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1 Fra lingua e storia Insegnare con le fonti d’archivio di Cristina Cocilovo Nel cuore della proposta Lo scopo dell’articolo è far conoscere un’esperienza di didattica delle fonti d’archivio, realizzata nel territorio milanese e lombardo, ma che, con gli opportuni adattamenti, può costituire un modello di confronto con esperienze di altre realtà. In particolare vuole illustrare come sia possibile passare dal linguaggio dei documenti, spesso incomprensibile per i non adepti e risalente a periodi storici anche molto lontani nel tempo, a testi semplificati prodotti dagli utenti, studenti di ogni ordine di scuola: primarie e secondarie di primo e secondo grado. Il senso dell’esperienza, per quanto riguarda l’angolazione da cui lo analizziamo, consiste nel far riappropriare gli studenti del senso del messaggio, insito nella fonte documentaria, e poi nel farlo rielaborare in modo originale, con un linguaggio adeguato alla comunicazione attuale, senza banalizzarlo né impoverirlo. Metteremo a confronto fonti d’archivio e rielaborazioni scolastiche realizzate da ragazzi frequentanti per lo più la scuola secondaria di primo grado, anche se avrebbe senso sconfinare nei due cicli contigui, nell’ottica della continuità del progetto. L’istituzione soggetto dell’esperienza La sua storia Ma diamo prima un’occhiata ai protagonisti di questa offerta formativa. La scuola deve collaborare con altre istituzioni per sviluppare competenze più ampie di quelle realizzabili con l’uso degli strumenti offerti dall’ambiente scolastico, i quali, se pur ricchi come una biblioteca, un laboratorio di storia, internet e la LIM (lavagna interattiva multimediale), fanno vivere solo in modo virtuale

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C.Cocilovo, saggio Clio92, apr 2013

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Fra lingua e storia Insegnare con le fonti d’archivio di Cristina Cocilovo Nel cuore della proposta

Lo scopo dell’articolo è far conoscere un’esperienza di didattica

delle fonti d’archivio, realizzata nel territorio milanese e lombardo,

ma che, con gli opportuni adattamenti, può costituire un modello di

confronto con esperienze di altre realtà.

In particolare vuole illustrare come sia possibile passare dal

linguaggio dei documenti, spesso incomprensibile per i non adepti e

risalente a periodi storici anche molto lontani nel tempo, a testi

semplificati prodotti dagli utenti, studenti di ogni ordine di scuola:

primarie e secondarie di primo e secondo grado.

Il senso dell’esperienza, per quanto riguarda l’angolazione da cui

lo analizziamo, consiste nel far riappropriare gli studenti del senso

del messaggio, insito nella fonte documentaria, e poi nel farlo

rielaborare in modo originale, con un linguaggio adeguato alla

comunicazione attuale, senza banalizzarlo né impoverirlo.

Metteremo a confronto fonti d’archivio e rielaborazioni

scolastiche realizzate da ragazzi frequentanti per lo più la scuola

secondaria di primo grado, anche se avrebbe senso sconfinare nei due

cicli contigui, nell’ottica della continuità del progetto.

L’istituzione soggetto dell’esperienza La sua storia

Ma diamo prima un’occhiata ai protagonisti di questa offerta

formativa.

La scuola deve collaborare con altre istituzioni per sviluppare

competenze più ampie di quelle realizzabili con l’uso degli strumenti

offerti dall’ambiente scolastico, i quali, se pur ricchi come una

biblioteca, un laboratorio di storia, internet e la LIM (lavagna

interattiva multimediale), fanno vivere solo in modo virtuale

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esperienze significative, come il mestiere dello storico o

dell’archeologo.

L’uscita didattica al museo, in un archivio, o la visita di un

quartiere, costituiscono esperienze fondamentali, se ben organizzate

e finalizzate, per cogliere il senso dell’operazione storiografica

nascosta dietro il manuale scolastico.

A Milano una di queste possibilità è offerta da un’istituzione di

assistenza, l’Azienda di Servizi alla Persona, Golgi Redaelli, erede di

antiche scholae ed enti assistenziali di origine medievale, riunificati

prima dagli interventi riformisti di Maria Teresa d’Austria, poi, nel

corso del 1900, divenuti pubblici ed entrati nell’orbita del Comune di

Milano1.

