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Biodiversità per un futuro di pace e giustizia Marzo 2010 IN MOVIMENTO VIVI SOLIDALE COSÍ LONTANO, COSÍ VICINO Il 2010 è stato proclamato dall’Onu Anno Internaziona- le per la Biodiversità, un te- soro da difendere Giornata Mondiale del Com- mercio Equo: gli eventi La sostenibilità è di moda. Dalla collezione Primavera- Estate Altromercato ai dol- ci per rinnovare la Pasqua Nozze solidali: un sì che è anche amico dell’ambiente Biodiversità e commercio equo: progetti ed esperien- ze dei produttori del Sud del mondo. Filippine: un incontro con Virginia Sadorra di Ccap Poste Italiane s.p.a. spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 2, DCB Verona.

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Biodiversità per un futuro di pace e giustizia

Marzo 2010

IN MOVIMENTO VIVI SOLIDALE COSÍ LONTANO, COSÍ VICINO

Il 2010 è stato proclamato dall’Onu Anno Internaziona-le per la Biodiversità, un te-soro da difendere

Giornata Mondiale del Com-mercio Equo: gli eventi

La sostenibilità è di moda. Dalla collezione Primavera-Estate Altromercato ai dol-ci per rinnovare la Pasqua

Nozze solidali: un sì che è anche amico dell’ambiente

Biodiversità e commercio equo: progetti ed esperien-ze dei produttori del Sud del mondo.

Filippine: un incontro con Virginia Sadorra di Ccap

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editoriale

Il 2010 stato proclamato dalle Nazioni Unite Anno Internazionale della Biodiversità. Anche per questo torniamo a occuparci di questo tema che abbiamo già affrontato in passato e che ci sta molto a cuore, anche alla luce del recentissimo dibattito sui prodotti Ogm nato dall’autorizzazione dell’UE alla coltivazione della patata geneticamente modificata Amflora.

Biodiversità significa vita, non solo per l’ambiente naturale, ma anche per l’uomo. Assicurare la sopravvivenza delle diverse specie animali e vegetali significa combattere contro l’impoverimento dei suoli e l’omologazione delle coltivazioni e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici che si fanno sempre più evidenti.

Il modello di commercio equosolidale che Altromercato sostiene ha un ruolo fondamentale, che spesso viene sottovalutato dall’opinione pubblica: appoggia le colture locali che salvaguardano la biodiversità del territorio, vede l’accesso al mercato internazionale come strumento di sostegno all’economia locale e non come meccanismo di dipendenza economica, cerca di assicurare che i contadini che producono cibo siano anche proprietari delle terre e cioè in grado di decidere come esse vadano meglio utilizzate, nell’interesse delle comunità che ci vivono.

È una priorità proteggere la biodiversità e combattere la monocoltura, è la base dell’alimentazione quotidiana di molti popoli che altrimenti sarebbero costretti a procurarsi ciò che attualmente possiedono in autonomia. In questo senso crediamo che la biodiversità sia un elemento fondamentale per un futuro di pace e di giustizia sociale.

I produttori del Sud del mondo ci aiutano ad arricchire la nostra dieta di varietà, per la nostra salute e per i nostri piatti. Con i loro prodotti (quinoa, guaranà, riso, mais, ecc.) non ci uniformiamo a una dieta basata su un numero sempre più ristretto di varietà vegetali, imposte dai sistemi multinazionali di agricoltura industriale.

In questo numero raccogliamo i pensieri, i progetti e le foto di ricercatori, produttori e lavoratori del Consorzio: la riflessione sul legame tra biodiversità e sovranità alimentare, il dibattito sul cosiddetto Km equo, i consigli di lettura e i racconti di viaggio alla scoperta dei nostri partner in Africa, Asia e America Latina. Salutiamo anche l’arrivo della bella stagione con l’anteprima dei prodotti della nuova collezione di artigianato Primavera-Estate 2010, caratterizzata dai colori solari e dalla naturalità e qualità dei materiali. Non mancano, poi, le proposte per una Pasqua all’insegna della gioia e della condivisione e i consigli per chi vuole vivere il giorno del suo matrimonio in modo davvero speciale e aperto al mondo.

Vi abbiamo incuriosito? Allora, buona lettura!

Pierluigi TraversaResponsabile Marketing e Comunicazione

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così lontano così vicino

i

La colomba solidale

Gioie solidali

Pasqua in tutto

il mondo

La biodiversità sulla pelle

Con Libera contro le mafie

Bibliotequa

Dal Km zero al Km equo

Conosciamoci meglio

Uno sviluppo davvero sostenibile

Raddoppia il mango a Cebu

Tranches de vie

indice

vivi solidale

i

Ci vediamo in Bottega

2010, un anno per la biodiversità

Editoriale

Biodiversità e sovranità alimentare

Arriva il Fair Trade Day

La sostenibilità è di moda

Dietro le quinte del paradiso

A nozze con il mondo

Duri dal cuore tenero

Tempo di pic-nic

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indice

in movimento vivi solidale23 24 27 29 31 33 35 36 39 42

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in movimento6 CI VEDIAMO IN BOTTEGA 7IN AZIONE! CAMPAGNE ED EVENTIin movimento

La campagna “D(i)ritto al cibo” prose-guirà per tutto il 2010 con momenti di approfondimento, confronto e dibattito su questioni complesse e importanti che toccano ogni giorno milioni di persone che nel mondo soffrono per fame o de-nutrizione. Quest’anno al nostro fianco abbiamo un nuovo partner che, insieme a Legambiente e Aiab (Associazione Italiana Agricoltura Biologica), ha deciso di sostenere attivamente la nostra cam-pagna: Bioversity. Entusiasti di questa nuova collaborazione, vorremmo farti conoscere meglio questo soggetto in-ternazionale di importanza cruciale nel sostegno alle comunità rurali del Sud del mondo e ci auguriamo di incontrarti alla

Settimana della Biodiversità, che si terrà a Roma, presso l’Auditorium Parco della Musica, dal 19 al 23 Maggio 2010.

L’aria e l’acqua sono fonda-mentali per la sopravvivenza dell’uomo sulla Terra. Tuttavia,

esiste un’altra risorsa senza la quale non potremmo sopravvivere a lungo. Questa risorsa è la biodiversità agra-ria, ovvero quella parte della diversità biologica che abbraccia tutti gli ele-menti propri dell’agricoltura, quindi del cibo, grazie ai quali l’uomo si nutre e si sostenta. La biodiversità agraria ha in sé una grande ricchezza. Essa fornisce il ma-

teriale grezzo da cui scienziati e agri-coltori possono sviluppare colture ad alte rese, con alto valore nutrizionale, capaci di resistere a parassiti e ma-lattie e di adattarsi al cambiamento climatico. Inoltre, è uno strumento efficace per contrastare l’effetto dei mutamenti climatici sull’agricoltura: i sistemi produttivi con più alto tasso di diversità (intesa come differenti specie di colture o di varietà) sono quelli che avranno maggiori capacità di adattamento ai cambiamenti.

La salvaguardia della diversità delle piante alimentari è anche profonda-mente legata al senso di orgoglio e

2010, un anno per la Biodiversità

La diversità biologica del nostro pianeta è una grande ricchezza. Ctm altromercato inaugura la collaborazione con Bioversity International, la più grande organizzazione al mondo che si occupa di questo tema.

Bioversity International è la più grande organizzazione al mondo che si occupa di ricerca sull’uso e la conservazione della biodiversità agraria. È un organismo di ricerca indipendente e senza fini di lucro della rete del Cgiar (Consultative Group on International Agricultural Research, www.cgiar.org) il cui scopo primario è la salvaguardia del patrimonio genetico di piante e animali e lo studio del loro utilizzo in agricoltura a beneficio delle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. Da oltre 35 anni Bioversity svolge le sue ricerche per creare sistemi agricoli più produttivi, sostenibili e in grado di reagire di fronte alle calamità. A questo scopo impiega uno staff di oltre 300 persone distribuite in 20 uffici in tutto il mondo. Il suo quartier generale è a Maccarese, Roma. Per saperne di più, visita il sito www.bioversityinternational.org.

di Stefano Padulosi Senior Scientist di Biodiversity International

foto apertura: A. Camacho © Biodiversity International

Nel mese di febbraio, Tomy Mathew Vadakkancheril, direttore di Elements, una piccola società del Kerala (India) dalla quale Ctm altromercato acqui-sta caffè e anacardi, ha visitato l’Italia per conoscere la realtà delle Botteghe e incontrare volontari e consumatori.

Anche quest’anno Ctm altromercato e i suoi soci hanno partecipato a “M’illumi-no di meno”, l’iniziativa del programma di Radio 2 Caterpillar, nata per celebrare la Giornata Mondiale del Risparmio Ener-getico, il 12 febbraio 2010, e promuovere un uso più consapevole dell’energia. Le iniziative promosse dalle Botteghe sono state tantissime, da Nord a Sud, e molto partecipate. Qualche esempio: a Milano, la cooperativa Chico Mendes ha organizzato un critical drink a lume di candela nel via vai della Bottega di Stazio-ne Garibaldi. Aperitivo a lume di candela anche presso la Bottega del Mondo di Udine, immersi in un labirinto di candele. Le Botteghe di Pace e Sviluppo di Treviso, invece, hanno voluto stupire con effetti speciali: le loro vetrine sono state illumi-nate da lampade equo e solidali alimen-tate dalla buona volontà e dalla simpatia di soci e volontari che si sono alternati

romantica cena composto da un mini ricettario e una piccola candela… tutto equo e solidale ovviamente!

Tomy si è spostato in treno da Nord a Sud, facendo tappa in numerose Botteghe e scuole. È stato, inoltre, tra i relatori di “Un Veneto più solidale”, la conferenza di presentazione della nuo-va legge regionale veneta sul commer-cio equosolidale che si è tenuta presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.Tomy, figura di spicco del fair tra-de asiatico, è tra i promotori del Ftk (Fair Trade Alliance Kerala) e membro dell’Expert Group delle Nazioni Uni-te dedicato alle cooperative, presso il quale sostiene le istanze del commer-cio equo. È, inoltre, presidente dell’Inpc (International Nut Producer’s Coope-rative, la piattaforma dei produttori di semi oloesi aderenti al commercio equo in Asia, Africa e America Lati-na) e amministratore della Fair Trade Foundation del Regno Unito. Nel corso degli incontri che lo hanno visto protagonista, Tomy ha raccontato l’esperienza del Kerala in materia di di-ritto al cibo e tutela della biodiversità, partendo dal fatto che nel mondo la

nel pedalare su una bicicletta costruita per produrre l’energia necessaria. Inoltre all’interno è stata preparata una nutrita selezione di testi sui temi delle energie rinnovabili, per chi vuole impegnarsi tut-to l’anno nel risparmio energetico.L’Altromercato di Troffarello (TO) ha proposto uno spegnimento consapevo-le delle luci, anche in questo caso sosti-tuite da candele che hanno riem-pito la Bottega di un’atmosfera cal-da e accogliente. Il Villaggio Globa-le di Monza quel giorno ha riser-vato una sorpresa un po’ speciale ai suoi clienti: un kit d’eccezione per organizzare una

povertà colpisce soprattutto le popo-lazioni rurali. Il Kerala è un’eccezione a questo paradosso. A partire dagli anni Novanta, il vento della globalizzazione ha portato in India politiche liberiste, ad esempio l’esportazione forzata del-la produzione agricola e l’imposizione delle famigerate “zone economiche li-bere”, territori senza regole su lavoro e ambiente e non tassati. Nel Kerala, però, era radicata una forte politica egualitaria ed erano attive forti orga-nizzazioni sindacali. Per affrontare an-cora meglio la situazione, nel 2005 è stata creata Ftk composta da tre or-ganizzazioni locali di produttori inte-ressati allo sviluppo sociale. Oggi, Ftk raggruppa 3.600 famiglie di contadini, fornisce assistenza tecnica e offre ca-nali diretti di vendita per i prodotti, garantendo guadagni stabili e dignitosi ai lavoratori. Il commercio equo, quindi, si conferma uno strumento di giustizia sociale, ma anche di lotta alla fame e di tutela della biodiversità.

Dal Kerala a un’Italia più solidale

La staffetta delle Botteghe per “M’illumino di meno”

Equo-à-PorterSabato 13 marzo, nell’ambito della settima edizione di Fa’ la cosa giusta! – la fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili – presso la sezione Critical Fashion, è stata presentata la nuova collezione Primavera-Estate Altromercato. Non è stata una semplice sfilata, ma una fashion performance artistica che ha raccontato la moda equa e solidale. Protagoniste attrici e volontarie, accompagnate da musica, letture, immagini e filmati. L’evento è stato curato da Chico Mendes Onlus e Ctm altromercato e realizzato grazie al contributo artistico dell’associazione culturale Nuvola9ve.

foto 1: Tomy Mathew Vadakkancheril (di Giorgio Scandiuzzo)foto 2: M’illumino di meno (di Pace e Sviluppo, Treviso)

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9IN AZIONE! CAMPAGNE ED EVENTIin movimento

Biodiversità e sovranità alimentare

Sono concetti strettamente legati ed essenziali per un futuro di pace e giustizia. Luca Colombo della Fondazione Diritti Genetici ci spiega perché.

D – Sovranità alimentare: cos’è?R – La più completa definizione è quella redatta nel 2007 in Mali, nel corso di un incontro organizzato da La Via Campesina (è un movimento internazionale che raggruppa organiz-zazioni contadine di svariate parti del mondo, che ha come obiettivo prin-cipale la lotta per politiche agricole e alimentari più giuste, solidali e so-stenibili. Per saperne di più, http://via-campesina.org) al quale hanno parte-cipato centinaia di rappresentanti del mondo dei produttori di alimenti e di Ong che ne sostengono l’operato.La sovranità alimentare è stata defini-ta come il diritto dei popoli a un cibo salubre, culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi sosteni-bili ed ecologici, in forza del loro dirit-to a definire i propri sistemi agricoli e alimentari. Pone le aspirazioni e i biso-gni di coloro che producono, distribu-iscono e consumano alimenti al cuore dei sistemi e delle politiche alimentari. Difende gli interessi e contempla le future generazioni. Offre una strategia di resistenza rispetto all’attuale regime commerciale alimentare sostenuto dalle corporation, e un orientamento per i sistemi alimentari, agricoli, pa-

storali e della pesca definiti da pro-duttori e utilizzatori locali. La sovra-nità alimentare riconosce priorità a economie e mercati locali e nazionali; promuove un commercio trasparen-te che garantisca redditi equi a tutte le persone così come il diritto dei consumatori al controllo sulla propria nutrizione. Assicura che i diritti d’uso e gestione di terre, territori, acque, semi, mandrie e biodiversità siano nel-le mani di coloro che producono cibo. La sovranità alimentare implica nuove relazioni sociali libere da oppressione e ineguaglianze fra uomini e donne, popoli, gruppi etnici, classi economi-che e generazioni.

D – Biodiversità: qual è la sua relazio-ne con la sovranità alimentare? R – Sono due concetti strettamente legati: la sovranità alimentare, infatti, si realizza tutelando e valorizzando la diversità biologica sia naturale che agraria. Un ambiente integro, dove le risorse naturali – quelle biologi-che, quelle non viventi (come acqua e aria) e quelle frutto dell’interazio-ne tra materiali inerti e vita (come il suolo) – sono mantenute nella loro condizione di equilibrio ecologico,

rappresenta il miglior punto di par-tenza per produrre cibo. A loro volta, gli alimenti sono espressione diretta della biodiversità perché derivano da diverse specie, razze e cultivar (dall’inglese cultivated variety, varietà coltivata), e ciò garantisce equilibrio nutrizionale, sostenibilità produttiva e democraticità dell’offerta alimentare. Tutto ciò si contrappone al modello agroalimentare dominante, in cui il cibo è semplicemente una commo-dity, una materia prima standardizza-ta sottoposta a una trasformazione industriale che cancella le differenze, impoverendo la nostra dieta.

