OLLE RINVENUTE NEL POZZO ARCAICO DI VESTA AL ......FORO ROMANO Nel 1930 il prof. Alfonso Bartoli,...
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che solo nel sec. IX prende caratteristiche proprie, che la distinguono dallo stile romano della decadenza. Il Battistero appartiene dunque alla tradizione architettonica romana, che lentamente si propagava nei
I) PAOLO ORSI, Le chiese Basiliane della Calabria, Vallecchi editore, Firenze 1927.
2) Op. cit., pago 200, fig. 144. 3) Op . . cit., pago 200, fig. 143. 4) Op. cit., pagine 197, 198, 199, . (figure 139, 140,
141, 142). 5) Op. cit., pago 197, fig. 139. 6) Op. cit., pagine 209 e 198, fig . . 140. 7) Op. cit., pago 237. 8) Op. cit., pagine 21 I e 238 (40 quesito del comm.
Galli).
primi tempi cristiani verso il sud della penisola, rifulgendo nel periodo di Cassiodoro, prima di essere spenta dalla numerosa ed organizzata immigrazione ellenica. PIETRO LOIACONO
9) C.T. RIVOIRA, Architett. romana, specialm. pago 102.
IO) DOMENICO LODOVICO RASCHELLA, Saggio storico sul monachismo italo-greco in Calabria, Messina, Tipografia Ditta d'Amico, 1925, in 80 (V. pago 14). A. VASILIEV, Histoire de l'Empire Byzantin, traduit du russe par P. Brodin, A. Bourguina, Èditions A. Picard, Paris, 1932, val. IO pago 282.
II) Vedi anche CH. DIEHL, Histoire de l'Empire Byzantin, Paris, A. Picard, 1924, pago 52 e segg., pago 59 : Il Mais surtout, au VIle sièc1e l'empite s' hellénisait ..... Le grec, en meme temps, devenait la langue officielle Il'
OLLE RINVENUTE NEL POZZO ARCAICO DI VESTA AL FORO ROMANO
Nel 1930 il prof. Alfonso Bartoli, direttore degli Scavi del Foro Romano e del Palatino, esplorando l'area di Vesta, trovò un pozzo cilindrico senza rivestimento, profondo otto metri, che era stato in antico riempito, colmato e chiuso. I)
Il pozzo fu ritrovato intatto e fu vuotato con la più scrupolosa diligenza in due estati successive: 1930 e 193I.
Tale pozzo traversa il banco d'argilla e il sottostante banco di ghiaia dalla quale trapela l'acqua. In esso non vi era terra, neanche in minima quantità.
Il riempimento non accidentale, ma voluto, era stato ottenuto gettando nel pozzo pezzi di tufo, ossa di animali e una grandissima quantità di frammenti fittili. Vi fu trovata anche una pietra da macina ed una discreta quantità di grano.
Tutto il materiale appartiene alla vita domestica ed è arcaico; non vi è un oggetto o un frammento che esca da questo periodo che fu ascritto dal prof. Bartoli ai secoli VIII e VII avo Cr.
Questo ritrovamento è soprattutto importante perchè con esso per la prima volta nella Valle fra il Palatino e il Capitolino è apparsa una traccia sicura, anzi una documentazione evidente di vita che risale al VII e all'VIII secolo.
I frammenti fittili si possono suddividere così: a) Frammenti di vasi d'impasto nerastro levigati
e lucidati a stecca (VIII secolo); b) Frammenti di alle, d'impasto grossolano; c) Vasi di argilla non depurata e fatti al tornio; d) Frammenti di grandi dolii, d'impasto grossolano; e) Frammenti di tegole, foculi, gratelli, rocchetti; f) Frammenti di vasi italo geometrici; g) Frammenti di bucchero; h) Un frammento di prato corinzio.
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Quasi tutti questi frammenti presentano un annerimento di cui importava conoscere e precisare la natura incerta.
Mi sono dedicata pertanto ad esaminarli dal punto di vista chimico, limitandomi soltanto alle alle.
Di esse ve n'è una trentina, uguali per forma, diverse per grandezza, di tipo piuttosto primitivo. La terracotta di cui sono costituite è molto ordinaria, di colore rosso scuro, tendente al bruno e con pareti spesse di circa 6-7 millimetri.
