o r a r e o i r a i d e n o i z a r t s ImpresaEroica u l · giovani. Chi ha un’occupazione,...

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in chiostro anno sesto numero 5 dicembre 2006 Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università degli Studî Suor Orsola Benincasa Spedizione in A.P. - 45% art. 2 - comma 20/b - legge 66/92 - Filiale di Napoli Mercato e sviluppo di Renato d’Emmanuele Certi risvegli Lo Zarathustra di Nietzsche, il suo superuomo, ad un certo punto guardandosi allo specchio vi vede l’immagine di un mostro. Non sappiamo se Antonio Bassolino sia un lettore abituale di Nietzsche né, se, vedendosi oggi nello specchio dei media nazionali, abbastanza improvvisamente diventato ostile, abbia la sensazio- ne di essere diventato un mostro. Sappiamo ora invece che, se è vero che “il sonno della ragione genera mostri”, è vero pure che certi risvegli improvvisi – o a orologeria – non sono da meno: la differenza è che generano mostri in coro. [ Il fratello di Caino ] Descrivere lo stato complessivo del- l’economia campana in questo momento storico non è stato un compito facile. Tante sono le varia- bili all’interno del sistema. Il lavoro degli allievi del Master in giornali- smo di Napoli mette innanzitutto in evidenza, in questo numero, la necessità che la classe dirigente campana metta all’ordine del gior- no i temi della competitività e della crescita. La regione rischia infatti di rimanere drammaticamente indietro sotto questo aspetto, mal- grado le enormi potenzialità che pure ci sono. Ciò che emerge dalla nostra piccola inchiesta è effettiva- mente la qualità potenziale di un sistema economico oggi assediato da competitori all’interno del mercato globale, un sistema che deve dun- que saper valorizzare accuratamen- te le sue eccellenze, e non trascu- rarle come spesso accade. Come si vedrà nelle prossime pagine, sono molti i settori nei quali l’econo- mia campana eccelle: l’agroalimen- tare, la moda (soprattutto quella maschile), l’industria orafa, la can- tieristica navale. Il porto di Napoli si sta proponendo come arma vincente per un nuovo modello di sviluppo nei traffici internazionali. E abbia- mo riscontrato come la Campania sia competitiva a livello nazionale anche per quanto riguarda gli inve- stimenti nella ricerca: costituiscono il 2,5% del prodotto interno lordo regionale. Si tratta di una ricerca scientifica a volte ben organizzata, come dimostra il felice esperimento dei centri di competenza. Quando parliamo invece dei proble- mi, parliamo soprattutto delle aziende. Ce ne sono molte che, pur avendo le qualità per diventare davvero competitive, si accontenta- no di sopravvivere. Come si può leggere in queste pagine, la buro- crazia diventa troppo spesso un ostacolo alla libertà e allo sviluppo dell’impresa. Un esempio? Le trafi- le che occorrono per aprire e per gestire una società, e qui parliamo anche della più piccola attività arti- giana a conduzione familiare. Si è voluto allora esplorare la proposta di legge del radicale Daniele Capezzone, sulla possibilità di apri- re un’attività imprenditoriale in sette giorni: se non naufragasse, “consentirebbe di ottenere una con- cessione edilizia senza attendere fino a ventisette mesi”. Ciò che emerge ancora è il peso del- l’aliquota Irpef sulle imprese, allo scopo di sanare il disavanzo gestio- nale della sanità regionale. Occorre molta attenzione, ancora una volta, perché il sistema fiscale non figuri tra le cause di una depressione economica. Si è visto inoltre che le emergenze sono ben note alla classe dirigente. Per cominciare, il cronico problema della criminalità. Che qui è un pro- blema di immagine. La Campania non dà affidamento a chi potrebbe investire da fuori, e anche molti imprenditori della regione scelgono di delocalizzare la propria produ- zione per non dover convivere con il sistema criminale. Se parliamo invece dell’eterno pro- blema lavoro, troviamo una Campania ancora ai vertici nazio- nali per tasso di disoccupazione, soprattutto per quanto riguarda i giovani. Chi ha un’occupazione, spesso lavora al di fuori di ogni sfera contrattuale, malpagato, e Illustrazione di Mario Ferraro non protetto in quanto a criteri di sicurezza e a garanzia dei diritti. La legge Biagi ha di certo il merito di avere sbloccato il mercato e incenti- vato nuove assunzioni e regolarizza- zioni dal sommerso. Ma - come ci ricordano ancora una volta i sinda- cati e anche Confindustria - va urgentemente completata con un sistema di ammortizzatori sociali più moderno, per non lasciare privo di ogni tutela chi ha la disavventura di trovarsi disoccupato e chi rischia di diventarlo. La ricerca svolta da Inchiostro ha evidenziato che un sistema economico evoluto tende all’efficienza: oltre ad aver bisogno della liberalizzazione dei mercati, necessita anche della liberalizzazio- ne dei servizi e delle professioni. Timidi passi in avanti sono stati compiuti con la legge Bersani, ma forti sono ancora le resistenze delle tante categorie che, in Campania come in Italia, affollano il sistema produttivo. Forse non è bastato sbloccare le licenze dei tassisti. Le imprese ci hanno segnalato il loro bisogno di servizi professionali snel- li ed efficienti. E ci siamo imbattuti ancora nelle croniche inefficienze della giustizia: le imprese richiedo- no strumenti rapidi, che concilino le esigenze del mercato con i tempi di accertamento del diritto. È un problema che riguarda soprattutto la giustizia civile, in questi anni purtroppo relegata a “sorella mino- Nuove attività in tempi più brevi Una proposta di legge per snellire l’iter burocratico pagina 9 Il nodo energia: costi e incentivi Per le fonti rinnovabili 50 milioni di euro in aiuto alle aziende pagina 10 Il documento di Cgil, Cisl e Uil “Tredici misure contro l’evasione e il lavoro sommerso” pagina 5 Il porto di Napoli continua a crescere In cinque anni più che raddoppiati i croceristi sbarcati pagina 6 “Troppi illeciti nelle aziende” Un pm lancia l’allarme Ma Cola risponde: “Siamo noi le vittime” pagina 2 L’economia in affanno Calano i consumi e i disoccupati crescono ancora pagina 3 re” di quella penale, all’interno delle riforme e del dibattito politi- co. Per accorgersi dell’urgenza di cambiamenti radicali basta calcola- re i tempi di durata di un processo in materia di lavoro o di previden- za, o contare i lavoratori in attesa di veder riconosciuta l’ingiustizia di un licenziamento. Come spiega Luciano Morelli, il delegato al settore energetico di Confindustria Campania, va ripen- sato il rapporto che la nostra classe dirigente ha instaurato con il pro- blema dell’approvvigionamento energetico. Le imprese oggi sconta- no prezzi elevati per una qualità non sempre corrispondente ai costi. Molte imprese domandano la ripre- Impresa Eroica sa - fuori da furori e dogmi ideolo- gici - degli studi sul nucleare, un tempo punta di eccellenza della ricerca italiana. Sono queste le sfide che attendono la classe dirigente della Campania e dell’intero Paese. Evidente come sia ancora in corso la transizione dal- l’epoca del parastato, e dello “Stato primo imprenditore”, a quella del- l’economia di mercato. Altrettanto evidente, dai risultati dell’inchiesta, la necessità di un forte sforzo rifor- matore, di una nuova idea di avventura nazionale da parte degli attori politici. Se la coglieremo, sappiamo fin d’ora di poter contare su una terra fertile e potenziale protagonista del mercato.

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inchiostro anno sesto numero 5 dicembre 2006

Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università degli Studî Suor Orsola BenincasaSpedizione in A.P. - 45% art. 2 - comma 20/b - legge 66/92 - Filiale di Napoli

Mercato e sviluppodi Renato d’Emmanuele

Certi risvegliLo Zarathustra di Nietzsche, il suo superuomo, ad un certopunto guardandosi allo specchio vi vede l’immagine di un mostro.Non sappiamo se AntonioBassolino sia un lettore abituale di Nietzsche né, se, vedendosi ogginello specchio dei media nazionali,abbastanza improvvisamentediventato ostile, abbia la sensazio-ne di essere diventato un mostro.Sappiamo ora invece che, se è vero che “il sonno della ragionegenera mostri”, è vero pure checerti risvegli improvvisi – o a orologeria – non sono da meno: la differenza è che generano mostriin coro.

[ Il fratello di Caino ]

Descrivere lo stato complessivo del-l’economia campana in questomomento storico non è stato uncompito facile. Tante sono le varia-bili all’interno del sistema. Il lavorodegli allievi del Master in giornali-smo di Napoli mette innanzitutto inevidenza, in questo numero, lanecessità che la classe dirigentecampana metta all’ordine del gior-no i temi della competitività e dellacrescita. La regione rischia infattidi rimanere drammaticamenteindietro sotto questo aspetto, mal-grado le enormi potenzialità chepure ci sono. Ciò che emerge dallanostra piccola inchiesta è effettiva-mente la qualità potenziale di unsistema economico oggi assediato dacompetitori all’interno del mercatoglobale, un sistema che deve dun-que saper valorizzare accuratamen-te le sue eccellenze, e non trascu-rarle come spesso accade.Come si vedrà nelle prossime pagine,sono molti i settori nei quali l’econo-mia campana eccelle: l’agroalimen-tare, la moda (soprattutto quellamaschile), l’industria orafa, la can-tieristica navale. Il porto di Napoli sista proponendo come arma vincenteper un nuovo modello di svilupponei traffici internazionali. E abbia-mo riscontrato come la Campaniasia competitiva a livello nazionaleanche per quanto riguarda gli inve-stimenti nella ricerca: costituisconoil 2,5% del prodotto interno lordoregionale. Si tratta di una ricercascientifica a volte ben organizzata,come dimostra il felice esperimentodei centri di competenza.Quando parliamo invece dei proble-mi, parliamo soprattutto delleaziende. Ce ne sono molte che, puravendo le qualità per diventaredavvero competitive, si accontenta-no di sopravvivere. Come si puòleggere in queste pagine, la buro-crazia diventa troppo spesso unostacolo alla libertà e allo sviluppodell’impresa. Un esempio? Le trafi-le che occorrono per aprire e pergestire una società, e qui parliamoanche della più piccola attività arti-giana a conduzione familiare. Si èvoluto allora esplorare la propostadi legge del radicale DanieleCapezzone, sulla possibilità di apri-re un’attività imprenditoriale insette giorni: se non naufragasse,“consentirebbe di ottenere una con-cessione edilizia senza attenderefino a ventisette mesi”. Ciò che emerge ancora è il peso del-l’aliquota Irpef sulle imprese, alloscopo di sanare il disavanzo gestio-nale della sanità regionale. Occorre molta attenzione, ancorauna volta, perché il sistema fiscalenon figuri tra le cause di unadepressione economica.Si è visto inoltre che le emergenzesono ben note alla classe dirigente.Per cominciare, il cronico problemadella criminalità. Che qui è un pro-blema di immagine. La Campanianon dà affidamento a chi potrebbeinvestire da fuori, e anche moltiimprenditori della regione scelgonodi delocalizzare la propria produ-zione per non dover convivere conil sistema criminale.Se parliamo invece dell’eterno pro-blema lavoro, troviamo unaCampania ancora ai vertici nazio-nali per tasso di disoccupazione,soprattutto per quanto riguarda igiovani. Chi ha un’occupazione,spesso lavora al di fuori di ognisfera contrattuale, malpagato, e

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ne dei servizi e delle professioni.Timidi passi in avanti sono staticompiuti con la legge Bersani, maforti sono ancora le resistenze delletante categorie che, in Campaniacome in Italia, affollano il sistemaproduttivo. Forse non è bastatosbloccare le licenze dei tassisti. Leimprese ci hanno segnalato il lorobisogno di servizi professionali snel-li ed efficienti. E ci siamo imbattutiancora nelle croniche inefficienzedella giustizia: le imprese richiedo-no strumenti rapidi, che concilinole esigenze del mercato con i tempidi accertamento del diritto. È unproblema che riguarda soprattuttola giustizia civile, in questi annipurtroppo relegata a “sorella mino-

Nuove attivitàin tempi più breviUna proposta di leggeper snellire l’iter burocraticopagina 9

Il nodo energia: costi e incentiviPer le fonti rinnovabili50 milioni di euroin aiuto alle aziende pagina 10

Il documento di Cgil, Cisl e Uil“Tredici misurecontro l’evasione e il lavoro sommerso”pagina 5

Il porto di Napolicontinua a crescereIn cinque annipiù che raddoppiatii croceristi sbarcatipagina 6

“Troppi illeciti nelle aziende”Un pm lancia l’allarmeMa Cola risponde:“Siamo noi le vittime” pagina 2

L’economia in affannoCalano i consumie i disoccupati crescono ancorapagina 3

re” di quella penale, all’internodelle riforme e del dibattito politi-co. Per accorgersi dell’urgenza dicambiamenti radicali basta calcola-re i tempi di durata di un processoin materia di lavoro o di previden-za, o contare i lavoratori in attesadi veder riconosciuta l’ingiustizia diun licenziamento.Come spiega Luciano Morelli, ildelegato al settore energetico diConfindustria Campania, va ripen-sato il rapporto che la nostra classedirigente ha instaurato con il pro-blema dell’approvvigionamentoenergetico. Le imprese oggi sconta-no prezzi elevati per una qualitànon sempre corrispondente ai costi. Molte imprese domandano la ripre-

Impresa Eroicasa - fuori da furori e dogmi ideolo-gici - degli studi sul nucleare, untempo punta di eccellenza dellaricerca italiana.Sono queste le sfide che attendonola classe dirigente della Campania edell’intero Paese. Evidente come siaancora in corso la transizione dal-l’epoca del parastato, e dello “Statoprimo imprenditore”, a quella del-l’economia di mercato. Altrettantoevidente, dai risultati dell’inchiesta,la necessità di un forte sforzo rifor-matore, di una nuova idea diavventura nazionale da parte degliattori politici. Se la coglieremo,sappiamo fin d’ora di poter contaresu una terra fertile e potenzialeprotagonista del mercato.

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Malgrado gli ingenti stanziamentidegli ultimi anni la Campania conti-nua ad arrancare. E l’UnioneEuropea la conferma nel gruppo diaree facenti parte dell’ “obiettivo1”. Essere in questa categoria signi-fica, in pratica, far parte di quellearee dove il Pil (Prodotto internolordo) per abitante è inferiore al75% della medi dei 25 Paesi mem-bri dell’Unione Europea. Uno “sta-tus” che dal 2007 la Campania con-dividerà in Italia con altre treregioni del Sud: Puglia, Calabria eSicilia e in Europa, con tre regionidella Spagna, due di Portogallo,quattro di Grecia e con le aree piùpovere dei nuovi Paesi dell’Unione. Sei anni di interventi, misure efinanziamenti già varati dal PianoOperativo Regionale non sono statisufficienti a imprimere allaCampania quei livelli minimi dicompetitività richiesti dall’Europa e

mentre il Por 2000-2006 giungequasi a conclusione, la Regione sista preparando a varare un nuovopiano operativo per gli anni 2007-2013. Ancora nell’obiettivo 1. A dire il vero, per questo nuovoperiodo di programmazione, l’e-spressione “obiettivo 1” è stata ulte-riormente specificata dall’UnioneEuropea in “obiettivo convergenza ecompetitività”, parole che porteran-no dritto dritto alle regioni inclusenella categoria, il 78% delle risorsetotali, in cifre, 264 milioni di euro. E in vista del nuovo PianoOperativo Regionale, si è pronun-ciata Confindustria Campania, pre-sentando un suo documento. Unavoce per indicare, dalla parte delleimprese, le misure ritenute urgentiper lo sviluppo. “E’ indispensabile– dice il documento diConfindustria – puntare su treobiettivi particolari: infrastrutture,

ricerca e formazione”. Un altropunto essenziale nella nuova pro-grammazione 2007-2013, secondoConfindustria, è la questione incen-tivi: “non dovranno più essere dis-tribuiti a pioggia, ma concessi sol-tanto per promuovere investimenti

di qualità, o investimenti che pro-ducano sia occupazione che crescitadimensionale delle imprese”. A guardare le previsioni, con ilprossimo piano di sviluppo, larotta della Campania potrebbe dav-vero cambiare. Uno studio condotto

di recente da Unioncamere prospet-ta un futuro più roseo. Nel corsodei prossimi anni, tutte le regionidel Mezzogiorno correranno all’ac-quisto di impianti, macchinari emezzi di trasporto. In Campania sistima che dopo una flessione negati-va, l’esportazione di beni verso l’e-stero riprenderà a crescere.Si met-teranno in moto – diceUnioncamere- anche i consumi da parte dellefamiglie: al Sud meno che al Nord,con uno 0,8% a fronte di un incre-mento massimo stimato in Friuli del1,7%. Un destino migliore potrebbetoccare anche al prodotto internolordo. Nonostante la riduzioneavvenuta nel 2005 (-1,8), già per ilprossimo anno è attesa una nettainversione di tendenza con unastima di crescita dell’1,8%. Un pic-colo passo per uscire dall’obiettivo1 e raggiungere il livelli d’Europa.