D – Qual è l’importanza della biodi-versità per il consumatore del Nord del mondo?R – Riappropriarsi del principio cardi-ne della diversità – naturale, dietetica, culturale – significa garantire a se stes-si e al resto della comunità umana e biologica quella ricchezza di opzioni che rappresenta un’assicurazione sul futuro. Il caos climatico e l’inaffidabi-lità delle scelte economiche correnti rendono indispensabile preservare la diversità agraria e aiutare quei colti-vatori e allevatori che la difendono

di Ilaria Favèfoto apertura: © Biodiversity International

8 in movimentoIN AZIONE! CAMPAGNE ED EVENTI

identità che nasce dalla comprensio-ne del valore dei propri cibi tradizio-nali. Ritrovare e valorizzare il legame tra l’uomo e la sua cultura alimentare significa contribuire a rafforzare quel-le tradizioni che rendono ogni nazio-ne e ogni comunità una realtà unica.

Purtroppo, mai come oggi la biodi-versità agraria è minacciata di scom-parire dai nostri campi e dalle nostre tavole: la diffusione delle monocol-ture, la corsa alla produ-zione di biocarburanti, l’omologazione di stili alimentari, l’abbandono delle aree rurali sono alcuni dei fenomeni che stanno contribuendo alla scomparsa di un numero sorprendente di varie-tà coltivate. Dal 1900 a oggi, in base a stime della Fao (Food and Agricultu-re Organization), circa il 75% della diversità gene-tica delle colture è anda-to perduto. Nei prossimi anni, l’agricoltura dovrà affrontare sfide sempre più ardue, e molto di più deve essere fatto per salvaguardare la biodiversità agraria se vogliamo garantire un futuro alla nostra sicurezza alimentare e alle tra-dizioni gastronomiche.

Per questo è giunto il momento di puntare i riflettori su questa risorsa di primaria importanza. Il 2010 è stato dichiarato dalle Nazioni Unite Anno Internazionale della Biodiversità: una straordinaria opportunità per pro-muovere l’importanza e il valore della

biodiversità agraria nella nostra vita. È per questo motivo che Bioversity International, la più grande istituzione internazionale dedicata alla conser-vazione e all’uso dell’agrobiodiversi-tà, sta promuovendo la campagna di comunicazione Diversity for Life, con l’obiettivo di creare un forte movi-mento globale a sostegno della biodi-versità agraria.In collaborazione con partner nazio-nali e internazionali, Diversity for Life

comprende iniziative in vari paesi del mondo, tra cui Kenya, Perù e Italia. In Italia, l’evento centrale della campa-gna sarà la Settimana della Biodiversi-tà, che si svolgerà dal 19 al 23 maggio presso l’Auditorium Parco della Mu-sica di Roma, un festival internazio-nale della biodiversità che prevede lectio magistralis di grandi scienziati e personalità, tavole rotonde, concerti, mostre e laboratori per bambini. Ac-cademici, economisti, scrittori, cuochi

e artisti di fama mondiale saranno coinvolti per spiegare come e quan-to la biodiversità permei ogni settore della vita umana e ne sia una compo-nente fondamentale.

Le attività di Diversity for Life si ri-volgono anche ai ragazzi delle scuole: in Italia e in Kenya è attualmente in svolgimento il progetto Cibi e Parole dal Passato, che coinvolge gli studenti tra i 10 e i 12 anni perché raccolgano

testimonianze dai propri nonni e dagli anziani su come sono cambiati le abitudini alimentari e i cibi che troviamo in ta-vola negli ultimi 50 anni. Le storie raccolte sa-ranno inserite in un’en-ciclopedia elettronica disponibile su Internet, che costituirà una risorsa per gli studenti di tutto il mondo volta a far co-noscere e salvaguardare le tradizioni alimentari nelle diverse culture del mondo. Per sapere di più sulla campagna Diversity for Life o contribuire at-tivamente, scrivi a diver-

[email protected]. n

Per capire quanto la biodiversità agraria sia una risorsa vitale per l’uomo, basti pensare alla grande carestia che colpì l’Irlanda nel 1845, causata proprio dalla mancanza di diversità genetica. In quegli anni, la patata era l’alimento principale di gran parte della popolazione irlandese. La coltivazione di una sola varietà di questo tubero aumentò la vulnerabilità alle malattie: quando le coltivazioni furono colpite da un fungo (Phytophthora infestans), la quasi totalità dei raccolti andò persa. Ne derivò una grave carestia che fu anche tra le cause della grande emigrazione di Irlandesi verso gli Stati Uniti.

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11METTITI IN RETEin movimento10 in movimento

IN AZIONE! CAMPAGNE ED EVENTI

dinamicamente nelle loro aziende. Le colture standardizzate come il frumento, il mais o l’orzo, alla base dei sistemi agrozootecnici del mon-do occidentale, sono state oggetto nel corso degli ultimi decenni di gravi patologie: soltanto il ricorso a varietà più rustiche ancora coltivate in alcune aree marginali del mondo ha permes-so di ottenere nuovi incroci resistenti a quelle malattie che si sono abbat-tute severamente sulle coltivazioni estensive dei paesi industrializzati. La biodiversità, inoltre, è collegata allo sviluppo dell’agricoltura: molte piante di cui ci nutriamo sono state selezio-nate e si sono differenziate nel corso dei millenni, e questo processo con-tinua nelle attività di molte aziende e agricoltori che si affiancano agli istituti di ricerca che si occupano del miglio-ramento genetico. Se poche multina-zionali delle sementi potessero con-trollare questo processo, sul mercato resterebbero solo poche varietà ri-gidamente controllate: è un pericolo che incombe su tutti noi, indipenden-temente dalla nostra nazionalità o dal nostro ceto sociale. D – Fame nel mondo: il problema non è legato alla quantità di cibo prodot-to, ma alla distribuzione e all’accesso al cibo. Ci può spiegare perchè? Quali sono i problemi concreti nell’accesso al cibo?R – Secondo le stime della Fao, la produzione agricola è in grado di

soddisfare il fabbisogno alimentare di circa 12 miliardi di persone, ben al di sopra dell’attuale popolazione mondiale. La produzione di cereali – che rappresentano circa la metà delle calorie ingerite in media da un uomo – equivale a circa un chilo pro capite al giorno: il problema che lascia con lo stomaco vuoto un miliardo di perso-ne sul pianeta non è dunque legato a un’incapacità produttiva, ma al manca-to riconoscimento del diritto al cibo di ogni essere umano, alla mancanza di democrazia politica ed economica, alla convinzione che il mercato si au-toregoli anche nel soddisfare bisogni primari come quello alimentare (o dell’acqua), che la povertà, soprat-tutto quella rurale, sia determinata da sfavorevoli condizioni ambientali e non dall’ingiustizia storica e attuale che mina i processi di sviluppo. Nelle aree rurali, che ospitano il 75% del nu-mero di affamati mondiale, non si ha accesso al cibo perché non si ha ac-cesso alle risorse con cui produrlo: terra, acqua e sementi vengono ogni giorno di più privatizzati dalle grandi multinazionali che operano a condi-zioni di favore sul mercato, “rubando” letteralmente alle popolazioni locali le terre fertili, l’acqua potabile e irrigua e le risorse genetiche. D – Spesso accusiamo le istituzioni sovranazionali di essere troppo lon-tane dall’esperienza quotidiana della gente. Dopo due anni di negoziati si

è ora concluso il percorso di riforme del Comitato Sicurezza Alimentare della Fao (Csa), iniziato per garantire una maggiore partecipazione della so-cietà civile. Cosa ne pensa?R – Il controllo delle decisioni sul-le politiche agricole e alimentari si è dimostrato strategico, soprattutto dallo scoppio della crisi alimentare del 2007-2008. Questo controllo è conteso tra governi, istituzioni inter-nazionali, settore privato e organizza-zioni sociali, e la riforma del Csa si è dimostrata un banco di prova molto importante e dall’esito considera-to positivo dalle organizzazioni della società civile. La riforma, infatti, man-tiene questa governance nell’ambito delle Nazioni Unite, assegnandola alle Agenzie specializzate in agricol-tura con sede a Roma (non solo la Fao, ma anche l’Ifad – International Fund for Agricultural Development – e il Pam – Programma Alimentare Mondiale) e riconosce alle organizza-zioni sociali un ruolo nei processi de-cisionali: hanno responsabilità e diritti e possono lottare per riavvicinare le politiche di sicurezza alimentare alle realtà dei diversi territori. La riforma del Csa deve ora divenire operativa, e questo rappresenta un’ulteriore sfida: verificare la capacità di dare gamba solide a un corpo di istituzioni troppo spesso incapace di muoversi con l’ef-ficacia e rapidità necessaria a sfidare quel moloch che è la fame. n

Luca Colombo lavora presso la Fondazione Diritti Genetici, un organismo di ricerca e comunicazione sulle biotecnologie che promuove e organizza ricerca scientifica indipendente e comunicazione sociale sul tema dell’innovazione biotec-nologica, riservando particolare attenzione alle sue implica-zioni ambientali e sociali. Con attività di studio, informazione, progettazione, si propone inoltre di diffondere una cultura

interdisciplinare della scienza, consapevole del ruolo sociale della ricerca e della necessità di creare modelli condivisi di innovazione.Per saperne di più sui temi delle politiche alimentari a livello globale puoi leggere: “Diritti al cibo! Agricoltura sapiens e governance alimentare” di Luca Colombo e Antonio Onorati (Jaca Book, 2009, 280 pp, 24 euro).

Prosegue la campagna “D(i)ritto al cibo” di Ctm altro-mercato con il sostegno di Le-

gambiente, Aiab (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) e Biodiversity International. In occasione della Gior-nata mondiale del commercio equo e solidale, che si celebrerà il prossimo 8 maggio, per la giornata del 9 maggio Ctm altromercato in collaborazione

con la cooperativa Chico Mendes di Milano organizza un evento speciale per accendere i riflettori sulle tema-tiche della sovranità alimentare e sul contributo che il commercio equo può dare alla lotta alla fame e alle disuguaglianze sociali che la causano. Si partirà con un incontro dedicato a queste tematiche per poi passare all’aperitivo, seguito dallo spettacolo

fABRICAS di Alma Rosé e da una cena equosolidale. Per i dettagli del programma, visita il sito www.chico-mendes.it. Anche le altre Botteghe in tutta Italia organizzeranno appuntamenti par-ticolari, per conoscerli nel dettaglio, visita il sito:www.altromercato.it alla voce eventi.

Torna la Giornata mondiale del commercio equo

Nell’Anno Internazionale della Biodiversità arriva un’edizione speciale del Festival Internazionale Audiovisivo della Biodiversità. Arrivato alla settima edizione, il Festi-val è organizzato dal Centro Internazionale Crocevia (CIC), un’organizzazione di solidarietà e cooperazione internazionale senza fini di lucro nata nel 1958. Si occupa in particolare di agricoltura, comunicazione sociale ed educazione, settori in cui in-terviene in appoggio a comunità indigene, associazioni di contadini, gruppi organiz-zati della società civile e associazioni di base. Dal 19 al 23 maggio si susseguiranno proiezioni di documentari e film per riflettere su di noi, la nostra salute e quella del mondo: testimonianze di agricoltori, storie di popoli in difesa delle loro terre, espe-rienze dirette di tutela dell’ambiente. Il Festival si terrà a Roma, presso l’Auditorium Parco della Musica. www.mediatecadelleterre.it/festival-della-biodiversita

Sabato 20 marzo 2010 Milano ospiterà le celebrazioni della XV Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo del-le vittime delle mafie. Il giorno prima si terrà l’incontro tra i familiari delle vittime e a seguire momento ecumenico di ricordo. La giornata del 20 si aprirà con una marcia al mattino seguita da seminari di approfondimento e una festa finale. La manifestazione vuole accendere i riflettori sulla dimensione finanziaria del problema delle mafie che da anni non riguarda solo il Sud Italia. Nel Nord, infatti, esistono importanti centrali di riciclaggio e milioni di euro di provenienza illecita vengono investiti nell’edilizia e nel commercio. L’iniziativa è organizzata da Libera in collaborazione con avviso pubblico. www.libera.it

Dopo il successo dello scorso anno la cooperativa Altrove di Arese torna in piazza per la giornata della Festa del Bio-logico! Domenica 2 maggio sarà un appuntamento da non perdere per gli appassionati del vivere sano e dei prodotti e servizi sostenibili, per chi è interessato al consumo critico, alla cosiddetta filiera corta e ai prodotti del commercio equo e solidale. Parteciperanno agricoltori certificati bio e rispettosi dell’ambiente, produttori di giochi e abbigliamen-to ecologici, rappresentati dei GAS (Gruppi di acquisto solidale) della zona. www.coopaltrove.org

foto di apertura: David Savino Berno

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La sostenibilità è di modaScopri la nuova collezione Primavera-Estate 2010: originale, elegante e ricercata, perché commercio equosolidale significa anche materiali naturali, lavorazioni artigianali e accurato design.

13vivi solidalePRODOTTI DAL MONDO

Eleganza e femminilità: sono queste le parole d’ordine della collezione Primave-

ra-Estate 2010 Altromercato, che propone abiti dalla linea incon-fondibile, pensati per chi non ama l’omologazione e vuole testimo-niare anche nell’abbigliamento il proprio interesse per le culture e i Paesi del mondo. I nuovi model-li nascono dalla collaborazione tra le designer di Altromercato e i gruppi di produttori in India, Vietnam, Thailandia e Bangladesh, frutto di una positiva contamina-zione che arricchisce entrambi i partner, nel Nord come nel Sud del mondo.

L’ispirazione è quella dello stile anni Cinquanta, sobrio ma spi-ritoso, con un pizzico di roman-ticismo, perfetto per esprimere l’allegria della bella stagione. Via libera, dunque, a tessuti leggeri, trasparenze, forme morbide e arrotondate, colori soft come acqua marina e corallo, ma anche qualche tocco degli intramonta-bili bianco e nero.

Abiti in crêpe di cotone, panta-loni in stile afgano, gonne con in-serti in paillettes, top e magliette in cotone organico: il look più ‘giusto’ per la bella stagione è fatto di capi semplici e originali, ricercati nei dettagli e facili da abbinare, in cui nulla è lasciato al caso. Tra gli accessori coordinati c’è un gradito ritorno: il foulard. In cotone ricamato o seta stam-pata artigianalmente, aggiunge una pennellata di colore e per-

sonalità a ogni look e può essere utilizzato anche come coprispalla o elegante fusciacca sul punto vita.

Bodhi e Creative Handicraft, in India, sono due dei gruppi di produttori che si occupano delle lavorazioni con cura artigianale. Bodhi è nata dall’impegno dei coniugi Mala e Pradeep Shina, designer specializzati nel settore tessile, che nel 1984 fondarono una piccola attività di creazione e vendita unendo la tradizione indiana alle tendenze più moder-ne. Per loro, infatti, la tradizione non è qualcosa da conservare in un museo, ma qualcosa di vivo, in continua evoluzione, e per que-sto viene costantemente rivalu-tata e arricchita dalle più varie influenze. Oggi il loro laboratorio è cresciuto e occupa circa cento persone, sia artigiani che lavora-no nella struttura, soprattutto alla stampa su tessuto, sia donne che presso le loro case realizzano i la-vori di ricamo. A tutti è garantita una giusta retribuzione, buone condizioni contrattuali e ambienti di lavoro adeguati.

Creative Handicraft è nata alla metà degli anni Ottanta per inizia-tiva di una religiosa che ha scelto di condividere le difficili condizio-ni di vita della popolazione dello slum Mahakali Caves di Mumbai. Colpita dalla difficile situazione delle donne – spesso disoccupate, sfruttate e sottoposte a violenza – ne ha coinvolte alcune in una so-cietà cooperativa per la produzio-

vivi solidale12 PRODOTTI DAL MONDO

di Laura M. Bosisiofoto apertura: artigiana di Craft Resource Centre, India (di Sandra Endrizzi)

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15vivi solidalePRODOTTI DAL MONDO14 vivi solidale

PRODOTTI DAL MONDO

ne di manufatti e abiti. Il progetto è cresciuto nel tempo ed oggi of-fre i propri articoli sia al mercato internazionale che a quello inter-no, acquistando in loco le mate-rie prime. Ma Creative Handicraft non è solo artigianato, è un’orga-nizzazione che ha finalità sociali e gestisce progetti di sviluppo co-munitario, come asili nido, scuole materne, dispensari, programmi di salute, di educazione degli adulti e di risparmio e credito. Commer-cio equo, poi, significa anche riciclo e attenzione all’ambiente. Nella collezione Primavera-Estate 2010

troverai le gonne con baschina e i top incrociati realizzati con i tra-dizionali saree indiani in cotone. Freschi e colorati, sono ognuno un pezzo unico, modellato con cura artigianale dalle sarte di Sasha (Sarba Shanti Ayog), una rete di produttori che coinvolge oltre 5.000 persone, occupate non solo nel settore dell’abbigliamento ma anche in quello dell’oggettistica e nella coltivazione, raccolta e con-fezionamento delle spezie. Scopri tutto sulla nuova collezione sul sito www.altromercato.it/it/pro-dotti/collezione-pe n

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Dietro le quinte del paradiso

Non solo spiagge bianche e palme: Mauritius significa anche monocoltura per l’esportazione e laboratori tessili in cui i diritti dei lavoratori non sono rispettati. Un progetto equosolidale cerca di invertire la tendenza.