Figura 1 – Lo stemma di ASP Golgi Redaelli, Milano, racchiude gli stemmi dei cinque enti di carità da cui ha preso origine (Misericordia, Loreto, Quattro Marie, Divinità, Carità)

L’archivio dell’ASP Golgi Redaelli raccoglie documenti che

risalgono al XIV secolo, dotazione dei diversi enti che lo hanno

costituito, e attestazioni delle numerose donazioni di benefattori.

Questo archivio è stato riordinato e messo a disposizione anche

delle scuole, trasformandosi così da deposito conservativo a centro di

stimolo per la scoperta e la comunicazione di fatti storici riguardanti

1 Vedi M. Bascapè, P. Galimberti, S. Rebora, Il tesoro dei poveri Silvana

editoriale, Milano, 2001

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una porzione di territorio italiano, come Milano e parte del suo

hinterland: offre insomma uno spaccato di storia locale.

Rivolgendosi ai più giovani, non solo agli addetti ai lavori,

l’archivio si è mosso sulla strada della divulgazione colta e della

formazione di base, per dare alle nuove generazioni la

consapevolezza del patrimonio culturale e dell’importanza del suo

utilizzo.

Il progetto che incarna questa operazione ha preso il nome di

L’Officina dello storico e un bel sito ne illustra finalità e azioni:

http://www.officinadellostorico.it

Da un paio d’anni L’Officina ha aperto a Bergamo una seconda

sede presso la Fondazione MIA - Congregazione della Misericordia

Maggiore, un ente di carità, di diritto privato senza scopo di lucro,

sorto nel 1265, che ugualmente ha messo a disposizione il suo

archivio alle scuole del territorio di Bergamo e provincia, con le

stesse finalità di ASP Golgi Redaelli; a queste attività collabora

anche l’Archivio Bergamasco Centro studi e ricerche.

I due progetti di L’Officina dello storico, sulla base di un

protocollo di intenti, si avvalgono del sussidio didattico

dell’associazione IRIS (Insegnamento e ricerca interdisciplinare di

storia) e sono riconosciuti da Ufficio Scolastico Regionale per

Lombardia per la formazione nelle scuole.

La didattica delle fonti d’archivio e le sue finalità

L’Officina dello storico organizza laboratori didattici da sei anni,

avvalendosi della collaborazione di un’equipe di archivisti, storici,

storici dell’arte e formatori esperti di didattica della storia. Ogni anno

nelle due sedi riesce ad organizzare oltre 60 laboratori, per una media

di 1200 alunni. Le scuole usufruiscono gratuitamente del servizio,

tutto a carico degli enti promotori.

L’offerta consiste nella visita guidata all’archivio, alla scoperta di

cartelle, camicie, fondi, delle modalità di conservazione di codici

miniati, pergamene e documenti cartacei. Gli studenti si accorgono

dell’esistenza di altre fonti come oggetti, fotografie d'epoca, antichi

cabrei, cartografie e rilievi tecnici, beni artistici e architettonici, libri

e giornali, testimonianze orali. La visita alla quadreria dell’ASP, che

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raccoglie significativi ritratti di benefattori dell’ente, completa la

serie di fonti da consultare e analizzare. Il tutto, dando la possibilità

agli studenti di fotografare, odorare, spesso toccare e manipolare.

Figura 2 – Studenti nell’archivio dei Luoghi pii elemosinieri (ASP Golgi Redaelli) durante la attività laboratoriale de L’Officina dello storico

L’operazione successiva consiste nell’osservazione e nell’analisi

di documenti relativi a un percorso scelto fra quelli offerti2

dall’archivio, che spaziano da storia per biografie a memorie di

territori trasformatisi nel tempo, a vicende locali che si intrecciano

con la storia nazionale. Apposite schede guidano il lavoro, svolto in

gruppo dagli studenti con l’assistenza degli archivisti e dei formatori.

