Nuove Effemeridi Siciliane 1300020841
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NUOVE
EFFEMERIDI SICILIANE
DI
SCIENZE,LETTERE ED ARTI
ANNO II.
PAIiCRMO
TIPOGRAnA DEL GIORNALE DI SICIUA
1870
Pl-W((a3.l.3
HARVARD COLLEGE LIBRARY
THE GIFT OF
ARCHIBALO CARY COOLIOGE
NnOYE EFFEMERIDI SICILIANE
ANNO U. DISPENSA I. APRILE 1870
AI LETTORI
Le Bffemeridi Siciliane entrano nel i^ anno con mi-gliori
speranze che non cominciarono ilprimo,attesa la buona
accoglienzatrovata e presso noi e fuori,e gì'incora^amenti
ricevuti dagli onesti e da' dotti.Noi non diremo con millan-tarla
da far ridere che il nostro periodicosia F unico organo
che abbia la Sicilia letteraria,nel quale si raccolgonoi mi-gliori
ingegni e scrittoridell'Isola;perocchésiamo usi ad at-tendere
più che alle paroleai fatti,più che al volume delle
cose al loro valore. Né fa uopo ripetereche il nostro perio-dico
sarà sempre lontano dalla politica.Ma promettiamo so-lamente
di restarci fermi nel nostro indirizzo;e, accogliendo
i consiglivenutici,fare in modo che nel novello anno queste
EfTemeridi rispondanosempre più al loro titolo,coniscrìt-
ture che ma^ormente trattino argomenti siciliani;anzi ag-giungeremo
i ragguaglidelle tornate ieìVAcecuierma di Scienze
e Lettere di Palermo. Quanto poisiasifattonell'anno già com-piuto
dà a vedere lo specchiettoche è Tindice del l^ volume.
Palermo, adda l« Aprile 1870.
I Compilatori
UNO SCOLARE DEL MICELI
0
L*ABATE BENEDETTINO CL IIVAIOLA
O
Il fiorire della scuola Hiceliana in Monreale e per 1*Isola fu ap-punto
nel ventennio dal 1760 al 178f, anno che moriva il Miceli,
e ingagliardivanocontro la scuola di lui le polemiche del camaldo-lese
Isidoro Bianchi di Cremona, le allusioni dello scolopioGiuseppe
GuglieridiOneglia, allora insegnanti in Monreale, ilfrizzo poetico
del Meli e le ire prepotenti del Di Blasi; benché pur da Firenze
il Sicordini difendesse in uno dei periodicidi quel tempo l'illustre
filosofo accusato di spinosista(ì)ye i valentissimi compagni e sco-lari
del Miceli,fra^quali Niccola Spedalieii,contro cui specialmente
eran mosse le accuse del Di Blasi, abate Benedettino, dotto teo-logo
e valente storiografo di Sicilia. Ma, tuttoché, a capo della
opposizionealla scuola metafisica e teologicadi Monreale fosse tanto
illustre uomo quale ilDi Blasi,pur tra glislessi benedettini il Mi-
celianismo tro\ava favore, e fra^ partigianipiù fervorosi fu il gio-vane
monaco Gaspare Rivarola della Badia di S. Martino delle Scale.
Il Rivarola nasceva in Palermo a' 3 di maggio del 1753 dal Prin-cipe
di Roccella Gaspare Rivarola e da Rosaria Vanni pur di nobile
casato; e fanciullo fu educato nel monastero di San Martino, ove fece
la sua professionemonastica e poi fu Priore, finché, già creato a-
(*) Da un* opera sulla Filosofia contemporanea in Sicilia.
(1)Il Sicordini, difendendo lo Spedaliericontro il Di Blasi che lo aveva accusato
di Spinosiita perchè JUieeliano,avverte sul proposito: « è falso falsissimo che la pa-rola
MUeliano equivalga in Sicilia a Spinomia, non avendo essa tal significatoche
nella fantasia riscaldata di chi cosi scrive; come ne sono riassicurato per tante let-tere
d* amici Siciliani. » V. il nostro libretto Della Filoiofiamoderna in Sieiliayli-bri
due, p. 156-57. Pai. 1848.
6 NDOVB EFFEMERIDI SICILIANE
baie del monastero di S. Flavia di Callaaissetla,fu in allimo abate
delPantico Monastero di Monreale. Quivi sedendo ilBalsamo, dotto
e muniflcentissimo Arcivescovo di quellaChiesa,fu ilRivarola fin-ché
visse suo Vicario Generale;attendendo cosi indefessamente
alle cure ecclesiastichee ^gììstudi filosoficie teologici,sino che,
trattenuto a Palermo per grave malattia,
cessava di vìvere in età
di anni settanta ai 20 dicembre del 1822, nel Convento delloSpirito
Santo,che già fu de' Benedettini di San Martino.
lasciò il Rivarola non pochi mss.; che di pubblicatonon c'è
che l'operetta: Dissertazionein cui si prova che Maria Verginesia
stata necessariamente concepitaimmacolata ecc. (Palermo1822); e
sono tutti di argomento filosofico.Furono questimss. per volontà
deir autore cìiiusineir archivio del Monastero di S. Martino,e non
depositatiin quellaBibliotecaa studiarlichi volesse ; anzi sappiamoaver ordinato ilRivarola stesso non si pubblicassero,né si uscissero
di archivio,sia slato perché umilmente sentiva di se, sia stato per
altraragionea noi ignota.Fra que'mss. intanto,oltreglispoglie la
raccoltacopiosissimadi testi di Padri e di Dottori a confermazione
della dottrina fondamentale Miceliana,e scritti propri del Guardi e
delloZerbo,e la traduzione latinache ilBarcellona,dotto padre del-l'
Oratorio,fece del Saggiostorico del Miceli,ilRivarola lasciavalo
Specimenscienti/icumdel Miceli cum adnotationibm Rivarola^ un
Compendiodi Logicasopra ilBaumeister, un Compendiodel corso di
Filosofiadello Zerbo, e di suo un Corso di Filosofia^e un volume
col titolo: MetaphisicesElemeuta ad mentem priorumsaeaUorwn Pa-
trum concinnata.
La BibliotecaNazionale palermitanapossiedeun esemplarema-noscritto
segn. XXXII, E. 88, del Corso di Filosofiacitato,che è
r opera stessa scritta pure in latino con altro titolo;e noi da que-sto
esemplaredelljiNazionale di Palermo (i),abbiamo per lo ap-punto
tiratoi passiche valgonoa darci qualesia stato ilsistema
professatodal filosofobenedettino. Questo mss. che pare se non
tutto autografo,certo riveduto e corretto dalP autore,ha una Pre-fazione
che discorre sullanecessità di una filosofiaappropriataal
parlaredei Padri, seguitada Prolegomeniove si tratta delle due
cognizionideWuomo e dellacertezza rispettivache ne risulta.Indi
(i)Il titoloè: Istituzioni Metafisicheaecomodaie alleespressionide* Padri de*primi
cinque secolidella Chiesa eper V intelligenzadella loro filosofia; per opera e studio
del p. D. Gaspaeb Rivarola Cassinese. Grosso volume di earte 779 a due faccie.
UNO SQOLABE DSL HKEU 7
cominciano i capitolidelP opera , procedendo dalla Ontologiaalla
TeologiaRazionale alla Cosmologia,e allaPricologia; dopo che si
conchinde con una nota sulla interpretazionerazionale del Simbolo
degliApostolirispettoalla Creazione.
Proponevasiilnostro una rinnovazione delP antica fliosoflade^ Pa-dri
a giovamento deglistudi si filosoficie si teologici,stante che
" grandi filosofifurono insieme i Padri tuttidell'anticaChiesa de-stinati
dalla Provvidenza a propagarne le dottrine;né, avvertiva"
può alcuno usurpare nella Chiesa il nome di teologo,né esser cre-duto
adatto ad insegnarglialtri,se non, quantunque illuminato dalle
dottrine dellafede,non sia pure ugualmente filosofo.• Da ciò P in-tendimento
dellasua opera sia come preparazionedella ragionealla
fede,sia come disciplinadelP intellettocredente;e Tobbligo,d'altra
parte,che dava al teologod'*indagareed apprenderela filosofiadei
Padri d^ primisecoli;siccome fonte di ogni sapienza,e via onde
poter camminare con sicurezza nelle ragionidelle scienze sacre.
Pertanto,ponendo innanzi ildisegnoovvero Videa della sua o-
pera e lo scopo del suo lavoro,fermava ilcammino da fare,avver-tendo
: « vedremo prima ciò che essi (iPadri)hanno insegnatoin-tomo
il vero Ente, per poi ridurci alle idee che sembrano averci
lasciatointorno la creazione delle cose, intorno le creature e Pa-
nimo deir uomo, e tutto ciò che vien compreso nelleordinarie partidella Metafisicade' nostri tempi (cioèOntologia,Teologia,Cosmo-
cologia.Psicologia).• Cosi voleva il dotto benedettino che nella
scienza mo"i^na rivivesse Tantica;e collaTeologiacamminasse in-sieme
la Filosofia;massime platonica,allaqualeinclinavano sopra-tutto
i più antichi de' Padri.
I Prolegomenipoi stabilisconola natura delledue cognizioniche
si hanno nelP uomo,cioè la cognizionedel senso e la cognizione
deir intelletto,o megliola cognizionedelle cose composte e quelladel semplice,del fenomeno e della sostanza, dello sperimentalee
del reale. Di più,-altra cognizionesuperiorepuò eziandio darsi nel-
r uomo, cioè lacognizionesoprannaturale,• che consiste nella comu-nicazione
della Sapienzache rialzala natura dell'uomo ad uno stato
soprannaturalee divino,e partecipelo rende delladivina natura • :
da ciò la scienza e la fede,la filosofiarazionale e la filosofiarive-lata,
la teologianaturale e lateologiapositiva.Alla qualedistinzione
che è Miceliana (f),segue la teorica de' principiimetafisicitirata di
(1) Y. il Sa'jgioslorieo di un sistema melafisieodi V. Miceli,p. 152 e segg. nel
nostro libro // Miceli,ovvero V Apologia del SistetiM. Pai. 1865.
8 NUOVE EFFEMEBIDI SICILIANE
peso dalle proposizionistesse delloSpecimensdentificumdel Miceli,deliaqualeopera è questa del nostro una largaspiegazione,in cui
hai insieme tutte le scritture del Miceli e T interpetrazioneo ilsenso
tradizionale che ne davano gliscolari,fra qualiprincipalissimiil
Zerbo per la parte filosoficae il Guardi p^r la teologica.Se non che, lo stesso soflsma,onde la ragionesufficienteè con-fusa
con la ragioneintrinseca,ovvero con V essenza stessa delP es-sere
(diguisache dal principioche niente si ha senza ragionesuf-ficiente,
si conchiude che ciò che é,o V essere, è necessario,ovveroesiste per se medesimo, né si possa dare essere che sia fattoesi-stere
da altroessere, poichésarebbe essere e non essere nellostesso
tempo, ciò che é opposto al principiodi contraddizione);é a capo
delle proposizionifondamentali di questa ontologiadel Rivarola,la
qualeé proprioilcemento delle proposizioniMiceliane , poste in
testo di ogni paragrafo.Qui chiaramente va detto, quasi rispostaalleobbiezioni che si facevano allo Specimendel Miceli,che :
« (§8).Se altridica che non solamente una cosa ha la ragionesuffi-ciente
intrinseca cioè lapropriaessenza in se medesima e ipropripre-dicati,
ma che ha ancora laragionesufficienteestrinseca,cioè in altri
da cui é prodotta;io rispondo,die taleproposizionenon può ammet-tersi
nello stato metaQsico, né può ridursi a principionecessario ^
giacchénon potràmai provarsimetafìsicamente e come una^ pro-posizione
necessaria,che una cosa debba avere in alirila sua ra-gione
sufficiente; poichésupponendoV ipotesiche chi dà la ragione
sufficienteallacosa sia da quellarealmente distintoe^separato,già
suppongo due cose realmente distinte V una dall^altra,e se son di-stinte
può una stare senza V altra,giacchéper ilprincipiodi con-traddizione
ripugnasoltanto che la medesima cosa sia e non sia nel
medesimo tempo, non giàche tra due cose esistenti una sia e T al-tra
non sia. Dunque in quelcaso potreisenza contraddizione alcuna
toglierearbitrariamente quelloin cui é la ragionesufficientedella
cosa, e lasciare la cosa medesima già distintarealmente da quellaperchénon idfm simtd essct et non esseL Dunque non ripugnadarsi
cosa che non abbia ricevuto da altrila sua ragione sufficiente: che
se non ripugnanon può la contraria proposizioneaver luogonelle
scienze,anzi deve assolutamente escludersi.Resta adunque la corta
proposizioneciie : non repugnat dari rem quin ab alio a se distincto
et rediter sejunctorationem sui ipsiussufficientemrecipisset(i).
(I) V. sopra questa proposiziooedel Miceli il nostro libro // Miceli ovvero del-
VEnie uno e reale ecc. p. 272-275. Palermo, 1864.
UNO SCOLARE QEL MIGBU 9
« (§0).La ragionesofficieDleè intrìnsecadellacosa quando la cosa
è essenza di se stessa^senza che la riceva da allro.Ratio sufficiensintrinseca rei est sui ipsiusessentiaquin ab aUo eam recipiat.
• (§ IO).Poste le date definizionine nasce chiara laseguente pro-posizione
: ripugnasoltanto darsi la cosa senza laragionesufficiente
intrinseca: giacchéda una parte ripugnadarsi cosa senza ragionesufficientedella cosa stessa ; dall'altro non ripugnadarsi la cosa
senza ragionesufficienteestrinseca; dunque ripugnasoltantodarsi
senza la ragionesufficienteintrinseca.Repugnatsolum dori rem sine
ratiani sufflcietUiintrinàeca."
Ora, questo sofisma che Aristotileavrebbe detto d'ignoranzadi
elenco,ovvero di conseguenza, così ripetutodal Nostro,condusse il
Miceli airunico Ente vivo e reale: stante siccome si vede,era' con-fusa
la ragionesufficientecon l'essenza,e peròsi faceva intrinseca,
senza accorgimentoche posta come intrinseca,V essere è giàfatto
assoluto e necessario,né altro essere assoluto e necessario possa
darsi che uno, il qualesarà Dio. E veramente il Miceli,e glisco-lari
come ilNostro,stelter fermi allalogica; conchiudendo air u-
nità deir Essere e a porre il mondo come la perpetua novità della
Onnipotenza,o come TOnnipotenzastessa estrinsecamente conside-rata,
laqualeriguardatanel suo essere intrinseco é insieme con la
Sapienzae la Carità uno de' tre statinecessari e immanenti dello
unico Ente reale e vivo, infinitoed eterno.
Pertanto,abbiamo appunto dal Nostro che « dalle precedentidot-trine
devono tirarsiliseguenticorollari:e primo,che la cosa e la
sua ragionesono Tlstesso : Res et ratio sunt unum et idem: secondo;
posta la ragionesi mette necessariamente lacosa, e posta la cosa si
pongono ugualmentegliattributie i predicati, giacché non può
una cosa separarsidalla sua essenza e da' suoi predicati:Posita ra-
tiene sufficientiponiturres, et positare poniturratio sufficieiise-
jusdem rei (t).In questiprincipiistabiliremo tutto ilnostro sistema
metafisico (p.40).•
Cosi procedeil Nostro,dietro le proposizionidello SpecimenMi-
celiano,alPideniità della ragionesufficientecon P essenza reale del-l'Ente,
e dell'essenza con resistenza,e dell'una e dell'altracon
la necessità;si che l'Ente é reale,necessario,uno, sottostante ai
suoi modi, apparenti,contingenti,moltiplici;e nel primo riguardo
é Dio,siccome nel secondo é Mondo; Ragion di agirecon conscienza
(I)Queste due proposizioninon saraivio mai in buona logicaconvertibili.
10 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
intrinseca o Sapienza,e Ragion d'agirecon cognizioneestrinseca
0 Anima; mondo naturale come Volontà fìsica,mondo soprannatu-rale
siccome Carità (I).' .
Posta adunque la natura deir Ente reale,secondo il senso Mice-
liane,cioè che vero Ente e reale sia Tessere che abbia in se stesso
la ragionedel suo esistere,
va dai nostro fermata la proposizione
sessantacinqnesimache ammesso f mie reale ripugnaqwAwMpte al-tro
ente rede; e aggiunge di piA:« che unica siaT essenza ed uno
il vero ente, in guisa che tutto ciò che esistenon esistain se stesso,
ma in queirunico e solo,è una dottrina non solamente certa tra^
Padri della chiesa,ma tra' filosofiancóra cosi antichi che moderni
(p.119).• La qualeproposizionevuole intanto ristrettacol senso
di molti luoghicitatide' Padri,onde conchiude: e le creature dun-que
secondo i Padri non sono veri Enti,^acci)òil loro essere non
è indipendente-e separatoda Dio, ma T essere dellecreature è quellostesso che glicomunica Iddio : il buono delle creature è in Dio
,
ch^dahii glisi partecipaa tenore della sua libera volontà.;Inesi-stenza,
la sussistenza,la forza,la vita,la virtù,e qualunquealtra
cosa di positivoche osserviamo nellecreature,è tutto in Dio,e da
luiad esse partecipato,non giàche Tessere delle creature sia Ti-
stesso e^ere di Dio (che è assolutamente impartecipabile),
ma è
in Dio e da luipartecipato....Per ora ci basta conoscere che se tutto
il buono delle creature ed il loro essere è in Dio,dunque un es-sere
solo dobbiamo ammettere ; giacchése niente altro esiste che
Iddio e le creature, non può ammettersi altro essere che quellodi
Iddio e quellodellecreature : se queste T hanno in Dio,dunque non
resta che un solo essere ; dunque T essere è uno; né v' é altroEnte
reale che T Uno (p.121)...." La differenza che passa txa Dio e le
creature si è che Iddio solo è veramente, e le creature non sono
se non in quanto partecipanodelT unico essere; ia guisache illoro
essere non è proprio,né sono in loro stessi,ma da Dio (p.123).
Pertanto,si ferma T altra proposizioneche è pur miceliana,cioè:
e dato TEnte reale tutto ciò che è o può concepirsidi reale con
lui si identifica(p. 125)." Tutte le realtàsono delTEnte reale,che
è unico,perfettissimo,infinito; stantechè ; « quando supponghiamo
altroEnte separatodall'Enteinfinito,togliamoinsieme Tinfinitaper-
(1)Altrove,cioA neUa prefazionee nelle note ai due volami sul Mkeli, abbiamo
avvertili i riscontridella dottrina del filosofo Monrealese con lo Schellinge THi^gel,
eoi Lamennais e con Io Schopenhauer,né quioccorre ripeterli.
UNO SCOLARE DEL MICELI II
fezione dì Dio, giacchévi sarebbe oltre a lui altrobaono che a lui
mancherebbe tp. 131): • Ma, in questa equazionedi ogni realtà
coir Ente reale,che è Dio,è da attendere,secondo ilNostro,che gli
attributiintrinseci« siccome altronon denotano né sono che lastessa
sua natura, cosis'identiflcanoperfettamentee adequatamente con lui.
Le azioniperòda quell'essereprodotte(esono le creature),lequali
non esprimonola sua essenza, ma hanno soltanto ragionein quella
e sono effettidi quellacausa efiSciente,non si identificanoperfet-tamente
con quella,perchénon sono nò costituiscono la sua natura,
ma soltanto inadequatamente,in quanto non possono sussistere se
r essere istesso non glicomunica V essere e la forza,senza peròco-municare
né la natura del suo essere, né la natura della sua forza»
ma restano sempre inerenti a lui.» É T identità che passa tra l'a-zione
e r agente : " e siccome ilpositivodi qualunqueazione e ciò'
che somministra Tessere alPazione é una perfezione,cosi siccome
Tessere delT azione ossia ciò che òdi reale nelT azione si identifica
ed appartieneal vero Ente, ugualmentecon lui si identificaqua-lunque
sua perfezione(p.129 retro)." Se non che, il Nostro fa a
se stesso questa domanda : " Cosa dunque diremo delle creature ?
hanno esse T essenza propriaé distinta,
onde siamo costretti di
toglierea Dio T infinitaperfezione? o sono esse T islessacbsa con
Dio ? i E rispondesubito : « L'uno e Taltroé un assurdo. Due cose
dobbiamo considerare nelle creature,
T essere e la mancanza del
medesimo, o sia ilpositivoe ilnegativo.L'essere,propriamente
parlando,non conviene alle creature, ma é in Dio ; la privazione
di ulteriore essere, o sia il negativo,conviene a lofo: quindisi ri-cava
che ciò che costituiscela creatura é Tessere con la mancanza
di ulteriore perfezione,o sia,la mancanza di ulteriore perfezione
forma Tassenza dellacreatura (p.131 retro).
• Per lo che,come ilbuono e Tessere sono perfettament)inerenti
a Dio, formano un perfettobuono, integroe senza alcuna mesco-lanza.
Quando però T essere é comunicato alle creature, non é piùin esse un buono semplicee perfetto,perché é unito allamancanza
di ulteriore realità,ed é in esse un bene limitato e composto. Sia
per es. T estremità di una linea: Cosa é mai che costituisceilpunto
che é il fine tlellalinea? Certamente lasola mancanza della linea,
0 sia il finimento della stessa. Imperciocchéil punto in se stesso
né può chiamarsi estremità,né finimento delT estremità,ma la
mancanza di punti ulteriori costituisce quelTestremo della linea
(p.133).....
Nella Cosmologiapoi la dottrina Hiceliana va ripetutapiù net-
12 NUOVB BFFBIIEIUDI SKIUANE
tamente; che, posto che TEnte yìvo sia forza o ragionecofM-
nna di agire,e « la forza realmente non si distinguedalP azione,
come lan^one sufficientenon si distinguedallacosa medesima di
cui è ragione,né dall'Ente stesso che agisce,ma con lui si iden-tifica
• si che « r istesso Ente in quanto denota molti attualisforzi
si chiama forza ; in quanto si considera in astratto,cioè come pre-dito
di forza si dice Ente vivo, o sia attuoso;in quanto si consi-dera
per P attuale conato si dice statolo sia modificazione o azione
(p. Ii3),• le creature non sono che azioni o modificazioni dell'u-nico
Ente, sempre nuove, e però contìngenti,finite,moltìplicr,im-perfette,
quando PEnte vivo è eterno, necessario,infinito,uno, per-fettissimo.
La definizionedellasostanza conduceva ilNostro allastessa
conclusione delP unità delP essere,che è cosi chiara parlandodel
Mondo; e b uopo quiripeterela distinzionee definizioneche ci dava
sulproposito,in questitermini: • La sostanza è reale,o sperimentale.La sostanza reale è V istesso Ente reale,che ha il proprioessere,e che perciòha in se stesso la ragione sufficienteperchèsia. I«a
sperimentaleè quell'Ente,che noi sperimentiamocome perdura-bilee modificabile quantunque realmente non sia tale,e che non
sussistain se stesso, ed altro non sia,che un modo estrinseco della
sostanza reale,come siè detto parlandodell'Ente vivo. I^ sostanza
reale può chiamarsi pure sostanza prima ed inerente : le sostanze
sperimentalisi possono chiamare sostanze seconde o create. Se si
dà l'Ente vivo ed infinitonon può darsi che unica sostanza reale;
tutte le altre sono sostanze seconde,o siasostanze esperimentali;giac-chédato l'Ente vivo infinitonon si dà che unico Ente reale,come
si è provato, con cui si identifical'essere di tuttiglialtrienti e-
sistenti.Dunque ilsolo Ente infinitoè Y"'ra sostanza reale; dunquer altre sostanze non sono sostanze reali
,ma sostanze esperimen-
talie sostanze seconde. E perciò non si dà che unica sostanza
reale (p.463)" Da ciò ladistinzione nel Mondo del positivoe del
negativo,come una estrinseca limitazionedellaSostanza che è forza
agente in continua novità di statio modi e termini di sua azione,dai
qualiprocedela contingenzao iltempo,perocché« nessuna azione
di natura non può essere eterna, quando l'Ente vivo è sempre l'i-
stesso in qualunqueazione. Consideriamo una ruota che sempre giranel suo asse ; sempre cambia sito la sua periferia,ma è nelPistesso
asse (p.391).» Onde, e il Mondo è lo stato delP Onnipotenzache
continuamente agiscee uno stato della medesima,
come P onda è
lo stato dell'acqua,che si muove ed agisce.In istiettosenso P acqua
non è onda, dapoichè se non s'inalza in globo P acqua non può
UNO SCOLARE DSL mCBU 13
prenderela figuradi onda,né frattantopossiamonegare die I onda
non siaacqua. L^ onda dunque né è 1 acqua, né può dirsiche non sia
acqua, ma é un' azione ossia un termine dell istessaacqua. Di più,razione dell acqua considerata da per se sola se non é congiunta
con la carenza di ulteriore acqua non può formare Tonda, giacché
Tonda non é altroche una partedelT acqua, che dal moto delle parti
contiguesMnnalza sopra ilresto del mare che ha nelT intorno nella
sua quiete.L' azione dunque delT acqua che é un certo positivo,e la mancanza del rimanente dell'altraacqua nello stato delTonda
costituisceTonda (l).CosiTOnntpotenzache continuamente agiscené
é mondo, né é non mondo ; ma é la vitadi Dio. Se però a queste
azioni 0 siaa questo stato glisiunisca la mancanza di ulteriorepo-sitivo
e di ulterioressere abbiamo ilMondo. Onde, la creatura per se
stessa é niente. Questo niente peròunito alleazioni delTOnnipotenzacostituisceil mondo. E quanto più o meno di positivoderiva alla
creatura,e quanto più o meno di perfezionederiva e si comunica
dalT Onnipotenzaa questo niente,piùo meno di perfezionesi trova
nellacreatura. Onde ne siegueche la creatura sia un termine delle
azioni di Dio onnipotente(p.415-16)....e legittimamentese ne in-ferisce
che ilmondo altro non sia che le azioni delT Onnipotenzache tra loro estrìnsecamente si conoscono; o sia meglioTOnnipo-ìemsi che conosce estrìnsecamente se stessa: ed ò a tuttipermesso
dapertuttovedere T aspettoe T intrinseca(àcciadi Dio onnipotente.Onde, ilmondo non può dirsiche sempre é stalo poichésempre fu-rono
ed esistetterole azioni delT Onnipotenza; ma alloracominciò
ad esistereilmondo aspettabilequando T Onnipotenzain quelmodo
ha operatoquantoestrinsecamente avesse conosciuto se stessa : onde
ne é nata la espressionede' teologidi opera ad extra (p.420) ".
La libertà di Dio nelle sue azioni conchiude la Cosmologia alla
qualesegue la Psicologiarazionale tutta nel senso del ìiìceli,sic-come
la Ontologiae la Teologia,e la teorica del Mondo già raccolta
ne^ passicitati ed esposta largamentenella scritturadel Nostro. La
quale,siccome sopra si é detto
,é sempre un largoe fedele ce-mento
del sistema Miceliano,di cui per ordine si rìpetonole pro-posizioni
fondamentali,sostenendole con sentenze tirate da' libri
dei Padri e dei Dottori cristiani,e con luoghidi filosoficosi anti-chi
come moderni, da Pitagorae Senofane a Cartesio e al Wolfio.
Linguaggioe similitudinisono sempre e di peso da' librìdel Mi-
(i)Qui il ms. leggecostiluUee U mare,
ma ò evidentemente errore materiale di
peona.
14 NUOVE BFPBMERIDl SIGIMA^E
celi,OYe appunto trovi V esempiodella ruota e dell'onda del mare
e similiy
e fin l'ultima frase della Ontologiadel Nostro,cioè nel
mondo aspettabilenoi avwe innanzi come la facciadi Dio. Se non
che, le opposizionigiàfatte al Micelierano sentite pure gravissime
dal Rivarola ; e, poichénotava, siccome pur aveva fattoilMaestro,
la difiérenza del sistema delPEnte vivo dallateorica Spinozianadei-
Tunica Sostanza sotto i due attributidel pensieroe dell'estensione;
aggiungeva allaPsicologiaun'appendicein dialogofra luiautore e
un amico oppositoresulP argomento della immortalità dell'anima,
la tesi più formidabile a ognisistema panteistico;e indi dava a com-pimento
delle rispostein difesa del sistema una prova dellaimmor-
taHià deWanitna,nellaquale,siccome dissialtrove,è lo sforzo mag-giore
che ilpanteismoabbia fatto per salvare dalleconseguenzedell'unità dell'Essere questo domma, più che dellafilosofia
,della
coscienza universale del genere umano.
continua) Y. Di Giovanni
DELL'ANTICA CANZONE M LISAKETTA
aiATA, DAL BOCCACCIO
LETTCBA AL CH. PBOr. YINCEMZO DI GIOVANNI
Palermo
AniGo RivERrnssmo,
É ben nota a chiunque pregiai genialisludii,e a voi singolar-mente
che ne ragionastenel Borghini 1),lapietosastoria della Li-
sabetta,narrata dalla Filomena per quinta novella nella giornata
quarta del Oecamerone; ma non è generalmentediffusalaCanzone,
che a nome della misera giovane fu composta nel sec. XII o Xlil
ed era ancora cantata nellagiovanezzadell'insignenovellatore.Anzi
(1) Anno 1. p. no.
dell'antica canzone di usabetta, ec. 15
sono certo essere aglialtriavvenuto quelloche a me io leggendo
queH'aureo volume, cioè,cUe giunto alla One del lagrimevolerac-conto,
ed ivi trovandone ilprincipio,senza la continuazione, mi
si destò vivissimo il desiderio di possederlae gustarlaintera sino
all'ultima sillaba.
E tanto per la brama di averla ^tt' occhio,
e meditarla da me
medesimo ; quanto perchèfa parte del Parnaso insulare del primosecolo,ed ìia tutti i caratteridi essere siciliana,come voi ben dite;
soggiomaiidonelP anno trascorso in Firenze,vollitrarne copiada-gli
antichi Godici,e confrontarlacon la stampa,che ne fece ilPo-liziano
nel 1668,senza fermarmi alla recente, che reputo poco ap-purata
(I).Fortunatamente ancora esisto T antica manuscritta a pa-gina
28 retro, God. 32,Pluteo 42 della Laurenziana,notabilmente
diversa da quellapubblicatanel 1S68. Oltre alle minori varianti,è
nel Godice in principiouna stanza di più,e nellastampa sono quat-tro
versi allafine,mancanti nel manoscritto. Gome or la leggiamo,è certo assai mutata di quando usci dalla mente del poeta, che la
compose. Manifestamente ilPoliziano la trasse da un Godice diverso
del Laurenziano, e quelloo è perduto, o io non ho avuto la for-tuna
di ritrovarlo.Tutti e due hanno difettodi rima, versi mon-chi
,parolescorrette. Essa nacque probabilmentein Messina
,e
dopo di essere stata cantata da giullarie menestrelli per tutta Ita-lia
,e fatta quindicelebre dal Boccaccio
,(u consegnata a' Codici
nello scorcio del secolo XIY, e ducent'anni dopo ilPolizianoe Lo-renzo
ilMagnificola tramescolarono a' loro canti; ma di già mu-tila
e adulterata.
Sicilia,seguendo suo modo,
Gome fontana viva,
Che spande tutta quanta,
crea poesieoriginalid^ognimaniera,se ne deliziaalcun poco, e in-
ebbriandosi nelle novelle ispirazioni,le prime dimentica e abban*
dona al mare deir oblìo. Perciò invano cercheremo fra noi questa
Canzone, o T altra
Bella,ch^ hai lo viso chiaro,
inedita tuttora e da me scopertanel decorso anno,
ma serbataci
(!)Canzone a baUo composte dal magniGcoLorenzo de' Medici e da Mescer Àgnolo
Poliziano e altri aatori,insieme colla Nenda di Barberino, e la Beca di Nicomano»
composte dal meilesimo Lorenzo. Novamente ricorrette.— Senza data di tempo o di
luogo;ma certo stampatein Firenze nel 1568. Ivi a pag. 30, N. ii4, é la Canzone
di Lisabelta.
16 nuove'EFFrasaiDl SICILIANE
ancor essa dallagentileToscana; come tante e tante altreche quinon ricordo. Questo è per noi sommo bene,ma non senza un qual-che
male,dapoichèignorandosicolà il nostro dialetto
,oltre alle
mende sopradette, vi sono aggiuntequelleprovenientidair igno-ranzadi esso, e quindile due sopradetteCanzoni hanno patitomo-dificazioni
improprie,che noi solo possiamoscovrire e sanare. Se
il Redi,che tanto pregiavailsiciliano,che tanta partedelle poe-sie
nostre raccolse,
non lo seppe scrìvere correttamente, quanto
strazio non doveano fame gP indottiamanuensi?
QuestaCanzone è il vero ritrattodell'infanziadellapoesiae della
linguanuova, ed è di poco posterioreallaTenzone di Ciullo,maanteriore alPAccademia di Federico Cesare. E senza internarciquinel laberinto delle ricerche della favelladel primo secolo,a.^ do-lorando
lo sciupod'inchiostro e di tempo, che si è Cattoe si fa
da' nostri linguai,io credo fermamente essere stata dettatanella
favellaletterariad'alloracostituitadi elementi puramente dialettici
italiani,e che non risiedendo stabilmente in nessuna parte del bel
paese, era patrimoniodi tutta lanazione,checché bocino i pseudo-toscanicontro quelmiterino spatriatodi Dante Alighieri.La lingua
nostra,e cosi le altre,è stata universale,dupliceed una.
Con questa stregua ho tentato di rintegrarequellafamosa Can-zone,
valendomi del Codice Laurenziano,della stampa del 1S68, e
dei tesori del nativo idioma : cosi scegliendole variantidi qua e
di là,ristaurando i versi,le rime o le assonanze, e tornando alla
loro ingenuitài vocaboli,mi sono sforzato di ridurla a grado di
leggersiintera,senza visibiH errori e lacune. T\ sono riuscito?Ne
dubito. Auguro ad altrila fortuna di scovrirne copiapiù esatta,o
di darla airItaliacome la prima volta suonò sullecorde dellaman-dola
del poeta messinese,che allaspiaggiadel Faro commiserava
i casi di Lisabetta e Lorenzo.
Voi, mio riveritoamico, graditeintanto T offertadi un fiore,il
di cui olezzo non cede a quantialtriimbalsamarono le aure de' siculi
giardini, quandoancora di veprie di rovi.non era sgombraV Italia.
Aci, febbraio 1870.
LioNARDo Vigo
18 NUOVE EFFEMERIDI SIQLIANE
Tanlo bella eh' allombra vi stacia(1),
Ed era dalla gente invidiata,
Fammi forata e davanti alla portai
Fummi furata,e davanti allaportai
Dolorosa,dUimé, ne fui «Tassai;
Ed io la meschinelta,oh foss'io morta t
Tanto era bella e cara V accattaif
E pur TaltrMer chT n'ebbi una malscorta (2)
Bei mio signoredie cofanto amai,
Tutta r attorniaidi maiorana.
Tutta r attorniaidi maiorana,
E ciò di maggio fu di quelbel mese :
Tre volte lo inaffiaila settimana,
Che son dodici volte ciascun mese.
D'un' acqua chiara di viva fontana:
0 mio signore come ben s'apprese!
Or è paleseche mi fu raputo (3).
6r è paleseche mi fu rapato,
Ed ohimè non lo posso ritrovare !
Sed io davanti l'avessi sapulo
Quello che poi mi doveva incontrare,
Davanti V uscio mi sarei jadulo (4),
Sol la mia beUa grasfa per guardare!
Potrebbemene aiutare l'altoIddio.
(i) Staeiaà daU' antico ttaeire o staglreper slare. Cosi Bocsto dì Uaioaldo Slo-
rta Aqoil.n. 881 :
Per r inimici intorno che ad Aquilasiagia,
e n. 30i Anni mille trecenla venl'otto $tagia,
Antonio di Buccio n. 81 :
Quefticfellaterra in pace se fiagia.
Il canto popolareantichissimo dice :
Santa Lucia *n cammira stacia^
Oni tisseva ed argcnlu cusia.
Questo verbo è ancor vivo in Sicilia.
(2) MaUecn-ta qui vale avviso, presentimento.
(3)Nella sUmpa si legge:
Ror è in paese chi mi 1''ha raputo.
Nel Codice : Or é in paleseche mi fu raputo.
Ho seguitoquestalezione»perchèè in armonia col resto cfelfaCanzone.
(4) Jaeiuto, nell' uso comune il partecipiosi concorda nel genere come l'agget-tivo,
ma presso gliantichi in Sicilia questaregolanon è costante. Qualsiasidonna
fra di noi direbbe senza scrupoli:Jtft avria curcaiu davanti la porla, e perciòdi
tali discordanze di genere ne troviamo ìug. Villani,Boccaccio,Petrarca, Dante, ec.
dell'antica canzone di lisabetta, eg. 19
Potrebbemene aiulare l'altoIddio,-
Se eglifusse di suo piacimento,Deli'uomo che m' è stalo tanto rio,
E'che m'ha messo in pena ed in tormento,
Che m' ha furalo il basilicomio,
Che era pienodi tanto ulimento (1):Suo ulimento tutta mi sanava.
Suo ulimento tutto mi sanava,
Tanto avea freschi e dolci li suoi olori!
E la mattina quando la inadìava,
Ed era su la levata del sole.
Tutta la gente si maravigliava
U'onde venir potessitanto autore?
Ed io per lo suo amor morrò di doglia(2).
Ed io per lo suo amor morrò di doglia,Sol per amore della grasta mia:
E chi me la insegnassior di sua voglia(3),Farebbe grande onore e cortesia (4):
Cenl^ ODze d^ oro eh' i' ho nella fonda (5),Che foioseforse glienedoneria,
E doneregliun bacio in disianza (6).E doneregliun bacio in disianza
Sol per amore della grasta mia,
E sempre alla sua vita sarei amanza:
Chi guasta cose altrui fa villanial (7)^
(1) Ulimento, olori,autori,voci antiche, dal latino ateo,io olezzo,
(i) NeUa stampa si legga:
Ond' io per lo sao amor moro di doglia.Ho preferitola lezione del Codice.
(3)Di sua voglia,spontaneamente, di soa volontà»
(4)Nulla stampd si legge: Farebbe grande onore e coilesia,cbe ritengoprefe-ribile
al Codice, ove è scritto.
« Volentier la riccatterìa.•
(ò) Fonda. Nella slampa si legge: nelle mie foglie,e per ragiondi rima io a-
vrei detto fogliae conservato la legione,se avesse avuto senso ; ma trovando net-tamente
fonda nel Codice Laurenziano, preferiscola proprietàe la chiarezza alla
rima e accetto fonda,che presso gliantichi,come Brun. Latini,M. Villani,Bnti,
Fra Giordano, e vale borsa da contener danaro.
(6)Disianza, generalmente vale desiderio come in Dante; ma qui é qualche
cosa di più. Ltsabetta promettea baciarlo con affetto,gratitudine,entusiasmo.
(7) Nella istampa é chiuso il canto con questo verso :
E fa grandissimopeccato,
ripetendoil nono del principio;io lo noto senza accoglierlo.
DEI YOCABOLARI SICILIANI
La Siciliaporta a giusta ragione il vanto di aver dato air Italia
non solo ilprimo vocabolario della sua lingua,ma anche quellodel
suo più illustredialetto.Niccolò Valla da Girgentìe Lucio Cristo-foro
Scobar da Siracusa,tra glianni Ì5i6 e i820 pubblicavano,Tuno un Vocabularium vulgarecum latino,P altro un Vocabolario
sicilianotradotto da quellolatino e spagnuolodi Elio di Lebrixa.
Per quei tempi te opere loro erano quanto di più pregevolepoteasperarsinon che da Siciliani,ai qualiper le scarse comunicazioni
doveano far difettoi libri,da scrittori della penisola.Fabrizio Luna
non avea tratte ancora le sue Cinquemilavoci toscane dall'Alighieri^dal Petrarca,dal Boccaccio e dall'Ariosto;non peranco Alberto Ac-
carino avea pubblicatoil Vocabolario,grammaticaed ortogra deUa
linguavolgare;non la Fabbrica del mondo e le Ricchezze della lin-gua
vulgaresopra U Boccaccio Francesco Alunno. La stessa Acca-demia
della Crusca non era naia ancora, e un secolo dovea passare
priadi vedersene messo in luce ilgià tanto celebre vocabolario.
I Siciliani,Aglidi una terra che fu detta la madre
De la linguavolgar cotanto in prezio^
non si rimasero dal continuare e migliorarle opere de' due lessicografi,
e come per la linguaitalianaseguironoV esempio del Vaila,cosi mo-dificando
e riducendo a nuovi e più alti intendimenti il concetto
delloScobar, vennero con lanlo ardore applicandovisiche oggidopo
tre secolicontano da oltre a venti vocabolari tra stampatie mano-scritti.
Questa si chiama ricchezza vera, e noi tralasciando per ora
l'operadel dotto filologodi Girgenli,di tutt'altromeritevole che di
un breve cenno, verremo dando contezza di questilavori,dello in-dirizzo
preso in tutto questo tempo dagliautori^e degliacquisti
novelli che essi bau fattocoi lumi che appresta oggidìlo studio dei
dialettie delle tradizioni popolari.
II Vocabolario dello Scobar (I)è diviso in due parti.Una pre-
(1) Vocabularium nebriisense : ex UUifw sermone in sieiliensem el kispaniensem
denuo traduclum. Adjuntisinsuper L. GfHslophoriScobaris recondissimis addUio-
nibus etc. Venetiis,impressumper Bernardinuin Benalinni, 1520.
DBI VOCABOLARI SIGIUANI 21
lezione in tre iiogae,latina,siciliana,castigliana,precedelaprima.Nel classificarle parolein osche antiche,nuove, barbare ed appro-vate^
r autore si fa a sostener principiiche più giadiziosinon so-stennero
retori vecchi e criticinuovi. A propositodelle voci barbare
dice essere inlamia V usarne. De' neologismipensa doversene in-trodurre
solamente al bisogno; e come Cicerone da beatus fece
beatitas e beatitudoe Francesco Filelfostampeddada stampa, del-
r egualmodo molte paroleeglidiede che sembròglientrar doves-sero
nella linguae nel dialetto.Sopra di questo sarebbe da avver-tire
che non sempre lo Scobar fece secondo ragionfilologica: molte
voci del suo libro non persuadendofinora donde poteron derivare,
e perchè e non altrimenti debbano essere state formate ; e però
uno studio sarebbe necessario per vedere qualinorme tenne ilno-stro
vocabolarista in siffattoprocesso di formazione, qualivoci ag-giunse,
qualinon sicilianedal castiglianotraslatò.Conciossiachè,svd-
gendo attentamente quest'opera, lo studioso entra subito in sospetto
che molte voci non sieno state allora comuni, ma piuttostoitaliane
in uso da luisicilianizzate,ovvero sicilianevolute ripulirdellaforma
esterna; sospettoche si avvalora quando per la nessuna differenza
ortograficanon puossiarguirea qualivoci presentile passatecor-rispondano.
L'ordine è alfabeticoper le sole voci latine del primovolume e per le sole voci sicilianedel secondo ; ma neir uno e nel-
r altro il sicilianoci scapila,come quelloche sta sempre subordi-nato
al latino;e mentre un sol vocabolo si spiegacon due O/tre
vocaboli siciliani,qui,cioè nelP ordine alfabeticosicilianoin cui la
paroladovrebb' essere una, il metodo non è più sbrigativoné piùlibero pel dialetto.Due citazionichiariranno ilfatto : nellapartepri-ma,
alla voce charoninm corrispondefetu incomportabili; nellase-conda
in cui ilsicilianopotrebbeaver dal latino quel che esso gli
dà nellaprima,si leggebactagla(1)(baltagghia)stisa acies; bacia-
glaandandu, agmen; bactaglaa squatra, cohors; arumpiri,eu-
neus; principali^praesidium; quannu siincontra proelium;
junta,exerpitus. Donde chi non vede chiaro ilvolgarizzamentodel latino? Lo Scobar è ricchissimo di vocaboli;pregionon a ba-stanza
lodato. Molti di quelliche paiono delle ripetizioniforse tali
non apparirebberose fosser definiti.Abusò di nomi verbali in ento.
(1)A* (empidello Scobar reggeva quesla voce nel senso di schiera,iqtiadrone,ed
anche di banda o compagnia de* soldati descrìtti,
i qualisoldati presi insieme si
chiamano battaglione.
22 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
e non ci lasciòmolli diminuilivi,peggiorativie vezzeggiativi
,e
quasinessun participiale.A' dì nostri questo primo lavorò va me-glio
studiato che consultato,perchè assai malagevoleè colP orto-grafìa
del tempo trovarvi un vocabolo di cui si va in cqrca.
Non potremo stabilirla data in cui ilpalermitanoVincenzo Au--
ria.scrìveva ilsuo Vocabolario,che rimane tuttavia inedito nellaBi-blioteca
Comunale di Palermo (I); ma certo è opera del sec. XVII.
Ha buon numero di voci con qualcherara definizione specialmente
verso il mezzo e la fine,molte delle qualison prette italiane.La
ortografiaritiene poco del dialetlo,parendo a noi che TAuria a-
vesse voluto nobililarla dicitura.Verso la fine.
V opera diventa
ricca più che in principionon sia,ma con tutto ciò non lasceràdi
esser modesta nella sua mole. Pochissime osservazioni aveva egli
preso a scrivere sulle letteredelP alfabetonel siciliano,ma esse non
hanno sempre una esatta applicazionenella forma delle parolea-
dottata dalPAuria. Si vede che egliprendevadegliappuntisoltanto,
e metà del libro sì riduce a vocabolidialettalipostia raffrontocon
quellidella Crusca compilatada Adriano Politi.E qui è notabile
una sentenza oggidìsostenuta da vari scrittori viventi,cioè che la
linguaitalianasia senza differenza lalinguache parlasiin Toscana.
Presso a poco dello stesso stampo, ma piùcopioso,ilVocabolario
dello Sj^atafora(2)è molto italianonelle voci delia linguacomune
corrispondentiallesiciliane:salvo che qua e colànon sieno queste,per
poca osservanza delle aferesi, poco ben allogate.L'autore racco-glieva
dal popolo,raramente da' libri,(diqui lo scarso numero di
arcaismi)e però diede voci che ad altricercherebbonsi invano. Per
la prima volta rivolse V attenzione a' derivativi,a' sensi figurati,a
qualcunodelle migliaiadi proverbinostri. Altre siciliane,altre ita-liane
son le definizioM cui tien dietro ogni tanto un esempio clas-sico
italianoo Ialino.
Terzo dei vocabolarisicilianimanoscritti viene quellocopiosissimoin quattrogrossivolumi del P. Onofrio Malatesta da Palermo,com-pilato
tra gliundici anni che corsero dal 1697 allafine del 1707.
Il titolone raccoglieilcontenuto, ed esso è : La Crusca di la Tri-
nacria,cioè Vocabolariu sicUianu,neUu qualinon sulanienU li pa-
(i) Vocabolario siciliano ed italiano compoilo dal Doli, di Legge D. VmcRNza
A UHI A paUrmilano.Ms. Qq. A 20 in 8.*
(2)Dizionario siciliano del P. Placido Spatafora. Volumi IV in 8.» Mss. t. Qq.E. 30-32 (mancando il yoI. II)della Biblioteca Comunale di Palermo.
DEI VOCABOLARI SiaLIANI 2S
ralt, ma ancora U frasie ìn$di di lu parlaridi dUstu Regnu si
Wasportanu allafavedda taliaiiaed alla diéma latìnu,accrisciutu m
maggiuriquantitàdi metafory arguzy, mutti eproverby,adunuUn
di frasiorcUory e puetidiie ccu li sinonimi,epitetie tuttu quantn
ehiddn affarti liberalie miccanichi ccu la nutizia di li citati,terri,
casleddi munti, xkiumi di P isola;nomi di ii titulie famigghidU
n* appirtéla ^nvistitura,e chi a la jurnata lipussedinu.Opira uti^
lissima e necessaria ad ognilUtiratu e spicialmentia lipridicaturi;
sigritary,traspurtatnrie profissuridi linguichi ccu proprietàlivur*
rannn traslatari,sapiripri iddi,o insignariad autri,cumposta da
lu R. P, NoFBHi BlALAtmA^ fm/bfvri di sacra teologia^e pridica-
Uri a TanilMi di liMinimi di S. Franciscn di Paula. A differeon
dell'Asrìa,la cui opera non ha da far nulla a petto della citala,W
Halatesla defloisce in sicilianoi Tocaboli siciliani,Tacendovi molto
spesso seguireil corrispondenteitaliano,e sempre il latino od al-cun
testo dell'aurea latinità.Non bene sceverala vi è la frase,e
lalora per formarla è presa una semplicequalificazione;perchè, a
vedere, T amoroso vocabolarislabadava piùa tradurre dall'italiane
e dal latinoche a prender dalle bocche parlantile sue voci;pra-tica
questa cernane a buona parte de' nostri,i qualisi argomen*
lavano poter apprestareil tesoro del dialetto rimanendosicultori
solitaridelle lettere e deglistudi filologici.IlVigo, che nel 1837
leggevaall'Accademia di Scienze e Lettere di Palermo un assen^
nato ed eruditissimo ragionamentoDdla sicilianafaveUa,d^ stm
lessicie lessicografi(f),ebbe a notare che ilìialatesta • non bene
allogai vocaboli,e più le frasie te voci scientifiche non ispiega
scientificamente,nò tutte registra;• difettoeh' egliè diOBcilenon ri-scontrare
in opere consimili di quel tempo e di tanta mole. Noi
vogliamo aggiungereche, pochicasi eccettuati,l'ortografiasiciliana
del nostro supera quelladei suoi predecessorie di altriche ven-nero
appresso; e ciò avvertiamo a merito singolaredel Malatesta^di cui è a lamentare che l'operapresa a pubblicarsis'arrestasse in
sui bel principio, con danno inestimabile di quantidopo di lui a-
vrebbero potuto usufruirne glistudi.
Col Malatesta e "joirAnonimo (i),degno più deli'Auriadi esser
(1)Il Vigo dimosiraya in esso ilbisognodi hh yocaI»olario di tutta risola e non
^i Palermo soltanto ; al qualiun'intiera accademia e non un individuo poteva dar
nano. Parte accogliendo,parte re:spingendole ragionidel Vigo»i4 mircli^se iMortil-
laro risposea questo ragionamento.
(2)È senza frontispizio,e nellaBiblioteca Comunale porta la segnatura 2 Qi. C.54.
Ila pag. S22 a due colonne, e corre citalocol titolo Vocabolario manoicrillo antico*
24 NUOVE BFPBMERIDl SIGIIJANE
consultdto per la molla sua precisionee ricchezza di voci trasan-date
daglialtri,e per la buona dizione,hanno fine allaprima metà
del sec. XVIII i vocabolari sicilianinon mai fln quistampati(f).Del-l'
anno 1751 si ha il primo dei Ire che nella seconda metà di quelsecolo segnarono ilprogresso della Sicilianeglistudi dei suo dia-letto,
vogliam dire il Vocabolario siciliano-italùmodi Michele Del
Bono (2).Guardato dal punto di vista delle volontarieomissioni esso
ha de^ difettigravi;né T autore se ne arrecò gran cosa, anzi nella
prerazioneaffretlossiad annunziare avei: bandito gliesempi tutti
de*"nostri autori,i teriìuni delle arti e delle scienze,le voci del
regno^ la geografìastraniera,i termini bassi e antiquati,le defini-zioni
ed altre cose simili,come poco necessarie aglistudiosi.D^ al-tro
lato però esso ha il merito grande ma raro ne' nostri antichi
di conoscer bene V italianoe di giovarsenea tempo e a luogo.Il
Del Bono doveir essere in Roma, che spesso cita voci e modi ro-mani.
Più dello Scobar ha de' nomi e degliaddiettivi alterati,ma
come lo Scobar ha frasiinutili,riducentisi a pure e semplicipropo-sizioni.
Quel che ilgesuitaDel Bono credette in parte difettodel suo
Vocabolario (e diciam per una parte stante che nella seconda e-
dizione eglifu meno esclusivo e men dittatorein ordine a gusto)costituìpelprotopapa della chiesa dei Greci di iMessina GiuseppeVinci un pregiodel suo Etyfnologicumsiculum (3).Qui non ita-liane
né sicilianeson le spiegazionidei vocaboli siciliani,ma lati-ne,
e nel latino e nelle altre favelleun tempo parlatein Siciliason
ricercati con isvariata erudizione glietimi delle voci stesse. Qui pa-rimenti
non son trascurati vocaboli di fuori Palermo,anzi molti ve
ne hanno peregrinidell'oriente delP Isola, per incuria od errore
(1)Non è giàche qualchelavoro lessicograficonon siasipubblicatonei primicin-
quant*anni del secob passato,perchèilSerio nel IV voi. di sue Giunte al Mongitorecita un Vocabolario sieiliano loscaìw e latino di Salv. Virga, cui si premette un
discorso sull'origineed una grammatica del nostro dialetto;e ilNarbone» 1*"un'operarimasta interrotta col titolo: // D'udeUo di Siciliapassatoal vagliodella Crusca, Pa-lermo,
1721 in li.* e contiene le voci sicnle comuni od affinialle toscane; 2* ilLes-sico
sieolodi G. B. Caruso, annesso p.lle Rime degliAccademici accesi,che eglinuo"vamente mandò in luce. Palermo, i7J6 in 8;*3* una Fraseologiasiciliana,italiana,latina,Palermo, 1701 in 8 * Ma questilavori rimangonodi sotto agliinediti.
(2)Palermo, presso GiuseppeGramignani,volumi ire, 1751-54. La seconda edi-zione
è del 1783 e seguenti.
(3)Etymologicumsieulum, auclore Iosbpu Vinci, protopapa Graecorum, S. P. Q.M. dicatum. Afessanae,MDGCLIX, ex R. TypographiaF. Gaipa.
26 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
non si curò in venin modo de^ participiali,che son tanta gentilezza
dei nostro linguaggio,nò più che tanto si volse allevoci d'artieme^
stierispecialmenteitaliane.Guardò si alle etimologiedelle nostre
voci,togliendoleda un'operamanoscritta espressamentecomposta
dair eruditissimo padre suo Francesco,rimasta di poco incompleta.Ma di ciò non ò u£Bcio nostro discorrere,attendendo che qualchevalente (llologo,senza dispettareilpassato dica con coscienza dove
più dove meno si apponessero, dopo ilVinci,i Pasqualinoquandosi appoggiaronoaglietimi ebraici,caldaici,siriaci,arabi,greci,latini,
A noi basterà lo avvertire che, nelP Indagartante orìgini,
F. Pa-squalino
poteva ben passarsidi quelleparolesicilianeche son pura-mente
italianeo latine;sebbene per queste ultime,argomento fa-vorevole
all'autore sia la poca differenza che dai migliorilessico-grafi
si faceva tra la linguae ildialetto,e la persuasioneche il si-ciliano
fosse nò più nò meno che una lingua,come la SìaSa noa
nazione distintada tutte le altre.
Supplementoaicinquevolumi del Pasqualinoò ilvolume del Rocca,
edito in Acireale nel 1839 (I).Dicendo supplemento noi diciam
tutto,perchè esso raccoglieun gran numero di vocaboli dellepro-
viiieedi Catania e Mesisinanon registratedal palermitano.A prima
giuntasembra molto riecoper questinuovi vocaboli,sopraluttofa-miliari
e d' artie mestieri,
ma non lo ò sempre ,difettando delle
voci occidentalidell'Isola,come i nostri difettano delle voci orien-tali.
Diligentelavoro ò del resto, accurato nelle corrispondenze,e
di costa aglialtrivocabolari,e di quellodel Pasqualinosegnata-mente,
aiuto efficacissimo.
ila un anno prima che il Rocca in Catania,ilMarchese Vincenzo
Mortillaro in Palermo l'anno 1838 dava in luce,ristampandolonel
1853 con giunte e correzioni,un Suovo Dizionario sicUimo-ikUia'
no (2).Di esso il Narbone sentenziò che parte compendia, parte
accresce il lavoro del Pasqualino;ma tal sentenza non può aversi
per vera se non da chi non conosce i lessicidella Siciliae sfoglia
appena V opera pazientissimadel Mortillaro.É vero che con molta
frequenzaP illusire letterato adoperacome dialettalide' vocaboli
(1)Dizionario sicUiano-iUUiano compilatosu quellodel Patqualitio,con correzioni
e aggiuntedi Giuseppe Rocca. Acireale 1839 io 4.*
(8)Nuovo Dizionario sieiliano-ilaìiano compilatoda una S'Kielà di persone di
letterepor cura di Vincenzo Mortili.aro. Volumi due. Palermo 1838 e 1844 in 4.*
iViioro DizioìMrio siciliano-italianodi V. Mortillaro. Voi. unico»seconda edi-zione
corretla ai accresciuta. Palermo, StamperiaPensante 1853 in 4.*
DEI TOCABOLAM SiaUANI 27
italiani,vuoi di scienze,vuoi di afficiamministrativi;ma è par vero
che anche senza di essi T opera soa è ricchissima in voci,frasi,ma-niere
di dire,proverbi,sensi figurati,definizioni ecc. La qualeric-chezza
tanto più parràquanto maggiori saranno le occasionidi ab-battersi
in voci zoologiche,botaniche,m^ineralogiche,e quanto me-glio
si potràcavar vantaggioda quelledi arti e mestieri,si stu-diosamente
ricercate e raccolte dal nostro. Potrebbe,
se si vuole,
accagionarsidi aver rigettatomolte voci non palermitane,fattoneutri
passivii verbi riflessiviattivi,registratonon di raro il feminino
invece del mascolino o tutte e due le desinenze ; ma potrebbein-tanto
lodarsi di aver corretti deglierrori,raddirizzate delle corri-spondenze,
miglioratedelle definizioni;pregi tutti che la storia del
nostro dialettonon vorrà né dovrà per istudio di parte dimenti-care.
Altre opere abbiam vedute intorno al nostro dialetto dopo
questa del Mortiliaro,e qui ci si affacciapiùpronto alla memoria il
Vocabolario domestico classificatodella lingua siciliana con la cor-rispondenza
italianalatinafrancesecompilatoda vari cittadini di
Catania (I).Esso è diviso per ordine metodico,e le voci che com-pongono
i vari articolisono alfabeticamente ordinate;ciascuna è se-guita
deir abbreviata indicazione deliasua essenza e natura gramma-ticale.
La classificazionedelie materie è quelladel Vocabolario do-mestico
del Rambelli,salvo alcune variazioni.Spessovi si rinvengono
talicorrispondenzesicilianeitalianeda vedersi chiaro come i com-pilatori
avessero spoglioil Mortiliaro.— Inoltre vuoisi ricordare il
Dizionario tascalnlefamiliaresicUiano-Ualiano di autore anonimo (i);la Nomenclatura familiaresiculo-italica,seguitada una breve Fraseo-logia
(3);le Osservazioni e saggiosu la linguae il Vocabolario si-
ciUano di A. Longo (i);il Saggio(f un vocabolario di Marina ita-liano-siciliano
dello scrittore di queste pagine(o);la Fraseologiasi-culo-toscana
di M. Castagnola(6),e il Vocabolario sicilianoitalia-no
(7) di 6. Biundi,che pur esso ha lapartesua di utilità;ma per
(1)Catania,Tip.del R. Ospiziodi Beneficenza. 1851, in 8.*
(2)Opera di Rosario Scadoli. Palermo, 1840 in 16.*
(3) Messina, 1840 in 8".
^4)Catania, 1843 in 8.*
(5)Firenze, Tipografiasulle Logge del Grano 18Ó3 in 8.*
(6) CaUnia, Calatola,1863 in 8.'
(7)Vocabolario manuale eompleiosieUiano-UaliaHO,seguitoda utiappendicee da
un elenco di nomi proprisicilianicoU'aggiunladi un dizionario geografico,e d'wui
breve grammatica per gliItaliani. Palornio,1850 in 12 •
28 NUOVE EFFEMERIDI SIGILUNE
la lor natura diflèrente,per laspecialitàdeglistudi che riguardano,
e per T indirizzoT uno dalPaltrodissimile,siffattepubblicazionire-stano
di sotto a quelladel Mortillaro;e ben se lo sanno i Siciliani,
che due numerosissime edizioni n'ebbero in breve volgerd'anni
esaurite;onde una terza avrebbe dovuto attendersene tra poco, se
non fosse apparso il Nuovo Vocabolario siciliano-italianocompilato
ad Antonino Traina (ij.Di questo a preferenzasiaci lecitointratte-nere
il nostro pazientelettore.
Giuseppe Pitrè
IL MONASTERO
DI
SANTA MARIA DELLE CIAMBRE
PRESSO BORGE^TO
I.
Chi, partendo da Borgetlo(2),si volgead oriente,abbatiesi in
tortuosa e ripidavia, che lo guida alP amena e magnifica altura
che domina ilComune, e serve di base alPaerio monte Lingone.A
mano a mano che sali,tu senti più leggieroilpiede,più lietolo
spirito,più lucidala intelligenza.E mentre, inebriato dal balsamo
delle innumerabili viole mammole che fioriscono trai rovi e le
pietrelungo la via,la mano si allungaspontaneamente a racco-glierle;
rocchio tuo si volgeindietro con compiacenza,ad abbrac-ciare
la vasta e fertilissima sottostante pianura,da^ giardinidi Hon-
telepreai campi della memoranda Segesta;e in mezzo a quelverde perenne degliolivetie aranceti,è caro ilsoffermare i pen-sieri
ora a qualcunodegliotto comuni che vi stanno disseminati,ora
(1) Palermo, GiuseppePedone Lauriel,editore. Volume unico in 4.*
(2)Borgelto,che giàfece parte deU* antico Val di Mazara,oggiè comune di circa
7000 anime in provinciadi Palermo.
IL MONASTERO DI S. MABU DELLE CIAMBRE 29
a qualchebianchissima palazzinao a qualchetorre abbrunita,ora
al procellosogolfodi Castellamare ed ai monti dello stesso nome»
dietro cui appare solitariala cima della vetusta Erico co^ saoi cam-panili
e le ciclopichemura.
E quando la salitaha fine,tu imbatti in un prato di folta ver-
zura; e in mezzo ad esso frequentivestigidi gran casamento, e
mura cadenti,o ancora saldia lottare collaforza de' secoli.Chi potò
avere stanza quassù? Che monumento fu questo, con quellasvelta
torricellamerlata,
con quellefinestre a sesto acuto delPevo medio?
Qui stettero venerabili seguacidi S. Benedetto : questiche am-miri,
sono gliavanzi del monastero di Santa Maria dtUe Ciatnbre.
II.
Al 1346,suglioccidentalimonti di Palermo, e propriosulleruine
di uno de' sei monasteri fondati da Gregorio Magno in Sicilia,sor-geva
semplicee modesto il Chiostro di S. Martino delle Scale dei
PP. Benedettini :e la santa fama del beato Angelo Sinesio,primo
Abate,e deglialtrisuoi primi confrati^lli(che da loro stessi lavora-vano
le terre,inalzavano le mura dell'abazia e copiavanocodici),si diffuse,trovò la via nei «uorì delle genti,e fruttò al monastero
molti danari,molli doni, molti feudi e comuni co' baronali diritti,
0 per mano di privatie di nobili,o di arcivescovi e di sovrani (fl).Tra glialtri,lanobile Donna MargheritaDe Bianco,vedova di Gio-vanni
da Caltagirone,donava ai monaci (1360)Casale BurgeUicutn
juribm suis,colla condizione che ivi si erigessealtromonastero col
titolodi S. Benedetto (V).E questo sì vide di lia poco (1367),mercè
la bolla facoltativadi papa Urbano Y, e la immunità data al terri-torio
da re Federico III; e primo Abate ne fu Giovanni Sinesio,
fratellodi Angelo.Ma le sedizioni,le guerre intestine e i continui tumulti de' no
stri paesiin quel tempo ,non solo disturbavan la quietedi quei
buoni religiosi,ma ne tenevano in pericolola vita,se abbiamo a
prestarfede alle paroledi Rocco Pirri : dimodoché essi bramavano
ardentemente di ridursi in luogoaffatto sicuro.
(1)V. il libro De reaedifiealioneS, Martini de Scolii eie. — Roghi Pibri, Sicilia
saera eie. toI. 11, par. 2*,libro IV. — Salvatore Maria Di Blasi nel voi. XI] pa-
gioa3 e segg. degliOjmscolidi Autori skiliani eie.
(t)Pirri op. e loc. eil.— Viti Amici,Lexicon lopograf.Siciliae,in art. Burgetius.
30 NUOVE EFFEMERIDI SIGILUNE
Mosso dalla fama di lor santità,giustoverso queltempo,ilnobile
cav. palermitanoAndrea Guardabaxo istituivasuo universal erede
il monastero, per testamento de' 30 marzo 1410;volendo però che
del prezzo de' suoi armenti si edificasse un nuovo cenobio alleCiam-
bre col titolodi Santa Maria, l monaci altronon desideravano : onde
in soli quattro mesi fu compito ilcenobio,e il20 lugliodello stesso
anno vi si trasferirono,abbandonando queldi San Benedetto (1).
Ecco dunque come e quando ebbe origineilmonastero di Santa
Maria delle Ciambre, che il Di filasiappellavenerabile per P anti-chità
e per i santi uomini che Tabitarono (2).Ha ilnome di Cianh
bre, che non è che il francese chambre, e certo rimonta alladomi-nazione
angioina(1266-1282),mi dice chiaro che il monastero lo
ereditò dal casamento proesistente,ilqualeglicesse ilposto non
solo,ma forS*anco buona parte delle fabbriche sue.
Comunque siasi però,giova per adesso constatare che i monaci
vi rinvennero la desiata pace, e tornarono alle orazioni,alle abitu-dini,
ai lavori di prima. E questo affermiamo appoggiatia ciò,che
perfinolo stesso già vecchio Abate Fra Giovanni ci si mostra as-siduo
a fabbricarsilivicino una chiesetta,che dedicar vollea Sa$Uo
Nicola tutelare,in memoria del monastero di S. Nicolò rArena di
Catania,da dove col fratelloe con altri quattro religiosiera ve-nuto
per la riedificazionedi S. Martino. E cosi le Ciambre, situate
in luogoalpestree remoto, circondate da una selva di annose quer-ele
e ginestre(3),attissime quindiallo esercizio della vita dello
spirito,venivano fama acquistando;e ne' loro gratirecessi invita-vano
i PP. di S. Martino, quando per troppe cure erano stanchi,
0 bramavano un luogopiù riposato,men popoloso,e più bello.
III.
San Martino delle Scale,
sotto le ale de' ponteficie de' re, di-viene
ognora più vasto e più ricco. Sdegnano i suoi Abati le mo-deste
fabbriche erette dal Sinesio,e li cedono a povera genie ; e
(I)PiRRi,op. e loc. cit. pag. 1080 e 1098. — Amici, Lexicon, ad voc. Ciambrae.
(%)S. M. Di Blasi, nel voi. 1,parte 1,* pag. 53 delle Memorie per set^irealla slo-
ria Utleraria di Sicilia.
(3)Questomagoificobosco»ch'era famoso ne' dintorni col nome di Costa de* yeUi
e delle elei,vigevarigogliosoe quasiintero fino a trent'anni fa. Nella rivoluzione
del 1848 ne fu consumata buona parte : al 1849 e 1850 un monaco, per meschino
guadagno,lo converse lutto in carbone.
IL MONASTERO DI S. MARIA DELLE GIAMBRE 31
r Abate Ambrogio Isfar fàbbrica il vasto,sontuoso e sovra tuttima-
gnificonuovo monastero, con quelcelebre tempio che,abbellitoin
séguito,di tanta ammirazione ci riempieoggidì.Poco appressoi an-che
il nome di Frale come cosa volgarespregierannoi monaci, per
assumere il borioso Don (1).Già la ricca libreriadi S. Martino è
cominciata a costituirsi,giàparecchiuomini insigniper sapienzae
dottrinaalberganoquellemura. Eppure,questimedesimi illustripos-pongono
S. Martino alle umili Ciambre; a malgradoche queste
non vivessero più vita propria, avendo,colla morte del Sinesio,
perdutoT autonomo Abate, ed ottenuto invece un semplicePriore
dipendentedalP Abate di S. Martino.
E primo, di onorata ricordanza degnissimo, troviamo il Beato
Giuliano Majali,celebre per integravita,per dottrina e abilitànel
maneggio de' pubbliciaffari,e molto in pregiotenuto da' ponte-fici
Eugenio lY, Nicolò V, Calisto HI, come da re Alfonso e dal fra-tello
suo Giovanni;i quali,e il Senato palermitanocon essi,lo ca-rezzarono
molto, e molto donaronglipe'suoi monaci. — Ambascia-
dorè a Costantinopolied a Roma per Alfonso;a Napoliper ilSe-nato
e Popolodi Palermo, giovò molto questa città ed i Siciliani,
e ne ottenne il nome di padre detta patria.Ma gravato daglianni,
ritirossidalle molestie de^ negozi,e venne alle Ciambre. Quivi ap-presso,
tra le rupidel monte e le frondose querele,una chiesuola
costrusse e due cellette,ornandole eglistesso di pitturerappresen-tanti
i misteri della passionedi Cristo: e queiroratoriorecondito,
che fu testimonio per sei anni della sua vita di astinenza, di cilizi
e di pregliiere,e ne raccolse T ultimo spirtoil dì 4 di olt. 1470;
queiroratorio divenne tosto famoso e venerato col nome di Chiesa
del RomiteUOj e i cittadini di Borgeltoe dintorni fin da queigiorni
cominciarono a visitarlocon devoto concorso (2).Chi amasse di più saperne su questo insignepalermitano,fonda-tore
deir Ospedal grande di Palermo e benefattore di un popolotutto (3),ricorra al Fazello,al Pirri,al Mongitore e a tuttiglial-ci)
PiRRi, op. c loc. cit.pag. 1063.
(2)PiRRi, op. e loc. cit.pag. 1094 e 1098: — Mungitore» Bibliolheca Siculo,vo-lume
1, pag. 411-412.
(3)Ejas corpu."((scriveilPirri)in ilio Monaslerio condilum ad nosiru tempora
igootom est: ejusvenerandam ad vivum ìmaginem super Sacellum domus hospi-talisPanormi liac epigrafeveneramur : B, Julianus May ali PanormilanuSt ordinis
S. Benedieti,€t Motuulerii S. Martini fiiius,ex auctoritale EugeniiPP, III et Re-
ffUÀlphonsi,hujusmagni et t»ort /iospila/wfundalor ei institutor,anno saluiis no»-
trae MCCCCXLL
32 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
tri dal HoDgitore citati:noi ci affrettiamo a soggiaogerepochepa-role
sa Frate Alessaadro Orbitoaio di Tortona,uomo venerabile per
santi costumi e per bella mente, ilquale,morto, ottenne il titolo
di Santo. Era stato eletto Abate di S. Martino al 1482: ma deposela sua dignitàtre anni dopo, e come feritocervo rifugissiai solitari
monti di Borgetto;ed ivi,presso la chiesetta di S. Nicola,costruita
già dal Sinesio,inalzò,a gloriadi Dio e per sollevare ilsuo spirito-alcuni umili tugurii,e piantòcolle propriemani un giardino,che
dio in seguitoun provento di onze 60 annue (1).Morì alle Ciam-
bre il22 di aprile1499, dopo quindicianni di eremitica vita,avendo
il nudo suolo a letto,digiunandoed orando continuamente.
Più universalmente conosciuto del H^'alie deir Orbitonio,Teofllo
Folengodi Cipadapresso Mantova (n.l487-m.l544)dimorò dieci
anni alle Ciambre nella qualitàdi Priore,e vi lasciòdi sé memorie
considerabilissime,lo non narro la vita sua, né le sue opere esa-mino,
perchè non c'è storia letteraria,o dizionario biografico,o
Enciclopedia,che non consacri parecchiepaginealprincipede^ poetimacheronici Merlin Coccai (2):piuttosto,ciò che fece mentre visse
tra noi, brevemente dirò.
1/ ameno luogo.Paria salubre,ilsolitariofrondoso bosco,T inar-rivabile
panorama occidentale,risvegliaronotutto ilfuoco poeticodel
Folengo;ond'eglia sue ISinfeprescelsealcuni alberi di elei e ci-pressi,
e con loro passava placidamentele ore toccando lalira.Qual-cuno
di questicipressi,che non restò vittima della insensata bar-barie
che distrusse le elei,vive tuttora presso laChiesa del Romi-
tello; ma non vive più con esso ilnome di Ninfa di Merlino che
ciascun cipressoportava fino al tramontare del passatosecolo,anche
presso i popolanidi Borgetto(3).I qualibensì serban ricordanza
di lu Pueta Mantuanu vissuto lassù,ma ne fauno spesso unico in-dividuo
col Beato Majalì.Ho ragiondi credere che Teofilo compo-nesse
in gran parte alle Ciambre ilpoema La Palermitana, in cui
parecchieterzine paion proprio ritratte da' circostanti luogiiidi
Santa Maria;come è certo che un poema eroico-macheronico e il
famosissimo dramma sacro, che menò tanto gridoal sec. XVI, vo-
(1)Pari a lire italiane 765 annue.
(3)Anche parecchipoetilo ricordano : cosi il Tassoni nei canto Vili delia Stc-
$hia rapita,e il nostro Mbli nei li della,FcUa galante.11 francese Rabelais lo cita
spesso e più spesso io copia.
(3)Di Blasi, nel voi. I,parte I*,pag. 54, dello Memorie per seivire alla storia
letteraria,di Sicilia.
3% NUOVE BFFBMBIUDI SICILIANE
Bellacerà suddetto,i monaci di Santa Maria abbandonarono le C|am-
bre,e vennero a costruirsiun monastero nuovo in Borgelto,al po-sto
de^ Magazinazzùcome volgarmente si chiama.
E perchè tutto questo?— lo le vere cause non so, che non ho
potutocompulsarele carte delP archivio di S. Martino: ma ilPirrì^
r Amico, ilDi Blasi e qualchealtro affermano che alle Ciambre i
monaci erano vessati in queltempo da ladri e da banditi,i quali,benché ricetto ottenessero, non si restavan dal mettere le mani non
solo sullevettovagliee sugliarredi sacri,ma anche sullespallede^ Pa«
dri;anzi fecero lor qualchevolta assaggiarela punta di qualchepu-gnale.
Il fatto sta che di restare alle Ciambre essinon vollerosen-tirne
pili,ed esposero le loro ragionial Pontefice: e questi,pre-mettendo
ilsolitosi vera sunt exposUa,accordò loro ciò che vole-vano.
Cosi gliotto monaci sacerdoti e i 24 fratellise ne vennero
in mezzo allagente, ed a Santa Haiia non lasciarono che un ere-mita
per tener vive le lampade.Il monastero cominciò a rovinare,
e nessuno se ne diede per inteso: solo dopo il 1750, quando già
non esisteva che Patrio,ilrefettorio,qualche stanza e la Chiesa,
ristoraronosoloquestaultima che minacciava mina. Pur nondimanco,
divise tra il monastero di Borgettoed ilSantuario del Romitello le
imaginisacre, sul principiodelP ottocento non restavano alleCiam-bre
che pochimuri screpolati,sostenuti da un monte di macerie,
tra cui cominciarono a vegetare i rovi,e for le tane i ramarri.
V.
Chi sale oggi a visitarquegliavanzi,per leggervila storia del-
r arte o delle vicende del monastero,sente stringersiil cuore e
non osa mettervi piede,scandalezzato che lasuperstiziosaignoranza
e la barbarie si sieno date la mano per disperdereaffattoognive-stigio
deir antico monumento (I).Estendevasi questo per uno spa-zio
considerevolissimo di circa 60 metri quadrati,come dimostrano
le superstiticantonate e alcuni pezzidi muro, che levano ilcapo
fuori la terra or sottopostaa coltura:ma quelche rimane in piediò sufficientea darci idea della magnificenzadei Benedettini
,e a
farcipiù lamentare la perditadell'edifizio.
(!)Compie ora l'anno chenn centinaio di gente del volgo andò a rovinare baona
parie delle fabbriche e a scavare tutte le fondara«fnla di Santa Maria, mosso dalla
sciocca e infondata credenxa che ivi fosse sepoltodell'oro, ab antico. Aggiungiche
que*casalini han servito parecchianni «liovile,e avrai idea del miserevole stalo
a cui soD pervenuti.
IL MONASTERO DI S. MARIA DELLE CIAMBRE 35
Abbiamo di esso, ma apertee cadenti,le mura dellaChiesa,della
sacrestia,che le sta dietro,e d^una elegantestanzina^che le pog-gia
a sinistra,ossiaa sad-ovesf,avendo essa Chiesa laportaa nord-ovest.
Il campanile,a destra della porla,sorge quadratoe sem|ili-cissimo, e va a terminare con tre merli a coda di rondine per
ciascuna parte;ma ne vedi soltanto illatosud-est,che i tre altrisono
caduti. A destra poi della Chiesa e del Campanileun atrio di circa
venti metri quadrati,che mostra i vestigidegliarchi de' suoi por"
liei;a sud-est di esso il refettorio,a nord-ovest una larghissima
sala,la prima a cui metteva adito la porta principaledel monaste-ro.
Un corridoio e alcune cellette,che poi continuavano ove oggi
scorre V aratro, stanno a nord-est della sala suddetta;come a nord-est
deir atrio e del refettorioveggonsi tre capacistanze. T una de-stinata
a cànova, le altre due a cucina. Al davanti delPedifizio,e
per tutta la sua larghezzadal latodi nord-ovest,vedi uno spianato,circuitoda bassi muri, che fu già belvedere e giardinettocon viali
di passeggio.A mezzodì di questo, i muri di tre case, staccate af-fatto
dal resto delle fabbriche,destinate forse ad. uso di magazzini
0 piuttostodi foreslieria,solitaa non mancar mai in qualsiasidegliantichi conventi.
Tutto questo è ciò ette puossiancora vedere del monastero. Il
qualea me pare che sia stato eretto in due tempi diversi,o per-chè
si appropriòparte delle fabbriche già prima esistenti,o per-chè
potè appresso subire in buona parte de^ restauri : giacchéque-sto
è os.servabile,che mentre le finestre della Chiesa,e della slan-
zina che le è a sinistrasono a sesto acuto, ed a sesto acuto ancora
la porla della stessa Chiesa e la principaledel convento; tutte le
altre finestre non sono che a rettangolimolto allungati.Cosi parmici sia pur qualchedifferenza tra la fabbrica del campanilee quella,ad esempio, delle celle a nord-est.
La cosa più importantealle Ciambre dovevano per fermo essere
glia freschi che adornavano indistintamente tut^ele stanze; a freschi
che in massima parte portòa compimento ilBealo Majali,e sareb-bero
statialtro documento dellastoria artistica sicilianadel sec. XY.
lo ricordo aver visto bambino tuttiquei muri pienidi figuredi
santi e di ornamenti altri: oggiperò le procellehanno mandato a
male e cancellato ogni cosa. Sul muro esterno della Chiesa,a sini-stra
della porta, e uguale all'altezza di questa, benché alquanto
sbiadito,vedesi piantatoun San Paolo,che poggiala destra sul suo
bravo spadone.DalPaltro latodovea certo farglicompagniaS. Pietro,
36 NUOVE EFFEMERIDI SIQLUNE
ma non ce n' è vestigio.Denlro la Chiesa poi,mentre inciampiin
una sepolturaa cui fu rubata la lapida,o sui frantumi non molto
antichi delPaltare,non puoi far a meno di levare in altolosguardo
sul pezzo dì arco che divideva il coro dalla navata, dove un ma-gnifico
rabesco dai vivi e spiccaticolori parrebbeticosa fattadi ieri,
a stucco in rilievo.Eppure quest'angolo,eh' è quelloche guarda
Tovest,è interamente esposto alleintemperie!ma queira fresco è
lisempre lo stesso,e k) sarà ancor qualchetempo; mentre parecchie
figuredi angioli,o santi che sieno,che glisuccedono immediata-mente,
si scorgono a gran pena come leggerissimeombre.
Se dal Tempio entriamo nella sacristia,ancora qui troviamo da
tnttM latii vestigidi colorì impressividal pennellodelP artista.Il
moro di sud-est è diviso in cinquecompartimenti,in ciascuno dei
qualistava la figuradi un Santo. Non mi riesce di vedere i quat-tro
laterali: ma quellodi mezzo, figuraben grande [airimpiediesfarzosamente colorata,benché mancante di testa e parte di busto,
panni un S. Benedetto.
Lascio qualchealtra stanza e P atrio,che pur dàn segno di avere
avuto i loro coloratiornamenti, ma che oggi non mostrano cosa
che meriti attenzione,e vado per ultimo al refettorio;in fondo al
quale,nel muro di sud-ovest,io veggo in alto ed al centro la te-sta
bionda con aureola ed ilpetto di una imagine,
eh' è donna
senza dubbio alcuno. Ma qual^nta era mai? E perchè tanto alto
focata? Sono domande questea cui nulla non sappiamorisponderedi preciso
,perchèaltro non si vede presso a quellatesta che il
muro scalcinato.Se una ipotesiavesse valore,direi che quellado-
vett'esser^ una Madonna, ritratta in mezzo a qualchemedaglione.
E cosi solamente potrei,conciliarquestafiguracolle altre che sta-vano
pia in basso. Cercando delle quali,ho trovato qua e là.,nella
larghezzadel muro, una cinquinadi piedi,messi in modo che ac-cusavano
la posizioneseduta di chi li portava.Avuto riguardoal
luogo,la supposizioneprimasu questo dipinto,giàperdutodoveva
esser quella,che in esso era slato forse effigiato,come in tuttiquasi
i refettori de' PP. Benedettini,quel tratto della vita di S. Bene-detto,
quandoa tavolaglivenne presentatoun bicchiere con veleno,
ed egli,colla forza dellasua benedizione lo ridusse in pezzi.Ha il
fatto non avvalorò la supposizione.Che, all'estremo sinistro del
mura, e proprioin basso dove le macerie e la terra glisi addos-sano,
mi fu dato osservare dipintealcune letteremaiuscole rotonde
che dicono: URAE. S. Mauc. xvi.... Non c'era che dir più:queir
IL MONASTERO DI S. MARU DELLE GIAMBRE 37
rURAE è la fine di on versetto del cap. XYI dell'Evangeliodi
S. Marco; versetto che illustravaV a fresco. RicorsialNuovo Testa-mento,
cap. XYI di S. Marco, e Punico versetto che termini con
urae è il 15, che dice : Et dixit eis (Dominus) : Euntes in muadum
univenumj praedicateEvangMum omni creaturae. Quell'afresco rap-presentava
dunque l'ultima apparizionedi G. Cristo agliApostoli,mentre stavano a mensa.. Nobile pensieroquesto ,
di ricordare ai
monaci, quando mangiavano,le paroledi Dio che additano loro la
santa missione a cui li ha Eglichiamati.
E qui,nient'altro mi restando ad aggiungere,io fo voti perchètuttigliantichi monumenti di arte e letteratura,che i nostri pa-dri
0 per ignoranzao per negligenzadistrusseroo abbandonarono,
vengano con accuratezza e periziaillustrati, meglio che a me, in
queste brevi parole,
non fiidato di fare per Santa Maria delle
Ciambre.
Salvatore Salomonb-Marimo.
INTORNO ALLA COPIA DI UNA DELLE STORIE A MUSAICO
DELLA cappella PALATINA
LirriRA AL GAY. CESARE GUASTI AccADEiico DELIA Crusca
Firenae
Nel risponderead egregiouomo- dellagentileToscana vogliooraanzi di arti tener propositoche di lettere,e di arti che in tante
guise fonno segnalataquesta Isola.Perchè mentre ci gode T animo
vedendo recata a termine lasplendidae dotta illustrazionedel Duomo
di Monreale per opera del chiarissimo Abate Domenico Gravina,ab-biamo
un altro motivo di godimento intorno a siffattistudi,comec-ché
per diversa fsercìlazione,vedendo felicemente intrapresadal-l'
artistaRosario Riolo la copiadi uno de' fottibiblici,ond'è sto-riata
a musaico la CappellaPalatina di Palermo.
Egli,ch'è valente direttore de' bellissimimusaici delia rinomata
Cappella,ha avuto posto in mano il lavoro dall'Inghilterra,nazione
opulentissima,e aiulatricedi civiltà;dove ilquadrosivuole per la
storiadeir arte,ponendolo,quantunque sia unar copia,fra mezzo a
tanti di altro genere, e di altrotempo, si che rammenti lapossa del-l'ingegno
artisticone' primi secolidopo ilmille,e il testimònio il
più vivo di un taleingegno fra noi.
38 NUOVE EFFBMBRIDI SICILIANE
Fu scella la rappresentazionedi Gesù Cristo eh' entra in Gerusa-lemme,
pojtandosii rami delie palme;e nella forse piùche quarta
parte a cui lacopiaè aggiunta,dà di sé buono avviso,e fa con animo
apporre, che sarà per parere l'esemplarepur desso.
A fianco del valentuomo è a Invorare un suo esperiofratello,e dopodi luialcuni bene intentioperai,che ilRioto seppe airuopo quicon-durre
da Cefalù,dove era andato per quellachiesa,eh' è del mede-simo
carattere. '
Sopra che giova conoscere, come grandeè il desiderio che una
scuola qui si fondi di lavori a musaico. Scuola specialeper questi
di Sicilia,liqualisono singolaridai musaici solitiad eseguirsim
altriluoghi,che con svariatissime tinte,come egregiamentesi fa
in Roma, ritraggonoquadridi ognisorta; onde par si vogliache
le pietreda incastrarsitanto si multiplichinoquanto si debbono
multtplicarele quasiinfinitegradazionidi colori,affinchè si arrivi
al segno che nell'operaa musaico per poco si ravvisi l'operaa
pennello.Quando i musaici di Sicilia,e' pochialtrove eguali, ma
non cosi eccellentiné magnifici,si osservano fatticon pochimezzi,due 0 tre tinte e nulla più,ed, in partiC4)larequestidi Sicilia,col
bianco delle vesti,e con l'incarnato dei volti,ottenuto per colore
naturale con pietred' una roccia calcareleggiermentemarnosa, che
si trova in buon dato ne' dintorni di Palermo, e chiamano latti-
musa.
Di là deriva, che ì musaici di Siciliaricliiedonoa rifarli,o a co-piarli,
un jhetodo proprio,ilqualeora mai è nelle mani di pochifra noi rimasti a praticarlo;ma che con l'andar deglianni,senza
rifornirsi o soccorrersi,potràessere perduto.E ad impedireildanno
non altro sarà a farsi,che fondare una scuoia,la qualetanto valga
quanto ilconservare nelP antico identico loro stilecosi stupendiedi-fici:
la CappellaPalatina,la stanza di Ruggiero dentro il realPa-lazzo,
tachiesa della Martorana, il Duomo di Monreale, il Duomo
,di Messina, ilDuomo di Cefalù ed altri,antichi da sette oda otto'
secoli,eagion di nostra alterezza,cagiondi ammirazione a tutti.
Avvegnaché ai mali che il dente del tempo possa mai arrecare,
gliartistifidi allascuola saprebberosempre riparare,e gliedifici
sempre sarebbero integricome sorsero.
La scuola di cui parlasi,col patrociniofondandosi de' reggitori
della cosa pubblicaprodurràun grande ed invidiabilevantaggio,si che benemeriti ne saranno chiamati i provvidireggitori.Dai quali'
ora con ansia si aspetta,che sieno ordinati i riparia taluni dei
INTORNO ALLA GOPU Di UNA DKLLB STORIE A MOSAICO, EC. 39
monumenti con urgenza bisognevoli;i qualiriparitornano ora piùfocilia praticarsiper l'accorta industria trovata da Salvatore Ver-
sace nel modo di distaccarei musaici, e in esatto modo rimetterli.
Già nella chiesa della Martorana con dolore si notano de' guasti;
già se ne notano in altridi questicelebri monumenti; La gloriadi tanti secoli senza i riparipuò perire;ma la mente validadi co-loro
cui incumbe saprà accorrere, e tanta gloriastarà,illesae ri-splendente.
Con talicenni,con taliauguri,anzi espressionidi certezza,chiudo
le mie paroleallaS. Y. Ch., la cui amicizia mi onora, e in tante
guise m' è utile,intorno alla bella copiadi Rosario Riolo. (Corre-ranno
ancora sei mesi, o circa,e la copiasarà finita,e tutti la lo-deranno,
e 1 mio primo plausosarà seguitoda molti del mio an-cora
più fervidi.
D'onde per l'avvenire gli oltramontani per lavori di tal sorta
avranno più giustacausa di richiedere questiartisti,avanti che glialtridi altre parlid'Italia;giacchéallabontà dell'esecuzione,come
di tratto sarà veduto, si aggiungeilpregiode' migliorimodelli,che
in maggior numero, ed in più grande forma,qui si trovano, per
ispirarefiducia di miglioresuccesso a favore degliartistideliainclita
Sicilia.
Palermo, marzo 1870. Prof. Giuseppe Bozzo
IPPOLITO
DRAMMA D'EURIPIDE
(Continuai.Vedi Voi. I,disp.10*)
Fedra
Tacete,o donne, siam perdute!Coro
0 Fedra,
Qual si compie in tua casa aspra ventura ?
Fedra
Frenatevi, e cosi quanto là dentro
Si dice,udir potrò.Coro
Taccio;ben trista
inizio è questo I
40 nuovb effemeridi siciliane
Fedra
Ahimè la sciagurata!Coro
Che intendi ta ? Che cosa esclami ? Parla,
Qoal mai novella f assaliva»o donna.
Che si t'abbrezza di spavento ilcore?
Fedra
Perimmo. A questeporteay?icinateyi.
Ascoltate lo strepito,che sorge
Nella casa.
Coro
Rimanti appo le soglie.
A te ilcbmor» che di là move, imiH)rta.
Dimmi, dimmi, che danno è sovraggiunto?Fedra
Di ca?aliera Amazone rampollo
Ippolitor ancella or maledice.
Coro
Odo una voce ; non distinguoi detti....
Ha vien dalPusdo^a te ne viene ilgridoI
Fedra
Chiaro le appone il Cavorir le colpe,E che tradiva i talami del Sire.
Coro
Ahi, che disastro1 Sei tradita,o cara I
Qnal darti avviso? Omai paleseè il tutto....
Perduta sei!
Ffi^RA
Me lassa!
Coro
Dagliamici
Tradita f
Fedra
IToccidea,recando in luce
I casi miei,con amistà,ma tiu*pe,Molcer tentando questo morbo.
Coro
E in tanto
Disperatofrangenteor che farai?
42 NUOVE EFFEMERIDI S1GU4AME
Deir infamia lo spalo1 Amico alcuno
Tra i malvaginon ha
NUDiUGE
Perdona; istinto
Degliuomini è il fallire,o figliomio.
Ifpouto
Perchè, o gran Giove, alladiurna luce
Lusinghierodegliuomini disastro
Evocasti la Donna? E se bramavi
PropagarV uman genere, non trarlo
Dalla Donna dovevi;e aprireinvece
Ne' tuoi sacrati un'endica di figliDa tramutar con oro, o rame, o ferro,
Secondo il ciascun morto; e le magioni
Cosi franche di donne abiteremmo.
Or frattantoa chi vogliain casa trarsi
Tal peste è tutta la dovizia assorta 1
Quinciben chiaro è, che mina estrema
Son le donne per noi. Le dota ilpadreChe le produsseed educoUe,e altrove
Le accasa, e quindifugge un gran periglio.Ma chi tal piagain sua dimora accoglieAllindar di bei fregisi gioisceUn tristosimulacro,e di mantiglieLo rafiazzona,e intanto ahi I sciagurato,
Le casalinghe(acuitàdisperde.Fòrza gliè pur, se con legnaggiillustri
S'infamigli,guardar con lietafronte.
Mentre ilfieleha nel cor, le amare nozze.
E se proba è la sposa, e abiettisono
I suoceri,nel ben trova il disastro.
Meglio è che nulla non arrechi altrui
La donna, e schiettadi costumi, e quasi
Inutiles'alloghientro la casa.
Detesto T erudite! Il ciel mi guardi.
Che alle mie soglienon s'appressialcuna
Espertapiù di quanto a donna è bello.
Che malizia maggior Venere infonde
In femina saputa.— Immune e scevra
L' insipienteò da folliad' amore. ^
IPPOLITO, DRAMMA D BUIUPIDE
Degno par fora,cbe alle mogli accesso
Non avesser le serve, e sol con elle
Albergasseromuti e cnidi mostri!
Cosi lor tronca ogni balia sarebbe
Di mover ciance e d' ascoltarle.Intanto
Oggidìle malvage entro i lor tetti
Rei consiglimaturano, e T ancelle
Al di fuori li recano! Venata
Cosi tu, scellerataanima, sei
Trafficando con me T inviolato
Talamo di mio padre! lo quegliinfami
Tuoi motti caccerò,le orecchie mie
Aspergendodi pure e chiare linfe.
E come iniquopotreifarmi,quandoCasto più non mi sento, per averti
Solo ascoltato? Abbi di fermo, o donna,
Che, se legatonon m^ avesse ilgiuro
Ai Numi fatto,non vorrei dislormi
Dal rivelar tue nefandezze al padre.
Or mentre ei lungiè da Trezene, io queste
Magionifuggirò,né di tai cose
Terrò favella.Tornerò con esso
Poscia,e vedrò,come fermar potrai
Tu con la tua padronain lui lo sguardo!
Ben ti conosco.... avviserommi quinciDi tua protervia.— Il Ciel vi spenga! Sazio
Non sarò mai dall'abborrir le donne.
E ripetasipur, ch'io senza posa
Di quesfodio ragioni.Si ; perch'esse
Disoneste fur sempre I Altri pudicheLe mostri,o lasci,eh' io le affronti sempre !
Coao
0 sciagurato,o misero destino
Delle donne! Qual arte,o qualragioneAvrem da scioiTe di tai casi il nodo !
^Fedra
Giusto giudiciosu noi cadde! 0 Terra,
0 Luce, come fuggiròlai sorte?
E come, o fide,celerò il mio strazio?
Qual Dio,qual uomo si parràcompagno,
44 NUOVE EFFEMERIDI SICIUANE
0 partecipein qaeste opre maivage?
Morta! si appressa inestricabiiduolo....
Tra le donne miserrima son io 1
Ck)iio
Ahi I che tatto 6nì ; nò potè V arte,
0 regina, giovardella tua serva.
Tutto fallivat
Fedra
0 la più tristadonna
Tu, de' più Adi esizialmina.
Che mai tu fosti? Giove,ond' io mi nacqui.
Saettando col fulmine t'eetermini 1
Non ti diss'io,de' tuoi pensieriavvista.Di tacer quanto or si mi rende infame ?
Ha tu frenarti non volesti,e quinci
Nell'obbrobrio morremo! — In altraguisaProvveder qui fa dHiopo.— Ei d' ira ardente
Al padresvelerà,per fame offesa.
Le colpetue; discopriràben anco
Al canuto Pittòo le angosce nostre,
E la Terra empierà di vitupero.Maledetta siitu; sia maledetto
Qua! altro,al par di te,d'empi favori
Largo si renda ai non volenti amici !
NUDRIGE
Ben a ragioneil mìo fallirriprendi0 mia reina;che l'interna ambascia
Ti vince ilsentimento. — Avrei per altro.
Se non la sdegni,una rispostaa darti.
Io t'allevai;t'amo; al tuo mal cercando
Un rimedio^ trovai ciò,che disvolli.
Ma, se tornata a ben fusse l'impresa.
Saggiaor detta sarei ; che ognor si libra*
Secondo la ventura il senno umano.
Fedra
Bastan dunque per me, flen giusteadunque
Dopo lo scempio di me fatto,queste
Tue scuse, ond'io m'acquetiai tuoi parlari?NUDRICB
Ornai soverchio è il garrirnostro. Incauta
IPPOLITO, DRAMMA D' BUIUPIDE 46
lo fui;ma pure in laifrangenteio scorgo
Una via di salate,o giovinetta.Fedra
Taci;pur dianzi di consigliiniqui •
Fosti foriera,e tanti mali ordisti.
Esci di qua;pensa a te stessa. Io sola
Ben disporròdi me medesma. — Voi,
Di Trezene o ben nate giovinette.
Mostratevi benigne ai voti miei;
Di silenzio copritequanto udiste.
Coro
Per la casta Diana a 6iove figlia
Giuro,cbe in luce non trarrò giammaiI mali tuoi.
Fedra
Ben fovellasti.lo meco
Stessavolgendoogni ripiegoin mente.
Un rimedio trovai,come far bella
E gloriosaai figlimiei la vita,
E giovarea me stessa in tal cimento.
Che mai non macchierò la mia famiglia
Da Creta,e con Teseo non verrò mai
Dopo tante sozzure ad affrontarmi,
Per amor d^una vitaI
Coro
E vuoi tu dunqueAl supremo dei mali abbandonarti ?
Fedra
ìlorrò. Penserò il comel ^
Coro
Oh ! non dir cose ^
Di tristoauguriot
Fedra
E di non tristiavvisi
Tu pur sovviemmi. In questo di, morendo,
Ciprignaallieterò,che m'ha perduta,E cadrò vinta dall'acerbo amore 1
Ma pur, morendo, altruisarò d' affanno ;
Ond'ei si tegna dal levarsialtera
Sovra la mia ruìna,e meco a parte
Di questo seempiova moderarsi impari(
46 nuove effemeridi siciliane
Coro
Oh 1 se tra balze aerìe
Vestita anchMò di piumeFossi,e alle schiere aligereVolesse addirmi un Nume !
Su la marittim' onda
De Tadrìana sponda
Air acque delP Erìdano
Bramerei trasvolar,
Ove tre meste Eliadi
Dal cor di dogliaaffranto
Per Faeton distillano
Sui neri gorghi un pianto,Che lucid'ambra appar.
Delle canore EsperidiN'andrei per Palma arena.
Ove del fosco pelagoIl Sir le navi afTrena,
E ogni sua possa acqueta
Presso la sacra mela
Dello stellatoEmpireo,Ond' Alla è reggitor.
Colà di Giove V aula
Fonti d'ambrosia mesce.
Ed alma Dea benefica
La Terra i gaudi accresce
Sempre de' Numi in cor.
Candida V ali,o eretica
Prora,la mia reina
Traesti per la cerula
Strepenteonda marina
Dalle magion'beate
A nozze sciagurateI
Ahi! che per ambi infausto
Ella spiegavailvoi.
Salpandodalla gnosiaAlPatenèa contrada.
E pur, tratle le gomene
Sulla munichia rada,
Presero il fermo suol !
IPPOLITO, DRÀIQIA D' EURIPIDE 47
Ella cosi da Venere
Spintaad un empio amore
Fa con orrendo strazio
TrafittaV alma e il core t
E pensilfdne al tetto
Sul genialsuo letto
Accomandando, il dltido
Ck)llos'annoderà.
Vinta dai Fati,in odio
Della nemica Dea,
Preporreal turpe P inclito
Nome, e la fiamma rea
Così domar saprà1
continua) G. De Spcches.
CURIOSITÀSTORICHE SICILIME
Raccogliamosotto questo titolo,traendolo dai manoscritti della
Comunale di Palermo,tutto ciò che può essere utileallastoriadelle
scienze,delle lettere,delle arti,e de' costumi dei Siciliani,e giace
ignoratoe sepoltonelfapolvered' uno scaffaledi libreria.Comin-ciamo
a spigolarenei due volumi di Notiziepiacevolie curiose ossia
Aneddoti dilettevoUed eruditi ecc. dell'eruditissimo parroco paler-mitanoGaetano Alessi,tra gliEreini Filarco Polignomio.Questi
due volami stanno ai segniQq. H. 43 e 44; ilprimo ha la data
del 1776,ilsecondo del 1803. É da avvertire che TAutore,piùche
allaeleganzadella favella,badò a far tesoro di cose e di erudizieni
meno conosciute^ che valessero ad illustrarela Patria siciliana.
Salv. Salomone-Marino
(N. B. Co' numeri romani, premessiad ogni paragrafo,indichiamo ilvolume; co-gli
arabi il numero che in esso volume porta lo aneddoto),
(I,35) Farsa. Rappresentazioneburlesca,che in Siciliasi fa-ceva
per le strade a dilettevoletrattenimento del popolo.11nostroconcittadino D. Luigi D'Eredia nella sua Apologia contro il Gua-rino
(f.9 e 10) scrive che liSiciliani,« serbando il costume an-
• tico,rappresentano, per le strade e per liborghi,componimenti« drammatici
,sotto nome di farse." Questi componimentierano
sopra materie facete e ridicole,come ricavo da Francesco Patrici,
48 NUOVE EFFEMEBIDI SIGOIANE
ilqualenellaPoetica (dee.ist,1.lY,f.234),scrifendo della poesia
burlesca dice: " qualisono ora le forseo le comedie zannesche. "
Similmenle trovo,che nel fine d' una amena comedia intilolataLa
Notti di Pùkrmu (stampatain Palermo presso Decio Cirillonel 1638
in 8o) cosi conchiude V Autore di essa :
Chi nui àulri flnemu
La nostra farsa,dilla la Cumedia
Di la filicinotti di Palermn.
(I,273).BUniere metalliche in Sicilia. É cosa troppo nota
che nella nostra fertilissimaIsola vt sieno miniere de' più finime-talli;
come di oro nel feudo di Castelluccio,di argento nel territo-rio
di Caccamo, di rame nellicontorni di S. Marco; e di tanti al-tri
metalli in diversi altriluoghi,
come può osservarsi nella fati-cosa
raccolta,fattaper Real Commissione dal Presidente D. Rosa-rio
Frangipane,noslro palermitano,che manoscritta conservasi nella
libreriadi sua casa. In conferma dell'esistenzadi taliminiere,e del
lavoro dellimetallida esse provenienti,convien sapere quanto scrisse
Giovan Giacomo Adria {De sita VaUis Mazariaé),
ed è,
che.
nel
luogo presso il convento de' PP. Cappuccinidi Palermo apparivanoancor nel principiodel 16® secolo le vestigiadelle officinemetalli-che,
lavorate sin da' tempi de' Greci e de' Romani,
come dice il
Leanti (SlatoPres. dellaSic.,Tom. I,p. 218).
Queste ofiìcine,
in questo secolo,
non vi sono più in veruna
parte della Sicilia,abbenchè qualchevolta sisiaripigliatal'impresaa' nostri tempi di cavarsi le miniere. Imperocchénel 1734 Barto-lomeo
Khez, chimico boemo della corte di Vienna, fu mandato in
Sicilia,ove estraendo terra e pietredallicolliviciniallaTerra d'Ali
ed allaTerra di Fiume-dì-Nisi,ne ricavò argento, del qualeconiò
alcune monete coli'impronta,da una parte,di Carlo Sesto impe-
radore,alloradominante della Sicilia
,e dall'altra parte coli'im-pronta
della Sicilia,col motto: Ex visceribusmeis. Similmente,nel
1740, Carlo Terzo Borbone nostro Re volle far ripigliaretale fa-tica
,facendo spiarein quellied altricontornì le cave di diversi
metalli;ma perchè andava molto interessatoilRegio Erario in si
fatta opera, si è sospesa l'impresa.Per soggiungeresu questo punto qualchecosa intorno allamia
patriaPalermo,dico ,che nelle nostre campagne vi è qualchein-dizio
di esservi miniera d'oro;imperocchénel nostro fiume Greto
si sono trovali minuzzoli di si preziosometallo. Veggasiil Massa,ed Amato nelliluoghiche cita il Mongitore nella Siciliaricercata,Tom. Il,pag. 165. (continua
50 NUOVE ErFEMEBIDI SIGIUANE
Quando, dcq)0i poKtidrìvdgiiiieDtidel 1860, iii^ituivasiil no-stro
Liceo Nazionale,era quivinominato Professore titolaredi lin-gua
e letteratura latina.
Pubblicò poco dopo un volume di trecento pagineche intitolò:
Storia delia hUeratwra kUina che era ilfruttodi lunghemeditazioni
sullalinguadel Lazio,nella qualeaveva faito costanti ed amorosi
studi.
Preceduto dalla fama di onesto ed operoso insegnante,nel 1862,
era destinato aliaquintaclasse del R. Ginnasio Nazionale.
Cominciò V insegnamentodel latinocon molto profittode' gio-vani
alfe sue cure affidati.Sapevapoco di greco» o non vi era molto
esercitato ; ma con T aiuto del suo buon volere,e ne avea molto,
rifecegì'intermessi esercizi,e se non divenne un grecista,dique-sta
dotta linguaei seppe tanto che poteva bastare a condurre lo-devolmente
la classe.
Nella linguaitalianamoUo avanti sentiva^
e come scrìveva con
molto buon garbo,cosi era sobrio ed assennato nellaparteprecet-tiva,
accurato nella correzione de' compiti,arguto nellelinguistiche
e fliologicbeosservazioni.
Ma ciò che rendeva il professoreOattuso degno^i molla lode
'era U contegno da lui tenuto in iscuola.Fedele osservatore delle
massime pedagogicheda lui dettate neiroperetta://tnoégfrodì /tn-
gua e letterenelle scuole secondarie;si valeva dell'amore per riu-scire
nella solida e vera educazione morale de' suoi allievi.
Esempio vivo di moralità nelle parolee negliattisuoi,nellostu-dio
de' classicitrasceglievaque'tratti da' qualii suoi alunni potes-sero
ritrarre esempi di praticamoralità.Li avvezzava allaprudenzanel promettere,alla franchezza nel confessarsicolpevoli,allalibertà
del propriopensiero,al rispettodell'altruiopinione,
all'ossequiodelle leggi,afl'orrore allospionaggio,allapigrizia,allamenzogna, a
qualunquebruttura.Ammise igiovaniallaliberadiscussionesu' com-ponimenti
fattiin iscuola;istituìuna speciedi giurine' casidubbi
sullainterpretazionedi alcuni regolamentiscolastici,e promosse una
associazione per soccorrere di librie dell'occorrenteda scrivere
que' giovaniche*per manco di mezzi,non iK)tevanousare allepub-blichescuole.
Cosi educava i suoi alunni ad esporre con lealtàe franchezza le
proprieopinioni,teneva deste le loro facoltà,ilgiudizio,la imma-ginativa,
ilsentimento,informava il loroanimo allavirtù dellacom-passione
e delia beneflcenza,liadusava allefaccende dellavita pub-blicae ad amministrare con giudizioed onestà le entrate che prò-
RIGOEDO DI ANTONINO GATTUSO 5i
venivano da talta T associazione scolastica.Era insomma il vero
maestro educatore,e lasua scuola era una famiglia.Conduceva V in-segnamento
con tanto buon metodo e con tanto amore, ct)6sareb-
besi detto ch'eglifosse ilmiglioreamico de' giovani.
Ma benché dell'affettomolto ei si valesse per inspirarea' giovaniil sentimento del dovere
, pur sapeva mantenere il prestigiodel*
r autorità,eh'è cosi necessaria all'Istitutoreche sente la propriamissione.
I suoi alunni lo amavano di quell'affetto
Che più non deve a padrealcun figliuolo;
e coloro che attendono di presente aglistudi licealied universitari
conservano gratitudineal loro buon professoreGattuso;che è questo
ilnome che glidanno, nome piùlusinghierodi qualunquealtralode,
come quelloche rivela le egregiedoti della mente e del cuore di
quell'uomo,che ebbe viscere di padre pe'suoi alunni diletti.
II prof.Gattuso non vivea se non che nel pensierodella scuola^allaqualeaveva consacrato tutta la sua vita dì privazionie di studi.
Egli,fra le ore assegnatealloinsegnamentodegliallievidel Ginnasio,
delle alunne del R. EducatorioMaria Adelaide,e degliscolari pri-vati,dava da circa a dieci ore di lezionial giorno.E il vederlo,fra
tante affiannose occupazioni,pur sempre calmo e tranquillo,destava
ammirazione e insieme pietà.Quellavita tanto laboriosadoveva fiac-care
qualunquevigorosanatura;pure eglidava sempre lezionicon
equabilecostanza di affetto e con ugualezelo ed energia.
Ma il suo fisicodoveva sentirne una potente scossa. E il dolore
della morte della madre, che andò a prenderea Termini-Imerese,
perchè glifosse data la consolazione di poterleprestarein casa gKestremi uflBci,la sollecitudinedegliesami de' suoi allievidel Giii^
nasio e delle sue alunne dell'Educatorio,e le diuturne fatiche spen-sero
quellanobile esistenza — Moriva il 30 agosto del 1860,mar-tire
della feticaI
Ho scritto questipocliicenni a conforto de' figli,perchè sieno
loro specchioed esempio le virtiidel padre,e a consolazionede-gli
onesti che si sono dedicati alla ptibblicaistruzione.La qualese
è senza compensi, non è scarsa di conforti. Che se la vita labo-riosa
deglionesti insegnamentiè inapprezzata,e sono sconosciute
le loro modeste virtù,non cesseranno però d'esser savi e buoni:
memori che la virtù ha sempre il suo premio,non foss'altronella
pace della buona coscienza,nell'adempimentode' propridoveri.
Carmblo Pamm.
LETTERA INEDITA DI VIHORIO COUSIN
A SALVATORE MANCINO
Questa lettera che non ebbi a mano quando pubblicaiil carteg-gio
del Cousin col Mancino nel mio libretto Salvatore Mancino e
V Edetticismo in Sicilia(Pai.1867),è proprioquellache ilCk)usin
accennava al suo amico nelP altra de^ 20 marzo 1842,
e chMo te-neva
come perduta.Il posto pertantoche avrebbe dovuto avere nel
mio libretto sarebbe stato a pag. 35: e ci dice essa qualgiudizio
portava V illustre filosofo di uno de' nostri miglioriinsegnantidi
quel tempo, e delle Effemerididì allora.
V. Di Giovanni
Man cher Monsienr,
Tai refu il y a quelquetemps votre lettredu 21 AoAt I8t1. De-
puis vous avez dù recevoir de M. le Consul de Franco à Palermo
mes le(onsde 1816 et 1817^ et je vous envoie cependantcellesde
1820. Vous avez donc maintenant sous les yeux tout mon premier
enseignement de 1815 à 1820. Il ne manque plusque Kant, dont
vous ^vez un morceau, et dont vous lirez un morceau plusimpor-
tant dans un des prochainsN». de la Revue des deux Mondes.
Je suis charme de votre nomination de Chanoine à la Gathédrale
de Pderme. Mais f espère que cela ne vous eniève à V Université,et que vous "x)ntinuez toujoursvos le^onsde philosophie.Vous a-
vez bien raison de croire qu^un Compendio della Storia dellaFUo-
sofiaest indispensablepourcomplétervos Bléments, et donner une
impressionutile à Télude de la philosophieen Sicile.Car e" est par-
ticulièrement pour la SicilequMi faut travailler.Votre pianest excèl-
lent; je Papprouve toutàfiait. Mais*jepense quMI faudraitmet-
tre quelque intervalle entre le premier et le second volume. Ne
vous pressez pas depublier le second volume; publiezle premier
le plus tòt possible.Plus tard je vous parleraien détail de la ma-nière
dont vous- pourriezarranger le second volume; pour le pre-mier
,je n^ ai pas de corrections essentiellesà vous proposer; car
je suppose que vous avez la seconde édition de mes le^onsde 1829,
que le libraire Didier a publiéil y a plus d'un an. At-elle été
suivie dans Tèdition de Bruxelles? Je T ignoro,ne connaissant pas
cette édition qui desolo mon pauvre libraire de Paris.
Je tiraiavec grand plaisirTouvrage de Tabbé Carezza auquel
LETTERA INEDITA DI VITTORIO COUSIN, EC. 53
Yous metlrez ane préfaoe.Ne cessez de m' envoyer tout ce quipa-ndi
de philosophieparmi tos ingénieaxcompatriots.SMI y a en
Siciiebeaucoapde Jósuites comme le P. Romano, ilfeudra me ré-
ooncHier avec cet ordre qui a beaucòup à réparerenrers la philo-sophie.Remerciez
,je yous prie,le P. Romauo. Si je n'étais pas
eette fois fort occopé ,je lui adresserais mes remerdments moi-
méme.
Qu' esl-ce qu'une RoYue de SicìIe nommée la Ruota, doni j'ai
re(u quelquesN.' où Ton attaquerEcleclisme,ous et moi, et
où r on déièndRomagnosi ? F aime beaucòup les Effemerididbut
je YOUS priede m^ envoyer les N.' qui intéressent la Philosophie.Yotre articledu premier bimestre de 1840 est fort bon, et m^ en-gagé
à YOUS prierd' insérer parmilesannonces des Effemeridisans
aucun traYailles titresdes cinqYolumes de mon premierenseijjne-ment de 1815 à 1820, que yous avez maintenant entro les mains.
Rappelez-moi,je yous prie, à M. le chevalier Fraoco\ au Pére
D^ Acquisto,et aux amis de la philosophiedans votre belle Siciie.
Tout i YOUS de coeur
V. COUSINM Dt'cembre 1841
Paris,à la Sorboniic
CKITIC4 LETTERARIA
Solenne tornata della Accademia Palermitana di scienze,let-tere
ed arti in memoria dei suo socio e vice-presidenteM.r Bene-detto
D' Acquisto arcivescovo di Monreale. Palermo, 1869.
AvoYamo annunziato già in questo Periodico la tornata della pa-lermitana
Accademia : ora abbiamo il piaceredi far conoscere ai no-stri
lettorilapubblicazionedegliscritti in essa letti,doYuta al Mu-nicipio
monrealese,che con gentilepensieroYolle cosi onorare il
suo grande concittadino.— Va primo il Discorso del professoreV.
Di Giovanni;ilquale,con eloquenzae pulitezzaassai rare oggidì,comincia dal tessere la storia della filosofiain SicilianelP ultimo
Yentennio del passato secolo,dai volfiani,che aYeano sopraffattoi
cartesiani,
e cedettero posciaal sensismo del Locke,
a Vincenzo
54 NIR"?B nTBimUDI tlCUANB
Hkeli " propngnttorecaldissimo,in meizo ai fìiToregpaloridi slra-
nieri sistemi,delle antiche tradiiioniidealid^ filosofiaitalica; »
tradizioni serbate e fecoadate dagliscolaridi Iti (Zerho,Guardi,
Ritaroia),
e precipuaiii^Btepoi da Benedetto D' Acquisto.Il quale
ToNe però più uuiversale ed italianala scienza,cont'uiaando ilmi-
celiano sisfena,
no correggendolonella parte fondameutale della
teorica della creazione ; poichéilMiceli erasi fondato sulP unità pan-teistica
dell'essere^collasua d^trina delPEnte fivo e realeagente in
perpetua novità. Il DI Giovaimi,con quellapi*olòndadottrina che lo
distinguein flfoeofla,va mirabilmente esponendotitutto ciò,e deli-neando
insieme T imaginedelia mente e ilconcetto delle opere del
monrealese arcivescovo. La Pisicologia^dove ilD' Acquistogettava le
fondamenta del nuovo ontologismoitaliano,« precedendodi cinque
anni la famosa formola ideale della Introduzione allo studio della
filosofiadi V. Gioberti » ; ilSistema dellaScienza universale,
« che
varrà per la filosofiaitalianaquanto la Teosofiadel Rosmini e la Pro-
Mogia del Gioberti • ; ilCorso di filosofiamorale,ilDirMo naturale^
i TratlaU di teologiadommatica, e le altre cose minori del filosofo
monrealese, fino al volume inedito della Logica: tutte questeoperesono dimostrate e discusse dal Di Giovanni ; ilqualepassa a con-chiudere
quanta e qualefosse la vigoriae comprensionedi mente
di monsignore D' Acquisto,e qualesplendidoesempio eglilasciasse
del come « possano essere combattuti da ognilatogliavversari della
filosofia,siano che neghino la scienza per incapacitàdella ragione,sia che V appugnino come vana cosa, ovvero come nome senza conte-nuto,
stante essere inutileV indaginede' prìncipie de' fini.» E qui,con quellaforza di dottiargomentiche i lettoriricordano nellaprima
dispensadelvolume primo di queste Effemeridi,viene un pò contro i
moderni positivisti,che, spesso per contradizione Kantiani e sensi-
sti neUo stesso tempo, negando la metafisica,riescono alio scetti-cismo,
tenebra deir intellettoe morte del cuore umano. La conclu-sione
del discorso non può essere nò più bella nò piòpassionata.Seguono le Poesie. L* *Eic(Y("«tM^del De Spuches
,fotte latino da
6. Montalbano e parafrasatoda G. Bozzo,potràsolo ben gustare
chi si profondamenteconosce il greco idioma come T illustretra-duttore
di Sofocle e d'Euripide: l'altrodi G. Spata,pur greco, reso
in terzine italianedal Villareale,
ne rafferma che i dotti classici
studt hanno ancor valentissimi cultori tra noL Semplicee bello è
il Sonetto del ricordato egregioprof.Villareale;squisiteper affetto
e mirabile soavezza di numero le Stanze di U. A. Amico, gentilee
GMTIGA U"TTBRARU 55.
ben noto poeta; ispirataV Ode di Giacinto Agnello,venerando e
quasinonagenariosuperstite,che pensa e scrire col Aioco d* mi gio-vane.
Vorremmo adomare di qualchecitazione queste nude parole,
ma non cel consente lo spazio: sicché diam fine,congratulandoci
colla risortaAccademia,che si egregiamenteripigliai bvori suoi,
portandosplendidoomaggio agliillusiricultoridelle scienze e deHe
arti,eterni luminari delle nazioni e della civiltà.
S. Salomonb-Mamno
PUBBLICAZIONI — n mg* Pedoue-Laariel sifa editore dell'operaeiiisterne IfiediiA
neUa nostra Oonranale,coi ne fece dono ilCav. Salvatore Vigo:Hemorie thriehe in-
tomo al Gavtimo éMa Siciliadal 1815 sino al conUnàamenlo della DiUalura del
Generale Garibalii, scrìtteda Francesco Bracci* direttore al Ministeroper gliaffari
di Siciliain Napoli.È un* opera di molta importania,anche per dei docuiaenti fatiiri
aggiungeredallo stesso Vigo.— Alconi tipografidi Palermo hanno preso a rìstamparela SieiliaNobile del Vil-
iabianca. L'operaverrà fuori a puntate,e sarà terminata in tre anni.
— L' Ab. D. Benedetto Gravina ha dato fine alla stampa dellasua famosa opera*
/{ Duomo di Monreale espoeloe deeonUo. Essa A in un volume di pagine SOO in
gran foglio,al qualeun altro se ne accompagna di tavole,stupendamentedisegnate,incise e colorate. Quindicianni ci è voluto per questa stampa ,
che restevà come
uno de' pia bei monumenti dell'arte tipograficasiciliana.Tutu l'edisioneèco-
suta air illustre autore la non lieve somma di lire 490,000;e ciascuna oopiasi
vende lire 800. Ce ne occuperemo quanto prima.— Il prof.Carmelo Pardi ha preso a pubblicarecoi tipidel Giornale di Sici-
Uà i suoi Scrittivari in tre volumi, ciascuno al presso di lire3, 75, che si paghe-rannoalla consegna o in sole lire 7 anticipatemente.Il I* volume oonterrà i Veni
e gliElogivari, il8* gliScriUi critici^il3* gliScrini editativi, I volumi verranno
fuorì di tre in tre mesi. Rivolgersiall'Autore o al nostro perioilico.in Palermo.
— L' illustree venerando GiuseppeBianchetti,giàpresso a varcare ilsuo ottante-simo
anno, vuol prenderecongedodaU' officiodi scrìttore pubblicandoun'operettadal titolo: Il mio uilie. L* associasione cosu lire8, 50, e si riceve presso l'Autore,in Treviso,o all'ufficiodel nostro Periodico. La raccomanderemmo vivamente ai let-tori,
se di raccoman* iasioni avesse bisognoun'opera di si aureo e dotto scrìttore.
I GIORNALI DI SICILIA. — In Sicilia,meno quelliche ignoriamo,si pubblicanoda sessantatrè giornalie rivisteperiodiche;due terzide' quali,politici,glialtriscien-tifici,
letterari,artisticie commerciali. De' 88 che vengono fuori nella sola città di
Palermo le Nuove EffemeridiSicilianee la Rivista Siculo sono letterarie scientifici;il
Giornale del Consigliodi Perfezionamentosi occupa di scienze naturali ed economi-che;
la Gazzetta medica,la Gazzetta clinica e II Ptiam,di scienze mediche; gliÀn»
»58 NUOTE EFFEMERIDI SICILIANE
noli di coiiruiioni,di scienxe esatte; gliAnnali di ÀgrieoUwraùHUana, gliAUi
ddta Sodila d'ÀceUma%um4, il GiomaU ed ÀIH detta Commieiione d'agneoltwrae
pasUniMiaper la Sieiliae del ComÌMÌo agrario,dì sciensa,industria ed interesse a-
grìcolo;il Circolo giuridicodi sciense legali: L'Evemèro, di filosofiarasionalistica;
il Vittorino da Feltre e Istruzione ed educazione, d* istroxione pubblica;V Arte, il
Diogene,la Gazzetta artietiea,di arte specialmentedraiDmaUca emosicale. Il Gier-
naie dettaCamera di Commereio e ilCommercio di Siciliascriyono di cose commer-ciali,
il GiomaU di Sieilia,Il Preeunore, La Regione,L Amico del Popolo,la Gaz-zetta
di Palermo, Il Corriere Sieiliano,L'Ape Ihlea,La Luce,Homo, L'Umanitario,
di cose politiche.Tra' capiprovinciaMessina ba sei diari tra cotidiani e settimanali : la Gazutta
di Meetina,Politica e Commerdo^V AquilaLatina,La Parola Cattolica,D. Marzio,
Il Ficcanaso. •* Siracusa eonta : L'Avvisatore Siracusano,La Camera di Commereio
ed Arti,Il Pttpolano,la Ferrovia Siracusa- Licata, —Catania, Il monitore detta pro-vincia,
la Gazzetta di Catania, La Redenzione, V Apostolato,Fede e Avvenire, —
Girgenti,ilGiornale detta Provincia,L'Empedocle,La Pietra.—TrapaniL'Imparzia-le,
Esopo.—CaltanissetU,Il Messaggiere,La Tromba nissena. Vari comuni hanno il
loro giornalepolitico,che yede la luce una, due, tre yolte la settimana: Acireale,Il
Cittadino,Mlstretca,L' Amastratino, Modica II Campailla,Lentini La voce del po-polo.
Marsala,L'Elettore,RagusaL'Eco dei monti, Termini La vita nuova. Un Col-tivatore
nelino ha la città di Noto;Messina,Girgenti,Birona, Caltagirone,Mistretta
ed altricomuni hanno ciascuno illoro Rullettino del Comizio Agrario.È a notare
che uscendo di Palermo non s'incontrano se non giornaliesclusivamente politici,amministrativi e commerciali.
BIBLIOTECA VIGO — Coi primidi mano si ò aperU al pubblicodi Acireale la
Biblioteca privatadel cav. Salv. Vigo.Questo onorando siciliano,ilcui nome solo
è un elogionon pure pelsuo sapere, per la sua integritàe pelsuo coraggio,ma al-tresì
per lo immenso amore che eglinutre per la Sicilia;ha raccolto in essa Biblio-teca
quanto di più raro,~dipiùimportantee di piùcurioso presentila storia sici-liana,
soprattuttoin disciplineecclesiastiche;e ha dispostoche i suoi concittadini se
ne giovinope'loro sludi. L* esempiogeneroso del Vigo vorrebb'essere imitato.
STUDI — IlProf. B. Aubé da Parigiè venuto a studiare in Palermo la storia delle
nostre Università,e alcuni de* nostri monumenti.
MONUMENTI — Quanto prima sarà eretto in Girgentiun monumento al fisiologosicilianoMichele Fodera, opera dello scultore Delisi.
BELLE ARTI. Il giovanescultore palermitanoBenedetto Civilettiha terminato il
?HKlello di una figuraal vero rappresenUnte un Meeto ricordo.
È una giovanettaassisa in una sedia, e coperta il corpo da una semplicecami-cia,
che cascando lascia vedere lepiùeletteforme del seno. La posa malinconica e
gentile,le pieghesemplicie modeste,ildolce inclinar dellepalpebre,e non so qualemisterioso abbandono del corpo e della mano, nella quale ha un fogliopiegato.rendono 1*opera interessantee cara. Ma più lodevole ó l'artistain quanto che in
questo suo lavoro ha adottato un fare più nobile e scelto,
lasciando da parte la
magra imitazionedi natura,
e pur conservando qiiell'accurata finezia di esccu-
xione,oikl'egliè sUto sempre pregiato. G. P.
tS8 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
sola lasciando tracce del sao passaggio,finché si ridusse al centro, dove perfe-zionò
per modo le armi sue da segnare
quasir epoca di transizione ai bronzo.
Per analogiadi scuri rilevache tra lesta-lloni
di Messina,Biscari e Liccia esistet-tero
usanze comuni ; ed altresì,che le
borgatedi S. Foca e S. Paolo dovettero
avere delle relazioni commerciali colle
isoleeolie e col continente italiano.
Questolavoro dell'egregioamico nostro
forma la VII" puntala della Biblioteca del
naluraUita siciliano,a cui da piùanni e-
gliattende;e noi siam lietiche le Effe'meridi potranno nelle prossimedispenseofferirea' loro lettori un nuovo saggiodi questa importantissimacollezione.
G. P.
LUDOVICO 0 lostudio dellavita,hmmae-
stramenti morali di Andrea Gabbi bli.
Bari 1869.
Sommamente caro ci riescequesto vo-lumetto
di morale religiosae civile,scritto
ad ammaestramento de* giovinetti,da'
quali,fattiadulti,attende la Patria e ilde-coro
e la gloria: e tanto piùcaro lo tro-viamo
in quantochèveste lindo e sempli-cissimo
e con disinvoltura tale,che at-tira
ì cuori suo malgrado.Illibro ha pi-gliatola forma di racconto, perchèildol-ce,
non fosse scompagnalo dall'utile,e
perchèpiù di profittoapporta il veder
vivi e pailantiin isccna gliattori. Lu-dovico
è uii padreche vien educando il
figliuoloper via ben divèrsa dalla comu-ne
,cioè menandolo con sé dopo le ore
di scuola,e moralizzando su le azioni u-
noane, pigliandoopportunitàda' buoni
o cattivifattiin cui imbattevasi : ma av-vertiva
con solertesludio di • trascegliere
e i luoghidove andare e le vie da usare,
perchèil giovinetto,sènza pure accor-gersene,
fosseindotto a por mente a fatti
sempre nuovi,e a udire,come per caso,
i buoni ammaestramenti del babbo. " £
in questo modo tutte le virtù principalitrovansi con bei modi instillatene' cuori
innocenti ; e i vitt e le {[Pravitàcombat-tuti
fieramente,resivili,e puniti.Libri
come questidei virtuoso e dotto signorGabrieli sono assai rari oggidi, preci-puamente
in Italia,terra che si compiacedelle sozzure ultramontane : onde noi glifacciamo le sincere nostre congratulazio-ni,
e per tuttii buoni glirendiamo gra-zie
(1). S. S-M.
VOCABOLARIO SICILIANO-ITAUANO
attenente a cose domestiche,a parecchie
arti ed a taluni mestieri» di Giuseppe
Pbbez. Disp.l'in 8.« Palermo 1870.
Diremo quanto prima di questo nuovo
Vocabolario,quandocioè potremo averlo
intiero.Ora dobbiamo restringerciad an-nunziarne
la sola prima dispensa,dove
sono vari articoliriguardantil'uomo nel
suo complesso,nel suo corpo, nelle sue
secrezioni,
nelle sue buone e cattive
qualitàmorali e fisiche; le fabbriche
pubblichee privale,gliarredi della casa
e gliutensilipiùcomuni.
Il eh. sig.Perez essendo dimorato piùanni in Firenze non può non fornir opera
superiorea quelleche si son fatte finora
in questo genere tra noi. G. P.
RAINARDO E LESGNGRINO per cura di
E. Tkza. Pisa 1809.
DOMENICA MATTINA, ùiil/iodi Niccola
Gbotr. Pisa
Sono due elegantissimepubblicazionidel dotto professoreTeza,che non vanno
in commercio. Rainardo e Lesengrino
(volpee lupo)è un antico poemetto, ve-nuto
forse di Francia e malamente reso
italiane,e guasto dal popoloche lo re-citò
e dallo scrittoreche lo messe in car-ta
: è una paginanuova della vita di Rai-
nardo da aggiungeralle altrefinquipub-blicate.Certo
,che di non lieve impor-tanza
è la favola deglianimali,comune
(4)Dallo stesso prof.Gabrieli ci viene gen-
Ulmeate speditoun bel canto alla libertà,
pienodi magnanimi sensi.
BULLBTTINO BIBLIOGRAFICO
a latte le naiioni : e ilTeza vi ba spese
non lievicare neir institoirede' raffronti
tra le vane tradiiioni e i vari poemi di
Rainardo,
e nel rendere per quanto si
può intelligibilela scorretta scritturadel
codice da cui ricava il poemetto.
VidUUo è un quadrettodi famiglia,toltoal Quickbom o Focile viva del Groth,
ed è affettuoso,semplice»dilicalo; inspi-razioneaffattopopolare.Al Tesa, inar-rivabile
poliglottee gentilepoeta,biso-gna
far di cappelloper questa traduzio-ne,
che lasciail desiderio di vederla an-che
estesa aglialtricinquequadrettidella
Fonie viva, S. S-M.
COMMEDIE di Guglielmo Shakspeare
tradotte da Cristoforo Pasqualigo :
La tempesta,I due gentiiuominidi
Verona. Milano,Treves, 1870.
Ben noto nel campo delle lettereper
deglistudi sulle tradizioni popolari, il
Prof. C. Pasqualigoincomincia a dare
air Italia in forma puramente e schiet-tamente
italianailteatro comico del mas-simo
poeta drammatico dell'Inghilterra,e di uno de' più potentiGeni. L'operasua incomincia con d uè commedie, che
segnano, presso che non si dica,i primi
e gliultimi passidi Shakspearesul teatro
nel qualegiganteggiò.La tempestaè me-glio
un dramma che una commedia ; /
due gentiluomini, come bene avvisa il
Pasqualigo,un romanzo dialogizzato,ed
una delle notevoli opere drammatiche di
lui. Li si vede ilvecchio artista,che ha
preparato di lungamano la sua macchi-na,
e plasmatoda maestro i suoi perso-naggi,
qui ilgiovane,che muovesi come
chi non sia padronedi sé,
ma che pur
sente e fa presentireilfuturo scrutatore
del cuore umano. Ignoteo dubbie,
ma
probabilmenteoriginali,son le fonti di
quella;avverati e seguitiin buona parte
da vari i materiali di alcuni episodie
scene di questa. L'unaé tutta manifesta-zione
dell'animo e forse di un fattodella
vita dell'autore: opera soggettivae allego-rica
; r altra svolgel'essenza e la forza
dell'amore e la sua influenza sul giudicioe sul carattere dell'uomo in generale,
senz'altro concetto più definito.
Il Pasqualigoparlain due brevi pre-fazioni
della natura e del fine di questidue lavori;e le sue ragionipersuadono.
Auguriamociintanto che eglinon ci fac-cia
lungamente attendere la traduzione
delle altredodici commedie shakspearia-
ne, la qualenon meno della presentesia
schietta,elegantee degna del bel nome
del Prof. Pasqualigo. G. P.
NOTIZIE dei Restauratori delle pitture
a musaico della R. CappellaPalatina,
spigolateed esposteda Gaetano Riolo.
Palermo tip.del Giornale di Sicilia,
4870.
Per noi ogniprun fa siepe,come dice
ilproverbio,e però con piacereannun-ziamo
questo primostudio del sig.Riolo,
che dà contezza in primade' restaurifatti
nella nostra CappellaPalatina incomin-ciando
da quellich'ebbero luogol'anno
1345 e finendo a quelliche oggidìese-
guonsi;e poide'restauratoripiùvalenti,
tra'qualidal sec. XY io qua sonò stati
Domenico Cangemi, LeopoldoDel Pozzo,
Mattia Moretti,Santi Cardini
"il cava-liere
Serenano, Pietro Casamassima e il
vivente Ros. Riolo. Il giovaneautore an-nette
de' documenti al suo libretto,e fa
lamentare che in Siciliamanchi tuttavia
una scuola di musaico, e che ipochiche
con onore e coscienza lo coltivano siano
tenuti se non da poco, certo da meno di
quelche valgono. G. P.
VERSI di Rosina Muzio-Salvo. Paler*
mo. Tip,del Giornale di Sicilia 1869.
Il gentilissimoProfessore LuigiSam-
polodando alla luce quest'altrovolume
(secondodella raccolta delle opere edite
ed inedite della Muzio-Salvo)ba reso il
migliortributo di devozione e di affetto
alla illustredonna, che fu madre alla sua
degna consorte. Nel qualeil eh. Profes-sore
ha saputo raccogliereed ordinare
60 NUOVE EFFEMERIDI SIGIIJANE
tutte o quasitutte le poesieonde la Mu-
lio-SalTO manifestò i sentimentidell'a-nimo
suo, quandopatriottici,quandomo-rali
, quando domestici,
e sempre caldi
e generosi.È notabile che in trentanni
di vita letterariala esimia Muzio non a-
yesse scrittopiùche trentaseiliriche,due
nocelle e sette romanze, in tutto quaran-tacinque
poesie; parsimonialodeYolis-
sima, quando il numero de' componi-menti
va,
come nella nostra,di pari
passo col limae /oòordi Orazio. A che
valgonoi molti versi allorché riduconsi
a puro esercizio rettorìco? La Muzio-
Salvo cantò affettiche provò;e qualificò
bene le sue poesieapponendo in fronte
alleLiriche leparoledi Lamartine Chokn-
ioni pour soulagerce quigémit en noui.
Dicemmo altrove di codesta egregia
scrittricee del suo poetare; ma in que-sto
rapidissimoannunzio non vogliamo
tacer cosa che torna a sua maggioreono-ranza,
cioè che questiVerti fanno ral-legrare
dellagastigatezzadi forma che la
illustre defunta aveva acquistatasopratutto negV ultimi anni di sua esistenza\
gastigatezzache appariscesingolarmentenel suo bellissimoverso sciolto.
G. P.
CiUOYE POESIE di Goncrttina Ramon-
oETTA-FiLETi. Palermo,Tip.del Gior-nale
di Sicilia1870.
Altre poesieavea raccolte e ripubbli-catenel 186^ la egregiapoetessapaler-mitana
; e in quellecome in queste as-sai
cose paionda lodate che sono cara-mente
gentili.La signoraFileti, figlia,
«posa, madre amorosa ad un. tempo, ha la
virtù di chiudersi nel santuario della sua
fitmigliae di cantarne le gioieserene e
le dolorose mestizie. Di li del suo pic-colomondo, altro per lei non ne esiste,
tanto r assorbono le cure e gliaffettideivecchio genitore, dell*amorevole sposo,
de' baldi e vezzosi figliuoliche le fanno
corona intomo. Che se alcuna volta e-
sce dagliaffettidomestici,tu la veJi cer-carne
deglialtrinella religione,nellavir-tù,
nell'amicizia. È assente un suo figliodalla casa patema ? Ed ellaglimanda il
proprioritrattoammonendolo :
Venera Iddio,la patriaonora, il santo
Vero, 0 figliuolo,non tradir giammai;Suda sui libri»e ama colei che vive
Teco nel core, e per te prega e scrive.
Studiano i suoi fanciullial suo tavoli-no?
Ed ella in essigioisce,in essi ft*
licitasi,in essi spera. Ricorre il natali-zio
di suo padre,di una sua figliuolaf
Ed eltaprega dal cielogiornilietisulloro
capo. Se una lese ne infeEma,ellane canta
la recuperataguarigione; e vorrebbe in-fonder
novella vita in pettoad una che
glienemuore.
Oltre le paretidomestiche,la Fileti
non è meno affettuosa; e peròla sivede
a piangerel'inattesa dipartitadella sua
MuziO' Salvo, a celebrare G. Meli, a can"
lar la Fiducia in Dio,ad affissarsiin una
tiella,a rimembrare i suoi primiverti ;
non iseostandosi da quellaforma eletta,
ingenuae naturale che le meritò giova-nissima
le lodi di Tommaso Grossi.
U volumetto di queste Nuove Poe»e
chiudesi con tre traduzionidall'inglese,,due del Moore, una del-Pope,che è VE'
pistoladi Eloisa ad Abelardo^ Di questa
ultima,
se lo spazionon ci mancasse »
vorremmo lodare la mesta armonia che
tuttigoverna i versi della terza rima.
G. P^
n Gerente : Pietro Montaina
NUOVE EFFEMERIDIS^^^^^^^ANNO li. DISPENSA li. MAGGIO 1870
UNO SCOLARE DEL MICELI
0
LABATE BENEDETTINO G. RHAROLA
(Continuaz. e fine. Vedi An. 11/ disp.I.*)
Nel dialogofra l'autore e un suo amico è fatta diXesa delle sue
dottrine che, siccome innanzi vivendo ilMiceli,certamente pur si
accusavan a' suoi tempi delle conseguenze che si scorgono venire
dair unità dell'Essere ; e massime s' insisteva sulla personalitàu-
mana e sulla immortalità dell'anima. Il Rivarola pertantooltre le
risposteall'amico,e oltre gliargomenti che ne dava nella psicolo-gia,
aggiunge questo capo specialecol titolo:
Prova dell' Ihmortauta' dell'Anima
• L'anima si definisce : Ratio agmdi cum coscimtia;ossia : Yolun-
tas phisicacum cognitioneextrinseca (1).Allora adunque si prova
che V Anima è immortale,quando si prova che di sua natura la
Forza di agire,che è in se slessa eterna,debba restar sempre con
la coscienza,formando questa un carattere indelebile dell'anima. Lo
che si proverà con le seguentiproposizioni:
« Prop. La Coscienza è il carattere dell'anima: ilcarattere è inde-lebile
; dunque l'anima è immortale.
• Prova dellamaggiore. Ilcarattere è quelloche determina lo stato
fisicodell'essere, e fa che sia quellopiuttostoche I*altro,e costi-tuisce
i predicatiessenziali del medesimo, e la ragione sufficiente
intrinseca dellataleesistenza di queiressere senza cui non può esi-
(1) Sodo le deifiniziout sle^se dello SpeeinieHscientificumdel Miceli.
62 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Stero in allo. Ma la coscienza è quellache determina lo stato fisico
deir Essere,o sia dellaForza di agire,e lamette in statu animae, per
cui inanima è anima, e senza laqualeT anima non è più anima; e
perciòcostituisce ilpredicatoessenziale deir anima, o sia la ragione
sufficienteintrinsecadelP esistenza delP anima, senza la qualenon
può esistere in atto. Dunque la coscienza è il carattere delP anima.
• Prova della minore, cioè che il carattere è indelebile.Il carat-tere
cade immediatamente sopra ilfisicostesso delP Essere,con cui
si identifica; il fisico delP anima è indelebile; dunque il carattere
è indelebile.
• Prova dellamaggiore.Ilcarattere è ildeterminante fisicodì quel-
Tessere; il predicatoessenziale,e la ragionesufficienteintrinseca
della tale sua esistenza,
e perciòmetafisicamente connesso con il
fisico stesso, con cui si identifica; o sia,è T istessaesistenza del-l'
Essere determinata fisicamente da quelmodo che costituisceilsuo
carattere e lo stato dellacosa, senza ilqualelacosa non è piùquella.
Dunque ilcarattere cade immediatamente sopra il fisico slesso del-l'
Essere, con cui si identifica.
" Prova della minore. Ilfisico dell'Anima sopra cui cade ilcarat-tere,
è r istessa ragionedi agire,che in forza di quelloé costituita
in islalodi Anima. U ragione di agireè indelebile perchèsempreeterna. Dunque il fisico dell'Anima è indelebile.
« Nota, t fuori dubbio presso tuttiche lavita delle spiritualiso-stanze
consiste nelP intelligenza,o sia nel comprenderee pensare.
• E lale è appunto la vita sostanzialedell'anima ; cioè la vitain-trinseca
ed essenziale,e la vita accidentale estrinseca.La prima si
verte sopra se stessa,né esce fuori di sé, in talguisache tutta l'a-
zione vitaledellaviva sostanza viene interamente a compirsiin se
stessa,per cui realmente vive da per sé come qualunquesostanza,avendo se stessa per o„'gettodi sua conoscenza
,senza che abbia
bisognodi alcuno oggettoestrinsecoper esistere;essendo essa stessa
e la Forza conoscitiva e l'oggetto che conosce. L' altra si versa so-pra
le cose che esistono fuoridi sé,e lacui cognizionedipendedalla
relazione estrinseca che ha con glioggettiesistenti fuori di sé. La
primaadunque importarelazioixea se stessa ed al suo essere : l'al-tra
è fondata nella relazione ai termini passaggieried istabili.Per
la prima vive della vita sua sostanziale,e da per se stessa come
vera sostanza e sperimentale,e con la vita propriadellospirito.Per
la seconda non vive da per se stessa,avendo bisognodegliestrin-seci
oggettiprodottidalle sue azioni,
come oggettidi sua Rutelli-
UNO SCOLAEB DBL MICELI 63
genza sperimentale; né vive deliavita sostanziale ed intrìnseca,madella vita accidentale,istantanea e flussa,fondata cioè nelle conti-nue
novità,avendo per oggetto di sua conoscenza i termini tran-seunti
ed istantaneidelle azioni del suo essere, che a momento sen
passano, e costituisconoal di fuorì la sua estrinseca novità,restando
però nel suo intrìnseco sempre P istessaianima malgradoV istabi-
litàdelle sue azioni;e per cui può anch'essa,perchè formata ad
imagine del suo creatore,in un senso rettamente chiamarsi Pul-
chriludo tam antiquaquam nova,
« A questo infattici porta la comune definizione che si dà all'a-nima
,e da ogn^uno si enuncia : ens sui conscium et rerum extra
se positarum; un ente cioè conoscente, che ha per oggettodi sua
cognizionese stesso,né daglioggettiesterni dipende,— ens sui con-scium
,— e che ha al parìper altro oggetto di sua cognizionele
cose istabilimateriali,e fuorisé esìstenti,e dallequaliassolutamente
dipende— et rerum extra se positarum,— Scioltala qualerelazione
perisceancora la vita estrìnseca,e viene a concentrarsi in se stessa.
« Or noi nel primo riguardosoltanto diciamo che sia T Anima im-mortale;
cioè,iliriguardole anioni sostanzialiche risultano dalla
relazione intrìnseca con cui Pente si mette in relazione a se stesso,
conoscendo nel suo positivole azioni già fatte nel tempo, e perciò
identificatecon T istessoagente che le ha prodotto: poichéT anima
stessa neir altro aspetto,e in riguardoalla vita animale ed estrin-seca
e air istantaneo termino di sua azione [è al parìdeglialtria-
nimali realmente mortale come laScrittura e' insegna,Eccles. e. 3. 19.
— Unus interitus esthominis etjumentorum, et aequa utriusquecon-
ditio : sicut moritur homo,ita et iUa moriuntur, Similiterspirant
omnia, et nihil habet homo jumento amplius.—E che in quelprimo
riguardosia V anima di sua natura immortale non vedo come possa
negarsi;poichéessendo T anima viva,P esercizio vitale è un attri-buto
essenziale della medesima ; e poichéla Forza di agireviva è
parimentieterna ,e le azioni dalP islessa prodottasotto la cogni-zione
limitata nelPatto slesso che si sono fatte si identiOcano con
la Forza, sebbene i termini abbiano avuto la sua esistenza in mo-mento,
nel modo simile come le azioni delP Onnipotenzasi identi-ficano
con P Onnipotenzastessa.»sebbene i termini di quellesieno
in momento passati,cosi deve necessariamente P anima con la vita
intrinseca ed inamissibile e sua propriacome Forza di agirecono-scer
sempre nel loro positivole azioni una volta fatte con la co-gnizione
limitata,
e che nelPatto stesso che furono fatte si iden-tificarono
con la Forza nel loro positivo.Onde deve vivere sempre
64 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
in se stessa, comprendendo così se stessa da quel che ha operato,
quantunque più non operifuori se stessa. Poiché,essendo T eser-cizio
vitale un allributo relativo intrinseco dellaForza viva,che ri-sulta
cioè dal conoscere e dalP oggetto che si conosce,subito che
il conoscente è eterno (come eterna è infattila Forza di agireche
senza razione repugnaj,e l'operagià fallaè pure eterna (perchè
già nel suo positivoidentificata con V agente in forzadella connes-sione
metafìsica che ha la causa col suo effetto in cui esiste)ne viene
in conseguenza che tale relazione non può più sciogliersitra V o-
pera fatta e T operante che Tha fatto,avendo relazione a un ter-mine
immanente e non transeunte. Poiché, è falso ilcredere che
le azioni che si fanno dall'anima nel tempo siano V oggetto essen-ziale
di sua cognizione.Le azioni altronon sono che ilmezzo come
r Anima conosce se stessa per mezzo della sua cognizionesperimen-tale.
L' oggetto che deve T Anima conoscere è la Forza sua stessa,
altrimenti non potrebbedi se slessa godere,e privaresterebbe della
sua vita sostanziale.Siccome però la coscienza o sia la cognizione
che ha V Anima è limitata ed estrinseca,e perciònon può diretta-mente
conoscere laForza nel suo intrinseco e immediatamente,es-sendo
in se stessa infinita;così ha bisogno di conoscerla,per cosi
dire, a posteriori,e daglieffettiprodotti,che sono appunto le o-
pere che produce; per cui osservando che le opere da essa fatte
son buone, l'anima si conosce per buona; se le vede cattive,co-nosce
che sia cattiva.
« Potrebbe quiopporsiche lacoscienza essendo creatura, per se-^
guitaread esistere ha bisogno di conservazione,o sia di continua
creazione ; mancala la qualeperisce,ritornando al suo nulla.Dun-que
la coscienza può perire, e perciòtutta V Anima : dunque V A-
nima non è immortale di sua ^natura.
« Alla soluzione di questadiiBcoltàsiè giàprovvedutodi sopra con
la distinzione che si è fallo della vita dell'anima in vita intrinseca
e vita estrinseca ; in quellavita cioè con cui vive da per sé con-templando
se stessa,e con cui vive nel tempo nella contemplazioneestrinseca deglioggettiesterni. Per cui abbiam distintonelle di lei
operazionii termini immanenti dai termini transeunti,quellicioèche restano identificatinel positivo,egli altriche esistono in mo-mento
in se stessi,ma che restano sempre nella causa da cui son
prodotti,e nella loro semplicità.Lo che è assai agevolea compren-dersida chiunqueche lenendo presente la dottrinagiàespostanella
Ontologiaintorno la vita dell'Ente vivo inQnito,ne applicacon una
certa analogiaproporzionatamentei principiall'Ente vivo parteci-
GG NUOVE fiFFRlieRIDI SICILIANE
poi ha la sna ragionedi esistere nella Forza stessa di agire, con
cui perciòsi identiGca.
« Dunque, quandoquestaperisce,altronon periscese non ilmezzo
con cui la Forza ha conosciuto limitatamente le sue azioni: peri-sceiltermine di sua azione,ma non perisceT azione stessa,o sia
la cognizionelimitata,perchègiàla limitazionedellacognizionetro-vasi
identificatanella Forza stessa di agire,considerata e come ra-gione
che ha prodottoi termini della cognizioneestrinseca e con-siderata
come soggetto in cui è caduta V azione di quellacognizioneestrinseca ; e perciònon ha più bisogno di conservazione,avendo
già trovato il rispettivopositivoin cui sussisteva^e di cui è addi-venuto
il naturale ed indelebilecarattere. Or limitatauna volta e-
strinsecamente,la Forza di agirein vigoredella creata qualitàgiàin essa prodottae allastessa immedesimata, e forza ancora addive-nuta
di limitatamente conoscersi,non può pia non conosere limi-tatamente
se stessa,ed in istato di Anima ; non potendostare la
Forza già limitatasenza la sua limitataazione di sua coscienza,non
essendo due diverse forze,ma una sola la Forza,e T istessache li-mitatamente
agisce,e limitatamente conosce.
• Posto adunque ette la Forza in talguisalimitataha* giàprodottodelle limitate azioni
,non vi ha dubio che debbi necessariamente
conoscerle,poichérestate permanentemente in essa le azioni pro-dotte
, perchècon essa identificate,
e non essendo la Forza forza
cieca e meccanica, ma perfettissimaed intelligente,se le si toglie
la qualitàdi poter conoscere le sue azioni giàfatte,e T importanzae il peso delle medesime in quelrispettivostato prodotte,le si to-glie
insieme una perfezione,e perciòfinirebbe di esser forza per-fettissima.
Né può taliazioni più conoscerle con la infinitasua sa-
pienza(naturaleattributo della Forza nifinita), perchè la sapienza
non può conoscere limitied imperfezioni,essendo essa infinita,e
tutto rimira nella sua intrinsecaed infinitaperfezione.Dunque deve
necessariamente conoscerle con la cognizionelimitata,o sia con la
coscienza creata : dunque deve in essa necessariamente conservarsi
ed esistere sempre questo nuovo stato in cui V Onnipotenzasi è po-sta
,e restar sempre in statu animae ; cioè con azioni proprievi-tali
e conoscenza di sua vita (pag.753-758.)»
Nulla è sostanzialmente dì nuovo in questeprove che non sia nelle
proposizionidello Specimene nel Saggiostorico del Miceli;e non
avremmo sul propositoa ripetereche quellostesso altrove avver-tito
pelfilosofomonrealese;cioè nessun altro più del nostro Miceli
si fu sforzato a salvareneir unità delP Ente vivo e reale la perso-
UNO SCOLARE DBL MICELI 67
uaiitàe P immortalità deli anima umana, ma le conseguenze che
seguono dallepremesse: Anima est Ratio agendi cum comàentia^
ieu quod idem sonat Voluntas phisicacum cognitioneextrinseca —
Conscientia seu cognitioextrinseca determinatus status est seu par-
tidpatioOmnipotenliaeemtrinsece considerata (SpecimenScientiBc,
pr. CVII^CX), conducono allanegazione della personalità,poichénon si può concedere alPanima lasostanzialità;e peròa quelladella
immortalità,la qualesolo può seguiredallasostanzialità,non punto
dalla fenomenalità che sarebbe propriadi nostr' anima. Noi ten-
ghiamo fermo che in qualsiasisistema panteisticonon ci possa mai
esser luogo,in buona logica, per V immortalità deli'anima : e se
coir unità dell'Essere ci si parlad'immortalità di anima, potremosi lodare la buona fede del filosofo,non peròla logicadel sistema.
Nel Rivaro(a"conchiudendo, abbiamo un valoroso ingegno ciie
onora non poco la scuola di Monreale,della qualefu pregio spe-ciale
colla forza di mente del caposcuolae de' seguaciessere stata
sempre compagna la bontà dell'animo;la qualeforse potè non fare
scorgere le conseguenze che si celavano ne' principiprofessaticon
tanto ardore, ma fé' restare illibatala fama del Miceli e de' suoi
scolari.
y. Di Giovanni
EMinERI SICILIANI
Gli Emittori costituisconol'Ordine quintodei sistema eutomolo
gico.Linneo aveva riunito in un sol ordine gliEmittori e gliOr-totteri
basatìdo la sua classificazionesulla consistenza meno solida
de' Coleotteri.Olivier ne fece due ordini,Latreillene segui l'e-sempio,
Fabrizio glidiede il nome di Rhyngota,che fu modiflcato
da Burmeister in Rhynchota; generalmentesi è accettato il nome
di Hemipteraper distingurequestoordine.
É caratterizzatoper la bocca con un becco articolatomunito di
setole interne : se ne sono fatte due grandisezioni,Heteropteràcol
becco,che nasce dallafronte,ed elitreordinariamente divise in due
parti,la basilarecoriacea,Y estremitàmembranacea, ed Homoptera
68 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
c^I becco,die nasce dal mento, o parte inferioredellatesta,elitre
ordinariamente coriacee,o interamente membranose.
BIBLIOQBAFIA
Poco si è fatto sugliEmilteri della Sicilia,anzi può dirsi
,che
sono stati trascurati.Pure richiamano T attenzione,
come tutti gli
altri,non solo per la molliplicità,
ma per l'interesseagronomico,
perchè molle speciesono dannose allepiante,
e dovrebbero pro-porsi
de' rimedi per distruggerle:
I. 1814. C. S. Raphinesque. Prècis des découvertes et travaux se-
miologiquesyPcderme. Descrive due specienuove di AfidiAphis
striata,A. montana, ma Giovanni Passerini fa riflettere,che
per la brevlà delle frasi diagnostichenon sono riconoscibili.
II. 1839. A. Costa. Ragguagliodellespeciepiù interessantidi E-
mitteri Eterotteri raceollein Sicilia,
e descrizione di alcune
nuove speciede'*contomi di Palermo,negliAnnali ddT Accad.
degliAsp, Nat
Novera settantasei specieraccoltein varie partidell'Isola;me-ritano
particolareattenzione ilLyngaeuspunctum raccoltonello
Etna ad una elevazione considerevole,che viveva sul Tanace-
tuni vulgare,ilPachyscdiscaudatus e Pachymerisabietisrin-
venij^linellaregionenemorosa etnea : la Prostemma guttula,On-
cocephaluspedestris,0. notatus, MicropusGenei delle campa-gne
di Palermo. Descrive come nuove ilNabis major,Syroma-stes longicornis,un nuovo Genere Acunthothorax,che distinguelaspeciecoli'epitetodi Siculus,ilPachycorishirtus,che secondo
Amiot,
e Servine deve riferirsiall'Irochrotus maculiventris.
III. 1839. A. Costa. Di una novella speciedi Henestaris,letteraal
M. Spinola,nella Corrisp.Zool, An. L 138.
In questo lavoro fa cenno dell'Odontotarsus taudatus trovato
sull'Etna,dove anco raccolseilLyngaeuspunctatoguttatus: nei
contomi di Palermo raccolse una varietà più piccoladel Lyn-gaeus
punclum, ilReduvius pedestris,ed una specienuova de-nominata
Zelus Siculus,
IV. 4840. M. Spinola. Essai stir les Hémipières,Paris,
Riportadella Siciliala Naucoris maculata,che ha la testa
,il
torace pallidi,e senza macchie, laProstemma guttula,le cui fe-
mine sono alate,il Merocoris denticulatus ed ilSelenostethium
lynceum.
V. 1841. A. Costa. Fece conoscere all'Accademia degliAspiranti
BMITTERl SICILIANI 69
Naturalisti,nellasednta del 6 maggio ladescrizione di due nuovi
emitteri,V Aphanus parddlus e Tritomacea aphanoides,genereanche nuovo.
VI. 1842. V. GmuANi. Insèttiraccolti in Siciliand 1839. Atti detta
Accad. Gioenia XVIII. Riportasoltanto otto Emittori raccoltiin
Palermo, Catania,Madonie, Paterno.
VII. 1843. Amiot e ScRviLLE. Hémiptères.Paris.
Essi riportanodella SiciliaT Irochrotus maculiventris,Monan-
ihia davicomis,Arpactarhoemorroidalis.
Vili. 1844. 6. Romano. Degliinsetti,che danneggianogliuliviinSicilia.Palermo.
Tra gliEmitteri enumera la Psyttaolivetomm,Coccus oleae,Cy
adonidumy C. Hesperidum.IX. 1850. 6. De Natale. Descrizione di una nuova speciedi Pio-
jaria.Messina Tav. I.
