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1 C L I N I C A L L E A D E R A F R I C A G A R C I A - O R A D NUOVE TERAPIE Care, ma ne vale la pena Oncoematologia LEUCEMIA PROMIELOCITICA RECIDIVANTE L’importanza del triossido di arsenico LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA E VINCRISTINA Una variante genica aumenta la tossicità LINFOMA DI HODGKIN NEI PAZIENTI PEDIATRICI Nuove linee guida ILROG MIELOMA MULTIPLO Si ricercano le staminali PROFESSIONAL EDITION

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    C L IN I C A L L E A D E R

    A F R I C A G A R C I A - OR A

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    nuove terapie Care, ma ne vale la pena

    Oncoematologia

    LeuCeMia proMieLoCitiCa

    reCiDivante L’importanza del triossido di

    arsenico

    LeuCeMia LinFoBLaStiCa aCuta e vinCriStinaUna variante genica aumenta la tossicità

    LinFoMa Di HoDGKin nei paZienti peDiatriCiNuove linee guida ILROG

    MIELOMA MULTIPLOSi ricercano le staminali

    Professionaledition

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    Hightlights, Report Congressuali, Evidence Base Medicine,Journal Article, Clinical Game, Review

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    sommario

    SCIENCE SHOT

    8 NUOvE TERAPIE Care, ma ne vale la pena

    10NEOPLASIE MIELOPROLIFERATIvEl’ordine di particolari mutazioni è correlato alla progressione

    12LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA E vINCRISTINAUna variante genica aumenta la tossicità

    HIGHLIGHTS

    14 MIELOMA MULTIPLOsopravvivenza migliore nei pazienti consapevoli della propria gammopatia monoclonale

    15LEUCEMIA PROMIELOCITICA RECIDIvANTE l’importanza del triossido di arsenico

    16LINFOMA DI HODGKIN NEI PAZIENTI PEDIATRICInuove linee guida ilroG

    17AXITINIBefficace contro i tumori ematici resistenti

    18BRENTUXIMAB efficacie terapia di prima linea nel lH refrattario o recidivante

    EVIDENCE BASED MEDICINE

    20 Morfina orale per il dolore oncologico

    20aglio: effetto protettivo contro i tumori

    21eritropoietina o darbepoietina nei pazienti oncologici

    21trasfusioni ematiche per la prevenzione dell’ictus nell’anemia falciforme

    INSIDE

    22 MIELOMA MULTIPLOsi ricercano le staminali

    THE CLINICAL GAME

    28 FAI LA TUA DIAGNOSI E SCOPRI SE è ESATTA

    CLINICAL LEADER

    32 A TU PER TU CON AFRICA GARCIA-ORAD

    Professional E dit ionO N C O E M AT O L O G I A

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    Direttore responsabile francesco Maria avitto

    Direttore editoriale Vincenzo Coluccia

    Direttore Scientifico lucia limiti

    e D i t o r i a L S ta F FMedical editor Patrizia Maria Gatti, sara raselli, leonardo scalia,Magazine editor Marco landucciWeb editor Marzia Caposio, Manuela Biello

    a r tart Director francesco Moriniimpaginazione niccolò iacovelliWeb Developer roberto Zanetti, Paolo Cambiaghi, Paolo Gobbi

    i t & D i G i ta LiCt Manager Giuseppe ricciDigital operation Manager davide Battaglino

    DiStriBuZione DiGitaLe

    © Kekoa Publishing S.r.l.REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N. 82/2014 DEL 24/04/2014

    Iscritta al Registro degli Operatori di Comunicazione in data 28/05/2013 con numero 23556.Via Mantova 44, 00198 ROMA

    Supplemento al n°3 di popular Scienceaprile 2015

    www.kekoa.it

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    C L IN I C A L L E A D E R

    A F R I C A G A R C I A - OR A

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    NUOVE TERAPIE Care, ma ne vale la pena

    Oncoematologia

    LEUCEMIA PROMIELOCITICA

    RECIDIVANTE L’importanza del triossido di

    arsenico

    LEUCEMIA LINFOBLASTICA ACUTA E VINCRISTINAUna variante genica aumenta la tossicità

    LINFOMA DI HODGKIN NEI PAZIENTI PEDIATRICINuove linee guida ILROG

    MIELOMA MULTIPLOSi ricercano le staminali

    PROFESSIONALEDITION

    pubblicitàTotale 65.000

    Farmacisti ospedalieri 2.275

    Mmg 35.815

    Internisti 17.056

    Oncologi 5.439

    Ematologi 4.699* Dati aggiornati al 31.01.2015

    Oncoematologia

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    Clinical ShotLa scienza in immagini

    Nuove terapieCare, ma ne vale la pena

    nonostante i costi elevati di molti dei farmaci im-piegati nel trattamento dei tumori maligni ematologici, che hanno portato ad una levata di scudi da parte degli esperti del settore, una recente analisi ha suggerito che, molti dei trattamenti più innovativi, potrebbero ragionevolmente giu-stificare i propri costi. secondo Peter neumanno, direttore del Center for the evaluation of Value and risk in Health di Boston, “è necessario pensare alla valenza della terapia e non semplicemente al suo prezzo”. secondo l’autrice dell’analisi Cayla saret, dello stesso dipartimento, “consi-derare i costi in relazione alla valenza rende questi farmaci decisamente più accattivanti. Comunque, ogni rendiconto particolare va impiegato con cautela, in quanto alcuni di essi potrebbero essere obsoleti”. lo studio è consistito nella revisione sistematica delle analisi costo-beneficio pubblicate fra il 1996 ed il 2012 su nove farmaci nel trat-tamenro della leucemia mieloide cronica. in questo tipo di analisi, l’utilità in rapporto ai costi di ciascun farmaco viene descritta come il rapporto fra il costo totale del farmaco ed il numero di anni di QalY (Quality-adjusted life Year) guadagnati dal paziente: questa unità di misura, denominata “cost-utility”, incorpora l’impatto del trattamento sulla durata della vita del paziente e la sua qualità della vita nei benefici della terapia. Un minor rapporto costo/QalY indica un risultato più favorevole, in quanto rappresenta un modo più efficiente di ottenere un miglioramento della salute. nell’analisi in oggetto, la maggior parte dei rapporti costo-beneficio calcolati per i farmaci per i tumori ematici ricade al di sotto dei 50.000$/QalY e solo il 14% di essi supera i 100.000$/QalY.

    Fonte: Blood online 2015, pubblicato il 5/2)

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    Tumori del sangue

    Farmaci cari, ma ne vale la pena

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    nelle neoplasie mieloproliferative (Mpn), l’ordine con il quale le mutazioni JaK2 e tet2 ven-gono acquisite nelle cellule staminali ematopoietiche e nelle cellule progenitrici determina la presentazio-ne clinica e le caratteristiche delle cellule ematiche dei pazienti con policitemia vera, trombocitopenia essenziale o mielofibrinolisi. l’ordine di mutazione, inoltre, predice la suscettibilità delle cellule al trat-tamento con l’inibitore della JaK-chinasiruloxitinib. Questa caratteristica, secondo l’autore dello studio in materia su 246 pazienti david Kent, dell’Univer-sità di Cambridge, “potrebbe avere implicazioni per la gestione del paziente con il progredire della malattia”. Questa scoperta sorprendente potrebbe migliorare l’accuratezza delle prognosi per i pazienti affetti da MPn e, l’ordine di mutazione, potrebbe inoltre essere impiegato per concepire terapie personalizzate. ad esempio, è stato previsto che gli inibitori del JaK2 sarebbero più efficaci nei pazienti con un ordine di mutazione piuttosto che con un altro. secondo Chalres swanton del translational Cancer therapeutics laboratory di londra, “questa ricerca dimostra in modo inoppugnabile che l’ordine di mutazione influenza la biologia e gli esiti di queste malattie”. si tratta del primo studio ad illustrare sia l’ordine degli eventi mutazionali che la loro significa-tività nei pazienti con MPn. lo studio dell’ordine di mutazione nei tumori richiede un’analisi clonale e la possibilità di osservare le fasi precoci della malattia: gli MPn soddisfano entrambi i criteri, in quanto si tratta di neoplasie che si sviluppano in cellule proge-nitrici primordiali e che sono semplici da espandere clonalmente in mezzi semisolidi.

