Nuove strategie femminile

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.._j , j çr 7 qiRo muffl i m mnu' lIIIAii XFU21CRILQUIk LA 1 '149 e .. . l i ii ;,'.] Nuove strategie Sul web un sito sta cambiando la cultura della comunicazione Così decliniamo la scienza al femminile Nonostante le donne ottengano grandi risultati nella ricerca e siano sempre più numerose, le oro opinioni sui media non hanno lo spazio che meritano. Ecco che cosa si può fare di Andrea Milanesi on c'è molto da stare tranquil- li, ma soprattutto tranquille; i dati delle ricerche sui mezzi d'informazione continuano a dimostrare che le donne vengono rara- mente interpellate dai media in qualità di esperte. Secondo i risultati del Global Me- dia Monitoring Project 2015, negli ultimi vent'anni c'è stato un progressivo aumen- to della visibilità femminile nel mondo dell'informazione, ma l'avanzamento è giunto a un punto di stallo; a far notizia e opinione tra TG, GR e quotidiani dei 114 paesi aderenti al GMMP sono gli uomini nel 76% dei casi, esattamente come nel 2010. In Italia, c'è stato un miglioramento sensibile e la presenza femminile in questo contesto è aumentata dal 7% del 1995 al 21% del 2015, ma siamo ancora al di sotto della media europea del 25% e di quella globale del 21%. A spiegare e interpretare ciò che accade nel mondo sono dunque quasi sempre gli uomini. E per questo che l'istituto di analisi dei media Osservatorio di Pavia e l'associazione Gi.U.L1.A. (Giornaliste Unite Libere Autonome) - in collaborazione con Fondazione Bracco e con il sostegno della Rappresentanza in Italia della Commissio- ne Europea - lo scorso novembre hanno lanciato la piattaforma online looesper- te.it, una banca dati che raccoglie nomi, biografie e riferimenti delle prime cento esperte italiane nell'ambito delle materie STEM ( Science, Technology , Engineering and Mathematics), un settore tanto stra- tegico per il nostro Paese quanto storica- mente sottorappresentato nei più alti livel- li occupazionali dalle donne; si pensi per esempio che le ricercatrici universitarie in ambito scientifico sono il 35%,% , nonostante le laureate siano il 5291 (fonte Observa). La rivoluzione digitale . Si tratta di un sito ideato e costruito per crescere nel tempo, incrementando il numero di contributi e ampliando anche i settori disciplinari di riferimento, che si propone innanzitutto come strumento di ricerca di fonti femmi- nili competenti per giornaliste e giornali-

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Così decliniamo la scienza al

femminileNonostante le donne ottengano grandi risultatinella ricerca e siano sempre più numerose,le oro opinioni sui media non hanno lo spazioche meritano. Ecco che cosa si può faredi Andrea Milanesi

on c'è molto da stare tranquil-li, ma soprattutto tranquille;i dati delle ricerche sui mezzid'informazione continuano

a dimostrare che le donne vengono rara-mente interpellate dai media in qualità diesperte. Secondo i risultati del Global Me-dia Monitoring Project 2015, negli ultimivent'anni c'è stato un progressivo aumen-to della visibilità femminile nel mondodell'informazione, ma l'avanzamento ègiunto a un punto di stallo; a far notiziae opinione tra TG, GR e quotidiani dei 114paesi aderenti al GMMP sono gli uomini

nel 76% dei casi, esattamente come nel2010. In Italia, c'è stato un miglioramentosensibile e la presenza femminile in questocontesto è aumentata dal 7% del 1995 al 21%del 2015, ma siamo ancora al di sotto dellamedia europea del 25% e di quella globaledel 21%.A spiegare e interpretare ciò che accadenel mondo sono dunque quasi sempregli uomini. E per questo che l'istituto dianalisi dei media Osservatorio di Pavia el'associazione Gi.U.L1.A. (Giornaliste UniteLibere Autonome) - in collaborazione conFondazione Bracco e con il sostegno della

Rappresentanza in Italia della Commissio-ne Europea - lo scorso novembre hannolanciato la piattaforma online looesper-te.it, una banca dati che raccoglie nomi,biografie e riferimenti delle prime centoesperte italiane nell'ambito delle materieSTEM (Science, Technology , Engineeringand Mathematics), un settore tanto stra-tegico per il nostro Paese quanto storica-mente sottorappresentato nei più alti livel-li occupazionali dalle donne; si pensi peresempio che le ricercatrici universitarie inambito scientifico sono il 35%,% , nonostantele laureate siano il 5291 (fonte Observa).

La rivoluzione digitale . Si tratta di un sitoideato e costruito per crescere nel tempo,incrementando il numero di contributi eampliando anche i settori disciplinari diriferimento, che si propone innanzituttocome strumento di ricerca di fonti femmi-nili competenti per giornaliste e giornali-

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Esempi illuminantiChiara Montanari,

ingegnere, in Antartide. Asinistra, Simonetta Di Pippo,direttore dell'Ufficio dell'Onu

per gli Affari dello Spazioextra-atmosferico. Sotto,

Barbara Ensoli, ricercatriceper il vaccino contro l'Hiv.

