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3 SOMMARIO Bollettino OMCeO Napoli Ottobre 2012 EDITORIALE Orgoglio ed entusiasmo: così riviviamo la nostra affascinante storia ordinistica 4 di Bruno Zuccarelli SPECIALE CENTENARIO Un compleanno particolare 6 L’Ordine festeggia un secolo con un libro e l’evento al San Carlo. Cardarelli, primo presidente 7 Il grande medico inaugurò la storia dell’ente ordinistico partenopeo. Ordine, autorevolezza di un ruolo 8 Importanza della vita associativa e senso di una missione. di Amedeo Bianco I messaggi augurali delle Istituzioni 9 Crescenzio Sepe, Andrea De Martino, Stefano Caldoro, Luigi Cesaro, Luigi de Magistris. Ritrovare le radici, aprirsi al futuro 12 Evoluzione di una professione tra tradizione e modernità. di Umberto Zito La scheda storica 13 Dalle Corporazioni agli Ordini. Così nacque la Medicina di Famiglia 14 Storia di un processo evolutivo nel segno dell’assistenza. di Vincenzo Schiavo I «tweet» augurali dei consiglieri 16 Il senso di appartenenza e la preziosità dello spirito associativo. Ordine, caposaldo da salvaguardare 18 La «napoletanità» è di sicuro un plusvalore professionale. di Giuseppe Del Barone Un’esperienza unica e autentica 19 L’ente ordinistico è un riferimento strategico permanente. di Giuseppe Scalera Un ruolo centrale per la società 20 Istituzione nel segno dell’appartenenza e dell’autorevolezza. di Gabriele Peperoni Medici e giornalisti, vite parallele 21 di Virman Cusenza Quel «magico» dottor Fortuna 21 di Marco Demarco Tempo di svolte e di scelte cruciali 22 di Giustino Fabrizio Alla ricerca del romanticismo perduto 22 di Antonio Sasso Un libro celebrativo per i 100 anni 23 L’opera ripercorre la storia della Scuola Medica Napoletana. Grandi scultori per medici insigni 24 Da Cardarelli a Semmola: viaggio tra le statue celebrative. La chirurgia nell’antica Pompei 26 «Ars medica», storia tecnica della disciplina medica romana. di Gennaro Rispoli I figli della Ruota dell’Annunziata 29 La secolare pietà dei napoletani per i piccoli trovatelli. Così è cresciuta l’Odontoiatria 30 Il percorso di una professione tra battaglie e speranze. di Antonio Di Bellucci Napoli Italiana, 1860-1915 31 Per questo numero speciale in occasione del Centenario abbiamo chiesto allo storico Giuseppe Galasso di ricostruire le trasformazioni principali della città di Napoli dal periodo postunitario ai primi anni del ‘900 in cui è stato fondato l’Ordine. In ricordo di Giuseppe Moscati 34 In alto: La Torretta in una gouache del ‘700. In questo luogo si trova oggi la sede dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Napoli e Provincia. 1912-2012

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3SOMMARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

EDITORIALE

Orgoglio ed entusiasmo: così riviviamo

la nostra affascinante storia ordinistica 4di Bruno Zuccarelli

SPECIALE CENTENARIO

Un compleanno particolare 6L’Ordine festeggia un secolocon un libro e l’evento al San Carlo.

Cardarelli, primo presidente 7Il grande medico inaugurò la storiadell’ente ordinistico partenopeo.

Ordine, autorevolezza di un ruolo 8Importanza della vita associativae senso di una missione.di Amedeo Bianco

I messaggi augurali delle Istituzioni 9Crescenzio Sepe, Andrea De Martino,Stefano Caldoro, Luigi Cesaro,Luigi de Magistris.

Ritrovare le radici, aprirsi al futuro 12Evoluzione di una professionetra tradizione e modernità.di Umberto Zito

La scheda storica 13Dalle Corporazioni agli Ordini.

Così nacque la Medicina di Famiglia 14Storia di un processo evolutivonel segno dell’assistenza.di Vincenzo Schiavo

I «tweet» augurali dei consiglieri 16Il senso di appartenenza e la preziosità dello spirito associativo.

Ordine, caposaldo da salvaguardare 18La «napoletanità» è di sicuroun plusvalore professionale.di Giuseppe Del Barone

Un’esperienza unica e autentica 19L’ente ordinistico è un riferimentostrategico permanente.di Giuseppe Scalera

Un ruolo centrale per la società 20Istituzione nel segnodell’appartenenza e dell’autorevolezza.di Gabriele Peperoni

Medici e giornalisti, vite parallele 21di Virman Cusenza

Quel «magico» dottor Fortuna 21di Marco Demarco

Tempo di svolte e di scelte cruciali 22di Giustino Fabrizio

Alla ricerca del romanticismo perduto 22di Antonio Sasso

Un libro celebrativo per i 100 anni 23L’opera ripercorre la storia della Scuola Medica Napoletana.

Grandi scultori per medici insigni 24Da Cardarelli a Semmola:viaggio tra le statue celebrative.

La chirurgia nell’antica Pompei 26«Ars medica», storia tecnicadella disciplina medica romana.di Gennaro Rispoli

I figli della Ruota dell’Annunziata 29La secolare pietà dei napoletaniper i piccoli trovatelli.

Così è cresciuta l’Odontoiatria 30Il percorso di una professionetra battaglie e speranze.di Antonio Di Bellucci

Napoli Italiana, 1860-1915 31Per questo numero speciale in occasione del Centenario abbiamo chiesto allo storico Giuseppe Galasso di ricostruire le trasformazioni principali della cittàdi Napoli dal periodo postunitario ai primi anni del ‘900 in cui è stato fondato l’Ordine.

In ricordo di Giuseppe Moscati 34

In alto: La Torretta in una gouache del ‘700.

In questo luogo si trova oggi la sede

dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli

Odontoiatri di Napoli e Provincia.

1912-2012

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Rivedere un secolo di vitaordinistica significa scoprire voltilegati a storie ed a persone che

hanno un significato per tutti noimedici ed odontoiatri della provinciadi Napoli.Essere per noi tutti gli eredi di unacultura medica napoletana che havisto nomi tanto importanti per lepagine storiche italiane ha un granderilievo e ci responsabilizza al massimo:ognuno di noi con rispetto evenerazione dovrebbe ricordarsi diessere colui che ha avuto il testimone(e quanto pesa) da personaggi comeAntonio Cardarelli, Domenico Cirillo,Giuseppe Moscati e Vincenzo Monaldi(e sono solo alcuni).La legge n 455 del 1910 istituzionalizzal’ordine dei Medici e nel 1912 sicostituisce quello di Napoli; vedere iprimi Albi scritti a mano con

l’insediamento del Primo Presidente(Antonio Cardarelli) e le prime riunionicollegiali, leggere i primi certificati diiscrizione con bella grafia è unagrande emozione; se un popolo nonconosce la propria storia, non puòcapire chi è e chi sarà.L’Ordine ha proseguito la sua storiacon i suoi momenti difficili quale, adesempio, la sua soppressione nelperiodo fascista ma ha continuato neltempo ad essere la Casa del Medico esempre un suo punto di riferimento; inquesto Napoli è stata capofila conintuizioni che precorrevano i tempi edavano la linea ad altri; la storiadell’Ordine di Napoli è la storia dellamedicina napoletana, della SuaScuola che continua nel tempo el’orgoglio nostro è chequotidianamente i figli di questameravigliosa terra si fanno onore in

tutto il mondo sia nel campodella ricerca sia nell’ambitodella clinica.Questi anni sono trascorsi fra propostedi abolizione degli Ordini e discussionesulla loro utilità; ritengo che la rispostamigliore sia solo una: l’Ordine deiMedici nasce per tutelare il cittadinosulla garanzia della professionalità delmedico, è compito dell’Ordineverificare nel tempo la professionesoprattutto nell’ambito deontologicoche è un valore immenso e dovrebbeessere la nostra stella polarequotidianamente.È un momento molto difficile per tutti.Rivoluzioni sociali, difficoltàeconomiche, processi diglobalizzazione danno uno scenarioestremamente complesso, irto diostacoli che rischiano di mettere incrisi i valori; in questo universo così

4EDITORIALE Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Bruno ZuccarelliPresidente OMCeO - Napoli[

Orgoglio ed entusiasmo:così riviviamo la nostraaffascinante storia ordinistica

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cangiante anche l’Ordinepuò avere un percorso

periglioso; alcunicolleghi vorrebbero

la risposta per tuttele asperità equando non sisentonosoddisfatti èl’Ordine che nonespleta il suo

dovere.Il nostro Ordine è un

Ente ausiliario delloStato che non può

avere partigianerie madeve essere garante della

dignità della professione e deldecoro del professionista, per

questo bisogna sapere parlareall’esterno ma anche al propriointerno non per difendere i privilegima per ricordare un diritto che siestrinseca nell’etica dell’arte medica.Tanti colleghi illustri hanno calcato lascena ordinistica in questi cento anni,fare il nome di qualcunosignificherebbe fare un torto a tantialtri, ma scorrendo i Consigli Direttivipassati è un’emozione che fa tremarele vene dei polsi, clinici di famanazionale ed internazionale, medici-scienziati, studiosi illustri sono i nostripredecessori e questoresponsabilizza tutto il Consiglio cheho l’onore di presiedere; l’onoreancora maggiore è quello di vivere

Bollettino Ordine dei Medici

Chirurghi e degli Odontoiatri

di Napoli e Provincia

Fondato nel 1913 - Anno 82

n. 6 - Settembre/Ottobre 2012

NUMERO SPECIALE DEDICATO

AL 1° CENTENARIO DELLA COSTITUZIONE

DELL’OMCEO NAPOLI

Direttore

Bruno Zuccarelli

Direttore Responsabile

Antonio Di Bellucci

Coordinamento redazionale

Umberto Zito

Comitato di Redazione

Domenico Adinolfi

Carolina Ciacci

Francesco Saverio D’Ascoli

Luigi De Lucia

Antonio De Rosa

Mario Delfino

Pierino Di Silverio

Gino Almerico Farese

Sandra Frojo

Giuseppe Galano

Raffaele Gimigliano

Patrizia Iaccarino

Agnese Iovino

Fabio Lucchetti

Mariano Malvano

Santo Monastra

Mario Muto

Gabriele Peperoni

Pietro Rutigliani

Vincenzo Schiavo

Silvestro Scotti

Gennaro Volpe

Progetto grafico

e consulenza editoriale

AlbatrosNews - Iuppiter Group

Stampa

Veca Print srl

Via Concordia, 36/38 - Casoria (Na)

Amministrazione

Via Riviera di Chiaia, 9 C - Napoli

tel. 081/660517 - 660544 - 660707

Pubblicazione autorizzata dalla Cancelleriadel Tribunale di Napoli n°99/1948

5EDITORIALE Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

questa celebrazione dei cento anninella magnifica cornice del San Carlodove tutti noi onoreremo Napoli, lamedicina napoletana e la nostraIstituzione.Il mio onere è ancora più pesanteperché tutti quelli che mi hannopreceduto hanno saputo onorare almeglio quest’incarico cosìprestigioso, alcuni di questi sarannopresenti il 15 ottobre, ma i volti di tuttii Presidenti aleggeranno quella sera;rappresentare 23.000 colleghi èprestigioso, ma maggiore prestigio èfar parte della famiglia della culturamedica napoletana.Voglio ringraziare i tanti colleghi chenell’anonimato, senza fasti e clamori,danno risposte alle richieste di saluteda parte di chi soffre: De Amicisquando vedeva quella figura dimedico vedeva i volti di questicolleghi.Un ringraziamento a tutta la famigliadell’Ordine, a tutti i Maestri dellaMedicina, grazie ai pazienti che cidanno la possibilità di esercitare laMissione più affascinante, dobbiamoessere fieri di essere eredi dellacultura medica napoletana.

Nella pagina accanto, da sinistra: Domenico Cirillo, Antonio Cardarelli e Vincenzo Monaldi;

in questa pagina, in alto: interno della Farmacia degli Incurabili in una foto degli anni ‘50. Nei

locali della Farmacia storica si svolse la prima riunione dell’ente ordinistico partenopeo nel

1912 per eleggere A. Cardarelli come primo presidente.

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L’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatridi Napoli e Provincia celebra il prossimo 15 ottobre ilCentenario dell’istituzione dell’Ordine dei Medici (1912-2012). L’evento si configura di particolare importanzanon solo per la presenza delle più alte cariche dello Sta-to, dei rappresentanti delle istituzioni campane e del pre-sidente della FNOMCeO Amedeo Bianco, ma anche peril significato che la cerimonia assume nel consolidare lapresenza dell’ente ordinistico nel territorio napoletano.L’evento infatti celebra la storia medica napoletana e lasua tradizione secolare, decollate nell’antichità per giun-gere fino ai giorni nostri, riallacciandosi alla prestigiosagalleria di personaggi (tra i tanti: Vincenzo Monaldi Do-menico Cotugno, Antonio Cardarelli, Giuseppe Mosca-ti) della cultura medica partenopea e rievocando ancheun’identità professionale e scientifica fatta di luoghi e diistituzioni antichissime le cui evidenze monumentali edocumentarie ancora caratterizzano il territorio napo-letano. Testimonianze nobili e prestigiose la cui presen-za si intreccia col valido e quotidiano operato di tantis-simi medici che, nel passato come nel presente, con ab-negazione hanno messo a disposizione dei cittadini-pa-zienti la loro professionalità, tenendo sempre in alto ilGiuramento di Ippocrate ed il Codice Deontologico. La memoria del passato, remoto e prossimo, però, è so-

lo il viatico di una cerimonia che intende ribadire una fi-sionomia ordinistica energicamente proiettata verso il fu-turo: in una società che velocemente cambia, l’Ordine,ente di Diritto Pubblico, organo ausiliario dello Stato,oggi come ieri, rilancia infatti la propria funzione di ga-ranzia nei confronti dei cittadini sul piano della qualità,indipendenza, appropriatezza ed efficacia dell’attivitàprofessionale medica e odontoiatrica e si ripropone co-me soggetto sociale sempre più attivo non solo dal pun-to scientifico e professionale ma anche sul versante del-la vita pubblica e all’interno dell’intero scenario istitu-zionale cittadino. Il programma prevede in apertura i sa-luti del Presidente OMCeO di Napoli Bruno Zuccarelli equelli del Presidente del Senato Renato Schifani. In agen-da, poi, gl interventi delle Istituzioni, la performance cul-turale di Gennaro Rispoli, le esibizioni di attori comeMariano Rigillo e Anna Teresa Rossini e di musicisti co-me Marco Zurzolo e Maria Sbeglia. Tra i momenti più si-gnificativi, infine, la presentazione del volume del cen-tenario, opera dedicata alla secolare storia della scuolamedica, delle istituzioni ordinistiche (compresa natu-ralmente quella napoletana), dei personaggi della cultu-ra medica partenopea. Il volume, ricco di risvolti famo-si o inediti, è corredato da una corposa iconografia cheracconta, anche visivamente, i fatti esposti.

SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

CENTO ANNIL’Ordine festeggia un secolo con un libro e l’evento al San Carlo

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7SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

In ogni eventocelebrativo, standoalla mia esperienzadi attore espettatore, c’èsempre il pericolo,da parte degliorganizzatori, dieccedere in forme

autocelebrative in cui la retoricaavanza indisturbata sul proscenio. Dopo aver parlato con il Presidente eil Direttore dell’Ordine provinciale deiMedici Chirurghi ed Odontoiatri diNapoli ed esser venuto a conoscenzadella volontà di festeggiare ilcentenario dell’ente ordinisticopartenopeo, ho subito accettatol’invito di far parte della serataperché ho colto, nelle intenzioni deipromotori della manifestazione,l’intento etico e culturale diripercorrere le tappe fondamentalidella scuola medica napoletana nelcorso dell’evento e nelle pagine di unvolume prodotto in occasione delprestigioso anniversario. Mai come in questo momento in cuila vertigine della precarietà e il “maldi crisi” sono alla ribalta, credo chel’idea dei camici bianchi partenopeidi riunirsi per ritrovare e onorare leproprie radici, sia un messaggiolungimirante per quei giovani cheintendono dedicarsi alla dura ecomplessa professione medica. Mi viene in mente la grande

emozione che provavo quando,interpretando il personaggio diGalileo in “Vita di Galileo” di B.Brecht, in una scena del finaleinvitavo energicamente anche icolleghi scienziati a tener fede e nondimenticare mai il giuramentod'Ippocrate (“fate uso della scienzasempre e soltanto ad esclusivobeneficio dell'umanità!”)Non posso, quindi, che augurarecento di questi centenari a tutti imedici ed odontoiatri della GrandeNapoli, giovanissimi, giovani e menogiovani, convinto più che mai cheindossare un camice bianco rimangala più alta e nobile delle missioni.

Mariano Rigillo

«Un evento traetica e cultura»

CARDARELLI,PRIMOPRESIDENTEFu tra i colossi della scuola medica

napoletana, colui che la traghettò

nella modernità. E non solo sotto il

profilo scientifico-professionale.

Doti di organizzatore e riformatore

indiscusse, dimostrate tra l’altro

nei panni di deputato e senatore,

Cardarelli fu protagonista anche

quando, nel marzo 1912, fu

costituito l’Ordine dei Medici

Chirurghi di Napoli: diventò, infatti,

per elezione unanime da parte dei

colleghi, primo presidente della

storia del neonato ente ordinistico,

rilevando così l’onore e l’onere,

all’età di 81 anni, di inaugurare una

nuova era di professionalizzazione

della medicina napoletana. I

contemporanei lo definirono «genio

della medicina», «infallibile

diagnosta», «luminare senza rivali»:

apprezzamenti conquistati grazie

ad un curriculum di titoli

accademici e di benemerenze

scientifiche di insuperato prestigio.

Ciò nel segno di una missione

professionale che svolse, grazie ad

una speciale dispensa che era

privilegio di pochi geni, fino all’età

di 91 anni. Il suo segreto?

Sicuramente le sue qualità innate,

ma soprattutto il suo «metodo»,

fondato su due elementi semplici e

necessari per capire, curare e

recidere le radici di ogni patologia:

prima l’osservazione e poi il

ragionamento. La ragione del suo

«verbo» professionale, infatti, fu il

dittico: «Observatio et ratio».

Il grande professore nacque a

Civitanova del Sannio il 29 marzo

1831. Nel 1848 si recò a Napoli, ove

studiò medicina nel Collegio

Medico e nell'ospedale degli

Incurabili, avendo come maestri

Vincenzo Lanza, Antonio Villanova

e Pietro Ramaglia. Si laureò nel

1853 e divenne subito medico

nell'ospedale degli Incurabili, ove

nel 1859 iniziò l'insegnamento

privato di Medicina interna. Lo

studio semeiotico del malato, il

metodo più valido per far

progredire le conoscenze ai fini

della diagnosi e della

interpretazione patogenetica dei

fenomeni morbosi, fu da subito il

cardine del suo lavoro. Scopritore

di sindromi e sintomi, investigò tra

l’altro le patologie cardiache.

Preziosi i contributi nello studio

delle malattie del fegato e delle vie

biliari, e dei tumori pleurici.

Perfezionò poi lo studio del tremore

basedowiano che interpretò come

dipendente da lesioni nervose.

Insomma, non vi fu versante della

clinica medica che Cardarelli non

affrontò, risultando sempre

decisivo. Fu infine maestro di

cultura medica per generazioni di

allievi: insegnò infatti presso gli

Incurabili dal 1859 al 1888. E, dal

1889, fu sua la cattedra di Patologia

speciale medica nell'ateneo

federiciano: nel 1893 passò alla

cattedra di Clinica medica che

mantenne fino al 1923, ormai

92enne. Straordinario il suo

rapporto con Giuseppe Moscati di

cui fu maestro e che poi elesse a

suo medico curante. Morì a Napoli

l'8 genn. 1927. In una

commemorazione postuma Pietro

Castellino lo definì come il

fondatore della moderna Scuola

Medica Napoletana.

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Sin dall’antichità i medici hanno avvertito l’esi-genza e l’importanza di unirsi in sistemi collegiali.L’antica storia della vita associativa medica, comedelle altre principali professioni intellettuali, ci ripor-ta indietro nel tempo quando, durante l’età medioe-vale, si assiste alla nascita delle Corporazioni, per lopiù caratterizzate da una natura libera e indipendentedal potere costituito rispetto ai romani Collegia Opifi-cium, di impronta religiosa e statale.Ma è solo una volta abolite le Corporazioni che, acavallo tra il XIX e il XX secolo, ha inizio quell’ineditopercorso destinato a portare alla costituzione ufficialedei veri e propri sistemi ordinistici che, per i medici,trovano specifica istituzionalizzazione nel 1910 con laLegge n. 455.

È questo un momento storico di intensa attività per ilmondo medico, in particolare nelle sue articolazioniprincipali e rappresentative, le quali non tardano arealizzare gli intenti e ad applicare i principi costituti-vi la ratio del citato disposto legislativo attraverso laformazione di molti Ordini dei Medici. Tra questi, nel1912, vede la luce l’Ente ordinistico della Provincianapoletana, quale esito e traduzione della lunga eintensa attività della Scuola medica di Napoli me-diante l’opera dei suoi più insigni rappresentanti, tra iquali un ricordo particolare va al celebre patologoclinico Dr. Antonio Cardarelli, allora nominato primoPresidente del neonato Ordine.

Quest’anno ricorre il Centenario dell’OMCeO napole-tano, che nella sua storia si è sempre distinto periniziative e per il determinante e autorevole ruoloricoperto all’interno del contesto della Sanità parte-nopea, e nondimeno nello stesso panorama mediconazionale. La sua celebrazione secolare si presentaquindi come la speciale occasione per riportare allamemoria i tanti soggetti che hanno contribuito alsuccesso di un Ordine che oggi si qualifica come unpunto di riferimento essenziale per il nostro Paese.Un organismo che nel tempo si è fatto interprete, ealle volte ha anticipato con acuta intuizione, i tanticambiamenti che hanno traghettato la Professionedal suo storico passato alla modernità, una insostitui-bile realtà organizzativa e attrattiva dei quasi 24.000medici che operano con dedizione sul territorio na-poletano.

8SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Importanza della vita associativa e il senso di una missione

Ordine, autorevolezza di un ruolo

Amedeo BiancoPresidente FNOMCeO[

In alto: il medico Esculapio in trono in una miniatura dal «Codice

di Kassel»; in basso: Ippocrate in cattedra in un affresco bizantino.

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9Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012SPECIALE CENTENARIO

Crescenzio Sepe

Vescovo di Napoli

Sacerdote e medico al ca-pezzale dell’infermo o

accanto al moribondo.Quante volte in famiglia, incasa di amici o nell’espleta-mento del nostro compitoabbiamo visto questa im-magine, che mi piace ri-chiamare e riproporre, qui ein questa occasione, per rileggere e rilanciare la profon-da affinità tra le due missioni, quella sacerdotale e quel-la professionale del medico.Una figura, quella che torna ai miei occhi, forse oggi nonpiù frequente e usuale per diversi motivi ma che conservala sua efficacia e ci aiuta a riflettere sull’attenzione, la pre-mura e la cura che, sia pure sotto profili diversi quali so-no quello spirituale e quello materiale, vengono riservatialla persona umana, nel momento di grande bisogno esofferenza, per affermarne il valore e la dignità, ricono-scendone, quindi, il diritto alla salute e soprattutto il di-ritto alla vita.Ed è proprio questa prerogativa dell’uomo che, con mol-to rispetto per le convinzioni di tutti, desidero eviden-ziare per esaltare l’importanza del ruolo del medico,chiamato sempre a difendere e ad assicurare la prezio-sità e la continuità della vita dell’uomo, a prescindere dal-l’età di questo e dal proprio credo.Penso che questo compito così delicato e la richiamatasacralità dell’esistenza umana vadano sempre tenutipresenti e preservati, anche in una visione del tutto lai-ca, rilanciandone lo spessore morale e il valore socialeproprio in una ricorrenza così speciale, qual è quella delcentenario della nascita dell’Ordine dei Medici Chirur-ghi e Odontoiatri della provincia di Napoli.È un anniversario alla cui celebrazione mi associo volen-tieri e con spirito augurale, non solo per la sua portata sto-rica, ma anche perché occasione volta alla rievocazionedi figure storiche che, con nobile impegno e motivazioniumanitarie, hanno testimoniato ed esaltato il valore diuna professione e missione, che trovano riconoscimentoe tutela in una organizzazione che non persegue interes-si corporativi, ma che, viceversa, aggrega professionistichiamati alla cura di un bene comune, sommo e assolu-to, qual è appunto quello della salute e della vita.

Andrea De Martino

Prefetto di Napoli

La ricorrenza del Cente-nario della fondazione

dell’Ordine provinciale deiMedici Chirurghi e degliOdontoiatri di Napoli con-sente di ripercorrere le fasifondamentali della nascitae dello sviluppo della sanitàpubblica campana, qualeparte ed irrinunciabile elemento di aggregazione per lanostra comunità. L’istituzione ordinistica - configurazione autonoma estatale assieme – è stata protagonista indiscussa del gran-de sforzo compito in questo secolo per assicurare la piùampia tutela del diritto alla salute, uno degli elementi al-la base della qualità e della coesione di una comunità ci-vile. Dagli albori dello Stato unitario, dove la figura delmedico condotto è prezioso punto di riferimento so-prattutto per la parte di popolazione meno abbiente, al-l’epoca del fascismo, che pur segna la momentanea sop-pressione degli ordini dei medici, alle vicende della sto-ria repubblicana, con le sue sfide per la costruzione diuna società democratica, l’Ordine e i suoi iscritti sonostati sempre in prima fila nel dare corpo ai principi di so-lidarietà e universalismo che hanno progressivamentepervaso la legislazione sanitaria, nel segno del valoredell’equità tra i cittadini. E la vitalità dell’Ordine – che conta oggi a Napoli circa23.000 iscritti, con una sostanziale parità tra i due sessinelle nuove iscrizioni - è testimoniata dalla capacità diaffrontare criticamente in questo primo scorcio del nuo-vo millennio le questioni, di stringente attualità, chemettono in discussione aspetti fondamentali, etici e ci-vili, della professione medica, quali l’incidenza semprecrescente delle nuove tecnologie sul rapporto tra medi-co e paziente o la necessità di un continuo aggiorna-mento dei Codici deontologici a fronte delle novità pro-poste dalla ricerca scientifica.In così significativa ricorrenza giunga, allora, a tutti gliiscritti dell’Ordine un augurio sincero affinché l’attivitàdi ciascuno sia sempre orientata al superamento dellediseguaglianze sociali nell’accesso alle risorse sanitarieed a farsi “prossimo” chi soffre con atteggiamenti di ri-spetto, comprensione e compassione.

Primo Centenario della costituzionedell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri

di Napoli e ProvinciaI messaggi augurali delle Istituzioni

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10SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Stefano Caldoro

Presidente della Regione Campania

Un traguardo significa-tivo, ma anche un

punto di partenza. Festeg-giare il centenario dellaFondazione dell'Ordinedei Medici di Napoli ha ungrande valore non solo perl'importanza che la scuolamedica ha sempre rivesti-to per la nostra città, ma anche perché le memoriedel passato sono un bagaglio di risorse e di conoscen-ze per il futuro. Napoli ha sempre avuto una tradizio-ne medica consolidata, prestigiosi professionistihanno dato lustro alla nostra scuola, sino a farne unpunto di riferimento ed una eccellenza nel panoramanazionale. Un secolo di storia complessa, che ha trasformatoradicalmente le nostre città e i nostri stili di vita. Unsecolo che ha visto i medici partenopei in prima lineanei momenti di difficoltà; impegnati nel prestaresoccorso ai feriti dei conflitti mondiali, in occasionedella diffusione di gravi patologie, oppure in momen-ti di emergenza causati da grandi eventi naturalicome il terremoto. Per citarne alcuni. Un secolo segnato positivamente dai progressi dellatecnologia che hanno notevolmente modificatoanche la professione medica, aprendo la strada anuovi percorsi diagnostici e terapeutici; la sfida delprogresso da accogliere e rilanciare per il futuro.Quella dedizione, quella professionalità e competen-za tutt’ora sono patrimonio della nostra regione. Unpatrimonio costruito giorno dopo giorno e sapiente-mente arricchito dai progressi della scienza medica.La nostra Regione è oggi uno dei punti di riferimentonel settore medico, della ricerca e dell'innovazione,può vantare ottimi centri e sapienti professionisti, edha un Ordine attento e presente sul territorio. La memoria di un illustre passato e la sicurezza di unpresente attento alle esigenze ed alle necessità deicittadini sono i pilastri per la costruzione di un solidofuturo. Quella del medico è una missione, il mio augurio èche questa consapevolezza caratterizzi sempre più laprofessione, continuando ad indirizzarne i passi insostegno dei più deboli, di coloro che maggiormentenecessitano di assistenza.

Luigi Cesaro

Presidente della Provincia di Napoli

L’agenda di un uomodelle istituzioni è

scandita da infiniti impe-gni e ricorrenze. Capita,per il frenetico ritmo chesiamo costretti a tenere, arincorrere iniziative e apartecipare a inaugurazio-ni senza, a volte, riuscirnea vivere realmente il senso. In un momento in cui,attraverso un virtuoso patto tra istituzioni, imprendi-tori, ordini professionali e cittadinanza attiva, stiamoimpegnandoci a ridare a Napoli e Provincia il palco-scenico che meritano con una programmazione dieventi internazionali, ho appreso con gioia e, consenti-temi, con orgoglio, la notizia del centenario dell’OM-CeO napoletano, ricorrenza che scandisce un secolo divita, di lavoro e di presenza dei camici bianchi e delloro Ordine a Napoli e provincia. Momento certamen-te non retorico che, oltre a ribadire meriti e lustri dellacategoria, è destinato a rinsaldare i valori della profes-sione, unendo in un abbraccio ideale quanti, nel corsodi 100 anni, hanno prestato la propria opera al serviziodella salute del prossimo. Un secolo durante il quale laprofessione, sotto la spinta di tumultuose metamorfo-si, si è ampiamente trasformata, consegnando a medi-ci, chirurghi e odontoiatri l’arduo compito di tutelaresempre meglio, nei nuovi contesti, il diritto alla salutedel cittadino e la dignità professionale degli operatori.Un lungo cammino quello dell’Ordine che continua edi cui il momento celebrativo, oltre che punto di ap-prodo, si propone anche come trampolino di lancioverso il futuro, conservando l’orgoglio della propriastoria che non è costituita solo dal magistero di grandiuomini, ma anche dalla tradizione di luoghi come leuniversità, gli ospedali storici, i musei sanitari o sitiimpagabili come la Farmacia degli Incurabili. E pro-prio il prestigio di queste radici, perno identitario dellaricorrenza, sia viatico fiducioso per le nuove genera-zioni che abbracciano la missione medica: ciò malgra-do le difficoltà oggettive di operare in un contestooggettivamente problematico. E in questo senso credoche il centenario contenga anche la certezza di unimpegno: quello di un ente ordinistico sempre piùdalla parte dei giovani. All’uno e agli altri gli auguri e lavicinanza dell’istituzione provinciale di Napoli.