La loro caratteristica principale è che, sia esternamente, sia internamente, presentano un annerimento che non sembra essere dovuto a vernice, ma piuttosto ad una patina sottilissima, nera, opaca, che si diffonde sulle pareti del vaso, senza alcuna idea di decorazione o di disegno e senza alcuna uniformità.
Alcuni vasi ci si mostrano quasi tutti anneriti, altri solo in parte.
Raschiando leggermente lo strato nero, appare il colore rossastro della terracotta.
Questo per quanto riguarda i vasi interi. I frammenti hanno le stesse caratteristiche; in essi, inoltre, esaminando la frattura, essa si mostra impregnata qua e là di questa colorazione nera che penetra anche nello spessore della terracotta, in taluni punti più (fino a 5-6 millimetri), in altri meno, a seconda dei frammenti.
Probabilmente questa diversa penetrazione è dovuta alla diversa porosità della terracotta, che varia da un punto all'altro, anche se vicinissimo.
Non potendo chimicamente esaminare i vasi interi, poichè occorreva raschiarli in qualche punto o staccarne dei pezzi per polverizzarli, ho dovuto limitarmi ad esaminare alcuni frammenti e ciò mi ha permesso di ottenere solo piccolissime quantità della patina nera superficiale; pertanto ho avuto cura di prendere in
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èsame frammenti che appartenevano a parti diverse di olle.
Come ho già detto dette olle sono tutte dello stesso tipo e presentano tutte le stesse caratteristiche.
ANALISI MICROSCOPICA. - Esaminati al microscopio i frammenti non presentano nulla di notevole.
Fra le sostanze amorfe dell'argilla, si nota qualche cristallo romboedrico di calcite e qualche cristallo di basalto nero lucente : si notano inoltre rari granelli rossi e neri di sostanza amorfa, visibili soprattutto nella frattura.
ANALISI CHIMICA. - Passando in seguito all'analisi chimica, ho cominciato col raschiare lo strato nero di un frammento di vaso, nel modo più leggermente possibile, per non portare via anche l'argilla.
Per quanto abbia proceduto con cautela, una piccola parte della massa è venuta via insieme con la parte nera.
La polvere raccolta fu seccata, pesata ed estratta con benzolo che sciolse il 13,57 % della polvere.
La soluzione benzolica evaporata, lasciò uno stra terello di un olio volatile con odore empireumatico, indice di sostanza organica.
La polvere residua dell' estrazione benzolica era ancora nera; fu calcinata e per calcinazione si ebbe una perdita in peso corrispondente all' 8 %. Dopo la calcinazione la polvere aveva perduto il suo colore nero.
L'analisi qualitativa della parte calcinata dimostrò la presenza di Silice, Ferro, Alluminio, Magnesio, Calcio, Manganese, Potassio i quali però sono i costituenti dell'argilla, che, sia pure in piccola quantità, fu impossibile separare completamente dalla polvere nera vera e propria.
Un frammento del vaso calcinato al forno elettrico a 1000° circa, apparve perfettamente rosso ocra, nè mostrò indice di avvenuta fusione, quindi l'annerimento è dovuto a sostanza carboniosa.
L'analisi quantitativa di un frammento polverizzato comprendente massa argillosa e patina ha dato i seguenti risultati:
Silicio (Si02 )
Alluminio (A120 3)
Ferro (Fe20 3)
Calcio (CaO) . .
Magnesio (MgO)
Manganese (Mn304)
Acqua (H20) . . . .
Alcali (K20) (Na20)
Perdita al fuoco (sostanze carboniose)
Metalli pesanti: assenti.
56,65 %
II,72 %
15,40 %
5,20 %
o,gO %
0,88 %
tracce
3134 %
6,10 %
La composizione, come si vede è quella normale delle terra cotte, fabbricate con le comuni argille. Il manganese è contenuto in una certa quantità, e ciò ha attirato soprattutto la mia attenzione dato che altre terra cotte di
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località e di epoche diverse non lo contenevano affatto (vasi aretini, etrusco-campani, buccheri) .
Per avere un maggior numero di elementi ho esaminato in totale quattro frammenti di vasi diversi, ma tutti della stessa provenienza.
Il secondo, il terzo, ed il quarto frammento hanno le stesse caratteristiche del primo per quello che riguarda le proprietà generali.
All'analisi quantitativa ho avuto i seguenti risultati, che espongo in un unico quadro, per poter fare meglio i confronti.
rO Framm.12o Framm.] 30 Framm.]40 Framm.