[ Caterina Scilipoti ]

Sirene d’allarme sull’economiadella Campania. I dati degli istitutistatistici fotografano una realtàferma al palo. Sempre più incapacedi reggere il confronto con le regio-ni del nord del Paese. Produzione e occupazione sono inpicchiata, mentre crescono inflazio-ne e debito pubblico.Mai negli ultimi dieci anni il Pilaveva raggiunto livelli così bassi:meno 1,9 per cento secondo il rap-porto Svimez, più 0,2 per cento peri rilevamenti di Unioncamere-Prometeia. L’attività produttiva siva attestando su livelli deboli inquasi tutti i settori economici. Leimprese investono poco nell’ammo-dernamento delle tecnologie. Così ilvalore aggiunto nell’industria hacontinuato a diminuire. Elettronicae abbigliamento, ad esempio, tradi-zionali punti di forza, hanno risen-tito dell’ingresso sul mercato dipaesi a forte crescita e grandedimensione. Per Bankitalia le debolezze dell’e-conomia campana sono strutturali,legate alla ridotta dimensione mediadelle aziende e alla scarsa diffusio-ne di attività specializzate .“Mancano politiche regionali d’in-centivo alla produzione - spiega ilfunzionario della sede napoletanaGiovanni Ruzzolino - ma anche gliinvestimenti privati stentano adecollare”. Una tendenza, quest’ul-tima, in contrasto con l’espansionedel credito bancario che cresce a untasso di tre punti percentuali in piùrispetto alla media nazionale (il 9,5per cento contro il 6,2). Incapacità di crescere e fare siste-ma, dunque. Si chiama “nanismo”la malattia mortale dell’attività pro-duttiva in Campania. In dieci anni non sono emerse vali-de alternative alla dismissione dellagrande industria.Una stagnazione nella quale emer-gono pochissime eccezioni. Quasisempre isolate. Iniziative di grandesuccesso che però non riescono ainnescare un sistema virtuoso.Anche dove emergono eccellenze sipalesano le contraddi zioni. E’ innetta crescita, ad esempio, il settorecrocieristico, ma di contro calano lepresenze di visitatori nelle strutturericettive. Lo scorso anno le presen-ze turistiche sono calate del 5,7 percento.L’agroalimentare resta uncomparto trainante (la Campania siconferma ai vertici nazionali indiversi segmenti di offerta), ma

anche qui è calata la produzione esi registrano ritardi nell’ammoder-namento strutturale delle imprese.Anche il settore delle costruzioni hafatto registrare un vero e peoprioboom: 7 per cento in più di investi-menti nell’ultimo anno. Un incre-mento, però, quasi interamentelegato a opere pubbliche finanziateda governo e Regione (con fondiCipe e fondi europei) e in misuraassai ridotta all’iniziativa privata. La crisi si è palesata in tutta la suagravità proprio alla vigilia delnuovo Piano operativo regionalecon il quale dovrà essere program-mata la spesa dei fondi strutturali

stanziati dall’Unione Europea dal2007 al 2013. Nei cinque anni pre-cedenti sono stati già impegnati peril Por 20001-2006 già cinque miliar-di di euro. Ma non sono bastati. Siè parecchio investito in infrastrut-ture ma a differenza di altre regionila Campania è rimasta un’emergen-za irrisolta. Non migliora certo le imprese ilbuco di oltre un miliardo di euronelle casse regionali. Per appianareil debito nella sanità campana, cheimpegna i due terzi delle uscitecomplessive, si è reso necessariol’aumentodi un punto percentualedella già controversa aliquota Irap.

“E’ assurdo – ripete CristianaCoppola, presidente diConfindustria Campania – Gliimprenditori non possono farsicarico degli sperperi di palazzoSanta Lucia”. Da palazzo Partana hanno stillatoun piano di priorità da sottoporrealla Regione. Nell’elenco: fiscalitàdi vantaggio, infrastrutture, retienergetiche e risoluzione delleemergenze croniche quali la crimi-nalità e i rifiuti. Problemi di immaggine e sicurezzache incidono parecchio sull’afflussopressapoco nullo di capitali esteri.Appena 250 milioni di euro in

entrata nel 2005. Un dato che devepreoccupare se si considera la gran-de capacità attrattiva delle regionidell’Est in procinto di entrare a farparte dell’Unione Europea. Una sofferenza quella economicache pesa sui livelli di occupazione (2per cento di posti di lavoro in menonel 2005, un altro 0,8 in meno neiprimi quattro mesi di quest’anno,per un totale di qurantamila unità). A essere maggiormente colpiti daitagli sono i giovani e ledonne.Mentre cresce – denunciano isindacati – il numero dei lavoratoria nero.

[ Luca Romano ]

i dati 32 i commenti inchiostronumero 5 dicembre 2006

Il pm Aldo Ingangi attacca: gli imprenditori sfruttano la manodopera ed evadono gli obblighi fiscali

A Napoli uso eccessivo di illegalità

Il deputato di Forza Italia punta l’indice sulle scelte della maggioranza

“Brindano a dieci anni di fallimenti”Paolo Russo attacca la Regione

Il consigliere regionale Ds elenca le priorità per favorire lo sviluppo

La ricetta economica di Luisa Bossa:“Donne e giovani per il rilancio”

Paolo Russo

Luisa Bossa

“Gomorra”, il best-seller diRoberto Saviano, è quasi completa-mente incentrato sui rapporti tracriminalità organizzata e impresa.La camorra che si fa “sistema”.Sistema imprenditoriale. Attraverso il lavoro nero, evasionefiscale e contraffazione. Sono i reatisu cui sembra poggiarsi la crimina-lità imprenditoriale in Campania. A scattare la fotografia della situa-zione giuridica delle imprese parte-nopee è il magistrato della sezioneeconomica della Procura della Repubblica di NapoliAldo Ingangi. Il pm Ingangi è da due anni allaProcura napoletana. Prima ha svol-to le funzioni di pubblico ministeroper tre anni alla Procura dellaRepubblica presso il tribunale diPaola, in Calabria. La sua analisi è franca, spietata fin dalle prime battute.“A Napoli èil modo stesso di fare impresa aessere criminale. Il suo certificatodi nascita è già all’insegna dell’ille-cito. I servizi e le infrastrutture chedi norma fanno parte di un’impresaqui sono assenti. Il motivo è che gli imprenditorifanno sì che alcune delle voci del-l’impresa costino meno, sfruttandomano d’opera, specialmente tra gliextra comunitari, ed evadendo gliobblighi fiscali”.In che modo questi soggettiriescono a raggiungere i propriobiettivi senza essere ‘disturbati’dalla giustizia?“Il mezzo principale con il quale sicommettono reati è la dichiarazionefraudolenta. Questo fenomenoavviene in alcuni settori commercia-li specifici, della telefonia o dellecarni. Gli imprenditori hanno que-sta tecnica. Vanno avanti simulando costi d’im-presa che non esistono nella realtà,mantenendo bassi i costi fissi diproduzione e portando benefici

notevoli sul piano del guadagno”.Quali altre armi utilizzano questiimprenditori senza scrupoli? “La contraffazione innanzitutto,segno distintivo del mondo del lavo-ro, così detto ‘sommerso’. In Campania questo si verifica perlo più nel settore della pelletteriaperché qui c’è una buona capacitàartigianale, che riesce a mantenerela concorrenza con i prodotti dimarca. Non è un caso quanto questomondo nostrano si intrecci a quellodei cinesi, i cui manufatti moltospesso li troviamo persino in nego-zio, non più sulle bancarelle”.Quali sono i settori più colpiti dalreato della contraffazione?“Quello della pelletteria, dell’abbi-gliamento e dell’audiovisivo. Ma pare che quest’ultimo tenda adessere soppiantato dal progresso.Grazie ad internet, infatti, moltiprodotti come cd, film e video ingenerale, sono facilmente raggiungi-bili dalle case private”. I problemi degli altri due settori sirisolveranno o, quantomeno,hanno una speranza di risoluzione?“Per quanto riguarda i settori del-l’abbigliamento e della pelletteria,fin quando ci sarà un’estesadomanda per le grandi marche, e lapubblicità, i media e la moda incen-tiveranno l’enorme richiesta sulmercato, ci sarà sempre spazio perla contraffazione.Noi magistrati combattiamo l’illeci-to, ma esiste sempre la spinta adelinquere, specialmente a caratte-re economico. E qui a Napoli, doveil fabbisogno è tanto, è sicuramentepiù forte”.Qual è, allo stato attuale, la diffi-coltà maggiore per la magistratura?“Di fatto c’è un processo di osmosi,cioè alla fine dei conti non si capi-sce fino a che punto un soggetto ècoinvolto consapevolmente o incon-sapevolmente, volontariamente o

involontariamente. Inoltre, in par-ticolare nel napoletano, molto spes-so ci troviamo di fronte a soggetti‘fantasma’, imprenditori o dipen-denti. Oltre al fatto che qui il lavo-ro nero è una costante”.La Campania, quindi, secondo lei è un’isola in Italia

dove hanno luogo questi fenomeni di criminalità? “Napoli è una realtà particolare peri suoi aspetti di criminalità. E nel mondo dell’imprenditoriaquesti aspetti sono particolarmenteevidenti. Purtroppo sono molti isoggetti che, per emergere sul mer-

cato, sono disposti a qualunquecosa. Comunque in tutta Italia,sono molte le imprese che vannoavanti in questo modo grazie alquale riescono a sopravvivere,senza far correre il rischio a nessuno”.

[ Ornella Mincione ]

Gaetano Cola, presidente della Camera di commercio, difende il mondo produttivo dalle accuse di collusione

“Siamo noi le vere vittime del sistema criminale”

La regione resta nel gruppo dell’Obiettivo 1: ancora lontani gli standard di competitività richiesti da Bruxelles

Non più incentivi a pioggia ma solo investimenti mirati

Pil in picchiata e disoccupazione in aumento. Le statistiche fotografano un’economia che perde colpi

La Campania, un’emergenza irrisolta

Supermercati come oreficerie. Acquistare beni di prima necessità aNapoli costa più che nel resto d’Italia. Così calano i consumi e crescel’inflazione.Il prezzo di alimentari e bevande ha subito nel capoluogo campano unincremento di nove punti percentuali superiore alla media nazionale.Non c’è concorrenza sufficiente, troppe barriere in entrata per gliinvestimenti - è la diagnosi degli analisti. Lo scorso anno sono statiinaugurati cinquantasei nuovi esercizi della grande distribuzione por-tando a 549 unità il totale nel settore. Un numero che confrontato inrapporto con la popolazione resta sensibilmente inferiore a quello ditutte le altre regioni italiane. L’indice dei prezzi al consumo per lacollettività nel complesso è cresciuto del 2,3 per cento (dati Istat).A Napoli non si risparmia sull’abbigliamento (più 3 per cento) e sul-

l’arredamento (più 1 per cento), mentre sono convenienti acqua,elettricità e combustibili (meno 4 per cento), istruzione e servizi sani-tari (meno 2 per cento).Con l’aumento dei prezzi dei beni di largo consumo cresce anchel’inflazione. Dalla fine degli anni ’90 a Napoli si registrano tassi di circa mezzo punto superiori al dato nazionale.Altra conseguenza immediata è la frenata dei consumi delle famiglie.Negli ultimi due trienni sono passati da 1 punto percentuale allo 0,4per cento di crescita media annua. Un evidente danno per il mercatocampano, che non è stato compensato nemmeno dalla spesa dellepubbliche amministrazioni. Anche questa ha subito una flessionenotevole, passando dal 2,7 per cento dello scorso triennio all’1,3 percento dell’ultimo anno.

[ L. R. ]

Lo specchio della crisi nella frenata dei consumi delle famiglie

“A Napoli l’impresa è criminale?Non scherziamo”. Il presidentedella Camera di Commercio diNapoli Gaetano Cola non vuolsentir parlare dell’impresa parte-nopea come causa e non vittimadella criminalità. Già leaderdella Confindustria regionale edell’Unione industriali di Napoli,Cola, 71 anni, è da poco diventatopresidente di Unioncamere Campania: “Se è vero– spiega – che esiste un problema anche a livellodi amministrazione delle imprese, è pur vero chenoi di imprese ne assistiamo 260mila, e si tratta diimprese serie, forti. Il ‘doping’ aziendale non è unproblema che ci riguarda”. Tutto rose e fiori, allo-ra? “No, anzi – dice Cola -. Il problema semmaista nelle troppe diseconomie che si vengono acreare: il costo del lavoro, ad esempio, ma anchel’assenteismo, per dire. Basta pensare che qui icosti di gestione sono del 21% più alti della medianazionale”. Significa che oltre un quinto del fattu-rato delle aziende campane si perde nel confrontocon le imprese del Nord: “E’ un grave handicap -spiega Cola -, l’obiettivo è quello di superarlo: leimprese ottime ci sono, bisogna metterle nelle con-dizioni di lavorare”. E gli accordi di Basilea 2rappresentano un ulteriore scoglio: “Certo – diceil presidente –, quello del rating è un problemaserio, soprattutto per le piccole aziende, che sonoil 92% delle imprese da noi rappresentate. Perquesto dobbiamo essere ancora più solerti a con-certare ogni possibilità di lavoro con le banche ma

anche con la Regione, come stia-mo già facendo”. Al momento,tuttavia, per il giovane che siavvicina al mondo imprenditoria-le non sussiste alcun incentivo:“Purtroppo è così – dice Cola -,senza sviluppo, senza culturad’impresa, i giovani sarannosempre quell’enorme patrimonio

di eccellenza senza possibilità diemergere come lo sono oggi. Molto si sta muoven-do: basta pensare alla zona Est della città, dove cisono tanti progetti già avviati per investimentifuturi, dai porti turistici di Bagnoli, del Molosiglioe di Vigliena ai centri commerciali. Parliamo di unprogramma da 5mila milioni di euro, praticamen-te mezza finanziaria da investire a Napoli, per untotale di 14mila nuovi posti di lavoro”. Ma quan-do i progetti saranno realtà? “Questo è l’altrogrande problema delle imprese – spiega Cola-. Laburocrazia è lentissima, ci vorrebbe una leggespeciale che deleghi la totalità dei poteri decisio-nali al sindaco”. Un modo in più, questo, pervalorizzare i settori d’eccellenza regionali:“L’agricoltura e l’edilizia vanno fortissimo, manon solo: Napoli ha battuto Washington eCleveland e sarà la sede del prossimo master esti-vo dell’Isu (International Space University) per200 manager e neolaureati. I mezzi ci sono, dob-biamo puntare tutto sull’internazionalizzazionedella città. E se possibile riuscire a non sprecare ifondi strutturali Ue del 2007-2013”.

[ Davide Certosino ]

“Un’economia che si regge in buonaparte su investimenti pubblici,fondi europei che non hanno pro-dotto sviluppo a lungo termine eoccupazione in calo a favore dellacrescita di forme di lavoro irregola-re”. Paolo Russo, deputato napole-tano eletto nelle fila di Forza Italiaalla Camera, conferma i dati del-l’ultimo rapporto della Bancad’Italia fotografando un’economiacampana in forte crisi. Di controdenuncia una politica regionale enazionale incapace di porre argini. Come si colloca nel panorama italiano un’economia come quelladella Campania?In Italia come in Campania le pic-cole e medie imprese rappresentanooltre il 90% del sistema produttivo,ma la debolezza del nostro territo-rio è nella portata degli investimen-ti. Un’economia che si poggia inmaggioranza sulla spesa pubblica èun elemento di vulnus. Non produ-ce sviluppo. Genera un progresso abreve termine che non è crescitastrutturale. Alla vigilia di nuovi stanziamentidei fondi europei 2007-13, cipuò tracciare un bilancio deirisultati del primo quinquennio?La soddisfazione si misura conrisultati concreti che incidono sucambiamenti di sistema.In Campania invece di misurare losviluppo prodotto le amministrazio-

“Le imprese in Campania sonosvantaggiate due volte: da un latodevono risolvere il difficile rappor-to con la Pubblica amministrazione,dall’altro sono indebolite dallaquestione sicurezza”. Luisa Bossa, consigliere regionaleDs ed ex sindaco di Ercolano, nonha dubbi: per il futuro dell’econo-mia campana bisogna puntare suprogetti concreti.E i giovani e le donne rientranosicuramente tra questi. La consi-gliera intende puntare su questerisorse per rilanciare il futuro delcapoluogo partenopeo.In un momento di difficoltà per lacittà, occorre infatti investire inquei settori che possono offrire unastabilità maggiore per il futuro.La Campania è perennemente inbilico tra sviluppo e sottosviluppo.Lei che ne pensa?“Il contesto economico italiano ècaratterizzato da un profondo diva-rio fra Nord e Sud. È un contesto difficile anche perchéc’è la piccola impresa che prevalesu quella grande. La complessità e itempi lunghi della burocrazia ral-lentano l’iniziativa degli imprendi-tori meridionali. Diverse aziende sono infatti costret-te a rallentare i loro progetti perchèl’iter da seguire è lungo e complica-to.Molto spesso poi si è costretti afare investimenti in aree dove man-

cano i minimi presupposti di sicurez-za, soprattutto quella ambientale”.Che cosa propone per risolverequeste difficoltà?“Per quanto riguarda la questionesicurezza la Campania ha tutte lecarte in regola per fare un passo inavanti. Sono stati adottati provve-dimenti significativi: i protocolli e ilpatto per la sicurezza di Napoli. Per snellire l’iter burocratico, inve-ce, è in fase d’approvazione unalegge per il conferimento delle dele-ghe agli enti locali. La Regione gestirà di meno e pro-grammerà di più. Gli imprenditori saranno agevolatinei tempi dei loro progetti”.E per ciò che riguarda nuove ini-ziative?“Sono in cantiere una nuova leggesugli appalti pubblici e un progettoper dare più spazio all’iniziativa deiprivati. Inoltre stiamo lavorandoanche ad alcune iniziative in favoredelle donne. Per l’imprenditoria femminile giànella precedente finanziaria erastata varata una legge. L’imprenditoria femminile è un set-tore dalle molteplici risorse e dallegrandi potenzialità economiche. Al momento vogliamo lanciare un progetto per facilitare l’iniziativa economica dei giovaniimprenditori”.