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11SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Luigi de Magistris

Sindaco di Napoli

Èprezioso il contributoche la città di Napoli

ha offerto alla comunitàmedico-scientifica, nonsolo nazionale, attraversopersonalità del calibro diDomenico Cirillo, Dome-nico Cotugno, VincenzoMonaldi, Giuseppe Mo-scati, Antonio Cardarelli e Giovanni Pascale. Uncontributo che si radica nei secoli e giunge fino aigiorni nostri, per mezzo dell'operato di medici illu-stri che hanno sintetizzato la scienza e la ricercascientifica con la cultura umanistica, fondata suprincipi come solidarietà, umanità, tutela dellacollettività. La storia dei medici napoletani è la storia della de-mocratizzazione della cura, la stessa che questaamministrazione indica come obiettivo principale diuno Stato e di una città democratica, individuandonella salute un diritto costituzionale ma anche unbene comune da difendere e garantire a tutti i citta-dini, senza distinzioni di razza e di censo. Napoli èuna città che non è stata risparmiata, nella sua sto-ria, da pestilenze devastanti di cui il colera, nellaseconda metà del '900, è stata la pagina più nota, ilcui ricordo è ancora vivo nella popolazione, la qualeanche oggi ne conserva memoria mediante il rac-conto generazionale ma anche la letteratura prodot-ta a riguardo. I medici, a Napoli, hanno rappresenta-to da allora l'avanguardia scientifica e umana: ricor-do le tante storie di cure concesse gratuitamente aimeno abbienti e i medicinali, laddove era possibile,distribuiti gratuitamente alla popolazione. Napoli come città di sperimentazione e ricercascientifica, di assistenza professionale qualificata,ma anche come territorio in cui la domanda socialedi cura (anche psicologica) si fa sempre più crescen-te con il crescente aumentare delle nuove povertà edella presenza migrante. Napoli dunque esposta aduna sfida democratica importantissima, che vede ilvostro Ordine come referente primo insieme a tuttele altre istituzioni: la sfida di garantire l'accesso allacura ad ogni cittadino, cercando di superare le ri-strettezze economiche imposte da un frangente cosìdifficile come quello che il paese sta attraversando.Nel festeggiarvi per il centenario dell'Ordine profes-sionale che vi rappresenta, vi rivolgo dunque il miopiù sentito augurio e vi rinnovo la disponibilità alavorare con voi per realizzare questo obiettivo con-diviso, un obiettivo che si chiama diritto alla salutecome bene comune, che si chiama democrazia pie-namente realizzata.

Nella pagina accanto: particolare della celebre tavola Strozzi; in

questa pagina: Spaccanapoli vista dalla collina di San Martino.

Qui nacque la cultura medica universitaria.

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Non amo, in genere, le ricorrenze. Confesso di nonaver mai festeggiato un mio onomastico o un complean-no. Il Centenario dell’Ordine, però, mi induce a qualcheriflessione. Dei 100 anni di storia dell’Ordine di Napoli (1912/2012) neho personalmente ed intensamente vissuto quasi un quar-to, per la precisione 22 anni. Ho collaborato con nove presidenze ed altrettanti Consi-gli Direttivi. Ho vissuto ed organizzato otto tornate elet-torali. Qualcuna, in verità, piuttosto “vivace”. Sono arriva-to nella sede di piazza Torretta il 1° gennaio del 1990. Fuiaccolto con curiosità ma anche con grande disponibilitàdal personale. Quattro storiche funzionarie dell’Ordine, nelcorso degli anni, sono andate in pensione: le signore Te-resa Saccone, Adriana Porzio, Naida Corrado e CarolinaCiaccia. Una di esse, la carissima ed indimenticata NaidaCorrado ci ha purtroppo definitivamente lasciato. Gli uf-fici, nel 1990, “giravano” intorno alle “Olivetti”, alle carte-carbone e successivamente ai correttori, ai bianchetti. Ar-rivò il primo elaboratore per la gestione informatizzatadegli albi. Quindi il primo, il secondo, il terzo, il quarto, ildecimo Personal Computer. Sembra che sia trascorso ve-ramente un secolo in questi ultimi lustri. Oggi l’Ordineutilizza una piccola rete intranet, dispone di un sistema ditelefonia moderno, di un efficiente sito web, ha una retewifi con un hotspot, gestisce circa 23.000 iscritti con unapiccola ed efficiente pattuglia composta dalle signore DiBianco, Spisso, De Gregorio e Genovese e dai signori Di Ge-store, Dentice, Tangredi, Gennarelli e Sorbellini. Collabo-rano con l'Ordine, inoltre, due valenti professionisti comeDi Salvo e Cirillo. Mi sia consentito sottolineare con orgo-glio un dato, che è in assoluta controtendenza rispetto aciò che viene normalmente addebitato negativamente aNapoli, alla Campania ed al Sud in genere: la tassa an-nuale di iscrizione all'Ordine di Napoli è la più bassa d'I-talia. L'Ordine provinciale di Napoli, insomma, costa po-co ai suoi iscritti (circa 5,50 euro mensili). La tassa è infat-ti pari a 89 euro, di cui 23 euro vengono versati alla Fede-razione Nazionale.Nel corso di questi anni, che peraltro si aggiungono ad unaltro ventennio che ho trascorso, sempre nel mondo del-la sanità (Ospedali Riuniti, USL 38 etc), ho incontrato tan-ti medici ed odontoiatri. Con molti di essi ho rapporti diconsolidata amicizia e stima e spesso di grande affetto. Ta-li rapporti mi hanno segnato ed arricchito profondamen-te sul piano umano. Ho conosciuto giovani, che oggi so-no affermati professionisti; ho conosciuto medici di valo-

re che oggi sono degli apprezzati capiscuola e che rap-presentano un sicuro riferimento culturale e scientifico pertante generazioni; ho conosciuto medici ed odontoiatri,che con dedizione ed amore hanno svolto e svolgono il lo-ro difficile e, qualche volta, oscuro lavoro con grande sen-sibilità umana e professionale.Oggi l'Ordine sta vivendo un momento di sofferenza in-sieme ai suoi iscritti, che lavorano nel SSN, nelle Univer-sità, negli Enti, o che svolgono, con difficoltà, la libera pro-fessione, ai quarantenni che aspirano a lasciare una pre-carietà insostenibile, ai giovani che cercano un lavoro e chespesso sono costretti a lasciare l'Italia alla ricerca di unaprofessione e/o di un riconoscimento delle loro capacitàe competenze, per le quali si sono tanto impegnati insie-me alle loro famiglie.In un siffatto contesto, drammatizzato dall’attuale gravecrisi economica, è diventato più difficile per l'Ordine espri-

mere con efficacia il ruo-lo per il quale è stato co-struito e costituito, nellaconsapevolezza che laprofessione non può pre-scindere da un grande ri-gore etico, umano, socia-le e deontologico, nellamassima indipendenza econ la migliore compe-tenza tecnica e scientifi-ca, perché il medico devequotidianamente cerca-re di rispondere alla sof-ferenza, alla fragilità, allapaura, alla speranza, allavita ed anche alla morte.

A tal proposito vorrei, comunque, ricordare l'impegno del-l'Ordine di Napoli sul fronte dell'aggiornamento profes-sionale (migliaia di Medici e di Odontoiatri hanno parte-cipato, in questi anni, ai corsi, ai convegni, ai seminari or-ganizzati dall'Ordine), della intensa vigilanza etica e deon-tologica (circa 400 audizioni l'anno), dell'assistenza tec-nica, giuridica, previdenziale e fiscale agli iscritti, dellapresenza attiva e propositiva in tutte le Istituzioni, nella ri-cerca di soluzioni alle tante problematiche via via emer-genti (precariato, libera professione, sicurezza nei luoghidi lavoro, legalità, rispetto della dignità e del decoro pro-fessionale etc)Onoriamo, dunque, il Centenario dell'Ordine di Napoli. Ri-cordiamo i grandi Padri della Medicina Napoletana: i Car-darelli, i Moscati, i Cotugno. Valorizziamo queste impor-tanti radici, ridando orgoglio e speranza ai medici ed agliodontoiatri napoletani e, sopratutto, ai tanti giovani cheintendono impegnarsi in una professione così difficile maanche così entusiasmante.

Evoluzione di una professione tra tradizione e modernità

Ritrovare le radici, aprirsi al futuro

Umberto ZitoDirettore OMCeO Napoli[

12SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

La professione del

medico non può

prescindere da un

grande rigore etico,

umano, sociale

e deontologico,

nella massima

indipendenza

e con la migliore

competenza tecnica

e scientifica.

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13SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Impero Romano

I Collegia Opificium dell’epoca imperiale romana, deputati a

mantenere unite le forze economiche e intellettuali connesse

alla produzione, rappresentano gli antenati degli Ordini e dei

Collegi professionali moderni.

I Collegia, nati dalla libera iniziativa associativa, divennero

successivamente un aggregato dipendente dal potere statuale,

che riconosceva agli stessi Collegia ed agli associati notevoli

privilegi quali, ad esempio, l’esonero dalle imposte, l’esonero

dal servizio militare etc.

La caduta dell’impero romano e le invasioni barbariche

ridussero notevolmente l’importanza di tali associazioni, che,

per mantenere un sufficiente equilibrio socio-economico, si

riorganizzarono. Alcune si riproposero, seguendo la tradizione

imperiale, nel territorio bizantino, assorbendone le influenze;

altre si manifestarono, con originalità, negli stessi territori

occupati dai barbari.

Medioevo

Ciò determinò, nel successivo periodo medioevale, due

tendenze: una di influenza romano-bizantina, che si radicò

sopratutto in Campania, Sardegna, Sicilia, Veneto etc ed una di

influenza germanica, che ebbe diffusione nelle zone centrali e

interne della Penisola: Pavia, Spoleto etc.

In una prima fase si svilupparono Corporazioni nell’ambito

soprattutto dei cosiddetti ceti inferiori (i saponai di Napoli, i

panettieri di Otranto, i tintori di Roma).

Corporazioni delle Professioni intellettuali

Dall’XI secolo cominciarono a costituirsi le Corporazioni delle

professioni intellettuali (notai, medici, giureconsulti, speziali

etc). In questo periodo le Corporazioni si svilupparono anche in

Germania e Francia. A Nimes (Francia), ad esempio, si costituì

la Corporazione dei medici.

Le differenze sostanziali fra le Corporazioni romane e quelle

medioevali possono essere così riassunte: le Corporazioni

romane facevano parte dell’organizzazione statale; avevano

carattere coattivo e prescindevano dal senso religioso; quelle

medioevali invece erano libere, non facevano parte dello Stato

ed avevano carattere anche religioso.

Le Corporazioni medioevali, che si distinguevano in intellettuali,

consortili, militari ed economiche, ebbero uno sviluppo

formidabile, assumendo un ruolo dominante nei comuni con

impronta democratica (Firenze, Pisa, Bologna, Perugia etc),

mentre svolgevano un ruolo subordinato in quelle realtà a forte

connotazione autoritaria come Venezia, Napoli etc.

La storia delle Corporazioni medioevali ha avuto luci e ombre,

determinate, spesso, dall’incapacità della classe dirigente di

porsi al di sopra degli interessi particolari, con forme

esagerate di protezionismo e di legislazioni di privilegio, che

portarono anche a reazioni popolari come il tumulto dei

Ciompi a Firenze.

Fine delle Corporazioni

Con l’avvento delle Signorie, dei Principati e dei Regni le

Corporazioni vennero ridotte a semplici organismi di

regolamento senza poteri e con limitatissima giurisdizione. Tale

decadenza si accentuò sempre più nei secoli XVI e XVII fino

alla loro cancellazione, conseguente anche alla Rivoluzione

francese, che travolse anche quegli ideali di libertà, sia sul

piano economico che su quello professionale, che avevano

contraddistinto positivamente l’Italia dei Comuni e le stesse

Corporazioni nella lotta contro l’Impero.

Le Corporazioni furono definitivamente e formalmente abolite

nel periodo che va dal 1770 al 1862.

Nascita degli Ordinamenti Professionali

Nel XIX secolo vedono la luce i primi Ordinamenti

professionali, che costituiscono l’adeguamento delle originarie

Corporazioni alla struttura dello Stato Moderno ed alla

funzione sociale svolta dalle singole professioni, ponendo, in

primo piano, gli interessi della collettività generale, da cui la

vigilanza ed il controllo dello Stato.

- Nel 1910 (legge 455/1910) nasce l’Ordine dei Medici.

- Nel 1912 nasche l’Ordine dei Medici di Napoli e Provincia

- Nel 1926 (legge 563/1926), dopo l’avvento del Fascismo,

vengono istituiti i Sindacati unici di categoria, cui saranno

assegnati i compiti dei vari Ordini professionali, soppressi con

RDL n.184/1935

- Caduto il Fascismo, gli Ordini vengono ricostituiti con Decreto

del Capo Provvisorio dello Stato- DLCPS- n. 233/1946, che

unitamente al DPR n.221/1950 ed alla legge n.409/1985 (istitutiva

dell’Albo degli Odontoiatri) rappresentano, oggi, i riferimenti

normativi fondamentali degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli

Odontoiatri.

LA SCHEDA/ DALLE CORPORAZIONI AGLI ORDINI

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La tradizione storiografica della medicina del terri-torio individua nel medico condotto e nel medico mu-tualista i diretti precursori della figura del medico di fa-miglia.Questi, infatti, fino all’istituzione del Servizio SanitarioNazionale con la Legge 833/78, oltre ad offrire il primoesempio di medicina di prossimità, avevano garantitodue elementi che tuttora rappresentano peculiaritàesclusive della medicina di famiglia: la diffusione capil-lare sul territorio e la continuità temporale di cura dei lo-ro assistiti.L’attività delle condotte mediche già prevedeva compi-ti concettualmente riferibili alla assistenza olistica del-la persona inserita nella comunità; “il contratto di con-dotta” impegnava il medico all'assistenza continua (diur-na e notturna) di una comunità nella quale aveva l’ob-bligo di risiedere e verso la quale poteva anche rivestirela veste di ufficiale sanitario, dovendo supportare il Sin-daco, l’autorità sanitaria locale.Il medico condotto - un dipendente dell’amministra-zione comunale che operava in strutture (talora) comu-nali e godeva di una indennità “ di cavalcatura” - era te-nuto a fornire la propria assistenza in modo gratuito aicittadini iscritti nell’ “elenco dei poveri”, dietro paga-mento dei compensi stabiliti in apposite tariffe, agli al-tri cittadini.Il miglioramento delle condizioni economiche fece sìche un numero sempre maggiore di pazienti uscisse dalregime di assistenza gratuita e passasse a quello liberoprofessionale. Questo favorì, nella prima metà del No-vecento, uno sviluppo progressivo della mutualità cor-porativa a tutela dei lavoratori con la quale il diritto al-la salute era correlato non all’essere cittadino ma all’es-sere lavoratore (o suo familiare). Nacquero dunque le mutue, sostenute dai contributi disingole categorie, che, con modalità diverse, assunseroil ruolo di “terzo pagante” della prestazione erogata dalmedico libero professionista, cui si rivolgeva autono-mamente l’assistito, o dal medico convenzionato conl’ente mutualistico.Lo sviluppo degli enti mutualistici tra gli anni ‘50 e ‘70determinò una copertura quasi totale della popolazio-ne ma istituì un sistema di tutela della salute estrema-mente frammentato a causa della disomogeneità delleprestazioni assicurate dalle varie casse e dell’assenza, perStatuto, di interventi di prevenzione che rimasero di-stinti dalle cure ed affidati agli Uffici provinciali di Igie-

ne ed ai singoli medicicondotti.Altri elementi critici checondizionarono negati-vamente anche l’evolu-zione della futura MGitaliana, furono la sceltadel sistema di retribuzio-ne “a notula” che preve-deva il medesimo com-penso sia per le visite cheper le prescrizioni e i ten-tativi di intervenire suitrend di spesa con l’in-troduzione di norme dicontingentamento delle

prescrizioni, quali la limitazione del numero delle con-fezioni di farmaci per ricetta.Negli anni ‘70 emersero con forza i limiti e le contraddi-zioni di un sistema che risultava iniquo poiché legava ilivelli di assistenza al potere economico di ciascuna ca-tegoria, poco efficiente poiché necessitava di ricorrentiinterventi di ripiano da parte dello Stato e che impone-va ai Medici una esasperante difformità normativa, or-ganizzativa e tariffaria creata dai diversi regolamenti de-gli enti mutualistici.

