NUOVO SAGGIATORE

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Bollettino della Società Italiana di Fisica Nuova Serie Anno 15 N. 3 maggio-giugno 1999 N. 4 luglio-agosto 1999 Comitato di Redazione: Giuseppe-Franco Bassani, Enrico Bel- lotti, Luisa Cifarelli, Vincenzo Grasso, Roberto Habel, Angiolino Stella, Andrea Taroni, Antonio Vitale Direttore Editoriale: Andrea Taroni Responsabile di produzione: Angela Oleandri Hanno inoltre collaborato a questo nu- mero: G. Baldacchini, C. Bernardini, S. Cecchini, L. Cifarelli, U. Finzi, S. Focar- di, G. Galimberti, M. Inguscio, C. Mai- sonnier, A. Zichichi Copertina a cura di Enzo Iarocci Segreteria di Redazione: Carmen Vasini Direzione e Redazione: Società Italiana di Fisica Via Castiglione 101 40136 Bologna Tel. 051331554 / 051581569 Questo fascicolo è stato realizzato in Fo- tocomposizione dalla Monograf, Bologna e Stampato dalla Tipografia Compositori nel mese di Settembre 1999 Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 3265 del 3/5/1967 C Società Italiana di Fisica Proprietà Letteraria Riservata Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della rivista può essere riprodotta in qualsiasi forma (per fotocopia, micro- film o qualsiasi altro procedimento), o rielaborata con uso di sistemi elettronici, o riprodotta, o diffusa, senza autorizza- zione scritta dell’editore USPI Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana Editrice Compositori, Via Stalin- grado 97/2, Bologna IL NUOVO SAGGIATORE BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI FISICA Direttore Responsabile Giuseppe-Franco Bassani Direttori Esecutivi Antonio Bertin, Pio Picchi, Renato A. Ricci Andrea Taroni e Antonio Vitale OPINIONI 3 Physics World Millenium Survey Antonino Zichichi 5 L’insegnamento della Fisica di base nelle facoltà di Ingegneria Luisa Cifarelli 6 Lettera di Carla Romagnino IL NOSTRO MONDO 7 La riforma della scuola in Italia ed il sistema educativo americano Giuseppe Baldacchini 11 Premio Sergio Panizza Gabriele Galimberti 12 Ricordo di Bianca Monteleoni Luisa Cifarelli PERCORSI 14 Ettore Majorana: l’opera scientifica edita ed inedita Erasmo Recami 29 Bruno Touschek Carlo Bernardini SCIENZA IN PRIMO PIANO 34 Il mistero dei raggi cosmici di ultra alta energia Stefano Cecchini 48 Condensazione di Bose-Einsten al Laboratorio di Spettroscopia Nonlineare di Firenze Massimo Inguscio FISICA E TECNOLOGIA 55 Il programma europeo sulla fusione termonucleare nel contesto dell’attività mondiale: stato dell’arte e proie- zioni per il futuro Umberto Finzi e Charles Maisonnier 65 RECENSIONI 68 SCELTI PER VOI Microfoni del futuro – I diamantoidi – I nanobatteri 69 ANNUNCI Corsi, Scuole, Congressi, opportunità di lavoro

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NUOVO SAGGIATORE

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Bollettino della Società Italiana di FisicaNuova Serie Anno 15N. 3 maggio-giugno 1999N. 4 luglio-agosto 1999

Comitato di Redazione:Giuseppe-Franco Bassani, Enrico Bel-lotti, Luisa Cifarelli, Vincenzo Grasso,Roberto Habel, Angiolino Stella, AndreaTaroni, Antonio Vitale

Direttore Editoriale:Andrea Taroni

Responsabile di produzione:Angela Oleandri

Hanno inoltre collaborato a questo nu-mero: G. Baldacchini, C. Bernardini, S.Cecchini, L. Cifarelli, U. Finzi, S. Focar-di, G. Galimberti, M. Inguscio, C. Mai-sonnier, A. Zichichi

Copertina a cura di Enzo Iarocci

Segreteria di Redazione:Carmen Vasini

Direzione e Redazione:Società Italiana di FisicaVia Castiglione 10140136 BolognaTel. 051331554 / 051581569

Questo fascicolo è stato realizzato in Fo-tocomposizione dalla Monograf, Bolognae Stampato dalla Tipografia Compositorinel mese di Settembre 1999

Autorizzazione del Tribunale di Bolognan. 3265 del 3/5/1967

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Tutti i diritti sono riservati. Nessunaparte della rivista può essere riprodottain qualsiasi forma (per fotocopia, micro-film o qualsiasi altro procedimento), orielaborata con uso di sistemi elettronici,o riprodotta, o diffusa, senza autorizza-zione scritta dell’editore

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IL NUOVOSAGGIATOREBOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI FISICA

Direttore ResponsabileGiuseppe-Franco Bassani

Direttori EsecutiviAntonio Bertin, Pio Picchi, Renato A. Ricci

Andrea Taroni e Antonio Vitale

OPINIONI

3 Physics World Millenium SurveyAntonino Zichichi

5 L’insegnamento della Fisica di base nelle facoltà diIngegneriaLuisa Cifarelli

6 Lettera di Carla Romagnino

IL NOSTRO MONDO

7 La riforma della scuola in Italia ed il sistema educativoamericanoGiuseppe Baldacchini

11 Premio Sergio PanizzaGabriele Galimberti

12 Ricordo di Bianca MonteleoniLuisa Cifarelli

PERCORSI

14 Ettore Majorana: l’opera scientifica edita ed ineditaErasmo Recami

29 Bruno TouschekCarlo Bernardini

SCIENZA IN PRIMO PIANO 34 Il mistero dei raggi cosmici di ultra alta energia

Stefano Cecchini 48 Condensazione di Bose-Einsten al Laboratorio di

Spettroscopia Nonlineare di FirenzeMassimo Inguscio

FISICA E TECNOLOGIA

55 Il programma europeo sulla fusione termonucleare nelcontesto dell’attività mondiale: stato dell’arte e proie-zioni per il futuroUmberto Finzi e Charles Maisonnier

65 RECENSIONI

68 SCELTI PER VOIMicrofoni del futuro – I diamantoidi – I nanobatteri

69 ANNUNCICorsi, Scuole, Congressi, opportunità di lavoro

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OPINIONI

In occasione dell’inizio del IIImillennio, la rivista «PhysicsWorld» ha deciso di intervistare lemaggiori personalità del mondoscientifico nel campo delle ScienzeFisiche. In anteprima pubblichia-mo l’intervista rilasciata da Anto-nino Zichichi, per gentile conces-sione di «Physics World».

Interview by Prof. A. ZichichiPresident of the World Federationof Scientistsfor Dr. M. DurraniDeputy Editor of Physics World

PHYSICS WORLDMILLENNIUM SURVEY

I) What, in your opinion, havebeen the three most important di-scoveries in physics, and why?

It is not easy, in fact it is nearlyimpossible, to answer your que-stion. There are so many importantdiscoveries that in order to choosethree, I would be forced to do a lotof injustices. What I would like topropose is to choose the three mostimportant discoveries where the ra-tio, relevance divided by world-widerecognition, is maximum. In factthere are discoveries which are verymuch propagated and repeatedlyemphasized when compared withothers which would deserve by far awider diffusion and recognition be-cause of their basic and fundamen-tal importance.

The three discoveries where theratio is maximum are: i) the forceproportional to acceleration, not tospeed; ii) the copper-zinc junction;iii) the strange particles.

1) The discovery (by Galileo Gali-lei in the XVII century) that forceis proportional to acceleration, notto speed. This means to understandthat «friction» is a negative forcewhich opposes motion. This is whywe need to put oil in our cars. Thisdiscovery took two thousand yearsto be accomplished. For two millen-nia, everybody believed that force

was proportional to speed, as «or-dered» by Aristotle.

2) The discovery that, by puttingtogether copper and zinc, you pro-duce electrical currents. This disco-very (by Galvani in 1786) allowedVolta (in 1800) to invent the «cell»and led to many further develop-ments in the field of electricity andmagnetism, culminating in the di-scovery by J.J. Thomson (in 1897)of the first elementary particle, theelectron. Galvani’s interpretation ofhis results was not correct, but thegreat discovery of the copper-zincjunction remains perfectly valid toproduce electric currents. This di-scovery starts our era dominated byelectromagnetic technology.

Think of how many combinationsof metals could have been tried fordecades without success.

3) The discovery of the «strangeparticles» in 1947 in the BlackettLaboratory. Our world, mountains,oceans, the Moon, the Sun and allthe stars are made of non-strangeparticles: protons, neutrons, elec-trons, neutrinos. This discoveryopened the origin of our world tonew frontiers where there are notonly strange particles but other«flavours» as well. The «strange-ness» quantum number became oneof the six flavours. All this broughtus to imagine –– now –– the existenceof the Superworld.

II) Name the five physicists whohave made the most important con-tributions to physics.

The five names are: Galilei, Max-well, Planck, Dirac,’t Hooft.

Galilei, the father of modernscience. He taught us that only di-scoveries which are reproducibleand give rise to rigorously measura-ble effects are to be trusted.

Galilei is the first man who con-ceived the principle of relativity andexpressed this principle in such away that it includes all phenomena.He said, in fact: it is impossible tomeasure effects which depend onthe velocity of a system. No matterwhat the values of the velocity are,

provided that they are constant.Contrary to the general belief, thefather of relativity is not Einstein,but Galilei. Einstein extended whathad been discovered by Galilei. Hemeasured the acceleration of gravi-ty, thus allowing Newton to disco-ver that the Moon falls down likeour stones. Galilei discovered that«inertial» and «gravitational» mas-ses are proportional to each other.It took three centuries to under-stand why «inertial» and «gravita-tional» masses are identical.

Maxwell. He was able to expressin four formulae two centuries ofexperimental discoveries in electri-city and magnetism. We can traceback to his equations the origin ofour five senses, including the formi-dable phenomena due to light. Infact all these are due to the existen-ce of one and only one new funda-mental physical quantity: the elec-tric charge. This charge producesall electrostatic and magnetostaticeffects, when it is at rest. When it isin motion, it produces the electro-magnetic waves, of which light is anexample.

Planck. He was able to show thatour idea about the world being«continuous» is pure illusion. Theworld is «quantized». It is made ofpieces, each one having a fundamen-tal role. These «pieces» we now callthe fundamental fermions: sixquarks and six leptons. Planck di-scovered that the smallest amountof «action» (energy multiplied by ti-me) cannot be arbitrarily small:there is a minimum quantity for this«action» below which no one can go,no matter how you try, what effortsyou can make in trying to reduce it.No one will ever be able to go belowthe quantum of action: i.e. a funda-mental constant of Nature, now cal-led the Planck constant. This haschanged our way of imagining thestructure of matter.

Dirac. With his equation, he hasopened our world to the «virtual»one. The world that we will neverbe able to directly observe, no mat-ter the power of our instruments.

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IL NUOVO SAGGIATORE

The virtual world is not a fictitiousentity. It can be computed withmathematical rigour and it gives ri-se to precise theoretical predictionswhich can be experimentally veri-fied. For example, the so-called«anomalous» magnetic moment ofthe electron. The existence of thevirtual world is called, in our jar-gon, «radiative effects». No physicscan be imagined today outside thedomain of «radiative effects». Allour experiments are based on thesestudies. It is thanks to the existenceof the «virtual» phenomena that wecan say the following: inside thesmall quantity of space and matterwhich is the proton, there is all theinformation on all fundamental pro-cesses occurring in Nature, inclu-ding the origin of the universe.

’t Hooft. He is the father of thegauge principle, i.e. all fundamentalforces of Nature (excluding gravityfor the moment) originate from thesame «principle». People havethought for a long time about theold gauge principle of electroma-gnetism, considered during manydecades a trivial mathematical pro-perty of the Maxwell fields. No oneknew how to transform this princi-ple in order to describe what wenow know are the non-Abelian for-ces of Nature: the colour-weakSU(2) and the colour-strong SU(3).In other words, no one was able tosee how the fundamental forcesseen in Nature follow from an inva-riance law, an invariance law (a lo-cal one, i.e. at each space-timepoint) in some fictitious spaces withone, two and three complex dimen-sions. The gauge principle is reallyfascinating. It tells us: if we requirethat all physics results must notchange when we operate changeswhich obey the law of a symmetrygroup (either U(1) or SU(2) orSU(3)) in fictitious spaces (havingone, two and three complex dimen-sions) then, as a result of the condi-tion that nothing has to be detecta-ble in our world of what happens inthese fictitious spaces, the threefundamental forces of Nature comeout. It could seem incredible but itis true.

These three forces, electroma-gnetic, colour-weak and colour-strong, together with the three fa-milies of fundamental fermions (sixquarks and 6 leptons), make up theso-called «Standard Model» (SM).The SM is a rigorous mathematicalstructure which allows to makeexact predictions in all phenomena

under investigation in all subnu-clear laboratories the world over(CERN, DESY, Fermilab, SLAC,BNL, Gran Sasso, SuperKamiokan-de, KEK). It is due to the ability of’t Hooft to overcome all the math-ematical difficulties of the late six-ties in subnuclear physics whichwere forbidding any understandingof what was going on in the funda-mental structure of matter. Now Ineed to express myself using ourjargon. ’t Hooft was able to provethat non-Abelian gauge theorieswith imaginary masses (also calledthe Higgs mechanism) are renor-malizable. And this means that thecomputation you make does notproduce, as prediction of a physicalprocess, an infinite quantity. TheSM is the most powerful synthesisof all times, able to describe all Ga-lilean facts (i.e. rigorously measu-red and reproducible) occurringfrom the inner structure of a pro-ton to the extreme borders of theuniverse. There would be no SMwithout ’t Hooft.

III) What, in your opinion, isthe biggest unsolved problem inyour field?

How Supersymmetry can be bro-ken. We know that in our world ––at these extremely low energies ––bosons and fermions are not on thesame basis. On the other hand, the-re are many reasons why theyshould be. Example, the so-calledhierarchy problem: the separationbetween the Fermi scale and thePlanck scale, once scalar particlescome in. Some of these particles(called Higgs bosons) are at thelow-energy scale (Fermi) to breakSU(2)3U(1) into electromagnetismand weak processes and others areat the extreme energy scale (Planckand string) to break the superuni-fied force into what we see, i.e. elec-troweak forces and Quantum Chro-modynamics. There are other rea-sons why Supersymmetry is nee-ded. However, the problem is thatthe only way we have been able tobreak this fundamental symmetryof Nature is so far «ad hoc». Itwould be great to discover a naturalway to break Supersymmetry. Notethat despite the enormous numberof physicists engaged in the field,no one has so far succeeded in sol-ving this problem during the pastnearly three decades.

The hierarchy is a deep problemin physics because it deals with theemergence of Large Scale Differen-

ces in the laws of physics. Super-symmetry should be broken at ascale very different from the Planckscale and it is due to these extreme-ly wide ranges of scales that theuniverse is tremendously large. He-re we have the other mystery of thecosmological constant. Where do allthese very big and extremely smallnumbers come from?

IV) What is the biggest unsolvedproblem in the rest of physics?

The quantization of gravity.

V) Would you study physics ifyou were starting university thisyear? If not, why not?

Yes. It is the most fascinating ac-tivity for our brain.

VI) If you were starting your re-search career in physics again,which area of physics would you gointo, and why?

Subnuclear physics, because itdeals with the most direct under-standing of our existence in the realworld made of space-time, mass-energy, charges and spins.

VII) Stephen Hawking has saidthat there is a 50-50 chance that wewill find a complete unified theoryin the next 20 years. Do you agreethat the end of theoretical physicsis in sight?

No. There is no end to theoreticalphysics. During a conference atFermilab many years ago, I wentfor dinner with one of the greatesttheorists of this century: Richard P.Feynman. The result of the dinnerwas a workshop in Erice on «TheMeaning of Culture». Feynman wasconvinced that we were very lucky:we were discovering everything du-ring those few decades. Then itwould be the end: nothing left to beunderstood in the structure of ourreal world. This was in 1972. Theamount of new knowledge acquiredduring these last 25 years is reallyimpressive (see my book on «Sub-nuclear Physics: the first 50years»). The number of open prob-lems is now more fascinating thanin 1972. And in 1972, it was morefascinating than in 1955 when Istarted to do physics. We are luckybecause our field is like climbing amountain. When you reach the top,you realise that there is anothermountain with an even higher top tobe conquered. And so on. We arelucky, because our climbing has noend.

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OPINIONI

L’INSEGNAMENTO DELLA FI-SICA DI BASE NELLE FACOL-TÀ DI INGEGNERIA

Questo articolo vuole essere unaggiornamento su quanto la SIF haintrapreso quest’anno allo scopo ditutelare l’insegnamento della Fisicanelle Facoltà di Ingegneria nell’am-bito dell’attuale profonda ristruttu-razione dei corsi di studio universi-tari, a partire dalle esigenze emersedurante la Tavola Rotonda svoltasisu questo tema al Congresso dellaSIF di Salerno.

In seguito all’emanazione da partedel MURST della bozza del documen-to «Autonomia Didattica - Schema diDecreto Quadro» (datata 24.2.1999),ossia di uno schema di regolamentocontenente i criteri generali per la de-finizione dei corsi di studio universita-ri, la Commissione della SIF compo-sta dai Proff. A. Dupasquier, S. LoRusso, I. Massa, C. Mencuccini, L.Scarsi e V. Silvestrini, da me coordina-ta, ha tempestivamente chiesto al Pre-sidente della SIF, Prof. F. Bassani, diintervenire presso il Ministro. L’inter-vento della SIF si è concretizzato inun appello, datato 12.3.99, nel qualeveniva espressa la viva preoccupazio-ne della SIF per quanto riguarda il fu-turo dell’insegnamento di tutte leScienze di base, quindi non soltantodella Fisica, in tutti i corsi di laurea edi dottorato appartenenti ad aree didat-tiche del settore scientifico dell’Uni-versità non specifiche delle Scienze dibase, come l’area dell’Ingegneria, maanche della Biologia o della Medicina.Su invito del Presidente della SIF,tale appello, riportato nel successivoriquadro, è stato sottoscritto dalPresidente dell’Unione MatematicaItaliana, Prof. A. Conte, e dal Presi-dente della Società Chimica Italiana,Prof. D. Spinelli. Copia di questo ap-pello, da parte delle tre societàscientifiche rappresentative delle di-scipline di base, è stata inoltre invia-ta ai Rettori di tutte le Università.

12 marzo 1999

Unione Matematica ItalianaPiazza di Porta San Donato 5, BolognaSocietà Italiana di FisicaVia Castiglione 101, BolognaSocietà Chimica ItalianaViale Liegi 48, RomaAl Ministro dell’Università e dellaRicerca Scientifica e TecnologicaProf. Ortensio Zecchinop.c.Al Sottosegretario Luciano Guerzoni

Signor Ministro,la Società Italiana di Fisica così

come l’Unione Matematica Italia-

na e la Società Chimica Italianastanno seguendo con estremo inte-resse la profonda ristrutturazionein atto dei corsi universitari, in vi-sta dell’adozione di un modellouniforme sul piano europeo, artico-lato in due livelli successivi di stu-di per il conseguimento dei titoli di«laureato» e di «dottore». Tale ri-strutturazione, indubbiamente ne-cessaria e positivamente accoltadalla comunità dei docenti, ponetuttavia diversi problemi.

In seguito alla divulgazione del-la bozza del documento intitolato«Autonomia Didattica - Schema diDecreto Quadro», datato 24.02.1999,le Società Scientifiche che abbiamol’onore di presiedere ritengono do-veroso segnalare che tale documen-to, nella sua attuale formulazione,desta una grande preoccupazioneper quanto riguarda il futuro del-l’insegnamento delle Scienze di ba-se (Matematica, Fisica, Chimica)nei corsi di diploma di laurea (I li-vello) e di dottorato (II livello) ap-partenenti ad aree didattiche delsettore scientifico della nostra uni-versità non specifiche delle Scienzedi base, come ad esempio l’area del-l’Ingegneria, della Biologia, dellaMedicina.

Il documento in bozza, nell’Arti-colo 10 (Decreti d’Area), proponeinfatti una tabella esplicativa delcomma 3 di tale articolo nella qua-le i valori minimi dei crediti da de-stinare alle discipline di base, qua-li la Matematica, la Fisica e laChimica, nel loro insieme, sonostati ridotti ad un livello tale dacompromettere l’impatto culturalee didattico che tali discipline han-no tradizionalmente avuto e debbo-no continuare ad avere nella for-mazione dei nuovi laureati e dotto-ri del settore scientifico.

La Società Italiana di Fisica,l’Unione Matematica Italiana e laSocietà Chimica Italiana fanno pre-sente che lo schema proposto nell’Ar-ticolo 10 rischia di generare una pe-ricolosa penalizzazione delle disci-pline formative di base. Tale eccessi-va riduzione non potrà che aggrava-re le difficoltà iniziali degli studentidal variegato e non sempre adeguatobagaglio culturale al momento delloro ingresso nell’università.

Con l’auspicio che la nostra vivapreoccupazione sia resa nota allecommissioni incaricate della stesu-ra del Decreto Quadro in questionee dei vari Decreti d’Area, La rin-graziamo per la cortese attenzione.

Accolga, Signor Ministro, i no-stri più cordiali saluti. Unione Matematica ItalianaIL PRESIDENTEProf. Alberto Conte

Società Italiana dI FisicaIL PRESIDENTEProf. Franco BassaniSocietà Chimica ItalianaIL PRESIDENTEProf. Domenico Spinelli

Per quanto riguarda in particola-re l’Ingegneria, la CommissioneSIF ha ritenuto opportuno inviarecopia dell’appello del 12.3.99 a tuttii Presidi delle Facoltà di Ingegne-ria, con una lettera di accompagna-mento del Presidente della SIF, ri-prodotta nel successivo riquadro,nella quale venivano ribaditi alcunipunti «irrinunciabili» per l’insegna-mento della Fisica a Ingegneria.

Ai Presidi delle Facoltà di IngegneriaLoro Sedi

Cari Colleghi,la Società Italiana di Fisica

(SIF) ritiene utile formulare un in-dirizzo comune, sul piano naziona-le, relativamente alla ristruttura-zione degli insegnamenti di Fisicaall’interno della nuova articolazio-ne in più livelli degli studi univer-sitari di Ingegneria.

A tale scopo la SIF ha istituitouna Commissione che, mio tramite,sottopone alla Vostra attenzione leconsiderazioni seguenti:

I) Osservazioni generali per tuttii corsi di studio, trasmesse al Mi-nistro dell’Università e della Ricer-ca Scientifica e Tecnologica con let-tera del 12.3.1999 (che si acclude),da me firmata, come Presidentedella Società Italiana di Fisica, in-sieme al Presidente dell’UnioneMatematica Italiana e al Presiden-te della Società Chimica Italiana.

II) Per quanto riguarda in par-ticolare gli studi di Ingegneria:

–– si ritiene che l’insegnamentodi Fisica Generale debba essere ar-ticolato in tre moduli successiviper un totale di 18 crediti da im-partire necessariamente nel curri-culum di I livello e che, di tali mo-duli, i primi due dovrebbero essereuguali per tutti i corsi di studio e ilterzo differenziato per corso di stu-dio o per percorso formativo;

–– si ritiene inoltre che dopo l’ac-quisizione dell’adeguata formazionemetodologica di base sopra indicata,l’offerta di ulteriori moduli di Fisicaavanzata, a contenuto più speciali-stico o orientato allo sviluppo tecno-logico di specifico interesse per l’In-gegneria, troverà una corretta e op-portuna collocazione nell’ambito deicurricula di II livello.

Con i più cordiali saluti.

Franco BassaniPRESIDENTE

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IL NUOVO SAGGIATORE

Dalla primavera ad oggi, le cosesono andate avanti nelle varie Fa-coltà di Ingegneria, molto avanti inquelle dove è già in atto una formadi sperimentazione del nuovo ordi-namento universitario. Benché gliauspici della SIF siano stati condi-visi da molti colleghi ingegneri, invirtù dell’autonomia universitariaattuata a vari livelli e della demo-crazia «diretta» esercitata nei variconsigli (di Facoltà, di Corso diLaurea o di Area Didattica), i do-centi di Fisica a Ingegneria si sonotrovati o si trovano a dover accetta-re un esiguo numero di crediti, va-riabile da classe a classe di corsi distudio, con risultati localmente ete-rogenei e disuniformi su scala na-zionale. La tendenza generalizzata èuna drastica riduzione dell’insegna-mento della Fisica di base, ben al disotto dei 18 crediti auspicati, a favoredi discipline specialistiche più «pro-fessionalizzanti», secondo il dictatdella riforma in atto che mira ad unarapida ed efficace formazione di unafigura di ingegnere dall’immediato in-serimento nel mondo del lavoro.

Stranamente tutto ciò avviene mal-grado alcuni enunciati degli «obiettiviformativi» dei nostri futuri diplomi dilaurea e di dottorato in Ingegneria,che mal si accordano con questa ten-denza. Ad esempio, nell’ultima bozzadi Decreto d’Area dell’Ingegneria edell’Architettura, l’obiettivo formati-vo per la laurea in Ingegneria è: «unasolida preparazione di base negli am-biti disciplinari che definiscono laclasse di appartenenza, rivolta in par-ticolare agli aspetti operativi e meto-dologici». Quello per il dottorato è:«una solida formazione di base, negliambiti disciplinari che definiscono laclasse di appartenenza del corso distudio, che approfondisca, oltre agliaspetti operativi, anche quelli scienti-fici». Cosa di più scientifico e metodo-logico per l’Ingegneria se non la Fisi-ca di base?

Ben si accordano con gli auspicidella SIF alcune interessanti osser-vazioni sui progetti di riordino deglistudi di Ingegneria redatte dal prof.Ing. A. Zavelani Rossi del Politecni-co di Milano, che mi sono recente-mente pervenute tramite AlfredoDupasquier. Nelle sue «note a futu-ra memoria», Adolfo Zavelani Rossicritica la prevista contrazione, nonsolo della formazione di base (Mate-matica, Fisica, Chimica), ma anchedell’Ingegneria di base (Elettrotec-

nica, Idraulica, Fisica Tecnica, Mec-canica Applicata, Scienza delle Co-struzioni). Cita inoltre una seria in-dagine statistica effettuata nell’am-bito dell’Unione Industriali dellaLombardia, dalla quale emerge cheil mondo del lavoro indica come «ir-rinunciabile» la formazione di basee l’Ingegneria di base, mentre indi-ca come «rinunciabile» e addirittura«inutile» la formazione specialistica(che si realizza invece più efficace-mente sul campo, ossia presso leaziende).

Un progetto di radicale riformauniversitaria non può che suscitareuna serie di preoccupazioni e di per-plessità. È più che lecito chiedersi aquesto punto se la riforma intrapre-sa nel mondo dell’Ingegneria, cosìcome inevitabilmente attuata nellevarie realtà locali, stia tracciando ilgiusto percorso. A noi fisici rimanela sfida di salvaguardare il tradizio-nale impatto culturale della nostradisciplina malgrado l’esiguità deinuovi spazi didattici a noi concessi.

Luisa Cifarelli

Vice Presidente SIF

Caro Direttore

Ho letto con molto interesse l’in-tervento di Paolo Guidoni apparsosul n. 1/2 de Il Nuovo Saggiatore edesidero aggiungere alcune conside-razioni in qualità di Presidente AIFe anche come socio SIF che lavoranella scuola (a proposito sarebbe in-teressante sapere quanti sono i sociSIF che insegnano nella scuola e sesi è mai pensato di interpellarli).

Il problema della didattica è se-rio e va affrontato con estremafranchezza ed onestà, tenendo contodi alcuni punti di partenza:

1) C’è stato finora un pressochétotale disinteresse della comunitàdei fisici verso la didattica e l’inse-gnamento in generale, salvo estem-poranee dichiarazioni sempre moltocritiche sulla preparazione degli in-segnanti che, peraltro, si sono lau-reati con quegli stessi professoriche li giudicano negativamente. Co-me mai, come dice Guidoni, gli inse-gnanti sono carenti sul piano cultu-rale? E poi, solo gli insegnanti discuola preuniversitaria? Molti fisicisi cullano nella presunzione che laloro disciplina sia ancora considera-

ta dalla società come disciplina pre-minente sul piano concettuale estrumentale, non accorgendosi chenel sentire comune essa è stata so-stituita dalla biologia molecolare edall’informatica.

2) È pertanto, forse, necessarioun minimo di autocritica da partedella comunità scientifica. Ciò so-prattutto in vista dell’avvio, in am-bito universitario, delle scuole dispecializzazione per la formazionedegli insegnanti. Concordo piena-mente con Guidoni quando affermache a tale proposito i fisici non han-no elaborato una comune strategiaculturale e organizzativa.

3) Dalla lettura dell’intervento diGuidoni appare con buona evidenzail ruolo dell’AIF in campo formativee di indirizzo: vorrei precisare cheattualmente l’AIF è impegnata asviluppare le linee indicate nel do-cumento AIF/SIF. Abbiamo, infatti,da tempo avviato un progetto di ri-cerca finalizzato alla individuazionedi un nuovo curricolo per un inse-gnamento delle discipline scientifi-che che copra l’intero ciclo di studidella scuola primaria e secondaria eche si ispiri alle linee generali indi-cate nel documento suddetto. Fino-ra nessun ente invitato (SIF, gruppidi ricerca universitaria, MPI) hamostrato interesse ad una collabo-razione. Il confronto avviene all’in-terno del Forum delle Associazionicui l’AIF aderisce. Quale possibilitàc’è che l’AIF lavori con la SIF suquesto fronte? Forse potrebbe esse-re utile la costituzione di una com-missione mista permanente SIF/AIF per la didattica i cui compiti diimmediata applicazione potrebberoessere: l’organizzazione di una con-vegno sulla didattica della fisica,universitaria e non (ci rendiamoconto che la maggior parte degli in-segnanti di fisica conosce questa di-sciplina solo per aver dato fisica I efisica II nel corso di laurea in mate-matica o in ingegneria?); l’avvio diuna sperimentazione controllata, ecc.

Tutto ciò premesso ci aspettiamoun call for proposals per proseguireassieme il cammino per utilizzare lerispettive competenze e disponibilitàpresenti nelle nostre due Associazioni.

La ringrazio se vorrà pubblicarequeste mie brevi considerazioni e lasaluto cordialmente.

Carla Romagnino

Presidente AIF

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IL NOSTRO MONDO

LA RIFORMA DELLA SCUOLA IN ITALIAED IL SISTEMA EDUCATIVO AMERICANOGiuseppe BaldacchiniENEA Centro Ricerche di Frascati00044 Frascati, Roma.

In questa nota viene fatto uno studio di alcune ca-ratteristiche generali del sistema educativo ameri-cano, che è stato ed è oggetto di frequenti criticheda parte del mondo culturale italiano ed europeo.Alla fine di questa analisi si evince che molte dellecritiche sono ingiustificate alla luce degli sviluppimoderni della nostra società e che sarebbe moltomeglio se alcuni elementi del sistema americano ve-nissero inseriti nei nostri ordinamenti scolastici siapre-univeristari che universitari.

Da quando sono entrato nella maggiore età,cioè dal 1960 circa, mi è capitato assai spesso diascoltare dal vivo, dalla radio, dalla televisione oleggere sulla stampa critiche abbastanza negati-ve sul sistema degli studi negli Stati Uniti d’Ame-rica sia pre-universitari che universitari. La que-stione però mi sembrava facesse parte di un at-teggiamento critico generale verso il modello disviluppo americano, che aveva una origine chiara-mente politica, per cui non ho mai dato alla cosapiù importanza di tanto. Ultimamente però, puressendo crollato il muro di Berlino nel 1989 e conesso una buona parte della divisione ideologicadel mondo, sono stato testimone diretto di alcuniepisodi dello stesso tenore che mi hanno sconcer-tato. Ne voglio riportare solo alcuni che in qual-che modo sono emblematici di come taluni am-bienti accademici e giornalistici siano ancora ar-roccati su posizioni culturali valide dal punto divista storico ma inadeguate alla luce degli svilup-pi sociali moderni.

Alcuni anni fa sono stato eletto ad un Consigliod’Istituto (Liceo Scientifico dell’area romana) eduna sera, durante una lunga riunione, un rappre-sentante del corpo docente affermava che la co-

noscenza culturale degli studenti italiani stava di-minuendo a tal punto che presto sarebbe cadutaal livello degli studenti americani ben noto, a suodire, per essere tra i più bassi del mondo civile.Ultimamente, al Congresso Nazionale della SIFa Salerno nell’Ottobre 1998, ci sono state discus-sioni di una certa ampiezza sulla riforma dellascuola nel nostro paese sia a livello pre-universi-tario che universitario. In particolare, ad un certopunto è stato fatto un paragone tra il sistemaitaliano e, guarda un po’, quello americano, ed an-cora il paragone era a tutto svantaggio per que-st’ultimo. Infatti, nel considerare le nuove propo-ste organizzative, che sembrano ormai ben defi-nite a livello europeo, il partecipante si auguravache esse non portassero ad una istruzione insod-disfacente come era in America. Ancora, più re-centemente, il quotidiano «La Repubblica» ripor-tava il titolo a tutto campo «America, tu uccidi lascuola», che evoca tra l’altro un episodio maramal-desco di ben altra portata storica, ed in caratteripiù piccoli «un prestigioso intellettuale francese de-nuncia i rischi che l’Europa corre adottando i mo-delli di insegnamento praticati negli USA» con unalunga intervista e molti commenti sui quali non èora il caso di entrare nei dettagli (1).

Di questi episodi, solo apparentemente slegatitra loro, mi hanno colpito sia gli ambienti diversida cui erano partite le critiche, sia il fatto che,ancora una volta si tirava in ballo in luce negatival’America, che è il paese che esercita di fatto unacerta supremazia culturale in senso generale (2,3).Comunque, dato il loro ripetersi, mi sono dettoche valeva la pena affrontare il problema più di-rettamente analizzando un po’ più a fondo il siste-ma scolastico americano, che probabilmente nonè poi così ben conosciuto da molti dei suoi detrat-tori. Ma invece di iniziare immediatamente a di-scutere questo argomento dal principio, ho prefe-rito prendere in prestito una metodologia ampia-mente usata nella ricerca scientifica, dove la vali-dità di una teoria trova conferma solo nei risulta-ti sperimentali finali. Allora per analogia vediamo

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quali sono questi risultati quando invece di teoriesi parla di complessi sistemi educativi in tutti iloro gradi di sviluppo.

Una discussione dettagliata su questo punto cipotrebbe portare molto lontano, ma sicuramentetutti concordano sul fatto che esistono dei para-

G. BALDACCHINI: LA RIFORMA DELLA SCUOLA IN ITALIA ED IL SISTEMA EDUCATIVO AMERICANO

Fig. 1. – Premi Nobel in Fisica assegnati dal 1901 al 1998 agli studiosi degli Stati Uniti d’America, linea sottile, e aquelli di tutti gli Altri Paesi, linea spessa.

Fig. 2. – Percentuale dei Premi Nobel in Fisica dal 1901 al 1998 assegnati fino a quella data agli studiosi degli StatiUniti d’America, linea sottile, e a quelli di tutti gli Altri Paesi, linea spessa.