    Fonte: N Eng J Med online 2015

    NeoplasiemieloproliferativeL’ordine di particolari mutazioni è correlato alla progressione

    Clinical Shot

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    Leucemia linfoblastica acuta e vincristinaUna variante genica aumenta la tossicità

    nei bambini con leucemia linfoblastica acuta, una variante precedentemente ignota di un gene chiamato CeP72, è stata connessa ad un incremento del rischio e della gravità di neuropatie periferi-che indotte dalla vincristina (ViPn). William evans del st. JudeChil-dren’sresearch Hospital di Memphis, l’autore della ricerca che lo ha accertato, ricerca effettuata su un campione di 222 bambini, ha affer-mato che “i bambini che hanno ereditato due copie del gene ad alto rischio CeP72, presentano una probabilità di sviluppare una neuropa-tia da vincristina aumentata di 3,5 volte e vanno incontro ad una for-ma più grave di questa. se questo risultato verrà riprodotto, potrebbe portare allo sviluppo di un test diagnostico per identificare i pazienti a maggiori rischio di ViPn”. lo studio ha anche riscontrato che, i bambini con due copie della variante genica, risultano più sensibili alla vincristina. secondo evans, “se gli studi futuri confermeranno questi dati, potrebbe essere possibile trattare i pazienti con genotipo ad alto rischio CeP72 con una dose di vincristina minore onde ridurre la tossicità senza compromettere gli effetti antitumorali del farmaco. Con il miglioramento dei tassi di cura al di sopra dell’85% nei bambini con leucemia linfoblastica acuta, il tumore infantile più comune, è importante concentrarsi sul miglioramento della qualità della vita: la riduzione della tossicità derivante dal trattamento è importante in quanto alcuni effetti collaterali possono persistere per decenni dopo il termine di questo, compromettendo la qualità della vita e potenzial-mente anche la longevità”. ogni bambino con questo tipo di leucemia riceve vincristina circa 30-40 volte nell’arco di un minimo di 2 anni e circa il 25% di questi bambini sviluppa ViPn, che può causare perdita di sensibilità, torpore, dolore e problemi motori. la ViPn limita anche la possibilità di somministrazione della vincristina e potrebbe poten-zialmente portare ad una interruzione della terapia.

    Fonte: JAMA online 2015

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    “Questo risultato riflette l’importanza di un monitoraggio a vita nei soggetti con una diagnosi di MGUS, indipendentemente dal tasso di rischio e sottolinea la necessità di modelli di rischio migliori basati sulla biologia della malattia”

    Elin sigurdur KristinssonUniversità dell’Islanda, Reykjiavik

    anni, età media all’atto della diagnosi di mGUs70

    Highlights

    I pazienti con mieloma mul-tiplo (MM) che erano consape-voli di una loro precedente condizione di gammopatia monoclonale di significato incerto (MGUS), vanno in-contro ad una sopravvivenza migliore rispetto a quelli che non ne erano a conoscenza. Secondo Elin Sigurdur Kri-stinsson, dell’Università dell’I-slanda di Reykjiavik, autore dello studio che ha accertato questa correlazione, “questo risultato riflette l’importanza di un monitoraggio a vita nei soggetti con una diagnosi di MGUS, indipendentemente dal tasso di rischio e sotto-linea la necessità di modelli di rischio migliori basati sulla biologia della malattia. I pazienti dovrebbero ricevere informazioni che evidenzi-no non soltanto il rischio, complessivamente molto basso, di progressione verso la neoplasia maligna ma anche il sintomo che potrebbe esserne il segnala e, non per ultimo,

    l’importanza di consultare il proprio medico”. Il prolunga-mento della sopravvivenza nei pazienti consapevoli della propria condizione di MGUS, probabilmente è correlato a controlli più frequenti a cui questi si sottopongono per valutare un’eventuale progressione di malattia e, di conseguenza, ad un pronto trattamento in caso di diagnosi precoce di MM. Benchè la MGUS sia comune, la popolazione generale non viene sottoposta a screening per tale condizione: solo una piccola percentuale di casi viene rilevata durante indagini per altri problemi. Lo screening, tra l’altro, potrebbe anche non essere consigliabile per via del basso rischio di progressione, del potenziale ansiogeno che potrebbe generare e dei costi derivanti dal monitoraggio di tutti i pazienti identificati. Recenti studi hanno suggerito che la MGUS precede costantemen-

    te il MM e, benchè il rischio di progressione permanga per tutta la vita del paziente, si tratta comunque di un evento molto raro: nell’arco di 20 anni soltanto il 2% dei pazienti a basso rischio progredirà verso il mieloma e l’età media all’atto della diagnosi di MGUS è di 70 anni, quindi molti pazienti vanno incontro a decesso per altre cause prima di svilup-parlo. Una volta diagnosticata la MGUS, la pratica standard consiste nel dosare i livelli di proteina M su base annuale, ma ciò non avviene in tutti i pazienti. Secondo Robert Kyle, della Mayo Clinic di Rochester, “non è possibile monitorare tutti questi pazienti perché sono sem-plicemente troppi. Ciò che raccomandiamo è di seguirli sulla base della presenza di altri fattori di rischio correlati allo sviluppo di MM”

    Fonte: JAMA Oncolonline 2015

    MIELOMA MULTIPLOSopravvivenza migliore nei pazienti consapevoli della propria gammopatia monoclonale

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    LEUCEMIA PROMIELOCITICA RECIDIVANTE L’importanza del triossido di arsenico

    "IL tRIOSSIdO dI ARSEnICO RAppRESEntA IL tRAttAMEntO dI SCELtA In QUEStI pAzIEntI, MA LA tERApIA OttIMALE pER SOStEnERE A LUnGO tERMInE LA REMISSIOnE COSì OttEnUtA è IGnOtA"

    FEva LEnGFELdErUnIvERSItà dI MAnnhEIM

    In almeno la metà dei pazienti con leucemia promielocitica acuta recidivan-te (ApL), la terapia d’emergenza con triossido di arsenico seguita da una di consolidamento, può portare alla cura della malattia, come accertato da un recente studio tedesco che ha esaminato i dati relativi a 155 pazienti. Secondo l’au-trice dello studio, Eva Lengfelder dell’U-niversità di Mannheim, “il triossido di arsenico rappresenta il trattamento di scelta in questi pazienti, ma la terapia ottimale per sostenere a lungo termine la remissione così ottenuta è ignota”. nel complesso, la sopravvivenza a tre anni dei 155 pazienti osservati è stata del 68%, il che suggerisce che il trattamento d’emergenza con triossido di arsenico dopo una prima recidiva abbia portato ad un miglioramento della sopravvi-venza del 20% circa, rispetto ai risultati precedentemente ottenuti mediante la somministrazione di acido trans-retinoi-co e chemioterapia. nonostante questo risultato, comunque, il tasso di recidiva riscontrato è rimasto elevato: l’incidenza cumulativa di una seconda recidiva è stata infatti del 41%. I fattori associati ad una prognosi negativa sono stati una

    remissione dalla durata inferiore ad 1,5 anni, la persistenza della positività alla pCR per il recettore alfa per l’acido reti-noico dopo la terapia di consolidamento ed il mancato trapianto di midollo. In particolare, per quanto riguarda quest’ultimo, nei pazienti che hanno raggiunto una seconda remissione ema-tologica completa dopo un trapianto di cellule staminali autologhe o allogeni-che la sopravvivenza è stata dell’80%, a fronte del 59% riscontrato nei pazienti non trapiantati.