Storia di un processo evolutivo nel segno dell’assistenza

Così nacque la Medicina di famiglia

Vincenzo SchiavoVicepresidente OMCeO Napoli[

14SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Nel corso di questi

decenni il ruolo del

medico di famiglia

ha subìto profondi

cambiamenti attraverso

un percorso

contraddistinto

da un’estrema

autorevolezza

nel rapporto

medico-paziente.

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La legge 349 del 1977 soppresse gli Enti Mutualistici e tra-sferì alle Regioni l’Assistenza Sanitaria avviando una sta-gione di profonde riforme che portò alla fine a stabilirei confini della Medicina Generale nel nascente SSN: li-bera professione convenzionata, retribuzione fondatasulla quota capitaria, delimitazione del numero dei me-dici presenti negli elenchi calcolato con riferimento adun rapporto ottimale, obbligo convenzionale (oltre chedeontologico) dell’aggiornamento permanente, avviodella deburocratizzazione della professione, affidamentodella previdenza dei medici mutualisti all’ENPAM.La Medicina Generale in Italia nacque formalmente conl’istituzione del SSN, sotto l’influenza nella dichiarazio-ne di Alma Ata dell’OMS, che per la prima volta esplici-tava l’importanza dell’assistenza primaria in un serviziosanitario, ponendola al centro del sistema quale primoriferimento per il cittadino.Ma la centralità teorizzata trovò difficile applicazione. Ilmedico condotto, attore unico, o meglio isolato, pur sedepositario della maggior parte delle competenze, do-vette confrontarsi con la frammentazione specialisticae adattarsi ad un ruolo di co-protagonista di un proces-so di cura in massimo grado delegato agli ospedali.Si dovette attendere il primo Accordo Collettivo Nazio-nale per la regolamentazione dei rapporti con i medicidi medicina generale con il SSN, DPR 13 agosto 1981, peravere un inquadramento giuridico chiaro e un ruoloprofessionale definito per il medico di medicina gene-rale.La Prima convenzione unica (1978) si era preoccupatadi portare l’unificazione delle regole legando i medici atutti gli enti con l’intermediazione delle Regioni. Di-vennero unici il ricettario, l’albo dei medici, il regime diincompatibilità, il massimale fissato a 1.500 scelte, conalcune deroghe, il meccanismo di accesso.L’ACN dell’ ‘87 costituì un passaggio fondamentale nelriconoscimento del medico di medicina generale qualeparte qualificante e integrata del Servizio Sanitario Na-zionale: tra i compiti affidati al medico di medicina ge-nerale comparvero anche la ricerca e la didattica e ven-ne istituita l’assistenza domiciliare, con l’individuazio-ne del medico di medicina generale quale unico re-sponsabile.La Convenzione del 1996, la prima stipulata con la Con-ferenza delle Regioni, portò ulteriori innovazioni quali-ficanti quali la possibilità di stipulare accordi regionalie l’introduzione dei principi di appropriatezza e di ra-zionalizzazione della spesa; rese possibile avviare la spe-rimentazione di esperienze di cooperativismo, di asso-ciazionismo semplice e in rete che andarono ad affian-carsi alla medicina di gruppo. Maturò anche la consa-pevolezza della volontà della categoria di contribuire al-la programmazione e alla gestione dell’assistenza.Le convenzioni successive del 2000 e del 2005 raccolse-ro in un unico corpo la normativa delle diverse aree del-la medicina generale, descrivendo per ciascuna la defi-nizione giuridica, culturale e professionale. In esse e nel-le successive hanno trovato risalto l'informatizzazione,le forme innovative di associazione tra i medici e l’in-

troduzione di nuovi strumenti organizzativi e gestiona-li e l’utilizzazione di personale infermieristico e di se-greteria.Come si vede da quanto sin qui esposto, nel corso diquesti decenni il ruolo del medico di famiglia ha subìtoprofondi cambiamenti attraverso un percorso contrad-distinto costantemente da un’estrema autorevolezza nelrapporto medico paziente.L’organizzazione della sua attività professionale ha as-sunto aspetti sempre più complessi per esigenze colle-gate sia allo sviluppo del contesto socioeconomico siadei bisogni assistenziali espressi. La stessa figura del me-dico di medicina generale da solista autorevole e pater-nalista, si è man mano aperta alla partecipazione a for-me associative di grado sempre più avanzato e a espe-rienze di integrazione con altri colleghi e con diverse fi-gure professionali.Quello che rimane e rimarrà costante è la difesa dell’i-dentità del ruolo assistenziale, frutto di una ormai ma-turata consapevolezza della peculiarità e della specificitàdella professione, unica in grado di rispondere appro-priatamente ed efficacemente ai crescenti bisogni di ac-cessibilità, continuità e integrazione dell’assistenza neiluoghi di vita del cittadino.

Il testo è stato realizzato con il contributo della dottoressa Tommasina Maio coautrice del libro:

“Dalla condotta al computer".

BIBLIOGRAFIA

1. Guzzanti E., Mazzeo M.C., Milillo G., Cicchetti A., MeloncelliA.: L’assistenza Primaria in Italia dalle condotte mediche allavoro di squadra. La proposta del GISAP. Ed. Iniziative sa-nitarie 2009.

2. Milillo G., Panti A., M.C. Mazzeo: Come è cambiata la me-dicina di famiglia. Archivio FIMMG 2009.

3. Sironi V. A.: La tradizione storica della figura del MMG in Ita-lia. Università degli Studi Milano Bicocca 2012.

4. La Ri-fondazione della Medicina Generale. Documento ap-provato dal Consiglio Nazionale Generale FIMMG .

15SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli –Ottobre 2012

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16SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

I «tweet» augurali dei consiglieriDomenico Adinolfi

Medico di Medicina Generale

Essere eletto all’interno di OMCeO è perme un onore. Il Centenario ricade in unfrangente storico assai critico che impo-ne fermezza. L’impegno è quello di bat-termi per la libertà, l’autonomia e ladignità della professione.

Francesco Saverio D’Ascoli

Commissione Odontoiatri

Il Centenario ribadisce solennemente ilruolo di OMCeO quale organismo ditutela del cittadino-paziente, garantendol’integrità e la corretta morale nell’eserci-zio della professione. Dall’evento un’ul-teriore spinta all’impegno.

Carolina Ciacci

Professore universitario - primario

In era di crisi economica, la celebrazionecolloca maggiormente l’OMCeO Napolisotto i riflettori sociali. Da consiglieresento la responsabilità di rinnovare ilrapporto tra città e sanità, e sostenere lapratica e la formazione.

Luigi De Lucia

Medico di famiglia Als Na 2 Nord

L’Ordine e Napoli: 2 percorsi che si iden-tificano. L’Ente in questi 100 anni hainterpretato il mondo professionale e lavita della città. Poiché la memoria èparte del futuro, il medico riscopraanche il ruolo di educatore.

Mario Delfino

Segretario OMCeO Napoli

I compiti dell’Ordine sono indicati dallostatuto e dalla tradizione: davanti a tuttola tutela dei pazienti e la dignità dellaprofessione. Con la forza del valore e delnumero verso il rilancio della sanitàcampana.

Pierino Di Silverio

Resp. settore giovani OMCeO Napoli

In un’istituzione così antica avverto l’o-nore e l’onere di rappresentare le nuovegenerazioni al suo interno. Spero di con-tribuire all’opera di rinnovamento, nondei princìpi, ma nel senso di maggioreapertura alle nuove leve.

Giuseppe Galano

Dir. UOC - Centr. Oper. 118 (Reg/Terr)

La legge che istituì l’Ordine disciplinò laprofessione alla luce della sua valenzasociale, della sua autonomia. 100 annidopo, il ruolo tutoriale dell’Ente, nei con-fronti di medici e cittadini, è confermatodalla storia

Raffaele Gimigliano

Prof. ord. Med. Fis. Riab. - SUN

I 100 anni dell’Ordine testimoniano ilruolo di garante dell’ente per gli utenti e iprofessionisti. L’onore, per chi ne faparte, è continuare questa missione: eper chi, come me, forma i medici, c’è unsignificato particolare.

Sandra Frojo

Commissione Odontoiatri

L’evento rilancia il prestigio, la forza el’impegno dell’ente ordinistico e al con-tempo ripropone la funzione dell’orga-nismo come luogo d’incontro e stru-mento d’azione della classe medicapartenopea.

Almerico Gino Farese

Revisore dei conti OMCeO Napoli

Far parte dell’Ordine, in qualità di revi-sore dei conti, in occasione delCentenario è motivo di grande orgoglionella consapevolezza del prestigioso maarduo ruolo svolto dall’Ente verso gliiscritti e le istituzioni.

Antonio De Rosa

Revisore dei conti OMCeO Napoli

Essere vicini alla vita dell’Ordine è cru-ciale per capire a pieno il ruolo di questaIstituzione, unica sede, dopo l’università,dove le diverse anime del mondo medicosi ritrovano e si integrano, rappresentan-do l’intera categoria.

Patrizia Iaccarino

Revisore dei conti OMCeO Napoli

Per me l’onore di far parte dell’Ente èlegato al suo ruolo centenario di custodedell’etica professionale e della qualitàdelle prestazioni. L’onere è legato aldilemma medico tra domanda accre-sciuta e risorse limitate.

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17SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

In queste pagine i componenti dell’organismo di categoria partenopeo, presieduto dal dottor Bruno Zuccarelli,

in occasione del Centenario dell’Ordine, hanno risposto alla seguente domanda: “Come vivi l'onere e l'onore di

far parte di una Istituzione così radicata nella storia del nostro Paese, di Napoli e della professione medica?”

Gennaro Volpe

Tesoriere OMCeO Napoli

Un secolo e non lo dimostra: in epoca dibilanci, l’Ordine si proietta verso il futu-ro, memore del passato, e, passo dopopasso guida gli iscritti. Poi c’è la passioneche ci rende gli oneri di appartenenzameno gravosi.

Mario Muto

Dir. UOC Neuroradiologia - Cardarelli

L’Ordine, monitorando gli iscritti, costi-tuisce una garanzia per l’interesse deipazienti. Ma è anche riferimento medicoper l’aggiornamento di base e specialisti-co. Tutela poi la professione e ne salva-guarda l’eticità.

Silvestro Scotti

Medico di Medicina Generale

Per me è la terza esperienza nelConsiglio. La costante è stata ed è lavolontà di spogliarsi del ruolo professio-nale per dedicarsi alla deontologia. Unpunto fermo è il valore della rappresen-tanza presso tutte le altre istituzioni.

Agnese Iovino

Direttore Sanitario Asl Na Nord

Il Centenario rappresenta la piattaformadi lancio verso nuove e difficili sfidesociali da affrontare con le altre istituzio-ni cittadine. Missione possibile grazie alcombattivo cantiere di idee creatosinel’Ordine.

Santo Monastra

Gastroenterologo

Quello del medico è il lavoro più bello edè un privilegio. C’è poi l’onore di parteci-pare ad un Ordine che, oltre a salvaguar-dare professionalità e deontologia, con-ferisce senso di appartenenza a chiopera nel segno dell’etica.

Mariano Malvano

Commissione Odontoiatri

Il Centenario come opportunità di ulte-riore apertura nei confronti della cittàoltre che come occasione di celebrazionedi un secolo di storia: il tutto nel segno diuna dimensione umana del medicoaccanto a quella tecnica.

Pietro Rutigliani

Commissione Odontoiatri

L’onore è quello di essere solo un iscrittodi un Ordine che è stato di Moscati eCardarelli. L’onere è quello di determina-re eventi nel Consiglio, da portavoce dellacomponente odontoiatrica e a salvaguar-dia dei cittadini.

Fabio Lucchetti

Revisore dei conti OMCeO Napoli

Il Centenario è occasione di riflessionesul senso della professione e sull’ap-partenenza all’organismo di categoria.Accanto all’orgoglio c’è anche lapreoccupazione di fornire risposteadeguate ai colleghi e ai cittadini.

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L’amico Presidente mi invita a scrivere qualche con-siderazione sul mio essere stato componente del consigliodell'Ordine dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri, un po'con tutte le qualifiche, Consigliere, Tesoriere, Vice presi-dente e per circa 15 anni Presidente, per tantissimi anni,anni che al mio cuore ricordano battaglie, gioie, dolori, oc-cupazione dei locali dell’Ordine, tenzoni tra giovani ed an-ziani con problemi che sembravano di volta in volta ingi-gantirsi come se fossero destinati a non risolversi mai. Nonmi è mai capitato di nascondere l'età e l'ho fatto per undoppio motivo, il primo che l'essere anziano è uno statod'animo ed un'epoca della vita, il secondo che, per defini-zione quasi unanime, gli anni li portavo bene. La premes-sa serve a farmi dire in maniera orgogliosa, che di questicento anni che festeggiamo, almeno 45, virgola più virgo-la meno, mi hanno visto presente all'Ordine. Per cui potreiparlare dell’epoca con presidente Chiarolanza, degli annipassati con il vertice retto da Ferruccio De Lorenzo e contanti amici purtroppo scomparsi di cui mi piace ricordarequalche cognome come Bossa, Ruggeri, Catani, Nicolelli,Giliberti, Soreca, e prima donna dell'Ordine Chiara Am-mendola, per citarne alcuni, e di altri in ottima salute ca-pitanati da Ottorino Catani, ultranovantenne; senza di-menticare l'attuale Presidente Bruno Zuccarelli per anni va-lidissimo Vice nella nostra istituzione. Mi sembra stuc-chevole sottolineare che una lotta Sindacato/Ordine chealcuni hanno voluto prospettare, di fatto non è mai esisti-ta, anche perché senza una spinta sindacale le votazioni al-l'Ordine, già di per se stesse non eclatanti come presenza,sarebbero diventate miserrime. Le posizioni sono diffe-renti e dico, sottolineandolo, che l'avere sempre avutogrossi incarichi sindacali non mi ha mai proibito di vede-re nell'Ordine un punto saldissimo dove i medici sono te-nuti a rispettare l'etica, le leggi, la deontologia, il decoro, ilrispetto tra loro e la tutela del paziente. E penso che in tut-ta Italia, malgrado il 90% dei presidenti abbia una chiaragenesi sindacale, ricordati dettami siano stati sempre ri-spettati . D'altronde uno sciopero, una ribellione a leggi cre-dute fasulle, una occupazione delle sedi degli Ordini, le sa-crosante aspirazioni dei giovani e quelle altrettanto sacro-sante degli anziani, la professione che si tinge di rosa conaltre necessità ed altre richieste, la precarietà di certe oc-cupazioni che fanno correre ai giovani il rischio di essere"bamboccioni" a 45/50 anni, l'avvento del tecnicismo esa-sperato con le ricette che hanno perso la tradizionalità del-la penna e della firma, il mutarsi quasi quotidiano del rap-porto medico-malato vittima di mille pastoie burocratiche

che rendono la visita quasi un optional, come potrebberoessere trattate e discusse da quei presidenti senza almenouna patina di sindacalismo? Tutte queste cose sono passate sulla mia pelle, le ho vissutein incontri che spesso diventavano scontri con giovani col-leghi, con esponenti della mutualità, farmacisti e chi piùne ha più ne metta, nel tourbillon di una porta dello stu-dio sempre aperta per rispondere a miriadi di richiesteche forse non erano nuove ma purtroppo vere. "Presidè,perché non aumentano le nostre pensioni? Perché siamoobbligati a tanta burocrazia? Perché i mass-media ci ve-dono sempre in chiave negativa? Perché i ministri sono piùpatrigni che padri?" E credetemi amici lettori, le rispostenon erano sempre facili. Poi, fortunatamente, ecco per mearrivare pagine meno torride o almeno credute tali. La Pre-sidenza della FNOMCeO mi ha portato a parlare in tuttaItalia e l'ascolto è stato sempre riguardoso, attento ed il con-senso spesso entusiasta. In Parlamento ho potuto soloconstatare che parlare di lobby medica era la cosa più as-surda tanto essa era inesistente rispetto, ad esempio, aquella degli avvocati che al momento opportuno si batte-vano tutti insieme senza assurde differenziazioni. Ed hotoccato con mano l'esistenza di tanti fattori economici chea secondo dei casi favorivano o danneggiavano le catego-rie. Ad esempio la regione Sicilia opera, spesso, con unaspecie di bancomat poggiante sui quattrocentocinquan-tacinque milioni della formazione, il ricordato bancomatper i giocatori di vario tipo viene gestito da presidenti, ci-nesi, ed emiri, la quasi totalità degli impiegati italiani pog-giano sul bancomat di papà Stato, i medici, sempre solo imedici, hanno come bancomat le cifre del loro lavoro sot-tratte a convenzioni e contratti per la tutela delle loro pen-sioni che brillano per la loro scarsità, risentendo della quo-ta che loro spetta e della pochezza economica di quantoottenuto. Senza voler contare che lo Stato qualche positi-vità economica al di fuori di quanto dovuto potrebbe ri-servarla ai camici bianchi per quello che loro danno per latutela della salute dei cittadini. Ed in conclusione mi pia-ce ricordare ciò che, nel ’41, Winston Churchill scrisse al suoministro per i Lavori Pubblici che parlava solo al futuro di-cendogli: “Non consenta ai suoi piani per un nuovo mon-do di distogliere le sue energie dal salvare ciò che rimanedi quello vecchio" e questo lo ricordo per un grazie postu-mo a tutti quei colleghi, ora anziani, che in tanti anni di bat-taglie mi furono vicini portando ai loro assistiti senz'altroprofessionalità e preparazione ma principalmente nel no-me di una irrinunciabilità e vibrante napoletanità quelcuore che la bellezza della nostra Napoli suggerisce a tut-ti, e particolarmente ai Medici. Per quanto affermato re-spingiamo con violenza le tesi che parlano di possibile eli-minazione degli Ordini perché questi sono e rimangonosempre capisaldi invincibili per la tutela dei medici, degliassistiti, e della medicina.

18SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

La «napoletanità» è di sicuro un plusvalore professionale

Ordine, caposaldo da salvaguardare

Giuseppe Del BaroneGià Presidente OMCeO Napoli [

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Ci sono mille storie che si incrociano in uncentenario. E sono le storie di uomini, di donne chehanno costruito con la passione e con la scienzagliarchitravi di un Ordine straordinario che ha saputoincidere e decidere nel tessuto sociale e professionalenapoletano.Chi ha vissuto queste storie in presa diretta, chi ne hadovuto decifrare i contrastanti umori, chi ha avutol’onore di guidare, per anni, l’Ordine dei Medici diNapoli, resta, per molti versi, un privilegiato.Privilegiato perché l’esperienza ordinistica, al di là ditutto, resta un’avventura straordinaria che vi porta acontatto con persone, problemi che difficilmenteavreste incrociato nella vostra vita.Privilegiato perché l’Ordine, anche nel suo centena-rio, resta orgoglioso della sua storia e degli straordi-nari protagonisti di questo percorso, interpreti di unascuola medica napoletana che ha saputo diffonderenel mondo la sua scienza.Privilegiato perché in questa città ogni esperienzaconserva un sapore speciale, una valenza unica eautentica, difficilmente ripetibile altrove.Lo abbiamo sperimentato anche noi, nei giorni diffi-cili dell’emergenza rifiuti, quando la lente d’ingrandi-mento dei media di tutto il mondo, si era posata contenacia sui problemi di Napoli. Anche allora, anche inquelle ore, la voce dell’Ordine, sufficientementeisolata, risuonò alta e forte, sollecitando atti concreti,rimuovendo il fatalismo dell’immobilismo, risve-gliando una coscienza civica che sembrava perduta. Se ne accorsero tutti i media e, anche in quel caso,l’Ordine svolse un ruolo di supplenza rispetto a istitu-zioni locali fin troppo addormentate.Non è stata la prima volta, non sarà l’ultima. L’Ordinedei Medici è oggi un punto di riferimento strategicoper la società napoletana. Essenziale per il suo pre-sente, fondamentale per il suo futuro.Il tema della salute, soprattutto nell’Italia della reces-sione, resta una piattaforma imprescindibile. E laconcertazione è la parola magica che bisogna neces-sariamente declinare, senza incertezze. Il federalismo incompiuto del nostro Paese, il dialogonon sempre consapevole tra Regioni e Governo na-zionale, l’opportunità di coniugare responsabilitàeconomica con capacità di indirizzo, ecco i temi suiquali sviluppare un sano approfondimento critico.Perché i camici bianchi, anche a Napoli, non possono

pagare le colpe di una programmazione sanitariaspesso carente, trasformandosi nel facile bersaglio ditanti studi legali, sempre pronti a costruire ipotesi didolo contro la classe medica, sfruttando il più sempli-ce dettaglio di una cartella clinica.Perché qui, nella nostra provincia, i limiti della pro-fessione appaiono palpabili, quotidiani. I Prontosoccorso trasformati in trincee dove tutto, ogni gior-no, diventa possibile, medici del 118 troppo spessoaggrediti da chi avrebbe preteso, in tempo reale, unintervento di emergenza, studi costantemente atten-zionati dalla camorra soprattutto nelle aree più peri-feriche.E in una sanità che cambia, la progressiva scomparsadi tante, antiche famiglie mediche che hanno vendu-to, in questi anni, cliniche, laboratori, farmacie, stret-te nell’incudine dei mancati pagamenti delle Asl.Una situazione complessa, paradossale che si incro-cia con il forte sospetto che anche la malavita orga-nizzata abbia allungato, in questi anni, i suoi tentaco-li su questo settore.Sono parole difficili, irritanti che meritano, però, diessere espresse anche in una ricorrenza straordinariacome questa. Il linguaggio della verità deve esseresempre figlio della chiarezza. E dietro queste denun-ce, che ormai arrivano da più parti, ci sono analisiche dovranno sicuramente essere approfondite neiprossimi mesi.Ma in un clima di festa è bene riproporre anche imigliori fotogrammi della memoria e, tra questi,ricordare l’esperienza probabilmente più straordina-ria che il nostro Ordine ha vissuto attraverso il piùillustre dei suoi iscritti, San Giuseppe Moscati.Al di là della fiction della Rai, costruita con l’impegnomio e di tanti in anni di straordinario impegno, chene ha ulteriormente diffuso la fama nel nostro Paese,Moscati resta un eroe del nostro tempo, un emozio-nante esempio di carità, di fede, di scienza, di amore.Un ideale laico e cristiano che scuote ancora le co-scienze di tanti camici bianchi.

19SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

L’ente ordinistico è un riferimento strategico permanente

Un’esperienza unica e autentica

Giuseppe ScaleraGià Presidente OMCeO Napoli [

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Arrivare al vertice della propria categoria professionaledi appartenenza è sempre un onore ma, ovviamente, accan-to ai motivi di vanto vi sono le responsabilità di dover rap-presentare al meglio, e senza parzialità, tutti i colleghi indi-stintamente. Nel momento storico in cui la nostra professio-ne è andata via via perdendo il paternalismo nel rapportocon il malato per andare incontro ad un tecnicismo semprepiù esasperato, dove il cittadino pone una domanda di salu-te sempre più pressante, la difficoltà maggiore per un Presi-dente è far comprendere ai propri iscritti il ruolo dell’istitu-zione e del Consiglio in carica, pur nel rispetto del sano prag-matismo della professione, quasi che i valori espressi o da rap-presentare si annullino nella quotidianità e nella routine dellavoro. In questo senso la Presidenza mi ha permesso di co-noscere numerosi colleghi, tanti bisogni diversi e, soprattut-to, le storie più svariate di cui, altrimenti, non avrei avuto maiconoscenza. La gestione di questi rapporti è spesso risultataessere emotivamente complessa: a seconda delle età di chiavevo di fronte a volte sono stato un fratello, altre un padre emagari anche un figlio con cui confrontarsi, ragionare di fat-ti concreti ma anche di speranze e delusioni. Insomma ho recuperato con tanti colleghi quel “paternali-smo”, nel senso di rapporto coinvolgente, che si è andato per-dendo nella professione. Allo stesso tempo, tuttavia, ho do-vuto mantenere quel giusto ruolo tecnico nei confronti dellealtre istituzioni (Regione, Provincia, Comuni, altri Ordini) cherimarcasse il peso di una Istituzione autorevole, seppure alpasso con i tempi. Durante il mio mandato, quindi, ho cercato, insieme al Con-siglio che mi affiancava, di far fronte in maniera concreta ainumerosi problemi della professione medica: oltre i canoni-ci aspetti riguardanti la deontologia, l’etica e la bioetica, hoaffrontato i nodi della riforma ordinistica, della formazione,del precariato medico, della femminilizzazione della profes-sione, della colpa medica e le numerose ricadute medico-le-gali, della burocratizzazione del lavoro, del rapporto con le al-tre professioni sanitarie, dell’ambiente, delle medicine nonconvenzionali e della comunicazione. Su ognuno di questi ar-gomenti ci siamo confrontati prima in Consiglio, poi con tan-ti di voi, cercando di riunire e coinvolgere le numerose vociche potessero esprimere diverse opinioni, in maniera da an-dare al cuore dei problemi, cercando e proponendo, dovepossibile, idee ed ipotesi che potessero condurre alla solu-zione di alcune problematiche, altre volte di evidenziare, a mo’di cassa di risonanza, attraverso argomentazioni tecniche, imotivi di alcune prese di posizioni. Così sono nate numero-se Commissioni aperte a “tecnici” esterni. Ho rinnovato l’an-

nuale Giuramento di Ippocrate, diventato una stanca con-suetudine, seppure apprezzata dai giovani colleghi e dalle lo-ro famiglie. Abbiamo cambiato la sede ed il “format”, isti-tuendo il premio per la buona sanità affinché i media locali,sempre attenti alla manifestazione, evidenziassero che c’èuna sanità che funziona, che non si manifesta a tutti i costinell’eccellenza piuttosto che nel lavoro quotidiano della mag-gior parte di noi, esaltando gli aspetti tecnici ma anche uma-ni del rapporto con i nostri pazienti. Ho spinto affinché l’Or-dine si costituisse parte civile nei procedimenti penali in cuiil medico o l’odontoiatra siano vittima di aggressioni verbalio fisiche da parte di utenti, ma anche quando risultano casidi esercizio abusivo della professione medica e odontoiatri-ca. Ho rinnovato il bollettino nei contenuti e nella stampa, pas-sando da una piatta monocromia ad una più vivace quadri-cromia. Ma ho anche cercato di seguire le influenze che le leg-gi e i decreti hanno avuto sulla professione. Così abbiamo of-ferto a tutti gli iscritti la PEC (che ricordo essere obbligatoria)gratuita per tre anni. Abbiamo cercato di comprendere i mec-canismi della definizione extragiudiziale delle controversie inmateria sanitaria in applicazione della normativa vigente(Media-Conciliazione) e quali potessero esserne gli aspetti fa-vorevoli e quali quelli da rivedere nel confronto tra Federa-zione e Governo. Un momento fondamentale nei rapporti tra Ordine e Regio-ne è stata l’organizzazione del convegno dal titolo “Un annodi Commissariamento. Quali prospettive per la Sanità Cam-pana”. Con tale iniziativa l’Ordine intese promuovere un ap-profondito e concreto dibattito, finalizzato al raggiungimen-to di obiettivi concretamente perseguibili sul piano operati-vo e funzionale, al fine di ridare efficienza ad un’assistenzasanitaria , che sta vivendo ancora oggi, in Campania, un mo-mento di grande difficoltà, pur disponendo di risorse uma-ne, organizzative e tecniche di grande e riconosciuto valore.Ritengo un altro momento significativo del mio mandato larealizzazione del Convegno UEMS (Unione Europea MediciSpecialisti) che si tenne a Napoli dal 5 all’8 ottobre 2011 e acui parteciparono medici specialisti in rappresentanza di 24Paesi Europei ed extraeuropei. Nel corso del suddetto Con-vegno si trattarono i temi della formazione medica in Euro-pa. L’eccezionalità dell’evento consistette nel fatto che per laprima volta, nei 30 anni di vita dell’associazione, il convegnosi svolgeva in una città non capitale. La mia rielezione nelnuovo Consiglio mi fa ritenere che l’impegno profuso du-rante il mio mandato sia stato produttivo e il messaggio in-viato ai colleghi positivo. Il lavoro da fare è comunque tanto,ma una cosa deve essere certa per gli iscritti: l’Ordine rap-presenta la casa naturale di tutti, al di là delle proprie appar-tenenze a categorie, sindacati o partiti, ed il Codice Deonto-logico deve essere la stella polare a cui guardare per non per-dere l’orientamento. Lo scopo finale, chiunque sia o sarà il Pre-sidente in carica, è mantenere l’indipendenza e l’autorevo-lezza della classe medica, valori irrinunciabili per tutti.

20SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Istituzione nel segno dell’indipendenza e dell’autorevolezza

Un ruolo centrale per la società

Gabriele PeperoniGià Presidente OMCeO Napoli [

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Medici e giornalisti hanno parecchio in comunepiù di quanto non appaia. Noi non pretendiamo dicurare, per carità. Ma proviamo almeno a denunciarevirus e malattie sociali, sotto forma di scandalo, delittoo perfino allargare le coronarie con una buona notizia.Tranquilli, amici medici. Non intendiamo rubarvi ilmestiere, al massimo proviamo a divulgare quel che cispiegate sulla salute, i suoi malanni e vi affianchiamonella prevenzione con l'opportuna diffusione dellevostre diagnosi, dei vostri consigli.Abbiamo conosciuto anche stagioni o momenti digrande freddo, quando nel denunciare la malasanitàqualche mela marcia ha finito con il diventare ilsimbolo di un tutto che è certamente migliore. Ma allacategoria siamo grati e al vostro ordine professionale,con gli opportuni adeguamenti ad una società checambia, auguriamo tutto il bene possibile. Neguadagneremo tutti in salute.Buon compleanno.

21SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Medici e giornalisti,vite parallele

Virman CusenzaDirettore de «Il Mattino»[

Aveva gli occhiali alla Gino Paoli, quelli spessie neri, e un viso rassicurante. Il dottor Fortuna è ilprimo medico di cui ho memoria. Veniva adomicilio ogni volta che mia madre gettava laspugna per non essere riuscita a domare la febbredi uno di noi; ed essendo la nostra una famiglianumerosa, il dottor Fortuna capitava a casa almenoun paio di volte l'anno. Bastava che entrasse, chesalutasse con la sua voce gentile, per risollevare lafamiglia. Mia madre riusciva perfino a sorridere,quando lui, dopo aver lanciato un'occhiata almalato di turno, la prendeva in giro dicendo che ilproblema era grave, anzi gravissimo. "Chefacciamo, chiamiamo l'autoambulanza?" chiedevasorridendo. A quel punto intorno al dottor Fortunasi creava un alone magico. Io lo guardavo come siguarda un film, con quella sospensionedell'incredulità che ti fa uscire dalla realtà e ti fascivolare nel racconto. Ma era quando tirava fuoridalla borsa il ricettario, che il dottor Fortunaentrava nella dimensione mitica. Nel momento incui, ispirato, cominciava a scrivere, nessuno osavapiù interrogarlo. Neanche mio padre. Silenzioassoluto. Solo dopo, a ricettario deposto, gli venivachiesta la dieta per il malato e lui, come un divo chesi stacca dallo schermo, riprendeva la suadimensione comune e dava sempre la stessarisposta: pastina in bianco e provolone bianco diSorrento.Molti anni dopo, ho sentito dire ad un mio amicomedico, un luminare e non solo nel suo campo, chela medicina non è affatto una scienza esatta, e cheforse non è neanche una scienza: “Andiamo avantiper tentativi, abbiamo pochissime certezze" .Quando glielo sento ripetere penso sempre aldottor Fortuna: sbagliavamo, dunque, nell'averetanta fiducia in lui e nella sua dieta? Niente affatto.La medicina è una scienza proprio perché fa moltierrori. Errori che però corregge e supera dicontinuo. Oggi non si cura più come ai tempi diCardarelli o Moscati, eppure le nuove acquisizionidella modernità non hanno affatto oscurato figurestraordinarie come le loro; figure che hanno datolustro e prestigio alla scuola napoletana. Di sicuro,invece, e detto tra noi, non è una scienza ilgiornalismo, che di errori ne fa molti ma raramenteli corregge.