Cento storie di studio, pensiero e passioneTra carriera lavorativa e vita privata, cento tra lepiù autorevoli scienziate italiane si raccontanoin prima persona nel libro 100 donne contro glistereotipi per fa scienza (Egea, €12,90 - pag. 160);quindici di loro, sorteggiate a caso, sidescrivono diffusamente, mentre le altresi presentano con brevissimi tweet cheforniscono un'immagine incisiva della

sii, ma anche come risorsa di voci presti-giose e autorevoli che possono contribuireal dibattilo pubblico, dentro e fuori i me-dia, in sedi istituzionali o meno, in alamitra i campi dell'informazione consideratipiù "ostici".A integrazione della piattaforma web, èora uscito anche il libro intitolato Zoo don-ne contro gli stereotipi per la scienza (vedibox), che intende dare appunto la parola acento scienziate, tra matematiche e infor-matiche, chimiche e astrofisiche, biologhee neuropsichiatre, chiamate a raccontarein prima persona la loro vita, le loro emo-zioni, le loro aspirazioni, la loro determi-nazione nell'arrivare a raggiungere tra-guardi professionali di assoluto prestigio.

Pari opportunità . «La scien-za è cultura e come tale deveincoraggiare diversità e pari

loro attività. Curato da Giovanna Pezzuoli e LuisellaSeveso, il testo propone anche alcuni contributi diapprofondimento del contesto donne e scienzada parte di Monia Azzalini (Osservatorio di Pavia),

Barbara Saracino (Observa Science inSociety), Michela Matteoli (Istituto diNeuroscienze del CNR) e Telmo Pievani(Università degli studi di Padova).

racconti come quelli di SimonettaDi Pippo (direllrice dell'Ufficio Onuper gli Affari dello Spazio Extra-at-

accesso alle opporlunilà», hanno strinonell'introduzione al volume Gaela Berni-ni (responsabile dei progetti scientifici esociali di Fondazione Bracco) e FrancescaPanzarin (fondatrice di \Vomenecono-mics.it); affermazioni a cui fa da eco l'ap-pello lanciato da Diana Bracco, presiden-te e amministratore delegato del GruppoBracco e presidente di Fondazione Bracco:«Alle giovani donne dico: non accettatemai H pregiudizio che vorrebbe le donnemeno adatte agli studi tecnico-scientifici ealle relative professioni». Varietà di espe-rienze qualificate e abbattimento di ruolistereotipati emergono da tutte le testi-monianze delle protagoniste del progettoiooesperte, che descrivono la loro realtà didonne e professioniste attraverso brevi di-chiarazioni sotto forma di "tweet" o lunghi

mosferico), Barbara Ensoli (direlirice delCentro Nazionale Aids dell'Istituto Supe-riore di Sani là) e Chiara Montanari (ma-nager Ricerca e Sviluppo del Politecnicodi Milano). «Il progetto " roo donne controgli stereotipi"», ha scritto invece MoniaAzzalini, responsabile del settore media egender dell'Osservatorio di Pavia, «è unacampagna di sensibilizzazione per divul-gare conoscenza e coltivare consapevolez-za sulla persistente marginalizzazione deivolti e delle voci dell'expertise femminilenei media, e rooesperte.it rappresenta unostrumento concreto per abbattere l'alibi dichi pensa che le donne esperte non ci sia-no o siano indisponibili».La piattaforma è dunque aperta e il mes-saggio è più che mai chiaro: "Cherchez lafemme"!

n RIPROOIIZIONE RISERY4T4

SETTE 110-10.03.2017

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Città della Salute oltre i dubbiQui la scuola uiiiversitaria»

Finita la prima bonifica, asse Sala-Maroni. Ma resta il nodo dei ricorsipose classiche. Per vedere sali-re gli edifici c'è però da aspet-tare la decisione della com-missione tecnica sulla gara peri lavori, su cui si è abbattuta la

di Pierpaolo Llo

Da vedere per ora c'è ancorapoco. Se non un enorme spia-nata di terra costellata di crate-ri di fronte alle ultime traccedei maxi capannoni che ospi-tarono le acciaierie più famosed'Italia. Eppure, per la futuraCittà della Salute ieri è statauna giornata importante. Ce-lebrata con tutti gli onori delcaso, alla presenza del mini-stro all'Ambiente, Gian LucaGalletti, del governatore Ro-berto Maroni e dei sindaci diMilano e Sesto San Giovanni,Beppe Sala e Monica Chittò.

Gli autobus trasportano i vi-sitatori all'interno del milionee mezzo di metri quadrati pro-tagonisti del progetto di riqua-lificazione più grande d'Euro-pa, fin sotto le enormi travid'acciaio arrugginito. Di fronteal leggio, una selva di caschettie di telecamere. Dietro, la di-stesa di terra ripulita da un se-colo di veleni. Da festeggiarec'è infatti la consegna - «in li-nea con le tempistiche del ero-noprogramma», tiene a sotto-lineare MilanoSesto, proprie-taria dell'area dell'ex Falck -del primo lotto di terreni boni-ficati: un quarto dei 2o5milametri quadrati su cui si trasfe-riranno l'Istituto dei tumori eil neurologico Besta. 11 resto èin attesa di collaudi e certifica-zioni e sarà consegnata «entrosettembre».

Le autorità si lasciano foto-grafare, pale alla mano, nelle

In cantiereRoberto Maroni(da sinistra),l'immobiliaristaDavide Bizzi,il sindaco diMilano GiuseppeSala e il ministroGian Luca Galletti

sentenza che minaccia di ral-lentare le opere con una seriedi ricorsi a catena. Maronisparge ottimismo: «Ë stato unpiccolo intoppo. Nei prossimigiorni la commissione decide-rà l'assegnazione sulla basedelle norme del Consiglio diStato. Non c'è da fare una nuo-va gara: questo è importante.Quindi nel giro di pochi giornici sarà chi ha vinto la gara e laprocedura ripartirà».

