Nunatak 7

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Per contatti: Nunatak c/o Biblioteca Popolare Rebeldies via Savona, 10 12100 Cuneo e-mail: [email protected] NUNATAK rivista di storie, culture, lotte della montagna. Numero sette, estate 2007. Supplemento al n. 1 (68), aprile 2007, di ¨ALP¨ - vos ëd l’arvira piemontèisa. Reg. Trib. di Biella n. 207 del 7/5/1975, Dir. Resp. Tavo Burat. A causa delle leggi sulla stampa risalenti al regime fascista, la registrazione presso il Tribunale evita le sanzioni previste per il reato di ¨stampa clandestina¨. Ringraziamo Tavo Burat per la disponibilità offertaci. Pubblicazione a cura dell’Associazione Culturale Rebeldies, struttura senza finalità di lucro. Per pagamenti copie e contributi economici: Conto Corrente Postale n. 69975381, intestato ad Imeri Alessandra, Cuneo. Stampato in proprio presso la Biblioteca Popolare Rebeldies. Cuneo, luglio 2007. Prezzo di copertina: 2,50 Euro. Per il momento non si effettuano abbonamenti. I N COPERTINA COPERTINA COPERTINA COPERTINA COPERTINA L’uomo selvatico, figura leggendaria diffusa in tutto il mondo, specie nelle zone montane. Legame fra il mondo degli uomini e la natura incontaminata, segna la stretta dipendenza del primo nei confronti della seconda. Nelle leggende alpine, il selvatico è portatore di conoscenza ed insegna l’arte casearia ai montanari. Si nasconde, però, quando questi si fanno troppo invadenti, cercando di catturarlo; ci fa pensare ad una natura madre che si ritrae quando l’uomo cerca di asservirla e corromperla. NUNATAK Con questo nome, originario della lingua dei popoli nativi del polo artico, sono denominate le formazioni rocciose che spuntano dalla coltre ghiacciata della Groenlandia e del circolo polare antartico. Si tratta in effetti delle vette di alcune, le uniche al giorno d’oggi ancora coperte dai ghiacci perenni, di quelle montagne su cui, all’epoca delle glaciazioni, si rifugiarono embrionali forme viventi che, con il ritiro dei ghiacci, ripopolarono di vita il pianeta. Dinnanzi al dilagare degli scempi sociali ed ecologici prodotti dalla società della Merce e dell’Autorità, le montagne della Terra tornano ad essere lo spazio della resistenza e della libertà. Affinché una vita meno alienata e meno contaminata possa, giorno dopo giorno, scendere sempre più a valle. Il prossimo numero di Nunatak è previsto in autunno (settembre 2007). Chi fosse interessato a contribuire alla rivista può met- tersi in contatto con la redazione tramite lettera o po- sta elettronica utilizzando i recapiti indicati a fondo pagina. Per pagamento copie ed arretrati si può utilizzare il Conto Corrente Postale n.69975381, intestato ad Imeri Alessandra, Cuneo. Prezzo per copia: euro 2,50. Per distributori, edicole e librerie sono previsti sconti anche su quantitativi limitati di copie richieste (minimo 3 copie). Si segnala inoltre che la redazione è disponibile ad ef- fettuare gratuitamente presentazioni pubbliche della rivista. Gli arretrati di Nunatak, ad eccezione del n. 6, sono esauriti. Si possono comunque scaricare dal sito internet: www.ecn.org/peperonenero

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NUNATAK rivista di storie, culture, lotte della montagna. Numero 07

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  • Per contatti:

    Nunatakc/o Biblioteca Popolare Rebeldies

    via Savona, 1012100 Cuneo

    e-mail: [email protected]

    NUNATAK rivista di storie, culture, lotte della montagna.Numero sette, estate 2007.Supplemento al n. 1 (68), aprile 2007, di ALP - vos d larvira piemontisa.Reg. Trib. di Biella n. 207 del 7/5/1975, Dir. Resp. Tavo Burat.A causa delle leggi sulla stampa risalenti al regime fascista, la registrazionepresso il Tribunale evita le sanzioni previste per il reato di stampa clandestina.Ringraziamo Tavo Burat per la disponibilit offertaci.Pubblicazione a cura dellAssociazione Culturale Rebeldies, struttura senza finalit di lucro.Per pagamenti copie e contributi economici:Conto Corrente Postale n. 69975381, intestato ad Imeri Alessandra, Cuneo.Stampato in proprio presso la Biblioteca Popolare Rebeldies.Cuneo, luglio 2007.

    Prezzo di copertina: 2,50 Euro. Per il momento non si effettuano abbonamenti.

    IIIIINNNNN COPERTINACOPERTINACOPERTINACOPERTINACOPERTINALuomo selvatico, figura leggendaria diffusa in tutto il mondo, specie nelle zone montane.Legame fra il mondo degli uomini e la natura incontaminata, segna la stretta dipendenzadel primo nei confronti della seconda. Nelle leggende alpine, il selvatico portatore diconoscenza ed insegna larte casearia ai montanari. Si nasconde, per, quando questi sifanno troppo invadenti, cercando di catturarlo; ci fa pensare ad una natura madre che siritrae quando luomo cerca di asservirla e corromperla.

    NUNATAKCon questo nome, originario della lingua dei popoli nativi del poloartico, sono denominate le formazioni rocciose che spuntano dalla

    coltre ghiacciata della Groenlandia e del circolo polare antartico. Si tratta ineffetti delle vette di alcune, le uniche al giorno doggi ancora coperte daighiacci perenni, di quelle montagne su cui, allepoca delle glaciazioni, si

    rifugiarono embrionali forme viventi che, con il ritiro dei ghiacci,ripopolarono di vita il pianeta.

    Dinnanzi al dilagare degli scempi sociali ed ecologici prodotti dallasociet della Merce e dellAutorit, le montagne della Terra tornano ad essere

    lo spazio della resistenza e della libert. Affinch una vita meno alienata emeno contaminata possa, giorno dopo giorno,

    scendere sempre pi a valle.

    Il prossimo numero di Nunatak previsto in autunno(settembre 2007).Chi fosse interessato a contribuire alla rivista pu met-tersi in contatto con la redazione tramite lettera o po-sta elettronica utilizzando i recapiti indicati a fondo pagina.Per pagamento copie ed arretrati si pu utilizzare ilConto Corrente Postale n.69975381, intestato ad ImeriAlessandra, Cuneo. Prezzo per copia: euro 2,50.Per distributori, edicole e librerie sono previsti scontianche su quantitativi limitati di copie richieste (minimo3 copie).Si segnala inoltre che la redazione disponibile ad ef-fettuare gratuitamente presentazioni pubbliche dellarivista.

    Gli arretrati di Nunatak, ad eccezione del n. 6, sono esauriti. Si possonocomunque scaricare dal sito internet: www.ecn.org/peperonenero

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    SOMMARIO

    EDITORIALE PAG. 2 LUOMO DEI BOSCHI PAG. 6 NOTE SU FERROVIE E TERRITORI MONTANI PAG. 18 DOLCINO, MARGHERITA E LA RESISTENZA MONTANARA 700 ANNI DOPO PAG. 23 R/ESISTENZA APUANA, R/ESISTENZA ALPINA PAG. 31 SORGENTE DI VITA, SETE DI PROFITTO PAG. 41 NO OLIMPICS ON STOLEN LAND PAG. 45 IN MEMORIA DI BIAGIO P. PAG. 55

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    EDITORIALEIl silenzio, ad ascoltarlo, si rivela pieno di vita. Mille ronzii di insetti tutto intorno, il richiamo diun uccello fra gli alberi, il fruscio di un vento leggero che accarezza i pini, il ritmo di un cuculoin lontananza. Il sole del mattino scalda laria che profuma tenue di rododendri. Sdraiatonellerba, fra le formiche indaffarate, guardo in basso, da dove arriva come un ringhio som-messo. Laggi dove il prato incontrava il margine del bosco che si inerpica sul monte, urlauna grossa striscia grigia e marrone. Il nastro arancio della rete di un cantiere circonda laferita alla terra. Dentro, due ruspe stanno mangiando la montagna. Omini piccoli piccoliereggono una colonna in cemento. Assurda, in mezzo alle tonalit di verde e alla maestositdei pini. la civilt che avanza, dicono, luomo che domina e soggioga la natura. A mesembra solo lennesimo disastro.Nelle pagine di Nunatak ricorrono spesso spunti e riflessioni che vogliono tendere ad unaricerca di una vita meno sofisticata, pi libera, anche dalle menzogne della fede nel progres-so e dai lacci di una tecnologia onnipervasiva. Una vita costituita da legami e rapporti umaniautentici e non mediati, una vita, perch no, pi selvaggia.In molte delle ricerche che ci capita di fare nellintento di conoscere meglio il passato dellemontagne a noi vicine, capita spesso di imbattersi nella definizione civilt alpina. Civilt.Questo termine ci ha spesso fatto riflettere. Soprattutto se attribuito alle comunit che hannoabitato le Alpi per millenni. Se si considera infatti lorigine della parola civilt (dal latino civis,cittadino) non pu che saltare agli occhi una contraddizione in termini e unincompatibilit nelparagone tra la vita nel mondo delle Alpi e ci che da sempre ha rappresentato la definizione