Dona delle nozioni generalisullaclassiflcazionedegliEmitteri;indi descrive la Plojariaambigua;in un altro scritto A. Costa
fece osservare, che deve riferirsialla P. domestica,con cui ba
molta affinità.
X. 18«')2.Mina' Palumbo. Sugliinsetti,che danneggianoV ulivo
Gior. EmpedocleII.
Vi è la descrizione del Coccus oleae,e di un' altra specienon
classiGcata.
XI. 1854. Mina' Palumbo. Proverbi agrari.Palermo.
Ivi si ta menzione dellaCicada omi^ Cercopissputnaria,C. san-guinolenta,
Cxcada fraxini,C. plebeja.XII. 1858. Mina' Palumbo. Osservazioni entomologichenette Ma-
donie. PalingenesiI. N. VI.
Tra gliinsetti raccoltinelle Madonie sono calendate venticin-que
speciedi Emitteri.
XIII. 18G0. Bellier De La Chiavignerie. Faune entomologiqwde
la Siede. Ann. Soc. Ent. de France 3. Ser. T. Vili.
Questo è ilcatalogopiù esteso degliEmitteri siciliani,che è
stato pubblicato;alcuni sono di molta importanza,in tutto sono
83 specieraccolte in varie contrade dell'Isola.
XIV. 6. Brugnone. Possiede in Palermo una buona raccoltadi E-
mitteri sicilianide' contorni di Palermo ; prima vi era quelladel Lidassi,che fu distrutta neglisconvolgimentipoliticidel-l'anno
1860, la maggior parteclassificatada 0. Costa.
In questa occasione esterno i sensi della mia gratitudineal Si-
70 NUOTI fimafBRIDT SldLIANB
gnor A. Costa per le dilucidazioni,e correzioni fovoritemi su-gli
Emltteri della Siciliain diverse lettere..
Avvertenze
Si è adottato il metodo di Amiot e Serville.Parlando de* luo-ghi
dove sono statiraccoltigliEmitteri son calendati gliautori so-pracitati
colle seguentiabbreviazioni.B. Collezione Brugnone. Bll.
Bellier de laCbavìgnerie.C. A. Costa. 6. Ghiliani.M. Hinà-Palumbo.
S. Spinola.Sr.Servilleed Amiot— Gli autori che sono calendatidopola speciesono quelliche la riportanodi Sicilia— Le specie,cheio riportosono state determinate da espertiEntomologi e parti-colarmente
da Oronzio Costa nel suo viaggioin Sicilia.
HEMIPTERA SICULA
HETEROPTERA LTR,
Sectio I. Geocorisae Ltr.
I. LoNGiscim Amt
ì, SOLENOSTETHIUM LtNGEUM
Fbr-Amiot Ser. 27,
1840. Spinola,
Essai Ins.
Hem. 361.
1842. Ghiliani,Ins. Sic.Atti
XVIII 43.
SiciliaGrohmann, S-Catania
G-CaltanissettaM. Paler. B.
2. Irogbrotds Maguliventris
Grm.
1839. Costa,Pachycorishir-
tus.Rag. Em. Sic. 141.
1843. Amiot, Hèmip.39.
SiciliaSr-Honte PellegrinoaPalermo C.
3. Odontotarsus Cacdatus K1.
Amiot Ser. 43.
1839. Costa,Pachyscdiscau-
datus.Rag. Em. Sic. 145.
1842. Ghiliani,Odon produ-€tu8 Ins. Sic. 43.
Etna C-Catania 6.
4. Odontotarsus Grammigus
Lnn-Amiot Ser. 42.
Nelle Hadonie M.
5. PsACASTA Pedemontana Fbr.
Amiot Ser. 46.
Palermo, Tetyrapedemon-tana B.
6. PSAGASTA TUBERGULATA Fbr-
Amiot Ser 46.
1842. Ghiliani,Ins. Sic.43.
Paterno GPalermo B-Bfado-
nie M.
7. PsAGASTA Granulata A, Cst.
Palermo B.
8. Trigonosoma Nigellae Fbr-
Amiot Ser. 48.
1839. Costa,Rag. Em. 145.
1842. Ghiliani,Ins. Sic. 43.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaB. C-Madonie M-Pa-
terno G-Palermo B.
9. Trigonosoma Despontainii
Fbr-Amiot Ser. 48.
1817. Germar, Z. 56, 1.
1842. Ghiliani,Ins. Sic.43.
SiciliaGermar-Catania G-Pa-
lermo B.
KMITTERI SIGILUNI 71
10. Angtrosoma Albouneatum
Fbr-Amlol Ser. 49.
1839. Costa,Graphosomaal-
bolineata Rag. Em. 145.
1860. Bellier,Fau. Eni. Sic.
SiciliaC.-Bli-Hadoni6 H-Pa-
iermo B.
11. EURTGASTER HOTTE^nTOTUS
Fbr-Amiot Ser. 53.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll-Palermo B-Mado-
Die M
12. EuRTGASTER Haurus Lon-A-
miot Ser. 53.
1839. Costa, OdorUotarsus
maurus. Rag. Em. 145.
Sicilia C-Palermo B-Mado-
nie M.
Var. Pictos. Fbr. Madonie M.
13. EURTGASTER MaROSGANUS
Fbr. Catania Palermo C.
14. Graphosoma [.incatum Lnn.
Amiot Serv. 55.
1839. CjosìdiGr. nigrolineata.Rag. Em. 145.
1858. Mina, Oss. Ent. 112.
1860. Bellier,Fau. Sic.
SiciliaC. Bll-Madonie sulle
ombrellifere M.
15. Graphosoma Semipdngta-
TUM Fbr-Amiot Ser. 55.
1839. Costa,Rag. Em. 145.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaC. Bll-Madonie fW-Pa-lermo B.
16. Graphosoma Flavolinea-
TUM Fbr.
1839. Costa,Rag. Em. 145.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaC. Bll-Palermo B.
17. POBOPS Inunctcs Fbr-A-miot
Serv. 57.
1839. Costa,Rag. Em. 145.
SiciliaC-Madonie,Paler. M.
18. PODOPS SiGULUS A. Cst.
....Costa,Ann. Sor. Ent. X.
301. T. 6. F. 8.
Pidermo a S. Ciro C.
19. PoDOPS Spinolab Gene.
1842. Ghiliani,Ins. Sic. 43.
Madonie 6-Questaspeciefa
doppio impiego, cancellata
da Costa.
20. CopTOSOMA Globosus Fbr-
Amiot Senr. 65.
Madonie sui rannncoK H.
21. CORBOMBLAS SCARABOmES
Lnn.
Madonie sopra i ranuncoli M.
22. Odontoscelis Vn.Los(jsHahn.
1842. Ghiliani,Ins. Sic. 43
Palermo G.
23. Odontoscelis Fulminosa
Lnn-Amiot. Serv. 69.
1839.CosUjRag.Em. Sic.145.
Madonie M-Palermo B. C.
Comune nelle terre aride so-leggiate.
24. Odontoscelis Dorsalis Fbr-
Amiot Ser, 70.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic
Secondo Amiot e Servilleva-rietà
della precedente.Sici-lia
Bll-PalermoB-Madonie M.
25. PiGROMBRUS BroBNs Lun-
Amiot Serv. 84.
Madonie H.-Palermo Penta-
toma bidens B.
26. Ialla NiGRiVBNTRis Fiob.
Madonie IL
72 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
27. Brachypefta tristb Fbr-
Amiot^Serv.90.
1839. Costa,Cydnus trUtis,
Rag. Em. 145.
1858. Mina, Oss. Ent. 112.
SiciliaC- Palermo B-Mado-
nie M.
28.BRAGHYPELTA ATBRRIMA FfStr.
ISiiO. Beiiier.Cydnus ater-
rimus, Fau. Eat. Sic.
SiciliaBll.-Madoai6 H.
29. Cydnus brunneus Fbr.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBIL-Hadonie H.
30. Cydnus affinis H. S.
Palermo B.
31. Cydnus laevigollis A. Cst.
Palermo B.
32. SEmRUs MORio [iim.-Amiot
Serv. 96.
1860. Bellier,Oydnusmorio^
Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll.-MadonieH.
33. Sehirus aiaoharginatus
Fbr-Amiot Serv. 97.
1839. Costa Cydnm Momar-
ginatus.Rag. Em. 145.
SiciliaC-Palermo B.
34. Tritomegas Bigolor Lnn
Amiot Serv. 98.
1839. Costa,Cydnusbicolor.
Rag. Em. 145. SiciliaC-Pa-lermo
B-Hadonie H.
35. ScioGORis Umbrigus Wlff-
Amiot Serv. 120.
1839. Costa Far. wi/wr Bag.
Em. 144.
Siciliatipoe varietà C.
36. DORYDBRBS MaRGINATUS
Fbr-Amiot Serv. 193.
1839. Gusta,Dyroderesum-
bracìdalus.Rag. Em. 144.
Sicilia C-Palermo B-Hado-nie
M.
37. EuRYDEMA Ornata Lnn-A-
miot Serv. 126.
1839. Costa,Rag. Em. Sic.
144. SiciliaC-Madonie H.
38. EURYDEMA OlERACEA LdO-
Amiot Serv. 127.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll-Palermo B-Mado-
nie M.
39. STRACfflA Piota Halm.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll-Palermo B.
40. Strachia Festiva Lnn.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sjc.
SiciliaBll-Madonie M.
Amiot,
e Serville conside-rano
questaspecie,come va-rietà
delVEurydemaornata F.
41. Pentatoma Prasina Lnn-A-
miot Serv. 131.
Madonie nelle selve H.
42. Pentatoma DissiiiilisFbr-
Amiot Ser. 131.
Madonie M-Alcuni lacredono
varietà della precedente.43. Pentatoma Bacgaruh Lnn-
Amiot Ser. 132.
1839. Costa,Bag. Em. Sic.
145.
1860. Bellier.Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll. C-Palermo B-Ha-donie
M.
44. Pentatoma Yerbasci De
Geer.
1860. Boiler,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll-Amiot,e Serville
CENTRATA DI HARCO ANTONIO COLONNA IN PALERMO
E I CANTI DI FILIPPO PARUTA
Reduce dalla baltagliacombattuta contro ilTurco alle isole Cur-
zolari,
e pieno di vittoria,
ritomaya a Roma Marco Antonio Co-lonna
comandante le galere ponti6ciespediteda Pio V contro gli
Ottomani. Precedeanlo gli elogiche del suo valore aveva fatto al
Pontefice Giovanni d'Austria generaledelP armata cristiana alla bat-taglia
di Lepanto.Ed entrato nella eterna città,quasi che si voles-sero
ripeterei trionfi delP antica Roma, il popolo lo incontrava fe-
steggiante a bandiere spiegatele conducealo con trionfo al Cam-pidoglio.
L' Italia aveva in lui il più grande capitano; e FilippoII
chiamando in ispagna il principe di Castelvetrano,
che da viceré
aveva tanto bene retto il governo della Sicilia,non trovava che nel
Colonna il degno successore al Gran siciliano (1).
Nel gennaro del 1577 Marco Antonio Colonna duca di Tagliacozzoe
gran contestabile del regno di Napoliera investito della dignitàvice-regia;
ed accompagnato da 13 galee,giungeva in Palermo il23 aprile
dello stesso anno (2).L'entrata solenne faceva ilgiornodopo, e la città
festeggiandosplendidamente il suo arrivo,accogliealoalla Garita e
Tonorava di archi trionfali»ne' qualierano istoriate le vittorie da lui
riportatecontro i Turchi (3). 11 Senato glipreparò un bel cavallo,
e gliePofferse allo sbarcatoio : ov' erano venuti a fargliomaggio il
principedi Castelvetrano,non ancora partito,per dare assesto agli
affari di famiglia,e D. Ottavio Spinola Pretore della città.
(1) G. EyaogelistaDi Blasi {Sioriacronologicadei viceré, luogotenentie presi-denti
del Regno di Sicilia,pag. 236, Palermo 1842) afferma di aver vedalo una
medaglia mollo rara in onore del principedi Caslolvetrano, averne nel diriUo T ef-figie
di lui,co!!'epigrafeCarolus Aragonius. Maqn. Sicclus. Antonio Perrenotlo,
deUo il Cardinal di Granvelle« solea chiamarlo anche col tilolo di gran siciliano.
(2) V. Croniche diverse di Sicilia,manoscritto della Biblioteca Comunale di Pa-lermo,
segnato Qq. F. 4.
(3) Y. Di Blasi. Op. Cit. pag. 237.
l'entrata 01 M. ANTOraO COLONNA IN PALERMO 75
La miglioredelie strade palermitane(rantico Toledo,oggicorso
y. Emmanuele) non era ancora abbellitadalle magnificheporte che
ne chiudono le estremità ; le qualida questoviceré vennero erette
e fSaistosamentedecorate (I).Né tale via,per dirittogiungeva alla
marina ; limitandosi alloraalla chiesa di Portosalvo. Fu il Colonna
che la protrasseal mare, e le assegnò per limite la portanovella»
che dal nome della signoraOrsini sua moglie,fu intitolataFelice,
Accompagnatodal fiore dei cavalieri,che soleano accorrere in talicir-costanze,
e dal resto delle autorità cui incombeva fare omaggio al
venuto ; arrivava il Colonna alla Cattedrale; ed ivi,seguendo T an-tica
usanza,leggevasila cedola reale che designavaloal governo
della Sicilia,ed eì prestava solenne giuramento.
11 canto dei poetinon mancò di plaudìreal venuto ; come non
era mancato in simili occasioni,e fu sempre assiduo anche quandor opera di chi prese ilgoverno non risposeai voti dei poetie alle
comuni aspettazioni.Però i versi di FilippoParuta non erano basse
adulazioni nò augurio vano; che il Colonna distruttore della peste
venuta ad affligereV isola,virtuosamente modesto nel rifiutarei do-nativi
offertiglidagliordinarliparlamenti(2), non sanguinarioné
crudelmente eccentrico (3); ben meritò la stima dei contempora-
(1) Intendiamo dire di porta Felice e di porla Nuova. La seconda, in fondo alla
della via, dovea chiamarsi porta austriaca per ordine del viceré ; ma il popolola
chiamò sempre porta Nuoca.
(S) V. Di Diasi, pp. cil. pag. 239; e Mongilore,Parlamenti di Sicilia,t. 1.
(3)Deglialti dei viceré spagnuolidiscorrono con minuziosa dih'genzai diariipa-lermitani
di FilippoParuta, Niccolò Palmerino,Vincenzo Auria, e di altri,i qualisi conservano manoscritti nella Biblioteca Comunale di Palermo. I giudiziisommarii,le condanne crudeli e le grazie sùbite e capriccioses'avvicendano con una facilità
meravigliosa-,la quale fa dispettoa chi considera come in quel tempo infelicesi
fos£e fatto tanto strazio del dirittopubblicoe del privato,e grande confusione del-l'
autorità coir arbitrio ; d'onde le scandalose impunitàe le miserabili torture e le
morti. Ma quelche merita specialeattenzione si é questo:che i cronisticontempo^
ranei lungidal lamentare tanto danno, alzavano plaudentila voce fra le stragi.Ad
onore del vero bisognaconfessare che il religiosorispettoa]]asagra curuna e la vi-gile
difesa dei privilegimunicipali,scompagn$itida quelsenso liberale che rende
lo storico superioreaglinwenimenli e Io fa giudicedei tempi,fanno poco onore,
aglistoricidi quel tempo, ed a quelliche in stagionea noi vicina ne copiaronoi
giudizii.I qualituttiattingendoad un convenzionale nella crìticadi certi avve»
nimenti, svisarono là stona che non pttò sempre .acconciarsia gindiziistereotipi.Se volessimo corroborare coi fattiquanto ora abbiamo affermato,dovremmo qui tra-scrivere
interamente i diarii della cittàdi Palermo, e le cronache di queltempo.Però ad utile prova riportiamodal Diario delle cose occorse nella città di Palermo
e nsl regno di Sicilia,composto dal dott. D. Vincenzo Auria palermitano(codd.mss. segn. Qq. A. 7 e 8), il seguente brano che ci é caduto sott'occhi :
• 16i8. Martedì 14 di ^k^/ìo•— Questa sera fu condannalo al remo per anni do-
76 NUÒVE EFFEMERIDI SIGILIANB
nei, e fu a questa Siciliadi grandissimogiovamento.Qualcmiodirà
ch^ egliabbia avolo difetti; ma chi deglinomini ne va esente,
e
chi dei governanti?
FilippoParuta era allorasegretariopalermitano.Il Senato della
nostra cittàche comprò il titolodi eccdlentissimOyma che insieme
a talifrascherie,comunissimo e necessarie in tempo di tanta abie-zione
politica,avea strappatoallaSpagna franchigiee prerogative,ilSenato palermitanopotea ben vantarsi in queltempo di uomini
sommi. Bartolomeo Sirillioed il Nostro furono segretariidel co-mune
; e questinomi bastano a testificare come allorala rappre-sentanza
comunale palermitanafacesse omaggio agliuomini della
dottrina e della scienza,designandoliai pubbliciufBcii ed onoran-doli
generosamente. Ilqualefatto unito ai ricordi dellanostra sto-ria,
che ci ha tramandato i nomi di altrivalentissimigiureconsultie politici,adoperatinellecontroversie fra comune e comune e nelle
difficilirelazionifra le cittàe il governo di Spagna; ci fanno ben
certi della mediocrità politicadei nostri tempi: tanto vantati pei
progressidella mente umana; ma, in paragone, certamente al di
sotto di quelsecolo che diede questingegniallaSicilia,ed allape-nisola
italicala mente di Machiavelli e Guicciardini.
Ha lasciamo di rimpiangerele nostre miserie;e torniamo a dire
del Paruta. Aveva ilNostro naturalepropensioneallapoesia; e que-sta
facoltàcoltivando,coglistudii delP antico perfezionò.Composecon classicaseverità in latino,dettò stupendeiscrizioni(1); e ver-
• deci sopra le galeedi Siciliaun perverso garzone, che,avido di sedizione,s'aveva
• vantalo ("sic)che iu t«mpo d' occorrenza voleva saltar nel campaniledella Chiesa
• di S. Antonio e sonar all'arme la tanto celebre campana. Costui,
non potendo
• oprar tanto con voce, avendoglila natura proibitoV uso del parlaree servirsidella
« lingua,che non ha osso,
e ne rompe ,«d a guisa di taglientespada ne vibra
« molti de' colpia danno d' altri,non fu meravigliase quelche non poteva colla
" voce si sforzava operar con la mano per mezzo delle campane. Era cosa da ridere
• vederlo sopra una mula balbettare ferocemente per le nervate che sofTeriva negli• omeri, non potendocon le parole o mover a pietài circostanti,o scusarsi del de-
• Ulto,
o farsi almen compagni alla pena, che per la comunanza è mezzo gau-
• dio ».
(1) Sono del Paruta alcune iscrizioni latine situate ai canti della piazzaViglie-
na, e quellache ancora si leggesulla porta d'Ossuna. Molle altre ne compose, mo-numentali,
commemorative e sepolcrali; le qualisi conservano manoscritte nella
Biblioteca Comunale di Palermo, a' segni2Qq. C. 2i. Ed inedite sono pure le poesie
latine,ora sacre, ora eroiche;oltre a un grande numero di epigrammiin lode di poetisi^Iiani già morti. Pubblicheremo fra breve un saggiodi questiepigrammi;che in-sieme
danno un'idea della letteraturasiciliana al secolo XVI.
L^BNTIiÀTA DI M. ANTONIO COLONNA IN PALERMO 77
seggiandoin volgare,colse doo poche volte le finezze del greco, e
glifa propriaquellarobustezza di forma e sicurtàdi gusto,che sono
indizio di arte matura e di squisitosentimento. La Biblioteca Co-munale
di Palermo possiedeun volume manoscritto (2Qq.C. 21).
contenente le poesielatine e italianedel Paruta, parteautografa,
parte vergale da^ figliuolidi lui.Io che ho Ietto e trascrittoquasi
tutte le composizionidel poetapalermitano,ho avuto ben ragione
di lagnarmicome tanto fior di bellezza siarimasto nascosto sino ai
nostri giorni.Noi abbiamo dovizia da non invidiare alle altre re-gioni
d^Italia; e se venissero alla luce i versi di Bartolomeo Siril-
lio,
di Luigi d' Eredia e di FilippoParuta ,la Siciliaavrebbe da
vantare anch^essa una scuola del secolo XVI, che gliscrittidi An-tonio
Yeneàano non bastano a rappresentare(I).A quest'operada
(1)Mi piacedi riportarequalchepoesiainedita di FilippoParata e di Luigid*"-
redia. È del primo il seguente madrigale
Per un faBoinllo di nova anni
Caro pegno del cielo.
Che sotto umano veto.
Con la voce e col viso
Apriagliorecchi e agliocchi un Paradiso :
Tu sei nuovo angioletto,Che con doppiodiletto.
Con diletto celeste
Tutte hai per gireal ciel 1*anime deste.
Di Guglielmoil Buono pensò anche di poetare; ma o non continuò,o non ci per-vennero
il resto delle stanze che doveanOf'^perlo meno, comporre un poemetto.
Queste che pubblichiamone costituivano il principio: ove ò ammirabile V invo-cazione
deir angelo,fatta in tempo nel qualeera tema obbligatol'apostrofealla
Mum.
Guglielmo il Buono
r$ di Sicilia
Canto il giovane Re, eh' erse nel Monte
Beai, detto da lui,divoto il tempio;Ebb* ei le voglieair opra e lo man pronte,
E d' avversarlisuoi fé'duro scempio;
Onde rivolto al ciel V invitta fronte.
Di bontà di valor tal diede esempio;
Che 1 mondo ancora in memorabil suono
Lo chiama e chiamerallo sempre il Buono.
Angel,tu che solevi a Unt' impresaPria sollevar la generosa mente;
Poi quando ardea.ne* più 1*aspra contesa
Davi al guerrierforza e vigorsovente;
78 NUOVE EFFflMBBIDI SICILIANE
qualchetempo ho rivoltola mente ; e se le forze e i mezzi non
mi mancheranno, spero render noti i nomi e le opere di questi
siciliani,nuovo lustro allanazionale letteratura.
Questa volta raccolsialcuni canti in onore di Marco Antonio Co-
Perchè la gloriasua per tutto intesa
Desti a yirtù la più lontana gente;
Ta giàcustode sao, mio santo nome,
Reggi il mio stil,tu sii mio spirtoe lume.
Di mirabile semplicitàe d'ingenua beUezia è il seguente canto aìV Angelo Ga-
briello,da me già altrove pubblicato(V. V uomo ,la religione, la patria; rac-
colta di poesietulle e ordinate da Salvatore Cocchiara ad uso delle scuole primarie
italiane.Quarta edizione* Palermo, 1870, pag. 56).
AU' Angelo GabricUo
Santo messo, a cui Dio l'ufficioimposeD' annunziar le più secreto cose;
Tu che recastiin terra il gran decreto,
Gh' aperse il ciel dal suo lungodivieto;
Nunzio divin,eh* a quelladicestiAve,
Ch* ad aprirV alto amor Tolse la chiave;
Ministro a la piùnobil opra eletto,
Ond' ebbe V nom salute e 1 ciel diletto:
0 degliangelicaro e sommo onore,
0 fortezza di Dio, nostro fattore;
0 dal cui detto il mondo si fé'bello.
Salve, Arcangelsovrano Gabriello.
Di Luigid' Eredia faremo gustare partedella cantica che porta per titolo//piantoiella Mctddalena penitente,composta di^XVIlIottave; la qualeabbiamo cavalo dal
cod. ms. della Comunale di Palermo, segnatoSQq. G. 38.
Il puuito della BladdaleiMi penitente
Là dove innalza un solitariomonte
Gli erti suoi fianchi e le sassose spalle,• E folte manda dall*orribilfronte
L' ombre a cader ne la profondavalle;
A piòd' un vago e cristallinofonte
Che sorge,e va per dirupatocalle,Giacea la bella Maddalena assisa,
Dagl'ingannidel mondo ornai divisa.
Di sue vaghezze,un tempo ond* ebbe cura
D* ornar con arie il suo leggiadroviso -^
E r avorio coprircon V ambra pura,
E sfavillartra vive perleun riso.
Fugger insidie,e di sua vita oscura
Per cui dal Ciel conobbe il cor diviso,
Vool che nobile ammenda omai ristori
L' empiaslagtondo* suoi lascivi errori.
L^ENTRATA DI M. ANTONIO COLONNA IN PALERMO 79
lonna e della sua nobile famiglia.Sono ìntermediì di commedia,che la grandiositàdello spettacoloe Teffeltoscenico dorea render
mirabili.Per farsi nna giustaidea delle rappresentazionidi allora,
bisognaricordare le immense spese che sostenne ilSenato paler-mitano
per la esecuzione AeìVAUo (Ma Anto, poema drammatico
di Martino Folengomonaco cassinese,inteso più comunemente col
nome di Merlin Coccai (1).Trentamila scudi spesiper mettere in mu-^
sica e rappresentarequest'opera al 1581 (2),doveano fare escla-mare
a Marco Antonio Colonna che « una migliorcosa altroche in
cielo veder non si poteva I (3).E veramente ftisotto il governo
del duca di Tagliacozzoche le rappresentazionisceniche in Palermo
vennero eseguitecon maggiore magnificenza.Altre volte,
come
attesta V Alesi,
erano bastatidodicimila scudi all'Atto della Pinta :
Quando nasce col ghiaccioilgiornobreve,
E quando il lungole campagne accende.
Ruvida v«'sle 1*nnimala neve
Di quelcorpo gentilcopre e difende.
Che al suo casto desio gonna si deve
Che bassa e vileal mondo, in Ciel risplende;Chiude ricco pensierpanno mendico,
E trova il Cielo a le preghiereamico.
L' oro gentilde le sue chiome bionde
Che sul tergo cadea dispersoe sciolto,
Mosso da r aure il molle avorio asconde
E gliamorosi fior*di quel bel volto :
L* oro che più non si rincrespajnonde
Uà bianca man sotto un bel velo accollo,
Qual giàne le stagionial sènso liete,
Armando amor d'inestricabilrete.
Le vaghe luci in cui si specchiailsole
Di serena onestà circonda e veste,
, Tingon le guance sue belle viole
Cui nutre 1*aura d* un amor celeste (*);
Fra bianche perleil suon de le parole
Esce,a destar le torbide tempeste.
Che sempre nova guerra al cor le fanno
Di pentimentoe del suo'antico danno.
(1)V. Dì Giovanni,Delle rappresentazionisacre in Palermo ne*secoliX VII e X Vili.
Bologna,1868.
(2)V. Mongitore,Bibliotheca Sieula,voi. I, pag. 63.
(3) V. Alesi,Aneddoti sieUiani;ms. della fìibl.Com. di Palermo^ segnato Qq.H. 43, pag. 45, e Scavo, Memorie per servire alla storia letterariadi Sicilia,t. 1*
p. 11,p. 46. Palermo, 1756.
(*)DioMBditmo se «nic« aoiichè rara debba dirsi la belleiia di questiquattro veni.
80 NUOVE EPPEMBRIDI SIGILUNB
ora si cereava di superare ilgiàlàlto,e Senato e Viceré vinceano
nello sfarzo i loro predecessori.L^uso delle giostre,dei tomeamenti e di molti giuochiginnastici
già invalso da antichi tempi,e cresciuto sotto ilgoverno del mar-chese
di Pescara del conte GiuseppeFrancesco Landrìano e del prin-cipedi Castelvetrano,non era venuto meno sotto ilColonna. I giuo-chi
del caruseUo^quellodello staffermoossia del Saracino,
e V al-tro
deir an^,
detto ancora della canna,
aveano aria di natività
siciliana,e si eseguivanocon pompa non comune. Il 18 febbraio
del 1572, D. Giovanni d'Austria reduce dalle vittoriecontro i Mu-sulmani,
prendeapartealgiuocodella canna in Palermo,e giostrava
col principedi Castelvetrano e con altri della nobiltà.Già ilSenato
palermitanometteva annualmente fra le sue spese una somma per-chè
servisseallarappresentazionedi tragediee di commedie,che
faceasinel luogo istesso della Pinta ; e talirappresentazioni,special-mente
eseguiteper divertire ilpopolo,erano dette per antonoma-sia
atti della Pinta (I).Narra PAIesi nei suoi Aneddoti sicilianiche
giàera invalso quest'usoin SicMia : di eseguiregrandi rappresen-tazioni,
volendo far cosa grataai viceré ; e discorrendo ódrAtto della
Pintaydice che se ne ordinava la esecuzione allorché ilSenato,in
terpretedei voti popolari,intendea di mostrare la sua gratitudineai governatoridella Sicilia.Quando giunseilColonna in Palermo,
similirappresentazionifurono eseguite;e le poesiedel Paruta,che
ogginoi per laprimavoltamettiamo allaluce,in taleoccasione ven-nero
pubblicamenterecitate.
A nessuno faràcertamente meravigliailveder comparirein iscena
la Gloria,Marte,Iride,Eolo^ ì Venti la Sicurtà a cantar P elogiodel Colonna,ove si pensialle condizioni del teatro di allora,allo
ideale pagano invocato nella gran parte delle rappresentazionisce-niche.
Qualcuno sarà curioso di sapere in che modo questinostri
progenitoripersonificavanole più astraile divinitàmitologiche,co-me
sMngegnavano di cacciar sulla scena i Venti,e qualcosadi si-mile;
e noi lirimandiamo ad altre descrizioni che di tali rappre-sentazioni
ci lasciaronogliscrittoridel tempo : nellequalila mac-china
ci si mostra maggiormente complicata,e l'apparatoscenico
assaipiù grandiosoe formidabile (2).A persona illustreper nobi-
(1) V. Alesi,Aneddoti ticiliani,loc. cit.
(2)^ella rappresentazioneóeWAUo della Pinta, dì che abbiamo parlato,secondo
lo Scavo • dapprimaeravì il Caos nelle foltetenebre avrolto,indi apparivailPara-diso,
in cui vedeasi Iddio Padre colle numerose ghiere degliangioli;la battagliadi
82 NUOVE RFFEMERIBI SICILIANE
Ad ornar città nove e novi regni;
Opre mature, a (Tetto santo e pio,
Voglie Reali,e pensier'grandi e degni.Ho qui portato a te, nobil Nipote,L'armi pulitea le Vulcanie rote.
Le quai potranno con maggioreardire
Sfidar Bisanzio a nuove alte contese;
0 del German Torgoglioe V ingiusrire
Rompendo, vendicar Pantictieoffese (I);E perchèognor tu le vagheggi e mire.
Ecco a lo scado le paterneimprese;Che vincon l'altredei passatiEroi^E desteranti a vincer loro poi.
Compagni di Marte
0 bennato, o gran frutto
De le prime d' Italiainclitepiante,
Sola speranza del romano onore :
Qui virtù,qui valore.
Qui puoiveder mai quante
Grandezze ammira in mille il Mondo tutto :
E d'uomini e di Dei
Le vittorie avanzar, l'opre,i trofei.
Né tanti onori si fanno solamente al viceré ed a Prospero suo
figliuolo.La signoraFelice Orsini vicereginanon andrà senza elo-gio;
e glielofa Iride che sirivolgead Eolo per ordine di Giunone,
onde, calmati i venti,ritorni il bei sereno, e la natura ridente fe-steggi
tanto fior di bellezza e cortesia.
Iride
A Felice Goloane Oreiai vioeregìae
.
Eolo, colei che chiaramente uscita
D' umana sorte ognor sé stessa avanza :
Colei,pregiodel mondo, in cielgradita,E del più bel del ciel qua giù sembianza;Colei che in cima di bontà salita,É meravigliaa la terrena stanza.
Fu, e or l'alma Giunone a te m' invio
Per far piùallegroe dilettosoil die.
(1) Una varianle :
0 romp«ndo al German 1*orgoglioe 1*ire.
Vendetta far de le romano offese.
L^ ENTRATA DI M. ANTONIO COLONNA IN PALERMO 83
Chiama i venti (die'ella),imponi loro
Che nel tuo nome temprìnTira silverno;Io le cedo in virlule,ed io Fonerò;
Abbiasi ella di voi franco il governo;
Già de le Ninfe mie l'osservail coro;
Già sola amica il Regnalor saperne.
Che più? le assegno il mese mio; sia feslo
Per lei febbraio,ovverà prima infesto.
Bolo
Venti,0 venti,Real chiara Felice
Dà pace lietae seren vago a noi;
Per voi convien ch'ogniuomo, ogni pendice
IfaccogHailgrido,ammiri i morti suoi;
Or chi sua gloriaaltera a pien ridice
Per gliEsperiivolendo e per gliEoi?
Chi fa che Puniverso ognor la chiami.
Ed ogni età lo riverisca ed ami ?
Venti
Popolo qui vicino,E voi gente lontana,ovunque sete.
Deh che non rivolgete
La mente e gliocchi a lume alto e divino ?
Altezza ed umiliate.
Senno e valor,grandezzae cortesia ;
Maestà,leggiadria,
Fior di bellezza e frutto d' onestate ;
Fra quantunque il ciel copra
Non vede il sol di voi più nobii opra.
Ma non basta aver fattoV elogiodellagloriadel viceré,del suo va-lore,
della sua nobiltà.Egliè venuto a governar la Sicilia,*egliha
rimesso la sicurtà nel Regno. Il poeta vuol darglilode di questi
buoni portamenti; pe'qualivede P isolarifiorireed i suoi abitanti
goder felicità.
La Siotirtà
A Matoo Antonio Colonna ?ioorè
A ib che invitto e fortunato sei«
Già vincitor del danno e del periglio.Dai cui vivace ardir,dal cui consiglioI buoni han vita e morte infame i rei :
84 NUOVB KFFBMBRIDl SHatlANE.
A te la schiera de^ seguacimiei.
Trionfante,per te, lieto conciglio»
Ecco or s'inchina,e dall'augusto ciglioPrende vigor che me rinfranca e lei:
Questa è pur tua colonna e mio sostegno ;
La Sicurezza io son, quegliil furore
E la calunnia,empiiavversarii tuoi.
Ricche spoglieti reco e trofeo degno
Di te, che sol sai tanto e tanto puoi,
0 saggio,0 valoroso,alto signore.
Compagni della Sicurtà
0 nati a miglior anni
Che del Re invece ilgran Roman governa,
Felicitateeterna
Fa voi beati,e 1 Regno senza inganni:
Mercè di fedel cura
Al Rege, al Regno, al Reggitorsicura.
Queste che abbiamo pubblicatonon sono tutte le poesiecompo-ste
dal Paruta in onore di Marc' Antonio Colonna. Altre e diverse
ne esistono ancora inedite, comprese neir autografodi che sopra
abbiamo ragionato;fra le qualiun poemetto ad ottave, in cui le im-prese
di questo viceré e ilsuo governo in Siciliasono magniQcati.
Abbiamo voluto mettere in luce nellapresente illustrazionequesti
canti, perchè riferentisi a un personaggiostorico ch'ebbe nome
chiaro in Italia,e fama di valoroso e sagace governatore in Sici-lia.
Saremmo assai lietise queste nostre parolevalessero a far co-noscere
il Paruta qualepoeta, dove è celebre come storico e come
archeologo(i);e se la pubblicazionedi questicanti invogliassei
cultoridelle letterea rivolgerei loro studii sulla letteraturadel se-colo
XVJ in Sicilia.
Palermo,nelPaprileel 1870.
Salvatorb CoccmARA
(1)Il Tiraboschi {Storiadella leU, iL Venezia, 1796, tom. Vili, p. II, pag. 347)
dà merito grande a FilippoParata per aver primo ia Italia rivolto lo studio della
namismatica a specialevantaggiodella storia,coli*opera intitolataDella Sieilia de-
HrUla con medaglie;la qualefu pubblicataper la primavolta in Palermo nel 1612,indi a Roma nel 1649 per cura di Leonardo Agostini,posciain Leone nel 1697, e
finalmente nel 1723 per opera dell*Havercamp.
DEI VOCABOLARI SICttlANI
Se il noto proverbio« Chi tardi arriva male alloggia• potesse
applicarsia^ lavori di compilazione,gliultimi vocabolari del nostro
dialetto dovrebbero esser da meno de^ primi,o, allamen trista,as-sai
povera e mal fatta cosa. E veramente talici son riuscitiquelli
che prescindendodaglistudi altrui hanno voluto rifar tutto da capo,
quasi sia da uomo prudente dimenticar del passato quel che può
giovareper l'avvenire, e mandare a male i fruttipazientissimidei
pensiero umano. Ma per chi altrimenti guardila bisogna,ilgiugnertardi è anzi vantaggioair opera cui uno si accinge,come quellache
" suo prò di quanto sulla materia è stato raccolto. Cosi è che ilNuovo
Vocabolario del Traina,compilatosu tutti quelliper noi esaminali,
e su lavori consimili,raccoglieiltesoro delle lor voci,causando i di-fetti,
che pur troppo abbiam dovuto scorgervi; e però nelP affer-mare
fin da ora che per questo e per altri argomenti esso è mi-gliore
tra tutti,noi crediamo di apporcitanto al vero quanto dal vero
si scostarono coloro che seguirono via allatto diversa da quelladel
Traina.
Già lo abbiam veduto: fino al passato secolo,poche eccezioni fotte,
non ebbesi altro concotto nella compilazionedei vocabolaii siciliani
se non che quellodi mostrare come poteva tradursi in latino una
frase siciliana,come volgarizzarsiuna voce latina; e codesto con-cetto
appariscecosi chiaro che potrebbe dirsi il solo forse cui ab-biano
inteso i nostri lessicografi.Dallo Scobar al Pasqualinosi cer-carono
etimologie,a detrimento forse del dialettoche volevasi stu-diare
e facilitarealtrui. Cessato il Hortillaro e quanti il seguirono
da codesta ragione di studi non a tutti graditi,il Traina ha preso
nuovo indirizzo. Egli ha badato più a riuscireche a sembrar utile;
e, nuovo ed ignoto nel campo letterario,ha ben ponderato,se e
quanto convenga ad onesto operaio del pensierorifare il già fatto
mettendosi, per cosi dire
,in capo a tutti. L' improba fatica non
Tba sgomentato; e sebbene altri sieno stati gP intendimenti diluì
in sulle prime da quelliche appaiononeir opera sua, modesti cioò
e limitati allora,alti
,nobili adesso,eglivi si è abbandonato con
86 NUOVE BFPEMRRIDI SIGIUANB
taato ardore,con tanta lena e con tanto studio,che de^ risaltamenti
non è panto a dutiitare.
Ilnuovo indirizzo preso dal Traina è da riguardaresotto duplice
aspello:sotlo queUo del dialetto,e sotto quellodellalìngua;dal lato
dei vocaboli sicilianiper una parte,e per un^ altradal lato dei corri-spondenti
italiani.Quanto al primo e^iincominciò con far lo spo-glio
di lutti gliscrittorisicilianida Frate Atanasio d^Aci al Meli,
dal dugento al novecento,e prose e poesieletterategliapprestaronolargamesse non abbastanza ricercataper lo innanzi.
Certo non sarebbe questa una via sempre sicura per chi voglia
arricchireilnostro vocabolario,che illetterato,volere'o non volere,
puliscesempre il dialetto; ma quando essa trova V appoggiodel-l'
uso, e r autorità vivenle del popolo,ei ci pare lamiglioreda se-guirsi.
E questa seguiilTraina,raccogliendoquante piùpolèvoci,
frasi e modi di dire dalla bocca del popolonon registratefino a
lui; e come ilpiù fedele linguaggiodel popoloson le sue tradi-zioni,
cosi cogliendoed iscegliendofior da fiore,trasse preziosipe-culiellidi voci dalle raccolte di canti popolarie di proverbifotte
in questiultimi anni da vari benemeriti. Del non essersi volli a
tutto questo, non è certo ad accagionarei precedentivocabolaristi,
«ondo che lo studio dei canti è cosa nuova tra noi;ma i proverbi
eran li;e delle maniere pienedi espressionee di vivacità ne ap-prestavano
a dovizia per chi non avesse schifato di consultarli.
Quando si pensiche in tredici mila proverbida noi preparatiperle stampe , poco men che un miglia^jodi voci vi sono inedite od
inosservatefin qui,avrassi il migliorargomento in favore di que-sti
nuovi studi e del poslo che* vi ha assegnatoilTraina. Tra ilnu-mero
infinitodi voci nuove il lettore provincialesi avviene allo
spesso in voci catanesi,messinesi,di Trapani,Marsala,Yillafrateecc.
In altritempi codesto avrebbe apprestatoargomento di censura pel
compilatore,che volle confondere,per dirla con una nostra fk^se
storica,Francia e Spagna.La censura sarebbesi mossa di qui,donde
per univoca sentenza parte il dialettodi tutta Sicilia,e dove si son
quasidetlatii precettiortograficie sinanco fonetici.Ma dacchò qual-chesicilianonon palermitanosi è ribellatoa codesta pratica;dacchò
liPasqualinopalermitanoha dato ospitalitàa qualchevoce vwna-
cola; dacché si è fallo avvertire che Palermo non è Sicilia(1),e
che dugento mila parlantinon hanno dirittodMmporre a due mi-lioni,
ildivisamenlo del Traina si tiene per giustoe per buono nel
"1) Lionardo Vigo nel citalo scrttlo.
DU VOCABOLARI SICIUANI 87
campo del nostro dialetto.Ma noi (e ci siperdonise appariamo di
presumere in cosa che ci ò tanto a cuore) vogliam(are una distin-zione,
necessaria del resto, a tal proposito:e diciamo,che a nostro
credere uno è il vocabolario sicilianoitaliano,
uno il vocabolario
dell'uso siciliano;quelloè, o dovrebb' essere^ ilprontuariodi tutte
le voci comuni del dialetto,intese ed usate in ognipia ripostoan-golo
della Sicilia';questo ilregistrodelle voci specialiai tal paese
e quivisolamente o nei suo circuitousate ed intese;V uno va prima,r sJtro va dopo.Altrimenti,chi potrebbed'u'eche la data voce ver-nacola
usata nel dato luogo non sia la vera voce del dialetto? e
perchè [altrae non essa debba esser la comunemente abbracciata?
il cav. Salvatore Vigo, caldissimo amatore delle cose siciliane,
vorrebbe ripararea questoinconveniente registrandola voce sotto^
dialettalesenza spiegazione,ma col solo richiamo allavoce del dia-letto
; cosi,eglidice
,si comprenderàla differenza che corre tra
r una e V altra,
e si costringeràilprovincialead apprendere,
ac-canto
alla sua,la voce che vi sostituisceogni altro siciliano.Per
quanto ingegnosa la proposta,noi rimaniamo fermi nel nostro
convincimento,e crediamo che un vocabolario siciliano,colle de-bite
riserve e ne' giustitermini, debba esser tutto d'un pezzo e
tutto d' un colore;e che il vocabolario,per dir.cosi de' sotto ver-nacoli,
debba venir di costa ad esso, il qualeavrebbe a contenere
il tesoro del parlarsiciliano,preciso,minuto e senza smozzìcature,
senza idiotismi,od abusi fonetici.
Tuttavia,poichéun passo dal Traina si è dato,bisogna che da
lui si vada innanzi,raccogliendoquanto glifia possibilene* vari
paesL La propostadi Salvatore)Vigo affeziona in certo modo a
questo partito;per altro in talidisciplinemeglio è abbondare che
difettare,mollo più se si tenga di mira la efScacia ed evidenza di
locuzioni che possono venirci da un contadino di Noto, da un pe-scatore
di Trapani,da un zolfaio di Girgeniiecc.
Avvicinandosi al popoloil Traina ne ha raccolte le grazie più
gentili(1).Sono tra queste glialteratide' verbali e participialiin
atOyito,lite,e de'participipassati;quindile terminazioni in tina, uni,
eddu,eddayizzu,che quasinon esistevano pe'nostri vocabolaristi(2).
La grandericchezza che ne ha acquistatal'operasarà forse meno ap-
(I)Questonon sempre però,sopralnltonelle lettereA. 6. C.,dove molte Voci si
possono aggiungere, che il Traina omise,
e che di fatti aggiungeràin un supple-mento
alla fine del volume.
(S)Non pelMortillaro,che moltissime ce ne diede nell'opera sua.
88 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
urente di quelche è io realtà;avvegnaché coli'aggiungerle voci
d' uso il nostro avesse postoda parte quelleche ne' vocabolari son
troppo italianeo scientifiche perchè non vengano comunemente
usate; le sole che ha accolte — e tra queste hanvene pure di an-tiquate
,— gliè parato doversi bene tenere a mente
,dubitando
non «ieno vigentiin qualcheluogodi SiciKa.In ciò,a dirlaschietta»
io vorremmo più ardito,si che il nostro dialettoabbiasiper lui un
vocabolario tutto siciliano,o, come desidererebbe un illustrenostro
concittadino,delle sole voci che più si allontanano dalla linguana-
eionale. La ricchezza del Traina è anche meno apparente perchè
egli ha usato la massima scrupolositànel toglierele ripetizioniche nel Mortillarosi hanno di ubo slesso proverbio»di una stessa
frase,sotto le voci differenti che V uno e V altra compongono.
Insieme a tanta ricchezza molte nuove definizioni ner son venute
fuori,
non esistenti fin qui.Ben dichiarata è la natura grammati-cale
dellevoci ; acuta qualcheprovenienzafrancese,spagnuolaecc. ;
ben adattii raffrontidel dialettovivente colla linguadel dugento e
del trecento d'Italia;raffrontiche ilTraina istituisceavendo allemani
Busone da Gubbio, Jacoponeda Todi,Dino Compagni, Guittone di
Arezzo, Guido Cavalcanti,Pier della Vigna,
i Halispini,i Villani,
ed altritali.
Venendo al secondo aspettodel nuovo indirizzo del Traina,cioè
al corrispondenteitalianodelle parolesiciliane,crediamo superfluo
ripetereilgià detto da altri e da noi stessi,or son due anni (i),
a propositodelle grandi difficoltàche s' incontrano in siffattolavoro.
Il dialettoha delle particolaritàche non ha la lingua,o se le ha,
nessuno le conosce e sa maneggiarledel medesimo modo che 11dia-letto,
nel qualeè la vita dell'indivìduo ; però è veramente difficile,
non che il tradurre dal dialettonellalingua,iltrovare ad una voce,
ad una frase qualunquela egualeitaliana.Può solo appianarquestadifficoltàuna lungadimora in Firenze,la conversazione co' meglioparlanti,la lettura dei buoni libritoscani : tre condizioni indispen-sabili
a cosiffattabisogna,che i nostri non seppero tutu conciliare.
Due anni di residenza in quellacittà,spesiin utiliconversazioni,in ricerche fruttuose ed in letture profittevoli, posero il Traina
nella condizione più favorevole ad un lessicografo; onde ilsuo libro
dà il desideratum dei linguistiitaliani,partigianio no del Manzoni.
Qualche citazione da recarsi all'uopo,potrebbemostrare quantiab-bagli
avesser preso alcuni dei nostri vocabolaristiin tal lavoro di
{i) Sludio erUieoÉtU Canti popolaritieitiani;{ XIII,pag. 15i e seg. Pai. 1808.
90 NUOTI BFFBUiUlfl SiGIUANK
ortografiaadottai dai nostro compilatore.Qaesta partedella orto-grafia
è oramai diventata lo scogliosn coi rompono i coltoridel
parlarsiciliano.Chi la p^sa in un modo e chi in un altro:ciascano
Ih da sé e a modo suo, e non vi hanno r^ole fisse nò certe. Gal-
tanissetta scrive e slampa diversamente da Messina,M^sina diyer-
samente da Trapani e tutti più o men diversamente da Palermo.
Ciò nasce per difetto di educazione in alcimi»da incuria in altri,
da maniera di pronunziain tatti.Sarebbe tempo che c^ intendes-simo
su questa materia,affindi stabilire d^accordo»per U diaMto
sicilionocomune^ una scrittura che metta fine in avvenire a piatì,ricbiami e battibecchi tra scrittoridelle varie provincesicilianee
perfinodi una stessa provinciae di una stessa città.Qualcosasul
propositosi è fatta a' di nostri;e mentre scriviamo ferveiopus di
un accordo tra le partidissidenti;e Lionardo Vigo ce lo fa sperare
nella pubblicazionedella sua Protostasi.
IlTraina s^è preso qualchelibertà;a taluna tra esse faccìam plauso;
a tutte no, altrimentiandremmo contro noi slessi,che raccogliendocanti e proverbinon vogliamdiscoslarci dallaparlatanaturale.Egliscrive quasi^sempre bene le sue voci ; ma per non ribellarsidel
tutto al tradizionaleitalianismo de' vocabolaristisiciliani,spesso ne
adotta la forma rafiSnata.Se ilsuo libro servisse pelpopolo,questa
praticasalterebbe agliocchi;ma per le persone che consulteranno
r opera sua tal praticanon sarà avvertita gran fatto. Meglio cosi.
Noi Siam d^ avviso che se in una seconda edizione egliprocedesse
men rispettosoallaortografiapassata,P opera sua vi guadagnerebbedue tanti.Le aferesidelle voci comincianti da tm, in ecc. son ne-cessarie,
e necessarie sono egualmentecerte metatesi. Non sapremmo
sempre acconciarci al raddoppiamentodi alcune consonanti, p. e.
della b, che ilTraina usa nelle voci libirariEbrei^sebbene qual-chevolta lo avessimo, dietro la sua scorta,adottato anche noi;ciò
portacomplicazioniche il nostro dialettonon ha. Da ultimo,nella
rassegna delle varie significazionidi una parolae delle varie frasi
allequaliessa prendeparte,noi desideriamo un po'più di ordme.
Il Traina,accurato sempre, passa e ritorna con molta facilitàdalla
frase al proverbio,dalla voce al modo di dire e viceversa. Pare
che taldifettosivada correggendocoir avanzarsi dell'opera;ma nelle
prime lettereesiste. Potremo anche aggiungere,che un ritorno sul
lavoro arricchirebbe di assai participialie voci alterateleprime tre
lettere dell'alfabeto; come un altro ritorno in Toscana darebbe a-
gio a dei rafi'rontiche ad alcune parolee veggiamo mancare.
DKI VOCABOLARI SiaUANl 91
A rendere poi meno uggiosequeste nostre osservazioni ci piacechiarire confonnemente al vero un modo proverbialespiegatosotto
la voce cmzima dal Traina. In Sicilia,quando si fauno le orecchie
del mercante in cosa che non ci vada a' versi,si suol dire: Aa-
varrà wm la senti sta canzuna. Il compilatorecrede • nato questo
modo fin dallaspoliatricedominazione spagnuolao navarrese ". Noi
Siam riuscitiad appura*e ilseguente curioso aneddoto:
Navarra fu un gran mariuolo e un ladro tanto accorto da non si
lasciarcoglieredalla Giustizia.Un giornoperò fu capitato,e come-
chè le prove del delittomancassero, ed eglinon confessava,ilgiu-dice
molto scaltramente glidisse : • Or bene, se tu ripetiuna can-zone
che recito io,ti rimando libero a casa; » e incominciò:
Navarra fu piggbiatuattortamenti..,
Navarra ripetè;e ilgiudice:Navarra P hannu misu a la turtura..;
e Navarra appresso di lui. 11 giudicecontinuò:
E p^arrubbaricavaddi e jimenti..;
ma Navarra s^accorse che lo si voleva trarre ad accusarsi di pro-pria
bocca,e si affrettòa soggiungere:Navarra nun la senti sta canzuna.
Per chi desideri un saggiodel metodo tenuto dal Traina neir o-
pera sua,noi riportiamoin nota quanto egliscrive sotto la voce
Cògghiri.I vari significatied usi di questo verbo, le firasi,i modi
di dire e i proverbiche T autore vi ha raccoltiinsieme co^ corri-spondenti
it^ni confermeranno quanto di sopra abbiam detto. (1)
(i) CògghiriV. a. Spiccareerbe" fiori,o frulla dalle loro piarne: cogliere,carré, E
quando si dice di fruita o altro da raccattarsida sulla terra : roecoyliere\\l\Pigliare:
cogliere.\\Raccorrò, ragunare :cogliere.\\Giungeresopraggiungere,acchiappare; co^
oliere.\\Colpire: cogliere.\\Sorprendereall'improvviso;cogliere.\\— m pauso la-
TiNu, modo prov., scoprire,convincer alcuno per bugiardo: tbugiardare.\\— in pallu
ECC., sorprenderenel fallo. coglierein falloecc. ]]— amuri, affezioni : porre amore,
prendertidell'amore d* alcuno. \\cogghirisi o cuoghirisi li pezzi e li lani, o cug-
6B1BIS1LLA, battersela: concia, far fagotto.E detto a$t.: morire. ncucGHi risi tuttu,
moelrare di non saper nulla,scusarsi tacitamente o cedere e uniformarsi con pazienza:
stringersinellespalle,raggricehiarsi,rappicinirsi,sia per freddo che per paura o al-tro.
IlIntr. Venir a suppurazione: suppurare, infradiciare(Tomm.). \\T. mar, — li
VILI, ritirarle vele in modo che non operino: piegare,serrar le vele.fig.Venir a con-clusione,
riepilogare.w—li bobbi, ilritiraree metter assieme i panni che furono scio-rinati
onde asciugarsio pigliararia:raccattare. \\— priscu, esporsiall'aria fredda:
pigliaruna imbeccata,pigliarfresco.\\— Vizi, allontanarsi dal buon sentiero pi-gliandoTizi : incattivire,prendervizi.\\ — dinabi, mettere insieuìedanaro: raggruz-zolare.
Talora significariscuotereda più persone o tórre con furberia. \\Andar at-torno
per limosina per sé o per altri: accattare,raccogliere.\\l'acqua^raccattarla %
92 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
Riassumendo ilmolto in poco, ilNtwvo Vocabolario del Traina è
opera soda, grave ed utilissima; pei^fettanon la diremo nò com-pleta,
che tale non sarà mai il vocabolario di una linguavivd,che
tuttodì si arricchisce di nuove parole,vuoi per cose nuove, vuoi
per nuove istituzioni e per nuovi fatti;ma se non perfettané com-pleta,
essa è miglioretra le pubblicatefinora,senza le qualiperòtale non sarebbe. Forse clii verrà dopo il Traina sarà,non diciam
più amoroso e diligente,ma più fortunato,
e allora anch' egline
sarà,crediamo,contento, vedendo in ciò non altroche ilprogresso
della linguache eglicaldamente ama,
e una conferma della sen-tenza
di Seneca (1):Muttum restai adhuc operismuUumque resta-
bit,nec ulU nato post miUe saecula predudeturoccasio aUquidadji'ciendi.
6. PrrEi
stento,rasciugarlafacendolasozzare \\^ lu cottu b lu crudu o tutti cosi, ragonar
la roba per andar via : far fardello,affardellare,\\cugghirim li capiddi, rassettare la
capellatura:raeeorre, melter in Mesto icapelli.\{gugohirisi la vesta, — lv piriuolu^
tirarlosu che non ìstrascichi: suceignere.\\Comprendere,intendere : raccapezzare. \\
— LI voti, — LI VUOI : raeeorre i voti. \\— filu, sita ecc., ravvolgerilfilonel gomi-tolo
: aggomitolare,dipanare.\\— malatii, incorrere in malattia * ammalarsi, m-
fermarsi.\\» abbìli V. abbiliarsi. \{a lu cogghiri li firriola, al far de' conti: da
ultimo,aUa perfine.\[ nun putirinni cogghiri menti V. Catacoggbiri. E non poter
trarne costrutto : non poterneraccapezzare. {{ Ne* Canti popolariToscani raccolti da
Tigìi,vi è : ioghiere,e ancora nelle campagne Aorentine si usa P, pati, cuoohiutu :
eolio,
(1)Epist.lib.i, L. XIV.
IPPOLITO
DRAMMA D'EURIPIDE
(Coniinuaz.Vedi voi. II,dìsp.I)
Nunzio
Ajuto,ajulo! Accorrete,accorrete,0 vicini abitanti.Ahimè ! Fra i lacci
É la regina di Teseo consorte.
Coro
Ahimè! Tutto fini. Lfa regal donna
Non è più; ma sospesa è a pensilfané !
Nunzio
Né v' affrettale,né si reca nn ferro,
Che il nodo sciolgadalia saa cervice ?
Alcune del Coro
Che mai faremo, amiche? Entrar le soglieT aggrada e tórre all'avvinghiatecorde
Latregina?
Altre del Coro
Ma che! Non ha qui forse
De^ giovani valletti? Il darsi briga
Di troppo,non approda al viver queto.
Nunzio
Distendete,addrizzate il miserando
Cadavere. Ben tetro ufficioè questo
Pe' miei padroni!
Coro
La misera donna
Passò,com' odo, perchè ornai composta
Veniva al par d' inanimata spoglia.Teseo
V è noto, 0 donne, che fragorsia questo
Che neiraule si leva? Alto de' servi
A me giunge il clamor, né fatto degno
Son io, che dagliOracoli tornando
M'accolgala famigliain lieta fronte,
E r uscio m' apra della mia dimora.
Forse novello alcun sinistro accadde
94 NCOVB EFFEMERIDI S1GII.UNE
Alla vecchiezza di Pitlèo ? Ben mollo
Innanli egliè con glianni;e pur mi fora
D'acerba doglia,se di lui diserte
Fosser queste mie case.
Coro
Oh] di canuti
Non si parla,o Teseo ; ma piangerai
Un vago fior di giovinezzaestinto.
Teseo
Ohimè! La vita si spogliòd'alcuno
De' figlimiei ?
Coro
Vivono ; estinta giace
Per estremo tuo duol la madre loro.
Teseo
Che dici ? É morta la compagna mia ?
Ma come?
Coro
Si sospese a pensilfune.
Teseo
Oppressada tristezza,o da sinistro
Caso?
Coro
Ciò solo udimmo. Or or venuta
Qui sono a deplorarle tue sciagure.
Teseo
Ahimè I Che giova incoronarmi il crine
D' inteste frondi,se misero tanto
É il mio ritorno dalle piziesedi?
Disserrate le imposte;aprite,o servi,
Le porte,ond'io rimiri,ahi duro aspetto!
La donna mia, che col morir m' uccise I
Coro
0 sventurata,quanto osasti! Ahi! quale
Opra compiestida confonder tutta
Questa famiglia! Quale ardire ! 0 spenta
D' iniquofato per la forza e V opra
Di tua mano infelice! E inver,chi mai
0 miseranda,t'abbujò la vita ?
IPPOUTO, DRAMMA O'EURIPIDE 95
Teseo
Ahimè perdutopei sofferiiaffannit
Immensi sono i miei lormenli. 0 Sorte,
Come grave su me, sulla mia casa
Ti riversastit 0 inopinataoffesa
D'un demone maligno,anzi mortale
Ruina di mia vita! Un mar d'ambasce
Senza scampo già veggo. Ahimè meschino t
Che ti dirò ? Come per me si puote
Nomar Tempio tuo fato,o sposa mia,
Se come augel,che dalla man trasvola,
Rapidaa Plulo spiccandomiun salto
Disparisti? Ahi sventura ! Io la ripetoDa più rimota fonte....da taluna
De' miei maggioriinespiatacolpa!
Coro
Non a te solo,o re, tal fato incolse!
Con altrimolti bai tu perduteillustri
Nozze.
Sotterra nel bcyo morendo
Abitar mi fiadolce,or che tt'ò tolta
La tua soave compagnia; che troppo
Pilidi te stessa io son per te perduto.Ma donde udrò, come al tuo cor s'apprese
Questo feral destino? E alcun non havvi,
Che lo mi narri? 0 questa Reggia forse
Un vano stuol di servi miei rinserra?
Quanto infeliceio per te sono ! Ahi ! quale
Suprema, inenarrabile sciagura
Mi s'appresentar Ahi! che perdutoio sono.
Diserta è la mia casa, orfani i figli!
Coro
0 la più cara, o la più degna donna,
Che la luce del Sole e la notturna
StellataLuna rimirar giammai,
Mi lasciasti,lasciastiin abbandono !
Ahi che ruina allafamigliaincolse!
Circonfuse di lagrime le ciglia
Mi sento per pietàdel tuo dolore,
E temo il danno che verrà dappoi!
96 nuovb effemebioi sigiuame
Teseo
Obt ma che fia,che dir Yorrà qaelfoglio
Che dalla cara man pendereio yeggio?Lettere forse mi vergò la mesta.
Delle nozze chiedendo e della prole?
Fa cor, meschina 1 Un^ altra donna mai
Non entrerà ne i talami e le case
Del tao Teseo. Ma del caston V impronta
Deir aureo anello,che fregiòV estinta
A se m'invita. Or sa; svolgansii nodi
Di queisigilli,e apprenderòche dirmi
Vogliaomai quelloscritto.
Coro
Oh ! pur quesraltra
Sciaguraun Dio qui di rimando arreca I
Ahi I che vitalpiù non saria lo stalo
* Del viver mio dopo tal fattot Spenta,Ahi I non più viva,la famigliaio credo
De' miei padroni.0 Dio, se far si puote.
Non voler,che del tutto esterminata
Sia questacasa. Oh I le mie preciascolta;Che di nuovi disastriio son presaga t
Teseo
Misero me i Qual altro orribilcaso
Intollerando,inenarrabil giunge!Coro
Che avvenne? Ohi parla,del tuo duolo a parte
S'esser io posso.
Teseo
Esclama,esclama orrende
Cose quelfoglio! Ah 1 come mai sottrarmi
A tanta mole di sciagure? Al tutto
Desolato son io,mancar mi sento.
Ahimè perduto!Qaai sonar, quainote
Da quellecifreascoltoI
Cono
Una favella
D'asprievenli foriera,or tu riveli!
Teseo
Ohi non fla mai che a si crudele oltraggio
98 NUOVE EFFEMBRIDI SICILIANE
A UONARDO CAV. VIGO
Pel iuo epiconazionaU poema
Il Rugoibbo
iliun'aurea medaglia
dall'Accademia degliZelanti di Acireale
nella eolenne generaleadunanza i2 marzo 1868
Donato
Illustrevale, a Te dunque cortese.
E giustaJnsiem, tributa Aci condegnoOnor pel carme ch'immortal ti rese
Sovra ogni proda dell'Ausonio Regno?
Oh ben sparsisudori, oh bene spese
Vigiliea far col tuo sublime ingegnoConte del prò'Rnggier le mire impreseChe Trinacriafrancar da giogoindegno!
'Godi,0 Spirtosovran, che n'hai ben donde;
£ nuovi lauri a cor sprone ti sia
Ilplausoche ti fa Tore gioconde.
Dell'ItalaEpopea,gridars'udia»
Passò jstagion;ma 41 Genio tuo risponde:Schiusa ai pochiè iutlor l'eccelsavia.
GenoTa, 4 gennaio1869.Prof. Giuseppe Gavino
CURIOSITÌSTORICHE SICILIMIE
Miniere metallielie in Sicilia (I).Prima delle ricerche del-l'Adria
e del Khez le nostre miniere metalliche erano state sag-giate
fln dal 1402. Leggesiinfattinet voi. 39 fol.62 dell'Archivio
della Cancellerìa del Regno in Palermo che il re Martino, con di-ploma
dato in Catania il 18 aprileX* indizione (H02), avendo a-
(1)Questidae documenti su le nostre miniere,che illustrano più completamente
r argomento, dobbiamo alla squisitacortesia del ch.mo Bar. Raffaele Starrabba,
die dal R. Archivio mandavaceli trascrìtticon sua pregiatissimaletteradel 14 aprile.Onde pubblicamentee di tutto cuore qui lo ringraziamo.
99
vuto informazione da Berto Bilione da Messina» Filippodi Ariano
da Pozzuoli ed Andrea Carlino da Napolidellaesistenza di miniere
di allume,di argento,di rame, di zolfo,di ferro e di pulviridi ga-
miUu (ne) nel territoriodi Messina, e propriamente nel tenere
dei casalidi Fiumedinisi e di Ali,concede loro " Ki p(»zana chir-
cari et operariin lipredictiminori tuctu qailluki ad ipsisirra
possibili,tam di alumi quanta di argenta, di rami, di sulfara,di
ferru,di pulviridi gamillu,quanta eciam di omni altra mitallu,
terra e pelra ki pozanu truvari in tuctiliterritoriidi lilokipre-dicti
et in la dieta muntagna di muntiscueri,exceptu minerà di
aura, a la qualifachimu omnimoda prohibicioni,danduli licencia
ki lipozanu chircari per tri anni continui et completi....volendu
nichilominus ki li predictiBerlu e cumpagni sianu tinutidi dari
e pagaria la curti nostra dui per chintinaru di tucti liquantitati
di dinari provenientiet ki trahirannu di livindicioni ki farrannu
di li mitalli et pulviripredicti, promictenduliex pacto di non
consentiri ki infra li dui anni primi....nulla altra persuna poza
ne digiaaflSdarisiin li territorii predictia chircari et operarili
supradictiminori; in tertio vero anno.... sia licitua la curti no-stra
ad fìdari omni altra persuna ki vogla intrari in li dictiter-ritorii
et chircari et operarilisupradictiminerii ,ita tamen ki
quillikinchi fussiru affilatiinfra lu annu.... non pozanu ne di-
giann cavari ne chircari a quilliminori ki sirrannu scupertiet
travati per li predictiBertu et soi compagni. "
Un altrodocumento che quisoggiungiamoproverebbela esistenza
di miniere di ferro nel tratto di terreno tra Capizzie Caronia. Ecco di
quanto si leggein una letterascritta da D. Francesco Mario Bolo-gna
al Viceré Duca d'Ossuna,data ilì% ottobre 1614 e conservata
neir Archivio della Real Segreteria(Alzal,anni 1502-1624).• Per
" essequtionidell'ordinidi V. E. ho fatto riconoscere le mineri di
« ferro nella Città di Capizziet Terra di Caronia,et per quanto da
« personìantiche et espertimi sono informato,trovo che lemineri
" nella detta Città et Terra vi sono, et si ponno cavari,et mettiri
• in opera, anzi ho parlatocon alcuni personichi hanno lavorato
" et operato detto ferro,et specialmenteil ferro della miniera di
" Schisi; et a maggior cautela ho mandato ilsoldato Francesco Bel-
« tramo in detti luoghia cavare alcuna quantitàe portarlaa Pa-
« lermo per farai la prova, et di quanto sequiràuni darò a V. E.
« puntualmenterelazione. "
(I,157) Mattea in veeeliiii. Quando in Palermo vogliamoin-giuriare
uno come nemico degliecclesiastici,lo chiamiamo Mattea
100 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
lu vecchiu. Di questo io leggonel Giornale istoricocronologicoms.
(liD. GiuseppeFicarra (Tom.H, pag. 3302)che « aveta per ufficio
• di catturare tutti gliecclesfaslici,liquali(neltempo delP Inter-
« detto)dalla Sacra Giunta erano esiliatida questo R^no, perchè• non volevano comunicare cogliscomunicati. " Eglifu ucciso a 22
giugno 4719,ed il di lui cadavere essendo stato portatoal Carmi-ne,
per ivi ricevere sepoltura,fu espulsoda quelliPadri ; lo che
anche fecero li PP. Riformati,cacciandolo pure dalla Chiesa di S.
Antonio di Padova: per lo che finalmente fu sepoltonel giardinovicino il Cimitero deir Opera Santa
,fuori porta di Vicari.
GRITia LETTERARIA
aioberti e la niosofia STaova Italiana per Pietro Luciani.
Parte prima— Fttoso/to^««ofórtca. voi.lo e*». Napoli,1868-1869.
La spiegazionehegelianache volle fare il prof. Spaventa della
filosofiadel Gioberti ridestò nel Luciani un antico suo disegno di
ritrarre nella sua vera natura la mente e la dottrina di Vincenzo
Gioberti,
e cosi è venuta fìioriin due Tolumi la Parte Prima di
questopera, che fa molto onore all'egregiosig.Luciani. La filo-sofia
del Gioberti,raccoltadalle opere pubblicatesi vivente V au-tore,
e sidopo lamorte dello slesso dal Massari,è dal nostro critico
distinta in moterica e acroamatica, al modo delie antiche scuole;e
questa Prima Parte del suo hbro si attiene allasola essoterica.Volle
lo Spaventafar quanto meno italianala filosofiadel Gioberti,e il
Luciani ha per iscopomostrare questa italianissima,nostrana,
cat-tolica,
e combattere coraggiosamentela corruzione del pensieroita-liano
per r invasione della filosofìastraniera.E con la filosofiaita-liana
fa difesa eziandio della letteraturae delParte nostra, in che
appare propriamentela vita di una nazione.
Pertanto,secondo il Luciani
,va opposto il suo libro a quello
delloSpaventa,da cui ilGioberti è stato in tutto franteso;e così pro-cede
ad esporre con larghezzae periziadi analisie di sintesitutta
la dottrina del Torinese.
Ilcapitoloprimo è Lltalia e P HegeUanismo;e vi sono spostele
condizioni morali d' Italiadal 1820 al 1840,e le conseguenze che
GBITIGA LETTERARIA lOi
V hegelianìsmoavrebbe portatidanni maggiori,
anziccbè qualchelace e speranza di salateair ItaUa.Nò, siccome si dà a vedere,nel
capitdosecondo sarebbe bastata al rinnovamento del proprio ita*
liane ilpsicologismodella scuola cartesiana; solamente sufficiente
aU^ opera si era ilplatonismofatto cristiano;ed ecco V opportunitàdeUe dottrine messe innanzi dal Gioberti sì nell'ordine morale e
religiosoe si nel civilee politico,li Gioberti si propose per Tlta-
lia quelloche Platone per la Grecia,cioè combattere per tutto la
sofisticae riformare la scienza. Ma le dottrine di uno scrittorenon
si possono studiare senza la sua vita,e però ilLuciani dà nel Gap.
quarto il processo detta vita inteUetUiolee ordine ideale déUe opere
di Gioberti ; processo studiato assai bene,tanto da poter porgere
nettamente nel cap. quinto la liiieazionedi tutta la dottrina di Gio-berti
ritratta dalla prima sua opera^ cioè dalla Teorica del Sopra-naturale,(tede,il volume va concbiuso che V opera del Gioberti fu
un* opera di nazionale rinnovamento nel pensiero,che nessun' altra
filosofiatranne la giobertianasarebbe stata e nazionale,e civilee
religiosa,qvalealP Italiasi conveniva e si conviene;né è da pen-sare
che r illustrefilosofoe riformatore siasimai nelle diverse sue
opere sostanzialmente contraddetto.
Il Gioberti non cominciò a mettere in atto il suo disegnoche
quando giànella sua mente era legatoe compiuto.E V esecuzione
del disegnomeditato per più che venti anni cominciava secondo il
Luciani con V Introduzione allo studio della filosofia,e doveva aver
fine con la Riforma Cattolicadella Chiesa.
Nel nostro criticonon va nulla dissimulato ; egliaccetta il Gio-berti
tale qualelo danno le opere pubblicatee ilCarteggio;'e in-tanto
lo mostra sempre, da dopo il 183K in poi,consentaneo a se
stesso, e non alienato mai da' principi!filosoficie religiosine' qualisi era fermalo. Le ultime opere non sarebbero che laspiegazione,non della forma
,ma della sostanza delle prime. E il voi. %^ di
questaParte Prima dell'opera del nostro crìticosi apre difatticolla
sposizionedella Introduzione,ctie è la prima scritturacollaquale
il Gioberti dava fuori il suo disegno.
Ad intendete meglioilqualehai in esso volume per primo l'an-damento
della filosofiaitaliananel nostro secolo,finché t V autono-mia
dell'ingegnospeculativoitaliano spiegail suo ultimo e com-piuto
atto con Vincenzo Gioberti. " E assai profondamenteè stu-diata
la polemicadel Gioberti col Rosmini,cosi come sono addentro
sviscerate le due oppostedottrine dell'ontologismoe del psicolo-
102 NUOVB KFFtMBRIDI SK^UANE
gismo ,ed è guardatacon molta acutezza di vista la teorica della
creazione signiScataneUa famosa formola l'Ente area le eristenze;
nella qoalesi raccolse V antica e la nuova fliosofla,
e il procedi*
mento storico che die finalmente allascienza lasifiàtiaformola. Pel
Luciani tutto il forte e il secreto della filosofiagiobertiana, nella
qualenon vuol distintesostanzialmente,come altri ha fotte,due
fasi,
sta nella distinzione e natura del pensieroimmanente e del
successivo,deir intuito e della riflessone
,del modo obbiettivo e
divino e dell'altro subbiettivo e umano del pensiero; e da ciò che
" la stessa riflessioneche v' ha tra la riflessionee V intuito,tra il
pensierosuccessivo e V immanente, v' ha tra la filosofiaessoterica
del primo periodo, e V acroamatica del secondo ; e ill^ame e la
unione che v' è tra queste due filosofieò il medesimo che lega
ed unisce le due facoltàe i due pensieri(pag.135)." Il critico
napolitanosiccome si è detto non trova opposizionealcuna nelle
scritturedel Gioberti,ma due facciodi uno stesso pensiero,due
periodidello stesso senso, condotti da natura e da arte del filosofo
che sapeva come porgere io stesso sistema sotto forma progres-siva,
ascendendo dal più facileal senso più difficiledella dottrina.
Pertanto,secondo il Luciani
,il Gioberti nelle ultime opere non
smesse mai i principidelle prime; in tutte e'è lo specchiodia-lettico
della mente delP autore, e a torto da certuni,o per lodare
0 per biasimare giustai diversi intendimenti il filosofo torinese,
si è predicaloche Gioberti avesse contraddetto a se stesso sia fe*
licemente secondo gliuni,sia infelicemente secondo glialtri.
Il Luciani ha fatto studio pazientissimoe diligentedelle lettere
del Gioberti,nelle qualitrovò il filoche lega tutte le opere dello
illustre filosofo; e non nega che ci fu tempo quando il Gioberti
ebbe della filosofia,della civiltà,e dellareligionetutt'altroconcetto
che quellogiàformato nellasua mente quando si die all'opera dello
scrittore,e poi svolto per tutta la vita,senza più mutarlo nella so-stanza,
ma solamente maneggiandolodifferentemente ad arte ed a ne-cessità
richiestadal sistema medesimo. Lo svolgimentodel pen-siero
del Gioberti sia rispettoa filosofia;sia rispettoa politicae a
religionefu un dramma,diviso in tre atti
,dice ilLuciani sopra
paroledello stesso Gioberti : « ilprimo atto contiene la filosofiaes-soterica,
il terzo r acroamatica,ilsecondo
,in cui accade la lotta
co' Gesuiti tappresentail trapassodell'una filosofiaall'altra(pa-gina
196)." U terzo atto potò aversi solt'occhio dopo morto il
Gioberti nelle opere postume; e benché per noi si creda che il
Giobertinel terzo atto dimenticò qualchevoltale mosse del primo,
CamCA UETTKRARU 103
fingendointanto di arerle presenti,vogliamoaugurare all'egregiocrìticoche nel terzo alto sapesse yeramenle trovare il,filodi rìcon-
durd al primo senza saltie vie tortuose,
ma dirittamente e eoo
continuità di cammino. Ritorneremo pertantosopra quest'operadi
crìticaimportantissima,massime per le diverse sentenze -delloSpa-ventae del Ferri, quando avremo a mani la Parte Seconda che
tratterà della Filosofiaacroamatica del grande filosofo.
• V. Di Giovanni
Mcillanisclie lUrelieii. Leipzig,Engehnann, 1870, voi. due.
Dopo r esempio dato da queidue grandi,
che furono i fratelli
Grimm,le novelle popolari(Mtìrchen)sono divenute in Germania
oggetto di lunghie pazientistudi,e già è stato largamenteesplo-rato
non ilsuolo patriosoltanto,ma anche quellodei popoliconter-mini,
evia via quellodei lontani.La letteraturauniversale {Welt-
liter(Uur\lapsicologiapopolare(Volkspsichologié)e lamitologiacom-parata
ripromettonotutte egualmenteconforti ed aiutida quellein-dagini
: ma forse ancora,
mentre tuttavia ferve V opera di racco-gliere
e di classificare,non è giuntaV ora di chi abbia a dedurre
r ultime conseguenze scientifiche di cdsifattistudi. L'Italianostra è
stata sinora una delle Provinciemeno esploratedai dotti Tedeschi,i qualiforse isperavanoche noi avremmo da per noi stessi posto
mano air opera : ma poichéquellasperanza non si è ancora veri-ficata,
ecco essi stessicominciano a raccoglierele novelle tradizio-nali
di un popolo; e buono iniziamento a quellaimpresasono i due
soli che annunziamo,di racconti siciliani.1 qualifurono raccolti
prindpalmentein Messina, dalla signorinaLaura Gonzenbacli,tede-sca
nata in Sicilia;furono pubblicatidal sig.Ottone Hartwig,giànoto
per altrilavori sulP isola,e riccamente annotati,con confronti con-tinui
ai racconti di altripopolidal sig.Reinhold Kohies di Weimar.
Quanta ricchezza di poesiasia dentro a questidue volumi, se 1 può
immaginarechi,ancora neir età provetta,ricordiquelleimmaginose
narrazioni,colle qualila balia o la madre glieducarono la fantasia
e gliacquietaronolo spiritonell'-etàinfantile.
Sono in tutto 02 novelle tradotte;che vengono riportatein dia-letto
siciliano.In fronte a ciascun volume stanno frappostiritratti
d' una giovanedi S. Pietro di Monforte e d' una vecchia di Catania,
che furono fra le più benemerite cooperatricidellasignorinaGon-
zenbach. Ecco un premio,atto assai probabilmentea sollecitare
r ambizione di altre popolaneraccontatrici! A. D'A.
PREMI E ONORIFICENZE— Cosare Gaotù ha Tinto il premio di lira 1500 pro-posto
dal Mipistero della guerra per un libro di lettara pel soldato italiano. Nel
concorso il sao ms. portava il motto : arma virumque eano.
NEGROUXSIA — Il 19 marzo cessò di yiyere in Padova soa patria il conte An-drea
Cittadella- Vigodanere, Senatore del regno. *Eglicontava 75 anni,
ed era ano
degliscrttori più valenti e de' filantropipiù sinceri d'Italia.
— Il 5 corrente in Urbino moriva il conte Tullio Dandolo, celebre storico e lette-rato
italiano.
— Il 19 è anche morto in Firenze il letterato Pietro Bigazzi.
APOLOGIA — Il letterato romano Achille Monti, in un libro or ora pubblicatoin
Roma, ha tolto a difendere con buone e sode ragioniVincenzo Monti, mostrandolo
politicamenteottimo cittadino e della libertà della patria amantissimo.
SOLENNITÀ' — Il 6 aprileè sUU celebrata in Urbino la fesU di Raffaello San-zio,
coir intervento di deputazioni specialidi Firenze, Venezia, Modena, Ravenna,
Mantova, Perugia.Il Tommaseo da Firenze vi andò a leggereun discorso ; e Tullio
Dandolo vi recò da Rom i la forma del cranio del famoso pittore.
BELLE ARTI— Il Messinese Giacomo Conti, pittoreconosciutissimo
,dimorante
da molti anni in Firenze, ha esposto per alcuni giorni di aprileun suo nuovo qua-dro
rappresentante i Vespri siciliani, del quale in un lungo articolo cosi ragiona il
sig.F. De Luigi nella Gazzella del popolo di Firenze:
« 11 dipintodi cui parliamo raccoglie V attenzione di chi lo guarda su tre gruppi
principali; il centro del quadro occupato dall'azione principale,cagione e stimolo
air improvvisa sommossa; la sposa oltraggiata,discinta,quasi svenuta sta per cadere
nelle braccia dei congiunti ; mentre lo sposo rivolgeil pugnale desideroso di vendetta
suir atterrato Druet. Più innanzi sui due lati del quadro due episodidella lotta tre-menda
che sta per impegnarsi ; suUo sfondo la Chiesa di S. Spiritoe 1 ridenti din-torni
di Palermo, poi un popolo intero che si agita,che chiama i compagni a rac-colta,
i primi segni del furore popolare,che vuol punire collo sterminio l'oltraggio
del soldato straniero, e liberare la patria da obbrobriosa servitù. La tinta del cielo
segna l' ora del tramonto, è il cielo limpido, trasparente,quasi africano della Sicilia;
sotto quel cielo«si capisce come vegetino la palma e l'arancio, come il fuoco romo-
reggiantenelle viscere della terra, animi lo sguardo, le pose minacciose e sdegnate
di quel popolo furente. Dapertutto lo sdegno, il timore, l'incertezza,la'vendetta,
la confusione, le speranze della lotta ; e tutto questo con una distribuzione felicissima
di tinte,con un armonico contrasto di colori,con una diligenza,
e perfezione di di-segno
e di esecuzione fin nei più piccoliparticolari,con un naturale raggruppamento
di figure,che rivelano nel Conti un artista sicuro nella mano e nel concetto. La tela
« racchiusa in una ricca cornice durata, che porta al centro nella saa parte superiore
l'emblema della Trinacria e nei quattro angoli le armi delle quattro Provincieprin-cipali
deir Isola : Palermo, Messina, Catania e Siracusa. •
— Il nostro scultore Vincenzo Genovese ha terminata una statua in legno di Gesù
Cristo risorto,
destinata pel maggior tempio di Casteltermini. Essa merita lode per
la maestria ond'è condotta.
G. P.
106 NU""¥B BFFBnBIDI SIGILIANB
cuglieodo»ed amorosamente iUustrando.
TiUlo ciò che piùda vicinoriguardaTar-
gom6Dto" e pad dargliluce»ilVigoesa-mina
e discute : e cosi viene poi alla
lingua,alla sua originee grandecultura
presso di noi,onde « tutto {uelloche gli
eccellentiitalianicomponevano.... si di-ceva
italiano;• ai poetivolgaridellacorte
sveva, ed a Giulio anxitutto,
su V anti-chità
del qualemoltissimo in questiul-timi
tempi si è discusso. Passando poi
alle relazioniche corsero tra Dante e la
Casa d' Aragona, eglicon plausibiliipo-tesiconchiude, che il Poeta conobbe re
Federico,forse in Velletried in Pisa,ol-tre
air amicixia da cui eran legati, per
testimonianza del Boccacci. Ck"a inge-gnoseed acute induzioni viene finalmente
a mostrare probabilela venoU dall'Ali-ghieri
in Sicilia,venuta che,se il silen-zio
de' sincroni non può far stabilire
come certo, è peròappoggiatadagliAl^
dighieritra noi, dalla tradizione,dalTa
imboieiata di Manfredia Dente, per la
figli*Gostanza ,dalle dichiarazionidel
Poeta stesso,dalla eonoicenza delvolgare
plebeoticiliano,dallepitturetopichedeN
r Isola : cose tutte egregiaaentftpassatea disarnHiadal nostro Autore. Gon lui a*
dunque noi ci congratuliamodi tutto cuo-re,
e per la dottrina che adorna questisuoi ricordi,e per la nuova luce che ver-sano
essi suir Isola e sulle letterenostre.
S. S-M.
DIZIONARIO DELLE STRADE DI PA-LERMO,
precedutoda una corsa per
Palermo e suoi dintorni e seguitoda*
cenni biograficidegliuomini illustri
nominati nelle lapididella città per
Carmelo Piola. Palermo,Amcnla, 1870.
Questolibro indirizzato dalFA. a quel-r egregioeh' ò il prof.G. Cazzino,non
solamente ci sembra pregievoleper la u-
tilitàche ne trarranno le classi per le
qualispecialmentevenne composto ,ma
pelvantaggioche ne avranno tutte quelle
persone cui sarà dato di svolgernelo pa-
gine.Infatticol nome delle strade paler-mitane
sono richiamate le tradizionisto-riche,
e spesse volteancora leantiche co-stumanze
della città.Le qualicose ,che
molti diflkilmente riscontrerebberonello
croniche antiche o nelle descrizionieru-dite
che altrihanno scrittodi Palermo,
coir opera del sig.Piola a tutti ora è
dato di conoscere con facilità,e quasidi-remmo
occasionalmente,n discorso d'in-troduzione
che prendeben XXXIII pa-gine
contiene una succinta ed elaborata
istoriadella città; e in esso nulla è tra-lasciato
che sia notevole iotoma alle tra-dizioni^
allatopografiapalermiuna.Al-cuno
dirà che questolibro abbia un in-teresse
temporaneo; ma noi crediamo che
sia destinato a vivere per la storia : per-chè
infatti,di topografianon ci agite-remmo
oggi fra le incertezze se i no-stri
progenitorici avessero lasciatodi si-mili
opere. S. G.
r PRIMI SEI CAPITOU DELL' EVANGE-
UO DI SAN MATTEO da un codice a
penna del XV secolo possedutoda un
sozio dellaA. Coni, peitestidi Uugua
ora la prima volta messi a stampa con
note e ^liarimenli.Bologna,tipiFava
e Garagnani,1870.
Queir illustree dotto uomo eh' è ilGav.
Francesco Di Mauro di Pòlvica è il pos-sessore
del codice,
e 1'editore di questiseiCapitoli,come a saggiodella sua in-tera
pubblicazionedegliEvangelich'egli
preparasia fare. Non dubitiamo che que-sta
riusciràuna delle piùbelle pubblica-zioniin questogenere, si perchèavrem-mo
un preziosotesto volgaredell'Evan-gelio
e, di vantaggio,perfettamenteorlo-
dosso; si ancora perchèdi aureo dettolo,
se ne toglile uscite de' verbi e le termi-nazioni
de* nomi del vernacolo napoli-
tono e la ortografiaromanesca,dovute al
menante che napolitonoe dimorante nella
Comarca vicino Roma, avendo sott'occhio
un autografotoscano, versò nel suo la-voro
a larghetrosciei germidelle tre re-gioni
dialettiche• «
BULLBTTINO MBUOGRAFIGO 107
liDi Manro fe vedere la superioritàdel
codice suo a paragone de' due volgarina-meDti,e non interi,conoedafi degliEvan-geli,
editi Tnno dal Cicogna,l'altro da
Cristoforo Arnoldo : fa de' rafllronticon
essie con itestia penna della Riceardiafka
di Firenze e con 1*edizione principedel
Tolgarinamento del Malermi. « Con la
Voigatananti al goardoe spesso il testo
greco (eglidice), co' Comentarìi del P.
Galmet e le Operedi San Girolamo e di
Santo Accostino,presia chiarire le diffi-coltà
e le oscnrezse dell*originalee della
rersione. Per qnelloche alla linguisticati attiene,nd tutte discorsi le ragioni
grammaticaU, nò tutte omisi ; ma, ser-bando
giustamisura, non lasciai nodo
da slacciare,
e neppur fecimi a cercar
r osso nel fico. Il Martini e il Diodati
furono essi pure compulsatiall'uopo ,
senza discorrere di più opere che siffatti
studii maravigliosamentecorreggono. •
Noi ci congratuliamocordialmente col
ralente Cav. Di Mauro e, se la nostra
?oce potesse valere a qualche cosa, lo
inciteremmo a completareil suo stu-pendo
lavoro,che non può non dargli
tutto l'onore che merita,e 1'approva-zione
de' dotti e dei buoni.
S. S.-M.
DEL aLENTO E DEL SUO DIALETTO,
Lettera di Federico Piantirri ad Er-nesto
Palumbo. Bologna,1870.
Colto e versatileingegno,il Dr. Pian-
tierivuol OMWtrare in questaletteraquanti
aiuti potrebberovenire alla linguaila-
liana dallo studio de' dialetti e segnata-mente
da^iuellodel Cilento,
nel quale
il sig.Piantieri nacque. A conferma del
fatto sno eglireca assai belle voci cilen-
tane, parte piccolissimad' un suo lavoro
inedito intitolato: Voci italiane da eri-
tiearn e da iUuttrarti ; ma non tiene a
mente cliealcune di esse son già tosca-ne,
e ur altre di quasi tutta l'Italiadel
mezzogiorno,da Napolia Palermo. De\^
resto dubitiamo che il manteeino sia un
composto di ante e «tuo o di manto sino,
quando esso ò per noi sicilianiun alte-rato
di manio, e che baciata sia un no-me
collettivo.
n nostro bravo amico continui intanto
questipazientistudi,e noi glienesaremo
grati. G. P.
BUON SENSO E BUON CUORE, Confi-renze popolaridi Cesare Cantd'. Mi^
lano.Ditta editrice G. Agnelli,1870,
grosso voi. L. 4, 80.
Mancandoci lo spazioper la presente
dispensa, abbiamo rimandato alla pros-sima
un articolo criticosu questa eccel-lente
nuova opera dell'illustrestorico,o-
nore della Italia moderna. Ma perchèinostri lettorine avessero alpiùprestono-tizia,
abbiamo fatto per ora questo sem-plice
annunzio. S. S-M.
LE SCUOLE MIUTARI DI CANTO, LH-
tura del prof.B. E. Mainbri ecc. Mi-lano,
Agnelli,1870.
Il bravo maestro G. Yarisco s'ò fatto
iniziatore in Milano di una scuola di
canto pe'militari ; e nel marzo ora scorso
ha dato si bella prova del suo insegna-mentomercè ub pubblicosaggiode' suoi
allievi,che il prof.B. E. Maineri ne ha
discorso con molta lode in una lettura
che abbiamo sott'occhio. Carlo Mariani,
ilvalente autore del PbÈtareo Italiano,
ha detto il bene che sipuò di questa sen-
nata lettura (v.Corriere di Milano, num.
106),e noi non possiamose non unirci
a luinell'apprezzarequanto essimeritano
i vantaggimorali ,materiali ed artistici
della novella istituzione dimostrati dal
Maineri. Bella cosa è vedere trailottiad
atto e favoritida persone intelligentie di
buon cuore pensierie disegnitendenti al
miglioramentodi qualunquepar.e della
società ; e peròci rallegriamocol bene-merito
sig.Yarisco ,che trova iocuora-
menti all' opera sua, e col Maineri che
sa cosi bene impiegarela sua calda ed a-
morevole parola. G. P.
108 NUOVE IFFElIBaiDI SIGILUIfl
ELOGIO AGCADEMIGO DEL PROFES-SORE
GAY. CARLO GEIIMELLARO
IHto all'Accademia Gioenia di icienze
? naturali dal Dott. Andrca Aradab.
CaUnia. Calatola,18"M^.
Bel tributo di onoranza ha reso ali*il-lustre
sno socio Carlo Gemmellaro l'Ac-cademia
Gioenia pnbblicandooequesto
elogioscrìttodal eh. prof.Aradas. Nel
qualedogio tu troviguardatodal giusto
panto il celebre naturalista,vuoi come
scienziato e vuoi come cittadino.L' Ara-das
ce ne ritrae la mente ed il cuore,
ma piùquellache questo, e ce ne fa la-
menure viemmaggiormentela perdiumettendolo in relazione a' tempiin cui
eglicomparve e fecesiinnanzi nel campo
della vulcanologia.Peccato che in una
opera importantissimacome questa il
eh. Autore sia stato costretto alla forma
accademica,la qualeha fatto si che pò»
chissima parte di notiziesia entrata nelle
sue pagine.Di fatti,mentre l'opera ò
in un bel volume in 4* di fogli200,soli
quaranta servono allo elogio,dove senza
dubbio avrebbe potutoentrare qualcuna
delle 123 note che VA. con infinitostu-dio
accoda all'elogiostesso.Cosa che non dobbiam tacere intanto
é che,volendosi tesser la storia delle
scienze naturali in Sicilianel sec. XIX,
non potràfarsi a meno del presente vo-lume,
che tutta la compendiaed illustra.
G. P.
LA PRIAIIÈLE dant Us diffèrmUetLU-
tiraturet anciennei et modemes par F.
G. BBRGVAifN. Colmar,ImprimerieDe-cker.
II.Bergmann,ben noto agliItalianiperdei lavori pregevolissimisopra Dante, in
questa nuova operettaha toltoa studiare^
un genere di componimento,la cui impor-tanza
non siò finora apprezzala. Il nome
di Priamela ei lo sceglieperillustrareuna
speciedi madrigale,di cui ilprimoo l'ul-timo
verso racchiude la proposizionesin-tetica
che viene svolta ne' versi seguenti
0 nd precedenti.Cott per citareun esem-pio
nostrano,quando si dicecogliAssa-
roti,nella pfovìndadi Catania:
Dui su' lipaisidi lu munnu:
Asarn primue Roma secnnnu;
siè giàdetu una breve Priamela,come
moltissime se ne dicono dai letteratie
dal popolo.La PriamtU è un componi-mentodidattioo;e ilBergmann con eru-dizione
copiosala esamina presso tuttii
popoliantichi e moderni,aoeompagnan-Jola con gravitàdi concetti e profonditàdi vedute fin dal suo primo nascimento.
E basti del primoricordo di uno scrit-tore,
su cui avremo argomento di ritor-nare
quanto prima. G. P.
COMTE DE PUYMAIGRE : Heum per-
duet. Metz, Rousseau-Pallez.
Le ore spese all'arte son sempre bene
spese ,e il Conte de Puymaigre è stato
molto ingiustoco' suoi versi raccoglien-doli
sotto iltitolodi Heuret perduet.Chi
è capace di sentire e coltivar l'arte col-
r affettoe la devozione ond'eglicoltiva
quellade* carmi,chi nella poesiatrova
come lui l'espressionedell'anima santa-mente
innamorata del bello,del buono,
del vero,
non può dirsi che non impie-ghi
bene il suo tempo.
Questo volume riuniscein sé molti e
non comuni pregi; duo de' quali, e
di non poco c^nto per noi.l'affettuoso
ricordo che l'A. fa dell'Italiae delle sue
bellezze e lo studio che vi mostra dei
classiciitaliani,di Dante soprattutto.Del
quale,ilPuymaigrenon solo ritraea pro-posito
concetti e versi,ma benanche tra-duce
nella sua linguae con fedele ele-ganza
ilY dell'Inferno. Altre traduzioni
ha l'A. ; ma i lettorisapranno conpren-dere
perchènoi italianipreferiamoque-ste
del Divino poeta.Di affetticasti e se-reni
abbondano molte pagine; e noi ci
Siam sentitisollevare alla virtù leggendo
questimodesti fiori,che anche per nói,
noll'obblioa cui liha condannati l'A.,e-
salano un soave olezzo. G. P.
/{ Gerente : Pietro Montaina
NUOYEJEFFEHERimSICILIANE
ANNO II. DISPENSA III. GIUGNO 1870
SUL DIALEnO GRECO
DI SICILIA
(Continuaz. Vodi voi. I, disp.XI)
IL
Il sig.Giovanni Arens^di cui nel precedentearticolo commen-dammo
la dissertazione filologicasol dialetto di Sicilia,raccolse in
fine del suo pregevolelavoro i vocaboli,che sono specialiai Sici-liani
(De vocabulis, quae Sieulis propriastmt) e lo fece nel § 21,
che è r ultimo,dalla pag. 44 » 52. In questo piccologlossarioegliha creduto omettere mofte parole,che noi,allargandoun poco il
suo concetto, avremmo amato non si tacessero in un libro sul lin-guaggio
dei Sicelioti,né si trascurassero con tanto stretta parsimo-nia.Ond' è, che messici a discorrerò suU' argomento, varie di que-ste
voci,delle qualiil filologoalemanno non volle occuparsi,ver-remo
soggiungendoqui;il che sarà giudicatonon inutile,onde dal
fatto sin'oggipossiamomeglio vedere il da farsiulteriormente per
r indirizzo avvenire di questistudi.
'v6ai.Questa voce si trova adoperataa dinotare i torrenti di fuoco
e di sassi liquefatti,che impetuosamenteprorompono dal cratere
dell'Etna ; cioè ilfenomeni vulcanico preso dal lato suo piùsaliente,
eh' è la corrente di lava. Tucidide adoperailvocabolo,parlandoap-punto
del torrente di fuoco vomitato dali^Elna : 6 j3iSa$,cosi egli,xoù
Ttopò";ix TTi";AXvrt\";(III.116).Platone,assegnando con intuito su-blime
una causa unica alle eruzióni vulcaniclie ed al calore delle
sorgentitermali,la simboleggiavanel Piriflegetonle(DupicpXeYeOtuv)
fiume di fuoco che scorre nelle viscere della terra,massa in fusione
8
iiO NUOVE BFFBMERIDI SICILIANE
e sempre in moto. Al. Humboldt osserva nel Cosmos (1),che, se-condo
le idee geognostichedei grand'uomo, come ce le presenta
il Fedone (2),il fiume di Platone corrisponde,per V attivitàvulca-nica,
al calore centrale interno della scienza moderna. Tal'è, dice
egli, quelloche chiamano il Piriflegetonte,di cui alcune porzioni
escono verso P allo,e formano lorrenti di fuoco (ol uaxe";)che ap-pariscono
ovunque sullaterra {^ oi^viyjiàdx«nii; ic)— QuestifiSaocec
sono veramente le correnti di lam^ come dice Humboldt, e non le
montagne ignivome,come vorrebbero Schneider,Passow,e Schleier-
macher. DippiùPlatone distinguele correnti di lava(^éatxtc)da quelli
che nel capo superiore(LX) chiama fiumidi umida creta (^pou
icT^Xouico-caiJLoi)— Diodoro parlandode' Sicani e deglispaventiche
loro cagionaronoV eruzioni dell'Etna adoperalo stesso vocabolo
p6ai(Y.6.); ed in altro luogonarra, che molte cittàsituate presso
ilmare, e non lungidall'Etna,furono sepellite.6icò-eoo xaXwjjivoup^a-
xo" (XIY.89).IlWesselingio,nellesue note a Diodoro, cementando
r aringadi Licurgo contro Leocrate, e le paroledi Ermogene {De
Invent IL),di Strabene (VI.pag. 269. Xlll. p. 628),di Appiano^di Tullio,Longinoetc.,vuole a torto,che la voce ^"K esprimanon
solo ilprofluviodel fuoco eruttato,
ma i luoghialtresìdevastati
dalla lava,e glistessicrateri dell'ignivomamontagna (3).Nel che
è stato ribattuto dal can. Alessi(4).Anche Teofirasto avea scrittoun
trattato sulla corrente vulcanica in Sicilia,nepltou ^óaxo"èv ZvKtXUf,
che vien citato da Diogene Laerzio (Y.39) ma sventuratamente non
pervenne sino a noi (5).Come si vede,Teofrasto adoperalastessa
parola,che tutti glialtri.Essa è quindidi un uso specialeper di-notare
il torrente dell'Etna.
La voce ^u(xSoccorre continuamente ne' diplomigrecidel medio
evo, per fiume,torrenle. La sua etimologiachiaramente è da puu)
scorro^ donde rivus^ rio. U r dolce esprimenelle linguela flui-dità
{rigo,roro, aura, aere etc).
(1)Tom. I. pag. 451.
(V "t"aiO(ov cap. LXI. Citiamo l'ediz.di Firmìo Didot,Paris 1856 secondo la re-
cens. di Hirschig.
(3)AdnoiaL ad Diod. SU, BiM,. Hisl. Y. 6. XIV. 59
(4)Sior, Crii, deU'Elna, Disc. 1.
(5) Si consultino pure Scoi, di Eschilo Prom. 367 ; Sesto Empirico;Arìslotilenepl6au(jLao{a)vAxou9(jLd(xa)vossia Mirab, Atucull, t. II. pag. 833. sez. 38 Bekker ;
Teofrasto DeplAfOcov ossia De Lapidib.{ 22. p. 4S7 Schneider. Una quantitàdi altri
passiesplicantila voce ^^ ha riunito Ukert Gwgtxiphieder Grieehen, und Romer.
SUL DIALETTO GRECO DI SICILIA III
Kaxairop6(jL{a";,da icopBfiio'cStretto,d detta di Aristotilenel suo trattalo
de' luoghie nomi dei venti ( Avéjawveé"jetcxal icpoaTj^op^atl. 973. e-
diz.Bekker)è ilnome dato dai Siceliotiad un venio, che spiradallo
StretlO di Messina : év Bì ZtxeXfqcxaxa7top6(jL{ac.Tcvécovàizh ToO icopOjjLoO.Lo StretlO di Messina vien ordinariamente chiamato Tcope^ibc£ixe-
Xtx"{";,cosi Strabene II. 5. 19 — itopejjLcJce xVP^^*?Tucidide IV. 24
— Tcopejji^cStxeXCai;AristoUle Mir. 142 — icopOiJLÒc£xuXXato" Ateneo
VII. 311 — ZtxeXòi;f(fo"Dionisio Periegeta83.-6 neplx^v ix^sxXav
ito^\K6(;Platone ep. VII. 3i5.
U mare si muove in questo stretto con una corrente,die alterna
la soa direzione giustailperiodo della marèa ; il che i poetirive-stirono
della favola di Scillae Cariddi. L' Alighieriaccenna al fluire
e rifluiredelle onde vorticose,in quei versi:
Come fa Tonda là sovra Cariddi,
Che sMnfrange con quellain cui sMntoppa.Si sa, che il fenomeno de' vorticie de' filirefluiè cagionatodallo
incontro delle correnti sottomarine del Ionio e del Tirreno. I Mes-sinesi
distinguonola corrente col greco nome di rema ; quand'en-tra
da settentrione,la chiamano rema discendente ; quando viene da
mezzogiorno,la dicono rema montante (1).
Ripx(x";è il nome d' un altro vento, ricordato da Aristotile( A-
vé|«Dvelaeic xa{ icptxnjYopfatI.973, ediz. Bekker) e cosi chiamato in
Italiae in Sicilia,perchèspiradal Circeo h $à 'lxoiXi"fxa( ZixtXi"fKlp-
xa" Sia xb itvetv ành xou Ktfxa{oo.— Seneca (QtMest.Nat. V. 17)'fa del
parimenzione d' un vento Circeo (K(pxtoc),alqualeAugusto, trovan-dosi
nelle Gallio,votò un tempio,perchè rendea T aria salubre.
AtpxCav.Teofrasto (neplAvipDv fr.V).parlad'un rapidovento (ip-
Y""rci^")che i Siceliotichiamarono AspxCa(da ^spxu)vedo?) Ecco il
passo, che da taluni però si vorrebbe correggere (2).ol (jlIvoiSv o-
XufjLTcCav,oV Sé SxCpovaxaXou9i, o\ iteplZtxeXfocvAepxfoiv.
Questi vocaboli concementi l'istoria naturale dell'Isolanon sono
notati da Arens. Cosi quellidi alcune pietre,piante,e di animali.
Ax^^c.L' agata è tutta cosa siciliana;e tale è pure il nome, che
in un glossariogreco siculo non dovea venir trasandato. Fu detta
così dal fiume Achato od Agato^chiamato Dritto da Cluverio e da
(I)Leggasisulla famigerataCariddi un lungocapitolodello Spallanzanino* suoi
Viaggialle due Sicilie.La Memoria dello Scinà Sui filirefluie vitrtieiapparenti
dello Stretto di Mestina trovasi nel num. 26 delia Btbl. Ital. fcbbr. 1818 e nel vo-lume
1. delle Mem, del Capozzo.
{2} V. Scbneider.
ii2.
NUOVE EFFKMBEIDI SIGIUANE
Massa (i).L'agata^com' è nolo
,di pastapiù fina della selce»è
una sorta di quarzo che si forma nelle cavità delle lave antiche. Il
merito priucìpaledelleagate in tutte le loro varietà(diafiane,semipel-
Incide,macchiettate,«pataaa^àTTjcxepot^^dtxTjc,aap$«x"4'"l".odjia^^dkTjc^Xeu-
xoiyàvr\(;,xopaXXoax"i'ci)";)è nella gaiezzae leggiadriadei colori(2).La
piùpregiatadagliantichi era l'agata orieotale;delP agataonice tace-vano
i cammèi; aveano Pagatadiasproe Pagataarborizzata. Teofrasto
nella soa opera sullepietre(neplTwy Aieov)riconosce Tetimologiadei-
V agata dal fiume Achato in Sicilia:KaXò" $1 A(6oc xal " "xx"^'^":^ à-
xh 'Ax"i'touicora^jLooxoo iv 2w«X("j[(3).Plinio scrive,che V agata lu tra
noi la prima volta rinvenuta, repertaprimum in Siciliajnxta flu-
meìi eiusdem nominis (4).Lo slesso sottosopralegge»nel Ditta-
mondo (IIL13) Agato fiumedair agatapietra.Parlando di questa vo-ce,
fanno a propositoe V Acate, compagno fedele di Enea (v.ScoL
d^ Om. Iliad.IL 702); ed un Acate siculo, compagno di Bacco
(Nonn.Dion. 13, 309, ed altrove);e r.4oat^,che occorre in molti
luoghidi Sicilia,a testimonianza d'Amico; ed il nome di Agatareso illustredalla verginemartire della nostra Chiesa primitiva.Certo le agate siciliane furono conosciutissime nelP antichità,ed as-sai
ricercate,poichése restavano inferiori in durezza alleorientali,ben a' colori variati e brillantile superavano. Le sale di Cerone,
secondo un passo di Atenèo (V. 207), erano lastricatedi agate e di
altre pietrepreziosedelP isola.Ed in Siciliaera copiadi cammei e
pietreincise.Solino descrive T agata di Re ¥irro,in cui erano rap-presentati
a maoehie naturali Apollocitaredo e le nove Muse. Que-sta
nobile pietrasi lavora con sega, ruota, spianatoio;riceve bel
pulimento,e serve oggi per mille oggetti,come scatole,impugna-ture
ecc. Il nome dunque di à^dcxT^cpuò ritenersiper siciliano.
Kdbcxoc. Si sa che questa piangaspinosa,sorla di cardo,ricordata
da Teocrito,a? xàv tzóBolxdbcx"Ktxui|/e(fd.X), cresce specialmentein
Sicilia.Ne parlaAtenèo (I.IL),ilqualederiva irvocaboioda xdco,
pungo, bruciOye lo conferisce col ^Cvopade' Greci e coi cardus dei
romani. La cinara o cardus sativus è il nostro carciofo.Sul cacto»
si vegga Teofrasto ncpl"puxòiv*i"rcop(a";ossia Hist. Plant, VI. 4. (5).
Plinio,in un passo molto conosciuto dai nostri naturalisti{Hist.Nat.
(1) V. Amico Dizion. Topogr, della Sic,
(2)Agata è wta pietranera e tonne delle bianche veryolate^e pare che V uomo
vi $i vegga entro (FrancoSacchelli).
(3) Fr. 2. e yeggasìSchneidcr a queslo luogo. Cil^i un fiume deUo slebso nome
nella Media sull*autorità di Dionisio ('ericgeta.(4) HUt. Nat. XXXVll. 54.
(5)Ed a i|U('«sioluojjovodi Siluipidpr vol.lU.p. 498
IH NUOVE EFFEMERIDI SKIUANE
Xd(^7n"po¥.Il myagrum rugosum cresce ovunque in Sicilia,nellevie,
nei campi aridi argillosi,e nei seminati;come pure in Lipari,Pa-
vignana,Levanzo, Marelimo, I^mpedusa (I).Si conoscono il mya-grum
hispanicum,pantcukUnm, rt$gosum, saHvum, sphaerocarpumec.
R{v(x$o";,neutro, ma di genere mascolino presso Teocrito,benché
si trovi in A^rìstofane,Demostene, Sofocle ecc., pure è dato dagli
scoliastie da^ lessicograQcome peculiareai Siceliotiper esprimerela volpe,che nel greco dicesi àXcàiciitAl verso di Teocrito (v.25);
lo Scoliastenota appunto ,che i Siceliotidenominavano xfvaSoc la
volpe;e questo nome,che avea in SiciliaV astuto animale
,trae
da xiveco pel suo dimenare osceno e frodolento: o\ Ztx"Xidkai -f("p
T^v àXcincexaxivoeSovicpo^scY^p^^^^^*toioutov *^àpxò C(""ovicacyoOpYOv.x(-
va$oc 3è icapàtou xivetvOai Iv alSot ^ avaiSùK, icocpàtò xtvet"70ai Iv
^6Xt^,Veggasi al proposiloil più recente Scoliaste d' Aristofane,
(Nub. 447),r EtimologicoGrande da noi già menzionato (pag.
514, 5), ed Csichio. Suida dà il diminutivo xiv^Stov,ed il vocabolo
attribuisce a que^ di Sicilia.
I"a volpe,flagellode' pollaie del pecorile,è comune nelle no"
stre campagne (2).Kc^cDv. 1 Sicilianicosi chiamavano tòv xcopic^vilghiozzo(lat.go-
bius,gobio)ycome riferisceAtenèo (VII.p. 309. C.)dalleglossedi
Nicandio Colofonie,e dallo scrittodi Apollodorointomo a Sofrone.
ZixeXuù'cat$' elaiv ol xbv xcoptòvxci^OcovaxoXouvxecSUeUoU SOnO quMiche chiamano cothon il ghiozzo.La parolasi trova in Epicarmo(3).
Adx^^poc è pure voce siciliana,che si trova in Eschilo (fram-menti
delle Forddi)anzi si adduce come prova del suo Sicelismo.
Aeschylustragicfés^v'irutìqueSiculus, Col termine sopra citato at-testa
Atenèo (IX.p. 412) che i Siceliotichiamassero il cacciatore
dei cinghiali,in greco aiSa^P^^-Dice infatti; oòx àyvow 8è Sri ol ice-
plT^v SixeXCav xaxotxouvxec ào^éSwpovxocXouattòv tìckt^^w.Elsichio S. V.
afferma pure che ilavSaYpocdei Greci corrispondealPà^^é^pocde-gli
Italioti(àcr^^^crtpocò aiSaYpoc'^^?àìxaXotc.)Ugualmenteil Gram-matico
degliAneddoti di Bekker p. 457, 21. ÌTaXuoTatxòv (uSorfpov
à(7xé$b"povxscXouviv.Si Confronti Eustazio lUad. p. 774,23. Odiss.pa-gina
1872, 3, 13.
(1) V. Ucria Hor. Panorm, p. 268; Cupaqi Hor. dUhoL p. 188; Cassone Floi-ae
Siculae Synopsisvoi. 11. P. I. Nap. 1843. pag. 140-4, 165, 903.
(2) V. Orunzio Costa Fauna SicUiatM Nap. 1840.
(3)V. RaflnesqueSchmallz Indice d* IttiologiaSiàliana,ouia Catalogometodico
.dei nomi latiniitalianie sicilianidei petei,che ti rinvengono in Sicilia.Mess. 1810.
SOL DULETTO GRECO DI SIULIA 115
Due vocaboli sicilianisihanno ne' seguentidue nomi di città,che
addurremo come esempio,non sapendoperchè T Arens li abbia nel
glossariotralasciati.
z^Y^Xt),(à-fxXtv.Zancla,secondo Ecatèo citato da Stefano di Bi-sanzio
a questa parola,sarebbe cosi delta dai re Zanclo,di cui parlaDiodoro (IV.85); ma secondo T etimologiaindicata da Tucidide
,
Strabene^Stefano summenzionato, e dalP EtujjloXoyixòvMé^a, viene
cosi denominata dalla fake con voce che sembra tratta dal linguag-giode^ Siculi,probabilmentea dinotare la forma del vasto suo porto.
Tucidide scrive : La cittàfu primafnentedai Siculichiamata Z ancia
di nome^ perchèil luogoha figuradi falce,e Zanclon i Siculichia-
fMUM la falce,Sw\ia.xò \i.ìicpòJxovZér^xXr?ivxdiv £ixeXu"v xXT)6et9a,
Srt $peicavoctSlcxò yip^^^'*'^^^ ^^ ^^^' '^ ^^ $péicavovot XtxeXol (dé^-xXov xaXwdiv (Tucid.VI. 4).UgualmenteStrabene dice
,che Zan-
cla fu in prima detta cosi a cagionedellatortuositàdel sito,poichéZanclon diceasi ciò eli'è obbliquoe tortuoso. zà^xXT)itpcJxepovx«-
Xou(jivtìSià^x^voxoXwJxTjxaxwv x"Jicti"v.ZàpcXov àp IxaXctxo x^ ^koXmJv.
Stefano Bizantino scrive,che la falce(xòSpéicavov)si dicea dai Si-culi
(d^Y^XT)(Tucididedà la forma C^-p^Xov)e che perciòsia stata
chiamata C"^kXt)la città Sta xò ixet Rpc^vovxò $péi»xvovàicoKpiS4/at.Ni-
candro,
nel suo poema sulla Sicilia(lib.X.) racconta pure ,che
Saturno avea nascosto colà la sua falce,e chiama Zancla Speicavi^tSocobtu. Il tipodelle antiche medaglieZandèe è un delfino
,dentro
una speciedi falce.La forma dorica è AàvxXe nelle monete (i).
A zdrfxXT)aggiungiamo:réXa.Ecco quanto scrive su questovocabolo
Ste£au[)0Bizantino: La cittàpiglianome dal fiumeGela,ed il fiumesi
chiama così perchègenera di molla pruina:questainfatticon vocabolo
propriodegliOpid e dei SiculidicesiyéXa.KaX"Txat 81 àicòicoxa[j.dOriXa.
b 81 «oxatJLÒ^,8x1itoXX^v«àj^vrjv^evv^f.xaóxijvyàpxri Oicixwv (pcov^xal Stxe-
Xò#vY^XavXi^egOat.Veggasipuro Tucidide (VI.4),Erodoto (VII.153)
e r Exu(jLoXoYtxòvui-^oLp. 225, 6. Il réXa corrispondeperciòal latino
gdu. Onde il Brunet crede che laparolaappartenga air osco, epico,
0 siculo.Esichio peròspiegaquesto vocabolo come splendoredel sole
(ocò^n4^XCou)per eXi^v.coldigamma. E cosi i moderni dottieditoridel
Thesaurus linguaegrecae di Stefano e Apud SiaUos, Gdu, nomine a
splendorestempio,quod recte monuit Lennep.ad Phalar, p. 308. "
Venga oi*a il nome di due famose divinità siciliane.
naXixo{,lungo,
secondo Eschilo,Nonno e i Latini
,ma anche
breve secondo Teognosto.Diceansi anche AéXXot.
Era celebre neir antichità la fontana degliDei Palici,ossia dei
(I) V. Eckhel Doelr, Numm. I. p, 187,219.
116 NUOVE EFFEMERIDI SIOMANE
,di cui Virgilio: Pinguisubi et placabilisara Palici (Aen
IX. 585).Era quel sacro ed anlichissimo ricinto in un piano,che
stendeasi presso Hineo, fra i territori di Gela e dì Catana. Famoso
il luogo,
e ricordato perciòda Aristotile nella sua opera delle
narrazioni mirabili,iiepleaufjuzaCtovAxoudjjLàxtov
,come da Diodoro
(XI 89.) e da Strabene (VI.p. 275);notevole per oracoli(V. Ma-
crob. Saturn. V. 19. p. 127. ed. Preller)e peigiuramentisolenni
e terribili,ctie vi si faceano,ond' era comune credenza che mai gli
spergiuriscampassero alla vendetta dei cieli.Presso ilrinomato san-tuario^
trasferi la^sua capitaleDucezio,
e si diedero convegno glischiavi ribellati.Molti scrissero,sicilianie stranieri,intorno a^ no-stri
Palici,come GiuseppeAllegranza{Opmc. Erud. Cremona 1781
p. 203), il principedi Biscari (Viaggioper tutte k Antich. detiaSic,
Pai. 1817. p. 63), Tab. Frane. Ferrara {Mem, sopra illagodei Pa-lici,
ora lago Naftiain Sic, nelle Memorie del Capozzovoi. I. Pa-lermo
1840),L. Coco Grasso {Rifless.sopra Fantico lagodei Palici
Pai. 1843),Brunet de Presle (Op. cit. Par. III.§ 10),6. Michaélis
(Die Paliken,DresA,1856)ed E. Krause {DiePaliken in Gaea IS69).Eschilo nella tragediad"'gli"nei (fr.259, ed. di Firmin Didot
Par. 1846 e tom. Il,p. 193. ediz. Boissonade)vuol trovare nel greco
la etimologiadel nome de' Palici.Qual nome, dUf egli,danno loro
i mortalif — Giove vollesi chiamassero venerandi Palici — Dura tut-tavia,
come è ragione,la fama loro f — Dura; poichédi nuovo (*4-
Aiv)ritornano dal buio in questa luce.
Ti SriBevauTotc ^vojjiaTiOéaxat Ppoxof;
XejJLvoòcnaX(xou" Zeù" ètptexaixaXetv.
H xai DaXixùJv eòX($Yd"c{J^éveicpdkic;HàXiv Y^ ^xoud ex oxdtouc "zÓò ì^ (pàoc.
L'etimologiadi Eschik) (ànhxou 'iràXtvlxé(T6ai)vien adottata da
Macrobio, che fa pure figliuolii Palicidi Giove e di Talia. Un' al-tra
strana etimologia,da (paXX^c,proposta da Creuzer nella Symb.
(t.II. p. 229,
e 669) viene combattuta da Ebert (Dissert.Siculae
p. 184).Più ragionevolesembra il derivare la yoce Palici da Pale,
dea della terra, conde lo spiegareAéXXot per duellio gemelli.E cosi
il culto ed il nome di questedivinitànon sarebbero che siculi.Chec-ché
ne sia di questa probabilissimasentenza ,certo è che il voca-bolo
appartieneal dialetto di Sicilia,come dice Calilacitalo da Ma-crobio;
ouc aSeXcpoùct(Ì)v UaXixuJv ol £txeXi(òxaivo(jl{2[ou9i.{Sat.V. 19.)L^Arens avrebbe anche potuto occuparsidelleseguentialtrevoci
appartenential culto,alle feste,alledignitàdei Sicelioti.
Continua) Sac. Isidoro Carini
EMinERI SICILIANI
(Continaaz. e fine. V. voi. II, disp.II*)
Pam. XZ. SuPERiGOHNGs AmioU
63. Spartocera Lobata H. S.
Madonie M.
64. Verlusia Quadrata Fbr-
Amìot Serv. 203.
1839. Costa,Rag. Em. Sic.144.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaC. Bll-Palermo B-Ma-
donie M.
65. Verlusia Sdlcicornis Fbr-
Spinola147.
1839. Costa,Rag. Em. 144,
Sic.C-Palermo B-Madonie M.
66. Syromastes Marginatus
Lnn-Amiot 207.
1839. Costa, Rag. Em. 144.
1858. Mina. Oss. Eni. 112.
1860. Bellier,Fan. Ent. Sic.
Sicilia C. Bll-Madonie M-Pa-
lermo B.
67. Syromastes Longigornis
A. Cst.
1839. Costa,Rag. Em. 140.
Affine al precedente.Paler-mo
C.
68. Camptopus Lateralis Grm-
Amiot Ser. 225.
1839: Costa,Alyduslateralis
Rag. Em. 144.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaC. Bll-Palermo B-Ma-donie,
comune M.
69. Alydus Calgaratus Lnn-
Amiot, Serv. 226.
Madonie M.
70. Stenocephalus Acilis Scpl.1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
Sicilia Bll-Madonie M.
71. MlCRELYTRA FOSSULARUM
Fbr-Amiol Ser. 231.
1839. Costa,Jf. apteraRag.Em. 144.
SiciliaC-PalermoB-CataniaH.
72. Chorosoma Schilungii
Schmm-Amiot 231.
1839. Costa C. artmdinis.
Rag. Em. 144.
Sicilia C-Palermo M.
73. NEmES Clavipes Fbr-Amiot
Serv. 234.
Palermo, BerytusdavipesB.
74. Neides TiPULARiA Lnn-A-miot
Serv. 233.
1860. Bellier,Fau. Eni. Sic.
Sicilia Bll-Catania M-Paler-
mo, B.
73. CoREus spiNiGER Fbi-Spi-
nola 151.
1839. Costa,Rag. Em. 144.
1860 Bellier,Fau. Ent. Sic.
Sicilia C. Bll-Catania,Mado-nie
M.
76. Ceraleptus gragu^ioorms
H. S.
Ii8 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Palermo C.
77. Ceralbptus squalibus A.Gst
Palermo C.
78. GoNOGERUS VENATOR Fbr
Amiot Ser. 239.
1860. Bellier;Fau. Eni. Sic.
SiciliaBll.
79.60NOGERUS TRIQUETRIGORNIS
Bmb-Amiot. 240.
Palermo B.
80. xMerogoris dentigulatus
Hahm.
1839. Costa,Rag. Em. 144
1840. Spinola,Essai 215.
Siciliai\. S-Palermo B.
81. MeROCORIS INERMIS ....
Palermo B.
82. Therapha hvosgiami Lnn-
Amiot Serv. 245.
1839. Costa, Rkopalushyo-
«cìamt,Rag. Em. 144.
1858. Mina, Lygaeus.Oss.
Ent. 112.
SiciliaC-Madonie H-Palermo
CoryxushyosciamiB.
83. Rhopalus capftatus Fbr-
Amiot Ser. 246.
1839, CosU, Rag. Em. Sic.
144.
SiciliaC-Madonie Catania M.
84. Rhopalus sanguineus A.Cst.
SiciliaC.
^ 85. Rhopalus crassicornis Fbr-
Amiot Serv. 246.
1839. CosU,'Kag.Em. 144.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaC. Bll-Madonie Paler^mo M.
86. Rhopalus parumpungtatus
Sili.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll.
87. Rhopalus errans Fbr.
Madonie H.
88. Pseudophloeus Fallonii
Schll-Amiot Serv. 247.
Madonie M.
Fani. XXX. Inferigornes A-
miot.
89. Lygaeus lULrrARis Rss-A-
miot. Ser. 249.
•1839. Costa,Rag. Em. 144.
1850. Mina, Oss. Ent. 112.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaC. Bll-Palermo B-Ma-
doaie M.
90. Lygaeus bqubstris Lon-A*
miot Ser. 149.
1839. Costa,Rag. Em. Sic.
144.
1858. Mina, Oss. Ent. 112.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaC. Bll-Palermo B-Ma-
donie M.
91. Lygaeus saxatilis Fab A-
miot Serv. 250.
1839. Costa Rag. Em. 144.
1858. Mina, Oss. Ent. 112.
1860. Bellier,Fau. EnL Sic.
SiciliaC. Bll-Palermo B-Ma-
donie Catania M.
92. Lygaeus punctum Fbr-A-
miot 250.
1839. Costa,Rag. Em. 144.
Etna sul Tanacetum vulga-
re C.
93. Lygaeus PUNCTATO-GUTTATUS
Fbr.
1839. CosU, Rag. Era. 144
SiciliaC-Palermo B.
BMITTBRI SICILIANI 119
9\. Ltgaeus gheucus Lcs.
1860. Bellier,Fan. Ent. Sic.
SiciliaBll-Hadonie,Termini
M-Palermo B.
95. Lygaeds NERii Grm.
Palermo B.
96. Lygaeus familiaris Lim.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll-Catania M.
97. TrITOMAGEA APUANOmES Cst.
1841. Cosla,Rev. Zool. 297.
» » Accad. Asp.Nat.6 Hag.
Palermo C.
98. Henestaris Spinolae A. Cst.
Amiot 250.
Siciliarara C.
99. Polyacanthos echii Fbr-A-
miot Sers 252.^
1839. CosiB^PachymerusechU
Rag. Em. Ii4.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaC. Bll-Madonie,Cata-nia
M-Palermo B.
lOO.POLYACANTHUS PIGTDS Schll.
Madonie H.
101.RHYPAROGHROMUS ROLANDRI
Lnn-Amiot 253.
1839. Costa,PackyrnerusRo-
landri Rag. Em. 144.
1860. Bellier,Fan. Ent. Sic.
SiciliaC. Bll-PalermoB-Ma-
donie H.
102. Rhyparoghromus pini Lnn-
Amiot 254.
1839. Costa,Pachffmeruspini
Rag. Em. 144.
SiciliaC.
103. Rhyparoghroiius marginb-
puNGTATus Schll-Amiot 254.
1389. Costa, Pùckymerus
marg. Rag. Em. 144.
Sicilia C-Palermo B-Cata-
nia M.
104. Rhyparoghromus abietis
Fabr.
1839. Costa,Pachymerusa-
bietis.Rag. Em. 144.
Etna regionede^ piniC.
105. Rhyparoghroiius superi-
THROPUS A. Cst.
1839. Costa Pack, supererò -
pus. Rag. Em. 144.
Palermo C.
106. Rhyparoghromus paralle-
LUS A. Cst.
1839. Costa,Pack, parallelus,
Rag. Em. 144.
1841. idem idem idem.Sto-
Em. Eter. negliAnn. Soc.
Ent. Fr. X; 290, T. VI. F.
5. S. Ciro C.
107. Rhyparoghromus vulgaris
Schll-Amiot' 254.
Uadonie M.
108. Rhyparoghromus lusgus
Fbr.
1839. Costa,Pack, luscus.
Rag. Em. 144.
SiciliaC-filadonieM.
109. Rhyparoghromus rombima-
CULA A. Cst.
1839. Costa,Pùch. rombima-
culOnRag. Em. 144.
Sicilia.C.
110. Bbosus QUADRATUs Fbr-A-
miot 254.
1860. Bellier,Rhiparocro-
mas quadratm Fau. Ent.
SiciliaBlIPalermo B.
120 NUOVE BFFBHERnM SICILIANE
111. Stbnogastbiì tardus Hahn
Amiot 2KS.
SiciliaM.
1 12. Stbnogaster hyaupennis
A. Cst.
SiciliaBll.
113 Cnras claviculus FII-A-
miot Ser. 259.
SiciliaM.
1 1ì. Cyhodema tabida Spal-A-imiot 200.
SiciliaM.
HS. OpHTHALMICUS PALLIDIPEN-
Nis A. Cst-Amiot 261.
Palermo B.
116. Ophthalmigus albipennis
Fbr-Amiot 261.
Palermo B.
117. Ophthalmigus ertthroge-
PHALus Srvll-Amiot 261.
Palermo B-Madonie H.
118. Ophthalkigus uneola
Bmb.
Palermo B-IMadonie H.
1 19. Anthogoris nbmorum Lim-
Amiot 263.
SiciliaH.
120. Aphanus parallelus A.Cst.
1841. A. Costa,Accad. Asp.Nat. 6.
Mag. Palermo,S. Ciro C.
Tarn. ZVm Caggigenae Amiot.
121. Pyrrhogoris Aegyptiagus
Lnn-Amiot 270.
1839. Costa, Astemma Ae-
gyptiaca,Rag. 144.
SiciliaC-Hadonie M.
122. Pyrrhogoris apterus Lnn.
1839. Costa Astemma aptera,
Bag. Em. 144. SiciliaC.
Palermo C.
fami. V. BiCELLULi Amiot.
123. Mmis LAEviGATUS Lnn-A-miot
277. SiciliaM.
124. HiRIS GALGARATUS FIIA-
miot 278.
1860. Bellier,M, vireiisFau,
Ent. Sic.
SiciliaBli.
125. Mmis EKRATiGus Lnn-A'
miot 278.
1860. Bellier,Fau. Eni. Sic.
SiciliaBll.
126. HiRis su^GORNis Lnn-Spi-nola 186.
SiciliaH.
127. Phytogoris strutus Lnn-
Amiot 279.
Madonie comune M.
128. Phytogoris nbmoralis Fbr.
SiciliaH.
129. Phytogoris ymmuLus Fbr.
SiciliaM.
130. Phytogoris flavomagula-
Tus Fbr-Amiot 279.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic
SiciliaBll.
131. Capsus Aetnbus A. Cst.
1839. Costa,Rag. Em. 144.
1841 Costa,An. Soc. Ent. X.
Etna C.
132. Capsus ater Lnn-Amiot
281.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBINPalermo B-Mado-
nie.
133. Capsus bipungtatus Fbr.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll.
134. Capsus SBXPUNGTATUs Fbr.
122 NCM)VE EFFEMBEIDI SICILIANE
153. Hbtastbiima Luodulum
Hlg-SpiDola96.
1839. CosU, Prostemma {ti-
ddidum. Rag. Em. Sic.145.
Gli esemplarisicilianisono
più grandidi quellidescritti
da SpinolaC.
154. Nabis Aptbra Fbr-Amiot
33f.
1839. Costa,Rag. Em 144.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaC. Bll.
155. Nabis Subaptera De Geer-
Amiot 33i.
Palermo B-Madonie M.
156. Nabis Fera Lnn-Amiot
332.
1860. Bellier,Fau. Eni. Sic.
SiciliaBil-Palermo B-Mado-nie
H.
157. Nabis Major A. Cst.
1839. Costa,Rag. Em. 135.
Palermo C.
158. Nabis Longipbnnis A. Cst.
Palermo C.
159. Nabis YmmDLUs Spn.107.
Sicilia?
160. RBDimusPERSONATUsLnn-
Amiot 337.
1839. Costa,Rag. Em. 144.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaC. BU-Hadonie Bl,161. Rbduvios Palupes....
Palermo B.
162. ReDUVIUS VlLROSUS....
Palermo B.
163. Harpagtor Cruentus Fbr
Amiot 365.
1839. Costa,Rag.Em. Sic.
144.
1860. Bellier,Fau. Ent Sic.
SiciliaC. Bll-Palermo B-Ha-
donie li.
164. Harpagtor HoEMORRomA-
us Fbr.
1839. Costa,Rag.Em. 144.
1843. Amiot, Hem. 366.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sia
SiciliaC. Bit.Sr-Palermo B-
Catania M.
165. Harpagtor Aegyptugos
Fbr Amiot 366.
Palermo B.
166. Harpagtor Sangcineus
Fbr.
1860. Bellier,Fau. Ent Sic.
SiciliaB.
167. Harpagtor Anndlatds
Lnn.
1858. lima, Oss. Ent. 112.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBU-Madonie H.
168. Harpagtor Gmseds Fbr.
1860 Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll-Madonie M.^
109. Harpagtor Pedestris W.
1839. Costa, Redavius pede-stris.Cor. Zool. 1.138. Pai.C.
170. Aganthothorax Sigulus
A. Cst.
1839. CosU Cor. Zool. 1. 138.
Idem idem, Rag,Em. Sic 137.
SiciliaC.
171. HoLOTRicmus Maurus Fbr-
Amiot 377.
CyrtffiCst. Palermo B.
172. Holotrighius Oenudatus
A. Cst. Palermo B.
173. Ongogephalus Squaudus
Brm-Amioi 387.
EMITTUII SiaUANI 123
Palermo B-Hadonie M.
174. Ongogbphalus Notatus KI.
1839. Costa, Rag. Em. Sic.
144. SiciliaC-Palermo B.
175. Ptgolampis Pallipes Fbr-
Amiot 391.
1839. Costa,Rag. Em. 144.
SiciliaC.
176. Ptgolampis Fbmoratus
A. Cst.
1863. Costa, Ent. della Cai.
Ut. 9. Palermo C.
177; Embsodema Uomestiga
Scpl-Amiot396.
1839. Costa,Rag. Em. 144.
SiciliaC-Palermo B.
178. Ploearu Yagabijnda Lnn-
Amiot 397.
1860. De Natale,P. ambiguaSa poc. Cros. 5. Sicilia.
179. Htdrometra Stagnorum
Lnn -Amiot 400.
Madonie M. C.
180. Salda Uttoralis Lmi-A-
miot 405.
Madonie H.
181. Pelogonus Marginati»
Ltr-Amiot 409. Madonie H.
Fam. VIZI. Ploteres La-
treille.
182. Gerris Paludum Fbr-A-
miot 417. Madonie M.
183. Gerris Lacustris Lnn- A-
miot 417.
1838. Mina,Oss. Ent. 112.
Madonie M-Palermo B.
184. Gerris Canalium L. Ofr-
Amiot 418.
Madonie M.
185. Gerris Costae H. S.
1869. Costa Per lettera.
Sicilia.
186. Gerris Rufosgutellata
Ltr-Amiot 418.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
Sicilia.
187. Velia Rivulorum Fbr-A-
miol 418.
Madonie M.
188. Velia Currens Fbr-A-
miot 420.
1860. BelUer,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll-Madonie M.
Sectio 11. HydrocorisaeLtr.
Fam. I. BiGEMMi Amiol.
Fam. IZ. Peduupti Amiot.
189. Naucoris CiMiGOiDES Lnn-
Amiot 433.
Palermo B.
190. Naucoris Maculata Fbr-
Amiot 434.
1840. Spinola,Essai 54.
SiciliaS.
191. Nbpa Cinerea Lnn-Amiot
44a
1858 Mina, Oss. Ent. 112.
Catania,Madonie, Paler. M.
192. Ranatra Linearis Lnn-
Amiot 443.
Madonie, Palermo M.
Fam. XZZ. Pediremi Amiot.
193. CoRiSA Geoffroyi Leacb-
Amiot 447. Madonie M.
194. CoRiSA Struta Lnn-A-miot
447. Madonie M-Pal. B.
195. SiGARA Leucocephala Spnl-Amiot 448. SiciliaM.
196. NOTONEGTA GLAUCA LUl-
Amiot 452.
1858. Mina Oss. Ent. 112.
124 NUOVE EFFEMERIDI SICIUANE
Madonie M-Palermo B
i98. Anisops Sardous H. S.
Niveus Sp. non Fbr.
Hadonie. M/
HOMOPTERA LTR.
Sectio I.AuchenorhynchiDmr.
Fam. X. Stridulantes Llr.
198. Gicada Fraxini Fbr-A-
miol 479.
1858. Mina, Oss. Ent. 113.
In tutta Sicilia.
I9d. CiGADA Orni Lnn-Amiol?
481. ;
1858. Mina, Oss. Ent. 113.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
Sicilia Bll-Madonie M.
200. CiGADA TlBIALIS PnZ.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll.
201. CiGADA Pyghaea Olv.
1860. Bellier,Fau. Ent Sic.
SiciliaBll.
202. CiGADA Montana....
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll.
203. GiGADA Sanguinea Fbr-A-
miot 492. SiciliaM.
Fam. XZ. Subterigurnes A-
miot.
204. Pseudophana Europaba
Lnn-Amiot 506. Madonie M.
^5. BURSINIA HOEMIPTBRA A.
• Cst.
18... 0. Costa,FulgoraHoe-
miptera,Fau. Sic. Etna C.
206. COLOSGEUS BONELLU Ltr-
Amiot 508. SiciliaM.
207. Issus Lauri Lnn.
1860. Bellier,Fau. Eat. Sic.
SiciliaBll.
208. Hysteropterum Immagula-
TUM Fbr-Amiot 519. Sicilia.
209. POEGOOPTERA SiGULA 0.
Cst.
18....0. Costa,Corr. Zool I.
Palermo C.
Fam. ZZI. Anterigornes A-
miot.
210. Gargara Genistae Fbr-A-miot
538. Sicilia.
211. POLYGLYPTA SlGULA....-A-
miot 541.
Pel nome riportolapresen-te
,come siciliana
,mentre
Amiot, e Servine per patria
glidonano il Messico.
212. Centrotus Cornutus Lnn-
Amiot 551.
1858. Mina, Oss. EnU 113.
Hadonie sulle felciM.
213. TriegphoraSanguinolenta
Lnn-Amiot 561.
1854. Mina Proy. Agr. 193.
Madonie M.
214. Triegphora MactataGhu.
1860. Bellier,Fau. Ent. Sic.
Sicilia.
215. Aphrophora Spumaria Lnn
Amiot 566.
1854. Mina, Prov. Agr. I9L
1858. Mina, Oss. Ent. 113.
Madonie M.
216. Ptyelus LiNEATUs Lnn-A-miot
567.
ISriO.Bellier,Fau. Ent. Sic.
SiciliaBll.
217. Ptyelus Bipasciatus Lnn-
Amiot 567. Madonie M.
218. EVAGANTHUS INTERRUPTUS
Lnn-Amiot 575. SiciliaH.
EMITTERI SICILIANI li^
219. Ledra AURiTA Lnn-Amiol
277.
Sicilianelle foreste
220. EoPELix CUSPIDATA Fbr-A-
miot 583. Sicilia.
Sectlo II.SternorbynchiAmiot.
Fanu X. Phytoputuires Brm.
221 PsYLu FICUS Lnn-Amiot
S93. Madonie H.
222. PSYLLA OLIVETORUX Ltr.
1844. Romano, Ins. noe. 24.
1854. Mina, Prov. Agr.230.
1858. Mina, Oss. Ent. 113.
Sicilù)comune.
223. SlPHONOPHORA ARTEMISUE
Fscl.
224. — ABSiNTU Lnn.
225. — LACTUCAB Pssr.
226. — MALVAE Msly.227. — ROSAE Lnn.
228. — URTIGAE Scbrk.
229. Rhopalosiphum Pbrsigae
Slr.
230. Mtzus cerasi Fbr.
231. Hyalopterus pruni Fbr.
232. Aphis brassicae Lnn.
233. — CARDUi Fbr.
234. — CRATEGI KItb.
235. — EV0NYMI Fbr.
236. — FRANGULAE Koh.
237. — GENISTAE ScpI.238. — HEDERAE Kllb.
239. — LAGTUCAE Fscl.
240. — MALVAE Kch.
241. — NERI Kllb.
242. — ORIGANI Pssr.
243. — PAPAVERis Fbr.
244. — PLANTAGiMS Schrk.
245. — RANUNGULI Kllb.
246. Aphis sambugi Lnn.
247. — uRTiCAE Fbr.'
248. SlPHOGORYNE FOENICULI
Pssr.
2^9. Chaithophorus saucivora
Wlkr.
Questi aOdi sono più o me-no
abbondanti in Sicilia,non
• garenliscobene laclassifica-zione,
perchè essendo m-
setti piccoli,ed i caralleri
un poco dubbi, sono slati
determinati piùper lepiante
su cui vivono.
250. Hvzoxaus MALI BIt-Amiot
612.
Dopo il 1850 mollo comune
in Sicilia.
Fam. XZ. Puytathelgi Amiot.
251. Coccus ADONmuM Lnn.
1844. Romano, Ins. noe. 25.
Sicilia.
252. Coccus HESPERmuM Llr.
1844. Romano, Ins. noc« 25.
Sicilia.
253 Coccus oleae Llr.
1844. Romano, Ins. noe. 25.
Sicilia.
25 'i Coccus PERSICA E Fbr.
Madonie M.
Si trova una speciemollo
dannosa sul fico,un' allrasul
làndro,una terza sul leccio,
una quarta sullaquerciagio-vine,
ma rara. Degliafidine
ho veduto una speciemollo
grossa nera sul castagnogio-vine^
laqualevive pure sulla
giovinequercia.
Francesco Mlna'-Palumbo
9
RICERCHE SLAVE IN ITAUA
LETTERA AL PROF. V. DI GIOVANNI
Chiarissimo professore^
L* illustrestorico russo Vincenzo Hakausew è stalo fra noi negliscorsi mesi, ed io mi ebbi ilpiaceredi apprezzarne ilmerito dav-
vicino,per Tamichevole relazione che me ne ha procacciatoil sig.Carlo Hupf,chiarissimo professoredi storfaa Kònigsbérg.— Egliperincarico del suo governo è nello impegno di raccoglieredocumenti
relativi agi!Slavi,neìrattualeardentissima febbre di panslavismo.
Ha viaggiatoTltalia,e partitoda Palermo mi avvisa d'avere scritta
una lunga dissertazione sulla storia Ragusea (YII-XU secolo)pel
suo apice ilprof.Lamonsay ,il qualesta pubblicandonientemeno
un archivio storico-slavo.Or vogliofar sapere per lo mezzo delle
sue Effemeridiche questo professorMakausew dava in luce nel
1861 le Memorie deglistranieri(YI-Xsecolo)intorno allareligione,
alla vita privatae pubblica,e ai costumi degliSlavi;e queste me-morie
si stamparono a spese deirUniversità di Pietroburgo,laqualeonorò con una medagliad'oro V Autore
, per quesf opera riputataunica nel suo genere, e della qualese ne esauri P edizione. Essa,
comprende la critica di tutto ciò che gli stranieri (VI-X secolo)hanno scritto sulla parte etnograficadelle antichità slave.Ed è di-visa
in due parti,nella prima delle quah,in cui segna gliscrittori
bizantini ed arabi dimostra dirò cosi a priori colle notizie della
vita e degliscritti loro quanta fede si meritino;nella seconda che
può dirsi a posterioriespone quanto evvi di giustoe di vero nelle
notizie ch'eglinohanno tramandato sugliSlavi. — Stampò poi nel
1865 a spese della Società storico-archeologicadelP università di
Mosca una storia delle relazioni diplomatichedellaRussia colPantica
repubblicadi Ragusa ; storia basata su documenti inediti,che co-minciando
da Pietro il grande si protrae sino alla caduta della re-pubblica
(1808).In essa trovansi per appendice molti diplomatici
documenti, e molte poesiescritte da Ragusei in servo (illirico).Ia-lino,
ed italiano.Inoltre due piantedi Ragusa, una del secolo XI,
oltre delle operazionimilitari di Russi e Francesi all'assediodi Ra^
RIGERGHe SLAVE IN ITALIA IÌ7
gasa, ilqaalepose termiae a quellarepubblica,di poca fedeo di
seite bandiere come chiamaroola i contemporanei.
Indi nel 1867 pubblicòin Pietroburgocerti cenni statistici,etno-grafici
e storicisugliSlavi transdanubiani (dellaTurchia)e adria-tici,
frutto di lunghistudi da lui fatti nel non breve soggiorno
(1861-1865)fra gliSlavi meridionali. — In essi fra* varii articoli
si trova un viaggiocol qualeè forse ilprimo fra'suoi compatrioti
che avesse annunziato la verità sul Montenegro, tanto quanto pro-vocò
ad ira lo czar Nicolò. Vi si trovano pure le interessantire-miniscenze
deirnltima insurrezione in Erzegovinasotto la condotta
del voivoda Luca Yukalovich.
Altra sua pregevoleopera è quelladelle ricerche sui monumenti
storicie suglistoriografidi Ragusa, pubblicatain Pietroburgonel
1865 da queiraccademiadi scienze,la qualeaccordogliin seguito
nel 1869 ilpremio del conte Herarow. I monumenti di che trattasi
si trovano In massima parte scopertio, per lo meno, pubblicatida
lui per prima volta; come a dire gliannali di Ragusa (YII-XVII
sec.);lacronaca del Milazio della finedel sec; XIII;la descrizione di
• Ragusa di FilippoDe Diversis del 1435, la storia dì Ragusa del
senatore Giugno Resti del secolo XYill;lametropolisacra ragusina
e gli uomini illustridi Serafino Cerva ecc. Ed è ammirabile il'
giudizionel precisarle epoche,e la criticasu la vita e gliscritti
deglistoriciragusei.Nel primocapitolodi quest^operasi risolvono
in modo felicei più importantipuntidella storia,di Ragusa:ei la
crede slavinizzata non già nei secoli X-XI ma al finirdel secolo
XIV e indica in modo precisola causa della sua decadenza e della
sua caduta.
Questo scrittore ha in ItaUa compilatocon grande attenzione
molte memorie,tiopo serie ricerche faite tra noi. E prima una
dissertazione tessuta su documenti rinvenuti a Venezia,sul famoso
impostoreStefano Piccolo,ilqualefacendosi credere V imperatore
Pietro III dominò molt'anni il Montenegro, fece guerra ai Turchi,
minacciò Venezia. Pregevolissimaè poi un'altra memoria suir ar-chivio
fiorentino e sui documenti relativialla storia slava che con-
tengonsiin esso.
Io so ora finalmente ch^ ei s'occupi propriod.ellecose nostre,
dietro i documenti non pochi che ha rinvenuto presso di noi.*E
prepara la stampa della storia delle relazionidiplomatichee com-merciali
di Ragusa con Venezia — della congiuraspagnaolacontroVenezia nella qualeebbe parte Ragusa
,— della storia delle rela-
128 NUOVE EFFEMERIDI SIQLIANE
zioni degliSlavi con Firenze,
— della Storia delle relazionidegliSlavi meridionali cogliAngioinidi Napoli,— delle relazionid' Italia
cogliSlavi meridionali nel secolo XY, ecc. Né è a dubitare che sia
per isvolgeresifiEattiargomenti con dottrina,e con quelsenno che
ne^ precedentie in altriscrittiha dimostrato. Or egliè andato a
Molise per visitarete colonie slave,e stimasi il primo che dia delle
notizie precisedel dialetto che ìk si parlae eh' ei crede un impa-stodel bulgarocol serbo. Nel mentre dobbiam trovare degna d' o-
gni lode la premura deglioltramontani di studiar fra noi con soler-zia
le cose nostre per T interesse che ne risente la storia di loro,riesce doloroso che glistranieri vengano a spolverarle carte no-stre,
e ci additino quelleche parlanodi noi. Dappoichéoramai noi
svogliati»generalmentedi ciò che concerne la vera glorianostra par
che ci occupassimoa preferenzadi illusoriefantasmagorie!
Aprile1870*
Y. MORTILLARO
STELLA E KIUPERLI
SPOSA MAOMETTO IV NEL 1642
Anche questidue poveriAglidi Aci,Stella e Kiuperli,salirono
in fama, e tramandarono alla posteritàil loro nome. La grandezza
de' Kiuperli,e le intestine discordie suscitatesinella casa imperiale
a cagionedi Stella,fan si eh' io non appuUri parolenel tesserne
ristoria;le sincrone testimonianze supplirannoquesta volta all'im-maginazione
del romanzatore.
La città che oggi abitiamo nel 1582 nominavasi AquUia o in me-moria
della volgaretradizione di aver qui disfattoi servi il Con-sole
Aquilio,0 perchè s'erano trasferitigliabitanti dellMgutto,che
fu cognominataVecchia nelP Aquila nuova. Qualunquesi fossel'eti-mologia
di questo nome,eh' io ignoro
,essa comprendeva gliat-tuali
municipiidi Aci S. Antonio, Aci Bonaccorsi,Aci Catena, Aci
Castello e Aci-Reale,ultima nata, e che sopraslàoggiaglialtriper
popolazione,ricchezza ,svoigfmentodi commerci
,e magistrature,
^a allora? Era sì piccola,che quantunque ilParlamento di Siracusa
130 NUOVE EFFKMEBIDI SICILIANE
cavala a universo benefìcio,e di cui ancora ricorda il nome, e lo
ricorderà in perpetuo tanto per la piadonna, quanto per i luttuosi
casi di cui fu testimonio.
Miuccio suo marito avea dato nome airaltra fontana ch^era ac-costo
allaloro casetta di abitazione e vivendo di pesca, lasciavaalla
moglie Potenza la cura de' figlieh' essa spedivaa vendere acqua
in Aci Aquiliaa mezzo soldo la brocca,mentre egliin mare pe-scava
giovandoside' suoi misteri orditi di propriamano. Dio avea
aiTicchilo que' coniugi,paghidel loro stato,di sei figliuoletti,dei
qualiilmaggiorea 15 marzo di quell'annoper essi fatale,era col
padre allapesca delle sarde nel golfodi Catania,altritre erano in
città a vender la famosa acqua della Zia Potenza, e 4M"stei con la
figliaStella di 7 anni e ilpiccoloMasuccio di 6 baloccavano in casa
con la madre.
Nel seno, o ansa che descrive la spiaggiadalla Pietra dellesarpe
alla fontana della Zia Potenza, non erano che circa venti tra donne
e ragazzie intenti ad asciugarreti,a imbianchir tele,
o alle do-mestiche
faccende,si rianimavano al raggioristoratore ^el sole o-
riente che a larghee tremule strisce indorava le crespe del mare. In-tanto
rasentando le scoglieredi S. Tecla una galeraalgerinas'era
fermata allaMala Discesa, Un trar d'archibugioda terra,a non in-sospettire
la gente, inalberò l'aquilanera in campo bianco,inse-gna
della nazione siciliana,scolpitane' nostri antichi nummi, "x)n-
-servata come segno di vitapoliticaper tanti e tanti secoli,e strap-pataci
violentemente da' Borboni nel 1819,quando tramutarono la
reginadel tirreno in provinciadi Napoli;e che ancora immensa e
marmorea, quasivogliaproteggerla,si vede grandeggiarein Paler-mo
nella reggiade' nostri monarchi. Difatti,quantiall'alba si ac-corsero
di quellagaleracolà fermala,la ritennero per nostra e de-stinata
a guardare le coste e la marineria sicilianadagliassaltidei
barbareschi.
Frattanto essa avea messo a terra due grandi caicchi carichidei
più destri pirati,e costoro inerpicatisiper la Mala Discesa,e per-dendosi
e occultandosi tra le opunzie,i cespuglie i massi vulca-nici,
aveano circuitodall'altola marina della Scala,e guizzando"x"-
me fulmini inaspettatamentedal laberinto de' precipiticiottolidel-
l'enorme balzo Timpa piombaronoaddosso aglisprovveduti,e detto
fatto lilegarono.In quelmentre lagalerasi era accostata allaScala,
i caicchi allaspiaggia,e senza curare di lagrimee grida,tuttii pri-gioni
e le loro masserizie furono imbarcati. Quando se n'ebbe voce
STELLA E K1UPERLI 131
in città,la galeraera al largo,e i miseri cattivi appena daglioc-chi
poteano scorgere ilpino di S. Tecla,albero ultramillenario no-bile
avanzo deir archeologiavegetabile,che dal gigantescotronco e
dalla vasta chioma conifera guidavai navigantidal promontoriodi
S. Alessio antico argenno, a quellodi Agosta, antico seno mega-
rico.
Tra quegP infelicierano la Zia Potenza,Stella e Masuccio;il pa-dre
e glialtriquattrofiglierano campatiperchèassenti, lo tralascio
di descrivere anche a larghitocchi,lo strazio«de prigioni,il.dolore
di vedersi per tutta la vita diveltidallapatriae da^suoi;lo schianto
deglialtriloro consorti di sventura; non è lettore che non possa
immaginarlo,e supplirequesta lacuna,scendendo appena nelP inti-mo
del propriocuore, e ponendosiidealmente al loro luogo.La Zia
Potenza non resse al cumulo de^ suoi dolori,e mori in Algeridopo
pochimesi di prigioniaabbracciata a^ figliuolettiStella e Masuccio.
Poco dopo quegliorfani desolati furono condotti a Costantinopoli
e lor fortuna volle di essere compri dal Cafri-Agà capo deglieunu-chi
bianchi,per conto del gran Signore.Il tempo che tutto can-cella,
col lento lavorio della sua lima,fece perderemano mano ai
nostri giovanettila memoria de^ fratelli,del padre,della patria,eultime quelladella madre e della favella nativa
,e solo i registri
del Serraglioconservarono la ricordanza della loro origine.Il vi-cendevole
amore fra di essi non si estinse giammai,anzi vieppiù
si rafforzava e crescea. La sveltezza del loro corpo, il baleno degli
occhi,lagraziae Tingenuìtàdi cui erano adorni,li fecero predislin-
guere tra ilpopolodeglischiavi del Serraglio;talché furono edu-cati
con vigileaffetto.
IlSerraglionon solo è una città per se stesso,ma contiene quanto
di più illustree splendidopossa avere queirimpero. La Bisanzio
degliantichi,la Stambul degliottomani, la Costantinopolide' cri-stiani,
è la vaga e bella metropolidel mondo per la sua postura ,
i mari che P intorniano, le ricchezze che TAsia e l'Europale tri-butano,
mentf essa congiungendole,siede sopra di entrambe quelle
due partidel mondo antico. Solimano II fece elevare il Serraglionel luogopiù gradevoledella reginadel Bosforo, sur un promon-torio
triangolare,
air imboccatura del mar nero. Due lati di esso
si specchianoneir Egeo o mar di Marmerà, il terzo domina V im-menso
panorama della città.Il Serraglioha molte porle dal lato di
mare e di terra, e di quesl'ultime una soltanto è aperta.I capigis
guarda porta,la custodiscono sotto gliocchi di un pascià:le altre
132 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
stan chiuse,
e non si aprono che in casi straordinarii per (ardine
del Sultano.
Serragliovale palagio,non harem, casamento delledonne che cor-rispondente
al gineceodegliantichi,n' è parte.Ogni turco paò a-
Tere un harem^ ma il solo imperatorepuò avere un Serraglio.Esso è d'una estensione dismisurata,la sua circonferenza è di
circa otto migliasiciliane,cioè poco meno di 12 chilometri. Oltre
gl'immensigiardinie le spaziosepiazze,contiene la moschea, il
palagioimperiale,quellodel tesoro de' sultani defunti,quellodel
Consigliodi Stato o Divano,
con tutti queglidegliufficìi,che ne
dipendono,e gliarchivi governativi,due collegiper le schiave,due
per glischiavieducati dal pubblico,i quartieridelle odalische,delle
favorite,delle sultane e de' loro teneri figli;gli appartamentidi
tutti i dignitariidello Siato,ma castrati,come eunuchi bianchi e
neri,muti, segretarii,archìvarii,professori;le scuderie,e in quelladel sultano non sono meno di due mila cavalliturchi,urani, per-siani.
— Ck)là non entra nessuno armato, non vi sono soldati,né sono
permesse arme di ogni sorta. I bosta^igyso giardinierine fanno la
guardia;la milizia,durante la sessione del divano,custodisce iner-me
la prima corte esteriore.
Gli schiavi sono divisi ne' collegisecondo la loro età;Stellaen-trò
nelPhasoda delle femmine, e Masuccio in quellade' maschi,per
essere educati sotto gliocchi del principeco' loro consorti,desti-nati
ad occupare i più grandi ufficìidell'impero.Non appena fu-rono
ivi ammessi, e vennero notati i loro nomi ne' registri,e as-sunsero
vestimenta all'orientale,s' iniziò la loro educazione. En-trambi
si mostrarono docili,rispettosi,intelligenti,i loro hogiaso
inaestri li additavano come modello,
e li colmavano di elogi.In
poco passarono dalla prima nella seconda hasoda,
e appresero a
leggere,a scrivere,a parlareilturco, T arabo,il persiano,quindi
la geografia,T istoriaottomana e universale,
e Masuccio il latino,
nella qualJinguasi predistinse.
Qui giuntiè mestieri occuparciisolatamente de' due nostri cari
protagonisti; seguiamo Stella, per indi tornare a Masuccio. Essa
sovrastava in merito, come in bellezza alle sue cinquein sei cento
compagne ; quanto piùgrandeggiava,tanto più attirava a sé l'am-mirazione
e r amore dell'hasoda tutta quanta. E siccome sol essa
non s'avvedea della propriasuperiorità,la gelosia,l'invidia che,
come piantamalefica,facilmente germinano in cuor di donna, non
r offendeano,ed era anzi l'atnore dell'hasoda.
STELLA E KIUPERLI 133
Il sultano,che spesso saole intertenersi eoa quellefanciulle,un
giorno volle a lungo conversare con Stella; egliera Selim II,unode**prìncipipiù intelligentie crudeli,che abbiano regnato su^ mu-sulmani.
Ilcolloquiosi converti in accademia ; la nostra concitta-dina
con la modestia della vergine,non solo gliparlòbene in a-
rabo,in persianoe in turco, ma con ingenuitàe soavitàsenza pari^
glisvolse la storia e la geografìaparticolaree universale,come se
invece di giovarsidella memoria,
avesse letto in un libro.Cantò
quindi,danzò e suonò vari strumenti con tale»graziae leggiadriada elevare all'estasiquantiebbero il bene di vederla e di udirla.
I di lei hogìas,eh*"erano presenti,ne giubilavano,e si accrebbe la
comune maravigliae compiacimento,quand'essa pose sotto glioc-chi
di Selim un quadro intessuto di margheritinea varii colori,
rappresentanteil vasto impero degliOsmali con i mari, i fiumi,i
monti, le isole,cosi leggiadramenteed esattamente ritrattida di-sgradarne
ilpennello.L'imperatorelaregalòdi una collanadi perle,e i suoi maestri e la kadu-kaia
,sua direttrice
,di ogni sorta di
doni : da quelgiorno,abbenchè non assunta al talamo imperiale,fu riverita come sultana. E per le peregrinedoti della mente, del
cuore e della persona, a queldi Stella,fu aggiuntol'appellativodi
Lucente,a dimostrare essere ilpiù splendidoastro di quelPempireo.
