Nuove tecnologie e loro impatto nella didattica · Nuove tecnologie e loro impatto nella didattica...

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Nuove tecnologie e loro impatto nella didattica Laboratorio A Corso di formazione per docenti neoassunti a.s. 2015/2016 Materiale didattico per Gruppi A-12 e A-13 – Fabriano 31 marzo 2016 Formatore: Prof. ssa Daniela Giannantoni

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Nuove tecnologie e loro

impatto nella didatticaLaboratorio A

Corso di formazione per docenti neoassunti

a.s. 2015/2016

Materiale didattico per Gruppi A-12 e A-13 – Fabriano 31 marzo 2016

Formatore: Prof. ssa Daniela Giannantoni

Struttura dell’incontro formativo

Panoramica e punti di maggiore interesse relativamente a:

Piano Nazionale Scuola Digitale

La didattica per competenze

Le nuove tecnologie nella didattica

Pausa

Lavoro in piccoli gruppi (strutturazione delle linee di una azione didattica in

cui siano integrati gli strumenti digitali)

Piano Nazionale

Scuola Digitale(Decreto n. 851 del 27 ottobre 2015)

PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE

PNSD

«È il documento di indirizzo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per

il lancio di una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana e per un nuovo

posizionamento del suo sistema educativo nell’era digitale».

«È un pilastro fondamentale de LA BUONA SCUOLA (legge 107/2015), una visione operativa

che rispecchia la posizione del Governo rispetto alle più importanti sfide di innovazione del

sistema pubblico: al centro di questa visione, vi sono l’innovazione del sistema scolastico e

le opportunità dell’educazione digitale».

«Ha valenza pluriennale e indirizza concretamente l’attività di tutta l’Amministrazione».

«Contribuisce a «catalizzare» l’impiego di più fonti di risorse (principalmente tre) a favore

dell’innovazione digitale, a partire dalle risorse dei Fondi Strutturali Europei (PON

Istruzione 2014-2020), dai fondi della legge 107/2015 (La Buona Scuola) e altri fondi

MIUR».

Riferimenti: www.istruzione.it/scuola_digitale/index.html

PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE

PNSD

«Non è un semplice dispiegamento di tecnologia: nessun passaggio educativo

può infatti prescindere da un’interazione intensiva docente-discente e la

tecnologia non può distrarsi da questo fondamentale «rapporto umano». L’OCSE

lo ha ricordato recentemente».

«Risponde alla chiamata per la costruzione di una visione di Educazione nell’era

digitale, attraverso una processo che, per la scuola, sia correlato alle sfide che la

società tutta affronta nell’interpretare e sostenere l’apprendimento lungo tutto

l’arco della vita (life-long) e in tutti i contesti della vita, formali e non formali

(life-wide)».

«Si tratta prima di tutto di un’azione culturale, che parte da un’idea rinnovata

di scuola, intesa come spazio aperto per l’apprendimento e non unicamente

luogo fisico, e come piattaforma che metta gli studenti nelle condizioni di

sviluppare le competenze per la vita».

PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE

PNSD

«In questo paradigma, le tecnologie diventano abilitanti, quotidiane,

ordinarie, al servizio dell’attività scolastica, in primis le attività orientate

alla formazione e all’apprendimento, ma anche l’amministrazione,

contaminando – e di fatto ricongiungendoli – tutti gli ambienti della scuola:

classi, ambienti comuni, spazi laboratoriali, spazi individuali e spazi

informali. Con ricadute estese al territorio».

«Gli obiettivi non cambiano, sono quelli del sistema educativo: le

competenze degli studenti, i loro apprendimenti, i loro risultati, e

l’impatto che avranno nella società come individui, cittadini e

professionisti. Questi obiettivi saranno aggiornati nei contenuti e nei modi,

per rispondere alle sfide di un mondo che cambia rapidamente, che

richiede sempre di più agilità mentale, competenze trasversali e un ruolo

attivo dei giovani».

PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE

PNSD

«Per questo servirà – e qui vi è l’investimento culturale e umano più grande – che tutto il personale scolastico, non solo i docenti, si metta in gioco, e sia sostenuto, per abbracciare le necessarie sfide dell’innovazione: sfide metodologico-didattiche, per i docenti, e sfide organizzative, per i dirigenti scolastici e il personale amministrativo».

«Il Piano è, attraverso le sue azioni, una richiesta di sforzo collettivo. Non solo a tutti coloro che già realizzano ogni giorno una scuola più innovativa, orientata al futuro e aderente alle esigenze degli studenti. Ma anche a tutti quei mondi che, avvicinati dalle sfide che essa vive – didattiche, organizzative, di apprendimento e di miglioramento – costruiscono o intendono costruire con la scuola esperienze importanti».

«La scuola è, potenzialmente, il più grande generatore di domanda di innovazione, e quindi di digitale, ed è anche in quest’ottica che deve essere letto questo Piano».

«La «scuola digitale» non è un’altra scuola. È più concretamente la sfida dell’innovazione della scuola».

PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE

ambiti, obiettivi e azioni

STRUMENTI

ACCESSO (Azioni 1 – 2 – 3) da pag.36 a pag. 40 del Documento

SPAZI E AMBIENTI PER L’APPRENDIMENTO (Azioni 4 – 5 – 6 -7) da pag. 41 a pag. 53 del Documento

IDENTITÀ DIGITALE (Azioni 8-9-10) da pag. 54 a pag. 60 del Documento

AMMINISTRAZIONE DIGITALE- (Azioni 11-12-13) da pag. 61 a pag. 68 del Documento

COMPETENZE E CONTENUTI

COMPETENZE DEGLI STUDENTI (Azioni 14-15-16-17-18) da pag. 69 a pag. 83 del Documento

DIGITALE, IMPRENDITORIALITÀ E LAVORO (Azioni 19-20-21) da pag. 84 a pag. 92 del Documento

CONTENUTI DIGITALI (Azioni 22-23-24) da pag. 93 a pag. 101 del Documento

FORMAZIONE E ACCOMPAGNAMENTO

LA FORMAZIONE DEL PERSONALE (Azioni 25-26-27) da pag. 102 a pag. 113 del Documento

LA FORMAZIONE DEL PERSONALE (Azioni 28-29-30-31-32-33-34-35) da pag. 114 a pag. 125 del Documento

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focus su alcuni punti fondamentali

SPAZI E AMBIENTI PER L’APPRENDIMENTO (Azioni 4 – 5 – 6 -7) da pag. 41 a pag. 53 del Documento.

«Per realizzare nuovi paradigmi educativi servono ambienti di apprendimento adeguati, in grado di

porre al centro non la tecnologia – presente nella misura in cui è necessaria – ma la pratica didattica, a

favore dello sviluppo delle competenze, della collaborazione e della didattica attiva, per problemi e

progetti.

AMBIENTI PER LA DIDATTICA DIGITALE INTEGRATA (Azione 4) (aule aumentate, spazi alternativi,

laboratori mobili)

CHALLENGE PRIZES (Azione5) (premi incentivo per lo sviluppo di progetti innovativi)

POLITICHE ATTIVE PER IL BYOD (Azione 6) (bring your own device) utilizzo efficientemente

integrato di dispositivi elettronici personali durante le attività didattiche.

EDILIZIA SCOLASTICA INNOVATIVA (art. 1, comma 153 della legge 107/2015 e Linee guida per

l’edilizia scolastica) per garantire la progettazione e la realizzazione di ambienti didattici agili e

flessibili e di soluzioni organizzative moderne, incentrate sulla collaborazione e sulla nuova gestione

del tempo scuola e del calendario scolastico».

PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE

focus su alcuni punti fondamentali

PIANO LABORATORI (Azione 7). «La Buona Scuola ha sancito la necessità di riportare al centro la didattica

laboratoriale, come punto di incontro essenziale tra sapere e saper fare, tra lo studente e il suo territorio di

riferimento. I laboratori devono essere ripensati come luoghi di innovazione e di creatività, invece che meri

contenitori di tecnologia. In linea con le premesse del Piano Nazionale Scuola Digitale, gli investimenti sono organizzati in

4 interventi:

LA CREAZIONE DI «ATELIER CREATIVI» E LABORATORI PER LE COMPETENZE CHIAVE (per gli istituti comprensivi e le

scuole del primo ciclo). Le scuole potranno dotarsi di spazi innovativi e modulari dove sviluppare il punto di

incontro tra manualità, artigianato, creatività e tecnologie. Scenari didattici costruiti attorno a robotica ed

elettronica educativa, logica e pensiero computazionale, artefatti manuali e digitali, serious play e storytelling

troveranno la loro sede naturale in questi spazi in un’ottica di costruzione di apprendimenti trasversali.

IL RAFFORZAMENTO IN CHIAVE DIGITALE DEGLI INDIRIZZI PROFESSIONALIZZANTI E CARATTERIZZANTI DELLA

SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO attraverso la realizzazione di nuovi laboratori tematici e

caratterizzanti anche in chiave digitale (ad esempio, un istituto ad indirizzo moda potrebbe aggiornare la propria

pratica didattica attraverso la stampa 3D dei modelli; un liceo artistico o un liceo classico, potrebbe aggiornare i

propri percorsi formativi integrandoli con elementi di creatività digitale e multimediale).

LA CREAZIONE DI LABORATORI TERRITORIALI PER L’OCCUPABILITÀ. Spazi dall’alto profilo innovativo a

disposizione di più scuole del territorio, dove sviluppare pratiche didattiche avanzate in sinergia con le politiche

locali per il lavoro e le imprese, aperti alla formazione di giovani senza lavoro e NEET.

LABORATORI «SCHOOL-FRIENDLY». La mappatura, l’accreditamento e la promozione di laboratori aperti alle

scuole o disponibili all’apertura alle scuole presenti nel territorio, presso musei, enti di ricerca, parchi

tecnologici, fondazioni, associazioni e altri spazi che implicano insiemi di pratiche emergenti ma ormai riconosciuti

dalla collettività, come ad esempio i Fab Lab».

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COMPETENZE DEGLI STUDENTI (Azioni 14-15-16-17-18) da pag. 69 a pag. 83 del Documento.

«I nostri studenti, come raccomandato anche dall’OCSE, devono trasformarsi da consumatori in «consumatori critici» e «produttori» di contenuti e architetture digitali, in grado di sviluppare competenze trasversali ad ogni settore e ambito occupazionale; in grado di risolvere problemi, concretizzare le idee, acquisire autonomia di giudizio, pensiero creativo, consapevolezza delle proprie capacità, duttilità e flessibilità nella ricerca di soluzioni».