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IL NUOVO SAGGIATORE

Fig. 3. – Variazione annuale, mediata sugli ultimi 5 anni, dei premi Nobel in Fisica assegnati agli studiosi degliStati Uniti d’America, linea sottile, e a quelli degli Altri Paesi, lina spessa. La media su almeno 5 anni si è resanecessaria per evitare variazioni troppo brusche degli andamenti.

metri che possono essere considerati buoni indicidi successo per questi sistemi e tra questi pri-meggiano sicuramente i premi Nobel, assegnatiin particolare nella Fisica, che sono il riconosci-mento più alto ed ultimo. In Fig. 1 sono riportatii numeri dei premi Nobel in questa disciplina as-segnati nel corso degli anni a studiosi americani ea quelli di tutti gli altri paesi a partire dal 1901,quando W.C. Roentgen, Germania, ne ottenne ilprimo; fino al 1998 sono stati assegnati 156 Pre-mi Nobel, dei quali 69 agli americani e 87 aglialtri. Si nota immediatamente l’aumento costantedei premi attribuiti durante tutto il secolo XX a-gli americani rispetto agli altri, e dalla Fig. 2, chene riporta la percentuale relativa, si deduce checontinuando allo stesso ritmo nel prossimo de-cennio il numero dei Nobel americani supereràquello di tutti gli altri. Ma il risultato più interes-sante si scopre “graficando” la variazione annua-le mediata sugli ultimi cinque anni come riportatoin Fig. 3. Si osserva che gli altri paesi, che poisono essenzialmente alcuni stati europei qualiGermania, Inghilterra e Francia con 47 Premi fi-no al 1998, hanno dominato la scena mondialedella Fisica fino al 1940. C’è poi stata una situa-zione di sostanziale parità che è durata dal 1940al 1990, da quando invece è iniziato un netto pre-dominio dell’America che se dovesse continuare

allo stesso modo dimostrerebbe, come è stato giàosservato in molti ambienti, che il XXI7 secolo enon il XX sarà il secolo della supremazia ameri-cana nel campo scientifico e non solo (4).

Ora, alla luce di questi dati è difficile non rico-noscere che la scuola americana nella sua globali-tà produca i migliori esperti mondiali nelle scien-ze ed anche in altri campi culturali. Allora comesi può affermare così semplicemente che questascuola non funziona? In realtà il sistema ha undifetto che d’altro canto è ed era ben noto aglistessi studiosi americani del campo; infatti lascuola americana produce i migliori esperti scien-tifici ma anche un grande numero di illetteratiscientifici (5). Questo paradosso non deve peròmeravigliare più di tanto se si osserva da vicinola struttura del sistema educativo americano. Es-so si divide essenzialmente in due cicli che sonoprofondamente diversi tra loro. Il primo, checomprende scuola elementare (primary) e media(high school), dura in totale 12 anni, è a tempopieno, obbligatorio e gratuito a partire più o me-no dall’inizio del XX secolo. Inoltre possiede duecaratteristiche molto peculiari. Non ci sono veri epropri esami di sbarramento tra un anno ed ilsuccessivo e non vengono esercitate forti pressioniper costringere i singoli ad apprendere, mentrea tutti vengono offerte le più ampie opportunità

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G. BALDACCHINI: LA RIFORMA DELLA SCUOLA IN ITALIA ED IL SISTEMA EDUCATIVO AMERICANO

perché ciò avvenga. D’altronde, alla fine di que-sto ciclo, che è essenzialmente di indirizzo gene-rale, viene rilasciato un attestato che è più di fre-quenza che di merito. Dopo di ciò, per chi deside-ra accedere al secondo ciclo, corsi di istruzionesuperiore ed Università, inizia una severa selezio-ne ed il sistema diviene completamente meritorioe non gratuito eccetto, in questo ultimo caso, peri meno abbienti. Infatti si può accedere alle Uni-versità solo attraverso esami di ammissione, iprimi veri e propri nel sistema americano. Peralcune Scuole Superiori ed Università, che rila-sciano titoli di studio validi legalmente come In-gegneria, Medicina, Legge ed altri, ci sono ancherigidi numeri chiusi che esistono, ma sono dettatida sole considerazioni di capienza, anche negli al-tri casi, i cosiddetti studi liberali come Fisica,Chimica, Matematica, etc. È ben noto per esem-pio, come in questo momento il numero di stu-denti in Fisica sia minore delle reali possibilitàricettive con conseguenze non trascurabili per ilfuturo di molte realtà accademiche americane. Ingenerale poi, il conseguimento del Dottorato diRicerca, Ph.D., riservato ai migliori dei corsi uni-versitari, undergraduate level, di circa 4 anni didurata, richiede ulteriori 3 o 6 anni, graduate le-vel, durante i quali il candidato riceve un regolarefinanziamento sotto forma di borsa di studio e/odi salario per attività di insegnamento. Al termi-ne il Dottore, in Fisica per esempio, ottiene unattestato che pur non avendo un valore legale ètenuto in grande conto dagli ambienti accademici,industriali, e dalla società civile in genere, spe-cialmente se rilasciato da Università note per laserietà degli studi ed il loro contributo al pro-gresso culturale. È anche doveroso ricordare cheil Dottorato è unanimamente riconosciuto in tuttoil mondo come il gioiello che corona (5) tutto ilcorso degli studi americani ad iniziare dalle ele-mentari, ed ad esso si deve principalmente ilgrande successo nel campo scientifico e non, bendimostrato dai Premi Nobel dei quali si è parlatoall’inizio. Da quanto detto fino ad ora, risultachiaramente che questo sistema scolastico è statopensato e realizzato per offrire a tutti le stesse op-portunità ed infine per selezionare i migliori (6),una specie di mining and sorting operation (7).

A questo punto, è lecito chiedersi cosa ci sia disbagliato in questo sistema da attirare tante cri-tiche da parte di esperti italiani ed europei delcampo. Tanto più che gli stessi esperti della pri-ma metà del secolo XX criticavano le decisioniamericane di rendere obbligatoria e gratuita lascuola fino a 16 o 18 anni di età, quando, diceva-

no, la maggioranza di costoro non avrebbe maipotuto utilizzare la cultura appresa, dovendoesercitare mestieri umili (7). Non viene in mente anessuno che probabilmente il grande numero diilletterati scientifici della società americana sia ilfrutto naturale dello scarso interesse da partedella maggioranza delle persone ad acquisire unabuona conoscenza scientifica? È così assurdopensare che le persone possano vivere una vitapiena e felice essendo ignoranti della scienza,specialmente nel mondo di oggi che offre così am-pie scelte di vita alternativa? È ben noto dal-l’esperienza comune che si può essere felici anchesenza essere sapienti nella scienza ed in altricampi culturali. Comunque, ritornando all’argo-mento in discussione, io penso che non sia corret-to rivolgere delle critiche generiche ad un siste-ma come quello americano che offre a tutti indi-stintamente le stesse opportunità di apprendi-mento, mentre credo che la libertà, che non èquella di marinare la scuola, lasciata agli studentidi utilizzare o meno questa opportunità sia dove-rosa in un regime democratico e sia una logicaconseguenza della trasformazione da scuola diélite, come era fino ad un secolo fa, a scuola dimassa ed obbligatoria, come è oggi. A questopunto mi viene in mente il vecchio detto popolareche non si possono avere contemporaneamentequalità e quantità, e che una società è costretta afare una scelta tra le due; a me sembra che lasocietà americana abbia fatto nel passato la scel-ta giusta per il sistema educativo nelle sue lineegenerali, visti i risultati di punta raggiunti.

In conclusione, ritengo che il modello america-no possegga alcuni elementi che dovrebbero es-sere adeguatamente trasferiti al nostro sistemaper un suo miglioramento, e tra essi ci sono sicu-ramente i seguenti:

–– La diminuzione della durata della scuola infe-riore obbligatoria. Non è possibile alle soglie delXXI secolo tenere sui banchi delle scuole medie su-periori giovani o meglio uomini di 19-20 anni di età!

–– La eliminazione degli esami inutili, comequello di maturità, che promuove più del 90% de-gli alunni. A che cosa serve se sono tutti merite-voli di essere promossi?

–– Limitare ai soli meritevoli l’accesso (gratui-to) alle Università, che così diventerebbero dellevere e proprie palestre della cultura. Tra l’altrosi eliminerebbe la triste piaga dei fuori corso, or-mai una caratteristica quasi unicamente italiana.

–– Rimodellare i corsi di laurea in modo chesia realmente possibile ultimarli in un ragionevo-

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IL NUOVO SAGGIATORE

PREMIO SERGIO PANIZZA

Il premio (denominato all’epoca«premio Laser Optronic») nacqueda un’idea generosa del compiantoSergio Panizza (1946-1992).

Laureato in Fisica all’Universitàdi Milano ha sempre svolto la suaattività lavorativa in aziende ope-ranti nell’elettro-ottica (CISE, dB,Valfivre) approdando da ultimo allanostra Società (1979) di cui divenneConsigliere di Amministrazione.

La sua idea di creare il premionacque dalla considerazione che laLaser Optronic traeva motivo dellasua vitalità dal rapporto con il mon-do della ricerca della Fisica italianae di conseguenza riteneva correttodestinare una somma annuale (allo-ra di cinque milioni, divenuta in se-guito biennale di 10 milioni) a favo-re di ricercatori che si fossero di-stinti nel settore dell’ottica e dellafotonica.

L’individuazione e la scelta dellepersone cui attribuire il Premio ve-

niva riservata al Consiglio di Presi-denza della SIF affinché l’idea di ri-conoscere il contributo non fosse in-fluenzata da motivazioni di naturacommerciale da parte della nostraSocietà, ma conservasse lo spirito diautentico riconoscimento per il la-voro e le ricerche svolte dai vincito-ri del premio.

Siamo veramente orgogliosi diquesta nostra decisione perché tra ivincitori del Premio succedutisi neivari anni vi sono sicuramente i piùbei nomi della Fisica italiana.

Mi permetto di ricordarli:l 1989 Adriano Gozzini e Fortuna-

to Tito Arecchil 1990 Emanuele Riminil 1991 Rodolfo Bonifacio e Luigi

Lugiatol 1993 Umberto Maria Grassano,

Giuseppe Baldacchini e MauroTonelli

l 1995 Massimo Inguscio, FrancoStrumia e Paolo Minguzzi

l 1997 Angiolino Stella

A conclusione di questa mia notavorrei ricordare la figura di SergioPanizza per ciò che gli riconosce-ranno sempre tutti coloro che hannoavuto modo di incontrarlo e di co-gliere nelle sue argomentazioni laprofonda passione per la Fisica.

L’attività svolta nella nostra So-cietà lo portava inevitabilmente aconfrontarsi con «costi e ricavi» e, avolte, con aride questioni economi-che.

Ma quando parlava con i suoi in-terlocutori dei prodotti o dei pro-getti di ricerca, scattava in lui quel-la scintilla che lo portava sempre unpo’ oltre l’evidenza, con quel soffiodi fantasia e di poesia che, in un mo-do o nell’altro, è dentro in tutti noiFisici e che spesso ci fa superare ledifficoltà, pur di «andare oltre» coni nostri pensieri, la nostra immagi-nazione e la nostra creatività.

Gabriele Galimberti

(Presidente)Laser Optronic S.p.a.

le lasso di tempo, rinunciando all’insegnamentodi tutto lo scibile umano in materia, per il quale cisarà tempo nel corso della vita professionale.

–– Togliere il valore legale ai titoli di studio elauree. Così finirebbe la rincorsa affannosa e nonsempre sportiva ai vari pezzi di carta che in molticasi non hanno alcun valore culturale.

L’epoca degli studi di tipo medioevale è finita eprima si faranno i cambiamenti opportuni per laloro modernizzazione meglio sarà per i risultatiche si potranno raggiungere.

Alla fine di questa nota, non vorrei aver creatol’idea che io sono contrario alla buona istruzionedi massa, che invece deve rimanere un obiettivoda perseguire in una scuola che stimola la fanta-sia e la curiosità dello studente, ma non al costodi sacrificare i risultati finali che contano di piùnel mondo moderno. In altre parole, si deve sem-pre fare una scelta oculata, come già accennato inprecedenza, tra qualità e quantità ben sapendoche difficilmente, come ci insegna la storia, sipossono ottenere entrambi questi parametri con-temporaneamente.

Sono debitore ai Proff. David Goodstein e Um-berto Maria Grassano per una lettura critica diquesta nota ed utili consigli. Inoltre, si ringraziaQuirino Baldacchini per aver curato con diligenza

la grafica e Cinzia Piergentili per la preziosa assi-stenza nella preparazione del manoscritto.

Bibliografia

(1) F. Gambaro, «Intervista a Marc Fumaroli», La Repub-blica, 25 Marzo 1999, pagina della Cultura, pag. 39.

(2) C. Krauthammer, American Rules: Thank God, Time,August 4, 1997, pag. 16.

(3) Di questa supremazia, specialmente quando si guarda allato economico che ne è poi una conseguenza, esiste unachiara percezione anche a livello popolare, ed a questoproposito ricordo ancora un episodio di quando ero bam-bino che vale la pena essere raccontato. Una mia vecchiazia, di nome Righetta, nata agli inizi del XX secolo, stavaraccontando a mia madre alcuni fatti della sua giovinezzatra cui il ricordo ancora vivissimo di una dolorosa separa-zione di una parte della famiglia che emigrò in Argentinaalla ricerca di una vita migliore. Quando mia madre lechiese come stavano attualmente, Righetta, che era anco-ra in contatto con alcuni loro discendenti, rispose che sela cavavano bene ma non avevano fatto la fortuna che spe-ravano e aggiunse «Angelina (mia madre), hanno sbaglia-to America». Infatti intendeva dire che sarebbero dovutiandare nel Nord (Stati Uniti) e non nel Sud (Argentina)dell’America.

(4) J. Chace, A Sunlit American Summer, Time, August 4,1997, pag. 18.

(5) D.L. Goodstein, Attracting and Graduating Scientists andEngineers Prepared to Succeed in Academia and Industry,Hearing of the Science Committee of the U.S. House ofRepresentatives, April 1, 1998. The Ehlers Reports.

(6) J.W. Buchta, New Era in Science?, Am. J. Phys. 26, 352(1958); Oersted Medal Address, 1997. Questo articolo con-tiene utili informazioni sul ruolo dell’insegnamento in unasocietà democratica.

(7) D.L. Goodstein, Now Boarding: The Flight from Physics.Am. J. Phys. 67, 183 (1999); Oersted Medal Address, 1998.Questo articolo contiene utili informazioni sulla scuola ame-ricana ed in particolare sui dottorati di ricerca.

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IL NUOVO SAGGIATORE

RICORDO DI BIANCA MONTELEONI

L’ultimo mio incontro con Bianca Monteleoni ri-sale allo scorso mese di Aprile, a Roma, in occasio-ne della sua elezione a Rappresentante Nazionaledell’esperimento L3 al collider LEP del CERN.Nel congratularmi vivamente con lei per la sua ele-zione, con un caloroso abbraccio, non potevo certoimmaginare che quello sarebbe stato il nostro ulti-mo abbraccio. Avevamo parlato di comuni progettidi ricerca, con grande entusiasmo, e ricordo il suofestoso arrivederci, il suo impeccabile tailleur-pan-taloni, la spilla antica che portava appuntata sul ba-vero della giacca e che le avevo molto ammirato(«Era di mia madre», mi aveva detto sorridendo).Poche settimane dopo, Bianca Monteleoni è im-provvisamente e inaspettatamente venuta a manca-re all’affetto e alla stima dei suoi familiari e dei suoitanti amici e colleghi.

Bianca Monteleoni aveva avuto un esordio dicarriera decisamente internazionale. Negli annisessanta era stata Staff Member al CERN, poiResearch Associate all’Enrico Fermi Institutedell’Università di Chicago, infine Senior StaffScientist al Rutherford Laboratory. Rientratain Italia nel 1974, era diventata Ricercatoredell’INFN presso la Sezione di Roma, trasfe-rendosi in seguito presso la Sezione di Firenzedove era stata, dapprima Coordinatore per laFisica delle Alte Energie, poi Direttore di Se-zione. Nel 1989 aveva vinto il concorso di Diri-gente di Ricerca dell’INFN.

La sua attività scientifica era stata molto ric-ca, coprendo quasi tutti gli aspetti di avanguar-dia della Fisica Subnucleare sperimentale. Piùrecentemente si era anche estesa nel campodell’Astrofisica delle Particelle.

I suoi primi esperimenti, negli anni sessanta,furono effettuati con le camere a bolle per rive-lare le risonanze bosoniche e barioniche pro-dotte nelle interazioni adroniche, in particolarecon la camera di Saclay e con la camera a idro-geno del CERN. Sempre al CERN aveva poistudiato i processi np analizzando i dati dellacamera BEPC. Successivamente, negli annisettanta, aveva partecipato all’esperimentoBeam Dump, che aveva condotto alla primaevidenza sperimentale della produzione dicharm in interazioni adroniche, e aveva colla-borato in seguito alle misure della vita mediadelle particelle «charmate», effettuate con lospettrometro OMEGA in processi di fotopro-duzione.

All’inizio degli anni ottanta, aveva svoltoun’intensa attività a DESY, dedicandosi al-l’esperimento Crystal Ball, con numerosi e rile-vanti risultati relativi al decadimento dellaupsilon, alle transizioni radiative degli statibeauty-antibeauty e ai processi a due fotoni.

Si era poi lanciata nell’impresa LEP delCERN, contribuendo vigorosamente alla co-struzione del filtro per muoni dell’apparato L3e guidando, negli ultimi dieci anni, una serie diimportanti linee di analisi dei dati raccolti adenergie via via crescenti nei processi di annichi-lazione e1e2. I suoi più recenti lavori riguardava-no, in particolare, alcune fondamentali misure diprecisione del Modello Standard elettrodebolerelative alla produzione di beauty.

In parallelo al suo notevole coinvolgimento nel-la Collaborazione L3, aveva anche dedicato unaparte del suo tempo all’esperimento LVD, per lostudio dei muoni cosmici e la rivelazione di super-novae, nel laboratorio sotterraneo del Gran Sas-so. Infine, il suo più recente «amore scientifico»era stato NESTOR, un grande esperimento sub-acqueo nei pressi di Pylos, ideato per lo studiodei neutrini cosmici. La bella fotografia che pub-blichiamo la ritrae appunto durante uno dei suoiviaggi di lavoro in Grecia.

Malgrado i suoi impegni e responsabilità sullascena internazionale della ricerca, malgrado il suoruolo dirigenziale nell’INFN e pur non essendo undocente universitario, Bianca Monteleoni avevainoltre avuto la capacità di «fare scuola». Per anniaveva tenuto una serie di corsi specialistici di FisicaSubnucleare e di Cosmologia per il Dottorato diRicerca dell’Università di Firenze. Dal 1979 a oggi,era stata relatore di ben quindici tesi di laurea e dicinque tesi di dottorato, animando così attorno a séun vivace gruppo di ricerca.

Bianca Monteleoni aveva sempre saputo lavo-rare con energia, rigore e, senza dubbio, passio-ne, riuscendo a dare contributi di rilievo ai nume-rosi esperimenti ai quali aveva partecipato e adassumere un ruolo incisivo in tutte le équipessperimentali nell’ambito delle quali aveva agito.Ciò le era valso unanime rispetto e considerazio-ne da parte dei suoi colleghi. Tutti ricorderemo lasua autorevolezza scientifica e professionale, in-sieme a quella sua classe innata, fatta di serietà,riserbo e cortesia. Con lei se ne è andata unagran signora della Fisica.

Luisa CifarelliVice Presidente SIF

Dipartimento di Scienze Fisiche «E.R. Caianiello»Università di Salerno

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RICORDO DI BIANCA MONTELEONI

Premio «Bianca Monteleoni»

SOCIETÀ ITALIANA DI FISICA

Per onorare la memoria della Professoressa Bianca Monteleoni, la Società Italiana di Fisica,grazie ai contributi dei colleghi dell’INFN e dell’Università, membri della Collaborazione del-l’Esperimento L3, istituisce il Premio «Bianca Monteleoni» per un giovane laureato in Fisica cheabbia svolto una tesi in Fisica Subnucleare sperimentale. Tale premio sarà assegnato per concor-so, con pubblicazione del bando sul Bollettino della Società Italiana di Fisica, a partire dal prossi-mo anno 2000.

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PERCORSI

ETTORE MAJORANA:L’OPERA SCIENTIFICA EDITA E INEDITA(*)Erasmo RecamiDipartimento di Ingegneria, UniversitàStatale di Bergamo; INFN - Sezione di Milano,Italia;D.M.O./FEEC e C.C.S., UNICAMP, Campinas,S.P., Brasile.

PARTE I

ETTORE MAJORANA: LO SCIENZIATO E L’UOMO

1. – La Fama

1.1. – Genialità

La fama di Ettore Majorana, ovvia per glispecialisti, può solidamente appoggiarsi an-che a testimonianze come la seguente, dovutaalla memore penna di Giuseppe Cocconi. Invi-tato da Edoardo Amaldi1, dal CERN gli scri-ve:

«Ginevra, 1965 Luglio 18 –– Caro Amaldi, Inuna discussione che si ebbe tempo fa sul libro[poi edito dall’Accademia dei Lincei] che staiscrivendo su Ettore Majorana, ti dissi come iopure ebbi un tenue contatto con Majorana poco prima della sua fine. Tu esprimesti allora il de-

siderio che ti descrivessi con maggiore detta-glio il mio ricordo, e qui cerco di accontentarti.

Nel gennaio 1938, appena laureato, mi fu of-ferto, essenzialmente da te, di venire a Romaper sei mesi nell’Istituto di Fisica dell’Univer-sità come assistente incaricato, ed una volta líebbi la fortuna di unirmi a Fermi, Bernardini(che aveva avuto una Cattedra a Camerino po-chi mesi prima) ed Ageno (lui pure giovanelaureato), nella ricerca dei prodotti di disinte-grazione dei «mesoni» mu (allora chiamati me-sotroni ed anche yukoni) prodotti dai raggi co-smici. L’esistenza dei «mesoni» mu era stata

Ettore Majorana.

(*) Work partially supported by CNR, MURST andINFN. 1 Il primo storico di Ettore Majorana. Si vedano di E.Amaldi: «La Vita e l’Opera di E. Majorana (AccademiaNazionale dei Lincei; Roma, 1966); «Ricordo di Ettore Ma-jorana», Giornale di Fisica 9 (1968) 300; «Ettore Majora-na: Man and scientist», in Strong and Weak Interactions, acura di A. Zichichi (New York, 1966); «From the discoveryof the neutron to the discovery of nuclear fission», Phys.Rep. 111 (1984) 1-322; «I miei giorni con Fermi», in LaRepubblica, Supplemento al n. 285 del 31.12.86 (Roma).

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E. RECAMI: ETTORE MAJORANA: L’OPERA SCIENTIFICA EDITA E INEDITA

proposta circa un anno prima, ed il problemadel loro decadimento era già molto attuale.

Fu proprio mentre mi trovavo con Ferminella piccola officina del secondo piano, intentilui a lavorare al tornio un pezzo della cameradi Wilson che doveva servire a rivelare i meso-ni in fine range, io a costruire un trabiccoloper l’illuminazione della camera, utilizzante ilflash prodotto dall’esplosione di una fettucciadi alluminio cortocircuitata su una batteria,che Ettore Majorana venne in cerca di Fermi.Gli fui presentato e scambiammo poche parole.Una faccia scura. E fu tutto lí. Un episodio di-menticabile se dopo poche settimane, mentreero ancora con Fermi nella medesima officinet-ta, non fosse arrivata la notizia della scompar-sa da Napoli del Majorana. Mi ricordo cheFermi si dette da fare telefonando da varieparti sinché, dopo alcuni giorni, si ebbe l’im-pressione che non lo si sarebbe ritrovato piú.

Fu allora che Fermi, cercando di farmi capi-re che cosa significasse tale perdita, si espres-se in modo alquanto insolito, lui che era cosíserenamente severo quando si trattava di giu-dicare il prossimo. Ed a questo punto vorreiripetere le sue parole, cosí come da allora mele sento risuonare nella memoria: “Perché, ve-de, al mondo ci sono varie categorie di scien-ziati; gente di secondo e terzo rango, che fandel loro meglio ma non vanno molto lontano.C’è anche gente di primo rango, che arriva ascoperte di grande importanza, fondamentaliper lo sviluppo della scienza (e qui ho nettal’impressione che in quella categoria volessemettere se stesso)”. “Ma poi ci sono i geni,come Galileo e Newton. Ebbene, Ettore erauno di quelli. Majorana aveva quel che nes-sun altro mondo ha; sfortunatamente glimancava quel che invece è comune trovare ne-gli altri uomini, il semplice buon senso”.

Spero che queste mie righe ti dicano quantodesideravi. Cordiali saluti, Giuseppe Cocconi».

“Il semplice buon senso”; noi preferiremmodire il senso comune; il quale non è detto siasempre buono, o il migliore.

Enrico Fermi2 si espresse in maniera inso-lita anche in un’altra occasione, il 27 luglio1938 (dopo la scomparsa di Majorana, avve-nuta il sabato 26 marzo 1938), scrivendo daRoma al primo ministro Mussolini onde chie-

dere una intensificazione delle ricerche di Et-tore:

«Io non esito a dichiararVi, e non lo dicoquale espressione iperbolica, che fra tutti glistudiosi italiani e stranieri che ho avuto occa-sione di avvicinare il Majorana è fra tutti quel-lo che per profondità di ingegno mi ha mag-giormente colpito».

E un testimone diretto, Bruno Pontecorvo,aggiunge: «Qualche tempo dopo l’ingresso nelgruppo di Fermi, Majorana possedeva giàuna erudizione tale ed aveva raggiunto un ta-le livello di comprensione della fisica da pote-re parlare con Fermi di problemi scientificida pari a pari. Lo stesso Fermi lo riteneva ilpiú grande fisico teorico dei nostri tempi.Spesso ne rimaneva stupito [...]. Ricordoesattamente queste parole di Fermi: “Se unproblema è già posto, nessuno al mondo lopuò risolvere meglio di Majorana”.»

Il mito della “scomparsa” ha contribuito adare a Majorana, quindi, null’altro che la no-torietà che gli spettava, per essere egli dav-vero un genio: e di una genialità precorritricedei tempi. Anzi, cosí come avviene quando èvera, la sua fama è cresciuta e cresce col tem-po, anche tra i colleghi. Da una ventina d’anniè esplosa: e una elevata percentuale di pub-blicazioni scientifiche nel mondo (in alcunisettori della fisica delle particelle elementari)contiene ora il suo nome nel titolo.

Enrico Fermi è stato forse uno degli ultimi–– e straordinari –– esempi di grande teoricoe contemporaneamente di grande sperimen-tale. Majorana era invece un teorico puro, an-zi (per dirla con le stesse parole di Fermi, nelprosieguo del suo scritto a Mussolini) Ettoreaveva al massimo grado quel raro complessodi attitudini che formano il fisico teorico digran classe. Ettore «portava» la scienza, co-me ha detto Leonardo Sciascia: portava, anzi,la fisica teorica. Non era inferiore a un Wi-gner (premio Nobel 1963) o a un Weyl: i qua-li, per il loro rigore fisico-matematico, eranoforse gli unici per i quali Ettore nutrisse am-mirazione senza riserve.

Da un lato, quindi, non aveva alcuna pro-pensione per le attività sperimentali (neanchecostretto, per intenderci, avrebbe mai potutorecare contributi concreti a progetti comequello della costruzione tecnologica dellabomba atomica). Dall’altro lato, però, sapevacalarsi a profondità insuperate nella sostanza

2 Uno dei maggiori fisici della nostra epoca. Per quelloche ha fatto nel 1942 a Chicago (con la costruzione dellaprima «pila atomica») il suo nome diverrà forse leggen-dario come quello di Prometeo.

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dei fenomeni fisici, leggendovi eleganti sim-metrie e nuove potenti strutture matemati-che, o scoprendovi raffinate leggi. La suaacutezza lo portava a vedere al di là dei colle-ghi: ad essere cioè un pioniere. Perfino i suoiappunti di studio –– redatti in circa un anno apartire dagli inizi del 1928, quando egli passòdagli studi di ingegneria a quelli di fisica ––sono un modello non solo di ordine, divisi co-me sono in argomenti e persino muniti di in-dici, ma anche di originalità, scelta dell’es-senziale, e sinteticità. Tanto che questi qua-derni, noti come i Volumetti, potrebbero es-sere riprodotti fotograficamente e pubblicaticosí come si trovano, in modo analogo a quan-to qui si sta facendo per i suoi appunti di le-zione e a quanto fece la Chicago UniversityPress per gli appunti di meccanica quantisti-ca di Enrico Fermi: e costituirebbero un otti-mo testo moderno (dopo oltre cinquant’anni!)di Istituzione di fisica teorica.

2. – Il Concorso a Cattedre del 1937

2.1. – Dall’Archivio Centrale dello Stato

Dopo il concorso del 1926, in cui ottennerola cattedra Fermi, Persico e Pontremoli, pas-sarono altri dieci anni prima che si aprisse,nel 1937, un nuovo concorso per la fisica teo-rica, richiesto dall’università di Palermo peropera di Emilio Segré. Le vicende di questoConcorso, e specialmente i suoi antecedenti,hanno dato luogo nel 1975 ad una vivace pole-mica tra Leonardo Sciascia, Edoardo Amaldi,e altri (Segré, Zichichi, e chi scrive).

Qui ci limiteremo, secondo la nostra pro-pensione, a riprodurre i documenti certi, esi-stenti presso l’Archivio Centrale dello Stato(Serie Direz. Gen. Istruzione Superiore; Bu-sta Personali –– IIa serie; Fascicolo EttoreMajorana): in nostro possesso, questa volta,grazie ad una collaborazione coi ticinesi fra-telli Dubini, residenti a Colonia. I concorrentifurono numerosi, e molti di essi di elevato va-lore; soprattutto quattro: Ettore Majorana,Giulio Racah (ebreo, che successivamentepasserà da Firenze in Israele fondandovi lafisica teorica), GianCarlo Wick (di madre to-rinese e nota antifascista), e Giovanni Gentilejr. (come sappiamo figliolo dell’omonimo filo-sofo, già ministro –– come si direbbe ora ––

della Pubblica Istruzione), ideatore delle «pa-rastatistiche» in meccanica quantica. La com-missione giudicatrice era costituita da: Enri-co Fermi (presidente), Antonio Carrelli, Ora-zio Lazzarino, Enrico Persico e Giovanni Pol-vani.

Il verbale n.1 recita:

«La commissione nominata da S.E. il Mini-stro dell’Educazione Nazionale, e formata daiProfessori Carrelli Antonio, Fermi S.E. Enri-co, Lazzarino Orazio, Persico Enrico, PolvaniGiovanni si è riunita alle ore 16 del giorno 25ottobre 1937-XV in un’aula dell’Istituto Fisicodella R. Università di Roma. La commissionesi è costituita nominando come Presidente S.E.Fermi, e come Segretario Carrelli.

Dopo esauriente scambio di idee, la Commis-sione si trova unanime nel riconoscere la posi-zione scientifica assolutamente eccezionale delProf. Majorana Ettore che è uno dei concor-renti. E pertanto la Commissione decide di in-viare una lettera e una relazione a S.E. il Mini-stro per prospettargli l’opportunità di nomina-re il Majorana professore di Fisica Teorica peralta e meritata fama in una Università del Re-gno, indipendentemente dal concorso chiestodalla Università di Palermo. La Commissione,in attesa di ricevere istruzioni da S.E. il Mini-stro, si aggiorna fino a nuova convocazione.

La seduta è tolta alle ore 19. Letto approva-to e sottoscritto seduta stante.

E. Fermi, O. Lazzarino,E. Persico, G. Polvani, A. Carrelli.»

La lettera inviata lo stesso giorno a S.E. ilMinistro, sulla quale il ministro GiuseppeBottai vergò a mano la parola «Urgente», ri-pete il contenuto del verbale, dichiarando ilProf. Majorana Ettore avere tra i concorrentiuna posizione scientifica nazionale e interna-zionale di tale risonanza che

«la Commissione esita ad applicare a lui laprocedura normale dei concorsi universitari».

Tale lettera ha un allegato, Relazione sullaattività scientifica del Prof. Ettore Majora-na; firmata, come sempre, nell’ordine: Fermi,Lazzarino, Persico, Polvani e Carrelli. Vedia-mola:

«Prof. Majorana Ettore si è laureato in Fisi-ca a Roma nel 1929. Fin dall’inizio della suacarriera scientifica ha dimostrato una profon-dità di pensiero ed una genialità di concezioneda attirare su di lui la attenzione degli studiosi

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di Fisica Teorica di tutto il mondo. Senza elen-carne i lavori, tutti notevolissimi per l’origina-lità dei metodi impiegati e per l’importanza deirisultati raggiunti, ci si limita qui alle seguentisegnalazioni:

Nelle teorie nucleari moderne il contributoportato da questo ricercatore con la introdu-zione delle forze dette “Forze di Majorana” èuniversalmente riconosciuto tra i piú fonda-mentali, come quello che permette di compren-dere teoricamente le ragioni della stabilità deinuclei. I lavori del Majorana servono oggi dibase alle piú importanti ricerche in questocampo.

Nell’atomistica spetta al Majorana il meritodi aver risolto, con semplici ed eleganti consi-derazioni di simmetria, alcune tra le piú intri-cate questioni sulla struttura degli spettri.

In un recente lavoro infine ha escogitato unbrillante metodo che permette di trattare inmodo simmetrico l’elettrone positivo e negati-vo, eliminando finalmente la necessità di ricor-rere all’ipotesi estremamente artificiosa ed in-soddisfacente di una carica elettrica infinita-mente grande diffusa in tutto lo spazio, que-stione che era stata invano affrontata da moltialtri studiosi».

Uno dei lavori piú importanti di Ettore,quello in cui introduce la sua “equazione ainfinite componenti” (di cui diciamo nella se-zione 5.4), non è menzionato: ancora non erastato capito. È interessante notare, però, cheviene dato giusto rilievo alla sua teoria sim-metrica per l’elettrone e l’anti-elettrone (og-gi in auge, per la sua applicazione a neutrinie anti-neutrini); e a causa della capacità dieliminare l’ipotesi cosiddetta “del mare diDirac” (P.A.M. Dirac, premio Nobel 1933):ipotesi che viene definita “estremamente ar-tificiosa e insoddisfacente”, nonostante cheessa dai piú sia sempre stata accettata inmaniera acritica. E questo tocco di originali-tà in un documento burocratico è rallegran-te; e l’argomento ci trova del tutto consen-zienti.

Una volta attribuita la cattedra a Ettore“fuori concorso” –– applicando una legge cheera stata usata per dare una cattedra univer-sitaria, appunto fuori concorso, a GuglielmoMarconi (premio Nobel 1909) ––, la commis-sione riprendeva i suoi lavori giungendo al-l’unanimità alla formazione della terna vin-cente: 1o) Gian Carlo Wick; 2o) Giulio Racah;3o) Giovannino Gentile. Wick andò a Palermo,Racah a Pisa, e Gentile jr. a Milano. Giovan-

nino Gentile, grande amico di Ettore3, scom-parirà prematuramente nel 1942.

3. – L’opera scientifica

«En science, nous devons nous intéresseraux choses, non aux personnes», ebbe a do-ver dire la polacca Marya SklNodowska in Cu-rie (Madame Curie: premio Nobel 1903-Fisicae 1911-Chimica).

Ettore scrisse pochi articoli scientifici: no-ve; oltre allo scritto semi-divulgativo “Il valo-re delle leggi statistiche nella fisica e nellescienze sociali”, pubblicato postumo su Scien-tia (36 (1942) 55-66) a cura di G. Gentile. Siricordi che Majorana passò da ingegneria afisica nel 1928 (anno in cui pubblicò già unarticolo, il primo: scritto insieme con l’amicoGentile), e poi si dedicò alla fisica teorica soloper pochissimi anni, fino al 1933.