La finalità fondamentale di L’Officina riguarda l’educazione al

patrimonio e alla cittadinanza attiva3: gli studenti analizzano fonti

2 I percorsi tematici sono consultabili ai due indirizzi:

http://www.officinadellostorico.it/pagina/i-percorsi-tematici-della-sede-di-milano e

http://www.officinadellostorico.it/pagina/i-percorsi-tematici-della-sede-di-bergamo. 3 Per un confronto, vedi Le Nuove indicazioni per il curricolo della scuola del primo ciclo di

istruzione, dove nell’area disciplinare di Storia si dice: «L'insegnamento e l'apprendimento

della storia contribuiscono all'educazione al patrimonio culturale e alla cittadinanza attiva. I

docenti si impegnano a far scoprire agli alunni il nesso tra le tracce e le conoscenze del

passato, a far usare con metodo le fonti archeologiche, museali, iconiche, archivistiche, a far

apprezzare il loro valore di beni culturali. In tal modo l'educazione al patrimonio culturale

fornisce un contributo fondamentale alla cittadinanza attiva».

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originali (scritte, orali, iconografiche…) per trarre informazioni e

inferenze, per formulare ipotesi e problematizzare, ma anche per

apprendere nuove parole e concetti corrispondenti ad operazioni per

loro ignote. Acquisiscono consapevolezza del valore dei beni

culturali, e dell’importanza della loro conservazione per la memoria

collettiva.

L’esperienza, che in archivio è concentrata in 2-3 ore, continua in

classe, proseguendo con attività di gruppo collaborativo per

completare l’analisi dei documenti; gli insegnanti sollecitano

l’osservazione e le domande da porre ai documenti per farli parlare e

non lasciarli inerti, abbandonano il ruolo di docente in cattedra e

assumono quello di tutor e coach del gruppo.

Non solo: attraverso il laboratorio gli alunni in prima persona

sperimentano «un metodo esplorativo sul passato4», poiché si

avvicinano alle procedure di lavoro dello storico e si cimentano nel

simularle, comprendono come nasce e si articola la ricerca

storiografica e quindi la Storia come disciplina. Nella ricostruzione

di fatti storici, non dipendono dal manuale, ma ricercano i

collegamenti fra la Storia Generale e la microstoria indagata sui

documenti, nobilitandole a vicenda.

Figura 3 – Leggere e trasporre antichi documenti è impegnativo!

4 Vedi Le Nuove indicazioni per il curricolo della scuola del primo ciclo di istruzione,

all’area disciplinare di Storia

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Per completare: un prodotto originale

Il progetto L’Officina dello storico richiede ancora più efficacia

rispetto alle sue finalità, in quanto chiede alle classi partecipanti di

non fermarsi all’indagine archivistica, se pur ricca di scoperte, ma di

affrontare l’elaborazione di un prodotto da rendere pubblico, per

illustrare quanto hanno appreso.

Il prodotto, e qui sta l’originalità, deve prendere spunto dai

documenti e dal loro messaggio implicito ed esplicito, ma poi essere

realizzato secondo la creatività e il gusto delle classi.

Di solito il progetto si realizza in gruppi cooperativi, con la

distribuzione dei compiti e dei ruoli, poiché ogni alunno contribuisce

in base alle proprie capacità specifiche, prendendo consapevolezza

che nella fase di produzione le conoscenze non restano sterili, ma

inevitabilmente si riversano nelle competenze sia propriamente

storiche che linguistico-comunicative.

Si tratta di un lavoro entusiasmante e insieme faticoso, poiché i

gruppi debbono sapersi organizzare nel ricostruire e tematizzare il

percorso e nell’utilizzare conoscenze acquisite anche in altri ambiti

disciplinari. Debbono poi assumersi le necessarie responsabilità di

gestione e saper controllare i tempi.

I prodotti delle classi vengono presentati nella giornata di

restituzione al pubblico, costituito dai collaboratori dell’archivio, ma

soprattutto dagli studenti e insegnanti che hanno partecipato alla

sperimentazione. L’evento costituisce un confronto reciproco fra

classi e quindi diventa una specie di festa in cui si impara, perché si

scopre “come hanno fatto gli altri”5.