UN FRAMEWORK COMUNE PER LE COMPETENZE DIGITALI E L’EDUCAZIONE AI MEDIA DEGLI STUDENTI (Azione 14). «Parlare di «competenze digitali» impone un punto di partenza più ampio: significa prima di tutto parlare di competenze, e quindi di percorsi didattici e piani pedagogici. Se l’obiettivo del nostro sistema educativo è sviluppare le competenze degli studenti, invece che semplicemente «trasmettere» programmi di studio, allora il ruolo della «didattica per competenze», abilitata dalle competenze digitali, è fondamentale in quanto attiva processi cognitivi, promuove dinamiche relazionali e induce consapevolezza. Le competenze non si insegnano, si fanno acquisire, e il legame tra competenze e nuovi ambienti di apprendimento è indubbiamente forte. Il paradigma su cui lavorare è la «didattica per competenze», intesa come progettazione che mette al centro la trasversalità, condivisione e co-creazione, e come azione didattica caratterizzata da esplorazione, esperienza, riflessione,autovalutazione, monitoraggio e valutazione, è il paradigma educativo su cui lavorare. Il primo passo è quindi fare tesoro delle opportunità offerte dalle tecnologie digitali per affrontare una didattica per problemi e per progetti. Molte delle competenze sono sviluppate durante lo svolgimento stesso del progetto. Le tecnologie digitali intervengono a supporto di tutte le dimensioni delle competenze trasversali (cognitiva, operativa, relazionale, metacognitiva), ma si inseriscono anche verticalmente, in quanto parte dell’alfabetizzazione del nostro tempo e fondamentali competenze per una cittadinanza piena, attiva e informata, come anticipato dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio e ancor meglio sottolineato da framework come 21st Century Skills (Competenze per il 21mmo secolo), promosso dal World Economic Forum.

PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE

focus su alcuni punti fondamentali

«Framework come 21st Century Skills rappresentano quindi un importante anello di congiunzione tra il quadro generale in cui l’educazione opera – didattica e competenze – e la necessità di tradurre il ruolo, sia verticale che trasversale, delle competenze digitali. La visione di competenze digitali riprende il paradigma dell’educazione ai media e con i media».

«Il digitale è:

«Nastro trasportatore», media caratterizzato e non neutrale attraverso cui sviluppare e praticare competenze e attitudini, all’interno di e attraverso ogni disciplina.

«Alfabeto» del nostro tempo – al cui centro risiede il pensiero computazionale – una nuova sintassi, tra pensiero logico e creativo, che forma il linguaggio che parliamo con sempre più frequenza nel nostro tempo.

«Agente attivo dei grandi cambiamenti sociali», economici e comportamentali, di economia, diritto e architettura dell’informazione, e che si traduce in competenze di «cittadinanza digitale» essenziali per affrontare il nostro tempo».

«A tal fine ecco alcune importanti azioni del Piano Nazionale Scuola Digitale:

Portare il pensiero logico-computazionale a tutta la scuola primaria (Azione 17).

Aggiornare il curricolo di tecnologia alla scuola secondaria di primo grado (Azione 18)».

«La competenza digitale «arricchisce la possibilità di accesso ai saperi, consente la realizzazione di percorsi individuali di apprendimento, la comunicazione interattiva e la personale espressione creativa».

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CONTENUTI DIGITALI (Azioni 22-23-24) da pag. 93 a pag. 101 del Documento. «L’adozione dei libri di testo è diventata «eventuale», è stato auspicato un uso più ampio di contenuti aperti reperibili on line, e specifica considerazione è stata prestata alla possibilità delle scuole di autoprodurre dei contenuti da utilizzare in classe. Il Piano Nazionale Scuola Digitale intende dare piena realizzazione a quanto già esaustivamente espresso attraverso il D.M. n. 781 del 2013 e dal suo Allegato 1, e quanto previsto dall’art. 6, comma 2-bis della Legge 8 novembre 2013, n. 128, che ha modificato l’art. 15 della Legge 6 agosto 2008, n. 133, assicurando che le scuole abbiano criteri certi per giudicare le caratteristiche tecniche dei libri di testo in formato cartaceo e digitale e per ottimizzare l’integrazione tra i libri in versione digitale, mista, cartacea. Specifica attenzione sarà dedicata alle Risorse Educative Aperte (OER, Open Educational Resources), ossia alle pratiche di produzione e condivisione di risorse aperte per l’educazione».

«Promozione delle risorse educative aperte e Linee Guida su autoproduzione dei contenuti didattici digitali (Azione 23). Fornitura alle scuole di una guida che distingua con chiarezza le varie tipologie di risorse digitali disponibili, i criteri e le possibili forme d’uso».

«Biblioteche scolastiche come ambienti di alfabetizzazione all’uso delle risorse informative digitali (Azione 24). Formazione alla produzione e alla comprensione di contenuti informativi complessi, che integrano canali e codici comunicativi diversi e viaggiano prevalentemente negli ambienti on-line».

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LA FORMAZIONE DEL PERSONALE (Azioni 25-26-27-28-29-30-31-32-33-34-35) da pag. 102 a pag. 125 del Documento

ANIMATORE DIGITALE (Azione 28) (D.M. 435/2015). «Ogni scuola avrà un «animatore digitale» che, insieme la Dirigente scolastico e al Direttore amministrativo, avrà un ruolo strategico nella diffusione dell’innovazione a scuola. Sarà formato attraverso un piano dedicato, su tutti i temi del Piano Nazionale Scuola Digitale, per sostenere la visione complessiva. Sarà, per il MIUR, una figura fondamentale per l’accompagnamento del Piano Nazionale Scuola Digitale. Per tenere alta l’attenzione sui temi dell’innovazione, nell’ambito della realizzazione delle azioni previste nel POF triennale, potrà sviluppare progettualità su tre ambiti:

FORMAZIONE INTERNA (fungere da stimolo alla formazione interna alla scuola sui temi del PNSD, sia organizzando laboratori formativi, ma non dovrà necessariamente essere un formatore, sia animando e coordinando la partecipazione di tutta la comunità scolastica alle altre attività formative, come ad esempio quelle organizzate attraverso gli snodi formativi).

COINVOLGIMENTO DELLA COMUNITÀ SCOLASTICA (favorire la partecipazione e stimolare il protagonismo degli studenti nell’organizzazione di workshop e altre attività, anche strutturate, sui temi del PNSD, anche aprendo momenti formativi alle famiglie e altri attori del territorio, per la realizzazione di una cultura digitale condivisa).

CREAZIONE DI SOLUZIONI INNONVATIVE (individuare soluzioni metodologiche e tecnologiche sostenibili da diffondere all’interno degli ambienti della scuola, ad esempio uso di particolari strumenti per la didattica di cui la scuola si è dotata; lapratica di una metodologia comune; informazione su innovazioni esistenti in altre scuole; un laboratorio di coding per tutti gli studenti, coerenti con l’analisi dei fabbisogni della scuola stessa, anche in sinergia con attività di assistenza tecnica condotta da altre figure)».

«Ad ogni scuola verranno assegnati 1000 Euro, che saranno vincolati alle attività dei tre ambiti. Gli animatori presenteranno un progetto che, una volta approvato, sarà inserito nel Piano dell’Offerta Formativa e pubblicato anche sul sito della scuola e sarà nel tempo oggetto di monitoraggio».

TEAM DI INNOVAZIONE DI ISTITUTO (D.M. 762/2014)

PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE

in sintesi

«Il Piano Nazionale Scuola Digitale non è un libro delle buone intenzioni».

«Il Piano Nazionale Scuola Digitale è lo strumento con cui il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca attua una parte strategica del «La Buona Scuola» (Legge 107/2015)».

«Per ripensare la didattica, gli ambienti di apprendimento, le competenze degli studenti, la formazione dei docenti, il Piano fissa priorità ed azioni, stabilisce investimenti, assegna risorse, crea opportunità per collaborazioni istituzionali tra Ministero, Regioni, ed enti locali, promuove un’alleanza per l’innovazione della scuola».

«Soprattutto, il Piano ambisce a generare una trasformazione culturale che –partendo dalla scuola – raggiunga tutte le famiglie, nei centri maggiormente urbanizzati così come nelle periferie più isolate».

«La buona scuola digitale esiste già, in tutta Italia. Ma lo Stato deve adesso fare in modo che questo patrimonio diventi sempre più diffuso e ordinario. Per far sì che nessuno studente resti indietro. Per far sì che, nell’era digitale, la scuola diventi il più potente moltiplicatore di domanda di innovazione e cambiamento del Paese».

PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE

riferimenti normativi

Riferimenti:

Legge 13 Luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti) in particolare l’art. 1, commi 56, 57, 58 e 59.

D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni (Codice di Amministrazione Digitale).

Art. 15 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (elaborazione di materiale didattico digitale da utilizzare quale libri di testo).

Art. 7, comma 27 del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie).

La didattica

per competenze

LA DIDATTICA PER COMPETENZE

PERCHÉ

«L’apprendimento fondato su semplici conoscenze e saperi procedurali conseguiti mediante applicazione ed esercitazioni non garantisce la formazione di atteggiamenti funzionali alle richieste della vita e del lavoro, in particolare per quanto riguarda le capacità di problem solving, di assumenre iniziative autonome flessibili, di mobilitare i saperi per gestire situazioni complesse e risolvere problemi».

L’insegnamento basato sulla trasmissione del sapere genera sempre più spessonegli studenti demotivazione, estraneità e disamore per lo studio. Questo anche perché essi attribuiscono una grande importanza ed una altrettanta rilevanza ai saperi informali e non formali, quelli cioè realizzati al di fuori della scuola attraverso le esperienze extrascolastiche, di relazione e di fruizione dei mass-media.

Il concetto di «competenza» (ovvero l’apprendimento ma anche l’esercizio della competenza ed i suoi legami sempre più stretti con la realizzazione personale dell’individuo), sembra pertanto venire incontro alle mutate esigenze della società.

LA DIDATTICA PER COMPETENZE

PERCHÉ

A partire dalla metà degli anni Novanta del Novecento, anche l’Unione Europea ha incrementato il suo interesse verso le competenze, ritenendo queste ultime «centrali per l’istruzione, l’educazione, la formazione permanente, il lavoro, nella prospettiva della valorizzazione del «capitale umano» come fattore primario dello sviluppo».

Nelle Conclusioni ai lavori di Lisbona del Parlamento Europeo del 2000, vengono indicate alcune strade da percorrere, tra le altre:

A) la definizione delle competenze chiave europee per l’esercizio della cittadinanza attiva.