Ma Ettore ci ha lasciato anche vari mano-scritti scientifici inediti, pure depositati pres-so la “Domus Galilaeana”; di cui abbiamo re-datto un catalogo in collaborazione con M.Baldo e R. Mignani. L’analisi di questi mano-scritti permette di rilevare: 1) come Ettorefosse estremamente diligente e preciso nel la-voro. Tutte le sue scoperte risultano precedu-te da una indefessa serie di calcoli, fatti e ri-fatti: anche per i piú dotati, naturalmente, lascienza non può essere solo un semplice giocodi intuizioni, come invece la leggenda avevavoluto farci credere; 2) che fra il materialeinedito molti spunti hanno ancora interessescientifico attuale (insieme coi colleghi citati,abbiamo operato una selezione: alcune centi-naia di pagine (trasmesse in copia anche alCenter for History of Physics dell’A.I.P.,New York, e relativa “Niels Bohr Library”)possono ancora essere utili per la ricerca con-temporanea; ma solo poche pagine sono stateda noi interpretate e pubblicate 4; 3) che tuttoil materiale esistente sembra scritto entro il1933 (anche la bozza dell’ultimo articolo, sulla

3 Due belle e interessanti lettere di Ettore a GiovanninoGentile ci sono recentemente pervenute grazie al corteseinteressamento di L. Sciascia, L. Canfora e F. Valentini.4 M. Baldo, R. Mignani e E. Recami: «About a Dirac-likeequation for the photon, according to Ettore Majorana»,Lett. Nuovo Cimento 11 (1974) 568, interessante pure ai finidi una possibile interpretazione fisica della funzione d’ondadel fotone. Ved. anche E. Giannetto, Lett. Nuovo Cimento 44(1985) 140 e 145; e S. Esposito, Found. Phys. 28 (1998) 231.

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“Teoria simmetrica dell’elettrone e del posi-trone”, che Ettore pubblicherà alle soglie delconcorso a cattedra nel 1937, pare fosse giàpronta dal 1933, anno in cui si ha la confermadella scoperta –– appunto –– del positone);4) che quasi nulla ci è noto di ciò che egli fecenegli anni a seguire (1934–1938). A parte unalunga serie di 34 lettere di risposta, scritte daEttore in quegli anni (precisamente dal17.3.31 fino al 16.11.37) allo zio Quirino, ilquale lo sollecitava a fornire una spiegazioneteorica dei risultati dei propri esperimenti.Queste lettere, pervenute a suo tempo aFranco Bassani e a noi per concessione di Sil-via Quirino Toniolo, sono di carattere essen-zialmente tecnico: tanto che ne abbiamo pub-blicato altrove solo una piccola parte; ma essemostrano in tal modo che anche negli ultimianni Ettore, almeno per amore dello zio, bensapeva tornare alla fisica, mostrando di pos-sedere sempre le sue doti di eccelso teorico.

Invero la sorella Maria ricorda che anchein quegli anni Ettore –– il quale aveva dirada-to sempre piú le sue visite all’Istituto, a co-minciare dalla fine del 1933, cioè dal suo rien-tro da Lipsia –– continuò a studiare e lavora-re a casa parecchie ore al giorno; e la notte.Si diede Ettore solo a studi di letteratura efilosofia (amava particolarmente Pirandello,Schopenhauer e Shakespeare), o di «teoriadei giochi» e strategia navale (sua passionefin dall’infanzia), nonché di economia, di poli-tica e infine di medicina; oppure continuò adedicarsi anche alla Fisica? Dalla lettera aQuirino del 16.1.1936 ci viene ora una rispo-sta; perché veniamo a sapere che Ettore sioccupava «da qualche tempo di elettrodina-mica quantistica». Conoscendo la modestia diEttore nell’esprimersi, ciò significa che du-rante l’anno 1935 Majorana si era dedicato afondo a ricerche originali nel settore –– per lomeno –– della elettrodinamica quantistica. Eancora nel 1938, a Napoli, Carrelli avrà l’im-pressione che Ettore stesse lavorando a qual-cosa di importante, di cui non voleva parlare. Altri lumi ci giungono, indirettamente, dalleimportanti lettere scritte al C.N.R. da Lipsia,e di cui diremo nella sezione 5.7.

3.2. – Le prime pubblicazioni

Torniamo agli articoli pubblicati. I pri-mi, redatti tra il 1928 e il 1931, riguardano

problemi di fisica atomica e molecolare: perlo piú questioni di spettroscopia atomica odi legame chimico (sempre, s’intende, nel-l’ambito della meccanica quantistica). Comescrive E. Amaldi, un esame approfondito diquesti lavori lascia colpiti per la loro altaclasse: essi rivelano sia una profonda co-noscenza dei dati sperimentali anche nei piúminuti dettagli, sia una disinvoltura non co-mune, soprattutto a quell’epoca, nello sfrut-tare le proprietà di simmetria degli «statiquantistici» per semplificare qualitativa-mente i problemi e per scegliere la via piúopportuna per la risoluzione quantitativa.Tra questi primi articoli ne scegliamo unsolo:

“Atomi orientati in campo magnetico varia-bile” apparso sulla rivista Nuovo Cimento,vol. 9 (1932) pp.43-50. È l’articolo, famosotra i fisici atomici, in cui viene introdottol’effetto ora noto come Effetto Majorana-Brossel. In esso Ettore prevede e calcola lamodificazione della forma delle righe spet-trali dovuta a un campo magnetico oscillante;e ciò in connessione a un esperimento tenta-to a Firenze qualche anno prima (benchésenza successo) da G. Bernardini ed E. Fer-mi. Questo lavoro è rimasto anche un classi-co della trattazione dei processi di ribalta-mento «non adiabatico» dello spin (o «spin-flip»). I suoi risultati –– una volta estesi, co-me suggerito dallo stesso Majorana, da Rabinel 1937 e quindi, nel 1945, da Bloch e Rabi(i quali, entrambi premi Nobel (Rabi: 1944;Bloch: 1952), contribuirono a diffonderequanto trovato da Ettore tredici anni prima)–– hanno costituito la base teorica del meto-do sperimentale usato per ribaltare anche lospin dei neutroni con un campo a radiofre-quenza: metodo impiegato ancor oggi, adesempio, in tutti gli spettrometri a neutronipolarizzati.

In questo articolo viene introdotta anche lacosiddetta “Sfera di Majorana” (per rappre-sentare spinori mediante set di punti di unasuperficie sferica), di cui ha parlato entusia-sticamente –– per esempio –– Roger Penrosenei suoi ultimi libri semi-divulgativi (si veda-no in bibliografia le citazioni di Penrose eZimba e Penrose, e quelle piú recenti di C.Leonardi, F. Lillo et al.).

Gli ultimi tre articoli di Ettore sono tutti ditale importanza che nessuno di essi può re-stare senza commento.

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3.3. – L’equazione a infinite componenti

L’articolo “Teoria relativistica di particellecon momento intrinseco arbitrario” NuovoCimento, vol. 9 (1932) pp. 335-344) è il tipicoesempio di lavoro che precorre talmente itempi da venire compreso e valutato a fondosolo molti anni dopo.

A quel tempo era opinione comune che sipotessero scrivere equazioni quantistichecompatibili con la Relatività (cioè «relativisti-camente invarianti») solo nel caso di particel-le a spin zero o un mezzo. Convinto del con-trario, Ettore comincia a costruire opportuneequazioni quanto-relativistiche per i successi-vi valori possibili per lo spin (uno, tre mezzi,ecc.); finché scopre che si può scrivereun’unica equazione rappresentante una serieinfinita di casi, cioè un’intera famiglia infinitadi particelle a spin qualsiasi (si ricordi cheallora le particelle note –– che ora sono centi-naia –– si contavano sulle dita di una mano!).Tralascia allora tutti i singoli casi studiati ––senza piú pubblicarli –– e si dedica solo aqueste equazioni «a infinite componenti»,senza trascurare l’osservazione che esse pos-sono descrivere non solo particelle ordinariema anche tachioni.

Per realizzare questo programma inventauna tecnica per la “rappresentazione di ungruppo” vari anni prima della “scoperta” diqueste tecniche da parte di Eugene Wigner(premio Nobel 1963). Piú ancora, Majoranaricorre per la prima volta –– inventandole ––alle rappresentazioni unitarie del Gruppo diLorentz a infinite dimensioni: rappresenta-zioni riscoperte da Wigner in lavori del 1939e 1948. Per comprendere l’importanza di que-st’ultimo aspetto, rifacciamoci a quanto Etto-re stesso –– pur tanto schivo –– riferisce asuo padre da Lipsia il 18 febbraio 1933:

Nell’ultimo mio articolo apparso sul «NuovoCimento» è contenuta una importante scopertamatematica, come ho potuto accertarmi me-diante un colloquio col professor van derWaerden, olandese che insegna qui, una dellemaggiori autorità in teoria dei gruppi».

Questa teoria è stata reinventata da mate-matici sovietici (in particolare Gelfand e col-laboratori) in una serie di articoli del 1948-1958, e finalmente applicata dai fisici in anniancora piú tardi. L’articolo iniziale di Ettore,anzi, rimarrà in ombra per ben 34 anni, cioè

fino a quando Amaldi lo traduce e segnala alfisico americano D. Fradkin, il quale a suavolta strabilia i teorici delle alte energie ren-dendo finalmente di pubblico dominio (nel1966)5 quanto compiuto da Majorana tantianni prima. Dalla data del 1966, la fama diEttore comincia a crescere costantementeanche tra i fisici delle particelle fondamentali.

3.4. – Le forze di scambio

Non appena, al sorgere del 1932, giunge aRoma notizia degli esperimenti dei Joliot-Cu-rie (premio Nobel 1935 per la chimica), Etto-re comprende che essi avevano scoperto il“protone neutro” senza accorgersene. Primaancora, quindi, che ci fosse l’annuncio ufficia-le della scoperta del neutrone, effettuata po-co dopo da Chadwick (premio Nobel 1935 perla fisica), Majorana è in grado di spiegare lastruttura e la stabilità dei nuclei atomici me-diante protoni e neutroni. (I suoi manoscrittiinediti ci dicono che egli si era già cimentatosu questo problema ricorrendo, invano, a pro-toni ed elettroni: che erano le uniche particel-le in precedenza note). Ettore precorse cosíanche il lavoro pionieristico di D. Ivanenko.Ma non volle pubblicarne nulla, né permise aFermi di parlarne a Parigi agli inizi di luglio:ciò è narrato da Segré e da Amaldi. I suoicolleghi ricordano che già prima di Pasquaera giunto alle conclusioni piú importanti del-la sua teoria: che protoni e neutroni fosserolegati da forze quantistiche originate sempli-cemente dalla loro indistinguibilità; cioè da“forze di scambio” delle rispettive posizionispaziali (e non anche degli spin, come invecefarà Heisenberg), cosí da ottenere la particel-la alfa (e non il deutone) quale sistema satu-rato rispetto alla energia di legame.

Solo dopo che Heisenberg pubblica il pro-prio articolo sullo stesso argomento, Fermiriesce a indurre Majorana a recarsi a Lipsiapresso il grande collega. E, finalmente, Hei-senberg sa convincere Ettore a pubblicare(anche se tanto in ritardo) i propri risultati:“Über die Kerntheorie”, lavoro apparso il 3marzo 1933 su Zeitschrift für Physik, vol. 82(1933) pp. 137-145.

5 D. Fradkin: Am. J. Phys. 34 (1966) 314.

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Le forze “di scambio” nucleari sono ora chia-mate forze di Heisenberg-Majorana. Ettore neparla al padre, con grande modestia, nella stes-sa lettera prima citata (del 18.2.1933):

«Ho scritto un articolo sulla struttura deinuclei che a Heisenberg è piaciuto molto ben-ché contenesse alcune correzioni a una sua teo-ria». Sempre su questo lavoro scrive pochigiorni dopo, il 22 febbraio, alla madre: «Nel-l’ultimo “colloquio”, riunione settimanale a cuipartecipano un centinaio tra fisici, matematici,chimici, etc., Heisenberg ha parlato della teo-ria dei nuclei e mi ha fatto molta réclame aproposito di un lavoro che ho scritto qui. Sia-mo diventati abbastanza amici...».

Probabilmente la pubblicazione sulla stabilitàdei nuclei venne subito riconosciuta dalla comu-nità scientifica (in particolare dai fisici nucleari)–– evento raro, come sappiamo, per gli scritti diEttore –– anche grazie a questa opportuna“propaganda” fattane da Heisenberg, che pro-prio pochi mesi dopo riceverà il premio Nobel.

L’avversione a pubblicare le proprie sco-perte, quando esse fossero risultate, all’esa-me del suo senso ipercritico, o di caratterenon abbastanza generale o espresse in formamatematica non abbastanza stringente edelegante, divenne per Ettore anche motivo divezzo. Racconta Amaldi:

«Talvolta nel corso di una conversazione conqualche collega diceva quasi incidentalmentedi aver fatto durante la sera precedente il cal-colo o la teoria di un fenomeno non chiaro cheera caduto sotto l’attenzione sua o di qualcunodi noi in quei giorni. Nella discussione che se-guiva, sempre molto laconica da parte sua, Et-tore a un certo punto tirava fuori dalla tasca ilpacchetto delle sigarette Macedonia (era unfumatore accanito) sul quale erano scritte, inuna calligrafia minuta ma ordinata, le formuleprincipali della sua teoria o una tabella di ri-sultati numerici. Copiava sulla lavagna partedei risultati, quel tanto che era necessario perchiarire il problema, e poi, finita la discussionee fumata l’ultima sigaretta, accartocciava ilpacchetto nella mano e lo buttava nel cestino».

Estremamente interessanti sono pure duealtri passi di lettera. Il 14.2.1933, sempre daLipsia, Majorana racconta alla madre:

«L’ambiente dell’istituto fisico è molto sim-patico. Sono in ottimi rapporti con Heisenberg,con Hund e con tutti gli altri. Sto scrivendo

alcuni articoli in tedesco. Il primo è già pron-to, e spero di eliminare qualche confusione lin-guistica durante la correzione delle bozze».

Il lavoro “già pronto” è naturalmente quel-lo sulle forze nucleari di cui si sta parlando; ilquale, però, rimase l’unico in lingua tedesca.

Ancora: nella lettera del 18 febbraio dichia-ra al padre

«... pubblicherò in tedesco, estendendolo,anche l’ultimo mio articolo apparso sul NuovoCimento».

In realtà Ettore non pubblicò piú, né inGermania, né al rientro in Italia, a parte l’ar-ticolo (del 1937) di cui stiamo per dire.

Di notevole importanza è quindi sapere cheEttore stesse scrivendo altri lavori: in parti-colare, che stesse estendendo il suo articolosulla equazione a infinite componenti. Nelbrano alla madre, è probabile si riferisca pu-re alla sua teoria simmetria di elettrone e an-ti-elettrone, pubblicata solo quattro anni piútardi.

3.5. – Il neutrino di Majorana

Dai manoscritti lasciati pare, come si è det-to, che Majorana formulasse in quegli stessianni (1932-33) le linee essenziali anche dellasua teoria simmetrica per l’elettrone e l’anti-elettrone: che le formulasse, cioè, non appenasi diffuse la notizia della scoperta dell’anti-elettrone, o “positone”. Anche se Ettore pub-blica tale teoria solo molto piú tardi, accin-gendosi a partecipare al Concorso a cattedradi cui sappiamo: “Teoria simmetrica dell’elet-trone e del positone”, Nuovo Cimento, vol. 14(1937) pp.171-184. Questa pubblicazione vieneinizialmente notata quasi esclusivamente peraver introdotto la famosa rappresentazionedi Majorana delle “matrici di Dirac” in for-ma reale6. Conseguenza di tale teoria è cheun “fermione” neutro debba coincidere con la

6 Si noti, però, che l’algebra R(4) C R3,1 cosí introdottada Majorana è del tutto diversa dall’algebra C (4) C R4,1introdotta da Dirac. Osserviamo, en passant, che l’alge-bra di Majorana è una delle due algebre associabili natu-ralmente allo spazio di Minkowski (la seconda essendoR1,3 C H(2), ove H(2) è l’algebra delle matrici quaternio-niche 2 3 2).

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propria antiparticella: ed Ettore suggerisceche i neutrini possano essere particelle diquesto tipo.

Ettore ci teneva molto a questa sua elabo-razione teorica; ciò è testimoniato da Carrel-li, che ne discusse con Ettore durante il bre-ve periodo di lezioni a Napoli.

Come per altri scritti di Majorana, anchequesto articolo ha cominciato ad avere fortu-na solo vent’anni dopo, a partire dal 1957.Dopo di che ha goduto di fama via via cre-scente tra i fisici delle particelle relativisti-che e delle teorie di campi7. Ora sono di granmoda espressioni come «spinori di Majora-na», «massa di Majorana», «neutrini di Majo-rana».

Le pubblicazioni di Majorana (ancora poconote, nonostante tutto) sono per la Fisica unaminiera. Recentemente, ad esempio, CarloBecchi ha osservato come nelle prime paginedi questo scritto si trovi una formulazioneestremamente chiara del principio d’azionequantistico, che in anni successivi, attraversoi lavori di Schwinger e Symanzik, ha portatoagli sviluppi recenti piú importanti di teoriadei campi quanto-relativistici.

3.6. – Esistono altri manoscritti scientificiinediti?

Tornando alla lettera del 18 febbraio al pa-dre, in essa troviamo una notizia molto inte-ressante: «Pubblicherò in tedesco, estenden-dolo, anche l’ultimo mio articolo apparso sul“Nuovo Cimento”». Questo progetto non ver-rà poi realizzato; ma è importante che Ettoreavesse in mente di generalizzare il lavoro incui aveva introdotto la sua equazione a infini-te componenti. Anzi, la questione diviene delmassimo rilievo quando si leggano le lettereinviate in quel periodo al CNR (ritrovatepresso gli archivi del C.N.R., e a me pervenu-te attraverso la cortesia di G. Fioravanti esoprattutto del collega M. De Maria). Nellaprima (21.1.33) Ettore specifica: «Attendo at-tualmente alla elaborazione di una teoriaper la descrizione di particelle con momento

intrinseco arbitrario che ho iniziata in Ita-lia, e di cui ho dato notizia sommaria nelNuovo Cimento (in corso di stampa)...». Nellaseconda (3.3.33) dichiara addirittura, riferen-dosi al medesimo lavoro: «Ho inviato allaZeitschrift für Physik un articolo sulla teo-ria dei nuclei. Ho pronto il manoscritto diuna nuova teoria delle particelle elementarie lo invierò alla stessa rivista fra qualchegiorno...». Se ricordiamo che l’articolo quiconsiderato come “notizia sommaria” di unanuova teoria era già di altissimo livello, sicomprende come sarebbe di enorme interessescoprire una copia della teoria completa: laquale nel marzo 1933 aveva già assunto laforma di un manoscritto compiuto, forse giàdattiloscritto in lingua tedesca.

Ma Ettore non ne fece piú nulla; tanto chenella sua relazione finale (14.9.33) al CNRnon la menziona neppure piú: era divenutatabù. Dopo avervi ricordato l’articolo sulla“Teoria dei nuclei”, infatti, Majorana passasubito a parlare delle ricerche iniziate nelsecondo periodo di Lipsia: «Nell’ultimo pe-riodo della mia residenza a Lipsia ho ini-ziato altri lavori che non ho potuto in segui-to, per motivi di salute, né completare néavvicinare alla conclusione. Credo inutileparlarne». Perché? Perché Ettore, poi, nonne fece niente? Si potrebbe pensare che al-l’ultimo momento abbia riscontrato qualchegrave errore, che inficiasse la sua nuova teo-ria. Ma, conoscendo Majorana, non lo ritenia-mo probabile. Propendiamo, semmai, perun’altra possibile spiegazione: il referee dellarivista tedesca può avere respinto il suo ma-noscritto, tanto pionieristico, non avendolocapito (purtroppo l’archivio di quegli annidella Zeitschrift für Physik pare sia andatoperduto durante la Seconda guerra mondia-le). Ed Ettore non era persona da mettersi acombattere con gli sciocchi. Il colpo di graziapuò essergli venuto da quei burocrati delCNR i quali pretenderanno che gli articoli diMajorana, che avrebbero recato lustro allamigliore rivista internazionale di fisica,uscissero sulle (allora ancora provinciali) ri-viste di lingua italiana. Ettore rispose a tono(il 9.5.33), ma poi potrebbe avere preso ilsopravvento in lui quella noia, quel malesse-re per la stupidità umana che in un genio, inlui pur cosí affettuoso col prossimo, dovevaagire ancora piú prepotentemente che nei co-muni mortali.

7 Nel 1981, ad esempio, una rivista giapponese di fisicaha ripubblicato in lingua inglese (con traduzione a curadi Luciano Maiani) questo articolo di circa quarantacin-que anni prima.

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IL NUOVO SAGGIATORE

Non dimentichiamo però che la citata lette-ra a Quirino del 16.1.1936 ci ha rivelato chesuccessivamente Ettore continuò a lavorarein fisica teorica, occupandosi a fondo –– per lomeno –– di elettrodinamica quantistica. Dovesono finiti gli appunti, gli scritti, gli articolirelativi a tutta questa attività?

In seguito ad una approfondita ricerca8 ef-fettuata –– in qualità di regista televisivo ––per conto della Rai-3, Sede di Palermo, Bru-no Russo ha rintracciato e opportunamenteintervistato, nel 1990, gli studenti che segui-rono le lezioni universitarie tenute da Majo-rana a Napoli nei primi mesi del 1938. Si ècosí venuti a sapere che Majorana, il giornoprima di salpare da Napoli (e successivamen-te sparire), consegnò alla propria studentessaSig.na Gilda Senatore (ora Prof.ssa Senatore)una cartelletta di carte scientifiche. Si ha ra-gione di credere che tale cartelletta contenes-se anche alcuni almeno dei risultati del lavorosvolto da Majorana, in isolamento (e senzapubblicarne nulla: eccezion fatta per il mate-riale confluito nella “tarda” pubblicazionen. 9), tra il 1933 e il 1938. Tali risultati sareb-bero di straordinaria importanza, piú ancorache storica, per la stessa fisica teorica con-temporanea.

Avvenne che la Sig.na Senatore mostrò imanoscritti di Majorana al Dottor Cennamo,suo futuro marito, allora Assistente del Di-rettore Antonio Carrelli, e questi ritenne op-portuno consegnarli –– in via burocratica egerarchica –– al Professor Carrelli; e, perquanto a noi ora consta, essi si persero. Taleperdita, per la fisica teorica moderna, è dav-vero grave. Al riguardo ha dato nuova, am-pia, interessante testimonianza la stessaProf.ssa Gilda Senatore, durante le celebra-zioni organizzate nel 1998 dalla memore Uni-versità di Napoli per i sessant’anni dallascomparsa di Majorana.

3.7. – Testimonianze di colleghi

Molte altre idee di Ettore, quando non re-starono nella sua mente, hanno lasciato trac-

cia soltanto nelle sue carte inedite, o nellamemoria dei colleghi.

Una delle testimonianze piú interessantiche abbiamo raccolto è di GianCarlo Wick.Da Pisa il 16 Ott. 1978 scrive:

«Caro Prof. Recami: ...Il contatto scientifico(tra me ed Ettore) di cui le accennò Segré nonavvenne a Lipsia, ma a Roma in occasione delCongresso Volta (dunque assai prima del sog-giorno di Majorana a Lipsia). La conversazio-ne ebbe luogo in un ristorante, in presenza diHeitler, e dunque senza lavagna né formulescritte; ma nonostante l’assenza di dettagliquello che Majorana descrisse a parole era una“teoria relativistica di particelle cariche di spinzero basata sull’idea di quantizzazione deicampi” (seconda quantizzazione). Quando assaipiú tardi vidi il lavoro di Pauli9 e Weisskopfrimasi assolutamente convinto che quello cheMajorana aveva descritto fosse la stessa cosa.Beninteso, Majorana non pubblicò nulla e pro-babilmente non ne parlò a molti. Non ho nes-sunissima ragione di pensare che Pauli e Weis-skopf ne sapessero nulla... –– Cordialmente ––Suo G.C. Wick».

E dal M.I.T. (Cambridge, Mass.), il 16maggio 1984, Victor Weisskopf ci scriverà:

«Dear Dr.Recami: ... I am very glad thatyou have found a letter in which Majoranasays that he had good relations with me... Ihave only a vague recollection that I did havea discussion (at Copenhagen, in 1933), withMajorana about the newest developments inquantum electrodynamics».10

L’articolo di Pauli e Weisskopf a cui accen-na GianCarlo Wick uscí nel 1934 (HelveticaPhysica Acta 7 (1934) 709). Continua Wick

«... Non ebbi mai occasione in seguito di parla-re a Heitler di questo episodio ... Non ci sareb-be da stupirsi se se ne fosse dimenticato, per-ché Majorana aveva parlato della cosa con queltono distaccato e ironico che spesso usava an-che a proposito delle cose sue. Insomma, senzadarsi importanza...».

8 B. Russo: «Ettore Majorana –– Un giorno di marzo»,programma televisivo trasmesso il 18.12.90 (Rai Tre ––Sicilia).

9 Premio Nobel 1945. 10 «Sono molto contento che lei abbia trovato una letterain cui Majorana dice che avere buoni rapporti con me ...Io ricordo solo vagamente che ebbi in effetti [a Copena-ghen, nel 1933] a discutere con Majorana intorno ai piúrecenti sviluppi dell’elettrodinamica quantistica».

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E. RECAMI: ETTORE MAJORANA: L’OPERA SCIENTIFICA EDITA E INEDITA

Un’altra testimonianza ci giunge, anche seindirettamente, dalla grande e tragica figuradi Bruno Touschek. Il 29.10.76 da Rieti ciscriveva infatti Eliano Pessa:

«Abbiamo discusso con Touschek il tuo lavo-ro su Majorana11 in Scientia 110 (1975) 577; haavuto da dire per ciò che riguarda il tuo elencodelle opere scientifiche di Majorana a pag. 585.Secondo lui si dovrebbe aggiungere la teoriadell’“oscillatore di Majorana”, che è implicita-mente contenuta nella sua teoria del neutrino.L’oscillatore di Majorana è descritto daun’equazione del tipo q̈ 1 v2q 4 e n d(t), dove eè una costante e d è la funzione delta di Dirac.Secondo Touschek le proprietà di questo oscil-latore presentano un notevole interesse, specieper ciò che riguarda lo spettro energetico. Nonvi è, comunque, una bibliografia in merito...».

Il problema, in verità, sembra essere nontanto quello di risolvere l’equazione (ben no-ta), quanto di intendere cosa avesse in mente(quali condizioni al contorno, ad esempio)Bruno Touschek.

3.8. – Wataghin

Approfittiamo, infine, dei ricordi di Wata-ghin per ritornare ai giorni di Lipsia. GlebWataghin, il noto fisico italiano di origineucraina recentemente scomparso, fondatoredella fisica brasiliana, ce ne ha lasciato unatestimonianza nel 1975 presso l’Università diCampinas (Stato di San Paolo del Brasile), inuna intervista raccolta in lingua portoghesepresso l’Istituto di Fisica che da lui prende ilnome. Il linguaggio, ovviamente, è colloquiale:

«A Lipsia, ove lavorava Heisenberg, incon-trai Jordan, Debye, Max Born che vi stava ar-rivando, ed anche Ettore Majorana: giovaneche pareceu, como era realmente, um verda-deiro genio... Il cameratismo, l’amicizia esi-stente tra gli scienziati... si manifestava, peresempio, nel modo in cui si svolgevano le di-scussioni scientifiche, cosí come le manifesta-zioni sportive. A Lipsia ci si riuniva, per unseminario di due ore, dalle due alle quattro delpomeriggio. Di mattina i teorici dormono. 12

Dopo si andava a giocare a ping-pong nella mi-gliore biblioteca, su un tavolo per gli studenti.Posso dire che il campione era Heisenberg. Poisi andava a piedi in una birreria, e magari sigiocava a scacchi. Si giocava a scacchi ancheall’Istituto di fisica. Poiché Heisenberg erauno dei direttori, nessuno protestava che sigiocasse a ping-pong o a scacchi in biblioteca:cosa impensabile, a quel tempo, in altri Istitu-ti... Ai seminari giungeva gente di tutto il mon-do. Per esempio, ricordo che una volta il semi-nario fu tenuto da Norzig e un suo collega: fu-rono obbligati a una discussione molto impe-gnativa depois das perguntas que faziam oHeisenberg e o Ettore Majorana (a seguitodelle domande che fecero H. ed E.M.)».

Ancora, dichiara Wataghin nell’intervista:

«Vorrei ricordare in particolare la figura diMajorana, che –– secondo il giudizio di molti, ein particolare dello stesso Fermi –– era un ge-nio eccezionale... Ammalato, soffriva di ulcera,mangiava quasi esclusivamente latte; non pra-ticava sport o ginnastica; molte volte facevadelle lunghe passeggiate da solo. Poco comuni-cativo. Ma lo incontravamo ogni tanto, il saba-to. Era molto critico: trovava che toda genteque ele encontrava era não preparada, ouestúpida, etc. Si occupava molto di leggi stati-stiche applicate alla materia nucleare... Lasimmetria di scambio tra protoni e neutronipoteva essere completa, compresi carica espin; o riguardare solo la carica, o lo spin. Ciònon era stato proposto o studiato da altri. E lasimmetria per scambio delle sole posizioni diprotoni e neutroni (senza toccare lo spin) per-metteva di comprendere statisticamente per-ché la materia nucleare dovesse avere una den-sità costante... Il che faceva sí che la teoria diMajorana avesse un grande vantaggio rispettoa quella proposta da Heisenberg».

3.9. – P.S.: Gli appunti per la lezione inaugu-rale (13.1.38)

In questa prima lezione di carattere intro-duttivo illustreremo brevemente gli scopi del-la fisica moderna e il significato dei suoi me-todi, soprattutto in quanto essi hanno di piúinaspettato e originale rispetto alla fisicaclassica.

La fisica atomica, di cui dovremo principal-mente occuparci, nonostante le sue numerosee importanti applicazioni pratiche –– e quelledi portata piú vasta e forse rivoluzionaria che

11 E. Recami: «Nuove notizie sulla scomparsa del fisicoE. Majorana», Scientia 110 (1975) 577-598.12 Ricordiamo la «definizione» di fisica di Orear: «La Fi-sica è quella cosa che fanno i fisici la sera tardi»

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IL NUOVO SAGGIATORE

l’avvenire potrà riservarci ––, rimane anzitut-to una scienza di enorme interesse speculati-vo, per la profondità della sua indagine cheva veramente fino all’ultima radice dei fattinaturali. Mi sia perciò consentito di accenna-re in primo luogo, senza alcun riferimento aspeciali categorie di fatti sperimentali e sen-za l’aiuto del formalismo matematico, ai ca-ratteri generali della concezione della naturache è accettata nella nuova fisica.

La fisica classica (di Galileo e Newton) al-l’inizio del nostro secolo era interamente le-gata, come si sa, a quella concezione mecca-nicistica della natura che dalla fisica è dila-gata non solo nelle scienze affini, ma anchenella biologia e perfino nelle scienze sociali,informando di sé in tempi a noi abbastanzavicini tutto il pensiero scientifico e buonaparte di quello filosofico; benché, a dire il ve-ro, l’utilità del metodo matematico che ne co-stituiva la sola valida giustificazione sia rima-sta sempre circoscritta esclusivamente allafisica.

Questa concezione della natura poggiavasostanzialmente su due pilastri: l’esistenzaoggettiva e indipendente della materia, e ildeterminismo fisico. In entrambi i casi sitratta, come vedremo, di nozioni derivate dal-l’esperienza comune e poi generalizzate e re-se universali e infallibili soprattutto per il fa-scino irresistibile che anche sugli spiriti piúprofondi hanno in ogni tempo esercitato leleggi esatte della fisica, considerate veramen-te come il segno di un assoluto e la rivelazio-ne dell’essenza dell’universo: i cui segreti, co-me già affermava Galileo, sono scritti in ca-ratteri matematici.

L’oggettività della materia è, come dicevo,una nozione dell’esperienza comune, poichéquesta insegna che gli oggetti materiali han-no un’esistenza a sé, indipendente dal fattoche essi cadano o meno sotto la nostra osser-vazione. La fisica matematica classica ha ag-giunto a questa constatazione elementare laprecisazione o la pretesa che di questo mondooggettivo è possibile una rappresentazionementale completamente adeguata alla suarealtà, e che questa rappresentazione menta-le può consistere nella conoscenza di un seriedi grandezze numeriche sufficienti a determi-nare in ogni punto dello spazio e in ogniistante lo stato dell’universo fisico.

Il determinismo è invece solo in parte unanozione dell’esperienza comune. Questa dà in-fatti al riguardo delle indicazioni contraddit-torie. Accanto a fatti che si succedono fatal-mente, come la caduta di una pietra abbando-nata nel vuoto, ve ne sono altri –– e non solonel mondo biologico –– in cui la successionefatale è per lo meno poco evidente. Il deter-minismo in quanto principio universale dellascienza ha potuto perciò essere formulato so-lo come generalizzazione delle leggi che reg-gono la meccanica celeste. È ben noto che unsistema di punti –– quali, in rapporto alle lo-ro enormi distanze, si possono considerare icorpi del nostro sistema planetario –– si muo-ve e si modifica obbedendo alle leggi di New-ton... (omissis)... Ne segue che la configura-zione futura del sistema può essere previstacon il calcolo purché se ne conosca lo statoiniziale (cioè l’insieme delle posizioni e veloci-tà dei punti che lo compongono). E tutti san-no con quale estremo rigore le osservazioniastronomiche abbiano confermato l’esattezzadella legge di Newton; e come gli astronomisiano effettivamente in grado di prevederecon il suo solo aiuto, e anche a grandi distan-ze di tempo, il minuto preciso in cui avràun’eclisse, o una congiunzione di pianeti o al-tri avvenimenti celesti.

Per esporre la meccanica quantistica nelsuo stato attuale esistono due metodi presso-ché opposti. L’uno è il cosiddetto metodo sto-rico: ed esso spiega in qual modo, per indica-zioni precise e quasi immediate dell’esperien-za, sia sorta la prima idea del nuovo formali-smo; e come questo si sia successivamentesviluppato in una maniera obbligata assai piúdalla necessità interna che non dal tenereconto di nuovi decisivi fatti sperimentali.L’altro metodo è quello matematico, secondo ilquale il formalismo quantistico viene presenta-to fin dall’inizio nella sua piú generale e perciòpiú chiara impostazione, e solo successivamentese ne illustrano i criteri applicativi. Ciascuno diquesti due metodi, se usato in maniera esclusi-va, presenta inconvenienti molto gravi.

