coope-rativo e sinergico. Non si stancava, quindi, di av-vertire che il “nucleo centrale del rapporto e del-l’interazione non va tanto cercato nella intensifi-cazione e razionalizzazione dei tavoli istituzionaliquanto nella sinergicità concreta degli incontriaperti tra adulti corresponsabili di una progettua-lità formativa: per questo, il senso del parlare edel lavorare assieme prevale su quello della cor-retta e diligente osservanza di doveri e del puro esemplice rispetto dei diritti”4.A questa idea di scuola e di professionalità edu-cativa impegnativa e realistica Scurati si è sem-pre attenuto, con coerenza e tenacia, anche nelle

varie stagioni tumultuose della politica scolastica,testimoniando la sua volontà di trovare terreni diintersezione e di scambio utili per continuare ilcammino. Anche nei momenti più difficili i suoiinterventi erano privi di acrimonia e costruttivi,ricchi di quella sottile ironia che aiuta a svelenireil clima.Uomo del dialogo rispettoso dell’interlocutore, siaffidava alle argomentazioni, sempre chiare e maibanali, per comunicare con i compagni di viaggioe le sue proposte erano sempre mediazioni epunti di raccordo che tenevano conto delle tanteesigenze e delle riflessioni di tutti. Era convinto che “l’innovazione nella e della qua-lità o cammina sulle strade dell’originalità cultu-rale e della cooperazione professionale o siferma”5. Ecco perché ha profuso tanto impegnoper l’arricchimento personale e professionale de-gli insegnanti, con un’opera di accompagnamentoe di animazione culturale continua, svolta dallepagine dense di riflessioni e di spunti operatividelle riviste didattiche, che per tanto tempo ha di-retto. Era questo il suo aiuto concreto a chi stavain prima linea, affinché non si scoraggiasse, nonvivesse in solitudine i problemi, ma riuscisse atrovare quella “reciprocità di sguardi” che ali-menta la comunità educativa capace di cura. Ci ha insegnato che, come lui affermava, senza“sguardi condivisi” e “attenzione congiunta” nonc’è vera cultura educativa, ma solitudini disperateo presuntuose fughe in avanti facilmente neutra-lizzabili.

Gli sguardi condivisi della culturaeducativa

* Università di Messina

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XIV

* Università di Genova

Ricordo di un maestroOlga Rossi Cassottana*

Conobbi Cesare Scurati a Genova presso la Fa-coltà di Lettere e Filosofia nel lontano 1980.

Lo vidi, infine, il 2 maggio 2011, nella stessa sede,nell’Aula Magna di Via Balbi 2. Fu, ancora una volta, lucidissimo e autorevole re-latore al Convegno che avevo organizzato il 2maggio su “1911-2011 Cento anni della ScuolaRinnovata-Pizzigoni secondo il ‘Metodo speri-mentale’. Genova-Milano insieme per un progettoeducativo d’avanguardia”. Oltre alla relazione suIl metodo Pizzigoni, lo invitai a trarre le conclu-sioni finali che hanno impresso negli intervenuti(Dirigente G. Mezzatesta e Docenti della “Rinno-vata”, autorità cittadine, relatori e studenti, le at-trici C. Peirolero e L. Sacco) un messaggio pro-fondo con il segno indelebile dell’autentica peda-gogia. La pedagogia come sapere indispensabile.Via Balbi è la sede dei palazzi universitari dellaFacoltà di Lettere e Filosofia e scende in linearetta dalla Stazione Principe a Piazza della Nun-ziata.Cesare Scurati amava quel percorso breve, quellapasseggiata quasi piana per Genova, dove si alter-nano i negozietti per turisti ai Palazzi dei Rolli,un po’ tetri e maestosi, ma poi splendidi all’in-terno (tra i quali quelli universitari), il PalazzoReale, il Palazzo Cattaneo Adorno e un mare chesi “sente” vicinissimo, ma non si vede. Se si ci af-faccia, però, dalla balconata di Palazzo Reale siha la conferma che il mare sia proprio vicinis-simo: è nelle fondamenta e lo si tocca quasi conmano. Lo aveva entusiasmato l’idea del Convegnoe di ritornare a Genova.Avvertii subito che era uscito dal tunnel del dolorepiù profondo per la scomparsa dell’amatissimamoglie Rita.

Il primo incontro con Cesare Scurati, il grandeprofessore che aveva scoperto lo strutturalismoin Italia, avvenne nella sezione di Pedagogia, chesi apre sul loggiato del famoso “Balbi 4”. Era l’ini-zio dell’anno accademico 1980-81, il momento incui egli si trasferì a Genova come straordinario diPedagogia presso l’allora Facoltà di Magistero. Ilconoscerlo mi fece avvertire, allora ricercatrice diPedagogia, quale ero, che i progetti educativi po-tevano davvero realizzarsi, dopo averne scanda-gliato i fondamenti e i più intimi significati peda-gogici. Molto densi e gioiosi sono i ricordi che milegano a lui. Certo l’“amalgama” prima furono glistudi sull’orientamento, le ricerche su G. Pizzi-goni e la Scuola “Rinnovata” di Milano, i conve-gni internazionali promossi dalle ATEE. Poi, ci

ha fatti sentire vicini, ulteriormente, l’aver condi-viso la preparazione di bravi e brillanti allievi. Sono, ripeto, ricordi sfolgoranti per la gioia chesapeva suscitare in me, guardando ai progetti chesi possono attuare attraverso lo studio e la ri-cerca. Lo studio come comprensione profondadegli eventi e come mezzo di realizzazione di in-terventi utili socialmente, a favore della comu-nità. Il suo orizzonte partiva dalla realtà, spessovicina e contingente della scuola, della famiglia,dei profili degli educatori, della multimedialità,della formazione degli insegnanti e dei dirigentiper aprirsi a una visione interpretativa assoluta-mente rigorosa rispetto ai paradigmi pedagogiciche andavano sempre individuati e rispettati,confrontandosi con il portato delle ricerche inter-nazionali. Anche a questo riguardo fu uno deiprecursori nell’universo dei pedagogisti. Molteplici sono i fotogrammi che mi scorrono da-vanti: la giornata trascorsa con lui ed Aldo Agazzialla “Rinnovata”, che voleva ripercorrere i segnipiù tangibili del “metodo”, i convegni di presen-tazioni dei volumi che ho dedicato a questascuola al Museo della Scienza e della Tecnica, al-l’Università Cattolica di Milano, alla Banca Popo-lare di Bergamo, alla sede magnifica della stessaRinnovata,Un’ultima telefonata di Scurati che stava vali-cando l’Appennino, oltre i Giovi, con le insegnantidella Rinnovata e la presidente dell’Opera Pizzi-goni, F. Maddalena, lo squillo di Andrea Bobbioche mi comunicava la tragica notizia: una perditaincommensurabile per la pedagogia, un dolore la-cerante per me che in qualche modo mi sono sen-tita sua allieva.