Quel «magico»dottor Fortuna

Marco DemarcoDirettore del «Corriere del Mezzogiorno»[

Ippocrate, padri fondatore dell’Ars Medica,

in un affresco del ‘200 nella cripta della Cattedrale di Anagni.

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Se è vero come scriveva Giordano Bruno, che è l’arte checrea il genere e non il genere che crea l’arte, possiamo anchedire che è il medico che crea l’Ordine e non l’Ordine i medici.E ciò naturalmente vale per tutte le professioni. Ogni medicodegno di questo nome, infatti, non è un mero esecutore diprescrizioni e protocolli prestabiliti, giammai un impiegatodell’Asl. Egli è il depositario di un sapere millenario,indispensabile alla vita di noi tutti. E lo è con laconsapevolezza che quel sapere è imperfetto: infatti il primodovere di un medico è «chiedere perdono», come faceva direin un sogno Ingmar Bergman al protagonista, un medico a finecarriera, del suo bellissimo “Il posto delle fragole”. Il medicopensa che la medicina gli appartenga. Non sa che è lui, invece,ad appartenere alla medicina. Ogni professionista trova in sé leragioni di una deontologia che l’Ordine custodisce e che vaben al di là del lineare dettato della legge, poiché sonoinnumerevoli i casi in cui il medico si troverà immerso in unconflitto tra le ragioni della sua coscienza e quelle della normavigente. La deontologia andrà necessariamente applicata conla discrezionalità e la sensibilità proprie del professionista, mafondamentalmente la sua libertà risiederà nell’obbedire allapropria legge interiore. Un grande chirurgo come IgnazioMarino racconta che «la sfida per conquistare questaprofessione non sta nell'imparare la teoria e nell'eseguire unatecnica, ma nel sapere armonizzare tecnica e condotta e nelcoltivare e sviluppare una sensibilità particolare verso gli altri».Adesso la sfida è ancora più difficile. Non è esistito, infatti,nella storia della medicina un periodo paragonabile agli anniche vanno dall’ultimo dopoguerra a oggi per quanto riguardail progresso sia tecnologico che della ricerca di base. E ciòpone di continuo quesiti sempre nuovi che il medico e il suoOrdine sono chiamati ad affrontare. Basti pensare al dibattitosempre aperto sul fine vita e l’accanimento terapeutico,sull’uso delle cellule staminali, sull’eutanasia. Ma anche sualtre questioni, che attengono più all’organizzazione che aiprincipi, l’opinione pubblica attende una risposta. Ad esempioil doppio lavoro, in ospedale e in clinica, considerato ormaiuna prassi normale oltre che perfettamente lecita, ma di frontealla quale è difficile non restare stupiti. O ancora leinterferenze esterne: basti pensare ai manager messi lì dalpotente di turno che decidono, magari per un propriotornaconto economico, apparecchiature e fornitori che ilmedico non può mettere in discussione. L’Ordine dei Medici diNapoli, che compie cent’anni, darà sicuramente il suocontributo alla discussione su questi temi, come degnointerprete di una tradizione medica napoletana ricca distoriche e prestigiose personalità. Auguri, buon centenario.

Tempo di svoltee di scelte cruciali

Giustino FabrizioDirettore dell’edizione

napoletana di «Repubblica»[

È un anno denso di ricorrenze. Il nostro “Roma” hatagliato il 22 agosto scorso il traguardo dei 150 anni,l’Ordine dei Medici di Napoli festeggia il suo centenario.Realtà che, per molti versi, si sovrappongono noncasualmente in una città che sembra perdere, giornodopo giorno, la sua storia e i riflessi di un passato glorioso.Giornalismo e Medicina hanno smarrito molto di quelmondo romantico che, agli esordi, distingueva questeprofessioni. La tecnologia è andata avantiprepotentemente, mutando tanto il rapporto con i massmedia, quanto quello con il paziente. In realtà, gli OrdiniMedici nacquero soprattutto con un obiettivo etico. Lastoria della Medicina indicava i principi essenziali a cuiattenersi. Li disegnava Ippocrate di Kos, il medico, ilgeografo, l’aforista che, per primo, rivoluzionò i confinidella Medicina, riproponendo con forza il valore delconcetto clinico. Dopo 2400 anni, il suo Giuramento restaancora attualissimo, recupera i fondamenti della fedemedica: impegno costantemente teso verso la vita, sensodei propri limiti, puntuale diffusione del proprio sapere,conservazione del segreto professionale, rettitudine con laquale interpretare il proprio ruolo. Le formule piùmoderne del Giuramento hanno ulteriormenteaggiornato una scienza che, giorno dopo giorno, cambiaradicalmente proponendo temi nuovissimi e inediti chepongono all’uomo nuovi, straordinari interrogativi. Sonocapitoli che meriterebbero pagine di riflessione. Neproponiamo, in questa occasione, solo una, emblematicadel dibattito religioso, politico, scientifico, filosofico esociale del nostro Paese. L’etica di fine vita è un passaggiocruciale della storia contemporanea. Perché si riaffacciacostantemente nelle nostre cronache, nelle nostrecoscienze, nei nostri dubbi. E il limite dell’interventomedico in qualsiasi forma di accanimento terapeutico èun confine sottile e problematico, delicatissimo dadecifrare. Impossibile ripercorrere, in poche righe, ilmagistero di una tradizione che ha dato, negli anni,straordinari maestri e ha avuto un ruolo guida con la suaScuola Universitaria, in Italia e nel Mezzogiorno. Anche seil contesto più problematico è l’approccio igienicosanitario con una città tormentata da atavici problemi, laclasse medica napoletana ha saputo raccogliere questasfida, sconfiggendo scetticismi e allarmismi, riportando ilconfronto sui binari della cura, della terapia, dellanormalità. Ecco perché i camici bianchi napoletaniarricchiscono la loro storia di meriti speciali. L’alzare ilcalice, in questo contesto, è un affettuoso atto d’obbligo.

Alla ricerca delromanticismo perduto

Antonio SassoDirettore del «Roma»[

22SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

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23SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Fortemente voluta dalpresidente BrunoZuccarelli e dal direttoreUmberto Zito, l’operacelebrativa dei 100 annidell’istituzione dell’Enteordinistico napoletanoconsta di 192 pagineracchiuse in una elegantecopertina cartonata consovraccoperta cheriproduce una gouachedel ‘700 (nella foto).All’interno un riccocorredo iconografico dioltre 130 immagini illustrai contenuti, prodotti dauna minuziosa raccolta didati, fatti, testimonianze edocumenti, organizzati edesposti secondo un sobriocriterio storico. Il volumeè inaugurato, infatti, daun articolato excursus chericostruisce le vicendedall’Ars Medicanapoletana dai mitici

primordi della MagnaGraecia fino ai primidecenni del XX secolo. Suquesta robusta dorsalestorica si innesta poi unsecondo capitolo cheripercorre le vicendedell’associazionismomedico fino allacostituzione dell’Ordinedei Medici chirurghi diNapoli con i suoi cento divita, svelando anchealcune recenti scopertecome quella che vedeAntonio Cardarelli qualeprimo presidentedell’allora neonatoorganismo di categoria.Seguono poi i sinteticiprofili di alcuni gigantidella Scuola MedicaNapoletana: pochi, sceltiprotagonisti, estratti dallapur corposa galleria dipersonaggi eminenti dellacultura medica

partenopea. Inoltre,poichè la storia degliuomini è anche storia diluoghi, è apparsoopportuno soffermarsi sualcuni «topoi» cittadinialtamente simbolicicome, ad esempio, gliantichi ospedalinapoletani, la Farmaciadegli Incurabili, il Museodelle Arti sanitarie e ilMuseo Anatomico, infinealtri luoghi chiave delpaesaggio assistenzialecittadino. Il taglio discorsivo delvolume, scelto per evitareogni tentazione retorica,ha poi suggeritol’inserimento di uncapitolo incentrato suaneddoti e curiosità cheoffrissero, attraversoepisodi di vita vissuta,una lettura palpitante edumana della secolare

avventura del contrasto aldolore e alla malattiaall’ombra del Vesuvio. Ilvolume si chiude conun’appendice di notedocumentali: tra gliestratti spicca l’accoratoarticolo con cui GiuseppeMoscati si schiera indifesa dell’ambiente edella città nel 1919. Nelleultime pagine è presentel’indice degli oltre 400nomi citati nell’opera. Curatore del volume èMassimiliano DeFrancesco. I testi sono diAldo De Francesco, LauraCocozza, Alvaro Mirabelli,Gennaro Rispoli e SaraOliviero. Il progettografico-editoriale è dellaIuppiter Group. Il libro delCentenario saràpresentato in occasionedi una serie di eventiancora da definire.

Un libro celebrativo per i 100 anniL’opera ripercorre la storia della scuola medica napoletana

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24SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

La statuariacittadina, vale a dire ibusti e le effigi deigrandi uomini di unacittà, costituisce dasempre un tradizionaleornamento di piazze edi strade. Spesso,tuttavia, questepresenze monumentalinon catturanol’attenzione deipassanti. La scarsaconsiderazione di unacittadinanza fatalmentedistratta, tuttavia, nonoscura l’importanzadegli effigiati cheevidentemente hannoricevuto il tributopostumo dalleamministrazionicomunali o di privatiper meriti e prestigioconseguiti in vita.Personaggi eccezionali,dunque, per i piùdisparati motivi e aiquali una collettivitàesprime la propriariconoscenza attraversouna statua. Agliappassionati distatuaria Napoli offresenza dubbio uncircuito plasticomonumentale di granquantità e qualità.All’interno di questopercorso, inoltre, èpossibile isolare unitinerario minore,formulato per categoria.Tra quanti, ad esempio,in città hanno ricevutoquesto onore ci sonoben 5 grandi medicipartenopei. Prevedibileche accadesse per tre diessi: valore e rinomanzadi Antonio Cardarelli,Giovanni Pascale e

Vincenzo Monaldi sonoinfatti fuori discussione.Gli altri due, pur uominidi acclarato valore, nonhanno goduto dellamedesima fama: sitratta di TommasoSenise e MarianoSemmola. Ecco, allora,un doveroso profilodelle cinque opere.

***Ponendosi di fronte algrande complessoospedaliero che porta ilnome di AntonioCardarelli, leader deiclinici partenopei peroltre mezzo secolo, èpossibile individuare nelgiardinetto di sinistra ilbusto di bronzo,inaugurato nel 1953, agrandezza doppia delnaturale, su piedistallodi marmo bianco, che loraffigura con gliinconfondibili baffiottocenteschi e l’ariasolenne. L’epigrafe inlatino evidenzia i tratticaratterizzanti delpersonaggio,ricordandonel’eccezionale acumediagnostico e lapassionenell’insegnamento.

***Altro grande campionedella cultura medicapartenopea è il chirurgoGiovanni Pascale, ilcoraggioso pionieredella moderna lotta alcancro: il suo busto dibronzo campeggia altermine della stradad’accesso all’Istitutotumori “Fondazione

Pascale”. In calce lo siricorda come senatoredel Regno. L’opera,datata 1935, è firmatadallo scultore TommasoPiscitelli.

***Insigne clinico, audaceriformista della sanitàitaliana, ha ricevuto,post mortem, untangibile tributo diriconoscenza ancheVincenzo Monaldi, ilgrande avversario dellatubercolosi. Quando,nel 1969, il professorescomparve, gli allievi alui devoti promosserol’iniziativa di unascultura che loricordasse, affidandol’incarico all’artistaGiulio Tamburini. Ilrisultato, un bel busto dibronzo inaugurato nel1980, fu collocato nelvialone d’accesso alcomplesso ospedalieroche, proprio in onoredel famoso clinico, hapreso il nome diOspedale VincenzoMonaldi. La scarnaepigrafe in calce, “AVincenzo Monaldi gliallievi”, è sufficiente adesprimere la stima el’amore dei discepoliper il proprio mentore.

Fu, invece, un tipicointellettuale liberaledell’Ottocento ilprofessor TommasoSenise che fu al seguitodi Garibaldi innumerose imprese delGenerale. Acquisìrinomanza divalidissimo clinico e

insegnò patologiamedica dimostrativaall’ateneo federiciano. Ilbusto marmoreo che loritrae è collocato neigiardinetti diMergellina, proprio difronte alla funicolareche conduce daMergellina a viaManzoni, ed è operadell’artista GerardoChiaromonte (1923).

***Fu figlio dell’Ottocentoanche MarianoSemmola la cuinotorietà è legata nonsolo al suo profilo diclinico e ricercatore maanche alla sua attività dipatriota risorgimentalee di filosofo. Docenteuniversitario, senatoredel Regno, abitò finoalla morte al secondopiano del celebrePalazzo Filomarino,nello stessoappartamento in cui,anni dopo, dimoròBenedetto Croce. AlSemmola è dedicato ilsuperbo bustomarmoreo, collocato neigiardini di piazzaCavour, che fu scolpitonel 1934 da FrancescoJerace, grande scultoreitaliano del ‘900. Unafirma insigne quelladello Jerace checonferisce all’opera dipiazza Cavour anche unrilevante plusvaloreartistico: rimarchevole,oltre all’indiscutibilepregio del busto, ancheil piedistallo di marmocon la riproduzione delclassico caduceo.

Grandi scultori per medici insigniDa Cardarelli a Semmola: viaggio tra le statue celebrative

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Statua celebrativa di Antonio CardarelliInaugurazione del 1953 (Foto Archivio Ruggieri)

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In alto: il medico Japige, con un «forceps» a tenaglia, esplora la ferita dell’eroe Enea (particolare di affresco pompeiano); in basso: elegante

set per suture di epoca romana (ricostruzione a cura del Museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina, Ospedale Incurabili).