Sulla maxi area a nord diMilano, la Regione punta acreare un polo dedicato all'on-cologia e alla neurologia. Così,accanto ai due ospedali «arri-veranno anche altre cose», an-ticipa il governatore. «Le uni-versità Statale e Bicocca stan-no pensando di realizzare quiuna scuola post laurea di altaspecialità in oncologia». I ret-tori dei due atenei, insieme aidue ospedali, sarebbero già allavoro per dare forma (dal

punto di vista dei contenuti) alprogetto. E poi «stiamo stu-diando di portare qui il nuovocommissariato di Sesto: ne ab-biamo già parlato con il que-store e il prefetto, che sonod'accordo».

Per ora bisogna acconten-tarsi del primo passo. «Stiamocelebrando la fine di una pri-ma parte di un percorso diffi-cile - sono le parole del mini-stro Galletti -. E un segnaleimportante a livello nazionale.Significa che è possibile boni-ficare bene, che aree strategi-che possono tornare alla co-munità». Soprattutto, «vuoldire che il "modello Sesto"funziona e andrà esportato an-che in altre zone d'Italia».

Anche per il sindaco BeppeSala «la Città della Salute e del-la ricerca è un'occasione moltoimportante, che fa il paio conl'area del post Expo che conHuman Technopole sarà dedi-cata alle scienze per la vita. Eun impegno duplice per con-fermare il primato nel mondodella ricerca e della medicina,che già ci appartiene e nonpossiamo che rafforzarlo».L'ultima parola spetta al sinda-co Chittò: «Oggi si conclude laprima parte di un percorso tra-sparente e rispettoso dell'am-biente e inizia a farsi concretoil sogno di restituire alla cittàdi Sesto San Giovanni un'areaimportante».

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Le migliaiadi metriquadrati suiquali si devonotrasferireIstitutodei tumorie Besta

194I milionidi metriquadricomplessivicoinvoltinel progettodella Cittàdella Salute

I milionidi europer l'appaltodella cittadella:è fra i piùconsistentid'Europa

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.mtolllo I} '1Finestra sul cortile..

A Al Medicina serve un chirurgoI quiz per accedere alla facoltà non selezionano il merito né rivelanol'attitudine a intraprendere un corso di studi così particolare.Vanno estirpati. Anche perché non rispettano la Costituzione

C on l'arrivo della primavera, inmigliaia di famiglie italianesale la tensione della matu-rità. Per quanto declassato,

'l esame di licenza liceale resta un ritodi passaggio per i nostri ragazzi, e gliultimi mesi dell'anno scolastico servonoa prepararlo. Ma da qualche tempo allasfida della maturità per molti studentise ne è aggiunta un'altra: il test peraccedere a Medicina che si tiene subitodopo l'estate, e che per la sua astrusità,più che per la sua complessità, richiedemesi di impegno che si accavallano conquelli per l'esame. Non sono poche lefamiglie che fin dall'inverno precedenteiscrivono i figli a costosi e specifici corsiprivati. E tutte si lamentano dello stresscui sono sottoposti i ragazzi. Dello stressda studio mi preoccuperei poco: non èche nella scuola italiana ci si ammazzidi lavoro, e se si guarda ad altri sistemidi istruzione, soprattutto quelli in voganei Paesi emergenti dell'Oriente, c'èpiuttosto da temere che lavorino poco. Ma devo dire chemi riconosco pienamente in un'altra obiezione che vienemossa al test e che ha spinto molti medici, organizzati daun ginecologo di Verona, il dottor Paolo Martinelli, a pro-muovere un vero e proprio appello per la sua abolizione.L'obiezione è che quella prova, «per come oggi è struttu-rata e per le domande in essa contenute, non selezionail merito e tantomeno rivela l'attitudine a intraprendereun corso di studi così particolare». In assenza di unprogramma su cui prepararsi, dice l'appello, «si chiede astudenti provenienti da vari indirizzi scolastici di ipoteca-re il proprio futuro in poche decine di minuti». Così chel'accesso alla Università «avviene più per fortuna che percapacità». Chiunque abbia avuto un'esperienza del gene-re in famiglia, e io l'ho avuta, sa che è così. Per dire tuttodel carattere poco meritocratico della prova basti guar-dare al fatto che non considera il voto ottenuto alla ma-turità: è così inattendibile, così variegato da liceo a liceoe da Nord a Sud, che lo stesso ministero della PubblicaIstruzione che organizza l'esame lo ritiene non utilizzabi-le come criterio di valutazione. Difficile immaginare una

più clamorosa autocertificazione difallimento della nostra scuola.Basterebbe ciò per indurci ad abolireil valore legale del titolo di studio,come molti decenni fa già proponevaLuigi Einaudi, garantendo agli ateneiin concorrenza tra loro piena autono-mia anche nei criteri di accesso. Masiccome questo in Italia non accadràmai, sarebbe bene almeno abolire iltest. Non perché non ci debba essereuna forma di filtro: la Costituzionedice che i «capaci e meritevoli (nontutti quindi, ndr), anche se privi dimezzi» debbono poter «raggiungerei gradi più alti degli studi». D'altraparte in tutto il mondo, e soprattuttonelle migliori università, esistonostringenti selezioni, anche attraversointerviste del candidato. Solo chenon sono una lotteria. Quel filtro, amio parere, dovrebbe essere l'uni-versità stessa a garantirlo, dopo unanno o due di studi comuni per tutte

le facoltà mediche, una volta verificato sul campo qualistudenti hanno davvero passione e attitudine per unlavoro che è anche una missione: forse è più importantecapire se un giovane aspirante medico sa parlare a unmalato, se sa comprenderlo, se ha il pathos necessarioper svolgere una funzione così delicata, piuttosto cheverificare se ha imparato a mettere le crocette giuste in