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    comune di civilt, ovvero la raffinatezza ed il progresso della vita cittadina europea e dellesue istituzioni (nel senso di civilt occidentale, un sistema sociale gerarchico orientato alprofitto capitalistico), nonch un modello societario che nel corso dei secoli ha contribuito inprimis alleclissarsi delle culture delle Alpi, come del resto ha fatto con quasi ogni altra formadi convivenza umana, assimilandola o cancellandola.Spesso proprio questo confondere i termini cultura, intesa come linsieme delle conoscenze,credenze, capacit e abitudini delle persone che abitano un territorio, con il termine civilt,concetto, invece, con il quale diffuso identificare il modello di vita dominante, a crearequesto equivoco. Non dimentichiamo, tra laltro, che il riconoscere diverse civilt servito ilpi delle volte a sostenere la superiorit di una sulle altre, a giustificare distinzioni, secondouna scala gerarchica. Ma se con i termini facile giocare a dar loro una propria interpreta-zione, con le parole nelle quali contenuta unazione ben precisa e delle responsabilit ilgioco pi difficile. per questo che non intravediamo molte sfumature nel concetto dicivilizzazione. Esso contiene e richiama immediatamente lidea di colonizzazione e conqui-sta, processi contro i quali le genti delle Alpi (come quelle di tutte le montagne dEuropa) sisono continuamente dovute battere, e dai quali non sono certo uscite indenni, diventandocolonie interne, la cui civilizzazione stata portata avanti in parallelo a quella dei popoliprimitivi del resto del pianeta. Il sistema di dominio che ha trovato negli Stati nazionaliburocratizzati e nel modello economico capitalista industriale la sua trama e il suo ordito nonha riconosciuto alcun valore alle altre culture con cui entrava in contatto, fosse oltremare oalle sue periferie, in piccole valli montane. Ad una pluralit di culture, che ci piace intenderecome insiemi sempre in evoluzione (mai fissi) di saperi, pratiche e rapporti che legano tra loroe con il territorio le persone che questo stesso territorio abitano, si sostituito un concettomonistico di civilt, identificata con il modello di vita delle elite dominanti, a cui tutti devonoadeguarsi supinamente.Se da un lato il 700, secolo dei Lumi, trov nelle popolazioni alpine, come in altre terredEuropa, il baluardo delluomo libero, del buon selvaggio contrapposto alla corruzio-ne cittadina, dallaltro questo interesse non tard a trasformarsi da romantica visione aspietata analisi scientifica ed insaziabile esplorazione. Linvasione di queste terre rese manmano necessaria la loro correzione da difetti che il percorso di civilizzazione occidentalenon poteva tollerare. Il progressivo assorbimento nel mondo civile delle persone che abi-tavano le cime ha apporto forti cambiamenti in culture che altrimenti erano durate inva-riate (ma come esseri viventi, che cambiano e si adattano costantemente a ci che trovanointorno, pur restando se stesse) per millenni. La montagna inizi cos, secondo molti, ad es-sere asservita alla pianura.Il buon selvaggio veniva in un certo senso addomesticato: doveva andare a lavorare nellefabbriche di pianura!Ma il particolare legame che, nonostante tutto, continua a stabilirsi tra chi abita i monti e lanatura che lo circonda ha fatto in modo che nei secoli non si dimenticassero particolari figure,tra il reale e il fantastico, attraverso le quali questo legame veniva continuamente tenuto in vita.Per questo, allinterno del numero di Nunatak che state leggendo, abbiamo voluto dedicarespazio a leggende che in ambito alpino delineano la figura dellUomo Selvatico. Una figura

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    sempre al confine tra luomo e la bestia, in equilibrio tra istinto e conoscenza, tra il saperedomestico e, appunto, il selvaggio. Le credenze in questi personaggi hanno certamente aiuta-to la gente delle Alpi a confrontarsi con il carattere severo di casa loro, suggerendo lerisposte per poterlo affrontare e affidando loro, cos, il segreto della propria libert.Questa nostra attenzione verso ci che di selvaggio possiamo trovare ancora in certi luoghinon vuole per essere un mero atto di contemplazione passiva e compiacimento esteticoverso ci che fino ad ora stato risparmiato allincedere della civilizzazione. Vorrebbe inveceessere uno stimolo per trovare, in spazi che la presenza ingombrante del Capitale e dei suoiprodotti materiali e immateriali non ancora riuscita a permeare completamente, le ragionied i mezzi, non soltanto per vivere diversamente, ma per colpire e minare ci che sempre dipi ci nega questa possibilit, allontanando luomo dalla gestione diretta della propria vita.Lattuale societ civilizzata si fonda proprio su questa lontananza: creare sempre maggiordivario tra lattivit svolta dalluomo e la comprensione effettiva dei gesti che la determinano;perdere il contatto reale con la natura significa accrescere questa distanza.Con ci non vediamo nel selvatico unentit naturale sovrastante luomo, entro la quale lesse-re umano non ha ragione di intervenire, se cos fosse crediamo rappresenterebbe laltrafaccia dellalienazione nei confronti dellambiente che abitiamo e con il quale conviviamo.Quel che soprattutto ci interessa la forma attraverso la quale lindividuo e i gruppi umanientrano in relazione con la natura, interagendo e scambiandosi gesti ed azioni reciproche.Sappiamo bene, invece, che la relazione (sempre se di relazione si possa parlare) instauratadalla civilt del progresso con la natura, non altro che distruttiva, quando essa ostacola ilpercorso della societ del consumo, e artificialmente conservativa quando si tratta di sfrut-tarne laspetto per trasformare anchessa nellennesima merce da consumare. E in questo lamontagna spesso un infelice modello.La nostra gioia, per, sapere che ad ogni tentativo in atto da parte dei signori del profittotendente ad impossessarsi della montagna esister continuamente qualcuno disposto a scon-trarsi contro di essi e resistere per la vita in libert. Per questo troverete tre esempi, lontani traloro nel tempo e nello spazio, di persone che hanno cercato e cercano di ribellarsi a quantoviene imposto dallalto e presentato come indispensabile. Dal fecondo incontro di un gruppodi eretici medievali, animati da una fede escatologica di rinnovamento spirituale e materiale,con dei montanari ribelli ai nobili ed al clero, nasce una potenziale minaccia a tutta limpal-catura religiosa e politica del tempo (elementi simili si troveranno in molte ribellioni contadinemedievali). In quelle stesse Alpi che avevano ospitato e difeso Fra Dolcino troviamo, in anni anoi pi vicini, lesempio di vita e di lotta di un altro eretico, ribelle questa volta al progresso(sotto forma di centrali nucleari e linee ad alta tensione): Marco Camenisch. Allargando poiil campo di indagine, vediamo che i problemi portati nelle Alpi dal carrozzone olimpico, cheabbiamo affrontato nei primi numeri di questa rivista, si ripresentano in termini pressochidentici sulle Montagne Rocciose. Se per le Alpi sono gi estremamente antropizzate, lareain cui si terranno i prossimi Giochi ancora quasi naturale. Vi abitano, per di pi, popolazioniindigene profondamente avverse ad un utilizzo speculativo di quei territori e decise ad opporvisi.La vicenda di Dolcino e Margherita, dei cui roghi ricorre questanno il settecentenario, nonpu essere per noi, donne e uomini di oggi, che un esempio. Per i nativi delle trib Statimc

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    e Squamish si stanno opponendo ora, seppur a decine di migliaia di chilometri da noi, allen-nesimo disastro. La minaccia che stanno fronteggiando in tutto simile a quella che hacolpito le Alpi, nel 2006, e identico il nemico. Marco Camenisch in galera, ma la sua lotta,tuttora valida, portata avanti da altri. E siamo in molti ad attenderlo, fuori. Ai nativi america-ni, a Marco e a chi ne ripercorre le orme deve andare tutta la nostra solidariet, che si esplicaaprendo sempre nuovi fronti di intervento.

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    [...] alla ripa dun fiume abitavano uomini pelosi e alti di statura e valenti nel combattere con archie spade di legno larghe un palmo: e come ammazzavano gli uomini, gli mangiavano subito ilcuore crudo, con succo di aranci e limoni [... avevano] lo capo come un cane e denti come digrandi mastini [...] [Centini, 2000, pp. 42-43].Cos Marco Polo, nel suo Il Milione, descrive quelli che, secondo un topos molto diffuso neltempo e nello spazio, possiamo chiamare Uomini Selvatici. Gi letimologia stessa dellaparola implica un preconcetto negativo. Infatti laggettivo selvatico, che ha la sua radice nellatino silva, la selva, foresta inestricabile ed inquietante, da un significato neutro di abitantedei boschi, libero, non addomesticato, ha man mano assunto una valenza deteriore. Chi vivenella selva esterna alla citt, la silva foreste, infatti forestiero (da foris, fuori), nel senso didiverso, e selvatico: barbaro, rozzo, incolto. Questo, almeno, nella mente di coloro i qualisi autodefiniscono uomini civili, cio membri di quella civitas, la comunit cittadina, assuntafin dallantichit classica a massimo (ed unico) esempio di umanit e, appunto, civilt.Non sempre, per, le svariate tradizioni che riguardano questo essere antropomorfo, madalle parvenze ed abitudini ferine, lo descrivono in maniera negativa. Possiamo trovare lafigura dellUomo Selvatico in mitologie e leggende di tutto il mondo: dal Wild Mann dei paesidi lingua tedesca (conosciuto anche come Forstteufel, diavolo dei boschi, nella zona diSalisburgo), al Basajaun basco, al Baba carpatico, al Ley russo, al Gin Sung cinese, alfamoso Yeti himalayano, allOrang-Utan (che si pu tradurre letteralmente con essere quasiragionevole delle foreste) dei Dayak del Borneo, al Kikomba dello Zaire, allUcumar andino,al Big Foot e al Sasquatch delle Montagne Rocciose. Per quanto riguarda lItalia, lo troviamoin tutto larco alpino, nelle zone prealpine, nelle Alpi Apuane e nellAppennino Tosco-Emiliano,mentre sembrano assenti riferimenti al riguardo nel Mezzogiorno (alcune similitudini si posso-no invece trovare con la figura dei Mamutones sardi). Anche qui il nome richiama immediata-

    LUOMO DEI BOSCHI

    T

    TARZAN

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    mente la sua peculiarit: lOmmo Sarvadzo (o Selvadzo) in Val dAosta, il Sarvan o Sarvanotnel cuneese, il Sarvage nelle valli valdesi, lUrciat in Val Chiusella, lOm Salvaig, il Gigant, ilPelus, il Salvanco e lOmeon del Bosk nelle Alpi lombarde, lOm Pelos e il Fanes (nome,questultimo, che rimanda al piccolo popolo dei boschi) dei ladini, il Bille Man cimbro, ilSalvan, Servan o Salvanel trentino, lOm Salvarec veneto, il Guriut friulano, lOm di Bosch oOm Servatig appenninico ed apuano.