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XVn. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Andrea Bobbio*

Ho conosciuto Cesare Scurati nel novembre1997 all’Università Cattolica di Milano,

quando gli fui affidato come dottorando in Peda-gogia. Da allora la nostra frequentazione non si èmai interrotta, anzi si è fatta intensa occasione dilavoro, di ricerca, di collaborazione. Il Lei che ab-biamo continuato a scambiarci in questa espe-rienza di vita (e per me di formazione) è stato lospecchio paradossale (quasi un dispositivo iro-nico) di questa crescente, sotterranea complicità,mai un modo da Lui usato per legittimare il suosoverchiante prestigio (per Lui non ho mai do-vuto fare fotocopie, svolgere manovalanza didat-tica, prestare servizi accademici non dovuti o perme non formativi). La lezione – di vita, di stile, dimagistero – che quotidianamente ha testimoniatoè difficile da distillare in poche righe, ma il ri-cordo di alcuni distinguibili capisaldi che nehanno contraddistinto il magistero ed il modo dioperare è occasione per chi lo ha conosciuto di unutile esercizio di memoria e di rielaborazione dellutto della sua scomparsa.

La ricerca dell’essenziale

Cesare Scurati correggeva i miei articoli con l’at-tenzione, l’umiltà e la precisione del maestro ele-mentare. La forma del saggio pedagogico, se-condo una lezione cara a don Milani, per Lui do-veva essere chiara, cristallina nella sua strutturasintattica (soggetto+verbo+predicato verbale),tesa a semplificare la realtà per porgerla senza in-fingimenti o inutile ridondanza all’interlocutore.Non a caso un suo importante volume del 1989 siintitolava appunto Punteggiature e discorsi. I suoisaggi e le sue ricerche, di conseguenza, erano con-traddistinti da una densità teorica mai fine a sestessa, erano sintetici ma documentati, sobri, ele-ganti, talvolta ironici, ad ampio pescaggio cultu-rale. Il fine della ricerca pedagogica, infatti, eraper Scurati quello d’identificare le strutture d’or-dine della realtà, le costanti di senso che rende-vano il sapere sull’educazione utile, insegnabile,spendibile nelle concrete esperienze di vita, al ser-vizio della professionalità dell’insegnante o del ri-cercatore. Gli studi sullo strutturalismo, sul curri-colo e gli scritti di pedagogia teorica (con sconfi-namenti storici non scientificamente secondari),attestano la costante ricerca di quegli idealtipi, diquei modelli latenti, che consentono l’universaliz-

zazione delle ideesulla formazionegenerando, nelleistituzioni e nellapiù vasta “comu-nità educante”,apprendimento einnovazione.

Una pedagogia di servizio

Per Scurati la ricerca pedagogica aveva una con-sistenza essenzialmente pratica, con radici solidee ben fondate nell’humus della quotidianità edu-cativa. Non aveva dimenticato il suo passato mili-tante: come insegnante prima e come dirigentepoi. Da queste esperienze aveva acquisito una vi-sione della formazione intesa essenzialmentecome servizio, come reciproco scambio tra macroe micro, senza subordinazioni o gerarchizzazionidi sorta. Dalla fondazione di Dirigenti Scuola alladirezione di Scuola Materna alla presidenza dellaCommissione per gli Orientamenti ’91, alle sue in-dagini sulla ricerca-azione traspariva quest’atten-zione democratica, partecipativa, alle vicendedella scuola, lette, sempre, con una visione lungi-mirante, prospettica, orientata al futuro.

Una pedagogia al futuro

La ricerca pedagogica di Cesare Scurati si segnalacome discorso non soltanto in grado d’intrave-dere e valorizzare i motivi di speranza nella situa-zione attuale, ma capace di porsi come intenzio-nale prospettazione di opportunità alternative diquesta stessa realtà, per superarla migliorandola.Proprio al filone della “speranza”, quindi, aderi-sce il pensiero di Cesare Scurati che, partendo daautori antropologicamente “ottimisti” (Baden Po-well, Rogers, Pestalozzi, Freire, Mencarelli, Ago-sti) e valorizzando anche gli apporti dei più apertidepedagogizzatori (Illich, Skinner) ha raccordato– senza celarne le contraddizioni e le antinomie –gli aspetti umanistici dell’educazione con i motivid’inserzione che progressivamente filtravano daaltre discipline: psicologia, didattica, tecnologie1.Grazie di tutto questo, professor Cesare: uomo,maestro, amico!

Cesare Scurati: Uomo, Maestro. Amico

note1 Cfr. A. Bobbio, P. Calidoni, Introduzione, in A. Bobbio,P. Calidoni (a cura di), Tra pedagogia e didattica. Saggiin onore di Cesare Scurati, Armando, Roma 2009, p. 13.* Università della Valle d’Aosta

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grandi dei suoi, mi partecipò queste considera-zioni su due aspetti della genitorialità, autorità edominanza, con chiaro riferimento alla sua espe-rienza di padre. L’autorità è un fatto umano, con-nesso ai valori sociali, culturali, o addirittura mi-tici, mentre la dominanza si fonda su un fatto ani-male (superiorità, potere). Si chiedeva – tra l’altro– se la sua fosse un’autorità tradizionale, fondatasul passato, o un’autorità moderna, che si argo-menta nel futuro e che si fonda anche sulla curarivolta a preservare, a rispettare il potenziale crea-tivo di ogni sistema aperto, incompiuto, instabile,per aumentare, in qualche modo, le competenzedel figlio. E aggiungeva che è importante smetteredi demonizzare l’autorità, ma rimane comunquenecessario saperla esercitare in modo da coinvol-gere l’interiorità di ciascuno. Al posto di un più omeno vacillante trono, dunque, dovremmo far tro-vare al bambino sguardi ed attenzioni.In altra occasione, ancora una volta, anche se at-traverso un’analisi da pedagogista, in modo nean-che tanto implicito, effettuava una sorta di revi-sion de vie. Ricordava che possiamo rifarci a duefondamentali orientamenti. Quando come geni-tori il ruolo dominante viene affidato alla propo-sta dei valori, all’affermazione dei principi, all’at-trazione delle testimonianze, all’imitazione degliesempi (cioè ad un impianto di carattere sostan-zialmente affettivo-sentimentale); oppure quandosi punta all’analisi della realtà, alla elaborazione diriflessioni personali, al confronto fra i criteri e leloro applicazioni concrete, alla traduzione deiprincipi universali in termini di coerenza perso-nale, nella quale si delinea una prospettiva cen-trata sull’idea dei bambino come costruttore di re-gole.Il suo cruccio, in altri termini, era forse quello dinon sentirsi un buon padre, ma nel suo caso,penso che tutti quanti l’hanno conosciuto, lo pos-sano affermare con certezza, la sua formazioneetica nei comportamenti nella vita sia privata chepubblica, denotava con la massima evidenza unaacculturazione alla vita emotiva e il possesso di unbagaglio di consapevolezze etiche immediata-mente disponibili per chi ha avuto la fortuna di vi-vergli accanto, a cominciare ovviamente dai figli. Quando scomparve l’amata sposa, abbozzai unalettera, attingendo a Sant’Agostino, ma poi prefe-rii dirgli semplicemente che gli ero molto vicino.Ora quelle parole “nelle sofferenze del tempo,pensa a questa casa dove un giorno saremo riunitioltre la morte, dissetati alla fonte inestinguibiledella gioia e dell’amore infinito” si sono realizzate.