II limiteOggi c'è il numero chiuso

a Medicina perché i nostriatenei non sono in grado

di garantire a tutti l'insegnamentoe la selezione necessari.

un questionario "multiple choice".L'appello contro il test che citavo primasi dichiara contrario anche a questavalutazione universitaria. Io invecepenso che il problema sia proprio lì.Oggi c'è il numero chiuso a Medicinasostanzialmente perché i nostri ateneinon sono in grado di garantire a tutti

l'insegnamento e la selezione necessari. In questo modolimitando, e non di poco, quel diritto allo studio (atten-zione, diritto allo studio, non a un posto di medico), chela Costituzione tutela.

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universltakGli studenticontro l'Ateneo"No aï rincarisulla nostra pelle"Stop all'ipotesi di aumento del 6%per le famiglie con reddito alto

«No ai rincari, non si faccia cassasulla pelle degli studenti, soprat-tutto quelli appartenenti al cetomedio e i fuorisede». NicolaQuondamatteo, voce dei colletti-vo Link, mette un freno all'ipote-si di un rincaro intorno al 6% deicontributi studenteschi per le fa-sce più alte di reddito (da50-60mila euro di Isee). Gli stu-denti da una parte scaldano i mo-tori della battaglia sul caro-tasse,se sarà approvato, dall'altra fre-nano. I rappresentanti dei varigruppi impegnati nella discussio-ne, che approderà in consigliostudentesco il 17 marzo, sonocauti. «Ne stiamo discutendo,stiamo cercando di rendere le no-vità della nuova legge meno pe-nalizzanti per gli studenti», diceDavide Leardini, dello StudentOffice.

Il dibattito è agli inizi e sono di-verse le proposte per l'applicazio-ne della nuova legge di Bilancioche, tra le novità, impone una«no tax area» per chi ha un Iseeinferiore ai 13mila euro e un con-tributo unico. La tassa di laurea,per esempio, sarà inglobata, equesto si stima comporterà unmancato introito di 1,4 milioni acui si aggiunge una perdita intor-no ai 2,5 milioni per l'introduzio-ne della "No tax area" che Bolo-gna vorrebbe aumentare sino a23mila giuro di Isee. Allo studiodue strade: una tassa unica pertutti i corsi, che agevolerebbe chiora paga di più, o un modello di

rincari solo per le fasce alte secon-do un sistema progressivo in ba-se al reddito. «Non al merito»,chiede il collettivo Link.

Intanto si discute tra direttoridi dipartimento. «Le tasse da noisono meno alte di altre universi-tà, ma nella discussione appenaavviata occorre considerare an-che i problemi delle famiglie: Bo-logna è una città cara», osservaGiuseppina La Face. Per France-sco Citti «il recupero della tassadi laurea sarebbe solo una redi-stribuzione: se si superano que-sti limiti si passa a una scelta poli-t1ca», «Un aumento credo sia ne-cessario per far pagare meno chiha meno. Comunque stiamo par-lando di cifre contenute, intornoai 100 giuro all'anno», spiega Lui-gi Guerra, Francesca Sofia avver-te: «A decidere siano gli studen-ti».

-VNOfJUZIGNERiSE}, ATA

IN AULAUn gruppo distudenti dell'AlmaMater durante unalezione: preoccupal'ipotesi diaumentarei contributistudenteschi dei 6%

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a Firenstudio sulle università serve a trovare i correttivi

Ingegneria e Scienze della salute aprono maggioriprospettive. Peggio Giurisprudenza e Matematica

CORONA d'alloro, spumante epacche sulle spalle. Passata l'eu-foria della laurea, arriva il diffi-cile: trovare un lavoro. Secondogli ultimi dati Almalaurea, lapercentuale di studenti dell'U-niversità di Firenze che a un an-no dalla tesi ha già un lavoro, èin media del 46%. I disoccupatisono il 19,2%, mentre il45%hapartecipato o sta partecipandoa un'attività di formazione. ASiena i neolaureati che lavora-no sono il 40,4%, i disoccupati il23,3%. A Pisa rispettivamenteil 38,7% e il 22,1%. A Milano lecose vanno meglio (il 53% lavo-ra, il 13,7% no). Ingegneria eScienze della salute apronomaggiori prospettive. PeggioGiurisprudenza e Matematica.