    Dallinsieme di leggende e miti che circondano questa figura, possiamo trarre alcuni elementicomuni atti a definirla pi precisamente, anche nelle sue ambiguit e nelle confusioni econtaminazioni che a volte sorgono fra lUomo Selvatico ed altri abitanti delle selve e delletradizioni fantastiche antiche: gnomi, folletti e fate (il piccolo popolo di molte leggende

    nordeuropee, come i famosi Tuatha de Danannirlandesi), orchi, streghe, demoni, orsi etc. Nonsi dimentichi poi tutta la variet di figure permet umane e per met animali, numerose nellemitologie: per limitarsi a quelle europee si vadal Minotauro, i centauri e i satiri greco-roma-ni, a Melusina, la donna-serpente (o sirena), aMerlino, il mago peloso figlio del diavolo, agliuomini cervi (come il dio celtico Kerunnos,dotato di corna) agli uomini orso. Interessante la storia di Tuan Mac Cairill, ultimo supersti-te di unantica popolazione dellIrlanda,rinselvatichitosi fino ad avere capelli, barba eunghie lunghissimi e a vivere in caverne. Venu-to il momento di morire, invece del decesso,c la sua trasformazione in cervo (con menteumana); poi, nei momenti delle morti succes-sive, abbiamo le metamorfosi in cinghiale, inavvoltoio, in salmone ed infine, quando il pe-sce mangiato da una donna, il reincarnarsiin un bambino dal dono profetico.Alcune di queste leggendarie creature silvestri

    sono state anche interpretate come diverse declinazioni culturali di un unico archetipo (che,azzardiamo, potrebbe simboleggiare il legame delluomo con la natura). Ad esempio, intor-no al Monte Bianco, troviamo leggende simili che hanno come protagonisti i nani nel Vallesetedesco, le fate nel Vallese romando e in Savoia, lUomo Selvatico in Val dAosta.

    Caratteristiche pregnanti della selvatichezza di questi individui (si trovano anche donne selva-tiche e a volte interi nuclei familiari, sebbene pi sovente il Selvaggio viva solo) sono la foltapeluria incolta che ne ricopre tutto il corpo, abbinata alla scarsit o totale mancanza diindumenti (si ricordi la storia di SantOnofrio, che, avendo chiesto a Dio un vestito atto a

    Uomo Selvatico, Carnevale in Tirolo.Uomo Selvatico, Carnevale in Tirolo.Uomo Selvatico, Carnevale in Tirolo.Uomo Selvatico, Carnevale in Tirolo.Uomo Selvatico, Carnevale in Tirolo.

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    Telfs (Austria), Uomini Selvatici ricopertiTelfs (Austria), Uomini Selvatici ricopertiTelfs (Austria), Uomini Selvatici ricopertiTelfs (Austria), Uomini Selvatici ricopertiTelfs (Austria), Uomini Selvatici ricopertidi l icheni a Carnevale.di licheni a Carnevale.di licheni a Carnevale.di licheni a Carnevale.di licheni a Carnevale.

    proteggerlo dal freddo, ne ebbe unimmediata crescita di folti capelli e peli), la difficolt nelparlare, la timidezza nei confronti degli altri umani, spesso accompagnata da una certalentezza mentale, la vita in luoghi inaccessibili e lontani dal mondo civile, la simbiosi con glianimali e labilit in certe arti, come quella della produzione di formaggi ed altri derivati dellatte. La sua folta peluria contribuisce ad avvicinarlo, nella mentalit comune, al mondoanimale, seppur la sua forma e la (limitata) capacit di parola lo leghino allumanit. Cos,di norma lUomo Selvatico vive nel folto del bosco o in caverne, in montagna, fra gli animali,entrando solo di rado in contatto con le altre persone. Si avventura nei villaggi solo quandosente della musica o il canto di ragazze, che gli piace molto. Alcune descrizioni e mascherecarnevalesche che lo ritraggono, lo mostrano anche come coperto di foglie, licheni o paglia(come lUomo Albero di Murazzano, nellAltaLanga). Un Selvaggio che , quindi, pi vicinoal mondo vegetale che a quello animale, forsead impersonare gli spiriti degli alberi. In alcu-ne religioni precristiane, come quella druidica,infatti, alcune piante erano adorate come in-carnazioni di principi divini (ad ogni mese lu-nare era associato un albero) e i boschi eranospesso usati come luogo di culto o per le ceri-monie di iniziazione. Ricordiamo en passantche anche il Babbo Natale originario, il vec-chio buono, panciuto e barbuto, solitario eportatore di doni, che vive nella desolata Lap-ponia e che la cristianit ha chiamato SantaClaus, era in origine vestito di verde, a volte dilicheni (il costume rosso che tutti conosciamorisale alle illustrazioni americane di fine 800ed stato definitivamente consacrato nellim-maginario collettivo solo dalle campagnepubblicitarie della Coca-Cola!).Non meno rozza la Donna Selvatica, WildeFrau o, con un nome dispregiativo, CapraBarbana (cio barbuta), a volte assimilata allafata o alla strega.Ricordo di loro stanziamenti si trovano in zonenon antropizzate come boschi e aree montane particolarmente impervie. Nella zona di Boves(CN) esiste ancora una casa costruita sotto la roccia chiamata Tetto del Sarvan e a Melle, inVal Varaita, c lou pertus dal Sarvant, la tana di un selvaggio molto dispettoso, che vi fumurato vivo da un contadino esasperato. Diffuse anche le balme (ripari sottoroccia costruitiutilizzando sbalzi naturali) dei Selvatici nel Canavese, in particolare in Val Chiusella. Inalcune zone della Svizzera, invece, ripari simili sono chiamati case dei pagani, come adavvicinare gli Uomini Selvatici agli ultimi irriducibili allassimilazione al cristianesimo.

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    Dalle leggende diffuse sullarco alpino apprendiamo che lUomo Selvatico generalmentebuono con gli umani che incontra e molto timido. Si narra di Selvatici che aiutano i montanarial pascolo o nella preparazione del formaggio, o di Donne Selvatiche che aiutano le loroomologhe in casa. Comune la visione dellUomo Selvatico come figura prometeica, ciocome un essere dotato di una conoscenza superiore della Natura, di cui fa partecipi gliuomini comuni, ed iniziatore di alcune arti. Nonostante non possegga bestiame, il Selvaggio descritto come un ottimo pastore: porta al pascolo greggi e mandrie degli allevatori civili,che lo ricompensano lasciando del cibo insieme alle bestie (raramente lo vedono). Si dice chesappia parlare con gli animali, sia quelli addomesticati, sia, soprattutto, quelli in libert, chedistoglie dal predare le greggi che gli sono state affidate. A volte, per, gli uomini inciviliti sifanno troppo invadenti, cercando di catturarlo (anche con il dono di una damigiana di vino,nella vana speranza che il Selvaggio si ubriachi), e lo spingono ad andarsene per sempre.Lattivit produttiva che viene per eccellenza accostata allUomo Selvatico quella casearia: lui ad aver insegnato ai montanari, in tempi antichi, a fabbricare il formaggio ed altri

    CCCCCANTAREANTAREANTAREANTAREANTARE CONCONCONCONCON ILILILILIL VENTOVENTOVENTOVENTOVENTO

    Roussa, dar: una delle prime cose che ricordo con chiarezza la vocedi Fonso che richiamava una vacca ostinata che ogni volta si metteva di tra-verso al momento di uscire dalla stalla. Cera qualcosa di particolare, in quel-la voce: non parlava come quando si rivolgeva a me, cerano toni profondi einsieme affettuosi, e non era un ordine, sebbene stesse in realt imponendoqualcosa alla bestia.Provai diverse volte a fare andare avanti la Roussa, qualche tempo dopo,quando si fidarono a mandarmi al pascolo da solo, ma niente, qualcosa nonandava: a Fonso dava retta, a me no. Cera unintonazione, in quella voce,una frequenza, un segreto che io ignoravo: quando Fonso parlava, invece, laRoussa sapeva che doveva uscire.Un suono nellaria, il vento: i richiami pastorali sono probabilmente pi anti-chi della pastorizia, suoni arcani che hanno affascinato le bestie, che si sonolasciate a poco a poco guidare. Scelgono, le bestie, di seguirci: difficile capireperch, a volte, ma sono loro a decidere. cominciata almeno diecimila anni fa, su piste che dallAsia giungevano inAnatolia, e da l sulle Alpi. Labirinti di stelle incisi sulla pietra, rosaces e solidelle Alpiintagliati nel legno, segni e sogni di una lunga strada che si snoda.Pi a Nord, pastori di renne attraversavano, seimila anni fa almeno, piste dighiaccio verso una terra che ancora non aveva il nome di America, incidendosegni e tessendo stoffe, e chiamando le loro greggi, che li seguivano.