Lingua e Storia “Il sogno del mercante”

Vediamo alcune realizzazioni relative a un percorso molto

richiesto dalle classi: “Il sogno del mercante”, storia di Donato

5 Vedi anche Maurizio Gusso, Uscite didattiche e formazione storica. Esperienze IRIS di

approccio storico-interdisciplinare all’educazione al patrimonio in "L’uscita didattica

come educazione alla geografia, alla storia e al turismo. Spunti di riflessione teorici

e pratici.", a c. di Thomas Gilardi e Paolo Molinari, Educatt, Milano, 2012

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Ferrario, spregiudicato mercante del periodo visconteo, che, dopo

alterne vicende, diviene ricchissimo prestatore di danaro al duca

stesso, sostenitore della Veneranda Fabbrica del Duomo ed infine

fondatore di un ente di assistenza, la Divinità, un Luogo pio per i

derelitti della città di Milano. Lo si potrebbe considerare un Bill

Gates ante litteram.

Fig. 4 – Il frontespizio dello Statuto della Divinità conservato nell’Archivio di ASP Golgi Redaelli, Milano, osservato dagli studenti durante la visita laboratoriale

Le fonti messe a disposizione dall’archivio sono i Libri dei conti,

stesi in prima persona dal mercante con pignola precisione secondo il

sistema della partita doppia (Dare et Habere); il codice miniato con

lo statuto del suo ente di beneficenza; numerose pergamene di

concessioni (per lo più fiscali) viscontee e sforzesche; il suo

testamento; gettoni per i poveri, che funzionavano come buoni per

ricevere abiti e altri generi di conforto; un ritratto, sebbene postumo;

carte di amministrazione dell’ente. Oltre a queste fonti originali,

l’archivio mette a disposizione riproduzioni di antiche carte

topografiche di Milano, in cui sono riconoscibili l’abitazione di

Donato, la sede della Divinità ed anche il carcere in cui era stato

rinchiuso per evasione fiscale (conservate presso l’Istituto Bertarelli

di Milano). Nella biblioteca dell’Archivio sono consultabili

numerose pubblicazioni storiografiche sulla mercatura a Milano nel

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basso Medio Evo, alcune anche on line 6. Gli archivisti infine hanno

approntato le traduzioni dei documenti in latino (statuto, testamento,

diplomi ducali) e versioni semplificate dei libri dei conti, scritti in

volgare, ma leggibili in originale solo con competenze di paleografia

e diplomatica.

Il fascino che esercita il personaggio deriva dalla sua attualità:

consente infatti di mettere a confronto il passato con il presente e fa

scoprire come i comportamenti dei precoci capitalisti del Medio Evo

italiano somiglino terribilmente a quelli di oggi.

I documenti a confronto con le produzioni delle classi

Gli studenti hanno realizzato le produzioni più varie, ricorrendo ai

generi letterari che risultavano loro più congeniali, cercando di

utilizzare il registro adeguato e un lessico in cui le parole chiave

fossero contestualizzate in modo corretto ed efficace.

Riportiamo in seguito alcuni stralci di testi su Donato Ferrario,

prodotti da ragazzi di scuola media. Gli studenti delle superiori

hanno privilegiato produzioni complesse: veri e propri testi a

intreccio enciclopedico sulla Milano del 1400 o addirittura un

musical, molto apprezzato dal pubblico di giovani. Per la primaria,

merita attenzione una classe che ha costruito un grande gioco

dell’oca, quasi un quadro di civiltà sul periodo visconteo.

Gli studenti della media si sono sbizzarriti fra interviste

impossibili, drammatizzazioni teatrali, novelle, filastrocche, giochi di

carte e persino un profilo su Facebook.

Perché il confronto sia efficace, riportiamo prima qualche

brano dei documenti originali.

6 GAZZINI MARINA, “Dare et habere”. Il mondo di un mercante milanese del Quattrocento,

Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Milano, Milano 1997, ora

riedito in EAD, Carità e governo delle povertà, secoli XII-XV, Milano 2002, reperibile

come ebook anche su Reti medievali: http://www.rm.unina.it/e-book/titoli/gazzini.htm

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Dalla traduzione dello STATUTO DELLA SCUOLA DELLA

DIVINITÀ E DI TUTTI I SANTI7: “ […] Nell’anno a partire dalla Sua

nascita 1429, indizione ottava, nel giorno di martedì del 1° del mese di novembre.