B) gli obiettivi di innalzamento dei livelli di istruzione e di allargamento dell’educazione permanente.

C) il riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali, nel quadro dell’apprendimento formale.

LA DIDATTICA PER COMPETENZE

PERCHÉ

Nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 28 maggio 2004 si ribadisce l’importanza di un riconoscimento degli apprendimenti non formali e informali, e si afferma che essi contribuiscono, come quelli formali, a costruire la competenza.

Nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, vengono enunciate in maniera definitiva le otto competenze chiave per la cittadinanza europea.

Nel suo allegato, il documento recita: «Le competenze sono definite in questa sede alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione».

Il quadro di riferimento delinea pertanto le otto competenze chiave:

Raccomandazione del Parlamento Europeo

e del Consiglio 18 dicembre 2006

Comunicazione nella madrelingua

Comunicazione nelle lingue straniere

Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia

Competenza digitale

Imparare a imparare

Competenze sociali e civiche

Spirito di iniziativa e imprenditorialità

Consapevolezza ed espressione culturale

Le «competenze chiave» sono considerate tutte ugualmente importanti, poiché ciascuna di esse può contribuire a una vita positiva nella società della conoscenza.

Raccomandazione del Parlamento

Europeo e del Consiglio 23 aprile 2008

In un documento successivo, la Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, viene definito il Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF). In esso, i risultati dell’apprendimento sono costituiti in termini di «conoscenze», «abilità», «competenze». Ciascuno di questi concetti viene definito nel seguente modo:

Conoscenze: risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento. Le conoscenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di lavoro o di studio. Le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche.

Abilità: indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico intuitivo e creativo) o pratiche (comprendenti l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti).

Competenze: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.

Per approfondire

il concetto di «competenza»

La «competenza», nella Raccomandazione del 2008, viene descritta come «sapere agito», come capacità di mobilitare il sapere per risolvere problemi e gestire situazioni.

La competenza, dunque, non esiste se non nell’azione della persona in situazione. Se l’abilità è profonda conoscenza di una procedura o di un processo che possono permettere anche di affrontare imprevisti nel processo stesso, «la competenza è la capacità di affrontare situazioni slegate dalle situazioni note,generalizzando, trasferendo, creando nessi tra conoscenze e abilità possedute rispetto ad altri contesti, costruendone di nuove».

Nella competenza sono sicuramente implicate le abilità di «problem posing» e di «problem solving», la capacità di riflessione e generalizzazione.

«Perseguire competenze presuppone un insegnamento che travalica la divisione disciplinare: non esistono, infatti, problemi e situazioni che si possono affrontare mobilitando un solo sapere disciplinare; di solito un problema si affronta da diversi punti di vista».

La formazione di team di progetto eterogenei rispetto a competenze, funzioni,ruoli è la norma, sia nel mondo del lavoro che dei gruppi e delle organizzazioni; quando si tratta di mettere a punto nuovi prodotti, nuove strategie o risolvere crisi, il «lavoro di squadra» risulta vincente.

Le competenze di base per l’assolvimento

dell’obbligo di istruzione

Un altro importante documento da considerare è il D.M. 139/2007, Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione, il quale all’art. 1 indica i saperi e le competenze di base per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione riferiti ai 4 assi culturali:

Asse dei linguaggi

Asse matematico

Asse scientifico-tecnologico

Asse storico sociale

Questi «assi» vanno a costituire un «tessuto» per la costruzione di percorsi di apprendimento orientati all’acquisizione delle competenze chiave europee necessarie per preparare i giovani alla vita adulta e lavorativa. È utile ricordare che l’obbligo di istruzione si assolve con dieci anni di frequenza scolastica, e quindi, di norma, con il secondo anno di scuola secondaria di secondo grado.

Un nuovo modo di insegnare

Ai docenti si chiede di impostare la didattica e l’insegnamento in modo che gli alunni possano avvicinarsi al sapere attraverso l’esperienza e acquisire la teoria attraverso un percorso induttivo, che passi dall’esperienza alla sua rappresentazione.

Questo non significa abbandonare i contenuti in quanto essi rappresentano proprio il campo di esperienza in cui esercitare abilità e competenze. I contenuti devono essere accuratamente vagliati e selezionati, poiché non tutto è ugualmente rilevante e non tutto si può imparare; vanno proposti i contenuti irrinunciabili e fondamentali e la didattica deve mettere in atto strategie affinché essi si trasformino in conoscenze, ovvero in patrimonio permanente dell’allievo. Le conoscenze saranno pertanto quelle «necessarie» a supportare le abilità (intese come applicazione di conoscenze, procedure, metodi) e le competenze (capacità di agire e di re-agire di fronte ai problemi, capacità di utilizzare tutte le risorse personali e capacità di agire in autonomia e responsabilità).

Un nuovo modo di insegnare

Per far conseguire competenze ai propri allievi, i docenti devono offrire loro

occasioni in cui assolvere in autonomia «compiti significativi», ovvero

compiti realizzati in contesto vero (o verosimile) e in situazioni di

esperienza, «che implichino la mobilitazione di saperi provenienti da

campi disciplinari differenti, la capacità di generalizzare, organizzare il

pensiero, fare ipotesi, collaborare, realizzare un prodotto materiale o

immateriale».

Per poter attivare il problem solving. il compito affidato non deve essere

banale, ma legato a situazioni di esperienza concreta e un po’ più complesso

rispetto alle conoscenze e abilità che l’allievo già possiede. Attraverso i

«compiti significativi», oltre a mobilitare ciò che si sa, si acquisiscono nuove

conoscenze e abilità, consapevolezza di sé e delle proprie possibilità.

Uno strumento fondamentale:

l’unità di apprendimento (UDA)

Si tratta di un segmento, più o meno ampio e complesso, del curricolo, pluridisciplinare, che si propone di far conseguire agli allievi aspetti di competenza attraverso l’azione e l’esperienza.

Gli allievi sono chiamati a realizzare un prodotto materiale o immateriale (un manufatto, una brochure, la realizzazione di un evento, ecc.), singolarmente o in gruppo, mettendo a frutto conoscenze e abilità già possedute e acquisendone di nuove attraverso il compito assegnato.

«La valutazione dell’unità viene effettuata tramite osservazioni di processo (impegno, costanza, motivazione; capacità di individuare i problemi e di proporre ipotesi di soluzione, concretezza; collaborazione; capacità di fronteggiare le crisi, di collegare informazioni, ecc.); analisi del prodotto (coerenza con la consegna, completezza, precisione, efficacia, ecc.) e – fondamentale – una relazione individuale scritta e orale che renda conto del lavoro svolto, del percorso e delle scelte effettuate, delle esperienze condotte».

La relazione, in modo particolare, ha un grande valore di riflessione metacognitiva(ovvero aiuta l’allievo a dare senso al proprio sapere) e ha inoltre il compito insostituibile di «dare parola» all’esperienza, perché consente all’allievo di rappresentarla ad un livello astratto e concettuale. È utile ricordare che la capacità di rappresentare e di riflettere sull’esperienza attraverso il linguaggio è alla base dei processi di astrazione e di simbolizzazione, quei «processi» che portano a poter fare a meno dell’esperienza «qui e ora» e che sono indispensabili al conseguimento delle capacità progettuali, ideative e creative.

Uno strumento fondamentale:

l’unità di apprendimento (UDA)

In quanto «momenti didattici coordinati e condivisi da più docenti» le «unità di apprendimento» rappresentano il momento di «intersezione di percorsi paralleli» (le programmazioni dei docenti).

È compito del Consiglio di classe ad inizio anno, individuare il numero di UDA da inserire nella programmazione di classe e indicare per ciascuna di esse l’ambito tematico di riferimento e le materie chiamate a fornire il loro contributo.

I docenti coinvolti individuano una serie di elementi grazie ai quali l’UDA sarà realizzata: il prodotto finale richiesto agli allievi, le competenze di cui gli allievi devono dare prova di possedere, le abilità e le conoscenze disciplinari necessarie, i tempi di sviluppo dell’UDA, le fasi di intervento delle diverse discipline, le forme di verifica e valutazione delle competenze acquisite.

Di fondamentale importanza è il coordinamento delle attività delle diverse discipline. È inoltre utile impiegare una apposita modulistica che permetta la configurazione della UDA specificando ruoli, tempi e modi dei diversi attoricoinvolti.

Uno strumento fondamentale:

l’unità di apprendimento (UDA)

L’impegno dei docenti in tema di valutazione delle competenze, sarà rivolto a

definirne il livello di acquisizione con riferimento ad una apposita serie di

criteri (indicatori e descrittori) preventivamente definiti.

È essenziale disporre di un insieme di manifestazioni e non di una singola

prestazione al fine di verificare se uno studente possieda o meno una

competenza.

Occorre, inoltre, favorire un’adeguata capacità di autovalutazione del livello di

competenza raggiunto soprattutto perché la constatazione dei progressi

ottenuti è una delle maggiori forze motivanti all’apprendimento.

Una competenza si manifesta quando lo studente è in grado di affrontare un

compito (o realizzare un prodotto) a lui assegnato, mettendo in gioco le sue

risorse personali. Tale compito (o prodotto), di norma collegato con più

insegnamenti, deve poter sollecitare la valorizzazione delle conoscenze, delle

abilità apprese e delle altre caratteristiche personali in maniera non ripetitiva.

Il giudizio di competenza:

le principali fonti informative

Le fonti informative sulla base delle quali esprimere un giudizio di competenza, possono essere classificate secondo tre ambiti:

I risultati ottenuti nello svolgimento di un compito o nella realizzazione di un prodotto. Riguarda i compiti che devono essere svolti dallo studente e/o i prodotti che questi deve realizzare. I

risultati devono essere l’utilizzo delle conoscenze e delle abilità possedute e la loro valorizzazione in contesti e ambiti diversi da quelli resi familiari dalla pratica didattica. Lo studente è chiamato ad evidenziare la capacità di sapersi muovere in maniera adeguata, agevole e valida al di fuori di contesti ripetitivi e familiari.

Come lo studente è giunto a conseguire tali risultati. L’osservazione del comportamento

dello studente mentre svolge il compito deve essere sistematica; questo significa che è necessario definire in maniera preventiva le diverse categorie osservative, ovvero quegli aspetti specifici che caratterizzano una prestazione e sui quali occorre concentrare l’attenzione per poter affermare se una certa competenza sia stata raggiunta o meno.