STRAMBI A PAGINA III

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Secondo gliulti ï datidí Almalaureala et elistudenti e senza

impiego

dopo un annodalla díscussíonedella tesí

Medico o farmacista stipendio medio Molti partecipanoil futuro è assicurato più alto dell'ateneo a coni dì formazione

CHI studia per diventare dottoreha il lavoro assicurato. Le cosenon stanno esattamente così, macerto è che 1 laureati In medicina,

infermieristica, fisioterapia, far-macia e altre professioni sanita-rie sono tra coloro che, a un annodalla discussione dalla tesi, ri-schiano meno di rimanere a casa.A dirlo sono gli ultimi dati Alma-laurea, secondo i quali il 60,2%dei neolaureati in Scienze della sa-lute umana all'Università di Fi-renze ha un lavoro. Nello specifi-co, il 49,3% dichiara di avereun'occupazione stabile (contrat-to a tempo indeterminato o auto-nomo). Il 48,5% sta invece parte-cipando o ha partecipato a un'atti-vità di formazione post laurea. Ilguadagno mensile netto corri-sponde in media a 1.081 euro. Lapercentuale dei disoccupati si as-sesta sul 16,7%, valore sensibil-mente inferiore rispetto a una me-dia d'ateneo pari al 19, 2%. Ma gliex studenti di medicina sono an-che soddisfatti di quel che hannoimparato all'università: il 73% ri-tiene infatti che la propria laureasia efficace per il lavoro che svol-ge.

A UN solo anno dalla laurea gua-dagnano in media più di tutti glialtri ex studenti dell'ateneo fio-rentino. Sono gli ingegneri che,stando agli ultimi dati pubblica-ti sul sito di Almalaurea e relati-vi al 2015, hanno uno stipendiomensile netto di 1.166 euro (lamedia d'ateneo è invece di 953euro al mese). I146,8% di loro hagià trovato un'occupazione e il36,3% dichiara di avere un lavo-ro stabile, che sia autonomo ocon un contratto a tempo inde-terminato. La percentuale dei di-soccupati è appena del 10,4%,ancora più bassa di quella che ri-guarda i laureati in Scienze del-la salute umana (16,7%).1140%dei ragazzi e delle ragazze chehanno studiato alla Scuola di In-gegneria dell'Università di Fi-renze ha partecipato o sta parte-cipando a un programma o aun'attività di formazione postlaurea, mentre il 22,5% sta pro-seguendo il lavoro che aveva an-cor prima di laurearsi. A ritene-re la laurea conseguita molto uti-le per il proprio lavoro è invece il53,5% degli ex studenti, dato inlinea con la media d'ateneo, paria150,1%

SOLO il 23% degli ex studenti diGiurisprudenza dell'ateneo fio-rentino dichiara di aver trovatoun lavoro a un anno dalla laurea.Va però notato che ben l'82,7%di loro sta partecipando o ha par-tecipato a un'attività di formazio-ne dopo aver discusso la tesi. Lapercentuale di chi afferma di es-sere disoccupato è pari al 20,1%(la media d'ateneo è di circa unpunto inferiore: 19,2%). Anche ilguadagno mensile netto, pari a805 euro, è più basso rispetto al-la media complessiva dell'Uni-versità di Firenze (953 euro). So-no invece pochi gli ex studenti diLegge che ritengono la proprialaurea efficace per il lavoro chestanno svolgendo al momento.Se la media d'ateneo è del50,1%, qui cala drasticamente fi-no a superare di poco il 30%. A ri-tenere il titolo di studio consegui-to ancor meno adatto al lavoroche stanno facendo, sono i neo-laureati in Scienze politiche: soloper il 28,3% di loro la laurea è sta-ta efficace. Sulla stessa lunghez-za d'onda gli ex studenti di Psico-logia: in questo caso la percentua-le è del20,1.

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Solo una minoranzaarriva sul mercato

ANCHE per chi ha studiato mate-rie scientifiche, non è sempresemplice trovare lavoro. Sono di-versi i neolaureati in matemati-ca, astrofisica e chimica dell'Uni-versità di Firenze che a un annodal conseguimento del titolo di-chiarano di essere ancora disoc-cupati (22,3%). Ad avere un la-voro, secondo i dati diffusi da Al-malaurea, sono invece il 28,8%del totale, mentre il 40,1 % ha se-guito o sta ancora seguendo unprogramma di formazione suc-cessivo alla laurea. Tra i fortuna-ti che hanno trovato un impiego,c'è un 18,5% di ragazzi e ragazzeche definisce il proprio lavoro sta-bile (autonomo o contratto atempo indeterminato). Sempretra coloro che hanno un'occupa-zione, un buon 31,2% sostiene diproseguire il lavoro o lavorettotrovato mentre era ancora all'u-niversità. Il guadagno mensilenetto è pari a 817 euro, più di cen-to euro in meno rispetto alla me-dia d'ateneo (953 euro). Quantoal quesito sull'efficacia della pro-pria laurea rispetto al lavoro svol-to, c'è una percentuale del 36,4che ha risposto in maniera positi-va.

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ic occupazioned'alloro, spumante e pacche sulle

spalle. Passata l'euforia della laurea, arriva ildifficile: trovare un lavoro. Secondo gli ulti-mi dati Aimalaurea, la percentuale di studen-ti dell'Università di Firenze che a un annodalla tesi ha già un lavoro, è in media del46%. I disoccupati sono il 19,2%, mentre il45% ha partecipato o sta partecipando aun'attività di formazione. A Siena i neolau-reati che lavorano sono il 40,4%, i disoccupa-ti il 23,3%. A Pisa rispettivamente il 38,7% eil 22,1%. A Milano le cose vanno meglio (il53% lavora, il 13,7% no ), mentre a Bari la si-tuazione è più critica (36,4% di occupati con-tro il 33,7% di disoccupati). Le percentualivariano anche da settore a settore: a Firenzele Scuole con il più alto numero di ex studentiche hanno trovato lavoro a un anno dalla lau-rea sono Scienze della salute umana, Inge-gneria ed Economia, mentre per Giurispru-denza e Scienze matematiche, fisiche e natu-rali i numeri sono più bassi.