    Fonte: Leukemia online 2015

    PErcEntUaLE di

    sopravvivenza a tre

    anni dei pazienti

    osservati nello studio 68

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    H I G H L I G H T s

    “nEI BAMBInI COn LInfOMA dI hOdGKIn IL tRAttAMEntO RISULtA pIù EffICACE SE SI tIEnE COntO dEI dAtI dI IMAGInG tRIdIMEnSIOnALI dURAntE LA pIAnIfICAzIOnE dELLA RAdIOtERApIA E dEL CALCOLO dEL vOLUME dA SOMMInIStRARE dI QUESt’ULtIMA. InOLtRE, In QUEStO MOdO LA dOSE dI RAdIAzIOnI SOMMInIStRAtA AL tESSUtO nORMALE vIEnE RIdOttA, dIMInUEndO AnChE GLI EffEttI COLLAtERALI dELLA tERApIA”

    david C. hodgsonUniversità di toronto

    L’international Lymphoma radiation oncology Group (ILROG) ha promanato nuove linee guida sul modo di integrare le informazioni radiologiche nella definizione del volume di radiazioni da sommini-strare ai bambini con linfoma di hodgkin. tali linee guida derivano dai recenti progressi nella tecnologia radiologica, dato che la tC con mezzo di contrasto e la fdG-pEt hanno portato a miglioramenti nella stadiazione e nella valutazione della risposta al trattamento. Secondo david C. hodgson, dell’Università di toronto, uno degli autori delle nuove linee guida, “nei bambini con linfoma di hodgkin il trattamento risulta più efficace se si tiene conto dei dati di imaging tridimensionali durante la pianificazione della radioterapia e del calcolo del volume da somministrare di quest’ultima. Inoltre, in questo modo la dose di radiazioni somministrata al tessuto normale viene ridotta, diminuendo anche gli effetti collaterali della terapia”. Le precedenti linee guida in materia erano state sviluppate negli anni ’90, ma secondo hodgson “da allora sono stati effettuati progressi nelle tecnologie radiologiche e nella nostra capacità di pianificare e somministrare la radioterapia”. Le nuove linee guida, tuttavia, non indicano come selezionare i pazienti candidati alla radioterapia. Esse comunque raccomandano studi radiografici di collo e torace, al fine di valutare la portata del coinvolgimento cervicale e mediastinico. nella pianificazione della radioterapia è importante determinare grossolanamente il volume del tumore da irradiare: esso viene determinato radiologicamente prima della chemioterapia mentre, gli studi radiologici dopo quest’ultima, forniscono informazioni sui siti che rimangono anomali. Il volume target di radiazioni da somministrare dovrà tenere conto della riduzione delle dimensioni tumorali ottenuta mediante la chemioterapia e ciò ha dato origine al concetto di “radiotera-pia del sito coinvolto”: esso è stato sviluppato per identificare ed isolare il tessuto linfonodale interessato e risparmiare i linfonodi e le strutture vascolari non coinvolti nel volume clinico target.

    Fonte: practRadOncol online 2015

    LINFOMA DI HODGKIN NEI PAZIENTI PEDIATRICINuove linee guida ILROG

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    Dal punto di vista della medicina personalizzata il FIMM impiega i propri test di sensibilità e resistenza ai

    farmaci (DSRT) per creare un profilo dei campioni cellulari

    del tumore primario del paziente,fornendo al medico le

    informazioni per aiutarlo

    KristerWennerbergUniversità di Helsinki

    AXITINIBEfficace contro i tumori

    ematici resistenti

    L’axitinib, già approvato per il trattamento di seconda linea del car-

    cinoma nefrocellulare avanzato (rcc), ha sorpren-dentemente dimostrato di inibire la mutazione Bcr-aBL1

    (t315l) nelle cellule dei pazienti con leucemia mieloide cronica (Lmc) e leucemia linfoblastica acuta a cellule B positiva al cromosoma Philadel-

    phia (B-aLL). La mutazione in questione rende queste malattie resistenti ai trattamenti più comuni e, quindi, l’axitinib offre speranza come terapia innovativa.

    si tratta di un dato inaspettato, che rende l’axitinib il primo farmaco vEGFr-inibitore a dimostrare attività su questi tipi di tumore. Benché lo studio che ha portato a questa

    conclusione fosse di pura ricerca, i suoi risultati indicano anche che un paziente con una Lmc e portatore della mutazione Bcr-aBL (t315i) è stato trattato con successo con axitinib dopo

    essere andato incontro a progressione della malattia con le terapie attualmente approvate e, ora, sono stati pianificati studi clinici in materia. secondo KristerWennerberg, leader del gruppo

    Fimm-EmBL dell’Università di Helsinki nonché autore dello studio, “dal punto di vista della medi-cina personalizzata il Fimm impiega i propri test di sensibilità e resistenza ai farmaci (dsrt) per creare un profilo dei campioni cellulari del tumore primario del paziente,fornendo al medico le infor-mazioni per aiutarlo.Questo risultato ha una potenziale applicazione clinica: esso offre speranza ai pazienti con una Lmc portatori della mutazione Bcr-aBL (t315i) la cui malattia risulta resistente al trattamento con con inibitori della tirosin-chinasi appropriati quali imatinib, dasatinib e nilo-tinib. L’unico farmaco di questa classe attivo contro la Lmc associata alla mutazione Bcr-aBL

    (t315i), il ponatinib, ha effetti collaterali vascolari che ne hanno causato il temporaneo ritiro dal mercato, benché ora vi sia tornato con alcune avvertenze particolari.