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    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA DALLADALLADALLADALLADALLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA PRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTE

    Era cominciata, probabilmente, in un accampamento dellepoca che noi chia-miamo Neolitico: forse un piccolo, figlio di una femmina uccisa dai cacciato-ri, seguendo le tracce odorose della madre, si deve essere avvicinato, e perla prima volta ha sentito la voce. Da questo punto iniziarono ad essere trac-ciati anche gli ambigui cammini della domesticazione, gravidi di ombre: illaccio che stringe il collo di un lupo, il recinto che rinchiude i cavalli. Il cupocatalogo della malattia della civilt riserva purtroppo molto spazio agli abusisugli animali, e troppo spesso si dimentica che con i mammiferi condividia-mo pi biologia di quanto immaginiamo, ma la voce, cos articolata nelle suecomplessit e sfumature, nel suo gi essere incantesimo, profondamentediversa: umana.E gli animali sono curiosi di noi, a volte molto pi di quanto noi lo siamo diloro: cos, su sentieri di suoni, gli animali si sono avvicinati.E le voci sono diventate musica, che lega e incanta ancora di pi: comune atutte le culture tradizionali limmagine della danza degli animali, soggetto dimolte canzoni e leggende.Nei momenti in cui il Tempo cambia, notti di Solstizi ed Equinozi, feste cardi-nali come la Samain dei Celti, gli animali danzano. E parlano. Danzano an-che i lupi, che pi facile ammansire suonando che sparando. I richiami per

    derivati del latte (fontina, brosa e sera in Valtournanche, Val dAosta). Alcune leggende voglio-no che sapesse anche fabbricare la cera dal siero di scarto, ma generalmente si concludonocon la fuga del Selvaggio, dileggiato dai civili per il suo aspetto ed i suoi modi, prima diaver rivelato anche questo segreto. Nel biellese si racconta che, dopo diverse lezioni sullapreparazione del burro, alcuni giovani pensarono di fargli uno scherzo, arroventando con unfuoco la pietra su cui era solito sedersi. Bruciato, il buon casaro irsuto non si fece pi vedere.Altri mestieri che devono molto agli insegnamenti di questo sapiente del bosco, che assumele sembianze di un vero e proprio eroe culturale, sono quello del minatore (lUomo Selvaggioconosce le vene aurifere nascoste nelle profondit delle montagne) e del fabbro (ricordiamoche, nella mitologia dei popoli siberiani, sciamani e fabbri sono considerati fratelli: lUomoSelvaggio potrebbe cos avere taluni attributi sciamanici). Anche la Donna Selvatica ha unafunzione culturale importante, nelle comunit alpine: viene infatti considerata come una gran-de conoscitrice delle propriet delle varie erbe e sarebbe stata lei ad insegnare alle donne illoro uso farmaceutico.

    A volte, per, il Selvaggio si diverte a fare scherzi (avvicinandosi cos alla figura del folletto edel trickster, lessere semidivino con funzioni demiurgiche, ma combinaguai), come far caglia-re il latte appena munto, spostare il fieno delle mucche nelle stalle, nascondere oggetti, alzarele gonne alle donne etc. Nel Cansiglio, fra Bellunese e Friuli, si racconta che chi incontra lospaventoso Mazzarol, la notte, non ritrova pi la via di casa fino al mattino. In alcuni, rari, casi,limmagine dellUomo Selvatico va anche a sovrapporsi a quella dellorco, elemento forte-

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    mente negativo. Troviamo cos descrizionidi stupri e pratiche antropofaghe compiutida esseri antropomorfi, ma belluini e fero-ci, che escono dai boschi per attaccare lepersone civili. A Sassalbo, nellAppenninoTosco-Emiliano, si raccontava di Salvanchipi feroci dei lupi che, in inverno, scende-vano a valle per rapire i neonati e mangiar-li. In Val Fersina (provincia di Trento), ilBilmon (uomo selvaggio, nel dialetto lo-cale di impronta tedesca) a guidare laCazza Selvadega, la caccia selvaggia del-la mitologia germanica, con cui dei, canimostruosi e anime dei morti, guidati daWotan, terrorizzano il mondo nei dodici gior-ni maledetti che vanno dal Natale (o dalsolstizio dinverno) allEpifania. Nelle vicineValsas-sina e Valcarvegna, i Pelus si limita-no ad essere semplici partecipanti dellaKasa Selvdega.

    Immagini pittoriche e scultorie dellUomoSelvatico si possono trovare soprattutto nelleAlpi Centro-orientali. Famoso laffrescodella Camera Picta, in una casa di Sacco,in Valtellina, che risale al XV secolo e loraffigura mentre impugna la sua tipicaarma: una clava. Anche a Tirano (SO), sulla

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    il bestiame sono uno degli elementi ancestrali che pi hanno resistito di ciche stata la tradizione sciamanica del mondo pastorale: quando sta pertornare Primavera ci si maschera da orso, da lupo, e la musica accompagnala danza delle creature che uniscono umano/domestico e animale/selvatico,in ununione arcana e profonda che riuscita a salvarsi, se pur in formeattenuate, dalle persecuzioni di sedici secoli di cristianesimo e dallo scon-quasso sociale e culturale di centocinquantanni di industria.Dai monti del Kurdistan suona un flauto, e risponde il baghtt delle AlpiOrobiche, il ritmo di una curenta si fonde con uno scottish, le antiche vie deicanti sono vie di pastori che conducono (o seguono?) le loro greggi.Uno dei territori europei che pi hanno preservato il mistero dellunione trauomini e animali quello del popolo Sami. Territorio fluttuante di pastori di

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    Camera PictaCamera PictaCamera PictaCamera PictaCamera Picta a Sacco, Valtellina, affresco del XV sec. La a Sacco, Valtellina, affresco del XV sec. La a Sacco, Valtellina, affresco del XV sec. La a Sacco, Valtellina, affresco del XV sec. La a Sacco, Valtellina, affresco del XV sec. Ladidascalia recita: Ego sonto un homo salvadego perdidascalia recita: Ego sonto un homo salvadego perdidascalia recita: Ego sonto un homo salvadego perdidascalia recita: Ego sonto un homo salvadego perdidascalia recita: Ego sonto un homo salvadego per

    natura chi me ofende ge fo pagura.natura chi me ofende ge fo pagura.natura chi me ofende ge fo pagura.natura chi me ofende ge fo pagura.natura chi me ofende ge fo pagura.

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    Porta Poschiavina, sono presenti due volti, uno sicuramente di Selvaggio, laltro, simile, forsedi un eremita. Un terzo affresco presente a Valchava, nei Grigioni svizzeri. Un Uomo Selva-tico che brandisce un albero sradicato era anche il simbolo della Lega delle Dieci Giurisdi-zioni, una delle federazioni di comuni alpini che diedero origine al Cantone svizzero deiGrigioni (XV secolo). A Bressanone c poi una strana statua (del XVI secolo) di Selvaggio,peloso, vestito solo di foglie, con un bastone in mano, che ha la particolarit di avere tre teste.Al Museo civico di Bolzano invece presente la pietra tombale di una famiglia patrizia delluogo, che raffigura un imponente Selvaggio con una gran barba, che tiene in mano un alberoed ha piume duccello in testa. Nelle vicinanze, a Castel Rodendo, un ciclo daffreschi del XIIIsecolo rappresentante il romanzo medievale Ivano, di Chrtien de Troyes, contiene figure diUomini Selvaggi. Anche negli affreschi del Salone degli Arcieri del Palazzo Ducale di Mantovae in quello dei Mesi di Palazzo Schifanoia a Ferrara, cos come in una delle guglie del Duomodi Milano, troviamo lUomo Selvatico, segno del fatto che questo motivo popolare dotato distraordinaria vitalit era conosciuto ed apprezzato anche in ambienti nobiliari e colti. Tralaltro, il misterioso alchimista Fulcanelli, vissuto a cavallo fra i secoli XIX e XX, vedeva nellafigura dellUomo Selvatico il simbolo delladepto, liniziato di una setta esoterica.

    Il riferimento pi prossimo, nella cultura classica, allUomo Selvaggio, potrebbe sembrare ildio Pan, mezzo uomo e mezzo caprone, abitante dei boschi insieme a satiri e fauni, simboli dianimalit e sfrenatezza sessuale. In realt laccostamento non cos sicuro. A partire dal IX

    renne, che non voglio chiamare con il nome degli stati che se lo contendono:area finnica, questo s. La musica dei pastori si rivolge insieme agli uomini ealle bestie, allontana i pericolosi influssi, guarisce i mali, unisce Terra e Cielo.Si possono usare gli strumenti, ma anche farne a meno, perch i confini trasuono e canto possono essere molto vaghi: nel grande Nord europeo i ri-chiami del bestiame si sono definiti nel tempo come una distinta forma diespressione musicale, e il messaggio che portavano era cos compreso dagliuomini come dagli animali.Punto dincontro geografico tra Est e Ovest per quanto attiene alle tradizioni,il mondo finnico ancora una sorgente di forza per le nostre culture.Larcaico idioma musicale, chiamato yoik, rappresenta i pi antichi strati delmodo di vita artico: chi intona il canto pu scegliere, insieme come interlocutoree soggetto, ogni cosa connessa con la natura, sia animata sia inanimata, unpaesaggio, un animale, una persona.Il suono del tamburo accompagna il canto, uno di quei tamburi perseguitati evietati dalle leggi delle chiese e degli stati cos come lo furono anche lecornamuse scozzesi durante loccupazione inglese delle Terre Alte.Pensate alla cornamusa, alla bag-pipe: pelle di pecora, legno, e il fiato delsuonatore.Dallunione del vivente nasce il suono, che canto di libert.E che escano, allora, le vacche dalle stalle: Va nans, Roussa!.