Come invertire la tendenza? L'Universitàdi Firenze, insieme a quelle di Siena, Padovae Napoli Parthenope, ha partecipato a unPrin (progetto di rilevante interesse naziona-le) finanziato dal Miur e durato tre anni. Lostudio si chiama "Employability & Co - cur-ricola innovativi per creare nuove professio-nalità". L'obiettivo era individuare le azionidegli atenei per migliorare l'occupabilità de-

gli studenti «Abbiamo attivato indaginiqualitative e quantitative su 5 aree - spie-ga Vanna Boffo, responsabile dell'unità di ri-cerca fiorentina e docente di Pedagogia ge-nerale - siamo partiti dall'orientamentoper gli studenti nel passaggio da scuola supe-riore a università, poi abbiamo analizzato imomenti in cui avviene la "calling", vale adi-re lo sviluppo della vocazione professionaleda parte dei ragazzi. Ci siamo concentrati an-che su didattica, tirocinio e placement». Cir-ca 120mila studenti hanno risposto a 3 que-stionari : «Abbiamo scoperto che la vocazio-ne professionale non si sviluppa prima diiscriversi all'università ma durante il percor-so e in questo l'azione dei docenti è fonda-mentale . Quanto all'orientamento, in diver-se realtà manca un dialogo sistematico trainsegnanti delle superiori e professori uni-versitari». Ma c'è di più: «I170% dei ragazziha dichiarato che durante il tirocinio inun'impresa non ha quasi mai fatto uso diquanto studiato a lezione. Sulla didattica èemerso il bisogno di adottare tecniche parte-cipative in aula , migliorando anche le prati-che di valutazione e il feedback dei docenti.Sul placement è venuto fuori un fenomenoche deve far riflettere : dopo la laurea gli stu-denti ritardano di almeno un anno l'ingres-so nel mondo del lavoro. Periodo che serve lo-ro per ridefinire la propria identità professio-nale, calibrarla e spesso modificarla rispettoalle attese iniziali»,

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Stanford UniversityvIl leader professoreal corso di EuropaL'annuncio, in un certo senso,l'ha dato lo stesso MatteoRenzi , l'altra sera a Porta aPorta. Quando ha detto checerto non ha problemi atenersi occupato, ha anche uncorso universitario dapreparare come docente. Nonha aggiunto altro. In realtàl'ex premier ha accettatol'offerta della prestigiosauniversità Usa di Stanford,con sede principale inCalifornia , nella Contea diSanta Clara, a circa 60chilometri a sud di SanFrancisco , nel cuore dellaSilicon Valley. Ma anche conuna sede distaccata a Firenze.Ed è proprio qui che Renzisalirà in cattedra per un corsodedicato all'Europa.Insegnerà in lingua italiana. Ildebutto ad aprile.

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Faccia a faccia Francesco Giavazzi e Tito Boeri discutono su come cambiare la Pubblica Amministrazione

L'unico modo per battere la

burocraziaI Op

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è puntare, per un tempo limitato,su gente che viene dal privatoOggi c'è chi è intenzionato esclusivamente a mantenere lapropria poltrona, ma anche quelli più corretti e motivati fannoresistenza di fronte ai cambiamenti. E il Paese, intanto, è bloccatodi DaniloTaino

C

ari riformisti, non rompetevi latesta solo con o contro la politi-ca. Inutile. Inutile perché le cosenon cambieranno mai, in Italia,

se un vento di trasformazione non colpiràin pieno anche la burocrazia, soprattutto igrandi burocrati. I signori del tempo perso,come vengono chiamati nel titolo del libroappena pubblicato dall'economista France-sco Giavazzi e dal giornalista Giorgio Bar-bieri. Se non verrà ridimensionato il poteredi coloro che sono la vera zeppa capace dibloccare ogni ingranaggio di rinnovamentoe di stravolgere ogni legge per difendere illoro potere o per pavidità.t un libro - edito da Longanesi - che apre

24 SETTE 1 10-10.03.2017

Economisti d'azioneA sinistra, Tito Boeri,professore della Bocconi,per 10 anni senioreconomist all'Ocse, poiconsulente del Fmi, dellaBanca Mondiale e dellaCommissione Europea.Attualmente è presidentedell'Inps. A fianco, FrancescoGiavazzi, anche lui docentein Bocconi, consulente delgoverno perla "SpendingReview" nel 2012. Sopra,il libro che ha scrittocon Giorgio Barbieri,I signori del tempo perso,280 pagine, 15 euro.