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27SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli –Ottobre 2012

A Pompei nel 79 d.C. un formidabile e drammaticoevento naturale arresta il tempo. La vita e le attività diun’intera città romana del I secolo si fermano: una coltredi cenere copre le ville, le vie, le “taberne”, i teatri, i forni....Tutto resta “fissato” per sempre. Ora, duemila anni dopo,tutto ciò rappresenta per noi un’eccezionale possibilità difare un viaggio indietro nel tempo per capire le abitudi-ni, la vita quotidiana e le attività dell’epoca romana. Trale cose riportate alla luce particolarmente interessantisono i reperti sanitari (anfore, balsamari, strumentariochirurgico, affreschi di interesse “medico”) che consen-tono di tracciare il profilo della sanità romana del I seco-lo dopo Cristo.Il reperimento nella Pompei antica di oltre 200 strumen-ti chirurgici è una occasione particolare per riscrivere lastoria tecnica della disciplina medica che, come affermaCelso, cura con le mani.La chirurgia che emerge dalle ceneri di Pompei e che sievince dalla buona qualità dei ferri chirurgici è adatta arisolvere varie condizioni morbose. Gli strumenti chirur-gici sono di eccellente fattura, in lega di bronzo, ben sa-gomati, rifiniti e levigati. Molti strumenti hanno una dop-pia funzione e possono essere usati da entrambi i lati: sitratta per lo più di specilli a punta fine o smussa che dal-l’altro capo presentano la foggia di una spatola o cuc-chiaio (a bordi affilati per raschiare i tessuti, così come unodierno cucchiaio di Wolkman). In Pompei sono oltre venti i siti censiti ove sono stati sca-vati strumenti simili agli specilli sopra descritti: è inim-maginabile che si tratti in tutti i casi di siti sanitari. È evi-dente che gli strumenti fini potevano avere disparati im-pieghi domestici. Spesso si trattava di strumenti per ap-plicare il trucco molto più diffusi. D’altro canto i romanierano un popolo ragionevolmente parsimonioso e vero-similmente lo stesso attrezzo veniva impiegato e/o rici-clato per altre funzioni. Inoltre il “fai da te” era molto dif-fuso nella società romana: è il pater familias che per la pro-verbiale idiosincrasia del popolo romano verso i medici(spesso liberti greci) impartiva prescrizioni e medicava fe-rite dei suoi parenti e dei suoi schiavi, le cui vite erano co-munque sottoposte alla sua volontà.Presso il Museo Archeologico di Napoli, ove sono con-servati questi reperti, esistono anche eleganti cassettinedi bronzo per medicinali e cassette adatte a contenerestrumenti chirurgici e materiale per medicazioni. Adesempio la “theca vulneraria”, rinvenuta presso la grandepalestra di Pompei conteneva due pinzette (vulsellae), unago da cataratta, due uncini (hamuli) e uno strumento in-completo: la sede del ritrovamento illumina la funzione

presso una struttura sportiva, ove atleti impegnati in eser-cizi pericolosi o nella lotta potevano ferirsi. Ammirandoquesto elegante set per suturare si possono ben immagi-nare i gesti e le manovre chirurgiche possibili, ben oltrequanto trasmesso dalla tradizione scritta. Vere e proprie“tabernae medicae” o “medicatrine” sono state identifi-cate nei pressi di Porta Ercolano (la cosiddetta casa del chi-rurgo verosimilmente anche con strumentario veterina-rio), due in via dell’ Abbondanza ed un’altra in via Nola-na. La caratteristica di questi ambienti era un ingresso in-dipendente all’esterno, sulla via, con una connessioneposteriore con la domus vera e propria.Si tratta in questi ultimi ritrovamenti di collezioni ricchedi strumenti da impiegare per più usi sanitari, e ciò sot-tolinea la vocazione da parte del chirurgo antico ad ap-procciare indistintamente ogni patologia (da quaranta asettanta pezzi per ogni singolo ambulatorio, spesso rac-colti insieme per essere meglio portati via). Ci sono pinzette di varia foggia con punte smusse o den-tellate. L’elasticità della vulsella era garantita dalla fusio-ne in un unico blocco che consentiva dolcezza nella pre-sa per il ritorno “elastico”. Le branche dentate sono cur-ve a becco d’uccello e presentano un anello scorrevole peruna presa più sicura e stabile nel tempo. Vi sono tenaglie(forceps) con branche a semi-cucchiaio con fori che ser-vivano a stringere insieme con filo, ed ischemizzare cosìtessuti, polipi, tumori penduli, etc. Esistono nelle raccol-te tenaglie con ganasce a becco per estrarre corpi estra-nei o denti (odontagra, rizagra), queste tenaglie si artico-lano con perni eleganti e la loro fattura denota grande ac-curatezza, precisione e stile. Nell’affresco della casa di Si-rico, conservato al Museo Archeologico di Napoli si puòosservare Japige, con uno sguardo fisso alla faccia inter-na della coscia che blocca con la mano sinistra, intento,con una forceps a tenaglia, ad ispezionare la ferita laceradell’eroe alla ricerca del corpo estraneo. Tale gesto èespressione dell’attenta e matura esperienza della chi-rurgia romana. Sembra la rappresentazione del chirurgoideale di Celso.La maestria di questi artigiani fa pensare che vi fossero

fabbri e coltellinai specializzati che spesso, data la varie-tà degli strumenti-tipo, lavoravano su commissione dichirurghi molto esigenti.Era comunque per questi artigiani motivo di vanto espor-re, tra i propri prodotti, i manufatti chirurgici: bisturi e cas-sette chirurgiche complete si vedono sui rilievi in marmoe terracotta di botteghe o sepolcri di coltellinai in tutto ilmondo conosciuto di epoca romana. Nelle varie provin-ce (dalla Dacia, alla Gallia, alla Britannia) sono stati fattiritrovamenti strumentali medici con similitudini straor-dinarie. In alcuni casi è apposto il sigillo-firma del mede-simo costruttore: tutto ciò fa pensare ad una rete di dis-tribuzione e consumo di articoli sanitari in tutti l’impe-

«Ars medica», storia tecnica della disciplina medica romana

La chirurgia nell’antica Pompei

Gennaro RispoliDirettore U.O. Chirurgia Gen. Ospedale Ascalesi - Napoli[

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28SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

ro Romano. Così come è motivo di riflessione il fatto chela foggia degli strumenti dell’antico Egitto, della Fenicia,e quelli dei reperti Etruschi e di epoca Romana è relati-vamente simile, al di là della valenza funzionale, anchenelle scelte tecniche per realizzare snodi, prese e leve.Come se nel bacino del Mediterraneo i popoli si scam-biassero nozioni di carattere sanitario; tutto ciò forseavveniva attraverso le marinerie, gli avamposti militari,il flusso di schiavi e liberti, spesso esperti in arte sanita-ria. Infatti i Romani disprezzarono per molti secoli l’e-sercizio della medicina, lasciandolo praticare a liberti eschiavi spesso di origine orientale e greca.Tra gli strumenti impiegati nell’attività chirurgica ro-mana spicca il bisturi (scalprum) con lama in ferro emanico in bronzo. All’estremità opposta alla lama vi erauna spatola con margini netti ma non taglienti che ser-vivano per divaricare i tessuti, una volta incisi: tale è lafoggia attuale dello strumento che ancora adesso si usaper incidere i tessuti da un lato, mentre con la coda del-lo strumento si possono scollare i tessuti. La lama pote-va essere panciuta, più o meno concava, più o menoconvessa e ad uncino (con una varietà simile a quellaodierna è ripresa nei “cultellaria” medioevali e rinasci-mentali). La lama, quando si usurava, poteva essere ri-mossa e sostituita grazie ad un attacco “a coda di rondi-ne” del manico bronzeo : i romani quindi conoscevanogià “l’usa e getta”. Comunque le lame per corrosione oper fusione sono andate in gran parte perdute mentre lostelo in bronzo si è conservato.Gli strumenti sono per lo più in bronzo, più raramentein ottone (lega di rame e bronzo), mentre il piombo si im-piegava talvolta per specilli e cateteri, il ferro si impie-gava per i cauteria (ferri resi roventi per ottenere emo-stasi e medicare piaghe e ulcere) e fabbricare le lame deibisturi. Queste ultime grazie ad un processo di carbu-rizzazione del ferro ( tecnica nota a fabbri del tempo emutuata dalla tradizione metallurgica etrusca) acqui-stavano le qualità dell’acciaio. Tra i reperti sono nume-rose le “coppette” per suggere il sangue e il “flegma” e lelancette per salasso. Vi erano poi strumenti da definirespecializzati quali cateteri urinari di bronzo a doppiacurvatura (ad “S” italica) con foro laterale per il deflus-so urinario. Bisognerà attendere il XIX secolo per poter ottenere cur-vature anatomiche simili in strumenti metallici per ori-nare (catetere di Petit); eppure anche nel “De medicina”,Celso descrisse ben tre cateteri diversi differenziandoquelli maschili e femminili dimostrando così, come silegge guardando i cateteri di Pompei, che i romani co-noscevano la curva dell’uretra maschile e l’arte del ca-teterismo. Funzionali erano anche i set per paracentesie/o drenaggio di ascessi con cannula evacuatrice con fo-ro laterale e contro-cannula di arresto sulla parete ester-na del corpo. Si resta veramente sorpresi dalla foggia diquesti strumenti che non sono mutati sino ai giorni no-stri, esprimendo una eleganza funzionale essenziale. E che dire degli splendidi dilatatori anali e vaginali? Quila perfezione degli snodi e i meccanismi a vite rasenta-no l’alta ingegneria. Si tratta di strumenti perfetti ed in-

telligenti nelle curve e nelle impugnature dolci. Le bran-che a contatto coi tessuti interni sono perfettamente li-sce ed atraumatiche. Dallo “speculum magnum matri-cis” a quattro branche (per chirurgia addominale e pel-vica, taglio cesareo) ai divaricatori anali e vaginali a duee tre branche : è una lezione di umiltà per la chirurgiaodierna che poco ha saputo aggiungere alla funzionali-tà di questi strumenti. Accanto agli strumenti chirurgici veri e propri e ai “para-fernalia”, sono state reperite boccette di vetro definitebalsamari e contenenti verosimilmente tracce di so-stanze medicamentose e aromi. In realtà anche nelle te-che vulnerarie il chirurgo accanto ai ferri custodiva fi-laccia per medicare e l’“aurum pigmentum”. Quest’ulti-mo era una sorta di disinfettante e antinfiammatorioante litteram a base di polveri di oro e di argento. Tut-t’ora le polveri d’oro sono impiegate per l’attività in-fiammatoria e l’argento micronizzato è ritenuto un dis-infettante efficace. Nell’orto dietro la domus vi eranogiardini con piante medicinali (come è stato studiatonella casa dei “casti amanti”), tutto ciò in ossequio allatradizione dell’erbario romano, mutuato anche dalleesperienze etrusche. In particolare a Pompei è stato ri-trovato l’unico vaso con un’ inscrizione del contenutofarmacologico tramandataci dall’antichità “faecula ami-nea Musae ad varia potita” (Fecola aminea idonea allecure di varie malattie, proposta verosimilmente secon-do una ricetta di Antonio Musa medico e liberto di Au-gusto).Quando il B. Vulpes, primario medico-cerusico degliIncurabili, ebbe in mano questi reperti e strumenti, fre-schi di scavo dalla Pompei antica si rese conto del livel-lo avanzato della chirurgia romana e comprese come ichirurghi, grazie a tali strumenti, erano in grado di legarevasi, effettuare operazioni di cataratta, ernia, taglio ce-sareo, estrazione di calcoli vescicali.Quindi tutto ciò che era stato tramandato per tradizio-ne scritta non era il frutto di fantasia di amanuensi o co-pisti che lodavano il tempo antico, ma quanto realmen-te si faceva, almeno a intuire dagli strumenti disseppel-liti. Leggendo libri VII e VIII di A. Cornelio Celsio, enciclo-pedista romano, molto diligente nel descrivere gli attichirurgici e nel menzionare lo strumentario impiegato,sembra vedere descritti nel dettaglio gli strumenti che sa-ranno riscoperti sotto le ceneri di Pompei. Un diligente studioso del XIX secolo caposcuola delloospedale degli Incurabili, Salvatore De Renzi, primo ve-ro storico della medicina, raffronta in uno studio me-morabile il testo di Celso con gli strumenti ritrovati inPompei. La sensazione che se ne evince è che i chirur-ghi romani operavano con attenzione e forse curavanopiù malattie di quanto sia stato scritto e affrontavano, do-minando anche nella pratica bellica e gladiatoria, si-tuazioni impegnative. Il testo celiano porta affianco la ri-produzione dello strumentario antico, e così nell’anda-re dalla parola alle immagini e dalle immagini riscopri-re il senso delle parole, si delinea l’origine dell’arte no-stra di chirurghi, artigiani del corpo.

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29SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Non poteva essere che l’oscuro, ancestrale ventre diNapoli ad ospitare in antico la prima struttura della cit-tà designata all’accoglienza dei neonati abbandonati daigenitori: ad un passo dalla millenaria Forcella sorse, nel1318, regnante Roberto I d’Angiò, la basilica della San-tissima Annunziata Maggiore. La chiesa, però, era solo uno dei tasselli di un gigante-sco plesso monumentale che nel ‘400 cominciò a inclu-dere al suo interno una sorta di brefotrofio ante litteramper piccoli trovatelli e inoltre un “conservatorio” per gio-vani poverissime, spesso orfane, la cui virtù era preser-vata e assistita fino ad un eventuale matrimonio al pun-to di essere fornite persino di dote. È, dunque, grazie all’illuminata e pietosa clemenza deisovrani angioini che prende corpo nella capitale meri-dionale l’embrione storico di un welfare per l’infanzianegata che nel medioevo italiano viene preceduto soloda Milano, già dal 787 dotata di un ricovero per piccoliabbandonati. Reggeva le sorti dell’intera struttura laCongregazione della Santissima Annunziata che, oltre adamministrare le attività di culto, avrebbe poi perfezio-nato la vocazione assistenziale del complesso fino adincludere anche la cura e il soccorso agli infermi. La Congregazione, che prosperava all’ombra dei muni-ficenti re di Napoli, dispensatori dell’unica sanità allo-ra possibile, vale a dire quella caritatevole, assunse poila configurazione giuridica di Real Casa dell’Annunzia-ta: essa, nel corso dei secoli, accentuò le proprie finali-tà filantropiche, venendo identificata dall’immaginariocollettivo soprattutto come ospizio dei trovatelli, ab-bandonati per colpa della miseria o perché illegittimi. Fonte preziosa su compiti e competenze della celebreistituzione è il libro «Origini, vicende storiche e pro-gressi della Real Casa dell’Annunziata di Napoli», scrit-to nel 1883 dal dotto archivista Giovan Battista D’Addo-sio. Una certosina ricostruzione di eventi la sua che, tral’altro, ci informa come l’opera di registrazione dei neo-nati, condotta con fiscale precisione, inizi nel 1650, an-no in cui vennero accolti più di 200 bambini, per dura-re oltre due secoli: esattamente quanto durerà l’attivitàdell’arcinota Ruota che, attraverso il pertugio esternoaperto ad altezza d’uomo su via Annunziata, riceveràinstancabile generazioni e generazioni di «esposti», ov-vero di depositati. Da ciò deriva l’origine del cognomeEsposito. L’immissione dei bimbi nella Ruota rivestivauna intensa valenza simbolica perché il passaggio deipiccoli grazie al congegno del “torno” ne suggellava lacondizione di «Figli della Madonna»: nello stemma mar-moreo della Real Casa dell’Annunziata, infatti, è im-presso l’acronimo AGP, ovvero «Ave Gratia Plena» con di-retto riferimento alla Madonna. A questi bambini la RealCasa dell’Annunziata cercava di non far mancare nulla:venivano nutriti, educati e curati da balie esperte, a pat-

to ovviamente di superare lo spartiacque letale di unamortalità infantile endemicamente elevatissima nellaNapoli delle epoche passate. L’elemento più significati-vo della Ruota era ovviamente un grosso tamburo di le-gno di forma cilindrica, il cosiddetto Torno, che ruota-va su un perno centrale di metallo: in esso venivano col-locati dall’esterno i neonati e, tramite rotazione del con-gegno, spostati all’interno. I piccoli a volte recavano uncartiglio al collo nel caso i genitori si proponessero di ri-prenderlo in circostanze meno avverse, a volte portava-no addosso un oggettino d’oro o d’argento, ma quasisempre erano avvolti in stracci miserabili. La Ruota, e con essa la sua dolente e sinistra fama, fu sop-pressa il 22 giugno del 1875, anche se a lungo, dopo lacessazione dell’attività, i piccini derelitti continuaronoad essere abbandonati sui gradini della chiesa. Ai loca-li della ruota, restaurati nel 1997, si accede attraverso losplendido portale marmoreo (nella foto in alto), realiz-zato nel ‘500 da Tommaso e Giovan Tommaso Malvito:il sito è ormai parte integrante del percorso storico-cul-turale napoletano ed è a disposizione dei visitatori.