La percezione che lo studente ha del suo lavoro. Lo studente descrive come e perché ha

svolto il compito assegnato in una determinata maniera. Ciò implica una capacità di raccontare, giustificandole, le scelte operative fatte; di descrivere la successione delle operazioni compiute per portare a termine il compito assegnato, evidenziando, eventualmente, gli errori e i possibili miglioramenti; di indicare la qualità non solo del prodotto, risultato del suo intervento, ma anche del processo produttivo adottato.

La didattica per competenze:

una metodologia innovativa

La «didattica per competenze» dunque si fonda sul presupposto che gli studenti apprendono meglio quando costruiscono il loro sapere in modo attivo attraverso situazioni di apprendimento fondate sulle esperienze. Essa pertanto si bassa su alcuni assunti fondamentali:

La valorizzazione dell’esperienza attiva dell’allievo, impegnato in «compiti significativi» che prevedono la soluzione di problemi, la gestione di situazioni ancorate alla vita reale o molto vicine ad essa.

L’apprendimento induttivo, dall’esperienza alla rappresentazione, alla generalizzazione, fino al conseguimento del modello teorico.

La valorizzazione dell’apprendimento sociale, cooperativo tra pari.

La riflessione continua, la ricostruzione dei propri percorsi attraverso comunicazioni scritte ed orali.

L’assunzione costante di responsabilità di fronte a compiti da gestire in autonomia, individualmente ed in gruppo.

La centratura del processo di apprendimento-insegnamento sull’azione degli allievi, piuttosto che su quella dei docenti, che più spesso assumono invece il ruolo di facilitatori, registi, tutor.

Per perseguire competenze in modo sistematico e intenzionale è necessario che queste esperienze non restino casuali ed episodiche, ma diventino progettate, sistematiche, ordinarie, e che si inseriscano in un curricolo dove il concetto di competenza e il percorso per perseguirla sono resi espliciti e formalizzati per gli insegnanti prima di tutto, e quindi per gli studenti e le loro famiglie

Dianora Bardi – LA DIDATTICA PER

COMPETENZE E LA CLASSE SCOMPOSTA

Dainora Bardi è vicepresidente Centro Studi IMPARADIGITALE (www.imparadigitale.it). Questa la sua linea di pensiero:

La didattica per competenze significa «rielaborazione e riscrittura co-creativa dei contenuti».

Il focus deve essere sulla didattica e non sulla tecnologia.

Gli studenti diventano i protagonisti del loro percorso di apprendimento.

Spostare l’attenzione dal docente che spiega allo studente, il quale diventa un attore attivo del suo percorso, sceglie i suoi percorsi, rielabora i suoi contenuti, acquisisce e sviluppa delle abilità per arrivare a delle competenze, per rendersi autonomo, per risolvere i problemi, per poter lavorare in gruppo, per riuscire a lavorare con gli altri, per condividere, per lavorare in team. In questo, la tecnologia non può non aiutare.

Il docente in minima parte deve fare lezione. Egli deve dare solo quei contenuti di lavoro su cui gli studenti dovranno riflettere, dibattere, ricercare, elaborare. Il docente diventa pertanto un tutor, un coach, un mentor. Deve acquisire un nuovo «vecchio» ruolo che è quello del «ricercatore»: scendere dalla cattedra, che non dovrebbe più esserci nei nuovi spazi, e mettersi insieme ai ragazzi a ricercare i contenuti, a lavorare con loro, senza dare lui le direttive al lavoro ma lasciandoli accettabilmente liberi, nei movimenti, di ricercare.

Dianora Bardi – LA DIDATTICA PER

COMPETENZE E LA CLASSE SCOMPOSTA

Il docente deve accompagnare gli studenti trasformandosi quasi in uno di loro, come una guida che è accanto a loro e assieme a loro riscopre nuovi contenuti, li fa rielaborare nel web.

In questo senso il web è un valore aggiunto enorme perché la condivisione dei materiali, la co-scrittura, la co-lettura dei materiali nel web permette una apertura enorme degli spazi fisici.

La didattica per competenze va vissuta come preparazione ad un mondo del lavoro che oggi richiede nuove competenze e soprattutto trasversalità e convergenza.

Far lavorare trasversalmente i docenti.

Le conoscenze ci devono sempre essere perché sono quelle tradizionali, soltanto che devono essere una parte del percorso dei ragazzi. Essi oltre alla conoscenza devono sapere risolvere i problemi, essere autonomi, gestire il loro apprendimento, devono capire che cosa stanno facendo, devono vivere l’errore, capire perché hanno sbagliato.

È una trasformazione didattica in cui la tecnologia ha una valenza molto interessante e molto forte perché facilita, perché aiuta. Questo implica che i docenti devono aggiornarsi, essere formati, programmare insieme.

Dianora Bardi – LA DIDATTICA PER

COMPETENZE E LA CLASSE SCOMPOSTA

Quando le tecnologie arrivano in classe, l’attenzione si sposta sul «come si usa la tecnologia»? Il docente deve perdere l’idea che «deve saper usare la tecnologia». Occorre dare una mappa cognitiva contenente i concetti chiave da elaborare; evidenziare l’intersezione con le altre discipline; far capire perché si sta facendo quel lavoro; assegnare il compito e poi lasciare lavorare i ragazzi.

Non è che il digitale sostituisce la carta, la integra: il tablet è uno strumento di lavoro tale e quale al libro di carta o il quaderno.

Occorre lasciare i ragazzi liberi di scegliere che tipo di apprendimento devono svolgere, si aggregano come desiderano.

L’ambiente diventa «liberante», «la classe scomposta», caratterizzata da «fluidità».

I genitori devono essere coinvolti affinché possano seguire i ragazzi.

Apertura totale al web. Non interessa la tecnologia, ma cosa si può fare con la tecnologia.

Dianora Bardi – LA DIDATTICA PER

COMPETENZE E LA CLASSE SCOMPOSTA

Dianora Bardi – LA DIDATTICA PER

COMPETENZE E LA CLASSE SCOMPOSTA

LA DIDATTICA DELLE COMPETENZE NELLA SCUOLA DIGITALE

https://www.youtube.com/watch?v=7EMOWozoZBU

(Hangout con Dianora Bardi, insegnante e formatrice. Conduce Roberto Maragliano)

www.imparadigitale.it

Didattica delle competenze

Riferimenti normativi nazionali

Il legislatore italiano ha formulato una serie di provvedimenti, come risposta alle sollecitazioni europee a orientare i curricoli verso le «competenze. Si ricordano in particolare:

DPR 275/1999 (Regolamento per l’autonomia delle istituzioni scolastiche) art. 10, comma 3.

Legge 53/2003, art. 3; DLgs 59/2004, art. 8 (certificazione delle competenze).

Legge 425/1997, art. 3, così come modificato dalla Legge 1/2007, art. 1, comma 1 (Esami di Stato secondo ciclo).

D.M. 139/2007 sull’elevamento dell’obbligo di istruzione e relativo documento tecnico.

Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, settembre 2012.

Legge 169/2008, art. 3; D.P.R. 122/2009, art. 8 (valutazione degli apprendimenti e certificazione delle competenze).

D.P.R.87/2010 (Riordino degli Istituti Professionali); D.P.R.88/2010 (Riordino degli Istituti Tecnici); D.P.R.89/2010 (Riordino dei Licei).

Didattica delle competenze

Riferimenti normativi nazionali

Direttive Ministero dell’Istruzione n. 57 del 15 luglio 2010 e n. 65 del 28 luglio 2010 (Linee Guida per il curricolo del biennio rispettivamente degli istituti tecnici e dei professionali).

Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2010 (istruzione e formazione professionale).

Intesa in Conferenza Unificata del 16 dicembre 2010 (istruzione e formazione professionale).

Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 27 luglio 2011 (istruzione e formazione professionale).

Direttive Ministero dell’Istruzione n. 4 e n. 5 del 16 gennaio 2012 (Linee Guida per il curricolo del secondo biennio e quinto anno rispettivamente degli istituti tecnici e dei professionali).

Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 19 gennaio 2012 (istruzione e formazione professionale).

Le nuove tecnologie

nella didattica

La lavagna interattiva multimediale (LIM)

Conosciuta come «Interactive Whiteboard», inizialmente diffusa nelle scuole anglosassoni, la Lavagna Interattiva Multimediale (LIM) è una periferica di input, ovvero un dispositivo capace di immettere informazioni nel computer.

Per ciascun modello di lavagna (che va opportunamente calibrata, ovvero la determinazione di un sistema di riferimento che raccordi il desktop del computer alla superficie della lavagna interattiva) si distinguono due applicativi principali:

Software di gestione della LIM (contiene i driver necessari al sistema operativo per far funzionare la lavagna: connessione, disconnessione, aggiornamento e calibrazione)

Software autore della LIM (ricorda un software di presentazione, come ad esempio Microsoft Power Point, il quale spesso contiene anche una raccolta di immagini e file multimediali, utili per scopi didattici; questo software permette di usare la LIM come una lavagna di ardesia, sulla quale scrivere con uno stilo o con le dita. Inoltre il docente può preparare «Learning Object» (LO), ovvero «oggetti di apprendimento», moduli didattici interattivi e multimediali da utilizzare in classe).

Tutto ciò che viene mostrato sulla LIM, durante la lezione in aula, può essere registrato e successivamente inviato tramite mail agli alunni assenti, oppure è possibile convertire i «learning object» nei formati maggiormente diffusi sul web, al fine di renderli disponibili agli alunni, durante il loro studio a casa.

I Contenuti Digitali Integrativi:

Learning Object e Digital Asset

LEARNING OBJECT. Le sue proprietà fondamentali sono l’interattività e la multimedialità. Gli studiosi Heins e Himes lo hanno descritto come «una unità di contenuto completa dal punto di vista didattico, centrata su un obiettivo di apprendimento e che si propone di insegnare un concetto ben focalizzato». Tale risorsa è dunque pensata per l’autoapprendimento in un contesto di e-learning e di formazione a distanza, piuttosto che come base per una didattica collaborativa.

I Learning Object sono come dei «mattoncini LEGO» (Giovanni Biondi, Presidente del Consiglio di Amministrazione INDIRE) in quanto essi possono essere combinati fra loro grazie alle loro caratteristiche di modularità, e formare percorsi di apprendimento molteplici e diversi l’uno dall’altro, secondo una visione di «costruzione della conoscenza», ma hanno forme rigide e predefinite di interazione con l’utente.

Spesso i Learning Object sono organizzati in «repository», ovvero delle directory nelle quali sono ordinati in base a dei criteri che ne rendono agevole la ricerca.