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XVI n. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Pietro Gardani*

Ho conosciuto Cesare Scurati all’inizio deglianni ’80 presso l’Editrice La Scuola, ma è stato

soprattutto negli ultimi 10 anni che i rapporti dicollaborazione si sono intensificati, in particolareda quando l’ho invitato a far parte del Comitatoscientifico dell’Istituto “Pasquali-Agazzi” di Mom-piano.Altri, meglio di me, lo ricorderanno come pedago-gista, come autore di studi nei settori dell’analisidelle teorie dell’educazione, della didattica gene-rale, della progettazione curricolare, dell’innova-zione scolastica, della formazione del personale,della pedagogia dell’infanzia, del managementdelle organizzazioni educative,… Io lo voglio ricordare come uomo cordiale, anchese riservato, intelligente e arguto, capace di sottileironia, anche sferzante, in certe lezioni magistrali,come in una recente sulla “categoria didattica di-retta-didattica indiretta in Rosa Agazzi” dove, at-traverso l’uso di endiadi ripetute, riusciva adesprimere in modo sintetico ed esauriente la con-trapposizione fra una concezione di carattere“frontale-trasmissivo-¬consegnativo-ricettivo” eduna di tipo “ambientale¬-contestuale-interstiziale-esplorativo”, con la valorizzazione di una seman-tica raffinata. Sotto la scorza, apparentemente spessa, di auto-sufficienza, in momenti di apertura confidente,come quelli durante un lungo e avventuroso viag-gio all’università di Zagabria, il pensiero domi-nante che affollava la sua mente e il suo cuore eral’amata moglie Rita, il cui stato di salute, da anni,lo preoccupava, e i figli. Negli ultimi tempi,quando la prognosi si andava delineando come in-fausta, il pensiero di rimanere da solo lo terroriz-zava e mi confidava la sua incapacità a gestirsi inmodo autonomo nelle condotte pratiche. “Rita –diceva – ha sempre fatto tutto Lei. Senza di Leinon so neppure da che parte girarmi: io ho solostudiato e fatto ricerca”.In una passeggiata serale, dopo cena, in una cittàsemideserta, mentre cercavo, di sfuggita, di intro-durre un discorso – speravo più rasserenante – at-torno ai figli, visto che i miei sono di poco più

L’amico della scuola d’infanzia

* Istituto Pasquale Agazzi, Brescia

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XVIIn. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Alessandro Antonietti*

Il mio rap-porto siste-

matico con larivista “ScuolaMaterna”, epiù in generalecon l’EditriceLa Scuola, in-cominciò pro-prio quando ilprofessor Scu-rati mi proposedi far parte delcomitato dellarivista. Sino adallora i mieicontatti con Ce-sare Scuratierano stati occa-sionali. Da quel

momento diventarono più frequenti ed ebbi cosìl’opportunità di conoscerlo “in azione” da vicino.I suoi tratti che più mi hanno colpito sono l’acu-tezza del giudizio, la vastità degli interessi, la ca-pacità di direzione. Acutezza del giudizio: era sor-prendente la sua capacità di cogliere nei problemie nelle argomentazioni il punto centrale, la que-stione di fondo, il nodo critico. Era estremamenteabile nell’andare all’essenziale e da qui far discen-dere le varie considerazioni, che spesso articolavaassumendo i vari punti di vista in gioco, le sceltee i comportamenti. Sapeva sintetizzare le diverseposizioni in maniera rispettosa, individuando latesi di base e valorizzando il contributo al lavorocomune. Con lui presente le discussioni non ri-schiavano di girare a vuoto o di perdersi in rivolisecondari; sempre riportava i discorsi all’obiettivoche doveva essere raggiunto. Vastità degli inte-ressi: sovente per conoscenza diretta di persone,eventi e documenti, aveva nozione di molti campicollaterali, e anche lontani, rispetto alla sua disci-plina e ai suoi interessi principali di studio. Tea-tro, musica, nuove tecnologie, sport, comunica-zione, mondo dell’azienda, fenomeni socialierano alcuni dei temi ai quali aveva applicato lasua lettura pedagogica e che diventavano oggettodi interessanti conversazioni. Nella sua opera dipromotore di cultura ci teneva a mantenere am-pia la prospettiva, cogliendo spunti educativi al difuori della sua disciplina e applicando questa adambiti non canonici. Capacità di direzione: hosempre ammirato la sua abilità nel far dialogare elavorare insieme persone anche molto diverse traloro, e talvolta in contesti relazionali non facili.

Sapeva dare a ciascuno il suo spazio, invitava asuperare ritrosie, timidezze e titubanze, smor-zava le asperità e le rigidità, componeva i pareridiscordi. Pragmatico nell’aver cura che si giun-gesse a risultati concreti, era nel contempo decisonel tenere la rotta e signorile nel trattare le per-sone e le loro idee.Ho potuto cogliere queste doti soprattutto nelmodo con cui Scurati pensava e gestiva il rap-porto con la mia disciplina, la psicologia. Proprioper innestare il contributo di questa area nel pa-norama dell’educazione mi aveva coinvolto nelleiniziative dell’Editrice. La sua visione della psico-logia non era strumentale. Non vedeva la psicolo-gia come un’ancilla pedagogiae. Riconosceva alladisciplina la sua autonomia e accettava le sue esi-genze di indipendenza e specificità. Aveva una co-noscenza diretta di molti autori e testi di psicolo-gia. La sua prospettiva non era quella di trovarein ricerche o teorie psicologiche dei puntelli pertesi pedagogiche. E neanche quella di leggere di-rettamente in termini pedagogici le affermazionipsicologiche. Mi pare che la sua visione fossequella di una possibile convergenza, a partire daassunti di diversa matrice e lungo cammini sepa-rati, di pedagogia e psicologia su esiti comuni del-l’interrogazione critica e della riflessione. Il suosguardo dall’esterno aiutava anche a riconoscere ilimiti di certe impostazioni psicologiche e certi

vezzi della disci-plina e dei suoicultori, talvoltatratteggiati daScurati con affet-tuosa ironia. In-somma, CesareScurati è statoquell’interlocu-tore attento, in-formato, intelli-gente, generoso edisponibile chesempre ci vor-rebbe per unproficuo scam-bio interdisci-plinare. Perquesto lo rin-grazio di cuore.

* Università Cattolica del S. Cuore

Un sincero e competente amicodella psicologia

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XVIII n. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

* Università di Pavia

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Monica Ferrari*

Ho avuto modo di lavorare con Cesare Scurati nel-l’ambito degli incontri del Comitato scientifico

coinvolto in un progetto di ricerca facente capo al-l’Istituto Pasquali-Agazzi del Comune di Brescia, apartire dall’anno scolastico 2004-2005.Comune interesse di tutti noi era riflettere sulla pro-posta agazziana, tra passato e presente, anche al finedi meglio comprendere, nell’oggi, gli aspetti peculiaridi un modo di fare scuola con i più piccini che ha la-sciato una traccia importante nelle vicende personalied umane, oltre che professionali, di tanti educatori,nel percorso di individuazione di tanti bambini enella storia delle loro famiglie. Nell’intento di discu-tere, tra passato e presente, la peculiarità di tale ap-proccio, si voleva, da un lato, analizzarne gli aspetticostitutivi, per così dire, intrinseci, dall’altro, metterliin relazione con un mondo che è in continuo cam-biamento. Le nostre discussioni vertevano, così, ine-vitabilmente, sulle questioni sottese a quel rapportotra dover essere ed essere, tra progetto ed attuazioneche connotano ogni proposta educativa capace di ra-dicarsi nella pratica e dunque anche la storia e laquotidianità delle scuole agazziane di oggi.Non è questo il luogo, né tantomeno il momento, dirievocare le ragioni di quel progetto di ricerca (che ri-sale al 2004-2005) e le modalità di lavoro di quel Co-mitato scientifico, piuttosto volevo ricordare, anzi-tutto a me stessa, l’opportunità di crescita che ha rap-presentato per me il confronto con tanti colleghi edesperti e certamente con Cesare Scurati. Ho ben pre-sente, in quelle circostanze, il suo prezioso contributoall’individuazione di alcuni aspetti caratterizzantidella proposta agazziana, lo sforzo di delineare, conlucidità e coerenza, taluni indicatori della qualità del-l’offerta formativa di scuole che si ispirano a tali pro-spettive (su cui poi ha scritto alcune pagine impor-tanti proprio su questa stessa rivista), l’attenzioneagli orientamenti teorici del percorso, tra passato epresente, la precisione dei riferimenti concettuali e lanitidezza dell’argomentazione in ogni suo intervento.Anche grazie a lui, dunque, è venuto crescendo, inquelle occasioni, il mio interesse per i modi in cui un“modello” educativo si radica, nel tempo, in una datarealtà, per le ragioni che stanno al fondo di una pro-posta pedagogica importante per l’Italia di ieri nelsuo farsi nell’oggi, per le continuità e le variazioni diuna certa idea di scuola, per un patrimonio culturaledi esperienze e di riflessioni che merita attenzione ericerca. Certamente di quelle occasioni serberò il ri-cordo e l’invito a continuare, nel proseguire del cam-mino tra le generazioni, un percorso di indagine e diformazione che significa per un pedagogista anchecrescita professionale ed umana.