    Fonte:nature online 2015

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    “Ottenere uno status PET-negativo, rappresenta il traguardo più importante nei pazienti recidivanti o refrattari prima del trapianto. Non importa se per ottenere questo scopo si impiegano uno o due regimi d’emergenza”

    alison moskowitzMemorial Sloan Kettering Cancer Center, nY

    H I G H L I G H T s

    BRENTUXIMABEfficacie terapia di prima lineanel LH refrattario o recidivante

    nei pazienti con linfoma di Hodgkin recidivante o refrattario, il brentuximab potrebbe risultare un’effi-cace terapia d’emergenza di prima linea. Si tratta di un agente innovativo che colpisce il Cd30 ed è attualmente approvato per l’impiego nei pazienti con linfoma di hod-gkin dopo il fallimento del trapianto di cellule staminali autologhe (ASCt) o di almeno due regimi chemioterapici pluri-farmaco nei pazienti non candidati all’ASCt. Uno studio di fase 2 su 45 pazienti ha sottolineato l’impor-tanza di una pEt negativa. Secondo uno degli autori, la ricercatrice Alison Moskowitz del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di new York, “quanto riscon-trato implica che, ottenere uno status pEt-negativo, rappresenta il traguardo più importante nei pazienti re-cidivanti o refrattari prima del trapianto. non importa se per ottenere questo scopo si impiegano uno o due regimi d’emergenza”. Secondo Umberto tirelli e Michele Spina del dipartimento di Oncologia Medica di Aviano, tuttavia “il fatto che questo sia l’ambito ideale in cui impiegare il farmaco è discutibile e non vi sono dati sull’impiego del brentuximab in questa popolazione di pazienti. non è necessario utilizzare un regime tossico di seconda linea. Si tratta di un regime nuovo ed efficace per il linfoma di hodgkin recidivante, che ha il potenziale di migliorare il tasso di cura per i pazienti che ne sono affetti, in partico-lare se impiegato come regime di prima linea”.

    Fonte: Lancet Oncol online 2015

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    a = eLevata abbiamo molta fiducia nel fatto che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale negli esiti con-siderati. le evidenze accumulate presentano deficit scarsi o nulli. e’ nostra opinione che i dati siano stabili, ossia che un nuovo studio non porterebbe ad un cambiamen-to nelle conclusioni.

    B = MoDeratasiamo moderatamente certi che la stima dell’efficacia sia vicina alla re-ale efficacia per gli esiti considerati. le evidenze accumulate presentano alcuni deficit. e’ nostra opinione che i dati siano probabilmente stabili, ma permangono alcuni dubbi.

    C = BaSSala certezza del fatto che la stima dell’efficacia sia vicina alla reale efficacia per gli esiti considerati è limitata. le evidenze accumulate presentano deficit numerosi o importanti (o entrambi). e’ nostra opinione che siano necessarie ulteriori evidenze prima di poter concludere che i dati siano stabili o che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale.

    D = inSuFFiCientenon abbiamo evidenze, non siamo in grado di stimare l’efficacia, o non abbiamo fiducia nella stima dell’ef-ficiacia per quanto riguarda l’esito considerato. non sono disponibili evidenze, oppure le evidenze accu-mulate presentano deficit inaccetta-bili, precludendo il raggiungimento di una conclusione.

    Solidità delle evidenze: gradi e definizioni

    Evidence Based Medicine

    eBM

    Cosa sono?

    L’EBm, in italiano “medicina basata sulle prove di efficacia”, ha come obiettivo quel-lo di assicurare che le decisioni cliniche siano informate dai risultati della ricerca, in particolare della ricerca clinica. tra le sue funzioni chiave c’è quella di forni-re uno strumento di lettura rispetto ai dati della ricerca e di ricondurli al singolo paziente. per accresce-re la credibilità delle deduzio-ni di un medico – rispetto, per esempio, all’utilità di un test o all’efficacia di una terapia o per una corretta prognosi – e per trasformare tali deduzioni in nozioni condivisibili dai colleghi e dall’intera comunità scientifica, diventa imprescindibile lo sforzo di standardizzare e validare le osservazio-ni maturate nel contesto della pratica medica. E per interpretare la letteratura scientifica esistente su eziologia, diagno-si, prognosi ed efficacia delle strategie terapeutiche è necessario comprendere e condividere le regole metodologiche di base. non tutti gli studi clinici forniscono informazioni di uguale affidabilità, quin-di nella decisione clinica le prove di effi-

    cacia avranno un peso maggiore a secon-da della robustezza della fonte che le ha prodotte. La visualizzazione più efficace di questa gerarchia è quella della pirami-de delle evidenze, che posiziona al pro-

    prio vertice le prove sperimentali più af-fidabili e alla base quelle aneddotiche.

    Sebbene esistano diverse varianti di piramide delle evidenze, la scala ge-rarchica di ciascuna pone al primo posto le informazioni desunte da revisioni sistematiche che inclu-dono studi clinici controllati di buona qualità; all’opposto, il pa-

    rere degli esperti senza supporto di studi empirici occupano l’ultima

    posizione. nelle posizioni intermedie si trovano gli studi di popolazione e gli

    studi osservazionali, nei quali la relazione tra l’intervento e l’effetto (o tra l’esposizio-ne a un fattore di rischio e l’effetto) non è causale e le inferenze di associazione sono spesso esposte a errori sistematici.

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    E B M

    Evidence summaries7.11.2007LivELLo EvidEnZa = a

    La morfina orale è efficace contro il dolore oncologico.

    Una revisione del database Cochrane ha incluso 54 studi per un totale di 3.749 pazienti. Sono state poste a raffronto morfina a rilascio modificato e morfina a rilascio immediato, morfine di potenza diversa, di-versi intervalli e vie di somministrazione, oppure morfina ed altri oppiacei. non vi sono stati studi controllati con placebo. I dosaggi giornalieri negli studi variavano da 25 mg a 2.000 mg, con una media fra 100 mg e 250 mg. è stato dimostrato che la morfina è un analgesico efficace. Le versioni a rilascio prolungato della morfina risultano efficaci per gli intervalli di dosaggio da 12 o 24 ore, in base alla formulazione. è stata effettuata la titolazione dei dosaggi in entrambe le forme. Gli effetti collaterali sono stati comuni, ma solo il 4% dei pazienti ha sospeso il trattamento a causa di effetti colla-terali intollerabili. Sussistono evidenze limitate a suggerire che il fentanyl per via transmucosale garantisca un più rapido sollievo per quanto riguarda i picchi di dolore rispetto alla morfina.

    Bibliografia: Wiffen pJ, McQuay hJ. Oral morphine for cancer pain. Cochrane database SystRev 2007 Oct 17;(4):Cd003868.

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    Evidence summaries5.3.2004LivELLo EvidEnZa = d

    Un elevato consumo di aglio con la dieta potrebbe essere asso-ciato alla riduzione del rischio di tumori laringei, gastrici, del colon-retto ed endometriali e di polipi adenomatosi colorettali, ma mancano dati derivanti da studi controllati in materia.Un rapporto sulla valutazione tecnologica degli effetti protetti-vi dell’ aglio nei confronti dei tumori è stato riassunto nell’he-alth technology Assessment database. L’assunzione di un qualsiasi integratore a base di aglio per meno di 3-5 anni non è associata ad una riduzione del rischio di tumori mammari, pol-monari, gastrici, colici o rettali. Alcuni studi caso-controllo sug-geriscono che un elevato consumo di aglio con la dieta potrebbe essere associato ad una riduzione del rischio di tumori laringei, gastrici, colorettali ed endometriali e di polipi adenomatosi co-lorettali. Sono stati riportati molteplici effetti collaterali, fra cui cattivo odore corporeo e alitosi, dermatiti, emorragie, sintomi addominali e flatulenza, ma il rapporto di causalità degli effet-ti collaterali non era chiaro, fatta eccezione per il cattivo odore corporeo e dell’alito. non è stato possibile accertare se gli effet-ti collaterali intervengano più comunemente con determinate preparazioni piuttosto che con altre.