Compiva appena. 20 anni quando Amuralte IIIsuccedeva nel trono
di Costantinopolia suo padre Selim II nel 1595. Un mese dopo,ilnovello signoreannunziò al capo deglieunuchi
,e alla sovrain-
tendente delle odalische,come il dimani avrebbe scelto una arachi
0 favorita.Tutte quelleverginiattendeano con ansia questo piace-vole
avviso,e non appena fu bandito T heìvet,fu una festa ne' giar-dini
e nei moltipliciquartieridel Serraglio.All'ora prescrittacom-parvero
quanticolà si trovavano; glieunuchi sì posero in guardia
a tutti glisbocchi,intimando di allontanarsiognuno per fino dalle
muragliede' giardinidell'hasoda,sotto pena di morte. AH' appariredel giovane sovrano un popolodi bellezze uniche in sul fioriredella
vita glisi presentò,rivaleggiandocon i modi più seducenti e vo-luttuosi
a chi megliopotesse ispirareamore e affetto in cuore di
queiressere privilegiatosu tuttii mortali. Esse vestivano abiti tra-sparenti
e corti,ciò eh' è severamente vietato,tranne quando siano
chiamate dall'helvet,aveano nude le braccia,e ilseno leggermentevelato. E così come silfidi
,intessevano e ballie canti e suoni
,i-
solatee a coro e in masse ondulanti,con lepiù seducenti attitudini
e movenze.
Amuratte inebbrìalo d'ineffabiledilelto,ordinò larhomea^ famosa
134 NUOVE EFFEMERIDI 8IGILUNE
danza greca, la più leggiadradi quante se ne osano nell harem. Al-lora
si schierarono tulle ordinale in ale,come prescriveT ordina-mento
di questo ballo,e secondo V altezzadi ogni odalisca. Al suono
deglistrumenti musicali,s^intrecciarono le volubili ridde
,e cia-scuna
poia solo si presentavaalprincipedeponendo,con agileguizzo
de' piedi,un flore sul primo gradino del trono. Com'era naturale.
Stellavinse e per grazia,beltà,leggerezzadi moti, e nobiltà tutte
le compagne ,e quando posò la rosa sul tappeto imperiale, trovò
nella sua mano rialzandosila pezzuoladella predilezione.Dopo ciò
Amuratte disiiarve,e la giovinettafra gliuniversali omaggi passò
al bagno, fu profumata,vestila d'oro e di gemme, scelsele dame
di onore della novella sua corte,
e accompagnala da' canti e dai
suoni di entrambe lehasode,entrò timida nellacamera nuziale a sa-crificare
all'amore.
Stella divenne in breve, e senza quasiambirlo,arbitra d' Amu-ratte,
dopo che ne conquistòil cuore, mosse a suo libitola di lui
mente. Non era sol uno de' grandi dignilariidello Stato,il quale
non riverisse o non consultasse la famosa arachi,che già formava
la gloriae l'ornamento miglioredel Serraglio; ma essa non era
felice,un dolore intimo la travagliava.Stella salitaa tanta potenza,
adorata dall'interacittà,benedetta da' poveriche le perdonavanole acquisiatericchezze e pregavano Dio di accrescergliele
, perchèle spandevaa loro sollievo,non avea ancora potutocingerela sua
fronte del diadema imperiale,e dal grado di hungiar-arachi,prima
favorita,passare a quellodi arachi sultana.
Io qui potreisostituire alla mia penna ,quelladell'illustre Sa-
gredo,ilqualenarra nellesue storie icasi di questacelebre donna (i),
ma non dilungandomida quant'egliriferisce,aggiungo che la no-stra
Stella avea dato selle figliead Amuratte,e che Dio,quantunque
cosi feconda, le avea niegatoun solo maschio. L' imperatoread onta
di ciò e della leggevolea proclamarlasultana,ma la di luimadre
vi si oppose gagliardamente,aggiungendo eh' essa avrebbe dovuto
saper dare un erede all'impero per meritare cotanto onore, e quindir imperatoredovette smettere dal suo proposito.Ma Stella senza
corona di brillantisul fronte,
fu teneramente amata dal principe,
potè beneficare quantiinfeliciebbero a lei ricorso,
e comandare
quel vasto impero, soccorsa da'segreticonsiglidel suo Masuccio.
ContintM) LiONARDo Vico
(1)Tom. VI, libro XII, pag. 216.
DI DUE STATUE DEL SEGOLO XV
IN S. MARIA DI GESÙ'
Xiettera ad Agottiao dallo
Chiarissimo Signore,
Colla mia del 10 dicembre 1869 ebbi T onore di tenerle paroladella statua in marmo di S. Maria del Soccorso scolpilada GiorgioDemiiano palermitanonell'anno 1487 per la chiesa di S. Vincenzo
di questo Comune, la qualeultimamente fu passata in questa ma-dre
chiesa nella cappelladi S. Giuseppe.Ora adempio alla pro-messa
di "rle menzione di quell'altrastatua di S. Maria di Gesù,
citata nell'atto di convenzione fatto col nominato scultore.
E priadi tutto debbo confessarle,che nel leggerein queiratto
notarile T espressionemelioratam figuresancte Marie de Jesu Ther-
marum, subito mi si affacciò il dubbio, che quellastatua potrebbeessere anche parto dello stesso scultore,per cui osservazioni e ri-cerche
erano necessarie a farsisulla predettaopera, onde poterne
formare un adeguato giudizio.La statua di eccellente marmo a grandezza naturale sotto titolo
di santa Maria della Visitazione* che si trova nella quarta cappelladella chiesa di S. Maria di Gesù
,è air impiedisopra un nugolo
,
in cui in piccolefiguresi vede scolpitoil presepe che a destra ha
un angiolettoed a sinistra una santa, entrambi in ginocchio; agliestremi poi seguono due teste di serafini
,e quindi due stemmi
con un leone rampante ,armi gentiliziedella famigliaBruno. Il
Bambino supinosulle braccia della Madre rivolgegraziosamentela
testa allo spettatopeannunziando ilVerbo coir indice che esce dalla
bocca,
mentre colla sinistra tiene il mondo e lo avvicina al suo
seno; e la Diva colla testa scoverta, dalla quale scendono ondeg-giantile tracce sul petto, presentail suo figliuolocon taleun mo-vimento
della persona che è assai sorprendente,e dà molta vita al
gruppo.
11 nudo sente un poco del secco, e non ha quellosviluppocher artista seppe trovare nel panneggiamento naturale e morbido.
136 NUOVE EFFEMBRmi SICILIANE
massimamente nel manto che raccolto sotto le dì lei braccia forma
graziosepieghe, nelle qaalitraspareil nudo senza afifetlazioneal-cuna
: i capellie i sopracciglisono dorati,come pare lo è ilmanto
nei lembi e negliarabeschi dipintividi sopra ; gliocchi son colo-rati
di oscuro, le bocche di color roseo, e V interno del manto di
azzurro.
Altro gruppo di marmo a mezzana grandezzasi trova in quellachiesa esprimentela Pietà,segnato di S. Maria di lesus 1480: in
esso è ammirevole per la espressionedi cordogliola Madre Addo-lorata
che tiene sulle ginocchiail suo Gesù morto, ilcui nudo al-quanto
secco non è privodi merito;i pannihan poco rilievo,ma
buone pieghe; e sopratuttoè notabile nel fondo del gruppo per
la parte estetica un coro di sei angiolettiin preghiera.Che lo scultoreGiorgioDemilano fosse stato conosciuto dagliono-revoli
fratelliBruno fondatori dellachiesettadi S. Maria di Gesù è ben
certo,poichési trova scritto negliattidi notar Antonio de Michele
sotto ilgiorno16 ottobre 1484, che quell'artistasi obbligavaese-guire
un arco con suoi pilastridi pietracalcarea per la cappelladella stessa a spese deglienunciati Bruno ; i qualiin quellacon-giuntura
di adornare la chiesetta non è improbabileche avessero
allogatopure alsuddetto scultoreT esecuzione dellastatua di S. Maria
della Visitazione,fatta parimentea loro spese come lo provano le
armi gentiliziescolpitenella base.
La chiesetta,che in origineera formata da un semplicerettan-golo
collaporta rivoltaal NE e rimpeltounica cappelladecorata
dall'arco eseguitoin pietracalcarea dal Demilano,fu in seguiloperli bisognidella crescente popolazioneelargatae ridottaallaattuale
forma coir ingressoal NO, aggiungendosialtre quattro cappellela-teralmente
a quellaprima esistente ove era la statua della Visita-zione
,che in quellaoccasione fu situatanelP altare della contigua
cappellaappartenente allafamigliaBruno, la qualecon non indifife-
renti somme, unitamente alleoblazionidi altrefaunglieopulentidel
paese, aiutarono a murare quellasacra fabbrica.
Or dall'importantedocumento sopra citato,
e dall'espressione
{melioratametc.)che fa quasichiaramenle vedere esser T autore
della statua di S. Maria dellaVisitazionelo stesso GiorgioDemilano,
poiché dobbiamo credere che nissuno siacosi ardito da promettersifare T opera sua miglioredi quellafatta da un altro;e dalla somi-glianza
poi dello stilenel panneggiamento;dal modo identico di
trattare il nudo; dal concedo, che é priìBae sovrana dote dell'arte,
138 NVOYU EFFEMEBIDI SIGUJANE
Ed ecco un Cherabin,sull'arpa d' oro
Dolce melodiaado,a lei s'offirì...
E • la pare sarai del noslro Coro»
Nel volger(disse)di non luoghidì.
• De la bella Armonia nei santo amplessoSei tu vissuta gloriosa,ognor:E nel bacio di Lei V ha pur concesso
Lasciar la terra T InfinitoAmor.
• E tu la nota omai scioglidal petto,Che fia r estrema e ch'io t'ispirerò:Pria che Morte si facciaal tuo cospetto.
Che tu canti laMorte i' chiedo e yo\ "
Disse — e qualnebbia in aere vanio;
Ma tal possanza a quellospirtodie.Che di Morte ilmistero ei lesse in Dio,
E del mistero mterprete si fé.
A melodici numeri divini
Il suo novo fidando alto pensier,Che un accordo parea di Cherubini
Temprato air armonie del Primo Ver. —
Ecco eglisiede,e i cembali commossi
Fa della sua melòde risonar:
L'odon gliamici e sentono, percossiDi meraviglia,M core palpitar...
Ma perchèdi pallorsi tinse il viso?
Perchè T agilemano si ristè ?..
Perchè lo sguardo ai cielitien si fiso?.
Qual mai fantasma innanzi a lui si fèl-li
fantasma di Morte! Una corona
Di eterni fiori ella gliposa al crin;
E e or te da' sensi (dicea lui)sprigionaLa tua diletta...vieni,o pellegrinì •
Ei la contemplain estasiI Terrore
La Morte ad altre gentiapporterà...Ma da ch'eglile sciolse un suon di amore,
Più la Morte per lui terror non hai
(Messina 10 marzo 1870)
L. Lizio-BnuNo
CURIOSITÀSTORICHE SICIUANE
(f,222) Oonfraternite nelle malattie donano al oonDrati aoo-
eorso di danaro. É costume nella nostra città,che alcune Con-gregazioni,
0 Confraternite,qualorasono ammalati liloro Coufrati,
somministrano loro una certa quantitàdi denaro ogni giorno,permantenimento nelle sue malattie; siccome pure detti Confrati
,in
ogni mese o settimana,in occasione di morte di alcun Confratello
pagano certa quantitàdi denaro per cumulo di tale sussidio o per
celebrazione di messe. Discorrendo un giornosopra tale uso,
mi
disse uno, per altro letterato
,che questo stilenon è .troppo an-tico
; che le Congregazioni,per sua primieraistituzione,tutte ba-davano
a coltivarelo spirito,niente incaricandosi del temporale;eche dal 1600 in poi,
e forse più tardi,furono introdotte in esse
le tasse,le qualisono state la causa della dissipazionedel profitto
spirituale.
Questa proposizioneuniversahnente proferitanon è vera; impe-rocchétrovo anche nella nostra Sicilia
,nel secolo duodecimo di
nostra salute.Confraternite a guisadellenostre accennate. Ilprimo
,
Arcivescovo di Messina, che fu Nicolò,fondò ed approvòuna Con-
fratemila nella chiesa del Priorato di S. Maria de' Latini in Mes-sina
nel 1178; e nelliCapitolidi detta Confraternitatrovo,che " si
« aliquisex Confralribus infirmilatedetentus fuerit,
nec habuerit
• unde vitam susientare posset,de ipsiusConfratria bonis servien-
« dum. » (Veggasiil Pirri in Not. Eccl Messan. pag. 398, col. 1,
• liti.C.) Ecco ilsussidiodato dallaConfraternita.Di più,• XXX vi-
• ces singulissabbatis unusquismesingulasad oleum portabitfol-
« leras.* Ecco la tassa pagatadalliconfrati.Che erano li follavif
moneta di cui parlail sig.Principedi Torremuzza negliOpuscolidi Autori Sicilianilom. XVI, pag. 349 (1).
((,51) Ucenzla di Sclmeca. Quando taluno si parte da una
conversazione senza domandar licenza,sogliamodire che se ne va
alla Francese: io però,che sono un palermitano,direi che questo
tale si parte cu la licenziadi Scimeca, Per T intelligenzadi questo
modo di parlare,un tempo usalo in Palermo ed ora ignorato(2),
(1)Veggasiadanque a qualeantichità rimontino, in Sicilia,le Socieià di mtUuo
ioccorgo, come oggi si chiamano, in Palermo abbiamo di esse documenti certi nel
500, negliStatuti delia Congregazionedi Vi$ila-poveì'i.
(2) Questo modo proverbialenon è punto ignoralodal popolo,che lo ripete
tuttavia non solo in Palermo, ma pur nei Comuni della Provincia.'
140 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
deve sapersi,che D. Giuseppe Scimeca,
nostro conciltadino,offi-ciale
della Tavola,morto nel 1646
,aveva un costume
,ed era :
« Post colloqutionemcum amicis,aliisque,sino ulta urbana saluta-
« tiene discedere ; unde in proverbinm abiit: Scimechae lic^itia
e discedere," Ck)siHongitore, T. 1,Bibl Sic.pag. 403,coi.2 in 6ne.
(I,371) Vicolo innestato. Da parecchianni in qua si ò intro-dotta
la inoculazione del vajolocon feliceriuscita.Ilnostro Re Fer-dinando
Terzo Borbone (nato a 42 gennaio4751),essendo in età
di anni 26 compiti,volle che si facesse sopra di sé questo esperi-mento
nel marzo del 1778; qualeessendo sortitofelicemente,recò
gran consolazioneÒ tuttii suoi popoli: per lo che nella nostra città
di Paleimo a 3, 4 e 5 del mese di aprile1778, in ringraziamento
a Dio per talbeneficiosi espose allapubblicaadorazione ilSS. Sa-
gramente in tutte le chiese sagramentali; e nelP ultimo di detti
giornisi cantò il Te Deum in tutte le medesime chiese si de' Se-colari,
come de^ Regolari;cantandosi nella Cattedrale dalF Arcive-scovo
D. Francesco Ferdinando Sanseverino,colPinlervento del vi-ceré
Marco Antonio Colonna Principedi Stigliano.
(I,529) Vicolo: sna inocnlasione Introdotta in Palermo.
D. GiuseppeCarcame, Spedallerodeir OspedaleGrande e Nuovo in
questaCapitale,vedendo che lamaggior partedi fanciulliProjetti(1)in 4etto Spedalemoriva col male del vajolo
,ricorse al nostro Re
Ferdinando Terzo Borbone, acciò si compiacessedi far propagare
in tutto questo nostro Regno la utilepraticadella inoculazione,osia innesto del vajolo,con far chiamare in codesta Capitale. nella
primaverae nelP autunno, otto Barbieri ed otto Levatriciper volta
dalle principalicittàdel Regno, onde po^no istruirsidel metodo,che convenga adoperarsiin tale innesto
,ed indi eseguirlosu dei
Projettide' rispettivipaesi.Piacqueal Re tale progetto; e con un
suo dispacciode' 30 agosto 1788 accordò per tre solianni quattro-centooncie all'anno (2),da prendersidalP Azienda di Educazione,
per il mantenimento di taliBarbieri ed Ostetrici,durante la loro
dimora. Fu assegnalo per luogodi detta scuola la Casa deW Audi-
tare nella nostra campagna di Malaspina.Fu assegnatoper maestro
di tale scuola il dottor D.Francesco Berna: per Direttore e Sopra-intendente del tutto ilsopracennato signorD. GiuseppeCarcame,attuale Spedalieredello SpedaleGrande. Si apridettascuola per la
prima volta a lo ottobre 1788. S. Salomone-M arìno
(1)i trovalelli.
(2) Uro MdO iialianoannue.
CRITICA LETTERAIUA
SoiSfni e Baan Senso, Serate campestridi Vingknzo Di Giovanni.
Palermo, tipografiaSdii, 1870.
Pregiatissimosig.Professore
A me spettanon giudicareil libro di Lei,ma sibbene impararci.
Lo spiritodel quale mi pare sapientemente raccolto nelle parole
trizi del sofisma,e virtù dd buon senso; e qui potrebbesiinventerò
e dire : buon senso ddla virti e sofismadel vizio : perchè il torto
neir operare (e i nostri antichi dicevano torto la colpa)è contor-cimento
d'argomentazionie di significati,la dirittura nella mente
è nell'animo rettitudine.E perdio la linea diritta è la più breve,
gl'ingegniche si sviano nel falso,si stancano e a breve andare in-fiacchiscono
: dove al contrario la retta agilitàdel pensieroè de-strezza
nel fatto verace e fausta;onde i furbi da ultimo sono i più
gonzi,e i tristi riescono a fine trista.Ella fa bene a dimostrare dalle
conseguenze come sia cattivo il falso,e ilvero sia buono; per con-seguenze
intendendo e le deduzioni da' prìncipie le sequele dei
fatti.Ond' io non concederei,com' Ella,egregio uomo
,fa
,che il
panteismo a' dì nostri passeggiatrionfalmente,quando non si con-fondano,
come nel trionfo di Cesare, le gridadi vittoria e i vitu-peri.
Ilprof.Yanzolini,che dev' essere una degna, persona quando
Ella lo chiama amico, poteva meglio spendere i suoi ozi eruditi
che nel gareggiare con un traduttore così valente come il Mar-chetti
è, e nel lottare con un dicitore cosi potèntecom' è Lucrezio,
e nel far leggereagliignorantidi latino un cosi ridicolo filosofante.
Ha tutte le dottrine degliatei sono sottosopra, cosi trionfalicome
le lucreziane, che condussero il povero gentiluomo a impazzare e
buttarsi dalla finestra. II prof.De Filippi,prima di consumare la
sua rivelazione scientificaintorno alla parenteladegliscienziati co-gli
scimmiotti,andò a visitare la China,
e morì cristiano. Io non
so se alcun uomo di buon senso, professoreo mandarino che fosse,
si sia nelle ore estreme pentito d'esser vissuto cristiano sincera-mente,
e abbia detto : io vogliomorire credente nella mia frater-nità
colle scimmie.
E' bisogna in vero essere un Creso di povertàmentale e un Er-io
142 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
cole di debolezza,per dire sol serio : io credo al non credere,il
dubbio di quel ch^ allricrede è ilmio domma,il no è il mio si,
il fenomeno è la mia realtà,io sto a' fattidi fuori,ma nego quellidi
dentro;nego a tutti gliuomini laragione,e facend'uso dellaragione
mia che non ho, impongo ad essiche sì figurinodi non lo avere; e
se non hanno tanta immaginazioneda soffocar la ragione,io lìsco-munico,
e (quelch'é più terribile)mi rido di loro. Cotesta gente
(poca e piccolain verità)interdice a se stessa non solamente Tuso
della ragione,ma Tuso di tutte leparoleche accennano direttamente
0 indirettamente a ragione: non possono né cercare ilperchèdelle
cose, né, parlandocon gliuomini,dire perchè,senza dare una men-tita
a se stessi,senza riconoscere Dio. Ragioneè vocabolo che non
ha senso se causa non V ha : né causa ha senso,
se le si neghino
gliattributi di possentea produrreTeffetto e di libera.Più glia-
nimali della materia moltiplicanoglieffettidecapitatidi causa, e più
mollipUcanoi miracoli della necessità,i misteri del nulla;più ur-tano
nel senso comune degliuomini e nella evidenza irrecusabile
delle cose. E però argutamente Ella li mette alle prese con le bel-lezze
della natura e con le ispirazionidelParte,col vergineistinto
del giovanettoinnocente,e col cuore piodelladonna affettuosa.Chi
potesse svellere dal cuore agliuomini la pietàverso Dio,svelle-rebbe
la pietàverso i parenti,la patria,gV infelici;e, facendo glinomini da meno dei bruti,con questaprova avvererebbe insieme
e confuterebbe le dottrine sue stupide.Ma Ella, signore, educato
da una madre buona e dal consorzio d'un popoloreligioso,sapendodallasuperstizionelareligionediscemere con lavirtù del pensiero,
sapràfinaincarei concittadinisuoi da quell^altrasuperstizionech^al-
tri vorrebbe adesso innestarci,la qualesarebbe già più feroce se
non attendesse vilmente una più comoda impunità.Onori e premiElla non attende a tal prezzo ; e ne ha già d' incomparabilinellastima de^ buoni e nella propriacoscienza.
U maggio1870. Fìr.
tuo dev,
Tommaseo
Al CA. siy.Frof.Ab. Vincenzo Di Giovanni
Palermo.
CRITICA LETTERARIA 143
Baoa flenso e buon onore, conferenzepopolaridi Cesare Cantu\
Milano,Giacomo Agnellieditore,4870.
In Italia,oggidìche tanto le passionipolitichehan sopraffattoglianimi,si pensa, giudicae opera con idee preconcette,si prendea
punto di partenza di ciascun^ azione la simpatiao T antipatiaperquesta o quelTaltra cosa, pel tale o tal altra individuo. In tanto
scombussolamento di cervelli,
un povero autore imbatte a dar
fuori un^ opera, frutto di lunghi studi e più lunga (Saftica,e si
trova di fironteschiere di criticibianchi,e rossi,e neri, e gialli,
e senza colore anche. Se una parte dice bravo te T altra di botto
crucifige!se quellatrova il libro virtuoso, questa lo predicaim-morale,
e invoca per esso Vianathemasit a cui essa stessa non [cre-de.
Per r autore poi non se ne parlaiChi lo adora genio, ehi lo
trova testa di rapa; chi lo dm onesto e vero liberale,chi lo insulta
per retrogradoe antitaliano;chi finahn^ntele vorrebbe più consen-taneo
a se stesso,meno partigiana»meno superficialeec. ec; Tutto
questo vespaiosuolsi accendere in generaloper certi uomint alto
locatia forza di studio e di costanza,da sé solr,e sprezzantisem-pre
la passaggierae vana aura popolaredi moda. A questitaU ap-partiene
Cesare Cantù.
Quest^uomo, dì-straordinario ingegno e una delle prime gtorie
dellMtaliamoderna, TitaKano ilpiù noto ai due mondi per la sua
Storia Universale;qaesVuomo stuzzica i nervi di parecchi,e li fa
atteggiarea disprezzantesorriso, lo convengo che anche ad uomini
di chiara fama non vada molto a sangue ilsuo modo di pensare; con-vengo
che nelle opere sue facciaqualchevolta capolinola fretta,e
qualchegiudiziosia troppo avventato, e qualchecosa detta con un
po^ di confusione ; ma devesì pur convenire che non si dee sen-tenziare
a chius' occhi de' suoi lavori,senza leggerliinnanzi da cima
a fondo;non si dee condannare senza ascoltarinnanzi te sue buone
ragioni,che non son poche per eerto, né lievi.
Abbiamo premesso queste paroleper manifestare P opinion no-stra
suir illustrestorico,priadi esaminar brevemente V ultimo suo
Hbro che s'intilolaBuon senso e buon cuore; acciocché qualcuno,
udendoci favellaredel Canta, si risparmidi saltar sullasedia come
un eroe da romanzo, per riversare,pigmeo contro il gigante,un
sacco di contumelie sul nuovo volume, che non ha visto neppur di
che sesto esso sia.
Il libro è rivolto specialmentealle classioperaie;e iltitolostesso
vi dice che a queste vuole far intendere la verità e operare ilbene
educando la mente ed il cuore,aumentando le nostre facoltà no-
14" NUOVE BFFBMBRIDI SIGIUANE
bili,allontanando i mali ed i vizi,correggendogliistinti»operando
sempre il bene, riavvicinandocì sempre a quellamoralità grande
ed eterna che sublima Tuomo, che glispiritieleva sulla materia.
• Ma affinchè la voce della ragione sia ascoltata,(eidice)bisogna
passipel cuore, che è ilfattor comune dell'intelligenza.Prima qua-lità
de*"libripopolariè V essere affettuosi,come dettatidallabontà
per ispirarela bontà *. Ed affetto non manca al libro suo,ed in
talune pagineè si intenso da commuovere i leggitori;affettoe com-mozione
dovuti anche in parte alle nobili verità annunziate ed e-
sposte con profondaconvinzione. La voce che parlaè quellaslessa
di Omobono e di Carlambrogiodi treni'anni fa,che tuttinellafan-ciullezza
imparammo a conoscere non senza nostro vantaggio:ma
adesso risuona più matura, più conforme ai nuovi bisognie alle
nuove tendenze della società,e rivoltaagliuomini adulti più che
ai giovanetti.Il libro,nelP intiero,è un sistema di sana filosofia,
ma filosofiapraticache dilettando insegna,per via d'esempi, di
parabole,di precetti,e viene istillandonei cuori una morale soave
ed operosa, che ci spingead odiare ilvizio,amare la virtù,lapa-tria,
i fratelli,seguire in tutto i doveri che ci leganoa Dio ed
al prossimo.Dalla nostra coscienza,dal nostro senso morale, dalle
armonie delle opere di Dio, il Cantù ci conduce ad elevarci a Dio
stesso,da esse rivelato e dall'anima nostra sentito : ci richiama ai
doveri e ai dirittinostri,al perfezionamentodello spiritoe del
corpo, alla bontà insomma morale e allaprosperitàmateriale.Tutto
entra a far parte di questo libro : scienza e letteratura,arte e po-litica,
con tutte le loro successive diramazioni;né per ciò si ha un
centone, come una mente meschina potrebbedarci. Il Cantù par
nato fatto per riunire in unico gruppo le varie manifestazioni dello
scibile,e da ognuna saper trarre partito: egliravvicina il moderno
air antico,ilprossimoal lontano,e instituisceimparzialiraffronti
che ora all'uno ora all'altrofanno dare la preferenza:eglimette
a nudo i mali del tempo ,e in ispeciedella patrianostra
,e pro-pone
rimedi*che sempre han loro base sugliammaestramenti de-rivati
dalla dirittura e dalla bontà dell'animo.
Un egregio crìtico,Francesco De Sanclis,che pur non è molto
amico al Cantù,a pag. 293 de' suoi Saggicritici scrivea : e Si rim-provera
agU Italiani,come ai Tedeschi, che non sanno l'arte di
fare un libro: quest'artela possiedeCantù, quasi con la slessa
perfezionedegliscrittorifrancesi.• Questa sentenza con maggior
ragione puossiripeterea proposilo del buon senso e buon cuo-
H6 NUOVE EFFEMBRIDI SICILIANE
Panila,Valerio Rosso
,Palmerìno e rAnonimo
,sol perchè poco
chiaramente si espressero, e chiamano Donna la giovaneCaterina:
a lei infine sa male che io mi lasci « andar ingenuamentea ere-
« dere che i frammenti somigliantiallaleggendasiciliana,esistenti
« ne' canti di altre parlidltalia,siano un imprestitoche la Sicilia
« ha fatto al rimanente d'Italia.»
A me sa male invece dover contraddire4a opinionsua, e dirle
che prettastoria è il Cktóo di Caterina La Grua figliadel Baron di
Carini.Che,grazieallasquisitagentilezzadeirArcbivariodi Casa Ca-rini,
sig.sac. Sansone,dietro raccomandazione. deU'ab. Cina,io ho
potuto minutamente ricercare i volumi tutti delP lurchiviode^ si-gnori
Talamanca-La Grua,dopo la pubblicazionedel mio libro.E
le ricerche vennero aconfermare tutte le mie asserzioni,ed anche
alcune ipotesiche si appoggiavanoaliatradizionpopolare;qualchelieve cosa poi ebbi a correggeresull'autenticitàdelle carte dell'Ar-chivio
stesso. Cosi ho trovato che la madre di Caterina non fu la
Tocco e Manriquez,come supponea ilYillabianca,ma Laurea Lanza
figliadel Barone di Trabia,
e diveniva sposa del Baron di Carini
il 21 settembre 1543,2* indiz.,come può rilevarsidall'attoauten-tico
di notar Ricca,esistentenell'Archivio. L' anno della nascita
di Caterina non ò indicato,come nemmeno quellode'suoi quattro
firatellie delle tre sorelle:questo è certo però,-ch'ellaera la mag-giore,
essendo*le altreandate a marito in fi*escaetà Tuna al 1568,
l'altraal 4561,la terza al 1573. Ho rilevatoancora dai volumi del-l'Archivio
che la povera madre, forse in conseguenza della morte
di Caterina,moriva dopo pochimesi al 156i. E Io stesso anno, ai
21 di ottobre,il Barone si rimaritava con Ninfa Ruis de* Baroni di
Santostefano;e mortaglianco questa moglie,passava a terze nozze
ali marzo, 3* indz. 1565, con Paula Sabia e Spinola.Eglipoimo-riva
al 1592,dopo 56 anni di baronato,del qualefu investitonel
1536, appena morto ilpadre.Ilsuo vero nome era Pietro Vincenzo,
ma si chiamò Vincenzo II,avuto riguardoalprimoVincenzo,padredel padresuo.
Io avea pur detto che per un Ludovico Vernagallo,che avea spo-sato
una ElisabettaLa Grua,erano parentiiVernagalloe i La Grua.
Or bene, anche ho trovato che questo Ludovico Vernagalloera il
padre del giovineVincenzo,amante di Caterina,e che lasua mogheElisabetta era precisamentel'ultima nata del barone Vincenzo I
La Grua. Io asseriva che il Castellofu chiavato e murato; devo ag-giungere
che ilpadrefecepoimurare laconmnicazione tra la stanza
GRITIGA LETTERARU 147
dove avea scannato lafigliae ilproprioappartamento,e vi fece aprirela nuova porla che dà nelP atrio e su cui a lettere maiuscole ro-tonde
in lastramarmorea fece scrivere leparoleEt nova sint omnia,
quasiad allontanar ogni memoria che glirammentasse il suo mi-
sfotto. Quando io lessiquelleparoleal Castello, sospettaidi que-sto
: ma non ne avendo certezza,lo tacqui.Tutte queste cose ed
altre,che apparirannonella seconda edizione del volumetto mio
(giàquasiesaurita essendo la prima),ho tratto specialmentedai
volumi della Genealogiadi Casa Carini,de^ Privilegi,
e dai molti
(153S-1592)che racchiudono le immense Possessioni ec. di Vin-cenzo
li.
E se tutto questo non bastasse a provar che tutto è storico nella
leggendadi Caterina,ho anche a mano un documento che viene a
dar ragionea una mìa ipotesinon solo,ma anche allacostante tra-dizione
popolaredi tre secoli.Io avea detto che Vincenzo Verna-
gallo,cerco a morte da Pietro,si nascose da prhna;poipentitosi
die a Dio, « non sappiamoin qualeconvento; certo non in Sicilia,dove il feroce Talamanca lo avrebbe scannato fin suglialtari.•Or bene
,quellagarbatissimae rispettabilissimapersona ch^ è il
Barone Francesco Paolo Vemagalloprincipedi PatU,ultimo super-stite
dei Vemagallodel sec. XYI, possiedeautenticato ed in per-gamena
il testamento di D, Vincenzo Vemagallo(ramante di Ca-terina)
morto monaco sacerdote cartnditano a Madrid,e questo te-stamento
porta la data de' 22 settembre 1582.
Lascio a lei ora, chiarissimo signore, ilgiudicares'eir era cosa
da revocar in dubbio la verità storica del caso della Baronessa di
Carini: e senza pur i miei documenti d'ora, credo che le asser-zioni
de' Diaristidel cinquecentobastino,perchè quanta importanza
abbiano per la nostra storiaquellerozze sincrone scritture,non e'è
fra noi chi T ignori.Perchè del Catto parlaronoin modo oscuro po-chi
tra'contemporanei,io ho largamenteesaminato da pag. 40 a 44,
e anche a pag. 70-71 del libro mìo, bench'Elia^non ne (àccipur
cenno, quando dice che nessun altro scrittore del tempo ne parla.E mi duole forte anche ildirle che privadi ogni valore è quellasua osservazione,che nei DiaristiCaterina « figurerebbeSignoraDonna e non fanciulla." Chi è stato in Sicilia,o ha avuto un po'
a mano le cose siciliane,sa benissimo che ilDonna^ che vale pur
Signora,è dato comunemente a tutte le donne nobilio ricche dai
tre anni in su,allo stesso modq che il Don è de' nobili o ricchi
anche da' tre anni in poi.Ed ho visto molti Continentali far le me-
148 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
ra vigilevenendo in Siciliae udendo, ad es., dire a ragazzinee a
ragazze puberi,ugualmente che a spose ed a vecchie,SignuraDonna
PippinaSignuraDonna Amalia ecc. In Palermo poiilDon e Donna
è anche oggi dalo a qualsiasiclasse di persone, ilche fo molta im-pressione
ai nostri buoni villicidi contado,che queltitolocredono
spettidi dritto ai nobili e ricchi soltanto.
In fine,senza che io pensimenomamente a e mettere passioniautonomistiche nelle questioniletterarie," come a lei piacquedire,io continuo a sostenere che la leggendapassòdair Isola al Conti-nente.
Trovo somiglianzedi versi,trovo leggendeanaloghe: ma in
Italiasono pure e vaghe leggende,in Siciliaè storia,né sono io
che sogno un Castello di Carini,una improntadi sangue, una lastra
marmorea, un fasciodi documenti autentici di archivio,
e di cro-nache,
perchè tutto questoesisteancora quivisibilissimoa tutti.Del
resto Ella tenga pure la sua opinione,e cosi qualunquealtroquellache glipiace,perchèio so rispettarlacome vorrei rispettatala mia.
E accolgai sensi di rispettoaffettuoso del suo
Palermo, li 15 maggio1870.
Dev.mo obbLmo
S. Salomone-Habino
Biblioteca Storiea e lìetteraria di Siciliapossia raccolta di
opere inedite e rare di scrittorisicilianidal secolo XVI al XIX,
pubblicalesui manoscritti detta BibliotecaComunale preceduteda
prefazionie corredatedi note per cura di Gioacchino Di Uarzo;
voi. IV. Palermo, L. Pedone-Lauriel editore,HDCCCLXIX.
Questo nuovo voldme della pregevolissimaBiblioteca storica e
letterariadi Siciliache V ab. Di Marzo vien con singoiardiligenza
pubblicando; volume che costituisceil quarto dei Diari dellacittà
di Palermo può dirsi tutto insieme una storia della metà del se-
colo XYII. Lo compongono quattrocronache V una piùimportante
dell'altra,vogliamdire una Veridica Reazione di tumulti occorsi nd-
Fanno^ XV ind.,1647 e 1648 netta Città di Palermo,descritti dal
Dott. Marco Serio;gliAnnales Panormi sub annis D. Ferdinandi
de Andrada archiepiscopipanormitaniab anno 1646 di Rocco Pirri;
un' Epitome^eìleseconde rivoluzioni di Palermo del Dr. D. Diego
Aragona;e una Breve redazione del come siscoprila congiuramaC'
GRITIG4 LETTEBARU 149
chmaia da akumper sollecarePalermo e U regno, eddsuccesso iéUa
eaUura e del supplizio,di*ebbe luogocofUro alcmii di essi.
Tutte e quattroquesta relazioni son tratta da^ manoBcrittiorigi-nalie da copie eastenli nella nostra Biblioteca Comunale,e il Di
Marzo ha avuto cura di presentarlenella migliorchiarezza possi-bile
traducendo dal latino la seconda e dallo spagnuolole ultime
due; le qualiper la scorrezione del testo avrebbero presentatedif-ficoltà
non minori di quelleche presentano gliAnnales Panarmi
del Pirri,manoscritto zeppo di richiami,postille,interpolazionie
pentimentid^ognimaniera.
Da tutto il libro poi ne scaturisce cosa che TegregioDi Marzo
avverte nella prefazione,cioè che la verità ne viene tutt'altroche
intierasu^ fottinarrati;il che rafforza sempr^iù la sentenza, che
finora la nostra storia si è fondata su documenti e giudiziofficiali.
11 Serio e il Pirri,
uomini onesti si ma di buona fede e di non
dubbia parzialitàpelgoverno viceregnale,non potevanoper la loro
posizionesocievolee per Tindole loro approvare scrivendo i moti fi-
voluzionari de' Sicilianicapitanatida GiuseppeD' Alesi,e perònon
potevano non stigmatizzarlinelle loro scritture.Sicché di queitu-multi,—
prova evidentissima dellesofferenze de' popolitiranneggiati
e conquisi--non altro ci giunge che la voce del biasimo che im-pone
allavoce generosa di chi avrebbe voluto celebrare,e forse ce-lebrò,
nobilisensi,attimagnanimi e fiere vendette.
G. PrrRÈ
Scritti vari di Carmelo Pardi,voi.I.Palermo, tipografiadel Gior-nale
di Sicilia,1870.
Dopo quasitrent'anni di vita onestamente operosa nel campo
delle lettereil Prof. Carmelo Pardi si è determinato a raccogliere
e ripubblicarei suoi Scrittivari in vetso e in prosa ; unica sod-disfazione
air animo di chi avendo pur fatto qualchecosa pe'buoni
studi (luònella torbida corrente che tutto oggidìtravolgeed allaga
presentarsico' fruttidel suo ingegno.
Il primo volume della raccolta del Pardi è già venuto fuori in
questasettimana passata,e contiene i Versi,gliElogivari,gliE-
logifunebri.Tra' versi sono odi,canzoni,inni,terzine,carmi ,e-
pistoiedi elegantefattura,nella qualelo studio de' grandinostri
poeti,e segnatamente delP Alighieri,del Foscolo e del Leopardi,
IKO NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
va a paro col sentimento,che nel Pardi è schietto e caldissimo.
Nell'ode civileeglisi leva dignitosoqoaleilsoggetto lo consigliaed ispira;affettuoso ne' canti pelpopolo,dov'è morale che educa
ed amore che afihratella; appassionatonel cantar di domestiche
gioie0 di sventure privatedi amici; eminentemente biblico nei
soggettireligiosi,eglitocca con egualemaestria e delicatezza ognimaniera di stile: di che danno beU^ argomento i versi Al sole,ABe
donne siciliane,V avvenire^La missione ddla donna, Il piantodel-
torfanello.La Verginene* profetiGeremia e Gerusalemme,La ca-rità.
La casa di Uworo, Il fabbroecc.
NegliElogivari,pur non guardando alla forma sempre ben mo-dellatasulle orazioni funebri dì reputatiscrittori,vuoisi notare la
verità dell'elogio,lontano da quellesmaccate adulazioni,che in
componimenti di tal genere rare volte mancano. In questa e in
quellapaginahai notizie pregevolissimedi persone e di fattisici-liani,
ed ammonimenti ed esempi ne' qualiogni giovanesi senturà
eccitatoad affettigagliardie a virtù generose. Da questo lato le
opere del Pardi sono veramente degne di plauso, perchè in esse
non è dato avvenirsi in una biografia,in un ricordo funebre,donde
non si rilevino chiarigì'intendimenti dell'Autore,di consigliarepervia di esempi,e consigliandoistruire,dilettare,ammaestrare. E un
altra cosa ne sembra degna di attenzione in questeprose del Pardi,
cioè a dire le molte e svariate conoscenze artistiche là sopratutto
dov'eglis'intrattienea discorrere del D'Antoni e deliamaniera che
egliseguiin pittura.Certo che molti discorrono d'artea'di nostri,
ma quantine intendono le ragionie la storia ? 11 nostro valente
scrittore,artistaanch' eglinella poesia,ha mente e cuore per com-prendere
e far comprendere ilbeilo ovunque lo trovi,e da chiun-que
esso parta.Desiderosi che questo annunzio
,necessariamente breve, segnali
una pubblicazionefatta con amore e coscienza,noi attendiamo
il secondo de' tre volumi che di essa ci si promette.
G. PlTRà
ONORIFICENZE. All'illustre cay. Uonardo Vigo ó stata conferita la citudinania
di Palermo pei suoi meriti cirili e letterari e specialmente per il nobile poema il
Buggiero,
BELLE ARTI. Il paesistaFrancesco Loiacono, mandando i snoi quadri a Vien-na,
ha ricernto elogiimmensi e meritatissimi: e un loAgo articolo della Freie Prette,
che parla di lui,adopera parole molto belle e onorifiche.
— La Commissione di antichità e belle arti ha incaricato V artista sig. Francesco
Padovani perché fossero staccati e passatisulla tela i dae pezzi rimasti del famoso
e grandioso fresco di Pietro Novelli,esistente nell'atrio dell' ex-Ospedale grande, ora
Caserma della ss. Trinità. Il trasporto de' due pezzi,
che contengono gruppi di fi-gure,
è stato eseguitomirabilmente, senzachò il colorito,le intonazioni, i conu"mi,
le velature soffrissero menomamente alcun guasto, e presentamente si ammirano
nello studio del Padovani, donde passeranno al Museo.
* Sappiamo che la suddetta Commissione incaricò l'artista sig.PozzìIIo di ripulire
il fresco del pittorepalermitano del sec. XV Antonio Crescenzio, li trionfo ddia
morie, che stava dirimpettoal fresco del Novelli, per farlo poi trasportare pur sulla
tela dal Padovani.
Ci si assicura che la Commissione abbia divisato far tagliarl'altro non men celebre
fresco del Moniealese, esistente nella volta del refettorio degliex-Benedettini di san
Martino, rappresentante Daniele nella fotta de* leoni.
— I giornalidi Messina annunziano che il rinomato incisore messinese cav. Aloy-
8Ìo Juvara riportavaH premio d'incisione aH* Esposizione dì Belle Arti in Roma pel
suo stupendo lavoro a bulino la Madonna di Napoli,
che destò già l'ammirazione
dei più insigniartisti a Parigi ed a Berlino.
TEATRI. Il nostro egregioamico poeta, Domenico Calati* Fiorentini palermitano,
avendo letto il suo dramma : Milton a Victor Hugo, n' ebbe lodi e incoraggiamenti
non solo, ma fu da queir illustre con particolaritàraccomandato alla Direzione del
Teatro della Porte Saint 'Martin, ove il MUlon, tradotto dallo stesso Calati in fran-cese,
andrà sulle scene dopo il Tor^[uemada di Victor Hugo. Dopo ciò, dioesi, il
Calati avrebbe fermato il suo domicilio a Parigi,per riuscire,decisamente» scrittore
francese.
MONUMENTI. Il 7 maggio è stata innalzala a Sorrento la statua di Torquato Tasso
scolpiladall'artista Cali, ed eretta per cura del Municipio sorrentinese.
— Intorno al modello della statua del Piazzi,
la quale verrà innalzata in Ponte
di Valtellina sua patria,cosi in/orma da Milano il Prof. B. E. Maineri nella Val'
^ellinadi Sondrio :
€ 11 Piazzi è posto su ritto,il capo scoperto, in abito del suo Ordine.
« Le braccia conserte inferiormente al petto; stringeesso con la sinistra un rotolo
spiegazzatoin parte, in cui per alquanti segni intendesi rappresentare lo zodiaco.
Rivolto al cielo,lo vedi immerso in un' idea fissa, speciedi contemplazione astro-nomica
propriadelle speculazionisue; posa espressa molto felicemente e assai ben
favorita dal costume religiosodel frate e dal suo panneggiamento.
162 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUÀNE
« Di sotto Ja statua, immedìatameDte,ossia nel fregiodel piedistallo,scolti nel
bassoriiieyo,redensi gì*istromenti della scienia cui inlese— l'astrolabio,il com-passo,
iltelescopio,ecc. — e alla sommità del dado,sotto l'arco onde vuoisi figa*
rare il firmamento con gnsto bene scello brillerà,indorato a fuoco,ilpianetaCere-re,
dal qualepartirannoragginellerispettivedirezioni. Su V anteriore superficiedel
dado si leggeràla iscrizione storica o d* elogio;e nelle laterali,le epigrafiseconda-rie.
La statua riuscirà alta m. 2, 40.— e m. 3. ilpiedistallo;onde complessivamenteun* altezza di oltre m. 5. il solo monumento.
« La commissione di BreVa,composta dei sigg.cav. prof.Abbondio Sangiorgio,cav.
prof.Antonio Calmi, AngeloBiella scultore e Mosè Bianchi
, pittore, meritamente
ritenne assai bene interpretato41 concetto, e, in ispecie,per quanto rifletteV espres-sione
degnadell'artista.E io sono permaso che V esecuzione in marmo ne accrescerà
con efficacial'effettopoichél'armonia delleproporzioninon può essere megliogiu-dicatache in fine,e quando il monumento si troverà a suo posto. •
PROSSIME PUBBLICAZIONI. U tipografiadel Giornale II Cittadino di Acireale
mette a stampa la seconda edizione,riveduta e cresciuta,delle Ouervazioni mlta
malattia degliagrumidel sig.Antonio Pennisi -Mauro. Ogni copiacosterà lira«ina.
— L'egregiopoeta prof.Ugo Antonio Amico sta pubblicandopeitipidel GìoT'
naie di SiciliadegliScioltidiretti al valente nostro pittoreFrancesco Loiacono.
CONCORSI ED ESPOSIZIONI. 11 comìzio agrariodel circfindariodt Palermo ha de-liberato
di conferire un premiodi L. 600 all'inventore di una macchina adatta alla
trebbiatura del sommacco, la qualeriuscissea separare la fogliadai rami con eco-nomia
di tempo e di spesa in confronto alla trebbiatura comune.
NECROLOGIA. È morta in Firenze,il 15 di aprile,la illustrescrittricedi opere
filosofiche,la marchesa Marianna Florenzi-Waddington.— È morto in Torino sua patrianella grave età di 85 anni V ab. Amedeo Peyron,
uno dei piùgrandiorientalistid' Europa.— L' 8 di maggioò morto a Parigiin età di 83 anni l'illustre storico Francesco
Abele Villemain.
— Sou morti ancora il sommo fisico berlineseEnrico Gustavo Magnus,e il dotto
climatologoRodolfo Vivenot da Vienna, ilquale,con singolareaffettoillustròla nostra
Palermo,
come retidenza sanitaria preferendolaa qualunque altra città italiana.
Di lui scrisse una bella commemorazione il dottor GiuseppeArcoleo.
154 NUOVE EFFSMERIDl SlGIiJANE
quellodellaeleurìcitàatmosferica— Pare
che le oscilladoDÌregolarie diame del
barometro siano di due specie.La prima
dipendedal calore,e la seconda dalla e-
lettrìcità.La prima è rappresentatada
una curva a un solo massimo e un solo
minimo, e dipendedal calore,perchAi
massimi e minimi coincidono con quelli
della temperatura diurna. "La seconda è
rappresentatada una curva a due massimi
e due minimi, e dipendedalla elettricità
perchèi massimi e minimi coincidono
con qaelledella elettricitàatmosferica. •
M. S.
NUMISMATICA CONTEMPORANEA SI-
CULA o$$ia le monete di eorto prima
del 1860 per Giacomo Maior" A. Pal.,ti-
pografiadi Pietro Pensante i870, pr.
L. «.
Quest*operetta ad onta della modestia
e della semplicitàcolla qualesi presenta
è un lavoro commendevole che onora VA.
e segna un progresso dell*arte litografica
presso di noi. Essa è la prima che nel
suo genere siasi fattain Sicilia,e merita
un tributo di lode il Majorcache ha sa-puto
cosi bene ideare ad eseguireil suo
concetto.
Quanto alla parte letterariapuò ripu-
ursi quest'operettainteressante non solo
pe*numismatici ma per glistoricie per
glieconomisti che delle cose nostre s'in-teressano.
E fra'tantipregiche racchiude
ha ilvantaggiodicorreggere financo scrit-tori
che in siffattematerie avevano assunto
il primato.A buoni conti la novità del-l'
opera, l'esattessa,l'eleganza,l'im-
portania di essa la rendono sommamente
pregevole,e degna di passare per le mani
di tutti.Che se con ispecialitàconcerne
le cose nostre, non è per noi soltanto che
essa è pubblicata;giacchéaccresce sicu-ramente
il patrimoniodella numisma-tica
generale. V.
OSSERVAZIONI SULLA MALATTIA DE-GLI
AGRUMI di Antonino Pbnnisi-
Mauro. Palermo, Lorsnaider,1870.
La malattia,comunemente detta Ca-gna,
che oggitanto danno ha recato agli
agrumi di Sicilia,è in quest'opuscolo
studiata con profonditàdi vedute e con
dottrina,non scompagnata dalla pratica,
delle cose di agraria.L* A. trova che a-
gliantichi essa fu nota fio a cominciare
da Teofrasto,e che nei tempi seguenti
la descrisse benissimo FilippoRe. Fatto
osservare che i rimedi adopratia spe-gnerla
sono statifallacied inefficaci,per-chè
è inutile cercar di allontanare un ma-le
quando non è riconosciuta la esseosa
della sua natura e la sua patogenesi;egli,
con plausibiliipotesiappoggiateda' ri-sultati
che glihau dato gliesperimenti
di più anni, viene a coochiudere,
come
una sovrabbondante concimssione fuori
de' limitie del metodo della natura possa
esser la causa di questo flagellodel com-mercio
e dell'industria siciliana.E pur
facendo delle altre dotte e scnnaie a^ser-
vazioni sulla coltura degliagrumi,ai
modo come tra noi è praticata,rileva il
danno che aglistessiporta la cosi detta
9bàrbola,la $eonca e la teugna ; queste
due ultime per concimar piùampiamentee profondamentel'albero ,
intendendo
darglipiù vita,mentre non si fa che af-frettarle
la morte. E ricorre alle prove
che la chimica e la praticagiornaliera
glidà sui concimi, e conchiude eon al-tre
osservazioni sui metodi curativi della
cagna fino a qui messi in uso.
Noi facciamo plausoal signorPennisi-
Mauro, e non possiamoche incitarlosem-pre
più a darci di simili lavori che sono
di una inestimabileutilitàpubblica.
S. S--M.
I POETI ITALIANI DE* GODICI DI AR-BOREA,
Note di Adolfo Bohoognoni.
Ravenna 1870.
Dà occasione a questa pregevolescrit-tura
del prof»Borgognoniilgiudiziodato
BOLLETTINO BIBUOGRAFIGO 155
dall' accademia di Berlino sopra i famosi
codici ariMresi illustratidal Martini salle
ìnterpetraiioDidel Pillilo,
ed indi dal
Conte Bandi di Yesme che ne compivala
pnbblicazioné.Il signorBorgognoniag-giunge
altre ragionia quelleper lequalir Accademia berlinese giudicòapocrifii
ms. di Arborea ; e massime combatte
r autenticità de' versi di Aldobrando da
Siena usciti in quest*ultimi anni da un
codice del secolo XY, che da Palermo un
- anonimo mandò in regaloal Comune di
Siena: e non sa come si potèaccettare da
taluni un Gherardo da Firenze,che sa-rebbe
stato capo di una scuola di lirici
italianifiorita innanzi a Dante,ilquale
pur non ne fiata,ove avrebbe dovuto tiralo
dair argomento fame discorso. Una can-zonetta
riferitaal 12S7 era stala da noi
giudicataper lo mend fatturadel 400;ora
è detta di più recente manipolazione;
e sia. intanto^noi non mutiamo,sino
ad altriargomenti,ilgiudizioche demmo
altrove su que'Codici,perocchéci sem-brano
esageratigliestremi di chi tutto
afferma e di chi tutto nega, e l'appro-vazione
del Manno raffermò molto la
nostra crìtica.11 Borgognoniinfine tocca
ilproblemaintomo alla scuola siciliana
del secolo XIII,cioè se i nostri poetia-
vessero scrìtto nel siciliano del tempo o
nell'italicocomune; al che bisognerebbe
spazioe opportunitàa rispondere;quan-do
noi ci fermiamo qui solamente ad an-nunziare
illibrettodell'egregioprofesso-re,
e cosi il giudiziodell'Accademia di
Berlino sui Codici Arboresi. V. D. G.
NOVELLA d'una donna e d'uno uomo
che non poteano aver figliuoli; ietto
inedUo del buon teeolodellalingua.Bo-logna,
FavaeGaragnani,MDCCCLXX.
Quel fior di gentilezzae instancabile
ingegno eh' è ilsig.Francesco Zambrìni
è l'editoredella presente Novella,che in
sostanza non è che una piaefavolosa nar-razione,
un Attemprodel genere di quellidi fra Filippoda Siena. Vaghezzaed ef-
Acacia di linguanon le fadifetto,né quella
in(dfEiJ)ilesemplicitàsi abituale a' nostri
antichi,e da noi boriosiposterismanila.
U libretto venuto fuori per lenozze Ghi-
nassi-Ugolini,ed in soli 80 esemplari
per ordine numerati,è indiretto a Gio-vanni
Chinassi padredello sposo, e eoo
carissime paroledi afl'ettoche rivelano
pienamentela bontà d' animo dello illu-stre
scrittore. S. S.-M.
LUCHINO VISCONTI, Tragediadi Al-fonso
AccDRso. Firenze 1870.
Presentiamo a' nostri lettoriun nuo-vo
scrittore»ilqualenudrito di beglistudi
e dotato di non poco buon gusto s'è
messo pelcampo delle letterecol desi-derio
di contribuire al loro avanzamento.
L'Accurso non comincia come pur troppo
soglionomolti giovanid'oggidì,ingegni
vivaci ma insofTerentidi precetti,i quali
fomiti alla buona i loro, corsi trovano
entratura nella direzione di un diario
politicoe vi parlanoe sparlanodi tutto
e di tutti;eglis'è posta una mano sul
cuore«
e poichél'ha sentito battere ha
seguitolapoesia,e di essa la partedram-matica.
Primo fratto del suo ingegnoè
una tragedia: Luchino Viteonéi ; sog-getto
non nuovo per chi conosce il ro-manzo
laMargheritaPusterla del Gantù,
dal qualel'autore lo trasse. Se ne togli
qualchecarattere di personaggioe qual-che
scena che l'Accurso potrebbecon
poca faticaridurre allagiustaconvenien-za,
questo lavoro è per molti capime-ritevole
di lode anche per ragiondell'in-treccio
,sicché r animo si allieta nella
speranza che l'Accurso possa riuscireva-lente
in un genere di letteratura fin qui
poco fortunato tra noi. Più che altro ci
sembra da notare nel Luchino Vieconii
la facilitàe scorrevolezza del verso non
privodi eleganzache ritrae da' buoni
poeti.Sforniticerne siamo di autorità,non
sappiam consigliarein cosa estranea ai
nostri studi;ma non lasciamo di far rìle-
vare le belle doti dell*Accurso in giorni
1B6 NUOTE EFFEUniDI 81GIL1ANB
nei qualimollivànDOsi yantando di scudi
ed altitudine che non hanno.
G. P.
STORNELLI di Goffredo FiUNCBscfli.
Bologna,G. Monti,i870.
V Autore di questibenvenuti Stornelli
rivela un cuore che ridonda di affettogen-tile
e di pura fede,ed ilsuo volumettino
adesca il lettoredalla priuiaall'ultima
pagina, avvegnachénon sempre corretta
o poeticasia la frase,e generiuna certa
monotonia quelconsacrare due stornelli
dello stesso numero di versi e disposi-zionea ciascun argomento. Difettucciper
altro resi anco meno apparenti da quel-l'auradi malinconia, spesso unita a un
po'di satira,che piglianomolti di queiversi. Ecco un esempio,che può dar an-che
idea del suo poetare.
La Fede
Ieri un signoredalla barba nera
Mi disse che la speme ò una bugia;E quando scenda a me rultima sera
Non rivedrò di là la madre mia;Che nel mondo non v' ha giusto,né vero,
E lutto dee finirnel cimitero;Che bisognagoder fìn che e*é vita ;
Si che ilmeglio ò di farpiassapulKa.Neil'ascoltarlo io dentro mi sentiva
Preso da un senso di paura arcana ;
Provai cantare, e la canzon moriva
Pari all'ultimo snon d'arpalontana.Ma la notte scendea nel bruno velo,E volsigiiocchi desiosial cielo;
Vidi le stelle e l'anima sincera
Rise dell'uomo dalla barba nera.
S. S.-M.
PER NOZZE ILLUSTRI DI WEIL WEIS-
CINZANO DI RODI. Canti popolarive-ronerì. Verona, aprile1870.
Sono 24 vUlolle popolaridel veronese,edite dal eh. Ettore ScipioneRighi,chefanno seguiloal Saggiopur da fuipub-
blicatoal i803
,e lasciano il desiderio
che l'egregioraccoglitoremetta presto a
luce r interajaccolla eh' eglidella poesiapopolareveronese tiene in pronto.Ai cul-tori
della musa del popoloriusciran sem-pre
graditequeste delicateverginalicom""
posizioni,che nella rozza lor veste non
perdonoal paragone de' partiletterate-
sebi : a noi in ispedalmodo son giuntepoicarissime,e per se stesse e per ilrac-coglitore
che ce ne fé'dono,e teniamo io
pregiosingolare. S. S.-M.
SULLA STRADA NAZIONALE DA BI-
VONA A GIR6ENTI per Cianciana e
Aa/7a(iaIt;Osservazioni di Gartano Di
GicvANNi. Girgeoti1870.
Il bravo signor Gaetano Di Giovanni
mentre attende alla pubblicazionedelle
sue Memorie storiche su Casteltermini
non trascura quelche torna proficuoalcommercio del territorionel qualeeglinacque e vive in operositàcontinuala ;
però ha scrittoquesl*opuscoloper dimo-strare
cosa che tornerebbe utilissima al
commercio di tutta la sua provincia,cioèche la futura strada nazionale da Bivona
a Girgentitoccando Cianciana deve cor-rere
lungola diretta via di Raffadali an-ziché
la divergentedi Cattolica.Cianciana
non è il paese rimasto proverbialepelpoco lusinghieroricordo che ne fece il
Meli ; esso conta 4746 abitanti laboriosi
ed economici;è salubre,ridentc,floridis-sima. 1 suoi terreni solforosisarebbero
capacidi apprestare un'annua produ-zionedi 800.000 quintalimetrici di mi-
nerale,quandooggiper manco di vie non
ne danno che appena 40,0001A che dun-que
gliostacoliin un* opera di tanto gio-vamento
per la Sicilia? Noi ci uniamo
coiregregioDi Giovanni nei far voti per-chè
si cessidalle passioniprivatein fac-cia
all'incremento materiale della indu-stria
e del commercio siciliano. G. P.
Il Gerente : Pietro Montaina
NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
ANNO II. DISPENSE IV E V. LUGLIO ED AGOSTO 1870
METEOROLOGIA
Perchè i venti che spirano dai deserti tropicali
sono caldi si di griorno che di notte P
Riandando sui fenomeni dei venti,che spiranodai deserti com-presi
tra i tropici,o che di poco se ne scostano, sorgeva sponta-neamentela questioneperchè montano ad una temperatura si atta
sì;nel giorno,che nella notte. Sorge spontanea laquestioneperchè
quanto alto in quei deserti è ilgrado di calore termometrico nel
giorno,altrettantodepressoè nel corso della notte. Nasce dunqueda sé la dimanda perchè la temperaturadei venti,che ne derivano,
non subisce le stesse vicende;perchè per es. il soffiodei sirocco,
ch^è si caldo nel giorno,non assume i caratteri d^un vento bo-reale
nella notte.
Tutti i viaggiatorinarrano, che quanto nei deserti è intenso il
calore nel giorno,altrettantoè rigidoilfreddo nellanotte. Tyndall,uno dei più insigniscienziati di Europa, ch^ebbe Tenore di suc-cedere
a Faraday,genio sublime^che nel 1868 hanno perdutole
scienze,in una opera, che porta per titolo:Beat as a mode of mo-
tion,caratterizzain questitermini Talternativadelletemperature nel
deserto di Sahara: « In Sahara,where the wind ìsflame,and the soii
•^ is (ire,the refrìgerationat night is often painfultobear. Icy has
« been formed in this regionat night.* Nel Sahara ove il suolo è
fuoco, ed il vento è fiamma, è spesso penoso il freddo notturno.
In quellaregione T acqua nella notte si è ridottaa ghiaccio.Questo
avvicendamento rapidodi alte e basse temperature tra il giorno
e la notte mi muove a credere,che tra i deserti e le regionivi-cine
corra quelloscambio di correnti atmosferiche,che vi è nella
estiva stagionetra i mari e le terre limitrofe.
Il deserto nella notte dovrà comportarsicome il mare nel gior-no;
e come nel giorno spirail vento di mare,che modera V ec-cesso
del calore estivo, cosi nella notte spireràun vento dal de-ll
158 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
serto,che rinfrescherà le vicine regioni;da queste poi nel giornosoffieràun vento opposto simile al vento di terra,che nella notte
invade un tratto di mare che si dilungaalquantodalle spiagge.Da simili cause nascono
'
somigliantieffetti;si vede da ciò,che
non è da porsiin non cale la indagine,perchèi venti dei deserti
tropicaliconservino nella notte un^ alta temperatura, che poco o
sulla differisce da quelladel giorno. Per risolvere la questioneè
da premettersi,che nel giorno quei deserti siscaldano fortemente
sotto i cocenti raggidel sole,e che il raffreddamento notturno è
r effetto deir irradiazione,ossia detP emissione del raggi calorifici
lanciatidalle terre nei vuoti spazidel cielo.11calore irradiatonella
notte è proporzionaleallaserenità e allasiccitàdell'atmosfera,che
sovrasta i deserti,poichéquando Paria è ingombra di nebbie,o di
vapore acqueo, il calore irradiatoè assorbitodallenebbie e dai va-pori,
e ricacciatoin parte sulle sottogiacentiterre. Uno degliosta-coli
piapotentialladispersionedel calore emesso daglioggettiter-restri
è il vapore acqueo disseminato nell'atmosfera. Il potere as-sorbente
dell'ariasecca è insensibile.É questauna verità dimo-strata
da Tyndall,e di già accolta nei corsiscientifloi.Or Parìa,che
sovrasta i deserti,nellanotte per P ordinario è serena, e d'una estre-ma
siccità.Si disperderàdunque in brevissimo tratto di tempo nella
notte tutto ilcalore,
che nelle terre dei deserti si accumula nel
giorno^vieppiù,che quelleterre spesso arenose, mal conducendo il
calore,scaldansisolamente allasuperficie,
senza che il calore del
sole penetrineglistrati sottoposti.Ecco perchèalPalta temperaturadel giorno succede tosto un rigidofreddo nella notte. Nella luna
privadi acqua e di atmosfera nessun mezzo assorbe,
e modera i
raggi incidenti del sole,
o arresta P irradiazionelunare. Le zone
dunque della luna esposte ai raggidel sole soffriranno un eccesso
di caldo,al qualesuccederà un eccesso di freddo nelP assenza della
luce solare.
Da queste nozioni s'inferisce,che per non subire i deserti tro-picali
ilfreddo notturno deve sopravvenirenellaloro atmosfera una
causa., che intercettando il calore irradiatonella notte,lo ricacci
allasuperficieterrestre. Questa causa è la densa polvere,che in-gombra
la loro atmosfera,quando v' insorgonoventi impetuosi; e
taU devono essere ilkhamsin, il simoun, ilsirocco,perchè il loro
soffioinvadesse regioniben lontane dai deserti.
Il sirocco,che talvoltasoffiaimpetuoso in Sicilia dovrà avere
P impelo d' un uragano nel deserto di Sahara.^d'onde ritrae P ori-
SUL DIALETTO GRECO DI SICILIA 1S9
gine. Non vi sarà allora T alternativadi estremo caldo nel giorno,
e di rigidofreddo nella notte. I raggi calorificinella notte emessi
dair aride terre^ si volgerannogiù riflessidalle densissime nubi di
polvere;onde la temperatura notturna si scosterà di poco da quella
del giorno,ed ilsirocco nella notte ci verrà talvoltasi caldo quanto^nel giorno.
Se mal non mi appongo, panni,che in questaguisasia da risolversi
la propostaquestione.I venti impetuosidei desertipossono spirarearidi e secchi, come il sìmoun nelle coste occidentalidell Africa
«
o modificarsinel lungo tragitto,come ilsirocco,che in alcune re-gioni
giunge carico di vapore acqueo somigliantepiù o meno alle
correnti atmosferiche equatoriali.
Pqof. G. Lo Cicero
SUL DIALETTO GRECO
DI SICILIA
(Continuaz.e fine vedi voi. lU disp.IIU
*A(ji^"icoXo";,che nel senso di ministro,sacerdote di raro è adope-
nato nel greco, né da altrise non da'"soli poeti,davasi da' Siracu-sani
a personaggiornati d'amplissimosacerdozio. Scrive Diodoro,
che Timoleonte (ol.CIX) stabiliun supremo annuo magistrato,che
V Siracusanichiamarono Amfipoliadi Giove Olimpio,e primo Am-
fiipolodel Dio fu.Gallimene xaTédrìj^eSe xal x V ^«"^ ivtauxèvlvTi(i.o-
xàtT^vòp)(^^v,\h à|x"piiroX(avAi^c OXojjiitfouol £upax(5aiotxaXoOai.tmX
if^édr^irp6»xo"à{Ji^(itoXo"Aiò" OXujJiitiouKaXXijjtévti^(1). Sul nome 6
sulla dignitàd'Amfìpoloin Siciliadissertò dottamente iltedesco E-
bert (2).ìepofAvàfxovec.noti nelle nostre greche iscrizioni(V. C. J. Gr. nu-mero
5545, 5640, su (AvàfACDvivi t IH. pag. 584). Lo Scoliaste d' A^
ristorane Nub. 623 dice [xvàjxwvufiiciosacerdotale.
(I)XVI, 70. Cf. Verrin. 11. 61. IV, 61.
(1) De Amphipolorum apud SyracusanossacerdoUo nel volarne StxeXiwv Regi-
moniii Prussorum 1830.
160 NUOVE EFPfilKRIDI SICILIANE
ìep("7roXo"è nome di sacerdote,cftrator sacrorum, che si trova in
un decreto dei Geloi (I).KaxeviQciSaiocnome d'un altromagistratooell'iscrizionedi cui sopra.
ìspoeuTTjcè nome di sacrificatore,sacerdote in Agrigento(2).eaXiSata. Le Talisio erano un sacrificio,che faceasi a Cerere verso
la fine di luglioe dopo la raccolta del grano. Ad esse è consacrato
r IdillioVII di Teocrito,il qualechiama la dea àXqx"^octrebbiatrice
od aiatrice.
eeoYà(Aus,che in greco vale nozze degliJki, erano presso i Sice-
liotile solennità celebrate per anno a festeggiarele nozze di Plu-tone
e di Proserpina(3).'AveecnixSptaerano dette le festedel giorno
primo, dal portare dei fiori,àizh xoO «pipetvSveea (ilFlorifertumdei
Romani ?) o perchèin quelgiorno si offk*isseroa Libera come alle
altre dèe (Y. Boeckh Explicatt.Pind. p. 577) corone di fiori; o
che le fanciullev^ incedessero redimite le chiome di taliserti ; o
che il dio deir inferno avesse rapitola figliuoladi Cerere,mentre
occupavasia raccoglierfiori colle sue compagne. Polluce {OMmast.I.37) scrive,che presso i Sìceliotile Antesforieeie Teogamieerano
della dèa ProserpinaKcfpT^cTcopàXtxeXtc^Tat?tofà^kuixat 'AvOe^^t^pia.Anche Argo avea le sue feste de^ fiori sacre a Giunone, che pos-
sedea un tempio in quellacittàcol nome di àvOeta (PausaniaCorinth).
*Ava(xaXuim{pia(da àva)caX"5TCTeivsvelare)'eran finalmente chiamati i
giorni secondo e terzo delle Teogamie.Pei greci 'AvoxaXuTcxT^piovera ilgiornoin cui la novella sposa compariva in pubblico,sco-prendo
la faccia velata (Esichio).'AvaxotXuirxtSpiadiceansi i doni,
che il marito e i congiuntie gliamici faceano alla sposa al suo
apparireper la prima volta senza velo (Snida).Taluni cercavana
r originedella parolaneir uso che non permettea al marito pria
del terzo giorno di vedere la faccia della sposa. Mueller (4) edE-
bert (5)considerano xà 'AvoxaXuTcriipiacome partedellesicilianeTeo^
gamie o feste delle nozze di Proserpina(6).
(1) V. Torremuzza InteripL Sic. p. 84. Muratori Tket. p. 642. DorvìUe Sicul.
p. SOlelc. eC. /. Gr. n. 5475.
(i) Iscr. Agrigenl.presso Gruter. p, 401. *EtcIlepoOuxou'ixéxa.V. Torre-muzza
ck. p. 76. C. l. Gr. n. 5491.
(3) V. Eckhel Docl. Numm. IV. 454.
(4)Dor. h 401. Prolegg.p. 155.
(5) SixeXicóvcit.HeortologiiSi$uli inilia.
(6)V. Gaetani Itag.in hitt. tacr. Sic. p. 19. Thci. Sic. Il, e Vinc. MirabeUa
{".162. The$. Sic. XI.
I6Ì NUOVE CFFEMeRIDl SICILIANE
legem Hieronicam perlinentes» nasce da Tptocxàc,divisione di tribù
(MuellerDor, II,p. 82). Vedi C. L Gr. n. 5425.
4"pa$aTii;p.In un^ iscrizione d' Acre, copiatada Thorlacius,dotto
antiquariodanese, e pubblicatacon altrimarmi dellacollezionelu -
dica nel Giorn. Arcad. di RonM t. XXXV. p. 339
,e segg. ,
indi
con varianti da Raoul- Rochet te nellaMemoria che or citeremo,p. ^,
leggesiYpajxjjtaxevKxai cppaSixTjp.Abbiamo dunque in *pat5aTiipil
nome d'un pubblicoimpiegato;e la sua relazione con Y(xx(X(xaxeùc,
scrivano,secretorio induce a spiegarlocome una sorta di scriba e
d' oratore pubblico,diverso dal KupoS.precone (I).
SiTo^iSXaS(V. C. /. Gr. num. 5640) custode dei grano, e iixwviov
granaio(2),sono due voci che non occorrono nemmanco nel glos-sariodeir Arens. Uniamo al Ztxciviov l'altra voce 'EAa«c"JfAiov,che è
luogo dove si elabora Polio (V. Maffei Art. crit.lapid.Ili,p. 102),
e non già oliveto,
come spiegaronoGrutero ,Gualterio e Torre-
muzza. V. C. /. Gr. Bum. ^594.
La maggior parte delle nostre greche iscrizioni,come quelledi
Gela,Tauromenio, Neeto,Acre
,sono relativeall'istituzione
,alle
categorieed alle spese dei ginnasi.L' Arens nota nel suo glossa-riola parolaNaupoi,
che Rochette spiegò come equivalentea gio-vaninel dialettosiracusano d^'Acre,osservando che laparolagreca
NcopoC,sinonimo di Néoi, potè scriversi e pronunziarsiNòpoiin que-
sto dialetto,in cui il dittongoex di talune parolecontraevasi in a.
Il Naupo(trovasi in un marmo greco, pubblicatoda Gualterio 2, 3;
Muratori t. II. p. 631, 3; Torremuzza CI. I, p. 9, num. 19 e
trovato in Messina, concernente una classe di giovanidel ginna-sio.Tien dietro alla voce Naupoi una serie di nomi propri,e Pi-
scrizione si termina colla parolaA"^po^(xai.Trattasidunque d' un
monumento dedicato a Venere ; e i dedicatori,tutti i membri. di
una stessa corporazione, son insieme indicaticol vocabolo Naupoi
Non ricavandosi lume di sorta dalle paroleNaupote NaupCCetvpresso ,
Esichio, vi fu chi interpretòNai»po{come Jlfiwto Acrobati,quasi
Notupo^xaiper Neupòpàxai;chlpensò coti Torremuzza accennarsi sotto
queltitolouna classe di sacerdoti o magistrati;chi congetturòcon
(1)Deriva da ^ppaSav("ppaSdtCei"'Esicliio;V. C. /. Gr. l. Ili,pagina 579, no.
mero 5425.
(2)Sul (xiTtiviov,come sulaitepovaie suUxaxaSi'xiovdella V. tavola laorminese
vedi Camarda nella RivUta Sieula voi.I. a. 1869, pag. 140, e voi. Ili,a. 1870, pa-gina
565, e segg., non che le segaenticrttiobe: Flcckei$en Annali fase. V. pag. 305,
H Literarischet Centralblalt di Lipsian. %7. 26 giugno1869 pag. 801.
SUL DIALETTO GRECO DI SIÉlLtA IBS
Panofka {Lettal duca di SerradifalcoPìr. 1825 p. 38),che i Naupo{
fossero siali ispellorìdei lempt,proponendo T etimologiada va"$c.
e da òpqÉv.Rochelte,spiegandogiovaniriconosce in NaupoCun terme
de quelquedialecteparticulierde la Sicile,Vune de ces expressions,
locales,qui d'Areni se trouver en si grand nombre dans le langageriche et varie des populationsgrecques de ce pays {Mem. sopradetta
p. 98-9).Però nel C. L Gr. n. 5Gi5, si spiegapiùsemplicementeil
Naupo£coiratticoNeu)p"^";,doricamente Nao"p"$";.e indi mutato in Naup"{c.Perlocchè sarebbero i NoeupotquasiNau^ptSXoxec,Icpopoiwv veu"p(oi"v.
Ma se r Arens accetta il NaupoC,omette nel suo glossarieltola
voce 'AXstcp^JfAevot,che s' incontra pure in un* iscrizionedi Siciliapresso
Gualterio n. 316 p. 48. Gli AXEt(p"{fAefotcoslituiscono un* altracate-goria
fra la giovenlù del ginnasio,diversa da quelladegliefebia-
dolescenti (i»s""Sxepoi).
Nupwpoc.Trovasi NtS|i"poiin un' iscrizionerinvenuta nellerovine di
Acre, la moderna Palazzolo e che fu pubblicatada Panofka Lett ed
duca di Serradif.p. 37. 40, e della qualesi occupano pure Lelron-
ne Journ. des Sav. an. 1827, luglio,p. 391-2,ed a lungoftaoul-Ro-
chette Mémoire sur les médailks SicUienwes de Pjgrrhusnelle sue
Mém. de Numism. et (f Antiq.Paris Imprim. Boy. 1840, pag. 87 e
segg. Panofka interprelaM\Lf^icome un nome proprio,NófA^pocod
anche Nu{ji"p(Àv.Lelronne sia per la lezione n^jx^oco Nu(i"p(o(;.Ma H
menzionato Raoul-Rochetle, rigetlandocome inammessibile le cor-rezioni
di Panofka e di Lelronne,mette in sicuro lalezione M^l^h
che è richiesta dalla leltura del maf mo, sebbene la parolanon sia
indicala da verun altro lessicografo,nò prodoltain altro monumento.
Essa però, scrive il dotto archeologofrancese,pùt fartbien exister
dans la langue,doni nous sommes si loin de possederle vocabulaire
entier. Secondo lui,se Mik^n ò la giovane zitellao la nuova mari-tata
,NiSppocpotè venir adoperaloin qualchedialeltodella Sicilia
?greca per indicare giovanenubile (No^uptoc).Pel medesimo Rochelte
ilNiSfjupoi'lépovocMeli'iscrizioneAcrense sarebbe,nel dialeltodi quellacittà
,una locuzione equivalenteal Neav{(jxotìepòvsioid' un marmo
di Noto. Egliconforta con lungodiscorso lasua spiegazione,e forma
dei Nó{A(poiuna nuova categoriadi giovanid'età più provetta(1)^
Soggiungeremo due nomi di monete.
Aa(AapéT8tov^forma dorica,o A7){xsepéTEtov,è voce nolald da Polluce
(Onomast. IX, 85),da Esichio (s.v.),dalloScoliaste,da Pindaro (01.
(1) Ma yedasi C. /. Gr. toio. ili,pag. 584 n. 5431.
\(\% NUOVR EFFRMRRIDI SICILIANE
II. *i%.\e si trova in Diodoro (XI.2C). fi codice tlorenlino dell'i-
stesso Diodoro,e lo Scoliasle or ora citato hanno in buona ortogra"
fia Aajxap^Teiovo ATjjxapéTetov; glialtri COdiciviziOSamente Aafjuxpéxiov
con Polluce,e AT)(iiatpéTiovcon Esichio. Questa moneta, che forse è
la prima in oro di cui fece uso Siracusa prende il nome da Dama-
reta, mogliedi Gelone; la quale,secondo A ripetutoPolluce,la fece
coniare nella prima guerra punica,allorché
,mancando Gelone di
danaro,chiese a tutte le donne i loro gioielli.Invece Diodoro narra
che la regina fecela coniare della nota corona d^oro di cento ta-lenti
offertaleda^ riconoscenti Cartaginesi.Damareta dic^egli,
re-
galatada loro d'una corona di cento talenti d'oro,coniò una mo-
neta, detta dal nome suo Damarezia, "rct"pava)6et(jaòir'aòx"v èxaxòv
Della Damarezia scrissero il duca di Luynes,Ott.Mueller,Boeckh,ed ildottore Hultsch specialmentenelladiss.De Damareteo argenteo
Syracusanonummo.Al nome sicilianodellaDamarezia segue quellod' una seconda mo-neta,
della qualeha trattato di recente ileh. proLSalinas,cui deve
già molto e dovrà assai di più la patrianumismatica. "friXi"rc($eu"v,
v(((jLi(r(jLa(TI, dice Esichio nel suo glossario,fUistidèospeciedi mo-neta.
Cosi è da scriversi la parola,e non già""iXi(rc($iov(Y.Hultsch
De Damareteo ec. p. 9, segg.)* Per lezione de' filologitroppocor-rivi
nel correggere i testi antichi (cosiopportunamente il Salinas)
non sarà senza ft*uttoilricordare,che un tale ignorandoV esistenza
di queste medaglie era stato sollecitoa toglierela parola«^iXittC-
Seiov da quel passo di Esichio per supplirviun'altrapiùnota ^tXtica-
treiov • (1).SullareginaFilistide,e sul PilistidèoveggasiSchiavo Dom.
Del teatro di Sirac.fattocostruire dalla reginaFilistidenegliOpusc.eruditi appartenentialla st, di Sic. mss. F. 34. 3r".della Lib. Com.
di Pai.,Mem, relat.alT antico teatro di Sirac,del Conte Gaetani nella
Nuova race, di opusc, d'auL Sicil,lom. VII. Pai. 1795. p. 171 e
segg.; Del teatro di Sirac. nelle Mem. sulla vita letteraria del cav,
Landolina di Frane, di Paola Avolìo Giorn, di Se. leti, ed arti per
la Sic. tom. LV. p. 41; Leti, del dr. Teod. Panofka a S. E. ilDuca
di Serradifalcosopra una iscriz.greca del teatro di Sirac. Fir. 1825;
Letronne Joum. des Sav. 1847. p. 387;CorpMsInscr.Gr. voi.IH. p.565n. 5369, 2, e p. 573. n. 5395, 4; Eckhel I. p. 264,265;Feder. 0-
sanu De PhilistideSyracusanorumregina, orazione Inauguralealla
fi)V. J. SchiigerDe Num. Alex. Magn. p, 67.
SUL DIALETTO 6RBG0 DI SIGIUA 165
Università di Giessen per V anno 1825;Brunet de Prede Rech. 9ur
les Établ.ies 6rec$ m Sic. P. II. § 47 ; Salinas Di du$ mon. della
reg. Filistidenel period.La Siciliaan. Ili,n. 20. e nei Period. di
Numism. e di SfragisLan. I. fase. Y. Fir. 1869. L' Osann sostiene
che r ignotaregina fa figliuoladel Siracusano Leptinetoltain i-
sposa da Cerone li.In ciò è stato seguitoda Raod-Rochette,Ser-
radifaico,Brunet,Luynes, e dair ultimo illustratoredi quellamo-neta,
prof.Salinas (1). ^
I due seguentisono nomi di due fazionisociali,molto importantineir antica storia di Siracusa.
ra(jL"$poi0 -^ttjìiLÓpoì.è voce che significacoloni,possessoridei Ich
tifondi, proprietaridetteterre ,
ammessi airamministrazione della
tx"sa pubblica.Ttuiy.6poi,dice Esichio (s.v.),sono coloro che siaf-
feticano circa a^ terreni,o che ritraggonodallaterra,ol ir"plxV t^v
icovoiS{i8Voi,^ fAotpavelXìj^cJTectticY^^* L' EwfioXoYtJcòvMiya Sbaglial'accento, scrivendo ìxaXwv Ye^^f^opot.I geomori ovvero gamori con
forma dorica,furono in Siracusa una parte,classe o tribù,che vo-
gliam dire,di quellacittà.Cosi Erodoto (VII,155).Corrispondono
essi forse ai y^py^^ ^ xXT^pou^oiAteniesi,agricoltorio coloni.Nella
vecchia repubblicad' Atene distinguevansitre ordini di popolo,cioè
EòTOxtpiSat,rewjKJpote AìjfAtoupYoC,ricordatida Polluce(Vili,HI); ciò
secondo V istituzionedi Teseo, come da Plutarco (invita e. XXY).I dotti editori del Thesaurus di Stefano nolano, che il marmo pa-
(I) Né è tutta la bibliografiadell*iscrizione e della moneta, che si riferiscono
alla reginaFilistide. Soggiungeremoqui in nota i luoghidi quegliautori che ne
trattarono, benché talora per incidente e non in appòsitemonografie.Fra i nostri,
CapodieciAntichi monumenti di Siracuta illustratiSirac. 1813, in 4*, t. II,{ 17,
18, 20; La Verità in prospettoeie, Mess. 1818, in 8*, p. 74; etc. Fra i non Siciliani
Visconti leonogr.Or. t. 2« p. II,p. SO-28; AnnaL dell'Istit.di Corritpond.Ar-
eheol. t. Ili,p. 344-5; Sestini Lettere scrittedalla SiciliaIII,118; Munter Nachri-
ckten von Neapflund Sieilien p. 362; Riedesel Viaggioin Sicilia etc. p. 63, ediz.
italiana Pai. 1821; KephalidesReise durch Italien II,31; Hugh«isTravels in Si-
cityetc. t. I,p. 99; Donaldson Supplementtp the antiquitiesof Atheti Londra 1830;
in fol. p. 46*51; Gottlingnel Reinisehe Museum II,Jabrg.1833,I. Heft,p. 163-9.
Ometto, Biscarì,Logoteta,Pigonato,Jagemanni,Smith, Mommsen, ec.
Raoul-Rochette Mémoire sur lesmédailles Siciliennes de Pyrrhussostiene la grande
analogiadi stilee di fabbrica,che esiste fra le medagliedelta reginaFilistidee quellebattute a nome dei Sicelioti;sullequaliultime vedasi Esùme della celebre medagliaantica battuta in nome di tutti i Siciliani disserl.del march. Haus Palermo 1827,dal Giornale di scienze etc. t. XVIII, an. 8* n. VII, p. 71 e segg. Lettera del can.
Alessi al sig.Eduardo Gerhard nel Bullett, di Corrispond,delVistit.Areheol. 1833,n. 1, p. 8-15.
166 NUOVE EFFBMBRIDI SICILIANE
rio presso Boeckh voi. II. p. 296,S2. en zrPAKorxAlz ae tqn o-
MOPQN KATEXONTQN THN APXHN giustamentevd corretto teqho-
PQN.
RaXtxiSpioi.Cosi dice Esichio furoa chiamati coloro^che sotten-trarono
ai gamori (o\èTccidéXeovrece^Hw^poO-Costoro erano servi,e
cacciarono i padroni(toì»cxup(ou";UépaXov).I CtUidrii infatti,schiavi
in gran parte,erano in Siracusa come gliIloti di Sparta.La rivo-luzione
loro contro i Gamori,che precedettedi poco la dominazione
di Gelone,fu in sostanza una rivoluzionede' proletaricontro i pos-sidenti
(1).Altri li dicono servi degliesuli siracusani,i quali
,coltivando i
campi,crebbero sì da cacciare i proprisignori.Snida scrive invece
questa parolacosì : KaXXixtSptoi(Veggasipure Fozio pag. 165, 14).
Quanto alP etimologiadel vocabolo,scrivendo eglixaXXix^Sptoi,dice
che così si chiamassero dal loro riunirsiper esser molto numerosi;
òvo(iÌ967)9av$s ành xou tU xaòxè ouvcXOeTv navtoSaicolSvxtc.Walckenaer
deriva invece il nome xiXXtxiSptoi,giustala lezione da lui seguita,da
xtXXftive x\5piot,cioè cA^ hanno scacciato i loro padroni.Con pro-babilità
ugualealmeno Ot. Mueller {Dor.IL 56) crede che i Cilliri
fossero Siculi,e siculo il loro nome.
Nò vorremo preterirequeste altre voci,che rischiaranolastoria
della SiciliaDorica.
Mottaov è un personaggiodi commedia, detto così da' Hegaresidi
Sicilia,con voce tratta da. |Aa(rào[xat,o (xaa"7(io(jMi,ù"(i9i,mangio,se-condo
scrive Atenèo (XIV, p. 659.)sulP autorità del filosofo Cri-
sippo.Ecco leparole:XptSffuicitoc6 (piX($a(Kpocxòv MaCacova àtzò Toù [jLa9ao6ai
o^etat xéxXT)96ai....ex xtùv Iv £txeX{a McYopécdv.Intorno a questo Me-sone
possono consultarsigliinterpretidello stesso Atenèo, e Mei-
nekio Comment voi. I. p. 22 segg. É da ["À"ruiltnascMa che viene
il masticare italiano.
Opua. ^. Epicarmo usa di frequentequesta voce per indicare la
(i)V. Briiuet de Preste principiodella Parte 111"o la moderna diligentissimasto»
ria della Sicilia antica di Holui" cioè Getchiehte SicUiens in Alterthum vod Ad.
Ilolm. LeipzigVerlagvon Wilhctm Ei.gelmann 1870, Voi. 1,pag. 147. Sui CUrochi
Penetti,Perieeit ec., e sulle varie condizioni e classi d' uomini presso i Greci
antichi vedi hoeckh Economiepolitiquedei Alhéniens li 199; Wallon Histoire de
Veulavage dani Vanliqùilé;Reyuald La liberlé et lesrepubliquetGrecques;PeyronLa Laconia comiderata nelle classie nel numero degliabitanti (Mem. della R. Ac-
cad. delle Se. di Tor. ser. 11,t.XVil)»e la recente opera del Cibrario Della Schiavitù
t del Servaggioìom. I,Nil, 1868. P. I. C. L
SUL DULETTO GRECO DI SIGILU 167
corda, come notò Ulpianoia Aten. (IX,in princ).Oltre ad Esichio,
che ha il vocabolo òptknel suo glossario,Eustazio scrive:che Epi-carmo denomitM ò^^";quelleche comunemente si dicono corde {Od.
p. 1915, 21^: Oti Bé xàc xoivcócAe^ofLevacX^P^^6p6otqETzijatpyjo^6vo-
noxa^wY^^»è lo slesso che npoaoYWY^c(da irpoaàYojxat).Erasmo ri-tiene
TtpodaY^Y^^sche interpretaper esploratori.Budeo rimette ito-
xaYu"Y(5at.Quanto al significalo,Aristotile (Polit.V
,il) dice vi
sono esploratori,come in Siracusa i così dettiiroTaYa"Y^^ec.aXX 'eTvat
xaTaax(iirowc,oTov Tceplupoocouaacal itoxorftayl^tqxaXotSfJievai.NotOVOlo
è il passo che segue di Plutarco nella vita di Dione^ cap. XXYIII,
il qualecosi definisce questaclassedi persone, emissari del tiranno:
TOÙ" xaXoujxévoucicpoaaY***Y^^^"àv6pciitou"àvo^Coucxat OeoTci^^poóc,ot
ic8piev($i7xouv"v T^ ffdXetxa'cafJLejJiiYH''^^^^"^^^ SupoexouvioicTcoXuicpaYH'^^^^'
xec x«i 8iaYYéXXovT8ct(J"xupàvvtf)xdtc te Swtvoiacxal tàc "pu)và"ixA^xcov^
t così detti Prosagogidi,uomini scellerati,a' Numi stessiodiosi,che
framezzo i cittadinisoleano andar attortio,spiardi ciascuno sensi
-e parole,e riferirneal tiranno,
^Hxiaxec. Erano fogne e chiaviche"alle qualidiede il suo nome
l'architetto Feace,sovrintendente di lavori pubbliciin Agrigento^
e per cura del qualesi costruirono le cloache sotterranee,come at-testa
Diodoro (XI,25^ 3).Finalmente sono vocaboli del dialetto grecq di Siciliaquelli,che
ancora qui soggiungiamo.
AvTOfioc è voce anch' essa siciliana.'Avxójjiouc;scrive Esichio,chia-mano
i sicilianiipali{(nLÓlonac).Sono specialmentei paliacuti.SMn-
contra sovente la voce Svxojiocnelle tavole,d' Eraclea,dove Mazoc-
chi spiegaora palo,ora palizzatapag. l??, e segg. Può derivarsi
questa voce da avxo», dtvxduo,"yno\iaimi fo incontro;o si può invece
prender^vxo(jio";quasiàvàxofjLoc,che seca er divide una terra dall'al-tra,
limite,termine. Vedasi anche Franz C. J. Gr. voi.HI,pag. 706,
A. ciie r intende anche per via.
Bàjjiixa.Occorre neir IdillioXV di Teocrito,e nel senso di cati-nella,
secondo taluni.I/Ahrens peròadotta Ba(xae traduce quelpassofollepedem,mentre deglialtrichi sostituiscein quelluogostamina,
e chi volgefer aqtiàm.Il Camarda,nella sua versione,annota che
vàfjLoeè la conca, che formasi dalPacciuanella sua sorgente,ed il
'Bajifxao è il luogoove SÌ tuffano glioggetti,ovvero l'attodel tuf-farli,
donde deriva ilB"i7txi"j(xa.Esichio ha hà^L^ (forma che non si
dee preferirea pa(A(xo()e spiega la parolaper tintura speciedi un-
168 NUOVE KPFBIiBRIDI SICILIANE
guento,liquidodi cucina (juscttlum)in cui s^intingail pane o il
companaticoo ciò che mangiasi in umido; ed aggiungeche dicesi
cosi dai Siracusani. Bàik^a, x6 -^[m naX (xópouxt (iipoc,xal x6 l{i-
.^("("a,ZupflQcoiSdtoi.Dal passo di Esichio si vede, che pà("("anon è
' veramente la catinella,ma esprimesolo la lozione.L^Arens De diai.
Sic. p. 19, reca la parolaB^(i|jiain esempio della mutazione del
P in fA.
Boov($c-Questo vocabolo denota tumulo,clivo,acervo. Nel senso
di coUitia (X"{"poc)lo dice Frinico (p. 156-355 Lob.)usitato e con-sueto
nella poesiasiracusana. bouv"{"; Iv ^ì t$ «upoxouaCtj^irotT^^ct
xoce"D(jL(XT)'cat.L'adoperaFilemone poeta della nuova Commedia. Elio
Dionisio lo rigettacome barbaro e forestiero(1); ed Eustazio si-milmente
lo ripudiacome Libico od Africano (2),seguendo in ciò
Erodoto (IV,199) che lo dà per vocabolo dei Cirenei
,dai quali
potò facilmente venire airEgitto.Lo si trova perciòdi sovente nella
versione alessandrina delleSante Scritture;né sdegnarono d' usarlo
Pausania,Strabene,Polibio,Diodoro. YeggasiV 'et\"hloXoyix^vuì-^ol
p. 528, 5. Bouvdc è passato nel dialettocomune,
occorre di conti-nuo
ne' nostri diplomidel medio evo, e si è conservato nel greco
moderno. Dippiuparecchimonti della Grecia oggi si dicono ^uvà,
per testimonianza del Villoison (3).
.u"iu^ è un derivato di Mcu(ju";, come (atì^opda y^r^x^ *
^ Feste
menziona, che i Sicilianichiamano momar lo stolto.Quanto a Ma"-
(jux. cosi nel suo dizionario ne scriveva lo Stefano;quam originem
habeat,nondutn apud uUum ex graecislexicographisatU scholiastislegi,
quod qtiidemmeminerim, Ma"(iocperò occorre per vergogna, igno-minia,
vitupero,in Omero, Pindaro, Simonide,Sofocle,Callimaco.
Esichio lo spiegarimprovero vitupero(^y^^)^ h^h^ dichiara come
rimproccio,biasimo, infamia {[dit.^ic,^veiSoc
,ed «to^oc).Eustazio
(II.A. p. 154, 45) ricorda,che (xcùiiapsi trova in Licofrone 1134.
Momo è un Dio derisore di tuttiglialtridèi presso Luciano (Her-mot e. XX). Esiodo nella Teogonia214, lo dice lìgliodella notte.
Sofocle compose una favola satirica col titolodi questo nume. E
Momo si applicòposciaa chiunque imitasseilDio beffardo e scher-nitore.
Se volessimo stare airautorità di Varrone (de L. L. Y. 36. pa-ci)
V. Eustazio ad. lliad \. 710, p. 880, 2).
(S)Ad Odyu. T. p. 1854,21.
(3)Proleg.ad Homer, II,p. 1, Sture. De dhi Alex. p. 154.
170 NUOVE EFFEMERIDI SICIUANE
dèliapoUa antichissima fra ipopoliitalici,e di ricercare retimologiadi questa minestra ricordatanel greco di Epicarmo e che appagava
la ft'ugalitàde^ prischiItaliani.
Come abbiamo fatto per queste,cosi molte altreparolesi potreb-bero
soggiungere,
tutte omesse nel glossariettodelPArens (1).Cosi R"$p"7ai,nel senso di tempie le due ossa del cranio presso le
orecchie,voce che si trova in Empedocle;Kà-zo^ il rumore, come
dice Esichio,prodottodagliavanzi del vino gittatecon violenza per
terra, e sparso al suolo,secondo una usanza de^ grecinei conviti
detta Kf^rca^c(Dicearcoda Uessina presso Aten. XV. p. 666. B.
dice ilXdttot^nofM siciliano,ZuceXucòv ^vo(xa.y. pure Callimaco presso
Atenèo XY. p. 668. C); Aerate,speciedi marmitta o tegame presso
i Siracusani,come scrive Suida,«apà Supavoud^otcxò xijfavov(V.Ar-chestrato
di Gela presso Atenèo I. p. 5. C); At)(jlvC(jxo",lemniico^
piccolafasciaa colori,che pendea dalie corone: secondo Esichio è
voce siracusana nel senso di piccolabenda, imperocchéi Siracusani
chiamavano XìifAv("ncou";le tenie o fascio strette xàc (rcevàcxaiv{flu;(V.
Servio in Yirg.Aen. V. 269); M^^a, voce siciliana,pudenda,da [U^o^
medius (V. Geli. II. 7);se si vuole, nàirica papà, voce data per si-ciliana
da Orione di Tebe Dizion, Etimolog.ediz. Sturz Lipsiaf8i0
p. 136. in 4®, ove dice,che da' Siracusani si fa naxr^p icà(;,con re-duplicazione
7càica",e con un pleonasmodi ir,iràTCTcac:ouxu) ^l ì^vitzù
iroepà2:upoQcou9(otc,h ictfxi{picac, xal àva$ticAaata9(AÒcicàmcc,xal ivXeova-
(7(Au"xou it, ndbcitac (V. Zonar. p. 1498, ed Eustazio p. 565, 17, i^qualeaggiungeT analogiadi ma per madre, ""jwpxal jjl5jjnixijp.Fe-ste
notò Pa prò parte,et pò prò popoloporitum est in SaUari Car-mine.
Pd è la radice Indo-germ.che trova riscontro neiro^ semitico
donde abba, abbate ec); £iS"papoe,che è nei Mimi di Sofrone,nel
senso di pellicolache si forma sul lattedette yp^^c nel greco (V.
Esichio);?dtvoTtwpKjjjLdc,usato da Bione, per indicareilvolgered'au-tunno
(Y. Aten, YII, 282, B. si consuhi Heinekio Com. voi. III.
p. 403.);4»"ip{AtYS,cetra, frequentein Omero ma attribuitaai Siculi
dal grammaticodegliAneddoti di Bekker p. 4096. ec. ec.
Nuovi studi e nuovi monumenti non potrebberoche fornire
nuove aggiunzioni.Noi però non andremo oltre e conchiuderemo
citando le seguentiparoledi Raoul-Rochette. « Il n'est pas demo-
numents écritsde la langue des Grecs de ce pays (laSicilia),qui ne
(1) Non sappiamo p«rò perchèilBrunet proponga come siciliano il vocabolo
RfltioSa^,carcere sollerraneo presso gliSpartanied anche appo gliAteniesi.
SUL DIALETTO GRECO DI SICILIA 171
nous offrent,à mesure qu*on m découvre des expresfionsnouvettes
et singulièresqu^U faut bien nous rèsouire à accepter comme au-^
thmtiquesen attendant que nous puissionsleur trouver un sens pro-
pre ou une expressionanalogue;et ce h*estpasun si grandmaUieur
que cette necessitòd^enrichir nos dictionnairesau moyen de ces mots
nouveaux qui peuvent ajouterà nos connaissances (I) ».
Qualche altro esempip,qualchealtra osservazione potremmo dì
più soggiungere,che nel lavoro delPArens non troviamo, f Sira-cusani
, per esempio,diceano ^ 'ktiU^femminile,invece del ma*
scolino (V. Frin. p. 55),cosi come fecero pure i padri greci e
gliscrittoribizantini (Y. Eustazio p. 1504. 78).Il nome d'I"rcole,
'H(xxxXtì";, pronunziavasi"HpuxXonel dialettoSiracusano com' era
parlatonei Mimi di Sofrone (2);e T "HpuxXoi;è VHercules dei Latini.
In lavori di tal fatta è ben naturale,che resti sempre ad aggiun-gere
e sempre avanzi a spigolare.Ha,
come abbiam detto or ora,
ci fermeremo qui.
La fattarassegna di talune parole,appartenential greco di Sicilia,
e non considerate nel piccologlossariodel valente sig.Arens^ valgaintanto a persuaderequalpartitopossa cavarsi da un elenco com-pleto
ed accurato dì tutte le voci,sia nelP interesse archeologico,
sia in quellodella filologiae per la conoscenza dei più antichi lin-guaggi
che si parlaronoin Siciliaanteriormente e simultaneamente
al greco. Si è veduto, che il favellarede' Siculiqui e colà riceve
lume dalle tracce, che ha lasciatonel greco dei Sicelbti;e noi forse
tenteremo di esporre altravolta quanto oggi si è potuto conoscere,
da cosi scarse reliquie, sulla linguadi quei veluslissimi padrino-stri,
laqualeDiodoro chiama dialettobarbaro (^pdlppopocStdtXsxtoctwv
£ixeXa"v).E siccome dell'Isolascrive il medesimo Diodoro (V. 6.):
ilcommercio, che per tal modo ì Greci vi portarono,e U grosso nu-mero
di essi,che navigavanoin Sicilia^fecero,che gliabitanti detta
medesima imparasserola linguadef Grecia ed adottassero la stessa
maniera di vivere,abbandonato insieme e ilbarbaro dialettoche par-lavano
prima e ilnome che prima portavano; cosi viemmeglioci si
rende chiaro,che gran parte delle speranze di conoscere ilSiculo
antico riposasullo studio del greco di Sicilia.Ilche cresce per noi
la benemerenza della dotta Germania e del sig.Giov. Arens.
IsiDOKo Carini
ti) Mèm. cit. pag. 91.
(?)Esichio V. HpuxaXov.tòv *Bpa"cX£aStóppwv.Walckenaeri4"ionia2.p.5KK).
DELLA FILOSOFIA IN SICILIA
DAGU ANTICHI TEMPI AL SECOLO XVII
(*)
Nei tempi più florididella caltara greca, splendidadi arti,
no-bilissima
per lettere,non furono fra noi tenute in minor pregio e-
ziandio lescienze»e massime la filosofla.Anzi è sapato, come dopo
Pitagora,Senofane stesso abbia fatto stanza in Sicilia,nelle cui
pia illustricittà recitava i suoi versi,e innamorava i giovaniallo
studio della sapienza:e si sa pure come Epicarmo faceva ne' tea-tri
quasipopolarile sentenze della scuola italicao pitagorica,piùdiffusa neir Isola,che non era la eleatica,e specialmenteallorache
Empedocle girgentino,stato in Crotone e Metaponto co' pitagoriciein Elea con Parmenide e glieleatici,si fece maestro di una scuola
che ebbe il nome di neopitagorismosiciliano.
Di que' tempi era P isola nostra ilfoco della coltura che si disse
italo-greca,e fra noi si raccoglievanocosi dalla contermine Italia^
siccome dalla Grecia più lontana i sapientipiù famosi che allora
fiorivano.Laerzio riferisce nella vita di Pitagoraessere stato questo
fliosofoin Catania,Imera e Taormina, liberate da lui dal mal go*
verno; e secondo Porfirioun talSymico tiranno di Centuripea per-suasione
di Pitagoralasciava in libertà la città,
e donava ai Cea-
turipiniparte dei suoi beni. Senofane poi,per testimonianza dello
stesso Laerzio,dimorò in Siciliaai tempi di Cerone circa T olim-piade
78*,quando già Empedocle era in età di presso a 16 anni,
essendo nato verso T olimpìade74 o 75; e quando Epicarmo,pernon dar ombra a Cerone come fliosofo,vestiva di poesiae met-teva
in bocca de^ suoi comici personaggila dottrina pitagorica,
nellaqualeIpparcoammaestrava tuttisenza la disciplinadell'arcano,
siccome in opposto al senso volgarePetrone imerese annunziava la
pluralitàde' mondi,
e la rotazione della terra intorno al suo asse
insegnavanopubblicamenteEcfanto ed Iceta siracusani,ilRitter non
nega che Senofane siavenuto in Sicilia;ma pone come errore di ero-
(1) È il sommario di un lavoro, cui attende l'Autore,e che dovrà legarsia quello
giàpubblicatoDella fiiotofiamoderna in SkiJlia,libri due (Pai.1868), cui farà se^
guìtol'altroDella fUoiofiaconlémporaneain Sicilialibri tre.
DELLA FILOSOFIA IN SIQLIA 473
nologiailcredere che T agrigentinofosse stalo discepolodel vec-chio
dì Colofone: anzi né manco vuol fare di Empedocle un uditore
di Parmenide e di Anassagora,secondo la teslimonian/.a di Teofia-
sto e di Alcidamante;sullaragioneche Empedocle fioriva verso laSì*
olimpiade,quando già Senofane era vissuto nella 60*,e Parmenide
nato verso la65" (1j.Ma se lapiacomune opinionesta alla testimo-nianza
di Timeo che fa Senofane contemporaneo di Cerone e d' Epi-
carmo, e se si sa bene che Senofane visse tanto vecchio da passare i
novant^anni,per qualragioneEmpedocle che nella84" olimpiadegià
fioriva,non poteva conoscere Senofane nelP olimpiade77-78*,quando
appunto Cerone governava Siracusa ed Epicarmo scriveva le sue
commedie ? Parmenide poi non aveva più che 65 anni,quando So-crate
neir olimpiade83" era ancor giovane,siccome ci fa sapere
Platone;e Socrate era nato nel quarto anno delP olimpiade77";e
però se potè conversare con Parmenide Socrate giovane,molto più
potò ascoltarloEmpedocle che fioriva nelPolimpiade84", e doveva^
esser nato un tre olimpiadiinnanzi a Socrate. Di Anassagorasi sa
pure che moriva verso la olimpiade88"; e però potè bene avere
scolare il nostro Empedocle,più giovane di circa un ventennio del
suo maestro che era nato secondo Laerzio nelPolimp.70".
Se non che, lasciando da parte questa disputazionecronologica,
quantunque importantissimaper le attinenze della scuoia agrigen-tina,
è poi innegabileche Tinsegnamentodi Empedocle diede fin
da queitempi una certa indole propriaallafilosofiasiciliana,la quale,
se pare essere stata,smessa dal messinese Dicearco oramai meglio
interpretatoche non daglistessiantichi,fu per lo più sempre
mantenuta; e, rafforzatadal soggiornodi Platone in Siracusa,durò
lungamentesino alla caduta della filosofiaalessandrina,
e fino che
gliArabi ci portaronoilloro aristotelismo,che indi fatto cristiano
occupò i nostri filosofidel tempo della scolastica.1 frammenti che
restano de^ poemi filosoficidel nostro Agrigentinoci danno una fi-losofia
ontologica,psicologicae morale che non si può afi^attocon-
(i) 11 est appelé,d' aprésTliéophrasieei Aicidamas
, discìpieel ìmiialeur de
Parmenide ; et si Hermippe le fait disciplcde Xénophane doni il a imité le gcnre
épique,la premièrede ces assertions est contraire à la chronologie,el la seconde
semble èlre résullt^cde la comparaison d«s ouvrages de ces deux philosophos,et
témoigne de la ressemblancc enlre le mode d'expositiond' Empedocle et celui des
EUéates.C'est la similitude qui existe enlre la physiquemécaniqued'Empedocleel
d'Anaxagore,qui a faildire que la primieravait entendu le second. V. Hisl. de la
PhilosophieAncienne l. J, I. V, eh. VI, p. i30 Paris 1858.
l'i
174 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
fondere con T insegnamento de' filosofifisicidi Mileto,né con Tal-
tro degliatomisli di Abdera ; né manco con T idealismo idealista
deglieleatici,ovvero con lapura aritmeticacosmica de^ pitagoricidi
Crotone. In Empedocle abbiamo è vero una certa parentelache lo
collegacoglieleatici,co' jonici,co' pitagorici(I);ma astretto piùdi luttico' pitagoriciFilolao e Timeo, e di Parmenide ha queiru-
nità prima senza cui non è la moltiplicità;tantoché se Filolao,Ti-meo
e Parmenide furono ravvicinati e compiutil'un l'altroin Pla-tone,
ilnostro Empedocle é il mezzo che congiunge quegliantichi
colsapientefigliodi Aristone (2).Il Ritter pone ilnostro Empedocle
piuttostofra glieleatici, che fra' pilagorici,de' qualiultimi se-condo
l'illuslrestorico conosceva si lo dottrine,ma poco o nulla
ne professò(3),né poisarebbero secondo luiin accordio con la vera
cronologiale relazioni che si dicono di Empedocle con la scuo-la
di Pitagora(4).Se non che, posto quanto sopra si é avvisato,
abbiamo piuttostoragionedi starci noi, anziché coli'illustresto-rico
alemanno, col nostro Scinà,ilqualenon fa ammaestrare Em-pedocle
direttamente dal capo della scuola italica"
ma lo conta si
fra' pitagorici,anzi che fra glieleatici,quantunque « Empedocle
qualallievode' pitagoricie deglieleaticinon seppe abbandonar
punto le idee da lui apprese in ambedue quellescuole (5).» Che
se attendiamo poi a' frammenti che ci restano,raccogliamomaggior
materia di dottrine pitagoricheche di elealiche:ilche ci conferma
sempre dell'indoledellafilosofiasicilianad'allorapitagoricao almeno
pitagorizzantepiùche altrove.Né sapremmo poiperchè ilRiiter né
manco vorrebbe posto fra i pilagoriciil nostro Ecfanto (6) di Si-
(ì) V. Scina', Memorie tulio vita e filosofiadi Empedoclegirgenlino,mem. HIV
(2)Lucrezio disse di Empedoclenon parere credibile che fosse sialo di progeniou-
mana ; e a nostri tempiArluro Schopenhauerlo ha detto un uomo compiuto, nella
cui filosofiaera appunto per l'amore e Codio la famosa teorica che il tedesco filosofo
ha esposta della Volontà assoluta«
(3)V. Hiit, de la Philosopk.ancienne t. I, L V, eh. V, p. 430. l'ariaI8f)8.
(4)V. Bitter, Op. cU. I.V, eh. II,p. 376-77. La morte di Pilagorasi pone dopo
la distruzione che i Crotoniati fecero di Sibari,distruzione che portòla persecuzione
de' Pitagorici,e il lumullo plebeoguidalodal demagogo Cilouc contro Pitagora,
Milone,e tulla la scuola;dV)poilqualeavvenimento i Pilagtir.cisi disperdevanoe
Pitagoramoriva in Metapontoquasi abbandonalo. Ora la distruzione di Sibari av-venne
nel terzo anno detrOlim{"iade67, sei o selle olimpiadiinnanzi alla nasciu di
Empedocle,il qualecosi non nasceva che appena qualcheolimpiadedopo la mollo
di Pitagora,che alcuni (i\Meiners, e lo Stanley(longono nella olimp.69*,70* o 71".
(5) V. Op. cit. mem. Ili p. iOI.
(6) V. Op, cil,1 lY. eh i. p. 304.
DELLA FILOSOFIA IN SICILIA i75
racusa, che con liielaed Epicaimo,siccome pur faceva Pelroae d1-
mera, spandevaDopelPIsola ilpitagorismo,recalo fra noi da Cro-tone
ove i nostri accorrevano pienidi ardore per la scienza,ilcui
amore era stato nelle nostre città lasciatoda Pitagorain persona.
Era invero in Siciliacosi professatadappertuttola dottrina pitago-rica,che Eschilo dovette qui farsipitagorico,e Pindaro alla corte
di Cerone spesso si compiacque di pitcigorizzareallasiciliana(1).
Pertanto, non solo le dottrine pitagorichesono sparse pertutto
ne' pochi versi che ci restano de^ cinquemilache componevano i
due poemi di Empedocle sulla Natura e sulle Purgazioni,da Ci-cerone
antepostia quellidi Senofane e di Parmenide,
e da A-
l'istotilea tutti i didascalici(2),e tali che furon reputatidegni di
essere cantatinellegrandiadunanze de' giuochi Olimpici;ma in Si-cilia
può dirsi era allorala stanza sicura de'' Vitagorici(3),iquali,
specialmenteLocresi e Tarentini,venivano indi accetti alla corte
-del primo Dionisio,
frequentatae da Archita e da' più illustri
maestri di que^tempi.E già Petrone d^ Imera,
e Iceta ed Ec-
fanto di Siracusa,l'ultimo de' qualisi tiene per uno de' più anti-chi
scolari di Pitagora,stantechè Iceta si fa anteriore a Filolao,a-
vevano insegnatola pluralitàde' mondi, e la rotazione della terra
intorno al suo asse; ed Epicarmo aveva filosofatosul teatro in pi-tagoriche
sentenze,siccome allaguisaeleatica,dunde lasofìstica,era
stata maneggiatala fìlosofìada Gorgialeontino (4);quando ad imi-tazione
di Senofane accorso allacorte di Cerone, venne Platone a
quelladi Dionisio,che trovò innamorato della fìlosotìa,coltivata fra
noi tanto nobilmente die a queiretà si riferisconodai piùipitago-rici
Colais da Selinunte,Lisiade da Catania,Evandro leontino,ol-tre
i due famosi per la loro amicizia,Damone e Pitia siracusani,e
quelDione che fu discepolodi esso Platone,e il conlroppostodel vi-zioso
Dionisio,cui inflne piacquemeglio il molle Arislippoche la
severità richiesta dall'ateniese fìlosofo.La seconda volta poi che
(1) SaNA', Op. eit.mem. I. pag. 25.
(±) V. SciNA* Stor. della Letter. di Sicilia ne' tempi greci,p. i88. Pai. 1840.
(3) Scina',Slor. della Letter. di Siciliane' tempi greci,p. 204, ed. cil.
(4)V. Garofalo, Dìscoìsì inltrmo a Gorgia Leontino. Pater. 1831. A testimonianza
del molto favore che in Siciliagodevano i filosoB,più che nella stessa Grecia. Pla-tone
fa dire ad Ippiavantandosi de* guadagniottenuti col suojnsegnanaenlo,que-ste
parole,che sono rivollea Socrate: • Io andai qualchevolta in Sicilia: viveva
quivi Protagora;era molto lodato;era assai più avanzato neglianni di me: ebbene
io mi portaivia piùdi cencinquanlamine; in un paesuccio,che è Inico,piùdi vri:!i
Oline.* S. Ippiamagg. nel Piai. Irad. dal Mariiui, l. I p. 550.
176 NUOVE EFFEMERIDI SIGILIANB-
Platone fu in Siciliachiamatovi per consigliodi Dione dal giovine
Dionisio,Siracusa vide insieme raccoltipiù Olosoficlìenon aveva
Atene : « eranvi Platone e Dione, Aristippoed Eschine, Speusippo
ateniese,Xenocrate da Calcedonia,Helcione da Cizico,Eudosso da
Gnido, e molli pitagoricid'Italiae di Sicilia,che qua e là inse-gnavano,
o parlamentavanotra loro de' più altiargomenti di filo-sofia
(t).» Tantoché, Platone medesimo ebbe che studiare nel pi-tagorismo
siciliano,e da' poemi di Empedocle siccome da' mimi del
nostro Soft'one colse quelladelicatezzadi favellaonde i suoi dia-loghi
si dissero dettati dalle Grafie istesse: né per altra ragione,
che questa dimora in Sioiliain mezzo ai nostri filosofi,cercò Speu-sippor accordio tra Platone e Pitagora,e si senti in Xenocrate il
soffiodella filosofiapitagorica,e la reminiscenzia de' dogmi empe-
doclei.Che se vogliamod'altra parte attendere ai Sicilianiche sep-pero
farsiillustriin quellescuole che la Greoia ebbe da Platone e
da Aristotile,o meglioda Socrate,troviamo ohe t Monimo da Si-racusa
fu illustretra i Cinici;nominanza acquistaronoSimmia da
Siracusa e Timagora da Gela nella scuota di Megara ; Evemero il
Alessenio ebbe grido tra i Cireaiaci,e Dioearco da Messina fu or-oamento
e decoro del Peripato(2).Sul propositodel qualefilosofo,
reputato un materialista,stanteché,secondo avverte Cicerone, in-segnava
r anima essere un bel aulla e nome vano (3),non segui-remoil giudiziopiù comune, ma quellodel saggio illustratorede'
frammenti e dellafilosofiadi Dicearco;che» come seguiiatoredi Ari-stotile,
non volle forse altro insegnarese non T anima appunto o
lìnlellettopassivoessere perituro,perocchésolo immortale,eterno,
divino,si è r intellettoagente,ovvero la mente, che non mai fu detta
morire, siccome si dice propriodell'anima,ne' libridel nostro messi-nese
(4).Il qualediscorrendo in un libro apposta intorno alla di-vinazione
ne' sogni,sarebbe stalo in conèraddizione con se slesso,
ove neir uomo niente allro che corpo avesse veduto.
Di Evemero poi,che Clemente alessandrino ed Araobio fanno an-ziché
messinese agrigenliao,sappiamoquanta parteebbe, spiegando
(1) V. Scina',Op. cit.,p. 237.
(2)Scina',Op. cit.,p. 307. • Monirao fiori nel 3' dcll'ol.il6" e dopoquestaolim-piade
Simmia, Timagora, ed Evemero nel 2"*della 119» e Dicearco nel 3 della 122. •
Op. cU., p. 308, II. 1.
(3) V. TuscuL, L. 1, e. XI.
(4) V. Errante, / Fiamnienlì di Dicearco da Messina r.iccoUied illuslcali,v. 1.
ar!. ni. Pai. 1822.
178 NUOVE CFFEMBRIDI SlCILlANIì:
meglio florenle di nostri filosofiè V epoca bisanlina,
se ne to-gli
un Santippodi Tauromenio,convertito poi al cristianesimo da
San Pancrazio,
e forse filosofo neoplalonico,siccome era voga di
qne'lempi {\).
Uopo i qualivengono gliarabi ; e di questi non restano nelle
nostre biblioteche che un trattato di Metafisica di Moisè ben-Aabir
Allak in quelladi San Martino, un altrodi Principigeneralidi Abn-
Said al Asme ricordato da Abulfeda,in quelladi Girgenti,ove si
ba pure la spiegazionedi cose ambigue di Mohamed ben Roscid (2);e son noli i Confortipoliticid'Ibn Zafer,librogiàpubblicatoè dotta-mente
illustratoda Michele Amari nel 1851. Sullafine del decimo seco-lo,
cioè intorno al 1000,tenne scuola in Sicilia,ove sirifugiòdalleper-secuzioni
d'Ibn-Abi-Amir o Almanzor, quella'id-ibn-Fethun-ibn-Mo-
kram da Cordova filologoe filosofoillustredellagente de' Togibili(3):
ma di quel tempo più che a filosofiagliarabi sicilianiattendevano a
quanto pare allamedicina,allagiurisprudenza,
alla teologia,alla
grammatica,allapoesia,allaagiografia(4);e non prima della corte
Normanna e Sveva la filosofiaricompariscesplendidamentein Si-cilia.
Che, appena era forse posto in pie il nuovo Regno cristiano,
che fioriva fra noi S filosofavain latino un tal Giovanni,dal Cave
detto filosofoe dialetticoin queW età celebratissimo,(5),e non diverso
per avventura dal Giovanni di Siciliacui appartieneil ms. 1450
Saint'German,che è, siccome avvisa PAmari, un trattato di retto-
rica (6).De' tempiSvevi,cioè sotto Federico e Manfredi si nomina
poiun Bartolomeo da Messina che per ordine e piaceredi r^ Manfredi
recava in latinodal greco e non daIParabo P Etica di Aristotile,man-data
da esso re alPUniversitàdi Parigi,siccome altretraduzioniaristo-teliche
aveva innanzi mandale a quelladi BolognaPimperatoreFede-rico
(7),di cui si sa avere avuti a Corte oltrelo scolasticoScoto,due
(1)V. Gabtaki, Vii, Sanct. Sieul. Isag.e. 17 n. 6. Animad. v. l. 1 p. 13.
C2) V. NARBO^rB, Istoria della LelteraL siciliaiia,t. VI. Ep. Saracena,p. 206 Pai.
(Z) Amari Op. ciL v. % p. 472.
(k) Amari Op.cU, v. % L. Ili,p. 318 e segg.
(H) • Joannes natione italus,philosopliusei dialecticus suo tempore celeberrimus,
claruit anno 1060. Puer adhuc palrein in Siciliam comilatus, prima ibi erudilionis
fundamenia posuil• HUl. Script,Eccles. l. II, p. 202.
(6)V. Amari, Storia de' Muiulmani di Sicilia,v. I. p. XXX Fir. 185i.
(7)Il Tiraboschi spiegacome sia la stessa che V altra di Federico ai dottori di Bo'
lognala lettera di Manfredi ai maestri di Parigi, pubblicatasul cod. Colberlino
nella Collezione de' PP. Marlene e Durand. L' illustre storico nota che dalla Corte
di Federico uscirono le prime traduzioni ch'ebbe l'Italiadelle opere di Aristotile,
DELLA FILOSOFIA IN SICILIA 179
Aglidel gran Comentatore Ibn-Roschid o Averroe,i qualiin quellatanta celebrità che godeva ilfondatore dellascuola di Marocco span-devano
facilmente sotto la imperialeprotezionele dottrine arabo-
aristotelichedel padre,e contribuivano molto a far dare al giovine
imperatoreil nome di filosofo materialistaper V insegnamento del-l'
Intelletto universale in mezzo alle amorose canzoni e ai conviti
e al galantebrio della Cuba e della Zisa. Che la Corte Sicilianadi
fatti fosse slata benjB ammaestrata nella filosofiagreca ed araba di
que^tempi ilsappiamodallelodiche di Manfredi fece TegizianoGè-
mal-el-din.ambasciadore al re per partedel Sultano di EgittoBibars,
riferitenegliannali di Abulfeda; e si sa del libro EI-BiesàiIes Si-
kilia,ovvero QuesitiSicUiani,che Ibn-Sab'in scriveva verso il1246
da Ceuta" per rispostaalle tesi che P imperatoreFederico già a-
veva proposto ai filosofimusulmani di allora (I).Un secolo dopofioriva in Messina una scuola di dialettici
,co^ qualidisputavaper
lettere ilPetrarca, accusando le loro sottigliezzeall'amico Tom-maso
Caloria;e Nicola Bonetti pur messinese, professavauna Me-
thaphisica,chey anziché risentirsi della speculazionearaba ^ già era
piena dello spiritodelle scuole latine di Occidente;siccome alla
scuola tomista eziandio apparteneva quelFilippode Barberiis sira-cusano,
ilqualesullametà del quattrocentoscriveva tre librisulP/m-
morkUità delf anima, due stUla Provvidenza,ed altritre storicisugliinventori delle scienze e delle arti meccaniche.
Scolasticoparimente quanto il Bonetti e il De Barberiis fu Giu-liano
Falcigliadi Salemi autore di quattro libriDe setisu composito.De medio demonstrationis^De sophistarumregtUis,De terminis mo-
ralibus;e aristotelicopiù che sulla fine del einquecentonon era
condoUesul testo greco» e non arabico;ed aggiunge:• É certotlie qualcheopera di
Aristotile fu per ordine di Manfredi recata in latino, e non dall'arabico* ma dai
greco. Ne abbiamo la prova in an codice a penna della libreria di S. Croce in Fi-renze
citati»dal eh. Mehus, in cai .sicontiene V Etica di qael filosofo tradotta dal
greco da Bartolomeo di Messina: Incipitlibermagnorum Ethicorum Aristotelit tran"
status de greco in tatinum a MagistroBartholomeo de M essana in euria Illustrissimi
Manfrediserenissimi RegisCiciliaescieutiae amatorie de mandato suo ecc. Forse altre
opere ancora di Aristotile,che ai tempi di Federico non erano state tradotte fece
Manfredi recare in latino,e per render noto ilvalore e 1'erudizione de' suoi,
man-
dolle in dono ali*università di Parigi,usando perciòdella letterastessa,di cui usato
avea Federico ntill'inviare le altre ai professoriBolognesi.• V. Storia della tetterai.
Italiana,l.IY,lib.H pAg.130.Mod. 1774;e Renan, Averroès et VAverroisme,{ XIV,
p. 286. Par. «861.
H) V. Amari, Slor. de'Mnsutm. di SieUia. v. 1, Tavola Analit. p.XXXVIll.XLIX.
180 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
ornai conceduto,r autore della Introduzione alla Logicadi Aristotile,
Barloloiueo Castellimessinese, della slessa scuola che Giovanni Bo-logna
palermitanoa)mpendiatore ùeW Arte dialetticache stam-pava
in f.ovanio nel 4550. Né altro che scolasticie aristotelici
5*idebban tenere il Lo Faso di Gaccamo, cui appartieneil li-bro
Perihermcnias,sive de Interpetratione(1549);il Calvo Solonia
di Avola autore di un altro libro sulla Introduzione di Porfirio ai
Predicamenti di Aristotile,e di una Apologiaper le esposizionidi
Aristotile (1575)avverso il Balduino già maestro del Lo Faso, e
logicoin quellaetà rinomato; ilCapra,nicosioto,il qualenel 1589
mandava fuori due Quesiti,Tuno De sede animae et mentis ad Ari-
stotelispraecspta, adversns Gnienum, T altro De Imtnot^talitateA-
nimae rationalis,justaprincipiaAristotelis,
adversus Epicnrum,
Lttcretinm,et Pythagoricos;ilBolani di Messina autore (ìeìVOpuslo-
gicum (Mess.1597);ilChiavelli,palermitano,illustratoredel terzo
libro de anima di Aristotile(1591),secondo che già innanzi aveva
fatto il Pizza di Chiaramonte, ilqualetrattava nel 1553 de divino
et humano ìntellectu,et de hominis sensu, ex Peripatheticis.Né è da
dimenticare P erudito Matteo Selvaggioche circa lametà del sec. XYI
esponeva in un'opera,che intitolavaLectura, i libridella Fisicadi
Aristotile.Veramente, lascolasticae PAristotelismo fra noi duraron
piùche nellealtrepartid'Italia,e quasiper tutto ilsecolo decimoset-
timo ci imbattiamo in opere filosoficheche odorano sempre si del-l'una
e si deir altro.Serafino Rotellamessinese,dopo ilTrimarcbi suo
concittadino autore di una summula o Introductiones ad Logicam
juxta Aristotelis et D. Thomae Aquinat,(lermanum sensum (1536),
raccoglievasulla metà di quelsecoloF/or^5 in AristotelisOrganum,Fructm honoris in IsagegenPorphiriiet universam AristotelisPhi-
losophiam(1652);Bonaventura Belletticaianese Dispntationesin Or-ganum
Aristotelis,e in librum de Anima (1639-1643-1660),e An-tonino
Botti palermitanoaltre disputazioniin AristotelisLogicam,
Philosophiamnaturalem et Methaphysicam(t.IH. 1671).Che anzi
non mancarono in Sicilialullisti.tomisti,e scotisli(1):un p. Vittorio
da Palermo cappuccinodiede una Declaratio dilucida in Artem Ray-mundi Lulli (I636J;e Raffaele Bonerba di Agira, dopo PEncftfrt-
dion Scoticum di Gaspare Sgliemma palermitanoin Organum logi-
cum Aristotelis (Pan. 1648),e il libro di Illuminato Oddo, collesa-
(1) Fu pure lullista,e compose eziandio una sua Arie Magna un lai Triolo da Tra-
pini, siccome riferisceV. Nobile nel suo Tesoro Nascosto 23.
DELLA HLOSOFIA IN SIGIUA Idi
nese, Logicaperipateticaod mentem Scoti,qua subtilissimidoctrina
declartHur (Pan.1661),tentava la loro conciKazione con Peperà To-
tius PhUosophiaenatiiralis dispositiones,in quibus omnes inter D.
Thomam et Scotum controversiae principalescum doctrina card,
jEgidiiiUustrantur (t.II. Pan. 1671).Solo inchinevole a Platone fa
allora un Raimondo del Pozzo, che scrisse in latinoun libroDe ani-ma,
e una Sylvavariarutn Quaestionnm (1664-1667),e in volgare
il Circolo tusculano,ove si trattano alcune proposizioniplatonichedd Timeo, e si aggiungela scuola Aristoteiica con le sette dei filo*
soft(Mess. 1656); e dalla filosofiasperimentalesi mostrò colti-vatore
pur quasi solo Simone Rao Requesens palermitanoe Ve-scovo
di Patti,autore di Letlioni filosofichesopra varie materie,par^ticolarmenle sopra Galileo Galilei,non però pubblicate,e quindinon
a noi pervenute (I).E potremmo eziandio aggiungerealtriinsegna-tori fra noi di filosofìascolasticadi queltempo, come, il Bruni cbe
dava un libro Logicaliumdisputationum(Pan.16'4l);AgostinoSpinooautore delleQuaestionesphilosophicaead Logicamspectantes(1861);il
Castiglionepelsuo Cursus Philosophiais(1691);ilGiattino per la sua
Logicae per la versione intrapresa,ma non potuta compiere,di
tutte le opere di Aristotile(1651);ilVita per l'operaDe objectoLogi-eoe (1670);ilCordici,ericino,cui siallribuiscouoda Luca WaddingotaluniCommentari suUa Logicadi Aristotile-,ed altrinon pochi.Né è da
scordare che le opere di questisicilianinon solamente erano stampate
in Sicilia,ma eziandio fuori,a Napoli,a Roma, a Padova,a Venezia,a
Milano, a Genova, a Parigi,a Barcellona. Onde in Roma e in Parigi,e giàprimaa Goa,sipubblicavanoeziandio glistudiorientalidi Pro-spero
Intercetta da Piazza,e di Nicolò Longobardo pur sicilianie
tutti e due gesuiti;cioè il Confudus Sinarum Philosophus sive
Scientia sinensis latine exposita,(IGG7-1687),delPIntorcetta,lapiùantica di tutte le opere intorno alla Filosofiacinese (2); e P altro
libro De Confucioejusquedoctrinaoltre quellodeW anima e sue fa-coltà,
scritto in cinese, del Longobardo (15t"5-1655),coetaneo di
Giordano Ansalone di Sanlostefano,morto in Cina nel 1634,da cui
r Europa aveva avuto le notizieDe Idolis,sectis,et superstitionibus
Sinensium, cum eorum confutatione.
Pare i nostri Siciliani,essere statipiù cbe altrove,se ne eccettui
(1)V. MoNGiTORE, Biblioiheea Sieulatt. II pag. 231-33.
(2)V. il nostro scrino DegliserilloriSicilianiomessi nella Storia della letteratura
Latina di Cesare Cantù, nella rivista La Sicilia,unno I n. 2» Pai. 1865.
Ì8% NUOVE EFFEMEiUDl SICIUANE
ADlonio Casserioo di Noto che nel secolo XV recava in Ialino i
libride Republicadi Platone ed altridialoghidello stesso filosofo,
dedicandoli a Re Alfonso,chiusi nel campo scolastico,mentre nelle
altre partidMtalia coglievanofama Giordano Bruno, Tommaso Cam-panella
,Galileo Galilei: e si deve a Gian Alfonso Sorelli e poial
Fardella e alCampaillaPentrata neir Isola della nuova filosofia,che
si disse Cartesiana e poi Leibniziana,
tutte e due scalzate dalla
scuola che pigliavanome dal Miceli e da Monreale, fermando un
indole propriadi filosofare,che piùche stranierasiaddimostrava di
abito e di tradizioniitaliana.
V. Di Giovanni
ILLUSTRAZIONEDI UN TRITTICO
mmm ma pmacotega coiunalb di teriinmierssc
Un IriUico in legno di cent. 21 — 16, che appartieneallaclasse
dei irillicipitturatio ecclesiastici,teslè acquistatodai deputatidella
bibliotecaLiriniana di Termini-Imerese,sotto la cui direzione mi-gliora
e cresce di numero la Pinacoteca comunale istituitacoi qua-dri
lasciatidal benemerito D. Antonino Gargottae Cocilovo,è il
tema di queste mie poche pagine;poichéesso mi sembra impor-tantesi per le credenze religiosedei cristiani di quei tempi,come
ancora per la storia della pitturain Sicilia(1).Il protagonistadi questo pregevoledipintoè laMadonna col bam-bino
in braccio,a cui fan corteggioangioli, apostoli^ e santi ve-scovi
e dottori della chiesa greca, i qualico' loro scrittisostennero
la divina maternità di Maria^e la consustanzialità del Figliodi Dio
col suo Divin Padre,contro l'eresiedegliAriani e Nestoriani.Per-ciocché
Ario atessandrinoverso l'anno 315 o 321 non potendootte-nere
il vescovato*di Alessandria giuròvendicarsi del vescovo Ales-sandro
eletto a succedere in quellachiesa al morto vescovo A-
cliilie.Né potendotoccarlo nei costumi,lo accusò di sabeUianismo
sul mistero dellaTrinità;punto non temendo di asserire che il Verbo
(I) 11 Irìuico fp portatoal barone K. Jannelli,ilquale,conoscendone l'importHnza
lo fece acquistareper la Pinacoteca comunale di Termi ni-Imerese.
ILLUSTRAZIONE DI UN TRITTICO i83
non era né etemo né egualeal Padre,
ma che non era se non se
una creatura tratta dal niefile.
Quesla eresia fa condannata nel Concilio Niceno,che è ilprimoConcilio Ecumenico, tenuto Panno 325 sotto ilponteficatodi San
Silvestro,regnando T imperatoreCostantino. Durò questo Concilio
dal 19 giugno ai 25 agosto; v'intervennero 318 vescovi;S. Silve-stro
vi mandò come suoi legatiVito e Vincenzo pretidellachiesa
romana, e come presidentedel Concilio Osio vescovo di Cordova;
pure volle assisterviV imperatoreCostantino,benché allora fosse
semplicecatecumeno. Nel suddetto Concilio Niceno fu definita la
fede dellaconsustanzialità del Figliodi Dio colsuo Divin Padre. Vi
fu fatto un simbolo nel qualeentrò il vocabolo consustanzialeyche
diventò in seguitodistintivodi cattolicità.Quel simbolo chiamasi an-cora
il simbolo di Nicea.
Nestorio,patriarcadi Costantinopoli,fu elevato a quellasede
Tanno 428. Combattè da prima con molto zelo luttiglieretici,
specialmentegliAriani,i Hacedoniani ed i Novaziani. Quando Ala*
nasio,prete di Antiochia,che seco avea condotto in Costantinopoli,osò un giorno predicareche la Beata Verginenon dovea chiamarsi
Madre di Dio,Nestorio invece di biasimare quel temerario T onorò
pubblicamente, e sostenne che come eranvi due nature in Gesù
Crisio,cosi eranvi pure due persone, la divina e T umana,
e per
conseguenza due figli,V uno Dio e l'altrouomo; dal che proveniva
non doversi Maria chiamare Madre di Dio (Theotocos),ma soltanto
Madre di Cristo (Chrislotocos).Egliaggiungeva che Cristo era u-
nito al Verbo non già di anione iposlatica,ma di una unione di
abitazione del Verbo nella umanità, come in un tempio, e per so-cietà,
per comunicazione di potenza, di benevolenza, di dignità.Se-condo
Nestorio ed i nestoriani il Verbo figHoiliDio non si è fatto
uomo assumendo V umana natura dalla Beata Vergine;ma è discesa
suir uomo nato da lei:Essa ha partoritoil tempio di Dio, non co-lui
che abita nel tempio.
S. Cirillodi Alessandria combattè questierrori con diverse opere
indirizzateall'imperatoreTeodosio ilgiovane,a Pulcheria,e ad Eu-
dossia sorelledi questo principe.Ne scrisse anche al Papa S. Cele-stino
,il qualecondannò i detti errori in un Concilio tenuto in
Roma nel 430. L'anno seguente poi fu radunato ilConcilio gene-rale
di Efeso,il qualecondannò anco Nestorio e lo depose (1).
(i)EslraUo dal Dizionario Universale delle scienze ecclesiastiche di Giraud e Ri-chard
184 NOOVE EFFEMERIDI SIGILUNB
Ho credalo indispensabilepremettere questipochicenni salPe-
resie delle diverse sette condannate dai Concili,1 qualidiffiniiiva-
mente stabilironola divina maternità di Maria; che forma ilcon-cetto
religiosodel trittico in parola,le di cui figurecon greche i-
scrizionisegnate ora mi proveròa passare in rassegna (0-
Esternamente
Nell'impostadestra : Un S. Cristoforo di figuracolossalecon te-sta
di agnello,
vestito da guerrierocon lungo bastone in mano,
che passa un fiume portandosulla spalladestra Gesù Bambino che
colla sinistra mano carezza quellatesta di agnello,e coiraltra lo
benedice;a destra del Bambino, vestito di tunica,vi sono i mono-grammi
(iQxc )^^^ Cristo.
In questa figura,seguendo Pantica tradizione,che Cristoforo,sol-dato
di professionema uomo di perversicostumi ,fu poi conver-tito
a santa vita da Gesù Cristo;vollel'artistaesprimereilcangia-mento
morale col figurarlodi corpo colossaleda guerrierocon un
capo di mansueto agnello alludendo cosi alla metamorfosi dì lupoin agnello.
Questa figurapoi probabilmentevi fu posta nelPestremo del trit-tico
perchè si attribuiva comunemente a questo santo la potenza
di liberareda morte repentinacoloro che in quelgiorno ne aveano
veduto Timagine: per la qualcosa si vede spesso dipintoin di-verse
scale di case di abitazione,o nelle porte esterne delle chiese.
Sopra la delta imposta: Un mezzo busto di S. Niccolò,lacui ve-nerazione
era molto diffusa massimamente in oriente.
Neir imposta sinistra : Un mezzo busto di S. Atanasio Alessan-drino,
uno de**quattro principalidottori della Chiesa Greca.
Più sotto ivi : Un mezzo busto di S. Melezio vescovo di Antio-chia,
detto il grande, nato in Melitene nel secolo lY, ilqualecolla
sua dottrina sostenne la divinità del Verbo in faccia allasetta de-gli
Ariani,che glifecero soffrire persecuzionied esilii.La sua fede
però stette salda a fante prove, e restituitoalla sua sede dalP im-peratore
Graziano,assistèal concilio di Costantinopoli.I Greci in
•conseguenza dellasua santa vita metteanlo a paro dei più illustri
padridella loro Chiesa.
(1)Le iscrizionigrecheTurono tetleed interpretateda* chiaiissimi canonici Pietro
^nfilippoed AgostinoGiufiTrtCaruso.
186 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
bro. Dolla iscrizionesirileva essere glialtridottoriprincipalidella
Chiesa Greca;cioè S. Giovanni Crisostomo,S. GregorioNazianzeno,
e S. BasilioMagno.
Sulla testa dellaMadonna corrispondeuna corona, che, chiuso il
trittico,resta nel centro superioreesterno.
A destra dell'imposta interna : Due mezze figure,cioè una di
un vecchio con lunga barba bianca,che porta un cappellinorosso,e r altra di donna, sottostantiad un angeloin intera figura,in palu-damento,
che colla destra benedice e colla sinistraloro offre un
giglio.Dalle iscrizionilateralichiaro si scorge, che esse sono S.
Zaccheria e S. Elisabetta,genitoridi S. Giovanni il precursore.
Sotto vi è S. Giorgioa cavallo che uccide il dragone (come^loconrernia la iscrizione).
Nell'altraimposta interna sono due mezze figurerappresentanti
S. Gioacchino e S. Anna, che da Maria a loro soprastantedi mezza
la persona, e in alto lo SpiritoSanto, alzata dal seggio,
sono be-nedetti
allalatina.Sulla figuradi Maria vi è scritto : Ammirevole
nel seno Madre di Dio,
Sotto le dette figurevi è replicatala figuraequestredel S. Gior-gio,
che uccide ilcapo de' saraceni con P iscrizioneafios amhzeox,
che significasanto benevolo,propizio,etc.
Il S. Giorgio è un'introduzione di piadevozione che aveano i
seguacidella chiesa greca verso quelsanto, ma che replicatonel-r altro lato in atto di uccidere ilcapo de' saraceni coli'addiettivo
benevolo,pare che alluda alladi lui apparizionenella famosa bat-taglia
di Corame, data dal conte Ruggierol'anno 1063, nellaqualedice il Malalerra (1) • che Seiione venuto fuori dallacittàcon tren-
• laseimilitivolse in fuga trentamila saraceni. Sopraggiuntepoi il
• conte stesso con cento militi,stava in pendentese doveva atlac-
" car battagliacoi saraceni,malgradola grande sproporzionedel
• numero. Ursello di Baliol lo minacciò di non volerlomai più ac-
" compagnare, se schivava di venire alle mani coi nemici. L' eser-
i cito normanno si mosse. Fu visto allora uscir dallafilae correre
? ilprimo sopra i nemici,un ignotocavaliere,coperto di armi lu-
? centissime,sopra bianco cavallo,avente in mano un bianco ves-
« siilo,con sopra una croce. Tutti conobbero esser quelloS. Gior-
• gio,il quale,vescovo e patriarcadi Alessandria in vila,era già
• divenuto dopo morte cavaliere,e patrono di cavalieri.»
Dall'introduzione del S. Giorgioche uccide il capo de' saraceni,,
e dal rosso manto della Madonna,colore caratteristico del manto
(l)Palmerì S*3inma p. iO. V. li. Pai. i837.
ILLUSTRAZIONE DI UN TRITTICO 187
di quellaimagine apparsa sulla porta di mezzogiorno di Palermo
al conte Ruggiero,allorctiòassediava quellacittà,di cui s'impadronì
poco dopo sottomettendo i saraceni Tanno 1071 ; e dal carattere
artistico di queldipinto,io la credo opera del XII secolo;negliul-timi
anni del qualesi estinse colla imperatriceCostanza la dinastia
normanna (1).Greche sono le iscrizioni,e sullo stampo di quelleimagini pit-turate
dai grecibizantini è la Madonna col bambino, ma neir altre
figureche fan corona aliagran Madre di Dio vi si scorge altro mo-vimento
e varietà che fan credere probabilissimoesser lavoro
di sicilianopennello, poichésin dal principiodel cristianesimo
quegliartistiesercitavano la loro arte,
la quale maggiormente
crebbe in vigoreneir ottavo secolo colla rappresentazionedelle i-
magini sacre in onta alla eresia degliiconoclasti,che in altreparti
erano riusciti a distruggeretutte le sacre figure.Ma i sicilianiga-gliardamente
combattendo quellasetta, tennero immune da quella
barbarica devastazione tutta Pisola; ove la maggior parte dei cri-stiani
si componeva di grecidi nazione,e di sicilianiappartenenti
alla chiesa greca.
Il disegno delle figureé alquantosecco ma i contorni sono fran-camente
eseguiti;ilcolore trasparentee brillantemi sombra dato
a tempra mista, o più probabilmenteair encausto,maniera di di-pingere
con colori misti alla cera,usata dagliantichi greci e ro-mani
,e che si crede fosse stata sempre vigentein Siciliaanche
dopo il decadimento delle arti,
e durata sino al secolo XY come
lo conferma ilfamoso quadrodel trionfo della Morte dipintoairen-causto
da Antonio Crescenzio su di una paretedell'atrio dell'ospe-dale
di Palermo (2).
E finalmente sembrami opportuno avvertire,che tutte le ligure
ed i panneggiamentisono graflSliprima della doratura generale,e
quindicontornati a nero ; il nudo è preparato con colore bruno
chiaro,e contornato collo stesso colore alquantopiù scuro; però i
sopracigli,le palpebre,e gliorchi sono in nero; colori trasparenti
velano i pannisulle pieghe già disegnate; e le mezze tinte ed i
lumi delle carni sono dati a tocciù risolutie di molto corpo che
fan contrasto su quellama"sa preparata con colore bruno (3).
Ignazio De Michele:
(ì) Ab. Gravina. Sopra un'antica iinaginep. 9. Fai. 1855, Lao.
(2" Di Marzo. Storia delle belle arti in Sicilia p. 120, V. III.
(3)Una Madonna col bambiTio sopra tavola con fondo dorato e con anreole scol-pilenel fondo di cent. 51—39, coli'istesso artifiziodi colori
,e sullo stesso fìpci
ieratico si conserva nella mia raccolta di quadri.
STELLA E KlUPERLI
(Continuaz. e fine vedi voi. Il,disp. UI)
Costai entrato cinqaenne nel 1S82 nel collegiodel Serraglio,ove
compi i sQoi studii,
come è ricordato di sopra, nel 1607 era già
venticinquenne,e per la sua dottrina,coraggioe virtù d^ogni ma-niera,
era divenuto uno de^ personaggi più rispettalideir impero.É probabileche il favore della sorellaabbia contribuito a farlo co-noscere
,e a' primi suoi voli ; non appena ebbe a£9dati de' co-mandi
militari,
e potè svolgerei suoi pensierinel Divano con la
qualitàdi Pascià,
sali a tal grado di pubblicaestimazione,da a-
cquistarela pienezzadella grazia del principe,del mufli, del cai-
macan o governatore di Costantinopoli,e de^varii ministri.
Quest'umile schiavo,dichiaralo tale uomo di Stato di cui non han
pari i cristiani,e che meritò di esser paragonato a Sullyper Tarle
di governare ,e per integritàe giustizia
,avea assunto il nome
di Mélìémet Kiuperli.Di lui scrivono tuttiglistorici musulmani,
con leggieriequivoci cronologici,talché seguendoli,io farò ritratto
del suo merito insigne.La di luidiscendenza mantenne ilcognome
del grande da cui nacque, e V ultimo di essi Numan Kiuperliebbe
la gloriadi ottenere le lodi dello stesso Voltaire.
Héhémet Kiuperlifu elevalo al grado di Pascià di Damasco da
Amnratte, e di Visir Arem da Maometto IV alPetà di 70 anni nel
1647. Vigoroso sino alPestrema vecchiezza,^'ingegno pronto, vi-vace
,fecondo
,consumalo nella difficilearte di reggere i popoli
,
accrebbe di molto la potenza delP impero.Conlemperando la man-suetudine
con ilrigore,dice Lorenzo Crasso (I),ilgrande Kiuperli
seppe tenere a freno un popolo, che solo può imbrigliarsicon i
gaslighidi sangue. Allora il trono di Maometto IV corse pericolodì essere rovesciato,ma il braccio di Kiuperlilo sostenne, conso-lidò
e dispersei suoi nemici.
Orcano pasciàdi Aleppo tenlò elevare air impero Solimano,
nato segretamente da Amu ralle e da Racima sulle frontiere della
Persia,
mentre costui guerreggiava contro i persiani,
e tenuto
(l)Elogide' Cajpiiauiillitsiri.Venezia 1683, p. 351.
STELLA E KIOPERLI 189
sempre celalo da Kacima per timoce che Paraki sultana non lo a-
Tesse fatto morire. Orcano sollevòluttaPAsia,e vicino a Smirne nei
campi di Trocaksga,
assalì Kiuperli,che comandava un esercito
di 80,000 combattenti. In quellamemorabile battaglia,KiuperliTe"
prediglidi valore;ma, senza sua colpa,fu disfatto,e perdetteperfino Tartiglieriae i bagagli.Quella rotta imprevistaavrebbe disa-nimato
qualsiasicapitano;ma Kiuperlinon cesse a^ colpidell'av-versa
fortuna. Addatosi che Orcano invece di raccoglierei fruiti
della vittoria,temporeggiavaoziando,Kiuperlisimulò voler patteg-giare
seco luì,iniziòi trattaliper mezzo di ambascerie,e per trarlo
allelungheproponea condizioni difficiliad essere accette. Cosi per
mezzo di continui progettie rifluiida questa parte e da quella,il Visir Arem ebbe comodo e tempo di radunare un esercito più
forte del primo.Chiamò da CostantinopoliilfanciulloMaometto lY,
e lo pose alla testa delPesercito; non giàper dirigerloo coman-darlo,
ma bensì perch*era persuaso che i ribellicorrotli dallede-lizie
e dalle prede,sorpresie assaliliairimprevista, impauritida
nuovo formidabile esercito,e colpitigiustamente dal ribrezzo di
impugnare le armi contro la persona del loro legittimosovrano,non avendo coraggiodi venire alle mani, si fossero o sbandati
,o
ritrattialle di lui bandiere,abbandonando quelledi Orcano. Tanta
antiveggenza,sortì feliceeffetto;lafortuna ottomana fu pienamente
ristoratae accrebbesi la gloriadel gran capitano.Non appena Or-cano
ebbe certezza che Maometto lY in persona sostenuto da un
novello esercito più gagliardodel primo, comandalo da Kiuperli,veniva ad assalirlo,fu colpitoda sgomento, e ì suoi soldatigli
niegaronoubbidienza. Moslravasi pronto ad accettare i palliante-cedentemente
propostida Kiuperliper finta di pace, ma costui lo
sorprese improvvisamente,lo ebbe in potere insieme a Solimano,
e li fece strangolareambedue. In cosi fallo modo Kiuperliassociò
il vacillante diadema sul capo del suo monarca, ilqualedalla so-rella
Siella era amalo come propriodi lei figlio(1).Un altro importanteservizio rese Kiuperliair impero dopo que-sto
fatto;i giannizzerisi ammutinarono, e, prese learmi, tentarono
deporreilprincipe;ma il Yisir li ritornò alla pristinaubbidienza
con pubblicoplausoe maraviglia(2).Se eglifu grande in vita,non lo fu meno in morte: per innalzare
(i)Crasso»ivi.
(ì) Grassi,l. 1. p. 420. SiUosiri1. e.
12
190 ìNuove effemeridi siciliane
ilfiglioAchniel al visirato,usò tale astuzia,da rimaoerne memo-rabile
ricordanza negliannali ottomani. È leggeinvariabiledi quel-r impero che niun figlioo nipotedel monarca, anche per parte di
donna possa succeder alle cariche del padre.Ciò non ostante Mé-
hémet Kiuperliruppe questuso durissimo,introducendo un esem-pio
di unica eccezione in questaleggenon prima,né dopo mai vio-lata.
Suo figlioAclimet era uomo di estraordinario merito,
aveva
aiutato efficacemente il padrea debellare Orcano, e perciòben de-gno
di ottenere ilvisirato. Kiuperliconsumato daglianni e dalle
memorande imprese,ammalossi;e conoscendo essere omai giuntar ultima sua ora, chiamò immediatamente ilfiglio,gliaffidò ilde-posito
de' segretipiù gravidello Stato con V ordine espresso di se-condare
la sua astuzia.Comprendevaeglibene che essa gliavrebbe
potuto produrreuna fine infelice;ma la brama di beneficare ilfi-glio,
e la certezza che per poco assai gliavrebbero potuto antici-
pare una morte vicina ed inevitabile,lo animarono e determinarono
a compierePardìtissimaimpresa.Finito ilsegretocolloquiocolfiglio,si pose a lettoe fece spargere la voce della sua malattia,che rattri-stò
lacapitale.L' imperatoreglimandò ilsuo medico, che trovò mo-ribondo
ilvisir,e subilo dopo gl'invioi membri del Divano per
riprendersiilgran suggellodell'impero.Ma il vecchio finse di aver
perdutola parolae V intelligenza,e cosi dopo pochigiornispiravail 19 ottobre dell'anno 1633, di oltantasei anni. Achmet suo figliosi recò tantosto dal monarca
,nelle di cui mani depose ilsuggella
imperiale,e una letteradei morto padrenella qualegh dicea che
il suo figlioAchmet era depositariode' segretidello Stato. L' im-peratore
,memore de' meriti e degliobblighiche lo legavanoa
Méhémet Kiuperli,
e al di costui figlioAchmet ,estimò prudente
di non far passare in altrisegretidi tanto rilievo,e creò quindiVi-sir
Arem ilgiovane Achmet Kiuperlidi 32 anni appena ,ma per
la praticaacquistatasotto il genitore,maturo, savio,prudente(I).Fu costui inoltrestrenuo capitanodi eserciti,e non solo fu celebre
per le vittorieriportateassieme al padre contro di Orcano, ma del
pariper quelleottenute da sé solo. Combattendo contro Venezia,
fu dapprimabattuto a Raab da Monlecuccoli;ed alloraeglipose o-
gni sua cura a conquistareT isoladi Candia. Morosini capitange-nerale
de' veneziani la difendeva per mare, e Mont-brun uffiziale
francese per terra;mercè il loro coraggioe di un rinforzodi (5in
(l)Crasso,toc.cii.
STELLA E KIUPERLI 19i
7,000 uomini inviativida Luigi XIY, resistette due anni; ma final-mente
dovette arrendersi il 27 settembre 1669. Kiuperlientrò in
Candia per capitolazione,ed acquislossiuna gloriaimmortale. Vol-taire
dice che i turchi in queirassedio si mostrarono superioria'
(Tistianinella conoscenza dell'arte militare.
Gli storiciattribuiscono a questo Gran Visir ilprogettodella guerradi Candia intrapresae continuata con tanto accanimento a solo fine
di sterminare i giannizzeri(I).Dopo quest'impresaKiuperliassali
la Polonia,a cui tolse la Lucrania, la Podolia,la Volinia e concesse
la pace a prezzo di un annuo tributo di 20,000scudi. Altre guerre
intrapresecontro l'Ungheriae la Transilvania,cosicché eglifu ri-,
spettatoe temuto entro e fuori delP impero.
Come uomo di Stato,la storia registramolli fatti,che onorano
questo grand'uomo. Io ne narrerò qualchedunoa comprovare il
suo merito. Viaggiandoin Asia con l'imperatore,notò costui una
magnificacasa appartenente a un ricco armeno; era intorniata di
splendidigiardinie de' più vaghi ornamenti ; il Sultauo l'ammirò
dapprima,e poi volle entrarvi. Gliene furono dischiuse le porte, ne
percorse i verzieri,e i boschetti a cavallo,e" sempre piùincantatodellasua bellezza,volle visitarne gì'interni quartieri.La loro grazia
e nobiltà rispondevaal rimanente dell'edifizio.Richiesto l'armeno
quanto glicostasse,rispose4,000 piastre.Il Principetacque, e ri-messosi
a cavallo continuò il viaggio.Camminando, manifestò al Vi-sir
il desiderio di acquistarla,e ilsospetto che costasse al proprie-tariomolto di pilidi quanto avea dichiarato, e Qual motivo ha
potuto farlo,mentire? » aggiunse il Sultano. • il timore », rispose
Kiuperli,« che conosciute le sue ricchezze,non glivenisse imposta
una tassa maggiore di quellache paga. » • Ebbene, • disse il Prin-cipe,
• vorrei comprare questa casa, ma molto più del suo valore,
dovendo io dare V esempio della giustizia.Domani fate venire que-
st'uomo innanzi a me. » Allorché egligiunse,ilSultano lo richiese
se consentiva a vendere la casa pel prezzo dichiarato,e dietro la
di lui rispostaaffermativa,glifu enumerato il denaro. L'armeno
lo ricevea tremando a verga, desolato dallaperditaa cui soggiacea"
perché la casa glicostava molto di più.Allora il Sultano glidisse,
sempre consigliatodal savio Kiuperli: « Tu hai mentito sul valore
della tua proprietà,io potreiprofittaredella tua menzogna, ma il
Corano me lo vieta;devo seguirnei precelticome ogni altroero-
(1) Grassi,i. 1,p. 79.
Ì\H NUOVE EFF£MERU)I SICILIANE
dente essendo io ilprimo giudicedell'impero.• Ciò dello glifece
quintuplicarela moneta.
Un ricco proprietariodi Gallipoliavendo avuto vivo desideriodi
comprare una casa vicina allasua, ne fece propostaalproprietarioche vi si negò costantemente. Speculòquindidi forzare ilsuo vi*
cino allarendita,con testimonii i qualideponesserocbe quel ne-gozio
era stato conchiuso,
e data e ricevuta la caparra. Cosi per-venne
a procurarsitre falsitestimonii,
e con essi si presentòal
giudicei che era di lui amico,richiedendoglidi obbligareil pro-prietario
a stipulareilcontratto di vendila. Ilgiudiceinterrogòquei
cittadino,di cui conosceva appienolaprobità,e costui negò di aver
consentito allavendita dellasua casa, e di averne ricevuto ilcaparro
e k) giurò sul Corano. 11 giudicealloraconcepìde' sospetti fece
chiamare illitigante,a cui manifestò le sue difficoltà,e costui come
amico del giudice,gliconfidò il vero, gliaggiunsei testimonii es-sere
falsi,che non volea frodarlo sul prezzo della casa, ma unica-mente
obbligarloa vendergliela,e diede al Cadi una borsa di 500
piastre,perchè glidesse la sentenza a favore. Costui finse di con-sentirvi,
fece chiamare il proprietariodella casa, interrogòV acqui-sitore
e i testimonii,che gnirarono il falso.E rivoltosial proprie-tario
glichiese se avesse de^ lestimoni in suo favore,ed essendo-gli
stato rispostodi non averne nessuno: « Ebbene, allordisse,ec-
cone cinquecento, che depongpno per voi. " Cosi detto mostrò il
sacco contenente le 500 piastreportategliper corromperlo.Di colpofece arrestare il litigantee i testimonii,ne die notizia a Kiuperli^ilqualed^accordò col Divano, ordinò la morte del corruttore, dei
testimonii e la confisca de' loro beni a favore del proprietario;e per
essere utilequest'esempio teiribilee memorando, la lesta de' col-pevoli
fu espostaalla porta della casa che avevano voluto rapirglicon tanta ingiustizia(i).