Una collaborazionearricchente

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XIXn. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Mario Castoldi*

Nel corso di vent’anni di collaborazione, forsequalcosa in più, con il Professor Scurati non

siamo mai passati al Tu, ci siamo sempre dati delLei. Negli ultimi tempi strideva un po’ con un rap-porto allargato oltre la sfera professionale, dive-nuto in qualche modo intimo, ma nessuno deidue se l’è mai sentita di assumere l’iniziativa eproporre un cambio di registro. Potrebbe sem-brare una forma di distanziamento o di fred-dezza, invece è diventato un tratto che ha con-traddistinto il nostro incontro, lo ha caratteriz-zato.Pur conoscendolo da tempo e avendolo ascoltatoin alcuni incontri pubblici, la prima volta che par-lai direttamente con il Professor Scurati fu qual-che giorno dopo le prove per il concorso di am-missione al Dottorato di ricerca di Pedagogiapresso l’Università Cattolica, a cui io avevo parte-cipato come candidato e lui in qualità di presi-dente della Commissione. Mi avvicinò nei corri-doi dell’allora IRRSAE Lombardia, al primopiano dell’Istituto di via Leone XIII, e mi anticipòche avevo passato il concorso; qualche settimanadopo venne nominato tutor per il mio corso diDottorato e da lì iniziò una collaborazione chenon si è più interrotta.Furono moltissime le occasioni nelle quali mi va-lorizzò e mi offerse opportunità di crescita pro-fessionale: nell’ambito del Dipartimento di Peda-gogia, nei rapporti con enti e associazioni profes-sionali, nei corsi di perfezionamento promossi

dall’Università Cattolica, attraverso le riviste e leattività formative della Casa editrice. Tutto ciò al-l’interno di un rapporto di stima e rispetto reci-proco, esente da vincoli e dipendenze troppostrette, simboleggiato da quel Lei mai messo indiscussione.Negli anni il nostro rapporto è transitato daquello di “maestro-allievo”, tipico del mondo ac-cademico, a quello di “responsabile-collabora-tore”, più adatto alle esperienze professionali nelmondo formativo e dell’editoria, a quello di “socioalla pari” nelle più recenti esperienze di elabora-zione di materiali formativi e realizzazione di per-corsi di formazione. Negli ultimi tempi, anche inrelazione alle sue difficoltà di salute, il verso delrapporto si era quasi invertito, con una maggioredipendenza da parte sua, soprattutto in relazionead aspetti pratici ed organizzativi, e una funzionedi supporto e guida da parte mia. Nonostante ciò abbiamo continuato a darci delLei, secondo stilemi ormai cristallizzati neltempo, incapaci di assumere l’iniziativa nell’ag-giornare le modalità di relazione, per ragioni pro-babilmente diverse: da parte sua per una certa ri-trosia e una timidezza mai completamente celatanella dinamica relazionale, da parte mia per unsenso di riverenza e di rispetto, modificatosi neltempo ma mai venuto meno.Mi piace ricordarlo così, colui che per me è sem-pre rimasto il Professor Scurati. Mi sembra che inun’epoca in cui ci si orienta verso rapporti sempre

più simmetrici e paritari, sva-niscono in dissolvenza leconvenzioni sociali e cultu-rali, si privilegiano formedi comunicazione sinco-pate e intimistiche, una re-lazione che si mantiene al-l’interno di registri più for-mali e controllati acquistiuna sua peculiarità da sal-vaguardare e valorizzare.Soprattutto quando, incontrasto con questa im-mutabilità della forma, lasostanza si è continua-mente evoluta nel tempo,in una relazione progressi-vamente sempre più pro-fonda ed intima, fino a di-venire confidenziale. Gra-zie, caro Professor Scurati,non la dimenticherò.

Da allievo a collaboratore

* Università di Torino

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XX n. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

* Università Cattolica del S. Cuore

Michele Aglieri*

Il contributo diCesare Scurati

attraversa diversicontesti e piani.Alcuni più evi-denti (fra tutti lacorposa produ-zione scientifico-divulgativa e gliapporti innovativial mondo dellascuola), altrimeno, potremmodire più “locali”. Aquesti ultimi ap-partiene sicura-mente il suo rap-porto con gli stu-denti universitari econ i giovani colla-boratori.In seguito alla notizia giunta la mattina delloscorso 19 maggio, molti sono stati i messaggi cheho ricevuto da studenti della Facoltà di Psicolo-gia, in cui Scurati insegnava all’interno dell’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore. Sarebbe belloriportare tutte queste corrispondenze. Mi limito acitare un ragazzo – Alberto – che ha scritto “Ce-sare Scurati è stato mio professore e professore dimia madre prima di me. Non ho avuto modo diconoscerlo al di fuori dell’aula universitaria, maserbo di lui un ottimo ricordo. È stato per me unodi quegli insegnanti che non si dimenticano. Lasua intelligenza, il suo spirito critico, la sua cul-tura e il suo umorismo sono solo alcune dellequalità che lo rendevano un ottimo professore euna splendida persona. Spero che queste stessequalità siano per me un modello da seguire sem-pre”. Fuori da ogni retorica, le lettere e i messaggiilluminavano un mondo di gratitudine abitato dapersone giovani che in Scurati avevano trovatoun riferimento competente e una persona“buona”, come molti mi hanno scritto.Ciò che uno studente chiama “bontà” di un pro-fessore universitario, altro non deriva che dallasensazione di trovarsi dinanzi a una persona chericonosce il proprio ruolo di servizio agli altri e diconsegna alla luce di un’esperienza e di tanti annidi studio, al di sopra di ogni logica di possesso incui il lavoro educativo spesso rischia di cadere,snaturandosi. Ed è proprio secondo questa “es-senza” dell’educare che Scurati ha sempre cer-cato di alimentare anche l’abito mentale e cultu-rale dei suoi collaboratori, oggi erranti nel mondouniversitario e della formazione con quell’atten-zione per gli altri che un grande professore ha