    Bibliografia: 1.Mulrow C, Lawrence v, Ackermann R, Gilbert Ra-mirez G, Morbidoni L, Aguilar C, Arterburn J, Block E, Chiquette E, Gardener C, harris M, heidenreich p, Mullins d, Richardson M, Russell n, vickers A, Young v. Garlic: effects on cardiovascular risks and disease, protective effects against cancer, and clinical adverse effects. Evid Rep technolAssess (Summ) 2000 Oct;(20):1-4. pubMed2. health technology Assessment database: htA-20010948. the Cochrane Library, Issue 1, 2004. Chichester, UK: John Wiley & Sons, Ltd.

    Morfina orale per il dolore oncologico

    Aglio: effetto protettivo contro i tumori

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    Eritropoietina o darbepoietina nei pazienti oncologici

    trasfusioni ematiche per la prevenzione dell’ictus nell’anemia falciforme

    Evidence summaries15.1.2010LivELLo EvidEnZa = a

    Gli agenti che stimolano l’eritropoietina incrementano la mortalità durante gli studi e peggiorano la sopravvivenza complessiva dei pazienti oncologici

    Una revisione del database Cochrane ha incluso 53 studi per un totale di 13.933 pazienti oncologici. Gli studi hanno parago-nato la somministrazione di eritropoietina o darbepoietina in associazione alle trasfusioni di globuli rossi (ove necessarie) rispetto alle sole trasfusioni di globuli rossi (ove necessarie) per la prevenzione o il trattamento dell’anemia in pazienti on-cologici adulti o pediatrici in presenza o assenza di una con-comitante terapia antineoplastica. Un totale di 1.530 pazienti è andato incontro a decesso durante lo studioe, nel com-plesso, 4.993 pazienti sono deceduti. Gli agenti che stimolano l’eritropoietina incrementa-no la mortalità durante gli studi (chR 1.17; 95% CI 1.06-1.30) e peggiorano la sopravvivenza complessiva (chR 1.06; 95% CI 1.00-1.12). trentotto studi hanno ar-ruolato 10.441 pazienti in chemioterapia. Il chR per mortalità durante lo studio era pari a 1,10 (95% CI 0.98-1.24) ed a 1,04 (95% CI 0.97-1.11) per quanto riguarda la sopravvivenza com-plessiva. Sono state raccolte scarse prove di una differenza fra gli studi su pazienti sotto po-sti a trattamenti antineopla-stici diversi (p per interazione = 0,42).

    Bibliografia:Bohlius J, Schmidlin K, Brillant C, Schwarzer G, trelle S, Seidenfeld J, zwahlen M, Clarke MJ, Weingart O, Kluge S, piper M, napoli M, Rades d, Steensma d, djulbego-vic B, fey Mf, Ray-Coquard I, Moebus v, thomas G, Untch M, Schumacher M, Egger M, Engert A. Erythropoietin or darbe-poetin for patients with cancer--meta-analysis based on in-dividual patient data. Cochrane database Syst Rev 2009 Jul 8;(3):Cd007303

    Evidence summaries12.1.2009LivELLo EvidEnZa = B

    trasfusioni ematiche regolari sembrano ridurre il rischio di ictus nei pazienti pediatrici con anemia falciforme. I benefici devono essere valutati a fronte del carico derivante dalle tra-sfusioni croniche.

    Una revisione del database Cochrane ha incluso due studi per un totale di 209 bambini. Uno studio (n = 130) ha paragonato un regime basato su trasfusioni croniche per il mantenimento di emazie falcizzate al di sotto del 30% con le terapie standard nei bambini con anemia falciforme giudicata ad alto rischio per un primo ictus. Lo studio è stato interrotto precocemente, in quanto 11 bambini nel gruppo trattato con terapia standard

    sono andati incontro ad un ictus, a fronte di un solo caso di ictus nel gruppo trasfuso (ri-

    duzione RR 92%). Il gruppo trasfuso è andato incontro ad un elevato

    tasso di complicazioni: sovrac-carico di ferro, alloimmuniz-

    zazione e reazioni alla tra-sfusione. Il secondo studio (n = 79) ha investigato il rischio di ictus quando le trasfusioni vengono so-spese dopo un minimo di 30 mesi. Lo studio è stato

    interrotto precocemente per via di una significativa

    differenza nel rischio di ictus fra i partecipanti che hanno in-

    terrotto e quelli che hanno pro-seguito le trasfusioni (coloro per i

    quali la sospensione delle trasfusioni è stata giudicata poco sicura), come risul-

    tava da anomalie della velocità all’esame dop-pler (OR 0,02 95% CI 0,00 / 0,43).Commento: La qua-

    lità delle evidenze risulta ridotta a causa della qualità dello studio (interruzione precoce dovuta ai benefici osservati).

    Bibliografia:Riddington C, Wang W. Blood transfusion for preventing stroke in people with sickle cell disease. Cochrane database Syst Rev 2002;(1):Cd003146. [Last assessed as up-to-date: 30 July 2008

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    Si ricercanole Staminali

    mieloma mUltiPlo

    La presenza di cellule staminali tumorali (CSC CancerStemCells) è stata dimostrata per molti tumori solidi ed ematologici, fornendo target preferenziali per la terapia. Ma per il mieloma multiplo, per ora, le cellule progenitrici non sono ancora chiaramente

    definite.

    il mieloma multiplo (MM) è la seconda neopla-sia ematologica più diffusa dopo il linfoma non-Ho-dgkin. È associato a disfunzione d'organo (midollo e reni) e rappresenta circa l'1% delle neoplasie e il 13% dei tumori ematologici. nel 2011, nei Paesi occiden-tali, l'incidenza annuale aggiustata per età era di 5,6 casi per 100.000 persone. dal 2005 al 2009, l'età me-dia alla diagnosi risultava essere di 69 anni.

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    nessun caso era stato diagnosticato in soggetti di età inferiore a 20 anni; 0,5% dei casi a 20 anni e nel range di età compreso tra 20 e 34 anni; 3,2% tra 35 e 44 anni; 11,8% tra 45 e 54 anni; 22,3% tra 55 e 64 anni; 26,9% tra 65 e 74 anni; 25,6% tra 75 e 84 anni e il 9,6% dei casi si era riscontrato in soggetti con un’età superiore agli 85 anni (USA -national CancerInstitute, 2010 – 2012).Secondo il Registro tumori, nel 2006 in Italia, le stime indica-vano un totale di 2.315 nuovi casi diagnosticati ogni anno tra i maschi e di 2.098 tra le femmine. Mentre per quanto riguar-dava la mortalità si erano verificati, nel 2002, 1.268 decessi per mieloma tra i maschi e 1.357 tra le femmine. Il rischio di avere una diagnosi di MM nel corso della vita (tra 0 e 74 anni) era di 5,2‰ tra i maschi (1 caso ogni 191 uomini) e di circa 3,6‰ tra le femmine (1 caso ogni 275 donne). Il MM è, dunque, una tipica neoplasia dell’età avanzata, infatti il rischio di ammalarsi raddoppia considerando anche la decade d’età successiva (0-84 anni). Ancora nel 2006, il rischio cumu-lativo (0-74 anni) di morire per tale patologia era stimato al 2,2‰ tra i maschi e all’1,8‰ tra le femmine. per quanto riguarda l’andamento nel tempo, l’incidenza del MM era nel complesso stabile, mentre la mortalità era in lieve calo anche per i nuovi progressi nella diagnosi e nei trattamenti.tuttavia, negli ultimi anni, si è assistito ad un aumento del numero di casi, principalmente associato al generale avanzare dell’età della popolazione mondiale e, recenti stime, riportano per l’Italia, oltre 3 mila nuovi casi diagnosticati ogni anno, sempre con un’incidenza lievemente più elevata negli uomini rispetto alle donne.