Questo Gran Visir movendo per laServia alla testa dell'esercito,
traversò un villaggioabitato da cristianigreci.Costoro non aveano
nò sacerdoti,né chiesa,perchè l'Ulema vietava esservi chiese nei
paesiove non ve ne fossero preesistitequando erano staticonqui-stati.Non ostante quest'uso,non scritto,ma religiosamenteseguito,
Kiuperliordinò di erigervìsiuna chiesa,e che vi si chiamasse un
prete greco per servirla.Alle critiche de' devoti,eglirispose,gliuomini abbisognaredi una religioneper non divenire malfattori
,
(I)Grassi t. I- p. 304, .305,306, 307. — Crasso p. 3Ò2.
194 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
cesi (1),dopo aver regnalo 15 anni con pariprudenzae fortuna,
ma sopra tulio con somma equità(2).
Il di costui fratelloMaometto nel 1089 salial visirato,e ristabili
la potenza delF impero ottomano in Ungheria.Giunse di vittoria in
vittoria sino al Belgrado,
che prese d' assalto. Estese le sue armi
a Yalcowart, e attaccò quindigliaustriacipresso Sabankermea, e
li avrebbe disfatto,
se non lo avesse freddato una palladi can-none
(3).
Abdula Kiuperlifu Caimacan di Costantinopolisotto Maometto IV.
Questo Sultano s'era fatto odiare nel suo (ungoregno pel di lui
carattere duro e crudele;ma i consiglie il merito eminente del
suo Caimacan, mentre da un latolo temperavano, dalP altrone man-tenevano
ilprestigio.Egliritardò quanto potè la di costui depo-sizione,che avvenne nel 1087. Fu cliiamato al ministero da
Muslafà II nel 1703,
e mori benedetto e onorato da tutto ilpo-polo
(4).Numan Kiuperlielevato a gran Visir da Achmet III
^annunziò
sin da' primiatti della sua amministrazione cif egliavrebbe seguitole tracce de' quattrogran Visir Kiuperli
,da cui discendeva ; ma
ebbe la disgraziadi essere chiamalo a governare sotto un principe,
che negligevai suoi doveri,la sua gloriae V interesse dell'impero.La rigidaprobitàdi questo Visir
,disse Voltaire
,fu la sola causa
della sua caduta. Difattisotto ilregno d' Aclimet molti abusi si erano
introdotti; il di lui predecessorenon pagava i giannizzeridal te-soro
nazionale,ma dal denaro ottenuto con estorsioni arbitrarie.Kiu-perli,
appena entrato al ministero,li pagò dal tesoro,com' era de-bito;
ma Achmet, che amava ad accumular metallo,ne lo rimpro-verò,
dicendogliche il Visir preferival'utilede' sudditi a quellodell'imperatore;e gliaggiunse:t U tuo predecessoreChorluli sapea
ben trovare altrimezzi per pagare le mie truppe, t II gran Visir
rispose:t Se egliavea l'arte di arricchire l'Altezza tua con le sue
rapine,è questa un' arte che io mi gloriod'ignorare(5).l^opodue
mesi di ministero eglifu destituito;la virtù e l'integritànon po-
teano convenire a un cattivo principe.Ma die avvenne all'uno e
(1)Dictionnairc des hommes illustres.Paris 1789.
(2) Grassi t. 2, p. 2i5, 16, 17.
(3) Diclionnaire 1. e. -Grassi l. 1 pag. 421.
(4)Ivi l. 2 p. 257.
(5)Storiadi Carlo XII,lib.V, p, i77. Venezia 1810, e Grassi t. 2 p. 244.
STELLA B KIUPERLl 195
airaltro? Il ministro passòla sua vita in una dolce tranquillitànel-
Pisola di Negropontee circondato d^amici,e ilSultano disprezzalofu depostoe fini i suoi giorninel fondo di un carcere. Egli sa-rebbe
rimasto sul trono senza dubbio,
se avesse avuto de^ mi-nistri
pari a Kiuperli:Achmet deponendolo, nominò in sua vece
a BaltagiMaometto Pascià di Siria,antico taglialegna del ser-raglio.
Chiudo quest'articolo con le paroledi Lorenzo Crasso,
e Alfio
Grassi;il primo dice: e Questa famigliaKiuperli, eh' esiste ancora
fra'turchi,è presso de' medesimi veneranda appunto per li molti
meriti di questisuoi antenati,che hanno lasciatomemorie illustri
in pace ed in guerra. E tra i molti privilegiie distinzioni di cui
gode in queirimpero, ha ancor questa, cioè che dovendo qualcunodi essa esser punitodi morte, non glisi può troncare la testa,ma
a guisadella famigliaimperiale,il di cui sangue è proibitodi span*
dorsi,deve essere strozzato (1).• E ilsecondo: « I-o ripelo,è que-sto
r unico esempio negliannali turchi,di cinque individui ( e a-
vrebbe potuto dir sei)discendenti della stessa famiglia,elevatialle
prime dignitàdell'impero Ci).»
LiONARDO Vigo.
(1) L. e.
(2)Ivi t. 2. p. Mi.
CANTI POPOLARI SICILIANI
E SCANDINAVI (1)
Quando nelle lunghe sere d'inverno si sta in discorso con una
donna pienad' ingegno e di sentimento, ognuno avrà sentito un
soffio d'un mondo ideale che solleva l'anima ed alza la volontà
verso gliatti generosi;ma quando nellaprimavera pur si sveglianole selve, allora si reca il desiderio di fuggirefuori nellecampagne
per ischerzare sui cader del sole collevillanellee per immergersinel
bagno deir intatta natura. Ogni disputaletterariasi dimentica men-tre
che l'anima si rallegrad'ascoltare i canti che dalle vigne e
dalle case risonano nella tranquillaaria. Non c'è per tutt'ilmondo
capanna cosi infelice,dove il canto sarà passatocon testa china;do-vunque
trova un suo nido,
ma l'indole dei canti varia secondo
quelladifferente natura, nella qualeconsiste la diversitàdei popoli.La poesiaItaliananel suo stile e nella sua forma resterà sempre
più 0 meno classica.L' opposizioneprofondafra anima e materia
della poesianordica,la ferocia e l'inclinazione al misterioso,
che
significail romanticismo, sia che parliin Byron od in Goethe,non
mai s' unirà coli'indole meridionale. Ancora è lo stesso Sole dell'an-tichità,
che splendesulla Grecia e sull'Italia;glistessi monti mi-
ransi nel mare Mediterraneo ; la stessa natura crea lo stesso po-polo,
e se anche il panteismoGreco e l'ideaantica del fatoè cam-biata
colla coscienza d'una provvidenzae d'una riconciliazioneetica,
nulladimeno l'indole antica parla sempre nel modo di sentire
e d' immaginare degl'Italiani.Dove ilcielo per lo più è continua-mente
sereno, dove la pioggiae la neve paionoun'ingiuriadellana-tura
,che viene a disturbare la felicitàcome un ospite spiacevole
che agghiacciauna festadi nozze, l'uomo intende la disgraziacome
una ingiustiziafattaglidalla fortuna,e perciònon vuole rassegnarsi
ma lamenta,grida e cerca vendetta;da ciò provienenei suoi canti
quellagioiainfinita nella felicitàe queirodio e quelladisperazione
violenta nell'avversità.
(1 Siamo lietidi pubblicareil presente articoloche riguardatanto da vicino le
cose -nostre. Autore di esso è il Dottor Martin Schneckloth,dotto poeU danese, il
quale,venuto Ja Copenaghen per istudiare la linguae la letteratura italiana,dopo
aver visitate varie città d* Italia,si è fermato alcun tempo qui in Palermo.
%
GANTI POPOLARI S1CILÌANI,£€. 197
L' uomo nordico,tradito nell amore
,si alloataoa superbodalla
fanciulla,chiude in sé ladogliae diventa malinconico e tristecome
r oscure sue selve d' abeti. Il meridionale in contrario impallidisce,
delira,si vendica e poi ride ed ama un'altra volta.
Non è senza interesse osservare, che Freia,ladea d' amore nella
mitologiaScandinava,fu tradita da suo marito. Quellapoi sul suo
carro camminava di paese in paese frapopoliincognitiper trovarlo,
piangendolacrime di oro, ma non lo trovò mai.
Là io trovo ilsimbolo delP amore,quelloche non cerca ven-detta,
che languiscee resta sempre fedeleal suo primo sentimento,
succhiando come da un fiore Tunica rimembranza della sua vita.Ho
veduto nella Danimarca una villanellasedotta di rara bellezza,che
diventò mezzo matta dal piangere,e che mai non parlava,altroche
per domandare dellospesso a sua madre: dimmi, dimmi,mamma mia,
quando torna lamia luce? Tutto aveva perduto,ma la speranza non
poteva lasciaremai. É lo stesso tipoche la Margherita in Faust.
Nella preghieradi Margherita,dopo che ella ha portatoi fiori alla
Madonna, poesìad'una semplicitàinestimabile,si manifesta lastessa
mesta rassegnazione,che non portaneanche un pensierodi maTodio
al seduttore,e che é ricca di poesiae di dolore latente,ma tanto
diversa dall'indole meridionale.
Due canzoni basteranno per significarela differenza.
La villanaDanese canta:
Ed io Sabato a sera
Solettamente assisa,io T aspettai.Il cor diceami: Spera;
Verrà, ch'ei tei promise.E sospirai.
Ma non venisti a met
Coir alba di Domenica
Sorsi,ed i miei capelliravviai:
Corsi in chiesa sollecita
E al camposanto;e allor per te pregai.
Ma non venisti a me!
E non venisti in chiesa
Neppur quelgiorno.E in chiesa non entrasti,
Perchè altra donna hai resa
Dell'amor tuo (elice,e me (scordasti.
Ahi, non venisti a me I
198 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
E raccoglierle rose
Volevo ove non cresce alcun rosajo:
E le luci amorose
Lassa ! cercai dove P amor non è.
Ahi, non venisli a me! (I)
In confronto a questo canto metterò un^ ottava della raccolta di
Pitrè:
'Nna liprofunniprufunnatigruttiLa stissa terra chianciri vurria;
Chianci lu mari cu lipiscitutti,
Li stiddi cu lu celu 'n cumpagnia;
Chianci lu Reni cu tutta la Curti;
Chianci lu Turcu e tutta la Turchìa;
Ed ora amici mei, chiancititutti,
Cà la me bedda abbannunau a mia (2).
Vedi la disperazionee vedi la rassegnazione.Il Siciliano ha bi-sogno
di chiamare lutto Puniverso per isdegnarePamante perOda,
per compiangerela sua sfortuna;la Danese si racchiude sola colla
dolorosa rimembranza, s'innamora del suo dolore,dellapoesiadelle
lagrime,diventando fra mezzo agliuomini una monica muta,la
quale,come la mogliedel re Olaf Tryggavason dopo il combatti*
mento di Svolder,mangiando soltanto un pomo al giorno,
cerca
in cieloquellasperanza, che fu schiacciatain terra.
E giuntala rassegnazione,che mai può entrare nel cuore Sicilia-no?
Può dimenticarepuò scordare,ma non mai rassegnarsi.La pas-sione
,la sente nel momento più forte che ognun altro
,la sente
sin al morire^ ma la burrasca passa ed il mare resta limpidoe fre-sco
come prima.
La giovane Siciliana,abbandonata dalP amante suo, non piangesin che i capellidiventano bianchi e gliocchi si chiudono. Il sole
Sicilianoride e la sua fanciullanon può piangeresempre; il cielo
nordico piange,e la sua figlianon sa ridere.
Cosi nel piantocome nel riso il canto popolaretrova la sua poe-sia,
cammina avanti come un dio,ora ridente,ora triste,secondo
ilpaese che passa. Intanto non sarà bisogno ricordare,che Pidea,
(4) L'Autore ebbe questa elegantee fedele versione poeticadalla gentilezzadel
prof.Carmelo Pardi,cui la diede in prosa.
(2) Canti popolarisieilianiraccolii ed illuslraii,voi. I, pag. 342. Palermo, Pe-
done-Lauriel 1870.
GANTI POPOLARI SICILIANI, EC. 199
che conforma il comune umano, resta sempre superiorealle diffe-
renze.
Certamente non è Io stesso fiore,quello,che fiorisce sulla lava
dell'Etna o l'altroche cresce sotto l'auroraboreale;ma qualunquean-dasse
in Scandinavia per trovare in ogni giovane una Freia pian-genteed una Margherita lamentosa commetterebbe lo slesso er-rore
come certi settentrionali,arrivati in Italia,che si sentono il-lusi
di non trovare in ogni ragazza una baccante,che canta e balla
sui monti con uno strumento alla mano.
Ciò che è comune per ogni forma di canti popolariè quelrap-presentar
l'uomoreale come esiste in carne ed ossa, quellimitarsi
allarealtà,riguardandoogni fatto come speciale,mentre che lapoe-sia
dell'arte raccogliei fattispecialiin categorie,introduce l'idea
e rappresental'uomo nella lotta fra la coscienza eterna e le pas-sioni
temporali;non cerca l'uomo nella realtà se non che per per-fezionare
il carattere nella sua corrispondenteidea,cioè,per tro-varne
il lipo.^
Nella poesiapopolaredegliScandinavi si distinguonotre epoche,
principiandodal tempo mitologico,che fuori delle molte saghe e-
roiche ci ha lascialole due Eddo, monumenti stupendid'una fan-tasia,
che nello stesso tempo può essere anzi selvaggiae rozza, co-me
può essere sublime e graziosa,d'un pensiero,che abbraccia
l'intimo segreto dell'animo,d'un popolo,che brancolando fra le
urne dei morti, ha trovato T ampia e chiara idea dell'immortalità
e del giudizioeterno, della resurrezione della carne e dopo la ca-duta
del iJtondod'un solo Dio, chiamato il padre di tutto.
L'Edda antica fu raccoltanel 1090,l'Edda posterioreun secolo e
mezzo dopo.Nel secolo mille trecento ilSaxo Gramalicus nella sua storia di
Danimarca raccolse molti canti del popolo;intanto traducendoli in
latino ne ha toltol'odore.
La meglio parte dei canti del medio-evo dobbiamo alle signo-rine
nobili,che si divertirono di raccoglierecanti e ballatein grande
numero sulla vita cavalleresca,sui duelli,i fattid'amore e le con-troversie
fra le famiglienobili.Questa è la fonte,donde il re dei
poetiScandinavi Adam Oehlenschlaegerha cavalo il motivo della
sua tragedia" Ael et Yalborg,
• poesia,che lottain bellezzacollo
stesso Romeo di Shakspeare.Il cavaliereAel torna da Roma, dove
ha cercato la dispensaper poler sposare la sua cugina Yalborg;ma mentre che egliè stato assente il giovane re s' è innamorato
della sua fidanzata,
e nel momento, quando il vescovo sta all'al-
200 NUOTE EFFRMBRIDI SICILIANE
tare per unire i dae amanti, nn monaco, portandoil librode' bat-tesimi,
fa sapere che Ael e Yalborg sono comari. Le nozze si
lasciano,Ael si prepara per un altro viaggio, ma intanto entrano
I nemici nel paese, ed Ael coltaspada in mano muore per difen-dere
quel re, a cui aveva giuratola fede, ma che voleva toglierglila sposa. Yalborg,
trovato il suo Ael esalando la vita muore di
dolore nelle sue braccia.Questo come esempioinstar omnium; ve
ne sono cento e cento altri.
L^ ultima epoca è quelladei canti moderni, trattando per lo piùr amore, fattiridicolidei piccolipaesi,e dopo il1848 canti patrio-lieie canti scherzevoli,che alludono alla vita politica.
Gli esseri mistici dei Greci e Latini,i satiri ed i founi,le ninfe
e le drìadi non esistono più nellasuperstizionedel popoloItaliano.
Animali orribilicompariscono già nelle favole,ma nei canti non
ne ho trovato V orme. Certo che i Sicilianisono superstiziosiin ri-guardo
alla mala fattura,allamagia,alPamore imprestatoec., ma
r imaginazioneha già abbandonato la veste antica e ha preso una
forma astratta,mentre che la fantasiaScandinava vive ancora nella
concrezione. Certi esseri delP aiiticliilàsono rimasti nel medio evo
sin ai di nostri,manifestando cosi ilcarattere popolare.Chi non ha inleso dire delleAlfe (leElverpiger)degliScandinavi?
Le colline,dove abitano,allasera si levano sullecolonne di fuoco,
e le ragazze escono fuori con la piena luna per danzare sui laghie sui fonti,leggieree graziosecome le cerve, vestite con veli di
nebbia o cantando con una voce sottilecome d' una argentea cam-panella.
Cercano dì adescare i bei giovaninellaloro danza,dando loro
a bere d' un aureo boccale,che fo obbliare loro tutt'ilmondo per
seguirefollemente i leggieriloro passi.Quando canta il galloalla
mattina si chiudono dentro lecolline,ed ilgiovane si trova morto
sullo stesso colle,con una saetta nel cuore.
La prima originedi questa fantasiasarà stato ilmovimento delle
nebbie alla sera sui laghisalvatici;ma ilpopolone ha trovato bene
ilsimbolo del vago amore giovanile,di quelprimotempo di sogni
eroticidella gioventù,e lasaetta è la vendetta orribilesopra quella,che non sa fuggireper tempo.
• Noekken,
• che suona nei torrenti e che sa anche insegnare
il suono agliuomini,cliìedendone in tributo la loro anima immor-tale,
t Havfruen,» T avvenente vergine del mare, che mesta colla
sua arpa canta alla notte nei giunchied allettai giovani amorosi
a gittarsinelle onde per acquistareP anima loro e diventare im-mortali
come gliuomini, sono tut^iimmagine d* un'indole,che in-
LE ODI DI S. SOFRONIO
SCOVERTE DA PIETRO MATRANGA (ì) ^
Pietro Matranga, dotto ellenistae versato in paleografia,scoverse
sono parecchianni, nella biblioteca Vaticana e tradusse in prosalatina
,air infuori della prima che fu tradotta dal cardinale Sirleto
,
le Odi di S. Sofronio,che pubblicò corredate di note e osserva-zioni
(2).Felice scoverta veramente, che fa onore al Matranga,co-nosciuto
per altre sue produzioniletterarie,
e soprattutto per la
dotta sua opera su gliscavi in via Graziosa.
Patriarca di Gerusalemme visse il Sofronio e fiorìnel settimo se-colo.
Fu scrittore elegante,sobrio,e pieno di venustà;poichéilsuo
poetare è scorrevole,facile
,disinvolto
,e sovente fervido
,come
suol essere quellode' poeti, che segnatamente s^ispiranoalle dot-trine
evangeliche,e pura è la lingua,di che ei fa uso.
Leone AUazio ne discorse con molta lode,stimando elegantissimii sm)i versi,piissimi,e pienidi dolce melodia.
Ed in vero sono essi di tale o tanta bontà, che le lodi di sì il-lustre
letterato,che a talunopotrebberosembrare esagerate,sono
beù meritate a non dir scarse, molto più se si rifletteche il So-fronio
scrisse in tempi,che le lettere scadute in basso andavano
ogni di più dalla classicaloro dignitàsensibilmente degenerando.É noto infatticome in quellastagioneanziché dir cose gliscrit-tori
chiacchieravano;sicché a'pensierimaschi e robusti,ed allae-
Jeganza del dettato succedeva una certa vacua verbosità,e poco si
badava al ritmo,che costituisce T ordine del movimento
,cotanto
necessario anche nella prosa.
Ben a ragione dunque é stato il Sofronio ammirato; e qualunquelode gliva data,non é mai troppa, mentre nel deperimento,in cui
si trovavano le lettere,seppe eglidar fuori nobilied eleganticom-ponimenti
; e ciò che più importa con maravigliosasemplicitàdir
cose alle ed arcane difficilia dire,come nota il Fozio, che tra glialtri pregi ne ammirò la profondadottrina ne' misteri di nostra
religione(3).
(1) Osservazioni critiche a propositodella versione della prima Ode pubblicata
da Papas Vincenzo Schirò,Messina, Capra, 1870.
(8)SpicilegiumRomanum voi. IV. Romae 1840 lypisCollegiUrbani.
(3; Fozio in myriob.cod. 231.
LE ODI DI S. SOFRONIO, EG. 203
Il metro, di cui fece uso ilSofronio,è il metro anacreontico in
giambi di metri a calalettiimpuri,che si scandono per dissodia
,
ma vi sono interpolatamente,se ne togliTOde XVill,frammischiati
versi di altro metro secondo il vezzo del tempo di rompere i versi
coi cosi delti xouxouXX^ok;.0 (xvaxXu)|Aévoi";,Che sono versi di sei pie-di,
ilprimo,il terzo e quintocompostidi un pirricchio,e di un
spondeoglialtritre.
Il valente scopritoredelle Odi quantunque riconosca essere questi
versi,che ei chiamò anapestici,daglianacreontici affatto dissimili,
pure li loda tra perchè interrompono il prolungaloconcento dal
metro, e perchè servono ad esprimere qualchepensieroall'argo-mento
consentaneo, o ad emettere qualcheepifonema.Però ildotto
autore della sua biografiasu la considerazione poc'anzifattacirca
all'uso in quelsecolo di rompere i versi con altridi melro diverso,
non tiene accordo con lui (i),ed io ci ho i miei dubbi; sebbene
possa dirsi,che la varietà,massime in un lungo componimento
,
riuscirpos§a opportuna, ed essere cagionedi bellezza.
Ma sia di ciò quelche si voglia, certa cosa ella è,che se non
ne accrescono, non scemano i pr^gidelle Odi, le qualiveramente
meriterebbero di essere recale dalla greca air italianafavella,onde
potessero girareper le mani di lutti,ed essere comunemente as-saporate
ed intese.
Per quanto io mi sappianon ha finora chi abbia a ciò dato o-
pera, essendomi soltanto nota la traduzione in versi anacreontici
di una sola Ode, che è la XVIII stUla Santa Croce,inseritadal Ca-
marda nel Giornale Scillae Cariddi di Messina, e dallo stesso ri-prodotta
in fine della biografìadel Matranga citata di sopra ; onde
che degno di elogioè il valoroso grecista,e mio amico PapasVin-cenzo
Schirò (2),ilqualepare intenda a supplireun talvolo. Come
ne da a credere ilsaggiodi traduzione italianain versi scioltitesté
pubblicalodella prima Ode sopra P annunziazione di Mc^ia,
Non sarà discaro cir io con quellabrevità ,che si possa mag-giore,
dica quelche sento del merita" di questa traduzione,della
(1)Nicolò Camabda Biografiadi Pietro Mairanga, pag. IO.
(2) Abbiamo di lui parecchiepoesiegreche.Tra le altre ve ne ha due composte
in versi esametri e pentametri,1'una ^r ^V IllustriAeeadtmici peloritanimorti nel
Colera del 1867 e l'altraper l'eccidio del venerando monistei'odi Creta a noìneAr-
codio. Furono entrambe pubblicatecon la versione del eh Riccardo Milchell m versi
Ialini la prima, e in toscani la seconda,ed io ne feciplausoin una epistolacri-tica
allo stesso autore, che trovasi inserita ni^l Diogenedi Palermo/Novembre 1868
anno XI.
Ì04 NUOVE EFFEMERIDI SIGifJANE
qualerecherò ifimezzo qualcheesempio,che lascio a' grecistidi
confrontare col testo,e decidere se vada o no fallitonell'avviso.
In tre modi, scrìve un illustreletterato,si può traslataredi lìn-gua
in lingua;o trasportandoairingrossoi soli pensieri,e questoè un cattivo tradurre: o trasfondendo perfettamenteT indole e il
sapore deir originale,e questo è tradurre difficilebensì,
ma otti-mo:
0 stando allaletteravolgarizzareschiette le parolee le frasi,
e questo è tradurre utilesoltantoper coloro,che studiano le lingue.
Non è uopo dire come ilprimo modo di tradurre sia da evitare
maggiormente nella versione di poetiscrittori,giacchéun'idea,unaverità filosoficaqualunquemodo si esprimain prosa rimane sem-pre
la stessa,laddove ne' poetibisogna conservare quellapartico-lariti
,e accidentalitàche sono propriedella poesia
,e il bello ne
costituiscono.Tali sono a cagiondi esempio gliepiteti,che operano
come ilcoloritonellapittura,e trattandosidi antichi scrittori danno
sovente qualchetraccia,o barlume da penetrare in alcuni dkrisa-
menti di vecchie età,che si confondono e perdono nella notte de'
secoli.
D'altra parte se si volesse nel.caso nostro con rigidafedeltàte-ner
dietro all'originalenon si giungerebbe a renderne un nitido
e perfettamentesomiglianteritratto; che anzi ne andrebbero in
massima parteperdutela eleganzae la venustà. La qualcosa viene
chiaramente confermata dallo stesso Sofronio,il qualemalgradoche avesse nelle prime otto odi,secondo che giustamenteosservail Hatranga,accomodato alla sua liracerte nude storiche notizie
deglievangeli;nondimeno è cosi ammirabile la disposizionedelle
parole,la soavità della locuzione,e una certa talqualeingenuità
d'immagini,che lettenel testo sempre ti piaccionoe ti gustano,
mentre travasate parolaa paroladiventano fredde,e perdono quella
ingenua vaghezza,che vi risplendee direi quasivi si sente, come
ce ne abbiamo una non dubbia prova nel saggioin latinodel Cardinal
Sirleto,che delle Odi del Sofronio fu un tempo possessore (1).Lo Schirò si studiadi scansare glieccesside'sopracitatidue gravi
difetti,perchè non segue, dirò cosi,giudaicamenteil testo,né di
molto se ne allontana,ma tiene la via di mezzo che è tra la licenza
troppa, e la troppa servitù.
Se non che invece dell'anacreontico ha egliadoperatoil verso
scioltoper non essere forse legatoe servo della rima, che suole
(1;Spicilog.Rom. voi. IV pag. XXV, e seg.
LE ODI DI S. SOFRONIO, BC. 205
accrescere le difficoltànel tradurre,e per il movimento dramma-tico
dell'Ode, per cui ne sarebbe venuto fuori una specied'innoallaforma Manzoniana
,e in certo modo dirò anche triviale#er
l'espressionidisse,rispose,soggiunse,che ripetutamentevi s'incon-trano.
Comunque si sia il verso è di buon conio ed armonioso senza
essere monotono, perchè qua e là spezzato,e scelta e poetican'è
la lingua,eccettone qualcherarissima espressione,che mi è sem-brata
più propriadella prosa, che della poesia.É stato lodato ilprincipiodeir Ode prima Sofroniana per la soa-vità
de' versi non solo,ma per un certo impelo poetico,con cui
l'autore invoca che glisia concessa linguasimile a fìiocoardente.
Or la traduzione,salva la diversità del metro, ne fa una bella co-pia
che rende somiglianza.
Dal Paraclèto Spirilodi Dio
SugliApostolisceso a' preghinostri
Ne concedi, o Maria, linguasimile
A foco ardente: perchè a dir del tuo
Parto stupendo,o diva madre, agliocchi
De* mortali da Dio fatto palese.Grave difficil'opraeli'è dèi tutto
All'umana favella.
E pia sotto :
Re della terra pose Adam, lui primo
Agliumani fé' padre,a lui V impero
D'ogni opera terrena Iddio concesse.
Vita santa ei vivea;ma n' ebbe invidia
Il demon triste,e contro Adam vibrato
Un brando insidioso,lo trafisse
L' abbominevoi drago.Una profondaAtra nube a' precordiallor si strinse
Della proledell'uomo, e con funesto
Alimento nutrilla,onde ricadde
Con eccidio feral precipitandoIn sul terreno resnpina,e giacque*
Questo pezzo nel lutto gareggiacon l'originale,e ne conserva
l'indole e ilsapore. Che se vi si fa uso di alcuni epiteti,
e qual-chevoce che nocisono nel testo, ciò non deroga al merito della
versione,perchè sono essi bene appropriati,e danno anzi maggior
206 NUOVE EFPBIIBIUDI 8IGUJANE
forza ed efficaciaal pensieroche l'autore ha inteso esprimere,co-mechè non sia da negare che gliepitetiin genere limitinoilcon-cello,
e non lascino il piacerea chi leggedi aggiungerlida sé in
quelmodo che meglioglipiacciao sembri,e glisuggeriscalapro-pria
fantasia.
E tu, gran donna,
Yergin fregiatadi tutta saviezza
Colui,che non capirglieccelsied ampi
Spazidel cielo,entro la pura chiostra
Del tuo ventre chiudesti ilVerbo in carne
Di un limite segnando
è stringataversione,perchèstretta quanto iltesto,ma che ne rì"
tonda ed esprimebellamente il pensieroo megliolasentenza che
vi si contiene,la qualeha del grandiosoe del sublime.
Ed ora non mi resta che esortare lo Schirò a continuare con o-
gnor più diligenteaccuratezza e degno stile la sua versione,certo
di far cosa utile per coloro principalmenteche ignaridel greco
non possono leggerenel testo, e gustare un antico scrittore per
tanti titolipregevole,di tante bellezzeadorno, e meritamente ap-
prezz^o.
Francesco Crispi
IPPOLITO
DRAMMA D'EURIPIDE
(Continoaz.vedi voi. II»disp.II)
Ippolito
Subitamente che il tuo grido intesi,
0 padre,accorsi. Perchè gemi? Udirne
L' ignoratacagionda te desio.
Ha che? Spenta (oh! stupor)la tua consorte
Veggio,e pur dianzi io la lasciava,e molto
Non ha, ch^ ella gioivai rai del Sole.
Che mai le avvenne? Come è spenta? Udirlo
Da te,padre,vorrei. Taci? Nei mali
Il silenzio non giova.Il cor^ che tutto
Saper agogna, avido è pur de^ casi
Avversi. E indegno è che tu celi,o padre,
Agliamici (che dico?)ai più che amici
Le tue sciagure.
Teseo
Q scelleratie stolli,
A che mille arti d'kisegnarv'aggrada,E di scrutar e macchinar su tutto.
Quando poi non sapeste, e non cercaste
Una cosa fin qui;come nel senno
Ammaestrar chi dMntelletto è privo!
IppOLrro
Gran sofo hai detto chi forzar potesse
Gli stoltiad aver senno ? Un tal sottile
Ragionarqui mal torna; e temo» o padre.
Sopraffattodai mali il tuo linguaggio.Tesso
Era ben d'uopo,che fra noi chi fido
Si profferisceun manifesto segno
Riportassedel core, e discevrato
Cosi fosse dal vero il falso amico;
E che due linguePuomo avesse; Tuna
Sol faconda pel dritto,e Taltra in altro
208 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Modo; onde fosse dalla proba Tempia
Ripresa....Illusinon saremmo alloraI
Ippouto
Forse all orecchio ti si fee taluno
Tuo predilettoa calunniarmi,e colli
Da sinistro siam noi,benché innocenti ?
Stupefattoson io ! La tua favella,
Che da tutta ragioneomai trasmoda,
Terror mi fa.
Teseo
Ha la malizia umana
Fin dove giunge? Qual fia meta a tanto
D'impudenza e d'ardire? E se la schiatta
Peggior de' padrisuoi crescesse ognora
Dall'una all'altraetà,d'uopo saria
Che alla Terra apponesse un'altra Terra
Qualche Nume del ciel,perchè la turba
Degliiniquialbergarquivipotesse!
Rimirate costui,che di me nato
[ miei lettimacchiò, costui di tutti
Scelleratiilmaggior omai convinto
Dalla spenta mia donna ! Orsù; ti mostra,
Poiché venuto a tanta infamia sei.Mostra or qui la tua fronte innanzi al padre!
Tu con gliDei,qualpersonaggioeccelso,Conversi? Casto,e d'ogni labe immune
Tu? Ne' tuoi vanti non porrò mai fede;
Che fora un incolpard' insipienzaE di folliagliEterni. Or va; t'esalta,D' usar cibi frugali,e per tuo sire
Orfeo togliendo,e coltivando il fumo
Delle molte dottrine,all'orgieirrompi!
Ma convinto già fostit A tutti io dico
Di fuggirtal genia!Le insìdie tendono
Co' gravidetti,e traman l'onte. É morta
Costei;ma il suo morir credi tuo scampo?T' inganni,o scellerato.E sovra Lei
Quai giuriprevarranno, o quai parole,Da fuggirquest'accusa?E dirai forse
Che ti odiava costei,che abbominata
210 NUOVE EFFeMEBIDI SICILIANE
Un reo mi fossi,che non ha discolpa.Vedi tu questa luce e questaterra ?
. Qui non nacque mortai di me più casto.
Benché tu ilnieghi.A venerar da pria1 Numi appresi,e in amistà mi strinsi
Con chi provossidi fuggirdall'opre
Ingiuste,e nel cui sen vive ilpudoreDi non propor le colpe,o di dar mano
A chi si piacedi sozzure e d'onte.
Né schernitor di chi conviva meco,
0 padre,io fui;ma co' presentiamici
E coi lontani ognor mi porsiuguale;
Ed immune son io pur di quell'opra.Onde pensastiavermi colto in fallo.
Puro da nozze è il corpo mio finora;
Né so l'opredi Venere, se togli
Quanto ne intesi,o rimirai tra pinte
Imagini,e bramoso io di tal vista
Non sono, perchèvergine ho la mente.
Ma se nel mio pudor non hai tu fede,
Mostrar dèi tu, come corrotto io fui!
Forse perch'olladi bellezza tutte
Avanzava le dome? 0 ch'io sperai,
L' ereditario talamo occupando,Dominar tutta la famiglia? E tanto
Vanitoso mi credi e forsennato ?
0 perchèdolce è pur ai sobri ilregno?
No mai; se pur la monarchia nel fango
Non volgail cor di chi si piacehi essa t
Io ben vorrei nelle palestreelleno
Vincer primiero;e dei secondi onori
Nella cittàvivrei contento sempre
Con gU ottimi compagni.In questa guisaFelicitàsi merca ed il rimosso
Periglioè largodi maggior dolcezza.
Che non l'impero.— Una difesa io tacqui
Soltanto;ogni altra è a te palese.Ov' io
Un testimone a me simil m'avessi,
0 disputassicon costei pur viva,
Dall'opre lor conosceresti gliempi.
IPPOLITO»DRAMMA D'EURIPIDE 21 i
Ed or ti giuro per la Terra e Giove,Ch'io non ho tòcco la tua sposa mai»E che di questo né pensier,né brama
Presi giammai. E sa un ribaldo io sono,
Vilipesoed infame io morir possa,E di me spento ilpelagoe la terra
Non accolgale carni t — Or se costei
Vita si tolse da spavento còlta,Non so; che parlar"dtre a me si vietai
Pura serbarsi ella non seppe, e intanto
Ha sembianza d^onesta;e noi,che pariVivemmo sempre, il crudo fato-opprime1
Coro
Assai dicestiin tua difesa,ilgiuro
(Prova non lieve)profferendoai Numi.
Teseo
Ha non è questiun ciurmador,un mago,
Che s'argomenta con quei blandi modi
Vincermi il core.... egli,che me suo padre
D'ignominia colmò?
Ippolito
Stupormi prende,0 padremio, di te. Se tu mi fossi
Figlio,sbandito non T avrei,ma spento,Se toccar la mia sposa osato avessi t
Teseo
Ben foveUasli;ma perirnon devi
Con quellanorma, che a te stesso imponi;Che pronta morte agliinfeliciaggradaiMa dalla patriaerrando in perorine
Piagge trarrai ben dolorosa vita.
É questo il merto riserbato agliempi!Ippolito
Che fai! Né iltempo indicator del Vero
Attender vuoi;che si mi scacci in bando ?
Teseo
Oltre r Atlante,se potessi,e ilPonto,
Ti bandirei,tanto io ti abborro!
ippoLrro
E ilgiuro,
E la fede e glioracoli de' Vati,
212 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Non offendi cosi,col discacciarmi
Non giudicatodalla patriaterra?
Teseo
Chiaro t'accusa quelloscritto,ed uopo
Non ha di sorti;ed agliaugeisul nostro
Capo migrantiun gran saluto io rendo!
Ippouto
0 Numi» e perchè mai non sciolgoillabbro.
Se da voi,che pur tanto onoro e colo,
lo son perduto? Ma no mai; che invano
Convincer tenterei chi d'uopo fora,
E indamo infrangereila fé giurata!
Teseo
Ahi ! che mi uccide questa tua pietade
Ipocrita! Né tosto andrai tu lungeDa questa patria?
Ippolito
0 me perduto! E dove
Mi volgerò? Qual peregrinoostello
Me, fuoruscito per tal colpa,accolga?
Teseo
Ti raccorrà chi delP altruiconsorti
Ospitarsi dilettai corruttori,
E alle colpedomestiche i compagni!
ippoLrro
Ah ! ciò m' accora, e son giàpresso al pianto,
Perchè un empio ti sembro, e talmi credi!
Teseo
Piangerallora,e provvederdovevi
Ai casi tuoi,priadi oltraggiarla donna
Del padre tuo.
Ippouto
Deb! chi vi toglie,o case,
D'alzar le voci,ed attestar,se un tristo
Mi sia!
Teseo
Ma dunque a testimoni or fuggi»Che non han vóce? E apertamente iniquoNon ti mostra l'estintaanco tacendo?
IPPOLITO, DRAMMA D'BURIPIDE 213
Ippolito
Oh! sMo mirarmi di me stesso a fronte
Potessi,e deplorarle mie sciagure!
Tesbo
Esercitato ad onorar te stesso
Sei pia,che a riverire i padrituoi.
Ippolito
0 sciaguratamadre! 0 rei natali!
Deb ! eh' io non vegga tra gliamici alcuno
Di spurionascimento !
Tbsko
E voi beni tosto
Non lo scacciate,o servi? E non udite,
Gom'io vMmposi, che sia tratto in bando!
Ippolfto
Verserà piantochi di loro ardisca
Toccarmi. Da te stesso or tu, se il core
Ti basta pur, discacciami!
Teseo
Ben farlo
Saprò,se non ti pieghiai detti miei,
Percb^ io nulla pietadebo del tuo bando !
Ippouto
Tutto parmi giàfermo. Ahimè perduto!E tutto io veggio,e favellarm' è tolto!
0 figliadi Latona,o la più cara
Delle Dive per me, compagna mia
E di caccia e d'albergo,omai T illustre
Atene fuggirò! Salve,o citlade,
0 terra d'Erettòo i Trezenio campo,
Salve tu pur, che si felicie molte
Cose contieni da passarvilieti
1 più beglianni! Per restrema volta
Io ti rimiro e ti favello! 0 miei
D' età compagni, o giovanidi questa
Terra,venite a salutarmi,e scòrta
Hi siale nel fuggirda queste rive;
Che di me non vedrete un uom più casto
Giammai, benché noi creda il padremio.
214 NIM^TB C^niOaiDI SIGIUANK*
Coro
— Quando mi toma air anima
Santo de' Nomi affetto.
Fugge da questo pettoL'affanno ed il dolor.
Ma, se la mia speranza
Alla ragionsommetto,
Ogni gentilfidanza
Tosto vacillae mnor.
Tante vegg"io fra gliuomini
Venture ed opre stolte;
Da tanti error' travolte
Veggo le nostre età I
ChMo m'abbia (e sien dal Fato
Queste mie preciaccolte)
Fortuna in ricco stato,
Serena ilarità,
Nome non vii,né splendido,E fàcilcor, che sempre
Del mondo si contempre* Al rapidoalternar.
FelicitàgodreiCosi d'eterne tempre;Né si turbata andrei,
C!ontro ogni mio sperar,
Visto d'Atene ellenica
L'astro più chiaro e degno,Dal rio paternosdegno
Spintoall'altruiconfini
0 selva aspra montana.
Ove ti die conveguo
I^ virginalDiana, -
0 lido cittadin.
Ivi co' veltri correre
La fera fuggitiva
Godevi,e la tua Diva
Predar godea con tei
Ma porre ai gioghiusati
L'enete mute in riva
Di Limna omai da' Fati
Concesso più non t'è.
IPPOLITO, DRAmU D'UDMNW 2iS
Non pia Ina Musa vigileAl giogodella lira
Nell'alta si raggira
Patema toa magìon t
Sacrato al bel riposoDi Cintia,invan desira
Il verde basco ombroso
Di ttte corolle ildea.
Gessata è firale verginiDel tuo sponsalla gara
Con questa fugaamara,Che ognora io piangeròI
Tuo grembo invan s'aprio.Madre dolente e cara;
Non hai più figlio,ond' io
I Numi imprecherò.E voi^pronube Grazie,
Perchè sbandir cosi
Da' lari,dalla patriaUn uom che non falli?
continua) G. De Spughes.
€RITI€4 LETTEMRU
Memorie ttoriche intorno cU Governo dellaSiciliadal 1815 sino
al cominciamento della Dittatura del Generate Garibaldi scrìtteda
Francesco Bracq. Palermo, LuigiPedone-Lauriel editore,1870.
Una sentenza del Balbo va innanzi a questo libro,la qualesuona
cosi : « La verità,finché è taciuta,non è verità,
e non può farsi
strada.La verità su noi bisogna: io non volerla negare se è dura;
2o studiarlaper conoscerla;3o conosciuta,dirla molto,anzi sempre
tutta e sola.• In questa sentenza ognuno troverà lo scopo e glln-tendimenti del Bracci,a cui se graziadi stilefa difettoalcuna volta,
abbonda eflBcaciadi parolaed evidenza di fatti.
Queste Memorie storiche,rimaste inedite per lamorte prematuradel Bracci
,avrebbero subito forse la sorte di tante altre della no-
216 NUOVE EFFEMERIDI SKUUANB
stra Comunale se il cav. Salvatore Tigo con queiramor patrioche
è da lui non ne avesse in vari modi afifrettatala pubblicazione.Il
sig.Luigi Pedone-Lauriel se n^ è fallo editore,e giàun ms. ignoto
fino a ieri corre oggi oltralpea dar contezza di noi e delle cose
nostre.
in dieci capiTA. racconta lanostra storia dal 1815 al 1860,qua-rantacinqueanni di dolori,di sventure, di efSmere gioie,di onte
invendicale,di soprusi,di vergogne d^ognigenere; e frammezzo a
tante notìzie nuove e mal note il lettoreè quasicondotto a vedere
come r assoluto potere de' sovrani avesse conculcate le antiche
franchigiedella Sicilia,dando luogoalla lottagigantesca,che i Si-ciliani
ebbero a sostenere dal 1815 al 1860 sotto quattro re, per
rivendicare i loro imprescrittibilidirittidMndipendenzae di libertà.
Onde, per questoriguardo,le Memorie del Bracci son da tenere
nel pregioche non si nega mai alleopere fatte per sentimento di
bene e per difesae giustificazionedel propriopaese. Che se illet-tore
s^avviene qua e colà in qualchegiudiziopoco favorevole ai
Napolitani,chi non vede anche in questo una ragionedi più per
condannare chi tra Napolitanie Sicilianialzava una barriera,ab-bassandola
soltanto perchètra gliuni e glialtrivi fosse un pal-leggiod' ingiurie,o i due pesi e le duo misure onde i popolidi
qua e di là del Faro erano governati?Del resto affratellatiin
una sola famiglia,gare e rancori son cessati;e neppure in queste
paginene sarebbe rimasto seniore, se ilBracci avesse avuto agiodi ritornare sul suo manoscritto e distinguerela buona gente na-
politanada quella« burocratica,» che teneva campo nelle aule mi-nisteriali.
A giusliflcazionee conferma delle cose narrate Teditore ha fatto
seguirequeste Memorie da undici documenti di molta importanza.Nella letturadel libro non può prescindersidalla lettura loro,so-
praltuttodeir Atto politicodel Re Carlo III di Spagna del 6 otto-bre
1769, delia Protesta dtf Baironidi SicilianeWanno 1811 e del-l'
opuscolodel P. Ventura sulla Questionesicula nel 1848 scioltanel
vero interesse deitàSicilia,di Napoli deU'Italia.E su questirichia-miamo
rattenzione di quantici hanno fraintesie mal giudicato.
G. Purè
2i8 NUOVK EPPfiMRRIM SlCtLIimE.
miserisoe la mente; i difettifisici,che creano un ostacoloquasiin-superabile;
ia tarda età in cui i molli si lascianovincere dallasvo-gliatezza,
ildifettodi libri,scuole,maestri che costringea far da
sé, raddoppiamentodi faticae di merito;nessuna condizione o di-
q["osizìonedi cose, che affronti,paralizzie stanchi lavolontà,è di-menticata
dair autore; ma la volontà esce vittoriosada ogni prova
e scrìve trionfalmente in questo volume t propridecreti e le pro-prie
glorie.A capo dei travaglis'additano poi i premi,e sublime
fra questiildilettodd sapere.
Ove sidispiegamegliollnsistenteenergiadellamente è nel campo
deHe scienze positivee delle industrie.Per cui l'autore va consa-crando
capitolispecialiai progressideìPottica ,ai perfezionamenti
déUe macchine a vapore^ allamanifatturadel cotone,ecc.
Né poteva mancare un capitolosui viaggi,alta e pericolosacar-riera
che dischiuse la cognizionedella terra ed in cui pure gliIta-liani
si collocano fra i primi;de' qualisono toltiad esempioilBol-zoni
dal Craik,ed il meno conosciuto eppur valorosissimo Vidua
dal Rotondi.
I nostri lettorici sappianogrado di aver loro rammentato l'o-pera
del Craik. Neil'interesse della pubblicaeducazione sideve sa-lutare
con gioia,da tutti,questo volume, che ilRotondi ha saputo
presentarcicosi italianonello "tile,ne' concetti,n^li affetti.
Giovanni De Castro.
Hieerche intorno al "il»ro di Sindibftd per Domenico Comfa-
RETTI. Milano,Bernardoni,1869.
il celebre racconto dei Sette Savi ha dato originea due princi-pali
gruppidi libripopolari,l'uno orientale
,l'altro occidentale.
Entrambi questigruppi son molto differentitra di loro,e l'occi-dentale
ha talidifferenze in tutte le sue versioniche l'istituireun
confronto con quellorispettoal libro primitivo,sarebbe un tentar
cosa fuori l'ordine de' fatti.
Vero è che la provenienzaindiana non si può contrastare ad en-trambi
i gruppi,ma le versioni occidentalison da riguardarsipiù
che altro come rampollisecondari dell'antico libro indiano, rap-presentanti
una fase lontana e postuma; però è che quantisi son
dati a pnbblicarìee ad illustrarlenon hanno neppure sfiorato,meno
il Benfey in lavori speciali,il grave assunto della storia del Sm-
CRITICA LETTBRARU 2i9
dibdd,in cai i testiorientaliriconoscono la loro partepiù rile-vante.
A ciò ilprofessoreComparettiha riTolto testé i suoi pro-fondi
studi, per vedere qualisieno in tutte le versioni orientali
oggi conosciute glielementi originalie qualiquellidovuti al ca-priccio
di ciascun autore ; mettere insieme il contenuto di luttii
testiche può costituireil testo comune a tutti;ritrovare qualein
questo fosse la forma del racconto principale,qualie quantii rac-conti
in esso inseriti;indagaree stabilirea qualtempo questo an-tico
testo risalga.E siccome la più antica menzione del Sindibàd
ricorre in libriarabi del secolo X; il Comparetticrede cosa di non
poca importanzala ricerca di una versione da cui le altrederivino,
anteriore a quelsecolo; e designacol titolodi Libro di Sindibàd
il testo immediatamente originalee più antico dopoil prototipo
indiano,a cui non si estendono le sue ricerche. Le versioni che
riconoscono per base loro questo Libro sono : Il Syntipas,
testo
greco tradotto dal sirìaco,del secolo XI ; le Parabole di Sandabar
tradottedalP arabo in ebreo; ilSindibàdnàmeh,poema persianoine-dito
s(»*ittonel 1375;laOttava notte del Tùti-nàrnehéi Nacbschebt,
poeta persianomorto nel 1329; i SeUe Viziri,
testo arabo che fa
parte di alcune compilazionidelle Mille e una notte;ilLUnro de los
engannos ,et assayamientosde las mugeres ,
traduzione spagnuolad'un testo perdutofattanel 1252 *ed ora per la prima voltapub-blicata
dal Comparetti.Con questeil dotto professoreviene a ricosti-tuire
ilLibro di Sindibàd,ricostituzionecosi paziente,giudiziosae
profondache meglionon potràdesiderarsi.Imperciocché,seguendo
parolaa parolale versioni succennate,ilComparettine va notando
proposizioneper proposizionele differenze.
Ecco, spogliodi ogni raffronto,il risultatodellericerche del no-stro
autore:
« C'era nell'India un re di nome Kùrush, era potente,savio,giu-stoe amato dai suoi popoli;essendo già inoltratoin età non aveva
dalle sue mogli avuto figliuoli,e ilpensierodi non lasciareerede
lo rendeva triste.Una notte una delle sue mogli vedendolo triste
glichiese ilperché,ei glielodisse,ed essa consigliòlapreghiera.Così fece,ed ebbe un figlio.
« Nato il figlio,aduna il re gliastrologiperché ne cavino Toro-
scopo; trovano che ilprincipeè minacciato da una disgraziaa venti
anni. A sette anni ilprincipeé a£Bdato ai maestri;a 13 anni non
aveva imparatonulla. Il re aduna i savi per consiglio;questitro-vano
che ilmigliormaestro è Sindibàd. Studia ilprincipealtrisei
220 NUOVE EFFEMERIDI SIQUANE•
aoni e mezzo sotto Sindibàd ma inutilmente;a i9 Vi non aveva
imparatonulla.
« Ilre aduna nuovamente i savi per consiglio.Sindibàd offred'in-segnare
in sei mesi, pena la vita e le sostanze se manchi ; solo
chiede al re che prometta di « non fare ad altriqueleh' ei non vor-rebbe
fosse fatto a lui.» Dopo una dìsputafra Sindibàd e i savi che
non credono aliapossibilitàdellasua promessa, T offerta è accettata,
e posto ilpattoin iscritto,col giornoe Torà del ritorno del principe.
Sindibàd prende ilprincipeseco^ fa costruire un palazzo,e segna
tutto lo scibilesulle pareti;si rinchiude col principe,segregandoloda tutti.
e Prima che spiriiltermine fissato,ilprincipeha appreso tutto.
Il re chiede notizie;Sindibàd rispondeche il principeè pronto,e
che domani lo ricondurrà. Prima di ricondurlo,Sindibàd interrogale stelle,e vede che ilprincipecorre rischio di morte se parlerà
prima di sette giorni.Sindibàd si nasconde. 11 prìncipeva a corte;
gran festa;corte plenaria;ilprinciperimane muto;- cercano Sindi-bàd,
e non lo trovano. Chi attribuisce il silenziodel principeallo
effettodi una bevanda dataglida Sindibàd perchèprestoimparasse,chi a timidezza.Una delle donne del re dice che da giovinettoera
solitoconfidarsi con'Iei;propone di condurlo nella propriastanza,e d'indurlo a parlare.La donnd non riesce a far parlareilprinci-pe.
Allora glidice che ilpadreè vecchio,e che ormai tocca a luia
regnare. Gli propone di uccidere ilpadre di comune accordo,e di
sposarsipoi.A quellapropostailprincipeva in collera,dimentica
il proposilodi non parlare,e le dice : fra sette giornipotròdarli
larispostache meriti. La donna, vedendosi compromessa, vuol pro-curare
la morte del principeprima che passinoi sette giorni.Si
straccia le vesti e grida,accusando quel preteso muto di aver vo-luto
farleviolenza. Il re condanna il figlioa morte. Udendo ciò,i
suoi selle viziri si radunano,e deliberano dMntercedere.
« Un vizir sì presenta al re, e con due racconti fa sospenderela
esecuzione per quelgiorno;V indomani va la donna dal re, e con
un racconto fa confermare la condanna;*ma un secondo vizir la fa
sospenderenuovamente con due racconti,e cosi di seguitofino al
settimo giorno,nel qualela donna, vedendosi ormai vicina ad es-sere
scoperta,fa costruire un rogo ,e ci si mette sopra per farsi
bruciare;ma il re, saputala cosa, la fa salvare,e ordina che ilfi-glio
sia ucciso;nuovamente però il settimo savio con due racconti
fasospendereV esecuzione,e cosi arriva V ottavo giorno,in cui il
GRITIGA LETTERARIA 221
prìncipeparìa.L^ ottavo giorno di buon^ ora il prìncipemanda una
donna a chiamare ilprimo dei viziri.Gli racconta tutto,ringrazia
lui e i compagni,promette ricompensa ^e lo prega di andare dal
padre ad annunziarglich'ei parla.Saputociò,il re manda a chia-mare
ilprincipe.11 re siede in trono; corte plenaria; si presenta
il prìncipe,fa omaggio, e interrogatodal re, racconta la minaccia
dellestellee V insidia della donna; chiede che sian fattivenire tutti
i savi;con questiviene anche Sindibàd. Chiede il re a Sindibàd il
perchèdella sua assenza; questilo spiega.Intanto,dice ilre, poteva
darsi che io facessi uccidere mio tìglio,e se P avessi fatto,di chi
sarebbe slata la colpa,mia, di mio figlio,della donna, o di Sindi-bàd
? Ciascuno di questicasi trova un sostenitore. Sindibàd osserva
che nessuno ha coltonel segno; il re interrogail principe,il quale
rispondecol racconto « Gli ospitiavvelenati,
» e chiede di chi fu
la colpa,della fante,del serpe, dell'uccello,o del padronedi casa ?
Sostenute queste quattro opinionida quattro savi,Sindibàd trova
che nessuno ha colto nel segno; ilprinciperisolve il problemadi-cendo
che in questicasi la colpaè del destino.
« Tutti ammirano la sapienzadel principe;Sindibàd dice che non
ha altro da insegnargli,e che ninno è più sapientedi lui.Ilprìn-cipe
però osserva ch'ei conosce tre persone che ne sanno più di
lui,e narra tre racconti : lo II bimbo di tre anni; 2o il bimbo di
cinque;3o il vecchio cieco. Chiede il re come mai il principenon
imparòprimaquelclie riusci ad impararepoi.Rispostadel principe.Ordina il re che venga la donna. Questa confessa tutto. Interroga
il re la corte che cosa debba farsi di lei.Taluni propongono varie
mutilazioni,altrìla morte. Allora la donna racconta e La volpe.•
Il re rimette al principeildecidere. Questi esclude la morte, e so-
stliuisce una pena men grave. Segue un dialogofra ilre, Sindibàd
e il principe, nel qualesono espostimolti principidi morale. In
questo dialogoè intercalatoun racconto di Sindibàd, col qualeri-sponde
al re che diede a chi sia dovuta la sapienzadi suo figlio.Il re incorona pubblicamenteil suo figliuolo,cedendogliil trono,
e si ritira nella solitudine a servire Dio. *
Questo il quadro del Libro di Sindibàd.
In un secondo capitolodi quesf opera, P A. mette a confronto i
racconti contenuti nelle varie versioni, per mostrare qualiin cia-scuna
sieno glioriginali,qualino. Ciascuna versione ne ha degliuni
e deglialtri,ma quellache ha maggior numero di racconti comuni
a più versioni e che però avvicinasi di piùal testo antico è ilSyn-
15
222 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
tipase, dopo di esso, il Libro de los Engannos.Questo LdbrOy dice
il dotto Conte de Puymaigrein un giudiziosoopuscolosul lavoro
in discorso,
è importaotissiroonon solo per la questionesì bea
trattata dal Comparetti,ma altresìper lastoria dellaletteratura(*a-
stigliana.Esso • è una prova delP influsso che la letteraturaaraba
incominciò ad esercitare in [spagnasotto ilregno di Alfonso ilSavio,le cui opere non meno che quelledel figliosuo Sancho ilSevero,
offrono tante tracce dell'azione esercitala dalPOriente. Giovanni E-
manuele, nipotedel primo di questire e cugino del secondo,puòtrovare nel Libro de los Engannos un modello che sorpassò,e di
molto,scrivendo ilLibro del conte Lucanor^ una delle migliorirac-colte
di conti e d'apologhiche ilmedio evo abbia dalo(l).» Co-stituisce
il terzo capitolodella presente memoria una serie di os-servazioni
e di argomenti non men ragionatiche giustiintorno alla
Vili notte del TUti-nàrnehla qualefuvvì chi credette antica d'as-sai,
e che il dotto Prof, dimostra* come glialtritesti,posterioreal
Libro di Sindibàd. Consimili osservazioni contiene lo stesso capitolo
e ilseguente peisecondi racconti de' viziridel Sindibàd,per ilSyn-
tipas,a cui P A.,malgradole contrarie e false opinionianche di va-lenti
filologi,assegna la data degliultimi anni dell'XI secolo;e da
ultimo per le Parabole di Setidabar.
Un' indagineche poteva dirsi appena incominciata fuori d' Italia,
oggi è con gravie pertinacistudi spintainnanzi da un italiano.Cosi
non e'è da lamentar anche in questo che d' oltralpevengano sem-pre
a noi le scoverte piùimportantie le osservazioni più profonde.Un lavoro come questo del jComparetiinon passeràinosservato,ne
Siam sicuri,tra glistudiosi piùillustridelletradizioni popolaricom-parate,
che pur non son pochiné da poco, fuori la penisola;e noi
Siam lietidi averne dato a onesto rallegramentode' nostri lettori
queste brevi informazioni. 6. Pitrè
Animarlo tcientlflco ed Indnttriale «/^oiuiotodagliEditori della
Biblioteca Ulile sotto la direzione di T. Grispigni e L. Trevellini
ecc. Anno VI,1869.— Mìbno, E. Treves, 1870.
Sia per i progressiche si sono fattinelle Scienze, sia per le
grandi opere che si sono ultimale durante l'anno scorso, il "869
negliannali della civiltà sarà d' un gradinopiù allo in confronto
aglialtrianni passali.
{\)Le fÀvre de Sindibàd. Mclz, Housst'jiu-Pallez,1870,in H*. pag. ì\.
CRITICA LETTERARU 223
La famosa apertura delP Istmo di Suez e V inumeosa ferrovia del
Pacifico hanno reso un fatto ciò che secoli fa non si sarebbe con-cepito
forse nemmeno in un bel sogno d'estate: vogliam dire quel
giro intorno al nostro globo,che |)Ochianni addietro,facendo a
strazione de^ pericolie degliostacoli a cui si doveva andare incon-tro,
avrebbe assorbiti non meno di tre anni e chi sa quanf orò; e
che oggi si compie comodamente in soli 80 giornit
La ferrovia del Pacifico,che abbraccia non meno di 26 gradi,e
che congiunge i lidi delP Atlantico con quellidel Pacifico,
non fu
terminata che in soli 3 anni,cioè a dire sei anni prima del tempo
prestabilito.Un esercito d' uomini, non destinatiperò a riportarele
micidiali vittorie d'oggigiorno,ma bensì una ben altra vittoria,quelladella scienza sullanatura
,lavorava sì alacremente su quellalìneada
armare 17 chilometri di via al giorno.In altritempi questa straor
dinarìa ed audace attività sarebbe stata una epopea; oggi ci con-ferma
quellaor tanto nota sentenza che volere è.potere.E il nuovo cordone telegraficotransatlantico,che mette in comu-nicazione
la Francia e gliStati Uniti,non è anche questa una delle
più colossalie difficiliimprese che V uomo sia riuscito di compierefelicemente? Chi avrebbe sognato che l'Europae gli Stati Uniti
vicendevolmente si avrebbero potuto trasmettere da 100 a 120 se-gnali
,in media
, parole,
solamente in parecchiminuti attraverso
un oceano?!
Come dico,non è stato solo per queste colossali imprese che
r anno 1869 si è distinto sopra i suoi antecessori,ma ancora per
tutte le scienze naturali generalmenteparlandole qualisonosi in-dirizzate
a un avvenire di luce,di verità% e di potenza.
Ed in vero glistudi del P. Secchi sulPAnalisi spettralede' corpi
celesti;quelliche tendono ad armonizzare glisvariatifenomeni me-teorologici,
le industrie e le arti con le scienze;glisludi antropo-logici
che mirano a stabilirele vere posizioniche occupano tanto
l'uomo quanto glianimali nella natura; glistudi meccanici riservati
a sostituire V uomo macchina e a rendere i piùdifiìcilie nello stesso
tempo ì più interessantiservigialla società ; i lavori dell'Ericson
e del Mouchot, non meno che quellidelP ing.Cavazzi,statidimen-ticati
nel presente Annuario^ ma de' qualiabbiamo parlatoin altra
occasione (t),tendenti a utilizzareil calorsolare;glisludi del Tom-
masi per trarre dalla marea una forza motrice;gl'incessantidisegni
I (I) Di alcune recenti Intensioni. Palermo, 1870.
224 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
per le ferrovie di montagoa; i lavori del Cottrau per le ferrovie
economiche ; i tentativi del Thompson per le locomotive stradali;
le molte applicazioniscientifiche:tutto questo ci fa senza vana lu-singa
sperar molto e poi molto. '
Or, X'AmuaTio scientificoed industriale che da sei anni viene
pubblicatodal benemerito editore sig.E. Treves, è una pubblica-zione
di cui r Italiarisentiva fortemente la mancanza,
ma di cui
ora molto siavvantaggia.La direzione dello stesso è affidataa^ pro-fessori
F. Grispignie L. Trevellini,i qualinon tralascianocura al-cuna
perchèriesca quanto meglio completo.Ogni scienza è trattata
da un valente professorespeciale,cosi V Astraiwmia dallo Schiap-parelli,la Meteorologiae la Fisica del Globo dal Denza, la Fisica
dal Ferrini,la Chimica dal Sestini,la Uedicina e Chirurgiadai Mo-
riggia,laPaleoetnologiadal Pigorini,V AntropologiadalPIssel,la fio-
tanica dal Marcucci,la Geologia,Paleontologiae Mineralogiacome
pure le Industrie ed Applicazioniscientifidiedal Grispigni,V Agra-ria dal Caccianiga,la Meccanica dal Colombo, V Ingegneriae i La-vori
pubblicidal Trevellini,laGeografiae Viaggidal Malfatti,VArte
Militare dal Romiti e la Marina da un ufficialedi Marina, che non
si è voluto far conoscere. Inoltrevi ha una rivista delle Esposizioni
e Congressie una Necrologiadel 1869; a cui si voglionoaggiun-gerele illustrazioniparte intercalatenel testo parte in tavole se-parate,
che all'uoponon mancano mai. In sififattamaniera gli ap*
prezzamentie le notizie sono esposte con quelladottrina,preci-sioneed ampiezza che si richiede in questilavori. Quelloche ci
rallegrapoi è vedere come d^ anno in anno gliAnnuari del signor
Treves si sieno considerevolmente ingranditidi volume;ciò che mo-stra
la buona accoglienzafallaloro dagliItalianie ilbisogno ognor
crescente de' buoni libri.
Di una sola cosa ci sembra mancante il presente Annuario : vo-gliamo
dire d'una Bibliografiageneralede' Ubri risguardantiscienze
ed industrie pubblicalientro Tanno in Italia;con essa potrebbesivedere il movimento intellettualedella Penisola.
Pria di far punto non possiamo passarcida alcune idee venuteci
nel leggerele rivistedi questo Annuario; e, p. e. : il Denza parlaestesamente de' diversi fenomeni meteorologicie di altre impor-tanti
cose, ma non consacra nemmeno un capitoloper quelnUste-
rioso agente che si chiama Ozono; eppure ce n'era bisogno.L'uf-ficiale
di Marina e ilRomiti, nelle loro riviste voglionosostenerela necessità d'una marina militare formidabile e deglieserciti stan-ziali
per la semplicetutela delle genti,oltreche lo stesso Romiti
226 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
giàperironoun tempo, e che per circostanze forlaite si propaghinosu largascala,o restino in pochi esemplari,e possano corrispon-dersi
quelledi vicine con lontane regionie tempi,senza che si am-metta
assolutamente il commercio o la trasmigrazionedi razze in
altre razze. E quindipreoccupato di ciò,fortemente io dubito che
per sifTatlistudi impazientie basati,su rari e non sempre auten-tici
oggetti,la storia della umanità,che ne è lo scopo, non poggi
sopra solide basi.
« Soggiungerò,che quando anche non fosse nato Eraclitoilqualeritenendo il fuoco siccome principioe fine d' ogni cosa, inculcava
r ustione dei corpiumani, e Siiladiversamente di Numa Pompilio,non avesse rimesso in uso quel vezzo, alloscopo di non far cadere
ilsuo cadavere nellemani di chi poteva farne il ludibrio in cui e-
glimise quellodi Mario; io porlo opinioneche le ossa e glische-letri
degliantichissimipopoli,e risorgesseropure dalle urne cine-rarie,
io porto opinione,che assai poco vantaggioporterebberoal-
TetnograOaed airantropologia,più di quelloche ne ottenga dai
tedeschi moderni. Pei qualipoi,a dirla di passaggio,il fatto della
potenza intellettualeè legatopiù alla intima struttura del cervello,
anziché alle forme del cranio od al volume del cervello od air al-bero
genealogico.»
In un^ altraquestioneegualmenteimportante,la pretesacompres-sione
de^ crani de^ neonati in Sardegna,il Randacio è molto espli-cito.
Eglinega che tal costume fosse stalo introdotto dai Saraceni
che colà dimorarono,
aborriti dagPindigeni, 40 anni appena ;
affermazione che si trova in armonia con ciò : che nessuna abitu-dine
saracinesca persistatuttavia in queirisola.Anzi eglinega che
compressioneveruna si faccianelle teste,se giàcompressionenonsia il palpeggiaremomentaneo che suol farsi dalle levatricial cra-nio
del nuovo essere.
L' opuscolodel Randacio non è parto di fantasia,
ma frutto dì
sladt e di osservazioni : e però da questo lato ci par da tenere in
considerazione. Forse in più luoghiprocedetroppo a sbalzi;forse
non tutto quelloche accenna esamina, che tutto avrebbe richiestolar-ghissimo
svolgimentoe un libro,quando ilRandacio volle scrivere un
opuscolo;forse non a tutte le idee in esso annunziate si può far
plausoda chicchessìa;ma ilpregio che ha non glisi può negare;
e noi ci rallegriamodel bel lavoro,si ben coronalo dalla tavolasi-nottica
che vi va annessa, di questo nuovo ribellea certe teorie
che non hanno ancora il sussidio dì fatticerti ed invariabili.
G. PlTRÈ.
CO!^PERENZe PER GLI STUDI DEL DIALETTO SICILIANO
Volendosi (Idi cullori del nostro dialello e della sua specialelet-teratura
di vocabolari,grammatiche, cronache, canti popolari,pro-verbi
ecc., ordinare la uniformità ortograficae lessicograficae lut-
tociò che delti argomenti concerne, in guisada essere stabilitauna
regolauniforme e generale in queste materie;nel mese di giugnotestò decorso si è divisato di convocare in Palermo un' adunanza
nelle sale della Biblioteca Comunale per discutere quanto fosse oc-corso
sul proposito.
Dal giorno 3 al giorno 12 lugliosi tennero pertanto quattro con-ferenze
pubbliche,allequalipresero parte,secondo lo annunzio da-tone
dalla Commissione provvisoriane' giornali,molti di coloro che
in Palermo e nel restante dell'isola aveano scritto in dialetto o sai
dialetto siciliano.Tra essi,per le varie provinciesiciliane,furono i
signori:Girolamo Ardizzone,prof.Antonino Cangemi, Salvatore Coc-chiera,
prof.Saverio Cavallari,ab. Gioacchino Di Marzo
,cav. Isi-doro
La Lumia, prof.Domenico Mastruzzi,prof.Matteo Mosso, Ni-colò
Poma-Cangemi, Carmelo Piola,Giuseppe Pitrè,G. B. Santan-
gelo,GiuseppeSilvestri,Salvatore Salomone-Marino, prof.Antonino
Salinas,Antonino Traina,della provinciadi Palermo; Alberto Bu-
scaino, prof.Vincenzo Di Giovanni della provinciadi Trapani;Rocco
Gramitto-Ricci da Girgenti; Michele Serra-Caracciolo da Siracusa;
cav. Lionardo Vigo, avv. Michele Cali della provinciadi Catania;il
cav. Emerico Amari e Pavv. Francesco Maggiore-Perni,Tuno Pre-sidente,
r altroSegretariodella Nuova Società per la Storia di Sici-lia;
e il dott. Martin Schneekioth da Copenaghen, venuto in Palermo
per glistudi del nostro dialetto.A proposta dell'Amari furono ad
unanimità elettia Presidente e a Segretariodelle Conferenze L. Vigo
e 6. Pitré.
Il Presidente lesse un dotto ed elaborato discorso,nel quale mo-strò
come- in tutti i secoli ne' qualisi è scritto o stampato in dia-letto
non si sia serbata uniforme ortografia.Enumerò gliabusi dei
cinquecentistinell'uso delle lettere alfabetiche xk y,lequalisi sono
roano mano corrette; e glierrori di aver voluto creare una lingua
illustresiciliana,che fortunatamente è scomparsa. Disaminò il nostro
alfabeto,additando glierrori che vi sono nel mal adoperarlo,e come i
vari scrittori abbian adulterato la grafiasiciliana.E dopo varie os-
228 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
seirazioni conchiuse esser necessario 1» che i Canti popolarisi scrì-vano
possibilmentenella pronunziadel luogo in cui sono stati rac-colti
; 2o che i Vocabolaristiregistrinoi vari nomi di unico oggetto
usato neir isolaapponendo la definizione alla voce adoperatain Pa-lermo;
3® che tutti i letteratii qualiiìiprosa o in verso dettano
le loro opere in siciliano si valgano di unica ortografia.In conse-guenza
di questo il Presidente propose un Saggiodi ortografiaperessere esaminalo e quindisanzionato dalla Conferenza.
A varie osservazioni diedero luogoquestitre articoli,sostenendosi
contrarie opinionitra' presenti.Approvati i primi due articoli,i
signoriDi Giovanni,
Gramitlo,
Pilrè,Traina e Vigo furono no-minati
componentila Commissione per esaminare e discutereilSag-gio
ortograficopropostodal Presidente. Detta Commissione forni
in privatesedute il suo compilo,e alla terza pubblicaconferenza
il Presidente ne lesse ilrapporto;dal qualerisultò,quelsaggio,tolte
poche modificazioni,essere stato accettato allaunanimità;in un sol
punto però essersi la Commissione trovata discordante,cioè nella
maniera di supplirela x non piùusata nellascrittura del nostro dia-letto.
Ciò diede luogoa una discussione vivissima,non potendosi
conciliarei pareride* soci palermitani:Cangemi, Cocchiara^Pitrè,
Traina,ecc. che volevano sostituitola e alPa?e scrivere damma, duri,
dumi^ e de' soci Di Giovanni,Gramitlo,Maàlruzzi,Vigo ecc. che prefe-rivano,e ilVigo più che altri,laa?,per dire sdamma, sduri sdumi.
La discussione si protrasseper la terza e quarta seduta,
nella
qualesi ragionòcon copiadi esempi e di argomenti. Finalmente
il Di Giovanni propose e la conferenza approvò die le voci scritte
dagliantichi con la x come xiuri,xiumi^xiamma ecc. meglioche
collase si possano scrivere colla e, purché la e sia pronunziatacon
leggierosibiloche la preceda.
Dopo di ciò avendo la Conferenza approvato il Saggiodel Vigo,il Dr. H. Schneekioth pronunziò un breve, affettuoso e dotto di-scorso,
col qualetogliendocongedo dalla Sicilia,dove era slato per
sette mesi, dimostrò la importanzadeglistudi del dialetto non solo
per la filologia,ma anche per la raccolta delle Iradizionl popolari.« Desidero,egliconchiuse,allaSiciliamolli geni come ilMeli,neiridillio
e nella poesìaerotica. Vorrei soltanto che essi si limitino a quello
spazio,che la storia ha concesso al dialetto. Ognuno che non os-serva
queiconfini,troverà sulla sua tomba,scritto dalla mano della
storia,lo stesso epitaffioche nel camposanto di Roma sta scritto
sulPamico di Byron : Qui riposauno, ilcui nome è scrittosulleonde.
varietà' 229
Le conferenze si chiusero rimanendo stabilitoche si dovessero
quandochessiariconvocare ad invito dei Segretarioe dietro propo-sta
di 10 Soci. L'ordine dei giorno per la Conferenza prossimafu fermato : Voci sicilianemancanti alla liihguacomwie ed esistite
in essa ne^ secoli XIII e XIY,
Gli attidelle Conferenze,depositatinella BibliotecaComunale, sa-ranno
quanto prima dati alle stampe. 6. Pitrè
HE£ESTlV\JBBUCAZ\Om.'" Adriana da Castiglione,Tragedia di Antonio De
Marchi (Palermo,Pedone) ; Vocabolario siciliano-italiano attenente a cose dome-
ttiche»a parecchiearti e ad alcuni meslieri di G. Perez (Palermo,Lao); Sullo svi-luppo
e la durala dellecorrenti d'induzione e delle estracorrenti, per PieKo Bla-
sema (Palermo,Lao); Su la Origine dell'Anima Umana ecc. Dissertazione di Do-menico
B. Gravina, abate cassinese (Palermo,Lao);Sull'Eedisse totaledi Sole delti
Dicembre 1870 visibilein Sicilia,Bisultamenti di calcoliespostiagliaìnaloii di astro-nomia
da Angelo Agnello(Palermo,Pedone); Biblioteca storica e letterariadi Sicilia
ecc. voi. V. (Palermo,Pedone); Monografia de* Prati artificialidi P. Alfonso-Spa-gna
(Pai.,Pedone); La Proprietàde' sudditi d'uno Stato belligerantein mare di E-
manuele Pelaez (Pai.,Pedone); Flora, Racconto di S. Malato-Todaro (Pai.,Pedone);
Lezioni elementari di Macchine a vapore, date da Roberto Gill (Palermo,L. Pe-done);
Grillo,ossia il Bandito siciliano.Canti 21 di C. Piota,dal dialetto sici-liano
volti in italiano da Gius. Cazzino (Palermo, Amenla); Sul Cimitero dit e-
rigersiin Termini-imerese,
Memoria per Giuseppe Ciofalo (Termini,Giuffrè);
Della Intolleranza religiosae politica.Ricordi di GiuseppeLo Giudice (Messina,Ri-
bera);La Libertà del Cambio e delle Banche, per Salvadore Buscemi (Messina,Ri-
bera) ; L'Italia al Mille,Saggiodi G. Galatti ; L' Uccellatore,Manuale di Or-nitologia
per la Siciliacorredalo di molte cognizioniutili intomo alle varie Caccie
ecc. per Antonio Ruggeri (Messina),Osvaldo ,Novella in versi, di Dom. Pianaroli
(Messina,tip.dell*Avvenire);Saggi di Logologiaàe\ prof.Raff. Di Francia (Mes-sina,
Capra); Diplomi greciinediti ricavati da alcuni mss. della Biblioteca Comu-nale
di Palermo, tradotti da G. Spala (Torino,Stamperiareale).I SICILIANI ALL'ESTERO— Il Giornale di GottingaGòttingergelehrteAnzeigen
ha due articolidel prof. Liebrecht in lode del 1* voi. de' Canti popolarisiciliani
raccoltied illustratida G. Pilrò e sopra La Baronessa di Carini, leggendapopolarepubblicatada S. Salomone ; altro articolo su qnest'ultimo libretto é nella Revue
critiquedi Parigi,a firma del Conte de Puymaigre. VAthenaeum di Londra del 16
luglioparlamolto onorevolmente degliScrittivari di C. Pardi;e cosi anche la Revue
des Cours Littérairesdi Parigi^dellibro:Sofismie Buon senso. Serate campestridi V.
Di Giovanni. Nel 1* fase, dell'ArchaeològiuheZeitung di Berlino é un articolo di
Heidemann Sul Becco di bronzo e sui Vasi del Museo di Palermo.
CONGRESSI ED .ESPOSIZIONI. — Tra' giorni3 e 12 lugliosi son tenute in Pa-lermo
delle conferenze per glisludi del dialetto siciliano; di che una breve rela-zione
è in questa dispensadelle Effemeridi.— Ne* mesi di giugnoe luglioè stata aperta in Palermo un' Esposizionedi arti
230 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
belle,industriali e maniXatlurìere;vi si sono ammirati molti lavori e prodottidella
provinciapalermitana.L' Esposiziones'è chiusa colladistribuzione di medaglied* ar-gento
e di bronzo, il giorno24 p. p.
.
BELLE ARTI. — Un bel leone in marmo ha ora ultimalo Io scultore B. Delisi
pel monumento che egliprepara a Vincenzo Florio.
— Il prof.Nunzio Morello ha scolpitouna Selvaggiain atto di deporrein terra
il sue bambino, per afferrar 1*arco e uccidere una fiera che minaccia assalirla.
SOLENNITÀ'. — S'è inauguratonella Filarmonica Bellini in Palermo un mezzo-busto
di G. Rossini, opera del Delisi.
ACCADEMIE. — Il cav. Lionardo Vigo,elettocitudino di Palermo, é venuto a rin-graziare
personalmentela rappresentanza municipale.In questa occasione la Nuova
Società per la Storia di Siciliasi è convocala in seduta slraordinaria per udire dal-l'onorando
autore del Ruggiero la lettura della monografiaSopraCiuUo d* Alcamo
e la canzone « Roea frescaaulentistima,• alla qualeilVigo ha atteso per piùanni.
— Si è ricostitutain Palermo la Libera Società degl'Insegnanti,che ebbe vita al
1866. Ilsuo scopo è quellodi promuovere l'incremenlo della istruzione e delta educa-zione
e di assicurare un mutuo soccorso a' suoi socii.Fedele a' suoi principiiben-ché
con tre mesi di vila, ha giàprovvedutoalla istruzione dei detenuti del carcere
di Palermo, mandandovi ad insegnaredue de' suoi socii; e nuove scuole fra breve
apriràdomenicali e serali.Il municipiodi Palermo, ad incoraggiarequesto operoso
sodaliziogliha largitoun sussidio di lire tremila. La Società conta i50 soci effet-tivi
e non pochionorari ,fra le celebrità italiane.Ha una Riviila italiana d'istru-zione
e d'educazione, che pubblicaa sue spose, e della quale è giàuscito ilprimonumero.
INVENZIONI E SCOPERTE. — Il nostro M. Siciliano ha inventalo un Timone da
lui detto aulomalicOfilqualecon risparmionotevole di spesa sostituiscel'assistenza
del timoniere seguendosempre la direzione della bussola. Il Siciliano ha inviato al-
K Esposizioneinternazionale marittima il suo disegno,accompagnandolo con una
memorietta stampala.
POLEMICA. — Di vivi attacchi è sialo segno in questimesi passaliilnostro egre-gio
collaboratore prof.L. Lizio-Bruno I suoi avversari lo hanno fcittoreo di un Boz-
zetlo sociale da lui pubblicatonella Scena di Venezia, spacciandoviadombrato ilde-funto
F. Bisazza. Gli attacchi si sono spintia tanto da consigliarl'Accademia Pelo-
ritana di Messina a cancellare dal suo albo il Lizio. L' Aec^idemia non giunsea que-sto,
ma ne fece ragionedi una tornala straordinaria,la qualevenuta a conoscenza
de' soci peloritanidi Palermo, li eccitò a manifestare per lettera,fatta poi di pub-blica
ragione,illor rincrescimenu» per la inconsulta discussione dell'accademia me-desima.
L* onor. sodalizio dichiarò la sua incompetenzain una questioneaffatto e-
slranea a' suoi sludi;vari giornalidi Sicilia e del continente levarono la voce in di-fesa
del Lizio,e la guerra è cessata. Adesso il Lizio ha pubblicaloun opuscolodedicalo
aglionesti,col lilolo:/ miracoli di una nuova inquisizione(Messina,D'Amico,1870);col qualecombatte le accuse de' suoi oppositori.Quest'opuscoloè intitolatoai soci
dell'Accademia Peloritana residenti in Palermo, queglislessiche spontaneamente at-testarono
la loro stima all'egregioprof.Lizio-Bruno.
NECROLOGIA. — Nella grave età di 80 anni, è morto in Palermo ilsig.Giacinto
Agnello,letteratoe cittadino egregio.Un elogiodi lui è stato Ittio il giorno3 luglioin
una tornata della Società di Storia per la Sicilia,dall'aw. Francesco Maggiore-Perni;
elogiopienodi care ricordanze e di fattiriguardantila storia sicilianae la vita del
defunto. G. I*.
BXTIiLETTINO BIBLIOaBAFICO
LEZIONI CLINICHE SULLE MALATTIE
MENTALI con effettilegali;pretto la
R, Univertità degliStudi di Pater'
mot per Francesco Pionocco. Paler-mo,
Lorsnaider. 1869, in 8*.
L*JIlastre psichiatroDr. Pìgnocco,il
quale sin dal 1838 Tanta già delle gravi
pubblicazioniintorno alle malattie men-tali
da lui indefessamente studiate,
in
questa prima lezione si occupa dell'or-ganamento
del Manicomio, come mezzo
efficacissimo a guarirla follia. Eglilo
guarda dal lato igienicoe dal lato am-ministrativo,
quelloper Paria, il calo-rico,
l'acqua,la luce,il vestire e il re-gime
alimentare ; questo pelsapere ,la
filantropia,la onestà
,che sono mezzi
morali tanto necessari in chi si addice al
S.ncerdoziodi curare quantihanno per-duto
il ben dell' intelletto. Stabilisce le
grandisezioni che d' un Manicomio do-vrebbero
farsi ; il sistema d* abitazione
in generale,quellocio^ di isolamento e
quellodi associazione,le varie partidel-l'
Ospìzio,il giardino,ilbagno,la stanza
di conversazione, il refettorioec.; e mo- •
stra come ciò che eglidice sia il risul-tato
delle sapientiosservazioni de' psi-chiatri
più illustrid' Europa.Cosi potes-sero
le proposte e i desideri del Prof. Pi-
gnocco diventare un fatta^ Manicomio
della nostra città t G. P.
INTRODUZIONE ALLA SCIENZA DEL
DIRITTO INTERNAZIONALE in rela-zione
alla fUotoftadella Storia, Corto
dell'anno 1867-68 espottonella Uni-vertità
di Palermo da Paolo Morello,
ecc. voi. II. Palermo, Vini, 1870.
Nel Bullettino bibliograficodella di-spensa
V, del voi. I,di questo periodico,
demmo a suo tempo avviso del voi. I
di quest'opera,della quale annunziamo
ora con piacereil voi. II. Il quale s'in-trattiene
,siccome era promesso »
della
Sovranità piò che altro,e in speciedello
Stato qual è di dirittoperchè costituisca
la scienza del diritto internazionale,
e
dello Stato qual è di fronte al mondo po-litico
e alla scienza del diritto interna-zionale.
CinqueLezioni di questo volume
sono di Critica di alcune teorie intorno
alla Sovranità;e l'ultima, come Appen-dice,è la stupenda Prelezione al Corso
di Diritto internazionalecontemplato in
relazione alla filosofia della storia,letta
dall'Autore a principiodel corso del 1864
in questa R. Università di Palermo.
Assai vigorosaè la critica della teoria
del Buchez ragguardatasì nei suoi prin.
cipj,e si nelle sue applicazioni: ed im-portantissima
per gravitàdi considera-zioni
sul diritto pubblicoè la Lezione
XXI del Diritto potitivounivertale. Ma
la parte principaledel libro è nella le-zione
Della Sovranità in generale,e non
possiamoqui non notare, benché di vo-lo,
come l'Autore abbia sapulo altissi-mamente
trattare questo punto che è car-dine
e centro delle sue teoriche,ferman-do
che la Sovranità sia • attributo essen-ziale
dell'Umanità, epperò fondamenta-le
nell'ordine delle sue leggicostitutive;"
e il suo princìpioessere identico al di-ritto
di signorìasullo spazioe sul tempo
propriodell'Umanità ,nella cui Idea ò
essenziale quellasovranità,onde il fatto
supremo delle Nazioni,degliStati,delle
forme de' Governi. E nel principiodi
Sovranità,cosi considerato,si ha man-tenuto
tutto ilgiuredella scienza del Di-ritto
Internazionale.
Dal titolo stesso dell'operal'Autore
23iK NUOVE EFFBMBRIDl SICILIANE
ha voluto farcisapere che assai più am-pio
svolgimentopotrebberoavere le sue
dottrine;le qualiin questa Introduzione
si presentano insieme alla critica delle
dottrine opposte, e richiederebbero altro
lavoro piùampio per essere organate in
corso dottrinale,che darebbe tutto com-piuto
il sistema, da cui risulterebbe lu-minosamente
essere ilDiritto « la mani-festazione
continua della Giustizia di Dio
nel mondo delle Nazioni.* V. D. G.
TRAINATO DI GEOMETRIA PRATICA
ad uso delle scuole eleìnentari e degli
operaiper G. M. Ciofalo. Termìni-I-
merese, 1870.
Questobreve trattato del Ciofalo è tulio
consacrato per glioperaie i giovanetti
delle scuole elementari,i qualimal sof-frono
i teoremi e i corollariquantunque
di grande interesse. In esso s' insegnail
modo come trovare delle estensioni in-
cognite,e misurare certicorpinella pra-tica
molto comuni,
ma stati trascurati
dalla maggiorpartede* trattatisti.Le ope-razioni
soggetteai calcali superioridelle
matematiche sono facilitate per via di
rapportinumerici,per lo che vi hanno
delle tavole per estrazioni delle radici
quadralee cube ec. In verità,questo modo
d' istruirequasimeccanicamente non ci
aggradamolto,ma il libro del Ciofalo è
commendevolissimo per la precisioneche
esso ha nel descrivere i modi praticiaf-
fin di costruire le svariate figuregeome-triche;
ed altresì per la chiarezza che di-mostra
nell'esecuzione "le*problemidi
cui è ricco questo Trattalo;solo avrem-mo
desiderio in qualchedefinizione mag-giore
esattezza. M. S.
DIARI DELLA CITTA* DI PALERMO
DAL SEC. XVI AL XIX, pubblicati
sui mss. della Biblioteca Comunale,
precedutida prefazionie corredati di
note per cura di Gioacchino Di Marzo
Voi. V. Palermo, L. Pedone-Lauriel,
MDCCCLXX.
QuestiDiari ronlinuano a darci notizie
preziosee curiosissime intomo a' fatti
occorsi in Palermo ne' secoli passati.Del
presente volume non può che ripetersiquelche de' precedentiabbiam detto si
per ciò che riguardai buoni,spesso in-genui
e sempre troppo crudeli autori,e
si per le fatiche spesevidal pazienteDiMarzo. Il Dr. Vincenzo Auria è il com-pilatore
del Diario e dell.}memorie di-verse
di questo volume; V uno e le altre
costituentila storiapalermitanadall'an-no
1653 al 1674 e la storia di Sicilianel
tempo della Ribellione di Messina dal
1674 a tutto il1675. A quest'ultimapartedel volume in discorso riferiranno molta
importanzaqueinon sicilianilettoriche
conoscono poco i fatti dolorosissimi di
quellainfortunata rivoluzione,che fu cosi
fatale non meno a' Messinesi che aglialtriisolani.Perchè giudichiognuno della
curiositàdi questepagineecco quialcuni
versi che durante e prima quellaribel-lione
corsero per le piazzedi Messina e
Palermo. Nel mese di settembre del 167S
fu affissoquesto cartello guerresco :
Messinesi,che si fa?
Siamo schiavi giàsi sa.
0 morte o libertà!
Un cartello a lettere d'oro afllssato
a' Quattro Cantoni in Palermo la notte
de* 84 ottobre 1674 ci ricorda gliodi ter-ribili
tra*Messinesi e tra' Palermitani :
Si nun ammazzamu li Missinisi
Chiamiremu li Pranzisi;
odi alimentali dal governo vicereale di
allora. Pochi mesi appresso, a' 17 marzo
1675,un altrocartello messinese diceva :
li C6 di Spagna ni ha pieno la pancia,
E ne fa morir di fame il re di Francia.
G. P.
STUDI STORICI SULLA TIPOGRAFIA
intomo V originedeWarte dellastampa
del tipografoFrani.bsco Gì liberti.
Palermo,tipografiadell'autore 1870.
Questo libretto, picciolodi moie
,è
iU NUOVE EFFEMERIDI SIGXUANE
per dare un nuovo argomento di salute
a'Sardi,e per agevolareilloro commercio
coi non Sardi,i qualiaccorressero a quel-l'ospizio.
Saranno le generose paroledello
Spano ascollate? Lo dovrebbero, ma forse
non lo saranno, perchènell'anno di gra-zia
1870 non son gli Spano quelliche
trovano favore a prò d' una istituzione
santa in faccia a consiglidi provinciae
a governicentrali. G. P.
INGAxXNI, FALSITÀ* E VERITÀ'. Pro-verbi
Ialini illiUtraU da Atto Van-
NVGCi. Venezia, Antonelli,1870.
Ogni nuovo capitolodi quest'operasu' Proverbi latini,che V illustreProfes-sore
Vannucci dà in luce, fa crescere in
noi ildesiderio di vederla prestopubbli-cata
per intiero.È un quarto saggioquel-loche eglici regalaora col titolosu-
detto,e con esso ci spiegada ottantasette
proverbie modi proverbialilatini in-torno
agliinganni,alla falsitàe alla ve-rità
presso gliantichi Romani, ne' qualivizi e virtù grechecoesistetteroe si per-petuarono.
Non ripetiamolodi che po-trebbero
parere stereotipetrattandosi del
Vannucci ; auguriamo si a* lettoriuna
bella occasione perchèsi procurinoque-sto
preziososaggio, stampato negliAtti
deir IstitutoVeneto di scienze,lettereed
arti e non messo in vendita. Nel qualetroveranno e morale e storiaed erudizio-ne
quanta non se ne trova in molti libri
che di Mudi morali,storicied eruditivi
portano il titoloe menano vanto.
G. P.
CORREZIONI E GIUNTE al Vocabolario
degliAecademiei della Crusca (lotterà
B) a cura di Alfonso Cbrquetti.
Porli,Casali,1870.
Dopo quanto è «tato dello,•
in queste
Effemeridit dell'operadel prof.Ccrquet-ti,è superfluaogniraccomandazione per
parte nostra. Il volume che annunziamo
verte sulla lettera B, tutto di correzioni
e di giunteproposte dall'egregioForli-
veseall'interminabile Vocabolario della
Crusca. Il saggioche ne abbiamo sotto
occhio assicura del buono che sarà per
entro all'operaintiera;temiamo solo che
per desiderio di impinguarlail valente
criticoscenda a certe minutezze non com-portabili
da chi ama lo scrivere efficace
e disinvolto. G. P.
LE RIME DI FRANCESCO PETRARCA
col eomento di Giuseppe Bozzo; voi. I.
Palermo, Amenta, 1870.
Questo nuovo Comento delle Rime del
Petrarca è molto opportuno in tempiche glianimi hanno bisognodi miti af-fetti
e di tornare alle dolcezze squisitis-simedell*arte, distrattida passionine-miche
alla gentilezzadelle letteree alla
soave contemplazionedell'ideale. Il pro-fessore
Bozzo ha premesso al suo Ce-mento
un lodevolissimo discorso sulla
natura e grintendimentidel Canzoniere,
Ch'amore in Grecia nudo e nudo in Roma
D' un velo candidissimo adornando
RenJea nel grembo a Venere celeste.
E quest'amore ideale,celeste,del Pe-trarca
va sempre confermato dal Cemen-tatore
per tutte le chiose del volume, e,
oltre il Proemio, con la Digressione,che
è in fine del volume, sopra la prima
parte del Canzon iere,la qualese ritorna
bene sulle Rime in vita di M. Laura con-duce
logicamentea quellein morte, che
comporranno il secondo volume e sa-ranno
la seconda parte.
Non mancano nelle note frequentiri-scontro
con Dante, giàpure dal Bozzo co-
mentato; e sobrie e bene a propositosono
sempre le chiose o filologicheod esteti-che
che si hanno ad ognicomponimento
del grande Poeti. L'edizione, adorna di
un bel ritratto del Petrarca,è nitida e
corretta diligentemente,e tutto ilvolume
può ben dirsi elegante.Plaudiamo l'egr.profesboredi questo
nuovo suo studio,e asi)ettiamoche pre-sto
sia compiuto. V. D. G.
BULLBTTINO BIBLIOGRAFICO. 235
DELLA VITA E DEGÙ STUDI DI At
MEDEO PEYRON, iVoiisM raccolte da
Fbdbrioo Sclopis. Torino,StamperiaReale,1876.
Una delle più graviperditefattetestédalle scienze filologichein Italiaè quelladel celebre Amedeo Peyron morto il27
aprile1870 in Torino sua patria.Di lui
molti hanno scritto di recente, e alcuni
anche bene, ma lo elogioche ce ne ha
dato il Conte FederigoSclopis,pronun-ziato
alla R. Accademia di scienze e let-tere
in commemorazione del suo antico
socio,é la piùbella biografiada noi let-ta.
Allo Sclopis,da Presidente di quel-r onorando sodalizio,tocca di quando in
quando ildoloroso ufficiodi ricordare le
virtù di mente e di cuore di qualcheil-lustre
personaggio;ed eglilo fa,
come
abbiam veduto testò pelPaleocapa, pelManno, pelMatteucci, pelMittermayer,ed ora pelPeyron,con pienaconoscenzadelle disciplinenelle qualiessi segnala-ronsi,con affeitoche sopravvivealla mor-te
e con coscienza di scrittore. G. P.
POESIE DI Cesare Cantu'. Firenze,Suc-cessori Le Mounier 1870.
DUECENTO SONETTI in dhletlo roma-
ne$co di G. G. Belli con prefazioneenote di L. Moraxdi. Firenze,Barbèra,
1870.
Porgiamo avviso di questidue vo-lumi
differentissimitra di loro,usciti or
ora pe'tipiLe Mounier e Barbèra, riser-bandoci
di parlarnenel venturo fascico-lo.
Quellodel Cantù comprendeVAlgiioolalegafomòarcia (poema),e poiromanze,
sermoni, lirichevarie ed inni sacri.L'al-tro
del Belli,oltre a* sonetti raccoltidalla
tradizioneorale o sceltidalla edizione ro-mana,
contiene un lungostudio criticodel
Morandi col titolo:La satira in Roma e
G, G. Belli. G. P.
NUOVI CANTI E TRADUZIONI di Sa-verio
Baldacchini. Napoli,GhioJ1870.
Settanta componimentidel Baldacchiniraccoltiin un elegantevolume sono un
beir acquistoper le nostre lettere,in cui
i buoni esempi poeticivengono ogni dà
stremando. V'ha nella poesia del Bal-dacchini
una serenità di affetti e con
essa un' arcana malinconia che ti con-forta
e tianima insieme;tutto spiraamo-re
e carità per 1*umana creatura, che il
poeta guarda da cristiano e da cristiano
compatisce,e da cittadino vuol educata
a virtù civilie ad esempigenerosi.NelleImitazioni e Traduzioni egliè originale,e se i suoi componimentinon portasseroin capo quel titolo
,il lettore li crede-rebbe
cosa propriadel Baldacchini.
Forse questo bel volume, che a noi è
venuto dalla gentilee affettuosaamici-zia
del valoroso poeta napolitanoVin-cenzo
Baffi,
non va in commeicio : e
però non a tutti sarà dato ricreare lo
spiritoe nobilitar la mente ne' casti e
nobili versi del Baldacchini. G P.
LIRICHE SCELTE DI POETI ALEMAN-NI,
Vertione di Antonio De Marchi.
seguitada un Compendiostorico dellaLetteratura tedesca antica e moderna.
Palermo, Tip.del Giornale di Sicilia,1870.
Libro di molta utilitàper glistudiosidelle due letterature,l'alemanna e la i-
taliana ; del quale diamo per ora il
solo annunzio, essendo nostro pensiero
occuparcene nella criticaletterariadella
seguentedispensadelle Effemeridi.È un
elegantevolumetto diS24 pagine,che co-sta
liredue e mezzo. G. P.
A FRANCESCO LOJACONO, Versi di Ugo
Antonio Amico. Palermo 18T0.
Questiversi del sig.Amico, elegantis-simi,sono una confeiroa sempre più
splendidadella bellafama che godef'au-tore di poeta delicato,gentile,e di forme
236 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
severamente classiche.La natura, ispira-trice
vera delle stupendetele del Loia-
c^no, vi è dipintain modo da gareggiare
la parolaconcolori,tanto che non saprestidire chi la vincesse;e l'animo sente nella
letturade' versi dell'Amico quel ricrea-
mento stesso che lo solleva ne' laoghio
montanini o littoraniche l'artistaha ri-tratto
dal vero della nostra isola.La villa
Belmonte sul pendiodel Pellegrinoche
scende a punta del seno di Palermo,è
cosi maestrevolmente descrittache tisem-bra
passeggiareper que' viali,
e respi-rarer aura odorata che si leva,in tanta
belleua di cielo e di veduta di mare, di
città,di monti,da quelleflorideajuole
che circondano ilprincipescopalano.Ai
poetidel Loiacono si accorda a meravi-glia
la soavità de' versi del prof.Amico.
V. D. G.
LE MIE VEGUE. Versi di G. Costan-tino
da Mettina. Messina,tip.Filo-mena,
1870.
POESIE POPOLARI di Giovanni Mulè-
Bbrtòlo. Caltanissetia,1870.
Mese per mese i versi non mancano
mai nel campo delle lettere,e questiduevolumettini sono un saggiode* molti che
son venuti alla luce in Siciliain queste
settimane passate.Non diremo che sem-pre
sia poesiain essi;che anzi ve ne ha
assai poca; e in più luoghiè solamente
qualchegraiiosoconcetto che costituisce
il meglioe il tutto. Buoni studi addi-mostra
il sig.Costantino,ed affettisere-ni;
spontaneitàil sig.Mule e una certa
vivacità di stile.Però, come del primonon sappiamcapireche pubblichii suoi
versi • per avere un incoraggiamentoal-l'arduo
e malagevolecammino che n à
accinto percorrere » ; quasichésistampi
per essere incoraggiatie nou si sia in-coraggiati
pelbene che si fa: cosi del se-condo
ci maravigliala scelta di eerti
temi, ottimi a tempo opportuno^ fuor di
luogoadesso,che i nobili entusiasmi son
finiti.Air antico nostro condiscepolosig.
Mule osserveremo inoltre che per iscri-vere
in forma popolarenon siano da se-guire
i poetiletteratida stornelli,ma il
popolopoeta, fonte inesaurìbiledi poe-sia
semplicee disinvolta. G. P:
CURIOSITÈS LINGUISTIQUES (parBbbo-
MANN. Mulhouse, ImprìmerieRader,
1870).
Llllusire Decano della facoltà di Let-tere
all'Universitàdi Strasburgo,cav. G.
F. Bergmann,in questo primo scrìtto di
Curiotitàlinguistichevuol mostrare come
1 cangiamentiche han portatole diffe-renze
di forma tra le parolefrancesi e
le loro corrispondentilatine sieno in-cominciate
nella lingualatina medesima;
di maniera che la linguafrancese non ha
fatto che seguiree continuare in gran
parte le tradizioni e gliesempilasciatile
dalla latina. Molte citazioni del latino
antico e del francese« sopperiteda pro-fonde
conoscenze filologiche,confortano
quest'assuntodel Bergmann;ilqualese
fosse svolto con men brevità e concisione
fornirebbe argomento d' un bel volume.
A* filologinon passerà,speriamo,inos-servata
questa grave scrittura,
che fa
bella introduzione alle altre promesseci
dall'Autore. G. P.
// Gerente : Pietro Montaina
NUOVE EFFEIERim SICILIANE
ANNO li. DISPENSE VI E VII. SETT. ED OTTOBRE 1870
ISCRIZIONE GRECA DI SIRACUSA
Fino ai 1858 non vedeasi allro dei tempio credalo di Diana in
Ortigia(contradaResalibra)clie due colonne doriche iequaliinai-
zavansi dal pianodella casa de' fratelliSantoro,suiPistesso livello
di via S. Paolo. Cominciati solo gliscavi nell'oradetto anno 1868,
vennero portalimolto innanzi nel 1864,dopoché ilpresidentedella
Commissione di Antichità e Belle Arli,sig.Francesco Di Giovanni,
si fu recato sui luogo in compagnia del sig.Isidoro La Lumia (1).
li tempio,che è di forma esaslilo-periptera,era stalo dai danese Fe-derico
Hunter ritenuto come il più vetusto fra i monumenti greci
d'Italia;ed ecco sidemolisce la casa Santoro, e fra altreimportantisco-perte
si rinviene,precisamentenei gradinosuperioredel prospetto
orientale,un'iscrizione greca, scolpilanel tufo calcare e molto guasta
dal tempo.
L'iscrizionefa interpretatae messa in luce per la prima volta dal
eh. ellenistasig.GiuseppeDe Spuches,ilqualelesse e tradusse così :
KXeo....e" £7coiej£ tot TeXovt 6|aovxat duveOejiv laeiaxa lepa.
Cleo..,esfecitGeloni,aeque ac famiiiaribus,isiaca forma.
Prima ancora che fosse edita l'iscrizione,una /elterasuirargomentoaveva indirizzatoal Di Giovanni ildirettore delle antichità doti. Save-rio
Cavallari,nella quale,dopo aver congetturalo dallacollocazione
del tempio,eh' esso era stato costruito in un'epocain cui tutte le
più eminenti posizionifosserodi già occupate da altri tempi che
(1) W. BuUelt.deUa Commiu. d'Antich, e BeUe ArtiinSic. nuro. 1 Scoverte tiel
tempio creduto di Diana in Siracusa,
16
*
238 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
decoravano anche la saéra isola dì Ortigìa,cosi ne scrìveva: • Se
nscrìzione trovala determina un^epocache non oltrepassail Y se-colo
a. C. e che corrispondeall'epocadi Gelone,è chiaro che do-vevano
già in quell'epocaesistere molti tempt dedicati alle princi-pali
divinità,e mollo più quellodedicalo alla Dea protettriceche
diede ilnome d'Ortigiaa queirIsola come ricordanza dei luogodi
sua nascita.— I dati che sì riferiscono sulla topografladel nostro
tempio,sono di una importanzapositiva; e se altre scoperte non
li distruggono resteranno sempre tanli elemenli di grave conside-razione.
Per coloro però assuefattia dare, non si sa come, ai mo-numenti
epoche remotissime e che voglionoinviluppareogni an-tico
monumento con il manto delPoscurità,e ricorrere a tempifa-
votosi ed incerti,diremo
, per consolarli,
come il nome indicato
nella iscrizionedel nostro tempio,dì Cleomedes o Cleomenes
,è
probabilmenlequellodi un artefice celebre nella coslruzìone di
tempiisacri,e che figureràneiristorìanelle prime filetra i nomi
i più insignidi tutta la Grecia in onore della Siciliana cultura e
civiltà.Anteriori glisarebbero solo i nomi quasimitici di Dedalo
e dei fratelliTrofonio ed Agimede illustriarchitetti che costruirono
il.tempio di Delfo; ilprimo de' qualiera da Apollofatto morire
di dolcissima morte sette giornidopo la costruzione di queltempio,
e fu divinizzato sotto il nome di Giove Trofonio venerato in Le-
badia: quel tempio dopo essersi bruciato,fu cominciato a ricostruire
nel VI secolo a. C. dairarchitettoSpintauro,ma compito un secolo
dopo.Gli allripiù celebrali architetti'fiorirono in tempiposteriorial nostro Cleomedes o Cleomenes probabilmenteSiracusano;e sono
da annoverarsi tra loro Anlistate,Kallischro ed Anlimachide, che
costruirono all'epocade' Pisistraliiltempiodi Giove in Atene. Ictino
e Callicrateedificarono nel 438 a. C. il famoso Partenone dopo un
lavoro dì 16 anni, e nel 430 Tislesso felino costruiva il tempiodi
ApolloEpicurioin Bassa presso Figalia.L'architetto Libone co-struiva
il tempio di Giove in Olimpia,che fu terminato nell'anno
425 a. C, e finalmente al lY secolo Pileo inalzava il tempioqua-dralo
dì Prìene. Da ciò si vede come il nostro artefice fu tra i
primi,e rinomatissimo costruttore da meritare un'iscrizione su di
un tempio sacro "(").«Il nostro tempio Siracusano (dicevainoltre
lo stesso Cavallari)per lo stilearchitettonico,si può assegnare ad
un'epocacontemporanea o poco posterioreal tempio di Minerva in
(1)N«l Giovn, fliSic. seti. 1864. Num. 143,
ISCRIZIONE GRBGA DI SIRACUSA 239
/
Egina costrailo poco dopo la gaerra persica,o in lermine medio
de' Umili di tempo ,marcati dalia fondazione e distruzione di Se-
linunte etTettuitadai Cartaginesi20 anni prima di fiorire Fidia (1).»
Concbiudea finalmente congetturando« die altro tempio di Diana
esistesse di altra costruzione"
ma che poi alPepocafloridissima di
Gelone fosse con più sontuosità ricostruitosul tipodominante del
puro dorico " (2).Cosi il Cavallari,e le sue idee sono state comuni
al DI Giovanni ed al De Spuches.Or dopo ciò che si scrisse in Siciliasu quest'argomento,in Ger-mania
è stato pubblicatonel dotto periodicoil Philologus(XXVI,
p. 568) un articolo di R. Bergmann sulP epigrafemedesima. È
quelloche io presento qui tradotto dal tedesco,credendo utileche
venga a conoscenza deglistudiosi si della greca epigrafia,come dei
nostri monumenti.
Sag. Isidoro Carim
L' Iscrizione grreca nel gradino superiore, lato orien-tale,
del tempio recentemente scavato in Siracu-sa
(Ortigia).
Ritrovandomi in Siracusa nel febbraio dello scorso anno, ho esami-nato
ripetutamenteTiscrìzione greca di un rigo,scoperta nell'anno
1864, che è nel latoorientaledel tempioscavato in Ortigiain prossi-mità
dell'istmo,sotto delle tre colonne meridionali nel piùalto gra-dino
della stilobate.Essa fu pubblicataper laprima volta dal prin-cipe
Giuseppe De Spuches in Palermo in una lettera indirizzala
al prof.Francesco Perez {D'Annaepigrafegreca trovata in Siracusa
nel tempiocreduto di Diana. Palermo 4 nov. 1864, in-%o,stamperiaTamburello e C). Indi Tu resa di comune conoscenza per la copia
fattane dal dottor Giulio SchubringnegliAnnali per la filologia
classica,supplem.IV. p. 672, e dallo stesso ne\ PhilologusXXlì, p.
637 e segg., e XXIII,p. 363 segg. nel quale ultimo luogo se ne
tratta più minutamente coli'aggiuntadi una seconda copia.L'iscri-zione
non pertantosta tuttavia come un grave enigma,allacui so-luzione
voglioora contribuire.
La copiadi G. De Spuches fondata su tre fac-simili a luiinviali,
(I)Giorn. di Sic. Xum. 159.
C2)Ivi.
240 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
le due dei doli. Schubriog e quellanon è guari,amichevolmente
comuDìcalami dal prof.Adler di fierliuo,ilqualevisitò il tempio
alcune settimane dopo di me e lo disegnò,per la prima metà ac-
cordano nella sostanza collamia copianella tavolaannessa; soltanto
esse non comprendono le vestigiadi lettere ancor visibilinellalacuna
tra kaeo ed EZ; ma per la seconda metà offrono,come dimostra lata-vola,
talune differenze.
La scrittura presenta neirinsieme lo stesso carattere,che quelladell'elmo trovato in Olimpiae che Cerone consacrò dal bottino della
battagliadi Cuma, 01. 76, 3 {Corp.Inscr. Gr. n. 16. Rose, Itiscr.
Gr, Vetust. tab. Vili, i, Franz. Elem. epigr.Gr. n.27. Confrontisi
Kirchhoff Studien zur geschichtedes griech.alphab.p. 196 e seg.).
Tuttavia P^ e la 5 hanno una forma più arcaica,che in quella.Il
rho colla rotondità aperta e col tratto diacritico,ilquale,sebbene
in parte distrutto,pure è ancor sempre da riconoscersi chiaramente
(siconfr. la mia copiacollacopiaAdler) rispondeal rho delle ta-volette
di bronzo Cumane di Democari (BuUett.Napolit.VI,p. 65,
e più agevolmente presso Kirchhoff loc.cit.p. 221). In tre luoghiriscrizione è punteggialacon un punto in forma d'un o minuto, e
precisamente,ne' due primisenza dubbio dietro un nome proprio,nel terzo anche probabilmentedietro un simile nome, su di che ri-verrò
più giù.Nella tessera di bronzo di Poticastro,spettantead
un tempo più antico (C./. Gr. n. 4. Rose, hiscr. Gr. vet. tab. XI,
p. 83 segg Franz, Elem. epigr.Gr. n. 23 : confrontisi Kirchhoff
loc. cit. p. 2i9, segg.)le singoleparolesono divise allamaniera
etrusca e romana da un punto, il qualemanca soltanto dopo T ar-ticolo
e la congiunzione xa{ (veggasiper questo Boeckh nel C. /.
Gr. I,p. 10 a, Osann SylLInscr. ani. p. 74, sgg. Franz, 1. e. p.
80 e 62) mentre nell'iscrizionedell'elmo geroniconon vediamo più
adoperataalcuna interpunzione.Per ilche son di opinionecon Kirch-hoff,
che r iscrizione di cui si tratta è un pò più antica di quelladell'elmo. Con lui del pari non iscorgonel primo nome quello
dell'architetto,ma bensì d'un cittadino di Siracusa,ilqualea sue
spese fece costruire una parte del tempio,fossero stale pure le tre
colonne meridionali,o, ciò che parmi piùverisimile,i gradinidellostilobate.Confrontisi ilresoconto della Società Archeologicadi Ber-lino
del 6 maggio di quest'anno. Circa al nome dell'uomo, non
so restituirlocon sicurezza. Ai supplementipropostida Schubringnel Vhilol XXIII
, pag. 363, KXeo[xpax{8]7i(;o K,Xeo[|Aaxt8]Ti(;o
KXco[vaxx(8]T)";si oppoue giàl'USO dorico dell'ocinvece dell'tj nelle
242 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
zione Mainertina di Messina presso CastelliInscr. Sic. Y, 45,p. 55.
Questa iscrizione,
nella quale " i due medicea e la Comunità dei
Hamertini dedicano qualchecosa ad Appellunes• è ora lettapiùcorrettamente da Mommsen UnterUal, dici.tav. XII, pag. 193 segg.
e contiene nel luogo in quislionele paroleaTiTceXXouvTiiaoexopo,che
significaApollinisacra,dopo di che è da rettificare la citazione
di L. Dindorf loc.cit.— Si consulti altresisu di ciò Mommsen loc.
cit.pag. 245 e 25i. Della fusione dell'articolonel nome del dio per
mezzo dellacrasi non difettanoesempinellearcaiche iscrizioni.11no-tevole
documento ionico di Alicarnasso edito da C. F. Newton nel-
r opera A historyof discoveries at Halicarnassus,Cnidus and Bran-
chidae nella tav. LXXXV, ed illustratovoi. Il,pag. 671 e seg, ,e
di .cui si è trattato da Sauppe GóttingerNachrichten von der G. A.
Vniversim 1863,
num. 7 (V. Philol,XXI, pag. 302) ed in parte
anche da Klrchhoflfloc.cit. p. 120 e segg. offre nel verso 36 tò-
•ic(5XXu)v[oc.La forma TcbicdXXwvtsi trova: lo) nell'iscrizione di Her-
mesianax nel lato dritto della sedia di una dellestatue nellavia sa-cra
di Branchida C. /. Gr, n. 39, 3, (siconsulti Praef. p. XXVI, e
segg.)Franz loc.cit.n. 48, presso Kirchhofif loc.cit.p. 139 e segg; 2°)
neir iscrizione Didimea deir Histaios,che prima fu pubblicatada
Ussing,Graeske og Latinske fndskr ifter K}òbenì\B\iì1854 p. 36 n. 4
e più esattamente da Newton loc. cit. p. 787 n. 72 presso Kirch-
hoff loc. cit. p. 130 e 249, (TO)iKJXXa)[vi); 3°) in un vaso di Adria
nella collezione Bocchi C. I. Gr.^ n. 8340 (TÒ)7r(JXXa"v[t).Molti sono
gliesempi per T ortografiacon un lambda: tcj)ATcdXwvt nelP iscri-zione
sul dorso di un leone di pietradi Branchida; questa fu pub-blicala
dapprimaper comunicazioni epistolaridi Newton, nelle Noti-zie
mensili dell'accademiaberlinese delle scienze 1859,p. 660 sotto
iln. 1,e per la seconda volta con alcune varianti nell'operacitata
di Newton tav. XCVII, 66 (siconfronti ilvoi. Il p. 777 e segg.);
ambedue le copiepresso KirchhofT p. 140 e segg. ATcdXwvt nelPe-
pigramma delV ex-voto ài Platea nelPAtmeidan in Costantinopoli,ottimamente edito da Frick nel 3o supplementodegliAnnali per la
classicafilologiap. 487, e segg. (confrontisiKircbboff p. 211).Nelle
iscrizioni de' vasi comparisceAitdXwv C. J. Gr. IV, n. 740 \ 74i9
7552,b, 7620. A7t({Xtovocnello stesso luogo,n. 7419, 7420, 7422,
7571 6, 7619 b. Che oscillassemolto la scritturadi questo nome
e de' nomi da esso derivati fra una e due X,ben chiaro apparisce
se si mettano insieme coi connati esempi anche le forme che si
presentano simultanee nel documento ionico di Alicarnasso,tò)ir(iX-
ISGRIZIONB GRECA DI SIRACUSA 243
Xwv[o(;](V.36),'AicoXXLwvQcp(y.4»), AicoXXcovtóew(v.IO),'A7to[Xa).v($7ic(v.30) e r 6 'A7c]oX[a"v]($eci"xJmc"{XXci"videll'iscrizioned' Herme-
sianax (secondoV ha restituito più sicuramente Kirchlioff).Alcun
altro con questo affine vedi presso Sauppe loc. cit.p. 320 e seg.
'AicéXu)voppure 'aic(ÌX(i"vdivenne per sincopee mutamento di co in
ou, nel dialettotessalico,"attXoi^v,col qualepuò conferirsiApulu
ed Aplu nelle pàtereetrusche. V. Boeckh nel C. /. Gr, n. 1766,
voi. I,p. 860, Ahrens de dial. Aeol p. 218 e seg. Y. Mueller E-
trusker II,p. 69.
Nella seconda metà delP iscrizione pare che V incavo circolare,che
si trova fra ilprimo a e Pi,non sia né interpunzionené un o, come
é data da Schubring,ma un guasto nellapietra. La interpunzione
dopo la seguente A,in confronto coi due altriluoghi,dove V in-terpunzione
é usata, mi fa vedere verisimile,che anche quiad essa
dovea precedereun nome proprio.Questo può essere Nij"xac,for-mato
da Nt"Toc,come rXauxérac,da rXauxoc,e sia come nome pa-tronimico
in genitivo.Il nome del figlio,che a questo appartienesi suppliscefàcilmentecon EòxX^c
,la fine dell'iscrizione con xal
*Hpac.Qual rapportoabbiano i nomi EuxXììced *Hpac,lo*mostreràla restituzione delle seguentiotto o nove letteredopo V o aspirato.Risulta dunque dalla ricerca che fin qui abbiamo fatto laseguente
lezione :
KXeo[|x6v]T)c0 KXeoQxiJSjYjcèitoCTjae[T]o)['itéX]ci)vf[6 at?
EòxX]tìc[Nli"i[éT]«?[x«l'H]pa[(;.
Branderburgo.
R. Bergmann
DI UN DOCUMENTO INEDITO
RIGUARDANTE UNA DELLE ANTICHE PORTE DI PALERMO
Al Gh."" sig. Salvatore 8aIomone-Hf arino
Chiarissimo Signore
Gralo della cortesia eoa cui Ella degnossi accettare ildocumento
riguardantele miniere di Ali e Fiumedinisi,mi permetto comuni-cargliene
un altro degno egualmente deir attenzione dei lettoridelle
Nuove EffemeridiÉ desso un atto per cui il Comune di Palermo concede al no-bile
Jacopo di Bologna P antica porla di Busuemi, e con essa Tedi-
fizio soprastante, per lo censo dì tari sei annuali. Prima però di
ragionarne sembrami opportuno di trascriverlo qui appresso per
come r ho ricavato dal registrodi Atti,bandi e provistedel sud-detto
Comune per Tanno IX indizione 1475-76, a foglio151.
• Universitas felicispanormilaneurbis universis et singulispresen-tes nostras inspecturislitteras notum fieri volumus quod in mirandis
cassari nostri menibus meridiem versus porta adhuc (1) bnsuldeni
nomine, quadrato lapide,vetustissima;ex qua traddilur melellum
primum romane gentisducem cum panormitaniscivìbus,cartaginen-sium castra,simul et ferocissimos elefantes,hoslesque cunctos su-perasse,
fugasseet penitusevertisse;cujusquidem porte solum ad-huc
rubeis quibusdam lapidibusmarmoreys stratum esse cematur (2).
(1) Adestft
(J)Cernilur.
DI UN DOCUMENTO INEDITO 24S
cnpientesne tam laudabile ediflcium vetostate toUebatur (1)nobili
viro iacobo bonie (2)concive precipuosese nobis offerente in eis-
dem (3) porte edificio(4)superioriparteveliehabilabilem illud(5)
redducere, nec de vetustatisvenerande forma aliquidvelie detra-
here, ìmmo illud omni arte et ingenioconservare ,adonto etiam
*quod aliquodpredium (6) prope privatasac propriasedes babet,
matura orciaiium nostrorum deliberalione preheunte,superficiemillam cum tote edificiosuperiorieidem iacobo suisqueberedibus et
successoribus quibuscumqueduximus concedendam, iure tamen per«
petuicensus tarenorum sex anno quolibetab eodem iacobo et quo-
cumque futuro successore, paclisemphiteolicislegalibuset munì-
cipalibusnobis perpetuo reservatis; ac etiam ne venerando dive
dare monasterio iniuriafiat,ne scilicetaspectusvel prospectus ex
taliorìatur edificioin ipsiusmonasteri! detrimenlum. quarum qui-dem presentiumlicterarum aucloritate iubemus, ut prò ulriusque
partismemoria et cautela de huiusmodi concessione nostra cum no-stro
sindaco instrumentum conficialur. in quorum quidem testimo-
nium presentes fieri ìussimus nostrorum (7)iuratorum (8),pretoreabsente
,ac magno sigillomunimine roboratas. datas in novo no'
stre residentiepalatio(9)die xxvj iuliiviiijindictionisM^^cccclxxvj.
*{*philippusde gilibertisiuratus et prior.*|*cola di bulogna.
'f cola matheo di branchi iuratus.
^ leonardus de barlholomeo iuratus.
•{•ioannes de rigioiuratus.
•f pelrus de bononia iuratus.
.
vidit raynaldussindicus.•
(1"Illabatur,
(2) Cosi il lesto. Intendo Bononie coiraiuto dell*annotazione marginaleM rogi-slro che dice cosi: Pro nobili iacobo de bononia concettio porte buliudeni,
(3)Eiutdem,
(4)Edifica.
(5) Cosi il testo scorrettamente. L* intelligenzaò chiara,
(6)Cosi panni doversi leggere, benché il testo vi si prestiappena. Ed intende-rei
che il concessionario si avesse podereattiguoa case attaccate alla porta.Ad ogni
modo, ripeto,la lettura è dubbia.
(7)Nostrum.^
(8jSuppl.tubtcriptionibus.
(9) Cioò l'attuale Palazzo di Città che cominciò ad edificarsidopo il1470. Nel re-gistro
del Comune dell*anno X ìndiz. 1476-77 incontransin^lti documenti i qualitrovano ch'esso era tuttaviain corso di costruzione.
246 NUOVE EFFEMERIDI SIGILUNB
La prima cosa a notare nel documento sopra riferitoella è che
il nome della porta vi si trova scrittoin modo assai piavicinoalla
saa arabica origine.É da ricordare in propositoche in un laogodella descrizionedi
Palermo verso lametà del X secolo lasciatapidal geografomosul-
mano Ibn Haucal (1)si fa menzione di una porta rivolta a mez-zodì
e chiamata arabicamente Bàb es-sudàn. Il Prof. HiclieleAmari
dichiarando quelluogo,osservò che laportacui si accennava doveva
esser quelladetta di Busuemi (2).Or ilnostro documento del qualesi scorge che la portaistessadicevasi alloradi Busuldeni o di Bui-
sudeni conferma evidentemente Topinionedel nostro illustreorien-talista,
dapoichòBtUsudeni è lo stesso che Bàb es-ttédàn.
A propositodella etimologiadi questa parolami piaceil ricor-dare
ancora quelche ne dissero i nostri eruditi che più special-mente
occuparonsidella topografiadell'antica Palermo. IlCascini
pare che V abbia spiegatoper termine, confine(3).Giova riportar
qui le sue parole:« Porta Busuemi cioè porki e termine.... Questa
« sola porta si era conservala per tantisecolifinair età nostra in-
« tiera col suo nome antico Busuem, insanie molibus epectabUte,dice
« il Fazello (4),e fu rovinata nel 1585 (5)per alzar quivilospe-« dale del Beato Giovanni di Dio collepietredi quella
,costume
« di Palermo spesso notato dal Fazello,di rovinare le sue antica-
t glievenerande,senza necessità;come vide pure, e si dolse,nel
« 1549 svellere il resto delle mura da questa porta fin al Palazzo
« Regio,benché saldissime,delle qualive ne rimangono ancora i
• manifesti segnali."
Ho voluto trascriverele paroledi queirerudito gesuitaper mo-strare
che ilMorso sbagliavaallorquandofacevaglidire che Busuemi^ secondo il Fazello significhiporta insanie moUbw spectabilis(6).
(i;V. Amari. Deicriplionde Palerms au milieu du X* sièclepar Ebn Haueal. Su
nel Journ. Asiatique,année 1845. Il tetto arabo ò riprodottonella BUd, Arabo-Si-
cula dello slesso Amari (Lipsia,Brockbaus» 1857) a pag. 4.
(f)Lo stesso (neiJourn. Aiial,)nota (23).- (3)Cascini, Vila di S. Rotalia,Palermo 1651. DigressioneI (infine del voi.)p.Y.
(4)De rebus Sieulis,Dee. h lib. Vili,cap. I.
(5)Dai Diari di Palermo del Paruta risulta invece che la demolizione fu comin-
ciaU nel 1587.
(6)MoASO, Descrizione di Palermo anlieo. Ivi {%*edizione)1827, pag. 246 e 247.
Veggasiancora la nota (1)alla pag. 247. Confrontando questa nou col testo sembra
cbe quivisia incorso qualcbeerrore tipografico.Nella nota infattil'autoretentando
di spiegarel'etimologiadata dal Cascini dice che sarebbe troppo stentato ildedurla
DI UN DOCUMENTO INEDITO 247
Dapoìchè,né il Fazeilo disse questo, nò il Cascini intese in tal
modo le paroledel nostro insignestorico (1).Ma il bello si è che
ilUorso prese ad esaminar sul serio laetimologiadata dal Cascini,
e dopo avervi almanaccalo su per alcun poco, la rigettò(S).Ciò
nondimanco eglinon fu di costui più feliceallorché polendola farda indovino (sonsue parole)pretesededurla dalla voce arabica (té-
zum (f)che secondo lui,significlierebbelinea segmenti,funictUus
traiectuSy• per la ragione che sotto quellaporla oravi il piccolo• ponte per cui si tragittavaalla opposta sponda del sobborgo.*Credo superfluoilfermarmi a ripeterequelche priadi lui ne a-
vea giàdello il Giardina,il qualmise a contributo tutto rOrienle
per rintracciar Toriginedi quellastrana parola(3).Checché ne sia
però di queste spiegazioni,giustiziavuole che si ricordi che né il
Cascini né il Giardina sapevan d'arabico,e che ilMorso, orientali-sta
non ispregevole,non arrivò a tempo per giovarsidel capitolod'Ibn Haucal e della Biblioteca Arabo-Sicuta.
La porta di Busuemi colla sua torre esistette fino al 1587 nel
sito oggioccupato dalPospedaledegliex-Benfratelli;e per dar luogoad esso fu demolila quellapregevoleanticagliache un secolo in-nanzi
voievasi con tanta sollecitudineconservata (4).Il Giardina
credette che il mezz'arco sottostante al castellod'acquadi via Bi-
scoltari,esistente fin oggi,
fosse un avanzo della porta, « per la
• torre vicina (quellacompresa nel palazzodel Conte Federico ?)
t secondo ilcostume di fabbricar le torri a lato delle porte; • ma
il Palermo *dicesenz'altro che la torre fu demolita fin dalle fonda-
daU' unione*dallo voci arabiche bàb (portaie fairim (termine).Ma nel lesto si dice:
• Busuemi che signiOca (secondoil Cascini)porta insanii molibus ipeetabUii.• Per
toglierequesta contraddizione bisognerebbesapporre che per errore tipograficosic
slata omessa nel testo la parolatemane dopo la parolaporta.
(1) Fazeilo disse solo che la porta, fabbricata di enormi massi,era arabicamente
chiamata Busuemi, Loc. ci(.
(2)Morso, luogo e nota cìt.
(3)Giardina, Le antiche portedi Palermo. I?i 1732,Gap. XIII.
(4)Diari della città di Palermo. Ivi,1869, Voi. I pag. 112. Francesco Barone
(deMaiettate Panormit. lib.III,cap, XI, J 2) dice che la torre apparteneva alla fa-miglia
lo Castrone,e cita in appoggiouna deposizionedi testimoni ridotta agliatti
di Notar Matteo Fallarà nell'anuo 1488. Io ho trovato nel citato registrodel Comune
dì Palermo (Ìog.190) un termine di 4 giorniaccordato a frate Cristoforo lo Castrone
per provare che la torre era di sua proprietà,(12 agosto 1476).Dallo stesso Barone
si ritrae che la tórre suJetta fu espropriatadal Comune per demolirla e destinarne
l'area alla costruzione deU' ospedale,e che la famiglialo Castrone fu indennizzata
della perditache pertanto venne a risentire.
248 NtJOVE EFFEMERIDI SICILIANE
menta (i),né le memorie sincrone lascian dubitare che ne sia ri-masta
superstitealcuna parte.Se cosi è, il mezz'arco di cui parlail Giardina,non può essere un avanzo delP antica porta,
né sem-bra
per altro eh' esso accenni a quell'epocasaracenica nella qualela porta doveUe essere edificala.
Il nostro documento mostra che a queirediOcioannettevasi una
importanzastòrica. Credevasi che dalla porta di fiusuemi fosse
uscito Metello ad attaccar T esercito Cartaginesecondotto da Asdru-
baie,e che perciòessa fosse un monumento della prelesa alleanza
della città di Palermo e della romana repubblica,alleanza donde
facevansi scaturire i vantati privilegidi quella,cioè la insegnadel-l'
aquilad' oro,il titolodi pretoreattribuito al primo magistrato
della città,laqualificadi urbs e le altre franchigiedi cui credevasi
che Palermo avesse goduto ai tempi deliadominazione Romana.
Per intender megliociò che qui sopra ho accennato non sarà su-perfluo
ilricordare che Tanno 251 av. Cr. Asdrubale capitanode' Car-taginesi
credendo che l'esercitoRomano scoraggiatoper le immense
perditesubite durante V impresad'Affrica,ed indeboUto,perchèuna
metà orasene ritornala in Roma col console Fulvio,si pensòsorpren-dere
Metello che coll'altrametà dell'esercitosi rimaneva in Panormo
aspetlandoche fosse trascorsa la stagiondella mèsse. Usci pertanto
da Lilìbeo e per la via di Selinunte sen venne ad accamparsiai
confini dell'agropanormilano.Né per questo Metello inducevasi ad
uscire dalla città: — di che ilCartagineseascrivendo a paura ladi
luì condotta,
faceasiaudacemente innanzi,
e disceso per la goladellamontagna veniva accostandosi allemura e distruggendoinsieme
i còlli;ma, ciò nulla ostante,ilRomano non mutava consiglio.Al-lora
Asdrubale valicò l'Oreto,e fé' passarloai suoi elefanti,e lo-
stochè l'ebbe varcato inconlrossi con alcuni drappellidi scorridori
i qualiaveano ilcompilodi tenerlo a bada tinche l'esercitoromano
si fosse ordinato. Intanto altridrappellidi arcieri situalial di quadel fossato che custodiva la città eran prontiad accoglierecon una
grandine di freccio glielefanticome venivano accostandosi,
ed a
rifugiarsinel fossato allorché quelleimmani bestie accennavano di
precipitarsilor contro, per tornare a saettarliappena messi al co-perto.
Sulle mura poistavano gU operaipanormitani(olt^; à^opac
pàvaudoi)preparatia ricevere con una scarica di dardi gliassalilori.
impegnatasila zuffa,i condottieri deglielefanti,gareggiandod'au-
(1) Palermo, (Gaspare)Guida di Palermo (ediz.del iS57) pag. 499.
250 N1K)Vt BFFEMBaiDl SICILIANE
di Basnemi usciva Metello col suo esercito ad assalirie schiere Car-taginesi
(1). .
Queste tradizioniscartava bruscamente ilFazello,del qualegiova
qui riferirle parole.• Ransano dice,
non fondato in alcuna auto-
• ritè che il titolodella città (urbs),il nome della pretura e Tin-
« segna, eh' è un'aquilad'oro, furono date dal Senato Romano a
• questa città dopo la vittoriadi Metello contro Asdrubale. Onde i
« Palermitani hanno per volgatìssimoqueldisticodi Giovanni Naso
• Siciliano,che dice:
« Tacta fidesodam stahiit sibi Roma Panormum
e Hinc aquilaet praetor et decus urbis adest,
• ma la fede e credenza di queste cose si stiano appresso di coloro
• che hanno avuto ardire di scrivere siffattecose, e credanle a lor
t modo (2).»
In tempiin cui si giuravasuir auteìiticitàdella famosa iscrizione
caldaica della torre di Baych le paroledi questopadredellastoria
sicilianadoveano sembrar troppo ardite. E quindil'Inveges dopo
aver riferito le paroledi luì,quasirimbeccandolo,assume a dimo-strare
che certo è V aver Palermo ottenuto molti privilegidalla Ro-mana
Repubblica,come « la residenza proconsolare,e dopo i suoi
« tempiila pretoriana,il titolodi Repubblica,ladignitàdi Senato,« r immunità
,la libertà,la società,il Patrono e la Colonia (3); »
cose tutte,a creder suo, provate coir autorità di medaglie,d'iscri-zioni,
di storici.
Farei opera lungae noiosa se volessiquipassare a rassegna tutti
gliautori che impreseroa sostenere P assunto del Ransano e che
moltiplicaronsi,per cosi dire,all'infinitonei tempilacrimevolissimi
(ì)Cb e Metello stava presso la porta della città lo dice Polibio,come abbiam ve-duto
più sopra. Questa porta guardava il lato dell'agro palermitanobagnatodal
fiume (rOreto)e quiudirispondevanecessariamente al mezzogiorno.D* altra parte.
Diodoro (Ediz.Didot. Tom. II,pag. 450) nota che i Cartaginesivenivano per la via
di Selinunte e scendevano dalla gola della montagna, cioè,
come crede l'Inveges
(Annalidi Palermo tom. I pag. 419) dalla Valle della Fico. Porta che guardassea
mezzogiornov'era solo quelladi Busuemi; dunque di qui dovette uscire Metello.
È questo, se non erro, ilragionamentoch'ebbe a far Seco medesimo l'inventore della
leggendaconservataci dal nostro documento, senza considerare che la porta col suo
nome arabico mostrava di essere stata edificata all'epoca musulmana. Questa,più
che tradizione, può dunque dirsi una deduzione, certo poco fondata,una speciedi
commento alle notizie trasmesseci dagli storici.
(2)Fazkllo, de Rebus SUuliSfDee. I, lib. Vili, cap. I. (Ho trascrittodalla ver-sione
di Fra Remigio Fiorentino).
(3)Inveges, Annali di Palermo, Parte I, pag. 417.
DI UN DOGUHENTO INEDITO 251
in cui le gare municipalitra Palermo e Messina furon cagione di
guerre fraterne ed occasioni a feroci violenze da partedei domi-natori
stjTanieri(1).Ma non credo di dover preterireVincenzo Au-
ria che ci lasciò un discorso deW officioe prerogativedel Pretore e
Senato di Palermo, nel qualedopo aver narrato distesamente labat-taglia
di Panormo e ricordate tutte lemedaglieche alludono ai fatti
soyracennati (se è da aggiustarfede al Parata che le pubblicòed
allo Inveges che sulla di costui fede le riferì),si estende a ragio-nare
dei privilegiaccordati a Palermo,in ricompensa della sua fe-deltà,
dalla Romana Repubblicae scende quindia passare a rasse-gna
gliscrittoriche tolsero a sostenere ilsuo assunto (2).Tra que-sti
non è da trasandare FilippoParata ,ilprimo illustratoredella
siciliananumismatica e forse ilprimo editore di una raccoltadi mo-nete,
il qualelasciòinedita una giustificazionedel nome di Senato
che usa la città di Palermo, il di cui autografopossedevasidalPAu-
ria medesimo. In questo scritto il Parata asseriva,t che neglian-
« tichi registridella ciltàdi Palermo si leggeche Metello vittorioso
t e trionfante fosse entralo e ricevuto con grande allegrezzadal po-
« polo Palermitano dentro quellaporta che sino ai tempi di esso
« Parata si disse di Busuemi (3)." E parmi certo che il documento
cui accenna quivi TAuria sulla fede del Parala non sia altro che
quelloche oggi vede la luce.
Ma il più solido argomento che potè produrreV A uria si fu la
seguente iscrizioneche tuttora si leggesotto ilporticodel nostro
Palazzo di citlà(4):
L. GAEGILIO. METELLO.
ROM. LN SICILIA. COS._
S. P. Q. R. GONSIDERAS.
FIDBM ET DEVOTIO
NICM. RBIP. PANOR.
EAM. SIBI. SOTIAM.
STATUIT. UNDE. UR
Bis. PRAETORIS.ET A
QUiLAE. DEGUS. GEPiT.
(i)Posson vedersene i nomi e ì litolidei libripresso N a rbone BibliografiaSieola
ì,217, e IV, 359, come ancora ne' Diedridella eitlà di Palermo voi. V e VI. \yu 1870
passim, dove ne son ricordati parecchiche vider la luce durante la rivoluzione di
Messina (1674)o in quel tomo.
(i)AuRiA, Hiitoria CronologicadellisignoriViceré di Sicilia.Palermo 1697 p.211.
(3) Lo stesso, op. cit. pag. 230.
(4)Lo stesso, op. cit.pag. 233.
252 NOOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Qaesta iscrieionefa pubblicata,credo per laprimavolta,dal Ba-rone
(1),altro celebre panegiristadei privilegidi origineromanail qualenon è a dire se Tavesse accollocome oro di coppella.Tutti
gliscrittoriche vennero dopo di lui non mancarono di riprodurla
senza dubitare per niente della sua autenticità.Dovea trascorrere
quasi un secolo innanzi che uno scrittorenon sospettocertamente
di soverchio criticismo,il P. Gaetano Noto, gesuita
,manifestasse
ilsospettodella falsitàdella iscrizionemedesima (2).Del resto il
Noto non ostante che avesse ritenuto come apocrifoquesto docu-mento
principalissimope' sostenitoride^ palermitaniprivilegi,rico-nobbe
come validiglialtriargomenti addotti dall'Auria,vai quanto
dire,riputòche l'autenticitàdei privilegidi Palermo, fosse o non
fosse apocrifaV iscrizione,restava sempre inconcussa. Ben altrimenti
giudicavaperò ildotto Principedi Torremuzza ilqualefacendo sue
le osservazioni del Noto dichiarava nettamente che V iscrizionein
parolaera opera moderna, non solo per leragionifilologichee pa-leografiche
addotte dal suo predecessore,ma eziandio perchè (come
evidentemente a chiunquesi mostra), essa non ha nulla che tiare
col monumento su cui è scolpita,il qualenon è che un semplice
sarcofagodell'epocaromana donoe fu cancellata l'antica epigrafe
per sostituirvene una nuova (3).Che ne pensasse poiquelvalente
archeologodei voluti privilegidi Palermo si appalesachiaramente
da ciò eh' ei dice intorno ad un' altraiscrizionescolpitain una base
di marmo (4)esistente anch' essa nel nostro Palazzo di città,e A-
« spetteràqui taluno da me, scrìve ilTorremuzza, che sul signifi-
. calo io mi trattengadelloparoleRESPUBLICA PANHORMITANO-
t BUM,le qualiin questa e in tant'altre nostre Iscrizioni si leg-
• gono, dovendomi credere bene informato di quanto su questo ti-
« tolo di Respublicasi abbia ne' tempi passatigiàscritto.Ma io,che
« vivo disingannaloabbastanza su questo affare,e che sto nella i-
• dea non mendicar la mia patriavane distinzioni da quellecose^
" che da per sé dar non ne possono, rispondosoltantocoli'autorità
« dell'erudito Cavaliere Annibale degliAbati OHvieri in occasione
« di scriver sulla stessa materia per la cospicuacittàdi Pesaro di
t lui patria:Errant tamen vehementer ii qui ex hoc Reipublicaeti-
(1) De maiestate Panormitana, lib.I, pag. 41.
(2) Noto, Iscrizioni di Palermo. Ivi 1721 pag. 79.
(3;Torremuzza, Le antiefieiscrizioni di Palermo Ivi,1762. A p:ig.io è il rame
in cui si vede ritratto il sarcofagocolla iscrizione. A pag. 267-70 si ha rilluslra-
lionc. V. ancora Siciliaeet oliiacentiuminsularum velei^m imcripUonum uova colle-
elio dello slesso autore. Panor. 1769, a pag. 277.
(4)Iscrizioni di Palermo, pag. 1J5.
DI UN DOCUMENTO INEDITO 253
e tuia Pisauruiriysupra reliquaslialiaeCivitatesextoUere nituntur,
« et bella indicta,paces compositas, legeslatas,Populosin servitù-
« tem redactos ex eo somnianL RespubUcaPisaurmsis nil aliud si-
• gnificatnisi commune^ seu communitas Pisaurmsis^.ut usitato ho-
« die vocabulo utar; recte igilurColoniae aeque, ac Municipiaita ap-• pellantur.»
Se oggi seinbr(^ebbe insulso e ridicolo ilripestaresifTattiargo-menti
di privilegipiù o meno anticlii,più o meno favolosi
, per
dedurne poi quelleconseguenze che ne ritraevano! Barone, gPIn-
veges, gliAuria,
non mi pare in verità del tulio inutileil ricer-care
se alcun fondamento essi si abbiano avuto nellastoria del pae-se;
imperciocchédelle risultanze di un esame siffattola storia può
sempre avvantaggiarsene.É da ricordare,per la prima cosa
,che le più cospicue città di
Siciliadopo la morte di Martino, che fu P ultimo re che qui fer-masse
la sua residenza,cominciarono a contendere fra loro, qual
per conservare e qualper arrogarsiilprimato sulle altre.Palermo
reggiadi Ruggiero,non potea tollerareche i re o i viceré risedes^
sero altrove che nel suo Sacro RegioPalazzo, illustreper la stanza
che vi ebbero i re normanni e lo svevo Federigo,e celebre per es-sere
slato la culla della linguae della poesia italiana.Messina peròteneasi più degna di Palermo
,sia per la sua felice posizionema-rittima
,ond' era V emporio del commercio d' Oriente
^sia perchè
conservava in se più vive che altrove le tradizioni della domina-
zion Bizantina. Catania,sede di quasituttii re della dinastìa Ara-gonese,
opponeva per dir cosi la teoria dei fatticompiuti, e non
ammetteva nemmeno che si mettesse in discussione se la capitaledella Sicilia dovesse essere altra città che lei stessa. Queste gare
municipaliche noi diciamo a buon' dirittomeschine, e di cui noD
è diffìcileincontrar le tracce nellostesso XIV secolo,cioè non molto
tempo dopo laguerra del Vespro,manifestaronsi acremente al tempo
del Vicariato della Regina Bianca,
e furon principalecagionedel-l''
assodarsi della trisecolaredominazione spagnuolache da Sicilia
passòa far sentire il suo peso nella terraferma Italiana.
Siffattoantagonismomanifestossi in modo assai virulento intorno
al 1470,ed è notevole che nel parlamentodi Catania (1478)prorup-
pesiin escandescenze da partedegliambasciatori (deputati)di Mes-sina
appunto per sostenere il dirittodi precedenzaeh" essi si attri-buivano
su i loro colleghidi Palermo (1).
(ì) V. in proposiloDiblasi SUria CronoL dei Viceré. Palermo 1790 voi. I, pa-gina
200-306. 17
254 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Or mi pare assai probabileche per sostenere somigliantirecipro-clie pretese si fosser conialiprivilegie monumenti onde risultasse
In modo diretto o indiretto la precedenzadi Palermo,Messina o
Catania su tutte le altre cittàdel regno. Cosi sispiegherebbecome
presso a poco nello stesso tempo in cui Messina producevala let-tera
della Madonna o ildiplomad'Arcadie, Palermo mettesse in-nanzi
r is^^rizionedella torre di Baych, quelladi Metello e con essa
le cento altre in cui si parladi RetpublicaPanormitana genuineo
no che si fossero,ma interpretatesempre sotto T influenza di un
preconcettosistema. A similiarti prestavasiper altromirabilmente
ilsecolo XYy che fìiilsecolo deglieruditi e dei falsificatoridi te-sti
e di monumenti. Cosi per ultimo,si spiegherebbecome la tra-dizione
intonio a porta di Busuemi conservataci dal nostro docu-mento,
sconosciuta al Ransano,qualcheanno dopo che questiscrisse
il suo libro ci si possa presentare come divolgatissima.
Ma lefalsificazionihan sempre un sostrato di verità.E laleggendadei privilegiài Palermo s'appoggiaper certo sul fatto dellaColonia
Augusta che fu quiVistabilitaal tempo della dominazione Romana.
Che Palermo, caduta in poter de' Romani ebbesi la sua colonia
militare è noto a tuttì come notissimo è che T ordinamento di af-fette
colonie modellavasi su quellodellacittàdominante. Cosi le co-lonie
avevano i duumviri che arieggiavanoi consoli della Repub-blica,i decurioni che ritraevan dal Senato,la plebe.I nostri eru-diti
del XV secolo passaron di sopra alladipendenzadelle colonie
dalla madre patria,non tennero in conto P importanzapoliticache
esse potevano avere, e sol perchè chiamaronsi repfMUche anco le
colonie,credettero in buona fede che larepubblicapalermitanafosse
stata a suo tempo presso che indipendente.L'aquilaromana fu
lo stemma di tutte le colonie,ed anziché segnaledi autonomia
,
potrebbeprendersipiuttostocome testimonianza dello assorbimento
di tutte le singolepersonalitàpolitichein quelcentro di unità fer-rea
che fu la dominazione romana. Del resto P autorità di Bartolo-meo
di Neocastro invocata non so quanto a propositodall'Auria,c'in-
durebbe a credere die l'aquilapalermitanaprovenga dalla domi-nazione
sveva e che Palermo come ct^ r^afeP avesse adottato(1).Resta a dire del titolodi pretore assunto dal primo magistrato
della città.Sarebbe assolutamente fuori luogoil discorrer qui del-
(1) • Cani aulem otves ipside stata civitatisipsiussalubri disponerenl, nomen
• Romanae matrì» £ce1esiaainvocantes,statum commonem firmant,etTeiiTlam /m-
• pmali%aquiìaequod aemper ipsicives consueverunt gerere ec. • Barth. i"e Neo-
castro Hiiioria ap. Amato de PrincipetempioPanorm. pag. 510.
DI UN DOGUMBNTO INEDITO 255
r originee dell'autoritàdel pretore presso i Romani e della isti-tuzione
dei pretoridelle provincie.Però importarilevare che non
nel XV secolo,vai quanto dire air epoca del risvegliarsidelle tra-dizioni
romane, ma Qn dal 1320 il baitUo di Palermo assumeva il
titolodi Pretore. Di che ci è testinionianzauna dichiarazionedello
stesso baiulo (I) nella qualesi legge!« pridierestauratuh est per
« MB ET RESosGiTATUM de comilio tudicufìi UHiversitati8 nomen pre-
t TORis, et recessum a nomine bayulatt$s.• Quest atto porla ladata
del 14 novembre IV indizione,che torna al I3i0, e quindiè a cor-reggere
lo sbagliodel Gregoria il quale,pur riproducendoil citato
documento (2),sulla fede dell'iinon^^i Chronicon Sicti/u/n(3)as-serì
che il baiulo di Palermo fu nominato Pretore nel i3ii,cioè al
tempo della incoronazione del re Federigo.
A parte le altre cose su esposte,iltesté riferitodocumento prova
chiaramente che Ano al XIV secolo le tradizioni romane non si di-
menticavan fra noi,che anzi esse venivano risuscitandosi dal popoloair ombra delle più larghelibertà comunali che gliAragonesi ac-cordavano
alle sicilianecittà.E questo conservarsi delleantiche tra-dizioni
prova senza dubbio che la stirpeIalina,.lungidallo estin-
guersi)come a taluno è piaciutodi credere, sopravvissein Sicilia»
non ostante che sotto la musulmana dominazione fosse stata com*
pressa e quasisoffocata ; e ch^ essa risorta sotto i Normanni e giàforte sotto gliSvevi, si ricostituìlegalmentesotto gliAragonesii
quali,come ognun sa, furono gliautori del definitivo ordinamento
municipaleSiciliano (4).L' importanzadell'argomento chiederebbe in vero piùampio svi-luppo
di quelloche può avere in una semplicelettera.E come let-tera
la mia è già troppo lunga.Fo punto adunque, pregandoLei,
egregioSignore,a volermi scusare del fastidio che le ho forse ar-recato,
e ad accettare i miei cordialisaluti.
Palermo IS ottobre 1870.
Suo Dev**
Raffaele Starrabba
(!)Si veda ap. Testa Vita Reg.Frid. Monumenta pag. 233. Gregorio Conside-
raz. sulla St. di Sic. lib. IV cap. HE { 427. L' originalesi leggenel Qualemuspe-ticlionum anni pretentisIV e indieionis ec. Ms. deUa Bibl. Com. di Palermo,segnaloQq. F. 3J, fog.18. (QuestoMs. non ò che un registrod'atti del Comune di Palermo).(ì)Gregorio loc. cit.,nota (23).
(3)Ap. Gregorio Biblioth, Aragon. Tom. H, pag. 216.
(4)Si veda in propositoAmari, La guerra del Vespro Sieiliàno (FirenzeLe Mon •
nier 1866) Vul. L cap. 11 e specialmentela nota a pag. 15.
LA FIAMMA E LA TITA
Non come fiamma, ette per forza è spenfR,
Ma, che per se medesraa si consame,
Se ne andò in pace Tanìma eonlenla
A guisa d*un soave e chiaro lume,
Coi nutrimento a poco a poco manca.
Tenendo al fin il suo usato costume
Petrarca.
il poeta paragona r eslina^ione della vita di Laura alla fiamma,
cui va mancando il suo nutrimento. Non di rado avviene,che il
presentimenlo d'un vero incognito ne precede la scienza. Seneca
piesenliva,che verrebbe tempo, in cui i posteriscoprirebbero le
leggi inalterabilidei movimenti dei corpi celesti,quando le straor-dinarie
apparizionidelle comete non sarebbero più i segni di si-nistri
avvenimenti. La forza di gravitazione,che domina in tutti i
corpi della natura fu un presentimento priachèla scienza ne in-vestigasse
le leggi.I rapportitra la fiamma e la vita presentironsidai poetipriache entrassero nel dominio della scienza. Che la fiamma
sia una immagine della vita è una verità si poetica»che fisica;poi-ché
i fenomeni della fiamma d'una candela,
o d*una lucerna sono
somigliantiai fenomeni della vita. I fenomeni fisicidella fiamma
sono la lucentezza,la mobilità ed ilcalore,iqualidecrescono come
va mancando la materia,che alimenta lacombustione. La vita delPuo-
mo è una sorgente di calore come la fiamma. É bella,e mobile come
la fiamma nella crescente età. NelP età cadente decresce il suo ca-lore;
la pigriziasuccede alla mobilità, al vigore della gioventiì,
e
alle rosee guance della fanciullezzza succedono la fiacchezza,!ed il
palloreimmagine di vicina morte L' analogiaè più completa nei
fenomeni chimici. La fiamma per l'altatemperatura scompone Polio
0 la cera nei loro elementi elàmici,onde Torigine del gas idrogeno
bicarbonato. LMdrogeno combinandosi all'ossigenodelParia si con-verte
in vapore aqaeo; e le molecole di carbone montando nella
fiamma allo stato dlncandesceuza, le danno quellalucentezza,che
la rende si bella.AlP apicedella fiamma, ove il calore è al maxi-
258 NDOTE EFFEMERIDI 8IGILUNE
Marayigliosae la qaantilàdi gas acido carbonico che per la respi-razionesi diffonde nelPatmosfem. Nella solaLondra la massa di a-
cido carbonico prodottodalla respirazionein 24 ore si calcola548
tonnellate.L^aria diverrebbe mefetica se quelPacidocarbonico non
fosse assorbito dalle piante,che se ne assimilano ilcarbone,e n^e-
mettono T ossigeno sotto razione della luce. Quel cangiamento
dunque del gas ossigenoin acido carbonico a noi si nocevole,poi-ché
Pistessaaria non può respirarsidue volte,è la vita dellepiante
e dei vegetabili,che ritraggonoil carbone dall'atmosfera,la quale
lo riceve da noi in forma di gas acido carbonico;cosi per leleggi
della natura esiste un reciprocolegame tra la vita delle piantee
deglianimali.
Dair esposteosservazioni s'inferisce una completaanalogiatra i
prodottidella fiamma e della respirazione.La combustione,
ch^ ò
lenta nella respirazione,è rapidanella fiamma.
Si spegne la fiamma se manca l'alimento,
o se si carbonizza il
lucignolo.Si spegne la vita se viene meno l'ossigeno,
o si altera
profondamenteil meccanismo dei pulmoni,ch'esercita le funzioni
del lucignolodella vita. Dall'analogiatra i fenomeni della fiamma,
e dellavita non è da inferirsi,che si conosce la vita al pari,che
la fiamma. La fiamma è un fluido gassoso combustibile,ed incan-descente;
la sua forma conica è un effetto del crescente calore nel
fluido gassoso che monta,
e delle correnti di aria rarefatta,che
ascendono da tutti i latidel suo perimetro.Si conoscono dunquel'essenza e la forma della fiamma. Ma chi mai conosce V essenza
della vita deglianimali,non che delle piante? Bssa è un mistero,
ed uno scoglioin cui va sempre ad infrangersil'orgogliodell'u-mana
scienza. Or se debbonsi tener come sacri i misteri della na-tura
per non perderciin vane ipotesi,ed efimeri sogni
, perchènon devono venerarsi i misteri della religionefigliadel cielo?
G. \jO Cicbro.
DI T. GIUNIO CALPURNIO
E DI TRE SUOI VOLGARIZZATORI
I.
Quando di quesligiorniebbi veduto il volgarizsamenloche delle
buccoliche di VirgiKo,Nemesiano e Calpurniopubblicòa Genova
U sig.Iacopo D^ Oria, non lieve maraviglia mi giunse leggendo at
pag. Xll^ che la sola versione a lui conosciuta deiregloghecalpur-
Biane fosse quelladel patrizioGiuseppe Farsetti,stampata a Vene-zia
nel 1761. E con affetto mi rìsovvenni di quell'egregiouomo
che fu U prete Antonio Pàscoli di Ravenna, culto per isquisitelet-tere,
amabile per bontà di core; il quale, a me suo compagno
nelle visite giornaliereche in Bologna di state facevamo al com-mendatore
F. Zambrini nella dilettosa ed ariosissima villa di Val-
scura, ripetevamicon accentuate parolequelnotissimo « habent sua
fata Ubtìli• e questo eglidicevami non senza ragione,quando di
taluni lavori pubblicatiin Romagna, provinciaferacissima d'ingegni,
venivami parlando; o che io delle cose sicilianecon lui favellassi,
e più d'una volta dei traduttori di Calpurnio,ignoratianzi non pe-netrati
in quelleprovincie.E parendomi che il ricordar qualcunodi loro fosse opera non pure degna di lode, si ancora profittevole
aglistudi,verrò dicendo qualcosasu questo bucolico siciliano
,e
sui due sicilianivolgarizzatoried un terzo genovese, paragonandolialcun poco tra loro sine studio et ira.
II.
La buccolica poesiaè oggidìcaduta,
aè parmi possa ritornarle
tempo nuovo di vita se non ringiovanendolasi come deir idilliofe-cero
il Alonti,il Leopardi,il Carrer, e il Mamiani : però V ideale
di essa vive e vivrà nella mente e nel core di ogni uomo; che non
sempre nei tumulti delle passioni,nelle lotte asprissimedi parte,
nel trionfo dell'intrigo,nella baldanza degliscimuniti può riposarsi
e adirarsi l'intelletto; che anzi a fuggirtanta noja,
o meglio ne-quizia,
si ricorre avidamente alla tranquillaserenità dei campi, al-
Poscuro viale delle pergole,ai greppisolitariaper rinvenirvi quella
260 NUOVE RFFCMERIDI SICILIANE
pace, che la turbolenza umana invidia alle città.E quesl'ideale fu
agliantichi così caramente diletto,che Virgilionon seppe di altra
guisa imaginareilluogo ove dopo morte stanno le anime deglieroi,
se non dipingendouna scena camperecciaqualsi addice alleegloghe,
poetizzandonel sesto delPEneida al verso 673.
Nulla certa domus; lucis habitamus opacis^
Biparuinquetoros, et prata recentia rivis
Incolimus.
E r anima afTettuosadel mantovano, che aveva provato i rigoridella fortuna,ben seppe ritrarre nel canto pastoralequellatranquil-lità,
che sola tempera i disagidella vita,T agoniadell'ingegno.Ma
eglinon superò punto ilsiracusano Teocrito,che Tarte fu da lui
messa solo nella venusta semplicitàdella forma, non sempre nel-
r ingenua graziadel pensiero; e chi guarda più attentamente ve-drà
che Calpurniopeggioròildifello virgiliano,spintoviforse dalla
condizione del tempo in cui visse; e dallo ingegno che non ebbe
né ardito come Teocrito,né soavemente ra^sto come Virgilio.
III.