sempre trasmesso loro.Proprio il mio rapporto di collaborazione mi hapermesso di conoscere un uomo onesto e pro-fondo, capace di valutare, pronto a dare suggeri-menti a ogni richiesta di aiuto e allo stesso temposempre attento a non condizionare le inclinazioniculturali e la libertà intellettuale di chi lo accom-pagnava nel suo viaggio professionale. Il rispettodelle idee, dei tempi di studio e di lavoro e anchedella fatica altrui sono doti di pochi “leader”, e alui non hanno mai fatto difetto. Qualche volta unatteggiamento così poco direttivo, a uno studentedi dottorato o giovane ricercatore, poteva appa-rire disorientante. Solo inizialmente, poiché inbreve tempo esso diveniva la migliore palestra diprofessione e di vita, in cui una persona in for-mazione imparava a organizzarsi, a pensare conla propria testa e a mettersi in gioco.Palestra in cui un ruolo importante veniva occu-pato sicuramente dalle riviste dell’Editrice LaScuola: Scurati ci permetteva di esercitarci nel la-voro di ricerca e di scrittura proponendoci colla-borazioni con “Scuola Materna” o “DirigentiScuola”, facendoci così imparare che cosa signi-fica comunicare un sapere. Non erano infrequentile conversazioni sulla forma, sul modo miglioredi divulgare un’idea, sulle varie tipologie di arti-colo, anche sull’italiano quando occorreva. Se io ealtri siamo diventatipersone spesso ap-prezzate da Editorie Redattori di rivistelo dobbiamo in granparte a questo in-contro fra Scurati el’Editrice La Scuolae allo stile di unuomo che mettevaciò che aveva an-che al servizio deglialtri, non soltantoal suo. Sempre nelsegno di unagrande compe-tenza e di una in-contestabile sicu-rezza professio-nale.Un maestro pertante persone eun modello pertutti.

Maestro di studenti e collaboratori

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XXIn. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Damiano Felini*

Ho avuto la grande fortuna di incontrare il pro-fessor Scurati negli ultimi due anni del mio

percorso di studi in Università Cattolica a Milano:da allora, è stato per me, fino all’ultimo, un im-prescindibile punto di riferimento. Avendolo fre-quentato quasi quotidianamente per circa seianni, prima come dottorando e poi come suo col-laboratore in Dipartimento, ho avuto la possibi-lità di conoscerlo in modo non superficiale e diimparare molto da lui. Vorrei qui ripercorrere, inspirito di gratitudine, alcune delle cose che credomi abbia insegnato, non tanto nelle sue lezioni ocon i suoi libri, ma con quella che vorrei chia-mare la sua “pedagogia implicita”, quella che,senza spiegarla a parole, metteva in atto con noiallievi ogni giorno. Ciò che credo emerga è il ri-tratto di un vero educatore di giovani pedagogisti.Il primo elemento che mi viene alla mente, aven-dolo sperimentato molte volte di persona, è quellodel totale rispetto che nutriva nei confronti dellepersone e del loro lavoro: per esempio, nelle di-scussioni che facevamo sui nostri lavori, sui pro-getti di ricerca o su quello che andavamo scri-vendo, non risparmiava – anche con l’autorevo-lezza che tutti gli riconoscevamo – consigli, rac-comandazioni sempre argomentate e suggestioni,ma quando capitava che qualcuno di noi nonuscisse contento delle sue ragioni era semprepronto ad accettare la libertà di chi aveva difronte e a dire: “Questo è il Suo lavoro: scrivaquello che Lei ritiene giusto”. Se penso che tal-

La pedagogia implicita: Scurati educatore in università

volta, in università, l’atteggiamento dei docentipiù anziani e rinomati si riduce a forme di eserci-zio del potere, non posso non riconoscere che ilprof era a un altro livello, spesso percepito comedebolezza, ma che in realtà era – appunto – di

profondo riguardo nei confronti della li-bertà, dei ruoli, dei compiti e del pen-siero altrui.Il medesimo rispetto si percepiva nitida-mente in Scurati anche nei confrontidegli studenti, anche i più giovani: que-sto perché concepiva il ruolo del docenteuniversitario non solo come quello diuno studioso, ma come quello di un veroe proprio educatore. Sono certo che Scu-rati avesse maturato questo stile neglianni in cui era stato maestro di scuolaelementare e se lo fosse poi portato ap-presso in università, insegnandolo an-che a noi giovani collaboratori che nonavevamo fatto quella esperienza. La suacura nei confronti degli studenti si ma-nifestava nella forma più alta nel modoin cui pensava i corsi: non era per luiquestione di far apprendere nozioni o dirispettare sacri manuali, perché il suopensiero era soprattutto legato alla “for-matività” delle lezioni, a come incidere

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n. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIXXXII

* Università di Parma.

sugli atteggiamenti culturali, intellettuali e pro-fessionali dei futuri insegnanti, educatori e psico-logi a cui insegnava. Certo, la sua preoccupazionepedagogica nei confronti degli studenti si nascon-deva un po’ dietro i modi sempre sbrigativi e tal-volta ruvidi, ma non era raro che gli stessi stu-denti si accorgessero che quella era la buccia su-perficiale: la realtà appena poco più profonda eraquella del burbero di buon cuore.Un terzo tratto della pedagogia implicita di Scu-rati era la curiosità per le varie forme di cultura eper le molteplici manifestazioni dell’umanità e dellasocialità dell’uomo. Infatti, il prof era appassio-nato di sport, di cinema, di musica classica e li-rica, conosceva e apprezzava il teatro, aveva lettoi classici della letteratura, e in tutto questo tro-vava elementi per nutrire la riflessione pedago-gica, sua e di chi gli stava attorno. La “cultura dalpunto di vista dell’educazione” era la sua idea dipedagogia, appresa da Aldo Agazzi e sempre ripe-tuta a noi allievi in definizioni un po’ criptiche1.Al di là di queste, però, chi frequentava Scuratinon faceva fatica a vedere all’opera una tale ideanel modo penetrante in cui commentava gli sti-moli culturali più disparati mettendone in luce levalenze pedagogiche e leggeva i fatti educativigrandi e piccoli sfruttando le chiavi interpretativeche gli provenivano da quella cultura. Questa cu-riosità e questa capacità di ritrovare l’educativo

nelle varie forme in cui trova espressione eranoanche un preciso obiettivo formativo che si po-neva nei confronti dei suoi allievi: solo in que-st’ottica si possono comprendere certe sue sceltedidattiche un po’ inconsuete, come la richiestaagli studenti di preparare per l’esame testi lette-rari o pellicole cinematografiche.L’ultima annotazione è per ricordare l’insegna-mento di Scurati sulla necessità di collegare co-stantemente la riflessione pedagogica ai contesticoncreti dell’educare e alla quotidianità della pro-fessione docente. Scurati si sentiva di casa nelleassociazioni degli insegnanti, non solo perchéaveva iniziato a frequentarle ventenne o poco più,ma perché realmente credeva che il pedagogistadovesse trarre elementi di riflessione anche dalsapere “esperienziato” degli educatori e si co-struisse in dialogo con questi, ritornandolo poi aloro in termini formalmente più elaborati e ri-flessi. Ecco perché il prof non diceva mai di noquando gli veniva un invito a parlare con ilmondo della scuola, fosse quello del singolo isti-tuto, dell’associazione, della rivista professionaleo del Ministero: viveva il suo ruolo come quello diun intellettuale “impegnato” a servizio dell’educa-zione, e dell’educazione scolastica in modo pecu-liare.La saggezza pedagogica testimoniata da Scuratinell’attenzione formativa che dimostrava per igiovani allievi è il suo lascito che, personalmente,considero più grande: di questo non potrò che es-sergli interminabilmente grato.

nota1 Ho provato a riflettere su quest'idea di “pedagogiacome cultura dal punto di vista dell’educazione” in unsaggio dedicato a Scurati in occasione del pensiona-mento (D. Felini, Pedagogia come cultura, in: A. Bob-bio, P. Calidoni (a cura di), Tra pedagogia e didattica,Roma, Armando, 2009, pp. 45-65)..