    Il MM è una neoplasia che colpisce le plasmacellule, componenti importanti del sistema immunitario che si trovano soprattutto nel midollo osseo. Generalmente il primo bersaglio ad essere colpito dalle cellule “mielomatose” è, infatti, proprio l'osso ma in un secondo tempo, o parallelamen-te, possono essere coinvolti anche il sangue in toto e i reni. nel midollo osseo le plasmacellule (pC) maligne, provocando lesioni osteolitiche, generano uno sconvolgimento della normale strut-tura ossea. Sempre a tale livello, sono state anche isolate cellule mielomatose in grado di secernere citochine e fattori di crescita (Gfs) o elevate quantità di una paraproteina monoclonale (proteina M), un’immunoglobulina anomala. Interferendo poi con l’ematopoiesi, le cellule tumorali provocano leucopenia, con conseguente aumento del rischio di infezioni, ma anche anemia e trombocitopenia con conseguenti difetti della coagulazio-ne, condizioni tipiche che caratterizzano il quadro generale nella fase attiva. Infine, nella fase avanzata e terminale della malattia,la proteinuria di Bence Jones a catene leggere κ e, più importante, a catene λ, porta ad una condizione di nefropatia interstiziale e insufficienza renale. detto questo è anche importante ricordare che, il MM è solita-mente preceduto da una fase di latenza pre-maligna chiamata gammopatia monoclonale di significato clinico ancora inde-

    terminato (MonoclonalGammopathy of UndeterminedSignifi-cance=MGUS), che poi progredisce verso la forma conclamata. La MGUS, caratterizzata da un basso numero di pC nel midollo osseo, non è legata a danni d'organo e colpisce le persone oltre i 60 anni di età che, in genere, vengono solo monitorate nel tem-po senza essere trattate. da ciò si evince come il quadro clinico del MM sia complesso e la presentazione d’esordio estrema-mente variabile.

    La progressione del MM appare fortemente sostenuta da un’entità non del tutto definita e in continuo divenire: il microambiente del midollo osseo, dove si generano interazioni complesse e reciproche tra pC e cellule stromali del midollo osseo(BMSCs=Bone Marrow Stromal Cells), in grado di influenzare la crescita, la migrazione, la sopravvivenza, la differenziazione, la resistenza ai farmaci e l'angiogenesi del mieloma stesso. L'interazione tra pC e BMSCs è mediata da diverse citochine, recettori e molecole di adesione. di recente, nelle ricerche mirate allo studio sulla progressione del MM,

    Cellule eritroidi e mieloidi in midollo osseo sano

  • 25

    Nel MM i fibroblasti cancro-associati (CAF) sono in grado di promuovere

    la crescita delle cellule tumorali e l'invasività della neoplasia nello stroma

    midollare grazie alla produzione di citochine pro-invasive, chemochine

    e fattori pro-infiammatori

    si è posta l’attenzione ad un’altra classe di cellule midollari: i fibroblasti, che rappresentano la componente principale dello stroma del midollo osseo.è stato, infatti, da più parti dimostrato che esistono diversi fibroblasti, attivati da citochine e fattori di crescita circolanti nel microambiente, come i fattori di Crescita dei fibroblasti (fGf) e fattore di Crescita trasformante-beta (tGf-ß), che sono chiamati fibroblasti cancro-associati (CAf). Questi, attraver-so le interazioni cellula-cellula, la produzione di citochine pro-invasive, chemochine e fattori pro-infiammatori, sono in grado di promuovere la crescita delle cellule tumorali e di aumentare l'invasività del cancro nello stroma midollare. L’interazione tra pC e CAf potrebbe servire a direzionare la migrazione del tumore, rappresentando il primo passo della “fuga” delle cellule tumorali nel sistema sanguigno. Inoltre, i CAf agiscono anche in risposte immunitarie che producono citochine pro-infiammatorie e chemochine che attraggono le cellule immunitarie come macrofagi, neutrofili e linfociti nell’area colpita dal tumore. In altre parole, sono i macrofagi

    che si muovono verso la massa neoplastica, attratti da fattori chemiotattici e, qui, si differenziano in macrofagi associati al tumore (tAM) favorendo, di nuovo, la sua progressione. In definitiva, sempre i macrofagi consentono alle cellule tumorali di eludere l’immuno-sorveglianza creando un microambiente particolare caratterizzato da infiammazione cronica e tolle-ranza immunitaria. Infine, si è potuto dimostrare in vitro che i monociti e i macrofagi del midollo osseo di pazienti con MM sono in grado di formare strutture capillari (neovasculogenesi), contribuendo al mimetismo vascolare come avviene in vivo. In proposito, un gruppo di ricercatori italiani dell’Università di Bari, ha dimostrato un aumento dell’angiogenesi in biopsie midollari da pazienti con MM attivo rispetto ai pazienti con una MGUS, il che suggerisce il passaggio da una fase avascolare nella MGUS ad una fase vascolare nel mieloma multiplo attivo. Secondo gli stessi autori, lo switch angiogenico è accompagnato da mutazioni nelle plasmacellule tumorali che acquisiscono un fenotipo angiogenico, secernono fattori di crescita (vEGf, fGf, hGf e altri) e stimolano chemiotassi e proliferazione delle cellule stromali. di recente, nuove ricerche si sono focalizzate

    Nel midollo osseo le plasma-cellule maligne, provocando lesioni osteolitiche, genera-no uno sconvolgimento della normale struttura ossea.

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    anche sull’implicazione di cellule B nella patogenesi del MM partendo dall’acquisizione che, sia le normali pC che quelle colpite dalla malattia, derivino dalla loro differenziazione. Il riassetto dei geni delle immunoglobuline e dei loro anticorpi risultanti, permettono di comprendere le diverse relazioni tra i diversi cloni di tumori a cellule B. In questo senso, il sequen-ziamento dei geni delle immunoglobuline da pC maligne, ha sottolineato la presenza di mutazioni somatiche senza varia-zioni intraclonali, suggerendo che il MM nasce da un centro post germinale nel compartimento delle cellule B. Già in molti tumori è stata dimostrata l'esistenza di cellule staminali tumo-rali o di “cellule tumorali di avvio”. Si è anche visto che, mentre i marcatori CSC differiscono da uno all'altro, le loro caratteri-stiche peculiari sono comuni, come l'auto-rinnovamento, la tu-morigenesi e la resistenza ai farmaci. pertanto, queste capacità sarebbero utili per identificare anche le cellule staminali del MM, ma per ora, l’identificazione di queste celle progenitrici del mieloma, non è ancora definita. L’ipotesi maggiormente accre-ditata, in proposito, è che le cellule staminali del MM si trovino in un microambiente midollare definito “nicchia”. Così, le cellule maligne presenti nella nicchia e le staminali interagiscono tra loro attraverso molecole di adesione che attivano segnali molecolari in grado di garantire la “staminalità”. Sono state anche ritrovate delle nicchie vascolari, ma le diverse funzioni

    delle nicchie osteoblastiche e delle nicchie vascolari, non sono ancora del tutto chiare. Una differenza, accertata, tra le due nicchie, è costituita dal livello di ossigeno. La nicchia vascolare, di fatto, presenta un livello di ossigeno superiore alla nicchia osteoblastica, così, le cellule della nicchia vascolare possono riprendere il loro ciclo cellulare, in fase di mitosi. Sono state anche proposte delle possibili interazioni tra nicchie vascolari e nicchie osteoblastiche, e tali interazioni potrebbero influenzare la differenziazione neoplastica. tutto ciò resta comunque in attesa di ulteriori conferme.