È un fatto che, quando sorse la meccanicaquantistica, essa incontrò per qualche tempopresso molti fisici sorpresa, scetticismo eperfino incomprensione assoluta, e ciò so-prattutto perché la sua consistenza logica,coerenza e sufficienza appariva, piú che dub-

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E. RECAMI: ETTORE MAJORANA: L’OPERA SCIENTIFICA EDITA E INEDITA

bia, inafferrabile. Ciò venne anche, benchédel tutto erroneamente, attribuito a una par-ticolare oscurità di esposizione dei primicreatori della nuova meccanica; ma la verità èche essi erano dei fisici, e non dei matematici,e che per essi l’evidenza e giustificazione del-la teoria consisteva sotrattutto nell’immedia-ta applicabilità ai fatti sperimentali che l’ave-vano suggerita. La formulazione generale,chiara e rigorosa è venuta dopo, e in parteper opera di cervelli matematici. Se dunquenoi rifacessimo semplicemente l’esposizionedella teoria secondo il modo della sua appari-zione storica, creeremo dapprima inutilmenteuno stato di disagio o di diffidenza, che haavuto la sua ragione d’essere ma che oggi nonè piú giustificato e può essere risparmiato.Non solo, ma i fisici –– che sono giunti, nonsenza qualche pena, alla chiarificazione deimetodi quantistici attraverso le esperienzementali imposte dal loro sviluppo storico ––hanno quasi sempre sentito a un certo mo-mento il bisogno di una maggiore coordina-zione logica, di una piú perfetta formulazionedei princípi, e non hanno sdegnato per questocompito l’aiuto dei matematici.

Il secondo metodo, quello puramente mate-matico, presenta inconvenienti ancora mag-giori. Esso non lascia in alcun modo intende-re la genesi del formalismo e in conseguenzail posto che la meccanica quantistica ha nellastoria della scienza. Ma soprattutto esso de-lude nella maniera piú completa il desideriodi intuirne in qualche modo il significato fisi-co, spesso cosí facilmente soddisfatto dalleteorie classiche. Le applicazioni, poi, benchéinnumerevoli, appaiono rare, staccate, perfi-no modeste di fronte alla sua soverchia e in-comprensibile generalità.

Il solo mezzo di rendere meno disagevole ilcammino a chi intraprende oggi lo studio del-la fisica atomica, senza nulla sacrificare dellagenesi storica delle idee e dello stesso lin-guaggio che dominano attualmente, è di pre-mettere un’esposizione il piú possibile ampiae chiara degli strumenti matematici essenzia-li della meccanica quantistica, in modo cheessi siano già pienamente familiari quandoverrà il momento di usarli e non spaventinoallora o sorprendano per la loro novità: e sipossa cosí procedere speditamente nella deri-vazione della teoria dai dati dell’esperienza.

Questi strumenti matematici in gran partepreesistevano al sorgere della nuova mecca-

nica (come opera disinteressata di matematiciche non prevedevano un cosí eccezionale cam-po di applicazione), ma la meccanica quanti-stica li ha «sforzati» e ampliati per soddisfarealle necessità pratiche; cosí essi non verrannoda noi esposti con criteri di matematici, ma difisici. Cioè senza preoccupazioni di un ecces-sivo rigore formale, che non è sempre facile araggiungersi e spesso del tutto impossibile.

La nostra sola ambizione sarà di esporrecon tutta la chiarezza possibile l’uso effettivoche di tali strumenti fanno i fisici da oltre undecennio, nel quale uso –– che non ha maicondotto a difficoltà o ambiguità –– sta lafonte sostanziale della loro certezza.

Ettore Majorana

4. – Elenco delle Pubblicazioni di EttoreMajorana

In un articolo in corso di stampa sui Qua-derni di Storia della Fisica del «Giornale diFisica» (articolo molto piú ricco anche dalpunto di vista biografico) elencheremo i ma-noscritti scientifici inediti lasciati dal Majora-na (fornendo in particolare il catalogo deisuoi «Quaderni»). Qui seguiranno solo brevicenni di tale materiale scientifico inedito.

Cominciamo col ricordare gli scritti da Ma-jorana pubblicati: i quali pure, come già sidiceva, sono una miniera ancora parzialmenteinesplorata di idee e di tecniche di alta fisicateorica. Abbiamo già detto, per fare solo unesempio, che nell’articolo n. 6 (quello in cuiviene scoperto l’effetto Majorana-Brossel)Ettore introdusse anche la “Sfera di Majora-na” per rappresentare spinori mediante puntisu di una superficie sferica. Tale invenzione ènota solo da quando R. Penrose, accortosenein anni non lontani, ne ha fatto opportunapropaganda in 300 Years of Gravity, a cura diS. W. Hawking W. Israel (Cambridge Univer-sity Press; 1987). Questa “Sfera” viene at-tualmente studiata da un gruppo di Palermo(C. Leonardi, F. Lillo, A. Vaglica e G. Vetri:ved. la Bibliografia).

1 –– “Sullo sdoppiamento dei termini Roent-gen ottici a causa dell’elettrone rotantee sulla intensità delle righe del Cesio”,in collaborazione con Giovanni GentileJr.: Rendiconti Accademia Lincei, vol.8, pp. 229–233 (1928).

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IL NUOVO SAGGIATORE

2 –– “Sulla formazione dello ione molecolaredi He”: Nuovo Cimento, vol. 8, pp. 22-28(1931).

3 –– “I presunti termini anomali dell’Elio”:Nuovo Cimento, vol. 8, pp. 78-83 (1931).

4 –– “Reazione pseudopolare fra atomi diIdrogeno”: Rendiconti Accademia Lin-cei, vol. 13, pp. 58-61 (1931).

5 –– “Teoria dei tripletti P8 incompleti”:Nuovo Cimento, vol. 8, pp. 107-113(1931).

6 –– “Atomi orientati in campo magnetico va-riabile”: Nuovo Cimento, vol. 9, pp. 43-50 (1932).

7 –– “Teoria relativistica di particelle conmomento intrinseco arbitrario”: NuovoCimento, vol. 9 , pp. 335-344 (1932).

8 –– “Über die Kerntheorie”: Zeitschrift fürPhysik, vol. 82, pp. 137-145 (1933).

8bis –– “Sulla teoria dei nuclei”: La RicercaScientifica, vol. 4 (1), pp. 559-565 (1933).

9 –– “Teoria simmetrica dell’elettrone e delpositrone”: Nuovo Cimento, vol. 14, pp.171-184 (1937).

10 –– “Il valore delle leggi statistiche nella fi-sica e nelle scienze sociali” (pubblicazio-ne postuma, a cura di G. Gentile Jr.):Scientia, vol. 36, pp. 55-66 (1942).

Alcuni commenti:

7. È il famoso articolo con l’equazionequanto-relativistica a infinite componenti

8. È l’articolo con le «forze di scambio»nucleari di Majorana-Heisenberg (che spiegaad esempio come esse si saturino per la parti-cella alfa).

9. È il manoscritto che E. M. estrasse dalcassetto nel 1937 (era pronto dal 1932/33), epubblicò, circa i neutrini di Majorana, la“massa di Majorana”, gli spinori di Majorana,etc. All’inizio, esso fu notato quasi soltantoper la presenza della rappresentazione (diMajorana) delle matrici di Dirac.

10. È lo scritto, postumo che fu estratto daGiovannino Gentile (figlio di uno dei piú fa-mosi filosofi italiani della prima metà del se-colo, cioè dell’ex Ministro dell’EducazioneNazionale G. Gentile sr.) dalle carte lasciateda E. M. Si tratta di un articolo semidivulga-

tivo. Tra parentesi. G. Gentile jr. fu il primoa introdurre le parastatiche (tanto che inAmerica Latina vari autori chiamano «genti-lioni» le particelle che obbediscono a para-statistiche).

PARTE II

BREVI CENNI SUI MANOSCRITTI SCIENTIFICI

INEDITI DI E. MAJORANA

1. – Introduzione

Diamo qui breve notizia dei manoscrittiscientifici inediti lasciati da Ettore Majora-na13 e a noi finora noti, e del relativo Catalo-go. La maggior parte di tali manoscritti sitrovano presso gli archivi della “Domus Gali-laeana” di Pisa.14 Oltre ai suoi appunti per leproprie lezioni universitarie tenute a Napolitra il Gennaio e il Marzo 1938 –– appunti re-centemente pubblicati15 –– essi comprendonoessenzialmente: (a) la tesi di laurea; (b) do-dici fascicoli (riordinati da R. Liotta;16 (c) cin-que Volumetti manoscritti; e (d) diciottoQuaderni.

I “Volumetti” sono stati redatti da Majora-na tra il 1927 e il 1930, tranne l’ultimo che èstato presumibilmente scritto nel 1932 (nonprima, perché il Volumetto V contiene apag. 8 la schematizzazione dell’interazionenucleare, mediante scattering da buca sfericaa profilo rettangolare, sotto il titolo “Urto traprotoni e neutroni”: e il nome neutrone venneconiato nel 1932(5);17 e non dopo, perché ver-so il termine vi si incontrano i prodromi delsuo articolo n. 7, uscito nel 1932). Essi sonoquaderni-libro, ordinatissimi, divisi in capito-li, con pagine numerate e indice. I loro indici

13 Si vedano ad es. E. Recami: «Ettore Majorana: loscienziato e l’uomo», in bibliografia(3), pp. 131-174; ed E.Recami: Il caso Majorana: Epistolario, Documenti, Te-stimonianze, 2a ediz. (Mondadori; Milano, 1991).14 Cfr. ad es. E. Amaldi: La vita e l’opera di E. Majora-na (Acc. dei Lincei; Roma, 1966).15 Ettore Majorana –– Lezioni all’Università di Napoli,a cura di B. Preziosi (Bibliopolis; Napoli, 1987).16 R. Liotta: in bibliografia(2), pag. 91.17 Ved. ad esempio P. Caldirola ed E. Recami: Voci«Teorie fondamentali» e «Componenti fondamentali del-la materia», in Scienza e Tecnica del Novecento (EST/Mondadori; Milano, 1977).

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E. RECAMI: ETTORE MAJORANA: L’OPERA SCIENTIFICA EDITA E INEDITA

18 M. Baldo, R. Mignani E. Recami: «About a Dirac-likeequation for the photon, according to Ettore Majorana»,Lett. Nuovo Cimento 11 (1974) 568; E. Recami: «Possiblephysical meaning of the photon wave-function accordingto E. Majorana», in Hadronic Mechanics and Non-Po-tential Interactions, a cura di M. Mijatovich (Nova Sc.Pub.; New York, 1990), p. 231. 19 E. Giannetto: Lett. Nuovo Cimento 44 (1985) 140; 44(1985) 145; E. Giannetto: in Atti IX Congresso Naz.leStoria della Fisica, a cura di F. Bevilacqua (Milano,1988); E. Giannetto: «E. Majorana and the rise of Ele-mentary particle theoretical physics», accettato per lapubblicazione su Physics; «On Majorana’s theory of arbi-trary spin particles», in corso di stampa sui Proceedingsof the School on the Scientific Heritage of E.Majorana -Erice, 1989; «E. Majorana e il problema degli stati adenergia negativa», in corso di stampa sugli Atti del Con-vegno sui Beni Culturali - Pavia, 1990.

sono stati già resi noti da Liotta. (4) Nei Volu-metti –– scritti ciascuno nel tempo di un an-no circa –– Ettore sintetizza tutto ciò che ri-tiene essenziale dei suoi studi, prima di stu-dente e poi di ricercatore. Come si è già det-to altrove, tali Volumetti potrebbero essereriprodotti fotograficamente, cosí come sono,e costituirebbero un ottimo testo moderno diconsultazione in fisica teorica per gli studen-ti universitari di oggi. Essi, tra parentesi,mettono in evidenza una delle caratteristichepiú geniali di Ettore: cioè la capacità di scer-nere fra tutto il materiale gli elementi mate-matici e fisici piú importanti per gli sviluppifuturi.

2. – I «Volumetti»: Cenno

A volte i «Volumetti» contengono anchespunti originali. Qui segnaliamo, in breve,quanto segue.

Vol. II: nel capitolo 31, a pag. 78, Majoranacerca di ricavare la relazionee2 4 aˇc;

Vol. III: nel cap. 18, a pag. 105, sotto il titolo«Matrici di Dirac e Gruppo di Lo-rentz» (scritto tra il 28.06.29 e il23.04.30), tratta il problema delle rap-presentazioni di un numero generico pdi matrici di Dirac con un numero ar-bitrario n di dimensioni: cioè il pro-blema dell’equazione d’onda relativi-stica di un oggetto con spin arbitrarioin uno spazio-tempo p-dimensionale;

Vol. V: nel cap. 2, a pag. 8, tratta –– come si èdetto –– dell’urto fra il protone e l’ap-pena scoperto neutrone (prescinden-do dallo spin del neutrone: “se esi-ste”, dice); nel cap. 8, a pag. 36, co-mincia la trattazione delle rappresen-tazioni unitarie a infinite dimensionidel gruppo di Lorentz, che sfocerànell’articolo n. 7 del 1932.

3. – I Quaderni Scientifici

Il materiale che richiama la maggior atten-zione è costituito dai diciotto Quaderni scien-tifici, in cui Ettore stende le parti piú impor-

tanti delle sue ricerche a noi note (dopo i pri-mi tentativi eseguiti, insieme coi calcoli nu-merici, su fogli a parte: raccolti ora nei fasci-coli). Di questi Quaderni agli inizi degli annisettanta non esisteva ancora alcun catalogoaccettabile, dato che in Bibliografia (4) eranostati solo elencati i «titoli» che Majoranastesso, saltuariamente e casualmente, avevavoluto mettere all’inizio di qualche sua inda-gine teorica: salvo poi, magari, interromperetale indagine dopo mezza pagina per iniziarne–– senza alcun segnale –– una diversa, conti-nuandola per parecchie pagine. In tali anni,quindi, ci si accinse a redarne un Catalogo(ved. bibliografia), che qua e là presenta an-cora qualche incertezza.

I Quaderni non recano date, e la loro nume-razione (preesistente al nostro intervento)non segue l’ordine cronologico: per esempio,Ettore compilò il Quaderno IX ancora da stu-dente. Osserviamo, tra parentesi, come l’esa-me dei manoscritti inediti suggerisca che an-che il materiale per l’articolo n. 9 (pubblicatosolo nel 1937, alle soglie del Concorso a cat-tedre universitarie) sia stato sostanzialmentepreparato da Ettore entro il 1933.

Naturalmente tra il materiale inedito (enon solo nei Quaderni) molti spunti e molteidee hanno ancora interesse scientifico attua-le; noi abbiamo operato una selezione di talemateriale: alcune centinaia di pagine (tra-smesse in copia anche al Center for Historyof Physics dell’A.I.P., New York, e relativaNiels Bohr Library) possono essere ancorautili per la ricerca contemporanea. Una picco-la parte di esse sono state da noi studiate,interpretate e pubblicate.18, 19

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IL NUOVO SAGGIATORE

Il Catalogo dei Quaderni (a suo tempo redat-to a cura di M. Baldo, R. Mignani e E. Reca-mi) è in stampa sui Quaderni di Storia dellaFisica del «Giornale di Fisica».

Ringraziamenti

Per la fattiva collaborazione ai fini dellarealizzazione di questo lavoro, l’autore è mol-to grato a Marcello Baldo, Franco Bassani,Francisco Caruso, Carlo Castagnoli, France-sco del Franco, Francisca V. Fortaleza-Go-mes, Mário Giambiagi, J. Leite Lopes, EttoreMajorana Jr., Alwyn van der Merwe, RobertoMignani, A. Oleandri, Pio Picchi, Bruno Pre-ziosi, Renato A. Ricci, Míriam Segre Giam-biagi, Amós Troper, Pasquale Tucci e Car-men Vasini, oltre che alla famiglia Majoranadi Roma e Catania, e alla “Domus Galilaeana”di Pisa (Prof. Derenzini, Prof. Maccagni,Prof. C.A. Segnini, Dr.ssa A. Colotto, Dr. D.Ronco, Dr. Tricarichi, Sig.na Puccianti, e Sig.Guerri). Ringrazia inoltre, per la generosacooperazione, Dharam Ahluwalia, EdoardoAmaldi, Carlo Becchi, Gilberto Bernardini,Nicola Cabibbo, Giuseppe Cocconi, Aldo Co-vello, Mimmo De Maria, Antonino Drago, Do-natello e Fosco Dubini, Salvatore Esposito,Myron Evans, Alberto Gabriele, Enrico Gian-netto, Françoise Gueret, Philippe Gueret, An-tonio Insolia, Francesco Izzo, Corrado Leo-nardi, Fabrizio Lillo, Annamaria Papa, Fran-co Rasetti, Umberto Recami, Tina Roberto,Bruno Russo, Laura R. Sansoni, Gianni San-soni, Edvige Schettino, Leonardo Sciascia,Emilio Segré, Gilda Senatore, Paolo Strolin,Franco Strumia, Alexander Tenenbaum, Et-tore G. Vaccaro, Victor Weisskopf e Giancar-lo Wick.

Bibliografia

–– AA.VV.: Scienziati e tecnologi contemporanei: Enciclope-dia Biografica, 3 voll., a cura di E.Macorini (Milano,1974).

–– E. Amaldi: La Vita e l’Opera di E. Majorana (Accademiadei Lincei; Roma, 1966).

–– E. Amaldi: «Ettore Majorana: Man and Scientist», inStrong and Weak Interactions, a cura di A. Zichichi (NewYork, 1966).

–– E. Amaldi: «Ricordo di Ettore Majorana», in Giornale diFisica 9 (1968) 300.

–– E. Amaldi: «From the discovery of the neutron to the di-scovery of nuclear fission», in Phys. Rep. 111 (1984) 1-322.

–– E. Amaldi: in Il Nuovo Saggiatore 4 (1988) 13.

–– M. Baldo, R. Mignani e E. Recami: «Catalogo dei mano-scritti scientifici inediti di E. Majorana», in E. Majorana– Lezioni all’Università di Napoli (Bibliopolis; Napoli,1987), p. 175.

–– M. Bunge: La Causalità (Torino, 1970).–– F. L. Cavazza e S. R. Granbard: Il Caso Italiano: Italia

Anni ’70 (Milano, 1974).–– Conferenze e Discorsi di Orso Mario Corbino (Roma,

1939).–– D. De Masi (a cura di): L’emozione e la regola: I gruppi

creativi in Europa dal 1850 al 1950 (G. Laterza, 1989).–– F. e D. Dubini: «La scomparsa di Ettore Majorana», pro-

gramma televisivo trasmesso nel 1987 (TV svizzera).–– G. Enriques: Via D’Azeglio 57 (Zanichelli; Bologna, 1971).–– S. Esposito: «Covariant Majorana formulation of electro-

dynamics», in Found. Phys. 28 (1998) 231-244.–– G. Fraser: in Cern Courier 38, issues no. 5 and 6 (Summer

and Sept., 1998).–– M. Farinella: in L’Ora (Palermo), 22 e 23 luglio 1975.–– E. Fermi: «Un maestro: O.M. Corbino», in Nuova Antolo-

gia 72 (1937) 313.–– L. Fermi: Atomi in Famiglia (Milano, 1954).–– B. Gentile: «Lettere inedite di E. Majorana a G. Gentile

jr», in Giornale critico della filosofia italiana (Firenze,1988) p. 145.

–– E. Giannetto: «Su alcuni manoscritti inediti di E. Majora-na», in Atti IX Congresso Naz.le di Storia della Fisica, acura di F. Bevilacqua (Milano, 1988) p. 173.

–– G. C. Graziosi: «Le lettere del mistero Majorana», in Do-menica del Corriere (Milano), 28 novembre 1972.

–– G. Holton: The Scientific Information: Case Studies(Cambridge, 1978).

–– C. Leonardi, F. Lillo, A. Vaglica e G. Vetri: «Quantumvisibility, phase-difference operators, and the MajoranaSphere», preprint (Dipartimento di Fisica, Università diPalermo, Italy; 1998), in corso di stampa; «Majorana andFano alternatives to the Hilbert space», in Mysteries,Puzzles, and Paradoxes in Quantum Mechanics, a curadi R. Bonifacio (A.I.P.; Woodbury, N.Y., 1999), pp. 312-315. Ved. anche F. Lillo: «Aspetti Fondamentali nell’In-terferometria a Uno e Due Fotoni», Tesi di Dottorato (re-latore C. Leonardi), Università di Palermo, 1998.

–– A. Majorana: «La questione degli spostati e la riformadell’Istruzione Pubblica in Italia», discorso alla Cameradell’ 11 marzo 1899 (Roma, 1899).

–– Ettore Majorana –– Lezioni all’Università di Napoli, acura di B. Preziosi (Bibliopolis; Napoli, 1987).

–– G., A. e D. Majorana: Della Vita e delle Opere di Salvato-re Majorana Calatabiano (Catania, 1911).

–– R. Mignani, E. Recami e M. Baldo: «About a Diraclikeequation for the photon, according to E. Majorana», Lett.Nuovo Cimento 11 (1974) 568.

–– R. Penrose: Ombre della Mente (Shadows of the Mind)(Rizzoli; 1996), pp. 338-343 e 371-375.

–– R. Penrose: «Newton, quantum theory and reality», in300 Years of Gravity, a cura di S.W. Hawking W. Israel(Cambridge University Press; 1987).

–– B. Pontecorvo: Fermi e la Fisica Moderna (Roma, 1972).–– B. Pontecorvo: contributo al Congresso sulla storia della

fisica delle particelle (Parigi, 1982).–– S. Ponz de Leon: «Speciale News: Majorana», trasmesso

il 30.9.1987 (Canale Cinque).–– E. Recami: Il caso Majorana: Epistolario, Documenti,

Testimonianze, 2a edizione, nella serie «Oscar» (Monda-dori; Milano, 1991), pp. 1-230. (Di questo volume esisteun’ottima traduzione in francese ad opera di F. Ph. Gueret(inedita)).

–– E. Recami: «I nuovi documenti sulla scomparsa di E. Ma-jorana», in Scientia 110 (1975) p. 577.

–– E. Recami: in La Stampa (Torino), 1 giugno e 29 giugno1975.

–– E. Recami: in Corriere della Sera (Milano), 19 ottobre1982 e 13 dicembre 1983.

–– E. Recami: «E. Majorana: lo scienziato e l’uomo», in E.Majorana –– Lezioni all’Università di Napoli (Bibliopo-lis; Napoli, 1987), p. 131; e «A cinquant’anni dalla scom-parsa di E.Majorana», in Mondotre (Siracusa, 1988) p.119.

–– E. Recami: in Ciência & Sociedade: PERFIS, a cura di F.Caruso e A. Troper (C.B.P.F.; Rio de Janiero, 1997), pp.107-172.

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BRUNO TOUSCHEKCarlo BernardiniDipartimento di Fisica, Università di Roma«La Sapienza» Piazzale A. Moro 2, Roma.

Bruno Touschek non sarebbe potuto nascereche a Vienna, come fece il 3 febbraio 1921. Equando sentì che la morte si avvicinava, volletornare in Austria, dove morì assai giovane, il25 maggio 1978. L’Austria di Karl Kraus, diEgon Schiele, di Gustav Klimt e di LudwigWittgenstein: una eccezionale miscela di ele-ganza, eccentricità e razionalità che in Brunosi riconosceva immediatamente. Guai a nonavere il senso dell’umorismo! Con lui, si ri-schiava di soccombere agli scatti di impazien-za che accompagnavano una battuta sprecata,un riferimento colto non afferrato. Tuttavia,va detto subito che se Touschek esigeva daicolleghi più illustri e autorevoli di essere al-l’altezza della loro posizione accademica, al-trettanto, al contrario, era indulgente e di-sponibile con i giovani, con gli studenti. E cheseguisse una vocazione tutta particolare perla didattica va ricordato, a suo onore, speciein tempi in cui queste vocazioni si vanno per-dendo in una sorta di infondato disprezzo. Ri-percorrendo le innumerevoli note, scritte coninchiostri nerissimi in una calligrafia un po’ la-tina e un po’ gotica, su quaderni ordinati a pa-

gine numerate, si scopre in genere che accantoagli embrioni delle sue idee si sviluppano i millemodi per rendere comprensibili le cose della fi-sica, con particolare riguardo alle formulazionimatematiche e alle tecniche di soluzione.

Bruno aveva alcune idee di riferimento, conle quali produceva la maggior parte delle suerappresentazioni mentali. Può apparire pre-suntuoso, da parte mia, cercare di illustrarequeste idee in modo schematico, ma in tantianni di dimestichezza era impossibile non ac-corgersene, non scoprirle. Intanto, l’elettro-dinamica quantistica era per lui uno dei passi

Erasmo Recami, si è laureato in Fisica a Milano nel1964, ottenendo successivamente i gradi R-5 e R-3dell’INFN, e la Libera Docenza (1971) in fisica teori-ca. La sua attività d’insegnamento, iniziata nel 1968,si è svolta soprattutto presso l’Università di Catania(dove ha tenuto corsi di Teoria delle Reazioni Nu-cleari, Fisica I e II; Fisica Molecolare, Fisica Supe-riore e Storia della Fisica), e si svolge ora pressol’Università Statale di Bergamo (dove insegna Fisi-ca, e Struttura della materia). Ha insegnato anchepresso l’Università Statale di Campinas (Stato diSan Paolo del Brasile), ove per due anni ha ricopertola carica elettiva di capo del locale Istituto di Mate-matica Applicata.

Oltre che in Italia e in Brasile, ha svolto ricercascientifica a Austin (Texas), Kiev (ex-Urss), Oxford(UK), Copenaghen (Danimarca), WroclCaw (Polonia),ecc. La sua attività di ricerca, espressa in circa due-cento pubblicazioni, ha coperto temi di Relatività,Fisica delle particelle, Meccanica quantistica, Fisicanucleare, e Storia della fisica.

–– V. Reforgiato: Cenni Biografici e Critici su Angelo Majo-rana (Catania, 1895).

–– V. Reforgiato: Raccolta di Recensioni e Giudizi sulleOpere del Prof. Avv. Giuseppe Majorana (Catania, s.d.).

–– A. Rocca: Il Liberty a Catania (Catania, 1984).–– B. Russo: «Ettore Majorana –– Un giorno di marzo», pro-

gramma televisivo trasmesso il 18.12.90 (Rai Tre – Sici-lia).

–– G. Scavonetti: La Vita e l’Opera di Angelo Majorana (Fi-renze, 1910).

–– E. Schroedinger: Scienza e Umanesimo (Firenze, 1970).–– L. Sciacca: I Catanesi Com’Erano (Catania, 1975).–– L. Sciascia: La Scomparsa di Majorana (Torino, 1975).–– E. Segré: Enrico Fermi, Fisico (Bologna, 1971).–– E. Segré: Autobiografia di un Fisico (Il Mulino; 1995).–– E. Segré: «Una lettera inedita di E.Majorana», in Storia

contemporanea 19 (1988) p. 107.–– C. Tarsitani: «O.M. Corbino», in Sapere 49 (Roma, 1983),

n. 5.–– S. Timpanaro: Pagine di scienza: Leonardo (Milano,

1926).–– V. Tonini: «Il Taccuino Incompiuto» (Armando; Roma,

1984) (pregevole divagazione, che parte da una tipica fin-zione letteraria per indagare liberamente sulla possibile«vita segreta» di E. Majorana).

–– G. Wataghin: in Boletím Informativo, Instituto de Físi-ca Gleb Wataghin, Universidade Estadual de Campinas(Unicamp; Campinas, S.P.), 6 e 13 settembre 1982.

–– J. Zimba e R. Penrose: Stud. Hist. Phil. Sci. 24 (1993)697.

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più importanti di tutta la storia della fisica,buon modello anche per la costruzione delleinterazioni deboli: non a caso era stato un at-tento seguace di Wolfgang Pauli sin dagli an-ni della gioventù (e fu in casa di Bruno cheebbi occasione di incontrare Pauli e di prova-re una soggezione indicibile). Il concetto disimmetria discreta è poi un altro dei leitmo-tiv del suo modo di pensare, e ne troviamoimportanti manifestazioni in lavori degli anni’50 in cui introduce sia la simmetria chirale(la non conservazione della parità era stataappena scoperta) che le speculazioni più im-portanti sul problema dell’inversione tempo-rale. È di quegli anni un sodalizio con LuigiRadicati e Giacomo Morpurgo, nonché conMarcello Cini: alcuni di noi più anziani ricor-dano ancora la vivacità delle discussioni al se-condo piano dell’edificio Marconi all’universi-tà di Roma. Molta della fisica teorica di alloraveniva concepita e sviluppata in corridoio, nelbraccio che andava dalla stanza di EdoardoAmaldi a quella di Enrico Persico che, ognitanto, facevano capolino incuriositi e veniva-no catturati ed edotti (con Marcello Conversi,che era in posizione mediana).

A quel tempo, la fisica italiana delle parti-celle elementari si stava affrancando dai rag-gi cosmici: a Frascati, era in via di completa-mento un sincrotrone per elettroni, sotto ladirezione di Giorgio Salvini. Disporre di unfascio di particelle di alta energia era quantodi meglio si potesse desiderare. Le interazio-ni forti affascinavano Touschek ma, come hodetto, l’elettrodinamica era il suo modelloprediletto, sicché arrivare alle interazioniforti attraverso l’elettrodinamica era il suomodello prediletto, sicché arrivare alle inte-razioni forti attraverso l’elettrodinamica glisembrava la strada naturale: urti fra adroni,diceva, fanno troppo «rumore»; molto megliola gentilezza degli elettroni. Gli adroni, dice-va, sono hooligans, teppisti e vanno bene peril CERN... Intanto, faceva modelli per riso-nanze adroniche, convinto che nella nozionedi risonanza fosse la chiave di volta per lacomprensione della materia nucleare. Questaconvinzione era un’altra delle sue rappresen-tazioni preferite, ora cercherò di spiegareperché. Intanto, scuoteva il capo scontentoper gli acceleratori di quell’epoca: certo, me-glio, molto meglio dei raggi cosmici; ma chespreco! Un elettrone relativistico contro unbersaglio pesante, sia pure un protone, spre-

ca quasi tutta la sua energia nel moto finaledel centro di massa piuttosto che per produr-re «reazioni», cioè stati finali interessanti connuove particelle (risonanze). Lentamente, sifece strada nella sua mente l’idea che si po-tesse fare molto meglio e molto di più. Brunoimmaginava il vuoto fisico come un magazzi-no di «pezzi fondamentali», che si sarebberomanifestati come modi normali del vuoto (ri-sonanze, masse/frequenze caratteristiche ––il suo modo di ragionare era intrinsecamenterelativistico). Il problema era quello di «de-positare» nel vuoto una ragionevole quantitàdi energia, qualificata con numeri quanticiappropriati, per eccitare questi modi normalie portarli allo scoperto. Certo, non c’era daaspettarsi molto da stati iniziali carichi, o connumeri barionici o leptonici non nulli; dunquegli stati iniziali prevedibilmente più interes-santi non potevano essere che stati di parti-cella-antiparticella; in particolare, nel casoelettrone-positrone, i numeri quantici del si-stema avrebbero potuto essere quelli di unfotone, l’intermediario prediletto di ogniscambio energetico! Insomma, Bruno avevain mente una rappresentazione dielettrica delvuoto fisico: effettivamente, tra i suoi appuntimanoscritti si ritrovano alcuni tentativi di la-vorare con una costante dielettrica adronicadefinita in modo semiclassico. A quel tempo,ricordo, uno dei problemi era quello di qualeuso fare delle relazioni di dispersione per loscattering: con gli acceleratori convenzionali,per esempio il Linac di Stanford (elettroni da500 MeV), Robert Hofstadter aveva misuratoi fattori di forma di nucleoni e nuclei, avevacioè ricostruito la geometria degli oggetti ad-ronici a partire dalle figure di diffrazione(formula di Rosenbluth) corrispondenti alloscattering elastico, cioè a momenti trasferitispace-like. Si trattava di estendere le misureal settore time-like! Il trasferimento di mo-mento avveniva per l’intermediario di un fo-tone (virtuale, fuori del mass-shell) in en-trambi i casi: dunque, il prolungamento anali-tico dello scattering era l’annichilazione. An-nichilazione di positroni su elettroni fermi,nemmeno a parlarne: energie disponibili nelcentro di massa per produrre adroni, ridicole.Ma si poteva pensare di sparare elettronicontro positroni in un anello magnetico, inmodo che il centro di massa fosse fermo. Il 7marzo 1960 Bruno fa un seminario ai Labora-tori Nazionali di Frascati e propone di realiz-

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zare un anello magnetico in cui fare collidereelettroni e positroni viaggianti a velocità relati-vistiche su un’unica orbita: a chi gli chiede«perché mai dovrebbero incontrarsi?» rispondecon tono sprezzante che «basta il teorema TCPper convincersi che lo faranno»; e così scrivesulla proposta che apparirà del Nuovo Cimen-to, utilizzando la sua fiducia nelle simmetrie di-screte e nell’elettrodinamica quantistica.

Lì per lì, i problemi tecnici di una tale im-presa furono elencati con una certa spregiu-dicatezza: come produrre e iniettare fasci dipositroni? Come assicurare un vuoto suffi-ciente per avere fasci stabili accumulati pertempi lunghi? Come monitorare ciò che acca-de in un simile dispositivo? Come misurare laproduttività della macchina? Eccetera. Brunosi convertì all’istante da fisico teorico dei piùastratti a fisico applicato: siccome l’idea erapiaciuta, Salvini, Amaldi e Felice Ippolito (al-lora segretario del CNEN) avevano trovato ifondi per realizzarla in quattro e quattr’otto,bisognava rimboccarsi le maniche e risolverei problemi pratici. Mai sarebbero stati risosltisenza le eccezionali risorse intellettuali ecompetenze messe in gioco dai nostri colleghiGiorgio Ghigo e Gianfranco Corazza: ad en-trambi, Bruno si affezionò con un sentimentodi ammirazione che mai gli avevo visto primaper altri. Seppi dopo che questo lo riportavaal clima in cui aveva collaborato con Rolf Wi-deröe, R. Kollath e G. Schumacher alla co-struzione di un betatrone da 15 MeV, nel1943-44 (a Pfuhlsbüttel, vicino ad Amburgo);e che da giovanissimo aveva lavorato in unafabbrica radioelettronica tedesca e costruitotubi a raggi catodici.

Irruento e determinato com’era, però,quando concepisce l’idea dell’Anello di Accu-mulazione (AdA) va dritto da Salvini che ave-va appena messo in funzione l’elettrosincro-trone da 1100 MeV, un vero successo per queitempi, e cerca di convincerlo del fatto che «èuna macchina poco intelligente» di scarsa uti-lità; così che sarebbe stato meglio convertirloin anello di accumulazione adattandolo oppor-tunamente. Fortunatamente, Salvini lo tennea bada, evitando un disastro pressoché certo,e lo convinse a costruire un anello ad hoc. Laconversione sincrotrone K (anello fu effetti-vamente fatta, dieci anni dopo, con una mac-china acceleratrice americana, il CEA diCambridge Mass., ma con grandi fatiche emagri risultati.

Del lavoro con AdA non resta molto, nellaletteratura. Indubbiamente, la più importan-te rassegna delle vicende e dei risultati è unatesi, assai accurata, dell’allora giovane Jac-ques Haïssinski, che era venuto a fare il dot-torato nel nostro gruppo quando ci eravamotrasferiti a Orsay. Di quel dottorato, fummoesaminatori Touschek, Neél ed io nel 1963,quando ormai l’idea di Bruno si era completa-mente affermata. Sia Haïssinski che PierreMarin (altro nostro collaboratore francese) nu-trivano una vera venerazione per Bruno, nono-stante le terribili sfuriate che egli andava fa-cendo in laboratorio insoddisfatto dei tecnicifrancesi e dei loro servizi centrali. Molte voltesi andò vicini all’incidente diplomatico, con ladogana per il trasporto dell’anello o con i con-trolli aeroportuali perché Bruno non rinunciavaa ironizzare sulle guardie nel suo francese assaiapprossimativo. Le lunghe notti degli innume-revoli week end durante i quali si lavorava conAdA presso la «salle de cible 500 MeV» del Li-nac francese, che aveva rimpiazzato il sincro-trone di Frascati come iniettore, erano a dirpoco infernali: l’impianto di raffreddamentodell’alimentatore della cavità a Radiofrequenzafaceva un rumore altissimo; spesso il Linac sirompeva e il lento lavoro di accumulazione an-dava perduto. Ma Bruno era quasi sempre pre-sente (quando non riuscivamo a mandarlo a ri-posare nella foresteria) e voleva fare personal-mente le calibrazioni degli strumenti e le misu-re. La sua innata passione per il disegno si ri-velava anche in un comunissimo grafico, ancoraoggi riconoscibile come «suo» originale da sem-plici ed efficaci segni. Accanto ai grafici, i dise-gni, per lo più satirici, che disseminava per illaboratorio per la gioia di tutti noi che ne face-vamo incetta. (Alcuni significativi disegni sonopubblicati a pag. seguente.)