Gli studi che eccellenti ingegni hanno consacrato a Calpurnio,mi concedono eh' io me ne passialla lesta.Però siccom' egliav-viene
spesso che gliammiratori esaltino fuor di misura, e i de-trattori
dican roba da chiodi senza misericordia;io penso che il
giustomezzo sul merito vero del sicilianobucolico stia in questo:
eh' egliha versi numerosi, i qualinon so come invitasseroal sonno
r acerrimo Giulio Cesare Scaligero;ma non elegantissimisemprenella forma, anzi più volte quellaluce mite,che l'innamora in Vir-gilio,
è nel nostro uno splendoreabbacinato. Ncillainvenzione ei
seguitailmantovano e ilsiracusano,ma non liavanza giammai per
lasentenza verissima del Buonarroti,che disse,non andar punto in-nanzi
chi si mette dietro alle pedate altrui.Forse l'unica egloga,
che non è plasmatasecondo norme tolte ad altripoetiè la settima,
dove si canta di una festa data al popoloromano da Carino,e ri-cordala
da Flavio Vopisconellavitadi questo Cesare;la qualeeglogacon tutto che poco sia accetta al Wernsdorf, pare ad altricritici
un'ingegnosainvenzione; ed è stata ragione di studi gravissimia
parecchidotti,grandissimotra i qualiScipioneMaffei. Ma una nota
piùvera è a farsi,allaqualepochihan posto mente: Calpurnio,come
ogni altro scrittore,non seppe guardarsi,né del tutto forse avreb-
belo potuto, di seguirel'andazzo del tempo suo, nel qualela filo-
DI T. GIUNIO GALPURNIO 201
sofìa cominciava a pigliareaulorità sulParte;e noi vediamo i pastori
ora in un modo, ora in un altro mostrarsi piùdi fllosofìasapienti,
naturale o speculativache fosse,anzi che amorosi di quellerusticane
faccende,di queiludi pastoralio qualcos'altrodi simile,che dovrebbe
essere argomento piùacconcio alleispirazionibuccoliche (I).E)que-sto
non so che di arcano e di chiuso, quest'auradi mistero,que-sto
pensierolatente,fece che ilnostro poeta fosse ai tempi di mezzo
studiato ed esaminato; come forse più innanzi ci occorrerà ancora
una volta accennare.
IV.
Dei tre volgarizzatoricalpurnianidei qualiparleròdue vivon tut-tavia;
(e Dio liprosperidi sanità)uno. ilpiù amoroso forse nello
studio del buccolico latino è passalo da trentanove anni; e la me-moria
di lui vive solo tra pochi che pregiano tuttavia glistudiida
lui coltivati.Non dispiacciaai leggitoridi queste Effemeridi che al-cuna
cosa io ne ricordi,
e che traggo da uno scritto di Agostino
Gallo,benemerito davvero per Pamore da lui messo nelle cose si-ciliane
; e che è la sola ricordanza che abbiamo di Gaetano Fuxa.
Ilqualenasceva in Palermo da Casimira Salerno e da Gasparenel 176i; e studiò lettere umane sotto Domenico Salvagninidi Pa-dova,
venuto tra noi col Palese suo concittadino e col Valesio e Lo-
doh di Siena dopo il17:^8,quanto nobilissima gara di studio mosse
i padri teatinia scemare la supremazia che nello insegnamento a-
vevano ottenuto i gesuiti(i).Quanto si piacevadeglistudi,e in
essi avanzava con lode, tanto la sorte glisi faceva contraria;spe-cie
dopo la morte del genitore; che la madre, cui rimase la cura
dei tìgliuolipiù che a Gaetano attese a provvederei due altrifra-telli
uno maggiore, minor Paltro al nostro. É incredibilecon qualanimo soffrissei colpideiravveisa fortuna;e come i pochirisparmi,
possibiliin talestrettezza, eglimettesse in compra di libri,(3)nello
studio dei qualitrovava alcun sollievoai penositravaglidella vita.
Mi passo di quaich'altra notizia,che mi allontanerebbe parecchiodal mio proposito; e dirò solo ctAi'ei morisse avanti di veder pub-
(1)V. neirEgl.8 il canto di Tìmeta; la 5 é poididascalica,e l'argomentoparededotto dal 3* delle Georgiche.
(2) V. Scina' Prospettodi St. Leti, di Sicili;i,pag. 12 Palermo, 1860.
(3) Son degnedi nota le parolecon le qualiil Fuia chiude la prefazione• posso
ìngenuamenle confessare per questimiei studi non mi essere stato apprestalogiam-maialcun aiuto né privatoné pubblico.• Veggosisulle sue sventure la noia 9. al-
r eglogaterza.
262 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
blicata la saa versione calpurniana; e lasciassemanoscritta P altra
delle poesìetiballiane,che conservasi nella Comunale di Palermo;
al certo lavoro non molto degno delle squisitissimegraziedelPele-
giaco romano.
y.
Ed ora tornando là onde ebbi prese le mosse, vengo ai tradut-tori
calpurniani.E tacendomi del Farsetti»e del Biondi,che soltanto
conosco di nome; e dell'eglogaprima volgarizzatada Alessandro
Marchetti,che per essere sola non può pigliarluogoin questa mia
disamina; dirò sotto brevità della versione del Fuxa (1),di quelladel Chindemi (2),e delP ultima del D' Oria (3);permettendomiuna
qualchedimanda prima di parlardi loro piùda vicino.E anzi tutto
non so concedere al D' Oria ch'eglituttavia divida le undici eglo*
ghe tra Nemesiano e Calpuruio; divisione venuta con la stampa
parmense del 1493,per cura deirUgoleto,e copiataparecchievolte;
che,pacandomi di altre autorità,dopo quel che disse Giovan Cri-stiano
Wernsdorf nel volume secondo dei suoi Poetae kUini mi-
nores, e ribadi ilBeck curatore ed annotatore zelante dell'egloghedel nostro, come ne è prova la edizione di Lipsiadel 1803
,non
credo sia più a prestar credenza al famoso manoscritto che Tad-deo
Ugoletorecò di Germania ; e che tolse al sicilianoquattroe-
gloghe per darle al cartaginese.E mi fa specie ancora più pen-sando
come ilD*Oria. già si ben nolo per altri lavori di studi clas-sici,
senza una qualcheragione,che io sconosco, non poteva esser
tratto in ingannocosi facilmente.Ma che che si vogliadi ciò un'altra
dubbiezza mi sorge in mente che non si può di leggieririsolvere:
le testimonianze che ci rimangono in lode del buccolico siciliano
sono talida farlo avere in pregioaglistudiosi,sì come lo tennero
i nostri maggiori; e vi fu stagionein cui V egloghedi Calpurnio
furon lettenellescuole da professoridottissimi,e di questo ce ne la-sciò
memoria Lilio Gregorio Giraldi al dialogoquarto della sto-ria
dei poeti.Or come mai d' un poeta si illustre,
cosi sapiente-mente
annotato, per oltrequarantaseivolle riprodottoper le stampe.
(1)Egloghedi T. Giuiiio Calpurnioiradotte da Gaetano Faia e dal medesimo
eorrette ed iUuBtrate,in Palermo presso la Reale Stamperia,4831. {eoilesto).
(1) Bnceolica del siciliano Tito Calpornio,versione del Prof. Salvatore Chindemi
Catania,dai tipidi PjetroGiuotini, 1844 (colletto).
(Z)Le Bucoliche di Virgiliodi Nemesinoe Calpurniovolgariziateda IacopoD'O-ria,
Genova co* tipidel R. I. de* sordo-muti i863.
DI T. GIUNIO GALPURNIO 263
non se ne hanno che cinque versioni,mentre innumerevoli sono
quelledel mantovano ? Non tacerò che la nettezza del colorilo»il
numero soavissimo del mantovano abbiano invoglialiparecchi;ma
a chi ben guarda, cinquevolgarizzatorison poca cosa» e qualche
ragionedovrebbe trovarsi. QuaPessa siasi non dirò io già in que-sto
scritto: forse non è lontano il tempo, in cui ne potròpiù lun-gamente
discorrere. Ora passo ai traduttori,
e prego a voler cre-dere
che né ira né amore di parte mi muovono a signiflcarel'o-pinion
mia, qual'essasiasi,più al Fuxa favorevole,che ai due e-
gregi e valorosi viventi. È pur vera' cosa che il verso del Fuxa
non va cosi limpidoe netto come avrebbe potuto,e qualchevolta
dovuto ; che talune fiate ilsaper della imgua non é gradevole,
e
ci senti un che d' incondito che non é graziosamenteitaliano:é ve-rissimo
ch^ ei non diede allo sciolto quellagiacituraspontanea e
quellavarietà ond'ei tipigliaaria piùpoetica,e un fare piùspigliato:
ma entro a quelnon so che di rude, o di non ben levigatotu ci hai
più da vicino ilnostro buccolico,che po^poinon sarà,credo giam-maiin gran lode per pregi così fatti;e mi pare in fine che ilFuxa,
cosimalmenato dalla fortuna,abbia meglioche i due altrisentito
e signiflcatoil poeta, ilqualedi sé stesso cantò :
Frange,puer, calamos,et itianes desere musas;
/,potiusglandesyrùbìcundaquecoUigecornu^Due ad mulctra greges^ et lac venale per urbem
Non tacitus porta. Quid enim libi fistulareddet
Quo tutere fameinf certe mea carmina nemo
Praeter ab hìs scopuUs ventosa remormurat echo.
Egloga, IV, v. 23.
Altri ben altre mende nolo in questa versione : noi le saltiamo
però che non il minuto ma P intero ; non un errore parzialemail beninsieme guardiamo; e questo mi togliedal debito di tropposottiliavvertenze.
Secondo tra i volgarizzatorisicilianié ilprof.Chindemi^ che mi-
sesi all'opera,per consiglie conforti avuti da due illustriuomini
il Gargalloe TAvolio. Piacemi riferirdi luialcune parole,che sono
a pag. XXXIV,
con le qualiegliparladel Fuxa: t questo grande« uomo, che sostenne tante fatichee spese per far cosa gratissima• allaSiciliae allapatria,resta ignorato,non ha avuto nò spaccio« né fama; se non lo raccomanda ai lettorila versione
,ben però
« lo fan meritare le noie,e le grandi illustrazioniche vi ha fatto;
264 NUOVE EFFBllERfDI SICILIANE
t a cqì protestoriconoscenza e ammirazione, che voglioconoscano
« i miei lettori.» Parole queste che davvero onorano Tegregiouomo
che ie scrisse;e turbano di dolore non poco chi venera la memoria
del Fuxa,già quasiignoratotredici anni dopo la stampa del suo
eruditissimo lavoro Ut Ma vengasiad altro.
La poesiadel Chindemi ha pregi e difetti,come di consueto ogni
umano lavoro : egliomise io sciolto,
e diessi alla rima ; ma non
parmi che felicemente riesca. Fervido nello amore dei classici,piache dalla ragionelasciasinon di rado sospingeredalPaffetto ad u-
sar voci,che sciuperebberoanco una bellissima scrittura;che non
credo sia deliziapoeticail numine (pag.i\) ilproferre (23)le noci
viridi: (27)nò il veliera piaceràad alcuno fatto italianoin caprie
chiome,(25) né il languentesherbas vedrassi di lietavogliain er-bette
rionale,(25) né il sitientes hortos in orti rifimti;(29)né il
clivoslenejacenlesin quelverso: e dolcemente pendianti{t)divi (93).E per l'assonanza spiaccionoancora non pochi versi, come ca-vezze
la cavalla;(9)intento io stava stupidamenterimirando; (93)
coglievaFior nella valle del vezzier vicino;(409)ed altrimolli.Né
alcuno loderà il Chindemi di quel verso: SpieghiU frontea spe**
serena; (129)né di questa trasposizione:visto aWovil fu pendere;(41)
né del costrutto della prima stanza dei canto d'Ida a pagina ili;
né alcuno tradurrà : satus aethere, haec 'populisventura cano,in
germe, divin,celeste,questifuturisovveniri ai popoliio canto. Dor-
rebbemi senza flne se l'onorando uomo si avesse a male queste
mie parole;ma io vi son tratto da dura necessità;né egli,che avrà
di certo ripulitoil suo lavoro giovanile,statoglicompagno negli
anni delP esilio,tardi a darcene una seconda edÌ2Ìone, ove sieno
scomparse queste maccatelle,a decoro del suo nome, e del poeta
latino;ilqualeanche, trj tante cose verissime,disse dei suoi versi
nell'egloga4, v. 14-15.
mea rusticitas,si non valet arte polita
Carminis,et certe valeat pietateprobari.
Ultimo é in fine il D'Oria,che impresele sue versioniper puro
piacere,non già col pensierodi darle aUa luce;(pag.XIII)e cedette,
ciò facendo,al desiderio degliamici, che a veder mio non lo in-gannarono.
Egli preferìilverso rimato allosciolto;quantunque altri
avrebbelo consigliatoaltrimenti;né in cioè a maravigliare:quandoIo Strocchi pubblicòla georgicavirgilianain isciolti,tutti i buoni
avrebbonla voluta in terza rima,
metro a lui acconcissimo,
se si
266 i^UOVE EFFEMEBIDI SICILIANE
dagneràun" acca: chi però guarderàin essicome lastoriadel pen-siero
si manifesti,
anco sotto diverse apparenze , sempre lucida e
netta^vedrà che senza Virgilionon avremmo avuto Calpurnio:il
primo latinizzail pensierodi Teocrito,come questiforse seppe trar
vantaggioinfinitodai canti di Slesicoro. U distanza di tempo che
separa il mantovano dal siculo dei giornidi Caro fu ricca di di-verse
nuove apparen/.e o piegatureonde pigliòabito il canto pa-storale:
Tibullo,Properzio,Ovidio,Stazio ed altrici han dato scene
di poesiabuccolicaeccellente,quantunque non mai con intendimento
di essere cantori di carme buccolico,che si esplicanella sua vera
forma col nostro Calpurnio.tiqualegiovandosidi ogni modo o nu-mero
usato dai miglioriche lo precedettero,o che facesse al suo
bisogno,ci viene innanzi non con la veste linda dei tempi di Me-cenate;
ma con la sdrucita di quellidi Caro,quando irrefrenata era
la tracotanza dei pretoriani,e troppo vicine le minacce dei bar-bari.
Egliaveva in Virgilioun modellò, perfettoancora neir alle-gorìa
; e di questa si giovò a compiangerele condizioni della u-
mana famiglia,quaPera mentre ei visse; e a far conoscere alcun
poco le sue. E quest'allegoriapiacque,come tutti sanno, nell'evo
di mezzo, e fu veste prima dei buccolici: Petrarca e Boccaccio se
ne servirono neir eglogheche pur ci avanzano; Dante nelle due con
le qualirisposea quelledi Giovanni de Virgilio; e mi pare non
ne difettinoquellemen conosciute,
ma pur degne di esserlo,che
dettò Albertino Mussato, ingegnoaustero e magnanimo. Chi vorrà
guardarenei secolisuccessivi si stancherà di quellelatinedel San-nazaro,
e delle italianedel Rota: vedrà che questo dialogopastorale
pigliaaltra forma coir Aminta del Tasso, e il Pastor fido del Gua-
rini;e che languee sonnacchia nelP infinitacaterva dei drammi pa-storali
del secfuto; e si risvegliaancora una volta rigogliosodi vita,
splendidod*ogniingenuitàcampestre^odorato di ognigrazia,e fre-schezza
con la musa divina del nostro Meli,perchè questo ciclo si
compisse per un cittadinodi chi avevalo cominciato. Nei tempi ro-mani
Teglogafu bisognodella mente; in quei di mezzo strumento
air allegoria; nei successivi lasciviadi arte, e sfarzo di imagini.
Torquatola rianima,ma grimitatoril'insozzano: Meli la ritrae dal-l'abbandono,
e dalla turpezza,e ce la rida bellissima nella venustà
delle sue forme; quasi una statua di scalpellogreco, disseppellitadai ruderi di qualchetempioantico,perchè ricordi altra volta gli
esemplalidi ogni più bella perfezione.
Ugo Antonio A meo
U SICILIAE U SU CIVILTi
LETTERA AD AGOSTINO GALLO
PregiatissimoSignore,
A renderle del libro donatomi quellegrazieche credo degne di
Lei veramente, Le dirò che la cura posta in dar a conoscere la
vita e .Lliscrittidel Cerretani,dimostra la troppo indulgentebontà
deir animo suo, e conferma alla Siciliala bella lode di terra ospi-tale.A ospizio,non sempre graditoella accolse da antico stranieri
diversi ; e fu cotesto contemperamento di sangui e di tradizioni,
che diede alla nazione siciliana si grande potenza, facendola essere
insieme più nazioni; ma fu cotesta commistione stessa^in quanto
non preparata e non digerita,cagione di guai.
La civiltàdorica col suo vigore severo fece riparo provvido al
clima meridionale e agl'influssiafricani:ilpatriziatoromano e l'im-pero
non potevano intendere la Siciliase non in modo letterario
e quasiaccademico, la smunsero, la involarono a sé medesima; non
però tanto quamo la incivile mollezza asiatica più che libica,la
qualdissipòle divine ispirazionidello spiritocristiano. Nel suolo,
e cosi negliingegni,la soprabbondanzaè il pericolodella fecon-dità;
e dal superfluoall'eccesso,cioè dalla forza non ben gover-nata
alla debolezza,è leggieroil trascorrere. Quindi la pendenza
che gl'ingegnisicilianihanno, come gliasiatici,verso la moltilo-
quenza per quelch'è delleparole,e verso le dottrine panteisticheper
'quelch'è delle cose; pendenza che le menti migliorihanno ben saputo
vmcere, massime ne' tempi migliori.La Sicilia,siccome aveva bi-sogno
in antico d' essere terra greca, ha cosi più che altre terre,
bisogno d' essere cristiana,per potentemente svolgeree diffondere
alle altre partidella nazione la propriaitalianità.Gli elementi stra-nieri,
a lei incorporati,ella deve saper convertire in propria na-tura,
e far che uno prevalga,prevalgail migliore:né tale certa-mente
era T arabo, né poteva essere il francese quanto alla lette-ratura
e alla fliosofla,né potràdiventare il tedesco.
E appunto perchè la civiltà trapiantatada una corte pomposa-mente
imitatrice e seminatrice di scandali religiosi,non si naturò
2"$8 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
allaSicilia,coloro che furono per poco primisdiventarono in breve
uliimi,se sicrede al Petrarca. Le paroleche leggonsinel suo Trionfo,^
il conte Giulio Perlicari stampò trìonfalmenle in letteremaiuscole,
per dare un maiuscolo schiaffo ai Toscani,intendendo: Voi siete
ora da sezzo^ e noi primi,noi conte Giulio,e altri conti di lombi
0 dì cervelletto,cioè a dire naturalmente e artificialmente abbor-
renti dalla ignoranlissimasgrammaticatissimavilissimaplebe.Ma io
non credo in tutto né allalode né al biasimo;e allaesagerata lode
imputo il biasimo esagerato.Del resto io credo la grandeisolage-nitrice
d^ assai nobili «ose, senza far leidonatrice airitaliadellasua
lingua;la qualeda documenti irrecusabiliappare essere nata a ve-nirsi
svolgendo,dove più dove meno, in tutte le regioni d'Italia^
ma in Toscana nel modo più uniforme e più schietto,cioè men
difficilmenteaccomodabile a tutti i bisognidella civiltà nelle di-verse
magioni della iialiana famiglia.La lode attribuita »lle lettere siciliane concerne non la materia
della lingua,ma il più eletto modo del sapei la adoprare;del qualmodo r artificiosi sperse, tolto via quelcentro politicoilqualenon
poteva, per molle ragioni,durare a luogo.Quanto allasemplicema-teria,
farebbe opera e onorevole alla Sicilia e fruttuosa alla storia
letterariae civile e filosoficadei popolitutti,chi sopra idocumenti
compilasseun gran dizionario della italianitàsicula,incominciando
dagliatti dei tempi barbari,e procedendoalle iscrizionie alleopere
e ai canti in dialetto,determinando i luoghie i lempidelPuso vario
di ciascun vocabolo,di ciascuna locuzione,acciocché da ultimo se
ne deduca la proporzioneche corre tra le originiitalichee le arabe
e le greche e le puniche; e veggasi dove ilsiciliano appaia più
ricco,dove meno, deglialtri fraterni idiomi. Ne riuscirebbe,io cre-do,
una lode a esso più propriache ad altri,e comune col toscano
del pari,o inferiore di poco; che in essi due i modi convenienti
alladiciturapiù nobile sono o piùpopolario piùfacilia divenir po-polari,
sia in virtù della civiltà connaturata a^ due popoli,sia per le
ingenitedisposizionidei!li animi e delie menti.
Ma in questa troppo malmenata questionedella hngua,conviene
discernere nettamente tre cose, le forme grammaticali,ilcorpo dei
vocaboli ciascuno da sé, T estetico e logicoloro congegno, che fa
della linguauna creazione continua,arte e scienza. Ne' due primi
rispetti,nazione che vogliaavere una lingua,e non gerghi a tra-stullo
anzi a insidia,deve accettare una medesima norma di desi-nenze,
nominare una cosa con un pome, lasciando andare i voca-
LA SIGIUA E LA SUA CIVILTÀ" 269
boli che dicono per l'appuntoilmedesimo senza varietà nò d'im-magine
né di sentimento; ma poi nelle frasi serbare ciascuno a sé
r intera libertà,non soggetta a altre leggiche quelledel senso co-mune,
leggiche non s'apprendononé dalle grammatiche né dai
dizionari,né dallo studio di talio taliscrittori,di tale o tal dia-letto.
L^aver cose da dire importanti,e il desiderio onesto d'im-primerle
nell'animo e nella mente di molti;ecco del ben parlaree del bene scrivere i più veri maestri.
Hi rammenti allafamigliaMusmeci; e mi creda.
14 Giugno 70 Fir.
Suo dev.
Tommaseo
CENSIMENTO DELLA POPOLAZIONE DI PALERMO
FATTO NEL 1479
Sa Ognuno come in Siciliail costume dei censimenti della po-polazione
sia di antica data,e che la città di Palermo (come anco
talvoltaMessina e Catania)non andasse compresa fra le numera-zioni
d*anime anteriori a quelladel 1796.
Ma ciò che T autorità governativanon avea poter di fare nella
metropolidel regno di Sicilia,faceasi dal Senato,ossia dall'auto-rità
municipale;e difattigliscrittoridi cose nostre ricordano pa-recchi
censimenti parzialidella popolazionedelia nostra città,ope-rati
talvoltacontemporaneamente a quelliche dal Parlamento or-
dinavansi e dalla Deputazionedel Regno eseguivansiper tutte le
cittàe terre del regno medesimo (i).Il più antico censimento che si conosca é quellodel 1501, fatto
sotto il governo del viceré Giovanni Lanuza. La popolazionedel-l'
Isola,dice il Mongitore,fu trovata essere 488,u00 anime,
meno
gliabitanti di Palermo,Messina e Catania. Ha in un librodi varie
memorie scritto a penna (soggiungeHI citato autore)leggesiche
(1)V. in pioposil"MoNGiroRK,Parlamenti generalidel Regno di Sicilia.Palermo
I7i9,tonfi. I,pag. 88, — e iDiari della cillàdi Palermo. Ivi,!869,lem. I,pag. 201.
18
270 MUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
fticarburato Mora Palenno per anime 25fi00^MesriìM e stwi casali
31,385^ e Catania 14,261;in tutto questetre città 70fi46,che uniti
dia somma di 488,600 fanno 659^46 (I).L'avv. FraDcesco Maggiore-Perninel suo erudito Saggiostorico-
statisticosui censimenti della popolazioneecc. (2)assicura di aver
tentato infruttuosilavori nelParcliiviodel Comune per trovar delle
notizie sui nostri censimenti onde poterleaggiungerea quelleche
note erano per precedentipubblicazioni.Ben più fortunato del mio
egregioamico, io sono in grado di offrire aglistudiosi di cose si-ciliane
il censimento della popolazionedi Palermo fatto nel 1479,
da me rinvenuto nel medesimo archivio del Comune e propria-mentenel registrod'atti,bandi e provistedelPanno XII* indizione
1478-79, a fog.24.
Ceco, pertanto,il documento:
Die xviiijoiuliixijeindictionis
mo Cecco Ixxviiijo
Lu memoriali dato per limagnificisignuriofficiali, preluriet
iurati di la felichi chitatidi palermualu illustrisignuriprecedenti
(ilpresidentedel regno, ch'aera allora Gian Tomaso Moncada conte
di Adernò) di limasunati. gentiet municioni et armi dita dieta
chitati per causa di li novi di lu turchu (3).
in primis
li focura m cxviiij{sic)videlicet
vij
lachitatidi lucassaru(doéiar/r(àt7ecrAta)focura e xvij
(1)Op. cil. pag. 89.
(2)V. Statisticadella cittàdi Palermo — Censimento della popolazionenel 4861
pubblicatodall*Ufficiocomunale di Economia e Slatislica.— Palermo,Lao, 1865. —
Introduzione,pag. cu.
(3)Nello slesso registroho trovato l'altoseguente che giovaqui soggiungere:die TÌij*iunii xij*iiidictionit
• Quia illuslrispresidensper suas provisionesdatas in urbe panormi quintoiunii
xij«indictionis exortalur et mandai magnificispretoriet iuratisquod dieta eivìtas
panormidebeai muniri prò defensionc hostium et maxime magni teucri (sic)de
quo dicitur quod ordinai roagnum oxercitum,propterca per ipsosraagnificospre-
torem et iuratos fuit provisumquod describantur omnes homines et mulieres urbis
prodictc,arma, et equi;quc doscriptiofieridebeat cum omni diligentiaet sollicitu-
dine per ipsosmagnificos,una cum aliquibuscivibus per co» eligendisde quolibet
quarterio.•
CENSIMENTO DI PALERMO NEL 1479
la aibergaria{lostesso rione che porta oggi
tal nome) focara
chivalcadi{seralcadi,parie dd mand. Monte
271
m e ij
Pietà)focorala yalcza(laChalza,parte del mand. Tribu-nali)
focura
la coDciria {partedel mand. Castelloa mare)
focura
la iodeea {partesuperioredel mand. Tribu-nali)
focara
li animi
li homifìi di fari faclu
lispati
armi blanki
lanczi{lande)
brockeri {brocchieri)
chilali{celate)
copertidi cavallo
tarkecti{targhette,o piccoletarghe)
coyraczi{corazze)
cavalli
balestri
lamenti
bonbardi
spingardi
VIJ
e xxij
me XXV
VIJ
e XX
V
c xxiij
XIV
m xij
vj V
m e Ixxxxj
ij vijm e xxxxviy
Ixxxxvg
iijijm e V
e Ixxiij
uijc xxviiu
xxxxiig
mcxxxv
e Ixxxxviiij
viijc Ixviiy
viiije XXXX
Ixxj
xxxviiy
Ix^
Stando allenotizie dateci dal citato Hongitore, gliabitanti di
Palermo nel 1501 ammontavano a 25"000;e tanti erano eziandio,
secondo ilnostro documento, nel 1479. Donde è a dedurre che da
272 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
quest'ultimoanno sino al 1501 la popolazionenon ebbe a subire
aumento né diminuzione. E son quindiinesatte le notizie raccolte
dal Maggiore Perni {ì\ secondo ilqualelapopolazionenel XV secolo
avrebbe toccato i 405,000,e nel 1501 sarebbe diminuita a 49,000.
All'epocadel censimento di cui favelliamo i fuochi erano 5119,
0 piuttosto(correggendoun errore attribuibileall'amanuense)5109.
Nel 1548^ secondo il Fazello (2),essi ammontavano a 15,000; tra
l'unae Tallracifravi è quindiuna differenza di presso che due terzi,
differenza che sispiegaagevolmenteavuto riguardoallungointervalloche divide i due censimenti. Notisi intanto che nel lessicotopo-grafico
di Vito Amico (edizioneoriginale,voc. Panormus)lacifradei
fuochi del 1548 secondo il Fazello con evidente errore tipograQco,
ripetutonella traduzione italiana,è ridotta a i500.
Gli homini di farifactu sono,
a mio parere , gliuomini atti a.
portar le armi. In buono italiano fare fattosignificaoperare^ e far
fattod* arme importa combattere (V. Tommaseo,Dizionario della
lingiMitaliana,tom. Il,pag. 670,col. I).E gliuomini attiallearmi
eran quellitra i 18 e i 50 anni. Quindivediamo che nel censimento
del Ì6i3 (3)si tiene conto a parte di questi,
come dei bambini,dei vecchi e delle donne si tien separatamente ragione.Gli uomini
di far fattonel 1479 sommarono a 6591,cioè più che la quarta
parte della totalità degliabitanti : e nel 1613 tornarono presso a
poco alla stessa proporzionegliuomini dai 18 ai 50 anni.
La iudeca (Giudecca)era ilrione abitato dagliEbrei. Corrisponde,
come notai,e come tuttisanno, allaparte superioredel mandamento
Tribunali,e propriamentepresso alpalazzodi Città.La Giudecca di
Palermo contava nel 1479, cioè 14 anni primadellaespulsione,523
fuochi,e 2600 abitanti all'incirca,prendendoper base il rapporto
di I|5 che esiste fra il totalede' fuochi e quellodella popolazionedella intera città(4).
Raffaele Starrabba
'
(1)Siatistica cit.pag. cv"ii — Gli stessidati son ripetulinelle notizie che si pre-mettono
ai bilanci presuntividella città di Palermo.
(2) De Rebus Sieulis,ediz. 1560, pag. 639.
(3) Statisticacit.pag. cui.
^4)Secondo un documento pubblicatodal eh. La Lumia in fine della sua bella mo-nografia
sugliEbrei Sieiliani(V. Studi di Sloìia Sicilianatom. IL Palermo 1870)
gliEbrei Palennitani nel 1493 sarebbero statipresso a 5000, e quindiquasiildoppiodella cifra che io credo potersipresumere pel 1479. SifTattoaumento potrebbees-sere
slato il prodottodella immigrazionedegliEbrei cacciati dalla Provenza per or-dine
di LuigiXI nel 1491.
274 nuove effemeridi siciliane
Teseo
0 Superni! Or si che padreMi sei verace, EnosigèoI CompiestiI voli miei I Ma tu narraiAi come
Fu morto, e come, per avermi offeso,
Della Giustìzia il percotea la verga.
Nunzio
Noi presso il lido,che del mar si cinge
Governavamo con le strigliei crini
De' puledri,gemendo alla novella
Che un messaggiero ne recò, narrando
Che Ippolitoda te Tamaro esigilo
S'ebbe, né più dovea qui mover piede.Poscia ei medesmo in su la riva apparve
Ugual recando lacrimoso annuncio,
E da tergo il seguiadi cari amici
Suoi compagni d'età schiera influita.
Alfln,cessato il lacrimar,si disse:
Perchè cosi vaneggio? È d'uopo ai cenni
Rassegnarsidel padre.0 servi,tosto
I corridori a portargiogo usati
Ponete al cocchio; che non è più mia
Questa città.— Quindi ciascun s' affretta
E ratto più che non potriaridirsi,
.I puledrifnr pronti,e li traemmo
Innanti al Sire istesso;e come ei s'ebbe
Alle pianteallacciatoi bei calzari.
Subitamente con la man dai cocchio
Le redini ritrasse,e con le palmeAl cielo spante, cosi disse: 0 Giove,
Si spenga il viver mio, se un empio io sono,
E senta, oh I senta il genilor,se vivo,
0 se morto io sarò,di qualeoltraggioMi ricoperset In questa, ei dà di piglioAl pungolo,e le mute al par sospinge.Noi servi intanto presso i freni e il cocchio
Seco del calle prendevam,che ad Argo
Ed Epidaurocorre, e in un diserto
Entrammo, ove lonlan da queste piagge
S'apreuna costa, che vagheggiail mare
IPPOLITO, DRAMMA D' EURIPIDE 275
Sarooico. Un fragor quasidi Giove
La voce, da sotterra,a udirsi orrendo,
Quivi echeggiò.Tosto i puledriin allo
Levar le fronti ed aguzzar le orecchie.
Noi da un nuovo terror lutti compresiNon sapevam donde quel suono uscisse;
Ma posciariguatandoil marin lido
ETrgersiimmensa al ciel mirammo un'onda,
Che la veduta agliocchi mi contese
Delb scironia riva,e P istmo tutto
Mi ricoperse,e d' Bsculapioil monte.
Poscia gonfiando,e pel boiler marino
Riversando per tutto immensa spuma
Con gran fragorproruppe in su la spiaggia.Ovverà la quadriga,e furibonda
E triplicata,oh t rio prodigioI un toro
Gittò,del cui muggito orribilmente
Echeggiava la terra. Ai riguardanti
Maggior d'ogni altro quelportento apparve.
Grave terror tosto i cavalliinvase;
E il mio signore,che dell'artiequestriSavio fu tanto, a sé trasse le brìglie,E( come adoprail battellierremando,Tutta a dietro piegossila persona.
Ma i corridori gV infocati freni
Mordendo, a corsa levansi,nò sentono
La man di chi li regge, nò di redini,
Nò di cocchio si curano. — Se il temo
Egli al pian dirizzava,ecco di fronte
Apparivaquel toro, e ad arretrarla,
Furente di terror fea la quadriga.Poi quando smaniosi appo la roccia
Rendevansi i corsier',da Iato al cocchio
Ei tacito movea, Anche, sospintaI^ ruota ad un macigno, lo travolse.
Tutto a soqquadroandò. Saltare i mozzi
Delle ruote, e dell'assile chiavarde.
Tra le redini avvinto,e trascinato
Da indissolubilnodo ei per i sassi
Battendo il capo, lacero le carni
276 NUOVB EFFEMERIDI SIGIUANC
Queste gravi ad adir movea querele:
Fermalevi, o pasciutialle mie stalle,
Non m'uccidete ! 0 voto sciagurato
Del padret Or deb I chi viene a porre In salvo
' Un onest'uomo ? — Ed a bramarlo molli
Fummo; ma tardo'era a seguirloil passo!Ei frattanto dai vìncoli disciolto
Delle redini infrante,ignoro il come,
Cade spirandoancora un flldi vita.
Dispariròi cavalli,ed il funesto
Tauro, né so ben come, in quellebalze.
Servo, 0 Signor,delle tue case io vivo;
Ha giammai tanto non potrò,cb'io fede
Tegna, che sia malvagioil tuo rampollo.Non se ben anco delle donne tutta
Fosse ai laccisospesa la genia,
0 s'altri avesse di^cifralecarte
^eir Ida empiuto la pinosacosta;Che Intemerato io lo conobbi sempre I
Coro
Ahi! qual concorso di novelli affanni
Omai si compiei Né riman difésa
Dalla fataiNecessità I
Teseo
Per Podio
Dell'uom,che ciò sofferse,al tuo racconto
Io m'allegrai;ma posciaai Numi e a lui,
Che di me nacque, riguardando,il core
Né s'allieta,né duol per tanti mali.
Coro
Ma dunque? Trasportarlo,o che far altro
Al misero dovrem, che a te sia grato?
Pensaci;e se t'attieni ai miei conforti,
Non sarai crudo col figlioinfelice!
TE^EO
Recatelo;ond' io pur volgendoil guardoSu colui,che negò d'aver macchiato
I lettimiei,col ragionarl'astringa,E con la pena, che dai Numi ei s' ebbe.
IPPOUTO, DRAMMA D' EURIPIDE 277
Coro
0 Cipri,Talme ÌDdocili
Reggi deir Uom, del Nume,
Insiem con lui,che splendidoDi variale piume
Con Pala rapidissima
Ombreggia allrui la mente,
E il salso mar fremente
Corre e la terra a voi.
Dei nati nelle torride
Lande, cui guarda il Sole,
E tra le balze e i pelaghi
Holce la giovinprole.E Puomo ancor, se fervidi
Di voluttà delira
GP investe,gliraggiraL' alidoratoAmor.
Però da quanto, o Venere,
Sorga nel mondo e viva
Tu sola ottieni,o diva,
Sovraneggiantionor\
Diana
NobiI figliod'Egeo,porgimiascolto.
Io tei comando; Artemide rampollo
Di Latona son io,che a te favelfo.
0 misero Teseo, perchè gioisci
Di questimali, e d'aver tratto a morte
Iniquamente il propriofiglio,quandoDella tua donna le bugiarde accuse
Ti fer suaso di dar corpo all'ombre ?
Ma già l'impigliamanifesto il fio
Del tuo misfatto ! Oh I perchè mai coverto
Dall'obbrobrio cosi non ti profondiDella terra nei baratri,o non voli
Lassù migrando ad altra vita,e lungiDa tai martiri non solleviilpiede?Che al viver tuo non è più dato in sorte
L'accomunarsi con la gente onestai
Odi, 0 Teseo ; contemplai mali tuoi.
Che se giovar ciò non mi puote^ almeno
278 NUOVB EFFEMERIDI SICILIANE
Dogliosoio ti farò I Del tuo (ìgliaoloPerchè illustresen mora, il cor si pioA mostrar qui mi trassi,e di tua douna
La rabbia,e in parte i generosispirti.Che dalla Diva più nemica a quanti
Yirginitadeabbella,esagitataE trafittad'Ippolitos'accese!
Tentò col senno superar Ciprigna;Ma, non volendo,alfinsoggiacqueall'arti
Della nudrice,che svelò tal piaga
Sotto la fé del giuro al tuo rampollo.Ben a ragioneei non segui l'iniquo
Consiglio,e poi da te si vilipesoTenne sua fede al giuro,ei che fu pioI
Ma temendo cader nel vitupero
Colei,vergò calunniose note,
E con le frodi il tuo figliuolospense,E ti suase I
Teseo
Ahimè I
Diana
Ti morde il core,
0 Teseo,questo detto? Attendi,e cheto
Odi quanto io soggiungo,e verserai
Più largopianto.D' imprecar tre volte,
E non indarno, ti fé' dono il padre.Ben lo rammenti ? Or di tal dono usasti
Contro il propriotuo sangue, o scellerato,
Potendo oprarlocontro alcun nemico.
Il maria genitorea te benigno
-Quantodovea, come promise,attenne.
Ma tu li mostri apertamente iniquoContro me, contro lui;che non l'assenso,
Né de' vati ilresponso aver ti piacque,Né reo lo convincesti,e disdegnastiAll'indagineoffrir tempo men breve.
Ha frettolosopiù di quanto è bello
Contro il figliolanciastiil diro voto,
E r uccidesti!
IPPOLITO, DRAMMA D'*URIPIDE 279
Teseo
0 Dea, perdalo io sono!
Diana
Opre orrende compiesti;e pur l'è dato
Il perdono ottener. Poiché fu Cipri,Che nati volle ad appagar sua brama
Questi lugubrieventi. È fra gliEterni
Posta una legpe,che al voler d' un nume
Non ripugniallro nume, e alternamente
Ognor si ceda. Se così non fosse,
Né Giove io paventassi,abbi di fermo,
Che a tal vergogna io non sarei venuta
Da tollerarIo scempio di colui.
Che su tutti i mortali io m' ebbi a core !
Quinci il tuo falloda malizia sciolto
L' ignoranzarendea;del caso inoltre
Tutte prove apprestòla tua consorte,
Che per farti convinto si moria.
Or più che in altridel dolor la pienaSu te prorompe; ma pur io men dolgo.Che de' giustila morte oh ! non aggrada
Agr Immortali;e son da noi dispersiCr iniqui,e i nati loro,e le lor case !
Coro
Ecco il misero è qui dilaniato
Le carni giovinettee il biondo capo.
AhiI quallutto domestioo! Qual doppia
Angoscia invase per divin consiglio
Queste magioniI
Ippolito
Ahimè, ahimè meschino!
Strazialo son io d'iniquopadrePel voto iniquo.Ahi ! che son morto.... Il capo
M'assaltan martellando acute doglie,E lo spasimoal cerebro sormonta I
Deh ! fa,eh' io lasso ripasile membra...
0 r esecrabil giogo de' corsieri
Di mia mano nudritì,m' hai perduto...
M'uccidesti...Ma oh! Dio,pian piano,o servi,
Nel trattar queste mie misere carni...
280 NUOVE EFFEMERIDI SiaUANB
Chi dalla destra mi si fece ai fianchi?
Alzalemi pianpiano,e via portate
In equilibrioqu^lo sciaguratoE maledetto dal paterno errore I
0 Giove, 0 Giove, il vedi tu ? Queir io,
Che fui sì casto, e con gliDei pietoso,lo che su tuttiiT onestà prevalsi,La vita or perdo...a manifesta morte
Men vo, sotterra... Ahimè, che al mondo invano
Neir opre belle affaticaipur tanto !
Ahimè, ahimè lo spasmo ! Ahi, che m'incalza
Lo spasmo !..Or su lasciatemi...La Morte
A guarirmine venga. Ha... uccidetemi...
Uccidetemi... Un brando, un brando acuto
Vi chiedo, ond' io m' uccida,ond' io ritrovi,
Come assopirquesta vita infelice!
0 sciaguratoT imprecarpaterno !
0 de' parentimiei le crude stragi!
Ma degliavi le colpea che m' incalzano ?
Qual fio ne debbo, se innocente e puro
Di misfatti fui sempre ? Ahimè, che dico ?
Ma come francherò da tanto strazio
La vita ! Oh I che jdia pace a me meschino
L' atra, fatainecessità di Fiuto I
Coro
Ahi ! lasso,qual ti preme orrida sorte I
L'alto cor ti perdeaI
IppoLrro
Tacete;io sento
Una fragranza,e, benché il duol m'opprima,Un conforto ne provo. In queste case
Artemide s'aggira.
Diana
0 miserando/
La tua più cara Diva ò a te da presso.
Ippolito
Vedi tu, mia regina,in qualeagoneSon io?
Diana
Lo veggo; ma dar loco al piantoA me non lice.
t^ nuove effbmebiih siciuaifk
Teseo
4 ^^^ o^Q "^^d^ spento10 vece taal
Ippolito
0 del maria tao padreGli acerbi doni I
Teseo
Oh I che giammai sai labbro
Non mi fosser venati I
Ippouto
E a che giovava?
Spentosempre m'avresti;era cotanto
11 furor tuo.
Teseo
Perchè rapiroUil senno
Gli Dei.
Ippouto
Perchè non liceanco ai mortali
Contro i Numi imprecar?-Duna
Taci, fra P Ombre
Noo andranno laggiùdi Cipriinulte
Lire, onde fosti fulminato;in merto
Di tua pietà,di tao benignocore.
Ma con questa mìa man, con questidardi.Da cui scampo non v'ha,d'altri,che al mondo
Il più caro le fla m'avrò vendetta.
E a le meschino,per le tante angosce
Sofferte,largiròsupremi onori
In Trezene. 1^ vergini(anciulle
Ti sacreran per lungaetà le chiome
Pria delle nozze, e l'offrirandi pianto
Largo tributo,e nenie armoniose
Ti volgeran,né fia taciuto e ignoto
L'amor, onde per te Fedra s'accese.
Ma tu^ rampollodel canato Egeo,
Accoglifra le braccia e al sen distringiIl figlio;ch'ei da te senza toa vogliaFu spento;ed il fallir,se ai Numi aggrada,È propriodei mortali. Ed or t'esorto.
IPPOLITO, DRAMMA D^EURlPmE 283
0 Ippolito,a cessar tuUo rancore
Verso tao padre;che in balia del fato
Sei, che ti strusse. Addio I Che a me si niega
Negliestinti aiBsarmu e le pupilleContaminar co' rantoli di morte.
E già presso li veggo a questo agone I
Ippouto
Lieta or vanne, o fanciulla avventurata,
E a te sia lieve abbandonar l'antica
Amistà nostra. Ogni rancor depongoCol padremio, come tu vuoi;che sempre
Ai tuoi detti obbedii... Ahimè, sugliocchi
Mi vengon le tenèbre !..Accogli,o padre,Sostieni questa misera mia salma...
Teseo
0 Aglio,e di me tristo ah I che farai?
Ippolito
Io moro... lo scorgo omai le inferno porleI
Teseo
E il cor mi lasci di talcolpaimparo?Ippolito
Non già;che la mia morte io li perdono.Teseo
Oh I ciel,che dici ? Del tuo sangue assolto
Mi mandi ?
.Ippolito
Si; Pattesto per Parciera
Diana.
Teseo
0 caro a me su tulli,oh ! quanlo
Generoso ti mostri al tuo parenteI
Ippouto
Salve,e per lungaetà sii lieto,o padre.Teseo
Oh I come hai Palma generosa e piaI
Ippolito
Prega,che uguale ti sia data in sorte
La legittimaprole.Teseo
Oh ! non lasciarmi,
0 figliomio ! Ma il tuo vigorriprendi!
28'* nuove effemeridi siciuane
Ippolito
Vigor? Già rebbi... morto io sono, o padre...Toslo il viso a me copricon 1 ammanto...
Teseo
0 d'Atene, o di Palla alle contrade,
Qual uom perdestet Ahi t lasso me« che lunghi
Ricordi, 0 Cipri,avrò de' mali tuoi!
Coro
Inaspettato,comnn duolo assalse
1 cittadini tutti,e fia ben larga
Del lacrimar la piena;che dei Grandi '
Più sorge il nome, se di piantoè degno i
G. De Spughes.
AD IPPOLITO TITO D'ASTE
PER LA SUA COMMOVENTE NOVELLA INTTfOLATA Rachele
....se tu segui tua stella
Non puoi fallirea gloriosoporto.
Dante.
Qual m' ispirònelP anima
Dolce pietà,della Rachele il fato.
Che tu, gentileIppolito,Hai cosi ben cantato I
Si,di soavi lagrimeLe tue possentinote
M'inumidir le gotet
Che mi dipinservìttima
D'una fataleillusiondel core
Lei, che nutrendo, ingenua,
Un inconsulto amore,
Vide mutarsi in triboli.
Avvolta nei dolori,
Della speranza i Hori.
AD IPPOUTO TITO D* ASTE 285
Fiaché per novo palpitosorta a novella e sciagurataspene.
Quando credea raggiungere
Un sospiratobene,Di novi affanni un baratro
EUa a se stessa aprio,Poi sen volava a Dio.
Tremenda esempio e simbolo
Dell'umana fralezza,a noi pur grida
La tua Rachele: mìsero
Sempre chi al cor si affida
Senza ascoltarglioracoli
De la diva Ragione
Che 'Igiustoe il ver propone f
E tu che del cor l'intimo
Nel casto vei*so rivelar ben puoi.
Segui la nobii opera,
Segui,de' carmi tuoi :
Scrivi : e nei sognieterei
Del fervido pensiero
Congiungial.Bello ilVero.
Ad alto segno T animo
Innalza,o gentilissimopoeta;Né puoi fallir(deh credimi!)
A gloriosameta. —
Oh a questiplausiItalia,Dall'una alPaltra sponda,
Fia che un bel di rispondaI
Messina,16 agosto 1870.
L. Lizio-Brono
19
CRITICA lenERARIA
riloiofla Blementare a norma de* profranuni f ovematM ec,
espostada Paolo Morello prof.neW Univ. di Palermo. Palermo,
Amenta, 18(39.
aiementi di filosofo ad mo dri semiiMurio Arcivescovile di CkUor
via pel Sac. Antonlno dott. IIaugeri prof,nellaR. Univ. di Ca-
(anta. Catania,Caronda, 1809.
MUnoale di Filosofia Blementara ad uso dellescuole pel proLGaetano La Rosa. Catania,Calatola,1870.
Queste tre opere di filosofiaelementare scritte da egregi inge-gni
e valenti professori,uscite solamente in un anno,danno bene
a vedere come glistudi filosoficifra noi fioriscano forse più che al-trove.
Delle due opere ,ora compiute,
dei Morello e del Maugerl
si parlòaltra volta in questo periodico,(anno I,p. 289 e segg.),e
non è ora altro da aggiungere,se non che i due illustriprofessori
hanno bene meritato della gioventùstudiosa fornendo co' loro la-vori
una facile,ma sempre soda, via alPapprendimentodella scienza
aUa qualeoggi il Positivismo (à appunto aperta guerra. L^ opera del
Maugeriè una riduzione a corso elementare della sua opera mag-giore.
Sistema McheofUologico;e non andrebbe forse errato chi di-cesse
questa seconda opera e minore poter giovai*epiù della prima
e maggiore. Né credo incontrerebbesi difficoltàa dire,l'autore in
questiElementi di Filosolìa,senza disdire ir suo sistema di conci-liazione,
essersi piùaccostalo involontariamente air Ontologismoan-ziché
al Psicologismo,
massime discorrendo dell'assoluto logicoe
delPassohito ontotogico(p. 361 e segg.),e della obbiettivitàed o-
riginedelle idee (p. 312 e segg., 32(5 e segg.).
Quanto alla nuova opera del La Uosa, prof,nel Liceo di Caltagi-
rone, già conosciuto per altriscritti filosoficipur lodati,é da dire
in prima eh' egliha voluto seguire le Istruzioni governativeper lo
insegnamento dì filosofiane' Licei del Regno, si che la sua opera
va sulla via stessa die i'altra stampata a Firenze dal Conti e dal
Sartini)benché, per nostra notizia particolare,il La Rosa giàaveva
pronto il suo lavoro innanzi alla stampa di quellode' due profes-sori
citati.L' egr. Autore si é propostoesporre nel suo volume quei
CRITICA LETTERARIA 287
latitodi elementare che insegnala FilosofiaCristiana (pref.p. 4),e
vi è riascito per bene. L^ opera è divisa in sei Trattali:I. Psicolo-gia
empirica.II. Ontologia,HI. Logica,IV. PsicologiaraziotyileY.
Teologianaturale,VI. Etica. « In sifTaltomodo, dice nellaIntrodu-
sione,stadieremo Taonio in quanto pensa e in quanto opera; co-minciando
dal pensiero'«perchè ilpensieroè la scaturiginedelle
òpere, e compiremo T oggetto della filosofìa,che, essendo sludio
della sapienza,abbraccia tutto V uomo in quanto pensa ed in quanto
opera • (p.12).Ilpropositodi dare un Manuale di filosofiacristiana
ha fatto seguireairautore più che altraautoritàdi filosoficontem-poranei
quelladel Ventura,e tra gliantichi T altra di S. Tommaso;
e r aver voluto lasciareda parte • ciò che nella scienza v' ha di
problematico,attenendosi piuttostoa tutto il certo e il provato, »
r ha condotto a scansare i più ardui punti della scienza, proce-dendo
per quelcammino facilee comune che, se non è pe'dotti
e per chi vuole andare addentro nella speculazionefilosofica,cer-tamente
può essere di profittoai giovani, che per la prima volta
'salutano le sogliedella scienza. Tuttavia,P autore non sa del tutto
spogliarsidelf abito metafisico per un metodo di filosofareche non
sapreidire quanto possa in fatto riuscire,
e a propositodelP ori-gine
delle idee dà pure una sua teorica,che sarebbe quelladi San
Tommaso rinnovata dal Ventura, siccome S. Tommaso aveva per-fezionata
per la giuntadeir elemento platonicoquellapiùantica di
Aristotile;e dal fatto,che è ilsingolare,dall'intellettoagente,che
è la facoltà che rende universale ilparticolare,e dalla verità,che"
è luce spiritualepresente all'anima;fa ucire Videa, o il concetto
generaledella cosa particolare(p.95 e segg).Al che aggiunge,che
per r idea noi conosciamo il fine del fatto,ilperchè:« ma nel fine
del fatto vi ha T intenzione di Dio, cioè le ragionieterne dellecose;
noi dunque partecipiamo,sebbene imperfettamentea queste ragioni
eterne delle cose, le qualicostutiscono quellache si chiama verità
delle cose, e per questa verità conosciamo il fatto scientificamente
e ce ne formiamo Y idea. L' idea dunque è il fatto naturale cono-sciuto
in rapporto allasua origine,cioè in rapporto alla verità o
al lume intellettuale,che è in noi ed è una certa manifestazione
delleidee eterne (p.99).Nella formazione della idea entrano, dice
il nostro Autore, tre elementi che sono: il fatto,la verità presente
a noi,
e P intellettoopeiante: i fattorioggettividelPidea sono il
fatto e il vero; e se non può dirsi che noi conosciamo le cose nella
verità,
debba però per necessità dirsi che noi le conosciamo per
288 NUOVE BFFBIIBRIDI SIGILIANR
la verità.L' oolologismonon esageratopotrebbeaccettare ancb^ esso
questateorica,la qualepropriadella scolasticaItaliana,non si op-pone,bensì la spiegaa suo modo, allavisione ideale,e non nega
la partecipazioneagliesemplarieterni delle cose per la verità,che
è il lume intetletlualesenza cui nulla sarebbe conosciuto.
Questo libro del prof.La Rosa è forse ilprimo che in Siciliasiasi
scritto con V intendimento di seguireil nostro Ventura: ma T Ad*
tore vi ha portatoquelsoffio di ontologismochò è stato alimento
delle sue sapientispeculazioni,colle qualiha mantenuto lodevol-mente
in città interna dell'IsolaP indole propriadellafilosofiana-zionale
italiana.
Y. Di Giovanni
SoirecclisM totale df Sol» del 22 dicembre 1870, visibilein Si-cilia;
ristUtamento di calcoli espostiagliamatori di Astronomia
da Angelo Agnello antico Assistente Piazzi al A. Osservatorio
Astronomico di Palermo. Palermo, 1870.
Il 22 dicembre prossimosi avvererà nn ecclisse totale di sole
che, per la raritàdel fenomeno e pe'luoghine' qualisarà visibile,
riusciràimportantissimoper noi Italiani.
L' ombra proiettatadal nostro Satelliteavrà principioneirOceano
Atlantico presso il capo Pareteli nella Groenlandia,dove ilSole
sorgeràtotalmente ecclissato,traverserà nella direzione di Sud Est
r Atlantico,e toccherà T Europa nelle coste occidentalidel Porto-gallo
sótto Lisbona. Dopo aver lambito la Spagna,sboccherà nel
Mediterraneo coprendoGibilterra,entrerà in Barberia;e uscito nel
Mare Africano presso Susa, copriràPantelleriae in seguitoverrà
ad oscurare una buona metà della nostra Isola.Cosi saranno im-mersi
nelPorobra lunare T intera provinciadi Siracusa,quelladi Ca-tania
meno qualcheComune, tutto ilCircondario di Piazza,di Ter-ranova
e una buona parte di quellodi Caltanissetta,il Circondario
di Girgentie una porzionedi quellodi Castroreale nella provin-ciadi Messina. Poscia P ombra lunare,toccando Postrema Calabria
si avvierà per le isoleionie, traverserà P Epiro,la Rumelia e la
Tessagliaper isboccare nel golfodi Salonicco ; copriràindi Pintera
Calcicie,percorreràil Mare Egeo e il Mar Nero, sino che traver-sando
il Mard'Azof terminerà nflla terra de' Cosacchi poco dopo il
fiume Donetz, ove il Sole tramonterà totalmente ecclissata
290 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
corona laminosa biancastra che in diversipontisi prolungain forma
di fasci luminosi o pennacchi;di più, allumo al bordo nero della
Lana e specialmentevicino qaestipennacchisi vedono deUe pro-minenze
come montagnaole o nubi dette protuberanzerosee pel
colore roseo che essi hanno. Questo e nient' altro è ciò che costi-tuisce
r importanzad'un ecclisse totale di Sole.
É in questa occasione che si presenta allascienza nna dellemi-gliori
opportunitàper verificare la natura di quelleenormi protu-beranze»
di queirinviluppoluminoso di 8 mila chilometri di spes-sore;
tìen che per confermare le sostanze di che sia formato Pastro
maggiore. In questa congiunzionede' due mondi un occhio esperto,
aiutato Sa tannocchiali,da spettroscopie da molti altri strumenti,
ci ha polut"iaffermare che le protuber.mzenon sono che vei*e fiam-me
d' una materia gassosa incandescente,e eh' è V idrogenòilgasche le produce.La causa di queste protuberanzepotrebbe essere
la stessa di quellache dà hiogo aHe "macchie solari,cioè a dire alle
correnti ascendenti dei gas interni, capacidi dare originea quei
rilievidella fotosferache appellansifacolee sopra di queste le pro-
luberanze rosee; mentre, queste correnti formerebbero nelle aper-ture
delle macchie un fenomeno separato e più grande che po-trebbe
avere relazione coi pennaccliidegliecclissi; infattile pro-tuberanze
sono state sempre lateraliai pennacchi.Il grande getto
iV una maróhia darebbe luogoalle correnti laterali,alla formazione
deirargine con queisollevamenti parzialied allungati,che veduti
proiettatinel nucleo corrisponderebberoa ciò che noi chiamiamo
correnti e fonti ed il getto attraversando. la cromosfera darebbe
in queicasi originedirettamente allegrandi protuberanze laterali
osservate negH ecclissi.Questa ipotesisi accorda con lateoria pitiac-cettata
sul Sole cioè che esso sia una massa infuocatagassosa allostato
di dissociazione per l'elevatatemperatura.Questo immenso calore
andrà mano mano trasformandosi,cosi questo astro lo si deve con-siderare
in un periododi raffreddamento,ma assai lento,e a gran
parte del qualesi devono i fenomeni osservati neglistrati super-ficiali,
la cui resistenza è ancora tanto debole da permettere uno
scambio continuo colle correnti gassose più calde,che dall'interno
si fanno strada,dando originea tutti quei fori più o meno eslesi
che chiamiamo macchie solari.
Un numero maggiore di queste macchie, vuol dire una maggior
quantitàdi materiale interno del Sole a noi scopertoe quindisarà
pri diretta l'influenza che esso potrà esercitare su di noi. In que-
CRITICA LKTTERAMA 291
Sto modo troviamo dimostrata la relazione dei periodidelle mac-chie
eoa qaeliadel magnetismo terrestre e delle aurore boreali,e
per conseguenza anche delle grandiburrasche sullasuperficiedellaTerra.
Conosciuto bene ilSole,potremo un giorno darci più esatta ra-gione
deglisvariatifenomeni meteorologici;poichéa quanto pare
tutto è in armonia e dipendenteAl ministro maggior della natura.
Or, il prof.Angelo Agnello antico assistente Piazzi al nostro Os-servatorio,
ha avuto la buona idea di dare alle stampe i suoi rigo-rosicalcoliintorno a questo imminente ecclisse.Dalla sua mono-grafia
si rileva con esattezza la zona di totalitàe la linea centrale
per la Sicilia;e ciò per mezzo delle chiare descrizioniche vi hanno
e per le appositetavole litograficherappresentanticon nitidezza
la zona generaledi totalitàe più minutamente la parte oscurata,della nostra Isola. Trovansi inoltre dei quadri dei Comuni siciliani
clie godranno l'immenso spettacolo,con le rispettivedurate di tempo
della completaoscurità. Al suo opuscolovapno uniti alcuni brani
di un grave articolodelP illustreprof.Tacchini sulP importanzade-gli
ecclissl,dai qualinoi abbiamo attinto le notizie sopra esposte.Non volendo ptù dilungarciterminiamo, e col prof.Agnellonon
tralasceremo di sperare che il bel cielo d'ItaUa non abbia a tra-
dìre se stesso,
in quei preziosimomenti ,ne' qualila natura si
degnerà sollevarsiun tantino il fitto velo, con cui ci nasconde i
suoi altimisteri.
Noyembre 1870.
M. Siciliano
Soppllinento perenne alla Nuova Enciclopediaitaliana ossia Ai-
vista annuale scientifica"letteraria
,industriale per integraree
ammodernare l'operamaggiore,utilissima ad ogni genere di per-sone,
compilaladagliScrittori di detta Encicopledia;anno 18(58-dD.
Torino 1870.
Questo supplemento,per chi noi sappia,tiene della rivista pe-riodica
e deir opera a volume: raccogUecioè,esamina,discute tutto
il nuovo, e ne informa i suoi numerosi soci;prendeun argomento
e vi stende sopra una monografia,la qualetirataa parte costituì-
292 NUOVE KPFnERIDI SIGIUANB
rebbe un libro a modo e a garbo.Se non che, io qaeUoche cerca
tulle le novità,non trascura T antico,e come nelle ano si gvardadalle frivolezze del giorno e dalle intemperanzeda gazzetta, coA
nelle altre scegliea studio e con diligenzaciò che preme per la
storia del pensiero.A vedere con quanta largheaa vi sieno rap-presentate
le singolescienze,lettere,industrie ed arti;come nes-suna
nazione vi rimanga neglettaper ciò che riguardaigrandino-mini
e le grandi scoverle; e come d' Italiacon giustadistribuzione
di nomi e di argomenti nessuna provinciarimanga addietro del-
Pallra,Tanimo s*allietapel senno e la equanimitàdi chi intende
alla direzione di questo Supplemento.E poichò noi partiamoa Sicilianie ne^ Sicilianivorremmo veder
diffusa quest'opera,diremo loro che il quarto volume del Supple-mento
perenne testé compiuto è più generoso per le cose nostre
^le non lo siamo noi stessi. Oltre di un articolo suir Etna e di
4ino ben lungosulla voce Palermo^ ove sono delle notizie sullano-stra
città non apparse io nessuna Guida, procedendo con ordine
aldabeticovi troviamo celebrali con lusinghierebiogi*afieil filosofo
monrealese Benedetto d'Acquisto,il patriotasiracusano Mario A-
doroO'Puma,il medico e il musicista di Sciacca del secolo XYll
Leonardo Amato e Cataldo Amedei,il poeta mcs^mese Felice fii-
sazza, FilippoCordova da Aidone
,il pittoredi TrapaniGiuseppe
Errante,ilgiovane filosofo e ^triottoNiccolò Garzillida Palermo,
il naturalistacatanese Carlo Gemmellaro, ilfilantropodi S. Elisa-
1)etta in GirgentiVincenzo Di Giovanni,ilNestore de' chirurgisi-
-cilianiGiovanni Gorgone di San Piero sopra Patti,il diplomaticoe
storiografopalermitanoRosario Gregorio),lo storico messinese del
sec. XYl Silvestro Haurolico nipote del matematico Francesco, il
filosofodi Monreale Vincenzo Miceli,lapoetessaRosina Mudo «Salvo,
i\ letteratoAlessio Narbone, Gerardo Ndcito botanico di Sciacca nel
sec. XYl, FilippoParuta poeta e letteratopalermitanonel sec. XVII,
Girolamo Ragusa erudito siracusano della stesso secolo,ilpittore
palermitanoVincenzo Riolo,ilmedico Rosario Scuderi,ParcheologoSerradifalco e il poeta Veneziano: in tutto non meno di 23 perso-naggi
di ogni provinciasiciliana.E se per poco guardisia' fatti
più importantidi questiultimi anni, si troverà che essi hanno le
loro ricerche,i loro sludi negliarticoliche s' intitolano:Asfaltoan-tico,
Aurore polari,Carbon fossile,Carne di Cavallo,VI Congressointernazionale di statistica
,Macchine da cucire
,DistillazionedeUe
bevande,Emigrazioneeuropea in Amerim, Essiccatori a forza ctn-
CtffnCk LETTKRAEIA 293
trifugoyF$trwie (jàmoifetiAe^ F^MUografiayProsciugamentodd
Lago FudnOj Geografiae Fitografiabotatdca,Pane del Lieiig,Com-
.
mercio del seme di lino,Locom4^we per strade ordinarie,Maremma
toscana^ Sonno morboso^ Musica moderna e contemporanea, Spedi-zionial iVilo,HecenH scopertesnl Monte palatino.Pellegrinaggioalla
Mecca,Pioggiameteorica ,Istmo di Suez
,Progressidella Terapia,
Terreni carboniferiin Italia ec. ec. Non parliamode' tanti arlicoli
di geografia,fisica,archeologia,meccanica,storia,medicina,perchèa colerne solamente recare i titoliusciremmo da' limitidi un sem-plice
annuncio bibliografico.Facciamo tuttavia notare cbe essi
son dettati da valorosi scrittori,qualiappunto sono stati i coope-ratori
della Nuova Enciclopedia,raccolta preziosadi scritti gravi
ed importanti.Si vede cbe se ogni articolo non porta il nome del-
Pautore egliè per tutt'aitroche non per mostrare se eglisia o
non sia della materia: risultando evidente che gliarticoliapparten-gono
a persone competentie propriodella data disciplina.Un'altra cosa vogliamoanche far rilevare:le numerose incisioni
ond'è arricchito e illustratoil testo,e cinque diligeniìssimetavole
pel Traforo delle Alpi,pel Fonte sul Po presso Mezzanacorti, per
la Ecclìsse totale del Sole nel 1868 e 1870, per la Pressione e le
Variazioni barometriche e per P Istmo di Suez: le prime dellequali
tavole sono ben colorate,come ben disegnateson tutte.
Direttore del Supplementoperenne è ilchiaro letteratocav. Fran-cesco
Di Mauro di Pelvica;ed è tutto merito di lui il buon anda-mento
e ilpregiodella sceltade' vari articoli,non pochide' qualiusciti dalla sua penna si riconoscono per quellapurezza di dettato
che è una qualitàpropriadel Di Mauro. Come aglialtri tre cosi
anche a questo quarto volume egli ha Catto precedereuna bella
prefazione,notabile per assennatezza e per padronanzadi classici
dell'aurea latinità.
In talediscorso P Autore s'attraitienedelle ragionidelPopera,delle
materie onde essa risulta,e di quanto concerne i desideri più o
meno attuabili de' lettoridel Supplemento.E siccome la Nuova £n-
dclopediao meglioilSupplementovuol essere VUnsere Zeit (IlNostro
Tempo) d'Italia,ad esso ilDi Mauro lo paragona; se non che, basta
guardarelesole biografieper dichiararsiin favore dell'operatorinese,
la qualeper questo lato non è vinta neanche dal Dictionnaire des
Contemporainsdel Yapereau,che noi abbiamo consultato nella ul-tima
edizione e che abbiam trovato mancante di oltre a due terzi
dei nomi contenuti nel volume di cui stiamo parlando,
SM NUOVE BPPBMRRIDI SiQUANB
Una cosa potrebbedirsiche manchi a quesfopera del benemerito
Signor Pomba: nna ririslabibliografica^la solache non trova laogonelle pagineperiodichedel Supplemento,Eppureanche a questo pen-sa
il Di Haoro, Inserendo nella quarta paginadellacopertinad^ogni
puntata un bollettinodelle più recenti pubblicazioni;donde si pare
che e direttore ed editori facciano a gara per mandar fuoriquanto
meglioquesta importantissimaopera, che noi non abbiamo parole
abbastanxa eflScaciper raccomandare a* nostri lettori.
6. PrrRÈ
UrielM «celta il poeti alemamil,
Versione di Antonio Dr
Marchi, seguitada un compendiostorico dMa Letferatura tedesca
antica e moderna. Palermo^tip.del Giornale di Sicilia,1870.
Molti si danno oggi air opera del tradurre,
ma quantivi rìe«
scano con buon successo non sappiamo davvero. Certo è che chi
nel traduttore cercava le qualitàdell'autoredovea non isconoscere
le gravissime difficoltàche sMnconirano quando si vuol rendere
nel proprioidioma i pensierie i concetti d^un altro;difficoltàche
crescono con quelledella linguadelP originalee col genere del com-ponimento
da traslatarsi.
Della versione poeticadeir egregioprof.Antonio De Marchiiqual-cunoche non rabbia veduta potràcredere chft si tratti di un la-voro
comune o da venir confuso con altri della giornata; però ò
giustoche si ricreda chi cosi la pensa. IlDe Marchi modesto sempre
lo è tanto pia in questa pubblicazione; onJ^ ella passerebbe forse
inosservata se presa alle mani anche da persona indifferente non
facesse risaltaresenz'altroil suo merito letterario.Gli è sempre il
medesimo fatto delle opere pregevoli,le qualisenza apparato di
prefazioni,proemi e avvertenze,sdegnose della reclame che oggi
si cerca, si compra e si vende, fannosi strada da sé.
Nel presente volume sono venticinquelirichescelte da tredici
poetitedeschi della pleiadegloriosadi questo secalo,a cominciare
da Schiller,uno della celebre triade del secondo periodoclassico
costituito da Herder e Gothe, e finendo ad Antonio Grùnwald vi-vente.
Vi si trovano de^ componimentidi Clemente Brentano e di
F. Krummacher, V uno fondatore,V altro seguace di quellascuola
romantica che in questo secolo segnò in poesiauna deviazione dal
secondo perìodoclassico;delP Uhland, di Teodoro Kdrner poeta e
CRITICA LETTERARIA 295
soldato,del Conte di Platon classicopuro sangue, e di qnell^Ema-nuele Geibel di Lubecca,che nella nuova coUura iniziatasiin Ger-mania
nel 1832 è il più celebre e ad un tempo il più simpaticode' liriciviventi. Non parliamodella scelta del De Marchi, perchèfatta con molto gusto e parsimonia;c^é piuttostoda mfiltere in
rilievo la traduzione,come quellache a semplicitàgentileaccoppiafedeltàche di rado lamaggiore.Dopo Andrea Maffei parrebbecurioso
che altrivenisse a volgarizzarcila famosa Canzone dettaCampana^maestosa e sublime creazione nellaqualelo Schillersotto due diffe-renti
aspetti,narrativo V uno, morale e filosoficoV altro,espose il
lavorioche prepara e porlaa compimento ilfondersi del sacro bronzo,
e i più grandipensieri,tristi o lietidelle umane vicende, cui la
faticosaopera a mente cristiana può ispirare.Eppurelettala versione
del De Marchi si vede chiaro che in opere di questo genere iltornar
a fare non è, quando vi si riesce come il De Marchi, né presun-tuoso
né inutile.La versione del Maffei rimarrà sempre quellache
è: né il De Marchi avrà inteso o preteso di vincerla;ma la versione
del nostro è cosi fattache pur avendo a mano laprecedenterimane
pregevolissimae degna dì lode. Anzi,a dirla schietta,un paragone
tra runa e l'altranon può istituirsi,avvegnaché i loro autori pro-cedano
sopra uno stesso campo per vie differenti.Ponendo a raf-fronto
l'una e Pallra troviamo che quegli,ilMaffei,rende più ab-bondante,
più fiiorilala forma delPoriginaledi Schiller,foioseperTuso più frequentedella*rima; questi,il De Marchi, la rende piùfedele;Tuno conti piùlibero non rendendo sempre qualcheconcetto
del tedesco od aggiungendo per vezzo qualcunadelle sue grazie;Taltro,più devoto alPoperasua, si stringequanto più alPoriginale
e ne rende* fedele i concetti tutti,soccorso in ciò dalla non frequente
rima, cui é malagevolenon ribellarsiquando si vuol dar senso e
graziaal modello che si traslata.
E perchéle prove di questo non manchino, ecco un brano della
Campana secondo laversione del nostro. Scegliamoad arte quelloin
cui fornita Toperadellafusione del metallo si trova qualchesentenza
non inutile a questigiornidi spiritipiù o men generosamente e
sinceramente patriotticie bellicosi:
Con mano sapiente
Romper la forma può il maestro^ allora
Che opportuno glitoma.
Guai però se il bollente
Metallo da se stesso «
296 NUOVK KPFBMBBIDI SIGIUANE
Si sprigionae à spande!
Gol nuBore del tuono
L^'angusta casa intarlandorompe;
E mentre in mille e mille
Rivi infocaliserpeggiandofogge,TqUo intomo distmgge.
Ove selvaggiaforza
Senz'ordine prevale,ivi incompiuta
Ogni impresa rimane.
Allor che da se stesso
A libertade in violenìo eccesso
Il popolcorre, procellosae breve
Sempre è la gioia;e a' lietidi piùdarà
Subentra la sventura.
Guai se nel lietogremboDelle cittàs'annida,
E a poco a poco cresce e si dilata
Della rivoltail foco.
Fra spaventosegrida
Spezzale sue catene ilpopolAero;Il tumulto con graviE violenti tocchi
La campana diffonde,
Ed ogni segno eh' alla pace è sacro
Al reo ftirorrisponde!Libertade, uguaglianza
Risuona ovunque ! — L'armi
I^ pacifichedestre
De' cittadiniimpugnano; le piazze.Tumultuando, e glialni e le contrade
Il popoloriempie;E securo soggiornoDi feroci masnade
Diventa ogni dintorno.
Ed ecco rendersi — donne gentiliA ferocissime — belve simili,
E con insano — empio furore
De' lor nemici — mordere il core.
Spentaogni santa -^ fiamma è ne' petti;Sciolto ogni vincolo — di castiaffetti;
298 NUOVE BFFSMERmi SICIUANB
Se vogliaper avventura istituirsiqualcheraffronto col testo schil-
leriano si avrà argomento di far ragioneal giudizionostro e nel
tempo stesso a quelgran traduttoredelle gemme oltramontane e
al De Marchi.
Per confermare lavaghezzaonde son rese certe finezze tedesche
ci si permetta un^altracitazione toltaa caso dal volume m discorso
una breve poesiadel Geibel,che ha per titolo:
Oh I NON SOBIUDBRMI SÌ DOLCEMENTE 1
Ohi non sorrìdermi si dolcemente,
Vispafanciulladall'occhio ardente!
La pura gioiadel tuo bel viso.
Se in me trasfondesi,dolor si fa;
Passato è il tempo de' lietiamori,
De' cari sogni chiusa è Tetà.
Se puro e libero,siccome allora,'
Battermi il core potesse ancora, ^
Al tuo sorriso con quanto affetto.
Sapreirispondere,con qualearder I
Come feliceteco sarei !
Ma al secco ramo s'addice il fior?
Declina rapidagiàla mia stella,
La tua s'innalza ridente e bella;^
Spento è il mio core; mesto lo sguardoAi di che furono rivolgoinvan;Tu in violentipalpitiaffretti
Gioie che ancora lungo ti stan.
De t non sonideroii dunque si lieta.
Vispafanciulla! Falsa è la meta,
La pura gioiadel tuo bel viso.
Se in me trasfondesi,dolor si fa;
Cerchiamo altrove,tu in allro core,
lo nella tomba felicità.
Né aggiungiamoparolalasciando che il letloVe giudichida sé la
squisitaeleganzae la spontaneitàche è per entro a questi versi,
che ci fanno gustarein si bella maniera legraziesoavi dell'illustre
poeta di Lubecca.
Metà del volume è tutto consacrato a un Compendio storico della
Letteratura tedesca antica e moderna. Non sono che cento pagine:
e nondimeno è in esse tale ordine nelladistribuzionedelle materie
CRITICA LBTTBRARU 299
che rapprendimentodi quellenozioni storiche può farvisifacilee
pronlo.Basta riportarneil sommario per convincersene:
Considerazioni prbliiiinarì: Divisione generale— Lingua e dialetti — Monu-menti
ANTicHissim — Precursori del i* periodo classico: Poeti — Primo periodo
r.LASSico: I) Componimentiepiei- a)Forme popolari^b)Iavotì d*arte— Eorìco di
Veldeke~Ck"rrado— Volframo d'Eschenbach^ Goffredo di Strassburg~ Rodolfo di
Ems^-dì Aue di Wirzburg — 2) Componir,ienliiiriei— a) Lavori d*arle — Gual-tiero
von dcr VogelNveide^Nitharlvon Euenthal — Ulrico di Lichlenstein^Fraiieo-
lob e Regensbogen— 3) Poesia didattica — 4) Componimentiprosastici.~- De-cadenza:
i) Componimenti epici^ 2) Componimenti Iiriei— a^)Cantori d'amore
— b) Canzoni popolari— 3) Altri generidi poesia~ 4) Componimenti prosastici
— Prime influenze straniere: I) ~ Componimenti epici—2) Componimenti li-
rici — a) Lavori d'arie — b) Forme populari— 3) Altri generi di poesia— 4)Prosa, — Influenza greco-romana : i) — Società lelterarìe — 2) Componimenti
poetici— a) Precursori delle scuole silesiche — b) Prima scuola silesica-7 e) Cir-colo
poeticodi KOnigsberg— d) Seconda scuola silesica— e) Terza scuola sile-sica
— 3) Prosa — 1) Poesia: a) Haller e H^gedoru — b) Gottsched e Bodmer ^ e)
Circolo poeticodi Brema — d) Circolo poeliccdi Halle — 2) Profa. ~ Secondo pe-riodo
CLASSICO : a) Prima triade poeticaKlopsiock— Imitatori di Klopstock—" Lea-sing
— Influenza di Lessing^Wieland, — Seguacidì Wieland — h) Klingere gs'
niomania — e) Seconda triade poetica,Herder — Schiller — Goethe. — Deviazione
DEL 2* periodo classico: i) Scuota romantica — a) Poeti — b) Prosatori «- 2) /n-
fluenzadella scuola romantica — a) I fatalistie i poetipatriottici.— Continuazione
DEL 2* PERIODO CLASSICO— Prosatori dell'intieroperiodo:") Prosa didattica — h)
Prosa retorica — e) Prosa storica. — Indizi di una nuova cultura.
Come si vede, molte ed importantisono le materie del Com-pendio
storico del prof.De Marchi;ed è a desiderare che VA. con-fortato
dal plausode' buoni possa svolgerlein altrolavoro specialecolialarghezza'di forma che non gliè slata consentita dal presènte,
per la qualeha dovuto vincere legrandidifficoltàdel dire in breve
molte e molte cose.
G. PrrRÈ
Beirartiflcio pratico dei masaici antichi e moderni, per Gae-tano
RioLO, prof,di disegnonella R. scuola tecnica paralleladi
Palermo, con tavola cromolitografata.Palermo,LuigiPedone Lau-
riel editore,1870.
Con questo tìtoloveniva pubblicalonon ha guariun opuscoleltodi 16 pagine,ma ricco di utilissimenotizie sul modo col qualegliantichi praticavanoi loro maravigliosimusaici murali;e su quelloadottato dai moderni musaicisliper restaurare quelleantiche opere
e per eseguirnedelle consimili, il merito principaledi avere sco-perti
molti segretidelP artificiotenuto dagliantichinelPesecnzione
300 NCOVB BFFEMBIUOI 8ICBJANB
dei loro stupendimosaki,ninno pnò contrastarloalpalermitanoRosa-rio
Riolo,pittoree direttore capo musaicisla della Beai Cappelladi
Palermo,ilqualemegliodi ogni altro potò approfondireglistadi
sol mosaico per la gi*an ragioneche a lui,intelligenlissimoin tale
arte, furono affidatii ristauridellamaggior parte degliantichi mu-saici
siciliani,e specialmentedi quellidel Duomo di Cefalù e della
rammentata Real CappellaPalatina.L^ archeologofrancese F. Saba*
tier e ilBuscemi alloraquandoillustrarono1 monumenti della rìcor*
data Cappella,
convennero entrambi di avere attinte importantis-simenotizie suirartificioantico del musaico dal sig.Riolo Rosario,
ilqualeseppe cosiaccuratamente studiarlo,da eseguirealcunirestauri
siffaitamente perfettiche non è faciledistinguerlifhi i pezziantichi.
Il di lui figlioprof.Gaetano Riolo pubblicandoV opuscolocitato
ha reso un grandeservigioa coloro che prediliggonolo studio del
musaico, ilqualemerita molta attenzione per partedi tuttiquelliche voglionoesercitare con lustro e decoro.
Dopo di aver parlatodella antichitàdi questa nobile arte ram-mentata
perfinonei savi volumi deltaBibbia,ilRiolo analizzai me-todi
coi qualipraticavasidagliantichi questo genere di pitturamu-
.
raria fatta in virtù di piccolepietree vetri in colori aggiuntele
une e alle altre con grande magistero.
Dopo aver passatoin rapidarassegna i vari generi di musaico e
le epochepiù distinte nelle qualifiori quest'arte,indica i monu-menti
che tuti^ora conservano splendidee preziosereliquiedi essa.
E dopo aver con ragionericordate le chiese Ravennati, si ferma a
quelleSicilianedi Palermo e Cefalù,che »enza dubbio sono le phibelleche tuttora ci rimangonoe che abbiano sapulosfidare la mano
audace de' secoli.Si piacefinalmente ad ansilizzaregliantichi suc-cessi
del musaico,e ciò fa con quelladistintaintelligenzadella qualeè capace questo egregiodocente della scuola tecnica palermitana.
E dopo avere enumerati i metodi antictii,scende a parlaredei
moderni,e tattiutiliraffronti fra quellidi Roma,
Venezia e Pa-lermo,
accenna i vantaggidiversi,ne avverte i difettie ne descrive
la praticautilitàaggiungendouna tavola cromolitografataper me-glio
spiegarei processianalizzati.
Sarebbe desicterabileche di questo opuscoloprendesserocogni-zionetuttiquelliche voglionoesercitare l'artedel musaico,facendo
tesoro degliutiliinsegnamentiche esso contiene,i qualisono il
fruttodi dotte e parzialiindaginie di profondie severi sludi.
Torino,1870. D. C. FiNOCcmeTTf.
CRITICA teTTERARU 301
Stadi di storia siciUaiia di Isidoro La Lumia. Palermo, Tipo-grafia
Lao 1870. Volumi due.
Lavori di aita importanzanon meno per la storia particolaredi
Siciliache per quellageneraled' Italia,gliStudi delP illustre 1^
Lumia voglionotutt^altro che un semplicericordo bibliografico;e
pei*òattendiamo che il cav. Lionardo Vigo, da cui ne ricevemmo
promessa, venga a discorrerne in questo periodicocon quel giu-dizio
che è da lui.Intanto non ispiacciache cosi di volo accen-nassimo
al contenuto de' due grossivolumi.
Dal sec. XII alsec. XVIII,da GuglielmoilBuono alViceré Domenico
Caracciolo,il La Lumia cerca, raccogliee stringecon illicecriterio
vari grandifatti, e vi tesse sopra una storia del tempo nel qualeessi grandeggianoe fanno,come a dire,epoca. Codeste storie po-trebbero
costituirne una sola se non vi avessero degli intervalli
tra Tuno e l'altroperiodoillustrato.
Celebrando gliavvenimenti del secolo di Guglielmo11 ,l'Au-tore
celebra un tempo di molta gloriaper la Sicilia,la quale
sotto si egregioe generoso monarca sali in sommo lustro e po-tenza
al di fuori,e fu prosperissimaal di dentro. Nel Matteo Po-
lizzi ovvero i Latini e i Catalani (l:{371354)è una dipinturadella
tirannide esercitata dal fiero anti-catalano,che durante e dopo la mi-norità
di Re Ludovico figliodi Pietro II d^ Aragona tenne a tutto
suo piacereil governo di Messina e, abile e destro tanto quanto
ambizioso e dispotico,suscitò odi di fazioni che prestoin rancori e
si tradussero da ultimo in aperteguerre civili;onde poilafine sven-turata
di lui,della povera moglie e de^ figliuoli,tuttitrascinatiper
le vie di Messina dal popolovindice delle sotTerte onte. Ne^ Quat-
tro Vicari è la storia sicilianadi diciott'anni dal 1378 al 1396 : pe-riodo
di ribellioni,di lotte intestine e di sangue ,come altridella
nostra e della storia italianadel tempo. Quattro nobili sicilianivi
campeggianocontrastantisiTun P altro ilpotere sovrano delP Isola
dopo la morte di Federico III il Semplice.Gelosi,invidiosiV uno
della supremaziadelP altro,usano e abusano a capricciodel nome
della legittimaerede,Maria d'Aragonaminorenne, e si combattono
e si suscitano contro gente d^ ogni risma e colore,usa a menar le
mani là dove o l'aviditàdel bottino o il comando d^ on barone la
chiamasse. Vertiginipopolarid' ogni maniera vi si avvicendano ed
incalzano,fino a tanto che le civilidiscordie chiamano nelle nostre
contrade quelladominazione spagnuolache per duecent'anni ci si
aggravò sul collo.20
302 NOOTB BFFEMBHIDI SICIUANK
Brevi monografie son quelleiotitotate:GU fifrr#tstcOiani ({492}Ottavio d'Aragona e U Duca "F Osstma (1865-1623),e il Viceré
Domenico Caracciolo (1715-1786);nelP una è narrato illagrimevoleesiliodegliEbrei dalP isola,che pur gliavea accoltied ospitatisi
generosamente; neir Ottavio d* Aragona le gesto gloriosedel più
prode e insieme del più nobile ammiragliosiciliano,cui non man-carono
e r amicizia e la fiducia e i maggiori aiuti del Viceré Duca
d'Ossun^,e nel Caracciolo quanto operò in Palermo questo ardito
ed anche un po^ bisbetico Viceré napolitano,che diede V ultimo
crollo alla feudalitàe al S. Uffizio.
Monograffepiù estesa e non meno importanteè ilGttiMpp^^fil-
lesi 0 i Tumulti di Palermo del 1647. D'Alesi,Tumile battilord^oro,
il Masaniello di Sicilia,compariscein essa in tutto lo entusiasmo
del capo di una rivollura,e nella perplessitàe nella morte mise-revole
che fece,in mezzo a un popolo che ilseguie soccorse
in prima,e poi allontanossene per invidia e sospetto.
È una vera storia La Siciliasotto Carlo V Imperatore(1516-1636),
ove le prepotenzedel Viceré Ugo Moncada in prima,la inettezza
del Duca di Monteleone dipoi,son cagionedi due ardite sommosse
l'una seguitadalla cacciata del feroce Conte, l'altra,che (b suscitata
da Luca Squarcialupo,dal consolidamento deHa monarchia spagnuola;ove le pratichede' fratelliImperatoreper sottrarre V isola,donde
vennero esiliati,a Carlo,e donarla tutia al re Francesco |o di Fran-cia,
chiamano da lunginuovo sangue e nuovi confini;ed ove l'ul-timo
periododel Caso di Sciacca finisce con immiserire una delle
più belle contrade della Sicilia.
In tuttiquestistudi ilU Lumia tiene una forma slorica tra la epica
e la prammatica; eglinnrra e discute i fatti,ne indagale cagioni
prime, ne ricerca e indovina le conseguenze ultime. Spessoracco-glie
in gruppi,in quadriseparatie distintiipiincipalisuccessi del
periodoche prendea trattare;tocca appena de' minori,omette quelli
che a' soli cronisti o diaristi possono parere importantiSe non che,
e da cronache e da diari,e da sSorie e da documenti officiali,egli
trae ogni cosa, non accontentandosi,del resto, di ripeterequelche
gliscrittorihanno ripetuto,quando per un modo qualunquegliri-sulti
il latto contrario,differente o variato nelle circostanze. Altri
vedrà dove il La Lumia abbia seguitoquestapratica; noi diremo
ckiei suoi volumi ci giungono prezioso documento di critica,di
temperanza non comune a questigiornidi apertaguerra al buon
senso e alla assennatezza.
CRITICA LETTBEAIUA 303
Bella poi la forma narrativa,bella per efficaciae forza di espres-sione.
A tempo e a luogoT Autore sa trarre dallasua tavolozzadi
artista si vivi colori che i suoi quadri toccano T evidenza quando
rappresentanouna corte imperialeo reale,un ritrovo di congiurati,
una popolaresonimossa, una prepotenzabaronale,una calamità pub-
plica,un atto di eroismo.
Rcpertaprodimus. 6. Pitrb.
V esercito Italiano nel passalo e neW avvenire per Carlo Ma-
RIAMI. Opera premiatacon medaglia(T oro dalla Società pedago-gicaitaliana neU* anno 1870, Milano,tip.già Dom. Salvi,i87t.
Dopo il Plutarco Italiano V egregiosig.Mariani ci dà V Esercito
Italiano,ilquale,presentatoall'ultimo concorso della Società Pe-dagogica
, rispondepienamente al tema da essa proposto V anno
scorso; e, degno in ciò dell*A. del Plutarco,è stato premiatocon
medagliad*oro. La Commissione aggiudicatricedel premiosenten-ziava
: e Questa memoria è senza dubbio lamigliore(dellepresen-tate
al concorso)e crediamo d'aver già messo in evidenza il mol-tissimo
da lodarsi,il poco da censurarsi... L'a. mostra profondiladi
dottrina,ingegnodistinto,vasta erudizione;...le sue idee sono ge-neralmente
buone e quellerelativeal soldato-cittadinobuonissime,lo stileè quasisempre felice,Timpressionelasciatadallaletturadel-l'opera
è gratissima...»
In due partiè diviso V Esercito italiano,ciascuna di quattordici
capitoli.La prima è una storia,T altra una serie di pensierie di
proposte suir esercito. L' una dice quel che ha fatto ed è stato,
V altra quel che è, potrebbeo dovrebbe essere detto esercito ri-spetto
alla nuova Italiae alla nuova Europa.Dai tempi di Roma
antica ai giorninostri,nellaprimaparte,lamilizia italianaè accom-pagnata
e tenuta d' occhio nelle sue gesto, nelle vittorie e sconfitte,
ne' trionfi e negliabbassamenti delle armi sue. Ov' essa procedaordinata è apportatricedi civiltàin mezzo a popolidi civiltà in-docili
; ove il sacro fuoco della libertàla infiammi è salute della
patriasua. Raccogliticciae mercenaria è di puntelloa vecchie mo-narchie
assolute,braccio a tirannelliprepotenti,a repubblichege-lose
per lapropria,insofferentideir altruiprosperità.É operatricedi grandi atti sotto un prode capitano, spesso lo è pure con un
avventuriere;ma allorasolamente è grande,generosa, ardita,quandorivendica un suo diritto e difende da straniere aggressioniilprò-
304 NUOTE BFFEMEBIIM SIOUANE
priolerritorìo.—Chi leggeil libro del Mariani non vede solo qve*
sta milizia nel suo muoversi ed operare; ma vede altreelgliordini,le istituzioni
,le leggiehe la ressero, e gl'inizi,e i progressidel-l'
arte sua, e r introdursi e ilperfezionarsidi sue armi, che rag-giungono
a' dì nostri il non plusultra della perfezionedistruttiva
(passila frase disgraziatamentevera),e che ci fanno esclamare con
TibuUo :
Quis fuithotrendos primus qui protulitenses t
Quam ferus et vere ferreusiUe fuit!
E con questo vede anche T Italiaricca e fiorente quando vir-tuosa
e maschia, povera e tapinaquando viziosa ed effeminata ;
oggi felicitatada una gloriosavittoria,domani e sempre' intristita
per lungheguerre, per lotte civili,per governi dispoticie feroci.
La narrazione di questa prima parte del libro procede con ra-pidità
straordinaria : e la storia vi è,per dir cosi,strettamente rao-
colta. Ogni tanto PA. si ferma come per pigliarfiato,e volgendosiindietro pronunziaun giudiziosopra un secolo,un lungogoverno,
un prode guerriero,un uomo di Stato,un mentito eroe, un pre-teso
tiranno;e la sua parolaè franca,severa e, che più,indipen-dente.
Toccando della seconda parte,accade riferireche di molte e belle
cose viene discorrendovi ilctiiaroAutore,le qualidimostrano lasua
svariata istruzione anche in materie di non comune apprendimento.
Dimostrato che P esercito presso genti barbare fu vero elemento di
civiltàe di progresso anche con conquistesanguinosissime,dice del
come lo si debba usare in tempo di pace per evitar larovina che
esso minaccia col suo numero sterminato a cagionedel contrappeso
voluto dallasicurezza deglistati.Eglideploracollapresente società
• di vedere condannata all'oziouna gioventùvigorosae intelligente,
la qualesavianfente adopratapotrebberecare un grande giova-mentoalP agricoltura
,alle industrie
,favoreggiareil commercio e
concorrere allaproduzionedella ricchezza,mentre impugna le ar-mi
a difesa della patria: ond' essa dovrebbe diventare a un tempoelemento di grandezza e di gloriain guerra, di prosperitàe di ci-viltà
nazionale in pace. » A convincere della qualverità viene ri-cordando
sommariamente « le opere piùimportantie insigniche dai
tempi antichi sino a' nostri giornicompironsicolle soldatesche;o-
pere le qualiarrecarono benefizi immensi a' governi ed a' paesi
ne' qualivennero condotte. • Cosi propone l'eserciziodi alcune arti
e mestieri e P insegnamento tecnologico;perchè, una t nazione
306 NUOVE EFFEMRRIDI SIGIUANE
ci rimelliamo al Mariani,che in ciò pariae scrìTe ab exp^to, e che
vuole col maresciallo Bugeaud che V esercito procedaente et aratro.
Forse una minor brevità e la omissione di fattiin.cui le milizie
italianenon comparisconood operano molto,nella prima parte:e,
nella seconda,iltrasportodel cap. XVII e se vuoisi anche del XYUI
in altro luogo, non sarebbero slati inutiliin questo lavoro;ma
così com' esso lo Esercito Italiano a noi pare degno di un valoroso
scrittore.
G. PnRÈ.
NECROLOGIA
Il giorno 21 settembre moriva in Palermo,dopo breve malattia,
in età di anni 61, T illustreuomo cav. prof.Emerico Amari, com-pianto
non da soli parentie amici, ma da tutta la città,anzi dalla
Siciliaintera. Intelletto altissimo,tanto da specularee trovare un
nuovo aspettodella flIosoQadella storia con la sua Critica di una
scienza dellelegislazionicomparate (Genova1857);specchiodi virtù
domestiche e civili,morali e religiose; il cav. Emerico Amari fu
tale figurache raramente si ripete,per compiutezzadi carattere,
armonia di virtù e di affetti,che non sapreipiù a chi somigliarloIra' viventi,o con chi de' passalifare riscontro. Scienziato e let-terato
di vasta dottrina e svariataerudizione,intendeva assailearti,
e di esse discorreva o giudicavacon gusto sanissimo;profondonella
meditazione della scienza,era nella praticasempre esperto secondo
la materia a cui si applicava;e scrittore,e uomo di stalo,professoresia alla cattedra di Diritto penalein Palermo, sia a quelladi Alo-
sofìa della storia nelP Istituto Superioredi Firenze,oratore allaca-mera
palermitanadel 1848 e a quelladi Torino e di Firenze del
1861 e 1867, ministro del 1848, della Dittatura e della Luogote-nenza
nel 1860, fu personaggioin teoria ed in pratica,in morale
e in politicasempre uguale a se stesso, costante e saldo ne^ prin-cipidi libertà per tutti e di vero progresso che abbia sua radice
nella virtù e nella giustizia,tanto da non aver mai ceduto a*"giudizi
mutabili de' tempi,qualunquene fosse la conseguenza. Dagliamici
NECROLOGIA 307
yeri che sempre lo cìrcondaroao per qaestiultimi dieci anni,fa
più che amato^ venerato: e o in villao in città,nella modestia e
nella sapienzadett^uoma venerando, raccoglievanoessi esempio e
conforto come saper vinche tempi corrotti da ipocrisiadi nomi; e
come pti che onori e premi dispensalioggi per turpe mercato di
eosdenea,ambire la gloriache tocca ai pochid' invidiabileonestà.
Altri dirà a lungo della vita e delle opere di Bmerico Amari; a
cui il ConsiglioComunale ha decretato un degno monumento in
San Domenico; noi dando notizia della sua morte, la qualepiù che
di filosofo,fu di santo, né diversa dalla vita,non sappiamonel do-lore
che ci ha sopraffatti,che augurare aUa Sicilianovella fortuna da
poter altra volta veder rinnovato ne^ suoi figlilo stampo più che
raro di Emerico Ainari.
Y. Di Giovanni
XLJLrrASLB POUVX
11 giorno 10 ottobre moriva in Girgenli,ove dimorava da lun-ghissimo
tempo, il siracusano Raffaele Politi.Egliconlava ottanta-sette
anni,ed era autore di oltre a settanta pubblicazionidi ma-terie
letterariee archeologiche.Amico di Giovanni Meli,che nella
gioventùdi lui dedicògUuna delle sue miglioripoesie,fu poeta fa-cile,
spirilosoe vivace: essendo ad un lempo valoroso pittore,in-cisore
e archeologo.Tenne vari carichi,tra'qualiquellodi R. Cu-
stode delle Antichità di Girgentie di Console generaledi Baviera;
e fu socio oltre che di molte illustriaccademie,della Socielà Uni-versale
degliarchitettibritannici di Londra, e del celebre Istituto
di Francia.
ATreOI OZBRA"ZO
Nato in Torino il di 23 febbraio i80i Luigi Cibrario cessava di
vivere presso Salò il 1© ottobre.
Egli veniva da umile stato, e nondimeno giunse a' gradi e alle
dignitàdi Conte, Senatore,Ministro di Slato,Primo segretariopar-ticolare
della Corona ecc.,amico, nella buona e neir avversa fortuna
di Carlo Alberto. A 22 anni fu dottore in legge; e prima e dopodettò de' versi eleganti.La Storia della Monardiia di Savoia, la
la Storia di Torino^la Storia di Cbieri,la Storta di Ginevra^ecc.
glimeritarono rinomanza di storico valente.
(Cultoredell'araldica,scrisse DeWOriginede*Cognomi;fu economista
nella Economia politicand Medio-Evo, e mente versatilenei libri:
le Artiglieriedai 1300 al 1700 ; Della schiavitù e del servaggio; la
308 NUOYB EFFEMERIDI SICILIANE
Morte di Carmagnola;Notiziestorico-geneatogicheùé sovrani saboitdi
ecc.,senza dire di varie opere classiche di cui curò le edizionL Fa
uomo di retta fede politica:e da ministro e da consiglieredellaco-rona
ebbe la rara ventura di rimanere superiorea* parliti.G. P.
RECENTI PUBBLICAZIONI ^Raccolla araldicn,fase. 1. Pai. Huber in 4»;Trat-tato
$uUa Coltivazione degliOlivi e la Manifatturadell'Olio per il prof.Girolamo
Caruso. Pai. Lorsnaider in 8*; Sullo stalo e tulla riforma della Legislazionede* Pub-blici
Archivi in Italia.Saggiodi G. Silvetri.Pai. Pedone in 8»; Principidi mediche
scienze seguitida due analoghiarticoli delle arterie e delle vene ecc. per G. Lo Ca-
scio Cacioppo. Pai. Lao in 8* ; Prime Lezioni popolaridi Chimica inorganicapel
Doti. Francesco Orsoni. Sciacca tip.Mandracchì.i in 8*; Le monete delleantiche città
di Siciliadescritte ed illustrateda Antonino Salinas,fase. I. Pai. Lao in 4*; Guida
alla soluzione de* Problemi aritmetici ad uso delle scuole magisti-ali,ginnasialie
tecniche por G. Faglisi.Pai. Giliberti in 8°; Osservazioni storiche e diplomatichein-
tiìrno a* diplomidétta R. CappellaPalatina del can. Cesare Pasca, aglistudiosi della
diplomaticasieola.Palermo Russitano in d";Catalogodei prodottiagricolisiciliani
raccolti ed annoiati dal prof.Sac. Paolo Cullrera. Pai. Lorsnaider in 8*; Studii zoo-logici
e zooiatriei adattati a tutte le intelligenzeper il me^iico-chirurgoveterinario
StanislaoPolverini.Voi. I. Girgenti,in 8*; Saggio elementare di talune funzionia
periodosempUeecon una nota sulla risoluzione delle equazioninumeriche per Al-fonso
Zinna. Siracusa,tip.Norcia,in 8*; L'Uomo e la Scimia, di Michele Ciacerì-
Riszone. Modica; /n"omo al conato di delinquereìiellostato attuale della scienza e
del dirittopo$Uivo,Dissertazione dell'avf.^arìo Di Mauro. Catania,Caronda; Roma
e il Mondo nel 1869, Discorso del sac. Franco Fisichella,Catania,Coco; Rendiconto
statisticodegli ammalati curati nelV Ospedale S. Marco di Catania T a. i869 per
Mario Ronsisvallo. Catania,Calatola ; Diuertazione fisica,geografica,astronomica,
geologicaecc. delle zone della terra per Benedetto Lupi.Catania, Musumeci-Papale;
Avifauna del Modeneu e della Sicilia per Pietro Doderlein,fase. I, II,in 4*. Pa-lermo,
Lao; Sui cementi e loro applicazioniper V ing. Felice Giarrusso. Palermo,
Pedone, in 8*;Osservazioni sulla malattia degliagrumi di Ant. Pennisi Mauro. Pai.
Lorsnaider in 8*; Sui diversi processidi guarigionedelle ferite,ricerche e deduzioni
del Dr. G. Cavaliere. Pai. Lima in S*";Sullo sviluppoe la durata dellecorrenti d'in-duzione
e delle estraconenti.Ricerche di Pietro Blaserna. Pai. Lao in 4*;Ragguagliodi un secondo triennio di Clinica medica nella R: Jlniversitddi Palermo, del prof.Carlo Maggiorani.Pai. Lio in 4*;Elementi di Filosofiapositivadel prof.Francesco
de Felice. Catania,tip.Coco, fascicolo I,in 8*;Amalasunta, Poema epico-dramma-tico
del professorPaolo Sansone, 2' ediz. Pai. Lao il 8*; La Storia antica breve-mente
espostada Camillo Randazzo, Pai. Mirto in 8"*;/ Germani prima della caduta
dell'Impero romano. Cenni storicidi G. B. Siragusa.Pai. Tip. del Giorn. di Sicilia
in 8*;Cenno necrologicodell*ing. areh, Gaetano Picone scritto da Luciano De Be-
ncdictis.Siracusa,tip.Puleio,in 8*»;Siracusa dal 1826 al 1860 por il prof.Salva-
VABI"TA' 300
tore Ghindemi. Siracusa,tip.Eredi Pulejo,un grosso voi. in 8% Soprauna Letlm-adi
N, Tommaseo, precedutada un Discorso di Em. De Benedictis. Siracusa,Pnleio,
in 8% Resoconto degliatti dell'Accademia del Progressoin Palazzolo-Acreide pel1867
redatto dalsegr,avy. Nicolò Zocco. Ragusa,tip.PicciUo e Antoni,in 12*; Viaggidi
Enrico Wanton a* regni delle seimie e dei cinocefali.Opera di Zaccaria Seriman ve-neziano.
Pai.,tip.Gandiano,in 8*-,CaWoGemmellaro scrittoredi cose patrieper Em.'
Lombardo-Giudice. Catania,Calatola;La Gioventù e V avvenire,Conferenza di Gio-vanni
Alfieri.Modica;Lo spiritod* Italia nella linguae nelle lettere,per B. Casii-
glia,Parte prima:Lingua e amore, Milano,Biblioteca dei popolo,in iQ^Grilluossia il
Bandito Siciliano,canti XIII di Carmelo Piola trasportatiin italiana favelladal
prof.G. Cazzino. Palermo, Amenta; Poesie e Versioni poetichedi G. B. Sansone.
Pai.,tip.Giornale di Sicilia;Amore e intr^o, Ricordi d'una elezione raccolli ed
ordinati da C. Galatti.Messina, tip.Ribera;Dodici Odi di Giovanni Meli tradotte
da Licurgo CappelUiti.Messina,tipografiaFilomena; Le Maddalene pentitedello
stesso, in 8* ; Nove Giorni in Terrasanta,narrazione di un Viaggio di Catello
Gaeta,Palermo, Lao; Documenti e Fatti relativi alle strade etnea e stesicorea di
Catania per EligioSciuto: Memoria 1* storico-artistica.Catania,Pastore,in 4;/ pìimi
atti costituzionali dell'Aug. Casa di Savoia ordinati in Palermo» Prima Sedes,Co^
rona Regie,Regni Caput, Vittorio Amedeo Regnante;ricavati dall'archiviodi Stato
in Torino dall'avv. Gius. Spata.Torino,R. Tipografia,in 8*;Pandetta delleGabelle
e de* Dirittidella Curia di Messina, edita da QuintinoSella,con una prefazionedi
Pietro Vayra.fms. della Biblioteca dell'Università di Cagliaridella seconda metà
del sec. XIV); Giovan da Procida e il Ribellamento di Sicilia nel 1282 secondo il
codice vaticano 5256 per Vincenzo Di Giovanni. Bologna,tip.Fava, in S"; Alcune
Questionidi poesiapopolareper GiuseppePitrò.Firenze,tip.dell'Associazione,in 8*;Raccolta di voci sicilianeitaliane attenenti a cose domestiche e ad arti e mestieri
per Salvatore Cocchiara. Pai.,Amenta, in 8**;Il maestro elementare.Cantica del
prof.GiuseppeBellini. Girgenti,tip.Romita in 8*;
PROSSIME PUBBLICAZIONI— Fra breve saranno pubblicatiin un volume in-8«
tip.Roberti,tuttigliScrini vari editi e inediti di Francesco Maccagnonc principedi Granalelli.
— Il Dolt. Macaluso da Palermo ha compito e preso a stampare una sua opera
col titolo:Le droghevegetalimedicinali esposte con nuovo metodo.
— Promettesi dal sig.S tiv.Cassarà una Bibliotecaletterariadi operetteminori in
volgared'invenzione della ciltàarcivescovilee seminario di Monreale.li titolosi com-prende
poco, ma il Cassarà vuol dire che gliautori antichi delle prose e de' versi
che eglimetterà in luce saranno monrealesi.
— Fra non guarivedranno la luce i Monumenti sicilianifotogrofaliedetcritti dal
Dolt, Saverio Cavallari,direllore delleantichità di Sicilia,
Di qucst'operaimportantissima,eseguitaper disposizionedel Ministero delf Istru-zione
Pubblica,e per incarico datone al Cavallari dalla Commissione di Antichità
e Belle Arti di Sicilia,sarà per ora pubblicatala prima parte,che abbraccia Taor-mina,
Siracusa,Pantalica,Cave d'Ispicae Agrigento; e lisulla di num. 38 tavole
illustrate.Tutu l'opera sarebbe divisa in tre parli.La parte descrittiva dell'operaha in mira di'mettere in rilievo lo stato attuale
dei monumenti, V epoca del rinvenimento di essi,i rislauri e gliscavi fattisino al
31 luglio1870,quellicominciati e intrapresi,
e quellida intraprenderepel tratto
successivo.
3i0 NUOVE EFFEMERIDI SIGILUNB
— Il prof.GiuseppeSeguenza,di cui abbiamo ammirato testé in Messina una
preziosae ricca coileziooe conchiologicadegna di figuraretra' migliorimusei d'Eu-ropa
,sta per pubblicarein Inghilterraun lavoro sui Brachiopoditerziari delF /•
tolta meridionale. Di lui si attendono anche ì seguentilavori : 1« E$ame de* Bra»
ehiopodipubblicatidal prof.Oronzio G. Cotta;8* ConchigliefoetUidel piocenoa%'
lieo identiche ai viventi de" mari del Nord.
— Il prof.B. E. Maineri pubblicheràtra poco un volume di escursioni col ti-tolo
: Sull' Amo e sui Po, editore ilBortololti di Milano. S'attende dello stesso: Im
Guerra franco-germanicanel i870,narrata tu fontiuncialie positivedal Dott. Fe-derico
D5rr,prima versione italiana con proemio.Il i* fase, di quest'operain A-
lemagna è giàalla 7* ediz. df 18000 esemplari.— La Ditta tipograficaGiacomo Agnelliin Milano sta per pubblicarequattro o-
pere interessanti col (itolo: / doveri e i dirittid* ogni buon Italiano ; memorie e
speranze fer U popolo,di Niccolò Tommaseo (L.2. 80) — La patriae la famiglia,del prof.Pietro Pacini di Lucca
,con prefazionee giunte di Niccolò
.
Tommaseo
(L. ì 75);— la ristampadel libro tanto bene accolto,di Cesare GantA : Buon tento
e Buon cuore ih. 4 80), la cui prima numerosa edizione si è esauriti in meno di
due mesi; e il Portafogliod'un Operaio»dello stesso Cesare Cantù.
— Il Dott.Pollale,bibliotecario in Dillingenin Baviera,sta traducendo in tedesco
gliSludi tutta lingua umana di Alessandro Ghiradini,de* qualisi è parlatonel
nostro giornale.
BELLE ARTI — Il pittoreFrancesco Di Giovanni ha eseguitoun bellissimo ritratto
del nostro Salvatore Vigo. In una carta che sta sotto due libri si leggono lo se-guenti
parole,che sono la biografiadell'integropatriotto:« Invitato a giurarela
Costituzione di Napolisotto pena di destituzione dell'alto ufficioche occupava nel
Ministeio,rispose: Salvatore Vigo,siciliano
, giureràla Costituzione di Sicilia.
Napoli,24 Febbraro I8i8. • I librisono lo Scinà e il Gregorio,
e accennano aglistudi del Vigo,le cui severe sembianze son reóe colla massima verità e disinvol-tura.
— Il prof.Francesco Lojaconoha terminato in Palermo ed esposto in una sala del
palazzo comunale un nuovo paesaggio,commessoglida Vienna. I giornalicit-tadini
ne fanno molte lodi.
•— Lo scultore Vincenzo Genovese ha condotto a termine in Palermo sua patriadue statuette in marmo rappresentantiil Bi$o e ilPianto.
— Il pittorepalermiUno sig.Pensabeno ha terminato un bel ritrattodi Emerico
Amari.
" Lo scultore D'Amore ha finitoil modello d' una statua di Vincenzo Florio,che dovrà esser condotta in marmo, merco pubblicasottoscrizione,in Palermo.
— Lo scultore messinese Zappalasta eseguendo in Roma un busto di GiusKppeLa
Farina. È stato esposto nelle sale del Palazzo comunale di Messina il Iodato quadrodel messinese Giacomo Conti rappresentante i Vetpriticiliani
,del qualeabbiamo
giàparlato.
— Ci scrivono da Parma : A questa Esposizionela Siciliaè stata degnamente rap-presentata
dair artista Liardo palermitano.Egli ha avuto la medagliad'argento
per una testa dipintae pochi disegni.SOLENNITÀ' — 11 giorno i3 novembre sarà inauguratain Partinicouna Biblio-teca
pubblicacon un discorso del prof.Carmelo Pardi,il quale si è adoperatoef-ficacemente
per si bella istituzione.
BUIiLETTINO BrBLIOGBAFIOO
1 niO-PARASSm,
ovvero ConiribvU^
alto itudio di caiw morbo^ non btn
Al nomili tf daglianiicki p^r Gilseite
CAAuae. 2* ediz. Palermo^A menta,
1870, in 8- gr-
Studio di molu imporiansa mUst mo-derna
palologiageneraleè la etiologia,
la qnale ba trof alo un nuovo campo da
seguirenelle osserviuinTii microscopiche
del noBìTÌ tessuti. Cmlpste osàervaitonì
gettano vìva luce sopra I" c^usa di molte
maLlfliiìe,ignote,mal comprese o frain-tese
dagliantichi: vogliamdire il zoo- pa-rassitiamo
0 illìto-para!»siLi^mo,che og-gidì
occupano tanti os^rvatnrì t} danno
taoti libri. U Detlor (bardile pubblicava
nn anno addietro ed ora ripubblicaq\ìz-%iù suo lAvoro, il f^ualeaggirasisopranna parte de' parassiti,la vegetale.Egli
espane le alimi e le prc^priee^pmenzijintorno a tali cause mi-rbifere;e, con-vinto
com' ^ della natura ìifTattovegeiak
de' par^^iTiche esamini. iniptffnala
teoria di quegli istologiche vedono in
essa una rteororm azione palo logiea. Cosi
è che etip"iie i caratteri generalidi tanti
parassiti,la loro esseijEa,
i risultamentr
microscopki otlenuti daglinitri e da lui
9ie§»i, e I '.raduati processionde ì fito*
parassitiaherano Torganismo umano.
E da ten(*r conto in Ititto il lavoro del
IirincipiosperimentJiltfche vi si difende,
L* A. vi sì basa ed alAda iiiltframwilt?.
iftia^finon pago abbaitanM di raccoman-
darlo n" cui tori dell'arte^^bttiirepi"runa
ponderata diagnosi.Tm' libri C4J0 suliati
da lui godiamo di vedtfmr figurire di-
clinifecenli,italiani e slrauicri : »l clitì
dimostra con (|ualcoscienza T egregioBottor Cardile abbia studiato e meditato
la fiua lesi. In una ristampaintanto agli
potrebbecolla uiiìata sua diligenzacurarei tiLùIidi alcune opere i^lraniere.
C. R
SOPRA LA IMPOHTANZA DELLA FI-LOSOFIA
RAZIONALE l/tKOr«o di Rao-
SPERO Dei. Rio ecc. Modena, *870.
Sapien te m e n te pensa lo,e seri tlo co n se-vera
elegatiaa, é questo dJs";orsoinleso a
cornimi [pre in favore della bnona e pe-renne
filosofìa le ridicole stranezze dei
predicatoridel posUivitmo con tempora*
nei e da' ciurmadori del tiÒÉro pentigro.
Con molta temperanza di modi, ma con
lùficasempre stringente,sono tiratialla
contraddizione si i primip sì i secondi;e
va solenne mi nte confermata la saldezza a
la naturate necessità della Rlosofia razio-nale,
senza cui le stesse m'itemi ticbe e
Ip scienze lìsicbe m^ntherebberQ di ra-gione.
Lo spregiodella filosofìaè avver-tito
nuocere aasai, o ai pubblid »tudi e
alfa morale oducaxioue della gioventù,
a Ufi alb stessa dignità ddl' uomo,
e
quando la logicapiù non go^^i*rna lemen-ti
,allora va per via il buon senso, e il
sofisma confali ma lo sperpero di ognis.i-
perp* siccome l.icorro ziurte bandisce ogni
più sanU viriù. Ci congratuliamodì cuore
riiirvi^^ del Rio*che coM coraggiosa-mente
e doflamente é sceso a combattere
li battagliedella scienza contro i n;o-
derni SulUti. V. 0* G.
312 NOOVB BFFBMBRIDI SIGIUANE
VOCABOLARIO POLIGLOTTO DI GEO-GRAFIA
ecc. per Carlo Mensinobr
con prefazùmedi B. E. ìfainbri. Mi-lano,
Berntrdoni,1870.
È un volume di oltre 300 pagine in
8* gr., nel qualerillustreprof.Mensin-
ger, slavo di nascita ma italiano atstte-
tudine ac voluntale,ha voluto tentare
la restituzione de* nomi geograficialla
loro esattezza genuinasenza le modifi-cazioni
che essi hanno subito nelle lin-gue
europee e sopratuttonella italiana
e nella tedesca. Leggendolaerudita pre-fazione
del valoroso prof.B. E. Mai-
neri,scrittoresempre facilee purgato ,
c*è proprioda rimaner maraviglialidelle
differenze che esistono tra i nomi pro-pri
d'imperi,regni,repubbliche,prin-cipali,ducati,Provincie,cìrcoli,distretti,
città,borghi e villaggi,qualisono in-tesi
comunemente e i nomi genuini.Con-quiste*
congressi,guerre d'indipendenia,
guerre di dispotismo,ragionidi Stato,
necessitàdiplomatiche,ambizioni soddi-sfatte,
hanno modificalo,trasformato,
travisato la UDmenclalura geograficaa
danAO non che delle tradizioni locali e
della storia,della filologìae della etno-grafia.
Di qui apparisceevidente 1*im-portanza
del presente lavoro »il quale
ha di mira un intento generoso, « che
altripotrebbepur chiamare riforma,
(giàda non pochisentiu ed invocata)
nei medesimi studi,investigazionie dot-
trino della geografiacontemporanea. »
L'operaè un saggiodi quellageneraleche ilMensingerintende presentareaglistudiosi d'ognidisciplina(tuttiavendone
bisog'o),e ilprof.Mainerì raccomandan-dola
colla sua efficaceparolanon tra-lascia
di manifestare i suoi timori sulta
difficoltàdella riforma vuoi per parte
di chi la propone, vuoi per parte di chi
dovrebbe metterla ad alto. Noi crediamo
far cosa buona raccomandando anche noi
lo esame accurato di questo primo ten-tativo,
il quale potrebbevenir coronato
da ottimi risultamenii. G. P.
I GERMANI PRIMA DELLA CADUTA
DELL' IMPERO ROMANO,G«iim"torù:»
di Gian Battista Siracusa. Palermo,
1870.
Considerando la civiltàdell*Europa,e
segnatamente dell'Italia,come ilrisultato
del cristianesimo,delle leggiromane* e
delle istituzionigermaniche;1'A. ha ri-volto
i suoi studi sopra questo terzo ele-mento,
intomo alqualenon saranno mai
superfluenuove indagini.
(}uestoche ha messo fuori ilSiragusaè un semplicesaggiodel suo lavoro so-pra
i Germani,
e tratta delle originidi
questipopoli,e delle questioniintomo
al nome di essi.L' A. si mostra molto
accorato in queste pagine,e nel mettere
a raffronto le opinionivarie deglisto-rici
, giudizioso.Ond'è che noi,mentre
ci congratuliamocoli*A. per quesu sua
pubblicazione,vogliamoaugurarciche
eglicondurrà a fine il suo lavoro sopra
i (xermanì. S. C.
LA STRAGE DI S. BARTOLOMEO, Mo-
nografiattoricO'CrUica(duliaNorth
Brilifh Review) con introduzione ed
aggiuntedi documenti inediti tratti
dalV Archivio generaledi Venezia,
Venezia,Antonelli,1870.
Autore di questamonografiaò un alto
personaggioinglese, ilqualeha voluto
conservare l'anonimo ; traduttore quelTommaso Gar che è tanto lustro deglistudi storiciin Italia.LVuuo pubblicolla
anonima nella North Britith RevieWtVtiU
tro*facendola conoscere agliItalianipor
mezzo degliatti del R. Istituto veneto,
vi ha premesso un breve ma importante
riassunto de' fattipoliticie religiosiche
concorsero allo sviluppo della tragedia
francese;e aggiuntoirentadue documenti
autentici quasi tuttiignoti, trattidagli
archivi veneti,che ad essa siriferiscono.
È notabile nella monografiail giudizio
che r illustreAnonimo pronunziasugli
autori ed esecutoridella Stragedi S. Bar-
314 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANB
stibili,
e volendone dare It elìmologit,sentenzia che ia Vuceiria è cosi detta per
!e grandivoci che yì si fanno.
Quando si hanno romanzieri e filologidi quesu fatta e'è proprioda rallegrar-sene
e con essi e con glieditori loro;ano
de' qaali,ilfamoso editore della BihHO'
teca galante,Enrico Folini di Milano,
non ha avuto a vergogna di affidare te-stò
al sig.Oscar la compilazionedì una
nuova Sloria d*Italia dall'originealla
eonquittadi Roma,dopo quelledel Canta,
del Sismondi, del Balbo ecc.; stoiia (?)
la quale eglici ha pregatodi raccoman •
dare efficacemente,siccome col presente
articolettointendiamo fare. G. P.
LA PIETRA FILOSOFALE ovvero uli-
litd delle cote inutilidel prof.PiKTno
FoHNARi. Milano, 1870.
LA UBERTA* DI COSCIENZA del prof.
Felice Uda. Milano, 1870.
È quellauna conferenza tenuta dal
prof.Fornari in Milano, e costituisceil
secondo volumetto della II serie della
Biblioteca del popoloitaliano fondata e
diretta da quelvalentuomo che è Vin-cenzo
De Castro. L' A. Con molta viva-cità
viene toccando de' vantaggiche pos-sono
recare alle industrie e alle mani-fatture
certe cose che perla loro vilesza
sono condannate al corbello della spaz-zatura
e, peggio ancora, al cesso. L' u-
rina, le ossa, i cenci,l'acquadi sapone,
glioliidi catrame,le acque ammonia-cali,
la benzina, Tacido fenico o carbo-
lieo,i fiori,sono tutticose inutili,da cui
la scienza ha saputo trarre grandissime
somme in ingrassodi terra, in fosforo,
caru, gas illuminante ecc; e il Fornari
ne parlacon conoscenza e disinvoltura.
Non sappiamodir nulla della confe-renza
del prof.FeliceUda, perchè,a vero
dire,dietro alcune belle paroledel De
Castro agliamia dell*educazione del po-polo,
colle quali è degnamente racco-mandato
questo nuovo Florilegiodi let-ture
popolari,non sappiamo acconciarci
a uno stileche noli'Uda, scrittorefelice
di nome e di fatto,ci pare stranissimo.
Ecco p. e. come egK comincia ilsuo di-scorso
: « Signori...Io vi parlerò alla
buona, ma con franchezza ed animo con-vinto....
Sono pensiericondensati,spre-muti
in poche pagine,osservazioni di-stillate
, qua e là aspirazionie desideri
al bene,spesso spesso qualcheconforto •.
So questa maniera di scrivere possa
comportarsiin serietà,giudichil'autore
stesso. G. P.
RELAZIONE E PROGETTO intomo al
miglioramentodellatorte de* Trovatelli
nella cUtà di Mistrelta. Estensore avv.
G. M. Orlando. Mistretta,1869.
Si può discutere sulla opportunitàdelle
considerazioni di questo ragguaglio,ma
non negare che esso è pienodi senno e
di dottrina.L' avv. Orlando
,che ne ò
r A. e che ebbesi a collabordlori i sigg.Ortoleva e Nigrelli,
vi ritiisume « le vi-cissitudini
e le questionieconomiche e
sociali svoltesi intorno a questiinnocenti
mn sgraziatirelitti;» col quale lavoro ri-sponde
all'incarico avuto dal Consigliocomunale di Mistrettadi studiare ilmag-gior
miglioramentodella condizione dei
trovatelli.L' A. s'ispiraa principiuma-nitari,
e comprendee inculca vivamente
quellapiae filantropicaistituzione,perla qualepresenta analogodisegnoin di-ciannove
articoli.
Le paroledell'Orlando trovarono egli
eco nel Consigliodi Mistretta? G. P.
SULLA VITA E SULLE OPERE DI A-
LESSANDRO VOLTA, Dieeorto del
prof.Natale Saya, ieUo il 17 marzo
1870 nella fettadel R. Liceo Mauro-
lieo.Messina,1870.
Il prof.Saya nell*ultima festa liceale
in Messina tolse ad argomento del suo di-scorso
A'essandro'Volta.La sceltafu buo-nissima
e meglio ancora il discorso,nel
quale il Saya seppe con chiari e precis.-
BULLBTTINO BIBUOGRAFIGO. 315
dettiesporre lo stato ìd cui trovaytnsi le
scienze fisico-chimiche priadel Volta e
poifar riloTare come la scopertadel gas
delle paladi,V endianulro, la pilaelet-
triea e in generalegliinteressanti stadi
del grandeComasco ayessero contribaito
sommamente al progresso delle scienze e
fossero stati germi di granditrovati;dei
qaaliogginoi godiamocon immenso van-taggio
ne' telegrafideUriei, nella galva-
nopUutiea ecc.
Sia lode al Saya,che col suo eloquente
discorso,onorò degnamente ilgrande uo-mo
che si propose di celebrare.
M. S.
PER LA MORTE del Comm. Prof. Pie-tro
Cuppari ,Tornata generaledella
A. Aeeademia peloritana.Messina ,
1870.
UGO FOSCOLO. Commemorazione di
Giovanni Db Castro. Milano 1870.
Nel mese di giugno la Peloritana dì
Messina per nobile iniziativadel suo Se-gretario
Generale prof. Caura-Litttieri
teneva una seduta straordinaria in onore
del suo rimpiantosocio Pietro puppari,
prof,nella R. Università di Pisa. La let-tura
di quellaadunanza ò la pubblica-zione
sopra annunziata. In quaranta pa-gine
il Catara-Lettieri offre Alcuni ri^
cordi tullavita e tulleopere dell'illustre
Agronomo ,ilquale nato in Messina e
trapiantatosiin Toscana sjppe, come a
dire,fondarvi una scuola di agronomia,
che venne in molta rinomanza presso le
migliorid'Europa.L' elogistanon è cul-tore
della disciplinadi cui s'intrattiene;
ma pure associando alla sapienza lo af-fetto
che dell'anticoallievo ed amico con-serva,
ne ritrae mollo bene il concetto
delle opere scientifiche.
Il Mitchell e ilVayola hanno anch'essi
celebrato il loro concittadino,questicon
una bella ode latina,queglicon un po-
limetro italiano,di cui non vuoisi ta-cere
la schietta eleganza,la facile ver-
se^a^urae quellaserena ispirazioneche
non manca mai alla Musa dell*illustre
poeta Messinese.
Per la FesU scolastica del Liceo Bec-caria
di Milano belle parolein comme-morazione
di Ugo Foscolo ha pronun-ziate
ed or pubblicateil eh. prof.Gio-vanni
De Castro. Brevemente egli ac-cenna
alle opere del Cantore de' Sepol-cri,
e a' titolidi benemerenza che egliebbe verso la patriaitaliana,di cui fu
scrittore robusto,nobile e dignitoso.U
De Castro,letteratoben nolo in Italia,
é se non ci falliamo,autore di una ra-gionata
biografiadel personaggioche lo-da,
ed è stato de' piùinsistentinel pro-pugnare
il trasportodelle ceneri di Lui
in Firenze. G. P.
CANZONI POPOLARI INEDITE in dia-letto
tardo eentrale ottia logudorete;feconda terie: Canzoni ttoriehe e pro-fane.
Cagliari,tipografiadel Commer-cio,
1870, in S\
Raccoglitoreed editore di queste can-zoni
storiche e profaneò il benemerito
can. Giovanni Spano, il quale non si
stanca mai di illustrare e arricchire di
sempre nuove pubblicazioniV isola sua
natale. Le canzoni sono 190,e molte di
esse dì argomento erotico. Gli autori ne
sono in gran parte conosciuti,e se vuol
sapersicome abbia fatto lo Spano a ca-pitarle
bisognaricordarsi che in Sarde-gna
chi desidera per le sue circostanze
la voce del poeta va a cercarsela,e Tot-
tiene : le poesieimprovvisateper la data
occasione rimangono tradizionali in fa-miglia.
I poetipossono essere mezzana-mente
istruiticome digiuniaffattodi let-tere:
e allora ne viene che le canzoni,le
quali noi chiameremmo meglio po«fie
popolari,o non diventano patrimonio«li
tutto il popolo,o non sono di forma af-fatto
popolare.Rivolticipiù volte allo Spano per sa-pere
se la Sardegna abbia rispetticome
quellidella Italia tutta, ci ha risposto:
essercene pochissimi,edifficilelo averne.
316 NUOVB EFPEMEBIDl SIGIUANE
ilpopolonon appreizarlimolto. Qaesto
fallolascia la vera poesiapopolaresarda
ancora inesplorala.
Intanto chi può avere il diligentee
pregevolevolarne dello Spano vi legga
sopratallola deghinadel sec. XV : Vita
imprete e morte di Nicolò Boria,do-
camento storico che potrebberiempire
molte lacane della biografiadell*infelice
Conte. A noi son piaciatiana decina di
rispettisparsiin tutu la raccolta,i^quali
ci fanno argomentare della dolcezsaed
importanzade' canti consimili sardi. Per
chi studia i raffrontinotiamo che la sfida
n. 43 del poeu Maloccu al poeta Ma-rena
ò quasiana stessa cosa colla sfida
siciliana del Pavone al Veneziano in
Monreale;che lo stoniello n. 23 salto a-
mante schiavo in Barberia è anche con-simile
in Sicilia; e che il canto n. 27,
secondo noi ilpiùanticgdi lutto il vo-lume,
ricompariscein ogni contrada Ji
Europa ; in Siciliaè il Tuppi-tuppi,i
Due Amanii^ gVInnamorati ecc.,
nel
Friuli la Canzone a strofealternate,
nella Lorena V Entretien d'un Seigneur
et d'une Bergèreecc. Ciacco dell'Anguil-lara trovatore ne fece argomento di una
tenzone, Ciullo d'Alcamo del suo famoso
contrasto. G. P.
POESIE E VERSI di Salvatore Batti -
STINO, prof,nel R. Ginnasio di Sira-cusa,
Siracusa, Puleio,1870.
È an bel volume, in cui V A. ebbe la
debolezza di raccoglierequello che ha
scrittodal 18i6 in qua. Per le prose la-sciamo
slare, che in prosa il mediocre
si tollera,sebbene certigiudizicontro gli
scrittoristranieri ci richiamino a quelli
intollerantissimidi chi ci bociava dietro :
« fuggitecome pestegliscriitorinon ita^
liani •; ma per le poesieno. I temi sono
la più parte frivolie d'occasione: e ba«
sta dire che per sole morti vi hanno tre
canti,quattro odi saffiche,enon so quantisonetti da aggiungersiad altri per mo-nache,
capid*anni,cholerì,cantanti,ar-rivi
d'amici,guarigionidi re, santi,poeti
ecc. Qualche canzonetta è delicata,ma
noi non sapremmo consigliareil prof.
Battislino di scriverne delle altre.Invece
scriva delle prose, per le qualiha buona
attiludino e certo garbo che gli affe-ziona
il lettore.Abbiamo bisognopiù di
assennate, ancbe mediocri,prose, che di
elegantiversi. II Battistino ci si mani-festa
scrittoredi molla operosità,di buon
volere, e noi gliauguriamo fruiti più
maturi del suo ingegno. G. P.
IN MORTE della signoraConcetta Testa-
ferrata;ilfigliuolodi lei sac. Isidoro
Carini. Palermo, i870, in 4*.
Non sapremmo lodar meglio questa
quattordiciottave che dicendole affettuo-
sissime qaalisa dettarla un cuore come
quellodel Carini,cherottiau e sventurata
madre sua tenne e guardòcon culto di
religione.L'affettopon toglienulla alla
castigatezzadi forma del Carini,ilquale
se non coltivasse i severi studi filologici
e archeologiciche i nostri lettoricono-scono,
potrebbelodarsi di quelligeniali
ed amoni di poesia. G. P.
CORREZIONI
Pag. 237, lin. 17 : isiaea forma, corr. isiaea sacra.
Il Gerenk : Pietro Montaina
HDOTE EFFEIERIDI SICIUAHE
ANNO IL DISPENSE Vili E IX. NOV. E DICEMBRE 1870
BMNO DI UN CODICE CEFALUTANO
LNEDITO DEL SECOIX) XIV
FBOEMIO
il.
SVotisie ral TalmUrlo di OefolA e mi cosi detto XMto Rosso
Sin dal 1841 pendeva una lite abbastanza grave e intricata fra
il Decurionato di Cefalù e quellaMensa Vescovile. Trattavasi di ta-lune
prestazioni,che il Vescovo continuava a riscuotere tuttavia
dalla città,e che il Decurionato volea soppresse come feudali,ed
in conseguenza della feudalità estinta ed abolita.Agitandosiquella
lunga ed importantecontroversia,l'attenzione venne richiamata sui
diplomidella Chiesa fondata e dotata,come si sa,dalla munifi-cenza
di re Ruggiero.Difatti ,sul cadere del 1857,durando la
causa, e vacando la Sede per la morte del Vescovo mons. Proto,
ilVerificatore D. Pietro Ciofalo sì recava in Cefalù,neir interesse
del demanio,
a fine di rintracciarvi e trasportarein Palermo il
cosi detto Libro Rosso contenente tutti i privilegiraccoltidi quella
Sede Vescovile;nò questo codice solamente,ma quei documenti
altresìdi cui facea sentirsi il bisognoper dirimere V insorta qui-
stione. Andata a vuoto una prima spedizionedel Ciofalo,egliim-
prendeane una seconda per incarico avutone dal Governo con mi-nisteriale
de^ 14 dicembre di queiranno. I diplomideir Archivio
Getalulano,che ora per ordine del LuogotenenteGenerale voleansi
depositatie custoditi nel Grande Archivio di Palermo,erano stati
obbietto di cure per parte dell'estinto Vescovo mons. Proto,il
quale fin dal 1831 avea pensato di riunire in appositastanza ,e
21
318 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
serbare in decente custodia il suo tabularlo Vescovile,con fare
redigeredal can. Domenico Messina un repertorioossia catalogodi tutti i documenti, nel numero di ben seicento,ìndicand(me la
data,il nome del concedente,e sommariamente il contenuto.
Essendo precisigliordini del Governo,il can. Messina conse-gnava
al Ciofalo,previoverbale,numero centoventinove documenti
cioè tredici pergamene fra greche ed arabiche,e centosedici la-
line;oltreacciò tre codici,anch'essi in pergamena. Tra questitre co-dici
era il cosi detto Libro Rossoydesiderato principalmente,ri-cercato
anche nell'Archivio Comunale, e confuso con altro omo-nimo
della Comune. Di cotal Libro diremo or ora. Intanto questa
preziosaparte del tabularlo,rimasta primaalla Direzione dei Rami
e Dritti Diversi,fu poco dopo depositatapresso la SoprintendenzaGenerale degliArchivi,ove si conserva tuttavia in decente ar-madio,
spiegatii diplomisecondo il metodo del Fumagalli.Ri-mane
il resto del tabularlo,composto di parecchidiplomi nor-manni,
di moltissimi altri del dugento e del trecento,d'altrian-cora.
posteriori,in possesso del Capitolodi Cefalù,appunto nella
stanza destinata a quest'uso da mons. Proto,è colà ho potutove-derli
per cortesia del Decano e del Benef. LuigiPintom, che quimi è grato mentovare.
Aggiungerò,che nel 1888,Mons. RuggieroBlundo, nuovo Ve-scovo
di Cefalù,fece pratichecol Governo per la restituzionede*
perdutidiplomineir Archivio Vescovile,adducendo il bisognoche
aveane per provvedereall'esatta amministrazione e al sostegno
miglioredelle proprietàdella sua Mensa. Ma nuli'ostante il tabu-,
lario si rimase diviso e dimezzato;le centoventinove pergamene
e i tre codici in Palermo nel Grande Archivio;le rimanenti carte
in Cefalù,presso il Capitolo.De' tre codici,che abbiamo citato,l'uno costa di pagine otto
ed è del secolo XIII;vi si legge di mano posterioreLibellus odo
paginarum continens instrumenta et acta diversa antiqtui.L'altro
è composto di diciannove pagine,e contiene anch'esso diplomicomeil precedente.Ambidue sono in piccoloformato. I pochi diplomi
greci,che vi si trovano,
verranno compresinell' intiera raccolta
delle carte greche ed arabiche di Sicilia,a cui lavora il chiaris-simo
cav. prof.Cusa. Ma io non mi occuperòche del maggiore dei
codici,ed è il terzo ed ultimo,inteso Libro Rosso.
Il Rollus Rvbeusy come lo si chiamò volgarmentedalla legatura?
appunto come oggi si presentanoai Parlamenti il Libro Rosso '
BRANO DI UN CODICE GEFALUTANO 319
il Libro Azzurroyil Ltì)ro Yerde,venne compilatocon tutte le
formalità giudiziarie,per ordine del Vescovo eletto di Cefalù Fra
Tommaso da Butera. Costui,Canonico di Siracusa ed Arcidiacono
di Morreale, fa scelto al Vescovado di Cefalù da quel Capitolo,e nel (tipenultimodi giugno 1329 venne confermato da Guidotto
Arcivescovo di Messina suo metropolitano,a cui come suffraganeo
prestòTommaso il giuramento.Però il Pontefice Clemente IV si
oppose alla consacrazione delP Eletto,e glinegò T approvazione.Di lui principalmentevtrecose si ricordano,cioè Taver ordinato
si compilasseil Libro Rosso,V aver fattotrasferire in orrevole luogodentro il Duomo i cadaveri dei Vescovi suoi predecessori,e Ta-
Tere scoverto in Polizzi il corpo di San Gandolfo.-
Circa alla compilazionedel Libro Bosso,Fra Tommaso da fiu-terà,
ch^'era stato,secondo avvertimmo,Arcidiacono in Mon'eale
seguivar esempiodatoglipochianni innanzi da queirArcivescovo,^Arnaldo di Rassach,di nazione Catalano,che fu al governo della
diocesi Morrealese dal 1306 al 1324. Arnaldo avea fatto compilare,com^ ei pare in tre esemplari,un codice,ora perduto,ilqualecol
titolo di CoUectanea privilegiorum,comprendea le carte latine più
importantidi quellaChiesa Metropolitanae dell'annesso Mona-stero.
Più fortunato della Collectanea Morrealese,perv^ne fino a
noi ilRollo Cefalutano di cui ho parlato.Esso è in formato grande,
senza frontispizio,di numero centodiciassette pagineoltre le primetre che non hanno numerazione,non porta più legaturarossa, ma
bianca,di pergamena leggiera,ed è scritto in nitidi caratteri del
secolo decimoquarto.La lettura n' è molto difficilenel principio^essendo logoraassai dal tempo la pergamena, ed in qualchepa-gina
calcata e ricalcata in tal maniera da costituireuna vera con-
fasione ed un garbugliodi malagevole districamento. n codice
porta in fronte T incarico dato dair Eletto,a cui il codice deve
la sua origine,al notare Guglielmoda Mistretta;indi un catalogo,dei diplomiche conterrà;poi una leggenda in cui si racconta la
fondazione della Chiesa Cattedrale di Cefalù; dippiùuna descri-zione
officialeed autentica dei cinquequadri dipinti,che esiste-vano
sulle paretiesteme del tempio,e precisamentesotto ilpor-tico
,che soggiacque ad innovazioni sul cadere del secolo XV
,
QuadrirappresentantiRuggiero I Re, Guglielmo I,Guglielmo li,.
Costanza Imperatrice,e Federico;appresso riportala serie dei
Vescovi di quellaSede fino a Fra Tommaso da fiuterà;dopo ciò
comincia la irascrizione dei privilegi,che forma la partepotissima
320 NCOVB EFFEMERIDI SICILIANE
del codice. A margine di esso,ed a piedi paginasi leggonosommarf
e note di varie mani e di tempi differenti. Nei primifogliqualchetitoloe qualcheiniziale sono in inchiostro rosso. A pag. 115 re-tro
si leggeavvertito dal Regio Visitatore Don Niccolò Daneo: Con-
sistit liber hic privilegiorumtranmmptomm hujm sancte eccìme ee-
faludensism paginiscentum decem et septempraeteralias tre$pri-
mas repertoriiet aliam mediam ulHmam. A pag. 116 vi è un^ al-tra
simile nota più antica di alquantianni. Inoltre il volume ha
il visto deir ultimo Regio Visitatore Mons. De Giocchis,e proprioin fine un^ altra avvertenza di antica mano : Hic liber consistit in
foliisscriptiscentum viginti.Il codice fu noto air erudito palermitanoVincenzo Auria,che
nella sua operettaintitolata:DelV origineed antichità di Cefaìùcittà
piacentissimaNotizie Tlistoricheycosi ne scrisse: ho ritrovato scritta
questahistoria (dellafondazione del Duomo) in un libro di tutti
iprivileggidella Chiesa Cefalutanaconcesselidai re e imperatori,fatti
raccorre in un volume d* ordine di Tommaso da Butera, Vescovo di
CefaULnell'anno 1329,compilatoe scrittoda Guglielmoda Mistretta
Maestro Notaro della Corte Vescovale di Cefaltt,nel qualvolume nel
principiovi è tutto il successo scrittoin lingualatina della venuta
del re Roggieroin Cefalà,e la fondazionedella Chiesa Vescovale (1).Il medesimo Auria estrasse varie notizie dal nostro codice
,e
\d riunì con altre,insieme a diverse iscrizioni antiche di Ce-faìù,
nel suo lavoro : Raccolta di antichità di Siciliadi Don Vin-cenzo
Auria palermitano,cavata dalla Siciliaantica di FilippoClu-
verio,artic. Alcune notizieintomo alla dttà e Chiesa di CefiM,che
forma il mss. D. 166 della nostra Librerìa Comunale. Nel /mano-scritto
si trova qualchenotizia,che non si rinviene neir opera
stampata.E Tab. Rocco Pirri ricorda di Fra Tommaso da Butera: In li-bro
quoque quem Rollum Rubeum appellantomnia privilegiaoc iura
ecctesiaehu^usexscribenda curavit (2).
(1) Ivi Palermo per t CireUi 1656i in V pag. 46. Vedi pure a pag. 74. Il lavoro
dell* Auria fu tradotto in latino col titolo: NotUia Historiea originiset antiqui^
UiiitCephalaediturbis plaeentissimaeSiciliae,ex ilcUicolatine verlit,reeentuU, no*
tulas adieeit, atque aliquotnummie auxit Sigeb.Havercampus,nel voi. XIV del
fhetaurus antiquitatumet hitloriarum Siciliae,Lugd. Batav. 1723 in fog.vasta
compilazionecominciata dal Grevio, e continuala dal Burmanno.
(D Sie.Saer. II,809 edis. Pai. 1733.
322 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
nelFantico Val Demìna, e segna il limite fra questo ed il Val di
Mazzara (1).Sedea V antica città sulla vetta di scoscesa e difficile
rupe, che,specchiandosinel mare settentrionale dell'Isola,vol-
gesi qual promontorioa levante (2).Il suo nome è dalla voce
greca xetpaXiJ,capo^ secondo un'etimologiatecilissima,afferrata da
Fazello,Maurolico, Carnevale,Pirri e fin,dall'Auria,da quanti
insomma ricordaronsi dell'ardito promontoriosu cui venne co-struita
Gefalù.
Eppure r Hoffinann ed il Bochart volleromeglio ricorrere al pu-nico,
quando non vi pensò neppure l'istesso p. Cascini,cosi vago
di etimologieperegrine,
e pur qui contento della greca ,che è
tanto naturale (3).Chi visita Cefalù non può trascurare i notevoli avanzi antichi,
ch'essa tuttora conserva, e che diedero argomento e materia ai
diversi storipgrafi.Fazello li osservò dei suoi tempi,vide i resti d' una ciIta rovi-nata
,del circuito d' un miglio.,e quelleche egli dice reliquie
d'un tempio dorico (4).Ma taliavanzi,se assicuravano alla città di bei secoli d' esi-stenza,
tuttavolta non conferivano il dritto di segnar epoche e
di stabilir precisala sua cronologia,Ond' è che,
muovendosi il
quesitocirca al tempo della fondazione di Cefalù,lo storico do-
(1)Limes vatlium Nemorum et Mazarae CephaledUCivitoi,dice il Maofolico.È
a 48 migliaa levante di Palermo. Anche Tolomeo la chiama Ke^aXoi8(c;KecpaXoiS-^oc ? ricordi bizanlini del IX secolo;CephaloeditPlinio;Cephatudiumaltri latini;Gefalùdio SeefalùdigliArabi. V. Amari Storia dei Mutulm, di Sic, I,307-8. Pri-
sciano grammatico scrìve,lib.II: A Caralifms,Caralitanut,a Taurominio,Tau-
rominitanut; a CephcUoedio,Cephaloedilanus;a Drepano,Drepanitanw. Sull'orto-grafia
latina di Cefalù scrisse pure Mongitore: vedi mss F. 222 delia Libr. Comu-nale
di Pai. a pag; 73. Se Cephaledumdebba scriversi con dittongo o senza.
(2) Il capo che più sporge nel mare fu chiamalo volgarmente Mareafava,
(3)Di S. Rosalia Verg. Pater m. Lib. Tre Pai. 1651. pag. 356. Del resto sulle
probabilivestigiadei Fenici in Cefalù, può vedersi Movers Die Phónicier II
^i
,
338,ed Holm Geschichte Sieiliens in A Iterlhum Leipzig.1870 , pag. 100. I Fenici
ehe colle loro stazioni marittime aveano precedutoi Greci su quasi tutte le rìvo
del Mediterraneo,nella Grecia slessa, in Creta,a Cipro,in Egitto, in Libia,in I-
spagna, ed anche sul lato occidentale d'Italia,trafficavano certo in tutti i punti
delle coste di Sicilia,come racconta Tucidide e ciò prima che arrivassero i Greci,
i qualidoveano col loro energicosistema di colonie prendereilluogodelle piccolestazioni fenicie,una delle qualifu probabilmenteCefalù.
(^ Deca I. Lib. IX. Cap. IH.
BRANO DI UN CODICE GEFALUTANO 323
menicano scrisse saggiamente,la città essere antica,
ma eh' egli
non sapea nulla de^ primisuoi abilatori.E come lui,
il Caran-
dini alia sua volta confessò la stessa lodevole e modesta igno-ranza
(1).Un Cristoforo Scanello,detto il Cieco di Forliystese una cro-naca
dì Siciliastampata in Napolidel 1587,ed in essa congetturòche tanto Cefalù come la vicina Imera sieno state fondate dai Cal-cidesi.
Ma una tal opinionenon piacque,né potea piacereal letterato
palermitanoD. Vincenzo Auria,che scriveva appunto per esaltare
V originee V antichità di Cefalù. Egli dissertò sulP opinionedi
Scanello"nel Capo II del suo libro,e gliparve che quesf autore
non fosse abbastanza sulla buona strada. Perciò nel Capo III so-stenne
che Cefalù venne costruita dai Sicani,e questo per la sem-plice
ragioneche fu posta a sedere sulla montagna. Soggiunse
che la fondazione.avvenne cent'anni giusto prima della guerra
di Troja,che tal epoca corrispondeall'anno 1634 avanti Cristo,
che Ercole vi arrivò Tanno 1283 e via di questo passo. Né pago
a tanto,nan-ò le gestadell'invincibile eroe, tutto ciò che fece in
€efalù,glionori che vi ebbe ecc. Anzi a migliorconferma del tutto
trovò ossa di gigantidissepellite,parlòdi Polifemo,trattò la qui-stione
,se Ulisse l'avesse accoppato nelle spelonchedi Mongi-
bello,0 nelle grotteEricine,ed altri punti di peregrinaarcheo-logia
(2).Circa al sodo poi,che sarebbe stato di darci una descrizione ac-curata
degli antichi avanzi di mura,
ecco quel tanto che ce ne
volle dire il nostro autore, t Vicino la chiesa di S. Venera appa-iono
le mine dell'antica città di Cefalù,scorgendosiun muro di
grosse pietrequadrate,le qualisono sostentate senza calce all'uso
antichissimo di quei tempi.Nella sommità della rocca vedesi il
(1)Deseriptioeeeles,Cephaledit.Mantuae 1592*
(2) Questa trattazione dei gigantiteneva la sommilàdeUascienia afiliqaarìaagli
"»cchidi D. Vincenzo Auria, e di parecchiarcheologinostri del XVI e XVII secolo,
p. e. il Valguarnera e cosiffatti: « Hor quanto sia gagliardoindilio (cosìl'Aunaa
pag. 20) ,ed argomento di non poca antichità a quel paese o Città
,dove si sono
ritrovali questicorpidi Giganti;glihuominì dotti,
e ver;ici professoridelle cose
antiche a bastanza il conoscono; il perchèstimo non haver |»enfattoun* autor mo-derno,
ilquale ritrovando cosi Mìe memorie nella patriasua trascuratamente pas-sandole
in silenzio,V ha privatod' una tale e si grande ant chità;e quasi tenendo
a scherno quelladelPaltrui Città, c«m la qualepoteva far utile a se slesso. •
324 NUOVE EFFEMERIDI SICIUANE
tempio destratto.*....Il qnal luogo comanemente dai Cefalutani è
chiamato il Choro,serbando ancor hoggi il nome sacro del Choro
deir antica chiesa mutandosi queltempioprofanodegliIdoliin al-bergo
del vero Dio nel tempo della Christianità....In quesfedi-ficio,
che mostra essere stato tempio,come hanno creduto gliscrit-tori,
ho visto una Croce fattanel muro d^alcune pietrucciedi coli»*
rosso. Ed in alcune finestre vi si veggono le insegne della real
famigliadi Aragona dei re di Sicilia» (1).Fuori la porta detta
Giudecca si veggano (notaa p. 62) alcuni avanzi di fabbrichean-tiche
e particolarmentepresso la chiesa di S. Antonio. E son que-sti
i soli ragguagli,che contiene il lavoro archeologicodell'Au-
ria sulle antichità Gefalutane.
Il prìncipedi Biscarì,parlandodei medesimi avanzi,disse solo
che appena se ne ravvisino le vestigianel sito sovrastante alla
moderna Cefalù (2).Fra i non Siciliani,mettendo da parte il P. ^Lupi(3),tutta una
serie di dotti stranieri,il viaggiatorefrancese Houel (4),il tede-sco
G. A. lacob (5),V illustrearchitetto Hittorflfsibenemerito dei
nostrì monumenti (6),
e più di propositoil Nott (7),si occupa-rono
delle antichità di Cefalù,e degliimportantiavanzi delle vec-
(1) Op. eit. p. 63.
(2)Viaggioper tutu U Antichità delia Siciliade critteda IgnazioPaterno Prin-cipe
di Bitean, Pai. 1817. Gap.XXU. Vedi pure Natale Disc. YIII.
(3) Descrit. di Cefalùnelle sue Ditsertaz. Faenxa 1785, t. Il, p. IM.
(4; Voyage pietoresquedes UesM Siale, de Lipariet de Malte, Paris 178Ì-1787,
voi. IV, p. 92. Ut. XLIX-LI. Anche l'ingleseWood ,che visitò la Siciliadopo
VHoapI, nel 1818, e pubblicòa Londra 1831 i suoi Viaggiia Italia,Siciliae Grecia,
descrisse la casa ciclopeadi Cefalù,com'eglila definisce.Ma i saoi disegnilasciano
a desiderare anche più che qnei dcH* Houel.
(5)Neuere Naehriehten uber SicUien, Hann. 1823.
(6) Architecture antiquede la Sieile.Paris 1826 e seg.
(7;G. P. NoU Avanzi di CefalùnegliAnn, delVIitit,di Corritp.Archeolog,1831
i. Ili,p. 270-87 e Monum, T. XXYHI, e XXIX. Il diligentelavoro ,che citiamo,
é una lettera indiriszata al cav. Bunsen,
e tradotta dall'inglese.Il dotL Nott fu
in Sicilia,e visitògliavanzi di Cefalù due volte,cioè verso il 1824
,e nel 1828,
nel qual anno verificò 1 suoi primi disegnie le misure prese deiredìAzio ciclopeo.Nella primaveradel 1824, eglicomunicò questidisegniai signoriHìttorffe Zanth.
che ritornavano pure dalla Sicilia,e mostrarono i loro all'areheologoinglese.11Nott
non conoscca dapprim.il'operadi Houel, ma ne die a questo propositonotizia il
sig.Hittorffnel dicembre del 1829, con lettera diretta al Panofka. Però i disegni,
che il medesimo dott. Nott comunicò all'IstitutoRomano di CorrispondenzaArcheo-logica,
sono molto più accurati dei precedentidatici da Houel e da Wood.
BRANO DI UN GODICK CEFALUTANO 325
chie sae mura,ai qualitutti si può aggiungereanche il West-
phal,che ha trattato taluni punti della geografiaantica della Si-cilia.
Ultimo r accuratissimo sig.Dennis,attuale console d' Inghilterrain Palermo,ne scrisse colla solita esattezza nel suo pregevoleMa-nuale
peiviaggiatoriin Siciliache ben meriterebbe fra noi una
versione. Osservando nel sito della città antica V isolata costruzione
poligona,che vi rimane (1),la riconobbe,qual'è,per vetustissima
ed evidentemente di quel genere di monumenti conosciuti in Gre-cia
ed in Italia sotto nome di pelasgici.Eglipropende a credere
che r edifizio sia stato un palazzo,e non un tempio,come ave-vano
tutti ripetutocol Fazello;distinguepoi neir edifizio istesso
tre periodidifferentil) ì tempi deir antica Cephaloedium;2) V e-
poca di Roma Imperiale;3)quelladella Chiesa primitiva.Sicché
non ostante il più.recente carattere d' una parte di queiresti,ò
ben certo che P altra è fra i più vetusti monumenti di Sicilia,e
fa risaliremolto innanzi i primordidi Cefalù (2).Così il Nott con-getturò
r edifizio ciclopeocontemporaneo alle vetuste mura di
Tirinto.
Le autorità antiche intorno alla nostra cittàfurono raccolte nella
Siciliaantiquadel dotto e diligenteCluverio (3).Strabone la dice iccJXtdfjia,oppidum,con molto dispiaceredell'Au-
ria,che perciòsi mette a confutarlo(4).• U altro e maggiorlato
deir Isoladi Sicilia,scrive infatti ilvecchio geografo,benché nep-
pur esso sia molto popolato,tuttavia conta abbastanza abitatori;ivi
sono gliappididi Alesa,Tindari,Egesta e Cefaledio i (5).Racconta Diodoro,che il punicogeneraleImilcone Panno 396
a. C. strinse alleanza cogliImeresi e cogliabitanti ilcastello (cpp"$u-
piov7detto Cefaledio(6).Cefaledio dunque non era altro che un
(i) /( tlood originallyon the summit of the heaéUand,where vestigetof it are
tt'dlvitible.Geo. Dennis A Handhook fur travellert in SieUyp. 260 e 2t)6.
(1)Sono pure osservabili le vestigiadi mura ciclopichenella cittàbassa.
(3) L. n. cap. IV, pag. 286. Lug"l.Hatav. 1619.
(4)Op. eit,pag. 5 e seg.
(^) 'h 51 XoiTc xal [u^iTzriicXsupàxaJirepoò8' aòx^ icoXudtv6pu)icoc,5-
(MOC (xavu"c ffuvoutetTai. xal yàp AXataa,xaX Tuv^lc, xal xò twv AIy«-
ffxéwv è(ji7ropctovxal Kt:paXo($tov,itoXl9\ta.xàiort.Geoyraph. Lib. VI, cap. II,
edis. Tauchnix. Lipsia I8i9.
(6) np^^ ijIvI(jiepaCou"xal toùc to KetpaXoiSiovcppoupiovxaxoixouvxoc
(^iX(aviicoii{^xo.Lib. XIV cap. LVi, ediz. Firmin Didot Parigi1843-44.
3!26 NOOVB BFPEHKaiDI SIOLUNB
(ppoupiov, ossia castelloper Diodoro,
e probabilmenteuna dipen-denzad' Imera. L' alleanza,dì cai egliparla,era stata formata con-tro
Dionigitiranno di Siracusa. Ma riuscia costui d^impadronirsi
per tradimento di Ce"ledio,come di Enna e di Solunto (1).Poi
r anno 307 a. C. AgatocleespugnataCefalediovi prepose LepHne (2).Più tardi,al tempo della prima guerra punica,t Romani muovendo
verso Cefalùcon dugencinqiAantanavi,a tradimento la prendono(3).La città era perciòd^ accesso malagevole,e munita, inaccessibile
dalla parte di mare nella direzione di Tindari,e dalla parte di terra
difesa dalP acropoli.Cicerone nelle Verrine ha parlatodel supremo sacerdozio di
Cefalù,e del mese in cui si creava (4);Tha ricordato inoltre in-sieme
a Tindari,Alunzio,Apollonia,Engio, Gapizzi(5).Plinio nel Lib. Ili della sua Uistoria NaturaUs^in cui descriye
r Europa,venendo nel capo XIV a dire della Sicilia,fece men-zione
di Cefalù con Palermo, Solunto,Imera, Alunzio,Agatimo,
Tindari,Milo (6).Silio Italicoaccennò in due versi del suo poema al noto pesce
del mar di Cefalù:
QuaequeprocellosoCephaloediasora profundoCaeruleis horrent campispascentiacete (7).
Ma già dei tonni,de^ qualiera antichissima la pesca in Cefalù,
avea parlatoArchestrato,che addurremo quinella traduzione dello
Scinà :
Alla sacra d'intorno ed ampia Samo
Molto grosso vedrai pescarsiil tonno,
(*) napéXape51 §tà irpoSo^facKetpaXotótovxal SoXouvta %ol\ x^v "fivvav.
Diod, Lib. XIV. 78.
(2)Ke"p«Xo{5tov51 IxicoXiopxiJffOCAeicxNijvjjilvxaiSx^j?lirijxeXìiT^vdntiXtictv.
Diod. XX, 56.
(3) Pwjjiatot....SwtxoffCatcitevnSxovxavauolv eU tò KsfaXiS^v^vIXWvxe^,xouxo 5ià itpo5o(j(avitopéXaPov,Diod, XXIII 18.
(4; Aeetu. in Verrem Lib H, cap. 5Ì edix. Zumpt Berlino 1831.
(5)Tyndarilanam nobilistimam CivUalem, Cephaloedilanam,Haluntinam, Apol-lonieMem, Enguinamt Capitinam, perditatette ha^ iniquUatedeeumarum intelli"
getitVerr. Lib. III.C. 43.
(6)Oppida: Panormum, Solus, Himera eum ftuoio,Cephaloedis,Aluntium,A-
gatymum, Tyndaritcolonia» oppidum Mylae,et unde coepimui,Pelorut. V. edis.
venexiana del Bellinelli1784.
(1) Lib. XIV «52.
BRANO DI UN CODICE CEFALITrANO 327
Glì^orcìno alcuni,ed altri chiamai! ceto.
Convien di questo a te comprar, se a^ numi
Cena imbandissi,e ti convien comprarlo
Senza tardar,senza far lite al prezzo.
In Carìsto e Bisanzio è poi gustoso;
Molto miglior di questo è quel che nutre
Neir isola famosa dei Sicani
Di Tindaro la spiaggia,e Cefaledi (1).