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    secolo d.C., ad avere sembianze di caprone il diavolo e le zampe di capra (o di oca),anche se in alcuni casi sono accostate altopos dellUomo Selvatico, sembrano pi ca-ratteristiche di figure demoniache ostregonesche (come la Regina Pedona, Bertadal gran piede o alcune streghe). Come ilSelvaggio, anche Eracle (Ercole, nella dizio-ne latina), il pi grande eroe dellantichitclassica, figlio illegittimo del sommo dioZeus, rappresentato come dotato di forzasovrumana, vestito solo della pelle di un leo-ne (che ha ucciso compiendo la prima delledodici imprese necessarie per il proprio ri-scatto) e armato di una clava. Inoltre, in un

    episodio che la leggenda ambienta sulle Alpioccidentali, un essere mostruoso che vive inuna caverna gli ruba il bestiame appena con-quistato con la sua decima fatica. Questocavernicolo, Caco, presenta elementi che ri-chiamano alla mente sia il modello dellUo-mo Selvatico (vita solitaria in luoghi appartati,connessione con la pastorizia), sia quello,contiguo, dellorco (mostruosit, malvagit).Troviamo anche nella Bibbia e nellEpopeadi Gilgame, di epoca sumerica, individui lacui caratteristica di selvatichezza definita

    da una forte peluria che copre tutto il corpo edalla vita in simbiosi con animali allo statobrado. Nella Genesi Esa, figlio di Isacco egemello di Giacobbe (che lo priver dellere-dit paterna con un trucco) ad essere rico-perto di peluria rossiccia. Pi avanti, nel Li-bro di Daniele, la vita tra gli animali selvag-gi, nutrendosi di erba come i buoi, im-partita come punizione per sette anni al re diBabilonia, il miscredente Nabucodonosor, icui capelli divennero lunghi come le pennedelle aquile e le sue unghie come quelle de-gli uccelli rapaci. Nel poema epicosumerico, invece, leroe Enkidu, gemello delre Gilgame, suo avversario e poi grande

    amico (tanto che proprio acausa della sua morte il re in-traprender la discesa negli in-feri) a vivere come un animale.Era coperto di pelo arruffato[] si pasceva derba sullecolline assieme alle gazzelle,con le bestie selvatiche si ap-postava presso le pozze dac-qua [Centini, 2000, pag. 11].Singolare, in questo caso, ilmetodo adottato per addo-mesticarlo: il re manda unacortigiana a sedurlo e condur-lo in citt!

    LUomo Selvatico spesso presente, in tuttolarco alpino, nelle rappresentazionicarnevalesche (che vanno dal Carnevale veroe proprio agli altri cerimoniali rituali in ma-schera che si tengono intorno a Capodanno- San Silvestro, appunto - nati per celebrare ilsolstizio ed esorcizzare la Caccia Selvaggia,e alla Can-delora). A queste festivit dalleorigini antichissime (sicuramente anteceden-ti i famosi Saturnali e Lupercalia romani) disolito attribuito un significato di rito della

    I Tschggtt, vestiti di pelli animali, girano per la valle di LtschentalI Tschggtt, vestiti di pelli animali, girano per la valle di LtschentalI Tschggtt, vestiti di pelli animali, girano per la valle di LtschentalI Tschggtt, vestiti di pelli animali, girano per la valle di LtschentalI Tschggtt, vestiti di pelli animali, girano per la valle di Ltschental(Valais, Svizzera) fra la Candelora ed il mercoled delle Ceneri.(Valais, Svizzera) fra la Candelora ed il mercoled delle Ceneri.(Valais, Svizzera) fra la Candelora ed il mercoled delle Ceneri.(Valais, Svizzera) fra la Candelora ed il mercoled delle Ceneri.(Valais, Svizzera) fra la Candelora ed il mercoled delle Ceneri.

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    fertilit: con la cattura e luccisione del vec-chio anno (o dellinverno, rappresentato divolta in volta da un vecchio o una vecchia, unorso, il diavolo, una strega, lUomo Selvati-co) si inizia un nuovo ciclo agricolo. AChamplas du Col, frazione di Sestriere, sonoi due vecchi selvatici ad arare la neve aCarnevale, fecondando simbolicamente laterra. In Val di Fiemme, a conclusione di uno

    spettacolo carnevalesco molto complesso,che si snoda nelle vie del paese, il Salvanelviene ucciso. NellAppenzell, nella Svizzeraorientale, invece, le maschere dei Kluse (gliaiutanti di San Nicola-Santa Claus), deiWeschte (selvaggi) e degli Sch-weschte(bei selvaggi), girano per vallate e villaggispaventando i montanari nei giorni che van-no da San Silvestro al 13 gennaio (anche qui

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    Siamo arrivati a Cunico una sera che faceva gi buio, nella nebbia, dopo unlungo saliscendi tra le colline dellastigiano. Non sapevo cosa aspettarmi ncosera esattamente ci che cercavamo con gran fretta quella sera. Da unamicaavevo ricevuto una breve indicazione: il 24 di febbraio tornava ad essererappresentato un antico Carnevale, quello dellorso di sfojass (foglie di meliga).Appena arrivati da lontano ci giunsero rumori e grida e la netta sensazioneche qualcosa stava accadendo davvero a Cunico quella sera. Per le vie delpaese le voci crescevano e si incominci ad intravedere una piccola folla.Entusiasta trascinavo il mio accompagnatore in quella direzione. Subito noncapimmo nulla, nella confusione del momento si potevano vedere dei giova-ni vestiti di iuta e foglie, delle donne con un fazzoletto nero in testa, deisuonatori e altri uomini alla moda dei vecchi contadini, un tale con la fasciatricolore, uno strano personaggio travestito da domatore portato a braccia dadue vigorosi ragazzi ed infine una figura che correva nel cortile di una casa.Un uomo completamente nascosto da un costume di foglie di meliga scappa-va inseguito dagli altri protagonisti del Carnevale. Cera chi lo incitava a fug-gire, chi inveiva, chi dava ordini perch fosse al pi presto catturato. Unainnata e spontanea simpatia verso questo essere in fuga dall autorit e dalconsorzio civile faceva s che subito non potessi pi togliergli gli occhi didosso e con partecipazione crescente sperassi che mai lavrebbero preso.Lorso correva tra le case, appariva su un balcone o un muretto, scendeva,saliva, urlava. Dopo la corsa, in una piccola piazza, salt fuori una corda,lorso era circondato dalla gente e preso. Il domatore inizi cos a lottare conlorso: era piuttosto ridicolo, con gli abiti caratteristici del circo ma anche conun fastidioso accento tedesco.Lorso marino, cos veniva chiamato, fu condotto tra gli uomini , dovette starbravo, rispondere alle domande che gli venivano rivolte e ballare con una

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    si possono trovare risonanze della CacciaSelvaggia, cos come nella maschera tra-dizionale di Berchta, la vecchia dal lungonaso - o becco - che entra nelle case acontrollarne la pulizia - e punire i pigri - nelperiodo di Rauhnchte, fra Natale e lEpi-fania, nella regione di Salisburgo, nellAu-stria occidentale).

    Parallele e spesso collegate ai miti dellUo-mo Selvaggio, sono leggende e tradizioniche ruotano intorno alla figura dellorso.Animale totemico, capace di postura eret-ta e vagamente somigliante ad un essereumano, fiera terribile e pericolosa, con ilsuo risveglio dal letargo segna la fine del-linverno e linizio di un nuovo anno agrico-lo. Ricordiamo che la data che si credevasegnasse il risveglio dellorso fissata a

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    dama scelta tra gli spettatori mentre ilgruppo dei selvatici veniva tenuto adebita distanza. Che tristezza vedereluomo che cerca di addomesticarelanimale, il naturale, fu il mio primopensiero.Ma ecco dimprovviso uno strattone,un balzo e ancora di corsa per vede-re cosa sarebbe accaduto al nostrobeniamino. Scappava ma venne nuo-vamente catturato e questa volta fuspiegato a tutti i presenti che lorsoavrebbe dovuto subire un processo efare testamento. Dovr lasciare ilbosco, unirsi agli uomini e rispettarele leggi civili. E cos fece lorso: da-vanti ad un fuoco che ardeva in que-stangolo di paese ci legger le suevolont. Vorrebbe che questo mon-do fosse migliore per tutti ma so-prattutto che gli esseri umani fosseromigliori. Chin il capo, annu, erava-mo ormai alla fine.Con il cuore in gola pensavo che nonera giusto che avessero catturato lor-so, che dovrebbe vivere libero nelbosco, che il bosco dovrebbe pren-dere la citt e dovrebbero tornare levolpi ed i lupi a far piazza pulita dicase, chiese e sindaci e degli uoministupidi ed arroganti. Che ritornino ifiumi, i tuoni, il vento e le pietre, chetutto si fermi.Ma mentre si sta concludendo la rap-presentazione, nel momento in cuilorso dovrebbe bruciare le sue spo-glie sul fuoco che scoppietta, in unattimo ecco la fuga. Scappava su perun sentiero, nel buio, fuori dal paesecon tutti che lo inseguivano urlanti.Che gioia, se lera svignata! I paesa-ni ritorneranno solo con la sua coda

    I Kluse della regione dellAppenzell.I Kluse della regione dellAppenzell.I Kluse della regione dellAppenzell.I Kluse della regione dellAppenzell.I Kluse della regione dellAppenzell.

    Battaglia fra cavalieri e Uomini Selvatici, dalBattaglia fra cavalieri e Uomini Selvatici, dalBattaglia fra cavalieri e Uomini Selvatici, dalBattaglia fra cavalieri e Uomini Selvatici, dalBattaglia fra cavalieri e Uomini Selvatici, dalRomanzo di AlessandroRomanzo di AlessandroRomanzo di AlessandroRomanzo di AlessandroRomanzo di Alessandro (manoscritto del XVI sec.). (manoscritto del XVI sec.). (manoscritto del XVI sec.). (manoscritto del XVI sec.). (manoscritto del XVI sec.).