[ Anna Clemente ]

ni si soffermano a brindare perchèhanno speso i fondi in tempo e per-chè siamo rimasti ancora una volta“obiettivo 1” dell’Unione Europea.Negli ultimi anni si è registrato unaumento del lavoro nero e una cre-scita della disoccupazione.I due fenomeni sono strettamentelegati e la causa principale è daaddebitare alla mancanza di reti dicontrollo. La Regione ha preferitoinvestire in progetti singoli, slegatitra loro, invece di puntare aidistretti e alla creazione di areesinergiche.Come valuta le risposte della politica?Il mio giudizio non può essere posi-tivo. Non sono state adottate misuresufficienti, né incisive. Di chi sono le responsabilità?Da parte delle amministrazionilocali registro un’incapacità di com-prendere i fenomeni e da partedella Camera, con le proposte del-l’ultima Finanziaria, vedo solo lavolontà di chiudere i commissariatidi polizia e di aumentare le tasse.Quali politiche suggerirebbe permigliorare il futuro delle impresenapoletane?Bisogna sostenere i privati e favori-re uno sviluppo integrato puntandosulle aree di eccellenza partenopee.Solo così si può pensare di cresceree di competere con i mercati globali.

[ Iolanda Palumbo ]

Gaetano Cola, foto di Giulia Nardone

Insieme con la Campania fanno parte dell’Obiettivo 1 Puglia, Calabria e Sicilia

Page 3: o r a r e o i r a i d e n o i z a r t s ImpresaEroica u l · giovani. Chi ha un’occupazione, spesso lavora al di fuori di ogni sfera contrattuale, malpagato, e I l l u s t r a z

Dalla criminalità all’energia, una ricerca della Camera di commercio individua otto elementi di debolezza del sistema locale

Stare sul mercato costa molto di più

4 le aziende

variare delle caratteristiche socialie culturali della regione. Così, adesempio, nelle zone interne dellaCampania, abbondano i laboratorisemisommersi, che impiegano per-sonale con un contratto formalmen-te in regola ma pagato per un perio-do inferiore a quello effettivo. Al contrario, nelle zone costiere onella città di Napoli è maggiormenteestesa la presenza di lavoro irrego-lare non dichiarato. In questo caso,in imprese con tre o quattro addettidenunciati ne lavora il doppio o iltriplo. Ma le imprese sommerse nonsono solo quelle che hanno al lorointerno lavoratori dipendenti. Unaparte considerevole dell’attivitàeconomica non regolare è costituitada imprese individuali.

Massimo Angrisano, responsabiledel settore Lavoro della RegioneCampania, spiega che in questi casiil sommerso sfugge a qualsiasi tipodi controllo. Con il programma Misura 3.12 deifondi Por la Regione, secondoquanto afferma Angrisano, ha aiu-tato circa 600 imprese individuali aemergere attraverso sistemi difinanziamento mutuati dal prestitod’onore.Le cause che spingono gli impren-

ditori a dare inizio a un’attivitàproduttiva irregolare sono quasisempre da trovare, in base alle ana-lisi della Regione, nel complessorapporto con le istituzioni e neitempi lunghi che intercorrono tra ladecisione di intraprendere un’atti-

vità e il rilascio della licenza.Individuato il problema, una com-missione regionale che fa capoall’assessorato al Lavoro ha utiliz-zato a partire dal 2003 i fondi euro-pei dell’Obiettivo 1 per le politichedi emersione. Fondi che sarannoerogati nuovamente nel periodo2007-2013 ma che, allo stato attua-le, dichiara Angrisano, non rientra-no ancora in una programmazioneben definita.Le politiche per l’emersione basatesull’erogazione di fondi non sonoconsiderate da tutti come la giustavia per la soluzione del problema. È quanto crede Vincenzo Esposito,ricercatore dell’Ires Campania,l’Istituto di ricerche economiche esociali, vicino alla Cgil, che da anni

studia il fenomeno del sommerso.Secondo Esposito si commette unerrore nelle analisi sul lavoro irre-golare, considerando la questionecome un dato astratto.Le politiche per l’emersione, inquest’ottica, non servirebbero amolto. Si dovrebbero creare “occa-sioni per l’emersione”, con le paro-le del ricercatore Ires, non distri-buire soldi “a pioggia”.Le imprese, così, potrebbero essere

aiutate a mantenersi al passo con icambiamenti tecnologici ed essereindirizzate alla creazione di consor-zi, per abbattere i costi della con-correnza e poter fare quel salto diqualità ancora possibile grazie allosfruttamento del “made in Italy”.

[ Diego Dionoro ]

i sindacati 5

Chiudono le fabbrichenascono le partite IvaIl sistema imprenditoriale campanoè fatto di molte piccole imprese.Sono le aziende che sono sopravvis-sute alla darwiniana selezione natu-rale che ogni impresa deve affronta-re dal giorno della sua nascita.Le grande impresa nel territoriocampano è ormai estinta e le piccolee medie imprese, che rappresentanoil 99% delle aziende del territoriocampano superando di due punti lamedia nazionale, vanno avanti tramolte difficoltà. Difficoltà burocra-tiche, come la lunghezza dei proces-si civili e la necessità di stare alpasso con i cambiamenti della poli-tica fiscale. Un esempio su tutti? La difficoltà che hanno avuto moltipossessori di partita Iva da quandoi pagamenti del modello f24 nonpossono più essere eseguiti allosportello bancario ma devono esse-re eseguiti tramite internet. E chedire dell’introduzione degli studi disettore? Ha creato non pochi pro-blemi ai commercialisti e ha indottoalcuni piccoli artigiani, non più gio-vani, ad andare in pensione antici-patamente. “Non si può più lavora-re in questa maniera, così ho sceltodi chiudere” confessa preoccupatoMario, sessantacinquenne, ex-tito-lare di un’officina meccanica. “Inoltre – afferma Dario Scalella,presidente dell’associazione piccolee medie industrie di Napoli - c’èuna complicazione del mercato,sempre più, globalizzato, accompa-gnato dal sempre più complessosistema del credito e da un maggio-re degrado del contesto produttivoin cui è sempre più difficile esserecompetitivi”. Ma non basta; “se sifa un confronto con le regioni set-tentrionali si può notare che anchequanto a costi fissi le aziende meri-dionali sono penalizzate”. Secondo un’indagine della Cameradi commercio, infatti, le impresemeridionali spendono il 22% in piùdi quelle delle regioni settentrionali,si spende molto per la sicurezza, manon solo. Un’azienda friulana, adesempio, paga il 3,5% di Irap, con-tro il 5,25% di un’azienda campa-na. Scalella denuncia: “il nostrosistema regionale non è competitivo. Le piccole imprese, che spesso nonhanno facilitazioni e fondi sufficien-ti per investire in marketing e svi-luppo, non hanno grossi margini diampliamento”. Secondo GiuseppeCannistrà, direttore diConfindustria Campania,“le piccoleimprese hanno però dalla loro parteil vantaggio di essere più agili e ver-satili e di potersi quindi adeguare almercato in modo repentino”.(Vedi articolo Mario Leombruno).Le difficoltà di chi ha la responsabilità diun’azienda sono inoltre legate ai costidell’energia e dei trasporti. Quando icosti sono così elevati da non com-pensare i rischi l’azienda capitaliz-za i proventi a discapito dello svi-luppo industriale del territorio. E, anche se il registro delle impresequest’anno ha chiuso con il segnopositivo, ciò non vuol dire che lecose stiano necessariamente miglio-rando.Infatti, per colmare il vuotoche lascia la chiusura di una grandeazienda, certamente non basta l’a-pertura di qualche partita Iva inpiù. È assolutamente necessario,invece, far aumentare lo scambio dimerci tra le varie aziende del meri-dione d’Italia. D’altronde, da sem-pre, è l’unione a fare la forza, eanche la differenza tra il rilancio eil declino dell’industria inCampania.

[ Caterina Morlunghi ]

lnvestire in Campania: un’impresapossibile? Una domanda che si tiradietro altri due interrogativi: quan-to costa fare impresa nella nostraregione? E in epoca globale, checosa manca per rilanciare investi-menti e competitività nel confrontosempre più serrato con i mercatinazionali ed internazionali?L’analisi economica non offre rispo-ste confortanti. Le imprese della nostra regione, nelbench-marching competitivo con glialtri Paesi, soffrono di un “doppiogap” strutturale: in primo luogorisentono del basso grado di compe-titività di tutto il sistema Italia nelpanorama economico globale, masoprattutto non riescono a tenere ilconfronto con le aree maggiormenteindustrializzate del nord del Paese.Reddito pro-capite, tasso di disoc-cupazione, produttività, esportazio-ni e dotazione infrastrutturalesegnano, infatti, un profondo diva-rio tra le due aree della penisola. In questo scenario complesso, chenon a caso viene definito duale, lavoglia d’impresa in Campania costi-tuisce ancora una sfida apertadiffi-cile. La Camera di Commercio diNapoli, sulla base di questa ipotesidi fondo, ha promosso un’indaginesu un campione di circa 300 impre-se napoletane e parmensi, che èstata presentata anche a Bruxelles.Lo studio ha evidenziato i maggiorigap economici di cui soffrono leimprese meridionali rispetto alleaziende del Nord.Il confronto con Parma non ècasuale, dal momento che l’articola-zione del tessuto imprenditorialepresenta, per dimensioni e produt-tività, una serie di analogie conquello napoletano.Criminalità, credito, mercato dellavoro, infrastrutture, pubblicaamministrazione, energia elettrica,servizi alle imprese e sistemi regio-nali per l’innovazione, rappresenta-no gli otto fattori principali, in ter-mini differenziali di costo e ricavo,alla base del divario che genera ilcosiddetto “gap localizzativo”.Per verificare l’impatto che questigap esercitano sul bilancio comples-sivo delle imprese, lo studio hacombinato metodologie di analisidifferenziate: all’individuazione deipotenziali fattori che generano dif-ferenziali economici è seguita un’a-nalisi documentale tesa ad indivi-duare precisi indicatori espressiviin 103 province italiane. Tutto ciò ha consentito di quantifi-care, in termini relativi, l’impattodei differenziali sfavorevoli nel con-fronto fra le province di Napoli eParma.La fotografia che ne emerge rappre-senta una realtà ben poco confor-tante. I dati più preoccupantiriguardano il peso che sugli investi-menti assumono i fenomeni crimina-li: assunzioni forzate di personale,pagamenti estorti con minacce,attentati e acquisti forzati di servizisono molto diffusi.Una realtà sconosciuta a Parma.L’insieme di questi elementi deter-mina un differenziale di svantaggiocomplessivo che incide sui costi diproduzione del 7,30 per cento edetermina il 7,50 per cento in menodi ricavi rispetto al capoluogo emi-liano.A ciò si aggiunge che, rispetto alleimprese parmensi, il costo e l’acces-so al credito, nel rapporto banca-impresa, è del 15,70% in più, pergli oneri finanziari su debiti finan-ziati a breve. Lo scenario non muta anche nell’a-nalisi dei sistemi regionali di inno-vazione. La carenza di trasferimen-to di know–how tecnologico tra

mondo della ricerca e quello delleimprese incide negativamente suibilanci: il 15 per cento di ricavimancati per le aziende campane,contro il 5 per cento di quelle par-mensi.La speranza è che questipunti di debolezza della nostrastruttura produttiva possano gene-rare punti di forza. E’ questo il traguardo che imprendi-tori ed economisti pongono con insi-stenza all’attenzione della politica.Nell’elenco delle priorità individua-te, le richieste più pressanti riguar-dano: fiscalità di vantaggio, cuneofiscale differenziato, credito d’im-posta, corretto e pieno utilizzo deifondi del quadro comunitario disostegno 2007/13. Dobbiamo crederci: dai numeri ai fatti.

[ Nadia Fiore ]

Una macchina amministrativa più snella, infra-strutture da realizzare in tempi brevi e un sistemadel credito più articolato e flessibile che normaliz-zi il rapporto tra banche e imprese. Sono questi,secondo il direttore di Confindustria CampaniaPino Cannistrà, gli interventi necessari per rimet-tere in moto la crescita dell’impresa nella nostraregione e agganciare il treno della pur timidaripresa economica che sta investendo l’Europa. Dottor Cannistrà, quali sono le caratteristiche deltessuto imprenditoriale campano?Le imprese cam-pane sono per lo più di piccole dimensioni, mentrequelle di grandi dimensioni stanno via via scom-parendo. Le piccole imprese hanno dalla loro ilfatto di essere più agili e snelle e quindi di sapersiadeguare al mercato in modo più repentino. Ilfatto che siano piccole, però, determina il rischioche immettan. Una macchina amministrativa piùsnella, infrastrutture da realizzare in tempi brevie un sistema del credito più articolato e flessibileche normalizzi il rapporto tra banche e imprese.Sono questi, secondo il direttore di ConfindustriaCampania Pino Cannistrà, gli interventi necessariper rimettere in moto la crescita dell’impresanella nostra regione e agganciare il treno della purtimida ripresa economica che sta investendol’Europa. Ma soprattutto, è necessario cooperarea tutti i livelli per “fare sistema” e stimolare lacompetitività.Dottor Cannistrà, quali sono le caratteristichedel tessuto imprenditoriale campano?Le imprese campane sono per lo più di piccoledimensioni. Un vantaggio per la flessibilità, unosvantaggio per la competitività internazionale.Quali sono, allora, gli interventi necessari afavorire la crescita dimensionale delle imprese?Occorre semplificare la macchina amministrativa.Siamo asfissiati dalla burocrazia, mentre per sti-molare la competitività ci vuole semplificazione.Leggi, politica fiscale, enti locali e burocraziadevono essere tutti alleati per stimolare la compe-titività territoriale e ambientale e “fare sistema”.C’è poi il tema della liberalizzazione dei mercatidi beni e servizi essenziali per le imprese: soltantoliberalizzando si stimola davvero la competitività.Ci sono segnali positivi, come i primi risultatidella politica di concertazione regionale, che haprodotto il disegno di legge sulla formazione, mala strada è ancora tutta da percorrere. La strate-gia proposta da Confindustria si muove all’inter-no di un progetto complessivo per il Mezzogiorno,che si snoda su tre punti fondamentali: innovazio-ne e competizione, attrazione di investitori italianied esteri, politiche di sviluppo che puntino sullepeculiarità culturali delle regioni meridionali.Quali sono gli interventi che fanno parte diquesta strategia?Per attrarre investitori esteri si è parlato di crea-re alcune zone franche urbane in cui le impreseabbiano vantaggi particolari. È davvero impor-

tante ma non è sufficiente. Per stimolare la com-petitività bisogna agire sui problemi dell’ordinepubblico, prevedere una fiscalità di vantaggio,lavorare sulla rete delle infrastrutture dei tra-sporti e dell’energia. Il terzo asse per la crescitaeconomica, infine, passa inevitabilmente per lavalorizzazione del patrimonio ambientale e cultu-rale della nostra regione. La Campania avrebbetutte le carte in regola per essere il massimo puntodi riferimento del turismo mediterraneo, ma èfondamentale potenziare e modernizzare tutto ilsistema.Sulle infrastrutture, il precedente governoaveva posto al centro dell’attenzione le grandiopere, mentre l’esecutivo guidato da Prodisembra aver fatto marcia indietro. Come giudi-ca questa inversione di tendenza?Il governo Berlusconi aveva fatto un piano dellegrandi opere senza valutare se ci fossero i fondinecessari. All’Italia non servono grandi pianiirrealizzabili, ma progetti concreti da attuare intempi brevi. Confindustria ha condotto uno studiosulle infrastrutture urgenti per il rilancio delMezzogiorno. Non si tratta di un libro dei sogni,ma di una lista concreta di opere già cantierabili,come l’ampliamento delle autostrade Salerno-Reggio Calabria e Napoli-Bari. Di fronte al biviotra incentivi e condizioni favorevoli allo sviluppo,ogni vero imprenditore sceglierebbe di avere con-dizioni favorevoli. Qual é lo stato del sistema creditizio in Italia?Il sistema del credito, in particolare nelMezzogiorno, non è né articolato né flessibile. Perespandersi le imprese hanno bisogno di passareper il credito e il finanziamento, ma il rapportocon le banche è ancora troppo critico, con ostacolia volte insormontabili. Non abbiamo bisogno diinterventi speciali, ma solo di raggiungere la nor-malità. Le banche devono comportarsi con il Sudcome fanno con il Nord. Confindustria ha propo-sto il rilancio dei confidi. Si tratta di fondi chiusia capitale misto pubblico-privato e a conduzionestrettamente professionale che aiutino le impresemeritevoli quando il capitale privato è insufficien-te. Ci sono già e funzionano in altre regioni:potrebbero funzionare meglio anche qui.