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XXIIIn. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Ho avuto l'onore di conoscereil prof. Scurati circa tren-

t'anni fa nel periodo di prepara-zione al Concorso magistralequando iniziai a leggere e stu-diare i suoi libri e articoli dellarivista “Scuola Italiana Mo-derna” cui il papà - essendo Di-rettore Didattico - era abbonato. Frequentai un corso estivo a LaMendola (Bolzano), promossodall’Editrice La Scuola e tenutoproprio dal prof. Scurati con le-zioni pedagogiche e didatticherelative al lavoro di gruppo. Finda allora intuii la profondaumanità del professore, unita aduna vasta preparazione cultu-rale, competenza professionalee capacità comunicativa. Supe-rai bene il Concorso il cui temascritto era proprio sul lavoro digruppo.Durante l'università e il lavorodi insegnante di scuola elemen-tare, continuai a leggere i suoilibri facendo tesoro dei suoicontenuti filosofici, pedagogicie didattici.Capii ancor di più la loro pre-ziosità quando mi trasferii inCroazia, nel 1995 per realizzare

(subito dopo la guerra) il Pro-getto della scuola dell'infanzia“Raggio di sole”, promosso dalMovimento dei Focolari con loscopo di formare integralmenteil bambino alla cultura dell'ac-coglienza e della pace, ad unacultura del dare come basilarecontributo alla convivenza de-mocratica in quei luoghi marto-riati.Per desiderio della Consiglieranazionale dell'istruzione croata,la nostra scuola fu propostacome “scuola di metodo”, il cuiProgetto prevedeva il partico-lare riferimento, nuovissimo inquella cultura, ai fondamenti ealle applicazioni del MetodoAgazzi. Decisi di puntare ad unaaccurata e sistematica forma-zione delle insegnanti, cercandodiretti contatti con quanti,esperti del Metodo, avrebberopotuto accogliere le nostre esi-genze, disponibili ad aiutarci inuna vera e propria “incultura-zione” del Metodo stesso in unagrande comunità-rurale croata(la piccola città di Krizevci, a 60km da Zagabria).

Così, ho avuto il privilegio di co-noscere di persona i membridell'Istituto Pasquali Agazzi ealcuni docenti dell'UniversitàCattolica di Brescia e di Milanocon i quali iniziammo una pro-ficua collaborazione. Ci hannoaccolti per ben 8 anni in Corsidi aggiornamento, ciascunodella durata di 2-3 giorni, a noiriservati, dai quali le insegnanticroate della scuola “Raggio disole” e successivamente dellascuola “Fantazy” di Belgrado(Serbia) e della scuola Perle diSkopje (Macedonia), hanno ri-cevuto una preziosa formazionepedagogica e didattica.Contemporaneamente era ini-

ziata una collaborazione con laFacoltà pedagogica di Zagabriacon la quale abbiamo organiz-zato, in collaborazione con l'As-sociazione EdU (EducazioneU-nità) del Movimento dei Foco-lari e con la scuola “Raggio disole”, un Corso di aggiornamentodi 180 ore con 8 moduli sulla Pe-dagogia di comunione e il Me-todo Agazzi aperto a studentidella Croazia, Slovenia, Serbia eMacedonia. Come coordinatricedel Corso, ho contattato docentidi varie parti d'Europa, fra cui ilprof. Scurati insieme al prof.Gardani (dirigente dell'IstitutoPasquali-Agazzi), i quali hannodirettamente contribuito il 25-26 gennaio 2008 presso l'Univer-sità di Zagabria e nella città diKriževci alla gestione di un mo-dulo formativo sul metodoAgazzi.Mi ricordo l'entusiasmo con cuiil prof. Scurati ha accettato l'in-vito e, come fosse oggi, il calorecon il quale è stato accolto nel-l'Università di Zagabria dal De-cano prof. dr. sc. Šimović e daldr. sc. Silov. Il prof. Scurati hasvolto con grande maestria lalectio magistralis nell'aula ma-gna della Facoltà, a cui in quel-l'occasione potevano accederenon solo i Corsisti ma quantierano impegnati nell'educa-

Un ricordo dalla CroaziaAnna Lisa Gasparini

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XXIV n. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

zione (studenti, ricercatori, edu-catori sociali, dirigenti scolasticie di comunita'..., anche fami-glie). La sua relazione, “Il sè el'altro: sviluppo sociale e morale.Quale contesto?”, è stata seguitacon grande interesse e parteci-pazione da tutti. Ho accompagnato poi il profes-sore a Križevci: nel tragitto ab-biamo parlato molto dei Paesidell'Est, lui mi raccontava diaver collaborato ad un Progettoeuropeo nel Kosovo; ho avutomodo così di conoscere più davicino la sua profonda umanitàe ampiezza di vedute. Mi col-piva la sua generosità, acutezza,nobiltà d'animo, unite ad un ri-gore di ricerca non comune.Ha accettato con gioia di visi-tare la scuola “Raggio di sole”,complimentandosi per il lavorosvolto scrivendo di suo pugnonel quaderno dei visitatori:“Complimenti e auguri per ungrande futuro”.Mi diceva che avrebbe conti-nuato a collaborare volentiericon noi, promettendomi l'invioper posta di alcuni suoi libri pe-dagogici e di altri autori. Doposolo 10 giorni infatti è arrivatoin Croazia il suo pacco dono. Miha proposto di scrivere un arti-

colo sull'esperienza della scuola“Raggio di sole” per la rivista“Scuola italiana moderna” cheha pubblicato immediatamente. Non solo, ma ha accettato dipubblicare in una rivista scienti-fica nazionale Dirigenti scuola,un articolo relativo ad un'espe-rienza pedagogica particolaredel prof. dr. sc. Puzevski neglianni '60 a Zagabria. A molti pro-fessori italiani avevo chiestosenza riscontro di farlo, ma luilo ha fatto suo immediatamentecome dono e contributo allaCroazia.Durante la sua permanenza aZagabria e a Križevci sono riu-scita a fargli un'intervista che,risentendola oggi, mi sembraancora attuale per i suoi conte-nuti. Gli ho chiesto cosa pen-sasse sull'attuale situazione dif-ficile dell'educazione. Mi ha col-pito la sua franchezza e analisinell'esporre alcuni elementi cen-trali della crisi educativa tra cuila difficoltà dei processi di tra-smissione da una generazione al-

l'altra causata dalla crisi della fa-miglia.A fine aprile di quest'anno l'hochiamato per chiedergli se po-teva collaborare in un Progettoformativo per la scuola intercul-turale Perle di Skopje. Pur di-cendomi della sua precaria sa-lute, ha dimostrato tutto l'af-fetto e il desiderio di volerlo farecon il cuore. E sento che orasarà con noi a portarlo avantidal Cielo dove ci seguirà passopasso...Grazie prof. Scurati, per averlapotuta conoscere di persona eaver vissuto con lei una parte delpercorso della vita, grazie dellasua presenza tra noi, per il con-tributo culturale, umanistico, pe-dagogico che ha dato non soloalla Croazia, ma anche agli altriPaesi del sud-est europeo. Grazieper i valori che ci ha trasmessocon la sua vita. Rimarrà per noiun esempio non solo di una per-sona di grande statura culturale,ma anche di profonda umanità.