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una finestra sulle luci e le ombre dell'espe-rienza del governo di Matteo Renzi ma cheè anche necessario per capire come sia nata,cresciuta e diventata potentissima la retedei superburocrati che governa l'Ammini-strazione Pubblica (PA). Sul suo ruolo e sucome superare questo collo di bottiglia antico e sempre più stretto, Sette ha organiz-zato un faccia a faccia tra lo stesso Giavazzi,professore di Economia politica all'Univer-sità Bocconi, e Tito Boeri, anch'egli docentenell'ateneo milanese, oggi anche presidentedell'Inps: un superburocrate che secondoGiavazzi è un modello di cambiamentodell'amministrazione pubblica.Sette . Ok la burocrazia e i grandi burocratiche frenano le riforme. Ma un libro su que-sto non corre il rischio di assolvere la poli-tica?Boeri . Il libro non assolve la politica, anzimette in luce che la mancata riforma del-la Pubblica amministrazione è una dellegrandi incompiute dell'azione riformatrice,non solo dell'ultimo governo. È una rifor-ma fondamentale per il Paese, la riformaprincipale per il Mezzogiorno. La cosa piùimportante che si può fare oggi per il Suddell'Italia è cambiare la Pubblica ammini-strazione. E se non si è fatta questa riformala colpa è della politica. Una cosa che nonho mai visto è qualcuno che abbia un'ideadi cosa debba essere oggi la PA, quali deb-bano essere i confini del perimetro delloStato, come mettere assieme le diverse am-ministrazioni: Polizia, Carabinieri, CorpoForestale, il rapporto che ci deve essere traSanità e Welfare.Giavazzi . Perché pensi che al Sud sia piùimportante ancora?Boeri . Perché al Sud il rapporto con la PAè davvero quello che cambia le attitudinidelle persone. I salari pubblici sono quel-lo che determina l'andamento del mercatodel lavoro: spiazzano l'economia locale. Maanche perché tutto è finalizzato alla Pub-blica amministrazione, per la quale servela mediazione del politico locale. Se aves-simo un'amministrazione non corrotta edefficiente, il politico non conterebbe nien-te. Sarebbe un grande cambiamento ancheculturale. Al Nord e in altre parti del Paesec'è meno bisogno del rapporto con la Pub-blica amministrazione.Sette . Giavazzi, perché ora un libro sullaburocrazia?Giavazzi . Perché abbiamo visto che il cuoredel problema sta lì. Renzi è arrivato al gover-no dicendo che dobbiamo cambiare, che iburocrati non devono stare sempre aglistessi posti. Si può dirlo meglio, ma si è fat-to fregare da loro. Un po' per colpa della mi-nistra Madia che nella riforma ha violato seiarticoli della Costituzione, ma anche perchéi burocrati sono riusciti a bloccare la rifor-ma. Il fatto è che se non intervieni lì non

Marianna MadiaNata nel 1980 a Roma. Eletta deputata nel

2008 nelle liste del Pd, è responsabiledella Pubblica Amministrazione dal 2014.

puoi fare niente. Ricordo quando nel 1994è arrivato il governo Berlusconi: era pienodi idee, c'erano i ministri Pagliarini e Gnuttiche volevano rifare tutto. È durato due set-timane, dopodiché c'era da fare il Def, nonavevano i numeri e l'hanno fatto fare allaRagioneria. Il potere di questi grandi buro-crati deriva dal fatto di avere l'informazionee dallo scrivere leggi che solo loro sannointerpretare. Dopodiché sei nelle loro mani.Sette . La Ragioneria dello Stato è il più po-tente di questi centri?Giavazzi . In realtà è anche uno dei pezzimigliori. La gestione del debito pubblicoaffidata da vent'anni a una persona, MariaCannata, non è mai stata un problema. LaRagioneria è fatta da gente molto brava.Certo, hanno molto potere, perché lorohanno i dati. Quando ho fatto il lavoro sugliaiuti di Stato, li ho individuati. Ma questo èil primo passo. Il secondo è scoprire le leggiche stanno dietro al carburante gratuito perla navigazione sul Lago di Como. Quel filece l'ha la Ragioneria.Sette . Lei, Boeri, in questo momento è unalto burocrate.Boeri . Si, di fatto rivesto questa funzione. Atermine ma è così. Accetto di giocare questoruolo. Uno deve anche entrare nella mentedella burocrazia.Sette . Già, cosa c'è nella mente di un altoburocrate?Boeri . Ci possono essere molti burocrati in-tenzionati solamente alla conservazione delloro potere. Ma ce ne sono altri che sonomotivati genuinamente e vogliono fare beneil loro mestiere. Anche loro, però, hanno re-sistenze molto forti al cambiamento: sonopersone che hanno quasi esclusivamenteuna formazione giuridica e una fortissima

avversione al rischio, tendono sempre avolersi tutelare al massimo. Quindi cercanosempre l'appoggio normativo. Fanno tantenorme, anche quando non ce ne sarebbebisogno: per deresponsabilizzarsi.Giavazzi . Nel periodo precedente alla ri-forma Bassanini (quando i politici avevanomaggiori responsabilità dirette, ndr) c'era-no tutti i guai della politica in prima per-sona, però le cose succedevano, perché senon costruisce il ponte, il politico non vienerieletto. Il burocrate ha invece l'obiettivo dinon essere accusato se il ponte crolla. Senon riesci ad avere una burocrazia funzio-nante è meglio dare la responsabilità allapolitica come avviene negli Stati Uniti, dovec'è una presa diretta della politica sull'am-ministrazione.Sette . Nella PA gli stipendi sono troppo bas-si?Boeri . Più che essere troppo bassi, sonotroppo livellati. Ci sono differenze enorminelle responsabilità e nei carichi di lavoroche non sono riflesse nelle retribuzioni.Nella PA le garanzie sul posto del lavorosono molto alte: la differenziazione delleretribuzioni, i premi dovrebbero essere ciòche consente azioni incentivanti.Giavazzi . Mi sono convinto che l'unicomodo per portare un po' di aria fresca nellaPubblica amministrazione sia aprirla al pri-vato, a gente che viene dal privato o dall'u-niversità. Poi naturalmente questa gentedeve tornare nel privato. Ecco: la riformaMadia aveva questa norma, secondo medavvero rivoluzionaria, poi bocciata per-ché lei s'è dimenticata di chiedere il pareredelle Regioni. Ma la norma stabiliva che icontratti dei dirigenti valevano quattro annirinnovabili per due. Poi basta. Questo è uncosto, perché Maria Cannata avrebbe potu-to stare a gestire il debito solo sei anni, undisastro. Ma a fronte di questo c'è l'enormevantaggio che ti liberi di persone delle qualidiversamente non ti libererestimai. Ciò funziona solo seavviene per grandi nume-ri, in modo da distribuirele informazioni su moltiin modo che il valoredelle informazioni che