    e&p Registro tumori in Italia rapporto 2006 Il mieloma multiploAltekruse Sf et al. SEER cancer statistics review, 1975-2007 [Internet]. Bethesda (Md): national Cancer Institute, 2010 [cited 2012 nov 26] J ClinOncol 2007;25:1993-patterns of survival in multiple my¬el-oma: a population-based study of patients diagnosed in Sweden from 1973 to 2003 World J Stem Cells. 2015 Jan 26; 7(1): 84–95. Identify multiple myeloma stem cells: Utopia?n Engl J Med 2011;364:1046-1060 Multiple myelomaAnnu Rev pathol. 2011;6:249-74 pathogenesis of myeloma

    Bibliografia

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    GAME

    THECLINICAL

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    PaZiEntE:Uomo di 58 anni, ricoverato in ospedale per febbricola che lamenta da 4 mesi, perdita di peso importante, dolori diffusi e debolezza agli arti inferiori.

    anamnEsi FisioLoGica: Grado d’istruzione scuola media inferiore. Matrimonio all’età di 20 anni, è vedovo da 8 anni. no figli. dai 20 ai 50 anni ha lavorato come muratore. fumatore di sigarette (20/30 die) dai 20 ai 40 anni. Riferisce di aver smesso da oltre 15 anni. Riferito peso normale alla nascita e costituzione esile dall’età puberale. Scarso mangiatore da sempre e bevitore di vino (1 bicchiere ai pasti) e di birra (1 boccale un paio di volte la settimana) dai 20 anni in poi. Beve poca acqua, non più di un paio di bicchieri al giorno.

    anamnEsi PatoLoGica rEmota: Riferisce buona salute fino all’età di 50 anni quando ha ricevuto la prima diagnosi di anemia e depressione (dopo la morte della moglie). non si è mai sottoposto a terapie per tali problemi e ha smesso di lavorare.

    anamnEsi FamiLiarE:non ricorda molto della famiglia di origine, eccetto che la madre morì quando lui aveva 15 anni.

    anamnEsi PatoLoGica Prossima:negli ultimi 4 anni riferisce uno scadimento generale della salute, inappetenza, forti dolori agli arti inferiori e per tale motivo si muove poco e prende spesso analgesici. Riferita diagnosi (risalente a circa 2 anni fa) di anemia grave e di un probabile “tumore del sangue” che non sa però precisare. da qualche mese lamenta febbricola serotina e un forte malessere generale.

    EsamE oBiEttivo: Altezza 1,65m. peso 42kg. pA: 100/60 mmhg. Congiuntive oculari pallide. Moderata ipertermia (37,8°C). debolezza muscolare agli arti inferiori con livedo reticularisalle loro estremità. no variazioni del fundus oculare.

    Esami di LaBoratorio:Conta dei GB 8.390 microlitro. Emoglobina 8,9 g / dl. Conta piastrinica 455.000/ml. vES> 140 mm/h. Sieroprotei-ne: pt 9,4 g /dl. Albumina 2,4 g /dl. IgG 4.978 mg /dl. IgA 53 mg/ dl. IgM 29 mg / dl. proteina C-reattiva 11, 6mg/dl. Creatininemia 64,6 mmol /l. Calcemia era 2,17 mmol/l. pannello sierologico reumatoide e sierologia per l’hCv negativi. Esame delle urine negativo. Elettroforesi proteica: picco monoclonale nella regione gamma.

    Esami strUmEntaLi:Rx scheletro negativo. Biopsia cutanea estremità arti inferiori: necrosi fibrinoide dei capillari di piccolo e medio calibro. Biopsia del midollo osseo: meno del 70% di cellule atipiche (simil-plasmacellule).

    QUaL è La Più ProBaBiLE diaGnosi PEr QUEsto PaZiEntE?a) Anemia perniciosaB) Epatopatia alcolica cronica e poliartritec) Artrite reumatoide sieronegativad) poliarterite nodosa in mieloma multiplo con sofferenza renale

    diagnosi corretta: Poliarterite nodosa in mieloma multiplo con sofferenza renale

    Oncoematologia

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    CLIN

    ICA

    L GA

    ME

    THE

    Questo paziente mostrava, come prime evidenze, un dimagramento importante, la febbricola, le artralgie diffuse e una necrosi fibrinoide delle arteriole di piccolo e medio calibro alla biopsia cutanea nelle zone degli arti inferiori dove era presente una livedo-reticularis. Questi primi reperti deponevano per una diagnosi di vasculite acuta e gli altri reperti associati hanno indotto a formulare la diagnosi di poliarterite nodosa (pAn). L’asso-ciazione di vasculiti e patologie maligne è ben nota, ma in questo caso il mieloma multiplo (MM) era ancora scarsamente manifesto. La vasculite della pAn appare, tra l’altro, rara-mente accompagnata da MM. E, in rarissimi casi riportati in letteratura, queste associa-zioni sono state rilevate in pazienti con età media di 54 anni nei quali si trovava anche una necrosi fibrinoide dei vasi di piccole e medie dimensioni anche dopo biopsia renale. pertanto, l'insufficienza renale costituisce un importante fattore di rischio nella prognosi di pAn accompagnata da MM. In questo paziente, una biopsia renale eseguita in un secondo tempo, non ha mostrato alterazioni patologiche tipiche renali associate a para-

    proteinemia, come amiloidosi o malattia da deposizione intratubulare di paraproteine. Inoltre, le urine del paziente erano risulta-te negative per BJp (proteinuria di Bence Jones) e non è stata rilevata crioglobuline-mia. d'altra parte, ci sono alcune evidenze in letteratura che mostrano una gammopatia monoclonale (lo stadio che precede il MM manifesto) associata a insufficienza renale senza deposizione di paraproteine a livello glomerulare o tubulare. In proposito, si è di-mostrato che la presenza di paraproteine può portare a insufficienza renale secondaria, con un peggioramento della funzione renale nel giro di 3 o 4 anni. pertanto, il meccanismo pa-tologico importante di questo paziente era la presenza di un’iperviscosità ematica. è ragio-nevole supporre che la pAn avesse causato un’ipoperfusione dei glomeruli e dei capillari peritubulari e che l'ipossia cronica nei reni avesse provocato alterazioni tubulo-intersti-ziali con fibrosi grave, in pratica una grave sofferenza renale dovuta alla vasculite e non ancora al MM. Una questione ancora dibattuta che merita di essere considerata, in questo caso, è la presenza di gammopa-

    discUssionE

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    BiBLioGraFia

    intern Med. 2014;53(3):263-7 acute kidney injury in a patient with polyarteri-tisnodosa and multiple myeloma.

    Hutchison Ca, et al. the pathogenesis and diagnosis of acute kid-ney injury in multiple myeloma. nat rev nephrol8: 43-51, 2011.

    Hutson te, Hoffman Gs. temporal concur-rence of vasculitis and cancer: a report of 12 cases. arthritis Care res 13: 417-423, 2000.

    leroy P, et al. Multiple myeloma associated polyarteritisnodosa. Br J Haematol149: 634, 2010.