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    inizio febbraio e proprio il primo giorno ditale mese si festeggia SantOrso, patronodi Aosta. Il giorno successivo, invece, laCandelora, culmine astronomico dellin-verno, in quanto giorno mediano fra il sol-stizio dinverno e lequinozio di primavera,tradizionalmente celebrato con rappresen-tazioni simboliche e riti della fertilit. Sonofrequenti le maschere di orsi nei carnevalidelle localit alpine e prealpine (ad esem-pio in Tirolo, nella Bao occitana di Belli-no, a Mompantero e Urbiano in Val di Susa- orsi particolari sono poi quello di segaledi Valdieri nel cuneese, quello di piume diCortemilia, in Alta Langa, quello di ricci emuschio di Balmuccia, in Valsesia, e quel-lo di meliga di Cunico, nellastigiano), spes-so associate a rappresentazioni simili le-gate allaltro abitante del profondo delbosco: lUomo Selvatico. La forza e la fe-rocia dellorso lo hanno fatto diventare il

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    da bruciare nel fuoco.Cos il prossimo anno forse ci sarancora lorso, torner il Carnevale,torner questo rito compiuto da chis-s quando e poi dimenticato per qua-rantanni. Si resta ancora tutti l a farquattro chiacchiere mangiando polen-ta e bevendo vino e commentandoci a cui avevamo appena assistito.Con questa festa tornata la culturacontadina dei paesi spopolati dallaguerra e dalle fabbriche, tornata laNatura nella quale vivevano quegliuomini e quelle donne.Tutte cose passate, dimenticate mache sopravvivono nella memoria diqualcuno e ogni tanto ci raccontanoda dove veniamo, ci raccontano, su-scitando ancora emozioni, qual lanostra vera storia.

    Il giorno di San Silvestro, Kluse, Selvaggi e Bei Selvaggi spandono paura per il villaggio.Il giorno di San Silvestro, Kluse, Selvaggi e Bei Selvaggi spandono paura per il villaggio.Il giorno di San Silvestro, Kluse, Selvaggi e Bei Selvaggi spandono paura per il villaggio.Il giorno di San Silvestro, Kluse, Selvaggi e Bei Selvaggi spandono paura per il villaggio.Il giorno di San Silvestro, Kluse, Selvaggi e Bei Selvaggi spandono paura per il villaggio.

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    Nota bibliografica- Massimo Centini, Il sapiente del bosco. Il mito dellUomo Selvatico nelle Alpi, Xenia, Milano, 1989.- Id., Sui sentieri della leggenda. I personaggi, i luoghi, le storie della tradizione piemontese, Larciere, Cuneo,1998.- Id., LUomo Selvaggio, antropologia di un mito della montagna, Priuli & Verlucca, Ivrea, 2000.- Claude Gaignebet, Jean-Dominique Lajoux, Art profane et religion populaire au Moyen Age, Presses universitairesde France, Paris, 1985.- Piercarlo Grimaldi, Luciano Nattino, Dei selvatici. Orsi, lupi e uomini selvatici nei carnevali del Piemonte, editoa cura di Regione Piemonte e Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, Torino, 2007.- Piercarlo Jorio, Attorno al fuoco. Leggende delle terre alpine, Priuli & Verlucca, Ivrea, 2006.- Clemens Zerling, Christian Schweiger, Masques des Alpes, ditions DsIris, Molans-Revel (France), 2005.- Michela Zucca, Chi salvatico si salva: luomo selvatico sulle Alpi, in Id., a cura di, La civilt alpina(r)esistere in quota, Vol. 4, Ed. Centro di Ecologia Alpina, Viote del Monte Bondone (TN), 1998.

    Le immagini alle pagine 7, 8,13, 15 in alto e 16 sono tratte dal libro Masques des Alpes, quelle alle pagine 11e 15 in basso dal libro Luomo selvaggio.

    simbolo dei guerrieri, fra i celti e i vichinghi (famosi i berserkir, guerrieri coperti da una pelledorso e posseduti da un furore che li rendeva terribili). In Scandinavia ancora oggi comuneil nome proprio Bjrn, che significa proprio orso. Per gli Inuit, lorso ricopre la funzione didio creatore ed iniziatore degli uomini alle arti (un po come il Selvaggio per quanto riguardalattivit casearia nelle Alpi), la massima divinit e si crede che gli sciamani siano statigenerati proprio dagli orsi. Alcuni indizi fanno supporre un ancestrale culto religioso versolorso, durante il Paleolitico. Si ricordi, infine, che in molte culture e da tempi antichissimi,allorsa sono associate le due costellazioni circumpolari del nord celeste (la parola articoderiva dal greco antico rktos, che significa proprio orso).

    Tentativi molto controversi di spiegare scientificamente le innumerevoli leggende concer-nenti lUomo Selvatico hanno cercato di proporre la sopravvivenza di una specie umanaprimitiva (come lUomo di Neanderthal) ai margini della civilt, o di gruppi che hanno rifiuta-to la religione cristiana e la civilizzazione urbana. Tutto ci con risultati scarsi e, riteniamo,poco credibili. Comunque sia, se pur non possiamo condividere la fiducia illuministica diRousseau nelle qualit del buon selvaggio, difficile non provare una certa simpatia perquesti omoni ingenui ed innocenti al pari di animali o bambini, che, secondo un bestiarioscritto dai monaci dellIrlanda medievale, era impossibile civilizzar[e], poich rifiutavano diriconoscere la legge e lordine[Centini, 1989, pag. 23].

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    NOTE SU FERROVIEE TERRITORI MONTANI

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    A partire dagli anni 50 in Italia lesplosivo sviluppo della motorizzazione provoc una strageferroviaria senza precedenti. Soppressioni dei cosiddetti rami secchi, tagli, limitazioni dipercorso: il processo invest indiscriminatamente tranvie e ferrovie secondarie, di pianura e dimontagna; londata, inarrestabile, continu nei 60 spazzando via linee progettate e costruitetra la fine 800 e linizio 900, colpendo indiscriminatamente tratte povere di opere darte coscome veri e propri capolavori di ingegneria.In molti casi alla chiusura al traffico si arriv dopo un lento ed irreversibile peggioramento delservizio; di fronte alla crescente concorrenza della gomma, le imprese concessionarie scelse-ro soluzioni che comportarono mancati investimenti, per cui le linee venivano esercitate conmateriale rotabile obsoleto ed armamento vetusto, offrendo in tal modo un servizio semprepi inadeguato e scadente, dunque meno attrattivo. In gioco vi erano forti interessi legati allaproduzione di auto e alla costruzione di strade, che senzaltro influenzarono inequivocabiliscelte politiche ben definite. Le linee soppresse vennero rapidamente smantellate, un climadrogato dal boom fece s che le poche ed isolate voci di protesta contro quello scempioavessero il fiato corto.Le ripercussioni sui territori, se furono negative per i territori di pianura, per la montagnafurono ben pi gravi. La cementificazione selvaggia ed il saccheggio della montagna proce-dettero di pari passo con lo smantellamento dei tronchi ferroviari; al tempo stesso le colate di

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    cemento cominciavanoa determinare cambia-menti non solo del terri-torio ma anche delmontanaro.Gi con la nascita e losviluppo dellindustriala montagna era statatagliata fuori dal gros-so del processo produt-tivo, mentre veniva sfrut-tata per le risorse uma-ne (serbatoio di forza lavoro) e naturali. Lo spostamento a valle di montanari che abbandona-vano gli alpeggi e divenivano proletari dellindustria prosegu con una certa consistenzasenza soluzione di continuit fino a mezzo secolo fa. Gli effetti di tale processo sono noti.Da un lato certe vallate alpine poco o male accessibili vennero abbandonate ed investitedalla wilderness di ritorno, dallaltro, a partire dai 50, esplose il turismo in contemporanea altrasporto privato. Le montagne divennero terra di conquista, aggredite e saccheggiate da unacultura destinata a trasformare gli stessi abitanti stanziali modificandone gli stili di vita,sempre meno montanari e pi cittadini. Questo, purtroppo, non un luogo comune.

    Con lavvento della cd. rivoluzione industriale venne infatti ad accentuarsi sempre pi il divariotra il processo di civilizzazione della montagna e quello della citt.A seguito di tale divaricazione la citt venne sempre pi recidendo i propri precedenti nessi diinterdipendenza con la montagna; e, conseguentemente, la citt venne sempre pi ignorando lesorti della montagna nello sviluppo del proprio processo di civilizzazione; ci nonostante la citttorner a rivolgersi alla montagna in maniera aggressiva e rapinatoria, con un approccio ispiratoprincipalmente allindustria del turismo (ricomprendendo in tale complesso sviluppo anchelacquisizione di aree montane a fini di edilizia residenziale).1

    Non vorrei affatto rincorrere tesi sottosviluppiste di alcun tipo, bens concentrarmi su un aspet-to specifico di questo taglio con lamontagna, quello legato diretta-mente alla soppressione del ferro.Vi fu una coincidenza temporale trail fenomeno dellesodo dalle zonerurali e montane alle citt e la chiu-sura dei rami secchi ferroviari. Lasoppressione interessava massic-ciamente ed indiscriminatamentetanto ferrovie di montagna e di col-lina (realt quindi interessate dallo