[ Mario Leombruno ]

Le proposte di Confindustria per stimolare la competitività. Intervista con il direttore Pino Cannistrà

“Meno burocrazia e più infrastrutture”

Palazzo Partanna, sede di Confindustria Campania

inchiostronumero 5 dicembre 2006

La disoccupazione in Campania è al 12 per cento ma secondo l’Istat sono molti i lavoratori impiegati in nero nelle aziende

Sommerso, una piaga ancora aperta Dodici per cento di disoccupazione,secondo i dati Istat. Molto meno,secondo le stime che prendono inconsiderazione il mondo del som-merso. In Campania le impreseirregolari offrono lavoro a unagrande fetta di popolazione che perle statistiche ufficiali risulta senzaimpiego.L’Istituto nazionale di statistica nonriesce a inquadrare il fenomeno dellavoro irregolare e si limita a scat-tare un’istantanea sul numero dipersone che compongono la forzalavoro attiva sul territorio. Nel terzo trimestre del 2006 sonostati registrati 15 mila occupati inpiù rispetto allo stesso periodo del-l’anno precedente.Ma l’incremento è dovuto in larga

misura al lavoro stagionale e le per-sone in cerca di lavoro sono ancora248 mila. La Campania si allineacosì, formalmente, al livello mediodi disoccupazione registrato nelresto del Mezzogiorno, ossia 12 percento, contro una media nazionaleferma al 7 per cento.Tra i singolisettori di attività economica, laCampania può contare su 90 milalavoratori nell’agricoltura, 422 milanell’industria e 1 milione 265 milanei servizi. Va però considerato cheil 22 per cento dei nuovi occupatimeridionali è assunto a tempodeterminato.E il resto della popolazione attivacome riesce ad arrivare a fine mese?Ecco che ci si inabissa nel mondo

del sommerso. Da una ricerca delComitato per l’emersione del lavoronon regolare scritta da LilianaBàculo, docente di Economia delloSviluppo presso l’UniversitàFederico II di Napoli, risulta che ilsommerso in Campania varia con il

Tredici proposte per cercare di con-trastare il lavoro nero. E’ la ricettacontenuta in un documento sotto-scritto dalle tre maggiori organizza-zioni sindacali, Cgil-Cisl-Uil.I consigli, rivolti alle imprese chevogliono uscire dall’illegalità, sisono resi necessari per impedire unfenomeno diffuso soprattutto nelleregioni meridionali. Dai dati risultache in Italia più di quattro milionidi uomini e donne versano in condi-zione di irregolarità (a nero o concontratti parzialmente dichiarati).L’economia sommersa produce trail 15,9% e il 17,6% del prodottointerno lordo per un valore minimodi circa 170 miliardi di euro annui:72 miliardi di euro per l’omissionedi versamenti fiscali e contributiviIrap, 1,9 miliardi di euro di baseimponibile Irpeg e circa 16,5 miliar-di di euro di versamenti previden-ziali e assicurativi omessi (Inps eInail). Le proposte assumono comestrategia una politica di premialitàe di sviluppo, con meccanismi divalorizzazione degli elementi diqualità del sistema produttivo e consistemi di sostegno per quelleimprese che decidano di emergere. Si parte con una campagna di infor-mazione che costruisca un patrimo-nio sociale. “Bisogna mobilitare leenergie sociali, imprenditoriali eistituzionali del territorio – si leggenel documento – per far diventareil sommerso un disvalore. Quindi sidevono cercare nuove azioni pergovernare e raccordare a livello

nazionale le attività di contrasto(una sede di confronto nazionale,una banca dati unica sugli incentivie sulle agevolazioni e un rafforza-mento delle azioni contro l’irregola-rità)”. Secondo le organizzazionisindacali non si può prescindere dauno snellimento burocratico e dal-l’istituzione degli indici di congrui-tà, rapporto tra quantità/qualitàdella prestazione e quantità delleore lavorate e del numero di lavo-ratori impiegati. In materia di immigrazione Cgil-Cisl-Uil chiedono: “il riconoscimen-to del permesso di lavoro per tutti i

lavoratori che ne abbiano fattorichiesta. Deve essere istituitoanche un meccanismo di tutela dellavoratore immigrato che lo accom-pagni nel periodo dell’emersionefino all’eventuale regolarizzazionedel rapporto. A livello provinciale, soprattuttonel Mezzogiorno, devono essere raf-forzati i centri per l’impiego così daindirizzarli verso la promozione dipolitiche attive a sostegno dei lavo-ratori a rischio lavoro nero. E’necessario rendere più efficaci isistemi di collocamento e conoscen-za dei soggetti occupati e realizzareuna piena applicazione della legisla-zione sulla comunicazione unica daparte delle aziende all’Inps”.Nel documento si richiedono nuovenorme per gli appalti così da defini-re insieme alle rappresentanzed’impresa vincoli che prevedanol’esplicita richiesta d’indicazionenei bandi ed estendere nel campodei servizi, del commercio, dell’in-dustria e dell’artigianato il mecca-nismo del Durc (Documento unicodi regolarità contributiva).I sindacati propongono “l’introdu-zione della solidarietà fiscale neirapporti di fornitura e sub fornitu-ra con configurazione del principiodi reato fiscale e di evasione contri-butiva in capo all’azienda leader”.Non meno importante è l’auspicatanascita di una clausola sociale nelcontratto di franchising e normepiù precise sul distacco dei lavora-tori stranieri. Un punto fondamen-

tale nel documento è quello relativoal comparto dell’agricoltura. Cgil-Cisl-Uil chiedono “l’immediataattuazione dell’Avviso Comune disettore sottoscritto dalle rispettivecategorie, che deve essere seguitoda una modifica del sistema di ver-samento dei contributi dovuti dalleaziende agricole”. Inoltre si recla-ma “l’istituzione di un fondo nazio-nale per l’emersione e la razionaliz-zazione delle risorse contro il lavo-ro nero vincolando una parte dellequote a una maggiorazione delbonus rivolto ai lavoratori in emer-sione e alle imprese coinvolte neiPiani Locali di Emersione e, quin-di, sostenere la ricostruzione deiperiodi contributivi passati deilavoratori in emersione, per gli anniprecedenti la partecipazione aiPiani locali di sistema per l’emer-sione”.Infine il documento si soffer-ma sull’ingresso nel sistema di pianilocali per lo sviluppo e per la rico-struzione delle carriere previden-ziali.I sindacati vogliono che questipiani siano parte integrante di unarivisitazione dei Pit, patti territo-riali e contratti d’area “i piani loca-li dovrebbero funzionare con glistrumenti riservati allo sviluppolocale: istituzione di marchi di qua-lità, piani di riqualificazione dellearee urbane ex industriali, sostegnofinanziario alle attività consortili,piani formativi mirati con accessogratuito a programmi formativi, lapossibilità di usufruire per almenodi due anni di un apposito tutor per

lo sviluppo d’impresa e le praticheamministrative e un bonus di siste-ma da concordare con le partisociali e presentato da più impreseche si strutturino in un sistemadistrettuale”. I vantaggi previsti perle aziende che favoriscono l’emer-sione consisterebbero in una mag-giorazione di guadagni che siaggiungono al credito di imposta,per tre anni e per ogni lavoratoreemerso e assunto a tempo indetermi-nato (si riconoscerà solo alla fine deltriennio). Ancora si percepirà unafiscalizzazione ulteriore per altri treanni fino al 50% della base imponi-bile Irap emersa e un sostegno per icontributi previdenziali omessiattraverso specifici Piani di rico-struzione delle carriere previdenzia-li. I sindacati, in questo sistema pre-miale/incentivante, propongono chetutti i procedeimenti giudiziari perle imprese che aderiscano ai Pianilocali di sistema per l’emersionesiano sospesi per tre anni alla sca-denza dei quali effettuare la verifi-ca in relazione al rispetto dei tempiprevisti dai “piani di rientro con-cordati”.La ricostruzione previdenziale a cuihanno diritto i lavoratori nondovrebbe in ogni caso essere infe-riore a un periodo prefissato di ver-samenti.Le Regioni potrebbero inoltre com-partecipare al contributo per laricostruzione delle carriere previ-denziali.

[ Nicola Salati ]

Un corteo di disoccupati napoletani, foto di Giulia Nardone

Anna Rea, segretario regionale della Uil

I sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil elaborano un documento per combattere l’evasione fiscale e propongono: “Più controlli sui vincitori di appalti”

Tredici, ecco il numero giusto per il lavoro legale”Rinforzare nel Mezzogiorno i centri per l’impiego e pensare nuovi sostegni al settore agricolo”

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ottenerla in laboratorio, per viafermentativa. La nostra scopertapermetterà di facilitare la produ-zione salvaguardando contempora-neamente la sopravvivenza dideterminate specie animali”. Il lavoro svolto dal Bioteknet haconseguito anche delle positivericadute sul territorio: “A seguito di una costante e profi-cua cooperazione – raccontaD’Agostino – l’azienda farmaceuti-ca svizzera IBSA ha aperto unnuovo stabilimento produttivo inItalia, proprio in Campania, adAvellino”. Questo esempio può chiarire comegli strumenti teorici e pratici deicentri di competenza possano favo-rire l’ integrazione nel mondo dellavoro, stimolando la creazione diimprese innovative. Tuttavia, anche se, sulla carta, gliinteressi delle aziende e delle uni-versità possono apparire conver-genti, la gestione dei rapporti tra leparti in gioco può diventare a voltemolto difficile da gestire, lo sottoli-nea il professore GiuseppeCantillo, direttore del centro d’ate-neo per la formazione nella scienzaumana e sociale dell’universitàFederico II: “La complessa struttu-ra dei centri di competenza –avverte infatti Cantillo - prevedeche tutti i componenti di questarete siano all’altezza del progetto epuò spesso accadere che non siacosì.

Non sempre, infatti, le aziendesono disposte ad investire in risorseumane e tecnologiche”.L’Osservatorio sulle piccole e medieimprese, infatti, ha messo in lucecome queste riescano a sfruttare ilconcorso delle università per farfronte a problemi come quello dellaformazione del personale. In questo il centro di competenzasvolge un ruolo primario, utilizzan-do i fondi pubblici per l’organizza-zione di attività didattica e stageaziendali. “Cosa accadrà – si chiede peròCantillo – quando, nella secondafase del progetto, ogni centro dicompetenza dovrà sganciarsi daifondi pubblici e rendersi completa-mente autonomo sotto il profilo deifinanziamenti? In quel caso il rapporto si rovesceràe saranno le aziende a dover inve-stire concretamente, diventandofinanziatori attivi della ricerca”.La questione è aperta. Tra i diecicentri della Campania, Il Bioteknetè tra quelli che già hanno intrapre-so la strada dell’autonomia.Bisognerà attendere che tuttiriescano a portare a termine questopercorso. E’ una delle grandi sfidedell’economia campana. Il rappor-to tra università e aziende puòessere decisivo per lo sviluppo dellaregione. Ora è importante trovareil giusto equilibrio perchè il bino-mio sia davvero vincente.

[ Daniele Demarco ]

i punti di forza 7

Sul porto di Napoli piovono milionidi euro: merito di una sentenzaemessa dal Tar del Lazio lo scorso 8settembre, che ha sbloccato i mutuicontratti dagli scali italiani. Il tri-bunale amministrativo ha accolto ilricorso presentato dalle Autoritàportuali di Napoli, Ravenna eSalerno e ha annullato i limiti dispesa posti dalla Finanziaria 2005.A causa di quella limitazione,Napoli si era vista finanziare solo15 dei 26 progetti legati al porto.Nella nuova Finanziaria è stato eli-minato il tetto del 2%, e per Napolisono stati sbloccati 96 milioni dieuro di mutui contratti, che servi-ranno per i lavori al nuovo terminalLevante, per la viabilità all’internodel porto, per le autostrade delmare e per il riposizionamento delleaziende cantieristiche e di ripara-zione navale. Dopo questa buonanotizia e dopo un trend positivo dicrescita per tutto il settore delloshipping partenopeo, il segretariogenerale dell’autorità portuale diNapoli Pietro Capogreco si sbilan-cia: “Possiamo dire con certezza –afferma – di aver vinto la nostrascommessa. Adesso si tratta di con-tinuare a lavorare su questa stra-da”. Una strada in discesa, che inpochi anni ha portato lo scalo por-tuale di Napoli ad assumere unposto di rilievo nel panorama inter-nazionale dell’economia marittima.Il rilancio è iniziato nel 2000 e pro-segue con il progetto di restyling delwaterfront, un’area in cui la città eil mare si incontrano. Nonostante lerecenti polemiche sulla gara d’ap-palto vinta dalla holding pubblicaNausicaa Spa, “i lavori – secondoCapogreco - non dovrebbero subirealcuna battuta d’arresto”. Lo svi-luppo del porto ha convinto anche icinesi, che hanno scelto Napolicome punto di arrivo dei loro con-tainer. La Cosco ha investito oltre200 milioni di euro nel terminal diLevante attraverso la società con-trollata Conateco (che è per il 50%di proprietà della Msc). “È unascelta di grande rilievo – spiega

6 i punti di forza

Tredicimila mezzi all’ora nel 2007.Questa la stima del movimento diCis, Interporto di Nola eVulcanobuono, che – secondo ilpresidente Gianni Punzo – registre-ranno un fatturato complessivo di15-16 miliardi di euro. Tre soggetti che insieme puntano afare della Campania il polo econo-mico del Mezzogiorno. Tra gli ultimi eventi che dimostranol’importanza dell’interporto campa-no c’è l’ingresso del gruppoGallozzi, leader nella movimenta-zione di container, che ha recente-mente acquisito una significativapartecipazione in Tin (Terminalintermodale di Nola). Una jointventure che si pone l’obbiettivo dirafforzare il sistema logistico inter-modale campano. Il punto di forza dell’interporto è laposizione geografica: vicino nonsolo al porto di Napoli, ma anche aquello di Salerno e a quello di GioiaTauro, ritenuto uno dei centri piùimportanti di movimentazione dicontainers del Mediterraneo.Nell’interporto di Nola vengonostoccate, manipolate e movimentatemerci attraverso tutte le quattromodalità di trasporto (aria, gomma,acqua, ferro). Una volta conclusi i

che dovrebbe vedere la luce nel2007. Ideato dall’architetto RenzoPiano, il centro servizi – costruito aimmagine e somiglianza del Vesuvio- ospiterà alberghi, ipermercati,ristoranti, multisala e una piazzacentrale, luogo simbolo degli “scam-bi”. I lavori procedono, nonostanteun recente blitz delle forze dell’or-dine contro il lavoro nero.Carabinieri, Asl Napoli 4, Inps ehanno posto il divieto d’uso parzia-le del cantiere.