Silicio (SiO, ) . 56,65 % 53,20 % 50,45 % 52,95 %
Alluminio (Al, 0 3)' II ,72 % 18,45 % 15,20 % 16,40 %
Ferro (Fez0 3)' 15,40 %' 7 - % 8,90 % 7135 %
Calcio (CaO) . 5,20 % 4130 % 6,20 % 5,20 %
Magnesio (MgO) 0,90 % 1,10 % 1,80 % 1,10 %
Mangane~e {Mn30 4) 0,88 % 0,19 % 0131 % 0,21 %
Acqua (H, O) tracce 2,05 % 2,80 % 2- %
Alcali (K, O) (N a, O) 3134 % 5,17 % 5,29 % 5,86 %
Perdita al fuoco (So-stanze carboniose) 6,10 % 8,62 % 9,10 % 8,95 %
Metalli pesanti: assenti.
Come si vede i componenti vanano entro limiti abbastanza ristretti.
Tutti e quattro contengono una certa quantità di manganese che va da 0,19 a 0,88 %. Si trattava di vedere a che cosa fosse dovuta la presenza del manganese. Le argille talvolta lo contengono come impurezza ma in piccole quantità, spesso anzi in tracce indosabili. Come ho già detto, però, io non ne ho trovato in terracotte provenienti dalle località più diverse; ne' risulta essere contenuto in terracotte delle più svariate località del Mezzogiorno d'Italia. 2)
Ho voluto anche accertarmi se la presenza del manganese fosse dovuta a qualche sostanza colorante costituita da un suo composto.
Infatti pare accertato che l'ossido di manganese era adoperato dagli antichi come tinta poichè Plinio e' Teofrasto ne parlano come di sostanza conosciuta al tempo loro.
Inoltre il chimico inglese Humphry Davy eseguendo, nel 1816, l'analisi di alcune pitture murali romane, ha scoperto, allo stato grezzo, una sostanza nera che conteneva dell'ossido di ferro e dell'ossido di manganese. 3)
Però l'ipotesi di una vernice a base di manganese che ricoprisse i vasi e desse perciò loro quella tinta nerastra fu presto scartata perchè l'ossido di manganese non fonde che tra i 1245-1260°, mentre i nostri frammenti, messi in forno elettrico, perdono ben presto e
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completamente la tinta nera ad una temperatura di circa 500°, indizio sicuro che si tratta di una patina superficiale costituita da sostanza carboniosa.
Scartata quindi l'ipotesi di una sostanza colorante ne risulta che il manganese entra a far parte senza dubbio dell' argilla stessa.
Ho eseguito anche l'analisi di una argilla il cui banco si trova ad una sessantina di metri dal pozzo di Vesta, e precisamente al posto del Sepolcreto arcaico.
Questo banco di argilla, a 4 metri circa sotto il livello del suolo attuale, è proprio quello in cui Giacomo Boni scoprì l'antichissimo Sepolcreto di cremati e di inumati (sec. IX-VII avo Cr.). Ho esaminato tre campioni di questa argilla; in due di essi ho trovato manganese.
Ho anche analizzato due frammenti di vaSl arcalcl provenienti dal Sepolcreto stesso, per vedere se tra questi, l'argilla del Sepolcreto e le alle del pozzo di Vesta, c'era analogia nella composizione chimica.
I frammenti esaminati sono d'impasto nerastro levigati e lucidati a stecca. Appartengono a due vasi di epoca diversa. L'uno 4) fa parte di una tomba a cremazione (sec. IX-VIII avo Cr.). L'altro 5) di una tomba a inumazione (sec. VIII-VII avo Cr.).
Ecco il risultato dell'analisi, al quale metto accanto quello di un . frammento, già esaminato, del pozzo di Vesta, affinchè possa servire di confronto.
Terracotta Terracotta Argilla del del Terracotta
del Sepolcreto Sepolcreto del pozzo Sepo1creto Secolo Secolo di Vesta
IX-VIII VIII-VII
Silice . 54,60 % 53,40 % 52,00 % 52,95 %
Alluminio. II,35 % I4,90 % 10,15 % 16,40 %
Ferro. 14,65 % g,40 % 14,75 % 7,35 %
Calcio. 5,62 % 4,20 % 4,09 % 5,20 %
Magnesio I,95 % I,IO % 1,18 % 1,10 %
Manganese 0,25 % 0,20 % 0,10 % 0,21 %
Acqua. 4,50 % 2,00 % 0,70 % 2,00 %
Alcali. 6,10 % 6,36 % 4,90 % 5,g6 %
Perdita al fuoco 1,05 % 8,50 % 12,20 % 8,95 %
Metalli pesanti: assenti.