[….] Lo spettabile e generoso signore dominus Donato dei Ferrari da Pantigliate,

nato dal defunto dominus Antonio, cittadino di Milano di Porta Nuova, nella

parrocchia di San Damiano in Carrubiolo, nella notte della festività di Tutti i Santi,

correndo l’anno 1425, in sogno si trovò ammesso alla presenza della maestà divina

del Dio padre. E dopo essersi inginocchiato, la Divinità lo esortò e gli comandò di

erigere nella città di Milano una schola o consorzio intitolato alla Divinità,

dotandola, mediante la donazione dei suoi beni in modo sufficiente da convertirli

in cibo ed elemosina per i poveri, in lode alla maestà divina […]”

Dalla traduzione del TESTAMENTO8: “In nome di Dio. Anno dalla

Sua nascita 1441, indizione quinta, lunedì 13 novembre.

Poiché la vita e la morte sono nelle mani di Dio Onnipotente ed è meglio vivere

con il timore della morte piuttosto che, con la speranza di vivere, giungere a morte

improvvisa, io, in nome di Dio, dominus Donato Ferrario da Pantigliate, figlio del

fu Antonio, della città di Milano di porta Romana, nella parrocchia di Santo

Stefano in Brolo dentro [le mura], scolaro e fondatore della Scuola della Divinità di

Milano, sano di mente e di buona e salda ragione, se pure di salute alquanto

malferma, [… ] ho ordinato, disposto e fatto in modo che fosse redatto l’istrumento

del testamento […]”.

Ecco come gli alunni si sono sbizzarriti nel “rappresentare” la

storia di Donato inserendola nel contesto storico generale, ma

anche nell’attualità.

7 Incipit dello Statuto della Schola della Divinità e di Tutti i Santi, Archivio dei Luoghi pii

elemosinieri, Statuti, 4 (traduzione a cura di Mira Montanari). 8 Protocollo del Testamento di Donato Ferrario, Statuto della Schola della Divinità e di Tutti

i Santi, Archivio dei Luoghi pii elemosinieri, Statuti, 4 (traduzione a cura di Mira

Montanari).

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Fig. 5 - Rielaborazioni della figura del mercante a partire dal suo ritratto (al centro) di anonimo bergamasco, sec XVII, Quadreria ASP Golgi Redaelli, Milano, olio su tela cm 200 x 102,5

Da un’intervista impossibile9: “- Salute a te, Donato Ferrario, ci

racconti qualcosa della tua vita, della tua famiglia e del tuo luogo d’origine?

- Salute a voi cari ragazzi! Dunque io sono nato a Pantigliate, un piccolo

paesino a Est di Milano, di cui è originaria la mia famiglia. L’anno preciso non me

lo ricordo e figuriamoci il giorno! Ma era nel 1370 circa. Devo dire che la mia

famiglia non era né povera né ricca: erano tutti mercanti, di certo non popolani.

Crescendo imparai anch’io questo mestiere e incominciai ad avere frutti dai miei

sforzi. Pensare che una volta finii pure in prigione per non aver pagato le tasse sul

commercio del sale [ …] ma per fortuna il mio impegno non andò in fumo, perché

lasciai tutto alla schola della Divinità [ ...] Quando morii fui sepolto nella chiesa di

S. Maria della Scala. Fu un peccato quando demolirono quell’edificio, ma almeno

costruirono al suo posto il Teatro della Scala, famoso in tutto il mondo […]

- Quali vantaggi hai tratto della fondazione dell'Istituto della Divinità?

- Subito dopo aver fondato la schola, notai che le persone mi rispettavano non

per le mie ricchezze, ma per ciò che avevo fatto per loro. Allora compresi che un

grande sogno si era avverato e ottenni finalmente la fama che avevo sempre

desiderato. Infatti le persone non mi chiamavano più Dominus Donato Ferrario, ma

spesso aggiungevano appellativi molto nobili e significativi come VIR NOBILIS o

addirittura GENEROSUS VIR DOMINUS”.

Ora una novella in stile trecentesco dal titolo10

“Donato Ferrario,

un mercante preoccupato”: “Era adunque in Milano una coppia di mercanti che appartenevano alla famiglia

dei Ferrario. Vivevano molto bene insieme, ma desideravano un figlio. Ogni notte

pregavano Dio perché potessero concepirlo.