[ F. M. ]

In aumento il numero di turisti che sbarca a Napoli. E dalla Cina arriva un importante investimento per il traffico commerciale

Il porto verso un futuro in crescitaProseguono i lavori del waterfront che riqualificherà la zona di accesso via mare alla città

Entro il 2008 due nuovi padiglioni per il Consorzio “Tarì”

Il gioiello di Marcianise

lavori dei 350 mila metri quadrati,nell’interporto troveranno spazio10 mila tonnellate di merci al gior-no, conservate nella “polo del fred-do”, la zona frigoriferi di oltre 30mila metri quadri e nei magazzinicoperti di 75 mila metri quadri. Al binomio già rodato tra il Cis,diventato il maggior centro di dis-tribuzione all’ingrosso d’Europa, el’interporto campano, si aggiungeanche il progetto del centro servizipolifunzionale “Vulcano buono”,

Al Cis-Interporto si affiancherà il centro servizi Vulcano Buono realizzato da Renzo Piano

A Nola un business da 15 miliardi

Il ‘Vulcano buono’ in costruzione accanto al Cis di Nola, foto di Giulia Nardone

Passeggeri / Quinquennio Pa

sseg

geri

l’assessore regionale ai TrasportiEnnio Cascetta – che influisce sul-l’assetto del futuro della portualitàitaliana e che doterà il porto diNapoli di un terminal contenitori ingrado di ricevere navi da 10 milateus (unità di misura dei container,pari a 20 piedi, ndr)”. L’ultimo bilancio del comitato por-tuale, relativo al 2005, registra unaumento del 6,8% delle merci movi-mentate rispetto all’anno preceden-te, con un totale di oltre 21 milionidi tonnellate. Anche il traffico con-tainer è cresciuto: sono 373.706 icontenitori movimentati nell’ultimoanno. In aumento nel 2005 anche iltraffico ro-ro (cabotaggio naziona-le): secondo i dati fornitidall’Autorità il tonnellaggio di que-sto traffico, che riguarda gli auto-carri e i veicoli industriali, ammon-ta a 8.172.429, con un incrementoannuo del 10,7%. Un altro settoreche registra un trend positivo èquello del traffico passeggeri: attra-verso le autostrade del mare si sonomosse nel 2005 oltre 980 mila perso-ne, registrando una crescita pari a103,9% negli ultimi 5 anni. Il suc-cesso del trasporto passeggeri,però, viene anche dal numero sem-pre crescente di crociere che fannotappa a Napoli, e dal successo delMetrò del mare. Nei soli primi tremesi dell’anno sono stati oltre 90mila i passeggeri imbarcati sulle seilinee in servizio. Un possibile sco-glio alla crescita dell’economiamarittima di Napoli (ma in generaledi tutti i porti italiani) è rappresen-tato dai dragaggi, necessari per fararrivare negli scali marittimi le naviportacontainer giganti con unpescaggio maggiore. “Confidiamo -conclude Capogreco - che al piùpresto il presidente della commis-sione trasporti della CameraMichele Meta possa presentare unaproposta risolutiva che coniughi le esigenze di tutela ambientale conle escavazioni dei fondali necessarieper lo sviluppo dell’economia portuale”.

[ Francesca Milano ]

In un anno 800 mila croceristi Sono stati più di settecentomila i croceristi chenel 2006 hanno affollato il porto di Napoli. Un incremento rispetto all’anno precedente del17,9%. È quanto emerge dalla statistica annualerealizzata dall’Autorità portuale in collaborazionecon il Ced (Centro di educazione demografica),che hanno monitorato l’affluenza turistica navalenel periodo compreso tra gennaio e settembre.Stando ai dati, il numero di navi attraccate al porto ad oggi si attesta intorno alle seicento:di queste, più di ottanta nel solo mese di agosto, mentre a settembre i passeggeri sono stati 160mila.La continua espansione del settore è stata confermata durante la conferenza sulle crocierenel Mediterraneo che si è svolta nei giorni scorsiin città. Nel corso dell’incontro il vicepresidentedel Consiglio con delega al Turismo FrancescoRutelli ha ricordato che l’Italia e la Campania siattestano ai primi posti nel mondo per qualitàdei servizi, efficienza e sicurezza navale. Rutelli ha poi firmato con il presidente dellaConfederazione Italiana Armatori Nicola Cocciaun’intesa finalizzata a sfruttare le opportunitàgenerate dal turismo marittimo. Per Coccia, le crociere e le compagnie che gestiscono le navi traghetto sono le uniche ad aver sperimentato e messo in pratica con successo

forme di turismo destagionalizzato.Negli ultimi quattro anni, infatti, anche le crociere invernali hanno promosso iniziativeimportanti, raddoppiando il loro fatturato: tra novembre e dicembre 2005 sono passate perNapoli 54 navi da crociera, per un totale di oltre 52mila passeggeri. Per la fine di quest’anno se ne prevedono almeno ventimila in più. Il presidente di Confitarma ha aggiunto che lecompagnie croceristiche stanno realizzando unimportante lavoro nel campo del marketing terri-toriale nelle aree in cui le loro navi scalano, voltoa favorire gli standard di eccellenza promessi aituristi. Tra questi, in Campania sono previstilavori di ristrutturazione nella zona del porto,apertura di nuovi alberghi e potenziamento deitrasporti. Nonostante i dati incoraggianti, Cocciaha sottolineato quanto i problemi legati alla cri-minalità potrebbero essere devastanti per il com-parto turistico regionale. Per il presidente è quin-di indispensabile intervenire nel breve tempo conmisure mirate: “Le crociere generano in città unindotto pari a 250 milioni di euro. Per questo ènecessario intervenire subito, affinché l’emergen-za non si trasformi in una spirale involutiva conriflessi disastrosi sull’economia”.

[Ornella d’Anna]

“La strategia vincente del Tarì èuna sola: mettere a sistema impre-se, istituzioni e i più diversiambienti culturali”, è il vanto diGianni Carità, presidente delConsorzio Orafo di Marcianise, che unisce alcune delle più presti-giose aziende del settore inCampania. Con queste premesse ilTarì si fa strada, da anni, sul mer-cato della gioielleria. “Fare sistema – continua Carità - èla strada per salvaguardare le iden-tità dei singoli, allargando infinita-mente le loro potenzialità di cresci-ta. È stata anche in questi anni lastrada per affrontare la contrazionedimercato e la grande confusioneche ne è scaturita. È però una strada dif-ficilissima, che richiedetempo, maturità, con-sapevolezza dellanecessità di abbando-nare gli estremismi dell'individualismo”. Il Tarì è nato nel 1996creando una sinergiatra 370 aziende che fatturano annualmentecirca 800 milioni dieuro. Una cittadellacon le carte in regola

per competere sul mercato: tremanifestazioni fieristiche specializ-zate per il settore, 100 espositoriesterni, 400.000 operatori presenti,oltre 23.600 presenze consolidateper ogni edizione. Gran rilievo ha il settore export: il prodottodelle aziende è destinato, per iltrenta per cento, ai paesi europei,del Mediterraneo e agli Stati Uniti. In cantiere ci sono nuovi progetti:la realizzazione di due nuovi padi-glioni espositivi, che entro il 2008sostituiranno l’attuale struttura,raddoppiando li spazi espositivi e la nascita della Fondazione“Il Tarì”, per lo sviluppo del

Centro di Marcianise. “Più chepunti di eccellenza –conclude Carità – ilTarì ha una costantetensione verso l’eccel-lenza, l’attenzione aiproblemi dellaqualità, dell’organiz-zazione e del servizioal Cliente. Le leve perla competitività dellenostre aziende sonol’attenzione alla forma-zione lo stimolo dellacreatività”.

[ Giulia Nardone ]Il Tarì, foto di G. Nardone

inchiostronumero 5 dicembre 2006

I fondi in arrivo dalla Regione e dall’Europa finanziano la collaborazione tra produzione e università

La ricerca si avvicina all’impresaCon i “Centri di competenza” la sperimentazione può trasformarsi in ricchezza

Un’indagine svolta nel marzo 2006dall’Osservatorio sulle piccole emedie imprese rivela come le azien-de meridionali e specialmente quel-le campane, mostrino, rispetto aquelle centro-settentrionali, unamaggiore propensione a stipulareaccordi con le università, non solofinalizzati alla formazione del per-sonale, ma anche alla ricerca e altrasferimento tecnologico. Dato confortante poiché, secondoCapitalia, tra il 2001 e il 2003 l’ap-porto delle università alle impreseè stato di poco inferiore al 13%. Il segnale è preciso: lo sviluppo diaccordi di cooperazione tra impre-se, università e centri di ricerca, èuno dei punti di debolezza delnostro sistema competitivo. In questo quadro generale, tutta-via, la Campania si differenzia peruna opposta linea di tendenza. Le ragioni vanno individuate,secondo l’Osservatorio sulle piccolee medie imprese, in una politicaper l’innovazione che ha dotato laregione di organismi specifici comei centri regionali di competenza.Definiti in gergo burocratese come“incubatori per lo sviluppo”,“interfacce tra la scienza e l’im-prenditoria”, “mediatori tra ladomanda e l’offerta di conoscen-ze”, i centri di competenza nonsono altro che un tramite privile-giato fra l’università e le imprese. Dieci in tutta la Campania, finan-ziati, nel quadro dalla misura 3.16del piano operativo regionale, confondi regionali e comunitari. Il loro scopo è di potenziare laricerca e l’innovazione mettendo asistema l’intero patrimonio di com-petenze esistente in Campaniariguardo a specifiche materie chevanno dai trasporti all’analisi e ilmonitoraggio di rischi ambientali,dai beni culturali alle produzionialimentari. Uno di questi centri è il Bioteknet:“Il nostro centro di competenza –spiega il project manager AmletoD’Agostino - si occupa di biotecno-logie industriali.

L’ attenzione è rivolta cioè allo svi-luppo di processi industriali e ditecnologie che utilizzano sistemibiologici o loro componenti”. Il Bioteknet sfrutta una rete costi-tuita da dieci dipartimenti apparte-nenti a tre diverse università cam-pane, due istituti del Consiglionazionale delle ricerche, due strut-ture di ricerca ospedaliere e dueparchi scientifici e tecnologici.Secondo questo modello, ogni cen-tro di competenza svolge principal-mente un lavoro di coordinamentofinalizzato ad aggregare piuttostoche a stimolare la concorrenza tragli attori presenti sul territorio,come le imprese, i centri di ricercae i dipartimenti universitari.L’obiettivo è quello di generare uncircolo virtuoso di cooperazione fratutte queste strutture, ma c’è dipiù. “Il coordinamento e la forma-zione - spiega infatti D’Agostino -sono solo alcuni aspetti del lavorosvolto dal nostro centro di compe-tenza. Su un altro versante, unaattenzione molto particolare èrivolta alle imprese. Le nostre ricerche riguardanoinfatti aspetti pratici dei processiproduttivi, ad esempio, lo sviluppodi nuove tecnologie e i risultati con-seguiti sono indirizzati innanzituttoall’offerta”. “Il Bioteknet – specifica ancoraD’Agostino - si occupa anche dimonitorare il mercato alla ricercadi imprese interessate ai risultatidei nostri studi. Su una commessa dell’azienda far-maceutica Altergon Italia, siamoriusciti, ad esempio, a sviluppareattraverso un processo produttivosu scala industriale una particola-re sostanza chiamata condroitino-solfato utilizzata in campo farma-ceutico per il benessere dei tessutiarticolari. L’apporto specifico della nostraopera di ricerca sta nel fatto che lasostanza in questione è solitamenteestratta dalle cartilagini di alcunianimali rari come ad esempio glisquali: noi invece siamo riusciti ad

I Centri di competenza in Campania

L’eccellenza napoletana ha il voltoantico dell’artigianato manifatturie-ro. Numerose sono le aziende diprestigio che operano nel settoredella moda, soprattutto maschile,con marchi di lunghissima storia,che rappresentano oggi l’evoluzionedella più antica tradizione campa-na. Ed ecco sulla passerella mon-diale il “made in Naples” delle crea-zioni di Attolini e di Isaia, dellecamicie di Finamore, delle scarpeda uomo di De Cristoforo, dellecravatte di Marinella e, ancora,degli abiti firmati Flannel Bay,Harmont&Blaine e Kiton. Ci vor-rebbe un libro per raccontare, unoper uno, chi sono questi paladinidell’eccellenza, per descrivere laloro voglia di impresa, la genialitàche si trasmettono di padre in figlioe, soprattutto, la determinazione diguardare il mondo restando aNapoli, perché hanno scoperto chela location gioca un ruolo determi-nante. In questi ultimi anni, infatti,la geografia della moda italiana hapolarizzato le previsioni di svilupposu province inconsuete fino a pochianni fa: Milano, Roma e Napoli.Sono queste le città in cui si avvertela nascita dei nuovi “guru” del“made in Italy”.La moda a Napoli in particolare èun fenomeno di vitalità crescenteconfermata dalla Banca d’Italia, icui dati indicano un incrementonell’export campano del settore,che sta spingendo l’alta moda inuna direzione diversa dal passato.Lo testimonia l’obiettivo di realizza-re un marchio di identificazione delprodotto che ne chiarisca la prove-nienza e dia la giusta visibilità alleaziende. I segnali positivi già sonoarrivati da varie parti del mondo incirca due anni di operazioni in talsenso. L’export è aumentato inmaniera consistente in Europa,Giappone e soprattutto in Americaa dimostrazione che i capi caratte-rizzati da qualità attirano sempremaggiormente, perché i compratoriesteri considerano il prodotto arti-gianale il frutto della fantasia edella manualità, un concetto di cuifar tesoro in un mondo industrialeche tende all’omologazione. E così ènata la giacca a “mappina”, iltaschino a barchetta e i bottoni rav-vicinati sulle maniche inventati daVincenzo Attolini, padre del mar-chio omonimo che ha vestito uominicome Totò, De Sica, Clark Gable eil duca di Windsor e che ancoraveste nomi illustri con i suoi discen-denti. E ancora la camicia Finamore cheha una scuola quasi centenaria dimanufatto realizzato completamen-te a mano, oppure la realtà azien-dale del marchio Isaia che, da labo-ratorio degli anni venti dove si con-fezionavano abiti da uomo su misu-ra, è diventata una piccola impresama con un’ottica di sviluppo inter-nazionale. Eccellente esempio del “made inNaples” è l’azienda Marinella.Dopo il nonno Eugenio e il padreLuigi, Maurizio rappresenta laterza generazione della famiglia, nelportare avanti con successo le sortidel piccolo negozio di Riviera diChiaia, rimasto immutato neltempo. Questo, famoso in America quanto iFaraglioni di Capri, fino a quattroanni fa era anche l’unico puntovendita nel mondo. Oggi accanto alnegozio di Chiaia ci sono le sedi aMilano e il corner nel departementstore di Bergdorf & Goodman aNew York.

[ Adriana Costanzo ]

Ersac: vino, pomodori e pasta reggono la competizione con i Paesi in via di sviluppo. Il caso di eccellenza della Doria

Industria agroalimentare, la sua forza è la qualità “Piccola dimensione e limitata super-ficie agricola – spiega GiancarloMellucci, responsabile ufficio proget-tazione e marketing dell’Ersac, Enteregionale di sviluppo agricolo inCampania –, ecco gli ostacoli allo svi-luppo”. Secondo le valutazionidell’Ersac, il sistema economico cam-pano soffre per le carenze infrastrut-turali, per la diminuzione del Pilregionale e la scarsezza degli investi-menti imprenditoriali. Intralciano lacrescita anche la limitata capacitàdi esportazione e di attrazione diinvestimenti esterni. “Il dislivello sipuò superare – dice Mellucci – conla comunicazione incisiva e la diffu-sione dell’aggregazione-cooperazio-ne tra microaziende”. L’Ente regio-nale di sviluppo agricolo inCampania valorizza e promuove iprodotti agroalimentari. Le societàritenute idonee all’export sono 600e contribuiscono a costruire proget-ti di internazionalizzazione del com-parto. “I risultati migliori – conti-nua – li abbiamo ottenuti con lacertificazione di qualità delle azien-de”. L’agroalimentare è uno deisistemi produttivi più attivi. Occupail quinto posto nella graduatoriadelle esportazioni nazionali per iprodotti trasformati e il settimo

posto per il settore dei prodotti pri-mari. In Campania la bilanciaagroalimentare è in positivo grazieal surplus cospicuo dell’industria ditrasformazione. Per le vendite all’e-stero prevale il settore delle conser-ve di frutta e verdura, con quasi lametà delle esportazioni del compar-to.I sei mercati che assorbono oltreil 50% dei prodotti campani sono laGermania, il Regno Unito, laFrancia e la Spagna, nell’area euro,insieme ai non europei Usa eSvizzera. Migliori clienti acquisitirisultano i cinesi. “La sfida – conclude Mellucci – è puntare sulla

qualità anche se il rapporto qualità-prezzo ci rende meno competitivirispetto ai sud africani, ai cinesi eai paesi dell’america latina”. Lacongiuntura del biennio scorso haridotto il Pil campano. La contra-zione dei consumi delle famiglie hainfluito sulla riduzione delle venditeall’estero e degli investimenti nelcomparto. Le esportazioni sonocalate di 1,2 miliardi di euro.Rispetto alla quota dell’exportnazionale la Campania ha ridotto dimezzo punto percentuale il valoredelle vendite all’estero.Nella commercializzazione della

produzione ci sono due filoni. Unodi prodotti tradizionali diventaticommerciabili come i liquori agliagrumi, le paste speciali, le variantidella lavorazione di formaggi apasta filata. L’altro delle merci fide-lizzate come la pasta, l’olio extravergine d’oliva, i prodotti caseario-lattieri, le conserve alimentari el’ortofrutta fresca. Negli ultimi anniil vino ha assunto il ruolo di “pro-dotto bandiera” del comparto indu-cendo effetti positivi sull’economiaregionale. Il conserviero invece con-tiene La Doria, l’eccellenza campa-na per essere l’unica azienda quota-ta in borsa.La società di trasforma-zione del pomodoro è nata neglianni cinquanta ad Angri. Negli annisessanta è presente all’estero con leprivate labels. Negli anni settantadiversifica la produzione con legu-mi, succhi e macedonia. Negli anni’80 ammoderna gli impianti perraddoppiare la capacità produttiva.Il 1995 si quota in borsa. In seguitola Doria costituisce una società dicommercializzazione con la GerberFoods International, uno dei mag-gior operatori inglesi. Acquisiscepoi la Pomagro, Sanafrutta e EugeaMediterranea.