Pensare a Mauritius, piccolo Paese perso nell’oceano Indiano, a cavallo fra Africa

ed Asia, significa immaginare asso-lati paesaggi tropicali. Arrivati qui con in testa lo stere-otipo di una natura lussureggiante e paradisiaca siamo bruscamente riportati alla realtà: l’ora o poco più di viaggio che separa l’estre-mo Sud dell’isola, dove si trova l’aeroporto, dall’estremo Nord, dove alloggeremo, ci mostra una terra piatta, dove le coltivazio-ni di canna da zucchero hanno soppiantato la vegetazione nativa. Anche quel poco di vegetazione che resta a difesa del mare e delle vacanze di mezza Europa ci delu-de, forse soltanto perché fa a gara in altezza con i bassi edifici degli hotel che il governo mauriziano ha deciso di contenere.Cos’altro avrà da offrire, oltre alle

settimane all-inclusive, questo lem-bo di terra sospeso fra l’Africa (il Madagascar è relativamente vici-no) e l’India, che si respira massic-ciamente in una cultura pregna di chapati e templi indu?

L’industria tessile forse, avvan-taggiata dalla politica di abbatti-mento dei dazi che il governo ha promosso per attirare le aziende europee, e che ha infatti favorito il loro proliferare. Sì, perché l’isola si può fregiare di ospitare imprese che confezionano per note griffe anche italiane, nonché di innume-revoli outlet, che solo nel nome fanno a gara con quelli nostrani.

La cartolina ideale per rappre-sentare questa realtà avrebbe sul retro di una bella spiaggia sabbio-sa contornata da palme, l’immagi-ne dello zucchero e dei prodotti

tessili, due produzioni tutt’altro che tipiche, frutto della presenza coloniale prima francese e poi in-glese. E se zucchero e tessile de-vono essere, perché non possono essere equosolidali?

Sull’isola incontriamo Gabriel, un rappresentante di Craft Aid, un’organizzazione che dal 1985 offre possibilità di impiego a sog-getti particolarmente deboli della società. Craft Aid si occupa del confezionamento dello zucchero prodotto sull’isola: la proprietà delle terre è pubblica e anche l’impresa di trasformazione è a controllo statale, per questo Craft Aid, socio di Wfto (World Fair Trade Organization) di lunga data, si occupa soltanto del confezio-namento e della commercializza-zione del prodotto equosolidale. Craft Aid ha da alcuni anni diffe-

di Lorenzo Boccagnifoto apertura: Flickr Matze Ott

In Bottega trovi gli accessori per un look solare e amico dell’ambiente. I materiali naturali, infatti, trionfano in borse, portafogli, foulard e fasce per capelli, tutti eleganti e pratici. Per le borse potrai scegliere tra canapa, fibra, cotone, seta e pelle, in tanti modelli lavorati con tecniche tradizionali. Nelle foto a fianco ti proponiamo la borsa e il pareo della col-lezione mare “Tere”, prodotti dagli artigiani di Aj Quen in Guatemala. Aj Quen fornisce servizi di sostegno a gruppi di produttori di discendenza maya che vivono in comunità ru-rali. Sono la parte più debole della società, per lungo tempo discriminati e perseguitati. Riunendosi in Aj Quen hanno un accesso diretto al mercato, sono pagati in modo equo e usu-fruiscono di formazione e consulenze utili al miglioramento del loro lavoro (Su Aj Quen, leggi l’articolo a pagina 36).

Accessori a tutto colore

All’insegna dell’ecologia anche la linea “Fish” di borse, be-auty e portafogli realizzati riciclando le fish bag, i sacchetti in plastica chiamati in questo modo perché vengono usa-ti nei mercati vietnamiti. Sono stati prodotti in Vietnam dagli artigiani di Mai Handicraft. L’organizzazione è nata nel 1990 per aiutare le persone più povere del Paese, in particolare i ragazzi di strada, a migliorare le loro condi-zioni di vita attraverso la formazione e il lavoro. Ancora oggi il suo interesse si rivolge in particolare all’artigianato, dando aiuto ai piccoli gruppi con corsi di formazione e assicurando loro un accesso diretto al mercato e prezzi equi per i loro prodotti. Particolare attenzione è data alle donne, soprattutto a quelle in difficoltà, e agli abitanti degli slum urbani e delle aree rurali isolate.

foto 1: sarta di Sasha, India (dall’archivio Sasha)CC

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Gioie solidaliSono leggeri e coloratissimi i bijoux Altromercato per l’estate. Ognuno è un pezzo unico, realizzato in materiali naturali e atossici.

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renziato la propria attività apren-do un laboratorio di confezioni tessili. La materia prima, il cotone, non viene prodotto sull’isola – ormai dedicata alla sola canna da zucchero e al turismo – ma arriva dall’India, da Agrocel, un’impresa con certificazione equosolidale e bio. Craft Aid lo acquista in tela e lo lavora nel suo grande laborato-rio di Rose Hill, dove offre lavoro a 80 persone sordomute o con problemi psicologici e sociali.

Grazie a questa attività Craft Aid è riuscita a coinvolgere un seg-mento di popolazione altrimen-ti escluso, in un’isola in cui si gli indici di sviluppo non sono bassi, ma dove di certo ben pochi si sa-rebbero occupati di piccoli gruppi di persone diverse, destinate alla marginalizzazione.

Il grande successo di Craft Aid sta nell’essere riuscita a dimo-strare come l’abnegazione e l’im-pegno non sono virtù delle sole persone cosiddette “normali”. Il laboratorio, infatti, si è ritagliato

un ruolo interessante nel settore della confezione, soddisfacendo anche le esigenze di clienti appar-tenenti al mercato tradizionale: un risultato importante, conside-rata la difficoltà del commercio equo a competere nel settore dell’abbigliamento casual con i colossi internazionali e i loro processi incentrati solo sul rispar-mio a qualunque prezzo.

La forte presenza manageriale assicurata da Gabriel, la bontà del semilavorato naturale pro-veniente dall’India, l’impegno e la formazione degli artigiani han-no fatto di Craft Aid un partner importante anche per Ctm al-tromercato, che importa maglie, t-shirt e top (li trovi nella nuo-va collezione Primavera-Estate 2010). Il Consorzio ripone molta fiducia nella capacità e nell’im-prenditorialità di questa organiz-zazione, che ha saputo crescere e migliorarsi costantemente nel corso degli ultimi anni. n

La Repubblica di Mauritius è un Paese africano in-sulare situato nell’oceano Indiano, circa 900 chilome-tri al largo del Madagascar. È composto da quattro isole di origine vulcanica delle quali Mauritius è la maggiore, e forma l’arcipelago delle Mascarene as-sieme a Rodriguez e all’isola francese di Réunion. Disabitata fino alla colonizzazione olandese, nel XVII secolo, passa poi ai francesi e agli inglesi, fino all’indi-pendenza nel 1968. Oggi Mauritius è una repubblica parlamentare sul modello britannico, membro del Commonwealth. Al contrario di molte ex-colonie africane, Mauritius ha sempre goduto di una stabile

economia con elezioni libere e regolari. Dopo l’in-dipendenza, passa da un’economia agricola a basso reddito a una più diversificata, caratterizzata da un tasso di crescita annua superiore al 5% e dal secon-do PIL pro capite in Africa (dopo quello della Guinea Equatoriale, sostenuto però dal petrolio). La canna da zucchero è la coltivazione prevalente e rappre-senta circa un quarto delle esportazioni; il settore manifatturiero è in crescita anche grazie a una politi-ca di agevolazioni fiscali. La popolazione di Mauritius è multietnica, con una spiccata componente indiana, oltre che cinese, inglese e francese.

Materiali eco-compatibili come ta-gua, legno e ceramica danno vita a gioielli dalle linee essenziali, inte-ramente realizzati a mano, che ci regalano i colori della natura e gio-cano con la luce grazie agli inser-ti di vetro e metallo. Nel rispetto dell’ambiente e della sicurezza di consumatori e artigiani, le collane, i bracciali e gli orecchini Altromer-cato sono realizzati con materiale nickel free e colori atossici.

La taguaLa tagua (Microcarphas Phitele-phas) è una noce prodotta da vari tipi palme che crescono nei boschi tropicali. La resistenza di questo materiale e la sua somiglianza con l’avorio sono conosciute da anni, e prima dell’avvento della plastica, negli anni Trenta del secolo scor-so, i paesi tropicali ne esportavano grandi quantità negli Stati Uniti e in Europa. Oggi questo materiale è stato riscoperto per le sue caratte-ristiche di bellezza e versatilità.

I produttoriCtm altromercato acquista i co-loratissimi bijoux in tagua da Tienda Camari (“Camari” in lin-gua quechua significa “dono”), una rete di economia solidale attiva dall’Ecuador all’Europa. Tienda Camari, che cura la com-mercializzazione e l’esportazione dei prodotti, è nata all’inizio de-gli anni Ottanta e ha promosso l’apertura di negozi (tiendas) in varie città dell’Ecuador.

L’inizio della collaborazione con il commercio equosolidale risale al 1986: Camari sostiene i produt-tori nelle loro attività, aiutandoli a renderle più efficienti e so-stenibili anche con corsi di for-mazione professionale e servizi di microcredito e offre loro un collegamento diretto al mercato e un giusto pagamento per i loro prodotti, che oltre alla tagua sono candele, ceramiche, manufatti in legno, cuoio e tessuto. n

Set “Bottoni” in tagua e cocco di Camari - Ecuador

Bracciali rigidi “Primavera” in metallo e resina di Asha - India

Bracciali rigidi “Ricami” in legno laccato di Silence - India

foto 1: lavorazione della tagua, Camari, Ecuador (dall’archivio Camari)

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foto 1: confezionamento degli abiti, Craft Aid, Mauritius (di Lorenzo Boccagni)

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Cosa c’entra un paesaggio asiatico con il tuo matrimonio? C’entra perché è proprio qui che vivono e lavorano alcuni dei gruppi di produttori che creano articoli per la lista nozze, bomboniere e partecipazioni. Per aggiungere al tuo giorno più bello il valore della solidarietà.

A nozze con il mondo

Con la primavera e la nuova collezione Altromercato arrivano le proposte per le nozze solidali, un modo per condi-videre con il mondo intero la gioia di un momento unico e per sostenere un’economia più giusta. Fai un salto in Bottega per toccare con mano parte-

Il nome dell’isola di Bali evoca im-mediatamente scenari da sogno fatti di spiagge bianche e mare in-

contaminato. Per l’economia dell’isola indonesiana, infatti, il turismo è molto importante e lo è principalmente per gli artigiani. In questo settore la con-correnza è spietata: gli intermediari o i grossisti acquistano dai produttori – in genere famiglie – gli oggetti lavorati e li pagano pochissimo, non esitando a rivolgersi altrove se qualcuno cerca di far valere i propri diritti.

Mitra Bali (“Bali insieme”) è un’orga-nizzazione nata per liberare i piccoli artigiani balinesi dallo sfruttamento dando loro un accesso diretto al mercato, migliorando la loro capacità produttiva e il loro stile di vita. Fon-data nel 1993 da Agung Alit, ha sede a Ubud, una cittadina a circa un’ora dal capoluogo dell’isola, Denpasar. Il suo staff è composto da trenta per-sone che affiancano gli artigiani in un rapporto paritario, senza discrimina-zioni tra donne e uomini. Gli artigiani vengono pagati in modo giusto per il loro lavoro, ricevono un prefinan-ziamento all’atto dell’ordine, hanno la possibilità di seguire corsi di formazio-

cipazioni, bomboniere, confetti e articoli per lista nozze; su queste pagine, inve-ce, troverai le storie di alcuni produttori tra quelli coinvolti nei nostri progetti: Mitra Bali, in Indonesia, e Ccap, nelle Filippine, due esempi preziosi di econo-mia a misura d’uomo.

ne sulle nuove tecniche e usufruisco-no di programmi di carattere sociale. Oltre alla formazione, hanno a dispo-sizione un centro di design gratuito e libero dove possono consultare libri e riviste, incontrare stilisti ed elaborare insieme nuovi prodotti.

Gli artigiani collegati a Mitra Bali crea-no oggetti decorativi in legno, bambù, cocco, ceramica e metallo. La mate-ria prima più utilizzata è il legno, in particolare quello di blalu (o Albesia falcatara), un albero locale a crescita rapida, utilizzato in modo ecososte-nibile. Proviene, infatti, da piantagioni controllate ed è ottenuto nel rispetto della natura e nella sicurezza dei lavo-ratori. Mitra Bali ha promosso un im-portante progetto di riforestazione, che ha permesso a molti piccoli pro-prietari di non cadere trappola degli usurai e di conservare la propria terra.

Nei villaggi lontani dai centri turistici, la povertà rurale è una realtà che co-stringe molti agricoltori a vendere le loro terre, spesso per riprenderle poi in affitto. Per spezzare questa catena, Mitra Bali ha creato i Green Camp. Il progetto pilota, iniziato nel 2004,

di Stefano Loderifoto apertura: Bali, Indonesia (di Sandra Endrizzi)

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Mitra Bali: un artigianato amico dell’ambiente

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ha coinvolto il villaggio di Abuan, ai piedi del vulcano Batur. Qui, il proprietario di un terreno che sta-va per venderlo a causa dei debiti accumulati si è accordato con l’or-ganizzazione e ha accettato di im-piantare una coltivazione di alberi blalu. Dopo circa 5 anni, quando gli alberi sono stati tagliati, il pro-prietario ha ricevuto il 70% della rendita mentre Mitra Bali il 30%. In questi ultimi anni, altre pianta-gioni sono state create, contri-

buendo a contrastare la defore-stazione, un problema che in In-donesia va aggravandosi di anno in anno, e diffondendo un modello di responsabilità sociale che unisce produttori, distributori e acquiren-ti in un legame virtuoso che spez-za i vincoli dello sfruttamento.

Nell’immagine qui a fianco, due artigiani di Mitra Bali al lavoro e un esempio di bomboniera in legno. n

Ccap: dalle Filippine, i colori della natura

talento e capacità di innovazione. I materiali impiegati sono quelli di-sponibili localmente, quindi l’uso di fibre come l’abacà, il seagrass, il sinamay o il buri varia in base alle zone in cui i produttori risiedono.

Da anni Ctm altromercato acqui-sta oggetti per la casa, artigianato artistico e materiali per confe-zionare bomboniere da Ccap (Community Craft Association of the Philippines), un’organizzazione

nata per dare un coordinamento ai tanti piccoli gruppi di artigiani che vivono sparsi tra le varie isole, migliorare il loro accesso al mer-cato e di conseguenza la loro vita. Ccap nasce nel 1973 dall’unione di 21 diverse organizzazioni filip-pine, che, pur diverse tra loro (vi erano sia società di commercializ-zazione di artigianato che Orga-nizzazioni Non Governative), sono unite dal fatto di non avere scopo di lucro e dall’obiettivo comune di contribuire allo sviluppo economi-co del Paese. Nel 1997 Ccap per-mette anche a imprese famigliari e a gruppi di produttori di associarsi, migliorando il livello di partecipa-zione della base produttiva nella gestione dell’organizzazione.

Ccap acquista i prodotti pagandoli un prezzo giusto, superiore a quello che ricaverebbero se li vendessero a un intermediario, aiuta i gruppi di produttori nell’organizzazione del lavoro e promuove la formazione, lo sviluppo delle capacità tecniche e di gestione d’impresa. Si occupa, inoltre, del design dei prodotti in modo che siano innovativi e al passo con i trend internazionali, e del controllo qualità, che viene effettuato sia dai produttori, sia nei magazzini di Ccap prima della spe-dizione.