Come ho già detto, ci trasferimmo in Fran-cia, ad Orsay; ma la prova che un fascio dibassa corrente potesse circolare per ore nellamacchina s’era già avuta a Frascati, graziealla straordinaria abilità di Corazza nel pro-durre vuoti decisamente inferiore a 1029 Torrcon pompe al titanio e degassamento e pulitu-ra delle pareti interne della donut. A Frasca-ti, il punto dolente era l’iniezione: il sincro-trone era stato concepito con un duty cycleeccellente per gli esperimenti con coinciden-ze; ma per AdA questo era irrilevante: un fa-scio di elettroni impulsati molto intenso an-dava benissimo e il Linac di Orsay (da 1000

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MeV) sembrava l’iniettore giusto. Bruno par-tecipò agli accordi con i francesi e alle opera-zioni di trasferimento dell’anello che, su ungrosso camion, attraversò le Alpi mantenen-do il vuoto nella donut a 1028 Torr grazie aun certo numero di batterie in tampone. AFrascati, avevamo già messo a punto le tecni-che di calibrazione del fascio (ottiche); Tou-schek era deliziato dal fatto che la luce di sin-

crotrone di un singolo elettrone circolante da200 MeV si vedesse ad occhio nudo; spesso,AdA veniva caricata per misure di vita mediadei fasci e Bruno faceva da cicerone ai visita-tori invitandoli a guardare dall’oblò «l’ultimoelettrone circolante» (una spot bianco-blua-stra in grado tuttavia di abbagliare l’incautoche restasse a fissarla, necrotizzandogli unpunto della retina). P. I. Dee, un amico di

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Glasgow (presso il quale Bruno era stato da«profugo», dopo la guerra), era assolutamen-te incredulo circa la visibilità del singolo elet-trone sicché bruno si produsse in un convin-cente calcolo della magnitudine della spot:queste stime improvvisate erano la sua pas-sione –– e non sono certo semplici.

Furono risolti innumerevoli problemi, tuttireperibili sulla tesi di Haïssinski. Ma il veromomento di pathos venne, una notte del 1963,quando ci accorgemmo che, nonostante la ve-locità di iniezione fosse ormai eccellente, l’in-tensità dava palesi segni di saturazione, comese la vita media del fascio dipendesse dall’in-tensità del singolo fascio. Bruno si allarmò.Cercò il bar della stazione di Orsay, che re-stava aperto durante la notte, ordinò il predi-letto rosé sec e incominciò a riflettere. Tornòall’alba: aveva capito. Quello che avveniva erache lo scattering Møller fra gli elettroni checorrevano insieme in un bunch produceva untrasferimento di momento dai modi trasver-sali (ben contenuti dalle forze magnetiche) aquello longitudinale, assai più debole e anar-monico. Ovviamente, tanto più grande la den-sità di elettroni in un bunch tanto più vistosol’effetto di saturazione: questo forniva ancheuna ricetta per curare il danno aumentandola densità; il che fu ottenuto mediante l’inser-zione di una bobina quadrupolare in una se-zione libera del magnete. Bruno produsse im-mediatamente un calcolo dell’effetto, che da lìin poi è noto come «effetto Touschek»; si videche per macchine più grandi di AdA non sa-rebbe stato così catastrofico.

AdA dimostrò che i fasci di elettroni e posi-troni si incontrano; la «luminosità» dellamacchina era piccola, ma sufficiente a misu-rare una sezione d’urto di bremstrahlungelettrone-positrone. Questo lavoro fu cosìconvincente che già nel 1961 a Frascati fumessa in cantiere una macchina ben più gran-de: Adone, due fasci antagonisti da 1.5 GeVciascuno contro i 220 MeV di AdA. Poco dopo,i francesi incominciarono a costruire ACO(Anneau de Collision Orsay), 2 3 500 MeV.Bruno era contento e distaccato: finiva l’av-ventura, incominciava il corso «regolare» del-le cose; e lui, come altri, non era uomo digrandi collaborazioni rigidamente organizza-

te. Tuttavia, continuò a prestare la sua opera,che era di accesa e disinteressata partecipa-zione alla soluzione di problemi. Intanto, ri-prendeva a ragionare sui neutrini, e posso di-re che non era poi così lontano dall’unificazio-ne elettrodebole. Per circa dieci anni dopo il1964, anno in cui terminò l’attività con AdA,Bruno soffrì per gli eventi politici che si ma-nifestavano intorno a tutti noi: il caso Ippoli-to, prima, in cui ebbe un ruolo non irrilevante(le riunioni dei «cospiratori» pro Ippolito sitenevano a casa sua); poi, la contestazione,che lo infastidì moltissimo per l’ottusità dicoloro che l’avevano portata nell’Istituto diFisica di Roma. Il modo, in verità, era assaipoco viennese. Se non fosse stato per Edoar-do Amaldi, per il quale Bruno aveva una sti-ma illimitata, probabilmente sarebbe andatovia, forse in Austria (aveva ripreso i contatticon gli austriaci, particolarmente WalterThirring, e conosceva personalmente il presi-dente austriaco Bruno Kreisky). Parlavaspesso in modo sconsolato dell’Italia e dellaburocrazia italiana. Se posso dire, per comelo ho conosciuto, che cosa gli sarebbe piaciuto«inventare» in fisica, dopo AdA, dico senz’al-tro la vector dominance, che sembrava fareda ponte tra la prediletta elettrodinamica e ilmondo adronico, riempiendo di risonanze bendefinite il prolungamento analitico dei fattoridi forma. Quando fu scoperta la J/c, appenasopra l’energia massima di Adone, per nerafatalità, Bruno sentì che la sua idea stavarendendo il massimo di ciò che si poteva spe-rare.

Negli ultimi anni, era amareggiato. Smoda-to per sua natura, sembrava volesse autodi-struggersi. Stava spesso molto male. Volleandare al CERN. Di lì, peggiorando in salute,decise di trasferirsi sulle montagne sopraInnsbruck, a Igls. Telefonava che la piscinalo distraeva molto: aveva una gran passioneper il nuoto e la pesca (e aveva tanto nuotatoe pescato nel lago, a Castelgandolfo). Il 25maggio 1978 se ne andò, alla Clinica Medicadi Innsbruck, per come epatico. I suoi discor-si degli ultimi giorni manifestavano, come hascritto Amaldi, una grande voglia di vivere.Per molti di noi, vive, come esempio inimita-bile, pure, esempio.

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SCIENZA IN PRIMO PIANO

IL MISTERO DEI RAGGI COSMICI DIULTRA ALTA ENERGIAStefano CecchiniTesre/CNR - Bologna.

Le recenti osservazioni di raggi cosmici conenergia superiore a 10 20 eV (100 EeV) hannoriportato l’attenzione degli astrofisici sullaquestione dell’origine di tali particelle sugge-rendo l’esistenza nell’Universo di meccanismidi accelerazione di straordinaria potenza o difenomeni legati alla struttura fisica dell’Uni-verso primordiale.

Questi risultati sono il frutto di una costan-te e sistematica ricerca che ebbe inizio intor-no agli anni ’50 e legata allo studio degli scia-mi estesi atmosferici

1. – I grandi sciami atmosferici

Il primo a scoprire e a studiare questo fe-nomeno fu, nel 1938, P. Auger (1) utilizzandodei contatori Geiger in coincidenza posti a di-verse distanze tra di loro. Egli osservò che diquando in quando gruppi di particelle attra-versavano contemporanamente i rivelatori.

Dalle sue osservazioni e da quelle di altriemerse l’idea che, analogamente alla forma-zione di sciami di particelle nei processi di ca-scata in piombo, i segnali in coincidenza os-servati dovevano essere associati a cascate diparticelle originate all’arrivo di una particelladi alta energia alla sommità dell’atmosfera.

In effetti, quando un raggio cosmico (prin-cipalmente un protone e, con minore frequen-za, un nucleo atomico) interagisce con i nucleidi aria, tipicamente a 20km di altezza, l’ener-gia della particella primaria si distribuiscetra un grande numero di particelle seconda-rie: essenzialmente pioni carichi e neutri.

Queste particelle a loro volta interagiscono odecadono e così il processo di moltiplicazionee di suddivisione dell’ energia del primariocontinua. Nello sciame si possono individuaretre componenti: la elettrofotonica (ef) (elet-troni e fotoni prodotti dal decadimento dei

Fig. 1. – Rappresentazione schematica di uno sciameatmosferico osservato da una rete di rivelatori a ter-ra: un raggio cosmico primario interagisce con i nu-clei delle molecole dell’aria e dà inizio alle cascatenelle tre componenti ef, muonica, adronica (nell’in-serto) che si propagano verso il terreno formando undisco leggermente incurvato. La traiettoria dellosciame viene ricavata dalla misura dei tempi di arrivorelativi delle particelle ai singoli rivelatori. Il nume-ro totale delle particelle componenti il disco è dedot-to dal campionamento della densità di particelle vistada ciascun rivelatore in funzione della distanza dal-l’asse dello sciame.

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pioni neutri), alla quale è legata gran partedella energia del primario; la componentemuonica (e neutrinica) generata dal decadi-mento e dall’interazione dei pioni carichi; lacomponente adronica che costituisce la partecentrale della cascata atmosferica (vedi fig. 1).

Lo sviluppo longitudinale dello sciame èdominato dallo sviluppo in atmosfera dellacomponente ef. Il processo di cascata si arre-sta quando l’energia delle particelle scendesotto un valore critico, (Ec) per la produzionedi altre particelle. Quando questo avviene leperdite di energia dominano il processo e ilnumero di particelle dello sciame comincia adiminuire esponenzialmente con lo spessoreattraversato.

La profondità alla quale l’energia della mag-gior parte delle particelle scende sotto Ec è in-dicata con Xmax (g/cm2). In linea di principio setutta l’energia del primario (Eo) fosse converti-ta nella componente ef, il numero di particelleal massimo dello sviluppo, Nmax, sarebbe pro-porzionale a Eo e varrebbe la relazione

Eo /Nmax 4 Ec ,

mentre per la profondità del massimo stesso,rispetto agli strati superiori dell’atmosfera,vale approssimativamente la relazione

Xmax 4 Xo ln(Eo /Ec) .

La dipendenza logaritmica di Xmax dal-l’energia del primario e la proporzionalità traquesta ed Nmax continuano a valere non soloper trattazioni più accurate dello sviluppo diuno sciame ef, ma anche per cascate iniziateda adroni. Per questi ultimi si assume in ge-nerale che valga il «modello di sovrapposizio-ne», ovvero che un nucleo di massa A edenergia Eo sia equivalente a A nucleoni cia-scuno con energia Eo /A. In questo caso la re-lazione che lega il numero di particelle almassimo all’energia del primario non cambia,mentre vale la relazione

Xmax 4 Xo [ln(Eo /Ec) 2 alnAb]

per cui ci si aspetta che, per la stessa energiatotale, uno sciame dovuto ad un nucleo pesan-te si sviluppi più velocemente di uno generatoda un protone (vedi fig. 2).

La misura della profondità (o altezza) in at-mosfera del massimo in funzione dell’energia

fornisce una indicazione della composizionedei raggi cosmici. Purtroppo le fluttuazioninella misura di Xmax sono confrontabili con icambiamenti introdotti da una variazione daA 4 1 (puri protoni) a alnAb 4 1.5 (composi-zione mista alle basse energie) o alnAb 4 4(puri Fe) e la determinazione della composi-zione alle altissime energie, come vedremopiù avanti, risulta molto incerta.

La componente muonica ha una storia di-versa da quella della componente ef in quantole perdite di energia durante lo sviluppo dellosciame sono solamente per ionizzazione. Perquesto la componente muonica cresce fino adun massimo e poi si attenua lentamente. Ilnumero di muoni di uno sciame che raggiungeil livello del mare è circa 10 volte più basso diquello della componente ef.

È tuttavia molto importante misurare lacomponente muonica poiché da essa è possi-bile ricavare informazioni sulla composizionedei nuclei primari. Infatti il numero di muonidipende dal numero, dalla distribuzione inimpulso e dall’altezza di generazione dei pionicarichi, tutte caratteristiche legate alla natu-ra della particella che ha interagito alla som-mità dell’atmosfera. Simulazioni Monte Carlo

Fig. 2. – Sviluppo longitudinale di uno sciame atmo-sferico con energie vicine a 1020 eV prodotto da proto-ni (linea continua sottile), nucleo di Fe (linea trat-teggiata sottile) e fotoni per due casi diversi: lineatratteggiata spessa-semplice cascata ef, area grigia-con effetto LMP e del campo geomagnetico incluso.Come si può vedere le cascate iniziate da protoni flut-tuano più di quelle iniziate da ferro che iniziano an-che più in alto in atmosfera (adattato da (2)).

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mostrano che il numero dei muoni che rag-giungono il suolo per uno sciame iniziato daun protone cresce in funzione dell’energia co-me Eo

0.85. Assumendo valido il modello di so-vrapposizione, si vede che un nucleo di Fe dàorigine ad un numero di muoni osservabili alsuolo circa doppio di quello generato da unprotone di pari energia in quanto vale la rela-zione

NmA 4 A0.15 Nm

p .

Un grande passo in avanti nello studio delfenomeno venne compiuto dal gruppo delMIT composto da P. Bassi, G. Clark e B.Rossi (3) i quali per primi usarono contatori ascintillazione, basati su materiali liquidi pri-ma e plastici poi. I risultati indicarono che leparticelle dello sciame sono praticamentecontenute in un disco piatto, spesso qualchemetro, che si muove con velocità prossima aquella della luce. Continuando le ricerche concontatori sparsi su più grandi aree si vide chele particelle si distribuivano attorno ad un as-se di simmetria (asse dello sciame). Dal ritar-do relativo del transito delle particelle nei va-ri contatori si poteva determinare la direzio-ne di arrivo dello sciame mentre, confrontan-do la distribuzione laterale della densità diparticelle dall’asse con quanto calcolato nu-mericamente per la cascata ef, funzione Nis-himura-Kamata-Greisen (4) (NKG), si ottene-va il numero totale di particelle componentilo sciame e di qui l’energia della particella delprimario che aveva dato origine alla cascataatmosferica.

La tecnica di «campionamento» per lo stu-dio degli sciami estesi atmosferici trovò lasua piena applicazione con l’esperimento diVolcano Ranch costruito negli anni 1957-58da J. Linsley e L. Scarsi, che costituisce ilcapostipite dei grandi apparati per sciami.L’impianto era costituito da 19 rivelatori di-sposti a forma esagonale che da un primo dia-metro di 1.8 km venne poi esteso a 3.6 km.(operante tra il 1959 ed il 1974). Con il primofu possibile osservare uno sciame di 33 109

particelle, corrispondenti ad una energia6 3 1019 eV; con il secondo si osservò unosciame di 50 3 109 particelle (1020 eV) (5).

Quasi nello stesso tempo venivano costruitie messi in funzione gli apparati di Mosca(Moscow State University) e di Chacaltaya,Bolivia (5300 m s.l.m.).

Le misure combinate di questi apparati di-mostrarono che particelle con energie1017 2 1018 eV e superiori, definiti anche comeUltra High Energy Cosmic Rays (UHECR)appartenevano stabilmente allo spettro ener-getico dei rc primari e che questo doveva es-sere molto ripido in quanto eventi con1019 2 1020 eV erano assai rari.

Nascevano diversi problemi: fino a cheenergia si estende lo spettro? quali sono lesorgenti dei raggi cosmici e quali i meccani-smi capaci di accelerare le particelle a similienergie?

Subito dopo la scoperta di Penzias e Wilsondella radiazione cosmica di fondo (CMBR),Greisen (6) e indipendentemente Zatsepin eKuzmin (7) misero in evidenza che questa ra-diazione avrebbe reso l’universo opaco ai rag-gi cosmici di sufficientemente grande energiaintroducendo un «taglio» (cut-off di GZK)nello spettro. Questo accade ad esempio perun protone la cui energia è superiore alla fo-toproduzione di pioni nella collisione con unfotone del fondo cosmologico:

p g K D1 (1236) K po p ,

con conseguente degradazione dell’energiadel protone. Ne consegue che eventi qualiquelli che sono stati visti recentemente dagliapparati AGASA e Fly’s Eye devono proveni-re da sorgenti che distano da noi al massimo20–50 Mpc (vedi fig. 3a). Per nuclei più pe-santi le limitazioni sono ancora più severe.

Una ipotesi alternativa per spiegare talieventi è quella di imputarne l’origine a parti-celle neutre quali fotoni o neutrini. Ma, comevedremo più avanti, il profilo dello sviluppolongitudinale dello sciame di 300 EeV osser-vato da Fly’s Eye sembra escludere che ilprimario sia un fotone poiché avrebbe dovutointeragire con il campo geomagnetico e svi-lupparsi più in alto. D’altra parte si deveescludere che lo sciame sia stato originato daun neutrino dato che l’angolo zenitale è E407per cui il percorso è troppo piccolo per per-mettere al neutrino di avere una interazionecon i nuclei di aria.

Calcoli numerici successivi hanno mostratoche lo spettro energetico differenziale (quan-do moltiplicato per E3) deve assumere unparticolare aspetto con un avvallamento se-guito da un rigonfiamento e quindi avere untaglio più o meno dolce a seconda della distri-

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Fig. 3. – (a) Lunghezze di attenuazione Latt per fotoni,protoni e nuclei di ferro in vari campi di radiazione,in funzione dell’energia E. Le tre curve continue siriferiscono all’attenuazione dell’energia di fotoni daparte della radiazione IR, a microonde e radio. Le duecurve tratteggiate si riferiscono alla propagazione deiprotoni nella radiazione 3K di fondo, mostrando se-pratamanete l’effetto di produzione di coppie e dellafotoproduzione di pioni. La curva punteggiata mostral’attenuazione per i nuclei di Fe (adattato da (2)).(b) Forma aspettata dello spettro energetico dei rag-gi cosmici in conseguenza del cut-off dovuto all’effet-to GZK e sua dipendenza dalla distribuzione in tempoe nello spazio (redshift) delle sorgenti dei raggi co-smici. La curva Diffuse rappresenta il caso di sorgen-ti distribuite uniformemmente nello spazio. Si do-vrebbe osservare una protuberanza prima del cut-off:poiché il numero totale di protoni si conserva cosic-ché i protoni perdono energia e si accumulano a ener-gie più basse (8)

buzione spazio temporale delle sorgenti (vedifig. 3b).

2. – Le osservazioni con grandi apparati

La difficoltà nello studio dei raggi cosmicidi altissima energia, D 1018 eV, è legata alla

rarità di tali eventi, come si può vedere infig. 4. Questo grafico rappresenta essenzial-mente l’inverso dello spettro misurato deiraggi cosmici e indica l’accettanza (m2 srgiorni) necessaria per osservare 100 particel-le con energia D Eo, che per Eo 4 1019 eV èpari a 2.5 km2 y.

Le misure successive fatte al livello del ma-re ed in alta montagna con apparati di diver-se dimensioni mostrarono che vi sono notevo-li fluttuazioni nel numero di particelle checompongono lo sciame al livello di osservazio-ne, le quali rendono difficile una precisa de-terminazione dell’energia e della natura delprimario. Sebbene molte proprietà significa-tive degli sciami siano determinate dalla ca-scata ef, altre sono influenzate dalle intera-zioni adroniche. Il punto della prima intera-zione dipende strettamente dalla sezione d’urtoinelastica protone-aria e cosi pure Xmax . Quindiuna misura dello spettro primario restava, eresta tuttora, legata a modelli numerici chesimulano lo sviluppo dello sciame.

Fig. 4. – Accettanza necessaria per potere rivelare 100particelle con energia superiore a E. Il grafico è es-senzialmente l’inverso dello spettro misurato dei rag-gi cosmici.

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Al momento vi sono diversi calcoli MonteCarlo (MC) che vengono utilizzati nella simu-lazione degli sciami. Le incertezze sistemati-che più grandi nascono dalla mancata cono-scenza della sezione d’urto totale e dai detta-gli nella produzione di particelle in reazioninucleari ed adroniche alle alte energie (vedifig. 5a). D’altra parte i risultati ottenuti congli acceleratori devono essere estrapolati dimolti ordini di grandezza per arrivare alleenergie dei RC.

È interessante rilevare che la sezione d’ur-to inelastica protone-aria è in relazione me-diante opportuni modelli di fisica nuclearecon la sezione d’urto totale p-p e quindi lemisure dei raggi cosmici possono dare indica-zioni sul comportamento di quest’ultima perenergie ancora non disponibili agli accelera-tori (vedi fig. 5b).

Dopo Vulcano Ranch furono costruiti altrigrandi apparati che hanno utilizzato diversetecniche al fine di ridurre le incertezze nelladeterminazione della energia e natura delprimario dovute alle fluttuazioni nello svilup-po dello sciame in atmosfera. Gli apparati chepiù hanno contribuito allo studio dei RC diUHE sono stati

i) L’apparato di Haverah Park (HP) (UK),operativo nel periodo 1963-1983, che usavacontatori costituiti da vasche d’acqua. Nel-l’attraversare un rivelatore le particelleemettono luce C� erenkov che viene vista da unfotomoltiplicatore. Il segnale che ne derivafornisce una misura della densità d’energiapersa dalle particelle. Hillas et al. (11) dimo-strarono mediante calcoli MC dello sviluppodello sciame che la densità misurata a 600metri dall’asse dello sciame (r(600)) è pro-porzionale all’energia del primario e che ilsuo valore dipende solo molto debolmentedalla massa del primario e dalle fluttuazioni.

ii) L’apparato di Yakustk (Y) (Siberia),operativo dal 1970, nel quale vengono usatidue diversi tipi di rivelatori: gli scintillatoriche campionano la distribuzione laterale delleparticelle (principalmente gli elettroni ma visono anche contatori appositamente disegnatiper rivelare i muoni); i rivelatori C� erenkovche misurano la radiazione emessa dalle par-ticelle relativistiche delle sciame lungo tuttoil percorso in atmosfera (12). La luce C� erenkovè emessa soprattutto dagli elettroni di alcunedecine di MeV o più, e la sua intensità è pro-porzionale all’energia totale dissipata in atmo-sfera. Un grande vantaggio di questo metodo èanche la grande risoluzione angolare e la possi-bilità di distinguere sciami originati da protoni(o nuclei) e fotoni. Inoltre il numero di fotoniemessi dipende strettamente dall’energia delprimario, in maniera praticamente indipenden-te dal modello di sviluppo dello sciame. Questofatto permette di calibrare i dati della densitàdi particelle misurata dagli scintillatori a 600 mdall’asse dello sciame (S(600)) con il valore delflusso dei fotoni C� erenkov alla distanza di400 m dall’asse dello sciame (Q(400)). La diffi-coltà dell’osservazione della luce C� erenkov èlegata a fatto che essa può avvenire solo innotti prive di luna e di nubi. A questo punto èpossibile costruire la relazione tra r(600) eS(600) per una certa energia (ad esempio1017 eV) identificando gli eventi che hanno lastessa frequenza nei due apparati.

Fig. 5. – (a) Determinazioni sperimentali della sezio-ne d’urto inelastica protone aria in funzione del-l’energia a confronto con diversi modelli Monte Carlo(da (9)). (b) Compilazione delle misure delle sezionid’urto totale con i valori dedotti dalle misure di scia-mi estesi atmosferici di Akeno (da (10)).

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iii) L’apparato costruito a Narrabri (Syd-ney University Giant Air Shower Array-SU-GAR) (Australia) ed operativo tra il 1968 edil 1979, che utilizzava scintillatori interratiper misurare la componente muonica. Laenergia del primario era determinata dal va-lore della densità di muoni a 600m dall’assedello sciame (rm(600)) e dal numero totale dimuoni nello sciame. Vi è generale consensosul fatto che i dati di questo apparato non so-no affidabili per quanto riguarda la ricostru-zione dello spettro di energia, mentre in varieoccasioni essi sono stati usati per derivare lacomposizione e per studiare la distribuzionedelle direzioni d’arrivo. A questo riguardol’apparato SUGAR riveste un ruolo importan-te essendo l’unico apparato di grandi dimen-sioni costruito nell’emisfero sud.

iv) L’apparato di Akeno (Giappone) la cuiarea di 20 km2 è stata estesa a 100 km2 (AGA-SA, operativo dal 1990), che comprende siascintillatori non schermati (in totale 111) perrivelare elettroni che schermati (in totale 27)per rivelare la componente muonica (vedifig. 6). Recentemente sono stati aggiunti an-che rivelatori ad acqua simili a quelli utilizza-ti nell’apparato HP allo scopo di confrontare i

Fig. 6. – (a) Rappresentazione grafica dell’apparato per sciami AGASA. I cerchietti rappresentano i contatori ascintillazione ed i quadrati i contatori di muoni. Le linee intere indicano i cavi in fibra ottica che costituiscono larete di comunicazione. (b) Foto di una parte del nido di specchi dell’apparato Fly’s Eye

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modelli usati dai due apparati per ricavarel’energia del primario. La relazione che per-mette la conversione della densità misurataS(600) nell’energia del primario è stata valu-tata mediante metodi MC e risulta essere

Eo 4 2.03 3 1017 S0 (600) eV,

dove S0 si riferisce alla quantità misurata persciami verticali. Poiché gli sciami inclinati at-traversano più atmosfera occorre convertireSu(600) osservato nel caso dell’angolo zenitaleu in S0. L’accuratezza nella ricostruzione de-gli eventi viene valutata dall’analisi di ungran numero di eventi simulati.

I fattori che introducono incertezza nelladeterminazione dello spettro sono essenzial-mente tre: il primo è l’incertezza nella misuradella densità di particelle che attraversanoun dato rivelatore; il secondo è dovuto allaformula empirica della distribuzione lateralee alla curva di attenuazione di S(600) –– nelcaso questi due fattori pesino nello stessosenso si può stimare che diano origine ad unaincertezza di ±20%. Il terzo risiede nella for-mula di conversione riportata sopra; sebbenequesta formula non sia sensibile al tipo di in-terazione non è stimabile quanto sia l’incer-tezza introdotta dai diversi Monte Carlo nellastima di Eo. Infine bisogna avere una buonastima dell’area sensibile, quantità che dipen-de molto dall’energia primaria. Nel periodoFebbraio 1990–Ottobre 1997 AGASA ha colle-zionato 3847 sciami con Eo D 1018.5 eV, 461sciami con Eo D 1019 eV e 6 eventi conEo D 1020 eV.

La vera novità introdotta nel 1983 è statal’impiego della rivelazione della radiazione difluorescenza emessa dagli atomi della atmo-sfera (principalmente azoto) eccitati al pas-saggio degli elettroni della cascata. In questomodo l’atmosfera diviene in pratica un calori-metro.

v) L’apparato Fly’s Eye (FE) costruitonello Utah era inizialmente costituito da 67specchi sferici del diametro di 1.6m dispostiin modo da formare una cupola sferica. Ognispecchio era visto da più fototubi collocati nelpiano focale per un totale di 880 (Configura-zione monoculare). In seguito è stata costrui-ta una seconda stazione con 36 specchi e 464fototubi in modo da lavorare in maniera ste-reoscopica, per permettere una migliore rico-struzione della traiettoria dello sciame sacri-

ficando l’area di raccolta (vedi fig. 6). Ognifototubo registra il tempo di arrivo e la quan-tità di luce emessa da quella parte di cieloche è vista dal suo angolo solido. In questomodo la traiettoria di uno sciame appare co-me una traccia lungo la sfera celeste.

Con questa tecnica è possibile misurare ilnumero totale di elettroni al massimo dellosciame e lo sviluppo longitudinale della casca-ta. Queste due quantità sono in diretta rela-zione con l’energia del primario e le fluttua-zioni sono trascurabili.

L’energia della particella che ha iniziato losciame è ricavata da

Eem 4 Ec /lr �

Ne(x) dx ,

dove Eem è l’energia totale dissipata dalla compo-nente ef, Ec /lr è il rapporto tra l’energia criticadegli elettroni e la lunghezza di radiazione (lr), eNe(x) è il numero di elettroni osservato alla pro-fondità atmosferica x. Una correzione di circa il10% è necessaria per il fatto di considerare solola componente ef. La precisione sulla stima di Ne,ricavata dalla quantità di luce di fluorescenza ri-

Fig. 7. – (a) Sovrapposizione degli spettri energeticidifferenziali (3E3) ottenuti dagli apparati di sciamidi HP, Yakustk, Fly’s Eye ed AGASA. La scala ener-getica di ogni esperimento è stata leggermente modi-ficata per essere in accordo con AGASA all’energia di1 EeV. I fattori di scala usati sono HP31.0/Y30.9/FE31.1. (da (13)).

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velata, dipende da quanto sono ben conosciuti imeccanismi di produzione e trasmissione attra-verso l’aria della luce, dalla calibrazione dell’otti-ca e dalla determinazione della traiettoria dellosciame. La limitazione di questa tecnica è il fattoche le osservazioni devono essere fatte in nottibuie, prive di luna.

La prova dell’efficacia di uno studio siste-matico e prolungato con tecniche differentidei grandi sciami atmosferici, è dimostratodall’ottimo accordo tra i diversi esperimentisui seguenti punti (vedi fig. 7):

1) Dal buon raccordo con le misure di piùbassa energia di Akeno (20 km2) risulta che laforma dello spettro differenziale di energiada 1017 eV a A 6 3 1017 eV è rappresentato dauna legge di potenza con indice 3.00 6 0.05.

2) A energie D 6 3 1017 eV lo spettro diffe-renziale di energia diviene più ripido (indice3.2 6 0.1) prima di cambiare tendenza a circa5 3 1018 eV e con un indice 2.7 6 0.2; sembraquindi di poter individuare due popolazioni, laprima dominante a E E 3–5 EeV e un’altraper energie maggiori. Il segno di una nuovapopolazione di più alta energia è l’appiatti-mento (la «caviglia») dello spettro.

3) I flussi misurati sono in accordo entro il50% indipendentemente dalla tecnica usata permisurare e calibrare in energia; se si assumeche lo spettro differenziale obbedisca alla leggeE23, le osservazioni sono in accordo entro un20% in energia. (Vedi anche tabella I).

I fattori correttivi che sono stati usati perla sovrapposizione sono inferiori agli errorisistematici nella determinazione dell’energiariportati dagli esperimenti.

3. – Gli eventi con Eo D 1020 eV

Il primo evento con energia vicina o superio-re a 1020 eV fu riportato già da Volcano

Ranch (5). In seguito le osservazioni di HaverahPark (14) e di Yakutsk (15) hanno dato creditoall’esistenza di eventi di cosi grande energiaanche se in alcuni casi grande era l’ incertezzanelle caratteristiche dell’evento. Un esempio èl’evento descritto da Yakutsk, cui viene attri-buita una energia (1.1 6 0.4); 1020 eV usando lasolita relazione tra S(600) e l’energia del pri-mario. In questo stesso evento fu registrato unnumero di muoni molto alto e dal quale si ottie-ne una stima dell’ energia prossima a 1021 eV.Lascia qualche dubbio il fatto che lo sciameavesse una grande inclinazione (zenit 4 58.77),fatto che rende più incerta la determinazionedell’energia. L’evento appare indubbiamenteanomalo e dovuto ad una particella la cui ener-gia è più alta del taglio di GZK.

Nel 1993 Fly’s Eye in configurazione mono-culare (16) ha riportato un evento cui è stata as-segnata l’energia di (3.2 6 0.9) 3 1020 eV. Laricostruzione dello sviluppo non mostra alcunaanomalia e sembra essere in accordo con l’ipo-tesi che il primario fosse un protone. Rimanel’incertezza legata al fatto di essere stato rive-lato in configurazione monoculare cosicché sela localizzazione non fosse esatta l’energia sa-rebbe minore. In tal caso però lo sviluppo sa-rebbe avvenuto più in basso con una particellache sarebbe arrivata fino alla profondità di800 g/cm2 senza interagire: molto improbabile.Tenendo conto delle incertezze sull’efficienza diemissione ed di attenuazione della luce si scen-derebbe a 220 EeV. Globalmente non si an-drebbe comunque sotto a 100 EeV (fig. 8).

AGASA (19) è al momento l’apparato che haraccolto il maggior numero di eventi conEo D 60 EeV, dai quali sempre più evidenteche viene violato il cut-off GZK (vedi fig. 9).

Il fatto che gli spettri ottenuti dai diversiesperimenti siano in accordo entro il 20% perenergie vicine a 1019 eV sembra indicare che i

Tabella I. – Caratteristiche e osservazioni di raggi cosmici di UHE dei grandi apparati di sciami atmosferici,1EeV 4 1018 eV.

Esperimento Latitudinegeografica

area(km2)

Accettanza(km2 sr y)

Risoluzioneangolare(gradi)

Flussoa Eo 4 10 EeV

(m22s21

sr21 eV21)

EventiosservatiD40 EeV

EventiosservatiD100 EeV

Eventiaspettati perEoD100 EeV

VR 35,2N 8 – 3 – 6 1 –HP 54N 12 270 3 2,22 10233 27 4 3,2Ya 62N 25 490 6-10 3,39 10233 24 1 8AGASA 36N 100 822 1,6 2,91 10233 47 7 2,8–5,2FE -mono 41N – 930 6 2,38 10233 17 1 5,4FE -stereo – – 158 2 – – – –SUGAR 30,5S 70 600 4,3-10 – 49 8 –

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Fig. 8. – Ricostruzione di alcuni eventi di altissima energia (a) distribuzione laterale della componente ef e deimuoni per l’evento di circa 200 EeV visto da AGASA; le due curve sono le distribuzioni laterali calcolate dallaestrapolazione delle curve ad energie inferiori ( 17); (b) profilo dello sviluppo longitudinale dell’evento di 300 EeVvisto da FE; questo è l’evento EAS con la più alta energia finora registrato (16).

Fig. 9. – Lo spettro di raggi cosmici di UHE osservatoda AGASA (18). Le barre di errore rappresentano i li-miti poissoniani superiori ed inferiori al 68% e lefrecce sono limiti superiori al 90% CL. Le cifre vicineai punti sperimentali sono il numero di eventi osser-vati in ciascun intervallo di energia.

meccanismi di generazione e sviluppo deglisciami siano ben conosciuti e così pure le si-stematiche. Le caratteristiche degli sciami diUHE visti con FE ed AGASA sono consisten-ti, con quanto ci si aspetta dallo sviluppo dicascate iniziate da adroni. La forma spettralesembra indicare l’assenza di un cut-off e lapossibilità di una nuova componente oltre3.5 3 1018 eV. Restano sconosciute la naturadelle particelle, la forma dello spettro, e qualisiano le sorgenti capaci di fornire alle parti-celle energie così elevate.

4. – La composizione chimica alle altissi-me energie

La composizione chimica dei raggi cosmiciad energie superiori a 1018 eV rimane ancoraincerta.