[ Patrizia Varone ]

Avere la stoffa

La Campania che è di moda nel mondo

2002Anno 2003 2004 2005 2006

Capofila Centri di competenza

Page 5: o r a r e o i r a i d e n o i z a r t s ImpresaEroica u l · giovani. Chi ha un’occupazione, spesso lavora al di fuori di ogni sfera contrattuale, malpagato, e I l l u s t r a z

8 i liberi mercati

Aprire un rubinetto, accendere unfornello, salire su un taxi o sulmetro. Ma anche acquistare unacasa, ottenere un finanziamento edar vita a un’impresa. Dai gesti quotidiani alle pratichepiù complesse, il motto è sempre lostesso: “spendere meno, ottenere dipiù”. È quanto promette da ven-t’anni l’Eden della liberalizzazione,riforma delle riforme di ogni esecu-tivo e agognato miraggio del popolodei consumatori. Negli ultimi quattro lustri, i piùimportanti settori della cosa pubbli-ca – credito, telecomunicazioni,energia elettrica, gas, servizi idricie trasporti pubblici – sono statioggetto di un passaggio, totale oparziale, alla sfera della liberaimpresa. Un processo di massiccia privatiz-zazione mirato a risanare i contipubblici e a rendere i mercatinazionali sempre più competitivi edefficienti. Tra il 1992 e i primi mesidel 2001 in Italia sono state effet-tuate cessioni di quote di aziendepubbliche per circa 234.800 miliar-di di lire. Tali cessioni hannoriguardato importanti aziende diproprietà del Ministero del Tesoro(Telecom, Seat, Ina, Imi, Eni, Enel,Mediocredito Centrale, Bnl), dellasmantellata Iri (Finmeccanica,Aeroporti di Roma, Cofiri,Autostrade, Comit, Credit, Ilva,Stet), del gruppo Eni (Enichem,Saipem, Nuovo Pignone), dell’Efime di altri enti, come l’Istituto ban-cario S. Paolo di Torino e il Montedei paschi di Siena. Nei sette anni più intensi del pro-cesso, dal ’92 al ’99, sono entratinelle casse pubbliche oltre 178.000miliardi di lire, quasi l’8% del Pildi quello stesso periodo. In questo mare magno, il primato intermini di aziende dismesse se loaggiudicava il settore delle teleco-municazioni, con un’incidenza del33,2% sul numero complessivo disoggetti privatizzati. Sulla scia si attestava il bancario-assicurativo, a quota 31,6% e a

Le proteste a fiume dei tassisti, nelmese di luglio, partite dal CircoMassimo di Roma e propagatesi pertutta la penisola e le levate di scudida parte delle categorie di farmaci-sti, avvocati e notai, sono un indi-catore di come il percorso verso leliberalizzazioni in Italia sia irto diostacoli. Il ministro allo sviluppo economico,Pierluigi Bersani, dopo la vittoriadella coalizione guidata da RomanoProdi, il 4 luglio ha apposto il pro-prio sigillo ad un decreto sulle libe-ralizzazioni, passato poi in via defi-nitiva il 4 agosto. Gli effetti su mer-cati e competitività del cosiddetto“Pacchetto Bersani” non sonoancora a portata di analisivisto ilbreve lasso di tempo dalla suaentrata in vigore, ma vediamo cosaprevede. Sugli alimentari introduce “la libe-ralizzazione della produzione delpane con l’abolizione del limite alnumero dei panifici in ciascuncomune, via libera alla vendita deifarmaci da banco anche in super-mercati ed esercizi commerciali(esclusi gli alimentari). Per quanto riguarda le professioniregolate da albi è stato abolito l’ob-bligo dell’atto notarile per il passag-gio di proprietà di auto, moto e

barche. Abolita la tariffa minimaper i professionisti con “possibilitàdel cliente di negoziare la parcella”e possibilità per i liberi professioni-sti – esclusi i medici facenti capoalle Asl – di pubblicizzare la pro-pria attività. Ma il passaggio che haincontrato le proteste più accesedella categoria interessata, è quellodella disciplina relativa ai taxi. Il decreto prevede un “aumento deimezzi in circolazione attraverso la‘programmazione a livello locale’ ela possibilità per i tassisti di amplia-re i turni di lavoro, avvalendosi didipendenti o familiari, e per i con-sorzi di utilizzare veicoli aggiuntivi.Nel caso in cui la programmazionelocale manchi, i Comuni possonointervenire bandendo pubblici con-corsi, nonchè concorsi riservati aititolari di licenza taxi per l'assegna-zione di licenze aggiuntive”. Si tratta di un compromesso perchéinizialmente il decreto-legge preve-deva la possibilità del “cumulo dellelicenze ad uno stesso intestatario”.Sono seguiti scioperi dei tassisti intutta Italia. La categoria temevache nuovi grandi gestori, acquisen-do più licenze, avrebbero monopo-lizzato il mercato schiacciando i sin-goli tassisti. Nel testo definitivoviene conservato “il divieto di

cumulo di licenze al medesimo inte-statario”. A tre mesi dal decreto,però, la normativa sui taxi si decidea livello locale, grazie ad accorditra amministrazioni comunali e tas-sinari. A Napoli, i 2400 tassisti che aluglio, temendo il peggio, hannoprotestato e bloccato il loro servi-zio, dopo l’accordo, raggiunto alivello nazionale, sono ritornati allaloro normale attività. Come se nulla fosse accaduto e ildecreto Bersani fosse solo un incu-bo ormai passato.In città, intanto, si attende l’inse-diamento di una Commissione con-sultiva, composta da esperti di via-bilità nominati dal Comune, rap-presentanti sindacali della categoriadei tassisti e una rappresentantzadegli utenti nominati da Unioneconsumatori. Si tratta di una task-force che collaborerà con il Comunee lavorerà a stretto contatto con itassinari, per concordare sistemi diprenotazione da estendere allepostazioni dei vari quartieri e perpassare al vaglio ulteriori misureche vadano incontro alle esigenzedegli utenti senza danneggiare i tas-sisti.Il responsabile dei trasportipubblici ‘non di linea’, VincenzoAssorgi,spiega: “L’emergenza viabi-

lità e il conseguente commissaria-mento della funzione viabilità eparcheggio è il contesto in cui siamocostretti a muoverci. Effetti del decreto Bersani sulladomanda e offerta di taxi ancoranon se ne vedono e non se nevedranno almeno sino a fine novem-bre, data in cui si insedierà laCommissione Consultiva”. Ma la novità a Napoli è il taxi gratisper particolari classi di utenti, gli

appassionati di teatro. “Grazie ad una apposita convenzione – sottoli-nea Assorgi – stipulata dai gestoridel teatro Trianon con il servizioRadiotaxi, agli spettatori abbonatialla stagione teatrale è offerta lapossibilità di raggiungere il teatroin taxi dopo aver lasciato la propriaauto al parcheggio custodito S. Francesco e di usufruire dellostesso servizio a fine serata”.

[ Eugenio Bonanata ]

distanza i trasporti con il 13%, l’a-gro-alimentare con il 3,4% e l’edi-toria con il 2,8%. Sulla stessa diret-tiva, si è proceduto alla privatizza-zione parziale di aziende pubblichelocali come l’Acea di Roma o l’Atmdi Milano. Eppure il limite di questa maxi-ope-razione, in termini di liberalizzazio-ne di mercato, appare oggi evidentecon gli effetti di piazza portati daldecreto Bersani. L’obiettivo del pacchetto di riforme,nelle parole dal ministro delloSviluppo, è quello “di accrescerel’offerta nel settore dei trasporti,del commercio, delle assicurazioni edelle libere professioni”. Ma l’immediata e virulenta reazionedelle categorie coinvolte – tassisti,avvocati, farmacisti titolari di eser-cizi – la dice lunga sullo stato del-l’arte della “rivoluzione liberal”italiana.Il processo di dismissione degli anni’90 ha contribuito certamente alparziale risanamento dei conti pub-blici, con la riduzione di circa25.000 miliardi della spesa per inte-ressi sul debito pubblico. Tuttavia, gli esiti liberisti di questa

riconversione sono stati moltomodesti, e disomogenei a livello ter-ritoriale.Il Belpaese ha funzionato a duemarce. Da una parte le rapide ecompetitive aggregazioni delle exmunicipalizzate del Nord, dall’altral’inerzia e la mancanza di un dise-gno strategico dei soggetti del Sud.Tra il 2000 e il 2004, il Mezzogiornoha visto realizzare appena il 7%delle alleanze tra operatori degli exservizi pubblici locali, e tutte direspiro limitato. Fusioni, quotazioni in Borsa e costi-tuzioni di holding su piano comuna-le restano sconosciute a sud diRoma, dove le ex-municipalizzatehanno spesso gravi difficoltà dibilancio. Una privatizzazione affrettata inqueste regioni – avvertono le asso-ciazioni di categoria – può diventa-re un viatico per il riciclaggio didenaro sporco da parte della mala-vita organizzata.Poco consolano, poi, le Sirene dellanati-mortalità d’impresa, che pureindurrebbero a un ottimismo mode-rato.Secondo dati Uniocamere,nelle cinque regioni del Sud, nel

solo primo trimestre 2005 sono nate8.458 imprese commerciali, consaldo positivo rispetto all’anno pre-cedente. Ma si tratta di un datoquantitativo, che non tiene contodel fatturato dei soggetti in gioco. Ed è altrettanto vero che a salire –e in maniera più consistente – èanche il numero di imprenditori checessano l’attività, che sono saltati a7.512 unità, il 14,6% in più rispettoal 2004. Palma nera alla Campania,dove la vita media delle impresecommerciali sarebbe ormai ridottaa sei mesi. E dove il pil pro capite è precipitatoa quota 15.499 euro - davanti solo aPuglia e Calabria –, quando lamedia nazionale sfiora i 25.000euro. Secondo Confcommercio e eonfeser-centi si tratterebbe degli effetti“collaterali” della riforma contenu-ta nel decreto legislativo 114/98, cheha introdotto un iter più snello perle nuove aperture.Attraverso un radicale decentra-mento di competenze a regioni eenti locali, il provvedimento è natocon l’intento di apportare significa-tivi elementi di concorrenza in un

Privatizzazione delle ex municipalizzate: l’Italia a due velocità. Il Sud arranca, il Nord compie i primi passi

Liberalizzazioni, rivoluzione mancataDa Telecom agli istituti bancari, tutte le cessioni delle aziende di Stato per competere sulla scena internazionale

settore per decenni regolamentatocome quello della distribuzione aldettaglio.Ma gli effetti benefici sarebberostati limitati dal fatto che, questostesso snellimento avrebbe favoritoil debutto di imprenditori imprepa-rati, dunque destinati al fallimento.Se poi si volge lo sguardo al gradodi concentrazione del commercio aldettaglio, ciò che emerge è ancorauna volta il forte disequilibrio tra larealtà settentrionale e quella merid-ionale. Alle regioni del Centro-Nord in cuila grande distribuzione è penetratacon maggior intensità, si contrap-pone un Sud in cui la presenzadella grande distribuzione risultascarsa. Sempre a livello regionale sievidenzia poi una correlazione neg-ativa tra densità per abitanti dellapiccola e della grande ditribuzione. Per esempio, là dove la strutturaregionale appare sbilanciata sullatipologia di esercizi commerciali aridotte dimensioni, il grado di pene-trazione della grande impresa ègeneralmente molto ridotto.Avvicinando ancora una volta lalente di ingrandimento allaCampania, si rileva un aumento didensità sia della piccola che dellagrande impresa. Dal 1998 al 2001 gli esercizi medio-piccoli sono passati dal numero di129 ogni 10.000 abitanti a 140,mentre le grandi catene di dis-tribuzione da otto a più di dieci. Valutare positivamente un aumentodella numerosità delle attività diminor “stazza” sembrerebbe con-traddittorio conquanto sostenutodalla teoria economica, che vedenell’espansione della grande impre-sa commerciale la spinta a un effet-tivo aumento di concorrenza.Tuttavia il fatto che queste nuoveaziende abbiano siano venute allaluce non come prodotto di regola-mentazioni restrittive, ma comeeffetto della riduzionedi barriereall’entrata, non può che far bensperare.

[ Alessandro Potenza ]

A Napoli dopo le proteste estive dei tassisti si attende l’insediamento di una commissione consultiva che stabilirà modifiche su tariffe e percorsi

Licenze taxi, con il decreto Bersani ogni Comune deciderà in autonomia

Favorire, semplificare e accelerarela nascita di nuove imprese. E’ questo l’obiettivo della propostadi legge presentata lo scorso 20luglio in Parlamento da DanieleCapezzone, presidente dellaCommissione Attività produttive edex segretario dei Radicali Italiani.L’idea rientra nel più ampio dibatti-to sulle liberalizzazioni che sta inte-ressando l’Italia in questi mesi.Secondo un rapporto di oltre due-cento pagine di Doing business, ilrapporto che la Banca Mondialestila ogni anno per stabilire la clas-sifica dove è più semplice iniziareun’ attività, l’Italia è scesa dal ses-santanovesimo al ottantaduesimoposto, penultima nell’Unione euro-pea. “I dati parlano chiaro – diceDaniele Capezzone -. Il disegno di legge, né di destra nédi sinistra, ma liberale rappresentauna nuova visione culturale primaancora che strategica. Sarebbe una svolta epocale per ilnostro Paese, una riforma a costozero con l’unico scopo si snellire laburocrazia e favorire la crescita”.Adesso c’è da aspettare il lungoiter parlamentare. Se passerà laproposta, firmata da parlamentaridi entrambe le parti politiche, saràsnellito il rapporto tra imprenditorie Stato facendo ricadere su que-st’ultimo il peso e la lentezza dellaburocrazia. Sarà possibile entrouna sola settimana lavorativa, enon più in un mese, autocertificarel’avvio di una nuova impresa com-merciale o artigianale, poterla subi-to realizzare.

Solo dopo, la pubblica amministra-zione potrà disporre i controlli dirito, ma avrà novanta giorni e nonpiù trenta, come avviene ora, perfarlo. “L’Italia è oggi il Paese occi-dentale in cui è più difficile fareimpresa. Sono necessarie da cinquantotto aottanta autorizzazioni per iniziareun discorso imprenditoriale. Per aprire una semplice carrozze-ria ne occorrono addirittura settan-tasei rilasciate da diciotto diversi

enti. Le difficoltà sono troppe siaper chi è in proprio sia per i lavora-tori che sperano di essere assunti.Ora, ad esempio, per ottenere unaconcessione edilizia ci vogliono dainove ai ventisette mesi”, fa notareCapezzone.Obiettivo della proposta di legge, dicui l’ex segretario radicale è ilprimo firmatario, è quindi modifi-care la legge del 1990 che prevedetempi troppo lunghi dalla dichiara-zione di inizio attività, quella che i

tecnici chiamano in gergo tecnico“dia”, all’effettivo inizio di questa.L’altra grande novità potrebbe esse-re l’obbligatorietà dello sportellounico in ogni comune, sulla cartapresente già dal 2000 su indicazionedel ministro della funzione pubbli-ca Franco Bassanini, dedicato agliimprenditori. E se questo non saràpossibile da subito dovranno farse-ne carico i sindaci. Secondo Capezzone “l’approvazio-ne della legge avrebbe un fortevalore simbolico, aprendo la stradaa una nuova prospettiva da cuiguardare alla pubblica amministra-zione”. Dichiarazioni favorevoli aquesto tipo di iniziative non pro-vengono soltanto dal mondo politicoma anche da quello dell’ impresa. Il direttore generale diConfindustria Maurizio Beretta haaffermato che i costi della burocra-zia pesano sui bilanci delle aziendeper quasi l’1% del Pil (il prodottointerno lordo). La Confartigianato ha rilevato nellostudio sulla libertà d’impresa delloscorso giugno che un’azienda ècostretta a dedicare più di trecento-cinquanta ore al pagamento delletasse, alla soluzioni di problemilegati alla documentazione da pro-durre per continuare a esistere.Troppe per chi guida una impresache potrebbe spendere questo tempoalla ricerca di nuove tecnologie,all’organizzazione di corsi di aggior-namento che possano migliorare laqualità del lavoro degli operai.