Per sapere tutto sull’organizzazio-ne e sulla sua storia, leggi l’intervi-sta alla direttrice, Virginia Sadorra, a pag. 39, oppure guarda il video al link www.altromercato.it/it/pro-duttori/interviste.

Biodiverso è bello!

Mai come oggi sentiamo la neces-sità di pensare (e attuare!) la colla-borazione con i produttori nostri partner nel Sud del mondo non solo in termini sociali ed economi-ci, ma anche ecologici. Nelle Filip-pine, Ccap rappresenta un ottimo esempio di produzione artigianale vicina alle esigenze delle persone come a quelle dell’ambiente.

Gli oggetti importati da Ctm al-tromercato, infatti, sono realizzati con materie prime naturali re-peribili localmente e rinnovabili. In questo modo si tramandano le lavorazioni tradizionali che la standardizzazione produttiva ri-schia di far scomparire, si valoriz-zano le materie prime locali – in questo caso le fibre vegetali – e si protegge l’ambiente da uno sfrut-tamento eccessivo e scriteriato, promuovendo l’uso sostenibile

delle risorse e la lotta contro la deforestazione e l’impoverimento dei suoli.Gli artigiani di Ccap utilizzano le fibre ricavate dalla palma di Ma-nila, una pianta simile al banano originaria proprio delle Filippine (il suo nome scientifico è Musa textilis). Il suo tronco è costituito da diversi strati di foglie che for-mano guaine concentriche che contengono fibre lunghe e resi-stenti, ricche di cellulosa, lignina e pectina.

Dagli strati di foglie più ester-ni, più coriacei, si ricava una fi-bra chiamata bac bac, con cui si producono manufatti resistenti, stuoie, spago e cordame a prova d’acqua salata, quindi ideale per le funi di navi e le reti da pesca. La fibra tessile vegetale color avorio che si ricava lavorando le fibre grezze degli strati intermedi del fusto della pianta, invece, si chia-

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foto 1: artigiane di Mitra Bali, Indonesia (di Sandra Endrizzi)

Cesti, lampade, cornici, og-getti decorativi e piccoli mobili. Le Filippine sono

uno dei maggiori produttori mon-diali di artigianato in fibre vegetali e la produzione unisce tradizione,

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Il commercio equosolidale sostiene la biodiversità anche attraverso l’uso di materie prime naturali reperibili localmente e rinnovabili.

foto 2, 3: produttori di Ccap, Filippine (di Sandra Endrizzi)

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23PRODOTTI DAL MONDOvivi solidale22 PRODOTTI DAL MONDO

vivi solidale

Duri dal cuore tenero

Hanno un’anima di cioccolato fondente ricoperta da uno strato di zucchero di canna: sono i nuovi confetti Altromercato.

foto 1: Conacado

Vuoi saperne di più sui prodotti e i servizi dedicati alle nozze e alle altre cerimonie? Visita www.altromercato.it/it/prodotti/bomboniere

ma abacà (o canapa di Manila). Con questo materiale duttile si producono cestini, bomboniere, lampade e runner. Dagli strati più interni del fusto si ricava, infine, il sinamay, una fibra più sottile e chiara, con cui si confezionano scatoline e sacchettini regalo e fiorellini per la decorazione delle bomboniere.

Non è solo la palma di Manila, però, a venire utilizzata. Gli artigia-ni di Ccap producono manufatti anche con molti altri materiali, tra cui fibra di cocco, bambù, hagna-

ya (si ricava da una particolare vite parassita della famiglia delle felci diffusa nelle Filippine), hogla (un piccolo cespuglio comune nelle zone umide dell’Asia) e buri (una palma le cui foglie vengono intrecciate per produrre cappelli, scatole e cesti).

Nel riquadro sottostante vi pre-sentiamo alcuni articoli Altromer-cato prodotti da Ccap pensati per le bomboniere e la lista noz-ze, ma anche per arricchire la tua casa con un tocco d’Oriente. n3

Bomboniera scatolina tonda salva spazio in abacà sbiancata

Lampada in fibra hagnaya e abacà

Lampade da tavolo in abacà

Lampade in fibra hagnaya e abacà

Rose decorative in sinamay

Porta riviste in bac bac

Fiori multicolori per bomboniere in sinamay

Porta CD in bambù

Sotto il croccante velo di zucchero di canna non na-scondono la mandorla ma

un cuore di morbido cioccolato fondente. I nuovi confetti Altro-mercato, di grandi dimensioni e di forma piatta, sono inconfon-dibili nel loro perfetto equilibrio tra il sapore deciso del cioccola-to fondente e quello dolce dello zucchero, e conquisteranno i più golosi al primo assaggio. Privi di aromi, sono composti al 97% da ingredienti equosolidali.

Lo zucchero di canna – che regala loro il caratteristico colore am-brato – proviene dal Costa Rica dalle cooperative Coopecañera e Coopeagri. Coopecañera riunisce

lavoratori autorganizzati che colti-vano la canna da zucchero su pic-coli appezzamenti di terra. L’obiet-tivo principale dei campesinos è distribuire direttamente i propri raccolti, in modo da ottenere così guadagni superiori a quelli realiz-zati vendendo a intermediari loca-li. Coopeagri raccoglie i coltivatori di zucchero e caffè della zona di San Isidro, che si sono associati in risposta allo sfruttamento delle multinazionali del caffè. La coope-rativa, nata nel 1962, raccoglie oggi circa 10 mila associati. Entrambe le cooperative sostengono i soci nel-la commercializzazione e nell’ac-quisto di macchinari e fertilizzanti, e nell’attivazione di programmi educativi, medico - sociali, cultura-

li a favore delle comunità locali e programmi di riforestazione.

Il morbido ripieno di cioccolato fondente è ottenuto con cacao proveniente da Conacado (Cón-federacion Nacional de Cacao-cultores Dominicanos), un’orga-nizzazione che riunisce coltivatori indipendenti che gestiscono in co-mune alcune attività: formazione, commercializzazione, promozione e credito. Nel progetto sono coin-volte anche le donne, che hanno sviluppato attività autogestite di lavorazione dei sottoprodotti del cacao, con le quali si sono rese economicamente indipendenti. n

I confetti al cioccolato fondente si aggiungono ai must Altromer-cato: i confetti con mandorle e zucchero di canna e quelli con mandorle e cioccolato. I primi sono caratterizzati dallo zucchero di canna dal Costa Rica e dall’amido di yucca di Camari (Ecua-dor) mentre i secondi sono realizzati racchiudendo le mandorle non pelate, dal sapore intenso, in un dolce strato di cioccolato e un velo di zucchero. Le mandorle provengono dalla Palestina e sono esportate da Parc (Palestinian Agricultural Relief Commit-tee), un’organizzazione no profit che opera per lo sviluppo rurale ecocompatibile e la costruzione di una società palestinese civile e democratica. Particolare attenzione è rivolta alla tutela e al soste-gno delle donne tramite opportunità di lavoro, assistenza tecnica e formazione.

di Elisa Salvifoto apertura: agricoltore di Camari, Ecuador (dall’archivio Ctm altromercato)

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25PRODOTTI DAL MONDOvivi solidale24 PRODOTTI DAL MONDO

vivi solidale

foto 1: fave di cacao (di Luca Palagi)

lo delle donne, difesa dei diritti dei bambini e lotta al loro sfruttamento. In una parola: giustizia.

Riflettere sulle nostre scelte di ac-quisto e, quando possibile, preferire i prodotti del commercio equo e solidale è un modo semplicissimo ma al tempo stesso concreto per sostenere un’economia vicina alle persone e ai loro bisogni e rispetto-sa dell’ambiente, e per lottare con-tro la mentalità che vede nel profit-to l’unico fine e nella speculazione un mezzo lecito di guadagno.

Le vere rivoluzioni nascono dal-le piccole cose: con l’acquisto di un semplice uovo di Pasqua in una Bottega del Mondo sosterrai i produttori di cacao biologico di Conacado e quelli di zucchero di canna di Manduvirà in Paraguay, che dal 2005 si sono resi autonomi dai grandi latifondisti che sottopagava-no la loro materia prima, riuscendo a trasformare in proprio lo zucche-ro biologico. Ma non solo: le uova sono avvolte in colorati teli in carta seta prodotti a mano dalle artigiane di Mcc (Mennonite Central Com-mittee) in Bangladesh, utilizzando gli scarti di produzione della seta, e perfino le sorprese sostengono

“Cosa ha cambiato per noi il commercio equo? Siamo quasi

tutti analfabeti, ma per noi è motivo di orgoglio mandare a scuola i nostri figli”. Parla così Isidoro De La Rosa, direttore esecutivo di Conacado, un’organizzazione nata nella Repub-blica Dominicana per migliorare il livello di vita dei piccoli produttori e che, investendo nel miglioramento delle colture e offrendo agli asso-ciati assistenza tecnica e finanziaria, riesce a distribuire il loro cacao nel mercato interno e internazionale, senza piegarsi alle speculazioni degli intermediari. La lotta di Isidoro per un futuro migliore e il suo orgoglio sono rap-presentativi di quelli delle migliaia di produttori in tutto il mondo che collaborano con la rete equosolida-le. In Africa, Asia e America Latina, fair trade significa sviluppo, opportunità di riscatto per le categorie deboli della società, promozione del ruo-

gruppi di produttori in Asia e Ame-rica Latina. Giochi, scacciapensieri e burattini – certificati secondo la normativa Ce sui giochi per bimbi – sono realizzati con materiali natu-rali (legno, cartapesta, cotone) dai partner di Ctm altromercato, tra cui Pekerti (Indonesia), Minka (Perù), Asha (India), Ecco Exe (Perù), Go-spel House (Sri Lanka), Preda (Fi-lippine), Children Nepal (Nepal) e da quest’anno Mitra Bali (Indonesia, ne parliamo nell’articolo di pagina 16). Accanto alle uova al cioccola-to “nUovo mondo” bio (al latte o fondente, da 200 o 270 grammi) in Bottega troverai un’altra dolce spe-cialità: un uovo di cioccolato al latte arricchito da una granella di anacar-di tostati che ricopre la superficie interna. Gli anacardi sono prodotti in India e Brasile (dalle cooperative Elements e Coopercajou) in en-trambi i casi da coltivazioni biologi-che. Anche la confezione è partico-lare: è racchiuso in un cestino con coperchio in sinamay, una fibra natu-rale, realizzato dagli artigiani di Ccap (Community Craft Association of the Philippines, ne parliamo nell’ar-ticolo di pagina 18) nelle Filippine. Con i prodotti Altromercato, la Pa-squa è ancora più dolce, e abbraccia il mondo intero. n

Pasqua in tutto il mondo

La colomba solidale

Le uova Altromercato sono speciali, e non solo per gli ingredienti biologici. Il loro acquisto sostiene la diffusione di un’economia più giusta, vicina all’uomo e rispettosa dell’ambiente.

Il classico dolce pasquale si reinventa con gli ingredienti del commercio equo e solidale per una gioia condivisa.

Novità di quest’anno sono le ma-rionette realizzate da Children Ne-pal che in questi anni ha migliorato molto il livello qualitativo e creativo dei suoi giocattoli. L’Ong nepalese si dedica a bambini privi del sostegno delle istituzioni e offre program-mi che si rivolgono soprattutto a donne dai 18 anni in su. Oltre alla

formazione tecnica (taglio, cucito, ricamo), offre copertura sanitaria, attività ricreative e sostegno all’edu-cazione per i figli delle artigiane. Le marionette nascondono un dolcissimo segreto: ovetti ripieni di morbida crema alla nocciola realiz-zati con il cacao di Conacado.

I l dolce pasquale per eccellenza è una tradizione tutta italiana. La sua origine è discussa: per alcuni fu in-

ventata al temine dell’assedio di Pavia ad opera dei Longobardi. Per placa-re l’ira del loro re, Alboino, gli furono donati dei dolci a forma di colomba che lo convinsero a risparmiare la cit-tà dalla distruzione. Un’altra leggenda, invece, attribuisce l’idea del dolce a Fe-derico Barbarossa. La colomba come la conosciamo oggi è nata nei primi decenni del Novecento a Milano, una specialità che è diventata presto una tradizione irrinunciabile.

Paloma, la colomba di Ctm altro-mercato, arricchisce del valore del-la solidarietà e della condivisione questo dolce, simbolo di pace per eccellenza. Il suo fragrante impasto, infatti, ricco di burro e uova fresche, è reso inconfondibile dagli ingre-dienti acquistati da Ctm altromer-cato presso i suoi partner nel Sud del mondo. L’uvetta arriva dal Sud Africa, da Eksteenskuil Vine Fruit Farmers, lo zucchero di canna dal Costa Rica (Coopeagri e Coope-cañera), mentre le mandorle di cui è tempestata, particolarmente raffi-

nate, arrivano dalla Palestina (Parc). La confezione da cui è avvolto è in carta seta artigianale in più varian-ti di colore pastello realizzata dalle donne di Mcc (Bangladesh). Tre continenti, quindi, si uniscono per creare un gusto speciale, che rende la Pasqua un momento di gioia con-divisa. n

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di Elisa Salvifoto 1: produttrice di Gospel House, Sri Lanka (di Sandra Endrizzi)

foto 2: produzione della canna da zucchero, Coopecañera, Costa Rica (di Luca Palagi)

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IL MENÙ SOLIDALEvivi solidale

Tempo di pic-nicLa gita di Pasquetta in campagna è un must: metti nel cestino le nostre specialità etniche, dolci e salate, per una merenda da ricordare.

In cucina ti piace sperimentare? Mettiti alla prova con le nostre ri-cette etniche: ti proponiamo 5 piat-ti “finger food”, semplici da traspor-tare e servire, pensati proprio per le gite primaverili. Dai gustosissimi

dolcetti boliviani alla quinoa fino alle uova – immancabili nel periodo pasquale – passando per profuma-te verdure e croccanti polpettine di gusto mediorientale. Gli ingre-dienti contrassegnati da asterisco

(*) sono prodotti Altromercato in vendita in Bottega. Sul sito di Ctm altromercato trovi tante altre pro-poste tutte da assaggiare (www.al-tromercato.it/it/prodotti/appr_pdt/ricette-pasquetta). n

Tomato chutney (salsa agrodolce) di Mrs. Ratan Devi Badhwar Grand Mother (Navdanya, India)(Da “Le cucine degli altri” di Valeria Calamaro, Edizioni Sonda)

Falafel(Da “Le spezie in cucina” di Valeria Calamaro, Edizioni Sonda)

Ingredienti- ½ kg di pomodori maturi (tagliati in due)- ½ cucchiaino di semi di cumino*- 1 cipolla media, finemente tritata- 1 peperoncino essiccato intero- ½ cucchiaio di semi di senape*- ½ cucchiaino di curcuma macinata*

- 1 cucchiaino di zucchero*- ½ cucchiaino di zenzero in polve-re*- ½ cucchiaino di curry piccante*- 3 spicchi di aglio tritati fini- foglie di coriandolo tritato* (o prezzemolo)- sale e chili in polvere* a piacere

Ingredienti- 200 g di ceci- 200 g di lenticchie verdi- 1 cipolla grande tagliata finemente- 2 spicchi di aglio sminuzzato

- 3 cucchiai di prezzemolo tritato- 1 cucchiaio di cumino*- 1 cucchiaio di coriandolo*- 1 cucchiaio di lievito in polvere

- Sale e un pizzico di pepe*- Un po’ di farina- 400 ml di olio per friggere

PreparazioneScalda l’olio in una padella. Rom-pi il peperoncino in due e met-tilo nell’olio. Aggiungi cumino, senape, cipolla e aglio e soffriggi fino a dorarli.Aggiungi pomodoro, sale e zen-

PreparazioneScola i ceci e le lenticchie dopo averli lessati (i ceci circa 2 ore, le lenticchie 20–40 minuti), trasferisci-li nel frullatore e aggiungi la cipolla, l’aglio, il prezzemolo, il coriandolo macinato, il cumino, un pizzico di sale e pepe. Frulla per 20 secondi fino a ottenere un impasto fine e omogeneo. Lascia riposare in frigo

zero. Completa con mezza tazza di acqua e zucchero. Copri fino a che l’acqua si assorba. Togli la padella dal fuoco e cospargi con coriandolo o prezzemolo. Servi con riso pulao o riso semplice.

per un’ora. Con il composto forma delle polpette rotonde di media grandezza, infarinale e falle dorare bene nell’olio bollente per 4 mi-nuti circa, girandole delicatamente. Quando le polpette saranno co-lorite scolale e asciugale con della carta assorbente.Servi le polpette calde o fredde su

un letto di verdure accompagnate da un cucchiaio di humus e pane tostato (L’hummus è una salsa che si prepara frullando per 30 secondi 1 tazza di ceci lessati insieme a 2 tazze d’acqua, 1 tazza scarsa di salsa tahini, il succo di mezzo limone, 2 spicchi d’aglio e mezzo cucchiaino di sale).