Esistono diversi software per la creazione di Learning Object che permettono di creare contenuti digitali dal diverso grado di interattività:

Micosoft Power Point (comune software di presentazione)

Prezi (comune software di presentazione fruibile all’indirizzo https://prezi.com)

eXeLearning (software specifico liberamente fruibile all’indirizzo http://exelearning.net/downloads/)

Geogebra (software libero, permette di creare contenuti digitali dal forte grado di interattività per le discipline scientifiche, fruibile all’indirizzo https://www.geogebra.org/download).

I Contenuti Digitali Integrativi:

Learning Object e Digital Asset

DIGITAL ASSET. Rappresentano l’evoluzione del «Learning Object» in quanto l’oggetto per l’autoapprendimento rigido e chiuso, assume la forma di «un insieme di spunti e di stimoli da fornire agli alunni, volti a generare motivazione e utili per lavorare in gruppo». Si tratta di «unità basilari di informazione che possono essere singolarmente modificate e quindi assemblate a piacimento».

A tal proposito «assumono molta importanza le banche dati di immagini e di file musicali, i materiali modificabili messi a disposizione dei docenti sul web o in specifici gruppi o community, i portali che offrono risorse multimediali (filmati e registrazioni audio)».

«Il software autore della LIM permette di muovere, orientare, nascondere,ruotare, ingrandire liberamente tutti gli oggetti (i Digital Asset) al suo interno,senza dover necessariamente programmare in modo rigido quali siano le animazioni e le interazioni previste». Pertanto «il software permette di creare un vero e proprio tavolo di lavoro sul quale docenti e studenti possono interagire senza particolari limitazioni».

Riferimenti:

opensankore.org

www.robertosconocchini.it

I Contenuti Digitali Integrativi:

Open Educational Resources (OER)

Il D.M. 781/2013 (libri digitali) afferma che le «risorse educative aperte» rivestono un ruolo importante nel campo dei Contenuti Didattici Integrativi. L’aggettivo «aperte» sta ad indicare che «l’uso della risorsa non comporta alcun costo per l’utente», ovvero che esse «possono essere copiate, modificate e distribuite sia in versione originale che modificata».

«Le OER possono essere suddivise per tipologia di risorsa in:

Materiali e contenuti didattici

Programmi e strumenti software per l’apprendimento

Programmi e strumenti per software per l’insegnamento

Repository di Learning Object e/o Digital Asset

Corsi di formazione gratuiti»

Importante è però ricordare che esistono delle condizioni d’uso della risorsa. Una delle licenze d’uso che accompagna generalmente le risorse aperte è quella implementata da Creative Commons (un ente non-profit statunitense). «Tali licenze permettono di: copiare, distribuire, utilizzare la risorsa originale o quelle da essa derivate, a patto che si mantenga l’indicazione dell’autore dell’opera; copiare, distribuire, utilizzare la risorsa originale o quelle da essa derivate, a patto che non sia fatto per scopi commerciali; copiare, distribuire, utilizzare la risorsa originale, senza poter derivare da essa altre opere; distribuire risorse derivate dall’originale solo se esse hanno lo stesso tipo di licenza dell’originale».

Il D.M. 781/2013

e i Contenuti Digitali Integrativi

L’Allegato 1 al D.M. 781/2013 (libri digitali) presenta il sistema che permette di fruire dei libri digitali in un contesto educativo, i cui elementi basilari sono:

I libri di testo e, con particolare riferimento ai libri di testo digitali

I Contenuti di Apprendimento Integrativi (CAI) e, in particolare, i Contenuti Digitali Integrativi (CDI)

Le piattaforme di fruizione

I dispositivi di fruizione

In particolare, nei libri di testo digitali, si raccomanda di integrare al meglio i seguenti strumenti:

Storytelling multimendiale (racconto, narrazione in forma digitale, sviluppata mediante codici comunicativi diversi come il linguaggio scritto, le registrazioni audio, le immagini e i filmati. Favorisce lo sviluppo cognitivo perché permette all’alunno di arricchire il proprio linguaggio, migliorare l’espressività, focalizzare ed elaborare le proprie idee, riflettere sulle proprie esperienze).

Infografica o «information graphic» (modalità di rappresentazione delle informazioni che si avvale sia del testo sia di diagrammi e immagini; le informazioni in formato grafico e testuale si leggono in maniera più immediata e sono più facili da comprendere).

Visualizzazione in forma animata e interattiva di dati e informazioni (collegamenti a simulazioni e animazioni realizzati con specifici software grazie ai quali il discente può interagire con le informazioni e i dati; la simulazione può mostrare in tempo reale i risultati, facendo cogliere immediatamente il rapporto causa-effetto presente in alcuni fenomeni di tipo scientifico-matematico oppure storico sociale).

Contenuti Digitali Integrativi:

piattaforme e dispositivi di fruizione

Nell’Allegato 1 al D.M. 781/2013 (libri digitali) vengono descritte anche le caratteristiche dei Contenuti Digitali Integrativi (CDI). Ricordiamo che in passato i docenti utilizzavano i Contenuti di Apprendimento Integrativi (CAI) (audiovisivi in formato analogico), contenuti che fanno leva su canali comunicativi che non usano il testo scritto, oppure lo usano in sinergia con immagini e diagrammi. Nel momento in cui questi contenuti di apprendimento sono prodotti in formato digitale, attraverso l’impiego di appositi software e sono fruibili mediante dispositivi hardware, allora si parla di Contenuti Digitali Integrativi.

Sempre nell’Allegato 1 al D.M. 781/2013 (libri digitali) si prospettano tre modalità di adozione di un libro di testo e risorse digitali integrative:

Modalità mista tipo a (libro di testo in versione cartacea accompagnato da contenuti digitali integrativi; è residuale).

Modalità mista tipo b (libro di testo in versione cartacea e digitale accompagnato da contenuti digitali integrativi; è attualmente quella più funzionale a conciliare l’esigenza di transizione verso il libro di testo digitale).

Modalità digitale tipo c (libro di testo in versione digitale accompagnato da contenuti digitali integrativi; pone un vincolo: tale modalità può essere adottata nelle sedi e per le classi che hanno già avviato l’adozione generalizzata di dispositivi personali di fruizione, e nelle situazioni in cui le competenze digitali dei docenti sono ritenute adeguate).

Piattaforme per la fruizione di Contenuti Digitali Integrativi sono (ai sensi del D.M. 781/2013)«l’ambiente software all’interno del quale i libri di testo digitali e i contenuti digitali integrativi vengono aggregati e utilizzati». Alla piattaforma possono essere collegati contemporaneamente più utenti. La caratteristica più importante della piattaforma è la sua interoperabilità, ovvero «deve permettere la fruibilità di più formati di libri digitali e CDI, anche di quelli prodotti da fornitori diversi».

Contenuti Digitali Integrativi:

piattaforme e dispositivi di fruizione

Spesso i Contenuti Digitali Integrativi vengono associati ai Learning Object (oggetti di apprendimento) per via di caratteristiche comuni.

Essi sono caratterizzati da modularità, molecolarità, riutilizzabilità, riadattabilità, interattività, personalizzazione, interconnessione con la rete, reperibilità.

Dispositivi per la fruizione di Contenuti Digitali Integrativi sono:

Computer desktop (computer da scrivania presenti in aula o in laboratorio con la LIM).

Notebook (computer portatili dotati di schermo e tastiera spesso usati nelle aule e laboratori scolastici, dove vengono collegati alla LIM).

Netbook (simili ai portatili, ma di dimensioni, potenza di calcolo e capacità di memoria ridotte; sono pensati per sfruttare al meglio le loro caratteristiche di connettività alla rete internet).

Tablet (dispositivi portatili con schermo interattivo, detto «touch screen» sul quale si possono impartire i comandi mediante il tocco delle dita; sono di dimensioni ridotte rispetto ai netbook in quanto non sono dotati di tastiera).

Lettori di e-book (e-reader) (dispositivi che permettono di leggere gli e-book, ovvero i libri in formato elettronico; in essi, la particolare tecnologia detta «e-ink», ovvero «inchiostro elettronico», non stanca gli occhi durante la lettura, in quanto simula un foglio di carta su cui sono stampati dei caratteri).

Smartphone (dispositivi pensati per la telefonia e la connettività; hanno alcune funzionalità tipiche dei tablet, ma rispetto a questi ultimi presentano uno schermo di dimensioni ridotte).

La classe 2.0: il nuovo assetto dell’aula

«Il Piano Nazionale Scuola Digitale è stato promosso dal MIUR al fine di modificare gli ambienti di apprendimento degli istituti scolastici italiani, mediante l’integrazione delle tecnologie nella didattica. L’obiettivo è creare ambienti in cui gli studenti possano ricevere molteplici stimoli culturali. Questi ambienti devono rappresentare uno spazio di apprendimento aperto sul mondo, nel quale gli studenti costruiscono la loro conoscenza. Tra le distinte azioni che compongono il Piano, ve ne sono tre di particolare importanza»:

PIANO DI DIFFUSIONE LIM. Prevede di dotare le scuole statali di kit tecnologici composti da LIM con un proiettore integrato, collegati ad un personal computer.

PIANO CL@SSI 2.0. Prevede di creare aule che siano ambienti di apprendimento in cui si integrano i diversi dispositivi tecnologici (LIM, tablet, stampanti, scanner) utilizzati in modo naturale «per creare una nuova impostazione didattica e nuovi processi di apprendimento». Il Progetto Classi 2.0 si sviluppa parallelamente ad altre iniziative europee quali: il progetto Escuela 2.0 in Spagna e il progetto Capital in Inghilterra. Inoltre è stata istituita una comunità on-line di educatori, denominata Classroom 2.0 (www.classroom20.com), ovvero un social network che si occupa di implementare in un contesto d’aula le tecnologie del web 2.0, al fine di realizzare una didattica collaborativa.

PIANO EDITORIA DIGITALE. Intende favorire la «realizzazione di prodotti editoriali innovativi che permettano a docenti e alunni di interagire efficacemente con le moderne tecnologie digitali e multimediali, sperimentando nuove modalità di insegnamento e apprendimento».

La Classe 2.0: dotazione tecnologica

In una classe 2.0 deve essere innanzitutto presente una connessione di rete, che in una scuola si realizza generalmente senza fili, mediante un router Wireless. La connessione permette sia di accedere alle risorse esterne del web, sia di connettere fra di loro anche ai dispositivi della classe.

Il secondo elemento fondamentale è la Lavagna Interattiva Multimediale, che deve essere collegata a un proiettore e a un computer, il quale, a sua volta, è collegato alla rete della scuola.