    Prior autoimmune disease and risk of mo-noclonal gammopathy of undetermined si-gnificance and multiple myeloma: a systematic review. Cancer epide-miol Biomarkers Prev 2014 feb;23(2):332-42

    tia monoclonale e di malattia autoimmune associata (pAn). Alcuni studi osservazionali hanno indagato le malattie autoimmuni e il conseguente rischio di gammopatia mono-clonale di significato indeterminato (MGUS= MonoclonalGammopathy of Undetermined-Significance) e il MM. I risultati sono stati in gran parte incoerenti e ostacolati dalla rarità e dalla eterogeneità delle malattie autoimmu-ni indagate. Su questo tema è stata condotta una revisione sistematica della letteratura per valutare la forza dell'evidenza che collega la malattia autoimmune primitiva e il rischio di MGUS/MM. Gli autori della revisione hanno utilizzato come parole chiave per la ricerca in lettera-tura: MGUS, MM, e 50 malattie autoimmuni, indagando in quattro database elettronici (pubMed, Medline, Embase, e Web of Science) dall’inizio fino al novembre 2011. Un totale di 52 studi ha incontrato i criteri di inclusione, di cui 32 sono stati opportuna-mente paragonabili per eseguire una meta-a-nalisi. dall’analisi è risultato, in sostanza, che ogni malattia autoimmune era associata ad un aumentato rischio sia di MGUS [n = 760

    pazienti; rischio relativo (RR) 1,42; 95% inter-vallo di confidenza (IC), 1,14-1,75] sia di MM (n> 2.530 pazienti; RR 1,13, IC 95% 1,04-1,22). tale rischio era dipendente dalla malattia au-toimmune solo nel caso di anemia perniciosa che mostrava un aumento del rischio sia di MGUS (RR 1.67; 95% CI, 1,21-2,31) che di MM (RR 1,50; 95% CI, 1,25-1,80). Gli autori della revisione, sulla base dei loro risultati, suggeriscono che le malattie autoim-muni e/o il loro trattamento possano essere importanti nella eziologia di MGUS/MM. E le forti associazioni osservate per l'anemia perniciosa suggeriscono che l'anemia può essere di origine autoimmune. Quindi, la disfunzione immunitaria generale, e/o il trattamento delle malattie autoimmuni può essere importante nella patogenesi della MGUS/MM. per concludere va detto che il paziente è stato trattenuto in ospedale per diversi mesi e flagellato da tutte le possibili complicanze, sia della pAn che del MM. E dopo circa una anno il paziente, nonostante i molteplici trattamen-ti, è deceduto in un altro ospedale per una polmonite.

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    CLINICAL LEADER

    Qual è il problema principale nella terapia della Leucemia Linfoblastica acuta?La Leucemia Linfoblastica Acuta (LLA) è il principale tumore pediatrico nei paesi sviluppati. nonostante i risultati siano migliorati grazie alla chemioterapia, considerata la sua elevata tossicità esiste ancora una porzione di pazienti sui quali non è possibile attuarla. negli ultimi anni, sono stati realizzati diversi studi di farmacogenetica per cercare, nella LLA pediatrica, dei marcatori di successo e di tossicità terapeutica. tuttavia, fino ad oggi, l’unico marcatore farmacogenetico per la LLA, in grado di offrire linee guida per il dosaggio dei farmaci è la tiopurina S-metiltransferasi (tpMt). Quindi l’unica possibilità per cercare di prevedere effetti av-versi ai farmaci è controllare la tPmt? nel nostro studio, proponiamo una selezione delle scoperte più importanti ottenute per la LLA pediatrica. Anche se la maggior

    LA GENETICA PER MARCARE LA TOSSICITà TERAPEUTICAA tu per tu con Africa Garcia-Orad

    africa Garcia-orad insegna genetica da più di 30 anni presso la Facoltà di Medicina dell’Università dei Paesi Baschi ed il suo campo di studi è la genetica e l’epigenetica delle malattie complesse. In quest’area, da 20 anni studia la farmacogenetica dei tumori pediatrici. La sua carriera scientifica si è sviluppata soprattutto sulla genetica, la citogenetica e sulla biologia molecolare nella leucemia e nei linfomi. Proprio per questo abbiamo voluto approfondire con lei una tematica importante: quella relativa alla tossicità terapeutica nel trattamento della LLA nei pazienti pediatrici e a come predirla.

    parte di essi, è centrata sui geni codificanti, facciamo anche il punto sui nuovi approcci, in particolare per quanto riguarda lo studio delle sequenze di dnA non-codificanti e le variazioni epigenetiche che potrebbero essere interessanti nel prossimo futuro.Oggi, sappiamo che le sequenze che non codificano proteine, come il microRnAs, potrebbero avere un’importante funzione regolatoria. Il miRnAs può regolare l’espressione dei geni che influenzano la risposta ai farmaci. Infatti, l’espressione di alcune porzioni di miRnAs è stata associata effettivamente ad una rea-zione ai farmaci nella LLA. Le variazioni genetiche del miRnAs possono modificare la sua funzione e, questo, potrebbe portare ad una sensibilità verso alcuni farmaci.

    come avete cercato le regioni di microrna che potrebbero essere collegate agli effetti collaterali dei farmaci?Innanzitutto abbiamo cercato pre-mRnAs che avessero geni target teoricamente coinvolti nel processo di funzionamento dei farmaci usati nel protocollo di cura LAL/ShOp, utilizzando i database pharmGKB e mirWalk e, poi, abbiamo selezionato tutti gli Snp (polimorfismo a Singolo nucleotide) che erano stati descritti al momento della selezione con un MAf (Minor Allele frequency) pari a .0.01 nelle popolazioni Europee/Cauca-siche, utilizzando i database patrocles ed Ensemble oltre la alla letteratura scientifica.

    Quindi un lavoro statistico di notevoli dimensioni, partendo dal sequenziamento del dna. come avete proceduto? Il dnA genomico è stato estratto con uguali volumi di fenolo e cloroformio da prelievi di sangue periferico, dove è possibile trovare solo cellule normali. La genotipizzazione Snp è stata eseguita utilizzando la tecnologia di Open Array Genotyping taqMan. per raggruppare i genotipi, i dati sono stati analizzati con il software taqMan. I campioni duplicati sono stati genoti-pizzati incrociando i vari porta campioni disponibili per control-lare possibili errori.

    E come siete riusciti ad associare le regioni genomiche con la tossicità?Abbiamo associato un genotipo con la tossicità quando, in un

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    Il miRNAs può regolare l’espressione dei geni che influenzano la risposta aifarmaci

    microRnA, il genotipo in questione è statisticamente più fre-quente in persone che la sviluppano piuttosto che in quelle che non la sviluppano. A questo punto, possiamo evidentemente con-siderarlo come un possibile marcatore per la tossicità analizzata.

    Una equipe medica potrebbe predire gli effetti collaterali gravi su un paziente basandosi sulla vostra scoperta?per ora non è possibile, ma stiamo ottenendo risultati molto interessanti che, se confermati, potrebbero essere utilizzati nel

    prossimo futuro esattamente come il polimorfismo del tpMt è usato oggi.I risultati suggeriscono che gli Snp correlati al miRnA, possono essere importanti nella farmacocinetica dei medicinali e potreb-bero essere utili come marcatori di tossicità nella LLA pediatrica. Abbiamo aperto un nuovo promettente campo di ricerca nel trattamento di questa patologia, che coinvolge lo studio del poli-morfismo nel miRnA. Ma per confermare la rilevanza di questi dati sono necessaria ulteriori studi.

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