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foto apertura: Claudio Brigadoifoto 1: produttrice di quinoa, Anapqi, Bolivia (di Diego Marani)foto 2: pepe rosso, Podie, Sri Lanka (di Beatrice De Blasi)

Pan de quinoa(Da “La cucina Latino Americana” a cura di Franca DeGasperi, Edizioni Sonda)

Ingredienti- 5 cucchiai di riso*- 4 cucchiai di quinoa*- 3 cucchiai di zucchero*- 1 cucchiaio di lievito

- 1 cucchiaio di olio- Cannella in polvere*- Vaniglia*

PreparazioneLava il riso e la quinoa e falli cuocere in abbondante acqua bollente senza sale. Una volta cotti, schiacciali con una forchetta fino a ottenerne un composto simile a una purea. Unisci l’olio al lievito e allo zucchero e ag-giungi poco alla volta la purea di riso e quinoa.

Dividi il composto in palline di pic-cole dimensioni e arrotondale con le mani. Disponile su una teglia imbur-rata e infarinata e falle cuocere per circa 30 minuti a fuoco medio.

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29I SAPORI DELLA LEGALITÁvivi solidale28 IL MENÙ SOLIDALE

vivi solidale

“Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” è nata il 25

marzo 1995 con l’intento di sol-lecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Da allora non si limita a proporre un’alternativa culturale, ma ne propone anche una econo-mica in regioni in cui creare posti di lavoro “puliti” significa sottrarsi al ricatto costante di chi tiene le fila del potere economico e politico.

Oggi Libera è un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole e realtà di base impegnate sul territorio per costruire sinergie

politico-culturali e organizzative ca-paci di diffondere la cultura della legalità. Le terre sequestrate alla mafia in Sicilia, Puglia e Calabria e affidate a cooperative di agricoltori, producono oggi vini, pasta, legumi, olio, miele e conserve con il mar-chio Libera Terra, che sintetizza due elementi: il valore qualitativo del singolo prodotto e il valore eti-co sociale del progetto che lo ha creato.

L’accento posto sull’importanza dei progetti e delle idee politiche che sottintendono accomuna Libera e Ctm altromercato, che dal settem-bre scorso hanno iniziato una col-

laborazione per diffondere sempre più il messaggio che combattere la mafia è possibile, specialmente se la si attacca su due fronti: quello fi-nanziario e quello educativo.

Nelle Botteghe Altromercato po-trai trovare i vini di Libera, due etichette di diversa provenienza: Centopassi e Terre di Puglia. Il loro acquisto sostiene la costituzione di nuova cooperativa sociale a Ca-tania, che produrrà agrumi e altri prodotti biologici nelle terre libe-rate dalla mafia. Per ogni bottiglia acquistata un euro viene versato per questa iniziativa. n

Non c’è equità senza giustizia e legalità: per questo il consorzio Ctm altromercato collabora con Libera nel suo impegno per lo sviluppo, l’educazione e il lavoro.

Con Libera contro le mafie

Verdure al vapore di tè(Da “Tutti i tipi di tè” di Francesco e Giamila Gesualdi, Edizioni Sonda)

Ingredienti- 2 carote- 200 g di fagiolini- 200 g di cavolo cappuccio

- 2 coste di sedano verde- 2 cucchiai di tè nero*- Succo di limone, sale

- 1 manciata di foglie di sedano- 1 manciata di rucola selvatica- 2 o 3 cucchiai di olio*

PreparazioneMonda le carote, sbucciale a quarti nel senso della lunghezza e spun-ta i fagiolini. Lava le foglie di cavolo, asciugale bene e tagliale a striscioline. Affetta a rondella le coste di sedano. Sistema tutte le verdure nel cestello della vaporiera, versa nella vaporie-

ra 2 o 3 cm di acqua, aggiungi il tè sbriciolato e portala a ebollizione. Appoggia il cestello sulla vaporiera, chiudi con il coperchio e fai cuocere per 12-15 minuti.A cottura ultimata, servi le verdure guarnite con foglioline di rucola e

di sedano tritato grossolanamente e accompagnate da una vinaigret-te preparata con il succo di limone, l’olio, 2 cucchiai del tè usato per la cottura delle verdure e un pizzico di sale.

Uova al tè(Da “Tutti i tipi di tè” di Francesco e Giamila Gesualdi, Edizioni Sonda)

Ingredienti- 6 uova- 2 cucchiai di tè nero*- ¼ di stecca di cannella*- 1 anice stellato

- 2 cucchiai di salsa di soia- 1 litro d’acqua - Zucchero*- Sale

PreparazioneDopo aver rassodato le uova, immergile in acqua fredda. Con il palmo della mano, falle rotola-re una alla volta su un piano in modo da produrre delle sottili crepe su tutta la superficie del guscio. Porta a ebollizione il li-tro di acqua a cui avrai aggiunto tè, cannella, anice, salsa di soia, una presa di sale e una di zuc-chero. Immergici le uova con il

guscio e fai bollire 30 minuti a fuoco minimo, finché i gusci non si coloreranno di marrone.Lascia raffreddare le uova nel liquido, sgusciale e tagliale in 2 o 4 nel senso della lunghezza prima di servirle.

Nero d’Avola Argille di Tagghia Via; Catarratto Terre Rosse di Gibbascio; Grillo Rocce di Pie-tra Longa

I vini della nuova linea di “mo-novarietali” di Centopassi sono ottenuti tramite la se-lezione delle migliori uve da agricoltura biologica, prove-nienti da singoli vitigni autoc-toni, frutto di suoli eccellenti,

posizionati fino a 600 metri di altitudine. Centopassi fonde l’attività di due cooperative, Placido Rizzotto e Pio La Tor-re, impegnate sui beni confi-scati a Cosa Nostra in Sicilia. Il marchio Centopassi, tratto dal film di Marco Tullio Giordana, è dedicato a Peppino Impa-stato, giovane siciliano che ha dato la vita nella lotta contro la mafia.

Centopassi

foto apertura: vigneto Pietra Longa, Monreale, Palermo (dall’archivio Libera)

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Dicembre 2008

31EQUO E VERDEvivi solidale30 I SAPORI DELLA LEGALITÀ

vivi solidale

di Valeria Calamarofoto apertura: raccolta del tè nella coltivazione di Ambootia Tea Garden, India (dall’archivio Ambootia Tea Garden

foto 1: selezione delle noci del sapone, Asha, India (dall’archivio Ctm altromercato)foto 2: tostatura del karité, Yurienga, Ghana (di T. Cicero)

La biodiversità sulla pelle

I prodotti Natyr nascono da ingredienti equosolidali che racchiudono il valore di culture lontane e contribuiscono a proteggere l’ambiente e la sua ricchezza.

Nelle Botteghe del Mon-do, bellezza fa rima con natura grazie a Natyr, la

cosmesi che conosce e racconta le mani che hanno raccolto le foglie delle piante spontanee, il terreno dove sono cresciute, i frutti matu-rati al sole e colti nella stagione più propizia, le tecniche di spremitura e distillazione che mantengono intatte le proprietà, le lavorazioni eseguite nel cuore della foresta, dove l’energia è autoprodotta e il fuoco alimentato con le sterpaglie. Natyr racconta le difficoltà di chi lavora, le piccole grandi conqui-ste come il “progetto dell’acqua”,

portata a tutte le case e i campi del distretto comunitario di Meru in Kenya.

Natyr è un dialogo continuo tra ingredienti vicini e lontani, una convivenza pacifica e fertile fra tradizione e modernità: è così che i frutti dell’albero del sapone, usati fin dall’antichità dalle donne india-ne, divengono moderni tensioatti-vi per detergere in modo efficace ma delicato; che gli oli essenziali di ylang ylang e zenzero, usati nei riti sacri e nella medicina popola-re, diventano il cuore di fragranze giovani e fiorite.

Natyr è stabilire un contatto tra la propria pelle e quella altrui: at-traverso un massaggio con olio di argan riproponiamo l’uso tradizio-nale che in Marocco ne fanno le donne che lavorano nell’arganier e lottano per il loro progresso so-ciale; scopriamo le valenze nutrien-ti dei frutti zuccherini di mango e papaia, la cui coltivazione consente un lavoro continuativo e un reddito stabile alle donne del Burkina Faso. Dopo uno shampoo al tè bianco la foresta ci sembra un pò meno di-stante. È un benessere davvero so-lidale, che unisce continenti diversi nel segno della collaborazione. n

Per sapere tutto su Natyr – linee di prodotti,

materie prime, produttori e progetti – visita il sito

www.natyr.it

Negroamaro Filari de Sant’Antoni; Negroamaro Rosato Alberelli de la Santa

Terre di Puglia sta restituendo valore ai terreni confiscati nella provincia di Brindisi: circa venti ettari di terreno e di circa trenta ettari di vigneto, recuperati dopo anni di abbandono. Il nome del primo vino, un rosso, fa rife-rimento a Sant’Antonio Abate, il santo del fuoco, e a Sant’Antonio da Padova, la cui ricorrenza cade nel giorno del pri-

mo incendio doloso ai danni dei vigneti confiscati alla malavita pugliese. Due santi dei miracoli, proprio come questo Negroamaro che nasce da terreni ar-gillosi, “rigenerati dalle fiamme e dal vi-gore di un nuovo impegno di giustizia”. Il nome Alberelli fa invece riferimento al tradizionale sistema di coltura salenti-no. Le sue viti crescono sui terreni sab-biosi, rossastri, ricchi di ferro e calcare e le radici si allungano in profondità “per trovare tutto il necessario vigore per un nuovo impegno di giustizia”.

Terre di Puglia

I beni confiscati tornano “cosa nostra”La legge n. 109/96 raccolse l’appello di oltre un milione di cittadini che chiesero che i beni confiscati alle mafie fossero utilizzati a scopo sociale. Oggi si cerca di svuotarla di significato.

La legge n. 109/96 sul riutilizzo so-ciale dei beni confiscati alle mafie prevede l’assegnazione dei patrimo-ni e delle ricchezze di provenienza illecita a quei soggetti – associazioni, cooperative, Comuni, Province e Regioni – in grado di restituirli alla cittadinanza tramite servizi, attivi-tà di promozione sociale e lavoro. Dalla sua approvazione la legge ha permesso la destinazione a fini so-

ciali di oltre 4000 beni immobili (ap-partamenti, ville e terreni). Il lavoro sui terreni confiscati ha portato alla produzione di olio, vino, pasta, taralli, legumi, conserve alimentari e altri prodotti biologici realizzati dalle cooperative di giovani in Sicilia, Ca-labria e Puglia e contrassegnati dal marchio di qualità e legalità Libera Terra. Ogni anno su questi terreni si svolgono i campi di volontariato internazionale con giovani prove-nienti da ogni parte del mondo.

Niente regali alle mafieQuesto impegno importante rischia di essere tradito. Sul finire del 2009, infatti, un emendamento introdotto in Senato alla legge finanziaria pre-vedeva la vendita dei beni confiscati che non fossero stati destinati a ini-ziative sociali entro tre o sei mesi. Conoscendo la capacità delle or-ganizzazioni mafiose di mascherare

la propria presenza, è facile immagi-nare chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss, simboli di un potere costruito con la violenza, il sangue e i soprusi. La vendita di quei beni significhereb-be la resa dello Stato di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale. Il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, inoltre, avrebbe un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni. Per que-ste ragioni Libera ha promosso un appello al governo e al Parlamento per il ritiro dell’emendamento sulla vendita dei beni confiscati che ha raccolto oltre 200mila firme. Ora Libera continuerà la sua campagna con un presidio e un monitoraggio permanente sui territori per seguire l’iter della vendita ed evitare che i beni rifiniscano nelle mani delle or-ganizzazioni criminali. n1

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foto 1: vigneto Pietra Longa, Monreale, Palermo (dall’archivio Libera)

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Negli ultimi quattro secoli si sono estinte per cause antropiche circa 350 specie di vertebrati, 400 di invertebrati e un nume-ro non determinabile di piante. Si ipotizza inoltre che i ritmi di estinzione cresceran-no di 10 volte rispetto a quelli attuali. La miopia collettiva di questi ultimi decenni ha impedito di prendere coscienza de-gli effetti che la cosiddetta “crescita” del mondo occidentale ha avuto sui sistemi naturali e agricoli del pianeta. Erodendo la biodiversità in nome del dominio del profitto, abbiamo impoverito colture e culture, alterando, a un livello mai rag-giunto prima, la coesistenza tra le varie forme di diversità biologica, fino al rischio estremo dei cambiamenti climatici. È in-vece il pluralismo su piccola e grande sca-la l’unica via per raggiungere una sosteni-bilità umana ed ecologica, dove il suolo agricolo e il cibo non siano considerati merci ma beni comuni e diritti collettivi. È necessario realizzare una società sosteni-bile, più tollerante nel suo impatto verso la natura e i settori poveri dell’umanità, dove all’economia della crescita subentri

un’economia della descrescita. Il volume Biodiversità e beni comuni, atti del V Congresso Internazionale “Scienza e Società – La frontiera dell’invisibile” della Fondazione Diritti Genetici, parte dal presupposto che la diversità in tutti i suoi aspetti, da quella biologica a quella culturale ed economica, va intesa come dottrina della non esclusione, come stra-tegia essenziale di sopravvivenza e di suc-cesso evolutivo per confrontarsi con le opportunità e i rischi di un futuro impre-vedibile. Il testo invita dunque a riflettere e riconsiderare il modo di rapportarci con la realtà naturale, con i nostri simili, con la cultura, per arrivare a riformulare le possibili forme organizzative del futuro, persino del nostro stesso “sentire”, per-ché le diversità non vengano risucchiate nell’omologazione.

Per approfondire, leggi anche “Diritti al cibo! Agricoltura sapiens e governance alimentare” di Luca Colombo e Antonio Onorati, ne parliamo a pagina 5.(Jaca Book, 2009, 280 pp, 24 euro).

Atti del V Congresso Fondazione Diritti GeneticiCarlo Modonesi e Gianni Tamino(Jaca Book Milano, 2010, 245 pp, 18 €)

BIoDIVERsITà E BENI coMUNI

Vai in Bottega? Scegli un libro

3332 EQUO E VERDEvivi solidale

a cura di Elisa Salvi

Una primavera al tè verde Ritorna – arricchita e ampliata – una storica linea della cosmesi solidale.

Se il verde è il colore della Primavera, Natyr coglie in pieno il suo spirito di rinnovamento proponendo un’evoluzione – nelle formule e nello stile delle con-fezioni – della sua storica linea al tè verde, idratante, purificante e astringente studiata per pelli miste, im-pure, a tendenza grassa, perfetta per la stagione calda in arrivo.

Le nuove formule dei prodotti contengono maggiori percentuali di materie prime provenienti dal com-mercio equosolidale e ingredienti naturali o di deriva-zione naturale, conservando efficacia e gradevolezza in nuovi imballi più sostenibili.

Anche la grafica è cambiata, lo stile è più fresco nelle cromie verdi applicate a bianchissimi flaconi ecologici, in pet 100% riciclato: un ulteriore sforzo da parte di Ctm altromercato sul fronte della sostenibilità degli imballi.

I primi germogli di questa Primavera cosmetica sono le innovative mousse viso e corpo al tè verde bio-logico dello Sri Lanka composte per il 99% da ingre-dienti naturali. Rinnovate nelle formulazioni, le mousse sono arricchite con saponine vegetali derivate da noci del sapone, zuccheri vegetali e olio di cocco, tensio-attivi delicati per una detergenza ancora più efficace e piacevole. Inoltre, sono prive di coloranti, allergeni e peg, per un piacevole bagno di naturalità avvolti da una soffice e cremosa spuma. n

Nelle prime due settimane di marzo le Bot-teghe del mondo Altromercato si sono ve-stite di nuovo per accogliere tanti appunta-menti dedicati al benessere solidale, durante i quali è stato possibile esplorare il mondo di Natyr e Natyr Bio e dei loro ingredienti naturali, biologici, funzionali ed efficaci, ricchi del valore unico del rispetto della dignità e dei diritti dei produttori.