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    spopolamento) quanto tratte che attraversa-vano zone a grande concentrazione industria-le (dove invece il saldo della popolazione erain forte attivo): ci dimostra da un lato lirra-zionalit e linconciliabilit del sistema delprofitto con gli interessi umani, dallaltro chela chiusura delle linee che servivano aree ru-rali e montane non poteva essere imputataalla migrazione verso la citt, bens dovevaessere dettata da altri fattori.A questo punto per un attimo immaginiamouno scenario del tutto ipotetico, ovvero chenello scontro interno tra le fazioni del capita-lismo italiano di quegli anni avessero preval-so interessi legati alferro e al suo con-trollo statale anzichquelli legati allagomma e alla stra-da: a quel puntolerosione del siste-ma ferroviario se-condario sarebbeavvenuta in minimitermini (o non sareb-be avvenuta affatto),ed il rilancio delleferrovie di monta-gna avrebbe senzaltro contribuito a li-mitare labbandonodel territorio. Sindalla loro entrata infunzione, le ferrovie di montagna erano statecaratterizzate da una tipologia di traffico nonlimitata al turismo, il che permetteva il tra-sporto di prodotti del suolo agli scali ferro-viari di fondovalle, sino ad arrivare alle lineecostruite appositamente per questi scopi,quali le ferrovie minerarie e forestali, anches-se soppresse in maniera indiscriminata (an-che in aree tuttora produttive, come ad esem-

    pio le cave di marmo di Carrara). Questeferrovie erano parte integrante del territorio,intorno alle piccole stazioni ruotavanomicroprocessi produttivi, spesso lattrattivapaesaggistica faceva s che i trenini stessi co-stituissero lo scopo del viaggio.Negli anni antecedenti allondata distruttricela coda dellingegno autarchico elabor am-biziosi progetti di trasversali alpine a scarta-mento metrico che avrebbero dovutorampicare sui passi e scendere collegandotra loro i vari tronchi a scartamento metrico ele vallate confinanti: il tutto, nei piani deiprogettisti, avrebbe dovuto funzionare da

    elemento cal-mieratore nei con-fronti degli autotra-sportatori privati epromuovere proficueattivit sia industrialiche artigiane 2, fa-vorendo attivit sulposto che si inte-grassero il pi pos-sibile con lambien-te circostante facen-do da argine al-lespansione deva-stante di asfalto ecemento.Ma quei treni dimontagna eranodestinati ad essere

    soppressi, e le linee chiuse. Il loro smantella-mento si portava via pezzi di identit e distoria. Di aneddoti legati ai lenti e traballantiviaggi di quei trenini ve ne sono infiniti; storiedi gioia e di sofferenza, di svago e di fatica,di tristezza e di speranza, di deportazione eResistenza; nei racconti della lotta partigia-na spesso le piccole vetture costituivano unmezzo per il trasporto viveri eludendo la sor

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    veglianza della milizia, nelle zone libere furono determinanti per il trasferimento degli sfollatiin vista dei rastrellamenti, in qualche caso vennero usati addirittura nel corso delle ribellionipartigiane del dopoguerra.Oggi, di fronte a paesi di montagna con concentrazione di veicoli e veleni del tutto simili allearee urbane e di pianura, pressoch tutti versano lacrime sui treni che non ci sono pi.La costruzione di ferrovie a scartamento metrico, tipico delle ferrovie di montagna, ammetteun raggio di curvatura minimo che pu scendere fino a 60-80m, contro i 250m di una ferroviaa scartamento standard. Ci permette di affrontare con maggior facilit tracciati tortuosi consignificative riduzioni di investimento fisso; grazie allelevata potenza a bordo delle moderneelettromotrici a potenza riparti-ta, che permette una miglior ade-renza, si ottengono valori alti diaccelerazione e decelerazioneanche sulle tratte pi acclivi, oltrea velocit del tutto concorrenzia-li; le stesse possono trainare trenimisti, con piccoli carri destina-ti al trasporto merci, che toglie-rebbero dalla strada gran partedel traffico pesante. La pendenzamassima ad aderenza naturalearriva al 3,5 % (con significative eccezioni, fino al 5 %), per valori superiori vengono adottatele soluzioni a cremagliera. Sempre rimanendo nel campo tecnico, sono scontati i vantaggisulla strada in riferimento a sicurezza, risparmio energetico, impatto ambientale, assenza diinquinamento in caso di elettrificazione.Quello di cui si parlato sino ad ora un sistema di trasporto ferroviario strettamente legatoalle esigenze dei territori attraversati; diametralmente (ed inconciliabilmente) opposto il di-scorso di attualit riguardante le grandi gallerie di valico e le opere AV connesse, su cui cisoffermiamo brevemente.In genere la realizzazione di nuove grandi vie di comunicazione trova lopposizione dellepopolazioni residenti, appoggiate fattivamente dallesterno; ci che accade in Val di Susa3

    viene replicato, in forme ed ampiezza differenti, dallo Stretto al Trentino; successo in passatoe succede tuttora in Francia per le linee LGV, ma il discorso estendibile a molti esempi invarie parti del mondo. La costruzione di queste linee, oltre a non migliorare affatto la mobilitlocale, assai onerosa, e spesso compromette in maniera irreversibile lequilibrioidrogeologico; il transito di forti volumi di traffico arreca disturbi di vario tipo, senza significa-tivi benefici per i paesi intermedi; inoltre facilmente dimostrabile che con investimenti assaipi ridotti si migliorerebbero le infrastrutture destinate al territorio, magari riaprendo qual-che vecchia linea di montagna a suo tempo dimessa.Per giustificare queste opere, dietro le quali c la voracit di grandi imprese pronte adaccaparrarsi commesse redditizie e durature, si prende a pretesto lincremento che di qui aiprossimi anni interesser il traffico lungo i corridoi e le direttrici di valico in Europa; senza

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    dire, per, che nel contempo la politica liberista e le conseguenti ristrutturazioni delle impreseferroviarie europee hanno creato le condizioni per innescare una concorrenza intrinseca alvettore ferroviario, che non toglie quote di traffico alla strada, come propagandato.A completare queste riflessioni vanno citati due esempi di carattere internazionale, che meri-terebbero di essere approfonditi. Il primo che le grandi opere e lesercizio dellAlta Velocitassorbono la grandissima parte delle risorse destinate allinfrastruttura ferroviaria, con laconseguente riduzione dei livelli manutentivi (e dunque della sicurezza) sulle linee tradizionali;tipico in tal senso il caso spagnolo. Il secondo riguarda nello specifico le zone indigene erurali del Centro America, dove il processo di privatizzazione ferroviaria, con lo smembramentoe la cessione alle compagnie nord americane, ha comportato la chiusura di molte tratte cheservivano regioni caratterizzate da unagricoltura arretrata e di auto-consumo; con laprivatizzazione questi agricoltori sono stati privati dei servizi ferroviari che utilizzavano e chepermettevano loro di trasportare le proprie merci ad un basso costo. Ci ha scardinatoleconomia di molte regioni, contribuito alla disintegrazione del mercato interno e costrettoad un maggior isolamento molte comunit pi povere e con minor sviluppo.Opporsi alle grandi opere, che siano tunnel ferroviari oppure inceneritori oppure grandiponti, senza cadere nelle ideologie piccolo-borghesi del NIMBY (non nel mio giardino)vuol dire riappropriarsi di un rapporto corretto col proprio territorio e contemporaneamenteuscire dallisolamento collegando fra loro, rafforzandole, le esperienze di lotta. E soprattuttoprendere coscienza che la societ del profitto non pu essere a misura duomo.

    Note:1. Luigi Zanzi, Le Alpi nella storia dEuropa. Ambienti, popoli, istituzioni e forme di civilt del mondo alpino dalpassato al futuro, CDA & Vivalda, pag. 324.2. La trasversale alpina Bernina - Adamello Dolomiti, Le Vie dItalia, agosto 1947.3. Alla data del 1948 esistevano tre progetti di galleria in Val di Susa: il primo (S. Jean de Maurienne Susa, 56km) venne presentato dagli ingegneri Bianchi e Cauda; il secondo (S. Michel Susa, 43,5 km) dallingegnerQuaglia. Un terzo progetto dellingegner Merlini, il cui disegno riportato in questo articolo, prevedeva un tunneldi 26,3 km tra Modane e Venalzio (meglio nota come Venaus). Tale progetto, da realizzarsi in cinque anni di lavori,veniva giustificato con la necessit di un collegamento diretto tra Paesi del MEC, evitando il transito in Paesi nonaderenti (Svizzera). Vedi Ingegneria Ferroviaria, novembre 1960.

    Le fotografie che illustrano questo articolo sono tratte dal sito internet www.ukworkshop.co.uk

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    DOLCINO, MARGHERITAE LA RESISTENZA MONTANARA

    700 ANNI DOPO

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    Per comprendere losmosi tra la popolazione locale valsesiana ed i Dolciniani, fondamen-tale evidenziare la struttura delle comunit alpine che caratterizzavano ancora le alte valli agliinizi del XIV secolo. Si trattava di comunit reali, non personali, contrassegnate dalla coesistenzatra la propriet privata e quella collettiva. La prima era limitata allabitazione, alle armi, agliutensili del lavoro, al bestiame ed a poca terra; la grande propriet - i campi coltivabili, lebrughiere e gli alpeggi per i pascoli, i boschi - era comunitaria, e il godimento delle suesingole componenti era stabilito da regole scaturite da assemblee di uomini liberi, vale adire da coloro che portavano le armi e che al prezzo della vita difendevano quella propriet.