Tra i cosmografie geografi,furono citati quanto a Cefalù Pom-ponio
Mela ed il gran Tolomeo. Ma quanto air autorità di Pom-ponio
allegatada Fazello e da fra Benedetto Passafiume,osservava
già TAuria di non trovarsi il passo in quistione(2).E circa al
geografoed astronomo alessandrino,egliha realmente fatto me-moria
di Cefalù (3).
Questa città ha pure la proprianumismatica,ed è a ricordarsi
fra le altre sue medaglie quella degli Eracleoti. Oltre i tipidi
Bacco e di Apollo,recano le monete cefalutane quellodi Ercole
colla testa dell'eroe da un lato,e nel rovescio la clava,la faretra
e la pelledel leone. Ercole ebbe un culto certamente neir an-tica
Cefalù,
ed a lui è consacrato un cippo od altare rinve-nuto
ivi nell'aprile1766,
e pubblicatopoc'appresso dal Torre-
muzza (4).n medesimo antiquariomise anche in luce un piombo greco
del Museo di San Martino,che è dei tempidella cristiana Cefalù.
Esso ha da un latb la solita formola KupieBot^eettù" aw Bo6Xtù^e dal-l'
altro 'avo).,..T7jpT)T....ou KE©aXT)Stow.È uuo dei molti piombibizanti-ni,
che ha serbato la Sicilia.
Qui verrebbe ilparlaredella Sede Vescovile di Cefalù nei tempibizantini e musulmani. Ma noi contenti di sempliciaccenni non
ce ne occuperemo. Certo che Tanno 869 la città aveva un Ve-scovo.
Infatti nel Concilio ecumenico Vili,IV di Costantinopoli,
(1) V. Scinà / Frammenti della Gastronomia di Areheslralo, Pai. 1823, testo e
tradazione. Il frammento citato è presso Ateneo VII, 302 a.
(2) Op. eit.p. 4.
(3)Geogr.DI, 4. 3.
«(4; Sic. Inter, GÌ. I. n. i3. VeggasiC. Inter. Gr. ^92. Questo cippoè mutilo so-pra.
Le tre paroledella base sono edite da Gualterio Ant. tabb. SicU, eet, pag. 46,n. 296, da Muratori t. lU, p. 1747, 12.,da Torremozza ci. XIV. n. 138., nel C.
/ fwcr. Gr. n. 5593.
328 NUOVE EFFEMERIDI SIGII4ANE
tenuto contro lo scismatico Fozio.e GregorioAsbesta Vescovo di
Siracusa in favore di S. Ignaziopatriarcagreco, trovasi interve-nire
all'Azione IH un Niceta Vescovo di CefeJù,Niceta deo ami-cissimo
episcopoCephaludis(1),
come altresì nell'Azione IV (2)e nell'Azione X (3).Dippiù nella Disposizionedell'ImperatoreLeone il Sapiente,trovasi questo Vescovo di Cefaledio soggetto al
metropolitanodi Siracusa (4).Non si può dunque ricusare alla città
la sede Vescovile innanzi ai tempi Normanni (5).Cefalù,deUa dagliArabi Oefaludio Scefaiùdi(6),decadde cer-tamente
sotto la lorodominazione,finché non riedificolla Re Rug-giero.Nell'837 i Mttsulinanil'assediarono,ma, resistendo essa per la
fortezza del sito,le giunsero per mare rinforzi bizantini,onde fu
tolto r assedio e gì'infedeli ritrattisiverso Palermo vi risepperola morte di Ziadet-Allah (7).Ma l'anno 858 si arrese ad Abbàs-
ibn-Fadhl,che reggeva allora la Sicilia,e fu distrutta,rimanendo
però liberi tutti i cittadini,il che non consenti Abbàs alla for-tezza
di Kasr-el-Gedtd (CastelNuovo) o Kasr-el-Hedid (Castellodel
Ferro)che sarebbe Gaglianosecondo l'illustreAmari,neppur colla
tagliadi 15 mila dinar (8).Neil'860 ilmedesimo Abb"s sbaragliò
presso Cefalù un altro esercito bizantino,che probabilmentemar-ciava
lungola costiera settentrionale sopra Palermo (9).Abu-Ali-
Hasan,che scrisse verso il 1050,lasciò detto
,che Cefalù fosse
città forte,guardata da un castello sovra alta rupe a cavaliere
della spiaggia(10).
(I) Mansi Sacrar.Conciliar, nova et ampligs.coUectio tom. XVI Ven. i77i. pa-gina
44.
(S)Ivi pag. 54.
(3) Wi pag. 159.
(4)Insieme còllesedi di Taormina, Messina,Termini,Palermo,Trapani,Lilibeo,
Triocala,Girgenti;Tindari,Lentini,Alesa,Malta e Lipari.(5)Niceta è stalo menzionato dall*ab. D. Vincenxo Tortoreti in un suo Discorso
citato dair Auria a pag. 41 e sUmpato in Madrid nel 1633, là dove dice: De la Ce-
faludenteaimas noticia,jmet duellatenemos en la oclava tynodo expreua menlion,
donde ie firma Niceta ObìspoGcfaliilano.
(d;Ibn-eUAlhir, estrattinella Bibliot, Arabo-Sic. dell*Amari pag. 2i7. Edrisi
Geogr,
(7)V. Amari Si. dei Mutulm. I, 307-9.
(8)Op. eit. U, 327.
(^ Op. di. II,335.
(10)I frammenti di Abu-Ali e d'Ibn-Kallà* furono conservali da lakùt, che ne
228 pubblicòil Mo^gefn-el'Boldàntossia diiionario geografico,di cui è un com-l
CANZONE
Al chiarissimo prof. Letterio Usio-Bnino
Messina
AnUco Carissimo
Frugando e rifrugandoi Codici della Biblioteca Laorenziana,
mi venne sott'occhio una bizzarra Ganzarne,che reputo inedita,
antichissima,
senza fallo siciliana e proprio messinese. L' origi-naledella stessa è posto nel pluteo42
,Cod. 32
, p. 29 retro,
giusto in seguito della famosa Canzone di Lisabetta messinese
ancor essa,ricordata dal Boccaccio e di cui riferisce soltanto il
primo Terso nella Giornata 4* Novella 5* che ho pubblicatanella
sua vera lezione (1).Pertanto a voi intitolola presenteCanzone,
e vi appartiene per dritto di cittadinanza.
È siciliana per le forme, la frase,la flsonomia;e chi ha con-suetudine
con sifattistudìi,se ne accorge alla prima lettura;come
noi distinguiamonel continente il siciliano alla pronunzia,alPaspet-to. Lo è perchè sono connesse a catena le nove stanze dì cui si
compone, come quasi tutti i nostri canti di lungo flato.Ed autentica
megliola sua origine,V esservi adoperativocaboli deir intutto in-sulari,
quali sono, a non andar pel sottile,addimorare,anticristOy
scorsoney tortagnCygiugnettobruca pizzo,sJtraglia,malvizzo,rizzo
ecc. La fa sospettaremessinese V èssere trascritta dopo quelladi
Lisabetta,e ciò conferma indubitatamente il verso
Che annegato sia nel Faro.
La reputo antichissima,meno per essere inserita in un Co-dice
del 1300, e perciòcognita e divulgataanteriormente in To-scana;
ma vieppiùper la patinaarcaica di cui s' informa,simile
a quella delle nostre monete greco-sicole.Il Prati,che sta come
sole su tutti i linguai,la giudica del 1100 : io la ritengo coeva
0 di poco posteriorea quelladi'Giulio d'Alcamo.
(1)Ntiore EffemeridiSiciliane,. __
^
CANZONE 331
Nata a Messina,al paridella Canzone di Lisabetta
,fé il giro
della Siciliae della terraferma italiana,variata,lacera e corrotta
trapassandoda una in altra regionedella penisola,da una in altra
bocca,e da ultimo dettata a chi la scrisse mutila e guasta, non
meno del passionatolamento della misera Lisabetta. In questo
stato io la trovo, e rispettandolacome sacra reliquia,ho appena
osato qua e là ritoccarla,studiandomi restituirle la originariasem-bianza.
Nelle' note ho dato ragionede^ restauri,e spiegade^ passie vocaboli oscuri. A dire il vero la ritengoincompiuta
,ma chi
ardirebbe aggiungerviuna strofe di chiusa? Non io di certo.
Avendo richiamato alla memoria le opere de^ sette secoU del
nostro Parnaso,
non ho ricordato un Canto congenere. Molti ne
abbiamo nei qualiV innamorato desidera la morte del coniugedella donna amata : molti di veneficii ed-incantesimi a cominciare
da Teocrito;ma che ve ne siano di strana anzi impossibileese-cuzione,
con intreccio di esseri inesistenti,mi è ignoto.È un in-ganno,
uno scherzo del poeta? Indovinala grillo.Non sono io l'E-dipo
di questa sfinge.Ve la dò come la trovo.
Vi avverto che le parolecorsive sono da me aggiunteo va-riate
ad integrareil verso o la rima,e i versi segnatid' asterisco
sono slati da me modificati ad accrescerne la chiarezza.
State sano e credetemi
Aci 20 Agosto1870.
L' Anteo vo$tro
L. Vigo
Bella,ch'hai lo viso chiaro (1),Tal marito t'ha Dio dato
L' alto Dio lo ti levasse !
Che annegato sia nel Faro
Chi parolapria ne trasse (2)• Se vuoi far eh' eslo di mora (3)* Questo fa senza dimora (4).
.(ì)In Ciolk) st. 11. Donna eoi viso deri,
(2)Chi primo parlòdi questo parentato.Neil'originalesi leggo: Cki parolane
trasse,ed essendo il verso manchevole, vi ho supplitoquelpria per compierloe
rendere il senso più evidente.
(3) L* originalodice: Se tu vuo* far che tinwra : è un non senso, perciòho ten •
tato restiluirioalla pristinalezione.
(k)Neil*originale: Ed or che dimora; errato senza fallo,per cui ho modificato il
verso conte si vede.
NUOVE EFFEMERIDI SIQUANE
Se vuoi far' chiesto di mora
La faccia di quel giudeo(1), .
Guardalo quando va fora,
Daglidello chamoleo (2):
Di una medicina ancora
Bella,quanto diraggioeo;Per Dio prendiosto consiglio.
Prendi,oh prendiosto consiglio.
Bella,se questo vuoi fare.
Prendi Tala di un coniglio.Che sette anni aggiaa volare,La coda di un volpiglio(3),Che sia nato a mezzo mare (4),
Non addimorare,— o bella (8).
Or non ci addimorare,o bella:
Se vivo io,che mora quel tristo.
Daglidella rosolella(6),La fronda di un anticristo(7),
E d'un somaro la sella,Che giammai non fosse visto
Deb, danne al tristo — raddobbato (8).
(1)Faccia di giudeo.La voce iudiu o giudiumanca in UiUi i Doslri dieci voca-
bolarii.
(S) Chamoleotè lo scamonio de' greci,scamonea degliitaliani,
tcammónia dei
siciliani,Convulfut scamonia di Linneo,il cai racco è polentissimodrastico.
(3)Neil* originaleé volpignoper manifesto errore.
(i) Da qui cominciano griudo^inelli,scherii o aberranze, comunque battezzare
si vogliono.
(5) Addimorare,'prettosiciliano,indugiare,perder tempo,
{^)Rosolella,per rotella o roseellafrutto del corbezzolo.
(7)Antieritto,piantamontana, ancor oggicosi chianutta dopo tanti secoli.I bo-tanici
qui rbanno battezzato Daphne laureola che comincia a vegetaresull'Etna
da Monte Marzo in sopra, o Euphofbia caracciat,
(8)Baddobbaio è termine siciliano.Deriva da oddubòa salsa d'aglio,pepe e acqua
calda usata da' contadini,per cui addubbata vale nel senso propriosazio,nel tra-slato
rivestito.ViUan rifatto.Quindi or nel proprio,or nel figuratoabbiamo ad-
dubbamenlu, addul}bateddu, addubbalizzu, addubbarisi,addubbaziari,e il pro-verbio
E n' ha manciatu sta vucca pastizzi.Ora si addubba a pani e ramuraxzi.
lìflddobbaioin italiano è termine marinaresco de' calafati.
CANZONE 333
Deh, danne al tristo raddobbato,
Ch'è cotanto duro e forte;
E d^un gambaro lardato,Ch^ abbia le mascelle torte
Intanto gliuscirà il fiato:
Bella,se questo gliapportoLa morte — avara in presente (1).
La morte avara in presente,
Bella,se questo glidono;
Vagli Pala di un serpente
Lo fiele di uno schorsone (2),La coda di uno scorpione,D' uno storione — pisce(3).
D'uno storione pisce(4),
Che sia nato alla montagna;
Se ti secura (8)•in tai (6)bisce,
Che appellonon rimagna (7)
(I)Avara. Dal verbo avare per avere S. GaterÌD^da Siena lett.li. « Avarete in
pace raqqaistalili figliaoli,et avarele il debito vostro. •
(ì)Sehortone,voce affiitlosiciliana»serpe, scorzone.
(3)Piicie,neir originalesta peteie,e siccome deve rimare con bisce,V ho modi-ficato
alla latina»seguendo V oso cornane di Siciliaove si pronunziafuei,
(4)Neir originalesi leggeSchorpUme,evidente errore del copista.L'ho restituito
come certo lo scrisse il poeta.
(5"Seeura, v. a. usata dal Barberini,dal Guittone,Passavanti ec. nel senso att.
neut. ass. e pass. Qui vale se ti assicuri o ti giovidi questa biscia,cioò del ser-pente,
dello scorsone, dello scorpioneec. come ti ho consigliato,tuo marito morrà
senza speranza di riparo,appelh,
((()Neiroriginalesembra leggersiial;ma ò evidente che la ^ è una t male scritta
perchèaltrimenti non potrebbe*concordare col pluralebisce.
(7)Rimagna per rimanga,come in Dante
Alior lo presipor la cuticagna,B dissi converrà che tu ti nomi,
0 che capeiqui su non ti rimagoa. Inf. 32, 97.
Tanto dice di farmi sua compagna,
Gh' io sarò là dove fia Beatrice :
Quivi convien che senza lui rimagna.Purg. 23, ii7.
2i
334 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANB
D'una tortagna— (1)di lattuca (2),*
E',guai a chi ilia duca (3).D'una tortagna di lattuca,
Che sia nata di giugnetto(4),Radicata di una bruca (5)
Pampane tre di ulivetto,Ed uno moschetto — (6) e due ova,
E guai che lui trova.
Ed uno moschetto e due ova,
Chi sie nato senza pizzo(7),Una straglia(8)che lo strozzi,La coda dì un malvizzo (9)E uno (40)rizzo — (11)di canigliaE guai che lui pigliaMa d' un (12)rizzo di caniglia(13).
(I) Turtagna,manca in Mortiilaro e in Rocca, corda di vìmini o sarmenti o al-tra
piantaverde. Nota la rima al mezzo" ripetutanella stanza seguente— Probabil-mente
qui il senso è monco peldifetto di un verso, che io non oso supplire.
(S)Neiroriginalesi leggelattugha, e dopo dugha e siccome rimano con tnruca
li ho ricatti aUa giustaortografia.
(3)Ho variato lievemente il versa per renderlo più intelligibile.Neil*originalesta scritto: E guai eh*illa àagha. Guai chi la porti,dal latino ducere.
{h) Giugnelto,voce insulare per luglio,onde ilproverbio*
Giugnettu,la fauci 'n petta.
(5) Bruca, Tamarix galliea,in iuliano Tamarice.
(6) Moschetto,anche qui e'è la rima in mezzo.
(7)Pizzo,becco. Il proverbiodice : Pari a lu pizzaca ò marvizzu. Leggasinella
viu di Gola di Rienzo p. 29, Firenze, Le Moniiier,1854 :
• Una bella palomba bianca tenea nel sao pizzo una corona di mortella ». Da
qui per similitudine alle terre sporgentidicesi pizzo,perciòPizzo Falcone a Na-poli,
Pizzo di Calabria,e in siciliano pelrapizzuta.
(S)Straglia,in siciliano direbbesislragghia,forse è 1*etiuM di ilrangulari,ma
oggiquesta voce non è in uso.
(9)Malvizzo,uccello di passo, cbe i vocabolari! fhnno sinonimo di tordo,men-tre
tra essi sono assai differenti.
(IG) Ed uno, in questo verso e neirnltimo per ragiondel metro ho levato qui la
d, air ed; e li Vo all'uno.
(li)Rizzo, nome insulare del riccio,echinus tervezirisLinn. Qui probabilmente
l'autore intendea alludere alla pelle del riccio,della quale si servono le tessitrici
come di spazzolaper nettare i filidella tela postiin telaiodopo di averli rammor-biditi
colla bozzina.
(12" V. nota 29.
(13)Caniglia,crusca.
TAVOLA CRONOLOGICt
DI
PITTORI, SCULTORI E ARCHITETTI
SICILIANI 0 DIMORANTI IN SICIUA
DAL SÉGOLO XII AL XVIII
(i)
Secolo Patria Nato Fiori Morte
XII. M.ro Pietro (Dipi,di Gugliel-
mo II di concessione alia Ch.
di Morr.) 1176
XIII. Antonio d'Antonio....
Messina. .
1267
XIV. Camulio Bartolom......
Palermo. .
1347
» D'Antonio Jacopello. . . .
Messina. .
1400
XV. Maggio (di)Nicolò 1402
» Miranda Francesco, lavora di
tarsia con flg.sulla porladel
Duomo 1452
» Laurano Francesco in Paler-
({) De' mss. di diversa materia lasciatidal prof.Melchior Galeotti,
l'autore del
bel libro intorno ad Antonio Gagini e la sua scuola, abbiamo avuto questa Tavola
cronologicae queste Notizie,
che con piacerepubblichiamo nel nostro periodico,
cosi come le abbiamo trovate; dolenti che l'autore non potècompire almeno la storia
della Pittura in Sicilia,che aveva già dieci anni addietro cominciata a scrivere e a
pubblicarein forma di lettere al ch. prof.IppolitoTopin, scrittore anch'esso,ben-ché
straniero,,di un saggiodi storia della pitturain Sicilia;della quale storia dal
Galeotti intrapresanon restò ohe solamente la lettera i*, pubblicataqui in Sicilia
nel Gioenio di Catania,e nella Religionee Patria di Palermo, e in Francia, ove fu
tradotta,nella Tribune arttsiiqueet littérairedu Midi, IV annèe, 4860, n. K, 6 e 7.
Questa Tavola A di data certamente anteriore aglistudi dell' autore sul Gagini e
la sua Scuola, che altrimenti sarebbe slata più completa,e senza lacuna di altrino-stri
artisti;e cosi le Notizie sono pure del tempo stesso che era compilataquestaTavola, ma sarebbero assai importanti ove non si avesse il solo secolo XVII
,ma
tutti i secoli a cominciare dal secolo XII.
In altra dispensapubblicheremoaltra Tavola cronologicae illustrativa de' Pittori
Messinesi particolarmente,compilatasulle Memorie di M. Grano.
/ Compilatori
336 NUOVE EFFEMERIDI SiaUANE
Secolo Patria Nato Fiori Morte
mo. (scultore,sue statue).. Venezia. .
1460
XV. Oliva Pietro Messina. .
1491. .
» Riccardo.^, tavola di S. Pie-tro
e P. con soscr. in S. Pie-tro
la Bagnara 1494. .
i D'Antonio Salvatore.. . .
Messina
i Panico Maestro (de)sua tavola
di S. Alberto nella compagnia 1412
i Antonello da Messina. . .
Messina. .
1470
• Pino da...." Messina. .
1474. .
i Chiana (de la)Bartolommeo,
scultore in manni,pilad'aqua-
santa nella parrocchiadi S.
Giacomo 1460. .
» Cascetta,Salvo,,architetto 14S8. .
1» Gambara Antonio sctUt. Porta
di marmo meridion. del Duo-mo
1432
Crescenzio Antonio 1440
VigiliaTommaso Palermo. .
1475
XVI. Desaliba Antonio Messina. .
1508
Franco Alfonso« . . . .
Messina 1406 1520
Alibrando Girolamo....
Messina 1470 1519 1524
Sesto (da)Cesare,(passòmolti
anni in Messina). • .
.Milano 1514y.l524
Antonio (d')Salvo ....Messina
. .1511 1525
Arzo (dO Tommaso....
Messina. .
1516. .
Ruzzoloni Pietra Palermo. .
1518. .
Anemolo Vincenzo....
Palermo. .
1527 d.1542
Caldara Polidoro,
fondatore (Caravag-della scuola ec. in Messina
. ( gio 1493 1528 1543-5
Palermo (da)Antonio . . .Palermo
. .1528
Italiani frat. Paolo e Giovan-ni,
pittoriin Palermo.. .
Genova. .
1521
Gagini Antonio v. 1480 1503 1^36
GaginiVinc. ag. del pred 15.... 1595
GaginiDomenico 1564
Del Duca Giacomo....
Palermo. .
1571
338 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Secolo Palria
XVI. Calameck Lorenzo (chiamatodal Senato di Messina) . .
Italia
AngusciolaSofonisba (In Pa-lermo
maritata con Fabrizio
Moncada) Cremona
Fondulo Gio. Paolo,stabilito
a Palermo Cremona
Maflfei Giov. e Nic. figlio
Montorsoli fr. Agnolo e Mar-tino,
vennero in Messina
Calamech Andrea,scultore e
architetto Carrara
Cardino Francesco....
Messina
Paladino Filippo,
venne e
mori in Sicilia Firenze
Albina Gius, detto il Sozzo.Palermo
Wierix incisore
BagolinoSebastiano . . .Alcamo
XVII. Mirabella Niccolò....
Nicosia
Salerno Gius. d. Zoppo di G. CangiCamarda Gaspare ....
Messina
Asaro Pietro d. il monocolo )Regal-di Regalmuto )muto
Forte La Manna Giov.. .
Calascib*
Catalano Antonio d. rAnt.%.. Messina
Albina Pietro,
f. di Gius..Palermo
RodriquezAlonzo ....Messina
CaravaggioMichelang. slette )Caravag-molto in Sicilia ) (fio
Mennitì Mario Siracusa
Novelli Pier Antonio, padredel Morrealese Morreale
Carrera Vito TrapaniNovelli Pietro d. ilmorrealese Morreale
Comande Simone Frane, di lui
fratello Messina
Nero (lo)Frane, ine. arch.. Caltagir.
BarbalungaAntonio ....Messina
Catalano Antonio 41 giovine,fi-
Nato Fiori Morte
. .
1570. .
1535 15.... 1602
. .1573
. .
1547 1564
1550. .
1599
1554. .
1614
1584 1611
1543. .
1597 1610
1600. .
1600. .
1606 1655
1597 1617. .
. .1605
. .
1560. .
1630
. .1626
1578. .
1648
1577
1609
1640
. .1624
1607 1631
1603 1639 1647
1588
1600
1634
1653
1649
TAVOLA CRONOLOGICA DI PITTORI, ECC. 339
Secolo Palria
gliodel sopradelto.. . .Messina
XVII. RodriquezLuigi,fratellodi A-
lonzo Messina
CarregaAndrea TrapaniAsturino Gerardo Palermo
Cozza Francesco. . . . .
Palermo
SmiriglioMariano ....Palermo
Barbera (la)Vincenzo . . .Termini
Costantino Placido....
Messina
Loverde Giacomo.... Trapani
Paler. (da)Fr. Domenico Magri Palermo
Anselmo (d')Carlo ....Palermo
Giannotti Biagio Messina
GuagliataG. B Messina
Casembrot Abramo,
(tenne
scuola in Messina)....Olanda
Durand G. B. in Messina. . Borgogna
Marcii Domenico Messina
PulegioAntonino Messina
Tuccari Antonio Messina *
Suppa Andrea Messina
Scilla Giovanni.
'
. . . .Messina
Gaetano Antonio Messina
Guargena Domenico....
Messina
Fulco Giovanni Messina
Mirelli Ant.. . .
•
Beva Antonio
Van Houbracken Giovan. in
Messina
Tocino Ant
Fiorenza Pietro Palermo
Lasso Giulio arch. in Pai..Roma
Pò (del)Pietro Palermo
Pò (del)Teresa,fig.di P..Palermo
Abbadessa (P)Pietro. . . .Catania
VallelungaGiov Palermo
AprileCarlo scultore• . .
Palermo
Guercio Vincenzo scultore.Palermo
TravagliaGiov. scul.. . .
Palermo
Messina
Fiandra
Nato Fiori Morie
1585. .
1666
1585
1606
1677
1625 1663
. .1682
. .1636
1624
1630. .
. .1687
. •1689
1618. .
1603. .
1674
1670
. .1650
. .
1612. .
1676
1600. .
1689
1620. .
1660
1628. .
1671
1629 1667 1700
1630. .
1700
1610. .
1663
1605 1672. .
.- 1667
. .
. .1669 1701
. .1640
. .
. .1640
. .
. .1652
, .
. .1620
. .
1610. .
1692
. .
1689. .
. .1640
. .
. .1639
1661
. .1673
. .
340 NUOVE EFFKMBBIDI SICIUANE
Secolo Patria
XVn. Anello Ant. scultore.. . .
Palermo
Guercio Gaspare,t di Vin.
.Palermo
Rollo Ant. scultore.... Trapani
Cimino G. B Palermo
Certo Bonavent. arch.. . .
Messina
Ardoino Anna Messina
Bòsio Gaetano arch
PapaleoPietro scul.. . .
Palermo
Aquila(dO Carlo scultore..Palermo
Amato Giacomo arch.. . .
Palermo
Lunghi Martino architetto,(fuin Siciliae Napoli).. ...
Milano
Marchese Vincenzo
PagliaFr. Luigi,domenicano
Pinna Frane, architetto.. . Trapani
La Mattina Nunzio scul
Tedeschi Greg.scul
Mottone....architetto
G(mtini....architetto
Vaccarini....architetto
AquilaPietro Palermo
AquilaFr. Faraone,fratello
di Pietro Palermo
Ivara Filippo . . .t.
. .Messina
Calandrucci Giac Palermo
Giannetti Filippo Messina
Gabriele Onofrio Messina
€omo (da)fr. Emman. . . .Como
Monaco (lo)Gristof.....Messina
Falce (la)Antonio Messina
Geli Placido Messina
BalesUiero Giuseppe . . .Messina
Madiona Antonio.....
Siracusa
Grano Antonino Palermo
Nato Fion Morte
1671
1673. .
l6Si. .
1690. .
1660. .
1697. .
1632 1695 1718
. .1655
. .
1643 1670 1752
. .1651
. .1718
. .1674
. .
1659 1660
1653
TAVOLA CRONOLOGICA DI PriTORI, ECC. 341
NOTIZIE
SECOLO XVll.
Andrea Oarrey a. -^ Nel principiodel secolo XVII nacque in
Trapani da onorati ed agiatiparenti.Il padre suo pensò di cre-scerlo
nella virtù e nelle lettere.Nel ginnasiodei Gesuiti studiò
umane lettere e filosofia.Indi neir università di Catania il dritto,e ne ottenne la laurea dottorale. Morti i suoi genitori,abbandonòlo studio delle,leggi,e diessi alla pittura,per la quale avea sem-pre
avuto passione.Dapprima studiò sotto il Novelli. Poi andò a
Roma e scelse a maestro il Wandick. Non tardò a rendersi caro
al nAèstro dipingendoquadriche glierano applaudili.Molte operedi lui sono in Trapani,molte si sono vendute aglistranieri.
Poi si stabilìin Palermo,ove molto dipinsesia olioche a fresco,
e ove mori nel 1677. Fu sepoltoin S. Giuseppe de' Teatini.
Il suo fuoco e la sua vivacità di rado glipermettevano di dar
finimento a' suoi dipinti.Ma la franchezza e naturalezza del suo
pennellolo fan riguardarecome eccellente pittore.(FerrOyGuida
pag.439.)(Male sue asserzioni non sono appoggiatea documenti
autorevoli).Andrea Carrega(diceil Mongitore)dottore in ambe le Leggi,
trapanese, tratto dal suo naturale genio per la pitturavi si ap-plicò
talmente che riuscinne egregio.Visse lungamente in Pa-lermo,
ove mori nel 1672. Dipinsea fresco le due cappelledel
Sacramento di N.* Sig.'Libera inferni nel nostro Duomo per o-
pera deir Arcivescovo Lonzano etc. (Mss.p. 406. V. Amato).Cercò
d' imitare il Novelli,
ma non potèraggiungereil gran vigore di
quel pennello,specialmentenella finitezza delle teste e V espres-sione
delli affetti.Ad ogni modo fu eglispiritosopittore,bizzano,
spedito;concepiva con proprietàle sue composizioni,e con fran-chezza
eseguivale.È celebre in Casteltermini ilsuo quadro di San
Giuseppeair altare maggiore della sua Chiesa. Di questo quadro,come di GiuseppePaladino,parlail Lanzi con elogiot.2. Il Lanzi
dice ancora trovar considerato fra i valenf uomini di queir Isola
il Carrega,e crede aver dipintoassai per privatietc.
Viocenso lia Barbiera -* Nato in Termini,visse nei principidel sec. decimo settimo. Sono sue opere in Termini: I freschi
nella Casa Comunale del 1610,raffigurantialcuni avvenimenti del-
342 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
1^antica storia patria.A olio un deposto di Croce nella chiesa
dei Paolotti ; la Nascita di H. V. nella chiesa della Misericordia.
La Natività nella chiesa di s. Giovanni Battista. Presso i Dome-nicani
una V. SS. che prega il Divin Figlioa non scagliarei suoi
fulmini contro quellacittà a lui devota.
Paolo Giudice (Domenicano)promette di stabilirele differenti
epochedi due pittoriVincenzo La Barbiera e GiuseppeSalerno (p.2).La Barbiera in Termini sua patrialasciònon pocheopere, le qualiben lo assicurano che il suo nome sorviverà a parecchisecoli(ivi).
Argomenta che fosse stato discepolodel Domenichino in Napolida una testa di s. Antonio Abate,bellissima. — M^ mentre la Bar-biera
operava da sportomaestro in Sicilia lo Zampieri avea 23
anni,né ancora avea veduto Napoli.—^
• La Gloria del quadrodi s. Giovanni Battista (nellasua chiesa)è cosi ben composta e colorita,e gliangiolettisono sì leggiadrie
vezzosi che ti rammentano il fare del pittorBolognese.E piùnella tela di sanf Anna, che dee riputarsiil suo capolavoro.» (In
s. Antonio Abbate di Mussomeli).Dòpo averne fatta una ininuta
descrizione soggiunse:t Ciò che in questo dipintoè degno di con-siderazione
e procacciaal La Barbiera il nome di pittore,è la di-sposizione
artificiosadelle figureche nello insieme considerate
fanno un bel tutto,
e V azione di ognuna di esse poco lascia a
desiderare perchèsi dicesse perfetta.—Né in questaha saputo sco-
priiela menoma pecca — • (p.3).E dopo di aver rilevatealtre bel-lezze
prosieguo: • Malgradoquestie simili pregiche adornano
il quadro, hannovi non poche mende, alcune delle qualiall'in-gegno
del pittore, altre a' suoi studi,si debbono ascrivere.
Della prima specie sono certa timidezza di pennello,poco fecon-dità
neir inventare e colorire debole: della seconda,contorni nin
pò trascuratie inesatti sono quellidel piccolGesù,pieghetroppominute e fusione di coloriispiacenti• (p.4).
Ecco r artefice che nella tela di sant'Anna col suo comporresi fa presso al Domenichino!
« Nello Sponsalizio(itiTermini nella chiesa dell'Annunziata)tra
molte figuremal disegnatee peggiodipinte,hanno alcune che
innamorano lo spettatore.Questa strana mescolanza di buono e
di cattivo in una medesima pitturami fa sospettare che eglisi
facesse ajutareda qualchediscepolo,osservandosi in certe partidel quadro un tocco di pennellodiverso da quellodel pittorter-
minese... Chi vogliafar prova di tal considerazione guardila volta
TAVOLA CRONOLOGICA DI PITTORI, ECC. 343
della Casa comunale di Termini ove il buono accanto al cattivo
chiaramente si scorge. E qui giova avvertire che appièdi vari
quadri trovasi Vincenzo La Barbiera inventoree sMntendea di essi
ch^ ei ne fece soltanto glischizzi,ma furon da altrinel modo piùmiserabile dipinti» (p.4).
n N. A. avea si da principiopromesso riconoscere in questo
pittoredue diflferentimaniere. La prima più ampia,alquantoli-bera,
piacevole;la seconda secca, timida,disgustosissima(p.2.)Ci dica ora a quale delle due maniere appartengono le opere a
olio 0 a fresco delle qualiha ragionato.Questo noi fa. Dice che
quellidella prima maniera sono dipintenel principiodel XYII
secolo;ma non sono accennate né fatte rilevare con le date. Del
che dovea fare diligentericerca. Poi dice: • Le altre lavorate dopoil 16losono indegne del suo nome. • Ma qualisono?
Poi dice che il La Barbiera imitò VAnemolo. La deposizionedel
pittoreimerese è poco più che una copiadel palermitano.Si ac-costò
bene air originalee le idee da lui introdotte (laMadonna
sorretta dalle altre pie femine)nulla pendono in paragone delle
imitate. Nello Sponsalizioimitò eziandio TAnemolo (p.5.)Nulladimeno (conchiude)merita onorato seggio in mezzo a non
pochipittoriche precessero una stagionepiù gloriosaper la si-ciliana
dipintura(p.6.)B. È pregevoleper la vaghezza del colorito
,correzion df di-segno
e robustezza di pennello.Formossi uno stile medio tra
quello del Caravaggioe del Paladino. Suoi freschi in Termini
del 1610:
In s. Domenico della stessa città è suo il s. Cosmo che me-dica
le piaghead un giovine,colla data del 1612 e il suo nome.
Nel 1607 dipinseun s. Giovanni Battista nella Chiesa di detto
santo in Termini,pel prezzo di onze 30.
Nel 1624 erasi stabilito in Palermo.
Nel 1637 dipingevai freschi del Reale Archivio del Palazzo in
concorrenza col Novelli per ordine del Governo.
Nel 1625 il Senato glifé dipingereil s. Agatone nel Duomo,che è ora nella sacrestia per dar luogo a quellodi AgostinoBel-
trano Napolitanodel 1652.
L'Amato si eontradice asserendo che nel 1625 il Senato fece
dipingereil s. Agatone all'Asturino.
L'Amato dice che nel 1679 il Senato fece dipingerela santa
Rosalia pel Duomo al La Barbiera. Ma pare incredibile, perchè
^ii NOOYE BFrEMfiBlOI SIGIUANB
in tal'anno il piltorecontar dovea più di 90 anni^ Vedi Atnato.
metro Aquila (Palermitano).Di onorata e civile (amiglian.
prima della metà del 17o secolo con un genio e una forteindi-
nazione allo stadio delle belle arti.E sebbene applicatoalleletr
tere,per avere abbracciato lo stato ecclesiastico,e giuntoanche al
sacerdozio,non lasciò mai di studiare profondamenteildisegnosotto
la direzione di Francesco Lo Nero^ non ispregevoleincisore in
bulino,e dotto in geometria e in meccanica. Morto costui,Pietro
gli fece il ritratto in intaglio(1653).Andò poi a compire i suoi
studi in Roma,
ove presa amicizia col Maratta,furonglida lui
indicate le divine pitturedi RafiEaelloe de' Caraccioe s'ei non
volea seguirele sfrenatezze degliarteficidi quei tempi,consul-
toglidi studiarne assiduamente le opere e il carattere.
Pietro possedevabene il disegno;e cominciò a farsi conoscere
in Roma con intagliareall'acquaforte con somma esattezza e di-ligenza
le 52 storie delle Logge del Vaticano di Raffaello e dei
suoi scolari.Egli pubblicòquiviquesto suo lavoro nel 1674 e da
Giov. Giac. de' Rossi ne fu fatta la dedica a Cristina regina di
.Stvezia.Intagliòanche molto bene e in più grandela battagliadi
Costantino di Giulio Romano^che vien preferitaa quellepiù an-tiche
del Scall)ergiodal Perreyo d' Anversa e da altri.« Benché
intagliatada molti in antico (diceM. Bottarì),la intagliòpoiPietro Aquilain grande
,ricavandola dalla pittura; ed è una
delle maggioristampe che vada in giro,ed è molto bella per di-segno
e per intaglio.»
Il Cavallucci^uno dei più valenti pittoridei giorninostri,di-ceva
in Roma al Conte Napione:• quanto a me io mi attengoai
e contorni dell'Aquilaa preferenzadelle più famose stampe mo-
• derue delleLoggie dì Raffaello.» Ed infattitenevale apjpesealle
paretidel suo stadio,come attesta lo stesso Napione,ilqualeos-serva
bene di ciò la ragione,perchè P. Aquila,a giudiciodel Bai-
dinucci era ancor buon pittore,e valente disegnatore,essendo il
disegnola base fondamentale di tutte le arti figurative— L'Aquila,dice il Bellorico' suoi disegnied intagliha arricchito i musei.
Or benché in Italiafosse piùrinomato come valente incisorein rame
che come pittore, lasciò eglituttavia moltisshne opere A a olio
che a fresco in Siciliadi sommo pregio: che se- i dotti viaggia-tori
jie tacciono,la ragioneè quellache dice il Lanzi; € che i pa-lermitani,
ove capitiun forestiere di gusto poco altro gliadditano
che le opere del Novelli • (St.pitt.tom. %) Sono suoi i due quadroni
316 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
rella dei signoriPietro e Giacomo,soggettidi gridoprimarionel
valore pittorico.Accoppiaella colla morale il credito delP Arte
che con migliorsorte però avrebbe a risplenderenel pregiodei
talenti fra ciascun'altra. I suoi Avori si vagamente coloriti son cari
ai Sovrani. Leggonsi in sua casa testimonianze di conto d'inge-gnipellegrinie di personaggipiù chiari in Europa.Valgono i
suoi lavori a prestar degno ornamento in qualsiasiGalleria; sa-pendo
ella concepircolla mente e produr colla mano sempre fe-conde
quantitàdi forme tutte vaghe e di plausoal più accorto
giudicio.Ella merita dai Grandi visite onorarie e lodevoli espres-sioni
eziandio dalle metropolipiù discoste. »' (Napoli,20 otto-bre
1689).Fin qui il Pacichelli,il quale erra nel dirla Romana,
se pur tale non la vogliaperchèascritta air accademia de' pittoriRomani. Mongitore, Mss. p. 428.
FraneMco Aquila Faraone (Palermitano)— Nato in seconde
nozze dal padre di Pietro dopo la metà del XVII, apprese dal fra-tello
il disegnoe V arte d' intagliareil rame a bulino. Con esso
in Roma studiò le miglioriopere, e divenne non inferiore al fra-tello
nella correzione del disegno e nella eleganzade' contomi.
Copiò ed espresse col bulino le Grazie del Correggio.Due sue
stampe sono lodatissinie di due quadri di queirinarrivabilearte-fice.
La prima della Vergine sedente col bambino in camicia che
colla destra benedice,e tien V altra mano nella sinistra della Ma-donna.
V'é in lontananza S. Giuseppeche lavora. Dedicò questa
stampa a G. Pietro Baglioninel 1691. (Notaal tom. V. del Va-sari,
pag. 107).Un altro quadro del Correggiointagliòdue volte Francesco in
una carta grande e in una piccola,non sulPoriginalemedesimo,
ma sopra una buona copia del Carpi(L'Assunzione di N. D.)..
Nella Certosa di Pavia oravi del Correggioa olio una V. SS. che
mette una camicia indosso a Cripto fanciulletto,che ora dicesi an-dato
in Spagna. Fu esso intagliatoin rame dal nostro Francesco.
Sono le sue opere tenute in gran pregioin tutte le raccolte di
stampe. (Notaal t. 8**del Vas. pag. 338).
• l due fratelli Pietro e Francesco Aquila (diceil Milizia)si
contradistinsero nella fine dello scorso secolo nell'acquaforte nelle
opere di Caracci e di Maratta " benché, secondo il suo costume
di non perdonare a ninno,aggiungache sono rimproveratidi ma-grezza.
Di che né il Baldinucci,né ilBottari,né alcun altro giam-mai
gliha incolpati.
TAVOLA CAONOLOGIGA DI PITTOBI, ECC. 347
Oiacinto Oalandmoci — Nato in Palermo verso il 1660 appli-cossi al disegnosotto la disciplinadi Andrea Carrega ilquale co-noscendo
i talenti deir allievo e compiacendosene,da lui,ancor-ché
giovinetto,si fece ajutarene' freschi che dipingevanella
volta della gran tribuna di s. Giuseppe dei Teatini. Sono suo la-voro
alcune sacre storie,accanto a quelle più vaste del suo mae-stro.
Morto costui,recossi a Roma per meglio perfezionarsinel-
r arte. Si pose sotto il Maratta,e die prova del suo valore,arric-chendo
dopo il 1695 delle sue pitturela Chiesa di S. Antonio dei
Portoghesi(Vasi,Itin. istrut.di Roma T. 2.)Fattosi buon nome in Roma colle sue opere, ne giunseilgrido
alla sua patria,e richiesto dalle monache del Salvatore d'un gran
quadro di santa Rosalia,lo mandò loro da Roma nel 1703, che
fu lodato per la correzion del disegno,per la vivacità del colo-rito,
per la scelta delle forme e V aria delle teste;sicché in quel-la
anno medesimo ne fu stampata una compiutarelazione.
Richiamato alla patriadalle istanze de' suoi concittadini,insieme
con G. B. suo fratello,venuto seco da Roma, dipinsea fresco la
volta della Compagnia di S. Lorenzo. Dipingevail quadro della
Y. SS. del Rifugioquando la morte lo colse nell'età di 46 anni
nel 1707.
L'anzidetto quadro fu finitoda suo fratello,il quale nel 1704
avea ottenuta dall'Accademia di Roma il premio nella seconda
classe de' pittori.Giacinto ò lodato dal Crescimbeni nella sua Arcadia,lib.4 pa-gina
143. È lodato dal Bellori nella Vita del Maratti.
Melchior Galbotti
N. B. Nella Lettera T al sig^Topin'sulla storiadella pitturain
Sicilia,il Galeotti ricorda del sec. IX un Zaccaria Cefo,
vescovo
di Taormina,pittore;e un Joannellus de Brando^forse palermitano,che dipingevauna tavola della Madonna dell'Itria,oggi in Cata-nia,
nel 1571. E nel libro intorno ad Antonio Gaginie la ma scuola
soiTo nominati tra i GaginiGiacomo e Antonio Aglidel sommo scul-tore,
e scultorianch' essi;e tre Ferrari emuli in lavori dr plasticade' Gaginie contemporanei;e non pochialtriartisti,specialmente
statuari,del sec. XVI e del XVII, fra qualiil Gio. Batt. Li Volsi
che fece nel 1630 la statua in bronzo di Carlo V in Piazza BolognL
348 NUOVE BFPBlIBRmi SICILIANE
Artistiche non si leggonoin questa Tavola,già
,come si è av-visato
anteriore agliultimi studi deir autore, sono i Mastrangeli^un De Noto,un Vincenzo Ingofer,il La Face, il Mendoìa(Fran*Cesco),i due Giti (Giovannied Orsolo),il Bonanno (Rinaldo),il
Mora (Fabrizio),ilMazzola (Domenico),il Berettario (Antonino),
il De Scalisi(Angelo)il Barbato (Antonio)ec.; tutti fioritinel se-colo
XVI: de' qualiil nostro scrittore ricorda le opere nel libro
suddettocosionorevolmente accolto dairaccademia di Berlino (Leti,air aut. 27 genn. 1862),alla quale ne fece relazione il prof.Guhl
(v.Supplim.àUe notizie di Berlino ec. n. 77, 1**apr. 1862);e da'
giornalifrancesi,come dalla Tiibune artistiqueet littérairedu Midijnella qualene diede un beir esame e giudizioil Chaumelin (VT*ann. mars, 1862,p. 77 e segg.; il quale,maravigliatoche nessun
dizionario artistico o biograficoavesse parlatodel Gagini,Pune de$
plusgrandesgloiresartistiquesde la Sicilesi compiaceper la sto-ria
deir arte,che: e il était réservó à Melchior Galeotti de nous
« faire admirer ce merveilleux genie,en nous révélant ses gigan-c tesques travaux,en nous faisantconnattre la part considerale
« qu'ilpritau mouvement de )a Renaissance et Tinfluence qu'ile eut sur ses contemporains.i Tanta copiadi artisti,onde è stata
ricca la Sicilia,
foceva conchiudere al Galeotti il suo libro con
queste parole:€ Ella (laSicilia)ha avuto scuole di scultura,pit-tura,
architettura,e di quasitutte le altre minori arti,da gareg-giare
colle più illustri di altrove (p.143).•
/ Compilatori
DI ALCUNI TRATTATI DI MASCALCIA
ORA PUBBLICATI PBR LA PRIMA VOLTA
DA Pietro Delprato e da ItVLigìBarberi
Z.
La Collezione di opere inedite e rare pubblicateper cura della
R. Commessione pe' testi di lingua è stata non è guariarricchita
di tre volumi di Mascalcia (1),curati dall'egr.prof.Pietro Delpralò,
e pel testo latino dal eh. ab. Barberi;nei qualisono statipubbli-cati
per la prima volta alcuni volgarizzamentide' secoli XIII e
XJV del libro di Mascalcia voltato dall'arabo in latino da Maestro
Moisè da Palermo, e il trattalo della cura d^" cavalli di Lorenzo
Rusio, romano, recato in volgare siciliano del secolo XIV ; « mo-numento,
siccome dice V editore,di linguavernacola italiana,che
pel rispettodella filologiaè senza dubbio d' importanzanon lieve
(avv.al voi. I,pag. VIII).^Ai quali Volgarizzamentidel libro di Maestro Moisè va innanzi
una bellissima prefazionedel Delprato,nella quale si discorredei
due Ippocrati,V uno greco, Taltro indiano,che ilmedio evo tenne
come principaliscrittori di ippiatrica,e della raccolta degP ippia-
trici greci del IX secolo,non ignoratain Italia,ove per gliArabi
di Sicilia erano anzi penetrate scritture che venivano dalla Persia
e dair India,siccome è stato provato; e vi sono ricordati gliscrit-tori
italiani che continuarono nel medio evo con perizia singo-lare
lo studio della medicina degli animali.
Al Trattato del Rusio segue poi un volume che dà la storia della
veterenaria dagliantichi tempi ai nostri,sotto ilmodesto titolodi
Notizie Storiche degliScrittori Italiani di Veterenaria. Tantoché
questa pubblicazioneche ha regalaloall'Italial'egr.Delprato,puòdirsi francamente nulla lasciare a. desiderare
,e gareggiar bene
co' lavori di dotti stranieri o nostrani sul proposito,come l'Heu-
singere l'Ercolani: anzi a compimento della sua opera non lasciò il
(i) V. Traltali di Mascalcia altribuUi ad IppocraU IradoUi dall'arabo in latino da
Maestro Moisè da Paleimo, volgarizzatiiMltecolo XI H, ee. Bologna,presso G. Ro-magnoli,
186).
La Maxcnìcia di Lor"*nzo Rusio^ volyarizzanientodel secolo XIV ecc. voi. due.
Uolog.'ia,G. Romugnoli 1867-1870.
2a
350 NUOVg EFFEMERIDI SICILIANE
dotto e solerlissimo editore di fornire il volume delle Notizie di
no Indice delle malattie indicate o descritte da Lorenzo Bmio,dì
an Elenco delle medicine e degliargomentiterapeuticiìMaU o con-sigliati
da Lorenzo RusiOye di un Glossario di voci da notare per
la loro 0 specialeo nuova significazione.Nel qualeGlossario trovi
per lo più voci che tuttora vivono nel dialetto siciliano,e si sen-tono
ogni di per le stalle o da' mozzi. Il lungo discorso del Dei-
prato tratta ne' primi || sino al XIII della Veterenaria presso gli
antichi;ma dal § XIV sino all'utimo, che è ilCL, si occupa tutto
della ippiatricain Italia,specialmentenel medio'evo,quando,a detta
dell'Heusinger,solamente l'Italia ebbe una Veterenaria,ereditata
dalla Grecia e dagliArabi. E però dalla Veterenaria in Italia nel
nono e decimo secolo (§ XIV, p. 27),sino al conte Francesco Bonsi
(n.1803) che FilippoRe pone in primo luogo fra' benemeriti in
Italia della Zooiatrìa; anzi sino a Giacomo GandoUi e a Michele
Buniva,(n.1814),l'uno professoredi Veterenaria nella Università
bolognese,l'altro direttore dello stesso studio in quelladi Torino;
sono discusse accuratamente e con molta erudizione le vicende de-gli
studi e r importanzadelle opere di Ippiatricafra noi. Né oltre
a ciò manca il discorso di un'appendicedi documenti ed aggiunte
per la storia della Veterenariayriguardantie Lorenzo Rusio,e un'o-pera
di ippiatricaorientale stampata sono pochianni (1866)in Ge-rusalemme
dalla Tipografiade' PP. Francescani,e la GiurisiM'udenzaVeterenaria di IppolitoBavacossa, e la Veterenaria di Pelaganio
(soprala quale scrisse una memoria il Molin),e ilBartoIomeo di
Messina traduttore dell'opera di lerocle ippiatrogreco ,e alcuni
codici sia di Mascalcia,sia di Falconeria,esistenti in queste Biblio-teche
comunale e nazionale di Palermo e in Catania,da noi ai-
travolta illustrati (1);e, infine,la confermazione che il testo del
Rusio è in antico siciliano;e t fu certo un singolareprivilegiode'
t siciliani quello di conservarci opere d'ippiatricascritte nel loro
• linguaggio,e nessuno potrebbemai disconoscere una talequa-
« lità in alcuni codici dell'operadi Giordano Ruffo,in quelladi
t Giovanni de Cruyllis,e, per quanto crediamo,nel nostro Rusio.
« Ninno seppe mai ricordare scrittura veterenaria dettata in un
€ dialetto diverso dal siciliano,e quando si pretendesseilcontra-
t rio per questo del Rusio,se ne avrebbe il pruno esempio.Fra
« le popolazioniitaliane,la sicilianaquasi iniziò ed accrebbe più
(i) V. nel Borghini di Firenze, anno IL p. 577, la feUera al cav. Frane. Zam-
brìni. ora dal Delpratoriforitanel suo discorso a p. 213 e seg.
DI ALCUNI TRATTATI DI M ASGAIXIA 351
• che l'altre il patrimoniodella Velerenaria : Moisè da Palenno
e tradusse i libri indiani di Mascalcia,Bartolomeo da Messina ira-
« ^làtò la raccolta greca di Jerocle,indicato col nome di Eracleo
t od Eroteo ; d' altri antichi scrittorisiciliani di veterenaria ab-
c biamo non ha guari discusso da non credere necessari nuovi ar-
• gomenli di prova • (p.228).Delle quali parole,che fanno cosi
bello onore alla Sicilia,rendiamo i debiti ringraziamentiair illu-stre
autore; al quale avremmo voluto fossero stati anche noti gliscrittori siciliani d' ippiatricade' secoli ultimi,affinchè più vivo e
più compiutofosse riuscito il suo dotto lavoro,di tanto interesse
per la storia della medicina in Italia.L'aver poi accompagnatodel testo latino si i due volgarizzamentide' Trattati di Maestro
Moisè e si il volgare del Rusio, è stato opportuno divisamenta a
meglio intendere^ V antico dettato toscano e siciliano,nel quale ut-
timo specialmentenon sono molto rare le scorrezioni del menante,
ovvero qualchegiuntafuori luogo,come a ragiond'es.a p. 215, ove
il periodoche comincia: L' altra: fa la mia ec. sino a Recipe la
radicina ec, non è nel Ialino,e dovette essere una interpellazione
per la quale la postilladel margine passò dentro il testo. Per-
locchè,è da dar molta lode eziandio all'ab. Luigi Barbieri che
cosi bene curò i testi latini,cioè: Liber IpocraUsde infinnitatibus
equorum et curis eorum; Liber nhariscaltie eqìwrum et cure eorum; e
Laurentii Rusii de cura equorum Liber^aggiungendo al testo, di Ip^
pocrate,che il Barberi crede rifatto suU' antico volgarizzamento
del libro di Maestro Moisè,e al secondo d'incerto,importantissimeannotazioni per le voci di barbara latinità ; cosi come non men
dotte note eziandio ha apposte ai due lesti volgari,che seguono
i trattati latini,col titolo Libro di Mascalcia che traslatò dal greco
in latino Maestro Moisè di Palermo (p.203),e questo libro di Ma-scalcia
di cavala^muli e asini fu traslatato da Maestro Moisè di Pa-lermo
(p.iì7),I qualitesti volgaririscontrati coi due testi pur vol-gari
che precedononel volume, per cura del Delpraio,e son ri-feriti
al secolo XIII,danno invero una lezione più pulitae me-glio
andante della prima, tanto che pare chiaramente aversi una
data più recente, benché non si allontanino dal secolo XIV, e ci
senti perciòtutto V odore e sapore delicatissimo del beato trecento.
Se non che, questi Trattati di Mascalcia o di Maestro Moisè o
di Lorenzo Rusio, ci conducono a fermarci un poco di proposito
e sopra Maestro Moisè, e sopra il dettato specialmentedel libra
del Rusio,quale ora è stato pubblicatonella Collezione bolognese
sopi'a citata.
MAESTRO NOISfiDI PALERMO
E GLI ANTICHI TESTI DI MASGALQA
IN VOIXSARB SICIUANO
La cura deglianimali,cavalli specialmenteo falconi,fu degli
efficipiù nobili che fosser tenuti a Corte de' nostri re normanni,
svevi,angioini,aragonesi.Un maestro Guglielmo scrittore di fal-coneria
€ fu nutrito in la corte del re Rugero et poi stete con
k) figliolo:» Maestro Moisè di Palermo traslatò dall'arabico in la-tino
0 sotto di Guglielmo o sotto gli svevi il libro della mascalcia
de" cavalli che si diceva scritto alla corte di Cosroe da un Ippocrate
indiano meglioche greco; Girolamo Ruffo,marescalco di Federico II,
scrisse di Mascalcia,dopo Maestro Moisè,per le stalle dello imperato-re;
Bartofomeo da Messina tradusse in latino i libri ippiatricidi Je-
rocle 0 di Erocle greco per comando di Manfredi;Lorenzo Rusio
romano,familiare del cardinale di S. Adriano Napoleone degli
Orsini, componeva il suo libro sopra i lesti di Maestro Moisè e
di Giordano Ruffo e di Bartolomeo di Messina, a^ tempi de' pri-mi
Aragonesi,e tosto ^ Tolgarìzzava in siciliano;siccome sotto gli
ultimi scrivevano Bartolo Spadafora e Piero Andrea i loro trat-tati
di Maniscalcheria,che abbiamo ms. per le nostre Biblioteche.
La veterenaria del medio evo è dovuta pertanto ai siciliani,
e
nngolarmente a Maestro Moisè, il quale riducendo in latino,sic-come
si è detto,quanto era passato agli arabi dalla Persia e dal*
V India sul proposito,aprìla via agli scrittori che seguirono, dì
guisa che conosciuto quello che i Greci avevano registratodella
materia nella i-accolta fatta da lerode e tradotta da Bartolomeo
da Messina, fu agevole dapprima a Giordano Ruffo, e poi a' suoi
continuatori,raccoglierein un corpo gli antichi ammaestramenti
avvalorati da nuove esperienze, e dare air Italia una specialearte
che assai più si stendesse di quello che era stato lasciato scritto
da Cohimella,Vegezio, e Palladio. Il libro traslatato da Maestro
Moisè nel secolo XIII si vuole che fosse stata Peperà che dal
persiano era stata fatta araba da lano Damasceno nel nono se-
GooqIc
354 NUOVE BVFBMBRIDI SIGILUNE
0 nulla si dipartonogliscrittori del sec. XIII e XTV sino al XVII,
tanto da potersidire a ragione • essere stato il libro di Moisè di
" Palermo la principalee più conosciuta autorità da cui ricava-
t rono i loro libri i piùpregiatiscrittoriche dal 1250 sino al 1600
e trattarono la medicina deglianimali (1).Confrontando il libro
t nono di Crescenzio coir opera di Ruffo, incontransi diversi ca-
" pitoliche sembrano copia fedele gliuni deglialtri;ma essi sono
€ appunto cosi perchè Ruffo e Crescenzio rimasero ad un'unica
fl fonte,ossia al libro di Moisè di Paleimo "; siccome al Ruffo si at-tengono
Lorenzo Rusio e messer Bonifacio,e mastro Piero di An-drea,
e altri de' secoli XIV, XV, e seguenti.Nò è da passare sotto silenzio come nel tempo stesso che la Si-cilia
dava air Italia,e però alP Europa, con la traslazione di Mae-stro
Moisè il libro d'ippiatricapiù famoso che avesse l'Oriente,
originariamenteforse scritto in linguasanscrita,e poi,prima che
in arabo,in persianoe in greco; Bartolomeo da Messina riduceva
-appunto in latino il hbro greco di leroclo o Erateo,uno degliip-4)iatriciche fiorirono ai tempi di Costantino Cesare e aiutarono
la raccolta degli scrittori grecigeoponicifatta da Cassiano Basso,
a cui lerocle o Eroteo intitolava il suo libro,siccome si leggenel cod. ms. che fu secondo il Tiraboschi della libreria di San
Salvadore in Bologna (2),ed ora è nella Bibliot. della R. Uni-versità
della stessa città (3): IncipitliberEraclei ad Bassum de
-curafioneequorum in ordine perfectotranslatus de greco in latinum
XI MagistroBartholomeo de Messana in Curia illustrissimi Man-fredi
serenissimi RegisSiciliaeamatoris, et mandato suo. Ma nò
anco più altre notizie abbiamo di questo Bartolomeo da Messina,traduttore eziandio de' libri Morali di Aristotile(4)
,tranne che
fosse stato medico e forse di nobile sangue, siccome nota ilMon-
{!)V. Trailati di Mascalcia,p. XXXVI-XXXVII.
'(2)Op, cU. t. IV, L. n, p. 243. ed. ciu
(Z)La Matcalcia di Lorenzo Rusio, voi. % pag. 212.
(4) Cosi il Tiraboschi a propositodelle tradazioni di Aristotile che non dall*a-
rabico ma dal greco si facevano alla Corte di Federico e di Manfredi : • Ne abbiamo
« Ja prova in un coilice a penna della libreria di Santa Croce in Firenze,citato
« dal eh. Mehos (Vita Ambros. eamald. p. 155) in cui si contiene 1*Etica di quel
• filosofotradotta dal greco da Bartolomeo di Messina : Incipitliber magnorum
Elhieorum Aristotelis translatus de graeeo in latinum a magistro Bartholomeo de
Messana in Curia illustrissimiManfrediSerenissimi BegisCiciliae scientiaeamaloris
de mandato suo ecc.
DI ALCUNI TRATTATI DI MASCALCIA 355
gìtore sulla testimonianza di un catalogodi medici presso il Ti-
raquello(1).Un poco più,air incontro,sappiamo di Giordano Ruflfo,non si-ciliano
di nascila,ma tale a considerarsi per la sua stanza alla
Corte di Federico,presso cui dovetter essere in molto onore, se
il suo cognome si leggeco' notabili del Regno tra quelliche sotto-scrissero
il testamento dell'Imperatorea 13 die. del 1250 in Fio-rentino.
Una nota che o in latino o in volgaresi leggein fine de'
codici del Trattato di Mascalcia di Giordano Auffo,ci fa sapere chi
fosse stato Fautore e che grado ayesse tenuto alla Corte Sici-liana
dello Svevo. Nel cod. latino della Bibliot. dell'ArchiginnasioRomano della Sapienza si ha : e Hoc opus composuitlordanus
« Rufifus de Calabrica Miles et familiaris Domini' Friderici Impe-c ratoris secundi Romanor. memorie recolende,qui inslructus fue-
« rat piene per eundem dominum de omnibus supradictis:exper-c tus etiam fuerat poslmodum probabiliterin maristalla equorum
« ejusdemDomini, in qua fuit per magnum temporisspatiumcom-
c moratus »: e in altro cod. volgaresiciliano a nostro credere del
sec. XIII,ora nel Museo Britannico,sta scritto
,siccome è rife-rito
dal Bruce-Whyte:• Kista opera fu facptaper la autoritatedi
« lu Paladiu e di altri.Ma quelluki riguardalimorbi et le cure
e specialmentefu trovato per me signoreGiordano Rufifu di Ca-
c labria trattato per Herocle marìscalco per le stalle de l'Impera-c toreFedericu lungu tempu defuntu.» Nella qualenota è bene av-visato
da maestro Giordano,che sino a suo tempo governava le stalle
imperialiil trattato di Herocle (quellostesso recato in latino da
Bartolomeo di Messina),scrittore antico o come è detto lungutempu
defunto; né credo altrimenti si possa intendere l'ultima partedi
essa nota, nella quale le parole'sono abbastanza disordinate.
Vero è pertantoche Giordano Ruffo non sia stato siciliano,ma
vivendo alla corte di Sicilia,forse prima che in latino,siccome
pur ha creduto il eh. Delprato(2),eglidie fuori il suo trattato
in siciliano;e propriodel secolo XIII parte il dettato del codice
(I) « Bartbolomeiiiiide Messaoa skoluoi inv«DÌ apod Tiraqunllumde nobUiiaU,
«e. SI p. S63 in CaUlogo Mcdicoram - y. Biblioth. Sieuia,t. I, p.96.Pai. 1708.
V. Gregorio,Opere, pag. 815.
(S) Trattati di Mascalcia atlribuUi ad Ippoeratetradottidall*arabo ìd latino d4
maestro Moiiò da Palermo, yolgarizzatinel sec. XIII messi in lace per cora di Pie-tro
Del Prato ecc. Prelimin. p. XXX. Bologna1865. (CoUex,di Op, ined, e rare
della Commeii. pei Tali di lingua).
3S6 NUOVE EFFEMERIDI SIGILUNE
del Museo Britannico,il cui cominciamento é appunto questo:,
e Izi cominza lu libru di maniscalchia cumpostu da lu maestro
€ Giordano Russo di Galicia,mariscalo delF ImperatoreFederico,
e Conciosia cosa ke inter tutti li animati de la umana generat-
« tione per usu deputati,nullu cere (o cene, cioè ce ne è?) fin
e nobile di lu cavallu,né ancora nullu cere (o cene?) allu homu
€ più comodu. Nobile ancora per la umana dignitate,e splendidis^
e Simo, e senza di issu in verità nullu homu pò aviri gloria,ne
e pò sustenirsi. Ma essendu più comodu vale più di tutti li altri
e animali;nullu potè ni fare li ofilcìidi lu cavallu,ni ki si trova
• si doctu. Ora dico di di luinaturale,e alle persone digne come e
« conveniente,e alle nobili senza fatica....(i)" Né in altro vol-gare,
che siciliano,benché più pulito,sarebbe il cod. citato dal
Molin, e già della Biblioteca Damiani di Venezia ; il quale inco-mincia
: e Nui messeri Jordanu Russu di Calabria volimu insignari
« achellichi avinu a nutricari cavalli secundu chi avimu imparata
e nela manestalla de lu ìmperatnrìFedericu chi avimu pruvatu e
e avimu complitaquesta opiranelu nomu di Deu e di santu Aloi: »
ovvero Taltro citato da Michele Yannucci della Biblioteca de' conti
Melzi riferito alla metà del secolo XIII,quando già si sa dal Ti-
raboschi,dal Morelli,e dalFHeusinger,che ilMarescalco imperialeaveva appunto composto il suo libro (2).
Che se poi romano, né affetto siciliano,quantunque avesse po-tuto
trovarsi alla oorte angioinadi Napoli,è Lorenzo Rusio,fami-liare
del cardinale NapoleoneOrsini,ilvolgarizzamentopiù antico
(1) La Matcakia di Lwenzo Rvsio ecc. v. 11,ed. cit. p. 2S3.
(%) Non citoil ms. della Biblioteca di Siena dalKab. De Angelisgiudicalodel 12id
poichése non è il ms. di Mascalcia che il Venturi dice essere del Ì3i5, è nitro di
data più recente«
e come dal eh. cay. Luciano Bianchi ho saputo» de' primi anni
del XV; né è il BufTo^ né il Rusio, bensì un compendio de* Trattati di Mascalcia
conosciuti,fatto in quel secolo,e in dettato toscano, siccome é a ve"lere da questo
capitoloche ho potuto avere trascritto|)ergentilezzadel detto cay. Bianchi.
• Di le inehavature eh' rompono ìa corona e dela cura, lv,
DÌYÌ«»ne alchuna volta p mala cura che la ichiayalura non e ben churata ne cer-chiata
si che la putredinerichiusa dentro al ongnia si fa via d uscire fuore intra
la carne viva el unghia rioc sopra ci piede ronpedola carne e diventa ferita che
fittaputredinela qual feritasi chura nel modo che io (o)isegnatonel precedente
capitolodi sopra la ir.chiavatura dentro sotto el snolo sia richiesta i cholal modo
e Bìa taglalai fino al vivo E poichurata sicondo che (e)detto de laltreichiavature •
(a e. 48. Cod. L. VI, 15 della Bibl. Comunale di Siena).
DI ALCUNI TRATTATI Dì MASCALCIA 357
cbe abbiamo del suo trattato di Mascalcia è in volgaresiciliano,e
certamente del sec. XIV, e anteriore all'altrolibrodi MarUscalcMa
che fu scritto,vuoi da Giovanni de Ciniyllis,vuoi da Bartolo Spa-
dafora,siccome avvisò lo Scavo (1),in lu annu di incamacioni di
nostru SigmriJhu.Xpu. a liMCCCLXVIIL Questo trattato del Ru-
sio,che dobbiamo al eh* Delprato,possiamodire,tranne scritture
di storia, essere l'operapiù hinga in volgare siciliano del se-colo
XIV, dopo il volgarizzamento della Regola dì S. Benedetto
del secolo XIII,e il trattato di Mascalcia del Ruffo che pare già
contemporaneo a questa Regola benedettina del MCCliiij.Che se
fu per qualcuno detto non siciliano,bensì romagnolo o sardesco,
il dettato di questo Trattato volgare del Rusio;quanto a non es-sere
sardesco basterebbe Fautorìtà e i riscontri fatti sul proposito
dall'egregiodottor Filia (2);e quanto ad esser senza dubbio si-ciliano,
sarebbe sufSciente la lettura di un solo dei capitolidi
esso Trattato,ove trovi a ogni passo voci siciliane,le quali tut-tora
sono vive e familiari al nostro popolo.Dovrei,a darne esem-pio
,mettere sottocchio le intere pagine del volume : ma eccone
qui tante che basteranno all'uopo,così come aprendo il libro oc-corrono
allavista: pag. 41, f lu capestru de cannova con capezolu
de coiru (oggisi scrive,lu capistrudi cannavu,
cu capizzunidi
coriu)»;p.55:f quandu lu cavallu se deve aprebennare(oggiap-pruvinnari)»; p. 83: f secundu la qualitatede licavalli,e de le Io-
cura duve ademuranu »; p. 103: e et questa pigniatacusi chiusa
miclela nu fumu (questonu furhu è propriodella parlatadi Pa-lermo)
»; p. 211, 137,177-79-199: e pigniatanova; lu 'mpriastruec.de malva.... de la cucuccia salvaleca ; farina de furmintu
,o de
lu furmentu;sangesuca "; p. 201: e insenmura "; p.205: e a quellu
midemmu vale assai lu sucu de l'assensu »; p. 281: e leghesec'una
pecsa "; p. 283: " tutta quellafossecta sia piena»; p. 285: e acca-
sione; plumazolide la stuppa;bonmace; cioene "; p. 315: e aina (ar-dore,
fretta)»; p. 321: e lassa issire lu sangue line che lu cavallu a-
develisca (3)»; p. 326: t tari»; p. 331: t fondamentu (per intestino
(1) Questoimportantissimovolgarizzamentospero tra breve poter tutto o in parte
pubblicare,appena potròavere a mia disposizioneil codice io cui si contiene.
C2)V. La Mascalcia di Lorenzo Rtisio ecc. v. II.Notizie Stori chet{ XXIX, p. 68.
(3) Nel Glossario che ò infine del volume, questo verbo adevelisca è spiegnìo av-
viliseacioè venga meno (p. 321, v. issire).ina la voce, ancor viva in Sicilia,non
vale che Io stesso che indebolisca.
358 NUOVE EFFEMERIDI SIQLIANE
retto)»; p. 363-373: f subiniri (soccorrere);candolu (cannello)»; p.377: f e poieh' ene sangniatu»; p. 433: t denglepagliaet orio am-
manicare tuctu Tannu »; p. 407: f capura (perfili)»; p. 425: f mucce-
care (morsicare)»; tutte voci o maniere che sono del vivo parlare
siciliano,di cui tutto iltrattato conserva bene la natura,quantunquechi fosse stato V amanuense del codice che ha servito di testo al
chiarissimo editore,intendeva quanto più ridurre le forme e le
voci originalidel volgarsiculo al nobile toscano,al qualegiàavea
dato bella e invidiabile foma la prosa del Compagni,del Boccac-cio,
delle Cronache e delle Novelle antiche.
Nel volume delle Cronache Sicilianede' secoli XIII^ XIY e XV
sono belliesempidi prosa siciliananarrativa del secolo XIV, quale
la Conquestadi Siciliadi fra Simone da Lenlini;e in altre occa-sioni
abbiamo pur dato saggiodella prosa devota di quel secolo;
ora si è aggiunto e ricordato questo ricco esempio di prosa dida-scalica;
e speriamodi giorno in giornofarsisempre più nume*
rosi i sicilianiscrittori dì prosa volgare,che succedettero ai ri-matori
assai celebrati de' secoli XIII e XIV.
V. Di Giovanni.
LA QUISTIONE
DELLE PERGAMENE E DEI CODICI
DI ARBOREA
Al Chiarifisimo e stimatissimo Prof. Vincenzo Di Giovanni
anche ai grandi sUirìci avviene di essere
più ricchi di critica e di siile,che di pazienza:
e la pazienza dei riscontri è virtù rora nelle in-telligenze
superiori.^ Manno, Della Forluna delle parole,j).176.
Nessuno meglio di Voi,che già da tanti anni consacrate la vita
allo studio delle cose della vostra cara e classica Sicilia,si che
ad ogni tratto aggiungete alla sua ricca storia nuove ed erudite
Illustrazioni,è in grado di misurare il dolore nefando arrecato ai
Sardi,per la guerra sleale che si va facendo, contro la Storia di
Sardegna, da nuovi inquisitoriche per semplicisospettie pregiu-dizi,
0 velleità o gelosie,vogliono gittarealle fiamme le perga-mene
ed i foglicartacei d'Arborea come opera fraudolenta,senza
risparmio d'ingiurie e dMnsinuazioni contro la repiftazionedei
grandi uomini che presero ad illustrarli.Come Sardo,
ho cre-duto
mio dovere anch'io pigliarparte, uscendo dai confini della
scienza che professo,in tanta questionenella quale pur mi stu-
dierò di essere calmo quanto è possibile,chiedendo venia se nella
forte esasperazionetalvolta l'animo sMndegna per caldo amore di
patria,e per i vincoli di sangue e di amicizia,onde sono legato
all'illustrePietro Martini.
Oh, vivesse egli ancora,
come panni di vederlo irradiante dai
dolci lineamenti,dagliocchi larghie vivi,ben fatto,e mediocre
solo nella persona !tf
Oh, vivesse egli ancora !! che l'illustresuo amico conte Bandi
di Vesme non sarebbe oggi quasi solo,
a difendere l'autenticità
di quelle famose carte d'Arborea contro molti che si o no in
buona fede,ma tutti pregiudicati,fanno un caso di Sciacca,come
direbbe un Siciliano,per ogni virgolao punto,e per ogni parola
360 Nuove BFFBMKRIDl SIGILIAKC
e coslruUo che vi vanno sofisticando. Ma no, vivaddio,che tanta
eredità non andrà dilapidata!! perocchécontro questipiùgagliardache mai si leverà la voce degli uommi imparzialie sapienti.E
Voi tra questi,non è vero ? prendereteparte per omaggio al vero
e per caldo affetto al Martini,al Manno, (che pur furono vostri a-
mici)e allo Spano;cosi come al Lamarmora e al Vesme che dirsi
possono anche Sardi,peiloro studi sulla mia isola nativa.
Pertanto, io non indugio a significarviche, percorrendo come
ho potuto la Storia di alcuni popoliche stabilirono le diverse co-lonie
della Sicilia,onde venire a capo di alcune quistionietno-grafiche,
ho dovuto imbattermi in argomenti che riflettono la lin-gua
e i dialetti che qua stesso ebbero culla e sviluppo.Laonde
stretto dal dolore come mi trovava per lo strazio che vuol farsi
della Storia Sarda,e trovando ad ogni passo delle rassomiglianze
e dei fattie degliapprezzamentimorali,che bene ordinati,io av-^
viso,potranno tornare vantaggiosiin questa guerra ad oltranza
contro le Pergamene, mi è giuntagrata Poccasione di mettere sulla
c^rta alcune mie riflessioni.
In verità,
non è che io non trepidipensando air autorità di
grandi uomini d'Italia e di Berlino,che nelle varie partivollero
assoggettareal crogiuolole Pergamene arboresi;ma parendomidi
essere sicuro alle spalledel conte Vesme che si vittoriosamente
rispondevaai colpidegliavversari,e rincorato dalla giustiziaed
onestà della causa che difendo,mentre alcuni forse anco più di
me ignaridi paleografiae per ogni verso estraneialla lite,cam-biarono
Vamen dei sacristi in calunnie e vituperi,mi faccio a ri-spondere
come ed in quanto posso alla critica degliillustriber-linesi
e di monsignore Liveràni,alludendo qualchevolta ad altri
che con peggioriintenzioni soffiarono il fuoco della controversia.
I.
Movendo dagliappuntidello Jaffè sulla paleografia,che il conte
Vesme ha confutato già con argomenti ed esempi i più convin-centi
,siccome tratti da antichi manoscritti e dalle stesse perga-mene
d' Arborea, dirò anzitutto di sembrarmi vano ilpretendere,che dalla mancanza dell'uniformità delle lettere e della irrego-larità
del procederedi esse in un documento antico,si possa giu-dicare
della falsità del medesuno. Imperocchésarebbe ^ stesso
che ritenere per calligrafituttigliscrittoried amanuensi dei tempi
passatie presenti,i qualiosserviamo che solamente per cambiare
362 NUOYE EFFEMERIDI SIGILUNE
volersi da coloro che scrìvono o copiano,si che a dirne una di
più ,oggi stesso i Toscani mutano in t la ultima lettera dei co-gnomi,
perchè tra loro quasi sempre i cognomi finiscono in i. Se
lo Jaffè avesse avuto famiHarità del sardo idioma,
non avreb-be
fatta una quislionecapitaledell' uso dell'j come consonante
fin dal secolo XII in Sardegna,ricavando da ciò la falsitàdelle
pergamene. In alcuni paesidi quest'isola eglisappiache si dice
m 0 ju e giù il giogOycome ianìMjanua^e genna òaijanualatino
la polla. Ma se egli vuol trovare la raj^one di questie simili
£itti che sanno emanciparsidalle regole che vorrebbe che fos-sero
nate colla lingua,
e per dir meglio la grammatica e Tor-
titgraftae calligrafiaassieme alle lingueo dialettiscritti,potrebbedirmi perchè ad esempio nelle vite di Plutarco pubblicatea Ve-
lu^ia verso il MDLXXXII si legga vitijper vizi e non vitUf
In quanto alla costanza tedesca che ei vuole ancora neir uso
delle sigle,è d'uoporicordare,che dalla storia antica di Oriente
e da quelladella Grecia rilevasiche,non di rado una stessa abbre-viatura
aveva il valore di più parolecome dimostrerò in seguito.Inlanto mi piacefar notare che oggi stesso le siglemesse in uso
nelle curie toscane sono cosi arbitrarie e polifonichee particolaria loro,che a leggere una testimonianza giudiziariascritta or sono
due anni a Livorno,intorno ad una mia lite civile
,ci è voluto
lo studio di tre individui a poterladecifrare. Ora se quest'uso è
variato in questitempi secondo i diversi luoghi,perchè ciò stesso
non poteva avverarsi in tempi antichi,e quindi ritenere che il
sistema delle siglein Sardegna al XII secolo avesse qualchecosa
di peculiare,come difatti V ebbe e lo dimostra il Vesme ?
Sappiamo le fatiche durate dal celebre Champollionallo scopo
di stabilire il reale significatodei segnicuneiformi di lettere,sil-labe
e geroglificidi paroleshnboliche,'etuttavia nella gran luce
e 'te egli ha sparso non è dato sempre di tradurre colle stesse
cidavi un'iscrizione od un papirodi Babilonia,di Ninive e di Me-dia,
sebbene abbiano tutte ritratto da un medesimo fonte. Ma e-
ziandìo in Oriente sono refrattari alle leggiassolute dello Jaffè.
E a tacere che il primo alfabeto venne coi Fenici che lo reca-rono
in Grecia e nelle isole del Mediterraneo e con essi il vezzo
di abbreviare,come meglio comportava l'uso e spesso ancora lo
spaziod^un pezzo di mattone,o di granito,o di marmo, o di un pezzo
di papiroo quellodi una moneta, l'arbitrio in ognitempo ha po-tuto
sul modo di scrivere. E ciò è tanto vero che altrimenti non
LE rERGAMENB DI ABBORBX 363
potrebbespiegarsiad esempio come iSiciliotinelle epigrafia pia-cimentolasciassero l'uso di alcune lettere mentre il loro alfa-beto
cadmeo era giàpoco ricco,verso la quindicesimaolimpiade.Presso questipoi,a dirla di sghembo, nelle monete di Abacena,
di Erico e Segesta, le epigrafierano scritte alla bmtrophedon,
arbitrariamente cioè dalla destra a sinistra per ricominciare dalla
destra e viceversa,tantoché in un^ era stessa
,più in una che
in altra provinciao localitàdiverso era V uso ed il vezzo dello
scrivere. Ne volete di più,ed in tempi a noi più assai vicini?
Esaminate un libro stampato a Venezia verso il MD e confronta-telo
con un altro pubblicatoa Firenze,e vedrete a mo d'esempioin quelloscriversi come dissi vitìied in questo vizi o vitj;nel
primospesso il P colla lineola di traverso sulla gamba, come ab-breviatura
di per a casaccio e nel secondo quasi mai una abbre-viatura,
ed allo stesso tempo ed in una stessa paginavedi cambiare
le lettere di una medesima parolap. e. Vinegiae Vinetia e Vi-
nezia^ciò che può anco osservarsi negliscritti di Macchiavelli.
Di simili esempi ne recherei a centinaia e piùancora, e potrei
mostrare che mano a mano coi secoli la stampa ha seguitonelle
abbreviature le fasi e le modificazioni delle qualiè stata capace
la calligrafia;su questa però,comechè assai meglio conferisca alla
quistionein disamina e mi offra grata e bella occasione a ringra-ziarei signoriimpiegatidi questa ricca BiSlioteca nazionale 4i
Palermo, che pur gentilmentee con affetto mi spianaronola via
per la scelta di libri più rari ed opportuni,mi è utile soggiun-gere
che il Walter, Lexicon Diplomaticum, porta esempi innu-merabili
di abbreviature diverse poste in uso rispettoad una
stessa parolanei manoscritti di uno stesso secolo,o di secolidif-ferenti.
Così nel medesimo sec. Vili si è usata ad arbitrio V ab-breviatura
p e p onde significareper e cosi in altriquattromodi
nello stesso sec. Vili mentre da questo fino al XIII si è voluta
variare per ben 24 guise.Nel sec. XIV colla siglaa* si è inteso
significarealio modo^ che nel successivo XV si è invece abbre-viato
colla sigla(Mi*.Il p in significazionedi pre e prae dal secolo
VIII al MDI ebbe a variare nientemeno che in 52 modi mentre
la siglap ha potutosignificareprae nel sec. XV e propterea nel
XIII. Cosi eziandio contro le osservazioni dello Jaffè trovi una
medesima siglaper denotare ar^ er, ir ro ecc. Epperò,nonostante,come ei dice « Lo scopo della scrittura sia di rendere il pensiero
leggibile", non è di fatto sventuratamente leggibile,si che moltis-
36i Nuove ErPlìlfBRIOl SIGIUANE
simi non ci si trovano punto fra quelleabbreviature,che dicon
fatte per velare invece ilpensieroe limitare la scienza o lo sci-bile
ad una casta.
Del resto tutti i vizi e le virtù,e quindii mali ed i beni hanno
i loro riscontri,quei di tempi più remoti,
con questipiù vicini
a noi. Epperò ,cóme ad esempio, le abbreviature del carattere
coi-sivo in Egittodella VII dinastia erano più assai in numero di
quelleche si facevano ai tempi della XVIII e XIX dinastia,cosi
le abbreviature dei principidel nostro evo-medio in un dato paese
come in Sardegna, potevano esser in maggior numero di quelleusate dopo, in altri paesid'Italia.
Ma per dare un' ultima rispostaallo JalTòsulla assoluta sentenza
di volere che in ogni tempo e lino dai primordi dello svilappodelle lingue e dialettisi avesse uno ed identico modo di scri-vere
e di abbreviare,lo dirigeròalla pag. 509 del Manuel D" /-
stoire ancienne de VOrient de Francois Lanortnant dove Paut. oltre
al farci conoscere che il valore idiograficoe fonetico dei segnidelle scritture egizianenon è sempre lo stesso,poicchèpossonoavere un doppio valore sopratutto in idiomi diversi
, malgradoscritti col medesimo sistema di scrittura ed il medesimo loro
fonte di origine,soggiunge che la scrittura cuneiforme introdotta
dogliScitici,precedutidai Semitici e sacerdoti ariani in Babilo-nia
,dovette subire alquante modificazioni in ordine alla pro-nunzia
ed alla significazione; perchè ciascun popolo dovea im-primervi
il valore del proprioidioma e sino i peculiariidiotismi,si che in quellescritture havvi eziandio la polifonia,cioè il va-lore
divei-so che dassi ad un unico segno, il qualepuò tuttavia
significareil valore di tre oggettidiversi.
Finalmente lo scriba,V amanuense ed illibraio,che cosi Giulio
Cesare appellòi suoi servi che scrivevano ciò die ei di molte
cose in un tempo stesso dettava,tutti questia norma della mag-giore
0 minore coltura del proprioidioma si allontanarono come
oggi si allontanano dalla unica leggedi scrivere,dal die lo JatTè
ha tentato di trarre un argomento di condanna conti-o le carte
arboresi con un piglioaltero di giudizio,non meno di quello di
monsignore Liverani,che non so se Orazio si sarebbe limitato a
chiamarla Superbiaquaesitameritis.
II.
Allo Jaflfèsegue il Tobler che già imbevuto dalle sentenze del
primo esordisce con impazienzeisteriche,come direbbe ilManno,
LE PERGAMeNE DI ARBOREV 365
(la recare stupore anziché meraviglia.Difattieglidice che si do-vevano
attendere i documenti anteriori al secolo IX intorno alla
lingua romanza in Italia,ma da altre partidel romano impero
ove incominciò a decadere la lingua latina sulle labbra del po-polo,
e non mai dalla Sardegna cosi lontana dal Lazio. Cosic-ché
egligiudicavaa priorisulle relative scoperte d' avvenire. Se
non che la storia letterariadi Siciliae quelladi altripopoliben
lontani dalla riva sinistra del Tevere hanno già smentito questo
suo dire,perocché le poesiein dialetto siciliano e quelleitaliane
di Giulio d' Alcamo precedetterodi molto le armonie volgaridel
Lazio,ciò che nessuno Ano ad ora ha potuto negare anco aven-done
palesatola più viya^4{fìlosìa.nel petto.
Con eguale,se non con piùodioso disdegnonon vuole ammettere
nei Sardi delP evo-medio quell'amorealla poesiaed alle lettere
insito nell'animo dei meridionali e consentaneo sopratuttoall'in-dole
isolana che per ischemo dicesi attaccato allo scoglio.
Ma e perch.èciò,e perché eglideride altresìalla operositàlet-
teraiia,comechè mai né per anni,né per secoli il cervello ed il
cuore dei Sardi,non avesse mai sentito né palpitatopariallastir-pe
orientale greca e romana dalle qualidipendono? 0 che forse
v'ha migliorpopoloche al Siciliano abbia fraternizzato per ori-gine,
per guerre e per glorie?Che se fosse lecito misurare il
passato dal presente, disonestando cosi la famadegliantichi eroi
e sapienti,per la schiavitù durata daipresenti,allorasogghignando
potrebbesostenersi che è un sogno la fervidezza dello ingegno
de' Siciliani,che sono fantasmi i poetisuoi dei qualila Grecia
facea tesoro,che Babilonia,Cartaginee Grecia sono favole.Ma egli
dirà:in Sicilia sono tuttora saldi gliantichi e memorandi monu-menti
di sua grande istoria,ma in Sardegna si vanno fabbricando
da questitempi di miseria. Ebbene, e faccia allora ilsig.Tobler,
faccia scompariredalla Sardegna i preziosissimimonumenti che
possiededa tempi vetusti e si provia dichiarare falsi od acqui-stati
da oltre mare le ricche e preziosecollezioni di oggettidi
archeologia,che possiedein vari musei di privatied in quello
più unico che raro di Cagliari.Ma no, l'aristocraziadella scienza
del sig.Tobler qui vale assai meno di quelladi un gran nego-ziante,
che a suo talento può togliereil valore ad una merce po-sta
in vendita col mezzo di agentie di sensali,veri parassitidelle
industrie e del commercio, tali e qualii pseudo-letteratiportavocedi Tobler e suoi illustricolleghi.
366 NUOfE EFFEMERIDI SICILIANE
L^ esistenza di questimonumenli è notoria fin dai secoli re-moti,
si che Ninfadoro da Siracusa fino dalla 115' olimpiadescri-vendo
del suo viaggioin Asia accennò pure alle mirabilia della
Siciliae della Sardegna,che è quanto il celebre ab. Scinà ha
voluto far rilevare nella sua storia letterariadi Sicilia dei tempi
grecicitando il lib.VII! a pag. 332 ed il lib. XIII a pag. 589 ed.
bip.di Ateneo.
Tuttavia ritengoche agliocchi di molti quel numero straordi-nario
di nuraghinon sarà creduyto il covo dei falsificatoridelle
carte d'Arborea,nò che quindi s'attribuiscano al secolo nostro,
solo perchèad esempio i Ciclopio Lestrigoni,o Fenici o Egizianidi quelletorri dì pietraa grandimassi non glifabbricarono pure
in Sicilia,o perchè non siano colossalicome le mura di Micene,
di Tirinto e di Neuplia.Qui però ne ha fattofede Aristotilee Dio-doro
siculo,e più che altri mai ne giudica recentemente il giàcitato Francesco Lenormant, e quasia confusione dei detrattori
delle carte d' Arborea nello stesso senso che ne giudicavanel se-colo
IX deirE. C.r Antonio de Tarros di Sardegna,poiché da
questo come da quellosi vuole che servissero per la osservazione
e adorazione degliastri egualmente come usaronsi i talviotidelle
isole Baleari e i zikurat di Assiria uniformi tra loro nella costru-zione
e nel tipoperchè fattiallo stesso scopo.
Pertanto,a chi non a1)biaTanimo pregiudicato,non tornerà diffi-cile
l'arguireinvece che laSardegna,appunto perchèriccadi questimonumenti e quindipopolatadi molte e grandi cittàanco all'epocadella dominazione romana, ha dovuto avere i suoi tempi di flo-ridezza
e di coltura,la quale come osserverò in appresso non po-teva
essere distruttaquando viose i Cartaginesied uccise Amil-care
loro duce, 520 anni av. C. Né conveniva a questid'annien-tarla
quando ebbero a soggiogarla,nò tampoco era ciò poi con-sentaneo
ai Romani che tenevano quell'isolapopolatameglioche
da due milioni e mezzo di Sardi: era il granaiod'Italia.Né final-mente
sia da credersi caduta così in basso da non aver figliche
illustrassero ed amassero la loro madre patriaper le guerre ci-vili
del medio evo, quando la Sardegna per unica fortuna non
provò di quei tempi barbari che le sole invasioni saracenesche,
se ne eccettui i 15 anni di occupazionedurata dai vandali re-gnante
Genserico. Anzi profittandoallora dell'aiuto dei Pisani e
della loro dominazione oltre al proprioidioma,guadagnò per
questir italiano,e più che mai la Sardegna, tenne sacro ilculto
LB PERGAMENE Dh ARBOREA 367
della propriastoria con quelladei suoi uomini illustriprosperati
nelle lettere.
Il signor Tobler è quindi spintoa dubitare maggiormentedella
veridicità di quei documenti perchè,ei dice
,i pochiriferentisi
air Italia,rimasero sconosciuti ai Toscani ed allo stesso Dante ;
nelle di cui opere, a dirla di passaggio,si ha spesso la mania o
vana gloriadi trovarvi anco quelloche forse egli non ha mai
pensato né creduto. Cosicché dopo questo peregrino avviso do-
vrebbesi ritenere,che tuttigliantichi manoscritti contenenti fatti
relativialla nazione ove furono creati,e non conosciuti del capo
luogo di essa siano meritevoli di scherno e passinoin vendita
colla carta dei paladini.Davvero che questo sarebbe un bel prov-vedimento
per le Biblioteche italiane ed estere !!
Ad ovviare peròmolte osservazioiiiin propositoeglisaltadi pie
parii quattrofogliche si conservano nelP archivio di Firenze e
con questiil manoscritto di 22 foglipervenutialla Biblioteca di
Siena da un anonimo Palermitano,
tuttidi gran valore e rite-nuti
per sinceri,ed allo stesso tempo addentellati con vari tratti
delle pergamene arboresi. E forse tra i falsificatorihavvi ezian-dio
un Palermitano?
A vero dire questo sistema di critica non é troppo edificante,
perocchéVio torna a scapitodella logica,ed il vero s' oscura a
danno di molti.
Ei dichiara di essere convinto degliappunti gravissimigiàfatti
dallo Jaffè,eppure senza volerlo dimostra il contrario,di che im-magino,
nella sua grande generosità,non ha tenuto conto il Ve-
sme limitandosi gentilmentedi ridurre Jaffé a^lielementi di pa-leografia.
.
?
^
Difatti il Tobler conviene che quellepergamene e foglicarta-cei
difflcilmentefossero scritti da un solo e medesimo amanuense
del secolo XV perchéin caratteri troppo diversi e su carte con
marche di fabbriche assai diverse,mentre lo Jafiféé d^avviso con-trario
e perciòappunto perché scritte da mano imperitaaffibbialoro la scomunica maggiore. Di chi adunque dei due Berlinesi è
la ragione?
Egli,il Tobler,in seguitonon vuole assolutamente che da Sai-
taro e quindi da Torbeno Fallitisi fosse potuto conservare la pa-storalein linguasardesca riportatadal Martini a pag. 184 della
sua Raccolta comeché destituita d' ogni importanza.E passiilvo-ler
modellare i cervelli dei trapassaticoi nostri,dico io
,ma il
368 NUOVE EFFCMBRIDI S1CIUANE
volerne anco da ciò ricavare argomento di falsità,supponendo e
facendo- supporre che siiTattamente venisse scrìtta in questianni,onde dare ad intendere che fino dal 1079 si scrivesse in Sardegnail suo idioma, è cosa inqualiGcabile.Si vuole che il falsificatore
0 i falsificatorìusassero ogni studia per trarre i dottiin inganno;
ma infarinati come glisuppongono di tutto quanto concerne la
paleografia,la filologia,la numismatica,storia ecc. ecc. allo stesso
tempo spedisconoloro delle patentidi baggei:imperocchéavendo
r abilitàdi scrivere coi caratteri del medio evo avrebbero potuto
preferirea quellapastoraleuna questionedi Appio governatore
f dell'isola(come leggesinellavitadi Cesare del Plutarco)che andò
l a far atto di omaggio a Cesare in Lucca. 0 meglio ancora vi a-
j vrebbero potuto innestare un qualcheperiodo relativo ad Ugo-lino,
che allora sarebbero diventate veridici agli occhi loro-
Non mi par giustapiù né la bilancia,né i pesi e la misura che
pongonsiin uso. Ad ogni modo il valore di quellapastoralenon
è cod da poco come vuol dare ad intendere,perQccbènella me-desima
si annunzia T uccisione del Vescovo Felice in un fatto
d' armi contro i Saraceni,dei qualiallora ne perirono1500 e dei
Sardi solamente 80. Perciò è da reputarsiuna interessante pa-gina
di Storia,ed un documento assai piùpregevoledei molti ad
esempio che ne troviamo in Muratori,per altro conservati e sot-tratti
alle ingiuriedei secoli.
Il Tobler non vuol dare nessun credito alla storia di Giorgio
di Lacon, perchè non suppone in lui tanta erudizione da aver-gli
permesso di recare i necessari schiarimenti sulla identità della
linguasarda colla rustica romana,
e sulle analogietra il Sardo,
ritaliano,lo Spagnolo,ed il Provenzale e Francese. È faciledetto
ciò,
ma bisognaprovarlo,
e provare altresìche mai siansi dati
degliuomini capacia trattare di materie consimili anco in tempianteriori a quelli.Egli soggiunge che un lavoro simile a quellodi Giorgiodi Lacon meglio che da lui Sardo si dovea attendere
da un Toscano o da un Romano; onde è che io glichiedo,se ri-corda
che il primo a scrivere le regoledi grammatica greca sia
sialo Corace Siracusano e non un greco, mentre lo stesso Aristo-tile
anco nel formulare dopo tempo la sua grammatica non lasciò
di unirla a quella,indirizzandole ad Alessandro re di Macedonia.
Se non che, vi fu pure un tedesco.Teofilo Buhle, il quale pre-tendeva
invece di doversi attribuire al filosofoAnessimene anzi-ché
aglialtri due : ma siccome nemmeno questo tedesco era in-
370 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
A dirla senza ambagi nel leggerequesta critica basata nella
maggior parte su vane supposizionicondite dal sarcasmo, che i
dotti sanno gettare,da un momento air altro mi aspettavadi sen-tire
ciò che altra volta disse un bello spiritocioè,che ildialetto
Sardo non aveva futuro,perchèi Sardi non pensano che al pre-sente,
e quindi fllologicandosi fosse soggiuntoche trae la su'a o-
riginedalla bella Albione,(edessa pensa all'avvenire)dove pure
come in Sardegna a formare il futuro si va in cerca dei verbi
ausiliari essere ed avere. Però ritengail sig.Tobler che nel dia-letto
Sardo cosa che va anco meglio diretta al Monsignore Live-
rani,vi sono tutti i segni i più belli della madre lingua e sino i
difetti della sua predilettafigliatoscana. Che se vuol far capo ad
Iglesiasad altra parte del Sulcis,onde allietarsiin queiremporiodi scavi di piombo argentifero,di calamina e di ligniteecc : os-serverà
in quegli abitanti mutarsi in z la / tuttavolta che sepjue
alle consonanti 6,e, /,g, e così udrà puòricuper publico,creinen-zia per clemenza,affritttiper afflitto,groriaper gloria,della guisastessa che si sente in Sicilia. Colà forse crederebbe come io ebbi
a supporre affettato e rimbellito V idioma perchèquasipiùitalia-nizzato
che in altre provincieSarde della parte meridionale. Im-perocché
dicono lesinna per lesina,mentre in Cagliaridicesimia
da suha^ latino; arcollaiu, per arcolaio,sciogli-tramain cagliari-tano;
e cosi scrimera per scriminatura,gringerain cagliaritano;
roncillu per ronciglio,pudazza in cagliaritano;e colà come pure
a Cagliaridicesi sahidoni,
e marra che invece a Sassari,dicesi
spiducome in Sicilia,per spiedo,e zappa. E notisi che non è da
supporre che il Sulcis abbia cosi italianizzato il dialetto perchèivi maggiori sieno stati recentemente i mezzi di coltura o di co-municazione
coi toscani,appettoa Cagliari:perocchése avvi paese
fedele alle sue tradizioni anco nel vestire delle signoreè ilSul-cis
; tanto che direi si mantiene come la Lituania ligiaalla ori-gine
sua giapetica.Da questiriflessi ne scaturisce invece T influenza dei Giudici
Pisani nel Sulcis e la veridicità di quelloStatuto o Breve di Villa
di Chiesa,Iglesiascapo luogo del Sulcis
,redatto in lingua ita-liana,
comechè ivi fosse in uso la lingtuipisana ed italiana ante-riormente
al giudicatodi Conte Ugolinodi Donoratico,signorede
la sexta parte de lo Regno di Callari ecc. che è quanto rilevasi
dadla iscrizione che recentemente scoperse il Conte Vesme, e che
promettedi illustrare,credo,assieme air accennato Breve-
LB PERGAMENE DI ARBOREA 371
Frattanto avrei stimato che il sig.Tobler si fosse compiaciutodi osservare la molta analogiache esiste tra il dialetto siciliano
ed il sardo,scrìtto e non parlato,specialmentecol gallurese,che
assai s'accosta eziandio al Corso,e col Sassarese;perocchéavrebbe
trovato forse la chiave deir originecomune del romanzo nelle i-
sole,e quindi la ragione della possibilitàche in esse tutte come
in Siciliasiasi potuto scrivere in dialetto e fino dal seconSose-colo
deirera Cristiana.
E tantopiùio mi confermo in quest'opinionein quantochè,
a
tacere che hanno comuni non pochi idiotismi come bertida bi-saccia,
e mandroni poltrone,la Sicilia e la Sardegna ebbero quasiidentica P origine,lo sviluppo,le guerre, le colonie,i commerci,
le invasioni,e le confederazioni coi Greci,coi Tirreni ecc : come
dimostrerò in seguito.
III..
Con uguale ardore sorge il Dove e stringendoil maglio come
sul ferro caldo batte a più non posso sulle povere pergamene ,
che fortunatamente sono poco sensibili e quasi fossilizzate doposei secoli circa di loro nascimento. Egli senz'altro esordisce di-chiarando
che la storia della Sardegnaal medio evo, per quanto
ne risulta da quei documenti, è un grande anacronismo, perchè
suppone una cultura la qualeoggi è da ravvisarsi come un de-siderio
patriotticoe nuir altro. Che più d'insinuante e mor-dente
può uscire dalla bocca di un giudice,onde prevenirei let-tori
della sua sentenza air ostracismo ? Essa stessa però non pro-duce
neir animo di tutti quellatriste impressioneche può inge-nerare
negli uomini pecore e di facile approdo,perocché vi si
scorge una odiosa e gratuitaasserzione. Che se fosse capitatofra
le mani del Dove quel volume di foglidi papiroconservati fino
ad ora,li salvi il cielo dai danni del bombardamento presso la
biblioteca di Parigi,dove nientemeno si legge un co3icedi ci-viltà
superiorea quelladi Confucio,coi datali tuttavia del regno
di Assa Talhera della V dinastia egiziana, egliil Dove avrebbe
composte le labbra al rìso sardonico,e li avrebbe scomunicati
assieme agliegiziani,perchéappunto non sono conformi a quanto
credevasi fino a pochianni or sono,
e perché discordano affatto
colla civiltàattuale dell'Egitto,nonostante vada rìprendendol'an-tico
suo splendore.In séguitoegliappunta le pergamene perché non offrono molte
37S! ISUOVK RFPEMBRIDI SICILIANE
relazioni della Sardegna coglialtri Slati,ciò che non è vero asso-lutamente
e che non dà ragione a dubitare della sincerità di
esse,potendolimitarsi
,come quelle di molti altri ad un solo
paese.
Però ove più spiccaP uggia è, dove egli,proponendosidi con-frontarle
coi tratti delle notizie sincere della storia Sarda, onde
escludere il falso,fa il viso dell'armi a tuttociò appunto che ar-monizza
colla Storia di Sardegna del Manno, coi documenti con-conservati
negliArchivi di Cagliariritenuti da lui slesso per sin-ceri.
E vedasi mò che metodo di investigazione,o di inquisizione:ammette nei falsificatoriV abilità o lo studio di sapere fabbricare
i manoscritti sul fondamento dei documenti Sardi sinceri,mentre
niega loro l'astuzia di poterliarricchire dalla Storia di oltre
mare.
Qui non parlodeglianacronismi che ha creduto di pescare in-tomo
alle date delle invasioni del Museto,perchèvittoriosamente
r ha combattuto il Conte Vesme, ma non so tacere ilgrandecaso
che ei faccia su d' uno errore consimile mentre si trovano ad o-
gni passo rispettoai datali di molti re di Oriente,ad esempio,
in Egitto;e V Amari glitrovò egualmente in molti documenti di
Pisa senza che perciòglisia venuto in mente di giudicarlifalsi.
Che più? questianacronismi sono ad ogni piesospinto,relativa-mente
al tempo di diversi giudici,nel Pantateuco,poiché i giu-dicistessi registravanole leggendepopolariod i referti,non sem-pre
esatti,
tanto che quel Nino famoso marito di Semiramide è
una fola,perchè attuabnente si deduce dalle iscrizioni e monu-menti
di ogni maniera illustratida uomini sommi in Egitto,che
questa tremenda coppianon è mai esistita.E questi orientalisti
hanno altresìrilevato non pochi anacronismi rapporto ai datali
dei re di Babilonia registratida compilatoridi tempi posteriorialla rovina di questa grande città,senza che perciòquei compi-latori
stessi meritino il marchio del falsificatore,salvo il caso di
ferglirisuscitaree porlifra icontemporaneiper assistere alle le-zioni
di Storia a modo nostro. A conforto di ciò potreiaddurre
mille esempi;un ultimo però ne aggiungoperchè prezioso,ed è
che i versi fenici tradotti poi da Plauto nella Commedia Poenur
lu8 sono zeppidi errori per colpadegliscribifenici come ha pro-vato
il Lenoimant.
Daglierrori di data passa a quellidi patria,notando che Mu-seto
era delle isole Baleari e non di Africa;ma suppostoancora
LE PERGAMENE DI ARBOREA 373
che il Dove ne avesse avuto notizia dal circoncisore di Mogòhid-ibn-Abd-Allah signore di Denina, sul quale confessa giàche fino
dal secolo XII siansi introdotte delle falsitàintorno allaStoria di
questo nome,dirò che neppure per V errore della patriasiensi
tenute per apocrifele memorie su taluni Sicilianicreduti Greci
e viceversa,né le tradizioni sulla patriadi Omero, anco non ne
avesse mai avuta, se si vuole che non sia mai esistito.
Intanto P animo del sig.Dove s'accende e dice stolta e mali-gna
menzogna quanto si riferiscealla convenzione dei Genovesi,e Pisani,cioè di prendersiquestil'isola e quegliilbottino,men-tre
di fatto i Pisani occuparono la Sardegna,
e glialtri non ri-
sparmiaronli,a quanto me ne disse put Ja mia nonna fino da bam-bino,
neppure i marmi ^he esìstevano in Santa Gilla,luogo un
tempo delizioso e residenza dei pretoriRomani, e poicattedraledi Cagliari,ridotto ora ad isolettain mezzo ad un estesissimo sta-gno
da prima popolatod'agrumie da palazzidi nobili personaggi.Né in questa crìticav'ha penuriadi sarcasmi,giuocatiben' in-teso
con belle frasiche ne velano si liaculei,ma non glispunta.Epperò pone in ridicolo i sardi eroi perchè cosi sarebbero ap-pellati
in seguitoalle prove di valore che diedei*o nello scacciare
più volte i Saraceni dall'isola,come rilevasiancora dalle perga-mene.
A rintuzzare però questo frizzo,
come molti altri si levb
generosamente il Vesme colle paroledell'Amari, che io pure ri-peto
come in segno di gratitudinea tanto uomo, e come un con-forto
ai miei fratellidi Sardegna.Ecco le paroletestualidell'A-
mari: • Fiera gente,assicurata dalla povertà{eppureera ilgranaio
e d'Italia)dal propriovalore,e dai luoghi asprie salvatichi,scansò
t il giogo dei Musulmani ; i qualifatto fardello (710,752
, 813,e 816, 817,935,)dell'oro e argento, ma spaventatiinsieme dai
t frequentinaufragie dalla resistenza degliisolani nelle scorre-
e rie minori li lasciarono tranquilli,avvezzi a star sempre colle
e armi allato,da buscarsi appo di loro più colpiche preda,i E
quindicitando uno storicoArabo ne reca: e Gli abitatoridella Sar-
« degna sono.... uomini prodie di saldo proponimento,che non
e lasciano mai l'armi. "
Il veleno poi di simil frizzo è reso più potente dal sapere che
il Dove non può ignorarelo slancio ed ilvalore mostrato dai sardi
nell'assalto che sostennero contro i Cartaginesinel 535-515 se-condo
Giustino. E qui a maggiore intelligenzapiacemiriportarealcuni brani del Lenormant più volte citato
,e precisamentedal
374 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
parag.7del 2o tom. t Les Tyrienss'etaientbornés à possederquel-
c ques comptoir sur la còte de Sardaigne. Les Carthaginois,qui" avaient au «ontraire adoptè le systeme de se creer un vaste
e empirecolonialeresolurent de se emparer complétementde cette
e grande fle,facile a conserver au moyen de leur flotte,dont les
e fertilescampagnes leur promettaientun vèritablegrenier(T abon-
e dance et dont les mines d* argent excitaient leur convoitise. i E
quindi t vainqueursen Sicilie,dice Giustino,les Carthaginoispor-
t tarent leurs annes en Sardaigne.Il y perdirent,dans une cruelle
e défàite la plupartde leur soldats. » In quellastessa battagliafu
spento Amilcare condottiero dei soldati Cartaginesi.Indi a poco
però,rinnovato lo assalto con forze preponderantiCartagine-si
,ordinate dal celebre Magone
, piegòin basso la fortuna dei
Sardi,i qualituttavia raccoltisiin parte nelle montagne e nelle
foreste ad ogni tratto e per più anni ritentarono liberarsi dagli
invasori,fino a quando furono intieramente quasisottomessi per
circa tre secoli,e più che dal giogo e^Jdallamiseria,dalla libertà
e prospero commercio industriale ed agricolo.Qui potreioppor-tunamente
ricordare non pochi tratti della storia sarda del Man-no,
ma di questo grande uomo che spesso incensano gli Ale-manni
e spesso dimenticano,se non toma ai loro fini,è megliotacere adesso per gloriamaggiore di suo nome.
Dalla storia recente del Lenormant potreirecare vari altri pe-riodi
che accennano a guerre sostenute dai Sardi nientemeno che
ai tempi della XIX dinastia Egiziana ed al secolo XIV a. G. C.
Essi ad esempio una volta,guidatida Maurmuire, assieme ai Si-culi
e Pelasgo Tyrrenidi Italia,Achei
,e Laconi e Libi già da
tempo confederati,invasero V Egitto,come rilevasi da una iscri-zione
dettata da Faraone,
e tradotta da Rougè fra quelletante
rinvenutesi in Menphi.Anzi sulla relativa battaglia*vi ha cosi un
numero di accurati bollettini ufficialisu i luoghi occupatidagliinvasori e su quellodegliinvasi,e sul numero dei morti e pri-gionieri
dei primi,sconfittidal numero e dalla strategia,che ai
Berlinesi sarebbe sembrata una parodiadi guerra di questo se-colo,
se un fatto consimile fosse stato particolareggiatoda G. di
Lacon delle carte Arboresi.
Del resto è molto recente un gloriosotratto della storia di
Sardegna dal quale eziandio ricavasi il valore dei suoi figli.Fu
il28 gennaio 1793,che Cagliaridifesada copiosemilizienazionali
improvvisateed accorse da tutti i puntidelFIsola,diede prova di
LB PERGAMENB DI ARBOREA 375
rara intrepidezzae valore contro i francesi che orrendamente la
borabardorono. E dal 13 al 17 febbraio,dopo 19 giornidi tregua
onde essi rinforzavansi colla divisione del contrammiraglioLa
Touche-Treville,furono giornimemorandi per gloriaai Sardi,chein mezzo alle bombe,granate e pallenemiche si slanciavano come
leoni ed esterminarono le migliaiadi soldati che ne sbarcarono.
Dapertuttoquellatruppa nonostante disciplinataed agguerrita,
quanto baldanzosa per la vittoria che non guari avea riportatasulla Contea di Nizza,dapertutto,fu messa in rotta,mentre piùd'uno dei vascelli fu incendiato e calato a fondo dalle palledi
pochiartiglieriSardi,si che il 26 dello stesso mese la mal ricom-posta
flotta ne tornò scornata ai proprilidi.10 finirei qua la rispostaal Dove, se non che mi giova far no-tare,
che ei nello scorgere un altro segno della falsitàdelle per-gamene,
in ciò che si riferisce alla venuta di nobili Pisani in Sar-degna
contro Museto, perchè ilManno ha detto che questinobili
venissero in tempi posteriori,contradice a quanto prima asseriva,
cioè che i falsificatoriavessero posta la Storia di Manno a fonda-mento
della carte Arboresi.
IV.
11 Mommsen altro illustrepersonaggio,facente partedella Com-missione
berlinese,non lascia alla sua volta e in tono grave di
stigmatizzarele carte di Arborea. Difattiegliincomincia a dichia-rare
falsele iscrizionidel minutario del notaio Gilipubblicatodal
Martini,perchèvi si adoperailpronome possessivocome nella lin-gua
italiana moderna: eppure ne trovo degliesempi che ho sotto
gli occhi nelle iscrizioni latine di Milazzo che riproduceil Ba-rone
GiuseppePiaggia nella sua opera « Nuovi Studi sulla cit-tà
di Milazzo. » Havvene una copiataV anno MDCCLXXXIII, da
4ina pergamena del 13 marzo 1680 intorno alla consagrazionedi
una chiesa ed altare in onore dei Santi Stefano,Vincenzo,Pro-spero,
e Faustino,dove è scritto: t huius civitatisMylarum nostrae
messanemis Diocesis ecc. e poi: discursm nostrae visitationisecc.
Ed in un'altra che trovasi sulla porta della antica casa di città
nella cittadella: Splendeimis ecc. Regibusgratiis, MDCCIII. E
sulla tomba di Aurelio Lisi ed Anna Musta^io : In quod ipseet sui germaniquefratresdel MDCCCXV. Un'altra del 1745
dove è scritto: Sepulcrumhoc sibi suisquestabilirecuravit. Altra
del MDCCXX : tumulata suis. Altra del MDCLVII Protho construit
aere sm.
376 NUOVE KFFEMeBlDI SICIUANE
Finalmente un esempio stupendo ne ricavo da una iscrizione
del i8 marzo 69 delF era volgare rinvenuta a Sterziliin Sarde-gna,
dove sta scrittoDECRETO SVO; iscrizione,
come dirò fra
poco, riconosciuta famosa dallo stesso Mommsen.
Bene è vero che anco ilVesme non reputa sincere quelleiscri-zioni,
ma dissente di molto intorno all'epocanella qualequalchesemidotto ha forse voluto aggiungerlanel codice del Gili in epoca
posterioreal secolo XV. Tuttavia difende Tautenticilà del codice
appartenentea quelladeir autore, perchè non è guarifra le carte
dell'archivio d'Iglesiassi trovò un autografodel Gili che armo-nizza
pienamente col codice,il quale^d'altraparte non è da con-fondersi
colle carte Arboresi come osserva il Vesme.
Rispettoalle aggiuntedi scrìtti recenti in vetustissimibisogna
ricordare che questo è vezzo antico ; ma chi sa tenere il bu-ratto,
come la crusca li fa svolare in sulla farina e V una dal l'al-tra
scevera e pone a suo luogo.Cosi ad esempio avvenne delle
pi»esiedi Teognide,che frammischiate a versi e voci e concetti di-suguali,
diedero motivo a Sylburg,Heyne, e Walsemburg, a di-chiararle
apocrifee di nessun valore;nonostante esaminate dopocon migliorpazienzae studio furono rimesse alla priscaloro pu-rezza
ed avvenenza come riferisceilWelker nella sua opera Theo-
tUdis Reliquiae.Questo è vero esempiodi sapienzae giustizialet-teraria
! !
Alcuni frammenti di Epicarmo e vari idillidi Teocrito e la
stesso cronaca sulla spedizionedi Dione contro Dionisio e tanti
altried altrisubirono la stessa sorte,
ma le corruzioni portate
0 da oscuri poeti,o da semidotti o grammatici,o amanuensi igno-rantiod anco da inspiratid' amor patrio, è certo che non val-sero
a distruggereilvero, e tutto ciò che potevaesservi di classico
e di antico.
Indi Mommsen pone a bersaglioanco i nomi di Marcus Elio,
FurgiusSusinius,Caius Nestor,perchè nomi assolutamente non
Romani, dice egli,e che per trovarsi nel codice Gameriano pro-vano
la sua falsità.Tuttavia in una famosa iscrizione su di una
lastradi bronzo rinvenuta nel villaggiodi Estersiliin Sardegna
nel 1866 coi datali del 18 marzo 69, come accennai,essendo Ot-tone
imperatorevi si trova M. AELIVS cioè Marco,
Elio. Cosa
che il Mommsen non può ignorare perchè anco lui si adoperòmolto illustrandoquesta bella iscrizione.
Quindi è ch(^ se questo Elio non è Romano, non è neppure
Sardo,né tampoco uno di queglispettriche vede il Liverani.
378 NUOVE EFFEMERIDI SIGILUNB
gomenti allegatidaglialemanni abbia il valore di una dimostra-zione,
e che stantechè il Vesme non si difese bene,perciòquelliabbiano il dritto a dichiarar false le carte Alberesi,che da partesua si appalesanosospettee quindidegne di abbandonarsi all'u-niversale
riprovazione.Io forse avrò le traveggole; ma più volte lessi e sempre mi
persuasidi avere sotto gliocchi una solenne contradizione.
Venendo ai particolari,dopo di aver prevenuto a bello studio
r animo del lettore,osserva come indizio di falsità il vedersi in
quellecarte mutata la chiave delle cifre in una stessa pagina.Ma a tacere che questa obbiezione,sebbene in modo diverso,si
fece già dallo Jaffè e la combattè il Vesme, questa eguaglianzache pure non manca in quellecarte,considerate separatamente,non è argomento serio;perchèsuppostoche in un medesimo palin-sesto
avessero scritto più d'uno amanuense, nemmeno perciòsefosse scritto p. e. nell'VlII sec. lascerebbe di essere sincero.
Suiruso di variare la chiave ne dissi sufficientemente più so-pra,
tuttavia non tornerà affatto inutile lo accennare che questavariazione lamentata e stigmatizzatadal Liverani è 'frequentissi-ma
anco nei libriantichi. Epperò se egliavesse come me sotto
occhio Toperadel famoso anatomico Gabriele Falloppio,pubblicata
a Francoforte nel MDC non tarderebbe a convincersi della inu-tile
sua pretesa.Che se poi non è convinto lo dirigoe ai Capituli
facUper la Universitati di la felichicitati di Palermu, » delPanno
1419 ed esistenti nelF Archivio Comunale palermitano,e sono l'o-riginale
stesso approvatoe firmato dal viceré Speciale,ove in uno
stesso paragrafotrovasi adoperatoimperochi, e imperoki; ecianir
deUy eciam,ancora^ etiamdiu;pozzanu e poczanu; prezzu e preczu;
puJbplicae publica.
Soggiungeche essendo venuta meno la necessità di scrivere
palinsestinel 1400,meno ancora vi sarebbe stata la necessità di
rescriversinel XV sec. la pergamena scrittaoriginalmentea caratteri
deirvill.Questa necessitàod opportunitàche ei dice,da qualifonti
la deduce o con qualmetro la misura ? Per altro contrariamente al
suo avviso in queirepoca ed anco un secolo dopo si sono fab-bricati
palinsestie si sono cambiati i caratteri sulla chiave vi-gente,
nel tempo posteriore;così in Siciliasi fece nel 1400,onde
per dir cosi «ternizzare i documenti di tempilontanissimi. Ed in
casi simili appunto avvenne che gliamanuensi,volendo ricopiarlifedelmente cogliantichi caratteri,ne erano sviatidalle nuove abi-
LE PBRGAMEiNE DI ARBOREA 379
tudini e nuove foriùe di caratteri e di siglee fino di voci,si da
sembrare stentati o poco uniformi,senza che però abbiano corso
pericolonel tribunale degliantiquari.Tra questipalinsesticapitamale anco quelloche contiene un
romanzetto e un'ode in sardo idioma su d'un antica cronaca o
lettera,cancellata a quest'ultimo scopo, eglidice,da queglistessi
ai qualidoveva stare a cuore la conservazione del primo scritto.
Ma e da dove egli ha potuto giudicare che il cancellamento
della cronaca sia stata fatta dai nuovi raccoglitoridi carte antiche
0 che a questinon sia ciò sembrato opportuno se quellalettera
fosse già ripetutain altra pergamena? Questo appunto se fosse
giustodarebbe appiglioa credere falsi tuttii palinsesti,che non
sono altro,come eglipuò insegnarmi,
che antiche pergamene
delle qualisi è cancellato il primo scritto per iscriverne uno cre-duto
miglioreo più consentaneo al caso.
Egliquindivolendo dare ad intendere che tutte quellepergamenefossero stale raffazzonate da sembrar vere anco adoperandoleperlegarelibri (chemalizia di falsificatori11 e che finezza flscaledel
Liverani !!) mette in ridicolo la prosa sarda del 740,perchècopiatanel 1079 sotto il Giudice Saltare
,comechè in quelPepoca nes-suno
sapesse leggere e scrivere in Sardegna, secondo le asser-zioni
del Vesme. É un ammasso di errori di nomi e di date ! !
Ma dove mai è che il Vesme ha neppure ideato ciò, quando
invece propugna V istruzione letteraria in quell'isola giàda tempi
anteriori ajl'eraC. e più ancoi-a nei primi secoli dell'evo me-dio
? Egli ha frainteso come quando mise in bocca al sig.La Lu-mia,
storiografovalente di Sicilia,delle cose che ei mai non sognò,
si che lo redarguìfino a costringereil Liverani a dichiarare il
solenne quiprò quo.
Egliadombra eziandio allo aprireil libro del Sardo Gomita e
lo mette neiranacroiiismo di 101 anni perchè dello Spagnolo;sic-ché
dovrà egualmente dubitare delle antiche carte di Spagna per-chè
hanno del Sardo,e dubiterà dei documenti del Lazio che del-l'uno
e dell'altroha pure i segnimaterni,come ne ha ilfrancese
0 il provenzale.Egli non sa un jotadel sardo idioma 11
Tra le tante che dice v'ha quelladi titolodi Historìa de ssa lin-guai
Sardescacreduto altro anacronismo,perchè ei vuole che in
quei tempi iltitolo di Storia non si desse alle cose grammaticali,essendo questo un privilegiodei tempi nostri. Ebbene sappiae-
gliche la grammaticadi Gorace e di Aristotileda essi fu scritta
380 NUOVE EFFBMEIUDI SIGILUNE
fra le cose filosofiche e storiche del tempo, epperò gliamanuensi
dopo gliposero il nome più recente di grammatica,che queglinon
avevano mai adoperato.Laonde è più consentaneo a' tempianti-chi
iltitolo di Storia,tantopiùche ilLiverani non dice sotto qualtitolosi dovessero mettere allora l'operadi Giorgiodi Lacon sul-
l^indole del sardo idioma spigolata,da Gomita. Nel copiarsiche
si è fatto dei frammenti di quellastoria forse si sarà potuto va-riare
di voci ecc: per circostanze estrinseche alla veridicità del
primo antico scritto,su i motivi più sopra accennati. Però a riba-dire
rimportanzadi questimi torna acconcio ricordare un giu-diziodel sig.Wolynski che tanto calza. Eglidice • se troviamo
qualche errore storico,geografico,cronologicoecc: nei libri at-tualmente
ascritti alle Sibille,ciò proviene dal fatto che i com-pilatori
dei carmi sibillini del medio evo hanno messo molte cose
che probabilmenteerano di altri autori,
ma che essi credevano
Sibilline.»Ma che dire di anacronismi di scrittori di tempi oscuri
quando il signormonsignore Liverani ne commette ad ogni passo
nella critica contro V opera De Sibyllisdello stesso citato Wolyn-
ski;tanto che suppone e poidà per certo quei codici sibillinisiano
fabbricatida un cristiano nel tempo di Domiziano e Adriano,men-tre
Cicerone ne scrisse 43 anni avanti G. C. ed altri ancora ne
parlaronocome rilevasi da Tito Livio e dai commenti che ne fe
Macchiavelli,
intorno alla influenza della religione,essendo tri-buno
Terentillo ? Meglio che io non sappiaa questo rispettodi
anacronismi ilWolynski ha redarguitoilLiverani in quellostesso
fascicolo dove questo ha tentato di sfregiarele carte di Arborea
e gliuomini che le illustrarono.
Seguendo ancora i suoi appuntia questo rispettoaccennerò al
ridicolo in cui vuol mettere il suppostodel Martini,e quellodel
Vesme, allorché il primo dice che in Sardegna nel secolo VII si
parlassein latino,ed il secondo invece il greco. Ma cosa ne crede
Egli?Il Liverani per tutta obbiezione dichiara che la linguain un
popolonon cambia mai, adducendo Tesempiodella Alsazia e della
Lorena,ove siparlasempre iltedesco malgradolalungadominazione
francese. Allora,di grazia,come è che vennero le diverse linguefiliatedalla ariana ?o che forse nacquero con quei certi aborigeni
nati dallezolle di ciascun paese ? E qualesarà stala la primalingua
de' Sardi ? e perchè T ha egli stesso riconosciuta spagnolizzata
nel libro di Gomita?
Egli ne viene quindia spiegarecome il latino siasitrasforma-
LE PERGAMENE Di ARBOREA 381
to,filiandone il volgare,e qaindii dialetti secondo le modalità
locali:però avrei stimato di chiarirmi le diverse modalità di uib
istesso paese, tanto che a Tours si parlail migliorfrancese,ed a.
Siena il miglioritaliano ecc. Avrei poisopratuttostimato che mi
avesse data unMdea delle modalità che hanno prodottoe mante-
nato in Sardegna uno straordinario numero di dialetti,mentre
in una partedi provinciatuttora si parlaillatino,forse quelloche
Polibio ritiene per antichissimo e dillicìlea capirsi, come quello
usato nel l*"trattato tra iCaitaginesie Romani nel 509 e quell'altrodel tempo delPespulsionedi Tarquinio,sotto ilconsolato di Giunio
Bruto. Dove poinon capisconulla affattoè nel luogoin cui dichiara
che il fiorentino sia più itaHemo,perchérassomigliaal latino;che
se r induzione fosse vera, qual paese più italiano del Sardo che
del latino conserva tuttora le cognugazioni,ad esempio ^ amti,
tiU amas^ ipsuamaty ecc. le desinenze in s nel pluralee. g. af/lic^
tionesjle voci e. g. eros per domani, i pronomi possessivie. g.
tu8^msy
ecc. e cosi la frase,e. g. da mhi tres panes^ ecc. ? E
notisi che cosi si parlae scrive tuttora e non in linguaspagnola,
malgrado la lunghissimadominazione rovinosa di Spagna di cui
il Ciomita non ne risentila influenza. Se il Liverani poi si reche-rà,
come ho potuto presentire,in Sicilia,
e si compiaceràdi di-portarsi
in Brente,non tarderà a reputareitalianissimoquelpaesea preferenzadeglialtridi quest'isolae del continente,perchè in
Brente si parlacon molte voci latine.
Corruciato allora per le male arti dei falsiflcatod,che eglivede
da per tutto,coglieal balzo la concessione fatta,dal Vesme sulla
possibilitàdi una falsificazionein una breve scrittura e non nelle
moltissime e vane carte Arboresi,per cui dice che moltiplicandosi
questa possibilità,si possa pure facilmente comprendere come
quellee più di quelle se ne siano fabbricate. Epperò mi - ha
fatto venire in sul dubbio che eglipretenda,che tutticoloro ca-paci
di scrivere un verso come Dante, paria Lui divinamente
sappianoscrivere una Divina Commedia.
In appoggiodi quest'ultimaattivitàdei falsi fabbricatori ne
adduce V esempio palpitantedel Mario Alberti ; però non lascia
d^ indicare che questo si sarebbe scopèrtoassai più per t^npo
quando invece di scrivere piccolecose su disparatioggettie fa-cendo
eziandio nuove per antiche monete e medaglie,si fosse lir.
mitato ad una storia di un paese. All'augepoi di quel falsifica-tore
,valsero i giudizidi coloro che giurano in verba magispri,
come adesso molti fanno contro le carte arboresi. 25,,
382 NUOYK EFFfiMBHlOl SIGIUANE
Intanto l'incentivo dell Alberti era di buscarsi denari ed onori
come molti ne ebbe di fatto;ma ed ai falsificatorisardi qualcom-penso
è mai toccato ? Essi già per iscrivere tutta quellamole di
pergamene e palinsestiper lo meno avrebbero dovuto impiegareun 50 anni,trasferendosi nel continente e lavorando e scartabel-lando
per le biblioteche ed archivi fino a mettersi nella posizionedi fingerecosi bene i caratteriantichi da trarre in ingannomolti
uomini seri e versatissimi in simili materie. Né basta : avrebbe-ro
dovuto fare studio negli antichi scrittoriin prosa e poesiatanto d^arrivare nei componimentiitaliania suj[)erarein forma
,
eleganza,sapore e robustezza tutti quasii carmi che dai primi
tempi del volgareitalianofino ad ora siensiconosciuti in Toscana
e Sicilia.Ma ciò é impossibile,perchèla vena poeticanon si ac-quista
nei libri,come non si compra il criterio.Costoro avrebbero
dovuto conoscere la storia a menadito,
e cosi la geografiae la
numismatica. E finahnente avrebbero dovuto fare incetta di per*
gamene npn scritte da archivi notarili,che conosce il Liverani,
dove mi duole di non sapere se vi siano calamai ed inchiostro pur
del secolo VII o del XII per impedirelo spionaggiodellachimica,
e quindiscrivere e mettere in commercio tutto;e per che cosa ?
per la somma di circa 4ue mila lire.QuestiAlberti ed Annio da
Viterbo dove sono, mei saprebbedire monsignoreLiverani?
In verità,che le supposizioniingiuriosea questo rispetto,non
hanno nò modi nò confini,peroccbòla più semplicelogicavi si
perde.Ma dove sono, io richieggo,questiuomini che per una scodella
di lenticchie hanno permutata la corona da poetie letteratiche
sarebbensi cinta con tanta suppellettiledi cognizionie con si rara
vena poetica? No, V amor di patrianon poteva ridurglia si mal
partito,quando meglioche a scrivere e cantare sui tempiche fu-rono,
si sarebbero immortalati sui tempi che sono, illustrando la
patriacoi nomi propri.
Questi riflessiperò non si accomodano air indole alteradel Li-
vecani,il qualepone a fondamento eziandio della falsità delle
pergamene il modesto uso di chiamare in aiuto la testimonianza
di uomini illustrisulla veridicitàdelle medesime, come ha fatto
il Yesme, ed hanno fattosempre tuttigliantiquari.Eglianzi di-chiara
di non aver mai fattoprò di testimoni quando illustrava
alcuni antichi documenti,comechò di fragileterra ei non cono-sca
la propriae comune origine.Tuttavia,quando non è guari
LE PKR6A1IBNB DI ARBOBK^ 383
tentava confutare ex cattedra il Dottore Arturo Wolynski in-torno
all'operettaDe Sibyllischei)iù sopra dissi,
non ischiva
di appoggiarsialla autorità di Thorlucius di Alessandro Block e
Triedliep.E vedasi coincidenza tt pure in questa circostanza ei
suppone cose non possibili,tanto che il Yolynskilo prega a mo-strargli
il fonte deglierrori da lui inventati e che hanno dato
corpo agP imaginarifalsificatori.Eppure eglisi crede infallibile!
Al postuttofacendo tesoro deir arte oratoria e del bello stile
che tanto lo distingue,fa un tenero fervorino al Vesme perchè
smarrito, come lo crede,tra le foreste di Sardegna,ritomi al
gregge compunto dei trascorsi.
Epperò illudendosi che il Vesme rìnunzi al suo profondocon-vincimento
sulla sincerità delle pergamene, più forte alza la voce
e dà il colpodi graziaa quelleinnoccenti figliedella verità, fi-gli,
dice,il Vesme si meravigliache i dotti berlinesi abbiano po-tuto
tursi un' idea di si fraudolenta merce,
e di sì svergognati
falsificatorileggendopochelinee:ebbene,a me basta una sola pa-rola
dalla qualein modo irrevocabile si deduce e si conferma la
sentenza. Questa parolaè insurrectionem. Egli V ha proprio pe-scata
fra le centinaia di migliaiadella pergamena delle vite di
Sertorio.E siccome,eglidice,la parolainsurrectio in senso di
ribellione come ivi è usata non data fra noi che dall'SO,cosi es-sendo
adoperatain uno scritto come quellodei primisecoli dei-
Fera cristiana svela la mano del falsificatoremoderno.
Senonchò più fornito di accortezza che di pietàaccenna alla
patente di Enrico re di Inghilterranella quale è usata la parola
insurrectio;ma, come eglidice,nel mite significatodi invasione
della pubblicaautorità;onde è che trovando un oppositorenel
classicoAlberti perchè Tha ritenuta originariadella Polonia e
poi passatain Inghilterra,se ne disbriga,coltacciarlo decaduto
dalla sua opinione.Frattanto a sincerarmi di questa fataleparolalicersi a Ducange e là trovo,nientemeno che i( insurrectio
,reb-^
belUo: apud Rymer^ t. 8, pag. 124.
E tosto aperto questo famoso tomo e Iettar quella paginae la
seguente, più volte mi fu dato rinvenire T insurrectio.Intanto ad
evitare le gratuiteinterpretazionine riportoil seguente brano :
« Et si contingataliquashuyusmodi Congregationes et Insurrec-
" tiones fieri (quod absit)in futurum,aut aliquem de populono*t stro sic temere DeccoUari,Occidi,vel destrui Malefactorum hu-
• yusmodi Temeritatibus totisvirìbus obviare curetis t. Datato daUrotto febbraio 1400,.
384 NIK"VK EFFBMSaiDl SHUUANE
Ora ben si scorge anco da chi appena sappiatradurre un brano
di latino che qui la parolaCongregatùmesetinturrecUonef è usata
nel senso di congiuratoriribelli,che insorgonocontro ilgoverno.
Egliperò ricorre a più scaltro sotterfugio,e concedendo che
quellaparolauscisse dalla bocca sola di Enrico nel 1400 vuol
dare ad intendere che rimasta sia a Londra in incubazione fino
all'SO per insorgere,infiammata in queltempo sotto la repubblicafrancese.
Ora senza che io voglia chiedere da quando in qua sappiasidei nuovi vocaboli introdottida quel re nella lingua latina
,se
certo non era egliCicerone,e se non sia possibileche alloraap-punto
si fosse adoperatauna voce in disuso e nata nella antica
latinità,0 che per qualunque altro caso sia stata a cognizionedel
Belatone e non del Sertonio,come errava il Liverani,io dico,e
perchèquesta parolanon sarà sortitaprima dalla bocca dì Dela-
ione anziché da quelladi Enrico seicento anni dopo.Anzi io per
redarguizionedirò,se è la parolainsurrecUo che fa giudicaredella
falsitàdi quellepergamene, questa stessa potevaessere suflBciente
per dichiarare pure falsa la patentedi Enrico se per caso in que-sti
ultimi tempi fosse capitatasotto la inquisizionedel Liverani.
Ma a quanto mi pare, qualchescrittore classicoha dato al verbo
insvrgereil significatodel ribellarsiche " un individuo contro
un altro,e tanto più sono di questo avviso in quanto che il Ca-lepino
a schiarimento dello stesso v^rbo scrive inmrgere regnisalicuius b. e. ai regna inmdenda.
Nel Porcellini è pure citato il cantra ferocignatus inmrgens
mnax vulta nel senso di sollevamento,e là pure è soggiuntoa
maggiore dilucidazione:inmrgereregnisalicu/usquehoc est ad re-gna
invaienda. E meglio ancora ei riferiscele paroledi Tacito a^
Mb. il,cap. 16. Insurgerepaullatimmunia Senatusmagistratuum
kgufn in se traere,dalle qualise non v'ha da imbroccare la rea
parolache tanto scandalo ha prodottoneiranimo di Monsignore,v'ha certo a confortarsi,perchè trovasi un^ eco perfinonella Bib-bia
,dóve certamente non avrà messo vìrgolail sacrìlegopugno
del falsariodel canto di Gìaleto^
Questa parolaadunque rinvenuta dal Liverani e caratterizzata
ceme il testimone severo della falsitàdelle pergamene, non è alla
fin fine che una supposizioneche va a dileguarsicome quelladi
altra volta del Promis sulla parolaturcos.
Epperò io preghereiche d^ora innanzi glioppositorifossero
SAGGIO DI TEOCRITO
L'IDILLIO NELL'ARTE GRECA
Le conceziòtìi delibarle prendendo il lor movimento, e lo svi-luppo
dalle circostanze peculiaride^ tempi,vengon poi a manife-starsi
in varie forme, sebbene tutte intendano al medesimo scopo
cioè,di commentare con V idealitài fenomeni dello spirito,e della
natura; e di fecondare con la fantasiainventrice e accalorare con
r affetto purificante,gr istinti dell'animo nostro, e le sue aspira-zioni
al Bello. Una di queste maniere gentile,schietta,pittorica,
* delicata assunse Parte greca nella creazione delF Idillio.I cen-atomi
in cui questo genere poeticosi raccoglie; le modulazioni
'onde i suoi sentimenti si esplicano;quella cotal mistura di rusti-
^cità campereccia,e di squisitezzacittadina;quelle abbondo voli ar-monie-
the suonano con le frasche,coi rivoletti,co' venti ; quei
colori succedentisi che si digradano e si ritingonoin mille guise
col mattino,col meriggio, con la quietevespertina;tutte le par-tizioni
insomma onde si fa sentire dentro il cuore umano la mu-sica
deir Idillio,5ono incarnate in una realtà presente,per mezzo
di una idealità attinta nel passato.V arte cristianaispirandosipo-tentemente
nella beata luce d' un futuro che deve sovrastare di
gran lunga ad 4)gni trascorsa bellezza,non ricorre ai tipiidillici
con quellafecitità,e verità insieme con cui Parte greca giunse
a ritrarli.E poi minore è il bisognoperchè ilpensieropoeticosi
provi in tal genere primitivo,quando ormai le vie a lui aper-te
nelle moderuB società,alla chiusa de' monti natii hanno so-stituito
i valicati oceani;e al lare paterno la mondiale famiglia.Il
concetto religiosodella paganitàapprestavasi inoltre con maggior
facilezza a risecare la parte rurale dal -resto del Bello cosmico,
dacchè^,il principiomitologicodivinizzando la natura,faceva di
essa tante divise rappresentazioniper quanti eran gliobietti in
cui le divinità si manifestavano alle imaginose menti. Per lo con-trario
il principiovero, unificatore della creazione tutta,parlantela potenza di un solo Dio, non permise al poeta cristiano di di-sgregare
le pastoralicontingenzeper formarne una totalitàesi-
SAGGIO DI TBOCaiTO 387
stente da sé ; ma bene gliapprese a considerarle come un vago
episodiodel grande poema delP universo. Gessner delineo qual-che
punto di tal episodiocon un affettuoso lirismo. Per queste ca-gioni
r idillio greco che non potèriprodursineir arte nuova della
parola,trovò meglio il suo rammodernamento in quelladella mu-sica
; giacchéquesta è V arte del presente ,e tutte le volte che
cerca di ispirarsial bello d' una futura perfezione,privacom'essa
è d^ un tipo costante,lo fa in cosi indeterminata girìsa, che la
soavità del presente non iscemasi,e^ la melodia non va a perdersi
giammai nei misteri deir avvenire. Ben disse il Manzoni che il
ciclo della poesiapastoraleè ormai chiuso. Ha molte sono le forme
in che V arte un di esplicatasi,
non vive che del passato, e in
esso vagheggia i suoi ideali,giàcompiutiin isquisitilavori.Con
Anacreonte sono sparitele sue ghirlande,la sua cicala,la sua co-lomba
; e pure quei tipidi poeticoacume,
e di divini momenti
resteranno a figuraperpetua di bellezza;e quando per nuove co-municazioni
di popolisaranno abbandonate le antiche vìe alpine,oh r arte ricercherà quellenevi,quelle giogaiedeserte ! sil'arte
che non conosce altra sterile solitudine,che quelladell' utile ; e
si piacedi risalireai suoi tipicon amore immortale; e ciò doposecoli di trasformate realità. Però a tal fine
,e a non altro mi-rando,
a noi é sembrata acconcia opera lo studiare la venustà i-
dillicaneir arte greca ,e ritentare fra' non pochiche vi si sono
provati,di esprimerequalcunadelle sue genialiforme,nel me-tro
italiano. Con siffattiintendimenti pubblicammonel 18^ in Pa-lermo
una versione in rima di alcuni Idilliidi Mosco,
e Bione,
ed abbiam poscia condotto la versione di sei Idillidi Teocrito.
Questo nostro Saggio,anch'esso in rima, comprende: Il Pastore
e i Bifolchi = Gli operai, ovvero i Mietitori — I Pescatori — Da-gli
Amori,Frammento; — che già vennero messi a stampa nelle
Nuove EffemeridiSiciliane,Dispense6, 8, 9 e 10 an.: 1869-70;e
altri due Idillii,cioè.Le Talisie,ossia il viaggiodi primavera,eIl Bifolchetto,che diamo parimente nello stesso giornale.Ciascuno
Idillioé accompagnato di brevi note che risguardinoqualcheInter*
petrazfone,o variante che sia. Né lasciam di soggiungere che il
culto in Sicilia al padre della Buccolica poesiaè stato perenne;
e quando il Borghi ci veniva,quasiispiratodalla presenza de' luo-ghi
,metteva fiato a melodiare con nuovi versi i bei carmi del
pastore siracusano;ma non andò oltre di qualcheIdillio,che diede
tradotto nel Giornale di Scienze,Lettere ed Arti, Pare a noi opera
388 NUOVE EFFKMKRIDI SICILIANE
d^ un dolce affettoqualunque studio in prosa o in verso facciasi
M Siciliapel vecchio Simichide.
^Messina,«etlembre 1870.
Riccardo Hitcuell
Xe Talisie, ossia il yiaggrio di primavera
IDILUO VII.
^Era nella stagionche verso Alente
J^eregriniandavam dalla ciltade
Eucrito ed io,terao sen venne Aminta
Che célebravan le Talisie feste
A Cerere i due figlidi LicopeFrasidàmo ed Antigene,onoranda
Prole,se ancor di quegli antichi padriVive alcuno fra noi chiaro rampollo.Da Clizia e di Calcon che contro al balzo
Costrinse le ginocchia,e dal profondoTrasse il fonte Burèo. Dattorno al fonte
Verdeggiandone^ rami i pioppie gliolmi
Levavano le chiome, e di beir ombre
Una selva vi fean;né del cammino
Giunti eravam nel mezzo, e non peranco
^11sepolcrodi Brasila apparìa.Che a noi ci venne incontro un peregrino
Di Cidone,un buon uom caro alle Muse,
Licida che di capre era custode.
Chi non V avria raffigurato? in tutto
D^un custode di capre avea sembianza.
D^ irto becco lanoso in su la spallaTenea la fulva pelle,onde partiaOdor di fresco caglio,e un vecchio manto
Con ampio nodo distringevaal petto(1).
(1) Leggoic^axepu*largo,ampio ,come porla la Stereotipadi Lipsia, e r Edi-zione
del 1854 curata da E. L. Ahrens,invece di 'KXoxtoi^e secondo che com-mentano
gliScoliasti,i qualisoggiungonoche scrivesìancheicXoxep"}".
SAGGIO DI TEOCRITO 389
Ei d'oleastro una ritorta verga
Portava nella destra,e dolcemente
Ridendo mi chiamò con guardo amico,
Che le labbra ridevangii,e mi disse:
0 Simichida,a qual loco tu muovi
Or nel merigge che il ramarro dorme
Sotto le siepi,e non battono Tali
Le capellutoallodole? Ti affretti
A genialconvito,o al torchio vai
D^ alcun de' cittadini? Che al veloce
Tuo piedei sassi intoppano,e di sotto
Ai sandali ti stridono. A tal voce
Io risposico^ Licida amico,Fra quantison bifolchi,e mietitori
Te celebrar odo da tutti eccelso
Modulator d' avene, e il cor me n^ empieUna gran gioia,benché in mente io m'abbia
Che potreipareggiarti,n nostro calle
Ci mena alle Talisie: che V opimoGnor delle primizie,ed il banchetto
Indicono i compagni alla precinta
Cerere,che fé'pìngue il lor ricolto,E l'aia ne colmò! Ma poi che s'apreUn calle a noi,ed una sola aurora,
Melodiam la camperecciarima;Forse il canto dell'un l'altro seconda.
Fervida bocca delle Muse io sono.
Ed ottimo cantor mi dicon tutti
Ma non si lieve è il mio pensierche il creda:
No, della terra in nome, che l'eletto
Sicelida di Samo, o il buon Fileta
Vincer non so nei carmi; e come rana
Disputoinvano a' grilliargutiil vanto.
Furo scaltrii miei detti,e il mandriano
Aprendomi un dolcissimo sorriso.
Questo vincastro io farò tuo,mi disse,
Poiché un germe divino in te si accoglie
Quello artefice io sdegno che all'altezza
D' Oromedonte ragguagliarvorria
Di sua casa il fastigio,e mi ian noia
390 NUOVE BFPBMBRIDI 81G1LIA!"IE
Le garrulecornacchie delle Mase,
Che dietro agPinni del Cantor di Chio
Si faticano indamo; Or muovi ed ambo
Svegliamoi metri pastorali;lo voglio
Provar se piacciaa te breve canzone,
Che, non è guari,meditai sul monte.
Portino a Hilitene aure seconde
Ageanatteancor che dei Capretti
Tramonti il lume, e intumidiscan Tonde.
E sul rigonfiomar Noto si getti,E Orlon tocchi il pie nelF oceano
Purché Licida fugga i caldi affetti.
Che r animo per lui mi bolle insano;
E gli Alcioni fabbricando il nido
Ne ritornino il mar tranquilloe piano.E tolganNoto ed Euro che al lido
L'estreme alghe sospinge:che fra quanti
Augellipasce il mar, se vero è il grido;
Più di loro son vaghe le mutanti
Azzurrine Nereidi: e a Militene
Volgano Ageanatteaure costanti.
Tutto facil,giisia,con vele pieneEntri laddove il bel porto si espande(1)E alior ch'ei tenga le bramate arene.
Di rose, o aneti io porteròghirlande0 di bianche viole,e al fuoco appresso
Berò di Pteleo vin coppa ben grande.Tosta sarà la fava,al fuoco istesso:
D' apio,di gniza,e d' asfodilloun letto
All'altezza d'un cubito fia messo.
Dolcemente io berò,pien dell'affetto
D' Argeanatte,e a ber le gocce estreme
Ai molli nappi terrò il labbro stretto.
(1)Qualcuno proporrebiiein questo luogo cCicXoocinvece di eOicXoovaccordan-dolo
coD Ageanatte,Ma una tal Icjzione,per quanto buona si vogliacredere«
non
Aggiungerebbenulli alle circostanze di già espresse dal poeta, cioè,che Ageanatte
navigando prosperamente arrivi in Mitilene.La stereotipadi Lipsiache poru que-sta
variante,,adottata dall'Ahrens, segue nel testo la lezione antica,che è quelladi tutte le edisioui.
SAGGIO DI TBOGIUTO 391
E dae pastorimoveranno insieme
Delle pive il tener, Tuno Acamese,
E nato r altro dal Licopioseme.E Titiro dirà come si accese
Dafni bifolco un di per Sènea, e come
A correr tutta la montagna prese.
E le quercieche infrondano le chiome
D^ Imera al margo, lui plorarche scemo
D^ogni vigore si struggea, siccome
In Rodope, o sul vertice dell'Emo,Le nevi si risolvono o nelPAto,0 sulla vetta del Caucaso estremo.
Dirà come ampia cassa al tempo andato
Vivo accolse un pastor,dove lo chiuse
La scelleranza d'un padrone ingrato;
E che dei fiori i balsami eran use
L' api a recarglivolando da' prati;E il mele in bocca glistillar le Muse.
Cornata avventuroso, a te da' fati
Venne concesso si felice evento:
A te nel chiuso cedro i delicati(1)Favi dell'api dando l'alimento,
Della vaga stagioncompistiil die (2)Cosi non fossi nei miei giornispento!
Le belle capre per montane vie.Ti aderberei;e tu sott'elce o pino
Giaceresti,di dolci melodie
Empiendo l'aere,o Comata divino.
Qui chiuse il canto: e alla mia volta io dissi;
Licida amico,d'altri eletti carmi
(1)Qualcuno alla parolaKé$povche leggasidue versi ìnnanti ha fattocorrispon-dere
la pianta del cedro e non la cassa. Per me ho seguitoV opinionedi tuttigli
interpetriche è quellaappunto dello seoliaste,il quale nota t\^ xuv xlSpovxùv
Xép^HTi TIC ^v ano xsSpouxatewtuafffxsviS:nM cedro ^venivanole api)cioè,
nella cassa la qualedi cedro era costrutta.
(2) Itoc v^iov nou nel testo il tempo phmayerile ,naturo alla nsciu di Co-rnata.
Gli Scoliaste riferendoche alcuni v' intendano un intiero anno xivlcx*'Z-Xov lviauT(Ìvsoggiungono che vi si può interpetrareil mutamento dellestagioni,
prendendouna sola delle quattro partiicioè,quelladi primavera.
392 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
M^ erudìron le Ninfe,allor che i buoi
Pasturava pe'monti; e forse al trono,
Di Giove il grido ne sali.Qual d^essi
Suona più dolce io vo^ cantarti,e mi odi ;
Poiché vivi si caro alle Camene.
A Simichida starnutar gliAmori;
Che tanto il meschinello ama Hirtone,
Quanto le capre la stagiondei fiorì.
SospiraArato a un tenero garzone,
Egli che a Simichida è il più diletto:
Ed Arìsti gentilben vi s'appone.
Aristi,che anche Febo al suo cospetto
Citareggiarda' trìpodifarìa;Ei sa qual vogliaarde d'Arato il petto.
Tu Pane, lo rìduci alla sua via,
Tu che d'Omolo tieni i dolci piani0 il tenero Filino,o un altro ei sia.
Tu lo rìduci nelle care mani
Senza che di chiamarlo Arato stanchi.
Che, se questidesir non fai tu vani.
Non ti battano più gliomerì e i fianchi
Gli Arcadi (ànciuUetti con le squille,
Quando su Tare cacciagionti manchi.
Se il nieghi,io voglioche mille ugne e mille
Ti fendano le membra, e fra glispiniTi si chiudano al sonno le pupille.
E a mezzo il verno t' abbiano i confini
Deir Ebro, e i gi(^hidegliEdonii monti,A cui sono gliArtoi lidi vicini.
E r estate gliEtiopinon conti
T' abbian pastor,dei Blemi a V antro, donde
Alcun non vede più del Nilo i fonti.
Di Bibli e Teti le dolcissime onde
Lasciate,o voi,che fra le sale altere
Dìona acccogliedalle treccie bionde;
0 voi d'Amori leggiadretteschiere,
Che a mele vermigliuzzeio rafiiguro,
Or voi mostrate come l'arco fere.
394 NUOVE EFFEMBRIOI SICILIANE
Alla terra piegavansigravatiDelle susine i rami, ed il suggello,Alle botti s^apriadi quattro estati.
Dite,0 Ninfe divine,che V ostello
Tenete sulle vette del Pamasso,
Forse ad Ercole offrìa nappo si bello,
Di Tolo antico nel cavato sasso,
Chiron deglianni già canuto? 0 forse
Quei che le rupi fea volare al basso;
Quei che forte pastorTAnàpo scorse,
Polifemo gustò bevanda pari,Allor che in danza la sue stallecorse?
Certo licor,più dilettosi e cari
Mesceste,o vaghe Ninfe,a noi garzoni.Di Cerere Areal presso glialtari:
Oh ancora il cielo d^ agitarmi doni
n ventilabro in si gran copia;ed ella,
Tenendo in man papaverie covoni,Mostri il sorriso della faccia bella.
Messina, setlembre 1870.
i RlGCAaDO MlTGHBLL
PAOLO MAURA
POETA SICILIANO DEL SECOLO XVII
(*)
Questa ristampanon mi è parsa inutile per più ragioni. Pri-mieramente
perchè Paolo Maura è uno di quei pochi classiciscrit-tori
del nostro dialetto che presto divennero e tuttavia manten-
gonsi popolari; in secondo perchè la scorrettissima edizione del
1759 fatta dal Trento (2) è ornai una, invero poco pregiata,
ra-rità
bibliografica;e finalmente perchè in questo fervore di canti
popolariche invade tutta V isola non era giusto dimenticare un
antico poeta,quasi T.unico, pel tempo in cui fiori,che impron-tasse
le sue poesiedi quelle forme cosi schiette e cosi vive che
oggi ammiransi tanto.
La presente edizione è stata condotta con ogni dilingenzae cpn
critica severa. Al Maura non mancò, fra le altre,la sventura de-gli
editori postumi;e certamente egli non poteva cadere in peg-giori
mani di quelledei signoriAccademici che prepararono e
fecero a loro spese T edizione del Trento. Sia per rispettoalla
fama delFautore,sia per riguardoalla dignitàdel lettore,io ho cre-duto
opportuno scegliereil meglio di quant essi stamparono alia
(1)In giorniiiuiqualiglisludi delle iradizioni popolarisono rÌTolti alla ricerca
degliaatori di una data poesiadivenuta canto del popolo, non possiamo non ac-cogliere
con gradimenlu lo annunzio che si stia preparando una nuova edizione
delle poesie di Paolo Maura poeta siciliano molto popolare del secolo XVII. Questo
aniiunxio ci vien pòrto d^il sig.Luigi Capuana, a suggerimentodel quale il tipo-grafo
sig.Calatola di Catania s' ò messo alla ristampa di quel poeta, ristampache
porterà innanzi la presente prefazione. / Compilatori
(2) Li veri canzuni ccu la Pigghiata,e na divota cumpusizioni italiana supra
l'Ave Maria di D. Paulu Maura celebri pueta di la cita di Miniu. Una e ceu aleuni
antri sinceri canzuni di D. Oraziu Capuana baruni di lu regiu Casteddu di la stissa
cita. Si sUmpanu a spisidi TAccademici di Miniu. In CalUgiruni nellu palazzu
dellu 111.Senatu priSiuiuni Trento, 1759. Cu lioenza di lu Soperiuri.
396 NUOVE EFFEMEEIOl SICaUANB
rinfusa,riordinarlo,correggerlo,dove occorreva
,con un mano-scritto
del tempo che per sorte ho potutoriscontrare; e in que-sto
modo spero aver vendicato la memoria del poetamineolo dal
grave insulto arrecatole dalla stupidaignoranzadei suoi amici.
Per coloro che non potranno avere in mano 1^edizione dei
Trento onde far i confronti colla mia, basti sapere che in essa di
parecchieottave,che sono componimenti staccati,se ne fa spesso
uno solo ; che molte varianti sidanno come fosserocomponimentidiversi : che talvoltaviene cosi stranamente mutato iltitolod^un
componimento da non potersene affattoraccapezzare piùilsenso:
e non parlodella smisurata caterva deglierrori tipograficiche
rendono la lettura di quellaedizione proprioinsopportabile.A quelliche possono biasimare la mia severità nell^escludere
da questa ristampai componimentimediocri,confesso che avrei
voluto essere ancora più severo ; ma me ne sono ritenuto per ri-guardo
a certe voci non comuni del nostro dialettoche cosi pos-sono
porgere un esempiopel futuro vocabolario siciliano.Però io
non ho tolto senza dare un compenso; giacchéin questedizione
si leggerannoparecchiecosettine inedite e affatto sconosciute che
valgono,senza dubbio,quellemesse da parte;si avranno resti-tuiti
i veri titolidei componimentiche a questo modo quasi ri-nascono
a nuova vita; e si sapranno i nomi delle persone a cui
furono indirizzate alcune poesie,che allora non vennero pubbli-catinon so dire perchè:
Aviei voluto aggiungere una biografiadel poeta,ma per que-sta
non ci fu lasciato nessun ricordo,air infuori dei pochi che
possonsiricavare dalle sue poesie.Si sa solamente ch^eglinac-que
da Carlo e Pietra Maura il 23 gennaio 1638; che lo stesso
giornodello stesso mese sposònel 1763 Doralice Limoli,e che
in ultimo morì in Mineo nel 1711.
La tradizione locale è stata intanto meno dimenticona della cro-naca
col suo poeta.E da essa ho potutospillarealcune notizie
che illustrano,com'oggisuol dirsi,la Pigghiata;ma le dò per quel
che valgonoe senza la menoma guarentigia.Però bisognaconve-nire
che non c^è ragionedi diffidarne;la tradizione si accorda
col documento e lo spiega:può esser benissimo storia schietta.
La tiadizione dunque ci narra che il poeta fu riamato amante
di una l'agazzadi casa Maniscalco,allora un nobile e potenteca-sato
Mineb. I parenti,non volendo permettere lo scandalo d'una
unione disuguale,chiusero Tinnamorata ragazza nel monastero di
PAOLO MAUBA 397
Santa Maria degliAngioli,e credettero cosi troncare di botto una
passioneche, secondo le idee di quel tempo, poteva imprimereun^onta indelebile sullo stemma della famiglia.Però fecero i conti
senza Toste. Il fuoco dei due innamorati divampò più forte; gli
ostacoli,invece di smorzarlo servirono,com'è il solito,ad attiz-zarlo
meglio; e il campanilee le grate del monastero tennero il
posto delle flnestre e dei terrazzini per Tamorosa corrispondenza.La cosa non poteva rimanere un mistero. Ilgiovane poeta passava
le intiere giornateseduto su' gradinidella chiesetta dello SpiritoSanto
,cogliocchi rivolti a quel campanilee a quellegrate da
cui una mano gentilee desiata gV inviava %ra un caro segnale,
ora un dolce salutò^I parentidella giovinettanon stavano cogli
occhi chiusi,e prendevanosospettodel menomo che ; molto piùche i due amanti
,accecati dalla passione,non sapevano ristarsi
da certe imprudenze,e ne rincoravano ogni giornola dose. In-fatti
si sospettòfinalmente che avessero tentato una fuga abbor-
tita per caso. I Maniscalco,montati sii tutte le furie,giurarono
di perdereT audace innamorato,e Vautxnità seppe subito che un
miscredente,
uno scomunicato,
tulbava con iscandalo di tutta la
città la sacra quiete delle spose di Cristo.
n nobilume, il pretume di quel tempo, cuciti a rete doppio,si
rovesciarono,com'oggisi direbbe su quel protestante,su quel ri-
voluzionarioye il povero Maura fu arrestato,carcerato prima nel
Castello di Piazza,poi nella Vicaria di Palermo: e quando potè u-
scirne via, i mali patitilo avevano guarito,se non dell'amore
certo della baldanza giovanilecon cui aveva sfidato i pregiudizisociali.Cosi finiin apparenza uno di quei frequentie dolorosi
drammi della vecchia società oggi resi impossibili.In apparenza si,perchè se ilMaura potè forse trovar nella vita
di famigliaconforti al suo dolore,ed anco V obblio ; la misera
giovinettanon potèdimenticare tanto presto un amore che l'aveva
si violentemente agitata,e non è difficilefigurarsidi che lagrime
e di che gridadisperatedovette risanare la sua cella prima che il
sentimento religiosonon avesse finalmente persuasa la infelice a
rassegnarsi!