Molte Botteghe hanno proposto veri atélier cosmétiques, laboratori ricchi di profumi e momenti di relax, massaggi alle mani e trat-tamenti viso praticati da professionisti, tanti consigli e piccoli doni, oltre alle informazioni sulle materie prime e sui progetti di com-

mercio equosolidale attraverso i quali arriva-no fino a noi.

Due settimane pensate per condividere un concetto di bellezza naturale, che non si allinea a improbabili canoni estetici, ma ac-cetta lo scorrere del tempo, rinnovandosi e prendendosi cura di sé in modo semplice e naturale. Le risposte alle esigenze di benes-sere e cura della pelle sono racchiuse nelle piante, nei fiori e nei frutti di Asia, Africa e America Latina, con le loro diversità botani-che e culturali. Con Natyr, la cosmesi diventa un gesto solidale, che rispetta l’ambiente e promuove uno stile di vita più sostenibile al Nord come al Sud del mondo.

BIBLIOTEQUAvivi solidale

Il 2010 è stato proclamato dall’Onu Anno Inter-nazionale della Biodiversità. Vi proponiamo alcuni materiali per approfondire questo tema e riflette-

re sui modi in cui ci tocca da vicino, per uno stile di vita sempre più consapevole e responsabile.

Quanto realmente sappiamo del cibo che arriva sulla nostra tavola? Robert Kenner con questo DVD svela ciò che avviene nelle grandi industrie alimenta-ri e che ci viene tenuto deliberatamen-te nascosto. Per la prima volta il regista è riuscito a documentare le prove di questa politica e a raccogliere le testi-monianze di persone che operano in questo sistema perverso.

FooD, INc.

Robert Kenner(2010, 14.90 €)

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Il “consumo locale” è sempre la scelta migliore? Ripensiamo l’approccio alla dimensione etica del commercio di prodotti freschi tra il Nord e il Sud del mondo.

I l tema della sostenibilità am-bientale, e in particolare del cambiamento climatico, da di-

versi mesi è salito alla ribalta ed è tra le priorità nell’agenda dei vertici politici internazionali. Come con-sumatori siamo chiamati a una ri-flessione sui nostri acquisti, e da più parti viene suggerito il cosiddetto “Km zero” come fattore di base per un consumo consapevole. In pratica – si dice – acquistando pro-dotti coltivati localmente si evitano le emissioni di gas serra dovute ai trasporti.

Questa apparentemente logica conclusione viene messa in dubbio in Fair Miles, recharting the food miles map, un libro frutto di uno studio condotto da Oxfam e Iied (International Institute for Environ-ment and Development, Istituto Internazionale per l’Ambiente e lo Sviluppo). Lo studio parte dalle re-lazioni commerciali tra i paesi afri-cani e la Gran Bretagna (patria di

Oxfam) per spiegare il complicato concetto dello sviluppo sostenibile e illustrare come ciò che mettia-mo nel carrello al supermercato influenzi il modo di vita delle po-polazioni del Sud del mondo.

Recenti studi hanno evidenziato che nella filiera produttiva dei ge-neri alimentari in Gran Bretagna, il trasporto pesa soltanto per il 10% delle emissioni totali di gas serra, mentre tutto il resto dipende dai sistemi di produzione, trasforma-zione, distribuzione e stoccaggio. Per coltivare, infatti, si utilizzano elettricità, carburanti fossili e ferti-lizzanti, e i prodotti devono essere impacchettati e conservati. Questi studi suggeriscono quindi come a causa degli alti costi ambientali della coltivazione degli ortaggi nei mesi invernali, il “comprare locale” non sia sempre la scelta migliore. Un esempio? Fragole e pomodori coltivati in Spagna ed esportati in Gran Bretagna sono risultati più

“leggeri” per l’ambiente di quelli coltivati in serra oltremanica, pro-prio per la grande quantità di ener-gia che questo tipo di produzione richiede.

Nell’analizzare i passaggi che porta-no il cibo dalla terra alla nostra ta-vola, però, non dobbiamo fermarci solo ai fattori “materiali” e ai con-teggi delle emissioni di gas serra. Questi dati, infatti, anche se accurati, trascurano un fattore fondamen-tale: quello umano. In Africa, oltre 1 milione e mezzo di piccoli agri-coltori basano i loro guadagni sulla vendita dei prodotti per l’esporta-zione. Continuando ad analizzare l’esempio della Gran Bretagna, gli studi ci dicono che tra il 1996 e il 2004 la quantità di prodotti agricoli importati per via aerea è cresciuta del 6% l’anno. Nel 2005 il valore di queste importazioni dalla sola Afri-ca subsahariana è stato di 105 mi-lioni di sterline per quanto riguarda i vegetali e 89 milioni di sterline per

Dal Km zero al Km equo

35

di Laura M. Bosisiofoto apertura: Flickr C. P. Storm

Devono essere riconosciuti i diritti comunitari alla biodiversità e il contributo fornito dagli agricoltori e dalle popolazioni tribali, riconoscendo che i loro saperi non sono primitivi e appartengono invece al futuro. La conservazione della biodiversità deve essere finalizzata

alla conservazione della vita, non a quella del profitto.

(Vandana Shiva)

34 BIBLIOTEQUAvivi solidale

L’agricoltura industriale si basa sul con-sumo intensivo di combustibili fossili, impiegati per produrre fertilizzanti e pesticidi e per alimentare il sistema agricolo globale. Se è vero che le ap-plicazioni della chimica e della mecca-nizzazione all’agricoltura hanno assicu-rato rese tali da soddisfare i fabbisogni alimentari di un numero enorme di persone, è altrettanto vero che negli ultimi anni, anche a causa delle richieste crescenti da parte della Cina e di altri paesi emergenti, il modello meccanici-sta ha iniziato a mostrare limiti evidenti.

Le risposte – cibi modificati genetica-mente, brevetti sulle sementi e sugli or-ganismi e monocolture estreme – van-no nella direzione sbagliata, e rischiano di amplificare i danni già prodotti agli ecosistemi e alle popolazioni che li abi-tano. L’accelerazione dei fenomeni le-gati ai cambiamenti climatici costituisce poi un’ulteriore ragione per affrancarsi quanto prima dall’agricoltura industria-le, responsabile su scala globale di una quota significativa di emissioni di gas serra.

Dall’autore del Breve trattato sulla de-crescita serena, un saggio di interroga-zione radicale sul terreno di una delle “invenzioni” cruciali della modernità. Come si è formato il nostro “imma-ginario economico”, la nostra visione economica del mondo? Perché oggi vediamo il mondo attraverso i prismi dell’utilità, del lavoro, della concorren-za, della crescita illimitata? Che cosa ha portato l’Occidente a inventare il valo-re produttività del denaro, della com-petizione, e a costruire un mondo in cui nulla ha più valore ma tutto ha un prezzo? Serge Latouche ritorna qui alle origini di questa economia che i primi

economisti definivano la “scienza sini-stra”, e articolando la sua argomenta-zione in prospettiva storico-filosofica, mostra come si è plasmata la nostra ossessione utilitarista e quantitativa, e ci permette così non solo di gettare uno sguardo nuovo sul nostro mondo, ma soprattutto di affrontarne la sfida sul piano di valori davvero fondamentali come libertà, giustizia, equità.Serge Latouche, professore emerito di scienze economiche all’Università di Paris-Sud, è specialista dei rappor-ti economici e culturali Nord-Sud e dell’epistemologia delle scienze sociali.

Biodiversità e agricoltura industrialeVandana Shiva(Edizioni Ambiente, 2009, 240 pp, 12 €)

Serge Latouche (Bollati Boringhieri, 2010, 257 pp, 18 €)

cAMPI DI BATTAGLIA

L’INVENzIoNE DELL’EcoNoMIA

RIDUCI LA TUA IMPRONTA SUL PIANETAvivi solidale

CC

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3736 RIDUCI LA TUA IMPRONTA SUL PIANETAvivi solidale

quanto riguarda la frutta, numeri rilevanti in un’economia spesso di sussistenza come quella africana. È evidente quindi che al concetto del “km zero” si deve accostare quello del “km equo”.

Volendo fare un ulteriore confron-to, in media un abitante del Kenya è responsabile dell’emissione di 0,3 tonnellate di CO2 all’anno, mentre un abitante della Gran Bretagna di 10,6 tonnellate all’anno, 35 volte di più. Il trasporto aereo di gene-ri alimentari dal Kenya alla Gran Bretagna causa un aumento delle emissioni della Gran Bretagna del-lo 0,1%. Guardando indietro alle responsabilità dei Paesi industrializ-zati nell’inquinamento dell’ambien-te e al peso che anche oggi hanno nell’emissione di gas serra, lo studio si chiede: vale davvero la pena di mettere in pericolo la vita di 1 mi-lione e mezzo di persone in Africa

per ridurre l’impronta ecologica da 10,60 tonnellate a 10,59 tonnella-te?

Secondo uno studio pubblicato nel 2009, negli ultimi 50 anni i catacli-smi dovuti ai cambiamenti climatici hanno causato la morte di 800mila persone e danni economici per mille miliardi di dollari. E sono gli agricoltori dei Paesi del Sud del mondo, in particolare in Africa, a subire i danni maggiori. Cercare di agire in modo positivo sul clima, quindi, non può prescindere da una riflessione sulle conseguen-ze che le nostre scelte hanno sui produttori del Sud del mondo. La difesa dell’ambiente e della biodi-versità sono priorità per il com-mercio equosolidale, che giudica la coltivazione biologica, senza l’utiliz-zo di pesticidi e sostanze nocive, e la riscoperta di cibi tradizionali del territorio plusvalori da premiare e

incoraggiare. Grazie all’inserimento nel circuito equo, infatti, i picco-li produttori possono migliorare le proprie coltivazioni, lavorare in modo sicuro e ottenere guadagni maggiori.

E in pratica? Qualche consiglio per la tua spesa a “km equo”- Compra i prodotti del com-mercio equo e solidale, rispettosi dell’uomo e dell’ambiente.- Usa meno l’automobile, anche quando vai a fare la spesa. Scegli i mezzi pubblici, oppure organizzati con gli amici per usare una sola auto.- Acquista la giusta quantità: ogni giorno tonnellate di cibo in buono stato vengono buttate.- Mangia meno carne e latticini, la loro produzione è altamente inqui-nante e utilizza grandi quantità di acqua e cereali sottratti al consu-mo umano. n

così lontano così vicinoIN DIRETTA DAL SUD DEL MONDO

Tre paesi del Sud, in tre aree geografiche diversissime, ma tutte accomunate da

una grande biodiversità agricola, un’alta percentuale di popolazio-ne rurale e una crescente difficol-tà da parte delle comunità rurali di uscire dall’isolamento in cui si trovano per trovare occasioni di sviluppo e crescita economica attraverso il commercio dei pro-dotti della terra. Questi tre paesi sono Marocco, Senegal ed Ecua-dor e il file rouge che li unisce è un progetto co-finanziato da Ifad (International Fund for Agricultu-ral Development) a cui il Consor-zio Ctm altromercato partecipa in qualità di partner tecnico.

L’idea alla base di questa iniziativa è quella di sostenere le comunità rurali attraverso nuovi strumenti per coltivare e utilizzare le proprie risorse in modo più efficace e so-stenibile. Con questo progetto si vuole anche offrire loro nuove possibilità di guadagno, attraverso il commercio di una parte di ciò che producono, sia sul loro mer-cato nazionale, sia su quello euro-peo. Il collegamento con quest’ul-timo, spesso difficile da raggiunge-re per comunità rurali isolate del Sud del mondo, è stato possibile grazie al movimento del commer-

cio equo e solidale. L’iniziativa, ancora in corso, preve-de innanzitutto l’individuazione di alcune specie in pericolo, su cui è necessario investire per proteg-gere la biodiversità delle zone in cui si opera, e a questo proposi-to si sono realizzati dei percorsi formativi a favore dei contadini per accrescere la loro cono-scenza sulle specie individuate e la loro capacità di coltivarle in modo sostenibile. In secondo luogo, grazie alla partecipazione di Ctm altromercato, si è cercato di inserire gradualmente queste comunità nel circuito del com-mercio equo e solidale. Questo processo ovviamente non può essere immediato: il controllo del raggiungimento di alcuni standard di carattere sociale e produttivo richiede tempo.

Nonostante ciò, Ctm altromerca-to è andata avanti, e ben sapendo che uno degli impegni con i pro-duttori del Sud è quello di assicu-rare loro relazioni di medio-lun-go termine, ha avviato una ricer-ca per analizzare le opportunità di mercato per alcuni prodotti da noi meno conosciuti come quinoa, maca, baobab ed erbe aromatiche. Sulla base dei dati raccolti si è avviato lo sviluppo

di prodotti alimentari trasformati che prevedano l’utilizzo di queste materie prime tra gli ingredienti.

Il cammino da fare è ancora lun-go: Ucodep e Acra, Ong partner del progetto, sostengono le co-munità rurali nel miglioramento delle loro capacità produttive sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, e nello studio di solu-zioni logistiche che consentano di esportare in Europa i loro pro-dotti. Ctm altromercato si sta oc-cupando di mettere questi gruppi in relazione con altre realtà locali di commercio equo per favorire uno scambio di buone pratiche, e sta lavorando alla creazione di nuovi prodotti per il mercato ita-liano.

È una lunga strada, ma sappiamo che ne vale la pena! Continuare significa offrire nuove opportuni-tà a migliaia di contadini, uomini e donne, di Ecuador, Marocco e Senegal; favorire un modello di agricoltura più sostenibile che protegga la biodiversità di quel-le regioni; e per noi, arricchire le nostre tavole con nuovi prodotti nati prima di tutto dal rispetto, dalla conoscenza reciproca e dal-la solidarietà. n

Promuovere la biodiversità significa creare opportunità di sviluppo per le comunità rurali del Sud, nel rispetto di lavoro, tradizioni e ambiente. Un progetto unisce tre Paesi di Africa e America Latina.

Uno sviluppo davvero sostenibile

di Elisa Dolcifoto apertura: Sandra Endrizzi

Per approfondirePuoi scaricare gratuitamente (in inglese) la pubblicazione Fair

Miles, recharting the food miles map all’indirizzo: www.freshplaza.it/images/2009/1215/

FairMiles.pdf

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così lontano così vicinoIN DIRETTA DAL SUD DEL MONDO

così lontano così vicinoIN DIRETTA DAL SUD DEL MONDO 3938

Tranches de VieLa memoria dell’incontro in America Latina. Un libro e un film raccontano un viaggio ideale attraverso due Paesi, seguendo il filo della produzione di oggetti di grande significato culturale e passando per piccole realtà equosolidali.

Nel 2010 in America Latina si cele-bra il bicentenario dell’Indipendenza dalla corona spagnola. Il progetto Redes (Reti di economia solidale), finanziato dalla Provincia Autonoma di Trento grazie all’appoggio della cooperativa Mandacarù, prevede varie iniziative di informazione e di-vulgazione sul contesto dell’America Latina. “Tranches de Vie. La Memo-ria dell’Incontro in America Latina”

Il nostro viaggio inizia in Gua-temala in una mattina uggiosa che promette acqua. Le nubi

incombono grevi sui verdi alto-piani e il mais danza al soffio della brezza che sale dal lago. Il cacerío El Encanto è un pungo di casu-pole basse con i tetti di lamiera fuori dalla Panamericana. La pic-cola valle declina dolcemente fino a precipitare nel burrone del Rio Motagua, per poi risalire ver-so l’orizzonte dove culmina nella Sierra de los Cuchumatanes.