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Il gruppo di Fly’s Eye ha studiato la com-posizione a partire da 1017 eV confrontando lacrescita logaritmica di Xmax con l’energia os-servata in due simulazioni. Nella prima si as-sumeva che i primari fossero composti soloda protoni e nella seconda solo da nuclei diFe (19, 20). Dal confronto (vedi fig. 10) si dedu-ce che vi è un possibile cambiamento da unacomposizione più pesante di quella osservatacon misure dirette a 0.1 PeV prima della «ca-viglia» (G0.3 EeV) ad una più leggera a ener-gie attorno a 10 EeV. Il valore di Xmax fornitodalle simulazioni è chiaramente dipendentedal modello di interazione usato per cui nonha molto senso dedurre da questo confrontouna misura della composizione. Quello che èimportante è che la variazione di Xmax in fun-zione dell’energia nell’intervallo in esame èmolto più rapida di quella che ci si aspettaper qualsiasi composizione costante indipen-dentemente dal modello usato e che rendaconto dei valori di Xmax osservati da Fly’s Eye.

Anche i dati di Yakutsk (21) sembrano favo-rire una composizione ricca di protoni alla al-tissime energie.

Nel caso dell’apparato di AGASA (22) lacomposizione di massa è dedotta dal confron-to di rm(600) in funzione dell’energia con quel-lo che ci si aspetta se lo spettro di massa noncambiasse con l’energia. Le osservazioni di

Akeno-AGASA puntano ad una composizioneche rimane sostanzialmente la stessa(aDAb 6 5) nell’intervallo 50 PeV–10 EeV.Tuttavia bisogna ricordare che l’analisi di-pende strettamente dai modelli Monte Carloutilizzati, che gli errori sistematici nella de-terminazione dell’energia sono dell’ordine del30% e che la dispersione dei dati sperimentaliè grande.

5. – Teorie sull’origine degli eventi a1020 eV

La ricerca dell’origine dei raggi cosmici èstata sempre la ricerca degli «acceleratori»,ovvero di quelle sorgenti celesti e di queimeccanismi capaci di fornire energia ai raggicosmici su scale temporali tipiche della Ga-lassia e/o dell’Universo.

Per quanto riguarda la massa dei raggi co-smici (1 GeV–100TeV) vi è accordo generalesul fatto che questi siano di origine galattica.Considerazioni riguardanti la composizione–– rapporto (Li,Be,B secondari)/(C,N,O pri-mari) –– e la luminosità dei raggi cosmici nel-la Galassia sono tra i fatti a sostegno di taleteoria.

Più difficile è tentare di spiegare gli eventidi altissima energia con una origine galattica.Il problema principale risiede nel fatto che lamassima accelerazione che è raggiungibile al-l’interno della nostra Galassia è molto piùpiccola di quella corrispondente ad una ener-gia di 1020 eV.

La teoria standard di accelerazione deiraggi cosmici si basa sul meccanismo di Fer-mi al primo ordine che opera nelle onde d’ur-to associate con resti di supernovae, nelle on-de d’urto alla terminazione del vento galatti-co e nei pulsars giovani, ma in tutti questicasi l’energia raggiunta è al massimo 1019 eV.

Un’analisi dimensionale (23) mostra che peruna regione di dimensioni L con campo ma-gnetico B l’energia massima raggiungibile è

E E Ze B L eC ,

dove e è un fattore di efficienza del meccani-smo, in generale molto più piccolo di 1.

Considerando che la nostra galassia ha undiametro di circa 20 kpc ed è permeata da uncampo magnetico di circa 1026 G, si vede cheè difficile raggiungere le energie osservate

Fig. 10. – Variazione di Xmax in funzione della energiadel primario misurata dall’apparato Fly’s Eye: punti:dati sperimentali, quadrati: valori aspettati nel casodi raggi cosmici composti solo da protoni, cerchietti:valori aspettati nel caso di raggi cosmici composti so-lo da Fe, losanghe: valori aspettati nel caso di raggicosmici nell’ipotesi di due componenti.

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anche nel caso nuclei di Fe. Inoltre, dato cheil raggio di Larmor per una particella di cari-ca Ze ed energia Eo che attraversa un campomagnetico B è dato da

rL(kpc) 4 Eo [EeV]/(Z B[mG])

ad una origine galattica sarebbe legata unaanisotropia nella distribuzione delle direzionid’arrivo con un eccesso nel disco della Galas-sia, cosa che come vedremo, non ha riscontriosservativi.

Anche l’ipotesi dell’origine extragalatticaincontra difficoltà. I meccanismi di accelera-zione, incluse onde d’urto ultra-relativistiche,possono operare in oggetti a più grande scalaquali nuclei galattici attivi (AGN) e radioga-lassie, onde d’urto in clusters di galassie, e insorgenti che danno origine ai gamma-raybursts.

Attualmente si ritiene che le regioni piùadatte per l’accelerazione dei raggi cosmicialle UHE siano le «macchie calde» (hot spots)osservate alla terminazione dei jets delle ra-diogalassie (24). In tali regioni di campo ma-gnetico molto intenso le perdite di energiadei protoni dovute a fotoproduzione non sonoparticolarmente forti dato che la densità dienergia dei fotoni è relativamente bassa.Questi oggetti però si trovano a distanze danoi maggiori di 100 Mpc e quindi, anche se laparticella (p o nucleo) viene generata con unaenergia superiore a 1020 eV, questa viene so-stanzialmente degradata nel raggiungere laterra (25).

Ricordando l’espressione per il raggio diLarmor di cui sopra si vede che una particel-la che attraversa una regione di alcuni Mpc,con un campo magnetico più piccolo o ugualea 102 9 G, verrebbe deflessa di circa 17. Per-tanto se le sorgenti sono vicine queste do-vrebbero essere facilmente identificate, maquesto finora non è avvenuto.

Secondo una diversa interpretazione questiraggi cosmici sarebbero il risultato del deca-dimento di difetti topologici in particelle mas-sive con massa mX D 1011 GeV, bosoni diHiggs e di gauge che decadendo a loro voltaproducono particelle con energie ben superio-ri a 1020 eV.

Queste particelle X sarebbero state prodot-te nei processi di altissima energia dell’Uni-verso primordiale. Sarebbero poi rimaste finoai nostri tempi come stringhe cosmiche,

stringhe superconduttive, coppie monopolo-antimonopolo e necklaces cosmici (26). Due so-no le questioni aperte da questi modelli (mec-canismi top-down in contrasto con i meccani-smi di accelerazione denominati bottom-up):cioè se i) il flusso e ii) gli spettri previsti perprotoni, fotoni e neutrini originati dalle parti-celle X sono compatibili con le osservazioni.Dalle stime correnti ci si aspetta che il nume-ro di raggi cosmici con energie E 1020 eV ge-nerati in questi meccanismi sia molto basso.Una segnatura di questo tipo di processi po-trebbe risiedere in una piccola depressionedello spettro proprio attorno a 80EeV. Leparticelle X decadono in genere in quark eleptoni. I quark nel processo di adronizzazio-ne producono in massima parte pioni che ge-nerano fotoni e neutrini. La radiazione cosìprodotta potrebbe spiegare il fondo gammadiffuso per energie superiori a 10 GeV (27).

Altro meccanismo attraverso il quale si puòevitare il problema del taglio-GZK è in rela-zione a tipi differenti di particelle superpe-santi formatisi nei primi istanti dell’universoche si sono concentrate negli aloni galatti-ci (28-30) e che costituiscono la materia oscuradell’Universo. Nel loro decadimento con tem-pi di dimezzamento superiori all’età dell’Uni-verso producono protoni, fotoni e neutrini. Ilflusso di fotoni in questo caso come nel casodei necklaces è superiore a quello dei protoniad energie vicine a 1020 eV. In tutti i casi ilflusso dei neutrini più alto di quello dei pro-toni e dei fotoni, sarebbe una evidenza del-l’origine dei raggi cosmici di UHE.

Nel caso di meccanismi topdown vi sareb-bero segni di anisotropia (20%) a seguito del-la nostra posizione asimmetrica rispetto al-l’alone galattico (31, 32).

6. – Anisotropie

La ricerca di anisotropie nella direzione diarrivo dei raggi cosmici è iniziata pratica-mente con la loro scoperta. Hess stesso fecedei voli di giorno e di notte per scoprire se ilsole era la sorgente dei raggi cosmici.

Il metodo classico per la ricerca della aniso-tropia si basa sull’analisi armonica in ascen-sione retta (RA). In questo modo viene evi-denziato un eventuale flusso di raggi cosmicisu larga scala, ad esempio dal piano della ga-lassia.

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Vi sono alcuni risultati significativi riporta-ti in tabella II. Come si vede vi è una certaconsistenza delle osservazioni dalle qualisembra emergere un eccesso di sciami loca-lizzato nella direzione del centro della galas-sia e nella regione del Cigno. Questo sembre-rebbe dare supporto alla esistenza di raggicosmici, costituiti da protoni o neutroni, diorigine galattica almeno per energie superio-ri a 1018 eV.

Salendo in energia il metodo dell’analisi ar-monica non fornisce risultati affidabili a cau-sa della scarsità degli eventi e si può guarda-re alle anisotropie di piccola scala, ovvero alraggruppamento di eventi più o meno nume-rosi attorno a direzioni particolari.

Come abbiamo detto all’inizio, le tecnichedi rivelazione dei grandi sciami permettonouna buona ricostruzione della direzione d’ar-rivo (E 1–27). Ma va aggiunto che le particel-le cariche vengono deflesse nell’attraversareil campo magnetico della galassia o extraga-lattico. Se il campo magnetico attraversato èuniforme si può stimare la deviazione angola-re della traiettoria rispetto alla direzione diosservazione da

u 4 0.37 L(kpc) B[mG] Z/Eo (100EeV) ,

dove L è la distanza della sorgente. Questo va-lore è inferiore alla risoluzione angolare degliapparati per particelle di 100 EeV ma divienecomparabile o superiore a quella di molti appa-rati ad energie più basse (ca. 10 EeV). È d’altraparte plausibile che i campi variino sia in inten-sità che in direzione su così grandi dimensioniper cui le direzioni, di arrivo da una singolasorgente saranno caratterizzate da uno «spar-pagliamento» che può essere approssimato dalfattore kL. Questo rende estremamente diffici-le una chiara identificazione della direzione del-l’evento con un’unica sorgente.

D’altra parte una possibilità per evitare ledifficoltà concettuali legate all’assenza del ta-glio di GZK è quello che le sorgenti non sianodistribuite in maniera uniforme ma seguanola distribuzione della materia nell’universo.Alcune analisi hanno trovato indicazione dieccessi di particelle dal piano supergalattico(piano di simmetria della distribuzione dellagalassie vicine che formano il supercluster lo-cale). Questo risultato non è stato confermatoda analisi successive condotte da AGASA eSUGAR per cui per il momento non si possonotrarre conclusioni affidabili. (Vedi tabella III.)Bisognerà aspettare i progetti futuri capaci diaccumulare eventi in numero maggiore.

Altre osservazioni rilevanti sono le «quasicoincidenze» –– eventi con separazione ango-lare E2.57. Per EoD 40 EeV sono stati osser-vati un «tripletto» e tre «doppietti». La pro-babilità di osservare 3 raggruppamenti diquesto tipo dovuta ad una coincidenza casualenell’ipotesi di una distribuzione isotropica èE 1%, mentre il numero aspettato di triplettiè 0.05 per il campione di dati analizzato (40).

Anche se questi eventi puntano nella dire-zione di sorgenti aventi interessanti caratte-ristiche è difficile spiegare come ciascuna diqueste coincidenze provenga da una stessa

Tabella II. – Osservazioni dell’anisotropia di grande scala degli eventi di RC con energie E1019 eV.

Esperimento Energia no. eventi Ampiezza Fase RA Probabilità (EeV): (%) (gradi) (%)

HP (33) 1–2 7320 2,161,7 70 0,3Yakutsk (34) 1–1,8 14972 1,661,2 198 0,17Fly’s Eye (35) 1–2 1579 6,6 318 0,91AGASA (36) 1–2 29207 4,261,0 297 0,00025“ 2–4 10129 2,0 256 0,33“ 4–8 2769 3,3 256 0,46

Tabella III. – Studio della correlazione tra le direzio-ni di arrivo dei raggi cosmici du ultra-alta energiacon il piano supergalattico; viene calcolata la proba-bilità che una distribuzione uniforme delle direzionidi arrivo produca il valore osservato per i dati speri-mentali (37-39).

Energia HP AGASA SUGAR HP+AGASA(EeV) +VR+Ya

D 20 0,680 0,520 0,760 0,340D 40 0,006 0,470 0,800 0,012D 60 0,035 0,920 0,890 0,038D100 0,072 – – 0,072

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sorgente. In uno dei doppietti, costituito daun evento con energia di 44 EeV e uno di 106EeV, quest’ultimo è arrivato dopo ca. 3 annidal primo. Ora se si suppone che la loro sor-gente si trovi entro 30 Mpc (per via dell’effet-to GZK), anche tenendo conto dello sparpa-gliamento dei tempi indotto dalla deflessionedelle traiettorie a causa della propagazionenel campo intergalattico, è poco plausibile ri-tenere che se le due particelle sono stateemesse allo stesso tempo, quella di più altaenergia accumuli un tale ritardo. D’altra par-te è anche difficile immaginare un meccani-smo fisico per il quale una sorgente riesca amantenere per un così lungo tempo una po-tenza di emissione al livello richiesto per ge-nerare i due eventi. Una loro origine in occa-sione di gamma-ray burst è da considerarsiimprobabile. Considerazioni simili escludonouna origine legata ai meccanismi top-down.

In definitiva è prematuro trarre conclusio-ni certe sulla base di così poche osservazioni.

7. – Prospettive future

L’apparato AGASA raccoglie circa 100eventi/anno con Eo D 1019 eV, mentre FE,nella sua nuova configurazione HiRes, sarà ingrado di rivelare circa 200 eV/anno.

Ma per affrontare e risolvere il problemadella origine dei RC di UHE è necessario ri-velare e studiare gli sciami con log(Eo) D 19ad un ritmo ancora più alto e con una effi-cienza uniforme per l’emisfero Nord e Sud.

La collaborazione internazionale raggrup-pata attorno al progetto Auger ( 2) prevede dicostruire due apparati per sciami, rispettiva-mente in Nord America ed in Argentina, cia-scuno con una area di raccolta di 3000 km2.Per la rivelazione degli sciami verranno im-piegate la tecnica classica del campionamentodella densità di particelle e quella della rac-colta della luce di fluorescenza. Un disegno dibase dell’apparato prevede 1600 contenitoripieni di acqua (vedi fig. 11) usati per rivelarela luce C� erenkov emessa dalle particelle nelloro attraversamento. Con tali rivelatori èpossibile misurare anche il contenuto dellosciame in muoni. Le unità sarebbero dispostesu una griglia esagonale e spaziate di 1.5 kmper usare tecniche di campionamento entrol’intervallo di distanze da 500 m a 3000 m dalcentro. Al centro sarà costruito un sistema di

rivelazione della luce di fluorescenza simile aquello di Fly’s Eye HiRes. Il progetto preve-de che in questo modo sarà possibile risalirealla stima dell’energia con una accuratezzadel 20% e con una risoluzione angolare di 17(questa risoluzione scende a 0.37 quando glieventi sono visti in coincidenza dai due siste-mi). Dall’estrapolazione del numero di eventifinora osservati si stima di raccogliere 8000eventi/anno con log (Eo) 4 19 e 30 eventi/annocon log(Eo) 4 20.2.

Altrettanto ambizioso è il progetto AIR-WATCH-OWL, una collaborazione interna-zionale tra Italia, Giappone e Stati Uniti chevede la realizzazione di una idea avanzata perla prima volta da J. Linsley nel 1981 (40) e hatra i principali collaboratori L. Scarsi (41).L’esperimento prevede di osservare il feno-meno della fluorescenza prodotta in atmosfe-ra dagli sciami UHE guardando verso il bas-so con specchi provvisti di lenti di Fresnelposti a bordo della Stazione Spaziale Interna-zionale o a bordo di satelliti posti in orbita bas-sa (vedi fig. 12). Con questa tecnica sarebbepossibile avere una accettanza D 5 3 105 km2

sr e rivelare 5000 ev/anno con Eo A 1020 eV(se non c’è il cut-off di GKZ) o 50–100 ev/annonel caso di cut-off di GKZ. Con queste carat-teristiche l’esperimento potrebbe estenderel’osservazione dello spettro fino a 1021 eV ecercare gli eventi di neutrini di altissimaenergia, guardando alle tracce molto inclina-te che attraversano quasi orizzontalmentel’atmosfera, generati da AGN o anche dal de-cadimento dei pioni prodotti a seguito dell’ef-fetto GZK.

Fig. 11. – Foto di una unità di rivelazione del Proget-to Auger (2).

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Il più grande apparato di sciami sarà forsecostruito con la collaborazione degli studentidelle High Schools di Canada e Stati Unitid’America (42). L’idea è quella di utilizzare deicontatori a scintillazione (di circa 0.5 m2) co-stituiti da materiale plastico posto fra due la-stre di alluminio e visto lateralmente da unfotomoltiplicatore. Ogni istituto disporrà ditre di questi rivelatori in coincidenza e di unPC per l’acquisizione dei dati. Dal ritardo re-lativo sarà possibile stabilire la direzione diarrivo tramite la misura dei tempi di arrivomediante ricevitori GPS. Un computer cen-

trale riceverà e confronterà i dati temporalidella rete di rivelatori e controllerà le possi-bli correlazioni su grandi aree. Gli studentinon solo dovranno far funzionare i rivelatori,ma analizzare i dati e presentare i risultati.Questo è sicuramente un metodo efficace perportare gli studenti a contatto con la ricerca.

8. – Conclusioni

A 90 anni dalla scoperta dei raggi cosmicila loro origine rimane ancora un mistero.

In questo articolo si è cercato di focalizzarel’attenzione sugli eventi di UHE che al mo-mento hanno suscitato grande interesse perle implicazioni circa i processi fisici all’operanell’Universo.

Tuttavia è importante sottolineare che unacompleta comprensione della natura dei raggicosmici non può prescindere dalle osservazio-ni a più bassa energia a cominciare da dovenon è più possibile condurre misure dirette(attorno ai 100 TeV–1 PeV) fino alle energieinferiori dei grandi apparati di cui abbiamoparlato (attorno a 1017 eV). In questo sensorivestono notevole importanza le misure con-dotte da apparati di sciami quali EAS-TOP(Italia), KASKADE(Germania), Dice(Utah), ThienShan (Kaazakhstan), Akeno(Giappone) che sono sensibili in questo inter-vallo di energia. Questi esperimenti potrannofornirci informazioni basilari sulla validità deimodelli di interazione, sulle sezioni d’urto esui meccanismi di accelerazione che possonorendere conto di una grande parte dello spet-tro che ancora non conosciamo oltre che di-scriminare su contributi da sorgenti vicine,quali ad esempio una supernova esplosa intempi relativamente recenti.

Il mistero dell’origine dei raggi cosmici di ul-tra alta energia appare dunque legato allastruttura ed origine stessa del nostro Universoe il futuro della ricerca in questo campo si di-mostra ancora affascinante come un secolo fa.

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Fig. 12. – Satelliti muniti di sistemi di specchi osser-vano la traccia di fluorescenza lasciata da uno sciamegenerato da raggi cosmici di altissima energia in atmo-sfera (a). Una delle possibili configurazioni dell’otticadel progetto AIRWATCH-OWL (b).

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Stefano Cecchini è primo ricercatore presso l’IstitutoTESRE del CNR di Bologna. Dal 1970 si occupa diricerche nel campo dei raggi cosmici, del mezzo inter-planetario e delle relazioni Sole-Terra.Dal 1986 partecipa all’esperimento MACRO presso iLaboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN.Recentemente si è occupato del monitoraggio della radia-zione ambientale (radiazione gamma con E D 50 keV daraggi cosmici e radioattività aerotrasportata) nell’ambitodel Progetto Nazionale delle Ricerche in Antartide.Fa inoltre parte dell’esperimento SPOrt a bordo dellaStazione Spaziale Internazionale (2003) per lo studio del-la polarizzazione della radiazione cosmologica di fondo.

CONDENSAZIONE DI BOSE-EINSTEINAL LABORATORIO DI SPETTROSCOPIANONLINEARE DI FIRENZEMassimo InguscioLENS - Largo E. Fermi, 2 - 50125 Firenze.

Nel giugno 1995, durante la conferenza inter-nazionale di spettroscopia laser svoltasi a Ca-pri, Eric Cornell riportava la realizzazionesperimentale della condensazione di Bose-Einstein (BEC) in un gas atomico diluito (1).Si trattava di un risultato lungamente inse-guito dalla fisica di questo secolo e le succes-sive decine e decine di lavori pubblicati testi-moniano l’esplosione di interesse in questocampo (2). La realizzazione della BEC comun-que è tuttora limitata a relativamente pochilaboratori al mondo, data la difficoltà di su-perare molti passi sperimentali, combinandol’ottimizzazione di sofisticati aspetti tecnicicon una notevole dose di fantasia ed intuitonella scelta dei vari parametri.

Perché tanto interesse? La risposta staforse nel fatto che fenomeni fisici fondamen-tali, ancorché stupefacenti e poco intuitivi,come la superfluidità, la superconduttività ol’emissione laser, hanno in comune l’occupa-zione macroscopica di un solo stato quantisti-co. La BEC in un gas di atomi diluiti (la di-stanza media fra due atomi è piccola rispettoalla lunghezza di scattering) presenta il van-taggio di poter essere trattata dal punto divista teorico (equazione di Gross-Pitaevskiiper un sistema inomogeneo di bosoni debol-mente interagenti).

Gli atomi, pur essendo costituiti da fermio-ni (protoni, neutroni, elettroni), possono ave-re spin totale intero e dare quindi luogo a fe-nomeni caratteristici di un insieme di bosoni.È il caso della superfluidità in 4He o dellaBEC in un gas diluito, sino ad oggi riportatasolo per 87Rb, 23Na, 7Li e H. Come detto, lacondensazione di Bose-Einstein in un gas di-luito è assai interessante perché prossima alcaso ideale di gas non interagente, ma la suarealizzazione ha un prezzo notevole dal mo-mento che si è obbligati a lavorare in un regi-me di non equilibrio termodinamico. Cerchia-mo di spiegare meglio la situazione con l’aiu-to di fig. 1 (tratta da una trasparenza mostra-ta da E. Cornell a Varenna (2)) in cui vieneriportato un generico diagramma delle fasi.

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Fig. 1. – Generico diagramma delle fasi. La linea trat-teggiata rappresenta la separazione fra fase conden-sata e fase non condensata. La linea continua mostrail limite fra la regione permessa e la regione vietata.A basse densità la BEC può esistere solo in un regimeproibito dal punto di vista termodinamico (da una le-zione di E. Cornell a Varenna 1998.)

Ad alte densità si hanno le forme di materiacondensata ed a basse densità è permessa lafase di vapore ad alte temperature. Si noti lalinea continua che segna il confine tra BEC/non-BEC e che evidenzia come la BEC a den-sità basse o intermedie sia tutta in zona proi-bita, con l’ovvia eccezione dell’4He. Realizza-re un condensato con densità ordini di gran-dezza al di sotto di quelle dell’elio liquido èquindi vietato solo, però, se lo si vuol fare incondizioni di equilibrio. Se il gas è molto ra-refatto (1010 2 1014 cm23) è possibile proce-dere in condizioni di metastabilità. A densitàcosì basse le collisioni a tre corpi che porte-rebbero ad aggregazioni stabili, sono pocofrequenti ed è possibile scendere sino alletemperature necessarie per il raggiungimen-to della BEC. Una stima di queste tempera-ture si può fare ricordando che la BEC è con-seguenza dell’indistinguibilità delle particellee della loro natura ondulatoria. All’atomo dimassa m è associato un pacchetto d’onda conestensione data dalla lunghezza d’onda di de

Broglie ldB 4k2pmKB T

h. Quando, al dimi-

nuire di T, ldB diventa confrontabile con ledistanze interatomiche, i pacchetti si sovrap-pongono e l’indistinguibilità gioca un ruolofondamentale: nel caso di bosoni si ha unatransizione degli atomi ad un unico statoquantistico coerente. La temperatura di tran-sizione e la densità atomica n sono legate dal-la relazione nl3

dB 4 2.612 nel caso di un gaslibero e che resta dell’ordine dell’unità per un

gas intrappolato. I valori precisi di n e T di-pendono dal potenziale di confinamento degliatomi ed evidentemente dalla loro massa. Nelcaso del rubidio, atomo cui faremo riferimen-to nel seguito di questo articolo e utilizzatonell’esperimento svolto a Firenze, le densitàsono dell’ordine di 1014 cm23, con separazionetra gli atomi di circa 200 nm e la temperaturacritica di transizione è di alcune centinaia dinanokelvin, mentre ad esempio nel caso dellaBEC nel sodio, più leggero, investigata congrande successo al MIT da Wolfgang Ketter-le, la temperatura è un po’ più elevata e rag-giunge il microKelvin.

Solo un decennio fa la BEC pareva cosa im-possibile da realizzarsi con atomi, in partico-lare con atomi alcalini, proprio per le tempe-rature troppo basse di transizione a cui obbli-gava la loro massa «elevata». D’altra partel’esistenza negli atomi di gradi di libertà in-terni e delle conseguenti transizioni elettro-magnetiche che consentono assorbimento edemissione di fotoni sono alla base della realiz-zazione del «raffreddamento laser», primopasso fondamentale per il raggiungimentodelle temperature che hanno consentito l’os-servazione di questo fenomeno. Il raffredda-mento laser sfrutta il «rallentamento» di unatomo in conseguenza della conservazionedell’impulso nel processo di assorbimento-riemissione di un fotone e riesce a ridurre levelocità di un gas rarefatto da quelle termi-che (centinaia di m/s) a poche decine di cm/s.Le temperature corrispondenti sono di alcunimilionesimi di grado Kelvin, con conseguenteapertura di una nuova frontiera della fisica, chetra l’altro motivava il premio Nobel assegnatoa Steven Chu, Claude Cohen-Tannoudji e Wil-liam D. Phillips nel 1997. In una trappola ma-gneto-ottica (MOT) si sfrutta l’interazione ato-mo-fotone in presenza di un campo magneticodi quadrupolo e questo permette di raffreddareed allo stesso tempo intrappolare gli atomi. Èpossibile, partendo da temperatura T 4 300 Ke pressione p A 1029 Torr (nl3

dB 4 10220) otte-nere un campione di rubidio con n41010 cm23

e T A 50 mK (nl3dB 4 1027) come schematica-

mente mostrato in fig. 2. Si noti che lo stessoraffreddamento laser è composto da fasi di-verse (MOT, CMOT e melassa) che mirano adaumentare la compressione degli atomi te-nendo bassa la temperatura (3,4).

Il raffreddamento laser ha però, a meno dischemi molto complessi, il suo limite in densi-

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tà e temperatura proprio nel processo di inte-razione atomo-fotone. Le temperature mini-me osservabili sono limitate dal riscaldamen-to dovuto all’emissione spontanea mentre ledensità massime sono limitate dal riassorbi-mento dei fotoni diffusi e dalle collisioni checoinvolgono atomi negli stati eccitati. È statoquindi necessario sviluppare un metodo ulte-

riore di raffreddamento che, combinato conun aumento nella densità, consentisse di re-cuperare i sette ordini di grandezza ancoramancanti al raggiungimento di una densitànello spazio delle fasi dell’ordine dell’unità. Ilmetodo vincente è quello dell’evaporazioneforzata in una trappola magnetica.

A questo scopo gli atomi, pre-raffreddatidal laser, vengono pompati otticamente, comeinsegnato da Gozzini in Italia negli anni ses-santa, in un unico sottolivello Zeeman, quindicon un unico momento di dipolo magnetico m,per poi essere «trasferiti» in un campo ma-gnetico. La configurazione di trappola ma-gnetica più semplice a realizzarsi è quella diquadrupolo, in cui si produce un campo ma-gnetico a forte gradiente in modo che gli ato-mi vengano intrappolati nel minimo del po-tenziale U 42 m n B.

Il successivo passo consiste nel far via via«evaporare» gli atomi più caldi aspettandoche quelli rimanenti termalizzino a tempera-ture sempre più basse. Sorge subito un pro-blema: un atomo che si muova in un campomagnetico resta orientato e quindi intrappo-lato se il suo momento magnetico precede in-torno al campo e lo segue adiabaticamente.Questo non avviene quando la precessione diLarmor è lenta rispetto alla variazione di di-rezione del campo magnetico, come nell’intor-no di un punto in cui il campo si annulla, cheè proprio il caso della trappola magnetica diquadrupolo relativamente facile a realizzarsi(fig. 3a). Come previsto e calcolato da EttoreMajorana (5), gli atomi che passano vicino allozero del campo possono compiere una transi-zione di «spin-flip» verso un livello Zeemannon intrappolato. È evidente che questo mec-canismo riduce seriamente la vita media delcampione atomico nella trappola magneticavia via che la temperatura diminuisce. Biso-gna quindi ricorrere a configurazioni di cam-po magnetico con un minimo diverso da zero(fig. 3b). A Firenze si è fatto ricorso ad unaconfigurazione realizzata a Trento da L. Riccie che, impiegando due bobine aggiuntive ri-spetto a quelle che realizzano un campo diquadrupolo (fig. 4), costituisce una variantedi configurazioni esistenti, compatibile peròcon un apparato sperimentale da noi volutoversatile per possibili studi futuri con diversiatomi, inclusi isotopi fermionici. Intorno alminimo il campo ha un andamento quadratico(trappola armonica) caratterizzato da una

Fig. 2. – Lunghezza d’onda di de Broglie e densità delcampione di 87Rb durante le diverse fasi del raffred-damento: a grafici di questo genere si fa riferimento,in forma molto espressiva, come ad una odissea nellospazio delle fasi.

Fig. 3. – Atomi freddi preparati in un opportuno sot-tolivello Zeeman possono essere «intrappolati» nelminimo di un campo magnetico. Riportiamo l’anda-mento del modulo del campo magnetico lungo l’asse xper (a) un campo di quadrupolo con il minimo a zero,(b) un campo con andamento quadratico e minimo di-verso da zero. In (c) viene riportato schematicamentel’andamento dell’energia dei livelli Zeeman, per un li-vello con momento angolare totale pari a 2, in unatrappola magnetica armonica. I livelli con M 4 2 edM 4 1, la cui energia cresce al crescere del campo ma-gnetico, sono livelli intrappolabili. hnRF rappresental’energia necessaria a compiere una transizione RFverso il livello M 4 0, non più intrappolato dal campo,sfruttata per il raffreddamento evaporativo forzato.

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simmetria cilindrica rispetto all’asse orizzon-tale x. Gli atomi di Rb intrappolati compionooscillazioni armoniche con frequenze dell’or-dine di 13 Hz in direzione assiale (x) e di cir-ca 200 Hz nella direzione radiale. Gli atomipiù «caldi» compiono oscillazioni più ampieintorno alla posizione di minimo il che li portain regioni a campo magnetico più alto. Questofornisce la chiave per l’ulteriore processo diraffreddamento che è quello dell’evaporazio-ne forzata che si può comprendere con l’aiutodi fig. 3c. Giocando sulla diversa intensitàdell’effetto Zeeman, infatti, si possono indur-re transizioni a radiofrequenza selettive intemperatura ad un altro sottolivello per ilquale l’energia magnetica non ha più un mini-mo e quindi l’atomo non è più intrappolato. Siparte con un valore di radiofrequenza relati-vamente alto, circa 20 MHz e si spazza la fre-quenza verso il basso in modo da far evapora-re atomi sempre meno caldi e lasciare che glialtri termalizzino a temperature sempre piùbasse. Questo processo è estremamente criti-co poiché si perdono ordini di grandezza nelnumero di atomi e il successo è garantito solose il tempo di termalizzazione (che dipendeda n, T e dalla sezione d’urto per collisionielastiche) è molto minore della vita mediadella trappola. Dal momento che il limite piùstringente alla vita media della trappola ma-gnetica è costituito dalle collisioni degli atomiintrappolati con gli atomi caldi residui, l’eva-

porazione deve essere fatta in condizioni diultravuoto (10211 Torr). A pressioni cosí bas-se risulta però limitato il numero di atomi chepossono essere intrappolati e raffreddati nel-la MOT. Una possibile soluzione è quella didividere spazialmente le due zone: quella dicattura e preraffreddamento a partire dal va-pore termico e quella in cui avviene il raffred-damento evaporativo nella trappola magneti-ca. Nell’esperimento di Firenze l’apparatosperimentale prevede due celle separate econnesse da un tubo lungo 40 cm in cui è pos-sibile mantenere un vuoto differenziale( p 4 1029 Torr nella cella in cui avviene lacattura degli atomi a partire dal vapore ter-mico e p 4 10211 Torr nella cella in cui avvie-ne l’evaporazione). Il sistema è detto a dop-pia-MOT dal momento che gli atomi vengonoprima catturati e raffreddati in una primaMOT nella cella dove il vuoto è meno spinto,quindi trasferiti (con un fascio laser risonan-te) nella seconda cella dove vengono ricattu-

Fig. 4. – Schema della configurazione di bobine utiliz-zata a Firenze per creare una trappola magnetica ar-monica con un minimo diverso da zero. Le due bobineverdi in configurazione anti-Helmholtz producono uncampo di quadrupolo. La bobina rossa genera la cur-vatura nella direzione assiale (x) e la bobina blu per-mette di controllare il minimo della trappola.

Fig. 5. – Immagini in assorbimento a falsi colori dellanuvola atomica per diversi valori finali della radio-frequenza (nRF) a cui viene fermata l’evaporazione edopo 20 ms di espansione. Andando dall’alto al bassoe da sinistra a destra nRF viene diminuita ogni volta di100 kHz (da 0.94 MHz a 0.91 MHz). QuandonRF 4 0.94 MHz si osserva un campione termico(espansione isotropa), via via che l’evaporazione pro-cede al centro si forma un picco più denso che rappre-senta la parte condensata con una forma ellittica(espansione asimmetrica). A nRF 4 0.91 MHz si osser-va un condensato puro.

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rati da una seconda MOT e finalmente trasfe-riti nella trappola magnetica. Il trasferimen-to nella trappola magnetica viene fatto in duepassi. La trappola a 4 bobine utilizzata ha in-fatti il minimo di campo a 5 mm dallo zero delquadrupolo (dove si forma la MOT). Per ave-re un efficiente trasferimento dalla MOT allatrappola magnetica, gli atomi vengono primaintrappolati nella trappola di quadrupolo equindi trasferiti adiabaticamente nella trap-pola armonica. A questo punto può comincia-re il raffreddamento evaporativo.