Come si vede la composizione di tutte queste terracotte non presenta varianti notevoli, anzi, fra di esse c'è una grande analogia.
In tutte si trova il manganese e questo mi sembra possa servire come elemento importante per avanzare l'ipotesi che i vasi hanno la stessa provenienza e sono fatti con argilla della stessa località. Probabilmente con quella del sepolcreto stesso visto che le composizioni sono tanto analoghe.
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Mi è parso interessante di fare ulteriori ricerche su argille che si trovassero nella zona circostante a quella del Sepolcreto per vedere se anch' esse contenevano o no il manganese.
Naturalmente occorreva ritrovare banchi di argilla che non fossero stati mai toccati attraverso le innumerevoli trasformazioni subite dal Foro e dal Palatino durante il corso dei secoli.
Mi sono valsa perciò a questo scopo degli studi eseguiti dal prof. Romolo Meli 6) e dal generale del Genio A. Verri,7) per ritrovare strati antichi ed intatti di argille.
Nella pagina precedente è riportata una piantina che mostrerà i punti in cui ho prelevato dei campioni.
Ecco i risultati delle analisi per le quali mi sono limitata alla ricerca del Manganese soltanto, scrupolosamente eseguita :
Argilla del Sepolcreto l ì " "Pozzo di Vesta ~ Foro l " "Comizio Romano " "Holfea J Manganese assente
I
" "
"Lupercale ì I " Casa di Livia ~ Palatino I " Mundus J )
In altri punti non è stato possibile trovare banchi di argilla antica. Concludendo, il manganese era solo contenuto nell'argilla del Sepolcreto. Ciò avvalora l'ipotesi che i vasi sia del Sepolcreto, sia del Pozzo di Vesta sono fatti con la medesima argilla.
È interessante ora osservare in tutte queste analisi la perdita al fuoco, soprattutto quella delle terracotte del sepolcreto.
Sostanze carboniose Pozzo Sepolcreto I
Argilla del
eliminate di Vesta Sepolcreto
l° Frammento 6,10 % 8,50 %
2° Frammento 8,62 % 12,20 %
3° Frammento g.,IO % 1,05 %
4° Frammento 8,95 %
Essa, perdita come si vede, è rilevante, meno che nell'argilla grezza in cui l'abbiamo sì, ma in quantità minima poichè tutte le argille contengono tracce di sostanza organica.
Nelle altre terra cotte che ho esaminato, di altra provenienza e di altra epoca, quando erano di colore chiaro (come per es. quella di un vaso aretino) la perdita al fuoco non arrivava al 2 %.
I frammenti, invece, del pozzo di Vesta e del Sepolcreto, messi in forno elettrico, perdono, come ho già detto, il colore nero dopo breve tempo, e
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ritornano al colore primitivo rossastro della terracotta grezza.
Ciò mi pare dimostri sufficientemente che l'annerimento è dovuto unicamente a sostanza carboniosa.
È molto più difficile poter affermare se il deposito di carbonio sia da attribuirsi:
a) a sostanza organica decomposta . col tempo (cibi contenuti nei vasi, sostanze grasse, droghe, ecc.) come parrebbe soprattutto per il deposito nero nel fondo dei vasi;
b) a nero fumo proveniente dal fuoco, al quale molto probabilmente i vasi furono esposti, come sembrerebbe specialmente per l'annerimento esterno;
c) a nero fumo usato per colorare volutamente i vasi, poichè l'annerimento si presenta un po' dapertutto.
I ) Prof. ALFONSO BARTOLI, Il valore storico delle recenti scoperte al Palatino e al Foro. Atti della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, XXI Riunione. Roma, ottobre 1932, vol. I, pago 4, S.
2) ALDA LEVI, Le terracotte figurate del Museo Nazionale di Napoli. Vallecchi, Firenze 1925, pago XIX-XX.
3) Philosophical Transactions of the Royq.l Society of London far 1815.