Anna Lisa GaspariniKriževci, 9 giugno 2011

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XXVn. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Michele Busi*

Il nostro grande direttore

Un’immagine che risale al giorno della laurea,ormai 22 anni fa.

Il prof. Scurati che presiede la commissioned’esame; lo studente che porta a termine il per-corso universitario in cui ha potuto incontrare ilfascino degli studi sull’educazione grazie anchealla bravura di docenti come il professore.Reincontrarlo dopo qualche anno all’Editrice, as-sunto come redattore, insieme ad altri studiosi dicui avevo letto i libri, ha costituito un’eccezionaleoccasione di arricchimento professionale e cultu-rale.È così cominciata, qualche tempo dopo, la colla-borazione a “Scuola Materna”, sotto la sua guidaanche redazionale.Quanti convegni, quanti incontri e colloqui ingiro per l’Italia con insegnanti cresciuti profes-sionalmente sulle sue pagine!E soprattutto quanto lavoro in redazione! Quantepagine viste e riviste, articoli di collaboratoricommentati insieme, studi appena pubblicati af-frontati con una riflessione critica ampia e per-spicace o anche liquidati con una battuta fulmi-nante.Mi prendeva in giro per la passione per la storia,ma ben presto ho scoperto nei suoi studi una fi-nezza storica coltivata da tempo e che lo avevaportato a rileggere da par suo i grandi pedagogi-sti.

Avendo percorso tutti i gradi della scuola, da in-segnante di scuola elementare fino a docente uni-versitario, il prof. Scurati aveva mantenuto unaparticolare attenzione per il lavoro “sul campo”,verso coloro che tutte le mattine entrano in se-zione giocando la propria professionalità in unpercorso educativo condiviso con i bambini.Un autentico “uomo di scuola”: per questo gli in-segnanti che incontrava nei ‘tour pedagogici’ perl’Italia lo ascoltavano con grande attenzione e in-teresse. Lo sentivano uno di loro.

Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, il suonome rimane legato in modo indelebile alla ste-sura di quel progetto corale che furono gli“Orientamenti” del 1991, di cui il prof. Scuratiera stato l’abile e appassionato regista.Quante volte, incontrando gli insegnanti, cisiamo sentiti dire che, al di là delle varie trasfor-mazioni e aggiustamenti succedutisi negli anni,gli “Orientamenti” più veri e sentiti erano ancoraquelli del ‘91, frutto di un grande lavoro di con-sultazione con le scuole.

Il bambino e la sua scuola

Egli vedeva nella scuola del bambino uno straor-dinario laboratorio in cui era concretamentemessa alla prova la validità dell’intuizione degli“Orientamenti”.Sempre si è battuto per la difesa della dignità diquesta scuola, talvolta banalizzata e consideratain maniera riduttiva anche in alcuni ambienti pe-dagogici. Più volte ripeteva la convinzione, matu-rata negli anni, per cui per insegnare nella scuola

dell’infanzia occorreva essere preparati non “dimeno”, ma “di più” rispetto agli ordini scolastici

* Redazione “Scuola Materna”

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Il gruppo di redazione (Italo, Clara, Elena, Fio-renza, e tutti i collaboratori che negli anni si sonosucceduti) è fiero di avere avuto come “coman-dante” una persona così autorevole e al tempostesso disponibile, rispettosa delle esigenze ditutti, aperta ai suggerimenti anche dell’ultimomarinaio.Grazie, caro direttore. Il suo equipaggio non ladimenticherà mai.

DA ME A LEI, COSÌ, SEMPLICEMENTEManuela Valentini

Prof. carissimo…Ero solita iniziare così le mie mail a Lei indirizzate da quando nel 2007 avevo intrapreso una “corrispondenza” an-che umana e non solo professionale, perché Lei sempre generoso nel dare consigli. Allora mi onorò di una Suaprefazione ad un mio libro: lo lesse e dopo pochissimo tempo mi arrivarono le Sue pagine tanto attese così, sem-plicemente, come solo i Grandi sanno essere. Non ho mai avuto il piacere di stringerLe la mano e di incontrarLa,ma attraverso i Suoi scritti ho avuto modo di conoscerLa nella Sua grandezza, semplicità, generosità, umiltà, serie-tà ed onestà a 360°.La nostra ultima comunicazione risale al 18/04/2011 ore 17.13 e andandola a rileggere mi passa un brivido al solopensiero che non mi apparirà più in neretto la scritta Scurati che attendevo sempre con gioia nella posta in ricezio-ne.Mi mancherà, ci mancherà la Sua conoscenza sapiente intrisa di umanità, sensibilità e correttezza. Aveva “tempo”per tutti senza mai snobbare anche gli “ultimi” di quegli ordini gerarchici che non sanno andare oltre e vedere laPersona con le sue potenzialità ma anche debolezze, prima di tutto e di tutti. Aveva la capacità d’ascolto, nel miocaso “di lettura” che nonostante, a volte, mail chilometriche, Lei leggeva fino in fondo dando la Sua risposta in bre-vissimo tempo nel rispetto delle attese, dei tempi, dei sospiri dell’altra che attendeva un consiglio, un’idea, un sug-gerimento non solo professionale ma umano.Mi mancherà la Sua disponibilità d’animo, un animo nobile, alto che mi “illuminava” non solo nel cammino della miaprofessione.Ci eravamo lasciati nella speranza di “comporre” qualcosa insieme sui diversamente abili, in particolare uno scrittoa tre mani con mio figlio Francesco sui sordi: una riflessione, un po’ alternativa, sul “suo mondo”; non ci sarà, Leinon ci sarà, io non ci sarò perché appena ho saputo, una parte di me si è sopita incredula di fronte alla Sua esi-stenza che se ne va ma forte e certa che la Sua grandezza rimarrà per sempre tra noi.Grazie Prof. per essere stato sempre “presente”.

Così, semplicemente,dalla Sua allieva

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XXVI n. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

successivi. Occorreva un “di più” in capacità re-lazionali, di dialogo con le famiglie e con il terri-torio, di attenzione a mettersi in gioco quotidia-namente senza finzioni.Emergeva in questa prospettiva la sua passioneper l’approccio interdisciplinare, con suosguardo ad ampio raggio sulle sfide che stannoattraversando la nostra società (l’incontro fra cul-ture, i nuovi linguaggi) e che interpellano ilmondo dell’educazione, oltre all’attenzione alladimensione internazionale e alla questione sem-pre attuale dei diritti dei bambini.Il lavoro alla rivista era da lui ritenuto fonda-mentale; si trattava di fornire agli insegnanti unostrumento prezioso di aggiornamento, una pale-stra autorevole per mettere in circolo idee edesperienze di cui la scuola dell’infanzia è partico-larmente ricca e feconda.La rivista è come una nave.Per navigare con sicurezza l’equipaggio deve es-sere ben affiatato e avere un comandante abile edesperto, che sappia individuare la rotta e con au-torevolezza guidare l’equipaggio, aiutando cia-scuno a svolgere al meglio il proprio compito.Così ci siamo sentiti sotto la guida del nostro di-rettore.