Trenta e più donne se ne stanno sedute in cerchio, chi con i figli

di oggetti significativi per la cultura locale, che costituiranno il filo con-duttore tra due progetti, uno in Mes-sico e uno in Guatemala. Il video è stato realizzato nel gennaio 2010 da Velisti per Caso, in occasione di un viaggio di Syusy Blady e della sua équipe in Messico e Guatemala, con il prezioso appoggio del nostro partner Aj Quen (Guatemala). Ve lo raccontiamo.

le sale del potere a Città del Gua-temala, Aj Quen offre formazio-ne, lavoro e rinnovata fiducia alle sopravvissute della persecuzione razziale. Certo che per loro, che fino ad oggi hanno intessuto solo gli huipiles con cui si vestono, l’uso che gli stranieri faranno di quei prodotti può sembrare strano. A cosa potrebbero servire quei piccoli pezzi di stoffa se non ad avvolgere e mantenere calde le tortillas? E le bomboniere? Per la figlia di doña Elena del gruppo La Fé servono a scacciare gli incubi e gli spiriti maligni che la notte po-polano ancora i loro pensieri.

è un titolo che abbraccia due fra le principali attività: la realizzazione di un libro fotografico e la produzione di un filmato documentaristico. Libro e film verranno presentati in Italia in occasione del Trento Film Festival – Montagna, Esplorazione, Avventura, che si svolgerà dal 29 aprile al 9 maggio prossimo.Verremo accompagnati in un viag-gio ideale attraverso la produzione

aggrappati al seno, chi con i segni della persecuzione ancora ne-gli occhi. Vent’anni fa le scorrerie dell’esercito e dei paramilitari si portarono via i loro mariti, i pa-dri e i figli più grandi. Bruciate le loro case e i campi, abbandonate al proprio triste destino, iniziarono a organizzarsi e a lavorare, più per dare da mangiare ai sopravissuti che per garantirsi una vita degna, utilizzando quello che le loro ma-dri e la cultura maya avevano dato loro in eredità: l’arte della tessi-tura. Mentre l’artefice del tentato annichilimento delle genti maya, Rioss Montt, gira indisturbato per

Dagli Appennini alle Ande

di Lorenzo Boccagnifoto apertura: lavoro al telaio ad Aj Quen, Guatemala (di Lorenzo Boccagni)foto 1: Syusy Blady al mercato di Chichicastenango, Guatemala (di Lorenzo Boccgni)foto 2: Chan K’in sul tradizionale cayucco sul lago Nahá, Guatemala (di Lorenzo Boccagni)

Questo è il nostro punto di par-tenza. Dal Guatemala, dove un’ar-tigiana, Elvia, tesse a telaio a cintu-ra, il documentario ci porta indie-tro nel tempo. Siamo nella Selva Lacandona, in Chiapas, e incon-triamo una donna che fila al fuso una fibra vegetale, la mahagua, una fibra ricavata dalla corteccia di un albero tropicale: è Nuk e veste una semplice tunica bianca. Vive in una capanna di legno con il tetto di foglie, tessendo, prendendosi cura dei figli e del campo. Siamo in epoca precolombiana, i maya vestivano con tuniche bianche e null’altro: sono stati i conquista-dores, in nome di dio e del re (a capo di ogni esercito c’erano un condottiero e un prete) che han-no introdotto i colori nei tessuti per distinguere le etnie.

Arriva Chan K’in. L’uomo solca in cayuco le placide acque del lago Nahá. È preoccupato, qualcosa di non previsto è accaduto e devo-no essere ascoltati gli dei. Il filo di corteccia ci porta nella casa de dioses, Chan K’in beve il baalché (bibita sacra leggermente alcolica) mentre il copal (resina profumata) brucia negli incensieri, il fumo mi-schiato all’alcol pone in comunica-zione Chan K’in con gli dei. Egli è il profeta, il principale del piccolo clan, lui solo può comunicare con gli dei, lui che è albino e strabico: albinismo e strabismo, simboli del-la diversità, erano ritenuti espres-sione della divinità (noi occiden-tali diremmo che sono frutto di una società chiusa).Con la famiglia di Chan K’in e Nuk assistiamo ai cambiamenti nella

Selva. Lo stesso filo, da corteccia diventa cotone, e alla fine dell’Ot-tocento arrivano i madereros alla ricerca di legname pregiato, i chi-cleros, alla ricerca della gomma, e i lagarteros, alla ricerca della pelle di coccodrillo. È una nuova conquista: la selva cambia, brucia, i lacando-ni pregano gli dei, vanno fino alle rovine di Yaxchilán, il loro tempio sacro.

Nuk tesse un filo colorato, ma sempre a telaio a cintura, le vesti cambiano, così come i volti e il contesto. Il copal brucia sempre negli incensieri, ma ora Chan K’in prega Jesus Cristo o Sant’Antonio, e gli abitanti del luogo, tzeltales e choles, che vestono all’occiden-tale, vendono l’alcol di frodo che sostituisce il baalché, comprano i tessuti che Nuk produce pagan-doli sotto prezzo e li vendono ai turisti nelle rovina maya. Il tessuto di Nuk Maria (ormai ha acquisito anche l’appellativo spagnolo assie-me a quello maya), un huipil colo-rato, è ormai giunto in un mercato trafficato… la storia riprende in Guatemala.È l’alba, la nebbia sale dal lago Atit-lán, il viso di Elvia buca il grigiore. Carica sotto il peso del mais che

porta sulle spalle, con indosso un huipil colorato, la donna si reca a prendere il camión che porta al mercato, mentre i bambini le scorazzano attorno. Il camión è carico di donne corpulente, pic-coli uomini maya vestiti di rosso con cappelli bianchi a tese larghe e mercanzie: chi viaggia sul tetto, chi dentro, pigiato fra frutta, galli-ne, sacchi di mais. Elvia porta i suoi huipiles, raggiunge il mercato di Chichicastenango, delirio di odori, colori, grida, commistioni, cerimo-

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di Laura M. Bosisiofoto: Getty Images

di Ilaria Favètraduzione di Valentina Salvi

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D – Quando è nata Ccap? E per quali finalità?R – Ccap è nata nel 1973 da un gruppo di volontari che hanno intrapreso un progetto di promo-zione sociale ed economica guidati dal primo presidente e fondatore, il lungimirante imprenditore Anto-nio Infantes. Questo programma di sostegno era semplice, ma si è rivelato molto efficace. L’obiettivo principale era di riunire le comu-nità povere di Manila – in partico-lare le persone disabili – e offrire loro una fonte di reddito affinché potessero diventare cittadini attivi nella società filippina.

D – Com’è cambiata Ccap? R – Ccap si è a poco a poco tra-sformata in un’associazione di comunità artigiane delle Filippine. All’inizio lavoravamo con diverse organizzazioni impegnate in alcu-ni settori particolari della società (come le persone disabili), ora la-voriamo con comunità di artigiani poveri, residenti nelle aree urbane e rurali delle Filippine, in particola-re nelle zone di Mindanao, Visayas,

Luzon. Il nostro obiettivo princi-pale è di riunire queste comunità di artigiani, fornire loro un accesso al mercato attraverso i valori del commercio equo e solidale.

D – Qual è la relazione con gli artigiani? Come prendono parte al processo decisionale in Ccap? Quali sono i programmi sociali per gli artigiani e le loro famiglie?R – La relazione di Ccap con gli ar-tigiani si basa sul dialogo, la traspa-renza e il rispetto reciproco, oltre che sui valori del commercio equo e solidale: la lotta al lavoro mino-rile, un’equa partecipazione degli uomini e delle donne senza alcun pregiudizio di genere, il rispetto dell’ambiente e della cultura dei di-versi produttori e partner.Il consiglio di amministrazione è formato da sette membri, due sono produttori diretti e i rima-nenti cinque lo sono stati e ora sono nostri partner istituzionali. I membri del consiglio lavorano come volontari e mi aiutano nella progettazione e formulazione delle politiche di Ccap, nel garantire che

i nostri progetti e piani strategici siano attuati e portati avanti con successo.L’obiettivo principale di Ccap è il miglioramento delle condizioni di vita dei produttori. La nostra colla-borazione, quindi, non è solo com-merciale, ma umana. Per noi sono importanti soprattutto i progressi nell’educazione, nella salute e nel benessere delle famiglie dei pro-duttori. Per questo, abbiamo istitu-ito il Social Development and Fair Trade Advocacy Programme che mira allo sviluppo sociale dei pro-duttori attraverso diverse attività di capacity building e formazione, ma anche a rafforzare il ruolo dei singoli individui all’interno dell’or-ganizzazione attraverso riunioni e dibattiti che contribuiscono a cre-are una solida base per il dialogo e la risoluzione creativa dei pro-blemi. È importante che all’interno dei diversi gruppi di produttori sia promosso un processo decisiona-le democratico e una leadership condivisa ed è fondamentale che i produttori capiscano, condivida-no e mettano in pratica i principi

Dietro i prodotti Altromercato ci sono tante persone e storie. Virginia Sadorra, direttrice di Ccap, nelle Filippine, ci racconta

tutto sulla sua organizzazione e i suoi sogni per il futuro.

Conosciamoci meglio!

nie “profane” in luoghi sacri. Elvia vuole vendere la sua mercanzia, una gringa bionda la compra. La gringa è anche un panino nello slang messicano, una caricatura del mondo occidentale, ma la grin-ga in questione è un’operatrice equosolidale: cerca di far capire che il prezzo che Elvia offre non è adeguato, che il prodotto vale di più, che potrebbe essere com-mercializzato in Europa e Ameri-ca, se fosse più consono ai requisi-ti del mondo occidentale.

tessono, il suo huipil già non esiste, esistono accessori, tovaglie, borse, ma i suoi disegni, quelli di Nuk e Chan K’in, i loro simboli, sono in-variati, ed i prezzi sono diversi, la relazione (umana) è diversa. Anti-gua è vicina, il mondo occidentale, quello sensibile, sono a portata di mano. Forse anche lei un giorno venderà i suoi prodotti nel mercato equo-solidale. n

La negoziazione termina, Elvia vende l’huipil a una persona che offre qualche dollaro... ma di ritor-no a casa, medita, medita ed entra in contatto con Aj Quen, un’orga-nizzazione di commercio equo e solidale.

Ad Aj Quen è giorno di festa: fe-sta per il primo negozio equoso-lidale in Guatemala, per lo svilup-po di nuovi prodotti con la desi-gner, la gringa bionda di qualche giorno prima! Elvia è spaesata, tutti

Nelle società precolombiane della regione mesoamericana, e nella cultura maya nello specifico, l’arte della tessitura ha raggiunto elevati livelli di qualità ed espressione arti-stica. Storicamente, i prodotti tes-sili erano simbolo di ricchezza e di status, venivano utilizzati come offerta agli dei, accompagnavano i defunti nel loro viaggio nell’infra-mondo e quando venivano indos-sati tramandavano segni e simboli risalenti alle culture native.Oggi, sopravvissuta all’annichili-mento culturale attuato in epoca

di conquista, la produzione tessile continua a trasmettere i valori fondanti della cultura maya, sep-pure – in un’ottica di sincretismo – si sia adattata ai nuovi contesti.

Il veicolo primario della cosmo-visione e della struttura sociale nel modo maya era il huipil, un indumento di cotone, una sorta di tunica variopinta che veniva usata dalle popolazioni indigene già in epoca precolombiana. I pri-mi huipiles venivano prodotti con le più svariate fibre vegetali, fra le quali la mahagua, mentre in epoca coloniale la tela di cotone venne arricchita di colori da parte degli spagnoli con la finalità di organiz-zare le varie comunità attraverso il sistema dei repartimientos.

Per la donna maya, il cotone era uno strumento di attribuzione di ruolo e significato sociale oltre che un’arte individuale. Nella cosmo-gonia, il cotone e il tessuto erano

attributi femminili: Ixchel, la spo-sa del dio creatore, signora della fertilità e del parto, era raffigurata con il fuso in mano (fuso che ri-chiama la forma della pannocchia del mais, che è la base della dieta maya e dal quale, secondo i maya, è nato l’uomo). Ixchel era anche la divinità della medicina, e in cam-po medicinale il cotone aveva ul-teriori funzioni. L’importanza che il cotone rivestiva nella società gua-temalteca si modificò al cambiare delle manifestazioni culturali. L’in-tegrazione di elementi di differenti culture – preispaniche e spagnole – produsse una realtà di sincreti-smo, e il cotone ed i suoi derivati parteciparono a questo processo di attribuzione di nuovi significati. Modelli, colori e disegni degli indu-menti indossati, infatti, cambiavano a seconda dei ruoli nella vita so-ciale e religiosa, ma anche a secon-da dell’età, del genere e del livello economico.

Il cotone nella tradizione e nella cultura maya

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foto 3: al mercato di Chichicastenango, Guatemala (di Lorenzo Boccagni)

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IN DIRETTA DAL SUD DEL MONDO

di Arianna Maurifoto apertura: Marco Ricci

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foto 1: Virginia in visita a Ctm altromercato (dall’archivio Ctm altromercato)foto 2: Virginia con un gruppo di produttori di Ccap, Fillippine (dall’archivio Ccap)

del commercio equo e solidale. Per sviluppare costantemente le abilità degli artigiani, abbiamo un programma di formazione che prevede un lavoro sul campo con i produttori per l’apprendimento dell’analisi dei costi e della pianifica-zione produttiva. I nostri designer lavorano pazientemente con gli ar-tigiani per migliorare il prodotto, la lavorazione dei materiali e la realiz-zazione dei diversi modelli.Per valutare l’impatto della col-laborazione con Ccap sui nostri artigiani, viene utilizzato un sistema semplice che si basa principalmen-te sul confronto tra la situazione precedente e quella attuale. Abbia-mo degli indicatori che discutiamo con i nostri produttori e anche un manuale in lingua filippina in cui sono spiegati i principi della nostra collaborazione. L’accodo che viene siglato tra Ccap e il produttore è quasi un contratto matrimoniale in cui viene precisato che lavoriamo insieme come partner.

D – Che vantaggi e miglioramenti ci sono stati da quando avete inizia-

background diversi, ma alla cui base c’è un desiderio di condivisione, un senso di unione, solidarietà e aiuto reciproco.

D – A fine settembre le Filippine sono state colpite da un terribile tifone: in che modo un’organizza-zione come Ccap può contribuire a superare le avversità e aiutare i produttori a uscire da una situazio-ne difficile?R – Il tifone che ha colpito le Filip-pine il 26 settembre 2009 è stato terribile, probabilmente il peggiore degli ultimi cinquant’anni. Io ero in Italia, per gli incontri organizzati con le Botteghe del Mondo e i volonta-ri, e vedendo le immagini trasmes-se via Internet ne sono rimasta molto colpita: all’inizio non riuscivo a mettermi in contatto con la mia famiglia, con le persone che lavora-no con me e con gli artigiani, e ho pregato che Dio avesse pietà e li risparmiasse. Per fortuna, in questa tragedia Ccap non ha subito per-dite umane, ma lo showroom e il magazzino con due carichi pronti per Ctm altromercato sono stati completamente devastati e tutta la produzione rovinata. Credo che il tifone sia stato una lezione per tutti quanti perché ci ha dato la possibilità di riflettere sulla neces-sità di rispettare l’ambiente in cui viviamo, ma ci ha anche insegnato che dobbiamo essere uniti nella ricostruzione. Alla fine, non credo sia importante quanto dovremmo lavorare per ricostruire ciò che abbiamo perso nel tifone se pos-siamo ancora respirare e riabbrac-ciare i nostri cari.Quando i nostri produttori sono

to a lavorare nell’ambito del com-mercio equo e solidale?R – Nel 1998, Ccap ha ricevuto la certificazione come organizzazio-ne equosolidale ed è diventata un membro di Ifat (ora Wfto). Da allo-ra abbiamo iniziato a costruire una forte rete con le altre organizza-zioni del commercio equo sia a livello internazionale, soprattutto in Asia, sia a livello nazionale; ciò ha creato nuove opportunità per noi e i nostri artigiani. Inoltre, abbiamo potuto mostrare direttamente ai nostri partner i benefici ricevuti dai nostri produttori: insomma, i nostri clienti possono confrontarsi diret-tamente con i produttori.A me, che sono alla guida di questa organizzazione, è stata data l’op-portunità di promuovere quello che sta dietro al concetto di com-mercio equo e solidale e il suo significato. Per me il commercio equo ha varie interpretazioni: può essere un modo di vivere, un’abi-tudine, un modo di fare business, ma soprattutto significa sviluppo. Il commercio equo e solidale è una rete di persone con culture e

colpiti da calamità, noi di Ccap sia-mo in grado di portare aiuto in brevissimo tempo. Ricordo un epi-sodio, ad esempio: quattro villaggi della zona di Mindanao si trovava-no in stato di assedio, le persone stavano morendo di fame e non sapevano come fare evacuare la zona perché gli scontri tra separati-sti e forze governative continuava-no. Grazie all’aiuto del responsabile di quella zona, siamo riusciti a in-viare in un giorno 100.000 pesos per comprare il riso necessario a sfamare tutte le famiglie della zona.Un altro episodio risale al 2006 quando due terribili tifoni aveva-no colpito la zona di Luzon dove vivono i produttori di abacà. La situazione era molto difficile, non solo perché molte case erano sta-te portate via dai tifoni, ma anche perché il vulcano Mayon in attivi-tà contribuiva a fare terribili danni. Questa volta la mia organizzazio-ne ha accolto la richiesta di aiuto dei nostri produttori e donato del materiale per costruire un rifu-gio per le famiglie. Nel giro di una settimana grazie all’aiuto dei molti volontari siamo riusciti costruire un alloggio e gli artigiani erano pronti a ricominciare e ricevere nuovi or-dini. Dopo aver superato il primo momento di trauma, bisogna, infatti, andare avanti e tornare alla norma-lità. Dopo un anno, grazie al nostro aiuto, i produttori erano tornati alle loro case e vivevano felicemente.