L’aula di una classe 2.0 deve essere dotata di alcuni dispositivi fissi. Oltre al computer collegato alla LIM, possono esserci anche dispositivi come scanner, stampanti e fotocamere digitali, periferiche sono utili per la produzione di materiali e di documentazione multimediale (in genere il prodotto finale di un percorso di apprendimento fatto dagli studenti).

Vi sono inoltre i dispositivi mobili, strumenti che maggiormente contraddistinguono una classe 2.0 (notebook, di netbook, tablet, smartphone o altri dispositivi similari). In linea di massima, il docente e tutti gli alunni sono dotati di questi dispositivi, di proprietà dell’istituto e concessi in comodato d’uso agli studenti e al docente; così si riesce a creare un assetto d’aula uniforme e si tengono sotto controllo, ad esempio, le compatibilità dei dispositivi con la rete, oppure con i software adoperati e con il resto della dotazione hardware della classe (ad esempio i computer fissi, le stampanti e le altre periferiche).

La Classe 2.0: dotazione tecnologica

In alternativa, è possibile prevedere che ciascun alunno sia dotato di un

proprio dispositivo da utilizzare per l’attività in classe. Tale modalità prende

il nome di BYOD (dall’acronimo inglese Bring Your Own Device, ossia «porta

il tuo dispositivo di proprietà»). Si tratta di una modalità meno dispendiosa

per le scuole perché non devono provvedere all’acquisto dei dispositivi;

tuttavia, questa scelta può creare maggiori problemi di compatibilità tra i

vari dispositivi usati, nel caso essi siano di natura diversa (net-book, tablet,

smartphone); si possono manifestare infatti incompatibilità con i software

adoperati per lo svolgimento dell’attività didattica.

La Classe 2.0: come cambia la didattica

«Una classe 2.0 impone un ripensamento della didattica». Data la forte integrazione tra Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) e l’ambiente scolastico, si predilige lo sviluppo del modello pedagogico socio-costruttivista nel quale «l’apprendimento viene favorito principalmente dall’esperienza, dal saper fare, dal confronto con gli altri, dalla personalizzazione degli interventi didattici».

Ciascuno studente, in una classe 2.0, lavora sul proprio dispositivo portatile connesso in rete, grazie al quale può condividere la sua creazione con gli altri e con il docente. Di conseguenza, ciascun allievo può fornire aiuto agli altri in tempo reale (può sottolineare criticità da correggere e contribuire al miglioramento del lavoro degli altri). Allo stesso modo, egli può ricevere supporto dagli altri, e quindi progredire nel proprio compito. È possibile, inoltre, intervenire sulla stessa presentazione multimediale o sullo stesso documento.

In un contesto così personalizzato e reticolare, i docenti devono impiantare una didattica collaborativo, nel quale l’apprendimento si può realizzare fornendo una traccia che presenta un problema e chiedendo agli alunni di cercare soluzioni, prevedere effetti, simulare e sperimentare sul campo, riadattare e riprovare. Il lavoro di gruppo può concludersi con un prodotto che illustri le soluzioni e le strategie per risolvere il problema.

La Classe 2.0: come cambia la didattica

Le attività collaborative possono favorire la nascita di un «pensiero critico» grazie al confronto con gli altri e permettono di selezionare informazioni rilevanti nel caso in cui vi siano problemi complessi con ridondanza di informazioni.

Sono esperienze che permettono di «creare collegamenti tra aspetti diversi del problema e delle soluzioni, di formulare deduzioni, di trattare in modo analitico le situazioni e di osservarle da un punto di vista olistico, di esporre agli altri le proprie idee, i propri pensieri e ragionamenti con un linguaggio versatile e completo che possa attingere a tutti i registri comunicativi (testo, suoni, immagini, filmati)».

Il ruolo dell’insegnante risulta quindi rivoluzionato pur continuando a restare un ruolo chiave. Il docente deve gestire il lavoro di collaborazione che si delinea tra gli studenti, indirizzandolo e motivandolo con opportuni stimoli.

«L’insegnante realizza anche il materiale che funge da guida per le attività del gruppo e delinea possibili percorsi di apprendimento personalizzati per ciascun alunno». La preparazione dell’attività didattica è il lavoro più impegnativo, mentre «il lavoro in classe è principalmente di osservazione, di indirizzamento e di gestione dei rapporti interpersonali».

La Classe 2.0: come cambia la didattica

I rapporti all’interno della classe verranno gestiti sotto due profili distinti, ovvero mediante l’interazione tra i vari alunni e mediante l’interazione che si instaura negli ambienti di apprendimento virtuali. Tra questi, ricordiamo le piattaforme didattiche on-line (Learning Management System – LMS) e altri nati con il web 2.0.

«Con l’uso delle nuove tecnologie anche la valutazione cambia». La valutazione formativa ha l’obiettivo di valutare il processo di insegnamento-apprendimento durante il suo corso, al fine di fornire sia al docente, sia agli alunni, dei suggerimenti per operare azioni migliorative. I momenti di verifica formativa possono essere arricchiti grazie ai moderni strumenti tecnologici di comunicazione on-line, perché essi favoriscono le osservazioni dei discenti e lo scambio di idee. La verifica sommativa può invece basarsi sulla valutazione di prove oggettive e sullo svolgimento di compiti autentici, dal momento che essa rappresenta conduce verso un resoconto definitivo del processo di apprendimento dell’alunno e ad una valutazione delle competenze acquisite.

L’ambiente di apprendimento

Il concetto di «ambiente di apprendimento» (Learning Environment) trova ampio spazio in ambito costruttivista ed ha acquisito nuova linfa, grazie all’introduzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nel contesto generale dell’educazione, e in particolare nelle aule e nei laboratori.

L’ambiente di apprendimento, secondo Brent Wilson, nella sua configurazione minima comprende:

«Un apprendente.

Uno spazio nel quale l’apprendente agisce, usa strumenti e dispositivi, colleziona e interpreta messaggi e informazioni, interagisce con altri individui».

Affinché un apprendimento sia efficace, è necessario che lo studente possegga un certo grado di iniziativa e abbia un certo livello di scelta. «Un ambiente nel quale gli studenti hanno la possibilità di esplorare, fissare i loro obiettivi e di scegliere le loro attività di apprendimento è senz’altro un ambiente molto attraente per gli studenti».

L’ambiente di apprendimento

Occorre però ricordare come sia poco probabile che gli studenti apprendano in modo efficace senza una guida o un supporto, sebbene essi abbiano accesso in modo rapido e libero a strumenti di informazione e a dispositivi che favoriscono l’apprendimento.

L’atteggiamento del docente in un ambiente di apprendimento non dovrebbe essere quello di «controllare e dirigere le attività in modo stringente e soffocante, piuttosto monitorare i processi, facilitare l’uso degli strumenti, stimolare gli apprendenti ad usarli nel modo corretto, porre obiettivi che stimolino la voglia di apprendere e usare ogni forma di flessibilità per consentire agli studenti di compiere le esperienze che delineano la loro formazione». Si preferisce pertanto «parlare di ambiente di apprendimento, con il focus incentrato sull’attività del discente, piuttosto che di ambiente di istruzione, incentrato sulla figura direttiva del docente».

Il docente deve pianificare e strutturare nel dettaglio l’attività (seguendo magari un canovaccio scritto), affinché il suo svolgimento in classe sia solo apparentemente spontaneo.

L’ambiente di apprendimento

Gli strumenti e i dispositivi inseriti in un ambiente di apprendimento devono essere frutto di una scelta razionale ed efficace, poiché solamente i giusti stimoli forniscono un apprendimento significativo.

L’idea di «comunità di apprendimento» (intesa come realtà sociale che si stabilisce in un ambiente, un insieme di persone che lavorano insieme su di un progetto, programmano le loro attività di apprendimento, si supportano a vicenda e apprendono l’una dall’altra) va privilegiata al posto di una visione individualistica.

Nella comunità di apprendimento «ciascun individuo diventa una risorsa per tutti gli altri».

Per formulare una definizione completa di ambiente di apprendimento, si può stabilire che esso è un luogo in cui:

«Gli apprendenti lavorano insieme e si supportano a vicenda

Gli apprendenti usano una varietà di strumenti che permettono di accedere alle informazioni e di manipolarle

Si definiscono obiettivi specifici di apprendimento e si sviluppano attività mirate alla risoluzione di problemi (problem solving)».

I costituenti fondamentali

di un ambiente di apprendimento

Secondo D.N. Perkins, un ambiente di apprendimento è costituito da «strumenti e dispositivi classici» e da «strumenti e dispositivi tecnologici». Essi sono:

BANCHE DI INFORMAZIONE (information banks), ovvero tutte quelle risorse dalle quali lo studente può attingere informazioni. Esse sono costituite dai libri, le enciclopedie, gli stampati, gli audiovisivi, in una classe tradizionale, mentre in una classe 2.0, a queste risorse, si aggiungono il web e gli audiovisivi in formato digitale.

SUPERFICI PER SIMBOLI. Sono supporti sui quali possono essere gestiti e manipolati simboli, come la scrittura (i simboli del linguaggio scritto e parlato) o i simboli matematici. Sono quaderni e block-notes in una classe tradizionale, mentre in una classe 2.0, sono i software di videoscrittura o di presentazione, gestiti attraverso dispositivi fissi (computer desktop) o mobili (notebook, tablet, smartphone).

PHENOMENARIA. Perkins usa questo vocabolo per indicare delle «aree nelle quali si possono presentare, osservare e manipolare fenomeni». Sono piccole serre, piccoli acquari o altri microambienti nei quali si possono osservare fenomeni o comportamenti di esseri viventi,nella classe tradizionale. I Phenomenaria sono però caratteristici soprattutto delle classi 2.0. nelle quali si sostanziano in simulazioni virtuali, riproduzioni di ambienti tridimensionali fatte a computer, giochi immersivi.

I costituenti fondamentali

di un ambiente di apprendimento

KIT DI COSTRUZIONE. Per manipolare e assemblare componenti, questi costituenti sono simili ai Phenomenaria ma slegati dall’osservazione di fenomeni fisici e non sempre hanno un loro corrispondente nel mondo reale. Esempi di kit di costruzione per classi tradizionali sono le costruzioni o i «Learning Logs» (diari di apprendimento), nei quali gli studenti annotano le loro risposte agli stimoli dell’insegnante. In una classe 2.0, possono essere rappresentati da software per la realizzazione di Learning Object o di altri contenuti digitali.