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XXVIIn. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

Il ricordo dal mondo professionalee associativoFra le tante attestazioni di stima e affetto nei confronti del prof. Scurati provenienti dal mondo professio-nale e associativo, riportiamo quelle dell’Associazione italiana maestri cattolici, dell’Associazione Dirigentiscuole libere e autonome e quella dei colleghi della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università diBolzano, che il professore nel 1997 ha contribuito a far sorgere.

A.I.M.C. (Associazione italiana maestri cattolici)La scomparsa del prof. Cesare Scurati è per tutto il mondo della cultura motivo di grande dolore. La stra-ordinaria intelligenza del prof. Scurati è stata per numerosi anni punto di riferimento e grande risorsa perla pedagogia italiana ed europea. L’Università Cattolica di Milano l’ha annoverato tra i suoi più prestigiosidocenti e una quantità enorme di giovani ha coltivato la propria preparazione ai concorsi e agli esami uni-versitari sui testi del professore. Valga per tutti il ricordo del suo intelligente contributo alla questione delcurricolo. Dobbiamo dirlo: il mondo cattolico universitario aveva nel prof. Scurati un testimone di primopiano, che ha onorato la ricerca pedagogica e la passione per una politica scolastica all’altezza delle do-mande del tempo presente. Anche l’Associazione Italiana Maestri Cattolici si sente legata alla produzioneintellettuale del prof. Scurati, che ha contribuito all’elaborazione ed evoluzione del pensiero associativo earricchito una quantità enorme di incontri e occasioni. La sua presenza ai nostri convegni era garanzia diqualità. In questo momento, un senso di profonda tristezza accompagna la nostra preghiera. Cesare,amico acuto e spiritoso, puoi contare su un nutrito gruppo di persone che ti pensa e ricorda con immensagratitudine. Caro Cesare, guida di tanti percorsi intellettuali, ti ricorderemo sempre con affetto e gratitu-dine. Ci mancherai molto, ma il ricordo del cammino che abbiamo fatto insieme sarà per noi incoraggia-mento per continuare a credere nella bellezza del sapere, nella fecondità dello studiare e nella gioia delcondividere.

La presidenza nazionale AIMC

D.I.S.A.L. (Dirigenti scuole autonome e libere) È con commozione e dolore che DiSAL ricorda la scomparsa del professor Cesare Scurati, nel mondo uni-versitario primo studioso in Italia sulle problematiche della dirigenza scolastica. Vogliamo ricordarlo, ol-tre che come pedagogista e ricercatore, soprattutto come amico dei presidi di DiSAL, Associazione che, trai numerosi impegni, ha seguito con attenzione ed affetto fin dal suo nascere e che ha accompagnato, coni suoi consigli e la sua presenza, nella propria crescita culturale e professionale. Da quasi cinquant’anni au-tore nel campo della pedagogia, ha avuto la rara caratteristica di saper unire l’esperienza reale di scuola (èstato docente e direttore didattico) allo studio ed alla ricerca. Sua è stata la prima rivista pubblicata in Ita-lia sulle problematiche della direzione educativa ed organizzativa della scuola, a partire dalla quale sononati anche i Quaderni semestrali di DiSAL-Editrice La Scuola. Negli ultimi anni aveva collaborato, in par-ticolare con l’Università di Bologna e con DiSAL, alla nascita e sviluppo di uno dei primi Master per la di-rezione di scuole. Non si contano i docenti e dirigenti che hanno tratto dai suoi libri e dalle sue parole im-portante aiuto alla propria professione. Noi suoi amici abbiamo conosciuto con dolore la notizia di que-sto grave lutto, siamo vicini ai figli e familiari. Lo vogliamo ricordare con la sua serietà e riservatezza e nonmancheremo occasione per ricordare, oltre alla sua amicizia, la sua figura culturale e professionale.

Il presidente Roberto Pellegatta

Libera Università di Bolzano Il prof. Scurati ha contribuito con colleghi di chiara fama italiani e tedeschi alla nascita, nel 1997, della Fa-coltà di Scienze della Formazione. Il suo apporto scientifico e la sua sensibilità umana hanno esercitatoun’influenza costruttiva e creativa per lo sviluppo della Facoltà sia sul piano della didattica sia della ricerca.Noto in contesto pedagogico per l’attenzione ai temi della connessione tra pedagogia e didattica e per lafocalizzazione in contesto italiano delle tematiche riguardanti la leadership educativa, lo ricordiamo comeun uomo di cuore prima che un professore, una persona che ha cercato sempre di costruire relazioniumane basate sulla stima e il rispetto reciproco. Ha insegnato ai suoi allievi il valore dell’autonomia e l’im-portanza della correttezza professionale. Ha sostenuto colleghi, collaboratori e studenti ciascuno nei pro-pri personali percorsi di ricerca leggendo sempre la vita sotto il profilo dell’educazione. Lascerà il ricordodi una persona che, pur rifuggendo dalla ricerca di tribune in cui apparire, ha brillato per la sua perspi-cace intelligenza, per la sua passione e competenza.

I docenti della Facoltà di Scienze della Formazione

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n. 2 • 1 settembre 2011 • anno XCIX

“Scuola Materna”: una rivistaa fianco degli insegnanti

LETTORI AMICILa rivista è sempre stata, e non dovrà mai cessare di essere,una compagna di viaggio, ed anche un terreno di afferma-zione, per il personale che lavora nella scuola dell’infanzia,seguendone il faticoso, ma non del tutto privo di successi,cammino di elevazione e di rafforzamento professionale esociale.La storia del passato non può non proiettarsi, a questo pro-posito, in un futuro che ne deve potenziare e non arrestarela spinta. Purtroppo, in questo momento non mancano mo-tivi di preoccupazione e di angustia, che non riguardanotanto le determinazioni materiali quanto la costatazionedelle perduranti resistenze culturali e dei perduranti calcolidi interesse che conducono – come sempre hanno cercato difare – ad una visione stagnante e farisaicamente benevoladella preparazione e della qualificazione professionale degliinsegnanti e degli educatori dell’infanzia.Qualunque corretta lettura della situazione della condizione

infantile in questo momento storico è in grado di stabilirel’enorme importanza strategica e la crescente difficoltà che la toc-cano: è soltanto con una generosa ed assoluta risposta di qualità chepossiamo sperare di superare il passaggio. In una questione comequesta, essere soltanto tattici e misurare gli sforzi vuol dire aumen-tare il divario fra il problema e le sue possibili soluzioni; vuol dire, inaltre parole, tradire il diritto al recupero della qualità che spetta siaal bambino che ai suoi insegnanti.I nostri lettori sanno che, su questo punto, siamo dalla loro parte,così come la rivista è sempre stata dalla parte della competenza,della formazione continua, dello sviluppo professionale e della pro-mozione personale di tutti i protagonisti della scuola.

LA STRADAChi lavora per "Scuola Materna" e chi la legge avverte chiaramentedi venire da un cammino e di doverne percorrere un altro; ed av-verte, insieme, che non si tratta di tracciati dalle prospettive e dagliorizzonti diversi fra di loro. Ci si muove, in ogni caso, lungo una strada che è fatta di lavoro, distudio, di conoscenza, di azione e di riflessione. Una strada che havisto le grandi anticipazioni teoriche concretizzarsi in testimo-nianze di realtà e che dovrà ancora vedere le aleatorie promesse dioggi concretizzarsi nelle robuste costruzioni di domani.Senza sconnessioni.

Riportiamo le righe conclusive dell’Editoriale che il prof. Scurati ha scritto nel gennaio2003 in occasione dei 90 anni di “Scuola Materna”.

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