Temperatura, dimensioni e densità dellanuvola atomica durante il raffreddamento fi-no alla formazione del condensato di Bose-Einstein, vengono misurate facendo un’imma-gine in assorbimento del campione. Gli atomivengono illuminati da un breve impulso(A 50 ms) di luce risonante e l’ombra dellanube viene raccolta su una telecamera CCD.A causa dell’elevata densità ottica, per faremisure quantitative è preferibile, ultimata lafase di raffreddamento evaporativo, spegnerei campi di trappola ed attendere che il cam-pione espanda per alcuni millisecondi. L’au-mento delle dimensioni del campione durantel’espansione riduce anche un po’ le richiestedi risoluzione spaziale per il sistema otticoche restano comunque stringenti trattandosi,alla fine, di «fotografare» circa un milione diatomi in una nube con dimensioni di alcunecentinaia di mm. La fig. 5 si riferisce ad im-magini prese dopo il raffreddamento evapo-rativo, con valori sempre più bassi del valoredi radiofrequenza a cui si arresta la rampa.Nella prima immagine in alto a sinistra nonsi sono ancora fatti evaporare atomi a suffi-cienza ed il campione è ancora al di sopradella temperatura critica. In tutte le altreimmagini il «taglio» con la radiofrequenzaviene spinto sempre più in basso e semprepiù evidente diventa la componente di con-densato al centro. Un’importante osservazio-ne è che il condensato, a partire da una trap-pola a simmetria cilindrica, espande in ma-niera asimmetrica, mentre la nube di atomiancora in fase gassosa segue un’espansioneisotropa (queste immagini sono state presecon un tempo di espansione di 20 ms). In fig. 6vengono riportate una sezione dell’immaginesulla CCD ed il fit del profilo di densità chevien fatto assumendo una distribuzione gaus-siana per il gas termico mentre per la compo-nente condensata il profilo di densità è una

parabola invertita. Dalle dimensioni della nu-be termica espansa si risale alle dimensionidella nube nella trappola armonica e quindialla sua temperatura. La temperatura ditransizione stimata è di A 200 nK. Una sug-gestiva ricostruzione tridimensionale del pro-filo di densità attraverso la transizione dacampione termico a condensato puro è mo-strata in fig. 7.

Si è già detto che il fenomeno della BEC,dopo le pioneristiche osservazioni al JILA, alMIT ed alla Rice University, è stato riprodot-to solo in un numero ancora limitato di labo-ratori, tutti molto avanzati tecnologicamente,che includono Stanford, Austin, Harvard, Ya-le, NIST-Gaithersburg negli USA, Tokyo eKyoto in Giappone, Otago in Nuova Zelanda,oltre ad un numero esiguo in Germania (adesempio il Max Planck di Monaco), Francia(Ecole Normale Superieure e Orsay) e GranBretagna (ad esempio Oxford) per quanto ri-guarda l’Europa. In Italia, con finanziamentiCNR, INFM e MURST, si è svolto un pro-gramma nazionale sia teorico che sperimen-tale che coinvolgeva anche le Università diTrento, Milano, Pisa e la Scuola Normale eche prevedeva la realizzare di un condensato

Fig. 6. – Sezione dell’immagine in assorbimento diuna nuvola atomica che presenta sia una parte con-densata (picco al centro) che una componente termi-ca. La linea tratteggiata rappresenta il fit del profilodi densità che viene fatto con una gaussiana per lacomponente termica e con una parabola invertita perquella condensata. Dal fit vengono ricavati numero edensità di atomi nella frazione condensata (N A 104,n A 1013 cm23), numero di atomi e loro densità nellacomponente termica (N A 105, n A 1012 cm23) e latemperatura della nuvola termica T A 200 nK.

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Fig. 7. – Ricostruzione tridimensionale del profilo spaziale di assorbimento della nuvola atomica attraverso latransizione da campione termico (a sinistra in figura) a condensato puro.

Fig. 8. – Immagini in assorbimento del condensato in caduta libera: la prima immagine è presa 7 ms dopo lospegnimento della trappola magnetica e le successive sono prese a intervalli di 3 ms fino ad un tempo massimo di25 ms. Durante l’espansione il condensato cambia forma. Come previsto dal principio di indeterminazione di Hei-senberg la direzione inizialmente più confinata è quella che espande più rapidamente.

di Bose-Einstein presso il Laboratorio Euro-peo di Spettroscopia Nonlineare (LENS) del-l’Università di Firenze. Il progetto è stato co-ronato da successo lo scorso 10 giugno ed ilmerito va a Marco Prevedelli, Chiara Fort eFrancesco Minardi, con un apparato costruitonell’ambito di un esperimento più articolatoche ha visto l’importante contributo di Fran-cesco S. Cataliotti (ora in Germania al MaxPlanck Institut für Quantenoptik di Gar-

ching) e la collaborazione di Leonardo Riccidell’Università di Trento e Guglielmo M. Tinodell’Università di Napoli. È ora possibilepensare ad applicazioni affascinanti che van-no da sofisticati effetti di coerenza con la ma-teria in questo nuovo stato, alla realizzazionedi computer ottici, laser «atomici» o di nuovisistemi per l’osservazione dell’effetto Joseph-son o ancora all’estensione a sistemi fermio-nici.

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Pagato il prezzo necessario per superaregrosse difficoltà, abbiamo ora a disposizioneun sistema che suscita interessi in vari campidella fisica che vanno dalla fisica atomica allafisica dello stato solido ed alla meccanica sta-tistica. È qualcosa di nuovo che suscita curio-sità fortemente interdisciplinari dato che siparte con atomi rarefatti e si giunge a fluidiquantistici (6) e, comunque, abbiamo per lemani qualcosa di molto bello da osservare.

Mi piace a questo proposito chiudere conl’immagine in fig. 8 che si riferisce ad un con-densato osservato con ritardi crescenti dopoavere spento la trappola magnetica. Il conden-sato, lasciato libero, cade di moto accelerato nelcampo gravitazionale e si espande. Si noti comela forma sia inizialmente allungata in direzioneorizzontale ed evolva sino a diventare allungatanella direzione verticale. Bella evidenza, que-sta, degli effetti del principio di indeterminazio-ne di Heisenberg che obbliga il pacchetto d’on-da ad acquistare impulso maggiore nella dire-zione nella quale è più localizzato all’inizio.

References

(1) M. H. Anderson, J. R. Ensher, M. R. Matthews, C. E.Wieman, E. A. Cornell, «Evidence for Bose-Einstein Con-densation in a dilute atomic vapor» XII InternationalConference on Laser Spectroscopy, Capri, Italia 1995 a

cura di M. Inguscio, M. Allegrini, A. Sasso, pag. 3-6 M. H.Anderson, J. R. Ensher, M. R. Matthews, C. E. Wieman,E. A. Cornell, «Observation of Bose-Einstein condensa-tion in a dilute atomic vapor» Science 269, 1989 (1995).

(2) Per una prima illustrazione completa dello stato dell’artesi rimanda ai Proceedings della Scuola Internazionale diFisica «Enrico Fermi», Corso CXL «Bose-Einstein con-densation in atomic gases» a cura di M. Inguscio, S.Stringari e C. E. Wieman (IOS Press, Amsterdam, 1999)

(3) E. Arimondo, W. D. Phillips e F. Strumia (Curatori)«Laser manipulation of atoms and ions» Proceedingsdella Scuola Internazionale di Fisica «Enrico Fermi»,Corso CXVIII (North Holland, Amsterdam) 1992.

(4) Per un’analisi del raffreddamento laser finalizzata allaBEC si veda: G. M. Tino, M. Inguscio, «Experimentson Bose-Einstein condensation» Rivista del Nuovo Ci-mento, 22 n. 4 (1999).

(5) E. Majorana, «Atomi orientati in campo magneticovariabile», Nuovo Cimento, 9, 43 (1932).

(6) F. Dalfovo, S. Giorgini, L. P. Pitaevskii, and S. Strin-gari «Theory of Bose-Einstein Condensation in trap-ped gases» Rev. Mod. Phys. 71, 463 (1999).

Massimo Inguscio è nato a Lecce nel 1950, si è lau-reato in fisica a Pisa nel 1972 ed ha conseguito ilDiploma di Perfezionamento presso la Classe diScienze della Scuola Normale Superiore dove è statoanche studente. Ha svolto attività di ricerca ed hainsegnato in varie Università: Pisa, Napoli e Firen-ze. In quest’ultima è attualmente professore di Fisi-ca Atomica e direttore del Laboratorio Europeo diSpettroscopia Nonlineare (LENS). Continua ad in-teressarsi di interazione della luce con atomi e mole-cole sia per indagini spettroscopiche che per lo stu-dio di nuovi fenomeni.

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FISICA E TECNOLOGIA

IL PROGRAMMA EUROPEO SULLA FU-SIONE TERMONUCLEARE NEL CONTE-STO DELL’ATTIVITÀ MONDIALE: STA-TO DELL’ARTE E PROIEZIONI PER ILFUTUROUmberto Finzi, Charles MaisonnierEuropean Commision, Rue de la Loi 200,B-1049 Bruxelles

1. – Preambolo

Per uno sviluppo globale sostenibile, è ne-cessario che i paesi industrializzati mettano apunto una serie di opzioni energetiche a cor-to, medio e lungo termine. La fusione termo-nucleare di nuclei leggeri (per esempio gliisotopi dell’idrogeno: deuterio e trizio), che èall’origine dell’energia irraggiata dalle stelle,è una delle poche opzioni che offrono la pro-spettiva, a lungo termine, di una sorgente dienergia elettrica di base, che presenta pro-mettenti caratteristiche ambientali e di sicu-rezza, e utilizza combustibili praticamenteinesauribili ed universalmente accessibili.

Le ricerche sulla fusione sono giunte ad unostadio dove sarebbe scientificamente e tecnica-mente possibile costruire il primo reattore spe-rimentale. La successiva realizzazione di unreattore commerciale richiederebbe tuttaviaimportanti progressi in tecnologia ed in inge-gneria, cosicché un impatto sostanziale dellafusione nel campo energetico non è prevedibileprima della metà del secolo venturo.

In Europa, le ricerche energetiche possonoricevere supporto dall’Unione Europea(U.E.) attraverso i meccanismi del Program-ma Quadro di Ricerca. In applicazione delprincipio di «sussidiarietà» (non si deve in-traprendere a livello centrale ciò che può es-sere eseguito a livello periferico), non tutte leopzioni energetiche richiedono per il loro svi-luppo l’intervento delle Istituzioni Europee,

ma la Fusione, a causa della durata e dell’am-piezza delle ricerche necessarie, lo richiedeindubbiamente. Il Programma Fusione del-l’U.E. ha come obiettivo finale la costruzionein comune di un reattore a fusione prototipo;il Programma integra, da decadi, tutte le ri-cerche sulla fusione magnetica intraprese neiPaesi Membri (e in Svizzera).

La collaborazione internazionale è semprestata molto attiva tra i maggiori ProgrammiFusione del mondo: culmina con l’accordo incorso tra i 4 grandi partner (E.U., Giappone,Russia, U.S.A.) per il disegno ingegneristicodi ITER (International Thermonuclear Ex-perimental Reactor).

Lo sforzo europeo globale sulla fusione ma-gnetica è dell’ordine di 450 MioEuro1 all’anno,ed è finanziato per circa il 45% da fondi comu-nitari; corrisponde a circa 0,5% della bollettaelettrica del’U.E. Il Giappone spende circa lostesso, e gli Stati Uniti circa la metà. È difficiledare una cifra per la Russia, che continua adavere un programma fusione importante con fi-sici eccellenti ma mezzi sperimentali limitati.

2. – La fusione: concetti di base

Quando nuclei leggeri si urtano con una ve-locità relativa abbastanza alta per superarela repulsione elettrica tra le loro cariche elet-triche, possono «fusionare» per formare nu-clei più pesanti; queste reazioni nucleari sonogeneralmente fortemente esotermiche. Per laproduzione di energia da parte dell’uomo, lareazione più accessibile è quella deuterio-tri-zio, che libera un’energia di 17,6 MeV(1 MeV 4 1,6 n 10213 Joule) sotto forma dienergia cinetica dei prodotti della reazione(una particella a ed un neutrone, con rispetti-vamente 20% e 80% dell’energia totale).

1 Milioni di euro.

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IL NUOVO SAGGIATORE

Il deuterio può essere facilmente estrattodall’acqua: 1 m³ ne contiene 30 grammi. Il tri-zio praticamente non esiste naturalmente sullaterra, perché decade con una vita media di solo12,3 anni; ma lo si può produrre nei reattori afissione (in particolare i reattori CANDU adacqua pesante del Canada), o nei futuri reattoria fusione facendo interagire i neutroni con unmantello contenente litio, avvolto attorno allacamera di reazione (il litio è abbondante nellacrosta terrestre). In un reattore a fusione, dun-que, né i combustibili primari (deuterio e litio),né le ceneri (elio) saranno radioattivi, ma lastruttura del reattore diventerà radioattivasotto l’influenza dei neutroni e del trizio pre-senti nel cuore. In conseguenza, un reattore afusione D-T dovrà soddisfare alla regole di si-curezza di un’installazione nucleare.

Nel cuore del reattore, la temperatura dellamiscela D-T sarà superiore a 108 7C, cioè moltoal di sopra della temperatura alla quale il gas ècompletamente ionizzato e diventa un insiemedi particelle cariche libere chiamato «plasma».Per raggiungere e mantenere tali temperature,occorre disporre di riscaldamenti potenti e diuna eccellente isolazione termica. Dato che leparticelle cariche non possono muoversi libera-

mente perpendicolarmente a un campo magne-tico, un plasma può essere confinato da campimagnetici di opportuna topologia. Sulla base diun tale metodo di confinamento, si può concepi-re di bruciare il combustibile di fusione in modostazionario: è la fusione a confinamento magne-tico (MCF, magnetic confinement fusion). Per-ché il reattore produca più energia di quantane consuma, nel plasma di deuterio-trizio i va-lori della temperatura T, della densità n e deltempo di confinamento t (tempo di raffredda-mento del plasma dopo la soppressione del ri-scaldamento) devono essere tali che il loro tri-plo prodotto sia superiore a 5n1021 keV m23 s.Valori tipici dei parametri singoli sono:– temperatura ionica Ti4 10–20 keV

(108–2 n 108 7C),– densità ionica n C 1020 nuclei per

m3 (A 1023 g/m3),– tempo di confina-

mento dell’energiatE 4 alcuni secondi.

L’alternativa principale al MCF è l’ICF (iner-tial confinement fusion), nella quale intensi fa-sci di luce laser o di particelle focalizzati su pic-colissimi bersagli combustibili producono dellemicro-esplosioni termonucleari. Questa tecnolo-

Fig. 1. – Principio di un reattore a fusione.

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U. FINZI E C. MAISONNIER: IL PROGRAMMA EUROPEO SULLA FUSIONE TERMONUCLEARE ECC.

gia ha applicazioni nella simulazione delle arminucleari e, per questa ragione, il ProgrammaFusione Europeo mantiene in questo campo sol-tanto una attività di veglia tecnologica.

3. – Principio del reattore

Un reattore MCF a deuterio-trizio (fig. 1)sarà composto di

–– un cuore di plasma caldo confinato dacampi magnetici prodotti da bobine supercon-duttrici; le particelle a prodotte rimangonoconfinate dal campo magnetico e mantengonola temperatura del plasma attraverso collisio-ni tra particelle; i neutroni sfuggono;

–– un mantello contenente litio nel quale ineutroni vengono rallentati; la loro energiacinetica è trasformata in calore, e reazionineutrone-litio rigenerano più trizio di quantoviene consumato nel cuore; uno scambiatoredi calore trasmette la potenza termica dalmantello alle turbine;

–– una camera da vuoto ed una strutturameccanica;

–– sistemi di manutenzione robotizzata,poiché ogni intervento all’interno dello scudobiologico richiederà telemanipolazione;

–– sistemi ausiliari quali un impianto di ri-processamento del trizio, un impianto crioge-nico, dei sistemi di pompaggio, di riscalda-mento e di controllo del plasma;

–– un sistema convenzionale di conversionedel calore in elettricità.

Tra le varie configurazione magnetiche stu-diate, il cosiddetto «Tokamak» è emerso co-me quella che oggi si avvicina di più al rag-giungimento di condizione reattoristiche. Nelprogramma europeo si studiano altresì duealtre configurazioni toroidali: lo Stellaratored il Reversed Field Pinch.

4. – Perché la fusione?

La disponibilità dei combustibili primarinon pone problemi: sono abbondanti, poco co-stosi, e largamente distribuiti. Si può dunquepensare ad un uso estensivo dell’energia difusione per tempi molto lunghi.

La fusione dispone di un forte potenziale intermini ambientali e di sicurezza: i combusti-bili primari, come le ceneri, non sono radioat-tivi; non c’è possibilità di run-away del reat-

tore (niente reazione a catena); il reattorecontiene pochissimo combustibile (soltantoper alcuni secondi d’uso); la struttura, costi-tuita da materiali a bassa attivazione, nonpuò fondere in seguito a nessun tipo di inci-dente; i residui radioattivi (struttura mecca-nica attivata dai neutroni) sono quantitativa-mente paragonabili a quelli di un reattore difissione equivalente, ma qualitativamentemolto più innocui, cosicché i residui della fu-sione non costituirebbero un onere pesanteper le generazioni future; non c’è nessun con-tributo all’effetto serra derivante dall’opera-zione di un reattore a fusione e dunque nes-sun impatto sul clima globale.

Non vi sarebbero praticamente rischi diproliferazione, in quando qualsiasi tentativodi breeding di materia fissile sarebbe facil-mente identificabile.

I progressi nella fisica sono tali che esisteattualmente una solida base per la costruzio-ne di un reattore sperimentale (vedi capitoloseguente). Tuttavia per arrivare ad un reat-tore commerciale sono necessari sviluppi so-stanziali in diversi campi della tecnologia:materiali a bassa attivazione e resistenti aineutroni; mantelli tritigeni con basso inven-tario di trizio; grandi bobine superconduttri-ci; telemanipolazione in geometria toroidale;etc. Il reattore commerciale non è per doma-ni (in operazione forse tra 50 anni), sarà pro-babilmente una grossa unità (dell’ordine di 1GW elettrico), e la sua economicità è attual-mente difficile da stimare con esattezza.

5. – Progresso nella fusione

È già stato detto nel secondo paragrafo chela «figura di merito» più comunemente usataper qualificare un esperimento sulla via delreattore è il «triplo prodotto» della tempera-tura per la densità e per il tempo di confina-mento. La fig. 2 mostra, su un diagramma deltriplo prodotto in funzione della temperatura,il progresso ottenuto sui Tokamaks in tren-t’anni: un miglioramento di circa mille nel tri-plo prodotto nTt, e di circa cento nella tem-peratura. Si sono già raggiunte le temperatu-re reattoristiche, ma manca ancora un fattoredi circa 6 sul triplo prodotto. In termini dinTt, i migliori risultati sono attualmente ot-tenuti in modo comparabile dalle due piùgrandi macchine in funzione, JET nell’U.E. e

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IL NUOVO SAGGIATORE

Fig. 2. – Progresso in fusione (le sigle JET, TFTR,T10, etc... rappresentano i dispositivi sperimentali; Qè il rapporto tra potenza di fusione prodotta e poten-za di riscaldamento esterno).

JT-60U in Giappone, quando lavorano in deu-terio; ma solo JET è stato costruito per poteroperare con deuterio-trizio; esso ha già pro-dotto una potenza di fusione di 16 megawattper una durata di 2 secondi.

Le macchine attuali hanno dei parametritroppo limitati per entrare nel regime reatto-ristico. È necessario adesso costruire un di-spositivo di maggiore mole (quale ITER) perpotere dimostrare sperimentalmente la fatti-bilità scientifica della fusione termonucleare.E attualmente disponiamo di una solida baseper intraprendere tale costruzione.

Le linee alternative al Tokamak hanno evi-dentemente delle prestazioni al momento in-feriori di ordini di grandezza, ma vengonostudiate per due ragioni:

–– presentano certi vantaggi concettuali;per esempio lo Stellarator, del quale la confi-gurazione magnetica è essenzialmente pro-dotta da bobine esterne al plasma e dunquenon richiede una corrente toroidale nel pla-sma come il Tokamak, condurrebbe molto piùnaturalmente di quest’ultimo ad un reattorestazionario;

–– contribuiscono alla costituzione di unavasta base dati sul confinamento toroidale, abeneficio anche dei Tokamak stessi.

6. – Organizzazione del Programma Euro-peo.

Il Programma Fusione Europeo è condottodalla Commissione Europea, in forte intera-zione con i partecipanti nei paesi membri (ela Svizzera), in particolare grazie ai pareriemessi dal Comitato Consultativo per il Pro-gramma Fusione (CCPF).

Il programma (2000 scienziati ed ingegnericirca) viene messo in opera soprattutto attra-verso accordi di lunga durata: contratti diAssociazione; l’impresa comune JET (JointEuropean Torus); l’accordo NET (Next Eu-ropean Torus), che copre anche la partecipa-zione Europea ad ITER; l’accordo sulla mo-bilità del personale. Ci sono pure contratti didurata limitata, coll’industria o nei Paesi chenon hanno un contratto di Associazione.

a) Associazioni. Le istituzioni nazionali chepossiedono maggiori laboratori di fusione (co-me l’ENEA in Italia) sono legate alla Com-missione Europea con un contratto di Asso-ciazione: la Commissione co-finanza e co-diri-ge le attività dell’Associazione e mette a di-sposizione personale. Esistono 16 Associazio-ni, una per paese membro (e Svizzera) coll’ec-cezione della Germania (che ne ha 3), delLussemburgo (che partecipa attraverso unsottocontratto dell’Associazione belga) e del-la Grecia.

Ogni Associazione coordina tutte le attivitàdi fusione magnetica nel suo paese; per esem-pio in Italia, le attività di fusione del CNR (aPadova e a Milano) come quelle di varie Uni-versità sono integrate nelle attività dell’Asso-ciazione Euratom-ENEA. L’U.E. paga circail 25% delle spese globali delle Associazioni,coll’eccezione dei grossi investimenti (nuovemacchine, miglioramenti importanti, grossiimpianti tecnologici,) che ricevono un suppor-to preferenziale del 45% se hanno ricevuto lo«statuto prioritario» da parte del CCPF.Questo statuto prioritario viene attribuitosulla base di un esame approfondito (condot-to da esperti di altre Associazioni) che analiz-za quanto l’investimento proposto s’inseriscanella strategia globale europea e sia compati-bile con i limiti finanziari. La regola del sup-

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porto preferenziale si è dimostrata determi-nante nell’unificazione della strategia dellafusione europea: dalla data della sua introdu-zione (1971), non si è costruita nessuna mac-china senza questo supporto.

Le Associazione hanno costruito ed utiliz-zano:

–– una decina di Tokamak (costo di costru-zione di ciascuno compreso tra circa 10 e 100MioEuro), ciascuno specializzato, in modo dicoprire l’insieme dei problemi sulla via delreattore;

–– 2 Stellarators, più uno grande (circa 200MioEuro) in costruzione;

–– 2 Reversed Field Pinches.Lo sforzo globale delle Associazioni si divi-

de circa in 70% per la fisica e 30% per la tec-nologia. Esse contribuiscono, in personale edin apparecchiature, a JET e a NET-ITER, ehanno forti legami tra di loro (per esempio ilTokamak Textor di Jülich è sfruttato dal rag-gruppamento Euregio formato dalle Associa-zioni belga e olandese e da una delle Associa-zioni tedesche).

b) JET. Il Joint European Torus è un’«Im-presa Comune» nel senso del trattato Eura-tom. Fu fondato nel 1978 per costruire (aCulham, vicino a Oxford) e sfruttare a scalaeuropea il più grande Tokamak del mondo(quasi 1 BioEuro2 d’investimento totale). Ilprimo plasma fu prodotto nel 1983, la primaoperazione in DT fu nel 1991, ed è previstoche l’Impresa Comune termini alla fine del1999, avendo raggiunto con successo tutti gliobiettivi fissati all’inizio. In particolare, insie-me a Tokamak più piccoli ma simili nelle As-sociazioni (fig. 3), JET ha permesso di formu-lare leggi di scala affidabili sulle quali fonda-re il progetto di ITER.

JET è legato agli altri grandi Tokamakmondiali (JT-60U in Giappone e, fino alla suachiusura nel 1997, TFTR negli Stati Uniti)attraverso un Accordo dell’Agenzia Interna-zionale dell’Energia. Dopo la chiusura del-l’Impresa Comune, è molto probabile che lamacchina JET continui ad essere sfruttata insupporto di ITER durante qualche anno in unaltro quadro.

c) NET. L’accordo NET (Next EuropeanTorus), operativo dal 1983, permette di coor-

dinare gli sforzi europei sul disegno, e la ri-cerca (nei laboratori associati e nell’indu-stria) in supporto del Next Step. Questi sforzisono adesso essenzialmente focalizzati sulcontributo europeo a ITER (vedi prossimoparagrafo). Il gruppo NET (A 25 fisici e in-gegneri) è localizzato a Garching (vicino aMonaco di Baviera).

d) Mobilità del personale. L’accordo di mobi-lità permette di promuovere e finanziare la mo-bilità dei ricercatori tra i diversi laboratori eu-ropei. Esso rappresenta uno degli strumentichiave per la coesione del Programma Fusione:ogni anno, più di 400 ricercatori (su un comple-mento totale di circa 2000) sono distaccati peroltre 1 mese fuori del loro laboratorio di origi-ne. Un programma di tirocinio permette a circa20 borsisti (la metà dei quali hanno già conse-guito la laurea o il dottorato) di formarsi perun periodo dell’ordine di 2 anni in un laborato-rio fusione europeo fuori del loro paese.

Nota bene: l’organizzazione descritta è quellain opera fino al dicembre 1998. Dal Gennaio1999 (inizio del Quinto Programma Quadro diRicerca), la ricerca finanziata a livello comuni-tario si sta ristrutturando: tutte le attività diricerca vengono raggruppate in 4 grandi pro-grammi; la Fusione fa parte del programma«Energia, ambiente e sviluppo sostenibile»;uno degli autori (U.F.), che era Direttore delProgramma Fusione fino al 1998, è stato nomi-nato Direttore-Coordinatore del Programma«Energia, ambiente e sviluppo sostenibile».2 Miliardi di euro.

Fig. 3. – Estrapolazione del Tokamak Europei esi-stenti a ITER (dimensioni del Plasma).

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7. – ITER

L’obiettivo programmatico globale di ITERè di dimostrare la fattibilità scientifica e tecno-logica della fusione, nonché il suo potenziale daipunti di vista sicurezza ed ambiente.

Il progetto di ITER è stato finora condottoda 4 partner, i quattro grandi programmi fusio-ne mondiali (U.E., Giappone, Russia, Stati Uni-ti), su una base di uguaglianza rispetto a statu-to, contributi, e benifici. Nell’ambito di accordiinternazionali formali sotto l’egida dell’AgenziaInternazionale dell’Energia Atomica, si sonosvolte successivamente una fase di disegno con-cettuale (1988-1990) ed una fase di disegno in-gegneristico (Luglio ’92 Luglio ’98; EDA: En-gineering Design Activities) del primo reattoresperimentale di fusione. Conformemente all’ac-cordo per le EDA, i quattro partner hanno spe-so in totale circa 109 dollari (valore 1989), deiquali 25% per il disegno stesso eseguito da ungruppo centrale di 150-200 professionisti aiu-tati da Home Teams, e 75% per gli sviluppitecnologici in supporto del disegno (7 grossiprogetti di R&D coprono le tecnologie chiave:bobine superconduttrici, tele-manipolazione,camera da vuoto, divertore, mantello tritige-

no). È stato prodotto un rapporto finale suldisegno che i partner possono usare per unaeventuale costruzione in cooperazione, oppu-re da parte di un gruppo ridotto di parteci-panti. Il rapporto finale è stato approvato dalConsiglio ITER nel giugno 1998, ed è statogiudicato tecnicamente adeguato per sostene-re una proposta di costruzione. Le caratteri-stiche essenziali della macchina sono riporta-te nella tabella seguente.

Tabella I.

ITER-EDA

Raggio maggiore/minore 8,1 m/2,8 mVolume del plasma A 2000 m3

Corrente toroidale nel plasma 21 MACampo toroidale 5,7 TeslaPotenza di fusione 1,5 GWRiscaldamento ausiliare 100 MWDurata dell’impulso di fusione F1.000 s.Criostato 35 m 3 35 mConsumo di trizio 2-3 kg/annoCosto 6,5 miliardi EcuTempo di costruzione 10 anni

La fig. 4 mostra una veduta di ITER all’in-terno del suo criostato.

Fig. 4. – Veduta di ITER.

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Quando si paragona il costo di costruzione(6.5 miliardi Ecu) alle spese annuali globalisulla fusione dei quattro partecipanti (A 1,2miliardi Ecu), si vede che la costruzione diITER-EDA richiederebbe una modifica dra-stica dei programmi esistenti ed una forte vo-lontà politica concretizzata da un sostanzialeaumento dei finanziamenti.

Dato che, dal tempo dell’inizio del disegno,parecchie condizioni al contorno sono cambia-te (fine della guerra fredda, ribasso del costodei combustili fossili, crisi finanziaria in Giap-pone, crescente diffidenza verso l’energia nu-cleare, ...) il Consiglio ITER ha chiesto al Di-rettore di studiare opzioni di costo ridotto(A 50% del costo precedente), ovviamentecon obiettivi tecnici ridotti, ma che dovrebbe-ro ancora mirare alle finalità programmati-che globali di ITER: dimostrare la fattibilitàscientifica e tecnica della fusione. Tali opzionidebbono fare il massimo uso possibile del di-segno presente e della R&D che lo supporta.

Si è valutato che il disegno completo diun’opzione ridotta richiederà uno sforzo di 3anni. L’accordo ITER-EDA è dunque statoprorogato per 3 anni (da Luglio ’98 a Luglio2001) da 3 dei partner: U.E., Giappone, Rus-sia. Gli Stati Uniti hanno firmato soltanto perun anno, essenzialmente per concludere laR&D in supporto di ITER-EDA.

Da notare che il costo di Tokamak «simili»,che usano le stesse tecnologie e bruciano delD-T, varia grosso modo come il raggio mag-giore elevato alla potenza 2,5. SiccomeITER-EDA ha un raggio maggiore di 8,1 m,un ITER a mezzo costo avrà un raggio del-l’ordine di 6,2 m. Questo conduce ad una ridu-zione del confinamento del plasma, e, comeconseguenza, ad un aumento delle difficoltàdi raggiungere l’ignizione del plasma. Nondi-meno, tenendo acceso il riscaldamento ausi-liare, si potrà certamente mantenere la com-bustione del plasma a livelli di potenza(A 500 MW) sufficienti per dimostrare la fat-tibilità della fusione.

8. – Attività a lungo termine.

Per ottimizzare i vantaggi potenziali dellafusione, in particolare nel campo ambientalee della sicurezza, è necessario svilupparemateriali a bassa attivazione e sufficiente-mente resistenti ai neutroni di 14 MeV pro-

dotti dalle reazioni D-T. Importanti sviluppisono pure richiesti per realizzare mantellitritigeni capaci di lavorare ad alta tempera-tura, di assicurare un breeding ratio supe-riore ad uno, e con un inventario limitato ditrizio sul sito del reattore (alcuni kg). Il pro-gramma fusione europeo conduce da anni no-tevoli attività di R&D su questi problemi,collaborando con gli altri grandi programmimondiali attraverso Implementing Agree-ments nel quadro dell’Agenzia Internaziona-le dell’Energia.

Studi socio-economici, sulla sicurezza, esull’impatto ambientale sono altresì sviluppa-ti nell’ambito di apposite reti integrate euro-pee.

9. – Ruolo dell’industria.

L’industria europea ha costruito più del95% (in investimenti) di JET e delle macchinenelle Associazioni. Questo rappresenta, dal1978, circa 900 MioEcu di contratti di altatecnologia, attribuiti attraverso un sistema diappalti europei, che garantisce un buon equi-librio senza ricorrere ad una clausola di «giu-sto ritorno».

Un consorzio industriale, l’EFET, contri-buisce, insieme con i laboratori, alle attivitàdi disegno di ITER affidate all’Europa.

In ciascuna di 15 tecnologie specifiche dellafusione, diverse ditte sono state preseleziona-te con successo per condurre R&D e fornireprototipi per ITER.

Insieme con i laboratori ed il gruppoNET, un raggruppamento industriale hacondotto un esame approfondito della fusio-ne dal punto di vista sicurezza ed impattoambientale.

Un comitato Fusione-Industria consiglia laCommissione.

10. – Gli altri grandi programmi fusione

–– Giappone. Il Giappone, imbarcatosi re-lativamente tardi (negli anni settanta) nellosviluppo della fusione, ha raggiunto un livelloparagonabile a quello europeo. Dispone di ungrande Tokamak, JT-60U, della classe diJET (senza però la possibilità di operare contrizio), ha recentemente messo in funzione ilpiù grande Stellarator del mondo, ha varie

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IL NUOVO SAGGIATORE

3 Generatori di onde millimetriche di alta potenza(1 MW), sviluppati a fini stategici e molto adatti al riscal-damento del plasma.

macchine più piccole in diversi campi, compiesforzi notevoli in tecnologia (superconduttori,telemanipolazione, materiali, mantelli tritige-ni, ...) ed è l’unico paese ad avere un notevoleprogramma di fusione inerziale puramente ci-vile. I grandi gruppi industriali giapponesi(Hitachi, Mitsubishi, Toshiba, ...) giocano unruolo chiave. Esiste un forte supporto politi-co per la fusione in generale e per ITER inparticolare. Anche se, come conseguenza del-la presente crisi finanziaria, il Primo Mini-stro giapponese ha bloccato per 3 anni (finoall’inizio del 2001) il lancio di qualunquegrande dispositivo di ricerca, le intenzioni disvolgere un ruolo di primo piano nei futurisviluppi sono esplicite, come testimoniatodall’ultimo rapporto (Dicembre ’98) dellaCommissione per l’Energia Atomica giappo-nese: «The Commission reaffirms that fusionresearch and development should be steadilypromoted by consolidated domestic andworld-wide wisdom towards utilization of fu-sion energy, standing on a long-range view-point. To this end, it is important for Japanto continue promoting seriously the ITERProject as a leading partner, and the Com-mission also requests the people concerned todevote further more efforts upon the aboveunderstanding.»

–– Federazione Russa. Il programma rus-so è vasto ma povero, con parecchi ricercatoridi alto livello e un numero notevole di mac-chine, il funzionamento delle quali tuttavia in-contra qualche difficoltà. La teoria rimane unpunto storicamente forte, i tokamak (un in-venzione russa) sono al centro del program-ma, le linee alternative (Stellarator, specchimagnetici, fusione inerziale, ...) sono numero-se, ci sono singolari campi di eccellenza intecnologia (ad esempio i girotroni 3), e il sup-porto politico a ITER è incondizionato. Altripaesi dell’ex Unione Sovietica (Ucraina, Ka-zakhstan, ...) sono pure attivi sulla fusione. Èda notare che la Russia, nonostante le diffi-coltà economiche, è riuscita a contribuire so-stanzialmente a ITER-EDA: il numero dirussi nel gruppo di lavoro congiunto (JCT)non era molto inferiore alla quota teorica del25%, malgrado la localizzazione del JCT in

paesi a moneta forte (Stati Uniti, Germania eGiappone).

–– Stati Uniti. Il finanziamento della fu-sione magnetica è andato decrescendo duran-te gli ultimi anni; questo è contemporaneo adun notevole aumento sulla fusione inerziale,probabilmente correlato alle implicazioni mi-litari di ques’ultima, in particolare in seguitoall’abbandono dei test diretti delle armi.

Per motivi essenzialmente finanziari, ilprogramma di fusione magnetica ha dovutoabbandonare il suo obiettivo principale cheera, come negli altri paesi, il reattore (e lasua prima incarnazione ITER), per focaliz-zarsi su Fusion Energy Sciences. Esso mirapertanto a diventare un programma di ricer-ca fondamentale con lo scopo di allargare labase scientifica di un’eventuale futura opzio-ne energetica a lungo termine. Si studiano es-senzialmente i meccanismi di confinamentodel plasma, usando le macchine rimaste infunzione (il grande Tokamak, TFTR, dellaclasse di JET, è stato chiuso), e si esploranodirezioni nuove verso sistemi potenzialmentepromettenti per l’economicità di futuri reat-tori. I precedenti piani temporalmente defini-ti per lo sviluppo dell’energia di fusione sonostati abbandonati, ma gli Stati Uniti cercanodi moltiplicare i contatti internazionali perseguire gli sforzi degli altri.