GESTORI DI COMPITI. Spesso ricoperto dagli insegnanti, questo ruolo, in un ambiente di apprendimento costruttivista, può essere ricoperto dagli stessi alunni, se abbastanza maturi e disciplinati. I docenti e gli studenti possono utilizzare diversi strumenti che li aiutino nella gestione dei compiti. Le griglie valutative di tipo formativo, che danno conto dello stato di avanzamento del compito e individuano particolari criticità, sono annoverati fra gli strumenti adoperati in una classe tradizionale; mentre classe 2.0 si possono utilizzare software specifici per la valutazione o anche software per la gestione della classe.

Tipologie di ambienti di apprendimento

Secondo Wilson possiamo ripartire gli ambienti di apprendimento nelle tre seguenti tipologie:

AMBIENTI DI APPRENDIMENTO D’AULA. Si tratta prevalentemente di ambienti fisici (aule e laboratori) concepiti per ospitare la classe come comunità privilegiata.

AMBIENTI DI APPRENDIMENTO VIRTUALI. I Virtual Learning Environment (VLE) sono piattaforme on-line alle quali si possono iscrivere gli utenti del web. Gli iscritti costituiscono pertanto «una comunità virtuale in cui singolarmente si confrontano e scambiano idee, opinioni e materiali, con mezzi di comunicazione tipici del web (i forum di discussione o le email)». Questi ambienti sono «concepiti per un vasto numero di utenti, ma possono essere efficacemente adattati per l’uso di una o più classi».

AMBIENTI IMMERSIVI. Sono ambienti di apprendimento di tipo virtuale e dunque ricreati al computer. Alcuni esempi sono i SERIOUS GAMES e, in particolare, i giochi immersivi. Sono mondi «copie» di quelli reali, o anche il prodotto della fantasia dei programmatori. In queste realtà virtuali, «ciascun utente ha un proprio alter ego (un avatar), con il quale può compiere esperienze e svolgere attività in modo solitario o in modo cooperativo». Questi ambienti immersivi sono generalmente collegati in rete al fine di consentire a più utenti di interagire simultaneamente pur non essendo ambienti appositamente concepiti per una classe.

Web e classe 2.0

«Il web 2.0 è rappresentato da un set di strumenti tecnologici che permettono di incrementare l’interazione tra sito e utente e di utilizzare i mass-media in modo innovativo». Con il tale termine «ci si riferisce ai blog, ai social network, ai siti di condivisione di file multimediali, a piattaforme che permettono agli utenti di interagire con gli altri, come i mondi virtuali o gli ambienti virtuali di apprendimento».

Il web 2.0 ha particolari risvolti sociali, psicologici e interpersonali. Grazie alla sua diffusione «cambiano i rapporti tra gli individui, si possono abbattere le distanze geografiche, ma anche le distanze e le gerarchie sociali».

Il web 2.0 si distingue dalla precedente versione (il web 1.0) in quanto «poche persone avevano l’opportunità e la capacità tecnica di scrivere testi, realizzare contenuti e caricarli sul web. La maggioranza degli utenti navigava osservando passivamente i contenuti presentati da altri». Si trattava di un modello di comunicazione unidirezionale, del tipo uno a molti, come la radio e la televisione.

«Nel web 2.0 anche chi non possiede una grande perizia tecnica, può scrivere contenuti, caricare immagini e filmati, commentare i contenuti scritti da altri (si pensi ai blog, ai social network, ai siti di condivisione di risorse multimediali); in questo senso il web 2.0 è realmente democratico e aperto a tutti».

Nel mondo dell’istruzione, la grande rivoluzione del web 2.0 si riflette tramite i suoi strumenti in grado di generare dinamiche tra gli utenti e, quindi, possono essere favorevoli all’apprendimento in un contesto classe.

Catalogazione di strumenti e di risorse

del Web 2.0 destinati all’apprendimento

La catalogazione fatta da Daniel Light e Deborah Keisch Polin nel 2010 ci consente di analizzare in modo sistematico gli strumenti software del web 2.0 che possono essere utilizzati nel mondo dell’istruzione.

I due studiosi suddividono gli strumenti software del web 2.0 in quattro categorie, in base alle loro finalità nel campo dell’istruzione. Le categorie sono:

Strumenti in grado di creare e arricchire un Virtual Learning Environment (VLE – Ambiente virtuale di apprendimento)

Strumenti che supportano la comunicazione e aiutano a stabilire rapporti

Risorse per il supporto dell’insegnamento e dell’apprendimento

Strumenti che permettono agli studenti di realizzare prodotti che mostrano il loro livello di apprendimento

Il Virtual Learning Environment

Virtual Learning Environment è un termine che indica una piattaforma didattica che ha uno scopo legato soprattutto all’apprendimento (learning). Spesso si ricorre all’espressione Learning Management System (LMS – Sistema di Gestione dell’Apprendimento), che evidenzia la finalità del sistema (l’apprendimento) ed il suo aspetto gestionale.

Il sistema di gestione è costituito da un software che supporta la didattica mediante uno spazio o una rete virtuale. Gli utenti connessi a tale rete possono essere i membri di una classe (docenti e studenti) oppure i membri di un istituto (docenti e alunni) o ancora i membri di più scuole.

Queste reti inoltre sono da supporto alle lezioni e ai materiali che i docenti hanno realizzato in formato elettronico.

Di norma, una piattaforma LMS viene sviluppata in uno dei linguaggi di programmazione specifici per il web (come ad esempio Php), quindi chi gestisce la piattaforma (l’amministratore) non si deve preoccupare degli aspetti tecnici, relativi ai linguaggi di programmazione o alla gestione del database; piuttosto egli deve personalizzare l’aspetto grafico della piattaforma e organizzare i contenuti in maniera tale che gli allievi possano fruirne agevolmente. I compiti di gestione dunque possono essere svolti generalmente con una interfaccia di lavoro molto intuitiva e accessibile anche alle persone meno esperte.

Il Virtual Learning Environment

Un sistema di LMS (Learning Management System) risponde alla logica socio-costruttivista in quanto permette

l’interazione tra docenti e studenti in un ambiente didattico. In altre parole, sotto la supervisione del docente, gli

studenti costruiscono la loro conoscenza mediante il confronto e il dialogo con gli altri studenti.

Gli studenti possono interagire con i contenuti caricati dal docente o realizzati da altri studenti e quindi ciascuno

studente è responsabile della costruzione di un proprio percorso di apprendimento; dal momento che l’interazione

avviene anche con gli altri utenti della piattaforma (studenti o docente) quest’ultima è dotata dei seguenti strumenti:

FORUM DI DISCUSSIONE (uno spazio in cui gli studenti possono confrontarsi scrivendo messaggi e intervenendo in una

discussione impostata su di uno specifico argomento);

WIKI (un documento collaborativo che viene redatto dagli studenti e dai docenti al fine di ampliarne, correggerne e

riorganizzarne i contenuti);

BLOG (un diario nel quale gli studenti e il docente tengono memoria del lavoro svolto, scrivendo considerazioni e

riflessioni su quanto appreso);

CHAT-LINE (uno scambio di informazioni di tipo sincrono, ovvero con la contemporanea presenza dei partecipanti,

che avviene mediante digitazione);

VIDEOCONFERENZA (uno scambio sincrono di informazioni che avviene attraverso trasmissioni video e audio);

STRUMENTI E REPOSITORY DI CONDIVISIONE MATERIALI (uno spazio nel quale tutti gli iscritti alla piattaforma

possono caricare i loro prodotti elaborati e scaricare quelli realizzati da altri).

Il Virtual Learning Environment

Nella piattaforma cosiddetta «costruttivista», il docente diventa un «tutor», un «mediatore», un «facilitatore» dei processi di apprendimento. Moderando nei forum di discussione, nelle sessioni di chat e di videoconferenza gli interventi degli alunni, il docente consente loro di scegliere i propri percorsi di apprendimento privilegiati e di prefissare gli obiettivi che essi vogliono raggiungere. Il docente lascia agli studenti un certo margine di libertà, mantenendo comunque la sua supervisione dell’attività.

Il sistema LMS (Learning Management System) tiene nota degli accessi e della navigazione degli utenti. Il docente (amministratore) può, ad esempio, visualizzare l’orario di accesso degli altri utenti e l’ammontare del tempo di connessione di ciascuno, oltre che visualizzare le risorse e le pagine cui hanno avuto accesso gli utenti.

Grazie ai format già predisposti sulla piattaforma, i sistemi LMS (Learning Management System) inoltre permettono di creare dei test e delle verifiche in modo molto semplice e immediato. Alcune piattaforme sono dotate di un sistema interno di notificazione (tramite email) mediante il quale è possibile informare gli utenti su vari aspetti: nuovi materiali caricati, sessioni di chat,appuntamenti per le verifiche, pubblicazione dei risultati delle verifiche.

Il Virtual Learning Environment

Un sistema di LMS (Learning Management System) risulta indicato per gestire le attività di una classe 2.0 in quanto ciascun alunno può collegarsi alla piattaforma con il proprio dispositivo e interagire con i materiali caricati dal docente, rispondere agli stimoli proposti da quest’ultimo o dagli altri studenti e interagire con il resto della classe.

Esempi di Learning Management System sono:

MOODLE (http://moodle.org/)

DOT LEARN (o .LRN) sistema gratuito scaricabile all’indirizzo http://www.dotlrn.org/

EDMODO (https://www.edmodo.com/)

SOCRATIVE (http://socrative.com/)

CLASSDOJO (http://www.classdojo.com/)

I software per la creazione di test

I sistemi di LMS (Learning Management System) prevedono la possibilità di creare dei test di verifica la cui correzione avviene in modo automatico e istantaneo, in quanto durante la creazione il docente inserisce anche le risposte corrette. Al termine della prova, lo studente può visualizzare il risultato in tempo reale. Esistono specifici software per la creazione di test. Se necessario, i test prodotti con questi software possono essere caricati all’interno dei sistemi di LMS.

WONDERSHARE QUIZCREATOR (software molto potente per la creazione di test strutturati e sondaggi)

QUIZFABER (in versione italiana scaricabile gratuitamente all’indirizzo http://www.lucagalli.net/quizfaber/index.php/it/)

EXAMVIEW (informazioni sul funzionamento all’indirizzo http://www.turningtechnologies.com/products/examview)

QUIA (informazioni sul prodotto si possono ottenere all’indirizzo http://www.quia.com/web)

L’Audience Response System (ARS)

Sviluppare test interattivi è inoltre possibile grazie ad un sistema integrato, costituito da una LIM collegata a un computer e da un set di risponditori. I risponditori sono gestiti anche loro dallo stesso computer cui è collegata la LIM.