Matteo RenziNato a Firenze nel 1975, nel 2004 diventa presidente della

Provincia e, dal 2009, sindaco della sua città. Dal 22 febbraio2014 al 7 dicembre 2016 è stato presidente del Consiglio.

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Scoperto il gene assassinoche uccide chi fa sportSi chiama Cdh2, scatena cardiomiopatia aritmogenaed è la causa delle morti improvvise. Prevenire si può

Antonio Ruzzo

Mila o Vigor Bovolenta, palla-volista azzurro, che si accasciasuol campo di Macerata allasua 553ma partita in serie A,Piermario Morosini che crollasu un campo di calcio al31esi-mo minuto di Pescara-Livorno.E andando più indietro negli an-ni, Renato Curi, mediano delPerugia o Luciano Vendeminipivot della nazionale azzurra dibasket. Stroncati da morti im-provvise che annichiliscono chinon s'aspetta che un atleta pos-sa essere a rischio. Morti chehanno una causa, la Cardiomio-patia aritmogena del ventricolodestro, e oggi anche una spiega-zione grazie a uno studio firma-to dagli scienziati dell'IstitutoAuxologico italiano di Milanoinsieme a un gruppo di colleghisudafricani. A stroncare le vitedei giovani atleti ma anche dichi fa sport agonistico per pas-sione è spesso la Displasia arit-mogena del ventricolo destro eora si sa che può essere causatadalla mutazione di un gene, ilCDH2, responsabile della pro-duzione della Caderina 2, unaproteina fondamentale per lanormale adesione tra le cellulecardiache. La produzione alte-rata di questa proteina provocaaritmie maligne e l'arresto delcuore. Il nuovo studio è fruttodi una collaborazione interna-zionale iniziata 15 anni fa, tral'équipe di Peter Schwartz e LiaCrotti dell'Auxologico di Mila-no e dell'università di Pavia, equella diretta da Bongani Mayo-si dell'università di Cape Towne del Groote Schuur Hospital.Lo stesso dove 50 anni fa Chri-stian Barnard eseguì il primotrapianto di cuore. Gli scienzia-ti sono partiti dal caso di unafamiglia sudafricana segnata

da più casi di morte improvvisagiovanile per arrivare a indivi-duare, tra oltre 13mila variantigenetiche rare, il gene responsa-bile. «Tra gli atleti è aumentatala probabilità di avere manife-stazioni cliniche - spiega il pro-fessor Peter Schwarzt - Ci posso-no essere talvolta sintomi cheannunciano questa patologiacome le aritmie, le palpitazioni,gli svenimenti in campo. Oracon la scoperta di questo genesiamo in grado di individuarela mutazione anche tra indivi-dui della famiglia che non han-no ancora sintomi».

La ARVC è una patologia ge-netica che predispone all'arre-sto cardiaco e rappresenta unadelle principali cause di morteimprovvisa tra ragazzi sportivie atleti. Ogni anno in Italia muo-iono improvvisamente circa 50mila persone , e le forme eredita-rie di cardiomiopatia hanno unruolo preminente all'origine diquesti decessi nei giovani un-der 35. «L'importanza della sco-perta è duplice - spiega Lia Crot-ti, vicedirettore del centro perlo studio delle aritmie cardia-che genetiche dell'Auxologico -Dal punto di vista scientifico èun tassello per la miglior com-prensione di questa patologia equindi per la possibilità di im-plementare cure future, daquello clinico immediato per-chè rende possibile un test sul-le famigli e di chi ha la mutazio-ne di questo gene e ci permettefare prevenzione ». Che in Italiapiù che altrove già si fa con levisita medico sportiva obbliga-

UNA STRAGE

Ogni anno sono 5Omilale vittime di questamutazione genetica

toria per gli agonisti e l'eletro-cardiogramma basale sotto sfor-zo: «É un ottimo sistema di pre-venzione - spiega la dottoressaCrotti - e infatti nel nostro Paesela mortalità dei giovani sportiviè un quinto rispetto ad esem-pio che negli Stati Uniti . La mor-te improvvisa negli atleti vienefavorita dal fatto che quando so-no in competizione allo stresscardiaco aggiungono quelloemotivo. Ma in presenza di unamalattia ereditaria come ARVCla morte improvvisa può mani-festarsi prima che siano eviden-ziabili alterazioni all'elettrocra-diogramma e all'ecocardio-gramma».

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DELCUORENella foto

sopra,il dramma

di PiermarioMorosini.A destra,il ricordoin campo

con il posterdiMarc

Vivien Foè

z Ni j , :