–– Altri paesi. Una ventina di altri paesiconducono ricerche di ampiezza più o menolimitata nel campo della fusione; tra questi,Cina, Canada, India e Corea del Sud hanno iprogrammi più cospicui. Il Canada partecipaa ITER attraverso l’Unione Europea.

11. – Il futuro

–– ITER. Si stanno facendo ora grossisforzi per disegnare opzioni di ITER di costoridotto al massimo, basate il più possibile sul-le capacità tecnologiche e sui progressi scien-tifici conseguiti durante l’EDA. Una impor-tante evoluzione scientifica si è prodotta nelcorso del 1998: è stata affermata e ricono-sciuta la possibilità di dimostrare la fattibili-tà tecnologica della fusione limitandosi a unasorta di «ignizione assitita», ove il riscalda-mento addizionale viene mantenuto in funzio-ne continuamente, con una potenza dell’ordi-ne del 20% della potenza fornita dalle parti-celle alfa di fusione. Tale concetto consente

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delle economie nelle spese di investimentoche potrebbero raggiungere e forse superareil 50%. È probabile che, al prossimo ConsiglioITER (marzo ’99), siano presentati disegni dimassima di macchine molto promettenti sullastrada verso la fusione, del costo compresotra 2.5 e 3.5 BioEuro (1 Euro, dal 1.1.99, èuguale al precedente ECU). Il disegno detta-gliato dovrebbe essere finalizzato alla metàdel 2001.

Tre paesi, il Canada, l’Italia (per l’UnioneEuropea), ed il Giappone hanno fatto sapereinformalmente, ma a livello ministeriale, chepotrebbero essere interessati a fornire un si-to per la costruzione di ITER. Per l’Italia, unpunto fondamentale sarà la disponibilità omeno di fondi strutturali comunitari, puntoche si dovrebbe abbordare nell’ambito dellediscussioni globali in corso («Agenda 2000»)sul bilancio futuro e sull’allargamento del-l’U.E.

Esplorazioni preliminari sulle grandi que-stioni che riguardano un’eventuale costruzio-ne (scelta del paese ospite, ripartizione deicosti tra ospite e altri partner,) sono state re-centemente iniziate informalmente dal Giap-pone, che potrebbe dimostrare un’attivitàcrescente man mano che si avvicina la finedella moratoria sulle grandi imprese di ricer-ca (inizio 2001). Se, e quando, una decisionedi costruzione si concretizzasse tra U.E.,Giappone, Russia (e eventualmente Canada),è possibile che gli Stati Uniti riconsiderino laloro posizione e chiedano di participare. Gliesperti americani della fusione hanno infattiassunto negli ultimi mesi un atteggiamentogeneralmente favorevole alla versione diITER a costo e obiettivi ridotti.

–– Il programma europeo. Il Consiglio deiMinistri dell’Unione Europea ha adottato il22 dicembre 1998 un Programma Quadro peril periodo 1999- 2002, nell’ambito del quale leattività di R&D sulla fusione costituisconouna «azione chiave», con uno stanziamento di788 milioni di euro (circa 1600 miliardi di li-re). Il programma specifico corrispondente,adottato contemporaneamente dal Consiglio,prevede il completamento delle attività pre-paratorie alla costruzione del Next Step, dipreferenza nel quadro internazionale ITER.Tale programma comprende inoltre la conti-nuazione dello sfruttamento del JET, finaliz-zato all’ottenimento di dati rilevanti per ilfunzionamento di ITER. È previsto altresì

l’ulteriore funzionamento degli altri tokamakesistenti nei laboratori associati, il prosegui-mento della costruzione dello StellaratorWendelstein 7X, l’operazione ulteriore delloStellarator di Madrid, del Reversed FieldPinch di Padova e di altre macchine minori.

Una importante ristrutturazione del pro-gramma è stata intrapresa nel frattempo, conl’istituzione dell’accordo EFDA (EuropeanFusion Development Agreement): un nuovostrumento giuridico che lega tra loro e con laCommissione tutti i laboratori europei attivinel campo della fusione. Tale accordo costi-tuirà in futuro la base per l’ulteriore utilizza-zione del JET, per la partecipazione europeaall’eventuale costruzione e utilizzazione diITER e per il coordinamento a livello euro-peo delle tecnologie per la fusione, compresigli sviluppi a lungo termine.

In conclusione l’Europa si è dotata deimezzi finanziari e giuridici per proseguirenello sviluppo scientifico e tecnologico dellafusione, mantenendosi in una posizione di pri-ma linea a livello mondiale. La continuazionedi tale sforzo coordinato è necessaria per te-nere aperta questa importante opzione ener-getica che potrebbe rivelarsi essenziale perconsentire a lungo termine uno sviluppo glo-bale sostenibile.

Gli autori ringraziano il Prof. H. Bruhns edil Dott. E. Canobbio per il loro aiuto.

Umberto Finzi, laureato in Fisica all’Università di Mi-lano nel 1965 ed ivi, Assistente di Fisica Sperimentale,(1965-1966). Docteur d’Etat ès Sciences, all’Universitàdi Parigi VII, nel 1973 è stato funzionario scientifico,distaccato dalla Commissione Europea presso l’Asso-ciazione Euratom-CEA di Grenoble (1972-1974), occu-pandosi di ricerche nel campo della fisica sperimentalee teorica dei plasmi, in particolare programmi di mo-dellizzazione numerica.Assistente del Direttore del Programma Fusione allaCommissione Europea (1974-1984), contribuendo allaconcezione e messa in opera della politica di ricerca esviluppo sulla fusione, e Consigliere del Direttore Ge-nerale della Direzione Generale XII «Scienza, Ricercae Sviluppo» (1984-1995). Partecipando alla concezionee messa in opera della politica di ricerca e sviluppo

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della Comunità Europea, particolarmente nell’ambitodella fisica e della ricerca energetica.È stato Direttore del Programma Fusione (1996-1998)ed è dal 1999, Direttore Coordinatore del Programma«Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile».

Charles Maisonnier, nato nel 1931, Ingegnere Civiledelle Telecomunicazioni (Parigi), Ingegnere dell’EcoleCentrale Lyonnaise, Docteur-és-Sciences (Lione), vin-citore del premio J. Thibaud (1968), è Dottore HonorisCausa dell’Università di Lisbona.

Specialista della Fusione Termonucleare, ha lavoratosuccessivamente all’Università di Lione, all’Universitàdi California, al Brookhaven National Laboratory, alCommissariat à l’Energie Atomique (Saclay), alCERN (Ginevra) e all’Associazione Euratom-ENEA(Frascati) dove è stato Direttore di Laboratorio fino al1980. Chiamato a Bruxelles, è stato dal 1986 al 1996Direttore del Programma Fusione dell’Unione Euro-pea, vice-presidente del Consiglio JET, e membro delConsiglio ITER fino al 1998.

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RECENSIONI

S. D. Mahanti and P. Jena(Editors):

Local Order in CondensedMatter Physics

Nova Science Publishers,Inc., New York; 1995;

p. XII+264

Molte proprietà elettroniche osser-vate in certi stati della materia con-densata, quali i cluster, i solidi con or-dine a raggio piú o meno breve, i me-talli liquidi e amorfi, eccetera, sonogovernate dalla distribuzione degliatomi nell’intorno del sito esploratoda sonde spettroscopiche localizzate.Tra queste vi sono le tecniche sensibi-li all’interazione iperfina, quali la ri-sonanza magnetica nucleare, la riso-nanza di spin elettronico, la spettro-scopia Mössbauer, la correlazione an-golare perturbata, la rotazione di spindei muoni e l’interazione con fasci ioni-ci. Questi esperimenti misurano quanti-tà in posizioni precise dello spazio e diconseguenza forniscono un test criticodelle funzioni d’onda elettroniche calco-late, dei modelli strutturali e anche del-la dinamica a bassa frequenza. Lo svi-luppo di nuovi metodi computazionalibasati su calcolatori veloci consenteora un confronto diretto tra i risultatiteorici e i dati locali ottenuti con letecniche suddette. In questo camposono stati fatti progressi fondamenta-li nell’ultimo decennio.

Questo libro raccoglie gli atti diuna conferenza internazionale (conforti componenti USA/India) tenutasia Jekyll Island in Georgia nel 1993per festeggiare i sessant’anni di TaraPrasas Das. Nonostante il carattereoccasionale, i curatori sono riusciti araggruppare un insieme significativoe abbastanza organico di buoni autoriin modo da coprire gli studi fatti su 1)molecole e cluster, 2) difetti puntualie complessi nei solidi, 3) idrogeno e

muoni positivi in metalli e semicon-duttori, 4) solidi disordinati e metalliliquidi, 5) diffusione e clustering divolume, superficie e in altre geome-trie confinate, 6) superconduttori adalta Tc e materiali da assemblaggio difullereni. Gli specialisti di spettrosco-pie locali ed effetti iperfini troveran-no sicuramente numerosi contributiutili in questo volume.

Giorgio Benedek

D. J. Whitehouse

Handbook of Surface Me-trology

IOP Publishing Ltd, Bri-stol and Philadelphia1994;

p. XXVI+988; L. 225.000

Agli albori dello sviluppo dellemacchine a vapore, James Watt era ingrado di promettere ai suoi clienti cheil miglioramento introdotto da Wil-kinson nella tecnica di tornire cilindriera tale che «un cilindro da 72 pollicisi avvicinerebbe al vero assoluto, nel-la sua parte peggiore, più dello spes-sore di una sottile moneta da sei pen-nies». Non so quanto sottile fosse unamoneta da sei pennies, ma certamenteoggi si pretende molto di più da uncilindro d’automobile. Gli standard diproduzione sono cresciuti di pari pas-so con la capacità di misurare e carat-terizzare le superfici su scale semprepiù piccole, fino a quella atomica. Ilcampo coperto da questo monumenta-le manuale (ca. 1000 pagine) è, comefa notare il professor D. Dowson nellasua prefazione, enorme, riguardandoil volume non solo la caratterizzazionedelle superfici, ma anche il processingdei dati, la strumentazione e gli erro-ri, e la determinazione degli standard.Il manuale si rivolge principalmente

agli ingegneri. Tuttavia molte delleproprietà macro- e mesoscopiche del-le superfici sono oggi riconducibili, at-traverso concetti e tecniche «multi-scala», alla dimensione atomica, rice-vendo quindi una spiegazione dallameccanica quantistica, da principi pri-mi, pertanto, e non soltanto fenome-nologica. D’altra parte una delle ten-denze più avanzate della modernascienza dei materiali è quella di rea-lizzare sperimentalmente delle pro-prietà macroscopiche di valore appli-cativo partendo dall’assemblaggio dielementi sulla scala nanometrica o ad-dirittura atomica (materiali nano-strutturati) le cui proprietá sono notee controllabili su basi quantistiche.Pertanto anche i fisici delle superfici,così come i materialisti avanzati, pos-sono trovare utile consultare questomanuale quando vogliono trovare unnesso tra le proprietà sulla scala ato-mica, oggetto del loro studio, e lequantità di rilevanza tecnologica mi-surabili a livello macroscopico.

Giorgio Benedek

G. S. Anagnostatos andW. von Oertzen (Editors):

Atomic and Nuclear Clu-sters

Springer-Verlag, Berlin,Heidelberg, New York, 1995;

p. XXVI+317; DM 150.00

Quando nel 1987 Pat Martin ed ioorganizzammo a Erice una scuolaestiva intitolata Elemental and Mole-cular Clusters notammo con sorpresache tra i partecipanti vi erano alcunifisici nucleari. In quell’occasione ap-presi molte cose sull’analogia teoricatra i cluster metallici e i nuclei. Ancheper cluster vi sono modelli a shell, nu-

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IL NUOVO SAGGIATORE

meri magici, eccitazioni collettive, boso-ni, fermioni e loro interazioni, frammen-tazioni e fissioni, eccetera, e la rilevantedifferenza rispetto ai nuclei di potereessere illimitatamente grandi. Certi fe-nomeni come le supershell, ampiamentestudiati da Ben Mottelson, possono es-sere analizzati molto meglio nei cluster.Da allora abbiamo assistito a un rapidoavvicinamento tra i clusteristi e i fisiciteorici del nucleo, con molte iniziativecongiunte, non ultima il laboratorio dicluster presso l’Università di Milano or-ganizzato da Ricardo Broglia, illustreteorico nucleare, e dallo scrivente. Il li-bro in questione contiene gli atti dellaseconda conferenza internazionale sucluster atomici e nucleari, tenutasi aSantorini nel 1993, due anni dopo la pri-ma conferenza del genere svoltasi adÅbo in Filandia. Ora Ricardo Broglia,Pat Martin e Ben Mottelson sono insie-me nel comitato organizzatore e gli esitidella conferenza e dei proceedings sonodi straordinario interesse. Gli ottantacontributi ospitati nel volume sono or-ganizzati secondo una sistematica alter-nanza cluster atomici-cluster nucleari eportano gradualmente dalla strutturaalle eccitazioni collettive, ai processi difissione e frammentazione, alla spettro-scopia, ai possibili fenomeni di super-conduttività nei cluster. Considero que-sto libro e gli atti delle altre conferenzedella serie come contributi molto im-portanti allo sviluppo di un’area interdi-sciplinare tra le più fertili. Esse concor-rono a far sì che l’enorme contributoculturale dato nei passati decenni dallosviluppo della teoria del nucleo non ven-ga messo in soffitta a causa dell’attualecrisi del nucleare, ma resti invece a di-sposizione per altri settori della fisicacome quello dei cluster, oggi in rigoglio-so progresso.

Giorgio Benedek

M. S. Shur and R. A. Suris(Editors):

Compound Semiconduc-tors 1996

IOP Publishing Ltd, Bri-stol & Philadelphia, 1997;

p. XXXVI+1051; $ 300.00

Segnalo a tutti coloro che sono impe-gnati nella ricerca fondamentale, appli-cata e industriale nel campo dei semi-conduttori e dei dispositivi elettroniciquesti monumentali proceedings (più dimille pagine), nel caso si siano lasciatisfuggire l’edizione 1996 dell’Internatio-nal Symposium on Compound Semi-conductors, 237 della serie, tenutosi a

San Pietroburgo dal 21 al 28 settembredel 1996. Questa serie di conferenze,forse la più importante del settore do-po quella generale sui semiconduttori,ha radici veramente storiche, essendoiniziata nel 1960 come InternationalSymposium on GaAs and RelatedCompounds. Inutile osservare che i re-lated compounds sono molto cresciutiin numero e importanza da quel tempo,da cui il cambiamento del nome. Oggi ilcampo dei semiconduttori composti ècosì vasto che non si può fare di più cheelencare le aree di ricerca rappresenta-te in questi atti. I tre plenary talks de-finiscono bene queste aree: le etero-strutture (Zh. I. Alferov, dello Ioffe In-stitute), i nitruri per dispositivi optoe-lettronici nel verde-blu (H. Juergens-sen della Aixtron) e, in generale, i semi-conduttori a largo gap (M. S. Shur &M. A. Khan, del Rensselaer di Troy,NY). Questi ultimi hanno in realtà ri-stretto il discorso al SiC e ancora ai ni-truri, lasciando i II-VI fuori dal discor-so introduttivo. Questa mi è sembratauna scelta riduttiva da parte del pro-gramme comittee e/o dei curatori, pre-occupati forse di coprire di più le areeche vanno direttamente alle applicazio-ni attuali e dell’immediato futuro.

I capitoli successivi del libro riguar-dano: nanoelettronica e nanofotonica;epitassia e processi in situ; emettitorinel visibile; fotocellule e photodetectorsa eterostruttura; transitori a etero-struttura; circuiti optoelettronici inte-grati; dispositivi ad alta potenza e peralte temperature; modellizzazione e si-mulazione; effetti quantici; quantumdots e infine la grande sezione sulla ca-ratterizzazione.

Il lavoro di editing è stato accurato,visto il buon numero di articoli di autorirussi, e ne è risultato un volume digrande utilità per la ricerca nel settore.

Giorgio Benedek

J. Donecker and I. Re-chenberg (Editors):

Defect Recognition andImage Processing in Se-miconductors 1997

IOP Publishing Ltd., Bri-stol & Philadelphia, 1998;

p. XX+524; £ 135.00

Questo volume contiene gli atti dellasettima edizione dell’omonima confe-renza, nota come DRIP VII e tenutasia Templin, Germania, nel settembre1997. Il riconoscimento dei difetti è unodei fondamentali requisiti per ogni ul-

teriore progresso nella tecnologia deisemiconduttori. I cacciatori di difetti,dalla scala atomica alle inomogeneitàdei wafer, hanno preso dal 1985 in poil’ottima abitudine di riunirsi in unworkshop biennale e di produrre unaserie di proceedings che stanno contri-buendo non solo alla soluzione di pro-blemi tradizionali connessi con i semi-conduttori correntemente nelle linee diproduzione, come silicio, GaAs, etc., maanche alla promozione tecnologica dimateriali innovativi a largo gap comeGaN, SiC e altri.

Gli argomenti più diffusamente trat-tati nella conferenza e nel volume ri-guardano:

– il progresso nelle tecniche e nellastrumentazione per l’analisi dei difettie loro applicazione a substrati, film sot-tili e dispositivi;

– i meriti e le limitazioni delle tecni-che di caratterizzazione e standardizza-zione;

– la correlazione tra difetti e perfor-mance dei dispositivi, compresa l’anali-si del loro degrado e rottura;

– adattamento e applicazione delletecniche standard di caratterizzazioneai nuovi materiali.

L’enorme progresso dei metodi di mi-croscopia a tunnel e nanoscanning in ge-nerale per la caratterizzazione di difettitrova adeguato riscontro nelle recentiedizioni della conferenza DRIP e partico-larmente in quest’ultima. Largo spazio,inoltre, è destinato ad altre tecniche piùconsolidate che consentono la mappaturadei difetti sotto la superficie, sia pure conminore risoluzione del nanoscanning.Peraltro questo è un settore di ricercadove anche alcuni laboratori italiani han-no dato e danno tuttora un importantecontributo con tecniche varie, fra le qualiemerge l’analisi delle correnti indotte daradiazione sviluppata all’Università diBologna dalla Prof. Cavallini, da annipresente nel comitato scientifico dellaDRIP. Il volume è molto ben organizzatoe di grande utilità per chiunque lavori nelvasto settore della tecnologia dei semi-conduttori.

Giorgio Benedek

A. Barton:

States of Matter - Statesof Mind

IOP Publishing, Bristoland Philadelphia 1997;

p. XIII+384; L. 15.000

Se c’è qualcuno che a scuola non hacapito la fisica o la chimica, e ha anco-ra la pretesa di capirle, bene: qui c’è

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RECENSIONI

un libro scritto apposta per lui. Necessa-ria domanda preliminare: credi negli ato-mi? E nei quarks? Se la risposta è affer-mativa, il fedele può accedere al libro,dove si spiega come i concetti e i modelliche abbiamo di atomi e di quark permet-tono di capire le proprietà della materia,da quella di tutti i giorni a quella più eso-tica e remota. L’autore, con l’aiuto di di-vertenti figure disegnate da Andrew Slo-combe, si industria di fornire al lettoreutili modi di pensare e vedere i materialie immaginare come sono fatti. A parte ilfine utilitario, il lettore ha libertà di cre-dere se gli atomi e i quarks sono oggettireali o comode finzioni. Questo tema, leg-gero o filosofico che lo si voglia conside-rare, interessa anche agli studenti diogni ordine e grado «per capire ciò che èloro insegnato», ai «science graduatesper apprezzare ciò che hanno imparato»,agli insegnati di scienza «per offrire unadiversa visuale di ciò che insegnano» eagli studiosi di altre aree «per aggiorna-re la loro conoscenza dei materiali». Levirgolette, che riassumono la presenta-zione del libro, sono d’obbligo poiché untarget così vasto può prendersi difficil-mente sul serio. In realtà il tono sceltodell’autore è quello dell’amena divulga-zione, fondata su una solida e prestigiosacarriera di materialista, e sicuramentetutte le categorie di lettori sopra elenca-te potranno trovare nel libro parecchispunti utili e divertenti. In ogni caso nonci sono equazioni, nel libro, né formulechimiche.

Anche l’indice dei capitoli merita diessere elencato: Stati della materia, lin-guaggio della materia, patterns nella ma-teria, materia inusuale, materia termodi-namica, materia interagente, materiafondamentale, materia atomica, materiachimica, materia molecolare, materia di-sordinata, materia mista, materia ordina-ta, materia d’interfaccia, materia soffice.Alla fine un breve poscritto intitolato«stato della mente», ove si afferma che«il numero dei possibili stati della mate-ria è limitato dalla nostra abilità di per-cepirli». In sostanza l’autore dice chemolte scoperte di nuovi materiali, di for-me esotiche di aggregazione della mate-ria, la stessa immagine che ci siamo gra-dualmente formata della struttura dellestelle o dei nuclei, dipendono dalla pro-gressiva trasformazione di astrazionimatematiche come funzioni d’onda, sim-metrie, eccetera, in immagini mentalielementari corrispondenti agli atomi, aisuoi componenti, fino ai quarks e ai lep-toni. E giocando con questi oggetti men-tali, come si farebbe con un meccano eben definite regole d’uso, si costruiscononuovi sistemi che in natura non esistono.Così il numero di stati possibili della ma-teria è destinato a crescere esponenzial-mente con il numero delle immagini men-tali che il cervello elabora attraverso unprocesso di generazione continua dalleesperienze precedenti. Un argomento se-ducente anche per chi si interessa di cose

artistiche e mondane: per inciso AllanBarton dedica il suo libro a ben cinquesignore della sua vita.

Giorgio Benedek

G. Caglioti:

Casanova e la scienza.

Moretti & Vitali Editori,Bergamo, 1998;

p. 120; L. 10.000

Conversando con Peppino Caglioti sulsuo precedente libro «Eidos e Psiche:struttura della materia e dinamica dell’im-magine», gli chiesi quando e come avrebberacchiuso i due concetti in un triangolo as-sieme ad Eros. Con un ragionamento sullerotture di simmetria Caglioti stabiliva unnesso tra l’evoluzione dei sistemi quantisti-ci e i meccanismi percettivi, al punto dipensare che l’immagine che ci costruiamodel mondo quantistico è il riflesso dei no-stri processi mentali. Quella rottura di sim-metria che conferisce dinamica alle imma-gini e direzionalità al tempo come si corre-la a quella teleologia interiore che spingeall’atto creativo, all’invenzione artistica, al-la speculazione scientifica, in una parolal’Eros? Ovviamente non intendevo il rap-porto mitologico tra Eros e Psiche, caro adApuleio e ai neoplatonici; mi chiedevo piut-tosto come Eros si ponesse in rapporto al-l’Eidos platonica: è la forza platonica chetende (idealmente) a ricomporre la simme-tria spezzata, oppure è la forza freudianache, sublimata, sollecita la creatività, recu-pera informazione e distrugge localmentel’entropia?

Peppino Caglioti, di fronte al fataletriangolo disegnato sulla lavagna, era al-quanto perplesso. Ma con il bicentenariodella morte di Casanova Caglioti ritrovò inun cassetto un saggio inedito che avevascritto il celebre avventuriero anni prima,su sollecitazione dello scrittore e amicoPiero Chiara. Non conosco i particolaridel ritrovamento, ma credo sia stataun’autentica apparizione di Casanova (semai gli fosse stata concessa questa pre-rogativa dei santi) sul sentiero che Ca-glioti sta percorrendo da qualche annoverso la comprensione dei meccanismidella percezione estetica in termini dirotture di simmetria. Quasi la scoperta diun’affinità elettiva. Ne è venuto fuoriquesto delizioso libretto «Casanova e lascienza», stampato nel settembre delloscorso anno da Moretti e Vitali.

Casanova, che di Eros era sicuramenteun gran sacerdote, era ugualmente affasci-nato dalla scienza, nei suoi aspetti praticicome in quelli esoterici della matematica edell’astronomia. Non abbastanza per con-siderare Casanova uno scienziato, eppuredi fisica e matematica egli ne sapeva parec-

chio: abbastanza per fare proposte genialie sensate, quali il gioco del lotto al governofrancese e il calendario riformato a Cateri-na II, e, all’occorrenza, per cavarsi dagliimpicci con esperimenti mirabolanti comequello dell’amalgama mercurio-bismuto,escogitato per non pagare il conto dell’al-bergo. Sulla Britannica Casanova è defini-to «ecclesiastico, scrittore, soldato, spia ediplomatico, ricordato principalmente co-me principe degli avventurieri italiani».Tutto, ma non scienziato. Dal saggio di Ca-glioti emerge dunque il lato meno cono-sciuto ma, forse, più affascinante del famo-so seduttore veneziano. Casanova osserva-tore della natura e delle sue simmetrie,Casanova cabalista e alchimista, ma anchesostenitore del metodo sperimentale e del-la possibilità di un viaggio sulla luna, Casa-nova geometra, preso dal problema deliacodi duplicare un cubo. Però la folgorantemeditazione di Casanova, tratta dal suoReveries sur la mesure moyenne de notreannée selon la Reformation Gregorienne,è questa: «la simmetria fa piacere, equaliadelectant: si crede di poterla ravvisare nel-la pace, nella tranquillità, nel sonno, nellamusica, nella danza, nella pittura, nell’ar-chitettura ... Si parla di equilibrio generalenecessario all’ordine della natura; ma nonsi sa né cosa è, né se le parti che lo com-pongono possono o devono avere un equili-brio particolare tra loro. L’equilibrio gene-rale della natura nel nostro Universo par-rebbe nella sua immensità dipendere dauna mancanza continua di equilibrio, poi-ché un equilibrio generalizzato fa quasi or-rore: sembra escludere il movimento. Puòdarsi che la salute, della quale abbiamo bi-sogno per vivere, dipenda da un difetto diequilibrio necessario al benessere... Il tur-binio caotico della volontà nell’uomo el’istinto nelle bestie spiazzano il tutto dalpunto di mezzo e rompono l’equilibrio».Dunque un Eros di Schopenauer e Freud,non platonico. Caglioti rileva che Casano-va, «facendo leva sulla sua sensibilità e sulsuo istinto, con duecento anni di anticipoarriva ad intuire una verità fondamentale,messa in luce soltanto dalla sinergetica diHermann Haken e dalla termodinamica ir-reversibile dei sistemi aperti in non-equili-brio di Ilya Prigogine».

Così questo saggio su Casanova scien-ziato si salda singolarmente, attraverso laconsueta scrittura piacevole e accattivantee senza artificio alcuno, ai precedenti testidi Caglioti, «Simmetrie infrante nellascienza e nell’arte» e «Eidos e Psiche»,nonché ai suoi recenti saggi con TatianaTchouvileva sulle radici scientifiche del-l’estetica. Con l’apparizione di Casanova suquesto percorso mi sembra chiudersi il fa-moso triangolo: emerge nel discorso su Ei-dos e Psiche la pulsione interiore verso larealizzazione estetica. Però al quesito setale pulsione sia causa prima o conseguen-za di una rottura di simmetria credo non sipossa rispondere senza aver prima chiaritoi fondamenti fisici dello stato cosciente.

Giorgio Benedek

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SCELTI PER VOI a cura di Sergio Focardi

MICROFONI DEL FUTURO

In un recente convegno svoltosi aBerlino sono stati presentati numerosiprototipi di microfoni. Qualcuno diquesti manderà in pensione nel giro diqualche anno i microfoni attuali.

La caratteristica comune ai nuovimicrofoni è quella di essere costruitisu supporti di silicio; per il resto si ba-sano su effetti fisici capaci di trasfor-mare le variazioni di pressione legate aun segnale acustico nella modulazionedi una tensione elettrica. I sensori, lemembrane vibranti raggiungono di-mensioni dell’ordine del millimetroquadrato e spessori misurabili in mi-cron.

I fenomeni usati per la trasduzionedel segnale acustico consistono nellavariazione di corrente prodotta daquella di capacità di un condensatoreun’armatura del quale è formata dallamembrana oppure in quella prodottada una membrana carica che agisceper effetto di un campo variabile su unsemiconduttore.

In altre soluzioni, gli spostamentidella membrana vengono convertiti insegnale elettrico sfruttando effetti pie-zolelettrici o piezoresistivi, oppureperturbando una fibra ottica in mododa modulare il segnale luminoso, o mo-dulando per effetto Doppler la fre-quenza di un fascio laser.

Questa microtecnologia permettefacilmente di costruire su un unicosupporto fino a 10000 microfoni in mo-do da poter ricostruire, utilizzando i ri-tardi l’immagine ottenuta per riflessio-ne da un ostacolo delle dimensioni diun millimetro. I costruttori di questosensore hanno in programma di co-struire un vero e proprio occhio da uti-lizzare sott’acqua illuminando il bersa-glio con ultrasuoni.

Infine un’altra interessante idea sibasa sull’utilizzo di due fili paralleli po-sti l’uno vicino all’altro e riscaldati elet-tricamente. La differenza di temperatu-ra dipende dalla velocità dell’aria fra ifili e questa è sensibile a frequenze al disotto dei 10 kHz. Il sistema non può es-sere impiegato per sistemi di riproduzio-ne del suono ad alta fedeltà ma funzio-nano a 20 Hz, una regione interessanteper i terremoti, dove non sono utilizzabi-li microfoni a pressione.

Science, 5412, 9 aprile 1999, p. 235

I DIAMANTOIDI

I diamantoidi sono una famiglia diidrocarburi il cui capostipite, detto ada-mantano ha una struttura chimica for-mata da 10 atomi di carbonio e 16 diidrogeno. Gli elementi successivi, dia-mantano, triamantano, eccetera, si ot-tengono dal precedente con l’aggiunta diquattro atomi di carbonio e quattro ato-mi di idrogeno.

Furono scoperti e identificati nel1933, dopo che erano stati trovati nelpetrolio. Da allora i geochimici non han-no ancora una risposta da tutti condivisasu come si formino questi composti chenon sono di origine biologica. Si ignorase, dove, come e quando siano stati sin-tetizzati in natura. Tuttavia essi restanostrettamente collegati al petrolio tantoda costituire un grosso problema perl’impatto ambientale prodotto dai pozzidi estrazione del gas naturale: nei tubidi raccolta se ne possono trovare a ton-nellate.

La loro stabilità sembra possa essereutilizzata per studiare le caratteristichedei giacimenti di petrolio, stimandol’ammontare delle riserve ancora esi-stenti.

Infatti la disponibilità di petrolio diun giacimento dipende in maniera criticadalla profondità che determina la tem-peratura. Al di sopra dei 200 °C i compo-nenti del petrolio si rompono in molecolevia via più piccole fino ad arrivare aiprodotti terminali, metano e grafite.Tuttavia non si conosce la frazione didecomposizione del petralio al variaredella temperatura e del tempo trascorsodalla sua formazione.

Recenti risultati sperimentali hannomostrato che la concentrazione dei dia-mantoidi cresce con la temperatura,aprendo la possibilità di utilizzare que-sto parametro come una misurazionedella distruzione del petrolio. Utilizzan-do il Golfo del Messico come un labora-torio naturale È stato mostrato che ilpetrolio dei giacimenti profondi ha subi-to una notevole trasformazione al puntoche 80% per cento di esso è stato tra-sformato in gas.

I diamantoidi sembrano aprire lapossibilità di stimare in maniera realisti-ca la quantità di petrolio esistente neivari campi petroliferi e quindi l’entitàdelle riserve mondiali.

Nature, 399, 6 maggio 1999, p. 15, 54

I NANOBATTERI

Esistono veramente i nanobatteri?La stragrande maggioranza dei micro-biologi risponderebbe in modo negativo,per i motivi che illustreremo nel seguito.Solo alcuni ricercatori, quelli che riten-gono di avere le prove sperimentali del-l’esistenza di questi strani organismi,sono certi della loro esistenza.

La scoperta, come spesso accade, fùdel tutto casuale: Uwins, una geologadella Università di Queensland, analiz-zando per conto di una società petrolife-ra argille prelevate ad alcune migliaia dimetri di profondità osservò al microsco-pio elettronico strani filamenti che at-trassero la sua attenzione. Si trattava dioggetti di piccolissime dimensioni, alcunidell’ordine dei 20 nanometri, a prima vi-sta difficilmente classificabili come bat-teri, sia per le dimensioni sia per l’am-biente certamente ostile alla vita da cuierano stati prelevati. A differenza dei vi-rus che non hanno bisogna di una gran-de complessità perché si riproducononella cellula ospite, i batteri sono veri epropri organismi e quindi non possonoesistere al di sotto di certe dimensioni.Secondo stime fatte da diversi ricercato-ri, anche prevedendo un metabolismomolto lento, un numero ridotto di geni,ognuno dei quali dotato di uno, massimodue, ribosomi che producono le proteine,non è possibile scendere sotto i 200 na-nometri. Per di più 20 nanometri sonogiusto le dimensioni del singolo riboso-ma.

Questi strani organismi hanno anchela singolare abitudine di annidarsi neiposti più strani. Così devono aver pensa-to due ricercatori finlandesi che li hannorintracciati nei calcoli renali. Essi hannocoltivato i nanobatteri estratti dai calcolidi numerosi pazienti, li hanno iniettati inconigli verificando successivamente dan-neggiamenti della regione renale in cuisi formano normalmente i calcoli. Unaconferma di un legame fra questi miste-riosi organismi e alcune patologie renaliviene dal loro ritrovamento in quasi tuttii casi osservati di pazienti sofferenti dipolicisti renale. Per gli specialisti di ma-lattie renali l’ipotesi che un batterio siail responsabile della formazione di calco-li non appare tanto bizzarra, anche per-ché non esistono spiegazioni di altro ti-po!

New Scientist, 2200, 21 agosto 1999, p. 32

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ANNUNCI

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IL NUOVO SAGGIATORE

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ANNUNCI

ISTITUTO DI FISICA DEL PLASMA

«PIERO CALDIROLA»

8th European FusionTheory Conference

Villa Olmo, ComoOctober 27-29, 1999

Local Organizing Committee:

M. Lontano tel. 139 02 66 17 32 60D. Farina tel. 139 02 66 17 32 32C. Allocchio

For further information:

Fax: 139 02 66 17 32 29e.mail: fusion99Iifp.mi.cnr.it

MAM 2000

Materials for Advanced Metalizzations

February 28 - March 1, 2000Hotel Isole Borromee - Stresa

Local Organizing Committee:

G. Ottaviani, G. De Santi, F. Lavia,L. Miglio, M. Fanciulli, R. Tonini,T. Marangon, G. Queirolo e C. Valentini

For further information:

G. OttavianiDipartimento di FisicaVia Campi 213/a, ModenaTel.: 139 059 58 60 31Fax: 139 059 36 74 88e.mail: mam2000Iunimo.it

MAM Conference Secretariat:Fax: 139 010 6506 302e.mail: valentiniIinfm.it

Local Organizing Committee:

G. Battimelli, C. Bernardini,M. De Maria, M. Lusignoli,F. Sebastiani

For further information:

Fax: 139 06 49 02 75Tel.: 130 06 2991 4316 / 4343

e.mail: AmaldiAnniversaryIroma1.infn.ithttp://www.roma1.infn.it/Aeaconf/home.html

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IL NUOVO SAGGIATORE

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P.O. Box 4627 Vancouver, B.C., CanadaV6B 4A1

Tel. [604] 240-6372Telefax [604] 267-1932

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