D – Che cosa speri per il futuro di Ccap e dei suoi produttori? Quali sono i tuoi sogni o aspirazioni?R – Sono una persona molto cre-ativa e sogno spesso a occhi aperti.

In particolare, vorrei che lavorando nell’organizzazione fossimo capaci di tirare fuori il meglio di noi stes-si ed emergere dalla calamità che ci ha colpito, con coraggio e otti-mismo. Auguro anche agli artigiani di continuare sempre a migliorare la qualità del loro lavoro, di esse-re più efficienti nella consegna, di migliorare la produzione e saper abilmente controllare i costi. Spero inoltre che possano crescere, mi-gliorarsi e diventare indipendenti. Il miglioramento è un processo graduale e credo ci vogliano diver-si anni perché una persona possa maturare attraverso la fiducia che poniamo lei e la formazione conti-nua che le offriamo.Infine, quello che sogno per Ccap è che possiamo diventare dei le-ader nel settore dell’artigianato: quando verrà riconosciuta come un’organizzazione che promuove lo sviluppo del settore artigianale dal governo e dalla società filippi-na, allora il mio sogno si sarà quasi avverato.

D – Ed infine, vorresti condividere con noi un tipico proverbio o det-to delle Filippine?R – Gli abitanti delle Filippine han-no una grande fede, ma per me la fede da sola non basta. Nella nostra lingua abbiamo un ottimo prover-bio che si può tradurre in “Dio ti da la grazia ma la determinazione nel lavoro è importante”. Quindi non bisogna solo avere fede, ma bisogna cercare di migliorare la propria vita con onestà, nella tra-sparenza e nel rispetto degli altri e ricordandosi sempre del prossi-mo. Nelle Filippine usiamo spesso questo semplice proverbio perché viviamo in un paese caotico sot-to tutti i punti di vista, economico, politico, sociale e commerciale. Ed in questo caos, ci affidiamo a Dio affinché sia misericordioso con noi, ma sappiamo anche che toc-ca a noi essere responsabili per il nostro futuro e cercare di fare al meglio il nostro lavoro. n

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44 così lontano così vicinoIN DIRETTA DAL SUD DEL MONDO IN DIRETTA DAL SUD DEL MONDO 45così lontano così vicino

Raddoppia il mango

a Cebu

Grazie al finanziamento della Provincia di Bolzano è stato possibile acquistare un nuovo essiccatore per i nostri partner nelle Filippine,

la garanzia di un’entrata economica stabile ed equa.

all’attività di Spftc (Southern Part-ner and Fair Trade Corporation), un’organizzazione filippina che si occupa di lavorazione, esportazio-ne e vendita di frutti tropicali.

Spftc nasce nel 1996 come socie-tà che fornisce servizi alle orga-nizzazioni di base dei produttori (contadini e pescatori), aiutandole a trovare sbocchi sul mercato in-terno e all’estero. Entra successi-vamente in contatto con il com-mercio equo e solidale grazie a un’altra organizzazione filippina, Pftc (Panay Fair Trade Center). Spftc ha sede in un edificio al cen-tro di Cebu City, capitale dell’isola di Cebu, qui gestisce anche una piccola bottega del mondo che nell’aspetto ricorda quelle italiane e che distribuisce alimentari e ar-tigianato proveniente da decine di gruppi sparsi in tutte le Filippine. Dal 1998 Ctm altromercato ac-quista da Spftc mango essiccato

e in seguito anche olio di cocco per la linea Natyr. Il mango fresco proviene dai coltivatori associati all’organizzazione Cbmfa (Cebu-Bohol Mango Farmers’ Associa-tion), formata da 23 korpos, pic-cole cooperative che praticano il lavoro comunitario, nata nel 2001 proprio grazie al sostegno di Spftc. La trasformazione del mango ga-rantisce un’entrata importante per i piccoli contadini delle zone montagnose dell’isola e coinvolge decine di famiglie delle aree peri-feriche della città o delle campa-gne vicine. I lavoratori – spesso donne e persone appartenenti a categorie svantaggiate – vengono pagati in modo equo, e possono godere di assistenza medica, ferie pagate e, chi arriva da lontano, di un luogo dignitoso in cui vivere. Una parte dei profitti viene impie-gata in servizi diretti ai produttori e ai lavoratori (prestiti e anticipi senza interesse) e in attività di

Costruire e mantenere rapporti continuativi con i gruppi di produttori è

uno dei fondamenti del commer-cio equosolidale e significa anche individuare i bisogni e le difficoltà per ideare azioni concrete e pro-grammi che guardino al futuro. Questo è il ruolo dell’Unità Co-operazione e Partnership (UCP) di Ctm altromercato, i cui membri, con il loro lavoro quotidiano, crea-no un vero e proprio legame con le comunità del Sud del mondo. Hanno modo, così, di venire alla luce esigenze che richiedono in-terventi da affrontare tramite pro-getti di cooperazione che ogni anno vengono ideati, presentati e realizzati concretamente.

Un esempio di questa azione è la richiesta di finanziamento pre-sentata da Ctm altromercato alla Provincia di Bolzano per l’acqui-sto di un essiccatore necessario

promozione ed educazione, e le lavorazioni avvengono nel rispetto dell’ambiente.

Nella primavera 2007, Ctm altro-mercato ha ricevuto una richie-sta di aiuto da Spftc. Nell’ottobre precedente, uno dei due essicca-tori – acquisiti già usati negli anni Novanta grazie a un intervento della cooperazione allo sviluppo finlandese e tedesca – si era rot-to, causando un calo notevole del

volume di produzione. La mac-china con pompa di calore era il cuore del processo produttivo, e di conseguenza il volume della produzione complessiva è dimi-nuito del 50%. Da allora in poi, la domanda di mango essiccato ha superato la quantità che Spftc era in grado di offrire, e alcuni clienti, soprattutto del mondo commer-ciale tradizionale, si sono rivolti ad altri fornitori. Ciò ha causato gravi problemi economici per Spftc che

Le FilippineL’arcipelago delle Filippine è co-stituito da 7.107 isole su cui vive una popolazione complessiva di circa 92.681.000 abitanti (dato aggiornato al 2008). Se un tem-po il paese era uno dei più ricchi dell’Asia, dal 1946, anno della sua indipendenza, la sua prosperità è andata progressivamente calan-do fino a divenire oggi uno dei più poveri della regione. Secondo fonti ufficiali, vivono con meno di un dollaro al giorno circa il 40% dei filippini e la fame è in continua crescita. Il forte aumento demo-grafico (1,73% nel 2008) e l’alto tasso di disoccupazione (10,9% nel 2004) spiegano la necessità per molti filippini di emigrare.

Il Paese conta un gradissimo nu-mero di etnie diverse sul proprio territorio, che si differenziano qua-si esclusivamente per la lingua par-lata, oltre a minoranze di meticci di origine spagnola e cinese, retaggio del passato coloniale. La situazio-ne politica del paese è instabile, tanti progetti di riforma che sareb-bero necessari – lotta alla povertà, buona gestione degli affari pubbli-ci, riforma agraria – sono al palo. La società è caratterizzata da enormi disuguaglianze sociali, che

spesso sfociano in scontri armati tra esercito e gruppi di ribelli mu-sulmani che non bisogna fare l’er-rore di interpretare come conflitti religiosi tra cristiani e musulmani.

Un tasso di deforestazione fra i più alti del mondo (2,15% all’an-no) è la minaccia più diretta alla notevole biodiversità dell’arci-pelago. Oggi le foreste coprono soltanto il 23,9% (2005) della su-perficie totale. Benché le Filippine siano poco fertili, l’economia è tradizionalmente basata sull’agri-coltura e impiega il 37% della po-polazione attiva.

L’isola di Cebu, nel centro del-le Filippine, ha una superficie di 5.088 km² con una popolazione di 3.848.919 abitanti (2007). Ne-gli anni Novanta, insieme ad altre isole vicine, è stata sottoposta a una dura militarizzazione che ha sconvolto le campagne costrin-gendo molte famiglie alla migra-zione e ha imposto l’affiliazione a organizzazioni governative a quelle che rimanevano. Per questo, negli anni successivi, è stata necessaria un’opera di riorganizzazione delle realtà economiche, di cui anche la Cebu-Bohol Mango Farmers’ Association (Cbmfa) è un esem-

pio. Recentemente, l’isola è stata dichiarata “a vocazione turistica” nei piani strategici del governo (con il sostegno della coopera-zione governativa giapponese che sta finanziando grandi piani di ri-organizzazione del territorio), pur essendo sostanzialmente agricola. I principali problemi dell’agricol-tura attualmente sono l’estrema concentrazione della proprietà della terra (a Cebu 155 fami-glie controllano tutta la terra), gli esosi affitti degli appezzamenti, la conversione dei terreni agricoli in aree protette che non è più possibile coltivare, la conversione delle colture per esportazione, la militarizzazione e criminalizzazio-ne nelle campagne.

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di Daniele Acrodifoto apertura: Flickr CQ foto 1: produttrice di Pftc, Filippine (di Rudi Dalvai)foto 2, 3: lavorazione del mango, Pftc, Filippine (di Rudi Dalvai)

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si è trovata in difficoltà al momen-to di retribuire i produttori.

Per aiutare i suoi partner filippi-ni, Ctm altromercato ha deciso di richiedere un finanziamento alla Provincia Autonoma di Bol-zano per l’acquisto di un nuovo essiccatore che possa ristabili-re la produzione e un volume di vendite ottimale per garantire un’entrata economica stabile ai lavoratori. Per alloggiare in modo appropriato il macchinario, Spftc ha provveduto con mezzi propri a un ampliamento del suo impian-

Diamo credito al sud del MondoBanquito è un servizio offerto da CreSud, grazie al quale ciascuna Bottega del Mondo può attivarsi per raccogliere le risorse finan-ziarie da prestare ai partner del Sud del mondo per particolari progetti o necessità, decidendo insieme ai suoi soci se e quanto richiedere ai produttori di commercio equo come interesse per le risorse prestate (www.cresud.it).

CreSud ha concesso a Spftc un prestito di 15.000 euro che serve principalmente per pagare alla consegna della merce i contadini che forniscono il mango secco. Il finanziamento è reso possibile grazie al sostegno della Weltladen/Bottega del Mondo Cooperativa Socia-le Onlus di Bolzano, che ha raccolto tra i propri soci l’ammontare necessario e lo ha messo a disposizione di Spftc sotto forma di prestito a tasso zero. Un esempio di finanziamento allo sviluppo che evita ai produttori di cadere nella morsa dell’usura.

Il mango è un frutto di origine indiana conosciuto fin dall’an-tichità, considerato sacro dagli Indù. Introdotto nel Sud-Est asiatico nel IV secolo a.C., si diffuse in Africa a partire dal X secolo e dal XVII secolo in America Latina. Ricco di betacarotene, vitamina A e C, calcio e potassio, il man-go è ottimo per chi soffre di anemia, ha un forte potere antiossidante e stimola le di-fese immunitarie. Lo trovi in fette intere al naturale (da 70 gr.) o ricoperte di cioccolato fondente (da 125 gr.).

L’olio di cocco si ricava dai frut-ti freschi della pianta originaria dell’arcipelago indonesiano e diffusa in tutta l’area del Pacifico, dove viene chiamata “l’albero della vita”. Ricco di acidi grassi, è componente fondamentale nel-la realizzazione dei prodotti per il corpo perché contrasta la sec-chezza della pelle e ne previene l’invecchiamento. È contenuto in molti dei prodotti della linea di cosmesi Natyr. Si trova in balsami, creme per il viso e per il corpo, latte detergente, burro scrub e sapone per bimbi.

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to di produzione situato a Ina-yagan, a una decina di chilometri da Cebu City, che ha compreso il rifacimento della pavimentazione. Il finanziamento è stato erogato al 70% all’inizio di quest’anno e gli essiccatori sono arrivati nel mese di febbraio 2010. Saranno opera-tivi dopo il collaudo, per la pros-sima raccolta di mango. Il nuovo impianto permette di raddoppia-re la quantità di mango prodotta e garantisce un notevole risparmio energetico dovuto alla nuova tec-nologia adottata. n

Circolare CtmPeriodico di informazione distribuito nelle Botteghe del Mondo2010 – 1

Realizzazione editoriale e impaginazioneSagoma srl, Vimercate (MI) – www.sagoma.com

CaporedattoreIlaria Favè

In redazioneLaura M. Bosisio, Daniele Acrodi, Stefano Loderi

Art DirectorStefano Longoni

Con la collaborazione diLuca Colombo, Stefano Padulosi, Lorenzo Boccagni, Andrea Desto, Veronica Zuccolin, Claudia Toffaletti, Daniela Mancini, Elisa Salvi, Valeria Calamaro, Elisa Dolci, Rudi Dalvai, Pierluigi Traversa, Gisselle Talavera

Immagini

Copertina: selezione dello zafferano, cooperativa Taliouine, Marocco (dall’archivio Migrations Développement France)Seconda di copertina: Cyprian Mbii, lavoratore del reparto Water Maintenance di Meru Herbs, Kenya, con due piantine di moringa, Cordia Abyssinica (di Beatrice De Blasi)Foto editoriale: pepe rosso, Podie, Sri Lanka (di Beatrice De Blasi)

StampaPublistampa Arti Grafi che, Pergine Valsugana (TN)

Proprietario ed editoreConsorzio Ctm altromercato scarlvia Francia 1/c 37135 Verona (VR)[email protected]

Direttore responsabileGiulia Sitton

Autorizzazione del Tribunale di Bolzanon. 3/98 del 19 marzo 1998

Circolare Ctm è non profi t e no copyright

Ambientate di prodotto: Elena Tezza e Luca Morandini. Archivio Ctm altromercato

Circolare CtmPeriodico di informazione distribuito nelle Botteghe del Mondo2010 – 1

Realizzazione editoriale e impaginazioneSagoma srl, Vimercate (MI) – www.sagoma.com

CaporedattoreIlaria Favè

In redazioneLaura M. Bosisio, Daniele Acrodi, Stefano Loderi

Art DirectorStefano Longoni

Con la collaborazione diLuca Colombo, Stefano Padulosi, Lorenzo Boccagni, Andrea Desto, Veronica Zuccolin, Claudia Toffaletti, Daniela Mancini, Elisa Salvi, Valeria Calamaro, Elisa Dolci, Rudi Dalvai, Pierluigi Traversa, Gisselle Talavera

Immagini

Copertina: selezione dello zafferano, cooperativa Taliouine, Marocco (dall’archivio Migrations Développement France)Seconda di copertina: Cyprian Mbii, lavoratore del reparto Water Maintenance di Meru Herbs, Kenya, con due piantine di moringa, Cordia Abyssinica (di Beatrice De Blasi)Foto editoriale: pepe rosso, Podie, Sri Lanka (di Beatrice De Blasi)

StampaPublistampa Arti Grafi che, Pergine Valsugana (TN)

Proprietario ed editoreConsorzio Ctm altromercato scarlvia Francia 1/c 37135 Verona (VR)[email protected]

Direttore responsabileGiulia Sitton

Autorizzazione del Tribunale di Bolzanon. 3/98 del 19 marzo 1998

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