Ma il poeta ha vendicato tutti e due t e la-sua vendetta durerà
ancora un pezzo! Nella Pigghiataeglinon ha risparmiatonessunodei 'suoi nemici. Che serie stupenda di ritratti e di caricature!
Tutti ci sfilano dinanzi come una processionegi'ottescacon un
fremito bestiale sulle labbra,con una gioiaferoce sul viso; cre-
26
398 NUOVE EFFEMERIDI StCIUANE
dono di subissare il poeta, averne aHegra vendetta,
e non s*ac-corgono
che vivono oramai la vita deir arte,immortali impotentiche il poeta si compiacedi presentareal nostro riso ed al nostro
disprezzo!E non c2q[)isconoche le vittime del loro animalesco
furore vengono da noi non solo conciante,ma amate; e che quellache rimane nelFombra quellache non ha modo di forsiascoltare,
potràesser lieta delle sue pene se oggi,dopo quasidue secoli,
noi c^ inteneriamo in bvore di lei allorché leggiamoche dsd prò*
fondo del suo carcere il poeta esclamava :
Ma punì miicunsolu qualchipocuQuannu ^ntra sti me' guai passa a pinsariLa causa ppi cu^ patu un tantu focu.
Ckrussitutti Tai"nni mi su' cari,
Duci li peni,ed a stu cori affrittu
Nun e' è turmeniu chi lu po' turbari f
Nella Piggiata H più lungo dei componimenti che il Maura
abbia scrìtto,l'arte del poeta è veramente somma. Il soffiodella
vita è passatoper li,e ne ha fatta un' opera letteraria che,dopa
tanta distanza,par nata appena ieri. Trovi nello stile una fre-schezza
che ricrea,una limpidezzaammirabile,e quelpregioche
mi piacechiamare il toscanesimo del nostro dialetto.IIMaura non
isforza il siciliano,non lo gonfia,non lo vuol rendere letterato;
teme il guastarloe se ne guarda. Perciò in lui non trovi ombra
d' imitazione dotta,sia nella forma,sia nel concetto. Tutto vi va
per la piana,ma non pel volgare;tutto vi è spontaneo, di getto,
pensato e parlatoalla buona, ma efficacemente,ma arditamente,
con quellamaestria ,la più difficiledi tutte. Infatti
,mentre il
concetto pare uno di quelliche si presentano a pruna vista,da
alcune varianti si può scorgere per quale trafila abbia passato,e
meglio si vedrebbe se potessero trovarsi gli autografisperduti.Che il Maura dovesse possedereun senso squisitedell'arte si ca-pisce
tosto riflettendo ch'egli visse nel seicento,e confrontando
lo sue poesie,per esempio i canti d' amore, con lutto quelloche
si beli in quel tempo di lambiccato e di strano dai nostri poetivernacoli. Il segreto del Maura mi pare stia in questo; ch'egli
può dire francamente:
Io mi son un che quandoAmore spiranoto, ed a quel modo
Che detta dentro vo significando.
PAOLO' MAURA 399
Cosi lì SUO frizzo perde di raro V atticismo che gliè pròprioanzi è spesso velato d'una leggieranube di malinconia che lo
accosta diìVhtmor dei moderni. E nel Maura T uomo moderno c'è,
ed assai bene accentuato. Serpeggiaper le sue poesie uno spi-rito
di rivolta contr'ognioppressione,contr'ognipregiudizioche,
guardando al suo tempo, h davvero sorpresa. Egli non teme di
dirci che la Giustizia,scappata via da questo mondo perchè vide
manomesse le sue leggied i suoi riti,
Lassau in vinnitta di so' ribbeddi
Un recipedi pruvulie di baddi,
la rivoluzione in petto e in persona t
Il inaggiordifetto che si possa rimproverareal Maura è come
direbbero i francesi,che la rime n' est pas riche. Il poeta esce di
i*aro da certe assonanze predilette;poco male,
se per compenso
ne abbiamo tutti i pregiche ho accennato qui innanti.
Dalle poesìedel Maura non vanno disgiunte nell'edizione del
Trento le poesiedel barone Orazione Capuana,e non ho voluto
ometterle anche qui,con parchissimascelta. I canti del Capuana
sono tuttid'amore; però la passionevi si sente di rado. È vero
che il concetto vi è talora trovato e reso felicemente,ma spesso
è troppo stillato e arieggiail secolo. Le pochissimeche ristampo
sono il fìore delle sue non numerose ottave e bastano per mo-strare
in lui un ingegno non volgare.Ma da lui al Maura ci corre
Orazio Capuana nacque dal dottor Giuseppe e da Donata Ta-luna
verso il 1608. Sposò dapprima Lucenzia Soldano,donna di
pietosicostumi,poi nel 1669 Lucrezia Limoli. Ebbe vita avven-turosa.
Si trovò mescolato ai tumulti di Napoliquando Masaniello
suscitò la real repubblicanapolitana,maneggiò in quell'occasione
importantissimiaffariper conto del Viceré RodrigoPonzo de Leon,
e corse pericoliassai gravi. FilippoIV ne lo rimeritò creandolo
barone del Castello col regalodi mille ducati. Mori nel 1691.
L'ottava inedita di lui che fu tratta,anni fa,da un antico ma-noscritto
di poesiesicilianedella biblioteca dell'ex-convento dei
Cappucciniin Mineo, si trova in bocca del popolo e merita di
starci.
Giudichi ora il savio lettore se quest'edizione corrispondeagliintendimenti con cui ho cercato condurla,e se mantiene le pro-messe.
Luigi Capuana.
SUGLI ANEDDOTI SICILIANI DI A.LONGO
E
IL DISCORSO DEL DOTT. HARTWI6
Lettera di L. Vigo a 6. Pitrè
Amco MLassiMo
Come tessera delP amicizia indissolubile che ci collega,vi mando
per r anno nuovo il volume degliAneddoti sidliani del cav. Aga-tino
Longo da voi con tanta brama desiderato. Questo celebre
professore,che ad ottani' anni ha ilvigorementale di un giovane,
ha scritto su quasi lutto lo scibile daH\esordiredel presentese-colo,
né ancora si arresta,talché per onnigena sapienzapuò pa-ragonarsi
a Leibnizio soltanto. Or egliceliando circa il1840 det-tava
questianeddoti di varia natura, fra loro apparentemente sle-gati,
quasi apologhidi praticamoralità,trasmettendo cosiagliav-vertimenti
taluni de' mille avvenimenti briosi,istruttivi,lepidi/
quasi tutti proverbiali,di reminiscenze di antichi pregiudizi,che
si ripetonotradizionalmente fra di noi, e fon parte del reperto-rio
casalingodi molte delle nostre faonigliecittadine e campe-stri.
Arieggianode' foglisparsi; ma nessuno senza utilechiusa,frizzo,allusione,ricordo. L'uomo di straordinaria potenza intel-lettuale,
non dorme neppure fra i nonnulla,quando par che sba-digli
e sonnecchi.
La loro pubblicazioneè di antica data; s'iniziò nel 1843 ìd
Palermo nell'Occhio^Giornale di Scienze,Lettere ed Arti;fu con-tinuata
nella Strenna catanese del 1845, nello scordo di quel-
l'anno medesimo l'evulgòil Musumeci Papale,ed io l'annunziai
alla p. 112 de' Prolegomini a' Canti popolarisicilianisin dal 1857,
talché in siffatto modo si ebbero la massima pubblicità.
Sono essi 80 in 68 articoli corredati da quattro litografieed
impressicon eleganza.Sono nel maggior numero dettati in ita-liano,
ma taluni nel nostro dialetto,
e tutti quanti allegratidei
vezzi della favella insulare spiegalicon appositeannotazioni,delle
402 NUOVE EFFCMEIODl SICILIANE
mirsi da' pericolie da' tranelli de' rabula curiali e della umana
perfidia(1);come il savio dee comportarsicon gl'inverecondie
importuni(2);nò la satira vi è omessa (3);i costumi,glierrori
popolarihanno ivi il loro cantuccio,vi troviamo quindii morti
che notte tempo giranoper le case il 2 novembre e regalanoi
bimbi di ninnoli,gingillie confetti;il riconto del lupomannaro^di Harrabecca,della Mammadraga, del Babau
,del Babalutu (4);
le burle vi sono frammiste (5);cosi gli effetti della immagina-zione
esaltata,e gliacconci espedientia risanarla (6); ad esser
brevi sono notevoli glianeddoti storici sul Diotaro di Catania,la
enizione del 1669,ilterremoto del 1693,i Taraglionidi Aci-Trezza
e consimili (7),Né si creda il Longo senza predecessori: egli primo adoperò
la prosa, molti la poesia,colori diversi di unica tavolozza nel ge-nere
narrativo;e,tra costoro primeggianoil massimo Meli,Tem-pio,
Marraffino,Grassi Cambino,Cueli,Cangi,dal qualeilLongoritrasse l'aneddoto 22 (8)."Essi ora con l'apologo,ora con la fa-vola,
ora con l'ingenuoracconto dipinseroe ricordaronole cre-denze,
le reminiscenze,le leggendee storielle del nostro popolo,talchò lo scopo di fotografaregliusi de' pastori,de' marinai
,le
veglieinvernali delle nonne, e cosi apprestareal filosofo le fila
della grande tela,che collegaquesta e quellaprogenìe,e ne de-termina
le discendenze,gliincrociamenti,i passaggiec. era ini-ziata
da tempoi Per ragionedi brevità non richiamo alla memoria
dell'Hartwingle opere de' secoli precedenti;che sono state re-gistrate
dal Mongitore,dal Narbone,dallo Scinà e da me mede-simo.
Or come ciascun vede,quel dotte alemanno non ha certo ilme-rito
dell'imparzialità,e chi legge il di lui Discorso può dubitare
a buon dritto di esser veramente colpabilidi errori Mons. Gio-vanni
Di Giovanni,Francesco Perez,Vincenzo Di Giovanni
,Isi-doro
la Lumia, Innocenzio Pulci e. altri illustrisiciliani,annove-
(1) 3, 23, 39, 45, 47, 65, 68.
(2)26, 34, 43, 55.
(3)5, 16, 41.
(4) 19, 24, 28.
(5; il, 12, 33. 43.
(6) 10, 14.
P) 27, 28, 29, 30, 31, 32, 40. 50, 54.
(8) Gangi edis. di Catania,1839,p. 99.
ANEDDOTI SICILIANI Ì03
rando aache T oscuro mìo nome fra cotanto senno, talché sembra
che eglipoco abbia voluto ponderarele nostre considerazioni. Pa-rimenti
ci fa dubitare potersirestringeree sminuire di luce le
deduzioni dell'Amari sulP influenza lombarda in Sicilia,che egliritiene come vangelo storico,e forse non lo sono.
Se ci venisse poida altra parteil piccoe ripiccocontinuo di
grettopatriottismolocaledi grettoamor di campanilee simili scal-
fiture(1),ci moverebbe soltanto a compassione;ma non cosiquandor udiamo ripeterein Lipsia,da un prussianosapiente,il qualeconosce a prova le storie siciliane nuove ed antiche. Sicuri nel
nostro convincimento della schiettezza de^ nostri giudizi,ragio-niamodelle gloriedi Sicilia,come di Grecia od Egittosi fossero,
fnentre forse altrice ne invìdia V incontrastabileeredità,e valica
mari e terre ad assidersi su^ nostri focolariper istudiarne le reli-quie.
Or questo nostro peccatodi grettopatriottismodi campanile^ove lo scopre ildott Hartwig? È desso politicoo letterario?Tastia-mo
la piaga.Sta bene appellareV Amari provato compatriotanel
senso di cittadino italiano,anzi è poco; noi glioffriamo e aggiun-giamo
corone di querciaa quelledi lauro meritate dalla di lui
valenzia,e plaudiamoil Governo nazionale di avere in lui pre-miato
il merito e glistudi. L'Amari è glorianostra,ma secolui
altri mille non amano meno la patriadi quelgentilecui ferveil
cuore da' giovanianni del Precida (2).E T Hartwig e il mondo
contemporaneo ne hanno prova incontrovertibile.Per opera assi-dua,
coraggiosa,concorde de' suoi dotti,Sicilia insorse la primanel 1848,e proclamòdecaduti i Borboni;e quindinel 1860 ab-dicò
unanime la oltosecolare autonomia del suo campanile.Nò a
ciò arresiossi,avvegnaché contribuì efflcs^cementecol danaro e col
sangue ad emancipareintero il reame di Napoli,riunendolo al-l'Italia
(3).Chi ci vietava di roborare la indipendenzainsulare?L' idea nazionale fé tacere T utilitàmateriale : non un solo fra i
dotti ignoraval'avvenire,anzi ben prevedevalo stato presente,
(ì) Ivi p. 16, aa
{%)Lirica di L. Vigo,4' editione,Torino 1862, p 83.
;f3) Liberar Siciliaé vero
Circa a mille italiani,
Ma yi unendo un altro zero
Di gaerriersiciliani,
E dippiùdue milioni
i)i«ompaite opinioni.
404 NUOVE EFPEMBRIDI SICILIANE
mentre lo vestiva d'oro air occhio delle masse; ed è questoil
peccato,che V isola non ci vuol perdonare.Air integritànazionale
sacrificammo spontaneirutile propriotramutando in provinciala
piùvalida,antica,isolatamonarchia italiana.Ilplebiscitosiciliano
perciòfu atto sublime di abnegazione,disinteresse,eroismo!
E questo in quanto a politica;che dire per le letteree le scien-ze?
Mentre da oltremare peggioda oltr'alperado ci giungonofiori,e in loro vece e per lo piùspinepungenti,noi poco o nulla
gelosidel propriodecoro,siamo faciliammiratori deglistrani,che
d^alto in basso ci guardano, nò ci risparmianoil sermoncino o
r epigramma.E solenne riprovadellainesistenza del patriottismolocalee air oppostodellacrescente esistenza deir abitudined' ido-latrare
quanto ci viene di fuori,facendo eco per fino alleingiurie,ce la prestailDiscorso dellUartwig,tradotto,stampatoe difinsodal
piùvoluminoso giornalesiciliano,laRivista Siculasenza neppure
una timida paroladi protestadella sua Direzione. Cosa avrebbero
fattoin caso consimile i dotti alemanni,immacolati,irreprensibilidi grettezzae municipalismo? Per lo meno avrebbero detto inur-bano
quelloscrittogettandolonel dimenticatoio. Air Italia,e par-ticolarmente
alla Sicilia,nulla aveva negato o ritolto Iddio per
conservare la grandezzaa cui pervenne all'epocagreca, e le spo-liazioni
romane e de' settentrionalidapprima, e poila tirannide
principescae teocratica collegatain turpeconnubio ,e' immese-
rirono e adimarono,
talché in vari rami dello scibile({uestao
quellanazione ci sorpassò.E chi lo sconfessa? Il tempo,ilbuon
governo, se mai l'Italiapotràconseguirio,ci porranno a paro alle
genticonsorelle; ma intanto perchè tentare di lacerarci i bran-delli
della.....porpora, e farcirei di amarla un berlinese,mentrela Prussia è tanto avida deglialtruicampanili?
Se chiamasi amor di campanileil dolersiSiciliadi aver resti-tuito
Tuno per cento di quanto contribuì e contribuisce al con-sorzio
nazionale,
causa vera degl'inconsulti moti del settembre
1866;di essere -diminuiti i suoi commerci,il valor de' suoi ge-neri,
irretitigliscambi di ogni maniera da intollerabilivincoli
finanziarii;essere tanto sopraccaricala proprietàdi crescenti e
moltiplicidazi,da essere atterzato il valore;e per fino di vedere
il Fisco divenuto condomino de' beni de^ cittadinimercè la ini-qua
tassa delle successioni;di crescere e giungerea talelo sgo-verno
da divenire proverbiale;in questocaso funestissimoricordi
r Hartwigche anche le pietrehanno elaterio,agliinfeliciè con-
ANEDDOTI SICILIANI ' 405
cesso il lamento,che univoco si ripetedalle Alpia Mongibello.
E qui non c^entrano nò politica,né lettere.
Lasciando questo doloroso argomento, che non è qui luogo di
svolgeree disaminare,che dire deglienvri di coi V Hartwig ci
addebita ? Chi giudicafra lui e tanti illustri storici,
letterati e
diplomaticisiciliani? Non eglidi certo ; la modestia glielodo-vrebbe
vietare. Il non convenire secolui in quanto allastoria pa-tria,
non è errore, ma semplicediscordanza di opinione.Pel passo
di Diodoro che assevera da me male applicato,lo mediti più ac-curatamente,
e si avvedrà non essere per me caso nò di con/iternò di assoluzione: del vocabolo girioè più convenevole non par-
lame. In quanto a' lombardi essendo il suo detto un ricalco in
parte del Degubematis, e in partedelP Amari,glisia noto che
al primo son già tre anni io satisfeci(1);al secondo,che merita
rispettoe onori distinti,sodisfarò con appositadisamina diretta
alla Società di Storia patriadi Palermo, come ho di già pubbli-camente
promesso (2).È ciò basti per gliAneddoti del.Longo e il Discorso deir Har-twig.
L Vigo.
(1) V. La Rivista La SicUifi,aprile1868.
i'ì)Canti popolarisicHiani»raccolta amplissima,p.i24(operain corso di Mnmpai)^
LEHERE
DI GIUSEPPE BORGHI, DI GINO CAPPONI
E DI GIUSEPPE PUCCI
Firenie. 16 del 1834.
Mio Pregiatissimoe Carissimo Amico
Avrei voluto risponderecolla più grandesollecitudinealla let-tera
vo"tra dei 16 del perdutosettembre;ma, essendo fuori di Fi-renze
il Marchese GiuseppePucci,non ho ricevuto che ieri ilfo-glio
di lui,sebbene mostri la data de^ 7 corrente: per lo che mi
sarebbe stato unpossibileilrendere a voi medesimo, primad'oggi,una replicasoddisfacente. Dico pertantoche, chiunquesia stato
il beiringegno, che ha sparsa per Napolila mala voce che mi
tocca,è egliun calunniatore birbante.
I fogliche qui vi trasmetto nel loro originale, ve le compro-vano
largamente.Capponiattesta non aver perdutoalcun libro :
Pucci dichiara non aver io posto mai piede nella sua Biblioteca,né aver mai avuto librida lui. Mi pare che simili certificalisiano
perentorii.Bisognaperò ch'io vi dica di dove può esser nata si
l'attamoi-morazione calunniosa. Nel 1831 il Bibliotecario Rigelis'accorse che nella Riccardiana mancavano di circa 12 volumi tra
manoscritti e stampali:l'uno dei qualiera l'Edizione principedelle
opere di Lattanzio;glialtri erano cose di minor conto. Quell'ec-
cellenle uomo ne fece subito referto,come doveva; ma, durante
ilprocesso e le ricerche della polizia,se ne mori. Nella mia qua-lità
di Sollo-bibliolecariodi quellaI.e R. Libreria,assisteico' Sin-daci
alla rifezione dell'inventario,dal quale risultò semplicementela predettamancanza. Né intorno a quellapoteva essere incolpatoio medesimo o come negligenteo come disonesto : perocchéfinoalia morte del Rigeli,non era io ilconsegnatariodei codici,e non
ne aveva le chiavi. Il processo poi ha provato che la mancanza
(inparte almeno)risalivaa circa dodici anni prima che fosse av-vertita
dal Bibliotecario. Nuova ragioneper escluder da me be-
LBTTBRB 407
nanco il sospetto,giacché in quel tempo, io non era in Libreria,m a ne'ppurein Firenze. Insomma,è'vero che nella Biblioteca Rie-
cardiana,
dove io stava impiegato,
mancarono dei libri: ma gliè pur infallibileesser risultatoda un solenne giudizioche a lut-
t'allriche a me se ne deve T imputazione.Che se di ciò si vo-lesse
un altro argomento ancor più solenne,vagliaper tutti TI. e
R. Rescritto de' 7 corrente,col quale Sua Altezza Imperialee
Reale,accogliendola mia domanda
,mi accorda la gii]d)ilazione
dairimpiego,e me ne conserva Tintela provvisione,pagabiledalla
I.e R. Depositeria.Penso che in nessuna parte del mondo si trat-terebbero
i ladricosi. Mi sono disteso in quest^argomento,perchèmi preme singolarmentedi purgarmi presso di Voi,e presso Tot-
timo signor Conte da una calunnia,non sapreidire se più insen-sata
0 più maligna,ma che pur mi poteva nuocere nella estima-zione
d'ambedue, presso i qualilo avere un buon nome è più bi-sogno
per me che ambizione. Non mi distenderò sull'altra tara
che m'affibbia l'Eminentissimo sulla mia condotta sociale per ri-spetto
al mio stato ecclesiastico,perchè so che la mia condotta
è pura e irrepresensibilea fronte di quelladi chicchessia. Ma se
si vuol far parte di condotta ilcappelloa tre punte in testa,e il
ferrajolinoche vi spazzile natiche,allora io converrò che posso
èssere accagionatodi non sapermi condurre. Nella città dove è
tutto per la forma, va bene che si pensicosi;ma quellacittànon
sarà mai la mia, ve lo ripeto.Che se ilbuon Ricci vi scrisseche
io sperava di andar quanto prima a quellavolta,voi faceste be-nissimo
ilcemento alle paroledi lui,interpretandoche io mi con-fidava
di recarmivi di passaggioper Napoli.E il signor Conte sa
che questa mia speranza non era privadi fondamento. Adesso per-tanto
che sono sgombrate,cred'io,perfettamentele nuvole, adesso
vorrei che cotesto mio e vostro egregiopadrone mi trovasse co-stà
un punto ubi consistam. E di ciò a voi ed a lui mi raccomando
propriamentecolle mani in croce. Non gliscrivo direttamente per
timore di riescirglinnolesto,ma se voi credete ch'io lo debba fare,
lo farò subito al vostro avviso. Frattanto riveritemelo mille e mille
volte colla bocca e col cuore, e diteglich'io dormirò più tran-quillo
,allorché saprò che siano dileguatedall'animo suo quelle
ombre che i birboni avevano tentato d'ingerirvia carico mio. No:
sono povero, son disgraziato;ma non sono capace di nere azioni.
Da Livorno non mi è pervenutoné TEsemplare della Raccolta ne-
cr ologicaper la Contessa,che l'ottimo signorConte m'annunziò
408 NUOVE EFFBMBRIDI SICILIANE
d'avermi spedito,né il librettoche mi dite d'avermi diretto voi
stesso. Dubito che la via di mare sia mezzo poco sicuro : è asso-lutamente
da preferirsirinvio per la posta,sotto fascia. Quanto
alle vostre commissioni,le ho fatte;meno quellache si riferisce
alla tragedia,che m' è stato impossibiledi ripescaresinora : ma
non ne dispero.Addio mio caro amico. Le aspetto con anzietà le
vostre lettere,poteteimmaginarlo.Sono intanto pienodi attacca-mento
e di riconoscenza.Vostro affmoAmico verfl
Giuseppe BorghiAl Chiarissimo
Sig,abbate Urbano Lampredi
Firenze, 30 gennaio 1834.
Mio Carissimo ed otUmo Amico
Due parolecosi allasfuggita,perocchéla posta non mi dà tempo
a diffondermi. Il suggerimentoche mi date di stampare la mia
lettera,non parmich'iolo debba eseguireper ora^ giacchéla cosa
farebbe troppo strepito,ed acquisterebbequel peso che non ha
né può aver la calunnia. E cosi,pendendo ilgiudiziodel pubblico,difBcihnente potreiacquistargraziapresso alcuno che mi raccolga:lo che è ciò che più mi stringe,come servo all'ottimo nostro si-gnor
Conte. Fate dunque che io possa innanzi raccomandarmi in
qualcheguisa,ed allora daremo faoco alla bomba, sempre però
con prudenza e discrezione,perché,sia virtù o viltà d'animo,io
non m'offendo troppo delle ingiuriedella canaglia.Mi basta la
stima delle persone dabbene. Piatti non ha ricevuto nulla fin qui.
Gigi del Bono mi promette di (are delle ricerche per ripescarela vostra Tragedia.Se queste saranno infruttuose
,porròallora
l'articoloin Gazzetta. Farò annunziare quanto prima la Tra-duzione
dell'Aralo,ed io stesso, di concerto col Piatti,mi
darò pensierodi trovarle sfogo.Scrissi all'ammiraglioCicciagoff,
e gliacclusi la vostra stampa. Rispostanon me ne ha data. Se
volete tornerò a scrivergli.Tenterò le varianti che mi suggerite
al primoe secondo de' miei Inni. Addio mio caro Lampredi.Rac-comandatemi
molto all'egregiosignorConte. Eglisolo può con-servarmi
alla societàe alle lettere.Senza Lui, terminerò col sep-
peUirmi.Sono pieno di riconoscenza,di stima e d'affetto.
Vostro aff.moper la vita
Giuseppe Borghi
Al medesimo.
410 NUOVE EFFEMERIDI SlCIUANE.
Credo il mio detto qui sopra essere di una si completaed as-soluta
natura da escludere ogni dubbio,onde spero avere piena-mentesodisfattoal suo desiderio. Perdoni l'indugioaccagionato
della mia assenza da qui ove trovavasi diretta la lettera,che mi
ha atteso di ritomo : intanto con rispettoed^ossequioho il pia-ceredi dichiararmi.
Di Lei Sig.Can. Prog.-»
Moiitopolì,7 del 1834.
/)«?.'•t Obbl.*''Ser riture
Giuseppe Pucci
A\ medesimo
rJUTiC\ LETTEKAìlLl
Oeceo d'Aseoli, Racconto storico del secolo XIV di Pietro Fan-
FANI, seconda edizione con aggiuntee mutazioni. Firenze,1870.
Chi si da a leggerequesto nuovo libro del Fanfani,senza pri-madare un' occhiata alle paroledeiP autore premesse al suo rac-conto,
si aspetteràtutt'altro di quelloche si trpva;e colle idee
in testa del romanzo, quale oggi comunemente si fa e s'inten-de,
si dirà poco contento di questo lavoro dell'illustre scrittore.
Ma, leggendoinnanzi che questo Cecco d'Ascoli « non è un ro-manzo
nel propriosignificatoche ora suol darsi à tal voce "; e
stando a queste paroledell'autore: « Io ho voluto solamente fare
un racconto,che desse qualchediletto non senza istruzione. Nar-rando
il compassionevolecaso di Cecco d' Ascoli,ho avuto per
propositodi render familiare tra il popolo quel bel periododi
storia fiorentina,di metter in veduta,come suol dirsi,la vita in-tima
dei Fiorentini,le usanze e i costumi di quel tempo, ed an-che
di descrivere in parte com'era allora Firenze. Il racconto è
molto variato di avventure, di guerre, di piacevolezzee di amori;
ma ho fuggitoa disegnociò eh' è pascolopiù ghiottoai volgarilettoridi romanzi,dico le esagerazionidi ogni maniera,passioni
violente,lascivie ed oscenità,orribili colpee delitti,tutto quel-
r apparecchioinsomma dell'arsenale de' romanzieri, per mezzo
del qualesi turba e si sconvolgel'animo e la mente de' lettori;
CRITICA LETTERARIA MI
tenendomi invece alia temperanza di ogni cosa, e ingegnandomi
di toccare il cuore per altra via,acciocché il mio libro possa la-sciarsi
leggere,anche alle fanciulle {hù gelosamente guardate,
senza un pericoloal mondo, ed il lettore se ne senta placida-mente
commosso, e provocato al bene, anzi che al male,(p.X,
XI) »; troverà invece il lettore che il Fanfani rispose per bene
al disegno,che gliparve da potersicolorire con qualchebuono ef-
fetto(p.Vili).Il miserando caso di maestro Cecco serve all'autore di nodo per
stringereintorno ad esso narrazioni di fatti,descrizioni di foste,
usanze, vita pubblicae privatadei tempi in che vìsse,
e della
cittàsingolarmenteche fu spettatricedella pena deH\\j*colano;e peròdalfenlnita solenne del buca di Calabria in Firenze al processo
e suppliziodi maestro Cecco, ci Imi tanta varietà di dramma, di
costumi, di passioni,di a\'venUire di guerre, di ire di fazioni,di
delicati alTetli,di fervidi amori, di gloriecavalloret^ché,di basse
invidio,di finto zelo religioso,di codarde amicizie,di debolezza
e di grandezza di animi, di amor paterno e di amor liliale,dì
scienza e di baggianateaslrologichejdi facile favore di popoloe
di opposta persecuzione,dì pietàe di sdegno; che tantiaccessori
li rendono ben dipintala lela,e pienadi vita,e curiosa,si che
ti pare aver parte in *joe'fatti die li passano innanzi^o Lieti e
infelici,sia nella piazzade' Priori e in ijuelUidi S. Giovanni,
nel palagiodel Podestà o nel convento di S. Croce,sia nelle case
e nel giardinode' Cavalcanti,nella prioriadi Setiiinello
^o nel
monastero di Mugello.Quanta varietà di caratlero tra il Duca di
Calabria e il veccliio Gerì Cavalcanti,tra la Duchessa e la Bice,
tra Guglielmo d'Artese e GastrucciOjtra maestro Cecco d'Ascoli
e messe r Dino del Garbo, tra la Badessa di Mugello e la Simona
della cui-a di Settimello,tra frate Marcu e il vescovo di iVversa,
tra il prete da Settimello e rinr|uisitoredi Santa Cruco tquanta
diversa cosa la cena e il brio della jjtirroccbiadi Seltiniello,o
la baldoria e i motti pungenti della bettola presso PistojaI
Guglielmo e la Bice sono due carissime ligure,ideale del va-lore,
della cortesia e dell'amore: il Gerì Cavalcanti é li iiroprio
un Morenti no de' suoi tempi-il Duca dì Calabria e Caslruccio sono
qualice li lasciò la salaria;e i|ualili ricordano le scritture di queisecolo maestro Cecco, niesser Dino e H ves^covo di A versa. La Ba-dessa
e frate Marco sono tratti dalPindole di que'teuqiidie spessa
ilavano quelloche queste due ligurecosi ben ci rappresentano ;
412 NUOVB EFFKMBBIDI SICILIANE
e se 4 prete di Settimello e la Simona da lontano ti fanno ri-cordare
del don Abbondio e della Perpetua,sono intanto figuredel secolo XIV e toscane,non della Lombardia del secolo del car-dinale
Borrcnneo e deir Innominato. Quanto poi a costumi,
ad
usanze di feste cittadine,o a mosse di guerra, o a splendoredi
conviti,la Firenze del secolo XIV è lì,messa tra ilgrande e l'u-mile,
tra rantica fierezza repubblicanae la nuova debolezza,che
non sapeva più co' fattiguardaregliantichi ordini del Comune,
già vicini a cedere alle forze del Duca di Atene; il che è ben
messo nella figuradel Gon"loniere della città innanzi al Duca
di Calabria,da cui si sente spiattellareche la somma del potere
sia tutta in sue mani, e a sua vogliasi facciano i priorie gliuf-fici.
Maestro Cecco è condotto al supplizioper invidia e vendetta;
invidia di scienza,vendetta di delusi amori ; e Tuna e V altra si
colorano dello zelo di religionee di patria,accusando TAscolano
di dispregiatoredi Dante e nemico di Firenze,
e di paterinoe
negromante in fatto di fede. Se non cìie,a potersisfogareV in-vidia
di messer Dino die agio la potenza e V arte della Duchessa
offesa ne' suoi intendimenti e nel suo orgogliosi dal Gugliehnod' Artese e si da maestro Cecco ; e la vendetta della Duchessa
potè finire al suppliziodi Maestro Cecco perchè vi mise mano il
vescovo di Aversa; dando via a tutto l'avvenimento l'amore di
Guglielmo con la Bice,
e il matrimonio avvenuto e P opera di
maestro Cecco che per frale Marco e il prioredi Settimello fa
riuscire il matrimonio e cader del cuore di messer Geri Caval-canti
messer Dino,entrando eglil'Ascolano a partedelle pure giojedella casa Cavalcanti e del nobile cavaliere degliArtese. Nessuna
esagerazioned' intreccio,tutto vi è naturale e posato; e diresti
questo racconto rappresentartil'arte che dalla serenità del Beato
Angelico ti passa pel Perugino a Raffaello e ad Andrea del Sarto.
Rispettoa linguausata nel Racconto,l'autore stesso ha detto
nella prefazione: « Della linguache dirò? Dirò che ci ho speso
attorno ognipiùamorosa cura; studiandomi di essere italiano,senza
abuso di toscanità(p.XV) » e nessuno de' lettoridirà che il fatto
va altrimenti (4).1 piccioUssiminei che una critica schizzinosa
(")Sappiamo che il sig.Brockhaus di Lipsia,il primo tra glieditori di Ger-mania,
ha fatto domanda al Fatifani di volerglipermettere la ristampadel Ceuo
d* Ascoli nella sua celebre collezione ài aulori Ilatiani, e che l'autore ha giàaccoi-
ViU le condizioni proposte.
CRITICA LETTERARIA 413
e pedantepolrebbetrovare anche ne^ piùperfettimodelli di clas-sico
scrivere,non potranno mai togliermerito a un lavoro che
varrà tra le più belle scritture di eletta linguade' tempi nostri.
È vero si che il Cecco d' Ascoli avrebbe potuto esser maneggiato
con più largo disegno,e con più estesa tela di storia e politicae letterariadel tempo : ma cosi pigliatoV argomento, non sarebbe
stato più il Cecco d'Ascoli del Fanfani,bensì una dotta monografia
filosofica;non un racconto da dilettare e commuovere provocando
al bene; ma una storia da istruire deglierrori,de' vaneggiamenti
della ragione,e delle miserie de' tempi.
Il Fanfani non scrisse peicultori di storia di filosofia,siccome né
meno pe'perdutinella lettura de^ romanzi quali oggi comune-mente
si tengtmo; e ciò avvisò nella epigrafedel suo libro. Il
Cecco d'Ascoli è proprioquelloche fu nel disegno dell'autore;e
a chi non piace dirà il vecchio artista fiorentino:
Tò il legno;e fallo tu.
V. Di 6u)Vanm.
Vita di Bartoloinea d*AL\riatio per Loai^xzo Leò^u. Todi,pr€tttf
Natoli,in 8.
Un fallo de^no di (^serrazìone nel campo delle disciplinesto-
fiche è l'indirizzo della spectalilitch'esse prendono. In tempinon molto da noi lontani chi guardava mi seria la storia dì un
municipio,di una cilLadtuza qualunquef Non c'era una sturia di
Italia? e, a farla generosa, non c'ei*a una storia di Toscana, una
storia di Napoli,una storia di Sicilia? Ebbene : in esse ce n'era
d'avanzo per la storia della nazione che comprende e Toscani,e*
Napolitani,e Siciliani.
Chi la discorre cosi non si appone al vero. Dacché si è capitocon Cesare Balbo che * al sorgere de' Comuni sorge una storia
particolaredi ognuno, si sminuzza» mulUpUcandosi,quellauniver-sale
d'Italia (1)s la bisogna presentasialtrimenti. Da ciò que-
sl'attività insolila di studiosi che sudano a li-arre 'luce d'onde
prima era buio fitto,da documeuii cioò irascurati o non cono-sciuti
per io addietro : dà ciò molte città vantano oggiwai il
loro annalista,alcune il loro storico,parecchida^ quali valenti.
(U Sotfimdm diUi -t"iii dtUUK Itb.VI; ( IS.
27
414 NUOVE EFreMBRim sigiuanb
Ond^ è a sperare ,e non senza buon fondamento
,che preparala
acconciamente la materia,possa in un non lontano avvenire sor-gere
un ingegno fortunato che le dia ordine filosoQco e concetto
unico in una storia generaledegna della nazione di cui toglieràa narrare le gloriee le sventure.
Per rUmbria (giacchéd'altre terre delta penisolaqui non ac-cade
intrattenersi)ebbesi,tanno già tre anni,un'assennata storia
di Asisi,bene meditata e meglioscrìtta dal prof.Antonio Crìsto-
fari,la qualegodiamo di aver lodata in una rivistasiciliana(1).An-che
prima di essa però se n'era veduta un'altra della vita e delle
geste di un capitanoumbro, ilquale per quarantanniprese partea' Isvolgimentinon pur del Tedino,dove probabilmentesortii suoi
natali,ma altresìdi tutta l'Umbria,Venezia,Romagna e Napoli.È autore della nuova Vita di BartolatiieodiAlviano ildeputato
Lorenzo Le6nìj,ilcui valore nell'arte storica,meglioche dalle lodi
ond'è veramente degno, appariràdell'esposizione,quale che essa
sia,del suo libro;senza di che potrebberopigliarcolore di pia-centerìa le lodi stesse. Questo solo dobbiamo fin da ora avvertire,che nessuna opera fu più ingiustamentedimenticata,quanto que-sta
suH'Alviano. L' habent qtioque sua fatalibelliè una sentenza
dolorosamente vera, ed ognuno potràconvincersi che i buoni li-bri
scarseggianoal paridegliatti generosi;che quegliè da piùtenuto che più eccita la turba de' lettoricon feroci scene e con
frasi reboanti,non chi colla profonditàdeglistudi,colla fede nel
trionfo della giustiziae del diritto de' popolioffre esempi nobi-lissimi
da imitare.
Bartolomeo di Alviano fu guerrierodi ventura,e più ardimen-toso
che non comportassela corruzione della milizia italianain
sul cadere del secolo XV; e fu più volte infelice nelle sue im-prese,
ma le male prove e i disastri non lo-sconfortarono mai. Il
vescovo Giovio, che tenevasi più di una bugiache di dieci ve-rità,
ilfa nascere di bassa gente;,ma Bartolomeo discendeva dalla
nobile e possentefamigliade' Liviani,da taluni fatta originare
da antico casato romano. Suoi genitorifurono Francesco di Ugo-linoLiviani ed Isabella Atti
,dal cui alvo Bartolomeo,ultUno di
cinque figli,fu tratto per operazionechirurgica,di che ella su-bitamente
morissi. Ebbe educazione dicevole alla nobiltà sua,
e
fornitii primistudi sotto iltudertino Antonio Pacini,di non poca
(1) Ori del Popolo,gionialedi Palermo, a. 1,disp.7-8.
.CRITICA LETTERARIA 415,
fama a que^giorni,e quellidi gentilezzae di cavalleriain casa
di NapoleoneOrsino,che amollo come figliuolo,ed ebbelo a com-pagno
in assai impresearrischiale;fu quasi per diventare uomo
di chiesa più presto che uomo d^armi. Imperciocché,cessato di
vivere Giovan Rainaldo Liviani abate di s. Valentino,
ricca ba-dia
giuspadronatodella famiglia,ei per ordine del padre avesse
dovuto lasciare la cotta del guerriero per quella del pretp:
e pretesarebbe riuscito,pessimo prete forse,se la morte di Fran-cesco
non fosse venuta anzi tempo a farglitramutare la badia di
s. Valentino con la rocca di Alviano, il silenzio delle parelido-mestiche
co^ rumori della gente riottosa e manesca colla quale
prese ad usare.
Viaggiò per molte città non solo di Napolie d'Italiatutta,ma
altresì di Francia e di Germania : e, ritornando in casa gliOrsini,
senti viva bramosia di esercitare nelle armi ilpropriovalore,non
talentandoglipunto dì menar vita di borie e di prepotenzeda ca-stellano.
Leggere in fondo al cuore nessuno può,ma dal poco che
si vede,e dal molto che si ode a dire,TAlviano ebbe sentimento
grandissimodi sé,e coscienza superiorenon già,ma parialla di-gnità
sua : virtù di cui furono degnigliuomini d'ognitempo nati
a grandi cose. Militò a 25 anni (1478)primamente sotto Sisto IV
e il re di Napolinella guerra contro Lorenzo de' Medici,che pur
era tutto negliOrsini ; e, poi che dalla Toscana passònelle Pu-glie
a' soldi di Alfonso di Calabria a combattere i barbareschi,
andossi a mettere a difesadel papa, che negliOrsini avea trovato
validissimosostegnocontro ilduca di Ferrara in prima,e posciacon-tro
i Veneziani giàsuoi alleati.E fece prova d'alto valore,talché
n'ebbe in moglie,come per premio^Bartolomea sorellacuginadi
VirginioOrsini. Le qualiprove non furono nulla a pettodi quelle
arditissime,e fors'anco temerarie,da lui date a Todi quando,preda
questa città alle fazioni di parte Atti e Chiaravallesi che le die-dero
presso che non si dica il crollo,egli,partitosidi Roma, pe-
neti-ava in patria,e infrenava le passionibollenti,e colla fuga
riduceva al silenzio Vittorio ed ^Itobelloda Canale. In compenso
di questo e' riceveva e teneva, investitone da Innocenzo Vili,la
carica di Governatore di Todi,ma se ne spogliavaindi a un anno,
stanco di tante scene di sangue o forse desioso di quellapaceche fino al suo trentasettesimo anno non aveva gustata giammai.Breve, fugacissimafu quellapace per l'Alviano. Le discordie
sempre vecchie e nuove degl'Italiani,le fazioni che agitaronoe
416 NUOVE EFFEMERIDI SiaUA!"IE
ammiserirono la penisolae, più che altro,le vogliesfrenate dei
principi,le arti poco evangelichedi Giuliana dellaRovere,i bassi
espedientidi Loidovico il Moro, che pur di riuscire nel suo in-tento
di scalzare quel duca Gian Galeazzo Visconti,di cui teneva
temporaneamente il potere,non si sa che non avrebbe fatto:tutto
questo chiamava in Italiai Francesi con alla testa Carlo Vili.
Fonte inesauribile di guai codesta venuta,ad arrestare la quale
a nulla valsero le armi tutte degliAragonesi,rafforzatein prima,
non sostenute poi,non avvalorate sempre dalle armi orsinesche,
dalle papalie da quelledi Firenze. Imperciocchéqueste ultime
dovettero cedere alla prepotenzastraniera;ilpapa per sicurtàdei
suoi domini fu prestoa comporsicon quei Francesi di cui aveva
affrettato la discesa,e che poierasi apprestatoa combattere con
Alfonso,quindicon Ferdinando ; e gii Orsini si abbandonarono
dell'animo allorché il loro Virginioe Pitiglianocaddero in una
delle tante rappresagliein mano dei Francesi. L^Alviano per
quanto fu in lui sostenne Tenore della sua partecon una ener-gia,
che avrebbe potutosalvar gliAragonesiove i suoi consiglisi fossero seguiti; ma quando a ogni cosa vide toccar male,e si
annoiò della vita faziosa più che a valoroso condottiero non si
convenisse;cedette anche luì,e mutò bandiera. Troppo tardi fu
preso questo partito,ed in mal punto. Ferdinando,rifattosi,ap-
prestossia una battaglia;V Alviano,fattoprigione, potè a fatica
salvarsi,per mala guardiadi chi locustodiva,nelle terre orsine-sche,
e correre a tener fronte ai Borgia,
e a resisterea' Colon-
nesi,soverchiatoridegliOrsini.
Quivi,sopperitodalle sostanze della moglie,fece massa di uo-mini
e si afforzò in Bracciano,dove costruì un nuovo bastione,poichéil papa per vendicare gV insultifattia' suoi predecessoridagliOrsini,prigionituttaviaVirginioe i figliuoli,mandava sol-dati
a prenderneper forza i castelli.Un brigantinoche dal Te-vere
stavasitrasportandosopra carri al lagodi Bracciano,fu da
Bartolomeo,nottetempo,incendiato collo scorapiglix)di quantilo
conducevano. Il cardinal Borgia fu a un peloche non rimanesse
ghermito,cacciando per le campagne di Montemario. Dopo varia
fortuna,in cui molta gente fu d'ambe le partiuccisa,e capitanifattiprigioni,e città e terre predatee perdutea vicenda da^ due
eserciti incontratisi tra Loriano e Bassano;i papalinifurono rotti,e la vittoria rimase pienae decisiva per gliorsineschi.U assedio
di Bracciano venne tolto;ma i vincitori,tristizia de' tempiI do-
418 ìNUOVK KFFEMEIilDl SICILIANE
in amistà e cospiròa^ danni de' Veneziani. Costoro,esosi a' prin-cipi,non amati da' popoli,scherniti daglistranieri,
tentennando
tra la potenzaturchesca e T austriaca,ebbero solo fedeltàe so-stegno
nel braccio del Liviani.Ma anche questo venne loro a
mancare quando nuove rivolture,provocatenel lodino, chiama-
ronlo colà,non a comporre, ma a schiacciarele partifatte impu-nementee spudoratamenteassassine.L'operasua fusalutare,come
quellache,associatasiall'opera riparatricede' papalinie de'prin-cipiromani,mise freno a codesti scelleratide' Chiaravallesi,dei
qualirimarrà memoranda la morte lunga,terribile,feroceappre-stata
allo esizialeAltobello.L'Alviano si ritrasse,ma per poco,a
Venezia,che,avuto sentore deglistraordinariaccidenti de' Bor-gia,
se ne spiccò,correndo a ristaurarequiun barone spodestato,l'ha punirun predatore,sciupandosisempre in zuffe infruttose
sfortunate,inoneste talvolta,finché morto il successore di Ales-sandro,
Pio ni,salial pontificatoGiulio II.
Allora (1503)sua precipuaaspirazionefu di scalzare i Fran-cesi
d"Italia,e farne prendereilpostodagliSpagnuoli.Era moda
del tempo: in cui era tenuto più degno di plausochi meglio
sapesse cooperare a sostener la straniera signoriain casa nostra.
Accecati dai rumori,pochisi awedeano alloradi quellatirannideche ribadiva le loro catene. — Bartolomeo fu lancia spezzatadi
Cousalvo di Cordova,e da sé fece più che Navarro e ProsperoColonna con tutto lo esercitospagnuoloattendato lungoil Gari-
glianoa spiareinoperosole mosse del francese. Egliebbe l'ar-dimento
di passare il fiume;egliassalidi notte ilnemico, e Io
trafissedi faccia e di Hanco,e lo snidò dal propugnacolodi Gaeta,e ricacciollolà dond' era primavenuto. — Favori e mercedi ebbe
in grandecopia,ma le rette sue intenzioni non valsero ad ov-viare
a' malumori seminati tra lui e Consalvo,foioseda un frau-dolento
disegnodi questo ultimo,di dar ragionecon essi al Li^
viani di gettarsialtrovead aprireagliSpagnuoliuno sbocco nella
Toscana;come né manco valsero a dar vittoriaalcapitanotudertesovra i Fiorentini,i qualiegli,mosso da ardente vogliadi con-quista
o da irrequietezzad'animo,o, che è piùprobabile, ecci-tato
allasegretadai nemici della libertàfiorentina(PandplfoPe*tnicci,i Vitelli,il cardinalede' Medici ec.),si accinse di andare
a combattere con 300 uomini d'arme e 500 fanti.Anzi n'ebbe
pienadisfattaa s. Vincenzo,per la qualegliconvenne, ferito,diritirarsiin Pisa: e, guaritodi poi,andarsi a rioonciliaVecol suo
GRITIGA LeTTERARU 419
antico compagno, che accolselo onorevoimente, presentandolodi
una spada e di un cavallo da guerra.
Questa disfattanon lo sconfortò per nulla,né scemò rattissimo
conto che di lui si nudrìva presso le cortiprincipalid'Italia,ami-che
0 nemiche di lui. Giulio II,che intese a curare delle vecchie
piaghe i suoi slati e a restituirli alla pristinaintegrità,
e che
gridòdavvero: Fuori i barbarie avrebbelo voluto con sé,quandone ricevette in Perugiagliomaggi; avrebbelo voluto anche Ta-
ragonese; desiavanlo quanti ne sapeano apprezzare ilvalore e Tar-
dimento. — Egli però preferìrìacconciarsi con Venezia. E buon
per lei che gliconfidò il pienopotere sovra le armi quando piùn' ebbe bisogno,quando minacciata dallepicchetedesche rìversan-
tisi dalle gole e daglisbocchi de' monti,con accompagnamento di
prodi mandavate a fronteggiarle,e rincularle.E Bartolomeo corse
e pugnò: e fu la sua una marciata trionfale da Venezia fino a
Gorizia e a Trieste. Si sgominarono spauritii nemici : piùdi 1000
rimasero morti sul campo, 5000 prigionieri.Fiume e Pardenone
si resero, che V impeto del Liviani urtava, precipitavaogni cosa.
Dalla sua spadamoveva una virtù,che parve miracolo in un eroe
de' nostri giorni.Fu prova di valore latinocontro furore tedesco,
graziealla quale,fu veduto Palato leone correre vittorioso a po-sarsi
su terre anche non italiane in giorninei qualidi virtù latina
era tanto bisogno.Vero è che i Francesi spalleggiaronocodesta guer-ra,
ma PAlviano mostrò, come senza il loro soccorso, la repubblica
avesse saputo tenere a rispettosadistanza i suoi imprudentine-mici;
come certi nodi,più prestoche scioltidalla fredda diplo-mazia,vadano tagliatida una spada generosa ; cóme
,infine
,la
libertà non si piatiscacolla palma stesa,ma si acquisticol pugno
chiuso. Venezia libera fu largadi onorificenze e di privilegial
suo eroe, cui détte quanto più potesse a quei giorni,
nobiltà e
cittadinanza : titoloquesto che a' di nostri abbiamo veduto reso
comune (e i miei buoni sicilianidel 1860 e del 1866 devono ri-cordarsene)
a un secondo Washington e a un nuovo Berg.
La legadi Cambray troncò sul più bello le gioiedella repub-blicae la domestica quietedi Bartolomeo. Avrebbe potutoVene-zia
con un colpodi mano scongiurarla tempesta che si accumu-lava
sul suo capo, ma non curossi di guadagnarele simpatiedel
papa, né quelledi Ferdinando per combattere Tedeschi e Fran-cesi
che minacciosi piombavanosullaricca città.Fidente abbastan-za
nelle sue ricchezze e nella canizie del suo Senato,assoldò di
,
420 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Ogni risma gnerrierie, duce supremo il conte Piligliano,e dopolui Bartolomeo,mandò a difesa dello Stato,difesaad un tempo di
tutta Italia.In questasciagurataguerra salvo fu Tonore degPItaliani,non salva lapatrialoro. Accagionasidi tanta iattura,e con troppa
leggerezza,l'audacia abituale deir Alviano,che parve in quella
congiuntura,e non fu,temerità,e che forse avrebbe potuto,se non
infrenata dal superbo Senato, rendere men tristile sorti della
reginadeirAdrialico. Conciossiachè,dove ne avesse condiviso lo
ardire abbracciandone il disegnoche mirava ad eccitare i lom-bardi
a battere i Francesi nello scendere delle Alpi,priache po-tessero
far massa: ovvero avesse seguitonellaparte più energica
quellodel Pitigliano,che proponeva l'abbandono di qualcheterra,il trinceramento del nerbo dell'esercitodietro l'Oglioe il Serio,
e l'aspettativa;larepubblicasarebbene uscita vittoriosa.Qualche
perditafu fattadell'esercitoveneziano al primo scontro,andati a
male i timidi e malfondati disegnidel Senato,che condannavano
alla difensiva e capie soldatiinsofferentidi menar le mani. Fu
un momento che V Alviano dovette cedere, repugnante per più
ore, a ciò che da tuttisi volle,passar l'Adda,recuperar la bor-gata
di Trivigiioabbandonata dai realisti.Questo segnò il prin-
-cipiodellarotta de^ repubblicani, perchère Ludovico potèpas-sare
sopra tre puntil'Adda ,e mettere quasi senza colpoferire,
il piedenel Veneto. Le zuffe furono quindi accanite e sangui-nose,
e grandecarnificinafu fattadegl'italiani,ed atti di un va-lore
piuttostoche raro unico fecero i ^uci.Nell'ultima battaglia,4Jhe durò più di tre ore, 20 pezzidi artiglieriae 6000 cadaveri
veneziani restarono sul campo. L'AIviano stesso,trafelatoper la
fetica,Jordo di sangue e suo e d'altri,venne in poteredel ne-mico.
La sua prigioniafu protrattaper quattrolunghianni,
senza
pietàdel signoreche ilfé'condurre a Parigi.Come trascorresse
per luiqueltempo,è agevolesupporre: ritornaresui passatigiorni,dettame gliavvenimenti e i casi,e narrare in amare paginegliottenuti trionfi,e le infrenate sedizioni,e i provocatitumulti,ele gioie,e i palpiti,e i dolori.Finalmente,rappaciatesiFrancia
e Venezia,fu libero Bartolomeo,senza che pure dallabocca di lui
uscisse rampogna contro i suoi carnefici;anzi per volere della
repubblica,a' cui servizisi rimise da generale,fece causa comune
con essi,e con essi combattè. Umane vicissitudini!Le sue bat-taglie
non ismentirono la sua valentia: lui alla testa guardarono
CRITICA LETTERARIA 421
fidenti ì vecchi soldati,i qualiebbero di che emulare col suo e-
sempioantiche prodezzee recenti vittorie. L'Àlviano vinse in piùfattid'armi,e negliassedi sopratutto,ma la soverchia fidanza dei
suoi glinocque piùdel poco impeto nemico. Vincitore a Cremona
e in su quel di Padova, toccò una rotta nel Tirolo,dove a una sua
strepitosavittoria ebbe forza di mutar facciail subito scoramento
de' contadini discesi dalle montagne e volgenticodardamente le
spalleallo avversario;sicché e Francesi e Veneziani sarebbero
stati travoltinel turbine della irrompenteoste nemica, se carità
di patria non avesse consigliatoProsperoColonna, capitanodi
parte contraria,a dare con sottile ai-tiUzioalla Repubblicail be-neficio
del tempo.
Con Girolamo Savorgnaiio, altro eroe del Friuli, Barlolomeo
trasse protitloda! salutare indugio e, come se non fossero .siali
nulla i travaglidi tanti anni, mise insieme per la terza volta un
eserciio. Mercè di esso si videro lavate col sangue le sofferte onte,
Ghiaradadda e Vicenza vendicate con Marignano in (juellefamose
giornaledi settembre (J5!7),die coslarono la vita a 18000 per-
soné" spente nel furor delle mischie con un eroismo degno di
causa migliore per gl'Ispano-impei-iali,delfe^ito che sortirono per
i FrancO'Vetjcziani. E furono quellii giornidi maggior gloria,
ma non di maggiore letizia pel i^apitanotuderte. Egli appres la-vasi
all'assedio di Brescia,e accennava a Verona; ma uscito di
Bergamo passava di vita in Ghedi nel vigore di sue forze, nel
fior delle speranze, nel più caldo dello aspirazioni,addi 7 otto-bre
del 1515. Con lui spegnevansi alcuni malumori nati sorda-mente
tra' Friulani del Savorgnano e i Veneziani di Bartolomeo;
ma con lui spegnevansipure le più belle spei-anze della veneta
repubblica.Nuovi pencoli la minacciarono,
ma i tasi di essa è
meglio consultare nelle storie generalidìtalìa o in quellepar-ziali
di Venezia,che questa del Leónij non ne dice deir altro.
Fu PAI Viano dei più possentibracci della Hepubblica,della
quale corno in vila i guiderdoni,così meritò dopo morte conde-gne
onorificenze. Se nei primianni del suo esercizio alle armi
non parteggiòsempre pel dirittoe per la giustizia:se accanto a^
france"i fu liberale della sua vita,chi potràcon coscienza dire,
che egliservisse allo straniero per mettervi le catene? (lolpnde'
tempiche egli non avesse avuto una patriada servire, che ve-ramente
ei ne fu meriievole J Colpadella fortuna,die e^di non
lasciasse affatto imjnacolato e superioreairinvidia di quantiscroc-
422 mX"¥B EFFEMEBIDI SKaiAlfB
caronsi e Tengono tattodl scroccandosi una bma che a pochisoli
si addice. Codesto cuore di bronzo non si roppe giammai. Fa
marmo predestinatoad una nobile scultura,e che gliacerbi de-stini
dltalia lasciarono fondersi in calcina !
Pure a noi sembra non del tutto trista la sorte di lui,dacché
postuma e serotina ma piena onoranza gliè stata resa da un
tardo nepote,Lorenzo Leónij.E certo,se i benemeriti della pa-tria
trovassero tutti un biografo paria costui,non sarebbe per
nulla a deplorarequesta seconda morte per le anime de^ generosi^
Poblio dei posteri.L^ opera del Leónij è non solamente bella
,ma anche buona :
bella come opera d^arte,la quale può andare soggettaa pochiap-punti
: buona come opera patriottica,che inculca prìncipinobilis-simi.
De' quali sarebbe giustoofferìre un saggioa certi padrideUa
patriache menano vanto di patriottismoche non ebbero mai. Ma
a che proporre modelli,quando la pelledegliuomini sì è con-vertita
in cotenna di rinoceronte ? I Del resto,a' pochiche avranno
Ietto quest'operaè già tatto chiaro com'ella,tale quafè, venisse
pubblicatain Todi sotto gliocchi di una censura tutf altro che
benevola,e però con pericolonon lieve dell'autore.
La figuradelPAiviano si fa grande in mezzo a quelle de' suoi
contemporanei,non di rado giganteggiafra quelledi un pugno di
eroi. Ad osservarla da tutti i lati è delineata maestrevolmente in
lutto e per tutto ilbene ed ilmale che può dirsene. Ma il bene è
assaipiùdel male, e come in quellolo storico lodasi del suo perso-naggio
e ne condivide iperiglidelle imprese,la gioiadelle vittorie,
la tranquillitàdegliozi passaggierì;cosi nel male rammaricasi co-me
de' trascorsi di un amico, pel quale in certo punto implora
perdono da' suoi lettori.Nulla tace che possa concorrere a ritrarre
l'indole tempestosae fiera del Liviani;onde,ricordando a pag. 120
una cieca vendetta che esso faceva di un Goldifredo Calcaro,gen-tiluomo
veronese a' servizi del signoretedesco,che avealo insul-tato
di dietro col dirglimalignabestiagobbo il Leónijsoggiun-ge
: e Se non si ricordava della benignità cristiana, poteva del
magnanimo sprezzo degli antichi eroi pagani farsi imitatore. Il
sangue del Calcaro,ilsangue della poveretta Astancolle sono per
certo brutti freginell'armatura dell'Alviano.Avremmo voluto che
nel generoso petto non avesse accolto la trista voluttà della ven-detta,
alla qualepur troppo noi Italianisiamo proclivi,ed abbiamo
di ria semenza mietuta una pessima paglia.Duolmi nel vivo di
GRITIGA LBTTBRAIUA 423
non potere in qaesta parte offerireFesempio del mio eroe, parmiaver quasia dannare un amico; ma vinca il vero, e sappianogliuomini,che non bastano innanzi allastoria a cancellare una brut-tura,
i lunghitravagli,e la splendidagloria." Di guisache puòdirsi deirautore della Vita di Alviano quelloche fu detto delPil-
lustre autore del Beccaria e del dirittopenale:e egliammira, ma
non è mai V idolatra del suo eroe. "
I tempi sono a perfettaconoscenza del Lednìj,il qualeligiu-dica
senza studio di parte.La storia del secolo XVI gliè cosi fa-miliare
come la storia del secol nostro con tutte le passioni,contutti glisconci e le virtù del tempo. Laonde
,non una semplice
biografiaè da dire la sua, bensì una storiache ricercale ragionide^ fatti,e segue con diligenzagli eventi moltiplicie svariati.
Rapido ne' passaggi,franco nelle narrazioni,ha delle paginede-gne
de' miglioristorici.Belle sono quelledove Fautore dolora
che vengano neglettie mal giudicatialcuni uomini meritevoli di
riverenza;più belle le pagine che descrivono la morte di Alto-
bello in Acquasparta;da non trasandarsi questa, che è pregiodi^l
presente articolo citare in parte:« Taluna volta al tacilo morire
di un inerte giorno pugnevaloil desiderio della cara moglie, e
del suo figliuolo,e delle dolci figliuole;e si figgevanella mente
la rimembranza de' monti delF Umbria,
e delF Alpi Friulane,
e
sgorgavano dalla fantasia e dal cuore dell'Italiano i versi e le
rime, una poesia,forse rozza, ma per fermo passionatae virile.
Ciance non erano quei versi,né quelleprose, e perché non erano
ciance,F età ignavae canora non le servò ! Servammo,
stolti!
tanti prostitutoridella parola,tanti commettitori di rime,
tanti
obbedientissimi cortigiani,e non abbiamo neppure una riga né
dell'Alviano,né di Pietro Strozzi,né di Dante da Castiglione,nò
di siffattivalenti,che in Italianosuolo,o raminghi,colse la morte
e la sventura,o troppospesso la calunnia ricopersee fece obliare. »
Queste paroleservono anco a dare un saggio della forma del
libro del Leònij,la qualecostituiscein fondo ilmassimo de' pregiond' esso deve andar lodato;forma grave, classica,piena di stu-dio.
A cui non talenta questa lode di tale che non conosce altri-menti
Lorenzo Leònij,si procurialmeno la letturadella Vita del-l'
AlvianOyperchéaltre citazioni non approderannoa nulla.Qual^
che difetto però ve lo troverà : e ilprincipaleé l'affettazionedella
forma,frequentementeintramezzata da latinismie da arcaismi. Tro-verà,
p. e.;fecionoe damra a carte 34,dove Io studio pazientemente
424 NUOVE EFFEMERIDI SlGIUANB
durato dair autore sui classicisi traduce in un vero artiQzio;chente
per quale(pag.6 e 65),ridottato (10),me per cade (44),infen-gissimo (124),ed augumentare(49),e commerzi (51)ecc. Quantoal resto vogliamonotare come dall'altezzaallaqualeil Leònijsitiene non sembrano comportabiliquesteparole:t Fu pertantoforza
air Alviano ridursia sustentar la guerra minuta,e paziente,die-tro
alle fosse e alle mura della cittàspiareil nemico per dargli
qualchebussa improvvisae svignare,.,• (pag.IH);né tampoco il
traslatoespresso piùinnanzi (pag.113):t gì'Ispano-imperialida-
pertuttosono assiepatida nemici,veggionodapertuttosul capo
loro una tetra ghirlandadi soldati e di contadini,
e quasiè lor
forza toccarla." Sono sottigliezze,ma le vogliamoricordareperdebito dMmparzialità.
In omaggioa questo principionon taceremo da ultimo come,
guardandotutto insieme il lavoro dello storico tuderte,
un po'affrettataappariscala fine
,dove qualchecenno, sulle cose di
terraferma dopola morte dell'Alviano non sarebbe stato super-fluo.
Ma che è mai codesta menda, e quellache qualchecritico
potrebbeapporre al sistema di filosofiadella storia seguitodal
Leònij,di fronte a' 219 documenti,ineditiquasitutti,che occu-pano
due terzi del bel volume esaminato ? I quali,raccoltiparteneir archiviomunicipaledi Todi,partenegliarchivi di Vienna e
di Firenze,parte ancora in Venezia dagliestrattidelledelibera-zioni
segretedel Senato,dai Commemoriali,dalle letteredel Con-siglio
de' Dieci ecc., avvalorano il testo tutto dellanarrazione.
Giuseppe Pitrè
Z Viaggi di aio. da BlKanda villa p volgarizzamentoantico to-scano
ora ridottoa buona lezione coU'aiutodi due testia penna
per cura di Francesco Zambrini,voi. !""Bologna presso Gae-tano
Romagnoli1870 (disp.CXIII dellaSceltadi curiositàlette-rarie
inedite o rare ecc. prezzo L. 7).
Il eh. editore ci fa sapere nella sua elegantissimaprefazionea
quéstiViaggidedicatiagliegregicav. Francesco di Mauro,e dot-tor
cav. GiuseppePitrè,che il Mandavilla cavaliereinglesever-rebbe
quartofra quantinarrarono iloro viagginel medio evo e in
favellaitalianae in altraonde tosto furono recatinella nostra,cioè
dopoilPolo,fraRiccoboldo,ilbeato Odorico;ilqualultimo descri-
i
426 Nuove kppbmkhiui siciliane
Ad esempio poi del dettato del libro,e delle curiositàche con-tiene,
riportiamoqui questo luogo che appunto dice della Sicilia,
la qualeè grande isola e imito inuma:
e In questa isola di Ciciliaè un giardinoverde e fìorilo dao-
gni stagione,si di verno come di state (1):questa isolacircunda
bene CCCL miglia.Al contrario (2),tra Ciciliae Italianon è altro
che un piccolobraccio del mare, el quale si chiama il Farro di
Messina. Cicilia si è tra el mare Adriano e el mare di Lombar-dia,
e da Ciciliain Calabria non sono oltre che YIII leghe lom-barde.
In Ciciliaè una maniera di serpentie qua' conoscono e fi-gliuoli
ligittimida' bastai*di,perchè e padriloro ,
che vogliono
vedere la pruova ,lasciano andare le serpe intorno a' detti fi-gliuoli;
e se glimordono, sono bastardi,e se non glidanno noja,
sono ligittimie di lìgitlimomatrimonio nati. E questo fanno molti
per vedere se anno ligliuoliligittimio no. Item, in quellaìsola
è il monte Ethna, el quale sempre arde,
« chiamasi Mungibello
e Vulcano,ove ardono due fuochi e gettono diverse fiamme e di-versi
colori;e per la mutazione di queste fiamme, sanno le gentedel paese quando sarà carestia e buona derrata
,freddo e caldo,
umido e secco,
e universalmente conoscono a cbe modo si go-verna
il tempo d' Italia: e questo Vulcano sono XXV miglia,
e
dicesi che questa bocca è dello 'nfemo. •
Di simili strane,ma dilettevoli,narrazioni e descrizioni il libro
è ben ricco,e diverte colla copiadella buona lingua il curioso
leggitore. V. D. G.
Sul Vocabolario poliziotto di Geografia per Carlo Hensingee
con Prefazione di B. E. Mainbri (Milano1870).Lettera del Comr
pilatoreal dottor Giuseppe Pitrè.
Gentilissimo Signore
Rendendole grazieinfiniteper la bontà d' aver concesso nelle
pagine delle Nuove EffemeridiSicilianeun posticinoal Vocabolario
poliglotte,debbo da prima dichiarare : che questo lavoro — an-che
ampliato— non eccederà mai i limiti dell'Europa;che nelle
attualicondizioni mie, avendo a lottare con difficoltàdavvero im-mense,
non mi è possibileallargarela sfera dell'opera presente.
Ora quindisi sta preparandoun vocabolario completòd'Europa
(ì)Foiseiil giardinoallora famoso di PaUrmo, detto la Cuncumaf
(t) Nelle antiche slauipe.si leggo,forse [liùcorrelUiineiite,al conturno.
GRITIGA LKTTERARU 427
fatto su questo genere, il quale conterrà più di 6000 nomi di
fìumi,rivi,ruscelli etc. Il chiarissimo prof.B. E. Maineri ha ben^
profferitola parolariformala quale a prima xista potrebbescon-certare
qualchetenacissimo di memorie giovanili(partodi geo^
grafia)ma invece,chi ben interpretiquellasua prefazioneal mio
dizionario poliglotte,il concetto del Maineri si potrebbe tutto
quanto riassumere in questidue vocaboli unicuifjtiesuum; la quale
massima,ridotta in pratica,farebbe si che la maggior partedelle
carte geograficheavrebbesi a riformare secondo piùfacilie natu-rali
ragioni.Il disegnoè semplice.Ed ecco ilcome : formandosi
una nuova carta di Europa,si metterebbero in Italiatutti i nomi
italiani,p. e. Nizza e non Nice,Trento e non Trient, Cuneo e
non Còni; in Francia tutto in francese,in Russia tutto in russo,
in Grecia in greco. Un vocabolario quindidi simil fatta servi-rebbe
di chiave in ogni lavoro scientificoletterario.Onde, trat-tandosi
della capitaledella Turchia,vi si troverebbe Stambul o
hlambul (cittàdeir islamismo); in greco Kov^otvxivoicoXtc(cittàdi
Costantino)in italiano Costantinopoli; in tedesco KonstantinopI;in slavo Carogrod(leggasiTsarogrod)(cittàdegliTsarì o Cesari)
(sottintesoRussi;)in bulgaroOrtukeuvi e neir antico Bizantium.
Osservando attentamente questo solo esempio,ognuno vede, come
sarebbe ingiusto,di voler questa città chiamare soltanto Costan-tinopoli,
perchè cosi si usa di nominarla in Italia.
In Italia,sino al di d'oggi,si danno annualmente,nelle città
principali,esami di lingue straniere viventi,
intendendosi con
tale qualificazionele linguefrancese ,inglesee tedesca. Ora di-cami,
gliottanta milioni di Slavi,non hanno essi forse linguadi
sorta ? ed avendola,non hanno una proprialetteratura? e, pos-sedendo
questa, non vi è forse nulla di buono che meriti essere
trapiantato?Basterebbe far la prova, e allora si persuaderebberoche gliSlavi non meritano T epitetodi semibarbari,come, pur
troppo,ogni momento sentesi profferireda tanti e tanti,molto lo-quaci,
perchè ignari.
La presente opera mia, offèrta come ben afferma Io stesso Mai-
neri,al pubblicocome semplicesaggio,altro non è poi che un
supplementoa tante opere di questo genere, nel quale però Te-
lemento slavo è trattato con maggior cura.
Mi abbia con piena osservanza.
Milano, addi 29 Novembre 1870
Dtvoliaimo
Prof. C. Monsingkr.
IL TITOLO DI DON
Da un voi. ms. miscellaneo della Biblioteca comunale palermi-tana,
segn. Q Q F. 231 togliamo queste curiose notizie sul titolo
oggi comunissimo in Sicilia del Don,
Brudisione ral titolo di Don.
t U re di Spagna FilippoIII concedette nel 1621 per dispaccioreale a una persona nobile il privilegio'prò se et suis del Bon.
Si domanda a quali pei-sone e a che grado di nobiltà concedeva
il suddetto tìtolo. Si desidera di ciò la rispostaconfermata da
qualche autorità ed erudizione. •
€ E cosa più che volgare che dal Domnus latino è forse nato
il Don spagnuolo,avendo tanta affinità questa linguacon quella.Se pure non è dair ebreo Adon, dotninìis,perchè spesso nella
pronunziasi lascia V aleph.Di che esso cominciasse ad usarsi nella
Spagna, ritrovo che Leonigildo re XVI fu .ilprimo ad ordinare
che il re si chiamasse signoreche vestisse di porpora, e che a-
vesse scettro e corona (1);e Bernardo Giustiniani dice (2)che a
tempo di Pelagio re si stabili di dare il Don ai re di Spagna.Or
questo titolo reale l'ebbero a singoiar pregio portarlone' loro
nomi li personaggipiù sublimi della Monarchia, e la cosa andò
tanto air eccesso che dai magnati passòtal titolo ai nobili,
da
costoro alle persone civili,e da queste ai servidori della sala alta:
motivo per cui non solo per questo titolo,ma anche per tuttigli
altri,dei quali si caratterizzavano le persone di conto con del no^
bilismagnifioASymesseri,honorabilis etc. fu fatta prammatica nei
Regno, l'anno 1552,colla quale abolito venne V abusivo costu-me
de' detti titoli ne' registripubblicide' notari,
e sol ven-ne
permesso ciò che di onore per reale concessione tenevasi da
qualche nobile. Come, per esempio, il titolo dHUustre furo-no
obbligatii notari marcarlo per trattamento dei principi,du-chi,
marchesi e conti ; lo spettabileper i Baroni feudatari,ed il
tnagnificusper i soli capitanidi giiìstizia:e cosi immediatamente
(1) Garri.li, Lettere eecletiailiche,t. lY. iett b.
(2)Storia della Monarchia di Spagna, L. Ili e. 1.
IL Tìtolo di don 429
a questiunicamente investito veggevasi del titolo di Don,quel
personaggioche ne mostrava la sua particolarepergamena. Era
esso un titolodi nobiltà,
e solea concedersi a persone di fa-miglie
illustried ai cadetti dei titolatidel regno, e questo per
qualche servigioprestato alla corona,
e per guiderdone di
qualche virtuosa impresaeseguitada colui in prò del pubblico.Il Marchese Antonino Emmanuele in veggendosiscevro del trat-tamento
di nobile e magnificoche quasi ab immemorabili contava
ne' suoi antichi,curò ottenere un tal titoloe lo conseguìal 1611,
appunto per avere mantenuto due cavalli a sue spese nel servizio
militare del regno. Questo è quanto in pochi minuti di tempo
ho potuto raccoglieresulP erudizione di questo punto, riservan-domi
illustrarlamaggiormente con maggior comodo in altro tempo ".
Queste notizie sono del marchese di Villabianca,Francesco
Maria Emmanuele; al quale non sappiamoda chi erano state ri-chieste
col quesitoche precedequesta rispostadata da esso al
Villabianca. Da un altro ms. miscellaneo seg. Q. Q. F. 210 sap-piamo
poi che nel 1732 fu dato avviso da' regiiconsultori che
proibivapotersivendere il titolo del Don; e ciò perchè conce-duto
in originecome titolo personalee di benefìcio sovrano. La
qualeconsulta potràchi vuole leggerlaa fogl.67 del ms. citato.
V. D. G.
AD OAESAREM OANTIX'
DE suo LIBRO
BUON SENSO E BUON CUORE
Oarrnen (1)
Nil potiuslaudem quam qnae pietatemagistra
Perspicuoeloquio,Caesar,documenta dedisti.
Tu sapere et bene velie doces: caelestia dona!
(1)Monsignore Slaurerighiuno dei più «lislintifra glioblatì di Milano, scrisse
questibellissimi versi in lode de!!'eccellerne spiritoond' è animalo il librodel si-gnor
Canlù,
del quale abbiamo soli*occhio (lodeancor più conchiudenle)la se-conda
edizione
La versione italiana die facciamo succedere al testo latino,devesi all'elegante
penna dell'abate Jacobo Bernardi.
28.
430 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
Fontibus bis oritura quidem nisi forte superstetExtremum exitium populiserrantibus. Huc nunc
ConspirantRomae sanctorum oracula Patram
Quae sapere, ut reduces divina ad pascua gentes.Et bene velie jubentfirmantia dogmata verum.
Ob utlnam valeant tarpatoextradere mnndo
Errorum quotquot prodiereimmania monstra
Tartareis latebris,queis et civiliapassimJara atque officiaebeu ! prodigata: quibusqueHorrida barbaries jam cunctis incubat oris.
Qno res nostra ruet,Caesar,ni in pubblicadamna
Sacra,profanasimul ratio conjuretamice?
Tu prò parte tua egregio praeceptalabore
Ilaliaerecinis.Nullis fleterritusiris
Inconsulta Patrum et vulgidelirialance
Expendis justa;a turpisecernis honestum,
Indicisqueviam securis gressibusaptam,Dum paucisstudeas operam detergeremendis,
Arduus ingenio,ast animo magis arduus insta.
Succedant aliigeneroso pectoi-efortes,
Et voce et scriptis,recti quA semita tendit.
Undique regnantisquis propugnaculaDitis
Quis ruat,atque bonis victricia comparet arma ?
Hoc opus, hic labor est; huc vergunt vota precesque.
Exoriare aliquisnostris ex finibus ultor,
Ense potens,patriaesacro inflammatus amore,*
Qui dudum arrepto consortia-nomina regno
Dejicias,vilesqueprocos. Sic quaevishirudo
Dispereapopuliextremo insatiatacruore.
Italiainfelixlongum miseranda ruinas
Sustinet omnigenas, et turpiaquaeque, perempto
Numinis obsequio,sublatis legibusaequi.Exoriare aliquis,tempiosua jura decusque
Qui redimas populisroores, de" fraeiMKscelestós./"u^*^^-^
Nulla,0 Cesare,nulla emmi più dolce
Che laudar q»e^ tuoi scritti,ove si vivi
I precettidel vero in^ chiaro eloquio
Espor ti piacque,e dell'augustafede
L'informasti alla scuola. È don celeste
Rettamente sapet\ volere il bene,
GARMB 431
Ciò che tu insegni,e se alle plebierranti
Non sovrasta il temuto ultimo danno,
Da questa fonte la salvezza piglia
,
Suo nascimento. E ridestano i Padri,
Testé in Roma raccolti,a questa meta
Daglioracoli santi il vigorprimo:Gilè i donimi eccelsi,ond' ogni ver s'imperna,Alle gentiridotte ai paschieletti
Della legge divina,hanno per fine
Che ognun chiaro conosca e adempia il bene.
Ed oh ! valganoalfin da questo mondo
Corrotto a discacciar la turba immane
De' vizii,usciti fuor dalle infernali
Latebre a sovvertir miseramente
Ogni dritto e dover della civile
Convivenza,evocando un'altra volta
L' infrunita barbarie a comun danno.
E qua! mai si dischiude orrido abisso
Ove non sorga, o Cesare,la sacra
E profonaragione,insiem congiunte
Amicamente,a dileguarla fiera
Dell'eccidio minaccia? In guisa apertaTu la tua parte arditamente compi,0 Cesare,e la nova opra consacri
Dell'Italiain profitto:e non t'arresta
L'ira fremente,ma su giustalance
11 delirio dei padrie delle plebi
Pesi,e l'onesto acutamente scerni
Da ciò eh' è turpe, e la secura additi
Via dove por fidatamente i passi;E deterso il lavoro arduo da poche
Mende, proseguiimperturbato,e sia
L' ingegnoeretto e ancor più eretto il core.
Altre sorgano teco anime forti
E generose, di parolee scritti
Magnanimi feconde e seguan i'orme
Che nel retto sentiero hai tu segnate.
Ma chi del fiero demone che regna
Sì largamentele trincero abbatte ?
Chi porge ai buoni le vittriciinsegnet
Qui l'oprae la fatica:"e voti e preci
432 Nuove effemeridi shuuane
Tendono a questo. Alfin sorga da^ nostri
Lidi chi tutto sìa Tiamma d'amore
Per la sua patria,e, indomito di braccio.
Temuto scenda alla vendetta,e spazziVia chi del mal governo ha si gran parte
Settariamente invasa,ed i mendaci
Adulatori e vili,e le bramose
Del popolomignatte,ognor suggenti
Il sangue, cui non lasciano che piene.Patria infelice 1 di ruine molte
E lagrimoseda lungh'^annioppressaE da turpidelitti:a Dio negata
Obbedienza, e dell'onesto infrante
Le leggi;oli! sorga alfiiìchi riguadagni.
Air onore ed al tempio i sacri dritti,
E i costumi componga, e i rei corregga.
ALL'AVV. PROF. GIOV. FR4IHCI0SIID A PIA BARSOTTI
DOLENTISSIMI PER LA RECENTE IRREPARABILE PERDITA
DEL GAV. GIOVANNI BARSCTTI
Prof. (liMeccanica Nazionale nell'Universilà di Pisa
Sonetto
Mentre si fera ambascia il cor mi preme
Per la morte di Lei che tanto amai
Ch' io n' avrò sempre lagrimo"ii rai
Fin che giungano a me V ore supreme ;
Qual dal Panaro vien suon di chi geme
Sovra un gelidoavel rompendo in.lai?
Miseri Sposi) Oh ! poi che abbiam di guai
Non dissimil cagion,piangiamoinsieme.
Piangiamo si,ma ne conforti intanta
Che la bontà divina ha sì gran braccia.
Che tutti vuol con sé nel ttegnoSanto.
Che i nostri cori dal desio portati,
Omai fuor di periglio,a faccia a faccia
S^ affiseranno in Dio fattibeati.
innova, addi 20 decembre 1870.
Prof. Giuseppe Cazzino
434 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Una specialedistribuzione di osservatorii nel senso trasversale alia zona della
totalitàera stata fattanella Calabria presso Re^ggiodal R. P. Serpieriscolopioin
accordo col sig.cap. liuffadi ^txito maggiore,ilqaale,occupato nel fare la carta
di quellaregione, disposeche fosseroscaglionatidi tanto in tanto vari ingegneri
topografinella linea normale alla zona,
affinedi trovare il punto precisoin cui
r eclissifinivadi esser totale.
Finalmente nel senso verticalemolli arditiviaggiatoriosarono sfidarele nevi del-
r Etna, 0 salirono a grandialtezze;ilsig.Peters andò fino ai Alonti Rossi,ilsig.D» Schio salisino a due mila metri. Se il cielocorrispondevaali*ardir loro si sa-rebbero
avuti certo risultalidi grandeimportanza,ma fin d' ora possiamodire che
a compenso del loro zelo non ebbero che la neve e la grandinesugliobjettividei
loro lelescopii; invece dei desideratiraggidelle aureole solari.L' idea peròresta e
ildisserentefece rilevarei vantaggiche si avrebbero ad osservare le protuberanzeanche in pienosole su quellavelli sublime. *
Ogniosservatore avea uno scopo determinato e prefisso»onde . non andare va«
gando incerto nell*opera. Ma lo scopo principaleera lo studio delta Corona nelle
forme e neUa estensione»per cui furono oltrei disegnidestinatigliapparatifoto-grafici;
i qualimezzi naturalmente doveano dare anche le protuberanze.Lo studio
spettralepoiera quelloche occupava ilprimo posto per rilevarela natura chi-mica
delle sostanze che formano questiinviluppisolari,e perciònumerosi erano
quellidi apparatispettroscopicipotentiprovvedutie di varie qualitàe forza.
Le particolaritàche spettavano allecipcostanztffisichedel fenomeno,
aveano
pure illoro personalefissato,come appariràdall'espostodei risultatiottenuti.
Questirisultatibenchò imperfettie benché generaJmentecontrastati dallo stito
del cieloburrascoso;che in piùpuntifrusciò le fatichedegliastronomi;pure non
cessano di essere sommamente importantie talida render memorabile eclissi.
Primieramente nella corona furono ad Augusta dal Padre Denza vedute due linee
ben deciseluminose su spettrocontinuo. Una di questefu notata anche a Terra-
nov3-e fissatabene dal signorLorenzofrì,1*altra non fu veduta da esso si velluta
dal P. Denza,ma stando nel mezzo tra ilverde e ilgiallocoinciderebbe con quellagiàaccennata dagliAmericani nel 1869 e che fu creduta dubbiosa. La vivacitàdi
questedue righeera singolare,e fu deplorabileche la brevità del tempo accorciati»
per pilidella metà dal passo di una nube, non permettessedi fissarela posizione.Questoè giàun risultatoassaiimportante.Nelle protuberanzeilsig.Donati ad Au-gusta
con un potentespeltroscopioa sei prismipotè notare la forza e l'intensiu
delle righeprincipali,e la maggiorealtezza della rigagialla, ilche spiegaT orlo
gialloche quelleprotuberanzeaveano direttamente vedute e mostra che questa stria
distendeda una sostanza diversa dair idrogeno.IIsig.Lorenzoni a Terranova oltre
le tre principalivide moltissime altrerighenella regionespecialmentedel verde
e fissòla posizionedi alcune. Questorisultatoebbe pure ilsig.prof.Nobile e il
sig.Burton. Da questa osservazione importanteresta confermata lacompiicaziooe
delia composizionedelle protuberanze»qualegiàera siaia veduta nelle compli-cazioniH sole scoperto,ma insieme mostra qualeimmenso vantaggiosi abbia an-cora
a sperare daglieclissi,malgradola bella scopertadel sig.Jannsen.Le punte delle falciacutissime a cui fu ridottoil sole,analizzate da me poco
dopo la totalitàappena fattele fotografie»mi diedero uno spettrodiscontinuo,con
numerose e largheinterruzioni,ma il mio scopo allora non essendo quest*analisi
ma solo ilrilevarela forma della protuberanzanellospettroscopio,non ne fissai
L^BCGLISSITOTALB DBL SOLE IN SIGIIJA 435
I grappiil sìg.prof.Nobile a Terranova ha con più particolarità stodiato questofenomeno e rilevatovi delle linee numerosissime di molte delle qualiha fissatola
posizione.Questa è pure una osservazione capitale,perchè permette di profittare
degliecclissianche non couli in avvenire per studiare la composizionedello strato
superficialedella fotosfera solare.
Le fotografiedella corona o^n ebbero luogo per causa di ana nube che passòin quel momento avanti al Sole e lo copri per oltre la metà del tempo, ma emerso
che ne fu, potemmo fnrne una delicatissima delle protubeianzedal lato occidenule.
II sole si vide ricchissimo oltremodo di protuberanzedi maravigliuseforme e va-rietà,
giustificandoquelloche erasi fin dal mattino veduto neglispettroscopii.La
.fotografiaverrà confrontala coi numerosi disegnifalti a Terranova e da noi. Molte
fotografiedelle fasi furono fatte'che saranno utiliper rilevare quale fiducia si possa
nella fotografiacollocare nel prossimo passaggiodi Venere avanti al Sole nd 1874.
La corona apparve ove fu sereno (e lo fu in pia punti, come per incantesimo
spteiandosile nubi) coaie una beUa aureola brillante fornita di raggiconici sparsi
tutto intorno ed in generalerettied acuminati. Questiraggi parvero in alcuni siti
come staccati e non connessi tra loro alla base dall'aureola generaleche orla la
luna. Ma questo non è cbé uu effeUo delt*assorbimento della nostra atmosfera che
non era in coodixioni normali per cui l'aureola stessa si trovò assai ristrettae ridotta
Vnche per la poca altezza del sole alle proporzionidi quellache fu altre volte ve-duta
neHe regioni«ettentrionali. La fotografiaha istruito ildissevente che anche la
luce solare diretta era ridotta ad 1|4della sua forza reJativanente a quellache si
fea in estate; e quindila corona ancora dovea apparirepiù stretta di quellaveduta
a solepiùalto. A Terranova Saturno sivide toccare ilvertice df uno di questiraggifattoa forma di mitra. Solo in pochisitialcuno di questiraggiapparve tortuoso;
in generalefurono rettilinei.
La luce della corona fu trovoU lai sìg.Blaserna fortemente polarizzau, il che
fu confermalo dalTinglesesig.Reynard che ne defini anche il pianodi polarizza-zione
in direcione radeale al sole. Questo è uno dei puntiche occorrea chiarire es-sendo
le antecedenti osservazioni contraddittorie:stabilitoilfatto resta ora a'darno
la spiegazione;sul «he non sono tutti d'accordo.
Al momento delfaccosUrsi della totalitàè bello il vedere l'appressarsidell'ombra
•e studiare le varie fasi del colore del cielo che successivamente vestono l'orizzonte.
Questo studio fu fatto ad Augusta dal sig.cap. Pistoia di stato maggioredall'alto
della cittadella»che notò in vivace descrizione ilvario succedersi all'orizzontelon-tano
sparso di nubi quellab^la scena di luce e li oscurità, quasialba che rapi-damente
arriva e si dilegua.Quivipoi e in molti altri sitifurono vedute quelle
cosi dette ombre volanti o strisce,che notate in altrieclissiprecedenti,restavano
«ncora problematicbe.
Queste in nessun sito furono megliostudiate che presso la tona limite della to-talità
cioè a Reggioe fuori di essa a Messina. Risulta dalla redazione del P. Ser-
pierìe dei professoriSegnenza e Corba che queste strisce ombrose erano dì una
larghezzaapparente di uno a due decimetri o più secondo la distanza dell'oggetto
su cui apparivano;inoltre che esse erano paralleleall'orlo della falce solare e che
orlavano tutto il cono dell'ombra lunare.
Cosi ben definito il fenomeno, si potràdai fisicipassare alla loro spiegazionenon
ancora ben -chiara,ma che al disserente sembrava dover essere molto connessa collo
•iato atmosferico tnireslre,allora ((eneralmeiOeagitato.Furono singolariie sansa-
436 NUOVE KPFBMERIOI SICILIANE
zioni che il molo di quosle ombre produsseronegliosservatori: e perfinonegliani-mali
che ne furono spaventali;e la genie diceva die pareva che il mondo girasse.
L'influenza sul colore deglioggelliquando erano rischiarati solo dalla estremi
luce del lembo solare fu studiata pure dal signorcap. Buffa e da alcune signore,
che avendo esposto al sole stoffee carte (iflledei colori dello speltrosolare;videro
offuscarsi le tinte come se fossero coperte da un velo, e sparirein prima H tinta
azzurra. Molle altre os^rvazìoni vennero fatte che non sono riferibiliin si corto
ragguaglio,e che non sono senza importanza,ma ommettonsi per brevità.
Risulta pure dal detto, essere sialo quest'eclissifecondo di gramli risultamenti,
ed aver aperto la via a nuovi studi,ilche lo renderà perciòsolo benemerito della
scienza.
In fine il disserente espose glistudi fattidalla Commissione italiana alle sue due
stazioni,a fine di determinare le coordinate geografiche,dei luoghi,servendosi per
la longitudinedel telegrafoelettrico,come pure \s deternnnazione deglielementi
magneticiassoluti e differenzialinelle variazioni diurne e la copiosaserie di osser-vazioni
orarie meteorologichefattein questa oc^Misione per oltre a 10 giorniconse-cutivi,
iqualisludi sarrbbero da sA soli già di molta importanza,
e basterebbero
anche senz'altro a giustificareTattivilà della Commissione.
Il pubblicoplaudùscequesto discorso, dopo di che l'ora essendo larda il Presi-dente
leva la seduta.
Il Segretariogenerale II Presidente
Giovanni Rafparlb Principe Galati
RECENTI PUBltLlCAZIONI — Si è pubblicaloil 2« voi. dei Canli pop'flarisici-liani
raccolti ed iliustratida GiuseppePilrè (Palertno,tipografi!del Giornale di
SiciliaJ87i),il qualecontiene 280 canti da aggiungereai 727 del 1* volume, e
sono : 56 Leggendee Storie,53 IndnvineUit 42 Invocazioni e Preghiere.36 Canti
fanciullesckif31 Ninna-nanna, 21 Aria, 16 Fioii per palii,8 Canti religiosie mo-rali,
6 Conlrculi, 5 Salire,tutti annotati. ralTronlati e illustrali.Segueun Glossa-rio
per tutti e due i volumi, e 31 Melodie popolariscrupolosamenteraccolte nelle
varie provincesiciliane per ogni genere di Canti dell'Isola.
Con questidue volumi il dottor PitrA ha incominciato una Biblioteca delle Tra-dizioni
popolarisieiliaite,che si verrà pubblicandoa spese del solerle nostro edi-tore
sig.LuigiPedone- Lauriel, e verrà fuori coll'ordiue seguente: voi III. Sludi
di poesiapopolare IV-V. Racconti e Fiabe popolari;VI. Giuochi fanciulleschi;VII.
Feste popolari;YIII-XII. Proverbi raffrontaticon quellidei Dialetti d' Italia ecc.
Il dottor Adolfo Holm, profes^real Liceo di Lubecca, ha pubblicatoin Lipsiail
primo volume della Storia della Siciliaantica {GeschiehleSieilien'sim Allherthum),
intanto che egliviene viaggiandoper l'isda nostra prima di metter fuori il2* ed
ultimo volume. È probabileche questa profondaed importantissimaopera venga
quinto prima tradotta. Diari della Città di Palermo del secolo XVI al XIX pub'blicatikui nianoscrit.i della Biblioteci Comunale, precedutida prefazionee corredati
di note per cura di Gioacchino Di Marzo voi. VIL Palermo,L. Pedone- Lauriel 1871.
Le Bime di Fraì^cesco Petrarca con noie di Giuseppa Bozzo, volume 2* Palermo.
A menta, 1871. Nella solenne Distribuzione dei premi aglialunni dellescttoleele-mentari
e deir Asilo rurale Margherita.Digcorso del prof.Luigi Mercanti ni. Pa-lermo,
tipografiadel Giornale di Sicilia 1871. Della Istruzione nei Licei. Lettera al
varietà' 437
signore,C. Napoli per Clorrado Musolino. Noto, Morello, 1871. VA» le e la Crilica
a propofilodi Mario Rapiiardi.Brevi osservazioni dell' uvv. N. Nicefuro. Catania,
coi tipidella Gazietta 1871. Per Vaperluradeglisludi nella -R. Università di Pa-lermo,
Discorso Ulto il 16 nov. 1870 da Mariano Mucciarelli. Palermo Pedone 1870.
Cola di Rienzo, tragediadi Nicolò Gallo. Pai., tip.del Giornale di Sicilia,1870.
Ippolito,Dramma d'Euripide,volgariazatoda Giuseppede Spuches.Palermo 1870.
iscrizioni. Nuove poesiee prose di GiuseppeCostantino-Ali di Messina. Messina,
tip.popolare1870. Saggidi Critica letteraria per GiuseppePitrè. Palermo, tipo-grafia
del Giornale di Sicilia 1871. // Dlrillo Pubblico ed U Papa p"T il cav. dot-tor
Aristide Battagliaavvocato. Palermo, Amenta 1870. Genesi della l'Iea del Di-
ritto per Nicolò Gallo. Palermo, tip.del Giorn. di Sicilia 1871. De^rizione di al-cune
Conchigliefossilidel Cretaceo superioredei dintorni di Termini- Imerese, pel
prof.Saverio Ciofalo. Catania, Galatola 1870. Sui nervi del gtulo,Lettera al pro-fessore
Jf. Schiff,per il prof.Francesco Randacio deirUniversità «li Palermo. Na-poli,
1870. Sunto della Lezione preliminareal corso di Anatomia patologicadata
dal professoreFasce nella Università di Palermo. (Palermo, Slabiliraento Operai-
tipografi).Lezioni clinichesulle malattie mentali con effettilegali,presso la R. Uni-
f)ersHà deglistudi di Palermo per Francesco Pignocco.Pai., Lao 1870.
I SICILIANI ALL'ESTERO — Nella rivisU annua universale (\eìVAlhenaeum di
Londra parlasicon lode dei due volami di Studi di Stoì'iasicilinua del La Lumia;
della Palingenesi,poema di Mario Rapisardida Catania; deglis itdi di poosi»popu-
lare di G. Pitrè e Salomone-Marino. Nel Journal des Èconomisti'sdi Parigi('selt.1870)
Jeggesiun bel giudiziodi Corcuelle Seneuil sulla Libertà del cambio e delle banche
del messinese Salvadore Buscemi. V Indèpendancehellen que tìi'.i17 dicembre loda
il 2"*volume delle Storie di Tucidide tradotte da Niccolò Cam irla. Del 1* volume
dei Canti popolarisicilianiraccoltied illustratidal Pitrè banno scritto mollo favo-revolmente
la Revue universelle di Parigidel mese di ago:"to,e U grunde rivista in-glese
dì Londra The Academy dei 15 dicembre.
SOLENNITÀ* — 11 13 novenr.bre è stata inauguratala Biblioteca di Parlinico,prò
mossa con tanto zelo ed amore dal prof.Carmelo Pardi. Il discorso letto da lui fu,
come doveva aspettarsi,animato dai più nobili sensi per la bella istituzione,ed é
da sperare cbe quelMunicipionon indugipiù oltre a mandarlo fuori. Sappiamo in-tanto
che il desiderio di un anno addietro del Pardi è ora tal fatto che parlaelo-quente
: la Biblioteca di Partinico conta oramai 4000 volumi !
PREMII ED ONORIFICENZE— Il giorno18 dicembre l'Accademia palermitanadi
Scienze,Lettere ed Ani ha tenuto una tornata solenne in onore dell'estintocav. tC-
merico Amari. Il socio aw. Fr. Maggiore-Pernivi lesse un lungo dotto e affettuoso
discorso Sulla vita e sulle opere dell*illustresiciliano,del qiialdiscorso informe-remo
nel fascicolo seguente.
— Una commemorazione consimile fece nell'Università di Modena il chiarissimo
professoreSbarbaro.
— Il giorno8 dicembre il prof.AngeloSecchi tenne in Palermo in una pubblicatornata dell'Accademia di Scienze e Lettere una Conferenza sulla EecUssi tot»Ue di
sole dei fi novembre.
— È probabilecbe al posto di Direttore del R. Conservatorio di Napoli,vengamesso ilpalermitanomaestro Petrella,o, come altri dice,il maestro Pietro Platania.
INVENZIONI E SCOPERTE — Nella demolizione dei fabbricati che inirombrano
il tetto della chiesa della Martorana furono rinvenuti molti oggettidi ceramica che
risalgonoall'epoca saracena : in alcuni di essi sono disegnibizzarri. Furono ptire
rinvenuti frammenti d'arabeschi qpn letterearabiche,modellati in gesso.
U8 NUOVE EFFBMKBIDl SUUIAia
BELLE ARTI — Da quldie Icoipo lo seollore prof.Nonxio Morello ha finitoe
fa Tedere nel me stadie 1*oltima sua beU'opera.infesso. È nna figurasedata, e
nffntmit^ vo* Indiana nell*atto che,
come ali*appariredi nna belva, depone
il suo caro lattante per dar di piglioali*arco e alle saette. Vivace la posa ,fiera
nel Tollo e in predaad ansioso torbamenlo» non è perduta o trascurata in essa la
?enustà delle forme ; ansi ò appunto molto a lodare questo lavoro ; perchè il Mo-rello
vi ha disposatolo spiritoalla eleganza,1'ardimento alla grazia,per modo che
le opposte doti fanno in essa contrasto ed armonia ad un tempo. La BKirbidesza e
carnosità delle membra è indizio del grande amore col qualel'artista ha modellato
questa sua opera, in cui la classicitàdella forma,senza servile imitazione,e la na-turalezza,
senza materialismo grettoe plebeo,sono in bel modo congiunte.Noi vorremoM far voti che si egregiaopera fosse tradotu in nurmo; e pia fervidi
li faremmo se potesse rimanere a Palermo. Crediamo però che non può mancarle
fortuna,se, eome ci si afferma,sarà quellamessa in mostra nel 1871 alla Esposi-zionedi Torino.
— Il sig.Loiacono ha compiuto ed esposto uno dei paesaggiche eglisa fare ; ed
esso é suito acquistatod^l nostro Municipio.
— Un gran furto di o^tti del complessivovalore di lirepiù che 100,000ò stato
consumato nel R. Museo di Palermo. Tra essi sono i seguenti:oggettisacri dell'O-
livella,prezzo venale ed intrinseco L. 1380S, 55; pietree camei, prezzo venale Li-re
IMO; prezzo artisticoL.3000;orificeriaantica,prezzo venale L. iOO; prezzo ar^
tisticoL. 6000; monete, prezzo venale L. 3000; prezzo artistico L. 6000; più altri
quattro oggettisacri,prezzo venale L. 4000; prezzo artisticoL. 8(100;in tutto prezzo
veiinle L. Si,iOS,55; prezzo artisticoL. 3I.40S, 55.
Particolarmente troviamo annotata, per la pissidedell'Olivella d'oro lavorata a
cesello,la somma di L. 4877, 55.
— Il valoroso artista sig.Rosario Riolu è stato incaricalo di restaurare glistu-pendi
mosaici rinvenuti nella piazzadella Vittoria in Palermo; od egliha fornito l'o-pera
sua e )llamaestria che tutticonoscono.
Lo stesso sig.Kiolo darà mano tra breve ai restauri dei mosaici che decorano le
paretiinterne dulia Chiesa della Mariorana.
— Ilgiovane«cultore sig.Civilettiè in sul compierein creta una bellissima sta-tua
di TorquatoTasso nelle ultime ore di sua vita.L' infeliceautore della Genoa'
lemme liberala è rappresentatosedente in un seggiolonea bracciuoli col capo presso
che abbandonato sopra un guanciale.La destrn posa sul braccio della seggiola, la
sinistratiene (equesto è un bel pensierodell'artista),uaa corona di alloro,,da cut
pare che il poeta tragga un intimo confoito ali*animo esacerbato dai travaglidel
corpo e da tutto il proprioabbandono. Nel viso glisi leggonole speranze del pas-sato
e i dolori del presente; e se ne rimane commossi e impietositi.Tutto insieme
il lavoro ò pregevolissimoper la jMsìiura,ildisegno,il panneggiamento,e pelcon-cetto
tutto che lo domina; e di questo ci rallegriamocol giovane ariisU.
Il Civilettiha offerto con isponuneagenerositàquestoTasso a Sorrento;quelMu-nicipio
ha gradiloildono, ora ò a desiderare che veduto che 1*abbia non indugiad
affidare al nostro concittadino l'esecuzione della statua in marmo : premio del resto
meritato.
NECROLOGIA — Ai S3 dicembre ò morto in Palermo ilvaloroso archeologoe fi-lologo
tedesco sig.R. Bergmann di Brandeburgo,di cui uno scrìtto sulla epigrafedi Siracusa ò stata pubblicatanel fase, precedentedelie Effemeridi.
«—È morto in Napolinella età di 74 anni il nestore della musica classica Save-rio
Mercadante di Altamura.
BULLETTINO BIBLIOGBAFIOO
L' UNIVERSO, Lellure filosofico-naturali
di atlronomia^ geologia,paleontologia,
fisica,metereologia,zoùlogia,filologia
e antropologia del prof. Raffaele
Pompa ecc. voi. 1. Carlo Messina edi-
lore, Firenze, 1870.
Quest'operadell*egregioprof.Pompa
«ara di tre volami, de' qualiè già uscito
H 1* che contiene quattordiciLetture ,
cioè Lett. !• i Cteh, Leti. «• le nebulose
Leu. 3* le stelle,V il sole 5« il sistema
planetario,Lett. 6" osservazioni, sui si-stema
planetario,Leu. ?• le lune. Leti,
d* lecomete, Lett. 9* i piccoliasteroidi
Lett. 10* il calorico,LetL lì* la luce,
Lett. 12* /'aria, Leti. 13* V elettricità,
Lett. 14* ifenomeni atmosferici.
La trattazione di tanta materia è ben
condotta, e in naodi assai facili,giusta
V intendimento deM' autore e lo scopo
4el libro, di non negare gli studi na-turali
in graziadei metaBsici,né la fi-losofìa
per la fisica,
e far nel tempo
stesso che agevolmente venissero in co-noscenza
de' più i trovati più sodi dcUe
scienze naturali, nieHte oppostialla «co-scienza
,alla ragione e mai alla feile
4legliuomini. Però, Y autore ci fa sa-pere
sin dal proemio del suo libro • ìa
• scopo del presente libro è di mettere
•« in piena luce quanto di mirabile vi è
-" oggineglistudii della natura, e quanto
« abuso se ne faccia dai materialisti na-
?« turalisti attuali,con quel tirar eh* essi
• fanne immoderate conseguenze. • È
insomma un libro che per facili letture
si propone senza negare i progressiveri
^ellc scienze naturali,
combattere la
scuola naturalistica del Vogt, del Mole-
scott, e del Buchner; sofistica,fnscienza,
epicurea in pratica.Questo P volume
dà porzione della Parte I. di tutto il
corso ddle letture che sarà diviso in tre
Parti,cioè Parte I, della nalwra inorgo'
niea; Parte li della natura organica a-
nimale e vegetale.Parte HI, ddl'Anro-
pologia,
e ci auguriamo veder presto
pubblicatatutta intiera essa opera.
L'editore signor Carlo Messina vi ha
premessa un'avvertenza ai Lettori piena
di «olio buon senso e di virtuosi av-visi
sulla educazione inlelleltiva « mo-rale,,
cui si dovrebbe attendere a miglio-rare
davvero il p4»polo; e noi ci con-gratuliamo
col prof.P«mba di avere a-
vuio il .suo libro un editors cosi amo-roso
e intelligeniedel vero bene che
.tuttidovremmo procurare airitalia,in-vece
che colorare scelleratamente di o«
nesto none ogni più diycegevolevizio
0 peggi», che corrompa po|K"Iie go«
verni. V. D. G.
MEMORIA SOPRA L'ANTICA CATTE-DRALE
DI OTTANA.
E SCOPERTE
ARCHEOLOGICHE /ci/l«finelC Isola i»
lutto Vanno 1879 pelCan. Giovanw
Spano. Cagliari,Tipog.del Commer-cio
i87a
Ed ecco qua la relazioae annuale delle
scoperte archeologichefatte in Sardegna
in tutl0 il 1870. Lo Spano è sempre li
pronto a dareela pienadi notizie,di e-
rudìzione,di vita, quale glieloconsente
l'amore ardentissimo deir isola sua na.-
tale, i lunghistudi suU' antichità,
e la
salute,più presto prospera che elione-
440 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
vote air età sua. E noi diamo il benve-
nolo a questa memoria, « ce Tanguriamo
messaggiera di altre moltissime,
e pel
bene che vogliamoalla Sardegna,conso-rella
della Sicilia,e per la stima affet-tuosa
che sentiamo dello Spano.
Come neglialtri ragguaglianche in
questo egliha voluto illustrareun mo-numento
storicosardo primadi scendere
alle novità archeologiche;e stavolta ha
.sceltola Cattedrale di Oltana,colossale
monumento oggi poco conosciuto, de-serto
e non curato, la cui fondazione si
fa rimonUre a poco più che otto secoli
addietro. Fra le scopertepiù importanti
giova ricordare di Tharros una stele fe-nicia
.nella quale rammentasi per la
prima volta il nomn di Astarte,deo
»
corno si sa,
adorala dai Cananei nella
Fenicia ; due balsamari,alcune monete
romane,vasetti
,urne cinerarie ecc; di
Sulcis una forma o pane di piombo del
peso di 34 chilogrammi ,dei tempi di
Mii!nsto,il qua! pane dinota che in
qui'llu(»go sia stata una fonderia per
eonio del Governo; molte monete ed.i-
sciizioni romane; di altriantichi |)aesi,
idolcttiin bronzo, massi granìtici,armi
di pietra,
un nuraghe,stoviglie,sigillidi bronzo, corniole e pietreincise, lu-
ct'rne,
iscrizioniec. oc. Di lutto ciò il
ran. Spano parlalungamente,nulla tra-lasciando
che ne dia contezza e spiega-zione
e ne niustri le analogiecon altre
antidiilà illuslrate da altri e, più che
da altrida lui.
In generale,in ordine ad acquisiiar-cheologici
r anno 1870 ha arriso allo
Spano; e dicendo allo Spano intendiamo
dire alla Sardegna« perchè noi in que-
st' uomo venerando veggiamo personifi-cata
quellaclassica e pure sdimenticata
isola. G. P.
OSSERVAZIONI STORICHE E DIPLO-MATICHE
inl"mo ai diplomi della
Real CappellaPalatina del Cam. Ce-sare
Pasca. Palermo 1870.
Chi non potrìtavere a mano il Tabu-
larlodella Real CappellaPalatina del
Garofalo, e del Mortillaro,né attonde-
re a quanto sol propositoè stato fatto
da* nostri scrittorie raccoglitoridi di*
plomie pergamene antiche,avrà in que-sto
lavoro del can. Pasca quanto gliba-sterà
per la storiade* diplomidella Real
Cappellae per la notizia del loro con-tenuto.
Oltre la descrizione de* diplomi,come
sono oggidispostiin ordine, vi bai in
questo volume raccolte belle avvertenze
sulla diplomaticaantica siciliana,sui
caratterinoicolori usatinelle pergamene,
su* diplomibilin;;ui,sul computo degli
anni ne' diplomiarabo normanni, e in-fine
suir officio de* notari; né manca
una eleganteincisione del diploma del
re Ruggierodel 1139. Ogni pubblicazioneche fa ricordare i dimentichi nepotidella
grandezzade* loro antichi e de' monu-menti
che hanno lasciati,
è sempre da
accoglierecon riconoscenza e con plauso.
V. D. G.
VESTIGIA PRIMITIVE DELLA LINGUA
E DE* DIALETTI ITALIANI di Cesare
Canto*. Venezia, 1870.
Questo opuscolellodel Cantù é una
giuntaimportantissimaallaDissertazione
suir originedella Lingua Italiana dello
stesso autore (Nap. 4865).Vestigiadel
volgare,che non si direhbe della primainfanzia,sono in un atto del 960; e più
che vesligia,é una Ug^onduola tutta in
voljjare,la poesiache uscì da Monte Cas-sino
nel 1865, e fu riferitaal sec. X! :
documenti che non dovrebbero far più
dubitare della iscrizionevolgaredel mille
esistente nella Chiesa di S. Giovanni in
Erice. L'aut. non mostra diflìcollàa rite-nere
il nostro Giulio avesse cantato triil
1174 e il1193; e anzi che a Dino Compa-gnicrei^leappartenere il poema deU7ti-
telligenzaa qualchepoeta siciliano dei
tempi normanni o svevi. Cosi crede pure
che molti de* nostricanti popolaristorici
siano contemporaneiagliavvenimenti :
442 NUOVE EFFEMERIDI SiaUANE
è oscilo fuoriper cura d«l parr. Alessan-dro
ToU, editore di altritestidel buon
secolo, in occasionedelleNozze Palmieri
Buoniignori,ed eraveramontedf^nochevedesse U luce per la copiadella buona
linguae le elettemaniere che ci trovi,sic-come
in tulle le seriliwredi queitempi
d* oro per la italianafavella.11 eli.edi-tore
ha fornitoquestovolgarinamentodi
opportunirìscootrisia rolla Volgata*sia
col testo greco, e di sapientiannolasioni
te"ilogicheche chiariscono all'uopo ladot-trina
dell'Apostolo.Quelche è singolar-mente
da notare nella lezione di que.slo
testo è illeggervifraliinvece di fraieUi,
alla latina,
e qualchealtra voce di uso
non frequenlene' testimedesimi antichi.
Desidereremo poiche l'cgr.e*liloreparr.
Toti desse fuori altrepartidi quanto vol-
gariizamento• corapilaloeordinata mente
trailo di lutU e quattro evangeli,• cosi
come non vorremo né Bianco si tentasse
3i soli VI capi pubblicalidel S. Matteo
sopra uh codice del sec. XV, V allro eg.
uomo nostro carissimo colleganellaCom-missione
pe'testidi linguacav. France-sco
Di Mauro di l'ollica. V. D. G.
LE RIMR DI FRANCESCO PETRARCA
eoi coinenlo di Giuseppe Bozzo. voL
secondo. Palermo, Amenta 1870.
Del primo volume di "|uesloComenta
si diede avviso nelladi8p.IV-Vdi queste
Effemeridi;e col nostro giudiziosi ac-cordò
quellodel Ptopu^natore di Bolo-gna.
Questo secondo volume comprende
le Rime m «torte di Mmdowa laura, i
Trionfi,e le Rimétofra vari argommti;,
e ognuna di queste parti"cosi come nel
primo volume" è seguitada dotte digretr
sioni intorno alla partedel Canzoniere
cui fanno di conchiusione. Nelle quali
digre$tionitrovi dellesottilie feliciin-
terpetrazionidi qualchepasso dubbio o
oscuro del grandePoeto; o belle consi-derazioni
suir indole della poesìae sulle
cagionidi qualchepiìlifamoso componi-
mentodel Petrarca : ilche accresce pre-gio
alle note che in questo volume sono
forse piùspesse che nel primo ,e alle
avvertenze estetiche che ci hai per lo
piùad ognicomponimento,eondolic con
savio giudizioe gusto bene educato alle
bellezzeclassiche de' padridi no.«lra let-teratura.
Né mancano infine i raffronti
con figuree locuzioni di altri fioeti»
qualispecialmenteVirgilioe Dante, ov-vero
con luoghi scrìttoralicosi noti al
doUo poeto dell'Africa « all'autorede'
libri della Vita solilaria,del Dispreiza
del mondo, e de' Rimedii déVuna e tlei^
r (Ulra fortuna^
Auguriamo al nostro piiese che sieno
frequentifra noi questisludi,da' qualinon solamente guadagna la buona col"
tura delle lettere,bensì l'educatione vir-tuosa
delia mente e del cuore.
V. D. G.
VIAGGIO AVVENTOTOSO és Coneordia
su queldi Modena o Nolo in Sicilia^
dell'avv. Ernesto Corti, prof,tli
Lettere itoliane.Noto, 1871.
Rare volle s'è scrittodi cose siciliane-
vedale in viaggisenza bolle diritteo di
traverso a questo povera isola;eppure.incredibile diclut questo viaggioavven^turoso dice bene di tuttinoi. Grazie al
sig.avv. Ernesto Corti t
Partendo da Concordia ilsig.Corti si
recava quest'anno passato a Palermo,
Messina,Catonia" Patagonia,Galtogiro-
ne, Siracusa,Nolo»,ove forse rimane pro-fessore
di lettereitaliane.Quelloche ff^i
accade di comico e di tragico,quelche
vede di buono e di cattivo, quel che
cerca di sapere e che ode a narrare, egli
descrive e riferiscecon una vivacilà eh»
allettoe afEeaiona. È vero che c^rte cose
narrate sono o s"tnno del comune,
ma
che perciò!ilCorti le presentoper com-piere
la sua narrazione. É vero cho qual-cheinesattezza sul conto nostro e'è, ma
tra le tonte che ne snocciolano certi no-stri
giudicid" oltremonte e 4'oltremare
BULLETTINO BIBUOGRAFIGO 443
le pochÌ3SÌinedel Corti sunl nugae, e ce
ne compeosa largamentelo entusiasmo
eh'egliha per la Siciliae la sua venera-zione
per le memorie di essa. Cosi illet-tore
siciliano e non sicilianonon s'av-venisse
allo sposso in errori tipografici,
che deturperebberoilsenso se ilvivace
autore non liavesse, almeno nella nostra
copia corretti a penna ! G. P.
IL BUCATO IN FAMIGLIA, Diuono pro-nunziato
il dì 84 novembre per la so-lenne
preminziunedelleeeuole elemen-
tarimaschili e femminiliin Mineo. Ca-tania,
1870.
Dopo lettoquestodiscorso del nostro
signorLuigiGipuana noi non ci sium
potutitrattenere dair esclamare: Bene-detto
lui,che sa pensare e scrìvere a quel
modo! E davvero che pochidiscorsi ci
è vieouto fatto di leggereintorno a pre-miazioni
,in cui sia tanto amore della
gioventù,tanta nobiltà di sentire,e, che
piùè, tanto desideriodel bene e del pro-gresso
quanto ne ha questocaro signor
Capuana;ilqualelasciando per un mo-mento
la letteratura militante,di cui ò
strenuo campione,invila al meritato pre-mio
i fanciullie le fanciulle delle scuole
elementari del suo paese natale.Egliri-corda
gliantichi metodi scolasticinon
per il comun vezzo di dir male del pas-sato,
ma per far vedere che da quellia
questici corre una buona differenza se
non per gl'intendimenticerto per glie-
spedientituttidell'insegnare.E chiama
Il Bucato in famigliaquesto discorso,
perchèessendo nella istruzione pubblicadi Mineo qualchelacchereila ancora da
togliere,e non pochidifettuzà da cor-reggere,
il Capuana ha voluto parlarnein famigliacome si fa della roba spor-ca,
ma non si che la sua voce non giun-ga
pure a noi,che fino a pochimesi ad-dietro
lamentavamo illungo tacere di si
valente scrittore.
A paginail del suo discorso il Ca-
puanapresenta un bel tipodi maestro,
• uno di queigenibeneficidell'istruzione
che sagriflcavanon solo la sua vita,ma
ognisuo avere per e^sa... Cotesto mae-stro
eccezionale,dettava da mattina a
sera con sublime coraggio contro l'ine-
sperìenzae contro i cattivimetodi; » e
noi vogliamoricordarlo perchèanche da
noi si renda una teslimoiiianza di gra*
titiidinea si modesto e pazienteeduca-tore.
Egliera il Dolt. Vincenzo Costan-zo,
a cui Mineo ha postouna lapideeoo
questa iscrizione,
se bene indoviniamo,
del Capuana *
Dottor Vincenzo Costanzo
QuaranVanni dMasuavUa laboriosissima
Consacrò al pubblicoinsegnamentoCon affettoe disinteressesenza pari,
I discepoli
GU posero questomarmo
Nacquea%i aprileÌ9()i
Mon di tifoa U novembre 1868
Vittima del suo z^o pegliammalati.
Riposiin pace t
Onore a questo benefattoredella pub-blicaistruzione. G. P.
COMMEMORAZIONE DI EMERICO A-
MARI letta U 19 novembre 1870 nella
Universitàdi Palermo da Ldiqi Sam-
POLO. Palermo,1871.
Come biografiaquestacommemorazio-ne
ci dà copiosenotizie dell'illustre e
venerato nostro concittadino ; come rì-
vista ci dà il concetto delle opere di lui,
concetto che il Sanjpoloritrae dall'in-sieme
di esse ed avviva e chiariscecolle
scienze giuridiche,le qualiegliprofessanella nostra Università. Noi udimmo
dalla bocca dell'egregioprofessorSam-
poloqueste amorevoli pagine,e, giovail dirlo,rimanemmo confortati che in
tanto delirar di partifossequalchebel-
r anima che serbasse tuttavia memoria
dell'illustrefilosofoe giurista,di cui fu
celebre il patriottismodei tempipassati
ìkì NUOVE EFF£IIBRIDI SIGIUANE
e rimarrà venerala la costanza e fer-mezza
delle opinioni.E però non pos-siamo
non rallegrarcicol Saropolodella
sua bella e buona azione. G. P.
PRIMA STRENNA TIPOGRAFICA. Fi-renze,
Tip.delia Società dei Composi-
.
loritipografi1871.
Del progrediredell'arte tipograficain
Ital:aè bellissima prova questa elegante
Strenna, nella qnalepoichéTargomentoo
meglioilconcetto di una strenna per l'arte
tipograficaè affattonuovo, molti valenti'
scrittoriilalianihan voluto soltantoque-gli
ariicoliinserireche hanno stretta rela-zione
coll'artedello stampatore.MITt"ro-
maseo, che in ognioperabuonanon man-ca
mai, vi ha parlatodell7i»(7ut/r»adelle
slampe; Giulio Pozzoli,del Con/e.P.LtVto,
soldato,scì'Utore,fipopra/b;Michele Boero
dell7n /lueticache possono avere le asso-ciazioni
tpografichesullealtre societào-
peraie\ ilsempre caro Maineri vi ha lar-gamente
illustratoun quadrodi Giusep-peMazza rappresentanteCola Montano
e Compagniin tipografia;C. A. Piovano
vi ha posto un lungo bozzetto sullMp-
prendistacompositoretipografoecc. Le
poesienon vi mancano, e parecchieanche
belle.Ce n'èdue del Dall'Ongaro:La Car-tiera,
I Tipografi;una del Bernardi a G.
B, Bodoni pelmonumento da erigersiin
Saluzzo;una del prof.P. Contini: Gli Or-fanelli
tipografi,variealtredelProfessore
Regonati, Buriani ecc. Vi sono pochiscrittialtrimorali e di varietà;due ri-tratti:
quellodell'Autore deWe Famiglie
illustrid'Italia e quellodi AngeloCo-lombo,
tipografomilanese,che è un pro-motore
infaticabiledelle glorietipografi-cheitaliane;tre bellepagine di musica.
pag.
che sono un Galopsper pianoforte del
maestro Giovanni Varìsco,promotore in
Milano dellescuole militaridi canto. E so
a tutto questosiaggiungeuna edizioneni-tidissima
, correttissima,e d'una sempli-cità
ignotaa molti tipografiche vanno
per la maggiore,ei siavrà argomento di
dire che questaprima strenna tipograficaè una cara e squisitacosa. E davvero cbe
ogni persona dell'arte dovrebbe posse-derla
non solo per apprendervimolle cose
che non si sanno o non sivoglionosaperda tutti»ma altresìperchèsu di ossa ogni
volenteroso tipografoavrebbe Jicheemu-
larealcuni valorosioperainon conos^iuii
da tutti. G. P.
SULLE OPERE DI ROSINA MUZIO-SAL-VO,
Bibliografiadi Ant. Zoncada.
Pai. 1870.
Son sedici paginepienedi afielloe di
ammirazione per la nostra Mmìo-Salvo;
allequalidà occasione la ristampat"siè
fatta delle opere di lei dal eh. prof.
LuigiSampolo.Lo2toocada fabellecon-siderazioni
sopra le scrittricidel XVI e
del XIX secolo,
e ne tiraconseguenze
quanl'esser possano favorevoli a queste
ultime,lequalinon celebrano piùamori
propri,ma bensì la patria,la famiglia,
la educazione,la religioneecc. Tra que"
ste scrittricieglipone in primarigala
Muzio- Salvo,e ne giudicae loda le o-
pere tutte in prosa e in verso. Peccato
che questa rivistanon abbia potuto mei-
tersicome introduzione a quei due vo-lumi,
che avrebbe fallo buona compa-gnia
allostudio biograficoche delia rim-pianta
donna scriveva ilprof.Sumpolo.G. P.
// Gerente : Pietro Montaina
NUOVE EFFEHERIDIJICILIANEANNO II. DISPENSE XI E Xll. FEBBR. E MARZO 1871
BRANO DI UN CODICE CEFU.UTANO
INEDITO DEL SECOLO XIV
§3.
Oeiàlà e la saa Cattedrale sotto i xrormaiiiil.
Dopo questilievissimi accenni alla storia antica di Cefalù,an-drò
soggiungendodistintamente qualchealtra parolasugliargo-menti
,di cui s'intrattiene il brano di codice ora per la prima
volta da me pubblicato.
Fra le tante cure ed occupazionidel conquisto,volse il conte
Ruggierila sua operositàed energiaa rialzaree fondare di nuovo
le Sedi Vescovili delF Isola.Traina nel 1081 ebbe giàla sua, che
poi nel 1096 si trasferìin Messina per volere dello stesso Conte;la sua ebbe Catania nel 1091;nel 1093 sorsero le Sedi di Sira-cusa,
Girgentie Mazzara;nel 1094 TAbsfle del Monastero di s. Lu-cia
venne insignitodi funzioni vescovili.Primogenitafu dunque la
Sede Trainese,
e dai diplomi chiaramente risulta che s. Maria
di Traina va innanzi a tutte le altre chiese costrutte dal prodefigliodi Tancredi di Hauteville (1).Ora appunto Cefalù è del
numero di quellecittà e castella,che ilConte concedeva con di-ploma
del 1082 alla Chiesa Trainese (2).Di queirepoca ,
era essa per ingiuriadei tempi e per le vi-cende
cennate rimpicciolitad'importanza,e poco men che diserta
(1) Vedi in propositola Memoria del Can. Di Chiara Sulla Chiesa di Traina pri-maria
CappellaRegiadi Sicilia, puliblicalanel tomo I deUa Bibliotecataera di
Buscemi.
(2)Pirri 1,495.
29
446 NUOVE EFFEMERIDI SICILUNE
* •
di gente. L'Amari avverti,che vivesse in Cefalù gente berbera;
e lo rilevò difattida alcuni nomi propriserbatici,come Badis e
Tarakùt,villanidi quelcontado,non che Begia^iossia di Bugìa,e
Righi,nome anch'esso africano(1),oltre ai nomi etnici di f otama
e di Howara (2).Ma al paridi Palermo,Catania,Girgenti,Maz-
zara e Trapani,scarseggiavaCefalù di popolazionecristiana,fin-ché
nel corso del duodecimo secolo si rifomi di gente venuta
dalle cittàmarittime del continente,appuntoa quelmodo che av-venne
in Messina,Patti ed altre cittàdella costa di Sicilia,un
po'sparuted'abitantiall'epocadel conquisto(3).Fu Re Ruggiero,ilgloriososuccessore del Conte,che ricostruì
la vetusta Cefalù. Per opera di lui,gliabitantisi fermarono di
preferenzanella cittàbassa,in un angolosottoposto,sul lidodel
mare. Cosi in un diplomadel tempo di GuglielmoII silegge:mani-
pstumest quodfelicismemorie rex Rogeriusavus vester civitatem
CephaluHa fundamentisreediflcavit(4),vale a dire che le mura
e le case rovinate inalzò e rimise in piedi,in modo da poterse-
glidar lode di averla come per la seconda volta fondata.Alla
qualetestimonianza sipuò aggiungerequelladi Falcando,da cui si
accenna alle mura nuove di Cefalù costruiteda Re Ruggiero(5),E poichétra le nuove fabbriche la più nobile e cospicuafu quelladel Duomo
,conviene stabilirne con precisionel'origine,sceve-rando
la verità dalla leggenda,che venne appresso foggiata,e non
solo fu ritenuta dal popolo,ma dal nostro codice si perpetuòne-gli
scrittori.
Si narrò adunque,che partitoRuggiero da Napoliper recarsi
in Sicilia,una tempesta venne addosso all'armatetta(Fazellola
fa costare di tre navi) net golfodi Salerno,appena uscita dalle
bocche di Capri.Dopo aver vagatofra molti pericoliin baliadelle
onde,il pioNormanno, diserto d'ogniumana speranza, si volgecon preghierae con lagrimead implorarel'aiutodivino: anzi fa
voto,che, se vivo campi dalla procella,in quellido dov'ei sarà
per approdare,debba costruiree dotare splendidamenteun tempiain onore del santissimo Salvatore e dei Santi Apostoli.Fatto questo
(1)Rìghaè nome di tribù berbera.
(2)Storta dei ifutuim. HI, SII.
(3)VeggasiAmari Op. di. III,232.
(4)Pirri li 802.
f5; Prtulereo Cephaludinova moenia. Vedi presso Del Re Cronitii e ScrUt.Sincr.
ìiap.voi. I. Nap. 1843, p. 281,
BRANO DI UN GODIGE GBPALUTANO 447
volo,ecco d'an tratto rasserenarsi Taere,abbonacciarsi il mare e lo
stolosicilianoapprodarein Ce"lù il6 agosto,giornodel Salvatore.
Qui Ruggiero,tostochè mette piedea terra, grato della salvezza
ottenuta,si fa lieto a tracciare Tarea del nuovo tempio, ed or-dina
inoltre la costruzione di una Cappellain onore di S. Gior-gio,
che gliera apparso nella tempesta.
Tacciono questo racconto gliscrittoricontemporanei, e lo ri-feriscono
invece ricavandolo dal nostro codice tutti gli scritto-ri
posteriori,come a dire Fazello (i),Passafiume (J),Carandi-
ni (3),
Auria (4),Inveges(5),Buonflglio(6)
,Pirri (7)
,Sum-
monte (8),ilp. Cascini (9),Caruso (10),ilprincipedi Biscari (11),Di Blasi (12),il duca di Serradifalco (13),Di Marzo (14),e.Den-
nis (15).
Non può esitarsia rigettarequestanarrazione come leggendaria,nò vi ha dubbio ch'essa venne formata ad illustrarela fondazione
del Duomo di Cefalo,a quélmodo stesso che un'altrane fu foggiata
per quellodi Monreale. IlCassinese Di Blasi la respinsegià nella
sua Storia,
come la respinsepure il Serradifalco. Il eh. signor
Dennis,mentre racconta ilfatto,non lascia però di farle sue me-raviglie
pel silenzio in cui lo lasciano i diplomi(16).E scrittori
e diplomi,affatto silenziosisul viaggiosullatempestasullo scampo,costituiscono due ragionidecisive per negare ogni fede alla nar-razione.
Come potrebbealtrimenti supporsi,che se re Ruggiero
(I) Deca I. Lib. IX Gap. HI.
"2)De OrigineEceles. Cephatud.pag. 3.
(3)DescripLeccl.Ceph.ManCusM 1593.
"4) Op. cU. pag. 45-6.
f5) Ann. di Pai. par. Ili,pag. 243-4 Pai. 1651.
(6)Prima parte deWHiit, Siciliana Lib. IV. pag. 213. Mebs. 1738.
(7)II. 7W.
(8)Storia di Napoli,Lib. II,cap. L pag. 7.
(9) Di S. Rosalia eie. p. 14.
(ÌO) Mem. Stor, par. Il,lib.II,voi. I,pag. 102. Pai, 1737.
(II) Viaggioetc. Cap. XXIL
(ip Storia del Regno di SicUia. Lib. VIL Sex. IL Cap. XVI.
(13) Del Duomo di Monreale eU. RagìoDam.II.
(14"Nota al Dizion. Topogr.di Vito Amico art. Gefalù.
(18)Op.eit. pag. 260.
(16)It istingularhowever that the diplomein whieh kingRogerendotoed kii new
ekttrch,dated 1145,maket no mention of tuch a voto, merelgatsigninga$ kit rea-
son forfoundingso grand a tempie,kis gralitudelo the Saviour (orthe worldlyhonours and the regallillewhieh he hnd aequired.
448 NUOVE EFFEMERIDI SiCIUANE
fosse campato da un si grave pericolodi naufragio,ed avesse
poitrovato salvezza in Cefalù,di quest^avvenimentonon si facesse
pur motto daglistorici contemporanei,che ci parlaronotanto di
lui,delle sue opere, degliavvenimenti del suo regno, come l'A-bate
Telesino e Falcone Beneventano ? ò mai verisimile e possi-bileche ninna parolarelativa alla tempesta,al voto,allo scampo
si rinvenisse nei diplomi, neppure in quellodi dotazione dato
del 1145,dove Ruggieroassegna invece tutt'altreragioniallafon-dazione,
tutt'altrititolialla gratitudinesua verso il Salvatore (la
gloriaconseguita,il titolo regioacquistato,un desiderio per lun-ghi
anni nutrito)fuorché Tunica ragione,ed il solo titoloche si
supporrebberoper veri (1)?
Si aggiungaa queste osservazioni la parte,che in tutto ciò rap-presenta
il personaggiodi San Giorgio,che si disse comparso al
Re nella tempesta.
Si sa,
che sulla storia sincera di San Giorgiodi Cappadocia
venne a sopredificarsidi buon'ora ilracconto leggendario.Un'antica
tradizioneaddita tuttavia ai pellegrini,a mezza legada Beyruth»in riva al mare, il luogo,dove Messer San Giorgiosecondo dice
ilsire d'Englure,uccise il dragone che desolava quellecontrade
e liberò la figliuoladel re ; si fa inoltre vedere,
un migliopiù
lontano,dal lato della montagna ,la caverna abitata dal terribile
mostro. Su di ciò non è parolaalcuna nei documenti antichi re-lativi
alla vita del Santa (2),ed è solo nel secolo duodecimo che
per la prima volto fa capolinola leggendadel drago.Indi vieu
essa ricevuta,passa in un gran numero di scrittori,e costoro ne
collocano la scena ora in Libia,
ora in Cappadocia,
e più tardi
nelle vicinanze di Borito ossia Beyruth.Hons. Mi3lin,uno degliultimi dotti visitatoridei Luoghi Santi,fa nascere a buon dritto
la leggendadalle pittureallegorichecosi comuni in Cristianitàdel
San Giorgioa cavallo,che atterra un mostro,mentre una donna
vestita di abiti reali assiste al fideròcombattimento (Z).Simile
(ì)Ecco le parole: Dignum et radanole fyreduximus ad iolvatorig nailri hono-rem
domum conslruere et odiHiu» gloriamaulam fundarequi nobii et honorem con-
^tUilet noitrum nomen laude regiailecoravit.,..Hoc Uaque racione àucti ex lonqa
iam tempore ad honorem tancti ealvatorispropotuimusecclesiam conslruere in eivi-
lalecephaludi,..,Quam volente deo et salvatore noilro cooperantefundavimus alque
eomtruximut. Dipi,di apr. ii45, iiid.IX. presso Pirri IL 800.
(2) Cosi in no ross. delia Bibliot. AnOìros. di num^ 158..
(3;/ luoghi Santi voi. I, cap. VI.
450 NOOVB EFFEMBRIDI SICILIANE
fittodelia mischia,
e guidassealla vittoria sugPinfedelii gner-
rieri cristiani.Parimenti narra il nostro codice,che San Giorgio
apparve a Re Ruggiero nella tempesta, e lo assicurò della libe-razione.
Certo è che a piedella rupe in Cefalù fu costruitain o-
nore del santo martire una chiesa,intitolatada lui
,la qualei
marinai fecero poiristaurarema dedicandola'a San Leonardo. Ai
tempi delPAurìa non era più che un reclusorio di povere don-zelle
nubili. • Mi ricordo (dicequestoscrittore,parlandodel tem-pietto
di San Giorgio)haver visto nelle mura di esso depintolo
arrivo del Re coi segnidella passatatempesta" (i).Esclusa quest'originepopolaree foggiata,accenniamo ora ai mo-numenti
genuinirelativiallafondazione della celebre Cattedrale.
Mentre inalzavasila cittànuova e muniasi di mura,Re Rug-giero
facea costruire il tempioal Salvatore (J).Si è ripetutoda
tutti,che la prima pietrane fu postaTanno 1131,nel giornodi
Pentecoste,sondo presenteUgone arcivescovo di Messina,ilqualeconsenti T erezione e dichiarò la diocesi 'di Cefalù suffraganea
della Chiesa metropolitanadi Messina,sulla facoltàchiestane al-l'antipapa
Anacleto,per cui alloraparteggiavaRuggiero(3).Però
non panni possibile, come un sì gran tempiosiasicompitonel
giro di pochimesi ,e ciò mentre lo stesso iQonarca inalzava la
RegiaCappelladi Palazzo. Imperocchéè certo,che la Cattedrale
di Cefalù è ricordata come giàcompiutain un diplomadi Rug-giero,di marzo anno greco 6640 (1132)indiz. X. (4).
(I)Op. eìL pag. 46-7.
'(t)Una CronHca mss. serbaUi dall' Aurìa, e da lui congetturalaopera di*Alvaro
PalernA,scrive : Anno Domini 4190 /u f?« Bugerihabitao CAt/oiri,et fiekifarila
telesiaet episeopatudi Chifalù.
(3) Ea propterdum dominut noster dei graciaSicilieet itaìierex gìoriosissimus
alqueinvicissimus apud eephaledemin die penieeotletfundandxgrada in eodem loro
tccletiam ad honorem taneti ealvaforiset beaforum apoitolorumpelriol pauli pto
anima pairis$ui piememorie rogeriiprimieomitit matriiquesue adela$ie regine,
sua deniqueredempcioneet omnium peccatorumsuorum deliberacionepauperum de-
nique ae iranseuneium suslentacìone veniàseteonsUio et assensu tam messanensium,
quam traynensiumcanonicorum prò eo'lem dfi opere ineipiendo,oum et nos ibidem
adessemus eie. Dipi,dell*Arciv. Ùgonedi oUobre 113i indiz. X che leggasipressoPirri I 389, Questoprelatoopo il4139 fu rimossodalla sua sede coicardinali a ve-scovi
nominati dall'antipapaAnaclelo,e ciò per disposixionedel PontefteeInnocenzo
secondo, e del Concilio Lateranense. La bolla legittimadi erezione è del papa Ales-sandro
ni di aprile1171 indizioDe IV, collaqualeè nominato Bosone primovescovo
di Cefalù.
(4)Quapropterego rogeriusrea polensin ehristo et ftdelissimushee predklanon
BRANO DI UN CODICE CEFALOTANO 451
Riferisco dunque le paroledel diplomadi ottobre 1131,dtm
damihus rex apud cephakdemfundandigrada ecclesiam....venisset
(sullequaliparolesi è creduto che il Duomo fosse solo in quel-laanno cominciato)ad un tempo anteriore d^ alquantianni al 1131»
anno del diploma.E ciò si ravvalora dalla bolla di Anacleto,purdeiranno sopradetto,colla qualeT Antipapasoggetta a Cefalù la
chiesa della Bagnara,e rafferma le donazioni giàfattele,quidquidprenominatacephaludensisecclesialegitimepossideat^il che difficile
mente si concepirebbe,
se la Cattedrale non fosse stata tampocoiniziata.E quanto dice Ruggieronel citatodiplomagreco del suc-cessivo
anno 1132,feciedificaretempltmab iniciofandacionisstie,non allude forse con queirab inicioad un discreto periodoan-teriore
di tempo?Cefalù riaveva il suo antico Vescovato,e per opera di Re Rug-giero
distaccavasida Messina,a cui dopo Traina T aveva aggregatoilConte di lui padre(1).Ilmunifico Re concedea allaChiesa tutta
ia città ed il mare (2).L^anno 1137 chiamò poinel gran tempioda lui edificato,secondo narra il nostro codice e si rileva dai di-plomi,
i Canonici regolaridì S. Agostino,i qualivi si traspor-tarono
dal loro cenobio di Bagnara in Calabria,abitarono il mo-nastero
contiguoalla chiesa,e vi rimasero fino al 1671 (3).Scrive Fazello,che Ruggierofece accomodare al tempiodi Ce-falù
le colonne del tempio vecchio che era stato sulF altura ; e
ciò può ritenersi benissimo (4).Circa poi air opera stupendadei
musaici,questa non ebbe il suo compimento che Tanno 1148.
Tanto si rileva dalla seguente iscrizione del tempo ,che leggesi
sotto le figuredegliApostoli.
ignorani una cum aliU chritlianiiquiea ore -jidéliel devolo prolifenlurfeciedi/i»cari lemplum epiicopaiusab inieio fundacionistue in loco quidieitur etphaludurn
in nomine et honore folwUoris ad gloriam dei et talvacionem hominum. Dipi,del
Tabul. della Chiesa, presso il Gr. Arch. in Pai., pubblicaloin parte da Pirri li
.
799, e poida SpaU Le Perg,etc. pag. 433. •
* (1)lam prephatamecclesiam tedem epitcopalemforedeincepsdominop restante de*
cemimut. B(A\a di Anacleto.
(S)V. Dipi.cit.del 1145.
(3)Vedi il diplomarelativo alla chiamata dei GanoBici regolarinella cit. opera
del Serradifalcoragionam.Il noU 37.
(4)Temptum in ea maximum mutwo ac vermieulato opere hominum Salvatori di*
catum, ac episcopalidigniUUeexornatum eondidit,columnit e tempioveteri eo eom*
pvrtatisab oppidovetusto deserto.Op. cit.
452 NUOVE EFFBMERIDI SICILIANE
Rogeriusrex egregiusplenis(con.plenm) pietaHsHoc statuiitemplum motus zelo deitatis.
Hoc opibm ditat variis varioqìiedecore
Omat magnificatin Salvatoris honore
Ergo structori tanto Salvator adesto
Ut sibisfuJbmissosconservet corde modesto.
Anno ab incamacUme domini millesimo ceìitesimoXLVIII mài-
cione XI anno V. regniejusXVIII hoc opus musei factumest
Non è però dell'epoca,ma posteriore,come per se pare, Tal-
Ira iscrizione,che anche qui riferisco:
Hoc sacrum templum a pio Rogerioprimo SicilieRege ab anno
MCXXXI ad MCXLVIII fìindatumomatum dotatum fuitsedente
Innocentio VI (devecorreggersili)pontificamaximo ex privilegiosicut Rome signaturplumbo.
Soggiungeròche,oltre la Cattedrale
,non mancano in Cefelù
altre costruzioni di quel periodoo poc'appresso. Nella via prin-cipaleè un notevole fabbricato,senza dubbio dei tempiNormanni,
che il popolochiama Casa di Ruggierodalla tradizione che fosse
stata da lui inalzata per propriaresidenza. Di fronte vi è un'al-tra
costruzione dell'epoca stessa,detta Palazzo del Marchese di
Ceraci.D' architettura antica è pure ilcampaniledella chiesa del-l'
Annunziata; e rimangono in qualchepunto finestre a sesto a-
cuto divise da colonnine ed altricuriosi avanzi dell'arte medie-vale.
Parla di Cefalù il geografoMusulmano Edrisi,che visse in Pa-lermo
alla corte di Ruggiero(1).La cittàfu poi visitata dall'a-rabo
viaggiatoreIbn-Giobair,che la descrive come t abbondante
di prodottidel suolo,ricca di molte risorse,circondata di vignetie di altre piantagioni,e fornita di mercati stabili.Un certo nu-mero
di Musulmani soggiornain questa città.Essa è dominata da
una vasta rocca di forma circolare, sopra la quales'innalza un
castello,il più forte che possa immaginarsi, preparatodai Cri-
(1)l\ capitolodi Edrisi sulla Siciliairadotto dal Mngrì,fu aunolato dal Tar-
dia (Vedi la sua Disseriazione negliOpusc.di Aul. Sieil.tom. Vili, p. 233. e segg.)
Dopo ilGregorio,il prof.Amari ripubblicòil testo di Edrisi relativo all'isola no-stra.
Una versione del geografoarabo lavorò il laubert» di molto inferiore a quella,
che ci diedero Dozy e D« Gocjeper la parte che riguarda1'Africa e la Spagna /"f-
scriptionde VAfrique et de iEspayneLeida Brill.1866. »
BRANO DI UN CODICE CEPALDTANO 453
stiani onde difendersi dalP attacco inaspettatodi qualcheflotta
uscita di terra di Musulmani (che Iddio gliaiuti)(1).t
Sul commercio di Cefalù neir epoca Normanna si possono ca-var
notizie dai diplomidella Chiesa;uno dei qualiarabo del se-colo
XII,in cui si ricordano i dinar d^ Abd-el-Mumen ed i robai
ducali di Sicilia,é un contratto pelquale taluni marinài Musul-mani
convengono di trasportareda Cefalù a Messina certa moneta
d' oro d^ un sire Guglielmo.Esso diploma,come osservò V Amari
che lo citasullacopiatrasmessaglidal mio maestro prof.cav. Cusa,contiene un curioso esempiodelle usanze commerciali d' allora
,
perchè,
laddove glialtrimarinai danno sicurtà sui propribeni,un pellegrinoOthman, non possedendonulla,vende sé medesimo
al banchiere a pattodi riscattarsicolla consegna della moneta.
14.
Arehitettnra, e decorazione della Cattedrale di Oefalà.
La splendidaCattedrale di Cefolù fondata dal Re Ruggierosorgenella partepiùaltadella moderna Cefalù,con largapiazzadinanzi,
a pie deir erta ed elevata rupe che le sta dietro,e non sólodi
gran lunga sovrasta glialtripiùmodesti ediflzidi quellacittà che
ha tutta Tana del medio evo, ma è per la Siciliauno dei piùbei
monumenti dell'arte cristiana, e Fra tutti i tempi(cosiilsig.G. B.
F. Basile)di quellostile così splendidamenteornato primeggia
senza dubbio la Basilicadi Cefalù per la perfezioneartisticadelle
sue musaiche rappresentanze,e per la tecnica di precisionecolla
qualesi veggono i lavori condotti (2)t La sua forma esterna,come
quelladel Duomo di Morreale ed anche del nostro,accenna, fra
altri elementi,al carattere dell'artevisigotica,quellacioè che ri-cinse
le chiese di toiTie di merli nella sommità delle mura (3).Il prospettoanteriore,volto ad occidente,è fiancheggiatoda torri
quadrateche toiscono a piramide{fastigiaacuminata).Esso pre-senta
un portico,diviso in tre grandiarcate,queldesso che Tan-
(ì) Vedi gliestrattidi n)D-Giobair nella tìibliot,Arabo-Sicula dell'Amari, e la
versione nel loum. Asiai. an. Ì845-46.L'intiero testo fu pubblicaloda W. Wrightin Leida 1853.
f2) Giom. diAnlichild e Bette. Arti Anno H. n. 15.
(3)Veggasiil discorso di Carlo Troya DetV ArehUeltura Gotica Nap. 1857 in cui
l'ithistrestorico si studia di ristabilirel'influonza goticanell'archìtmiira roedieyaltì.
454 NUOVE EFFEMERIDI SICIUANE
no 1480 venne restaurato da Mons. Giovanni Gatto,e le cui mura
ora lisce erano anticamente coperte di pitture,delle qualiilno-stro
codice ci dà la descrizione.Al di sopra è una ricca decora-zione
di una doppiafiladi archi ad ogiva,Tuna suiraltra.Sono
notevoli l'arco a pienocentro della portaantica,e gliornati di
essa a stilemoresco (1).LMntemo è diviso in due corpi,V ante-riore
scompartitoin tre navate da due filedi colonne,il poste-riore
piùalto per quattrogradinie comprendentela soka ed ilvi-
ma. In fondo,nella conca delPabside,giganteggialasublime mezza
figuradel Divin Salvatore che di lassù dominando tutto il tem-pio
disponeTanima del credente a sensi di profondaadorazione.
La navata eentrale ha iltetto di legno,restaurato nella sua mag-gior
parteal 1559,
come da un' iscrizione,che a stento si può
leggeredal basso : Hic in...
die mensis maii anni...
1559. Le
travi un tempo dorate e dipintehanno un'iscrizione in caratteri
gotici,
della qualenon è stato lettoaltro che il nome di Man-fredi
e la data del 1263. Io vi ho scorto: Regnanteillìistrivica-rio
domino nostro inclytoregimainfridoregniSicilie... magni-
ficusComes henricus de vigintimilUis....Ciò però che attira dippiùTattenzione nel Duomo di Cefalù è
lo stupendomagisterodei musaici,i qualidecorano il solo san-tuario
della chiesa,e precisamentela metà intema della tribuna
e le paretidell'abside. Forse fu in animo a Ruggiero,che la de-corazione
fosse comune a tutta la vasta Cattedrale,
ma la sua
morte caduta nel 1154 ed i sedici lunghianni che durò il lavoro
de' musaici ne l'avranno impedito.Se primiin ordine di tempo sono i musaici di S. Maria del-l'
Ammiraglio,primiin ordine di merito son quellidi Cefelù,
specialmentei più antichi,che hanno una incontestabilesuperio-rità
(2),e soltanto possono assimilarsia quellidel Coro della
CappellaPalatina. Per consenso degli uomini competentison
queste le più perfetteopere di tal sorta,e valgono forse in arte
quanto i lavori di Giotto e dell'Orcagna.In sostanza,
i musaici
dell'epocadi re Ruggieroper grandezzadi figure,concetto,for-
(1)V. Serradifalco Op. eit.alle tav. XVHI-XXII, che presentanola ioUa, ilvima,
ilsantuario,la protasife ildiaconico,e Di Mano Op.eit,voi. II. Pai. i859. Lib. V»
coi disegni.
(i)Dennis osserva, che il Serradifalco non avrebbedovuto esitarenel collocarliin-nanzi
aglialtri.Indeed doe$ noi hetUaie lo pronounee thete mo$aitt lo itemori pre^
cUm$ ai itforktofariIhan any othen oflhalperiodtcroughtin SicHyOp.cit p. SGi^
BRANO DI UN CODICE CGFALOTANO 455
ma,stile
,simmetria e morbidezza di mosse e di fogge, effetto
di colorito,accordo generale, sono superioria quellidi tutto il
resto d'Italia^anche del Duomo di Venezia,e mostrano quel me-raviglioso
sviluppo,che fé dire al Sabatier,dq)o osservatii mu-saici
di Cefalù,formar essi i più belli esempìdella scuola bizan-tina,
dopo le pitturedel monte Athos ch^egliaveva giàvisitato(1).Sotto la colossale mezza figuradel Salvatore,che ha intorno il
distico
Factus homo, factorhominis,factiqueRedemptorIvdko corporeus corpora corda Deus,
e pelleparelilateralidel santuario accanto al Salvatore stesso,
sono ordinale in tre scompartimentile figuredella Vergine,de-gli
Arcangeli,degliApostoli,dei Profeti,Santi,Pontefici
,come
Melchisedech,Abramo, Mosè,Davidde,Salomone, Gioele,Amos,
Giona,Michea,Naum,Osea,Abdia
,Pietro
,Vincenzo
,Lorenzo
,
Stefano,Gregorio,Agostino,Silvestro,Dionisio,Teodoro,Giorgio,
Demetrio,Nestore,Nicolao,Basilio,Crisostomo,Gregorioteologo.
Questi musaici e quelliche ornano ilsantuario della Regia Cap-pellarivelano i medesimi artisti;ai qualirimangonoinferiorigli
autori dei musaici della seconda epoca'
Palatina (regnodi Gu-glielmo
I)e del Duomo di Morreale (regnodi GuglielmoII).(2).
Su d'una muraglia,fra due finestre,la Cattedrale di Cefalù serba
un curioso affresco della Vergine col Bambino, servitida Angioli,
d'arte rozza ma antica,forse
,come si è scritto,del secolo XIII.
In una colonna poi è dipintauna figura,semiscomparsa,detta
dal popolore Ruggiero,che par tenga un'urna su cui vedonsi rap-presentate
due piccoleleste;stile veramente arcaico e primitivo.
Custodivasi un tempo nella sagrestiadel Duomo,
e pare che
tuttavia durasse fin all'epoca dell'ab.Vito Amico,la dalmatica di
Ruggieri,di cui così scrive L'Auria : e Conservasi finalmente in
detta Chiesa la veste del re Ruggiero tessuta d'oro e di seta,
(1^Vedi una sua letteraSui lavori a mumico nel Giorn, Offic.di Sic. del 21 giu-gno1888, num. 132.
(2) I mosaici di ('efalù vennero restauralida Rosario Riolo neglianni 1857, 59,
62, 66, 68. Vedi sulla nostra scuola moderna de' mosaicisti il giornaleScuole e
Strade an. 1, num. 3, e La Ditcuuione an. XI num. 57., non che un opuscolettocol titolo: Sui musaici di Cefalù,Morreale e Palermo e sulla neceuilà d'una scuola
di musaico in Sicilia.Idee del Prof.LuigiClemente. Cef. 1868. In gennaro del 1867
il Ministro d'Istruzione pubblicasig.Berli promosse ridea d* impiantarsiin Sicilia
una scuoia dei musaici, ma poi non s'approdòa nulla.
456 NUOVE BFFKMERIDI SIGIUANC
ed è venerata dai Cefàlatani come cosa d'un re cotanto divoto e
zelantissimo Chrìstiano;propagatoredellafede Catholica,ed estir-patore
deir empia sètta Saracenica : onde nella Chiesa di Cefalù,a di 27 febbraro si fanno Tesseqaiefdnerali ogn'annoin comme-
moratione della morte di quelRe, e si mette la detta veste so-pra
an Tumulo cantandovisi soUennemente T Officio,e la Messa
con presenza del Vescovo e del Magistratodella Città,concorren-dovi
tutti i Cittadiniricordevolidi pregare per T anima del lor
benignissimoBenefattore (1).»
Oggi che Tab. Bock ha studiato,pubblicatosplendidamenteed
illustratonel suo stupendolavoro Die Kleinodien-ecc,ossia il Te-soro
deWImperoGermanico (Vienna1864),anche le insegneregiede^ Normanni di Siciliainvolatecidalla rapacitàdi Arrigoed ag-giunte
al tesoro imperiale;Toperadel dotto orientalistaci fa mag-giormente
rimpiangerela perditadella dalmatica suddetta,che
non esisteva più sin dai tempi del Di Blasi.Io ho potutovedere
solo quelloche vide il Dennis (2),cioè fra altripiccolirimasu-gli
e reliquieed insieme con una corona certamente posterioredi tempo, poveribrani' di quella veste riccamata in oro, in cui
non osservai nessun vestigiod^iscrizioneo di carettericufici.Nar-rano
che i viaggiatoriinglesiabbiano consumato via via la regia
veste,prendendonead ogni volta pezzettie frammenti! (3).Pria di terminare questo cenno sullaCattedrale ricorderemo an-che
il chiostro del Monastero annesso, monumentale pollascul-tura
sicilianade 1 XII secolo;anteriore e solo inferiore in merito
al morrealese dalle cento colonne,
e ricinto per tre latidi por-ticied archi acuti poggiantisu 92 colonnine binate, e Questo chio-stro
(scriveil Dennis)è davvero un saggio sommamente istrut-tivo
ed interessante dell'architetturasiculo-normanna,ed è solo
inferiore per estensione e bellezza a quello di Monreale (4).»I/uno e l'altroperò han fatto dire allo Springer(5),che la pla-stica
decorativa deve considerarsi come creazione siciliana.
(ì)V. Loe. eii. p. 51.
(2)Op. cU, p. 268.
(3)Ir un* invenUrio dei 1283, che riguardail Tesoro delia Chiesa di Cefalù (V.
Qq. H, 8, paR. 641)si annoirino, fra altrioggeUi,18 cappe, 6 pianete,od alcune
tonacello,dono della regiamunificenza alla Catledrale,
(4)Op. eit, pag. 265.
(5)Die MUtelaUerliehe kunsi in Palermo Bonn 1869.
458 NCOVE EFFEMBRIOl SIGIUANE
struire loppe,Cesarea e il nuovo castello di Monteforte appajrte-
nente ai Teutonici (i).
In marzo 1232 ilSoldano di Damasco invia a Federico magni-fici
regali.In lugliodello stesso aiiino l'Imperatorericeve in Pu-
gliaun^ambasciata del Soldano d'Egitto,i cui deputatisi trovano
alla sua corte nello stesso tempo che quellidel Vecchio della
Montagna.In un pranzo di cerimonia,che fu dato in questa occa-sione,
si videro non senza meraviglia,
osserva il BrèhoUes,molti
vescovi Sicilianisedere a lato degliEmiri d'Egittoe de' formidabili
assassini di Siria (2).Più tardi ancora, all'assedio di Brescia,nel
1238,guerrieriEgizianiinviati dal Soldano figuranonell'armata
cosmopolitadi Federico II(3).
Del 20 aprile1231 l'Imperatoreconchiude un trattato con Yahia
soprannominatoAbu-Zacharia,della dinastiade' Beni-Hafs,principe
di Tunisi,resosi fin dal 1226 indipendentedagliAlmohadi (4).
Indi a rinnovare forse la convenzione del 1231,invia a Tunisi
una ambasciata composta di Notar Giovanni di Palermo e di un
Enrico dell'Abbate,che porta in questa occasione iltitolodi Con-sole
(5).Par che le trattative sieùo state seguiteda un pieno
successo (6);poichéindi in poi i principidi Tunisi si mostrano
amici agliinteressi di Casa Sveva.
Trattandosi di mandar un'ambasciata al Soldano di EgittoSafeh-
Nogem-eddin-Ayùb(Sett;1241)allo scopo di rinnovare gliantichi
trattatidi commercio già conchiusi con suo padreMalek-Kamel »
(I)VeggasiHiiL diplom,t: lU. p. 104 e segg.
(i)Bréh. HiiL diplom,t. IV. p. 369."370 e noi. 1.
(3^Erant mim eum eo.„. milUes regitAngliae ,Francia et hpaniae,
comet
Provincioé cum cenium milUibui, milUet quoque Soldani et Vatacii Graeeorum m-
peratorii,aliarumquediver$arum genlium. Chronie de reb. in.Ital. gestp. 174.
(4)La versione daU'arabo di questo trattato conchiuso alla metà del mese di giù»madi«el-akher 628 (cioèil20 aprile1231)fu pubblicaUda Leibuitz {Cod.jur,genL
diplomai,t. 1. p» 13);da Liinig{Cod.Ilal.diplomai,t.II,p. 878;,che lo dice tra*
dotto dall'arabo per [operadi Marco Oìtelio Citerone verso il1620 sopra un mano-scritto
che sitrovava probabilmenteall'Escuriale(V.Uréh. Introd. p. GCGLXX); da
Dumont {CorpsDiplomai,t. I, 168),e finalmente da Brèholles Hitt. Diplom.t. III.
p. 276.
(5)V. Brèholles Hisl. dipi.t. V, p. 687, 726 e 745. Questo personaggioè rin^
Viato a Tunisi con Oberto Fallomonacó nel 1237 o 1238. Ivi p. 966.
(6)V. Brèholles Inlrodueiion pag. COGLXXII.
BRANO DI m CODICE GBFALUTANO 459
Federico prepone air ambasciata Ruggierode Amicis,capitanoe
maestro giustizierein Siciliae in Calabria,e giàadopratocome
ambasciatore presso vari principiMusulmani. GF inviatigiungonoin Alessandria su di un vascello chiamato il Mezzo-Mondo,e pas-sano
al Cairo dopo visitatala valle di Fayùm. Il loro ingresso
nella capitaled'Egitto,colla scorta di tutta la cavalleria Egiziana,
fu magnificoe festoso.La sera,
narrano i cronistiarabi,
Cairo
nuova e vecchia vengono illuminate come in giorno di comune
tripudio,e il Soldano li accogliecon onori e riguardisingolari.