Col passare degli anni si erano ormai rassegnati all’idea di rimanere da soli

quando nacque un bambino. Lodarono Dio e, per ricordare che era un dono del

signore, lo chiamarono Donato [... ]

Il nostro mercante, in virtù dei suoi meriti, aveva ricevuto dal Duca di Milano

una patente con l’esenzione dai dazi sul trasporto del sale; però, per avidità, quel dì

aveva ecceduto nel carico e per questo fu arrestato […] Durante la prigionia,

nella notte di tutti i santi Donato ebbe un sogno: gli apparve il Padre Eterno che lo

invitò a fondare un luogo pio per i poveri, per purificarsi dei suoi peccati […] Al

risveglio, Donato non riusciva a pensare che al sogno, alla visione di Dio che

srotolava una pergamena accompagnato dai suoi discepoli [.…].

Prese così la decisione di fondare un luogo per i poveri che, in ricordo del sogno,

chiamò ‘Consorzio Della Divinità Di Tutti I Santi’ […] I poveri ricevevano un

gettone con il quale potevano avere in cambio del cibo[…].

9 S.S.1° gr. “Via Maffucci Pavoni” Milano, Classe 2E, a. s. 2008-09 (prof.ssa Cocilovo) 10

S.S.1° gr. “Via Maffucci-Pavoni” Milano, Classe 1D, a. s. 2007-08 (prof.ssa Biagiola)

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Si liberò così dal tormento del sogno e anche dalla paura delle fiamme

dell’inferno… e così pensò di avere aperto le porte verso il purgatorio e magari

anche quelle per il paradiso!”

Invece una filastrocca ci propone11

: “C’era una volta un ricco mercante

che vestiva in modo elegante.

Era nei gusti raffinato

e indossava abiti di broccato;

aveva i baffi, era cristiano

dall’aspetto pareva sia giovane che anziano;

aveva un sorriso ordinario

e si chiamava Donato Ferrario.

Una notte aveva sognato

le regole che Dio gli aveva dettato,

forse sarebbe andato all’Inferno

e sicuramente per l’eterno,

se non avesse costruito un luogo pio

per essere salvato proprio da Dio.

[...]”

C’è stato chi ha imbastito una sceneggiatura teatrale12

:

“SCENA SECONDA: IL PRESTITO FORZATO - Personaggi: Duca Filippo

Maria Visconti, Referendario del duca, Cristoforo Grillino, Donato Ferrario.

Duca - Mio referendario, a causa delle troppe guerre non ho più liquidi. Ho

bisogno di un prestito. Avevo pensato a Donato Ferrario.

Referendario - Ottima scelta! È un ricco mercante ed ha molto contante. E… se

non vuole?

Duca Filippo Maria Visconti- Lo forzeremo.

Referendario - Lo chiamo.

Duca - Donato, ho bisogno di 125 lire imperiali, so che le hai.

Donato - È una grossa somma, ma ve la darò al più presto.

Duca - Vi restituirò il denaro nel mese di febbraio dell’anno del

Signore 1426”.

C’è chi ha immaginato un profilo Facebook13

di Donato, con non

poche difficoltà pratiche nel passaggio passato-presente: Facebook

non accetta una data di nascita del 1370, che una persona parli il

volgare, che non abbia studiato nelle attuali facoltà universitarie.

Facebook richiede informazioni che non possono esistere nei

documenti originali perché all’epoca sconosciute, come film, musica,

spettacoli, libri letti. Allora si sono trovate soluzioni originali, come

cliccare “Mi piace” su Chanson de Roland.

11

S.S.1°gr. “Via Maffucci-Pavoni” Milano, Classe 1A, a. s. 2007-08 (prof.ssa Ricchiuti) 12

S.S.1°gr. “Via Maffucci-Pavoni” Milano, Classe 2D, a. s. 2011-12 (prof.ssa Delle Chiaie) 13

S.S.1°gr. “Ottolini” Rescaldina, Milano classe 3A, a. s. 2011-12 (prof.ssa Tizzoni)

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Alcune conclusioni interessanti sono state che Facebook può

essere paragonato ad un archivio, perché conserva dati, documenti,

messaggi in formato digitale sia veri che falsi, ma, a differenza di un

vero archivio, appartiene a tutti gli iscritti e non a un’istituzione in

grado di organizzare i documenti.