[ Marco Lombardini ]

Il Comune di Napoli

Tano Grasso:“Più coraggio nelle denunce”“L’associazione antiracket devepromuovere e organizzare il corag-gio degli imprenditori”. Parte daqui la decima relazione del 14 giu-gno 2006 sulla situazione napoleta-na nel campo dell’antiracket nelperiodo 2002-2006 stilata da TanoGrasso, consulente per le attivitàdell’Amministrazione comunale diNapoli in materia di tutela del citta-dino dal racket e dall’usura.“Il coraggio è solo uno degli elemen-ti dell’intera strategia antiracket.L’associazione antiracket è lasomma della responsabilità indivi-duale degli imprenditori e dell’intel-ligenza di una strategia”, dichiaraGrasso nello scritto.Uno dei nodi centrali della relazio-ne è la denuncia, vista come mossavincente e necessaria da parte diquelle imprese bloccate dal giogodel racket. “L’impresa che accettadi subire il pagamento del pizzocostituisce un grave problema”.E’ per questo, infatti, informaGrasso che “una delle iniziativeassunte dal Comune di Napoliriguarda l’introduzione, nei bandidi gara delle opere pubbliche, diuna clausola tesa a scoraggiare l’ac-quiescenza delle imprese alle richie-ste estorsive.L’obiettivo è quello di rendere con-veniente la denuncia. Gli imprendi-tori andrebbero sollecitati a denun-ciare, a liberarsi dai condiziona-menti mafiosi e a passare dallaparte degli imprenditori non-convi-venti. Lo Stato deve essere al lorofianco.”

[ Ornella Mincione ]

le proposte 9

Daniele Capezzone

Tassisti in sciopero, foto di Giulia Nardone

inchiostronumero 5 dicembre 2006

Il progetto del presidente della commissione Attività produttive Daniele Capezzone

”Sul mercato in sette giorni”Il disegno di legge punta a favorire e ad accelerare l’iter di avviamento d’impresa

Page 6: o r a r e o i r a i d e n o i z a r t s ImpresaEroica u l · giovani. Chi ha un’occupazione, spesso lavora al di fuori di ogni sfera contrattuale, malpagato, e I l l u s t r a z

9%

NAPOLI

BARI

PALERMO

BARI

TORINO

27%

9,20%

Uffici con maggiore concentrazione diprocedimenti in materia di lavoro e

previdenza (fonte: Istat)

DOMANDE ACCOLTE

DOMANDE RIGETTATE

17%

16%

9,30%

NAPOLI

La spesa farmaceutica, a carico delServizio sanitario nazionale, è incalo. O meglio, il suo aumento, nelmese di agosto 2006, è stato conte-nuto del +2,4% rispetto allo stessoperiodo del 2005. L’aumento contenuto della spesafarmaceutica, secondo i dati diFederfarma, ha determinato unulteriore rallentamento del trend dicrescita della spesa. E questo nonostante l’aumentogeneralizzato in tutte le Regioni.Unica eccezione la provincia auto-noma di Bolzano dove è stata regi-strata una diminuzione della spesapari a -3,4%: il numero di ricette èstato contenuto rispetto alla medianazionale (+2,8%). “Un dato importante – spiegaNicola Stabile, presidente diFederfarma Campania – è quellorelativo alla nostra regione: si èinfatti registrato uno scostamentodalla media nazionale del 2,8%”. La Campania, così, è al secondoposto per numero di ricette neiprimi 8 mesi del 2006 (4,9%). E Stabile precisa: “Analizzando neldettaglio queste percentuali, si leggeche le ricette a Bolzano sono state 1milione e 600 mila. Nella sola città di Napoli, invece 37

milioni”. Un rapporto di 3 a 100dovuto alle dimensioni geografi-che.Le farmacie continuano a dareun contributo al contenimento dellaspesa sotto forma di sconto alServizio sanitario nazionale. Nelperiodo gennaio-agosto 2006, infat-ti, hanno garantito un risparmio dioltre 440 milioni di euro. Inoltre losconto dello 0,6% a carico dell’in-dustria, finalizzato al recuperodello sforamento del tetto di spesaimposto nel 2005 alla spesa farma-ceutica di Asl e ospedali, ha deter-minato un risparmio di quasi 50milioni di euro.

Anche la compartecipazione dei cit-tadini all’acquisto dei farmaci con-tribuisce al contenimento dellaspesa. “In Campania – spiega Stabile –non esistono leggi in materia, non-ostante il contenimento dei costi.Significa che i meccanismi di con-trollo per la vendita dei farmacisono stati altri e hanno funzionato”.Ma restano i problemi legati aipagamenti. Le farmacie di alcune regioni delcentro-sud continuano a subire daparte delle Asl consistenti ritardinei pagamenti degli importi dovuti

per i farmaci erogati ai cittadini. I ritardi più pesanti si verificano inSicilia, in Calabria e in Campania.“C’è una delibera regionale –

afferma Stabile – che affida allasocietà Soresa il compito di liquida-re i pagamenti alle aziende private.Al momento è impegnata con ilrecupero dei crediti relativi al2005”. Per il presidente diFederfarma Campania, il meccani-smo della società di recupero creditisi è però ingolfato: “la Soresa hadei tempi lunghissimi. Spesso i far-macisti aggrediscono le Asl sulpiano giudiziario per ottenere ipagamenti. Così facendo la situazione continuaad aggravarsi perché quando le Aslsono costrette a saldare i debiti,ricorrono al fondo monetario cor-rente rendendo di fatto inutile l’o-perato di una società come laSoresa”.E allora quale sarebbe la soluzione?“Dopo la serrata delle farmaciedello scorso 9 ottobre, non è ancoracambiato nulla. Le promesse del-l’assessorato alla Sanità si sonorisolte in un nulla di fatto. Siamopronti a prendere decisioni anchedrastiche se le cose non tornanoalla normalità”. E il 6 novembre

scorso, la Federfarma Campania haincontrato l’assessore alla Sanità.“Purtroppo non abbiamo avutobuone notizie. I pagamenti restanobloccati e nessuna delle promesseche ci erano state fatte verrannomantenute. La situazione non è maistata più grave”.Eppure la Regione Campania hamesso a disposizione dell’Asl Napoli1 più di 750 milioni di euro perpagare le mensilità da gennaio anovembre 2006. Cosa è successo? “L’azienda sanita-ria ha girato alle farmacie 200milioni, pagando 2 mesi soltanto”. Il resto sarebbe servito, secondoStabile, a pagare i decreti ingiunti-vi. La situazione dei pagamentiarretrati ha una lunga tradizione:“Sono titolare della farmacia dal1986 - racconta Stabile - e nonricordo un solo anno in cui i paga-menti siano stati correntizi”.L’unica eccezione è data dal 1995:“In quell’anno le vecchie Usl (Unitàsanitarie locali) furono sostituitedalle Asl. La liquidazione dei debitifu affidata ai commissari liquidatorie così le Asl partirono da zero.Quello, per noi, è stato l’unicoperiodo florido”.

[ Laura Pirone ]

10 i servizi inchiostronumero 5 dicembre 2006

Gli Ordini professionali si oppongono alla manovra del Governo. Ma i giovani apprezzano le novità

Tariffe minime: scontro tra generazioni

Buchi nella rete elettrica e buchinelle tubature degli acquedotti:sono i principali ostacoli che l’ener-gia incontra prima di raggiungere leimprese campane. A dirlo è ilresponsabile del settore energeticodi Confindustria regionale LucianoMorelli. Perdite che pesano suibilanci delle imprese, come le tasseper lo smaltimento dei rifiuti. Secondo le stime dell’associazionedegli industriali, le interruzionidella fornitura di corrente elettricasono mediamente superiori anchedel 30% rispetto a quelle registratenella media delle imprese delCentro-nord. I danni che derivano da questi bloc-chi sono il deperimento delle merci,interruzioni e ritardi nelle attivitàamministrative, perdite di commes-se, semilavorati e hardware danneg-giati. Secondo l’associazione degli indu-striali, le perdite si aggirano intor-no all’1% del costo complessivo diproduzione, ossia decine di milionidi euro all’anno. “Per fronteggiarei sempre più frequenti buchi di ten-sione – prosegue Morelli - diverseimprese si sono dotate di generatoripropri”. Istituzioni ed enti del set-tore si stanno mobilitando per rat-toppare la rete. “Confindustria Campania – rendenoto Morelli – sta monitorandoinsieme all’Enel una serie di areedove realizzare interventi struttura-li per migliorare le connessioni dellarete elettrica”. Ma in Campania i problemi più seri

riguardano l’immissione in rete dienergia: in regione se ne produce il17% di quanta se ne consuma.Secondo il responsabile energia diConfindustria, la questione si risol-ve solo con la creazione di nuovecentrali, soprattutto a turbogas.Come quella che sta nascendo aSparanise. Per quanto riguarda le risorse idri-che, Morelli definisce il sistema“abbastanza razionale”. Il fabbiso-gno campano di acqua si aggiraintorno ai 1450 milioni di metricubi all’anno, e di questi 200

milioni sono destinati ad usi indu-striali, secondo le stime diConfindustria. Allarmanti sono idati sulla dipersione d’acqua: su100 litri, circa un terzo si perde nelsottosuolo a causa delle pessimecondizioni del sistema di tubature. Eppure, fa notare Morelli, inCampania vi è una grande disponi-bilità d’acqua. La parola d’ordine è quindi inter-venire sulle infrastrutture, suigrandi adduttori e, anche in questocaso, rattoppare il sistema di con-dutture. Altro peso per le imprese,

l’emergenza rifiuti. “Siamo danneg-giati - aggiunge Morelli - sia dalpunto di vista dell’immagine cheoffriamo ai clienti che vengono dafuori, sia dal punto di vista delletasse da pagare per un servizio nonreso”. Un danno che si riflette inmaniera gravissima sull’industriadel turismo. I rifiuti industrialidevono essere trasportati fuoriregione: un’azienda napoletanaviene a pagare minimo 50 euro inpiù a tonnellata per il trasporto,secondo le stime di Confindustria.Per lo smaltimento dei rifiuti è invigore una tassa basata sulla super-ficie dell’azienda e non una tariffaregolata in base alla quantità effet-tiva di rifiuti prodotta. “Il risulta-to, lamenta Morelli, è che si arriva-no a pagare per un cassonettoanche 30-40 mila euro all’anno”.Per uscire dall’impasse, gli indu-striali napoletani propongono lagestione privata dei rifiuti indu-striali e l’avvio della differenziata.Confindustria ha tra i suoi obiettiviquello di concorrere allo svilupposostenibile attraverso collaborazionied accordi con istituzioni, enti eassociazioni e con azioni di sensibi-lizzazione della popolazione tese amigliorare l’attitudine a “farsi cari-co delle responsabilità ambientali”.Già attivo in tal senso è il program-ma Energia intelligente dell’Unioneeuropea, che si concentra sullarimozione delle barriere non tecni-che e sulla creazione di opportunitàdi mercato.

[ Pasquale De Vita ]

Incentivi e finanziamenti alleimprese che investono nelle fontirinnovabili: sono alcuni degli stru-menti con cui la Regione Campaniasi propone di ripianare il deficitenergetico.E con la diffusione di impianti dicogenerazione distribuita l’obbietti-vo è abbattere del 30% i costi ener-getici delle aziende utenti.Sul Bollettino ufficiale dellaRegione sono stati pubblicati diver-si decreti dirigenziali che riguarda-no il Programma operativo regiona-le 2006 e i relativi bandi per finan-ziamenti alle fonti rinnovabili eall’efficienza energetica. Un primo decreto dello scorso mesedi giugno prevede misure di soste-gno all’efficienza energetica dellepiccole e medie imprese attraversola realizzazione di impianti fotovol-taici. Il bando è stato pubblicatonell’ambito del progetto integratoisole del golfo. Gli impianti incenti-vabili in conto capitale devonoavere potenza inferiore a 20 kW e isoggetti destinatari sono le impreseoperanti nell’ambito dei territoriinteressati dai Progetti integrati. Lerisorse disponibili ammontano a untotale di 1.300.000 euro. In un altro decreto del 16 giugno2006 sono previste invece incentiva-zioni al risparmio energetico, allaproduzione di energia da fonti rin-novabili e alla cogenerazione distri-buita. Gli interventi possono esseremonosettoriali o in ambito di pro-getti integrati. Per quanto riguarda le rinnovabiligli impianti incentivabili sono quellidi produzione di energia elettrica.Le risorse disponibili sono pari a 50milioni di euro.Lo scopo dell’intervento, si legge inuna nota diffusa dalla Regione, èquello di contribuire ad aumentareil grado di diversificazione dellefonti energetiche incrementando laprevisione a favore delle energiequalificate, indicata dalle lineeguida di sviluppo sostenibile del set-tore. La previsione, prosegue lanota, di installare il 25% da fontirinnovabili sul totale della potenzaentro 2010 per l’azzeramento deldeficit energetico, risulta, già oggi,ampiamente raggiunta.Possono beneficiare degli incentivigli interventi finalizzati a realizzareo ad ampliare gli impianti per laproduzione di energia elettrica dafonti rinnovabili, cioè che possono-riprodursi, a razionalizzare i con-sumi, ad ottimizzare l’uso dell’ener-gia, a incentivare il risparmio ener-getico, a incrementare l’efficienzaenergetica negli usi finali, a pro-muovere il rendimento energeticonell'edilizia. Nonchè a incentivarela produzione distribuita di energiaelettrica di piccola taglia anchemediante cogenerazione, di potenzanon superiore a 50 MW.Ammesse agli aiuti le micro, piccolee medie imprese operanti in tutti isettori economici ad eccezione diquelli che si occupano delle attivitàconnesse alla produzione, trasfor-mazione, commercializzazione deiprodotti agricoli, di attività connes-se all’esportazione, alla costruzionenavale, all’industria carboniera esiderurgica, automobilistica e dellefibre sintetiche.Un’ulteriore priorità viene assicu-rata ai progetti che prevedano unutilizzo prevalente di fonte prima-ria proveniente da biogas e biomas-sa, meglio ancora da colture agroe-nergetiche. Potrebbe essere questauna delle strade per la soluzionedel problema energetico.

[ P. D. V. ]

Un impianto eolico in Irpinia

la burocrazia 11

L’inefficienza della giustizia civile in Italia è unodei fattori che limitano competitività e capacità dicrescita nel paese. Questo è ancora più vero quan-do si parla di regioni come la Campania. Qui ilgrado di efficienza della giustizia, misurata indurata dei processi, spiega la scarsa natalità diimprese e le loro ridotte dimensioni rispetto allealtre regioni. I ritardi nella conclusione dei pro-cessi civili, infatti, penalizzano le realtà produtti-ve e minano la competitività del sistema economi-co. In questo scenario si colloca la ricerca chel’Istituto nazionale di statistica ha commissionatoal Consorzio per lo sviluppo delle metodologie edelle innovazioni nelle pubbliche amministrazioni.L’indagine Istat sottolinea come la durata dei pro-cessi nei tribunali del nord sia molto più breverispetto a quelli del sud. Ma resta da spiegarecome mai alcuni uffici con un maggior carico diprocessi come quello di Napoli, evidenziano per-formance migliori in termini di probabilità dichiusura dei procedimenti in primo grado. Le principali critiche mosse all’attuale sistema dicrisi d’impresa in particolare nel meridione, con-sistono nell'inadeguatezza di alcune norme nelperseguire obiettivi di tutela dell’occupazione e disalvataggio d’impresa. La procedura fallimentares’incentra, infatti, sul processo liquidatorio delleimprese insolventi. Prevale insomma la caratteristica d’azione di tute-la dei creditori da realizzarsi attraverso la venditadi tutti i beni d'impresa anziché la conservazionedel patrimonio organizzativo in grado di farsopravvivere l’impresa stessa. L’indagine eviden-zia come la durata media delle procedure falli-mentari si attesta intorno ai sette anni e mezzo, unvalore di circa un anno superiore rispetto alladurata media registrata nell'anno 2000. Sono lesocietà di fatto (46% contro il 62% del 2000) e leimprese individuali (36% contro il 40% del 2000)ad avere la più alta possibilità di incorrere in pro-cedure dalla durata eccessiva. In generale leimprese coinvolte in procedure fallimentari sonoper la maggior parte di “recente” costituzione.Hanno, infatti, mediamente circa 10 anni di vita.Sembrerebbe che, all’aumentare dell’età, perl’impresa si riducano le probabilità di entrare incrisi e di essere coinvolta in una procedura falli-mentare. Anche i procedimenti per cause di lavoro

incidono sulla nascita e soprattutto sulla sopravvi-venza di alcun e imprese. Napoli ne subisce le con-seguenze essendo la prima città d’Italia per nume-ro di processi in materia di lavoro raccogliendo il17% circa dei procedimenti accolti e il 27% circadi quelli rigettati. Le controversie in questo speci-fico ambito, sempre secondo l’indagine Istat,hanno una durata media di 2 anni e 5 mesi e sonocaratterizzate dal fatto che per avere una sentenzaoccorrono 4 o 5 udienze per procedimento, e chetrascorre circa un anno tra l’iscrizione a ruolodella causa e la data della prima udienza. Lacaratteristica principale di questo tipo di cause èche il tempo d’attesa della prima udienza assorbepiù di un terzo del tempo complessivo. Inoltre il40% di queste cause termina con un rigetto o conla rimessione di giudizio ad altra autorità.Strumenti quali la conciliazione e l’arbitrato chepotrebbero preservare le imprese dai problemiderivanti dalla lentezza della giustizia, sono anco-ra poco utilizzati in Italia, nonostante i beneficiche questi istituti presentano: durata certa e moltoridotta, costi minimi connessi alla tipologia di con-tenzioso, esecutività della decisione.