Negliultimi mesi del 1242,Ruggierode Amicis stava tuttavìa al
Cairo col Soldano (i).Le convenzioni che in quest'occasionesti-
polaronsitra Federico II e Malek-Kamel sono letteralmente ripro-dottenel trattato conchiuso il 1290 fra il re d'Aragona e Sicilia
e il Soldano Kelaun (ì).
Circa il mese di settembre 1242,Federico II,mantenendo pa-cifiche
relazioni coi CaliffiAlmohadi di Marocco,manda colà una
ambasciata con Oberto Fallamonaco (3).Questa data concorda colla
fine del regime d'A)[)del-Wahid,e crede il BréhoUes che in que-sta
occasione sieno stati propostial dottore SpagnuoloIbn-Sabin
residente allora a Ceuta i quesitifilosofici,di cui Federico II
avea chiesto invano la soluzione a vari dotti orientali(4).Quanto alla missione in Babilonia di Giovanni vescovo di Ce-
felù ometto qualunquericerca,sapendoche fra poco n'avrà par-lato
TAmari coirautorità,che glidanno incontestabile la critica
(1)•Et in illisdiebu» dominus Rogeriuide Amicu manebai in Babyloniam ei in
Cairum eum Soldano • Append. mi Galfr.Malat. all'anno 1S41 I* Ind.
(%)V. Bréholles Inlroduetion. — Partie Hiitorique,'
(Z)Af^no Domini 1244, primae indietionit,Uberlus de Fallamonica de mandato
domini imperatorisivit apud Maroceum. Append. ad Galfr.MakUerr, pr. Maratori
Script,i. V.. p. 603.
(i) V. Bréholles Introduci, p. CCCLXXIII. L' Amari trovò in un mss. di Ox-ford
un saggiodi taliquesitio problemifilosoficiindirizzatidapprima da Federico
II. ai dottori d'Arabia,di Siria e d*Egitto,e posciatrasmessi di nuovo al CaliffoAl-
mohade Raseid, perchèli presentassead un filosofospagnuolodi nome Ibn-Sabin,
giovinee sagice pensatore stabilitoa CeuU. L'età di Ibn-Sabin, nato in Marcia nel
1318»e la fine del regno di Ruscid fan collocare l'epocadi siffattiquesitifilosoficidiFederico ai dotti Musulmani, fra il 1240 e il 1242. V. Amari Questioniphihiophi-
qaet adretsées aux savanti musulmani par l'empereur Frédèric II,
nel Journal
Asiat. 1833. n. 3.
460 NUOVE BFFBMBRIDI ^IGIUANE
sapienteche dirìgei suoi lavori storici/non che i lunghistudi
da lui durati su tutto quest'argomentoche maneggiada moit'anni.
Certo Giovanni ricevette onorifiche accoglienzedal Soldano di
Babilonia,e l'Imperatorericambiolle collo splendidoricevimento
che die alla sua volta in Siciliaagliambasciatori del Soldano. Ne
mosse altilamenti il Papa Innocenzo lY nella sentenza di depo-sizione
promulgatacontro Federico a 17 luglio1245. e Et nuper
(diceil Papa)nundos Soldani Babiloniepostquam idem Soldanus
Terre Sancte oc christianishabitatoribnseittsper se oc suos dam-
pna gravissimaet inextimabilesiniurias irrogaHret^fecitperregmmSiciliecum laudibus ad eitisdemSoldani excellentiam
,sicutfertur,
bonorificesttscipiet magnificeprocurari(1).
Sag. Isidoro Carini
(I)Presso Bréh. Hi$L diplom.l. VI. P. I. p. 3»S)
BELLE ARTI K CIVILTÀ
(Contiiiiiaz.0 fine.V. voi. I,disp.VII!)
(i)
11 dispotismomilitare assorbiva tutte le cariche civili,
e con-duceva
la società a distrurre Tantica civiltàromana. Il merito in-dividuale
veniva neglettoeccettuandone quadcheadulatore,e quelliche primeggiavanoerano solamente i torbidi condottieri delle le-gioni
,ed i caporionide' pretoriani
,i quali cogliendoil destro
cercavano con la violenza d^ appropriai-siil dominio dell'impero.
Le risorse dello Stato in tali condizioni non erano sufficienti
a soddisfare l'ingordigiadi quelle rapacissimeorde di torbidi
soldati,poco culti,d' originebarbara,che parlavanolingueche
s'ignoravanoin Roma: il che rendea facileogni ammutinamento
consentito dai loro capi,ma ignoratodal popoloromano, dal Se-nato,
e da coloro che vegliavanoper la sicurezza dell'imperatore;
«luindinon fu più possibilemantenere quellaspiranteciviltà,che
in certo modo si era procuratoristabilirenello scorcio del secondo
secolo dell'Era volgare.Il terzo secolo scorse nel più duro dispotismomilitare con pic-cole
eccezioni ; ed invano Alessandro Severo cercava di fare ri-nascere
la letteratura antica,la poesiae le spirantiarti. Erano
frutti fuori stagione: Gibbon loda questo imperatoreper la sua
frugalitàe per l'amiciziache accordava ai dottie virtuosi del suo
tempo,fra i qualisempre primeggiavaUlpiano.Alessandro Severo
,dice l'isterico inglese: si affatigavacolle
arti più gentili,ad ispirarea quellafieramoltitudine ilsentimento
del dovere e a ristaurare ahneno r immagine di quelladisciplina,alla qualei romàni andavano debitori del loro imperosopra tante
nazioni etc. Ma questo savio consigliofu invano;ognitentativo di
riformaserviva soltanto ad accrescere i mali,cui eglistudiava di
opporre un rimediò.
(ì) Con quest'articolo,conlinuaziuDO del { IX pubblicaloa pag 380-384 del voi.
1* delle Effemeridi,l'egregioautore ha compiuta la prima[lartedel suo lavoro,che
considera eglistesso corno un compendio di cose conosciute e messe in ordine allo
scopo delP opera. La i* e 3* p., che il D.r Cavallari pubblicheràin un libro pros-simo
a venire alla luce, avranno uno sviluppopiù esteso, trattandosi di periodidi
storia d'arte in cui lo svolgimento storico a"lalto al titolo: Belle arti e eiviltd ri-
«hicde maggiore larghezza./ compilatori
30
M'i NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Questo imperatoredopo tante vittorie terminò la sua vita as-sassinato
nella propriatenda dair infame Massimino.
Un altro uomo eccezionale del 3® secolo fu il temuto impera-toreAureliano,.che i suoi soldatiin un inno militare acclamavano
manm ad ferrum e celebravano raccontando che il loro Impera-toreavea versato tanto sangue umano, quanto vino si conservava
nelle cantine di Roma.
Eppure questo intrepidoe feroce Imperatore, dopo avere di-strutto
Palmira,ed ammazzato senza distinzione di sesso e di
età tuttigliabitanti di quellacittà,faceva costruire iltempio deiSole con grande magnificenza,in commemorazione della vittoria
riportatain Emessa, che guadagnava per Tapparizionedurantela
pugna del suo predilettoDio della luce che avea imparatoa ve-nerare
sin dalla sua infanzia per insinuazione di sua madre sa-cerdotessa
di un santuario di quel Dio.
Aureliano celebrò in Roma le sue vittoriecon un trionfo che
superòin isplendoree varietà tutti glianteriori trionfi.Vopiscoraccontando V ingresso trtonfalein Roma di questo imperatore,dice che il suo carro fu accompagnato da 20 elefanti,e da una
grandequantitàdi tigri,leoni ,leopardi
,giraffeed altrianimali
del deserto. Lo seguivanoottocento gladiatoriapparigliati,desti-nati
per le feste da darsi per divertire il popolonelP anfiteatro,
ed a questifacevano seguitoi prigionieridelle diverse nazioni
vestitinei ricchi loro costumi nazionali,
tra i qualinotavasi Ze-
nobia reginadeir Oriente abbigliatadal regalvestito adornato di
pietrepreziosee trascinando una lunga catena d^oro làassiccio
legataalle mani ed ai piedi.
Terminate le feste del trionfo Aureliano faceva innalzare ia
Roma sulla collina del Quirinaleuà magnificotempiodedicato al
Sole;il culto del potenteIddio della luce si ritenne come una
espressionereligiosadell'impero militare di quel tempo sino a
Giuliano Apostata(1).Al giornod'oggii viaggiatoriche visitano in Oriente le rovine
di Balbek e di Palmira possono distingueretra le reliquierimaste
in quelleprincipalicittàdell'Oriente,le opere eseguiteal tempo
deir impero di Aureliano da quellepiù antiche, per il corrotto
gusto ammanierato,e quasistrano,simile alle fabbriche dette ba-ci)
i frammenti di quelricco e colossale (empiodedicalo al Sole da Aoreliano»si
osservano nel giardinoColonna, che taluni chiamano impropriamenteilfrontespizi»
di Nerone.
BELLE ARTI E CIVILTÀ^ 463
rocche dei tempimodernissimi ,che si costruirono in Europa in
condizioni quasiidentiche particolarmentedell'epocadi LuigiXIV
sino al dispotismodell'impero militare di NapoleoneBonaparte.L'esecuzione tecnica di quasitutte le opere fatte sotto il re-
gimentomilitare del 3" secolo dell'Era volgare,ha l'impronta
della trascuraggineo della profusioneostentata priva di ognidelicato sentimento puro per le arti;anzi chiaramente si scor-ge
come in quelleopere, le arti si esercitasseroquale un me-stiere
di occasione ad intervalli,
e ripresocasualmente per le
virtù individuali di qualcheimperatore,e da ciò ne risultava,che
nel mancato eserciziodelle opere d'arte,improvisamentevenivanoordini di opere colossalie capricciose
,che si dovevano pronta-mente
eseguirea forza d'oro;ma il numero degliartistinon era
sufficiente,
e quindisi sperimentavail bisogno di ricorrere ai
guastamestieri,o ad aiutanti poco esercitati nel gusto e nella
tecnica esecuzione.
Il ciclo normale del gusto nazionale era continuamente inter-i-otto
da successi strepitosiche scuotevano e sviavano l'interavita
sociale dei popoli, né la moda momentanea potevasostituireglistudi neglettie riaccendere il perduto sentimento del bello da
una determinata occasione in servizio dell'ostentazione e del ca-priccio
di un despota.Tutte le produzionidi quelsecolo sino all'abdicazioneche Dio-cleziano
fece alla presenza della sua armata riunita presso il
campo di Nicomedia (304d. C.)portanol'improntadi una com-pleta
decadenza,però non si deve disconoscere che i monumenti
architettonicidi quell'epocasi fanno notare per la grandiositàdel
concetto e delle moli,per l'arditezzae varietà della composizione
ricca,anzi fantastica,esuberante nella parteornamentale,ma senza
puritàdi stile,cosa che spesso rende quei monumenti di un a-
spettotrivialeed anmianierato.
In questo stato ridottele arti peggioraronosempre sino all'e-
poca della divisione dell'imperoromano, ma tosto presero un as-petto
proprioper i nuovi elementi introdottisotto l'ispirazionedel Cristianesimo,e lo zelo e la pietàdi S. Elena madre di Co-stantino
ilGrande. L'arte figurataperòfu quasiintieramente abo-lita,
e l'architettuia stessa perdevala sua forma organica,ed i
monumenti che si costruirono nella nuova Roma (CostantinopoliJ
subirono quellemodiflcazioni che diedero il sostanziale carattere
dell'architetturadetta Bizantina,la qualesi diffuse in tutto l'im-
464 nuoviì: kppkmbridi siciliane
pero (1 Oriente sino airAdriatico,alla Siciliada un lato,e dal-
Taltro in tempi posterioriarrivò a penetrarein Russia.
X.
Trasformazione dell^arohitettora romana
in quella detta Bizantina
La causa della divisione deirjmpero romano avea un'origine
rimota,dapoicbèpriadi verificarsi,due regionimondiali aveano
attirato T attenzione degliambiziosi caporioniche aspiravanoal
poteresupremo delP impero.Una regioneera centro di forza e potenza militare ruvida,di-sciplinata
e civile,in cui le legioninella vita dura degliaccam-pamenti,
0 quasisempre alla presenza dMntrepidie valorosi ne-
miei,si vedevano forzatidi conservare ilprestigiodelPantica virtù
dei romani : questa regione occupava una grande zona al Nord
dell^uropae si distendeva da Oriente alPOccidente,comprendendo
|a Dacia,le provinciedelia Pannonia e del Danubio
,una gran
parte delle Alpi e quasitutta la Gallia ed i territorilimitrofi ai
Germani conquistatima sempre in guerra.
L^altra regione componevasideir Italia,delle provinciedella
Grecia,delPAsla minore, dell'Egitto,delle altre provincieafri-cane
,e di tutte quelleconquistateneir Oriente. Questa regione
si preferivaalPaltra,per la dolcezza del clin^, per le ricchezze
da tanto tempo cumolate in quei centri di sapere, d'industria e
di antica civiltà,e per le innumerevoli opere d'arte.
Le legioniche stanziavano in queste contrade trovavano tante
piacevolioccupazionida far perdere ogni virilitàai soldati che
trascuravano la disciplinamilitare dandosi ai piaceried allamol-lezza,
e perdevanoquel vigoree quellamaschia fermezza,che
conservavano le legionidel Nord dell'Europasempre alla pre-senza
d'indomiti nemici amanti della proprialibertà.
Ed infattiCesare ritornato dalle Gallio batteva in Farsagliale
numerose schiere di Pompeo : Ottavio Augusto vinceva Antonio
amante e protettoredi Cleopatra, ed in tutte le lotte posteriori
sino a Costantino ilGrande, sempre prevalserocoloro che reduci
dalie Gallio e dalla Pannonia sebbene con forze minori debella-vano
le effeminate legionidell'Oriente.
Costantino nell'anno 3ii d. d traversando celermente le Alpi
466 NUOVE BPPBMEKIOI SICILIANE '
solvere a fondare una nuova Capitalee costruirla in una posi*zione centrale e propiziaper dominare le provinciedell'Asia,dei-
TAfrica e delP Europa.Nel Bosforo e presso il luogo stesso dove Costantino avea bat-tuto
Licinio,innalzò Costantinopolisopra sette Colli ad imitazione
di Roma.
Le descrizioni delle bellezze naturali di questa nuova Ciltà
che si leggonoin vari scrittori antichi e moderni sono superflue
a riferire,
e basta quanto ne dice V isterico ingleseGibbon nel
lo volume, cap. VII,della sua opera sulla dacadenza e rovina del-
IMmpero romano.
Costantino per giustificarela sua vanità,e dare sfogoal suo i-
stinto superstizioso,gettavale fondamenta di Costantinopoliperubbidire ai comandi di Dio. Pro commoditate Urbis
^ quam mia-
temo nomine,jubenteBeo,donavimm ,e con riti quasipaganie
processioni.V imperatoreguidatoda Lui,V invisibileguida,sta-biliva
i limiti della vastissima Capitalein tese francesi 7800 se-condo
il Danville.
La Grecia,l'Egitto,TAsla minore furono spogliateda questo
nuovo Yefre di tutte le più belle opere d'arte che non si erano
trasportatein Roma, e in breve Costantinopoliconteneva le piùbelle opere di Fidia,di Prassilele e di tanti rinomati artisti;ma
con tutto ciò volendo nel giorno natalizio della Città che la sua
statua fosse accompagnata da una processionecon grande pompa,
questa statua di Costantino fu rozzamente scolpitain legno,e do-rala
per occultarne la materia.
In pochissimotempo e a furia furono terminate le mura della
Città,i porticie gH edifiziprincipali;ma le imperfezionidi quellecostruzioni furono tali da doverle nuovamente rifaree allamegliorestaurare. La costruzione "lellemura occidentalisi cominciava al
4 novembre dell'anno 326 d. C. Due grandi piazzeadomate di
porticied innumerevoli colonne svelte da antichi monumenti de-coravano
la piazzadi Augusta Elena,e quellache portavail no-me
delF imperatorestesso. Nel centro di quest'ultima sopra un
piedestallos^inalzava una colonna di porfidocon la statua di A-
polloraggiantedi luce in cui gliadulatori raffiguravanouna im-magine
dell'imperatore.L' ippodromo era un grande,edifizio di 400 passilungo e 100
largoadornato con belle statue ed obelischi,e del famoso tripodeconsacrato dagliantichi greci nel santuario di Delfo. Presso Pip-
BELLE ARTI E CIVILTÀ^ 467
podromo fece cosiruire Costantino il suo imperlaiPalazzo con
grandiosicortili circondati di porticie giardinisontuosi;e non
solamente faceva costruire grandi teairi ed anfiteatri,bagni,e la
casa di città,
ma fece edificaresontuosi palazziper invogliareisenatori e le più cospicuefamigliedell'imperoa venire ad abi-tare
nella nuova Roma (1).Le innumerevoli opere che fece co-struire
Costantino nella cittàche dovea portareil suo nome, sono
rapportateda moltissimi antichi scrittori,e la enumerazione fatta
da Anna Comneno delle opere d'arte che distrussero i Crociat
alla presa di Costantinopoli,
ne attesta la quantitàe la bellezza
delle opere perduteper l'ingordigiadei barbari campionidella
Croce,eccettuati i Veneziani,i qualipiù cuftidei soldati d^ Oc-cidente
salvarono tanti capolavorid'arte,tra i qualisi noverano
i cavalli di bronzo che oggi adomano il frontone del S. Marco
di Venezia.
Con le spogliericavale dagliantichi monimienti delle eulte
Provinciedell'Oriente,in breve tempo divenne Costantinopoli
un centro di ricchezza,di lusso e di sapere; e l'ammirazione che
destavano le opere di Fidia e di Prassitele richiamava alla me-moria
del popologreco bizantino,l'istoriae l'antica letteratura
dei loro antenati,e quindiun risorgimentonovello si verificò in
Oriente senza comunicarsi a tutto l'impero romano.
Le opere che si costruirono dal tempo di Costantino sino a
Teodosio presero un carattere speciale, particolarmentenelP ar-chitettura
sacra,la quale per maggiormente allontanarsi dalle
forme dei tempidel paganesimo,prese una forma organicatutta
nuova. Si perdevaogni rilievo o sporgenza nei membri architet-tonici,
supplendoperò murate intere con ricchi ornamenti,pre-ziose
intarsiature di marmi, o musaici con ornali sopra un fondo
d'oro per dimostrare la ricchezza e la ostentazione del lusso o-
rientale.
L'arte nuova che si diffuse in tutto l'imperod'oriente,armo-nizzava
con la civiltàdi quel tempo e veniva rivestitadi quella
superfluitàd'ornati e di particolarifutilie capricciosia somi-glianza
di quelle nuove forme organichesocialie governative
dell'imperobizantino.
Una delle prime chiese cristiane attribuitea Costantino fu
quelladedicata agliApostolirivestila tutta di variati e preziosi
"l)Weber, tteschichle des romìscfeen Kaiserreichs;voi. i,pa^. K2I e ri22.
468 NUOYE BFFeMERIDI SICILIANE
marmi,
e la Chiesa di S. Sofia cominciata nel 360 della nostra
Era, la qualebruciava^ nel 404 (1),e, dopofattacostruire dalFar-
chitetto Rufino con volte per ordine delP ImperatoreTeodosio;la Cupola ne crollava.
Sant'Elena fece costruire molte chiese in Palestina che sipos-sono
considerare come veri archetipideir architettura detta Bi-zantina,
e fra queste primeggianola chiesa del Santo Sepolcro,che fu diflformatanella grande nstaurazione fattanel XII secolo,
e la basilicaconsacrata alla madre di Dio in Betlem (2).Il più bel tipoperò deir architettura bizantina è la Chiesa di
Santa Sofia fatta per la terza volta ricostruireda Giustiniano dal-
Tarchitetto Antemio assistitoda Isidoro da Mileto nel 530 al 537.
Questa novella arte prevalsein tutto r impero d^Oriente,e si
diffusesino alle eoste delPAdrìatico e allaSicilia,ed in tempipo-steriori
penetrò nelle Russie.
La mancanza che si nota sin dai primordidi questa nuova arte
è quelladella scultura figurativa,che venne abolita in odio al
politeismo;ma allorché fu ripresadopo molto tempo si erano già
"limenticate le forme ed il gusto antico;e quindisorse sotto un
nuovo ordine d^ idee e di principireligiosimolto differenti.Nei
musaici bizantini primeggianosempre la figuradel Redentore,le
immagini della Vergine madre dì Dio,le figuredegliApostoliedei Santi,e rappresentazionidei fattiprincipalidel nuovo e del
vecchio testamento quasisempre in compartimentisopra fondi do-rati.
La forma dei tempipaganifu parimenteabolita,e la basi-lica
venne convertita in Chiesa. Neil'Oriente però prevalserogliedifizi circolario poligonalisormontati da cupole dorate quasi
privedi luce,sempre con tre absidi destinate,quellacentrale al-l'altare
con r immagine del Salvadore,e le altre per gliApostoliPietro e Paolo.
Noi ci proponghiamo nei seguenticapitolidi trattare più dif-fusamente
delle arti dopo la divisione dell'imperoromano in due
ramificazioni principali,cioè le arti e la civiltàin Oriente e nel-
r Occidente.
(1)Si può consultare la bella opera di Sàlzenbergpubblicataper cura del Mini-stero
Prussiano sulla S. Sofia di Costantinopoli.
(2) Vedi Lcs Eglisesde la terre sainte par leComte Melchior De Vogue.Quest'o-pera
pubblicataa Pariginel id60, ò multo interessante per le ricerche storiche fallo
dairautore,per la precisionedd esattezza dei disegni,e per le conoscenze artistiche
d«U'autore,il quale sa ben distinguerein quellechiese le rinnovazioni posteriori.
BELLE ARTI E aVILTx" 469
Deipari e orientale o Bizantina noteremo i monumenti principaliche la caratterizzano,e tratteremo poscia dalle diramazioni di
quest'artenelle altre provincieconservando ilsuo tipooriginarionell'Asia minore, sulle rive deirAdrìatico,neir Italiameridionale
ed in Russia.
Tratteremo con specialitàdella trasformazione che subì V arta
bizantina sotto V influenza degliarabi seguendone tutte le parti-colaritàche si vedono in Egitto,in Persia,In Ispagnaed in Si-cilia
registrandonei monumenti più notevoli.
L^arte occidentale la descrìveremo cominciando della distruzione
dei tempi del Politeismo sino alPordinamento delle nuove forme
nei primitempi Cristiani,neir epoca dei Carolingi,sotto i Lon-gobardi
neir Ituiia,
e dei Franchi ed i Sassoni in Germania ed
Inghilterra,e sotto i Normanni in Francia,in Inghilterra,e nel-
r Italia meridionale. Noteremo in varie tabelle i monumenti di
maggiore interesse che caratterizzano lo stile delle varie epoche,e finalmente ragioneremodeirarchìtettura Ogivalee sui varianti
sino al cosi detto risorgimentodelle arti. In capitoliseparatitrat-teremo
deglielementi classiciche si conservarono neir Italiacen-trale
sino a Lapo e Brunellesco,e delle incrostazioni esteme delle
fabbriche come ricordanza dell'architettura policromadeglian-tichi
; e ci occuperemo in ultimo dell ' architettura feudale,delle
case comunali,de' palagidei nobili e ricchi cittadiniche abban-donando
i loro castelli,si diedero ad una vita più sociale e civile
abitando quellegrandi città che divennero posciatanti centri di
civiltà e di belle arti.
D.r Saverio Cavallari
DI GIOVANNINASO
K DELLA INTRODUZIONE DELL'AHTE TIPOGRAFICA IN PALERMO
Giovanni Naso da Corleone,detto per antonomasia il Siciliano,
appartenne a quellaeletta schiera di dotti e di letteratiche nella
seconda metà del secolo XV accrescevan lustro e decoro all'Isola
na"^tra e che insieme al magnanimo Alfonso,il fondatore del ri-nomato
studio di Catania,il protettoree V amico delle letteree
e dei letterati,adoperavansicon tutta efficacia a spingere nella
via del progresso la generale coltura. Le scarse memorie che
di lui ci rimangono, lo danno a divedere per uom dotto ed eru-dito
almeno secondo i suoi tempi (1); ed il celebre Lucio Ma-
rineo da Yizzini,che fu suo discepolo,ebbe a dir di lui che se
la morte non. Tavesse immaturamente rapito, per virtù poetica
e per nobiltà di verso egli avrebbe potuto gareggiar co' più
grandi,e perflncollo stesso Virgilio(2).Alle poche notizie che intorno al Naso forniscono gliscrittori
di cose letterarie siciliane,alcune altre mi è dato di aggiun-gerne
che la sua vita direttamente riguardano,
o che il valor
letterario di lui con novelle prove addimostrano. Queste no-tizie
che han dato occasione al presente scritto,ricavansi prin-cipalmente
da taluni documenti inediti esistenti neirarchivio del
Comune di Palermo,i qualicome degni di nota per più d'un ri-guardo,
non credo inutile ilpubblicare.E poiché il nome di Gio-vanni
Naso legasistrettamente alla introduzione dell'arte tipo-graficain Palermo, anzi per questo appunto il nome di lui si
raccomanda alla posterità,mi lusingoche non sarà discaro ai lettori
ch'io m'intrattengadi questo avvenimento importantissimo,tanto
più che la inesausta fonte onde ho attinto le notizie di sopra
(1) MoNGiTOBE Biblioth. Sieula, toin. I p:ig 355.— Narbone Storia Letteraria di
Sicilia,tom. X, lib. HI. Gap. III. pug. 446 e scg.; tom. XI. lib.Ili,cap. VII. p. 79
e tom. XII, Appendice III,pig. 73 e scgg.
(2) Lccii Marinbi epìitolae.lib. V,epiil.ad Culaldum Parisium, Ediz. di Va-
gliadolid.15i6.
DI UIOVANM NASO EC 471
cennate, offre qualchealtro documento onde nuova luce deriva
eziandio su tale assunto.
Da un privilegiodel Municipiodi.
Palermo (i) risulta che
"i)Stimo opportuno pubblicarqui il ilocumento sopracitatoperchè mi sembrA
Miteressuute anche in riguardoalla storia delle vicende della pubblica.istrusione.
Jhesu!i
Uniyprsitasfelicisurbis panormi prestantivivo inlianni nasini siculo saluleuu
""*um olim te in i oapolitanostadio publiceactu legeniemin liane felicem urbero ad
«amdem lecturnm conduxissemu.s,constitulo tibiqnoiibetanno dum legens(ile)nn-
-ciarunivigililisaiariu praut in quadam provisioneiiosiru sub daia panurmi xxvj
^augustiquarte indiclionìspruxiinepreteritelaciu.sconlinetur.cuius provisioniscujnsigillopendente lenor per omnia lalis est. — Universitas felicisurbis panormi pre-stanti
viro iohanni nasoni agnoniento sìculo salutem «onsueverunt patres et maìo-
res nostri quocienshanc urbem bonarum artium precepturibuscarere contigliali-
"qucni clarum viru.n a longioribusetiam pariibuspuljblicosalario conducer», ne
udolescentes nostre urbis civium filiirclittisbonarum arliuai sludiis lasciviisine-
pliis(]iieiluiutaxntopenm darent. volentes igituriios ipsoriiinhuiusinodi lauda-
bilem consueludinein ac scieniiarn soqiie adolescentibusqueet bis quidooliores fieri
^upiuntoptimum preceptorem tradere te tandem e numero multonim qui in mon-
-cium nostraruin cxamine occurrerunl elegimus.tuqne muhisequidemultra salarium
pubblicummuneribus donabere quibus protettoneinu uiiquam alias donalus extitil,
teque onines miruni in loodun amabimus colemiisque.tenore igiturpre^entispri-
\ilegiipablicumsalarium unciariura xx*' buhis Sicilieregnimonete priyatoramsco-
larium salario in tua voluntate et arbitrio resenrato de et ex iuribus et redditibus
c^ibellecarnium diete urbis exolvendura consliturmus decernimus ac dare solvere
et assignareannìs singulispollicemuret nos sollemniter obligamus iuramusque.
quocìrcanobili eiusdem urbis Ibesaurario diciraus et mandamus quodde dicto un-
ciarum xx^^ salario ex diete Gabelle iuribus et redditibus dum legeresannis sin-gulis
iuxta presentisprivrlegiiseriem respondeatet per qnos deceat faciat integre
Tesponderi.in cuius rei testimonium presens privilegium(ieriiussimiissubscrìptio-niBus nostris ac sigillocommuni nostro inpendentiroboratum. actuin et datum
in eadem urbt!diexxvjmcnsis augustiquarte indictionis m*cccclx\j*.f no6 petrus
de specialimiles et pretorconfirraamus f iacobu di bu legnaiuratns «t prìorf gul-
lelmu ramnndu rìmbau iuratu f cx"lacastillittaiuratu f iobanni baiamunli iuratu f
johannipelm di rìgioiuratu, Postea vero anno viiij*indictioniscnm uecessitatibus
qiiibusdamurgenlibusde dicto salario uncias decem deduxissemus, tu eam deduc-
tionem semper gravilerpertulistieoque sub spe consequendiuncias dictas xx^* quo-
libet anno a serviciisillustrissimidomini ferdinaiidi ulteriorisSicilieregisa dicto
neapolilanostudio ubi condnctus eras pabl^licosalario disceasisti.et facta per te
maxima nobis instantia ut ssilarium predìctumunciarum xx'* totum reintegra-revellemus attento etiam quod prò cancellano te nobis oflerres ad componen-
dum scilicetlitteraset epistolasIalino sermone ad viros egregiosfaciendas siquando
opus forel et nobis piacereifuittandem per nos civium ad sufficientem numerum
convocato Consilioprovisumac ita harum serie providemusquod tibisitet esse de-beat
totum integnimdittanim unciarum xx** salarium restitutum quod tibi resti-
472 NUOVE EFFEHEIUDI SICILIANE
fino al 1471 Giovanni Naso professavalettere nello studio di
Napoli.In queiranno medesimo era egli chiamato in Paler-mo
allo stesso ufficio,col salario di onze venti annuali. Ma
graziealle strettezze finanziarie in cui per avventura trovavasi
allora il Comune, il detto stipendionel 1475 veniva ridotto ad
oncie dieci;di che il Naso ebbe a muover lamento,adducendo
di aver lasciatoil servizio di re Ferrante di Napoli in conside-razione
della convenienza maggiore che gliofferivaPalermo.-Due
anni dopo,cioè nel 1477,il Comune accoglievale di lui rimo-stranze,
e in riguardodel servizio di cancelliereche oltrea quello
di pubblicolettore eglisi offeriva a prestare, ad componendtmscilicetlitteraset epistolaslatino sermone ad viros egregioSysi quando
opus foretyreintegravatenel godimento del primitivostipendio(1).
taimus ac reintegrainusioxta diui prescriptiprivilegiiseriem pleiiioremcum pre-
dicto monère cancellarìatnsadiunclo,idcirco nobili eidem noslre universilalisthesau-
rario dicimus et Dnandamus quatenus de diclo unciarum vigilitisalario ex quibusvis
nostre uni versilatis luribns et redditibus quibuscnmque annis singalislibi duna
legtrisiuxta prescriptiprivilegiiseriem respondeatetresponderifaciateflffctive.da*
tum panormixxijfebraarii decime indictionis m*cccclxxvij*.
t nos Simon de septimomiles et pretor
f ea iohanni adama prioloet iurata
t ego alferiusde leophanteinralns
t ego Simon de calvellisiuratus
t ego guilielmnsramandns rimbaus iaratos
f eu francisca di vintimiglaiuratus
t(in ultima crucc non est signatusioraius quiafuil mnrtuas^i.
Nola marginale: X* madii x* indictionis prefaiusnobilis ioannis inpossema-gnifici
prelorisprestititiuramentum tactisscripturisde bene fidcliteret legalitcrex-
ercendo ipsum officium cancellarii et sic bnbiiit possessioneindicti oflScii.
lìeg.di AttitBandi e Prowiile del Comune di Palermo^ X* indizione 1476-77.
fol. fifivirso e seg};.
(1)\\ documento di cui sopra bo tenuto discorso segna, se non m'inganno,Tori-
gine della carica di Caneelliere del Senalo di Palermo. Gl'intendenti delle cose no-stre
sanno cbe correva differenza tra il Cancelliere ed il Maestro Nolaro de* du-rati
che era il vero segretariodel nostro Magistratomunicipalee che dovette avere
originecomune ai Giurati,mentre ilCaneelliere era quell'ufficialeche avea Tinca-
rico di tenere la corrispondenzadel sapremo Magistratodella città colle persone
di riguardo.Che quest'ultimacarica sia stata creata in occasione dell'offertafatta
dal Naso mi par che risultidal conlesto del documento anzidetto. Cosi si spiegabenissimo il concorso del volo del consigliocivico evidentemente richiestoper la
istituzione di una carica nuova cbe dopo il 1477 comincia a figurareneglielenchi
degliufficialiannuali e 'perpetuidel comune premessid'ordinario ai registridi atti
bandi e proviste.
Questa carica fu sempre occupata da uomini di lellere,tra'qualivanno prìnci-
474 NVOYE EFPniBBlDl SHUUANE
versi se non posson dirsi modello di latinaeleganza, si dislin-
guono per cerla spontaneità,che non dispiace.Essi son trascritti
in un registrodi atti del Municipiodonde li ho copiati,
e non
credo inutile il pubblicarli,non foss'allro,come saggiodella dif-ferente
maniera di vedere tra il nostro secolo mercantile ilquale
par che goda di dilatare le vie a quel morbo asiaticoche va sr
spesso desolando TEuropa,ed il secolo di Alfonso che voleva u-
sate tutte le precauzionipossibilionde evitare i morbi epidemicie contagiosi,e giudicavadegni della pubblicabenemerenza,piùche altri
,coloro che a siffattointento si fossero in ogni modo
cooperati(1).
(1) lluc ubi fttlxlapsaest de coelo tincU cruore
El DrcpAiiumds m nonioaliira fuit,
Vexit ab infecto fanesUm Duper ibero
IiìMiK pestiferomunere mìssa laem.
Illa 8cd ut primuuilaelain descendit in urbem
Gaiidet esperalisimpia fnneribus
S("einquecipitpopulosel cunctas Iriiiacrisuras»
Miscere insidiìsperniciosasuis
llospitiiprimum temeravit iur/ifidemqueCruda patrinaiw eripiendoduos
Exiu furtivum sufTundeiis diva veuenum
Serpebaltacita contagionedomos,
Serisilcura patrum medits in moenibus "iot"tuai
Alqnefreqnensceleripellereccrtat ope.
Nil iroprovisum:nil quod mortalis egestas
Invenit auxilio deseruere patres.
Per siculas urbes caveant contagiacladis
Scribitur: atque ipsinil minus illacavent.
Hos servare inbent, illosexire,redire
lam nuUos: alios continoere domi
Oiducunt plures:portae claudunlnr in uno.
Hoc paritercunctos invigilarevides.
Nec puerìcessant: matres castaeque pucllaeSacra deosquepiaposcere tempiaprece.
Audiit omnipotenssollertnm vota precesque
Propitiosmeruit providacura deos.
Nam sic illasibi minus indignatarefogitIrrita bis voti non reditura sui
Urbs modo iam poscat victricispraemiapalmae
Per quam Trinacriae. pestiferarbor abest •
A ScilicetAlciden mendax sua Graecia iacUt
Monstra quae domnit terribilesqueferas,
Plus tamen est peslem quam vincere monsira ferasque
Cum dts mortales conscruissemaous
01 GIOVANNI NASO EG. 475
Il SUO distico in cui accennasi aliapretesaalleanza tra Palermo
e la Romana repubblicafu riportatoda me nello scrittarellosul
documento riguardanteTanlica portadi Busuemì. Anch'esso levò
molto grido,e non è quasiscrittore che trattideiroriginee del-
Tantichità di Palermo che non lo riferisca.
Oltre a questiscrittiabbiamo ancora di lui una raccoltadi detti
di celebri Siracusani desunta dagliapoftegmidi Plutarco,pubblicatacome appendicead un' opera di Cristoforo Scobar de rebw prae-
clarisSyracusanis(l\ e finabnente la prefazioneo piuttostolet-tera
dedicatoria premessa allaedizione principedelle Consuetudines
urbis Panhormi eseguitain Palermo nel 1478 sotto la di lui di-rezione.
In questo scrittoil Naso ci lasciò la storia della introduzione
dell'artetipograficain Palermo. Eccomi dunque allaseconda partedella mia trattazionepoichéT ordine slesso delle cose mi vi con-duce.
All'uopoio farò principalmentetesoro delle notizie che lo
Scilicetul quondam vicirix e\ hoste redibal
Destra triumphintesalta re^ebalequas.Est mortale tamen roortales vincere vires
Devicta nulli gloriapeste fuil
Vendicet hanc Drepanuro cerio sibi pignorelaudem
Peste bi9 e vieta bina tropheapelatRedde tuae Drep"no merìios Trìquelratriomphos
£t sacra per Orepannm sospitafacta Deo.
Panormilani Drepanensibus9. P. D.
Pro plusquam bumana vestra solertiaqua nuper quoque serpentem ac iam ar-
dentem intra parìetesvestras pestem pellentesadooirabiles cives egistisimiaortali- '
tatem deberì vobis censniinus. Sapiensenim ac felix Tcrtus yestra non modo pro-
spexitsibi sed et nos queque et uoiversam Sieiliam(qnodvix ope divina posse iam
fiericredebatur)ab imminenti certoque saovae cladts perìculohberavit,Deum pro-
pitiummerita sedulitate sua. Itaquea cive nostro Ioanne Nasone siculo poeta ora-
toreque maximo et publiceet bone enidiendam isventutem nostram cooducto car-mina
quaedam iussu nostro in vestram laudem compositavisa nobis aetemitatis
optimamoDumenu in nostro praetorioasservari et ad vos mitti volumus. Ac^ipite
ergo lamquam testatum per nos veslrae virtutiseiogiumet perpetuae nostrae in
vos benevolentiae firmum futurum auct4iramentam Valele. Ex feliciurbe nostra pa-
iibormo Idibos laonarii etc.
Heg, di AUi, Bandi e Proviste dell'anno IX' indis. 1475-76,fol.ìfk, vino.
(1)Stampata a Venezia nel 1520. La raccoltadel Naso fu riprodottanelleMemorie
per servire alla Storta letterariadi Siciliadel Can. Domenico Schiavo^ tom. I,par-te
IV» pag. 51.
476 NUOVE EFFEMERIDI SIGIUANE
Stesso Naso ci ha ti-asmesso,giovandomi ancora delP altro docu-mento
cui più sopra ho accennato.
Il primo che avesse messo su una lipograliain Palermo fu An-drea
di Wormacia o Guarmagia (Worms). Chiamatovi dai giurati
venne egliin questa città nell'ottobre o novembre del 1476. ti
Comane apprestoglituttigliarnesi necessari air esercizio della
sua nobile,arte (1).Il Pretore di quel tempo era Simone Setti-mo;
i Giurati,Giovanni Adamo, Alfiere di Leofante,Simone Cal-vello,
GugliehnoRaimondo Rimbau, Francesco Ventimiglia;Sin-daco
quel Rinaldo Sottile che procacciòalla patriail benefìcio
della introduzione di quel gran trovato che dovea nel volgerdi
pochianni trasformare la faccia del mondo (2).Il primo saggiodella nuova tipografiafu,assai probabilmenteil
codice delleConsuetudines Urbis Panhormi. Questeleggimunicipali
osservate finda tempiimmemorabili,confermate e giuratedai nostri
re insieme aiprivilegidellacittà,studiate e chiosateda giurisperitidi grido,riassumono,per cosi dire,la storia della città medesima
e lasciano scorger le tracciedelle differentischiatteche lungo il
corso de^ secoli eran venute a respirarle aure tepidee profumatedella Conca d' oro. I cittadinile osservavano scrupolosamente
,i
magistratidel Comune ritenevano lor sacro dovere il custodirle,
e presentavano al viceré ed al re medesimo le loro energicheri-mostranze
se quelleper avventura erano da chi si fosse meno-mamente
vtolate.Nulla è quindipiù naturale che in Palermo le
(1)Ecco io propositoildocamento deirarchivio CoaMinale (Reg.di Alti,bandi e
provine dell'annoX* indizione 1476"77,fog.74 verso)
• Eodem (13novembre 1476)
• Pro magislroandrìa de guarmagiaihiotinico,cui de mandato magnificorum
• pretoriset inratorum fueinnt conugnate una caxia di liclerìdi stampa di «lagnu
• et unum torculare di Ugnami, de presentandoipsas, res ad omnem mandatum
« ipsorummagnificorumoflicialium,in forma curie etc. renunciando etc.
• « Fideiusfit magisternicolaus
• de medicis aromatarins. •
(2)• El nune huie quoque noslrae foelieipanhormilanaeurbi ne haec tanta deessH
foelicUas,Tu praelornobUmime, eum nero huiui anni panhormUanorum collegio,,,
procurantelìanaldo Sudile insigniiureeonsullo urbisquesyndicocuraslisoc effècistis
ut Andreas de Wormacia eius artis professor(h.e. artis lypogrephicae)oHicinam
impressoriamexerceret. • Dedicatoria deUa edizione delle Consuetudines Urbis Pa-nhormi
fatta ne! 1478.Questa dedicatoria può leggersiper intero nel tom. XLII,
pag. 147 e segg. "ielGiornale,di scienze,lettere ed arti per la Sicilia— Lettere
bibliografichedelt'ab,iNicoLÒ Duscemi.
DI GIOVANNI NASO EC. 477
primiziedell'arte tipograOcasi fosser consacrate al codice delle
CanstietiidineSytanto per diffonderne la conoscenza fra i cittadini
e per agevolarneloro lo studio.
Il nostro Giovanni Naso fu incaricato di curar la impressionedi quel libro preziosissimo,certo come uomo ilqualemeglioche
altripoteva adempierealla delicata missione,tanto come letterato
che come praticodella materia. E veramente nella sua non breve
dimora in Napoli,dove lastampa era stata già introdotta innanzi
il i47i,eglipotè impratichirsidel recente trovato, e come e-
sperto esser poidesignatoa dirigerela edizione di cui ci occu-piamo.
E il fattorisposebenissimo allHntento,poichéTedizione riuscì
degna del libro,e del Comune che volle procurarla,come può ve-dersi
dall'esemplareche ne possiedela nostra Biblioteca Nazionale,
già dei Gesuiti;il qualeè stato descrittoed illustratodal Hortil-
laro (L)dal Buscemi (2),dal Tornabene (3)e dal Mira (4);ond' è
ch'io mi dispensodi descriverlo alla mia volta,limitandomi sola-mente
a notare che la lezione seguitain questa primastampa diffe-risce
in molti puntida quellaadottata nelle posteriori,specialmenteda quelladel Muta, di che ho avuto ragiondi accorgermicon-frontando
i due testiper incarico del D.r Ottone Hartwig,ilquale,com' è noto, ha impresoa stamparele antiche Consuetudini de}lecittàSiciliane,ed ha giàdato fuori quelledi Messina (5).
Si è creduto che il Naso avesse stampato in Palermo il suo
poemetto per le feste in occasione della resa di Barcellona,anzi
si è pretesoche T edizione di questo opuscoloprecedessein or-dine
di tempo quelladelle Consuetudines. Il Mongitore ebbe a
ritener così senza dubbio,poich'eglimesse appunto in capo alla
listadegliscrittidel Naso questo delle feste,e datone il titolo a
(i;MoRTiLLARO« Studìo bibUografico»parte II,{ III;Appendiceper la Sieilia.Sta
nel voi. I dolle sue Opere.
(2) Buscem Lettere bibliografichecit.;nel Giornale di scienze lettereed arti per
la Sieilia,tom. XUI pag. I4M54.
(3" Tornasene, Storia critica della tipografiaSiciliana deU 1471 al 1536. Catania
1839; pag. 47.
(4)Mira, Manunle di Bibliografia,Palermo 1802, lom. Il,pag. 373.
(5^ Codex lurit munieipalisSiciliae.'Die mittelalterliehen Stadtreckte Siciliens,
mit hittorischen Einleitungen, herautgegebenvon Otto Hartwig — Heft 1 — Das
Stadlrecht von ifeMina— Cassel nnd Gottingen,Georg H. Wigand, 1867. — Sarà questa
una raccolta importaDtissimadi cui noi Siciliani dobbiamo saper grado a questo
flotto straniero.
31
478 NUOVB EFPEMeaiDl SIGIUANE
SUO modo, soggiunse Tindicazione del luogo.Fondavasi eglisulla
teslimonianza,male intesa,anzi storpiata,di Alfonso da Segura;e dico storpiataperchèdove nel testo di costui si dice « Hic est
ille Ioannes Naso cuìììs extat opus hericum de celebritaterermn
quas Panormum edidit " ilMongitoreha letto tM» Panormi edidit{i),
senza avvedersi che travisava cosi ilconcetto del Seguritano,fa-cendo
insieme strazio della grammatica.Due bibliografisiciliani,l'abb.GiuseppeLogotetae ilCassinese
Francesco Tomabene scartarono come chimerica l'opinionedel
Mongitore,ma non si awider per nulla dell'errore in cui questi
era incorso. A me non è venuto fette di leggerequel che ne
scrisse il Logoteta,la cui opera (2)non esiste,o non si trova,
nelle nostre due pubblichebiblioteche,né mi è riuscitodi vedere
un Giornale di Siciliache stampavasinel i799 in cui dovrebbe
essere un articolo o memoria che accenna, o riguardala edizione
di cui mi sto occupando.Mi è forza,pertanto,passar difilatodal
Mongitoreal Tomabene di cui giovamiriportarle parole.€ Il Mongitoreed Alfonso Seguritano
,benché
,nissuno esem-
« piareavessero visto,pure asseriscono dal Naso essersi data alle
e stampe in Palermo nel secolo XV un'operatitolataDe celebrità-
« te rerum opus heroicum,Panhormi. Le inchieste e sedule mie
« premure a richiederne nuove, mi hanno cerziorato che questa,
e edizione,come dice ilLogoteta,é chimerica anzi é la stessa (sic)t che queiropusoolettodel medesimo autore titolato:
« Joannis Nasoni» SiculiPanhormi, de spectaculisa Panohormi-
« tanis in Aragoneiregislaudem editis,Barchinonia in fidemre-
e cepta;dedicata a Giovanni Bonanno,di cui egliscrive: Virum op-
• timum et iureconsultum egregium:l'operettaè in verso, di cui ecco
« il princìpio:
« Hic spectaculisfulgenspendetlatema sub altis
« Quae se volventesostenditcrebra figurasf Tutus,ut accenso cum clara refUlseritigni• Attonitos visu suspectaretardet euntes (3).
(1) Bibliolheea Sieula,loc. fii.
(i) Spieilegiumtypographkum de sieulisedUionibut saeeuU XV, Panormi 1807
(Ap.Narbonb, Bibliogr.Sieola,lom. I. pag. 362).
(3^Il principiodel poemetto del Naso è ben diverso da quellodato dal Torna-rne.
I primitre versi sono i seguenti:Saera cano feUosquedies quos iaeta Panormum
Expeeiatasui postquam Victoria regis
Audirunt, eelehrat. Sed lu rex inclitenobis,etc.
DI GIOVANNI NASO BG. 479
t Questa edizione viene rapportaladal Denis (!)dal Panzer (2)€ dal Logotela,dal Giornale di Sicilia,Però quale edizione? oh
« errore ! la resa di Barcellona dopi»un assedio di dieci anni so-
« stenuto dal re Giovanni d^Aragona,avvenne correndo l'anno 1472,
€ e la giulivanotizia giunsea Sicilia,terminata appena la sessio-
c ne parlamentariagià rannata in quellaslagionea Polizzi,per« la quale nuova il viceré di quel tempo, Lupo Ximenes Durrea-
c ne diede lieto avviso a tutte le Università del regno con lettera
« circolare,in cui ordinavasi renderne pubblichegraziea Dio,e
" €omandavasi si facessero festeggiamentied illuminazioni,essendo
e questa vittoriala causa della pace in tuttigliSlatidi Spagna;son
• questifesteggiamentiche descrive appunto il siculo poetaNaso
" come rilevasidai versi sopracitati;ora non è improbabiledetti
€ versi essere statisospintial trono di Spagna,tanto piùche ilBo-
• nanne a cui furono dedicati contava in quellaCorte ; certo u-
• scir dovettero nel tempo di quellafesta,o poco dopo,altrimenti
f nissun effetto avrebbero potutoingenerarenell'animo de' leggi-
€ tori;se poi si vorrà opinareche stampatisi fossero,ed allora
• al più presto poterono vedere la luce circa il 1478,sondo la
« prima edizione palermitanafinitain quell'anno, per quanto si
i è detto,cioè anni sei da che quellafesta avvenne nella capi-
• tale:ciò posto è a supporre che la descrizione di una semplice
• festa si desse fuor di tempo alla luce ? Poi dalle paroleedidit
• Panhormi del Seguritanonon deve giudicarsiessere stato quel-
• l'opuscoleltostampato,ma piuttostocompostoin Palermo,quasi
• dicesse composuitPanhormi ; tanto più che nessuno autore dei
• sopracitativanta averne veduto alcun esemplare(3)».
Qui bisogna osservare che ilTomabene scriveva evidentemente
col preconcettodi dimostrare che la stampa,priache in Palermo,fosse stata introdotta in Catania o in Messina. E siccome non è
possibileche chi scrive con un partitopreso non cada,senza quasi
saperlo,in abbagli,quindiè che veggiamo l'egregiobibliografo
Catanese incorrere in grave contraddizione,
come a dire nel di-chiarar
chimerica la esistenza di un opuscolodi cui poi riferisce
esattamente il titolo.Se egli,del resto,avesse letto attentamente
fi) Denis Mich. Anflalium iypographieomm Mieh. MaUlake supplemetilum.Viennae i789. Part. II.pag. 623. n. 5171.
(2)Panzer G, W. Annales Typographieienumdali ei aneli. Norimbergae»1793-
Tom. IV, pag. 165, num. 485.
(y ToRNABENE, op. cil. pag. 52-5o.
480 NUOVE KFFEMRRIDI SICILIANE
il Denis,che pure ha citalo,avrebbe osservato che questo dotto
bibliografodovette aver so Inocchio un esemplaredel libro contro-verso
esistente in una biblioteca monastica di Sliria (1),
e ciò
sarebbe bastato a provargliche Tedizione che glipiacque chia-mar
chimerica era perfettamentereale.E se finalmente egliavesse
riscontrato il dotto catalogodella ricca biblioteca di Lord Spen-cer
compilatodal Dibdin — e pubblicatosedici anni innanzi il
1839 — vi avrebbe trovato la descrizione esatta del bello esem-plare
deiropuscoloin discorso che si possiededa quellalibreria
e che qui mi piacetrascrivere:
• Non so comprendere,scrive quel dotto bibliografo,perchè il
? Duca di Cassano mette questo volume elegantementestampato" tra le produzionidellastampaNapolitana.Se cosifosse,potrebbe
e essere stampato da Moravo. Ha io inclino a considerarlo come
? produzionedella stampa Veneziana,e come stampato,probabil-
f mente da G. hubeus o da Bernardo o Luca Veneto.
? Il volume comincia con una dedicatoria in versi diretta dal-
? l'autore a GiovanniBonanno ,uomo eccellente ed egregiogiu-
f reconsulto,la qualeoccupa la carta segnata a, i. Colla carta a,
e 2, comincia V opera col seguente titolo:
? Ioannis Nasonis SiculiPanhomUs de Spectaculisa PanhomUtanis
« in Aragoneiregislaudem ediUs Barchinonia in fidemeius recepta
f foeliciterincipit.•
? Seguono 19 linee. La paginaintera ha 24 linee. L'operaha
« il registroa, ft,e, in ottavo,
meno la carta a,4
,che sembra
€ mancare; a meno che V a, 1,sia erroneamente chiamato a,2,
? e una carta bianca (mancante)formi Fa, 1. Ma non si scorge
« alcuna interruzione di senso tra le carte a, 3, ed a^ 4. L'opera« finisce così,colla carta e, 7, verso:
« Ad laudem dei et in patriaeoc Regisaragoneihonorem.
e La carta e, 8 è bianca.
e Questo è un esemplaremolto bello ed intero,rilegatodi re-
e cente in marocchino giallo.Sembra che sia giàappartenutoad
e una famigliachiamata Beneventano — e sul recto della carta va-
e lante portascritto : Codice del 400 (2)."
i^i)Dbmis»toc.cit. « IoAHNis Nasonis, de tp"iiaeulispanoiinilanU,4*. Adm.» (Cioètu Bibliotkeea Coenobii Admontensit 0. S. B. in Styria»—V. latavola deUe abbre-viazioni
premessa all'opera).
(i)DiBDiM T. F. DetCì'ipUveealahgueof the bookt printedin the XV eenluryla-lelyforming part of the libraryof the Duke Cauano-Serta and noto the property or
G. I.Spencer.London 1823, pag. 77, num. 118.
482 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
poco nel seguente modo. Se V opuscolodel Naso fa stampatove-ramente,
diceva il bibliografocatanese,lo fu per certo nel i472,
cioè quando le feste eran celebrate ; altrimenti mssun effettoa-
vrebbe potutoingenerareneir animo de' leggitori.Ma* non essen-
dovi memoria di tipografiaesistente in Palermo a quel tempo ,
dee dirsi che quellaedizione è chimerica.E ilMira: ma l'edizione
esiste,dunque fu fatta nel 1472,o meglio,nell'anno susseguente,
perchèle feste avevan luogonel novembre,ed un certo lassodi
tempo tra quellee la stampa del libro dovette pur correre. Ed
ecco provato,secondo il pensamento del Mira,che la stampa fu
introdotta fra noi fin dal 1473 (1).È superfluoil rilevare che V ingegnosadimostrazione del Mira
crolladaliabase quando le manca il puntellodella testimonianza
del Segurìtano;osserverò piuttostoche ha troppodell'assoluto il
dire che le descrizioni di feste stampinsisempre contemporanea-mentealla celebrazione delle festemedesime. Ai nostrigiornisuol
esser cosi;che anzi abbiam talvoltadi certe descrizioni che le di-resti
piuttostoprofezie,qualison quelleche ci regaland'ordinario
i diaripolitici.Ma non credo che lateoriadel Tomabene troverebbe
esatto riscontro coi fatti,se volessimo risalireai secolitrascorsi fino
a quelloin cui Giovanni Naso dettava ilsuo poemetto.Per lo meno
ho upa prova in contrario nella Relatiane dellefestefattein Pa-lermo
nel MDCXXV per lo trionfodellegloriosereliquiedi S. Ro-salia
VerginePalermitana scrittadal Dr. D. Onofrio Paruta Cano-nico
della Chiesa Metropolitanadi Palermo,figliodi Filippo,e poi
perfetOonatada Don SimplicioParuta Monaco Cassinese,e dal me-desimo
dirizzata alV Illustrissimo Senato di Palermo (2).Questade-scrizione,
come ricavasi dalla prefazionedell'editore,era rimasta
inedita per la modestia,soverchia o no, del suo autore,e fu pub-blicatain Palermo nel 16.^1,coir aggiuntadi quattro grandi in-cisioni
in rame rappresentantiarchi di trionfo eretti per la cir-costanza.
Ecco dunque una descrizione di feste stampataventisei
anni dopo che le feste medesime furon celebrate.
Il Mira ha detto inoltre che quellaedizione e presentauno dei
" primisaggidell'artedella stampa eseguitoin Palermo nel tempo
f in cui non era permesso aglistampatoriillibero esercizio del-
Vedi
(I) Mira G. M. Manuale di Bihìwgrafia,Palermo 1862, lom. Il,pag. 369-370.
(3jII vero autore di qaesta traduzione fu,secondo il Mongitore,FilippoParuta.
Bibliolh. Sieula,voi. II,pag. 174.
DI GIOVANNI NASO BO 483
« Tarlo loro. " Ma pur non tenendo in conto la testimonianza
dal medesimo Giovanni Naso il qualdisse che il magistratomu-nicipale
huic quoqm nostrae foelicipanhormHanae urbi ne haec
tanta deesset foelicitasavea procurato che TAndrea di Worms ve-nisse
ad aprirequi fra noi una tipografia,conviene osservare
che in Palermo non sussistevaalcuna delle ragioniche altrove
costringevanoi tipografia lavorare,
come oggisi direbbe,alla
macchia; dacché non esistendo quiviuno studio come a Catania,
e non conoscendosi pertantofra noi la classe de' librarii,
o co-pisti,
i tipografipotevanolavorare alloscopertoe in pienmeriggiocon libertà e con pienasicurezza. Quindi anco di quest'altroar^
gomento sembrami non sia da far caso alcuno.
Dalle cose anzidette sembrami si possa inferire che la testimo-nianza
del Seguritanonon prova aOatto che la descrizione delle
feste per la resa di Barcellona sia stata stampatain Palermo,e che
Targomentomesso innanzi dal Mira non ha nulla di sodo,poichénon è vero che le descrizioni di festesi stampinosempre contem-poraneamente
alle feste medesime.
Venuti meno gliargomenti con cui si è preteso provare che
il poemetto del Naso fosse stato stampato in Palermo è precisa-mentenel 1472 o 1473,rimane a vedere se esso avesse potuto
essere stampato quivi, dopo le Consuetudines, Sebbene non mi
senta in grado di pronunziareun giudizioin siffattaquistione,dirò pure tuttaviache i tipidel poemetto non mi paionmolto si-mili
a quellidelle Consuetudines. Se questo sia argomento suffi-ciente
a dichiarare che la stampa del primo non appartienealla
tipografiapalermitana,lascioche lo dica chi ne sa più di me.
Checché ne sia della quistionetecnica,prima di conchiudere,
vogliorichiamar Tattenzione del lettoresopra un'altracircostanza^
Dal primo documento da me più sopra ricordato rilevasiche il
Naso fece dimora,certo non breve,in Jtapoli,ove dovette avere
molte relazioni: non è dunque improbabileche quiviegliavesse
fatto stampare il suo poemetto. Da un'altra partesi ricordi che il
Duca di Cassano Serra valentissimo conoscitore di libri opinava' che quellaedizione fosse il prodottodi napolitanatipografia.Il
Dibdin da cui abbiamo questa notizia non adottò la sentenza del
Cassano,ma io penso che se quelloegregiobibliografoavesse po-tuto
vedere il documento giàricordato,avrebbe certamente ade-rito
all'opinioneemessa da quest'ultimo,poichénon sembra ch'e-gli
avesse documenti positiviper sostenere che quella edizione
appartenessea Venezia piuttostoche a Napoli.
484 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
Questo mio povero scritto forse non incontrerà il gradimento
di que^ taliche credono,a torto, carità di patriail sostenere il
falso oTassurdo quando sul falso o sull'assurdo una pretesaglo-ria
municipalesi appoggia.Se avessi voluto dar retta ad uomini
siffatti,avrei stracciato ilfoglioe lasciatoche Giovanni Naso dor-misse
in pace, e che la mìa città natale continuasse a godersila
falsaglorioladi avere avuto la stampa cinqueanni primadel 1478.
Ma ho pensatoin vece che correggere un eiTore, piccoloed insigni-
flcante quanto si voglia,è sempre un'operabuona; e guidaloda
questa massima ho dato alla luce il mio lavoro.Sarò dunque im-putabile
di soverchia esigenzase dirò che mi aspettoche illettore
nel giudicarnenon vogliadimenticare la rettitudine delle mie
intenzioni ?
Palermo, febliraio 1871.
Raffaele Starrabba
SULLETA GEOLOfilGADELLE ROGGE SECONDARIE
DI TAORMINA
Nel mentre vado rendendo di pubblicaragionei fattipiù ri-marchevoli
delle formazioni cristalline,paleozoichee secondarie
della provinciadi Messina,che mi hanno appreso glistudi!e le
ricerche continue,credo utilissimoanticiparequalcheparola,sulla
formazione giurassicadi Taormina,di cui sinora si hanno idee si
vaghe ed incerte,qualida oltre trenta anni furono emesse dallo
Hoffmann e dal Gemmellaro.
Le rocce di Taormina sono costituitedi strati calcarei e dolo-mitici
per la maggior parte,che hanno subito grandispostamentiche presentanouna pendenzapresso a poco uniforme verso S. S. E.
e che appartengono in parte alla formazione giurassica,in parte
sono ancora più antichi,ed in partepiù moderni.
La serie di tali strati poggiadirettamente sulla fìlladedell'e-poca
carbonifera,ed è costituitadei pianiseguenti: Trias infe-riore
e superiore,Retice,Lias inferiore,medio e superiore,Ti-
tonico e Neocomiano.
SULL^ETA^ DELLE ROCCE SECONDARIE 485
La formazione triassicasi eleva in forma di monti e di colline
dolomitico-calcaree,costituendo le prominenzedette del Castello,
di Venerella,di Mola ec.
Essa ricorda colla più grandesomiglianzailtriassicosuperioredelle Alpi,e quantunque non mi abbia esibito sinora alcun fos-sile,
è dato importantissimoquellodi vederla in relazione sotto-stante
collo strato Retico.
Alla base degl'immensi depositidolomitico-calcarei giaceun
conglomeratorosso che passa a gres ,e sovrasta a deboli strati
di calcaree di dolomite,sarebbe questo il nuovo grès rosso
,o
trias inferiore a cui inclinerei di riferirlo,ma potrebberappre-sentare
benanco membro del Permeano.
Il terreno Aetico è formato di strati calcarei brunastrì e con
brachiopodialla base di stratinero-bruni e con molti pettinialla
partesuperiore.I fossiliraccoltiin parte ricordano la fauna deglistratiad A-
iicula contorta della Speziadescrittada Capellini,in partequella
doglistrati sirceronici di Lombardia illustratadallo Stoppani,maciò che è assai rimarchevole si è che i brachiopodispettanoalle
specieche il Suess raccoglievanelle Alpiaustriache.
Le poche speciesinora ben determinate sono le seguenti:
Lima punctataSow.
Pecten Helil D'Orb.
Pinna miliaria Stopp.Plicatulu intns striataEmm.
Terebratula pyriformisSuess.
• gregariaSuess
PhysnehoncllafìssicostataSuess.
• subrìmosa Suess.
II Capo S. Andrea siccome i vicini scoglie proraontorii,
e il
monte dove sono le cave di marmo, sono costituitidi tre strati
calcarei,Tinferiore bianchiccio venato,il medio grigiastrofor-mato
in gian parte dall'accumulo di cronoidi,il superiorerossocon vene bianche e strati di marna rossa schistosa.
Lo strato inferiore non mi ha offerto alcun fossile,lo strato
medio racchiude la fauna caratteristicadel Lias medio, ilcalcare
rosso contiene qualchelalennite.
1 fossilidel calcare a crinoidi ben determinati sono:
Lima cucharìs D'Orb.
Terebratula punctata Sow.
i^6 NDOVB BFFEUBHIDl SIGILIANC
Waldheimia Partschìi Saess.
Phynchonellaserrala Sow.
Spiriferìnarostrata Schloth.
Queste speciedeterminano benissimo Petà dello strato che li
racchiude.
Probabilmente anco al Lìas medio spettail calcare rosso.
.Presso Savoca infattiin un lembo di calcare rossastro io rac-coglieva
VAmmonites Grenoiallotixii.
Lo strato inferiore potrebbespettareal Lias inferiore.
Dal lato orientale e meridionale i monti di Taormina sono cinti
da calcari marnosi di color grigiastro,i quali rappresentanoil
Lias superiore,che in taluni luoghicontiene molte ammoniti,tra
le qualifa d'uoporicordare le seguentispecie: '
Ammonites complanatusBrug.» primordialisSchlot.
• falciferSow.
» racliaus Rew.
» comensis de Buch.
» algovianusOpp.» Partschii Haver
• communis Sow.
In un fondo alla valle di S. Venera presso Giardini,allorché
si é completamentetraversata la formazione eocenica,s'incontra
un calcare grigiastrocon banchi di calcare rosso-chiaro.Questa
formazione bisognache si rapportiall'epocaTiionica dappoichéin essa vi ho raccolto VAptychusBeyrichiOppel.
Finalmente la collina di calcarlo secondaria con piromaca al-ternante
con stra torellidi schisto,che è presso la stazione di
Giardini,ed altre dal lato sud di Taormina,mi hanno offertosol-tanto
degliAttici e qualche frammento di Belennite,tra' quali
fossilisi riconoscono bene:
VApticusanguli-costatusPichet e de Loriol
e il Belemnites lattu.Blaino
le qualispeciesono sufficientia farcìriconoscere in quelleroccela formazione Neocomiana.
Messina 18 aprile1871.
G. Segurnza
L'ONOEE H)
A braccetto con mia moglie uscivo dal teatro,stiacciatitra la
folla. Accanto a noi veniva il figliodi quel barone di Roccafosca
che fu già patrono di mio padre.Tutto idee liberali e vogliadi
far niente;pomposo di vista,scipitodi gusto come le zucche,e-
glichiamava guadagnar tempo il perderlo,e, come i cani
,non
credeva che un povero potess'essere un galantuomo.Tratto dalla
sigarieraun rotolino di tabacco,fregatoun solfinoai calzoni come
fa Vittorio Emanuele, con aria di me ne impippo si pose a sfia-tare
tanfate di fumo in faccia ai circostanti. Una ne toccò proprio
negliocchi a mia moglie,che trasse indietro il capo esclamando
pel bruciore. Indispettito,su quel subito io gridai,— Uh che vil-lania
! "
Quel signorino,che vedete se era un modello di urbanità,si
voltò come un basilisco e, cavando di bocca quelsucido coso, pro-ruppe:
— Per e.! villano a lei,operajodella mi' pentola! • e se-guitò
brontolando prima,poi insultando ad alta voce. Mariantonia
mi serrava col gomito, sicché io ringoiaiun poco e due; poiscop-piai
a risponderglicol sale e col pepe, e tiraticifuor della pigia,
si veniva certo ai pugni,
con gran divertimento del colto pub-blico,
se mia moglie non si fosse interpostae non mi avesse tra-scinato
di viva forza a casa.
Passai come sulle spine le prime ore; poi,dato giù quel bol-lore,
m'addormentai, e dimenticai quellascenata. La mattina mi
avviavo al telonio,quando sento bussare
,ed ecco entrano due
persone civili (dicodi abito),una delle qualiera Manfredo Bru-schi,
e mi dichiarano eh' io avevo oltraggiatoilbarone Lucio Roc-cafosca
,di cui mi presentarono il bigliettoda visita;e che ve-nivano
a ( hiedermene riparazionecolle armi.
Dio de' dei 1 Son rimasto di sasso. Io,mi pareva talmente d' es-sere
stato r offeso,che non credevo mi restasse altro a fare se
non perdonarglie dimenticarlo : ed ecco invece cotesto signorechiamarmi soddisfazione come fosse lui T oltraggiato,in virtù delle
(l) Qaeslo brano del Portafogliodi un Operaioera stato mandato dall' Autore
prima chr fmtse pubblicaloil suo libro. / Compilatori.
488 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
leggid'una forsennata cavallerìa,che dà ragionea chi sa maneg-giar
il fioretto 0 la pistola.Ho sangue anch' io nelle vene, e mi montò alla testa,e strin-gendo
i pugni e battendo i piediproruppi:— Gnor si : ci balte-
remo: manderò i miei padrinia concerXare. "
Questidue musi erano venuti in abito nero, cappelloa cìlin-
dro, guantichiari,come è prescrittoin queste atroci buffonate,
cui per antitesi rifilanoil nome di partited' onore. Io corsi a do-mandare
r Imbivere e il capitanoCarenza,che ,altrettantoceri-moniosi
,sarebbero dovuti presentarsi
,e quantunque onesti uo-
mihi,assegnar V ora, prescegliendole pistole; giacchéio non a-
vèva mai maneggiatonessun' arma,fuor quando bisognòper di-fender
la patria.Non varrei a descrivere ilrimescolamento dellamia povera donna
e de' figliuoli,che mi vedeano giàbello e ucciso da uno che a-
vea avuto ozio per esercitarsial bersaglio: ucciso un uomo, un
operajo,
un padre, per bizzarria d' un signorinoche vuol (arsi
nominare in paese, e acquistarcredito di prode fra glieroi suoi
pari del caffè e del club, lo li confortava,
ma avea bisognodi
conforti io stesso,non tanto perchètemessi d' aver un braccio o
la testa rotta,
ma per le convulsioni che mi metteva addosso il
pensare che i letteratichiamano bravura o civiltàquel che tra
noi,gente onesta e laboriosa,diehiarerebbesi 1'ultima degrada-zione
d'un selvaggio.E tale la qualificòperfinoil capitanoCarenza. Eglinon se ne
mostrò sorpreso: n'ha vedute tante di talispacconateche nei sol-dati
si giudicanodovere: pure lanciossisoldatescamente a decla-mare
contro questa usanza incivile di pretesicivilizzati,che,non
valendo a mostrarsi in altro modo meno abjetto,si glorianodi
mortificare un onesto operajo,un franco scrittore,
un prudentemarito. Ove sentimento di dignitàglirestasse,il bel mondo do-vrebbe
vomitar da sé queste valenlerie di pompa, questo eroismo
di convenzione. Il non curarsi della vita propriasi chiama corag-gio
sol quando producequalchebene. Di toglierlaa un altro non
v' è ragione,fuorché la necessità di difender sé slesso,
e anche
allora ne' limiti della moderata difesa;cioè contro un aggressore
ingiustoe da cui io non possa altrimenti salvar la mia vita.Ma
il sangue non lava niente,anzi non fa che sporcare. Al petulanteche vi sbraveggiòa bella postaper provocarvi,spulateglinel muso
(dicevaegli),giacchéla leggehon arriva a punirlocome o as-
490 NUOVE EFFeMemoi sicilianc
pre voluto pagare il medico, la comare, lo speziale,fuicliè potè;caduto infermo,ricorse entrare nello spedale,benedicendo ipiiche
prepararono quel ricovero. Nunziatina sua moglie stentava nella
miseria quando vide comparirenella sua stambergauna signora,
che s'informò del suo stato,le mandò uTia copertapel letto,legna
pel fuoco,le collocò un fanciullo air asilo e una giovinettapressole figliedella carità.Nunziatina non si tenne lesa nel suo onore^
e prega per quellabuona signora,la qualemette T onor suo nel-
r assistereai bisognosie nelP andar alla casa del povero più che
alla corte della principessa.Un tale vi propone una cattiva azione per far quattrini; quel
ricco fa lucicare dei marenghi suir occhio della bella sartina,del-l'
operoso ferrajo:ma essi riflettono:— « Il mio onore noi mi con-sente;
son pov^o ma onorato, via da me, tentatore. •
Quella fanciulla è povera e mal in arnese,stenta il pane: ma
ha r onor duo, e sentesi superioreallepeccatriciin diamanti;non
soffre le si dicano motti sconci o proposizionioscene, né i giovi-
notti,perchè in giubba,beffino la virtù eh' essa vi oppone.
Quella cameriera starebbe ad agioin casa di quel sìgnorazzo,
godrebbe comodità: ma il suo onore sarebbe in pericolo;e se no
scosta povera, ma col tesoro più prezioso.
E r onore di vostra moglie,di vostra figlia? Miserabile chi sof-fre
in ciò la minima transazione,la più piccolaindulgenza! À-
vete visto l'altrogiornoquellainfelice,di cui la.macchina afferrò
il grembiule? ben prestatrascinò lei stessa sotto le sue inesora-bili
ruote e la stritolò.Gli è tal quale con questiincentivi:ildi*
sonore ricade su tutta la famiglia,e peggiosul marito,che non
abborre dal mangiar il pane del suo disonore. Dica,
— Son po-vero
,non voglioaggiungerealla mia miseria il peso dell'infa-mia;
sarò come quelre che,caduto prigioniero,esclamava: —Tutto
è perdutofuorché l'onore. •
Ma r onore, di ammazzar un altroper un puntiglionon lo trovo
nel vangelo,non nella coscienza,non nelle costumanze dì noi,che
non siamo guastidagliassurdi pregiudizjdella buona società.Il
galantuomo non si domanda che cosa dirà ilmondo. E che cosa non
dirà il mondo, qualunque sia l'azioneche si faccia? Domandatevi
che cosa direste se vedeste vostro padre,il marito di vostra so-rella
metter la sua testa a fronte a quellad' un contino vani-toso.
»
Scrollavasi tutto nell'udir ciò il capitanoCarenza,e proruppe:
l'onore 491
— Andrò io a dir due parolecome va a cotesto signorinoe a quelledue goffecomparse da scena, e glifero capiredove sta Ponore. "
E andò zoppicando,
e,
non mi disse il modo,
ma zoppicandotornò a rassicurar mia mogliee me e il vicinato che aveva rab-berciata
la cosa senza scapitodel mio onore.
Di fatto non m' accorsi che nessuno diminuisse d' affetto e di
rispettoper me; se n^è fatto un fru fru per un par di gior-ni
, poi nulla più : noi ringraziammoil capitanoCarenza,
ma
quellospadaccinoe que^ suoi comparìio non ho mai saputoche
disprezzarli.Di li a poco il barone aggiunsealla sostanza di suo
padre V ingenteeredità d' uno zìo,fece un buon matrimonio,cioè
con ricca dote;subito il re lo nominò sindaco e cavaliere;quandovennero le elezioni,il comitato non si ricordò del sig.Anselmo
Castigliolané del sig.Edoardo,iqualisarebbero stati indipendenti,bensì inviò al parlamentoil barone di Boccafosca;ma ilcapitanoCarenza mi susurra air orecchio: — N' importa;egliè un vile.»
C. Cantu'
SULL'ESILIOE SULLA MORTE DI OVIDIO
ELEGIA DI ANGELO POLIZIANO
VOLGARIZZATA (1)
E giaceappo TEusìno il roman vate,
Copre il vate roman barbara terra.
Terra barbara,u' scorre il gelid'Istro,
Copre il cantor dei piùsoavi amori.
Né ti vergogniche a cotanto alunno
Ti mostri,0 Roma, più crudel de' Ceti ?
Non fuvvi alcun tra i molti Sciti,ahi Muse,
(1)QuestovolgarÌKKamento,fatto in altrettanti versi qii»nlisodo nell'originale,
ci spiacenon poter accompagnare col testo latino,come era desiderio del volga-rizzatore;
tèsto,del rimanente, che ciascuno può aver tra mano,nelle opere del
Poliziano edite dal Barbèra di Firenze. / Compilatori,
492 NUOVE EFPCMERIDI SIQLUNE
Che all'egrotolde rincrescioso morbo ?
Che sul lettogliagiole fredde membra,0 in dolce eloquioil dì glifeo men lungo?Che pur tastoglii battitidel polso,0 a man speditagliapprestòfomenti?0 chiuse i rai notanti in sen di morte,0 piolo spiroa fior di labbri accolse ?
Non fuYTi alcun;tu, marzia Roma, e tieni
Di là dal Ponto,ahi cruda,i soziiantichi.
Non fuYvi alcun;mogliee nepoti,ahi lunge»Né la figliaseguiaTesule padre.Bossi immani il lenir,Coralli biondi,0 i Ceti cor di sasso in pelliavvolti,0 il truce orrendo Sarmata che spesso
Va sul cavai di cui si bebbe il sangue.
Sarmata cui scosse le tempiafischia
Giù per gliocchi dal fronte il crin brinoso.
Bessi,Coralli e Sarmata l'estinto
Piansero e il Geta si percosse il volto:
E monti lo piangeanoe selve e fiere,
E ristro è fama che tra Tonde il pianse,E intepidissiTagghiacciatoPonto
Delle Nereide al lacrimar dirotto.
Lievi accorser gliaugei colPalma Venere
Nel pronto rogo a sottoporle faci:
E quando il divamparTebbe consunto
Le reliquieadunaro in urna chiusa,E tai note scolpirsul sasso apposto:
e Qui dei teneri amor giaceil maestro. »
Sacra linfa vi sparge essa la Dea
Tre volte e quattrocolla man di neve,
E al vate spento voi scioglieste,o Muse,Carmi che al labbro mio ridir non lice.
Niccolò Poma-Cangemi
VEBSI INEDITI (1)
Per Album
Tu vuoi ch'io scriva ! Di sorriso,e fiori
Questi tuoi foglispargere desio,E alla speme involando i bei colori,
Gridare al pianto,alla mestizia addio;
Ma ben lo sai,di triboli e dolori
Buiamente s'intesse il viver mìo;
Adunque taccio,e su tue nere chiome
Depongo un bacio,e qui l'oscuro nome.
Per Album
0 giovanottache festosa ascendi
Questo di vita a te facilsentiero,
E corone odorose alFara appendi
AlPamor sacra, alla virtude,al vero:
Alla sant'opraliètamente attendi.
Né sgomento s'arresti il tuo pensiero,
Se quell'amatoaitar vedrai negletto,
E. del piacereil tempio a mille accetto.
Rosina Muzio-Salvo.
(1; Dobbiamo queste due otUve alla geuulena del prof.L. Sampolo» genero della
illustre defunta. (/ Compilatori
3^
CRITICALETTERARIA
Giovanni Villani nnd die lÈ^ggenàz di Messer dianni di Pro*
cida; von Otto Habtwig. Miinchen,1871.
Son noti glistudi che in questiultimi tempi sono stati fatti
sopra la Storia del Vespro sicilianoe sopra le cronache ad esso
riferentisi;studia^qualiha dato occasione la celebrata Storia della
Guerra del Vesprodi Michele Amari,ilqualeè rimasto sempre fermo
nell'opinionemanifestata Tanno 1842,cioè che quel famoso av-venimento
fossestato opera del popoloe non conseguenza di una
congiurainiziatae condotta innanzi da Giovanni da Precida. Er-molao
Rubieri a Firenze (1),Antonio Cappellia Modena (2),Sal-vatore
de Renzi a Napoli(3),Vincenzo Di Giovanni a Paler-mo
(4),hanno tutti,ciascuno con propriargomenti
,sostenuto
contrario avviso,tra'qualii due ultimi mettendo fuori delle
cronache di quel fatto non mai fin qui pubblicate;e non è an-cora
un anno decorso che il Di Giovanni un' altra cronaca stam-pava
secondo la lezione del codice vaticano 5256 (5).Anche da ol-tralpe
s'è preso parte alla questione,altricredendo piuttostoal-
Tardimento popolaredeglioppressiSicilianicontro lo straniero do-minatore,
ed altrial macchinamento di una congiuracondotta dai
baroni di Siciliae aiutata dal papa, dal Paleologoe dal re di A-
ragona: anima della quale Giovanni da Precida;e già vi si sono
impegnatitra glialtri,Tanno 1867,l'Hirsch in un periodicolet-terario
di Gottinga(6)ed ora il Dr. Oddone Hartwig in una ri-vista
storica di Monaco (7).11 nome di questo scrittoretedesco non è nuovo per la Sicilia;
anzi è oramai molto familiare a' nostri dotti,che ne conoscono i
lavori pazientissimisulla cultura,sulla storia e sul dialettodel-
Tlsola. Il suo nuovo scritto Giovanni Villanie la Leggendadi Mes-
(1)Apologiadi Giovanni daProcida, Ricerche storico-critiche di E. RtJBiRRi. Fi-renze,
Barbera 1856.
(i)Ciovanni di Procida e il Vespro iieiliano;nel voi. 1 delta Mistellanm di 0"
ptucoliinedilie rari dei secoliXIV e XV. Torino, 1861.
(3) Il secolo Xai e Giovanni da Procida. Studi Biorico-morali di Salv. Db Rks-
£•. Napoli,1860.
(4) V. Collezione di opere inedile o rare. Cronache siciliane d*ii secoli XUi,
XIV e XV pubblicateper cura del prof.V. Di Giovanni. Btilogiia1865.
(3) Giovan da Proctda e il Ribellamento di Sicilianel iiSì secondo il Codice va*
licano 5256 per V. Di Giovanni Bologna 1870.
(6) GoUinger gelehrteAnzeigen 1867, pag. 196.
n) Hislorisehe Zeilsehrift,voi. XXIV, pag. 233-271, Munchen, 1871
CRITICA LETTKRARU 49S
ser Gianni di Procida vuoP essere una rivistacriticadi quanto si
é fatto su questa controversia,
e sopra le fonti delle varie leg-gendedel Procida;e noi sentiamo il dovere di rendergliquelle
grazieche possiamomaggioriper la pazienzae cura ond' egliha
studiato il grave argomento;le dotte paginedel suo opuscoloson
prova manifesta del tempo ch'egliha dovuto spendereper ve-nire
a qualcheplausibilerisultato.
L'Hartwig tratta la importantequestionese la cronica siciliana
del Ribellamenta,che il Gregoriointitolò Historia conspirationis
Ioannis de Procida sia l'originaleda cui trasse il suo racconto
il Villani,ovvero se la storia del Villani abbia dato originealla
cronica siciliana;di guisache senza la prioritàsopra il Villani la
cronica avrebbe assaipoca autorità e dovrebbe piuttostodirsi,comela disse un tempo V Amari, un romanzo storico del sec. XIV. Il
criticoalemanno non è lontano dal seguireV opinionedell'Amari,cioè che il Villani sia la fonte della cronica siciliana
,ma lascia
dubitare che un altro testo sin oggi non iscopertosia stato pur
la fonte del Villani,al qual testo forse si riferiscono i tre testi
che si conoscono della cronaca del RibellamentUycioè il siciliano,il modanese ed il romano. Argomento al suo discorso sono ap-punto
talitesti,
ma TA. si ferma su quellodel codice Spinelli,
già noto all'Amari sin dalla prima edizione della sua opera. Stu-diatolo
attentamente,l'Hartwigosserva che tolte poche insignifi-canti
particolarità,VHistoria compiraUoniscicilianatrae origine
da quello.Osserva altresìche la lezione della leggendamodanese
non può derivare dal testo Spinelli,perchè esso è meno corretto
senza cessare di esser più antico;che il codice vaticano fu fatto
sul modanese ; che la prioritàdel racconto siciliano su questo
viene mostrata dai raffronti di una lettera di Niccolò IV a Pietro
d' Aragona.È curiosa una osservazione che ilvalente criticofa alla Historia
conspirationisedita dal Di Giovanni sul codice stesso che servì al
Gregorioe che trovasi nella Biblioteca Comunale di Palermo,cioèche il Di Giovanni l'abbiapubblicatae anche non sempre meglioche il Gregorio» (pag.237);quando si sa che l'egregioEditore
la ripubblicòtal quale,modiOcandovi appena queipuntinei quali
poco esattamente era stato lettoe stampatoil codice palermitano:di che egliavverte nelle molte note del suo volume. E tanto
più è curioso in quanto l'Hartwigcrede poter giustificarer osser-vazione,
già stata fattadall'Hirschnel GóUingergelehrteAnzeigencon ciò solamente,che là dove il Gregoriolesse esattamente vu.
496 IfUOTE EFFEMERIDI SICILIANE
rt digiaU, il Di Giovauni leggevai n' indigiaH.Ma chi non dira
questa una inesattezza lipograQca? E che (Hrebb' egli ma dotto
ed accurato critico come THartwigse noi glicilassimo non pochedi taliinesattezze,nellequaliegliè incorso rìstampandopocherighe
dei testi volgari? Co^ p. e^ là ove il Di Giovanni ha oUantadui
eglistampa ottanludui (pag.238); ad un vuliri muta in an un
vuUri (242);Et incontinenti in e in continenti (246); piacquein
peaque (242);e di non timiri in e ti non tinUiri(246);chi ndi u-
nisce in chindi;Alaimu divide in Al 'ainm, Simt nugae^ diciamo
noi: ma per quel che valgano,nessuno che abbia stampato vorrà
ferne colpaalPHartwig.E non sappiamoaltresìpersuadercicome
eglicolgacagione addosso al Di Giovanni di aver omessa la voce
figloUnelfe seguenti paroleche trovansi nel codice Spinelli,e La nostra benedi tieniti mandamu (parlaPapa Niccolò IH a Carlo
D^Angiò)con sacra cosa che li nostri (figloli)di Siciliasignuriati
non ngiuti boni per lu Be Garlu....• (pag.247);quando è noto
che il Di Giovanni abbia messo fuori ilcodice sicilianoesemplato
sul testo Spinelli,ma non materialmente ilcodice stesso,ilqualel'anno 1865,data della ristampa,non si sapeva neppure in mano
di chi fosse.
Cercata e provatapoiPoriginedeUe tradizioni circala partecipa-zionedi Giovanni da Precida al Vespro,basandosi sulle sparse no-tizie
di quei tempi,passa l^rtwig alla ricerca della orìginelet-teraria
della cronica siciliana,che T Amari crede opera di un a-
mico della famigliadi Giovanni. E poiché esistono in napolitanole Croniche delP inclitaCittà di Napolicon li bagnidi Pozzuoli et
fschia di Gio. Villano Napolitano(i),e queste hanno per fonda-mento
quelledel Villani,
e dal 1360 a cui giungevano furono
continuate Ano al 1382 da un Bartolomeo Caracciolo;se si pensiche Beatrice figliadel Precida sposò nel 1267 Bernardino Carac-ciolo,
e che tra i Caracciolo e i Precida esisteva strettissima re-lazione,
perciòè facileper (^egregiocritico il supporre che Bar-tolomeo
Caracciolo fosse stato l'autore della nostra leggenda(pa-gina
269j.Questa congettura è molto ingegnosae plausibile,e se
"ipotessescoprireTaneflo intermedio che THartwigsospettatra il
lesto Villani e le due lezioni della leggenda,forse le sue suppo-sizioni
acquisterebberomaggior fondamento di quello'cheora pos-sane
meritarsi. Ma tant'è,che il negare resistenza di Giov. Vil-lano,
ed il fare un solo di due personaggiqualisono il fiorentino
(i;Napoli,apprnsso Gark Por^ite. iSOO.
498 NUOVE EFFEMERIDI SICILIANE
pagniedi ventura e della Monarchia Piemontese ne ha fatto ar-
gom^fnto di una continuata serie dì discorsi detti allaR. Univer-
dita di Torino,ed ora li manda alla luce iu un grosso ed ele-gante
volume,riassunti e spoglidelle disgressioni,esplicazioni
e ripetizionipropriedi qualunque insegnamento orale.
L^operadel Ricotti,divisa in quattropartie tutte insieme in
39 capitolipei 1456 dei qualiparla,abbraccia quattroperiodidi.
tempo, dalla caduta,cioè,della dominazione romana alla conces-sione
della Magna Charta (411-1215),al trono della Casa di Tu-
dor (1485),alla seconda e definitiva rivoluzione (1688),e ai no-stri
tempi (1867),in cui è stata messa a fuori la seconda ed ul-tima
riforma elettorale:perìodiche con sano giudizioi^A. deno-mina
degliapparecchi^delle "(m, delle lotte,del trionfo.UÀ. vi narra con singolarelucidità di concetto e di stilegli
avvenimenti tristie lieti,le opere onorate ed ingloriosedi quella
grande nazione,la quale come in uno specchiovedesi ritratta
nel suo sapientesistema rappresentativo,ignotoagliantichi Stati
di Grecia e di Roma, noto soltanto a pochiStati meridionali d^Eu-
ropa, che Tebbero dopo il 1000. Ma nel narrare, il Ricotti non
si restrìngesemplicementea^ fatti:ciò non si addice a lui,sto-rico
dei migliorid'Italia.II Ricotti esamina bene, pondera,giu-dica
e ne trae fuori conseguenze a cui non accenna il modesto
titoloche sta in fronte al suo importantissimolibro. Noi siamo
intieramente estranei alladisciplinache ha consigliatoToperadel-
Tillustre Professore: ragione per cui ci restringiamoa farne un
breve annunzio piuttostoche un lungo articolo,siccome dovrem-mo;
ma dal poco che alla facoltà nostra è dato di vedere,cre-diamo
che essa sia non solo un'operastorica pregevolissima,ma
anche iin trattato molto ben ragionatodi quel sistema rappre-sentativo.
E però non sapremmo far di meglio che consigliarnela lettura à quantiha'nno rivolto 1 ingegnoa questa maniera di
studi proficuied onorati. Essi troveranno che il soggettostesso
ha ispiratoal valoroso scrittoredelle paginequi molto semplici,là degnamente elevate,altrove modestamente eloquenti
,e sem-pre
acconce air argomento e al fatto.E con questo troveranno
pure un senso pratico,una moderazione ed una assennatezza,
che solo poche anime oneste possono avere in un tempo di uni-
versale sviamento di buon senso e di buon criterio.
G. PrrRÈ.
GRITIGA LETTERARIA Ì99
£« Veglia di Venere, Versione dal latino per Ugo Antonio A'
Mico. Palermo,tip.del Giornale di Sicilia,1871.
Il PervigiliumVeneris è un inno scrìttoper la festadi Venere^,
da cantarsi la vigilia,il qualesotto un certo aspettopuò essere
posto a lato al Carmen saeculare di Orazio. La sostanza corrìspondeaffatto alla sua destinazione. Venere vi è celebrata non tanto
,
come disse il Bàhr, quale fondatrice e padronadel romano im-pero,
quanto, come bene avvisa il prof.U. A. Amico, qualege-nitrice
deir universo ; procreatricedeglianimali tutti ; che con-serva
e propaga il seme di ogni cosa; in breve,qualeLucano la
disse nel decimo della Farsalia: fecutidaVenìis aictarum semina
rerum possideLII poeta vi canta la primavera,perchè in questa
stagionesingolarmentesi rivela la onnipotenzadi Venere, e in
questo argomento può darsi che l'autoreavesse sottocchio Vir-gilio,
come anche nel resto ha imitato Lucrezio,Ovidio, Orazio
ed altri(1).L' autore ci è ignotofinora,e le ricerche e glistudi
del Wernsdorff,del Paldamus e del Bucheler per venirne a capo
non sono stati cosi fortunatida provare se* si apponesse meglio
GiuseppeScaligeroche lo attribuìa un Catullo Urbicario,scrit-tore
della decadenza,o Aldo Manuzio, Erasmo, Huersio ecc. che
ne credettero autore Catullo;se Lipsie,che lo portòal secolo di
Augusto, 0 Sarpe a cui non parve soverchio farlo in partedel
sec. XV: sebbene e T uno e l'altro,a vedere,molto si discostino
dal vero. Non meno dubbio è stato il luogoove ilPervigiliumve-niva
cantalo;ma con qualchebuona ragioneaddotta dal professorU. A. Amico si può dire che esso fosse stato,piuttostoche una
isolettadel Tevere fra Roma ed Ostia come vuole il Wernsdorff,
queir(bla Catana di Sicilia,che dalle paroledel poeta: quantus
Etnae campus est ci si dà a divedere " nell^ pianuraferacissima
cui chiude T Etna dall'un canto,e dalPaltro la patriadi quelJa-copo
da Lentini,che doveva crescere lustro e sidendoreallacorte
degliSvevi. • Comunque sia di questo,la poesiaè stupenda, e
nella sua bellezza dà Taria di parecchieminiature,squisitamente
pennelleggiate,ognuna delle qualiritrae una idea netta,grazio-
sissima;e tutte insieme sono legatein unità da armoniosa accor-
danza di tinte e di concetti.
Di essa ci ha regalatouna versione poeticailprofessoreAmico,e se noi dicessimo che nelle nuove forme egliè riuscito a ri-
(i) storia della Mleralura romana del Dote. G. C. P. Babhii. Voi 1, cap. Vili'
Torino, 1830.
600 NOOVB EFFEMERIDI SICILIANE
trarre quel nitore d'ìmagìnie quellasoavezza di numero che,
neglettiin alcun luogo,fecero pure che taluni criticitenessero
il PervigiliumVeneris per lavoro degno di Catullo,noi non di-remmo
se non quelloche sentiamo. Y" ha nella forma dell'Amico
un non so che di morbido e di leggiero,di gentilee di affettuoso
che la rende amabile e delicata;ond'essa si acconcia tanto più
agevolmentealle squisitezzee venustà catullianequanto più l'a-nimo
dell'Amico al passionatocantore delle Nozze di Peleo e Teti
propendeed inclina. Ecco perchè la sua traduzione,in quellache
si stringequanto più al testo,è cosi spontanea come un compo-nimento
originale.L'ignotoautore del PervigiliumVeneris cantò
con leggadriadi forma:
Rura fecundat voluptas,rura Venerem sentiunt:
Ipseamor puer Dionae rure natus dicitur:
Hunc ager cum parturiretipsasuscepitsinu:
Ipsaflorum delicatiseducavìt osculis.
E l'Amico con non minor leggiadriae con fedeltàesemplare:Feconda i campi voluttate;i campiSenton Venere; e dieesi che Amore,
Il pargolettodi Dì'on,nascesse
Del campo; e non sì tosto esso lo spose
Ch'ella al seno il raccolse,e dei fioretti
I molli l'educarbaci soavi.
Donde si vede che quasiper ogni parolalatina egline dà una
italiana,misurata ed affatto a quellarispondente;parsimoniache
mostra precisionee chiarezza di concetto nel traduttore.
Più sotto il poeta descrive ilraccogliersidella notturna rugiadasui (lori e i mirabili suoi effetti in sul far dell'alba;ed ecco con
che graziae soavità:
En micnnt lacrimae trementes de caduco pendere:Gutta praeceps orbe parvo sistinetcasus suos;
En pudorem florulentae prodideruntpurpurae:Humor ille,quem serenis astra rorant noctibus.
Mane virgineaspapillassolvit umenti peplo.Come si vede, questo passo non è di assai facile intelligenza:
e, compreso che sia,non del tutto inchinevole alla misura poe-tica
voluta 0 consigliatadall'arte.Eppure ,a cui non parrà stu-pendamente
italianalo nei seguentiversi deir Amico?
Ecco al peso leggiersplendontremanti
Le lacrime;e la stillaa cader presso
varietà" 501
In picciolorbe si chiudendo arresla
La vicina caduta;e le di fiori
Porporericche di scoprirP ascoso
Pudore. Quell'umor,che irroran gliastri
Da le notti serene, al primo primo
Romper de l'alba con l'umido peploLe corolle vergineediscioglie.
Questa si chiama arte nobilissima,che si fa amare sin da co-loro
che non le ebbero professaloculto giammai: e noi ne ren-diamo
merito all'egregioprofessore,che si maestrevolmente sa
incarnarla.
G. PlTRÈ
'mrjm.wm.mw^iB^,^^^
1 SICILIANI ALL'ESTERO — La rivistaGóltingergelehrUAnzeigen,fase. 17
,
pag. 655-667,ha un rendiconto del prof.Liebrechl sul 2* voi. delle Tradizioni
popolaritieUiane pubblicateda G. Pitré.
NUOVI GIORNALI — Tra' giornalinati di fresco dobbiamo notare la Rivista
ilaliana,la CiviUà ilaliana e la Rivitla municipale di Palermo; V Eco d'Intera di
Termini;VEco del Sud di Sciacca. Da Venexia ci giungeil 1* fase,di un Archivio
Veneto,periodicoimportantissimo,che si occuperà di,storia veneta. Vi scrivono
Ad. Bartoli,U Fulin,Francesco Ferra ra« il Gar ecc.
INVENZIONI E SCOVERTE — Presso la gradinatodel sagrarioannesso al ere-
dulo tempiodi Giove Olimpicoin Selinunte ilprof.Saverìu Cavallari,direttore de-gli
scavi in Sicilia,ha rinvenuto una statua di tufo calcare finissimo e poco disco-sto
una importantissimaiscrizione greca. Detta statua ha la (testarivolta in alto
con una corta barba, la bocca aperta con segnidi dolore, una lunga chioma che
scende all*omere sinistro;e ^tta insieme contorta col braccio destro in alio.
SOLENNITÀ' — 11 giornoW gennaro si è festeggiatoin Messina il XXUI anni-versario
della liberaiione di essa città,lenendosi nel teatro la premiazionedelle
scuole primariee secondarie. Vi lesse un buon discorso ilprof.P. Macrì e com-pose
elegantiiscrisiooi il Preside del R. Liceo llaurolico,prof.GiuseppeMorelli:
ognicosa stata stampata in "lessiua (tip.Popolare)a cura deglistudèntidi quelLiceo.
— 11 17 icarzo, giornodestinato alla festa letterariain onore dei grandipensa-tori
italiani,il R. Liceo di Palermo ha celebrato in prose e versi italianie latini
ì\nome dì Rosario Gregorio.Il discorso é stato letto dal prof.Vincenzo Di Giovan*
ni,e pubblicatodall'editoresig.LuigiPedone- Laariel in un bel volumetto.
— In Messina l'elogiatofu Andrea Gallo, di cui lesse con molta lode ilprofessor
Letterio Lizio-Bruno, seguitoda alcuni studenti liceali.
502 Nuove EFFEMERIDI SIGIUANE
BELLE ARTI — Lo scultore Benedetto I}el"siha compioto ed espostonel suo siutlio
la statua di Vincenso Florio da noi altre volte annonziata. L'uomo, che con uii co-raggio
piuttostounico che raro si costituì capo del commercio sicilianodi questo
ultimo trentennio,è ritrattocon una verità,che mai la maggiore,in quellabel-lissima
statua. Eglista seduto in un seggiolonea bncciuolie, tra sospeso e ripo-sato
pensa; nella sua abituale calma, e tuttavia in quellagravità,che mal s'inter-preterebbe
severità di contegno. Questo lavoro verrà collocato tra giorninel mo-numento
preparato al benemerito cittadino in S. Maria di Gesù in Palermo.
— Lo stesio sig Delisi ha portato in gesso una Fornarina nel momento in cui
essa si riposa mentre servo di modello al famoso Pittore dèlieverginimorenti.
Quanta delicatezza,quanta maestria in quellastatuetta t
RECENTI PUBBLICAZIONI — / Mali di Palermo descrittida GiuseppeSantìlippo.
Palermo, Francesco Giliberli.Baeeonli di Salvatore Malato-Todaro;Pai. L. PeJone
Lauriel.editore. Elvira Trezzi» racconto dei tempi,di Raff. Palizzolo;Palermo, ti-pografia
del Giorn. di Sicilia;Primi elementi di Grammatica italiana per C. Guz-zi
no. Pai. Sandro n editore. La Proprietàè un furto,la famigliaun nome, Capi^
toh di Rocco Ricci-Gramitto,Gìrgenti,Tip. Romito. Alla Gzrmnnia. Canto di An-tonio
De Marchi; Pai. Tip. del Giorn. di Sicilia.Saggtodi traduzioni dal franee$^
e dal tedeuo per Matteo Raeli di Vincenzo; Noto, tip.Morello. La Meta, rifletiioni
economiche di Mario Landolina ; Catania, Tip. Roma. Rapportidella Eitradizion^
colla forza estensiva del Giure punitivo,per GiuseppeTaranto; Pai. tip.del Gior-nale
di Sicilia.Per Vinaugurazionedella Biblioteca di Pariinieo, Discorso di Car-melo
Pardi; Pai.,stamp. Lorsnaider. Su la Èaccolfadi Canti popolarisiciliani di
Giuuppe Pitré,per Suiv. Salomone- Marino; Pai.,tip.de] Gior:i.di Sicilia Rosaria
Gregorioe le sue Opere,Discorso del prof.Vincenzo Di Giovanni con letteree do-cumenti
inedili;Pai.. L. Pedone Lauriel editore. Principilogiciestratti dall'Organodi Aristotilee annotali da Vincenzo Di Giovanni per us» degliAlunni di Filosofia,
Pai.,Salv. Biondo editore. Le preteseAmate di Dante di G. F. Bergmann,Ferf(oit«
di G. Pitré;Bologna,G. Romagnolieditore. Elenenti di Storia Ecclesiasticadel P.
Salvatore Lanza; Pai.,tip.Bircellona. VArle di ben vivere e trattare per tutti, u
nuovo Galateo di Giov. Di Pietro; Pai. tip.Olivieri.// pìimato artisticodegliHa-
,
liani,Esercitazioniscolastichedeglialunni delConvilto dei Chierici R'Ssi in èionreate\
Palermo,Lao. SugliUsi popolarisiciliani per la Festa di S. Giovanni BcUtista,
Lettera di G. Pitrè alla Baronessa Ida von Duringsfeld-Reinsberg; Firenze, tip.
deirAwociatione. Fra Scilla e Cariddi Racconto di Cecilia Stazzone marchesa De'
Gregorio;Firenze alia Galileiana. Prolegomenial Coìto di Dirittopenale,d"«lprof.Mariano Mucciarelli;Pai.,tip.Mirtu.
,
PROSSIME PUBBUCAZIONl — La porta arabo-normanna nell'ex monastero della
Martorana in Palermo, per cura di Gaetano Riolo ed Andrea Terzi. Questo pre-zioso
inluglioin legno,unico anziché rro, di purissimostilearabico,sarà ripro-dottoin un fascicolo iu-4 grande;edizioiiedi lusso,con tre tavole incise,ed a dne
t^nte e copertinacromolitografeu; al prezzo di L 7 (rivolgersial sig.G. Ri."lo,
Pilermo. via Giovanni Meli 42).Prorerbi e Canti popolarinapolitaniora per la
prima volta pubblicatida G. Pitrè; Palermo, L. Pedone Lauriel ; Poesie scelte di
tìiovanni Meli, trnd. col testo a fronteed annotate da LicurgoCappelletti;Setùti
cari di Carmelo Pardi,voi. II. VOtica di Tolomeo traduzione latina inedita Jet
sec. XII pfl siciliano Kugenio Ammirato. Torino, a spese della R. Accademia di
Scienze.
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
LE DHOr.lIE VEGETALI MEDICLNALI
esjHjstecon nuov» m elodo ec pelDot-tor
AvTONiNo Macaluso. Palermo, ti-pografia
del Giorn. di Sic. 1871.
Per chi studia Materia Me'ìicOtili non
lieve difficoltà riesce il dovere appren-dere
le droghe vegetalimedicinali e le
droghe prodottiestrattivied esudati delle
piante,appunto perchè classiiìcateo per
famigliabotanica, o per ordine alfabe-tico,
0 per virtù medicinale; classifica-zioni,
come ognun vede, che debbono di
necessità mettere insieme piantee so-stanze
disparatissimee fisicamente e mi-
croscopicameote.L*egr. Prof. Macaluso,
nel lodevolissìmo intento dì agevolarea-
glistudiosi la via di apprendere mate-ria
medica.
e conoscere i vari caratteri
de'medicinali,le qualitàmigliorie le do-lose
sofisticazioni siè accinto ad una clas-sificazione
fatta con nuovo metodo,
ed
ha già messo fuori quellaparte che ri-guarda
le droghe vegeUdi medicinali.
Egli prende a base la struttura bo-tanica
delle diverse partidelle piante
che somministrano droghe medicinali,
e quindi in tre famigliecomprende : a)
le droghe tirale dal sistema assile delle
piante;h) le droghe del sistema appen-dicolare
delle piante;e) le droghe som-ministrate
da pianteag"ime.
Ogni famigliaviene divisa in classe, la
classe in ordini,gliordini in gruppi ; e
così tenendo sempre di vista la struttura
anatomica delle droghe,con nesso scien-tifico
e facile si studian tutte le droghe
vegetalimedicinali dalle radici e dai riz-
zomi ai fiori ed ai frutti. Alla fine di o-
I gol gruppo di droghe il Macaluso fa un
[ riassunto comparativo dulie diverse spe-
I eie e varietà in esso comprese, il quale
jchiama Esercizio, che ha lo scopo di ren-
I dere più facile lo studio delle droghe,di riunire al metodo analitico il sinte-tico
in un breve e semplicissimoquadro.
j Avendo attentamente lettoillibro,pare! che l'egr.A abbia raggiuntostupenda-mente
lo scopo che si propose; e che ab-bia
fatto un lavoro veramente utile e per
tutl'i lati cximmendevole. Per non recar
che un solo esempio, tutta h parte che
tratta delle Chine'chine, (pagg.138-190)non può essere più chiara, più esatta e
semplice, perchè tu possa a bella prima
distinguereuna specieda un' altra, una
buona da una cattiva.
E qui ci restiamo, perché insufficienti
sarebbero le nostre lodi al .«.acaluso,
dopo quelle che uomini illustri e consu-mati
nella scienza gli hanno prodigate.
S. S.-M.
IL PLESSIMETRO £ LO STETOSCOPIO
pel doli. Isidoro Cai.oiro. i' ediz. Na-poli,
tip.Giannini. 1870.
Oggidì,che alla completaesplorazione
degli organiinterni del torace e dell'ad*
dome ed alla precisadiagnosidelle lor
malattie il medico ha trovato un gran
sussidio nella percussionee nella ascol-tazione;
la scienza,progredendosempre,si è sforzata di perfezionarequegliislm-
menti inventati a tal uopo, cioè ilpUs-sitnelro e lo ttetoseopio.
L'egregiodott. Caloiro ha messa fuori
questa sua dotta monografia • a bene
S04 MJOVE EFPeMERIDl SIGIUANE
"1eiriirlemedica e ad aiuto di chi res»*r-
ciln •fnella quale,tessendo la storia
della plessiinelria e della stetoscopiae
dando le norme necessarie alla esatta
«pplicacioncdei due strumenti ne* vari
casi,viene a proporre per entrambe delle
modiflcazioni pregevolied assennate, che
risultano,direi,dalla sottile na fiusta
«ritica ch*ei fa aglistes"%istrumenti nelle
varie forme fin qui adopratf.Il plessi-metroda luiproposto,e giàaoceiuto e"l
adoprato con vantaggiodal Tommasi di
Napoli, è di avorio«di forma ovale e
curvilineo in larghezi.i; molto comodo
per adattarsi aglispaziintercostalidegli
individui magri,e ili maggiorrisonanza
del plessimetrocircolare.Lo stetoscopioè di acero, in uiiic«" pezzo, con Timbulo
ad orlo rovesciato (p^T non recar mo-lestie
airinferrao),e am disco superiore
amovibile e concavo (per non esercitare
compressionesulPesterno delVorecchio e
modificare i suoni^..
Noi ci soDcriviamo,
in gciu"re,alle
conclusioni del Caloiro,e non saremmo
alieni dall'accogliereil suo plessimetro
« il suo stetoscopio; e mentre é nostro
desiderio che la praticade' medici rati-fichi
i vantaggigiàsegnalalidal chiaris •
^
Simo autore, desideriamo che il suo li-bretto
vada per le mani di molti dot- i
tori,specialmentedell'isolanostra,iqualiassai cose importantiche ignoranovi
imparerannodi plessimetriae stetoscopia
normale. E un ultimo nostro desiderio
ancora non vogliamotacere, che in al- '
tra edizione del pregievolissimosuo li-bro
il(Caloiroestenda un po'più la p.-irte'
storica,specialmenteper ciò che rignar- '
da lo steioscopio,che ail infinitemodi-ficazioni
é andato soggettofino alla re-,
conte del Nicmayer(Viicuoxilon).S. S.-M.
METRO NOTO BADGE-- Educa tuo fi-glio
,Libro d* Educazióne Nazionale,
voi. unico. Livorno 1870, pr. L. 4. I
(Questolibro di eleganteedizione rar-
' cogliePrecetli,Esempi,istruzioni suK
l'Educazione,e l'Autore Imi saput'iseo
glierea suo nobile scopo quelloche e' é
,
di piùgrave, nel governo o nel riordi-
I nameoto degliStali, l'educazione pub-
! blica per Tinsegnamento.L'operava di-
Ivisa in tre parti:la prima.Precelti;la
I seconda, Esempi ; la terxa
,Lezioni di
' morale ec^mtmiea. La parte prima,che
è come il fund"mcnto del libro,è la più
importanteperchèlratt.i dsM* Igienesino
alla Religione;o applicazionede* precettidi essa parte primasono gliesempidella
parte seconda,siccome compimentole le-
lioni di adorale della terza. Noi non ap-proviamo
quanto l'Autore dice a prupu-
fito della ReligiuDe,stante che avrcbb*.-
dovuto scrivere altrimenti di certe ma-terie
ch'eglidovette a suo tempo studiare
e conoscere: la Religionecom'eglila pre-senta
diviene o affare di sentimento,
o
affare di politica:la sua divinità è sva-nita;
e ilsacerdote è inutile ingombro ,
ovvero, com* egli1'Autore il crude og;*!
divenuto,un essere che « raccoglieild.»
sprezzo, l'abbandono» l'indifferenza(pa"
gina iSS).In mezzo ai pregidel suo li-bro
ilsig.Noto Badge ha seminato tali
mende, e falsigiudiziche in an libr " di
educazione fa uopo mancassero, perchè
sia libroche possa veramente riuscire di
utile a tutti,e di bene ai leggitori.I libridi educazione non debbono mai
sentire delle passionidel tempo;e avrem-mo
voluto che di questo si fosse sempre
ricordato l'egr.Autore, a cui non manca
ingegnoe abilità a riuscirbene ne' pro-positi.
V. D. G.
KNHIOiETTO ossia IL GALATEO DEL
FANCIULLO propostodal prof.CosTa^f-
Tiifo RoDBLLA. Operettapremiatadal
Municipiodi Torino fConcorso baruf-fi)
187i, presso G. B. Paravia.
Ecco un buono e caro libretto,che forso
nou avremmo se non fosse stato il con-corso
bandito dal benemerito prof.Baruf-fi,
per un buon Galateo. Cosi la gente "w
506 NUOVE KFFEMfilIUDl SIGILIANC
che escono fuori iJalle famose Carte Ar-boreti,
e la lin;ua e poesia«lai vecchio
Siciliano: ma avrà avute le sue ragioni
perchè si tacque, mentre tanto rumore
ni fa in Italiasopra ì delti Codici di Ar-borea;
e resta sempre airAutore la bella
gloriadi aver sapulo con questo suo
nuovo lavoro innalzare a Ciullo piùche
la statua che la sua città untale tarda
a erigereal primo Rimatore nella dolce
favella italica. V. D. (;.
LEZIONI DI STORIA UNIVERSALE con-dotta
$ino al 1867 con parlieofareri-guardo
alta storia d'IlcUia per Anto-nio
Matschru, prof,nel Liceo Fosca -
fini etc. IV* edii. (StoriaAirriCA,0-
rimlate-greeo'romana) Venezia 1871.
È per ordine ilprimovolume de' tre,
ne* qualiTegr.prof.Matscheg,ha dato
la sioriauniversale sino al 1815,la qua-le
sarà compiuta con un quarto volume
che giungeràsino al 1867. Dì questo vo-lume
non avremmo che a dire quellostesso che de' due precedentementestam-pati;
se pure non si dovesse aggiungere
che ci pare quest*ultimoanche avanzare
i primiin bella disposizione,ed essere
ben ricco di quanto giovialla storia in
cognizionispecialiarcheologiche,lette-rarie,
politicheed economiche de' tem-pi
antichi.
C'è poi una tavola cronologicache rie-sce
di assai utile nello studio,
e fa un
bel pregiodel voinme. anzi di tutto que-sto
Corso del Matscbeg.
Rispettoal giudiziod^llo storico sarà
più difficilela storia contemporanea, ma
CI verrà dal Matscbegtiicuram^nte un li-
libro degno del pacato e imparzialegiu-diziodi che ha dato esempio ne' volumi
stampati;ilche non sarà piccolalode al-l'
autore,
né piccolobenefizio alla gio-ventùstudiosa. V. D. G.
STORIA ECCLESIASTICA DI TAORMI-NA,
opera inedita di mons. Giovann*
Di Giovanni tradotta d.tllatino e con-tinuata
sino ai nostri giornidal sacer-dote
Fbthonio Grima ec. Palermo 1870.
Il Consigliocomunale di Taormina
provvedevasin dal 1865 che ross«;rodate
alla luce le due storie,civile eJ ecclesia-stica,
di Taormina, lasciate BIS. dall'in-signe
autore del Codice diplomaticoi-
culo, e (Mia Storia ecclesiasticadi ^ici-
lia,monsig.Giovanni Di Giovanni, taor-
minese, e de* piùillustriuomini che u-
liorarono la Sicilian"*lsecolo XVIII. Que-ste
due storie furono dall'autore scritte
in Ialino ; ma sono state pubblicateri-dotte
in volgare,la 'primacioè la storia
civilenel 1869, e questa,la ecclesiastica,
negliultimi mesi del 1870. Abbondano
in questo libro l'eruihziune e la critica«
die fanno un bel pregiodegliscrìttide|
Di Giovanni; e i prìmisecolidella chiesa
taorminese sino alla invasions saracine-sca,
sonv esposticon tanta ampieizadi
racconto e ricchezza di testimonianze,da
far assai dilettevolee importantela let-tura
del libro anche per chi non fosse
cittadino di Taormina.
li traduttore ha aggiuntoal te"to una
appendicesullo stato della chiesa di Taor-mina
dal 1750 al 1870,e siccome si do-vette
alle cure del Di Giovanni,che fu
Rettore del seminario arciv"»covile di Pa-lermo
(delquale seminario, oltre la sto-ria
de' seminari in generale,scrisse una
storia speciale,tuttavìa inedita,e conti-nuata
sino al 1859 dal Narbone),la Bolla
colla quale il Pontefice Benedetto XIV
concedeva al detto seminario ilprivilegiodella laurea dottorale in sacra teologia,il Grima ha pubblicatopure in fine del
libretto,come compimentodella prefa-zione,essa Bolla del 30 aprile17i9.
Lodiamo il Municipiotaorminese di
cosi onore^e deliberazione ispiratadiI vero amor patrio;e facciamo pure le no-
I s T' Ioli al traduttore sac. Grima per le
BULLETTINO BlfiLlOGRAFlGO 307
cure della traduzione ben condotta,e da
scambiare facilmente per originale.
V. D. G.
notizie: STORiCHe di Ca$ieliermini e
mo Urrilorio, per Gaetano Di Gio-vanni;
fase.IV. Girgenti,tip.Monles,
1871.
Questa nuova puntata dell'operapre-gevolissima
del sig.Di Giovanni contiene
tre capitolidel lib. Il*,i qualitrattano
della originemusulmana dei casali ca-
stelterminesi,delle vicendaloro in sullo
scorcio del secolo X, del periododi a-
narcbia e d i conquasso cbe segui tra il
1040 e il 1060»quando l'isola videsi a
un tratto divisa in molti piccolistatifra
loro rivali e guerreggianti;del ritorno di
tutto il territorioal nome cristiano die-tro
l'impresadel Conte Ruggiero;e de-gli
avvenimenti che ebbero luogoall'e-poca
normanna e svevo-angioina,cioè
dal 1087 al 1282.
Non aggiungiamolodi a quelledi cui
hanno fatto degnequeste notizie stori'
che,autorevoli rivistedltalia^tralequaliil PiopugìMlore di Bolognae la Rivi-sta
Europea di Firenze; e ci congratu-liamo
coll'cgregioautore, a cui facciam
preghieradi condurre prestoa icrinine la
si bene incominciata opera. G. F.
NOTIZIE DELLA VITA E DEGLI STUDI
del Conte Ldigi Cibrar.o, socio della
R. Accademia dellescienze,raccolte da
Fedirigo Sclopis,
Presidente della
medesima. Torino, Stamp4*riaReale
1870.
• Il nome di Luigi Gibrario, che fu
venerato e caro a quantiilconobbero vi-vente,
sarà a buon dirittocelebre presso
i posteri,così per le molte opere sue let-terarie
.come per avere con esse di-schiusa
la fonte di altrilavori che sipo-tranno
ancora condurre con gran van-taggio
della storia patria.•
Con queste parolel'illustreConte Fe-
derigoSclopischiude la notizie biogra-fico
-critiche intomo ad uno dei più va-lenti
scrittoricontemporanei,che con lo
ingegnoe col cuore seppe ai-^fuistarsialte dignitàin Italiae meritata roputa-
siono all'estero.
Delle qualinotizie non possiam dire
lutto ilbene che vogliamoperchéci par-rebbe
di ripetereciò cbe di altn scritti
consimili JelloSclopisavemmo a dire in
questeEffemeridia propositodel Manno,
del Maiteucci q del Mittermayer,soci del-la
R. Accademia delle Scienie di Torino»
e però elogiatida lui.Questilavori del-l'integro
Uomo distalo,del sapienteSto-rico
della Legislazioneitaliana,dell'illu-stre
Presidente dell'Accademia torinese,
hanno tutte il raro pregio.dell'affetto,*
figliodella lungaconsuetudine avuta dal-l'autore
colle p«"rsoiielodate,e la tem-
perania maggioredelle opinioni.Sicché
il giornoin cui eglisi persuadaa racco-gliere
e metter fuori in un sol volume si
belle scritture,
darà un nuovo est mpiodi ammirazione agliestinti,
e di devo-zione
alla patria,e appresteràdelle no-tizie
preziosealla storia delle scienze a
delle lettere. G. P.
PER EMBRICO AMARI L'ACCADEMIA
PALERMITANA 01 SCIENZE, LET-TERE
ED ARTI nella solènne foniate
del 18 (Zie.1870.Commemorazione. Pa-lermo
1871.
Questo librcUo contiene un Discorso o
Saggiosopra Emerico A mari e le sue o-
pere del socio avv. Francesco MaggiorePerni; alcuni ricordidi GiuscfpeDi Mon-za,
poesiegreche,latine« italianede'sigg.
GiuseppeDe Spuches«Giusep("eMonlal-
bano, Ugo Antonio Aioico,M^rio Villa-
reale,Gio. Di S.ilvo,e inscrizioni del prof.
Giuseppe Bozzo ; oltre una brevissima
narrazione della seduta accademita con-sacrata
alla memoria di Emerico A man
morto in Palermo a' 21 sett. 1870. Parta
principaledella tornata dcil'dccademia e
508 NUOVE KFPUKRIDl SIGIUANE
peròilirpiestolibrello,fa ildiscorso dd-
l'avv. Francesco MaggiorePerni ,che si
psiende per un 100 paginedi stampa, e
fa il rìtrattopiùcompilo che possa desi-derarsi
de'tempine' qoalivisse ed operò
TAmari come uomo politicoe professure(lidiritto;presentandocosi Timagìne as-sai
rilevata della mente e del cuore del-
rillosirefilosofoe virtuoso cittadino.
Ilsig.MaggiorePerni ha scrìttodell'A-
man come aiTettuosisissimoamico può
scrivere di maestro, la cui perditaper le
rare virtù di mente e di animo, pubbli-che
e private,si tiene da tuttiirrepara-bile.Pieno di savi giudizi,moderato in
mezzo a tanta esagerazionedi partiche
fa disperaredel buon senso, questo di-scorso
condotto in largodisegnoricorda
i Saggidel MacaUy, e, tranne qualchemenda nella forma,è un bell'esempiodi
lavori che diano tutto intieroun uomo il-lustre
co' suoi tempi e col suo paese.
L' Elenco de' mss. lasciatidall'Amari,
scientifici,letterarìi,politici,e di svariato
argomento, ha fatto maravigliaanche Ur
gliamici stessiche da piùanni godevanol'affetto-dell*Amari, e veneravano con
sincero rispettole virtùdi tant'uomo.Sap-
piamo che il conte Amarì farà disporne
per la stampa una buona raccolta dì essi
scrìtti,e siamo lietiche, pur mancato ai
vivi,il nome di Emerico Amarì tornerà
ft crescere novella glorìaallaSicilia.
Seguono al discorso del MaggiorePerni
i Hieardi di GiuseppeDi Mensa, ne' qualisi presenta l'Amari alla cattedra di di-ritto
penaledell'Università di Palermo
come primo maestro fra noi,e ispiratorene' giovani,della teoria del progresso
sociale;e in questiItieordi senti tutto
l'afTettoche un discApolopnò serban* in
cuore pelsuo antico maestro. Le poesìe,cioè la elegiagreca del De Spuohes,tra-dotta
in latino dal Mootalbano e io ita-liano
da Ugo Antonio Amico,la elegìala-tina
pur del Montalbano e le ottave del
Villareale,sono lapiùbellacorona che si
avesse potuto intrecciaresulla veneranda
testa dell'Amarì. Le iscrizioniraccolgono
infinetutte le lo"iidell'estinto,che
Mtbe tempre da tuttipiaueotamore
rispetto
e taeeiòdi te hh nome
ehe corre tenta macchia ai più lontani
nepoti.V. D. G.
1 VIAGGI DI GIO. DA MANi)A VILLA,
volgftrizzamentoantico toecano ora
ridallo a buona lezione ecc. per cut a
di Francbsco Zamnini; v. H. liologna
Romagnoli,1870, (preszoL. 7).
Questo volume secondo de' Viaggidel
Mandavillk,cosi egregiamentecuralo dal
eh. editore,non è meno importante,né
meno curioso del primo,che forse a-
vanza per stranezza di racconti,e bel-lezza
di narrazione. Molta parte del vo-lume
narra del gran Cane, e del prete
(ìiovaniii,e di meravigliee di usanze tali
di paesi, che il libro dà colla squisitaforma della buona linguapiacevolissimalettura. La descrizione del Catai e del
palazzodel Gran Cane ò cosighiottache
se non fosse dì piùpagine dovremmo
riferirlaper intero;e molte altre paginea saggio della linguae dei racconti sa-rebbero
eziandio a citare,
se ora che
questiViaggisi sono ristampatinon fos-sero
giàfacilialla lettura di chi volesse
cercarli. La Scelta di curiotilà che in e-
legantissimaedizione dà fuorì ilRoma-gnoli
si è arrìcchitacon questiViaggidel
Mandavilla di un bel gioielin; e noi
ne rìngrasiamoquanto più si possa il
eh. editore Comm. Zambrini, :he gover-na
sapientementee amorevolmenle cosi
caraS"^to \. D. G.
IL GIARDINO D'ITALIA,Pfre«rrtiia2Ìom
dìB. E. Mainbri. Opera prnniatadalla
Società pedagogicailaliana nelC anno
I87a Milano,tip.giàDom. Silvi 1871.
Attivissimo sempre e pur sempre ricco
di pensierie di affetti,il prof.Maineri
BULLBTTINO BIBLIOGRAFICO 509
ritrae in questo elegaotevolume (dipag.
270),le sue impressionidurante un suo
recente viaggioper la Toscana e per la
città di Ferrara. — Lucci, Firenze,Siena,
Pisa, Livorno e da ultimo Ferrara sono
le citta e provinceche eglivisitae delle
qualis'intrattiene,quando perrìoordarnela storia, quando por descriverne i mo-
numeiili sacri e profani, antichi e mo-derni
, quando per elogiarnei cittadini
più illustrineglisludi e nelle armi. L'o-pera
sua (iene delfa storia,del viaggioe
del romanzi» ad un tempo, e nondimeno
non ha la gravitàdell'una, la facile leg-gerezza
dell'altroed il lenucinio del ro-manzo.
Essa disegna,pennelleggiae co-lorisce
con mano maestra e leggieraquelloche il suo autore ha velluto;e i suoi di-segni
sono corretti,spiccati;le sue tinte
ben fuse;ì suoi colori vivaci,morbidi^
che danno bella intonazione all'insieme.
IlMai nerivi simanifesta in tutta la schiet-tezza
deir animo suo,amabile
, mesto,
delicato;amante delle gloried'Italia,de-volo
alla storia di lei,nemico di ogni
nmana bruttezza,pienodi senno, di ret-titudine
e di equanim tà : un uomo in-somma
che pensa come non pensano molti
parabolanie sputatondidei giorninostri.
Per servircidelle paroledella Commis-sione
pedagogicaitaliana,aggiudicatricede* premi,
il libro • è ricco di episodi,ed è scrittocon una rara felicitadi stile•;
sicché,anche per questo ci pare che il
Giardino dltalia sìa da lodarsi.£ si che
noi lovedremmo assaidi buon animo cpn-
sigliaiocome un buono e bel librodi let-
turti, e i"eròcome premioagliscolaristu-diosi
ed intelligenti. G. P.
RACCONTI di Salv. Malato Todaro. Se-conda
edizione, Palermo, L. Pedone -
Lauriel. editore,1871.
In questa ristampail benemerito edi-tore
sig.Pedone-Lauriel ha riunito quat-tro
racconti del eh. prof.Malato-Todaro;
de' qualiil primo ,Pietro Torrigiani,
pubblicatodi fnsco nella Rwitia Sicuh
e non mai fin qvi a parte; il secondo,
Flota, anch' esso pubblicatonel perio-dico
palermitanoe corso in un volumetto
che ebbe rapidospaccio;il terzo ed il
quarto. La Buca della talvezza e l'Amor
paUrnOygìiiapparsinell'elegantevolume
di RaccotUi popolari, editi in Palermo
nel 1862.
LabreviUi dellospazionon ci consente
di scrivere quanto per noi si dovrebbe
: di questo bel volume;del qualein parte
! fecero a suo tempo molle lodi il Tom-
'm.iseo ed ilGontìi,giudiciper ogni ra-
I gione autorevoli e ciedibili per onesta
I e per sapere. Pure non possiamo non
i congratularcicoH'egregioProfessore della
,
maniera onde son condotti questisuoi
lavori,e piùper la forma elettaoud'egli
riveste i suoi pensieried i suoi affetti.
Questo libro volle dedicalo l'A. a due
suoi buoni ed amorosi fanciulleltiiean-che
di questo ci congratuliamocon lui.
G.P.
GIAGOMIN DA ROMA. Novella di Fran-cesco
Zambrini. Bologna,R.Tip.1871.
I Tiiacomin da Roma è un ufficiaidi
I dogana,il quale un 30 anni addietro
stando in Faenza venne in proverbioper
la sua mania di fare il cascamorto ed
I il parassita.Una Tolta tra le altre,non
I invitalo interviene ad una cena in casa
di un Conte, dalla cui moglies'era ar-
! gomenlato di trovar grazia.Quivigliene
avvengono di tuttii «olori,da disgra-
! darne quelletanto comiche di Sir Wil-
' liens. Ebbro, è condotto al Pratel di
Mangone a riposar sulla neve, donde
.alcuni masnadieri, rubatolo,il traggono
I«allo spedale; e,
dall'ebbrezza guarito.I dopo uno strano avvenimentoper cui
; trovasia pericolodi vita,
torna libero
'"
a casa.
I È questa la novella saporitissimadcl-
I lo Zambrini,dalla qualevuoisi rica-
vare che in fondo in fondo i furfanti e
33
510 NUOVE EFFEMERIDI SIGILUNE
i mestatori vanno sempre a galla,ed il
mondo è sempre di chi sa pigliarlo.11
ritrattodi ser Giacomino ò una cara cosa,
ed eccolo qaalece lo dà l'autore: • Egli
era un omiciattolodi circa trentacinque
anni, vedovo con due fanciulle,bassetto
e pochinodella persona ,con un colai
visuccio animato, ritondello e colorito,
che sembrava una mela rossa appassita;
e se non fosse ch'egliaveva pure ilmento
adorno di'colali basettino di topo, sem-pre
di pomata lardellate,e d'un po' di
pizzetlo,e' non saria stato gran fallo ri-putarlo
una femminuccia in bracbesse,
piuttostoche un maschio. Ed oltre a ciò
pianto giulivoe lieto con qualevi vo-gliale
persona sempre si dimostrava,
e
soprattuttocolle donne ,che
,se io do-vessi
dipignerepropriola felicità,bene
senza tema di andare erralo,trarrei di
netto costui (pag.12).•
Quanti di codesti Giacomiiii non si
trovano in ogni città e paese t E chi sa
qual Giacomino non si trovi raffiguraloin qnellosi ben pennelleggialodallo
Zambrini t Dire poiche la novella come
lavoro di arte è bellissima,paraisover-chio,
perchéciò va inteso. Lo Zambrini
è così valente maestro nell'artedello scri-vere,
che é sempre nuovo piacerea leg-gerlo,
molto più quando la materia il
consigliad uno stilecome questo,feste-vole,
brioso e pieno di fine allusioni
che sapraniino d'agroa pia d'uno.
G. P.
IL GAROFANO CORALLO di Karel
Beroman.h, Traduzionedi Coucettina
Sampolo Mdzio-Salyo. Palermo, Gili-
berti editore,1871.
Il titoloche !'A. ha dato al suo rac«
conto non ha d% far nulla col contenuto
di esso. Il racconto parladegliamori non
lietidi un Renalo, che avendo pre."oad
amare una Susanna sua cugina,carirsi-
roa 0 virtuosissima giovinetta,partiloper^russelloebbe posto amore ad una Cla-
rice, giovanevaga ma civettuola,della
cui voltabilitàaccortosi,ritornò al primoamore. 11 sig.Bergmann vuol mostrare
che l'orgoglioe la vanità sono tanto sti-mabili
quanto la semplicitàe la mo-destia.
Egliha delle scene commoventi,
come ne ha altre di poco interesse per
la classe di 1eltoriai qualiil Garofano
potrebbemettersi in mano. L'A. è un
osservatore molto accurato, e sebbene
scenda talvolta fino alla maniera onde
venga ballato un Waltzer od una Polka;
0 al color brunaslro deglistivalettini
delle ragazze che ballano,nondimeno in
piùluoghipenetra nel cuore dei perso-naggi
con fstuJio e con sagacilà.
La traduzione della egregiasignora
Concettina Sampolo Huzio-Salvo « con-dotta
con molto garbve diligenza:il che
non è poco in una versione ove s'incon-trano
tante difficoltaquante non ne san-no
vedere coloro che di siroigliantila-vori
non abbiano fornitigiammai.G. P.
APPENDICE AGLI STUDI VARI di Al-berto
Bdscaiko -Campo. Trapani,tip.
Modica-Romaoo, 1871.
Al bello e meritamente lodato Volume
di Studi vari pubblicatonel 1867 l'illu-stre
A. ha fallo seguirora qnesVAppen-dice,
ch« contiene alcuni -^hriscrittiman-dali
fuori in varie occasioni dopo quel-l'anno.
Accenniamo di volo alle quattro
ìrtiert»Sulla linguad^Ilalia,su' Nuovi e-
lementi di grammatica italiana del Piaz-za,
Classicismo 0 toscanità La via di Dan-te
per la piaggiadeserta ,neNe qualiil
Buscaino mostrasi crilicoinsignee filo-logo
erudito e profondo;non toccheremo
nemmeno, che di passaggio,della Chiusa
che va da pag. 115 a 120.
e che parti
molto curiosa ed importantepelgiudizio
che V\. medesimo dà dell*»propri*»scrii-
ture: noi amiamo invece fermarci alle
Correzioni e giunteche fa al voi. degli
Studi,e tra questein ispeciea quelleche
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO Sii
riguardanole letterecritichesul vocabo-lario
dell'uso toscano del Paiifani.
Duolci moltissimo, in vero, il vedere
scesi ili lizza poco benevolmente due il-lustri
scrittorie filologiitaliani,come
il Fanfani ed il Buscaino, de' qualiin
grande pregio teniamo l'ingegnoe glistadi: duolci ancora più il doverci pro-nunziare
in una quistionetanta delicata.
Ognuno sa che il Buscaino,ilqualee
dal popolotoscano e da* libriha stu-diato
per t"ene la linguadell'uso e clas-sica
italiana,fu il primo a portare uria
criticaseria,sennata e garbatissimasul
Vocabolario dell'uso del Fanfani. Questi
se no adontò: e pur riconoscendo la giu-stezza
delle acute osservazioni del Bu-scaino,
molle ne accolse nelle Voci e
maniere del parlarfiorentino,stampate
lo scorso anno; a molle risposenel libro
medesimo,
ma con poca gentilezza,e
spesso con villania,ridendo de' non to-scani
che fannoridere i toscani veri colle
litrosmancerie ed improprietà.Quindi
continua qui e qua a dir peggio, dar
dell'asino al Buscaino, attaccarlo di ma-lafede
ec. .Ma il Buscaino gli risponde
'per le rime e senza pelisulla lingua;|.icogliedi contradizione da un passo
all'altrode' suoi libri e de' suoi assio-mi,
che vorrebbe da unico e solo oracolo
di linguaimporre a tutta Italia;appog-gia
con copiadi esempie ragioniquello
ch'egli,il Buscaino, ha affermato;e di-mostra
la poca lealtàdel Fanfani, pub-blicando
qualchebrano di letteradi ini,
che dicv al tutto diverso da ciò che nelle
Voci e maniere ha stampato contro il
nostro siciliano.— " Noi, guardandosenxaidee preconcettee senza passionela cosa,
confessiamo cbe 1'uno e l'altroscrittore
ha ecceduto, ma che il Buscaino non ha
poi tutto 0 il principaletorto ; e messo
nei suoi panni, chiunqueavrebbe fatto
lo stesso e peggio.Ma le paroleson pa-role,
e vogliamoaugurarciche rimanes-
sor tali,
e i due valenti nomini cessas-sero
da queste dissidtoze che portano
poco prò'e mollo danno alle lettereita-liane.
S. S.-M.
STATUTI MINERARI della Valle di Bros-
so del secolo XV, per A. Bertolotti.
Torino,stamp. reale,1871.
LTtalia deve non poco al valente e
laboriosissimo signorAntonio Bertolotti
per i molti suoi studi d'ognimaniera.
ma più di lutto storici,sul Canaveso;e
i lettoridel nostro Periodico ricorderan-no
quanto scrivemmo de' Fasti Cana-
vcsani dell'islesso autore. Qggieglicimanda il preziosodono del soprannotato
libretto,nel qualenon ò chi non rico-nosca
una grande importanza anche dal
solo titolo.Pur l'A. ha voluto arricchire
la pubblicazionedegliStatuti con molte
notizie sui vari statuti minerari di varie
Provincieitaliane, con la storia delle
miniere di Brosso, oltre ai cenni storici
sull'industria minerale del Piemonte ed
alleopportunissimenote comparativecon'
altriconsimili statuti delle italianePro-vincie.
Gli statati di Brosso,'parte in
latino e parie in italiano,
cominciano
dal 1497 e vengono, colle successive ag-giunte,
fino a quelliriformati nel 1602.
Noi facciamo all'illustreA. le nostre sin-cere
e cordiali congratulazioniper que-sta
nuova operetta. S. S.-M.
TRAGEDIE D' EURIPIDE, tradotte da
Giuseppe De Spuches. Napoli,1871.
Questo volume si compone de' capola-voridi Euripide,cioè dell^Medea, del-
Vlppolilo,delle Fenicie,deWEeuba, del
ResOp del Ciclope,e di nbte critiche,fi-lologiche
,storiche e mitologichesopra
esse tragedie,che ora sono state raccolte
insieme in seconda edizione per cura del-l'
egregioprof.FrancelcoPrudeozano;il
quale,ha premesso al volume una Ma
prefaiioncellae sulle tragedied'Euripi-de,e soi pregidi questa versione del
De Spuches.Di qutste versioni una
512 NUOVE EFFEMERIDI SICIUANE
cioè VlppoiUo, osci la prima volta in
questo perìodico, e però i nostri let-tori
sanno bene quanto sia il valore,
e
come poeta originalee come grecistadel-l'
eg. traduttore,nò ignorerannola bella
fama, che gode iiiItalia,iu poesia.in
archeologia,in letteregrech*;.Pregiosin-golarissimo
di questeversionidel De Spu-
ches è il fartiscordare che hai a mano
una traduzione,e ilsaper vincere colla
rima nc'Cori difficoltàche parrebb4*roin-superabili
al verso scioUo;e poi l'usarti
sempre linguae frase classica ed elegan-te.
Delle versioni del !""Spucliesabbiamo
il giudiziocompctentissimodel Tom-maseo
e dell'Ambrosoli,di molto onore
al nostro siciliano:e sulla Medea tenne
TAmbrosoii di proposilouna Lettura al
R. IstitutoLombardo nell'adunanza del-
1*8 febbraro 1866. Nella qualeLettura,
assaidotta e da maestru.si accenna spesso
al Bellotli;e si conchnide sopra i due il-lustri
traduttori d'Euripide,che • può
• dirsi onorevole al sijr.De Spuclies,che
• la sua versione debba piacereed esser
• lodata in un paese a cui Felice Bellotli
• ha donata la sua; nù sani piccoloac-
• creseimento di fama e testimonianza di
• merito al Del lotti,che la sua trailu-
• zione non sia falla dimenticare da qua-
• sta del sig.De Spuches • (p. 10). In
questo annunzio non possiamoriferirea
saggioluoghie versi di queste versioni
del De Spuches: ma noD possiamonon
dire che bella gloriaviene alla Sicilia
dalla fama del De Spuches,poeta di forme
cosi classiche,e cultore di studi sifTatlt
che, nella presentedeclinazione deglialti
e severi sludi letterari,può dirsi col suo
esempio non esser del tutto venuti meno,
e restare tuttaviachi sappiacoltivarlino-bilmente
e con degna lode. V.D.G.
GRILLO OSSIA IL BANDITO SICILIA-
NO. Cauti XII di Carmelo Piola, tra-
tportatiin italiana favelladal prof.
CiusBPPE Cazzino. Palermo, 1870.
Non è queslo illuogodi parlaredel-
l'originaledì questa traduzione,ilquale
allorché usci in luct*col titoloGriddu o
tia lu sbannutu ticilinnu(Palermo. 1861)
meritò i giustiplausi di quanti sanno
timere in pre^o non pur la buona poesia
ma altresìla lelleralura di dialetto.
Vogliamo solamente toccare della ver-sione
del eh. prof.("azzino,con)equellache ad una certa fedeltà,soli'ogni ri-spetto
lodevolissima,unisce la facilee-
leganzache si è usi di ammirare in o-
pere consimili dell'illustreProfessore di
Genova. E perchè le nostre paroleab-biano
una evidente prova, scegliamocosì
come vien viene una ottava del b«'lpoe-ma
d«*lnostro concittadino,per farla se-guir
subilo dalla versione italiana del
Cazzino. Il poeta,caldo di amor patrio,
celebra la Sicilia,e nella pienadell'af-fetto
esclama:
Bedda Siciliamìa, lu si'l'elctui
Mudellu chi l'Elernu ha ironiaginatu;
'Nzoccu si trova in tia tuttu è pt^rfi^ttu,Tutlu ò duci armunia, tuttu è pisutu:
E sidd'accadi spissuchi l'elTetlu
Nun è siccomu fu predestinatu.
La culpanon è tua; ma l'omu infami
E* chi nun sì sazia mai ntra liso'brami.
E il prof.Cazzino con molta feliciuidi
corrispondenza:
Beila Siciliamia, lu sei l'eletto
Model ch'ebbe l'Eterno immaginato;Però che quanto ò in te tutto é perfeiloTutto armonico e tutto ponderato.
E se tal fiala incontra che rcfrelto
Non risultiqualfa predestinato.Tua la colpanon è, sì dell'infame
Uom non mai sazio di sfogarsue brame.
Esempìcome questo potrebberoaddur-
senc moltissimi ; ma questo solo parci
sufficientea conforma del pensiernostro.
Intanto non possiamonon render vive e
colme grazieal valoroso traduttore,della
premura ch'egliprendenel far conoscere
le cose nostre aglialtriprovincialid'I-talia
,i quali non ne saprebberoforse
5i4 NDOVB EFFEMERIDI SICILIANE
lor fortuiiala ma ingloriosapossanza di
un tempo dalla non immerilata ooova
grandezia; nella qualepar trova» come
ognialtro scrittore,grandifattida lodare
ed eccessi da biasimare. La Francia gli
ispirasentimenti generosi, ben diversi
da quelliche molti poHtidei di nostri
si sono argomentalidi manifestare a pro-posito
della terribileguerra che ha con-tristato
il cuor d'Europa.Vorremmo avere spailoda apprestare
un saggiodella bella poesiadel De Alar-
chi, ma esso ci manca affatto,e noi ci
rimaniamo congratulandocicol nostro ca-rissimo
amico, ilqualecon tanta ispira-zioneed eleganzasa scrivere e poetare,
ti. p.
INAUGURAZIONE del Ginnaiio e della
Biblioteca di Partinieo. Palermo,1871.
Le belle isiiluzioniche diedero luogoa' lavori contenuti itiquesto volume sono
ben note ai nostri lettori; e però ce ne
passiamo,
non senza ricordare ch^ so-pratutto
dellaBiblioteca,Partinieo va de-bitore
a quel carissimo Carmelo Pardi,che ne fece sua cura, delizia e stadio.
Precede il volume una dedicatoria al
Sindaco di Partinieo,8Ìg.Gius.LaFranca,scritta dal Pardi. Segue una relazione
dello stesso sulla Pubblica Itlruzione in
Partinieo,dalla qualeapprendiamoche
quelComune ha 17 scuole con 479 allievi,
per le spese delle qualiha giàstanziato
la cilra di L. 6")48 ; una Biblioteca con
4000 volumi;una Società operaiacon ol-tre
100 soci intesi ul mutuo soccorso in
prò degl'infermie all'eserciziodHIc buone
virtù cittadine.Segue ancora un Discorso
inauguraledel sig.Molisi, all'apertara
delle teoole ginnasialie della scuola tec-nica,
dove con molto calore dice della i^
struzione in riguardoal concetto politico,
religiosoe morale. A questa prosa ten-gono
dietro poesiedi vari autori,qual-cunaun po' arguta ; ma nell'insieme
troppe.
Per la Inaugurazionedella BibUoleea
vi ha il giàannunziato discorso del Par-di
,che non poteva essere più acconcio
alla fausta circostanza: pienodi afletto,
come sempre il Pardi.di nobili senti-menti,
e di desiderigenerosi.Moitoerudito
é UD Diseorto bibliografi.o del sig.Poma-
Cangemi:dove sono però alcune inesat-tezze
da correggere, tra le qualibisognadire che non fu iiessarinoma Bessariooe
quegliche arricchì con altrila Marciana
di Venezia. Inoltre la Biblioteca (dell'U-niversità?)
di Torino non contiene 100000
ma 325000 volumi; e del pariquelladi
Padova 80000 non 80O0O; 174,(JO0e non
90000 quelladi Napoli; 130000 e non
40000 quelladi Pietroburgo;16000 e non
70000 la universitaria,
e 430000 e rvou
850000 lamaggioradi Copenaghen,e cosi
di seguilo.Forse l'egregiosig.Poma at-tinse
talinotizie a fonti non recenti.
Anche quile poesienon mancano; ma,
ripetiamo,son troppe ,e forse sarebbe
stato megliofaro più piccoloil volume
consacrando partedella spesa di esso alla
compera di libri più utiliche non sono
i versi talvolta oziosi. lì. P.
I COMPILATORI
Vincenxo Di 0iovaniii
0iii8eppe ntrè
Salvatore Salomone-Marino.
INDICE
DI QUESTO n ANNO
SCIENZE MORAU
Uno scolare del Miceli e Vab. Benedettino G. Rivarola. V.
Bi Olovaimi pag. 5-61
Della filosofiain Sicilia dagliantichi tempial secolo XVII.
V. Bi Oiovaonl. i 173
L'Onore, 0. Canta.. .
• 487
SCIENZE FISICHE E NATURALI
Emitteri siciliani.Fr. Mina Vnlnmbo 67-117
Perchè i venti che spiranoda' deserti tropicalisono caldi
si di giornoche di notte. O. Xiocicero • 157
La fiamma e la vita. O. Xiocicero " 256
Sull'eia geologicadelle rocce secondarie di Taormina. 0. Se-
qnensa " 484
LETTERATURA
Dell'antica canzone di Lisabetta citata dal Boccaccio, "•
Vigo 14
De'' Vocabolarii siciliani. 0. Pitrè " 20-85
Lettere inedite di V. Coosin a Salv. Mancino. V. Bi dio-
vanni 52
L'entrata di Marcò Antonio Colonna in Palermo e i canti
di FilippoParata. S. Ooccliiara'
" 74
Sul dialetto greco di Sicilia.Z. Carini 109-159
Canti popolarisicilianie scandinavi. SS. Schneekloth. » 196
Le odi di S. Sofronioscoperteda Pietro Matranga. F. Ori-
spi 202
Di T. Giunio Calpumio e di tre suoi volgarizzatori.V,
A. Amico " 259
La Sicilia e la sua Civiltà. T. Vommaseo » 267
Canzone antica. Xi. Vigo. » 330
Di alami Trattati di Mascalcia ora pubblicatiper la primavolta da P. Delprato e L. Barberi — Maestro Moisé di
ol6 NUOVE EFFEMERIDI SiaUANC
Palfwioe gliantichi testidi Mascalcia in volgaresiciliano,V. Di aiovanoL » 352
La QuestionedellePergamenede' Codicidi Arborea. T, "an-
dsicio » 359
L' Idillionell'Artegreca ". MitcliM » 386
Paolo Mtmra poeta siciliano del secolo XVII. "• Oa-
vmmmau t 395
SugU AtieddoU Sicilianidi A. Longo e il discorsodel dottor
Hartwig II. Vfffo » 400
BelU ArU e Civiltà.M. CavallaH " 461
BELLE ARTI
Intorno la copiadi una delle storie a musaico della Cap-pella
palatinadi Palermo. CI. Bono. » 37
Due statue del sec. XF, in S. Maria di Gesù Z. De MI»
eliele i 135
Illustrazionedi un tritticoesistentenella pinacotecaComu-nale
di Termini'Imerese. Z. He MUchele t 18^
Tavola cronologicadi PittoriScultori e Architetti Siciliani
0 dimorati in Sicilia dal secolo XII al XVIII. M. Oa-
leotti \ » 335
STORIA ED ARCHEOLOGIA
Il monastero di S. Maria delle Ciambre presso Borgetto.S. Salomone-BSarino. » 28
Ricerche Slave in Italia V. Bf ortillaro » 126
Iscrizione greca di Siracusa. Z. Carini — "• Sery-
manoa * 237-239
Di un documento inedito riguardanteuna delle anticheporte
di Palermo. "• Starrabba. » 244
Censimento delia popolazionedi Palermo fattonel 1479,"•
Starrabba " 269
Brano di un Codice Cefalutanoinedito del secolo XIV.
I. OaHni » 317-445
Di Giovanni Naso e della IntroduziortedelVarte tipograficain Palermo. "• Starrabba '.
.» 470.
POESIA
Ippolito.Dramma di Euripide,versione. O. Be Spnclies. t 39-93
107-273
INDICE 517
A Lionardo Vigo Sonetto. 0. ttassino'
t 98
Gottscholk 0 il musico della Morte. ". Usto Brano..
• 137
Ad I. T. D'Aste. I». Uzio-Smno » 28i
Saggiodi Teocrito.Le Talisieversione. "• BKitcliell. t 388
Ad ÙBsarem CantàlDe suo libro Buon senso- e buon cuore.
Stanrenglii e Bernardi " 429
AWaw. G. Franciosi e a Pia Bat^sotti.Sonetto. CI. 0nB-
slno » 432
Sull'esilioe sulla morte di Ovidio,elegiadi A. Poliziano
Versione. Xf.Poma-Oangemi • 491
Versi inediti.Wi. BRusio-Salvo " 493
RACCONTI E NOVELLE
Stella e Kiuperli.". Vigo '.....• 128-188
CRITICA
Solenne tornata deirAccademia palermitanadi Scienze e Let-tere
in memoria del suo socio MonsignorBenedetto D^Ac-quisto.
S. Salojnone-BCarino " 53
Gioberti e la filosofianuova italiana per Pietro Luciani. V.
Di Giovanni » 100
Sidlianische Màrcheny A B'A t 103
Sofismie Buonsenso,
Serate Campestridi V. Dì Giovanni.
Xr. Tommaseo " 141
Buonsenso e Buoncuore^ Conferenzepopolaridi Cesare
Cantu\ S. Salomone-BCarino " 143
Della Storia della Baronessa di Carini. S. Salomone-
Biarino " 145
Biblioteca storica e letterariadi Siciliadi 6. Dì Marzo. O.
«tré » 148
Scrittivari di Carmelo Pardi. 0. BItrè » 149
Memorie storiche intomo al governo d^lla Sicilia per F.
Bracci. O. Titrè. " 215
Costanza vince Ignoranza per 6. L. Craik. CI. Be Ca-stro
.t 217
Ricerche intomo al Libro di Sindibdd per Don. Cohparbtti.
O. Wtrè • 218
Annuario scientificoed industriale di T. Grispigni e L. Tre-
VELLiNi. BK. Siciliano t 222
5t8 NUOVE RFFKMBRIDI SICILIANE
Su talune'questionietnografiche^Lettera di F. Randagio. CI.
Wtrè. # 228
Filosofiaelemertlarea norma dei programmigovernativi^di
P. Morello. V. I"i CHovanni " 286
Elementi di Filosofia^di A. Maugbri " ivi
Manuale di Filosofiaelementare di G. La Rosa ...» ivi
Sulf Ecclisse totale di Sole del 22 dicembre 1870 per A. A-
gnello. M. Siciliano » 288
Supplimentoperenne alla nuova Enciclopedia.0. ntrè. » 291
Liriche sceltedi poetialemanni,versione di A. Db Habchi.
O. Pftrè .294
DeW Artificiopraticode* musaici antichi e moderni per G.
Riolo. B. O. riaocchietti.
» 299
Studi di Storia sicilianadi L La Lumia. 0. ntré..
» 301
V Esercito italianonel passatoe nell'avvenireper C. Mariani.
O. «tré..
» 303
Cecco d""Ascoli Racconto di P. Fanfani. V. Bi OiOTanai. • 410
Vita di B.d'Alviano,per L. Lbònu. 0. Pitrè. ...» 413
/ Viaggidi G. da Mandavilla per cura di F. Zambrim.
V. B. O,
. . .» 424
Sul Vocabolario poligloUoper C. Mknsingbr con prefazionedi
B. E. Maineri. O. Mensinger » 426
Giovanni Villaniund die Leggendadi StesserGianni di Pro-
cida,von Otto Hartwig. 0. ntrè » 494
Breve Storia della Costituzione ingleseper E, Ricotti. 0.
«tré » 497
La vegliadi Venere. Versione del latino per U. A. Amico.
O. «tré » 499
VARIETÀ
Curiosità storiche siciliane.S. Salomone-Marino..
47-98-139
Conferenzeper glistudi del Dialetto siciliano.0. Vitrè. » 227
Lettere ineditedi G. Borghi,G. Capponi,G. Pucci. .
» 406
Il titolodi Don. V. B. O » 428
L^Ecclissi totaledi Sole in Sicilianel dicembre del 1870. Se-duta
delVAccademia di Scienze e Lettere di Palermo.
» 433
Varietà 55-104-181.229-308-436-501
BIOGRAFIE E NECROLOGIE
Ricordo di Antonino Gattuso. O. Pardi " 49
INDICE S19
Emerico Amari. V. Bi 0loTaiiiil » 306
RaffaelePoliti.O. V i 307
LuigiCibrario. 0. P " 307
BULLETTINO BIBUOGRAFICO
(N.B.Notiamù pir 9rdm€ alfabeiie»gU AtUori 4% cui ni parlato: U nwnéro m-
dka ìa pagina,)
Accuno A. 158. — Amico U. A. 235. — Aradas A. 108. — BattistinoS. 316. —
BergmanD 6. F. 106-236. — BergmanD Karel 810. — BertolottiA. 8ii. — Borgo-gnoniA. i84.— BoxzoG. 234-442. —Bnscaino-Campo A. 810. — Caloiro I. 803.^
Cantù C. 107, 235, 440. — Capuana L. 443.— Cardile G. 311.— Canni I. 316.—
Gatara-LeftieriA. 315. — CerquetUA. 234. — Ciofalo 6. M. 232. — Coco-Zanghi
C. 57. — Cani E. 442. — Coslanlioo G. 236. — De CasUo G. 315. — Del Prato P.
105. — Del Rio P. 311.
— De Marchi A. 235-513. — De PnymaigreTh. 106. — Di
Giovanni Gael. 156-507. — Di Giovanni Giov. 806.— Di Mano G. 232. — Di Mauro
di Polvica F. 106. — Di Stefano Isaia N. 805. — Pomari P. 314. — Fianceschi G.
156.— Gabrieli A. 56. — Gar T. 312. — Gaisino G. 512. — GiliberU F. 232.—
Maealvao A. 508. — Mainerì B. E. 107, 312, 508. —Maiorca G. 154. — Malato-
Todaro S. 509. — Marchesano V. 106. — Matscbeg A. 441-506. — Minà-Palmnbo
F. 57. — Morandi L. 235. — Morello P. 231. — Mulè-Bertòlo G. 236. — Mnrio-
Salvo R. 80. — Moiio-Salvo Sampolo C. 810. — Noto-Bad^eP. 804. — Orlando G.
M. 314. — Pagano V. 87. — Pasca C. 440. — PasqaaligoC. 80. — PeDnisi-Mauro
A. 154. —Perez G. 88.— Piantierì F. Ì07.--Picone G. B. 163. — PignoccoF.
231. — Pio 0. 313.— Pìola C. 106-812. —Pompa R. 439. — RagOM D. 183.—
Ramondelta FUetì C. 60. — RighiE. S. 186. — Riolo G. 80. — Rodella G. 804. —
Sampolo L. 443.— Saya N. 314. — SclopisF. 238-807. — SiragusaG. B. 312.—
Spano G. 233, 318, 349 — SpucbesG. 811. — Te» E. 86. — Toti A. 441. —Ùda
F. 314.- Vannncci A. 234. - Fori 4U. 807, 813, 814.-VeralU B. 4M.— Vigo
L. 108,808. — Zambrìni F. 188,806, 809, 813. -Zoncada A. 444.
Séoet ehe ii#n hanne pagato il Periedie#
Dopo i vari annunzi nella copertinadel Periodico e le Ire Cir-colari
agliassociati che non han pagato ancora il prezzo di loro
associazione,siamo costretti ad invitarli pubblicamenteacciò sod-disfino
al più presto il loro debito.
NoUrbtrtolo Filippo— Palermo L.
Simiani Carlo — laem
Saya-MoletiProf. Scipione — Messina
Catora-LeltieriProf. Cav. Antonio — Idem
Messina-Faulisi Michele — Alimena,
Mastriani Prof. Giuseppe— Napoli
£3rrelliCav. Camillo — Idem
arsala Atv. Gaetooo — Idem
Lombardi Prof. Eliodoro — Cefalo
Coco Prof. Giuseppe— Acireale
Cali Giovanni — Idem
Sbano Prof. Corrado — Nolo
Municipiodi Noto
Russo Vincenzo — Partinico
Rac^sugliaGaetano — idem
Lo Vasco Sac. Giuseppe — idem
Cannisso notar Raffaele — idem
Giordano dott. Alfonso — Lercara Friddi,
Municipiodi Villalba
Florena aw. Andrea — MistretU
LipariBiagio— Idem.••:•••
Ministero della Pubblica Istruiione — Firenze....
Galati-Fiorentiniaw. Domenico — Idem
Amodei Pietro — Sambuca-Zabut,
Fruscella prof.Niccola-Marìa — Campobasso .....
Sganga dott. Giuseppe— Ciminna
Impelliixerisac. Santi — Alcamo
Biblioteca Comunale di Mantova
InghilleriCalcedonio — Termini -Imereee
Tiiolo Vincenzo — Castelvelrano
Storiano can. Gaspare — Mazzara
Costanzo prof.GiuseppeAurelio — Cosenza
Palazzolo sac. Antonino — Terrasini
Gabrieli prof.Andrea— Bari
Muscìotto-Juppasac. Silvestre — Geraci-Siciilo....
Boncooapagni prìncipeBaldassare — Roma
Russo-Signoreriican. Antonino — Paterno
Vento ArcipreteGiuseppe — Sciacca
Carella Antonino— Palermo
Lombardo Gaspare — Idem
Augellodott. Pasquale— Delia
Bonomo Salvatore — Palermo
Alagna-Spanòprof.Antonino — Marsala
^caminacl Luigi — S. Margheritadi Belice. . .
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Biblioteca della Camera dei Deputati— Firenze...
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// Gerente: Pietro Montaina
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