I risponditori, detti anche «clickers», sono dei piccoli dispositivi che assomigliano ad un telecomando. Una volta distribuiti agli studenti, è possibile creare una corrispondenza biunivoca tra l’identificativo del risponditore e il singolo soggetto (studente).

Mediante la LIM, il docente mostra dei quesiti (ad esempio a risposta multipla) e invita gli alunni a premere sul risponditore il pulsante relativo alla risposta che ritengono corretta. Il risponditore, solitamente, invia un segnale a infrarossi verso il computer al quale è collegato il ricevitore che decodifica questi segnali. In tempo reale dunque, il docente può conoscere una statistica sulle risposte inviate dagli alunni oppure conoscere le risposte di ogni singolo alunno.

Riferimenti:

https://getkahoot.com

L’Audience Response System (ARS)

È un sistema che può essere usato per:

Effettuare verifiche sommative (al termine di un argomento) per constatare

il livello di apprendimento degli studenti;

Svolgere verifiche formative, con l’obiettivo di verificare l’efficacia

dell’azione didattica e della presentazione dei contenuti;

Realizzare sondaggi sul gradimento, da parte degli allievi, di un argomento

o di un contenuto;

Arricchire, durante lo svolgimento dell’attività didattica in classe, le

presentazioni e gli altri materiali didattici con delle domande che

sollecitano l’interesse, la curiosità e la motivazione degli studenti.

Software di condivisione

di documenti e risorse

Sono software che consentono alle risorse di apprendimento, prodotte dal docente o dagli alunni, di essere caricate in uno spazio comune accessibile dal web e di essere a disposizione dell’intera classe. Grazie a questo spazio comune, le risorse possono essere catalogate per argomento o per parole chiave, in modo da essere facilmente reperibili soprattutto quando divengono numerose.

STRUMENTI PER CASA E UFFICIO DI GOOGLE(http://www.google.it/intl/it/about/products/) rappresenta una soluzione molto usata per creare documenti di testo, fogli di calcolo, presentazioni, i quali vengono salvati sui server di Google e sono accessibili da qualsiasi posto vi sia un collegamento a internet, tramite un dispositivo fisso o mobile. È necessario attivare un proprio account su Google al fine di usufruire di questo servizio. I file condivisi con altri utenti di Google (gli alunni) e visualizzati mediante un collegamento a Internet, proprio come fa l’autore (il docente) possono essere anche modificati, pertanto si può realizzare una didattica collaborativa, nella quale insegnanti e studenti intervengono insieme sullo stesso file. Inoltre è anche possibile aprire una chat-line oppure commentare il documento, formulando osservazioni, stimolando le opinioni altrui e interagendo collettivamente.

Software di condivisione

di documenti e risorse

MODULI DI GOOGLE rappresenta un altro strumento molto utile in quanto

permette di creare moduli (Form), ovvero pagine web nelle quali vengono

richieste informazioni o poste domande all’utente collegato in rete. Si

intuisce pertanto la validità di questo software per creare un sondaggio, ad

esempio invitando gli alunni ad esprimere delle opinioni, o per realizzare

test di verifica.

Se condivisi con altri utenti di Google, i moduli possono essere modificati.

Inoltre, ogni modulo può essere reso disponibile a uno specifico indirizzo

web ed essere inviato tramite una mail a un numero illimitato di persone

che sono pertanto invitate a collegarsi all’indirizzo e a compilarlo. I dati

vengono registrati e analizzati in tempo reale, creando delle statistiche e dei

grafici per ciascuna risposta data.

Strumenti che supportano la comunicazione

e aiutano a stabilire rapporti

I Virtual Learning Environment prevedono spesso al loro interno alcuni strumenti per la comunicazione tra i vari utenti della piattaforma. In particolare essi possono includere un WIKI e un BLOG.

Il WIKI è uno strumento che favorisce la ricerca e la collaborazione in quanto offre agli studenti l’opportunità di collaborare per apprendere contenuti ed accrescere abilità. L’insegnante può, ad esempio, fornire un tema su cui lavorare o proporre un documento di massima dal quale partire per sviluppare una ricerca sul tema. Ciascuno degli studenti può intervenire su questo documento, aggiungere del testo, spostare delle parti per riorganizzare meglio il documento, modificare o correggere testi che ritiene migliorabili, eliminare contenuti che ritiene superflui o poco inerenti all’argomento trattato. Una volta apportate, le modifiche vengono registrate, così ciascuno può sapere quale utente ha inserito del testo o lo ha modificato; allo stesso modo è possibile conoscere l’ora e il giorno dell’inserimento e delle modifiche apportate.

Riferimenti:

https://it.wikipedia.org

www.wikiscuola.it

Strumenti che supportano la comunicazione

e aiutano a stabilire rapporti

Il BLOG è uno strumento impiegato prevalentemente per registrare fatti, dati, eventi e opinioni. Nel blog è possibile inserire un messaggio contenente anche immagini o altri file multimediali. Il messaggio può narrare un evento, può esprimere una considerazione o un’opinione. In calce al messaggio, gli altri utenti possono inserire i propri commenti. L’autore del messaggio iniziale può rispondere a sua volta con altri commenti, sempre scritti in calce al messaggio. Questo è un modo per realizzare discussioni che vertono sul contenuto del messaggio di partenza. Rispetto ai WIKI i messaggi e i commenti non possono essere modificati o cancellati. La loro organizzazione è cronologica per cui il blog può assumere le caratteristiche di un vero e proprio diario che riporta l’attività dei suoi autori.

In ambito scolastico, il blog viene utilizzato solitamente come blog di classe; è diretto generalmente dal docente che apre una discussione con un messaggio oppure pone un interrogativo, mentre gli studenti sono chiamati a commentare il messaggio o a rispondere all’interrogativo.

Riferimenti:

www.wordpress.com e https://it.wordpress.com

www.blogger.com

it.jimdo.com/blog

Strumenti che supportano la comunicazione

e aiutano a stabilire rapporti

I BLOG possono essere impiegati per le seguenti finalità didattiche:

Stimolare o verificare conoscenze pregresse

Creare interesse intorno a un contenuto

Agevolare il dibattito tra gli studenti

Fare in modo che ciascuno studente riceva feedback dagli altri.

Rispetto ad una comune discussione in classe, il blog può favorire alcuni aspetti

e avere dei vantaggi. Anche gli studenti più timidi e chiusi riescono a vincere

le loro remore e a partecipare alla discussione del blog, mentre in classe,

questi studenti sono intimiditi dalla presenza delle altre persone e non riescono a

intervenire. La discussione nel blog risulta più libera e in essa si riescono a

formulare anche osservazioni più critiche.

Strumenti che supportano la comunicazione

e aiutano a stabilire rapporti

Creare dei BLOG INDIVIDUALI rappresenta un’altra modalità di utilizzare il

blog come strumento di didattica è quella di. Ciascun studente può creare

un proprio blog e formulare delle osservazioni circa il lavoro che sta

svolgendo. Il docente può accedere a ciascuno dei blog e conoscere e

monitorare il lavoro degli studenti, ma anche il pensiero e i sentimenti di

ciascuno.

Anche i social network, come Facebook e Twitter, sono strumenti in grado

di mettere in comunicazione il docente con gli studenti e gli studenti tra

loro. Tuttavia, essi, non sono pensati espressamente per mettere in

comunicazione i componenti di una classe e non hanno l’apprendimento

come scopo principale.

Per realizzare un brainstorming o per svolgere sondaggi è utile impiegare

Padlet, un muro virtuale per appuntare, assemblare, collaborare e dunque

apportare il proprio contributo nella lezione.

Risorse per il supporto

dell’insegnamento e dell’apprendimento

Sono risorse e contenuti già pronti e disponibili sul web. Il compito del docente è quello di individuare il modo più efficace per utilizzarli.

YOUTUBE (www.youtube.com)

VIMEO (https://vimeo.com/categories)

RAI (www.rai.tv)

ARCHIVE (www.archive.org)

DAILYMOTION (www.dailymotion.com)

GOOGLE BOOKS (https://books.google.it/)

LIBER LIBER (http://www.liberliber.it/)

GOOGLE EARTH (https://www.google.it//intl/it/earth/)

GOOGLE MAPS (https://www.google.it/maps?hl=it)

GOOGLE SCHOLAR (https://scholar.google.it/)

Software per la realizzazione

di prodotti multimediali

Grazie al web 2.0 e ai software multimediali, gli studenti possono realizzare materiale didattico e altri prodotti che favoriscono l’apprendimento. Questi software catalizzano maggiormente l’attenzione degli allievi, in quanto permettono loro di esprimersi con linguaggi più vicini al loro modo d’essere. Una particolare tipologia di programmi è rappresentata dai software per la produzione dei videoclip. Eccone alcuni:

WINDOWS LIVE MOVIE MAKER (software fornito gratuitamente con il sistema operativo Windows)

VIRTUALDUB (scaricabile gratuitamente all’indirizzo http://www.virtualdub.org/)

AUDACITY (http://audacityteam.org/)

NEWSMAKER (http://newsmaker.tv)

VOICETHREAD (https://voicethread.com/)

LIGHTWORKS (lightworks.it.uptodown.com)

ANIMOTO (https://animoto.com)

CAMTASIA (occorre acquistare la licenza d’uso)

SNAGIT (occorre acquistare la licenza d’uso)

Link utili

www.istruzione.it

www.istruzione.it/scuola_digitale/index.html

www.indire.it

avanguardieeducative.indire.it

www.eipass.com

www.aicanet.it

www.lanuovaecdl.it

www.imparadigitale.it

www.imparadigitale.it/tabletschool

www.laricerca.loescher.it

www.designdidattico.com

www.wikiscuola.it

www.creativecommons.it

www.slideshare.net

www.scuolaetecnologia.it

www.mindomo.com

cmap.ihmc.us

www.epubeditor.it

www.thinglink.com

http://it.padlet.com

www.sfogliami.it

www.youpublisher.com

www.mokazine.com

www.freepik.com

www.flickr.com

https://scratch.mit.edu

www.profcipolla.weebly.com

www.profcipolla.weebly.com/sostegno

maestralindablog.blogspot.it

https://insegnantiduepuntozero.wordpress.com

guamodi.blogspot.it

Vedere anche:

«Piano Nazionale Scuola Digitale»

«Barbuto Emiliano e Mariani Giuseppe – Il nuovo concorso a cattedra. Avvertenze generali per tutte le classi di concorso di ogni ordine e grado – Edises, 2016, capitolo 6»

«Franca Re – La didattica per competenze. Apprendere competenze, descriverle, valutarle – Pearson, 2013»