[ Giuseppe Porcelli ]

Il cortile di Castel Capuano sede delle sezioni civili del Tribunale di Napoli, foto di Giulia Nardone

L’associazione di categoria pronta a una nuova serrata se l’assessorato alla Sanità non dovesse saldare il debito contratto in questi anni con le farmacie

Federfarma denuncia: troppo lenti i pagamenti della Regione

Un’indagine dell’Istat rivela come la lentezza dei processi incida negativamente sul sistema produttivo campano

La giustizia civile intralcia l’economiaNapoli è la prima città d’Italia per numero di cause in materia di rapporti di lavoro e previdenza

Acqua, corrente elettrica e rifiuti: una spesa in più nei bilanci degli imprenditori campani

Industria in cerca di energiaMolte strutture si sono dotate di generatori per superare i cali di tensione

Liberalizzare vuol dire decretare lamorte della professionalità. Anche icommercialisti, insieme ad avvocati,architetti e ingegneri, dicono no aldecreto Bersani. Hanno analizzatole nuove regole, vagliato le propostee questa volta, i conti non tornano.Eppure a sostenere il valore dellalibera concorrenza erano statisoprattutto gli studiosi di economia.E ancora di più i giovani. Ad apri-le, sul portale delle professioni eco-nomico giuridiche, è stato pubblica-to un documento dal titolo “Lasfida della concorrenza” dove i neoiscritti all’unione nazionale deicommercialisti evidenziavano il pro-blema delle professioni in Italia,troppe regole e poco ricambio gene-razionale. I professionisti alle primearmi provavano a fornire un sup-porto per un’analisi critica dellaquestione. Ma la scossa di luglio,seguita alla pubblicazione deldecreto, ha spiazzato anche loro.Ne condividono la spinta verso l’a-pertura della professione e apprez-zano l’abbattimento delle tariffeminime. Contestano però alcunipunti cruciali e i modi in cui lariforma è stata fatta. Non voglionoun aumento di responsabilità e diincombenze cui non corrispondaadeguato riconoscimento economicoe non vogliono che siano date lestesse competenze a chi non haseguito lo stesso iter formativo, pas-sando per l’università e l’esame diabilitazione. Totalmente negativo,invece, il parere dei più anziani.L’ordine dei commercialisti campa-ni, guidati da Achille Coppola, hasottoscritto un manifesto di protestaindirizzato al Governo e subitodopo ha deciso di impugnare l’arma

dello sciopero di piazza. Lo scorso12 ottobre la maggior parte degliassociati si è unita al coro delle vocidei 50mila professionisti che hannomanifestato a Roma contro il pro-getto di riforma. Un evento chesicuramente non rientra nel lorodna. Un forte segnale di disagio peril cambiamento. I professionisti dicono no all’aboli-zione delle tariffe minime, no aldivieto di pattuire compensi checorrispondano agli obiettivi rag-giunti, no alle libere società multidi-sciplinari e no soprattutto all’au-mento di responsabilità e onerisenza alcuna contropartita. In par-ticolare contestano la norma cheimpone al professionista di collabo-rare con la Pubblica amministrazio-ne nella lotta all’evasione fiscale(Decreto Visco-Bersani), che si tra-duce solo in un aggravio di incom-benze, rischi e costi. “Il governo cichiede un ruolo di vigilanza antiri-ciclaggio, ci attribuiscono un ruolodi garanti della pubblica buonafede, ma a tutto ciò non corrispon-de alcuna esclusiva professionale”,afferma Coppola. Ma non solo. IlGoverno chiede che le parcelle nonpotranno più essere pagate in con-tanti, dovranno essere saldateattraverso una transazione banca-ria, sia essa un bonifico, un assegnoo un pagamento con carta di credi-to, insomma tutte le operazionidovranno essere tracciabili. I pro-fessionisti saranno infine obbligati atenere conti correnti dedicati per lagestione dell’attività professionale.“Tutte norme che addossano ulte-riori oneri economici agli studi cheinevitabilmente ricadranno sul cit-tadino stesso. Invece di snellire la

macchina burocratica la complica-no e ne raddoppiano i tempi”, spie-ga Coppola. Le liberalizzazioni varate dal pac-chetto Bersani rispondono allachiamata di Bruxelles che nellarelazione del 9 febbraio 2004, hainvitato i governi nazionali ad elimi-nare tutte le rigidità corporative eprotezionistiche che limitano laconcorrenza nei servizi professiona-li. Ma sui consumatori come influi-rà concretamente la riforma?Potranno trovare su riviste e gior-nali pubblicità degli studi e sceglie-re così la prestazione più consonaalle proprie esigenze. Cosa fino adora impossibile perché imbrigliatidai codici deontologici che poneva-no restrizioni sia di contenuti chedi mezzi di diffusione. Niente piùlimitazioni dunque. Si potrannopromuovere i propri servizi pressogli utenti che anche sulle rivisteinformative di pubblica utilità.

Infine i clienti potranno rivolgersianche a società di persone o asso-ciazioni tra professionisti per l’ero-gazione di servizi di tipo interdisci-plinare. Il decreto però detta duecondizioni. Il divieto di prendere parte a più diuna società e la necessità di indica-re preventivamente i soggetti cheforniscono la prestazione, sui qualigrava l’obbligo di responsabilitàper l’attività svolta. E’ una primarisposta al crescente grado di inter-nazionalizzazione dei servizi che con-sentirà di creare studi italiani piùcompetitivi nello scenario europeo. “Pensare di liberalizzare le profes-sioni non significa aprire a una con-correnza selvaggia, dove l’abusivi-smo diventa regola e l’improvvisa-zione viene elevata a rango di legali-tà”, afferma Raffaele Giglio, presi-dente del Collegio dei ragionieri diNapoli. I professionisti, infatti sono convin-ti che ci sia un accanimento daparte del Governo nei loro confron-ti. Chiedono di procedere nelle libe-ralizzazioni, non imponendole soloa categorie numericamente mode-ste, ma a tutti gli ambiti economico-sociali, proprio nell’interesse dellenuove generazioni. “Ci sono settori strategici come l’e-nergia e le telecomunicazioni, con-centrati in poche mani, che operanoin regime di oligopolio per questovogliono che la PubblicaAmministrazione crei modelli dimeritocrazia trasparenti e unariforma del mondo delle università,fondamentale per la ricerca”.aggiunge l’unione dei giovani com-mercialisti di Salerno.

[ Iolanda Palumbo ]

Achille Coppola, foto di Giulia Nardone

Incentivi della Regione

Fonti rinnovabili:pronti 50 milioniper le aziende

Differenza spesa netta e numero ricette dei primi otto mesi 2006rispetto allo stesso periodo 2005

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Polemiche, scioperi e proteste.Sono stati questi i primi effetti deldecreto legge sulle liberalizzazioniapprovato dal Consiglio dei ministriil 30 giugno. Ma non ci sono stati solo malcon-tenti. Segnali di approvazione pro-vengono dalle associazioni dei con-sumatori come Adoc, Adiconsum,Codacons, Movimento difesa delcittadino e Cittadinanzattiva. Molte di queste hanno apprezzatole decisioni del governo, dall’aper-tura della vendita dei farmaci nellagrande distribuzione al possibileaumento del numero delle licenzeper i taxi nelle grandi città, daglieffetti sulle banche e sugli ordiniprofessionali.Secondo il Codacons il provvedi-mento sulla competitività consenti-rà un risparmio di 500 euro l’annoper le famiglie italiane grazie all’au-mento della concorrenza. Infatti, solo per quanto riguarda ilvia libera alla vendita dei farmacinei supermercati, si avrà un rispar-mio di circa 150 euro a famiglia inun anno. Dall’abolizione dei limiti alle tariffedei professionisti, a cominciare daquelle degli avvocati, il Codaconsstima invece un risparmio di 300euro l’anno. Dalla liberalizzazione delle licenzedei taxi, invece, l’impatto positivosulla spesa delle famiglie sarebbeintorno ai 50 euro. Il provvedimento, che favorirà laliberalizzazione per banche, farma-cie e professioni, rappresentaun’opportunità di maggior concor-renza e tariffe più basse per i con-sumatori italiani, un’opportunitàsulla quale, secondo le associazioni,si dovrà vigilare con attenzione.Secondo l’Adoc, per evitare che la

liberalizzazione diventi letteramorta, è necessaria la presenza diun’Autorità che vigili rigorosamen-te sull’applicazione corretta dellalegge. L’Adoc esprime apprezza-mento sugli sviluppi derivanti daldecreto legge sulle licenze per laguida dei taxi. Ritiene però che gli albi debbanosopravvivere in quanto garanziadella professionalità e parametro diriferimento per il consumatore.Anche l’Adiconsum giudica positi-vamente la decisione del Governo,riservandosi una valutazione dimerito su ogni singolo provvedi-mento. Il giudizio del Movimentodifesa del cittadino sul decreto leggeè positivo, soprattutto riguardo alprovvedimento che autorizza lavendita dei farmaci da banco nellagrande distribuzione. Questo porterà l’Italia al livello

degli altri Paesi europei permettedoun abbassamento dei costi, un mag-giore disponibilità dei punti venditae il superamento della chiusura cor-porativa delle farmacie. Positivo,secondo Mdc, anche l’interventonel settore dei taxi: con il provvedi-mento si avvia a soluzione il proble-ma della scarsità del servizio nellegrandi città. Inoltre, il trasferimento della com-petenza per gli atti di compravendi-ta dell’auto dai notai ai Comunisemplifica la vita e riduce i costiper milioni di cittadini.Cittadinanzattiva sul decreto com-petitività chiede che maggiore libe-ralizzazione si traduca in maggioretutela dei diritti. Secondo il vice segretario GiustinoTrincia “gli interventi volti ad unamaggiore liberalizzazione nei servizilocali, come per esempio per i taxi,

vanno sicuramente nella giustadirezione perché superano monoplidi fatto e interessi spesso corporati-vi, pagati da decenni dai cittadiniconsumatori e dal sistema Paese”.E in Campania? L’Associazione contribuenti utentiservizi pubblici ha recentementeprotestato proprio perché la grandedistribuzione continua a penalizza-re la regione. In molti centri commerciali non sonostati ancora istituiti corner per lavendita di farmaci da banco e diautomedicazione come accade, inve-ce, in altre regioni d’Italia. Secondo l’Acusp, la liberalizzazionedei farmaci nei supermercati, seapplicata, garantirebbe ai campanisconti tra il 20 e il 30 per cento.Altro punto dolente, le banche. Il decreto Bersani ha azzerato i costidi chiusura per i conti correnti: ma

non tutti gli istituti si sono adeguati. Tra i nuovi obblighi della bancaprevisti dal pacchetto di riforme,c’è quello di comunicare in anticipoal cliente le variazioni di contrattoIn tal caso il correntista ha il dirittodi chiudere il conto senza alcunaspesa. Tuttavia, secondol’Associazione per i diritti degliutenti, sono ancora troppe le segna-lazioni di scorrettezze: molte ban-che, afferma l’Aduc, eludono lanorma addebitando ugualmente alrisparmiatore le spese di chiusura.La tecnica è semplice: i costi sonoregistrati sotto altre voci.Sul fronte delle assicurazionirisparmiare sull’Rc auto nei capoluoghi campani è possibile. È sufficiente confrontare le diverseofferte, e far giocare concretamentela concorrenza. È quanto emerge da un’inchiesta diAltroconsumo sulle tariffe assicura-tive a Napoli, Avellino, Benevento,Caserta, Salerno. Qualche esempio: nel caso dellaclasse di bonus-malus 1, se si scegliel’offerta più conveniente si possonorisparmiare in un anno 100 euro dimedia, con picchi di 500 eurorispetto all’offerta peggiore. Per il neopatentato le possibilità dirisparmio sono maggiori: a Casertain media si possono risparmiare dai1000 ai 4000 euro. I neopatentati campani sono moltopenalizzati: i premi minimi sono, inogni caso, superiori ai 1000 euro. Il fanalino di coda è sempre Napoli,dove devono sborsare almeno 2000euro l’anno. Fare più confronti, sottolinea l’as-sociazione, è l'unica arma che pos-siede il consumatore per contenereil rincaro delle tariffe.

[ Elena Della Rocca ]

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inchiostroanno VI numero 5dicembre 2006Chiuso in redazioneil 21 novembre 2006

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Citarsi addosso liveE se per qualche volta provassimo a ribaltare la pro-spettiva? A mettere da parte le classifiche di vendita ea dare voce al pubblico? L'invito è rivolto al popolo deilettori, degli ascoltatori e dei videospettatori chehanno lo spirito e la voglia di testimoniare a favore (ocontro, perchè no?) un libro letto o di condividere laloro passione per un film o un brano musicale.Partecipare è facile: ogni incontro ha un tema e dueospiti d'eccezione lieti di contribuire a questa nuovaesperienza. I partecipanti (ospiti compresi) hanno cin-que minuti per presentare la propria proposta, perincuriosire, coinvolgere, appassionare. Poi il piacere diascoltare gli altri e tanta voglia di incontrare il libro, ildisco, il film della propria vita. Gli incontri si tengonoindicativamente due giovedì al mese, alle 18.00, allaFeltrinelli Libri e Musica di Napoli, in Piazza dei Martirie vertono su di un tema ogni volta diverso. Maggiorinotizie le potete trovare sul sito www.lafeltrinelli.it esu www.citarsiaddosso.it. dove verranno pubblicati tuttii commenti, le recensioni e le citazioni raccolte durantegli incontri. Tra i partecipanti agli incontri ci sono statie ci saranno:

Valerio Caprara, Giuseppe Montesano, Nicola Oddati,Valeria Parrella.. ecc.

L'idea

Offrire a chi legge libri, ascolta musica, guarda filmuno spazio nel quale recensirli, commentarli, citarli. Darloro l’opportunità di essere non solo dei consumatori ma anche dei pro-motori di cultura. Da tempo siamo impegnati a pensa-re a coloro che frequentano i nostri negozi non solocome clienti ma anche, e soprattutto, come soggettiattivi, protagonisti delle nostre scelte imprenditoriali eculturali. Citarsi Addosso è un altro passo in questadirezione.

Il parere dei nostri collaboratori

Il sito CitarsiAddosso.it ospita già da qualche anno gli amanti della citazione , dice Vincenzo Moretti – presidente di SMILE e docente di Sociologiadell’Organizzazione all’Università di Salerno – ma l’ini-ziativa avviata con la Feltrinelli rappresenta qualcosa dinuovo e di più: la possibilità per le persone di rileggeree reinterpretare gli scrittori, i musicisti, gli attori, i regi-sti che amano; di contribuire in questo modo a mante-nere sempre vive e attuali le loro opere; di portare illoro piccolo ma prezioso mattone alla costruzione dellabiblioteca virtuale delle recensioni e delle citazioni.

Buona citazione a tutti

inchiostronumero 5 dicembre 2006

Le associazioni dei consumatori si confrontano sulla legge Bersani. Il Codacons: “Ci vuole più coraggio”

Così le famiglie possono risparmiareNei capoluoghi campani è possibile spendere fino a 500 euro in meno sull’assicurazione dell’auto

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