Fig. 6 - Donato Ferrario su Facebook

Non mancano anche produzioni ludiche: una ruota della fortuna

oppure un gioco di carte con il Memory14

, tanti modi per divertirsi

facendo storia.

Nel gioco a squadre del Memory bisogna abbinare la carta/ testo

che descrive una parola chiave del percorso con una carta/ lettera

capoverso miniata che riporta la stessa parola.

Per esempio, alla lettera H di Habere (vedi immagine 6),

corrisponde il testo: “HABERE - Donato registrava sul " libro dei conti" le

entrate e le uscite. Con il latino habere, avere, ricevere, Donato indicava i soldi

che doveva far avere ai suoi creditori e quindi le sue uscite. Egli elencava su due

14 S.S.1°gr. “Via Maffucci Pavoni”, Milano, Classe 1E, a. s. 2010-11 (prof.ssa Cocilovo)

visibile all’indirizzo http://www.officinadellostorico.it/palestra/memory-del-mercante

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colonne, secondo il metodo fiorentino, il dare (quanto gli dovevano i suoi creditori,

quindi le entrate) e l’avere (Dare et Habere)”; alla lettera B di Benefattore

(vedi immagine 6), corrisponde il testo: ”BENEFATTORE - È noto che

Donato fosse un grande mercante, ma anche un Benefattore tant’è che fondò la

Schola della Divinità, cui lasciò la maggior parte dei suoi beni per aiutare gli

indigenti (poveri), restituendo, attraverso la carità, quanto guadagnato con il

commercio”.

Fig.7 – Lettere capoverso derivate da antiche miniature, riutilizzate per le carte del

Memory

Alcune riflessioni

Ritornando al tema dell’articolo sul rapporto fra Lingua e Storia,

credo di aver riportato esempi significativi di come un linguaggio

complesso e per addetti al lavoro, come quello delle fonti storiche, se

ben veicolato, possa fornire materiale di indagine e di riflessione

anche per alunni molto giovani.

Sul piano linguistico, negli esempi riportati, si può notare come il

processo di mediazione nella comprensione dei documenti e di

organizzazione delle informazioni, implicite ed esplicite, abbia fatto

realizzare testi, nei quali il linguaggio ingenuo, a volte colloquiale e

dalla sintassi semplice, è riuscito a contestualizzare il lessico

specifico.

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A volte sembra che non si sia rispettato il registro linguistico

colto, come nel caso di Facebook o dell’intervista impossibile,

perché i ragazzi volevano sottolineare la differenza di

comunicazione di oggi (diretta e a volte semplificata come uno

slang) rispetto al documento ufficiale del passato; anche nella

trasposizione teatrale, gli opportuni inserimenti colti, come “mese di

febbraio dell’anno del Signore 1426”, contribuiscono a dare una

veste “ufficiale”. La recitazione pubblica dei ragazzi, seri e

compresi, ha poi fatto il resto.

Nelle altre produzioni questo sfalsamento di registro non si è

verificato, perché i ragazzi hanno assunto quello adeguato al genere

letterario scelto: dallo stile narrativo della novella a quello giocoso

della filastrocca, fino a quello informativo “freddo” del Memory

(l’aspetto ludico consisteva nel gioco da fare a lavoro ultimato).

In ogni caso hanno dimostrato di essersi saldamente impadroniti

dei concetti chiave tratti dal percorso sperimentato, a seguito di uno

studio realizzato con metodo nell’analisi dei testi, e di saper

padroneggiare con notevole elasticità le capacità richieste per esporre

in forma scritta.

Non ultimo, va sottolineato come qualsiasi trasposizione scritta

delle fonti sia stata riequilibrata da altre modalità comunicative: le

immagini, internet, la recitazione, l’operazione ludica o anche la

semplice ricerca di caratteri di scrittura adeguati al testo da render

pubblico.

Significa che i nostri studenti non si accontentano della sola

scrittura e vivono in un’epoca in cui la comunicazione è

inevitabilmente multimediale.