La secolare pietà dei napoletani per i piccoli trovatelli

I figli della Ruota dell’Annunziata

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30SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Il 2012 accomuna due anniversari: l'istituzione dell'Ordi-ne dei Medici di Napoli nel 1912, e, nello stesso anno, lalegalizzazione dell'Odontoiatria con la pubblicazione del-la legge 298 (31.3.1912) che prevede la "Prescrizione del-l'obbligo della laurea in Medicina e Chirurgia per l'eserci-zio dell' Odontoiatria": in calce la firma di Vittorio Ema-nuele III re d’Italia. Ma questo è solo l’approdo di unamarcia durata secoli e che continuerà per tutto il XX se-colo. Le radici dell’Odontoiatria, infatti, affondano nel pas-sato remoto. Già in antico ci sono tracce di pratica curati-va e di raffinati apparecchi protesici. Nelle opere dei sa-pienti di allora (Celso, Plinio, Galeno, Avicenna, ed Albu-casim) vi sono pagine dedicate alle patologie odontoia-triche e alla loro terapia: l'odontoiatria è sempre più verascienza. Solo nel ‘700, però, si riconosce la figura profes-sionale dell'odontoiatra: la svolta si verifica in Francia do-ve, regnante Luigi XIV, viene formalizzata la professione del"chirurgien dentiste”. All'inizio dell'’800, poi, si diffonde lacultura dell'attività odontoiatrica autonoma: nasconoscuole professionali pubbliche e, in vari Paesi, entrano invigore ordinamenti legali della professione. Ma il XIX se-colo è anche il secolo in cui l’Odontoiatria sembra staccarsidalla Medicina, orientandosi verso un indirizzo pragma-tico: accade negli USA dove, nel 1839, sorgono il Baltimo-ra College of Dental Surgery, l’American Society of DentalSurgeons e nel 1841 l’American Journal of Dental Surgery. Ma le novità ci sono anche in Italia: l’Odontoiatria italia-na, quale branca della medicina, è resa ufficiale il 24 apri-le 1890 con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del De-creto BoselIi, in cui si fa obbligo della laurea in medicinaper esercitare l'Odontoiatria e si prevede una sanatoria perchi ha praticato senza laurea. Dopo un iter burocratico di22 anni, il Decreto Boselli è convertito in Regia legge il 15aprile 1912. In questo lungo periodo si accese una conte-sa tra chi esercitava l'arte dentaria: da una parte profes-sionisti e medici trovarono nel nuovo decreto l’arma percombattere ciarlatani e abusivi esosi e impreparati; dal-l'altra invece alzavano i toni gli scontenti che certo am-mettevano che il Decreto Boselli restituiva, dopo secoli, di-gnità ad una parte della medicina troppo spesso sottova-lutata, ma rivendicavano per l'Italia scuole dentarie auto-nome, organizzate e attrezzate in cui gli aspiranti dentistiavrebbero dovuto studiare non solo odontoiatria e odon-totecnica ma, per 5 anni, anche la parte generale di me-dicina, oltre ad approfondimenti in meccanica generale,fisica e chimica. Sarebbero inoltre serviti laboratori, sale

cliniche e tutto ciò che ottimizzasse l’insegnamento. Infi-ne occorreva seguire corsi speciali di clinica medica e chi-rurgica presso gli ospedali e corsi di dissezione presso glianfiteatri anatomici. Vincenzo Guerini, maestro insigne,e la Sezione Odontoiatrica dell'Ordine dei Sanitari di Na-poli si resero fautori di nuove istanze sia attraverso lette-re aperte al Ministro della Pubblica Istruzione che allaCommissione Parlamentare, sia tramite la rivista “L'O-donto-Stomatologia”, diretta da Guerini stesso. Le sue ideeerano chiare: accanto ad una Facoltà medica occorreva-no un insegnamento autonomo universitario di 5 anni eun vasto programma medico. In questo periodo, del resto,l'autonomia dell'insegnamento era in vigore in tutto ilmondo, eccetto l’Austria: in Germania, Inghilterra, Fran-cia e USA, invece, l'insegnamento odontoiatrico era ormaiindipendente e con il nulla osta delle facoltà mediche.L’attesa del cambiamento, però, fu lunga. Solo il 28 febbraio 1980 in Italia, con il D.P.R n 135, vieneistituito, presso le Facoltà di Medicina e Chirurgia, il cor-so di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria. Poi, con laL.409 del 14.7.1985, viene ufficializzata l'istituzione dellaprofessione sanitaria con un Albo degli Odontoiatri nel-l'ambito dell'Ordine medico. Si tratta di 2 albi con le stes-se regole, ma con diversi organi collegiali che hanno com-petenze diverse. La legge sulla professione odontoiatricainnescò polemiche infinite: ciò a causa dei problemi legatiad esempio alla questione dell’iscrizione all'albo odon-toiatrico solo ai laureati in odontoiatria, dei medici spe-cializzati in odontoiatria ed anche dei medici che eserci-tavano la professione odontoiatrica. Il 24 gennaio 1986,poi, nel corso di una riunione del Consiglio ordinistico, pre-sidente Ferruccio De Lorenzo, si prese atto della nuova nor-mativa. L'integrazione dell'Albo degli Odontoiatri in senoall'Ordine dei Medici-chirurghi e degli Odontoiatri di Na-poli viene realizzata il 9 e 10 novembre 1986 con l'elezio-ne (triennio 1985/1987) dei 5 membri della 1° commis-sione dell'Albo odontoiatri: si tratta dei dottori Luca Ra-maglia, Giandomenico Viglione, Giuseppe Fiorentino, Et-tore Epifania e Giuseppe Del Prete. I primi sei anni della presidenza Ramaglia e i successivi 15(presidente Ottavio Delfino) sono coincisi con un radica-le cambiamento della concezione clinica, scientifica e cul-turale dell’odontoiatria. Intanto il numero degli iscritti all'Albo Odontoiatri è pas-sato dai 56 del 1986 ai 2273 attuali. E nel tempo l'Odon-toiatria è diventata professione autonoma, esercitata qua-si del tutto in forma libero-professionale e soggetta al li-bero mercato. Molti ancora i problemi. Di certo, però, ciòche unisce la professione medica a quella odontoiatrica èla cura dei pazienti in scienza e coscienza, con perizia, di-ligenza e prudenza nel rispetto del Giuramento d'Ippo-crate e del Codice Deontologico.

Il percorso di una professione tra battaglie e speranze

Così è cresciuta l’Odontoiatria

Antonio Di BellucciPresidente Commissione Odontoiatri

OMCeO - Napoli[

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NAPOLI ITALIANA, 1860-1915Giuseppe Galasso

Storico, politico e docente universitario

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32SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

Per questo numero speciale in occasione del Centena-rio abbiamo chiesto allo storico Giuseppe Galasso diricostruire le trasformazioni principali della città diNapoli dal periodo postunitario ai primi anni del ‘900in cui è stato fondato l’Ordine. Il testo sintetizza in for-ma organica i punti presentati in una conferenza te-nutasi alla Società Napoletana di Storia Patria il 4 apri-le 2011.

Che la storia di Napoli si concluda nel 1860, con laperdita della sua funzione di capitale, è solo un invetera-to pregiudizio. Intanto, il confronto con altre città italianegià capitali (Firenze, Milano, Torino, e, più lontano neltempo, Genova e Venezia) dimostra che il fattore politicocostituito dalla qualità di capitale di uno Stato indipen-dente non è un elemento fatalmente decisivo. Non lo funeppure nel caso di Napoli. La perdita di alcune amba-sciate e servizi diplomatici fu certo compensata dal ri-chiamo che la città esercitò, in misura a lungo anche mag-giore, come metropoli di richiamo turistico e di vita socialedi una certo rilievo. Basti pensare al numero dei nuovi al-berghi che si aprirono in città per un turismo che non erala semplice prosecuzione del richiamo del grand tour. Itempi del grand tour si erano ormai chiusi. Era comincia-ta l’epoca del tour di quella che fu poi chiamata la jet setsociety, prima del sopravvento del turismo di massa. Non diminuì, comunque, la congestione burocratica del-la città, coi suoi tribunali, uffici statali, persistenti funzio-ni “nazionali” (Cassazione, emissione monetaria etc.) econ un aumento, non una diminuzione delle funzioni mi-litari. La storia demografica della città, che per popolazionefu la prima d’Italia fino al 1921, lo dimostra appieno, conun afflusso anche esterno, trascorso il primo decennio,per nulla trascurabile. Ma lo dimostra, forse, addirittura dipiù la forte tenuta o incremento dei valori immobiliari, percui il padrone di case rimase una figura essenziale nel pae-saggio sociale locale, la rendita fondiaria fu il cespite-prin-cipe nella considerazione corrente della ricchezza, e se neperpetuò, così, il non positivo ufficio sociale.La rete infrastrutturale dei trasporti urbani ed extra-urba-ni divenne molto avanzata: Tramvie provinciali, Cumana,Vesuviana, Alifana e rete ferroviaria statale. Parallelamen-te si sviluppò la rete dei servizi urbani moderni (luce, gas,acqua, oltre che trasporti).Si disarticolò certo (ma era fatale) la gravitazione napoli-centrica del Sud. Però, l’università, il Banco di Napoli, laCorte di Cassazione ne mantennero a lungo gli effetti.Inoltre, la città rimase il centro degli acquisti di un certolivello per tutto il Sud, oltre che per quelli più ordinari inambito più ristretto, con una prosecuzione di tale funzio-ne veramente conclusa solo alla metà del Novecento, men-tre anche vari altri elementi (non escluso lo sport) valseroa tenere vivo più di quanto sembra o si creda il ruolo me-ridionale di Napoli. Nacque, inoltre, allora la nuova indu-stria napoletana, e l’area industriale della città era la quar-ta d’Italia già prima della legge del 1904.La vita culturale prosperò anch’essa col rinnovamentodell’Università e la fioritura tra ‘800 e ‘900. È perfino su-perfluo fare nomi (basti pensare a Francesco De Sanctis).

Il giornalismo acquisì un’importanza nazionale, e non so-lo col “Mattino”. Il San Carlo visse molte stagioni fra le piùimportanti della sua storia. Nelle arti, oltre i maggiori, tracui Mancini e Gemito (nella foto), si ebbe un folto gruppodi artisti importanti, con una prosecuzione della linea fi-gurativa napoletana che merita attenzione in sé e per sé,nonché una stagione architettonica nuova (liberty, florea-le). Né è un caso il fiorire di un nuovo senso della napole-tanità, come dimostrò, fra l’altro, la fondazione della So-cietà Napoletana di Storia Patria (a destra: una foto dellavecchie sede di piazza Dante) nel 1875. E ciò a parte l’epo-ca d’oro della canzone napoletana, anch’essa fra ‘800 e‘900. Beninteso, i problemi erano quelli che erano; e il co-lera del1884 fornì da questo punto di vista una dramma-tica dimostrazione, che divenne opportunità con l’ado-zione di un legge speciale per Napoli. Ne conseguì un ri-assetto urbanistico, che da solo può dare un’idea concre-ta di quanto si fece allora per la trasformazione della cit-tà, anche se tanti aspetti del Risanamento rimasero più chediscutibili. Le negatività del periodo post 1860 si ebbero so-prattutto nella vita politica e amministrativa, che, trannelo slancio del periodo del sindaco Nicola Amore, dové re-gistrare a fine secolo la gravissima Inchiesta Saredo. Con tutto ciò, proprio allora sbocciò lo splendido primoquindicennio del ‘900, in cui l’economia (anche quella in-dustriale) e la cultura (si pensi solo a Benedetto Croce)toccarono i già accennati vertici. Nacquero allora ancheforze politiche più moderne, e le elezioni amministrativedel 1913 diedero luogo a uno sforzo di riforma, che atte-stò, pur fra molti aspetti discutibili, una capacità di azio-ne e di realizzazioni, di cui le vicende amministrative cit-

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33SPECIALE CENTENARIO Bollettino OMCeO Napoli – Ottobre 2012

tadine hanno fatto e fanno spesso dubitare. E certo è cheil richiamo internazionale della città crebbe, e fra il 1890e il 1920 conobbe una delle sue punte nel mondo con-temporaneo. Spicca, negli stessi anni, una nuova presa dicoscienza dei problemi cittadini, e si passa dalla lettera-tura sollecitata dal colera dell’84 a una letteratura non piùdi occasione o dipendente da eventi straordinari, o dallacuriosità e dalle esigenze, come la precedente letteraturasulla città, a una letteratura specifica, frutto di un impe-gno di studio e di riflessione, e il libro di Nitti sulla “que-stione napoletana” ne rimane un classico sempre attuale.Del resto, questi furono pure gli anni in cui la riflessionemeridionalistica sui problemi strutturali e politici del Mez-zogiorno toccò alcuni dei suoi vertici, ed ebbe proprio aNapoli, intorno al Fortunato e al Nitti, il suo centro, con-tribuendo così a mantenere alla città un’indiscutibile cen-tralità meridionale. Sulla base di tali premesse ancora dipiù colpisce l’insufficiente trasformazione complessivadella città da ex e privilegiatissima capitale del suo Regnoin moderna metropoli italiana ed europea. Vi fu, massic-cia, la già notata conferma della rendita fondiaria qualeprincipale sostegno di reddito delle classi alte e dirigentidella città, così come uscì confermata la preminenza delcommercio, al dettaglio e all’ingrosso, nel quadro dell’e-conomia, malgrado gli indubbi progressi della industria-lizzazione, accentuati dalla legge speciale del 1904. La fi-sionomia sociale della città, pur modernizzandosi per mol-ti aspetti, continuò a presentare un’anomala persistenzadi quel Lumpenproletariat, che la contraddistingueva findal secolo XVI, e una diffusione di libere professioni, mol-to spesso a un livello piccolo-borghese, o poco al di sopra,che non erano indizi di un vero e proprio e moderno pro-gresso sociale. Soprattutto, poi, vi era ancora moltissimo

troppo Stato, sia nell’eco-nomia che nella dinami-ca e nella mobilità socia-le; ancora troppi impie-ghi, soprattutto pubblici,e dominio dell’ideologiadel “posto fisso”, tantoche alcuni presumono,per questo, di poter par-lare di staticità antropo-logica dei napoletani.Dopo la prima guerramondiale si tratta, ormai,e sempre più, un’altra Na-poli: la Napoli di cui vi-viamo ancora oggi pro-

blemi e contraddizioni, e che ha anch’essa i suoi aspetti fe-condi e volti al futuro, ma fra limiti ancora maggiori diquelli della grande stagione post-1860. Stagione che va vi-sta come una grande, ma non miracolosa o casuale, pri-mavera di un’estate che poi non si è avuta o si è avuta so-lo in parte. Fu, infatti, la fioritura delle grandi risorse edenergie accumulate dalla città nel corso della sua storia dicapitale, e che nell’ultimo suo periodo quale capitale es-sa non aveva trovato modo di esprimere appieno.In ultima analisi, si svolse allora per Napoli una prova delfuoco: camminare con le proprie gambe, e non più, inquanto capitale, sulle possenti grucce del favore regio. Lacittà non ha superato la prova, come hanno fatto altre cit-tà, o, meglio, l’ha superata solo in parte, ma spiegare ciòcon una “deminutio capitis” dovuta all’unificazione ita-liana e con un effetto soffocante di tale unificazione è perlo meno fuorviante.

Col rinnovamento

dell’Università e

la fioritura tra ‘800 e ‘900

della vita culturale,

Napoli prosperò.

Il giornalismo acquisì

un’importanza nazionale,

si ebbe un folto gruppo

di artisti importanti.

Nacque così un nuovo

senso della napoletanità.

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Giuseppe Moscati“Ricordatevi che, seguendo la medicina, si assume la responsabilità di una sublime missione. Perseverate, con fede

e con entusiasmo, siate sordi alle lodi e alle critiche, siate tetragoni all'invidia e disposti solo al bene”.