4) GIACOMO BONI, Foro Romano, Esplorazione del
Probabilmente esso è dovuto a varie di queste cause insieme.
Quello che mi sembra soprattutto importante dal punto di vista archeologico, è che i vasi, da me presi in esame, (olle del pozzo di Vesta, sec. VIII-VII avo Cr.), per la dimostrata analogia nella loro composizione chimica (presenza del manganese specialmente) con i vasi del sepolcreto arcaico (sec. IX-VIII avo Cr.) e con l'argilla stessa del Sepolcreto, sono probabilmente fatti con la stessa materia prima. Nel nostro caso con argilla presa nella Valle del Foro e quindi quasi certamente sono stati fabbricati sul posto.
Ciò proverebbe che fin dal sec. IX avo Cr. e durante l'VIII e il VII, si fabbricavano terracotte, nella valle del Foro. SOFIA ]ACCARINO
Sepolcreto, Tomba FF., a cremazione. Notizie degli scavi, anno I9II, pago 168.
5) GIACOMO BONI, Idem. Notizie degli Scavi. Tomba AA. a inumazione, anno I9II, pago 157.
6) Prof. MELI ROMOLO, Sulla costituzione geologica del Monte Palatino in Roma. Società Geologica Italiana, anno 1903.
7) A. VERRI, Sulla natura del terreno di Roma a sinistra del Tevere. Roma, Tipografia della Pace, 1909.
MUSEO NAZIONALE DI TARANTO. MOSTRA DEGLI ULTIMI TROVAMENTI
Il giorno 8 giugno U. S. si è inaugurata presso il Museo Nazionale di Taranto una Mostra degli ultimi ritrovamenti di opere di arte antica e delle suppellettili esistenti nei depositi e recentemente restaurate. La mostra, organizzata ed ordinata dal Direttore del Museo dotto Renato Bartoccini, è una interessante documentazione del magnifico incremento che ha avuto in questi ultimi anni il grande istituto Tarantino. Sono in gran numero i vasi italici della necropoli di Ginosa, di fabbrica canosina, di tipo peuceta e del genere detto di Egnatia a fondo nero con decorazioni in bianco, nonchè il vasellame attico a figure nere tra cui, notevole, un'anfora pseudo-panatenaica con scena di lotta.
Tra i singoli pezzi sono da notare ancora una coppa laconica con scena di Apollo e Dioniso, della prima metà del VI secolo avo Cr.; un thymiaterion di Canosa, pezzo di eccezionale importanza per le grandi dimensioni e per la decorazione figurata divisa in triplice zona : uno stamnos corinzio con briosa corsa di cavalieri armati, un'anfora a figure nere - Ercole e Gerione - facente parte della suppellettile tombale rinvenuta nel 1925 in via di Palma.
Tra le sculture, oltre l'Eros marmoreo, del III secolo, trovato in Corso Umberto, numerose statuette di terracotta provenienti da tombe rinvenute nello
scorso settembre in via Cesare Battisti e, nello scorso maggio, in via Gorizia; sono figurette di giovani donne, di vittorie alate, di genietti, di divinità femminili vestite, seminude e nude, modellate con tale leggiadria e morbidezza, da attestare splendidamente l' eleganza e la grazia della produzione tarantina.
Notevole, per espressione, una grottesca maschera in terracotta, di sapore pulcinellesco, del primo secolo di Cristo, rinvenuta in una tomba presso la Casa dei Mutilati, e così pure una grande antefissa arcaica del VI secolo con figura femminile a tutto tondo e frammenti di cimasa con decorazione policroma, provenienti da qualcuna delle più antiche tombe di Taranto, a forma di tempietto dorico.
Interessante è anche la ricca serie degli oggetti in metalli preziosi. Ornamenti in oro trovati in sepolture femminili di Taranto e di Canosa (secolo III-II avo Cr.), corone a fiori o a fogliame, orecchini, fra cui un paio con pendenti a forma di aironi, in pasta vitrea, di una grazia delicatissima, collane, anelli. Dalla tomba di Canosa sono stati estratti anche un curioso bastoncino in osso, originariamente tinto di porpora, rivestito di una lamina di oro traforata, e terminante con due piccole leggiadre vittorie alate; un portagioie in argento a forma di conchiglia, con la valva superiore adorna di un doppio rilievo con figure di N ereidi, e forse col
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