    In alcuni Cantoni della Svizzera primitiva si conservata tuttora la Landsgemeinde, assembleaper gli affari comunali e cantonali che emana leggi e regolamenti secondo i dettami dellademocrazia diretta, dove la partecipazione un diritto/dovere riservato, sino a non molti annifa, agli uomini atti alle armi.Lordinamento longobardo diede vigore a tali assemblee degli uomini liberi, gli arimanni.....Queste comunit erano chiamate vicinie o vicinanze in Piemonte e Lombardia; comunaglienellAppennino parmense; regole, appunto, nel Cadore e nel Veneto.Letica che conformava lo spirito comunitario, fondato sullinalienabilit del suolo, era quelladi conservare intatto il patrimonio collettivo; questetica venne minata e distrutta dallintrodu-

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    zione del diritto bizantino cristianizzato dal-limperatore Giustiniano, che sar la basedel Diritto Romano, dal quale attinger a pie-ne mani il nuovo Stato Unitario del 1861.La comunit rurale alpina pu quindi definir-si come un insieme di famiglie vicine che col-tivano un dato territorio soggetto a regole diutilizzazione collettiva,ed lantenata dellamaggior parte degli odierni Comuni politici.In Svizzera esiste tuttora il doppio Comu-ne: quello moderno, politico, e quellodetto, in Canton Ticino e nei Grigioni italiani,patriziale corrispondente alla nostravicnia, competente per lamministrazionedei beni comunitari e per gli affari pauperili(cio lassistenza).Sino al secolo XIX ci furono conflitti elveticianche aspri di competenza tra consigli po-litici e patriziali. Queste assemblee discu-tevano sullo sfruttamento economico del ter-reno (coltivazioni, rotazioni agronomiche,pascoli, boschi, caccia e pesca) ed anchesullammissione od il rigetto dei forestieri (tut-tora in Svizzera la cittadinanza si acquisiscea livello comunale, e non cantonale o fede-rale): come avvenne, appunto, in altaValsesia, dove Dolcino, Margherita e Longinofurono accolti, mentre le truppe di repressio-ne in rastrellamento degli eretici furono re-spinte con forza.La sostituzione del Diritto tribale, poilongobardo, con il Diritto Romano non fu certopacifica e la resistenza dur secoli. In mol-te valli gli uomini liberi poterono conservarecon le armi i loro privilegi, cio la loro au-tonomia, le loro regole. Le vicnie riusci-rono a sopravvivere sulle montagne, divenen-do i cosiddetti usi civici e si conservaronosino allinizio del XIX secolo. Per le alte valli dicui stiamo parlando, possiamo rilevare chela tradizione culturale formatasi durante lEtfinale del bronzo e del ferro, sta tramontan-

    Dolcino, a fianco dei montanari contro i Poteri forti.Dolcino, a fianco dei montanari contro i Poteri forti.Dolcino, a fianco dei montanari contro i Poteri forti.Dolcino, a fianco dei montanari contro i Poteri forti.Dolcino, a fianco dei montanari contro i Poteri forti.

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA NELLANELLANELLANELLANELLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA SEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTE

    LLLLLEPOPEAEPOPEAEPOPEAEPOPEAEPOPEA DIDIDIDIDI DOLCINODOLCINODOLCINODOLCINODOLCINO

    Fra Dolcino vissuto dalla secon-da met del XIII secolo al 1307,esattamente sette secoli fa. La suaepopea, durata dal 1300 al 1307,si conclusa sulle montagne tra laValsesia e il Biellese. Accusato dallaChiesa cattolica di eresia, fu per icronisti dellepoca un vero e pro-prio condottiero, capace di radu-nare intorno a s un gruppo cospi-cuo di seguaci (che prenderanno ilnome di dolciniani), con i qualicondurre una guerriglia contro ilfeudalesimo. Erede della dottrinafrancescana del predicatoreGherardino Segalello - un riforma-tore poeta, che recitava sulle piaz-ze i misteri buffi ed era conside-rato un libertario giullare di Dio -Dolcino, originario molto probabil-mente di Prato Sesia, nellaltoNovarese, alle porte della Valsesia- influenzato dalle dottrine millena-

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    do soltanto con i nostri nonni, o addirittura con i nostri padri (la prima Guerra mondiale puessere considerata lo iato), come dimostra lo studio delle tradizioni popolari, che hannotramandato sino ad oggi antichissime ritualit.Oltre alla vicnia, esiste unaltra organizzazione comunitaria, la cui importanza sfuggitaagli studiosi del Diritto italiano, in quanto nelledocumentazioni comunali se ne trovano sol-tanto labili tracce frammentarie: si tratta diquelle che era chiamata (in Piemonte, manon solo) la Bada o Abbada, corpora-zione che, in origine, riuniva i giovani dalcomune periodo di spupillamento, gelosacustode delle ataviche libert e della cultu-ra orale alternativa; lo stesso nome diAbbada appare come una sfida alla cul-tura ufficiale scritta, quella codificata nelleAbbazie del monachesimo medioevale.Le competenze stesse di queste corporazioni, ovvero lorganizzazione della vita comunitaria,delle antiche regole, delle feste (quali i carnevali ed i maggi), della difesa del territorio e deisuoi confini, divengono quindi eredit vivente e ragione storica delle insorgenze montanare econtadine, da quelle del tuchinaggioantifeudale, alle rivolte antifrancesi a cavallo tra XVIII

    Dolcino e Margherita, in un disegnoDolcino e Margherita, in un disegnoDolcino e Margherita, in un disegnoDolcino e Margherita, in un disegnoDolcino e Margherita, in un disegnodi Dario Fo.di Dario Fo.di Dario Fo.di Dario Fo.di Dario Fo.

    ristiche di Gioacchino de Fiore che profetava lavvento dellet dello Spirito,cio di un regno di eguaglianza e di giustizia - dopo il rogo del Segalello,ne prender il posto come capo dei seguaci, detti Apostolici. Dolcino, adifferenza del predecessore, di Francesco dAssisi e di Valdo da Lione, rite-neva che la Chiesa cattolica non fosse ormai pi riformabile, ma da demo-lire per rinascere nel pi genuino spirito evangelico, libera da ognicondizionamento e dal potere temporale. Dolcino si era trasferito nel Trentino,a Cmego, e poi in Valsesia con i suoi fedeli, capeggiati da Margherita daRiva di Trento e da Longino Cattaneo da Bergamo, facendo causa comunecon i montanari che li proteggevano e che vedevano, nella repressione sca-tenata dai Vescovi di Vercelli e di Novara, una violazione delle autonomieche fin dal 1275 erano state concesse ai Valsesiani dopo mezzo secolo dilotte antifeudali. Ospitati a Campertogno da Milano Sola dopo una cruentaguerriglia sui monti valsesiani, una lunga marcia tra dalla Parete Calva alBiellese orientale e un lungo assedio sul Monte Rubello, i dolciniani e i ribellimontanari furono nel marzo 1307 sconfitti e annientati; molti furono massa-crati sul posto. Dolcino, Margherita e Longino furono processati, atroce-mente torturati e posti al rogo il 1 giugno 1307.Ma il mito di Dolcino resiste sino ai giorni nostri. Nel 1907, per il seicentesimoanniversario della morte, alla presenza di una folla di diecimila persone riu-

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA NELLANELLANELLANELLANELLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA SEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTE

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA DALLADALLADALLADALLADALLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA PRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTE

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    e XIX secolo: tutte mirate a ristabilire norme e valori infranti del passato. Molte bade furonocattolicizzate e divennero confraternite; i capi, gli ab si trasformarono in priori o addi-rittura santificati (come SantEuseo di Serravalle Sesia). Cos, io sono convinto che MilanoSola, definito dalle fonti ricco contadino di Campertogno, che invita Dolcino in alta Valle,altri non se non un ab, autorevole capo dei giovani della sua comunit, poich non sipoteva essere ricchi nellagricoltura di sopravvivenza di una comunit alpina agli inizi delXIV secolo; linvito inoltre non poteva essere privato e prescindere da una volont collettiva,appunto da una delibera della vicnia, di dare ospitalit a decine di perseguitati.La comunit cristiana che Dolcino e Longino proponevano come precorritrice del Regno, del tutto speculare, omologa a quella dei montanari, dove si riscontrano i medesimi valori

    nitasi nei luoghi dellultima battaglia, il movimento operaio valsesiano ebiellese innalz un obelisco alto dodici metri per rivendicare Dolcino. Inseguito, nel 1927, nel periodo di fidanzamento tra la Chiesa cattolica e ilregime fascista (che si sarebbe concluso con il Concordato del 1929),lobelisco fu abbattuto dai clerico-fascisti; in quello stesso 1907, sulla Casadel Popolo di Vercelli fu apposta una lapide che fieramente onorava la resi-stenza di Dolcino e denunciava la crudele repressione oscurantista dellaChiesa. Durante il fascismo, la lapide fu nascosta in un solaio. Ritrovata nel1988 e, finalmente, dopo che le forze retrive avevano cercato di opporsi inogni modo, venne ricollocata nel 2000 in pubblico, nellandrone dellasses-sorato della cultura in via Libert.Nel 1974, un cippo analogo a quello posto a Montsegur, dove nel 1348furono arsi pi di 200 Ctari (uomini, donne e bambini), fiorito sui ruderidellobelisco: dallora, ogni anno, la seconda domenica di settembre lass,sul monte Massaro e nel sottostante alpeggio Margosio (panoramica Zegna,Trivero) si tiene la festa dolciniana per iniziativa del Centro Studi Dolciniani,che ha sede in Biella. Nel 1969, Dolcino stato efficacemente rievocato daDario Fo nel suo Mistero Buffo e, nel 1980, da Umberto Eco nel suocelebre romanzo Il Nome della rosa.Per il settecentesimo anniversario di Dolcino in Valsesia, nel 2006 sonostate organizzate varie manifestazioni a Campertogno e a Varallo, dove stata inaugurata una lapide in omaggio ai montanari valsesiani, che hannocombattuto con Fra Dolcino per la libert. Questanno, settecentesimo delmartirio di Dolcino, Margherita e Longino, sono previste varie manifestazio-ni a Biella, Trivero, Candelo, Torino e a Cmego (Trento).

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA DALLADALLADALLADALLADALLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA PRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTE

    fondamentali: solidariet e fratellanza, comunione dei beni, rifiuto di ogni tipo di balzello(taglie o decime che fossero), parit uomo/donna, nessun servo e nessun padrone, ma Diounico Signore, rifiuto del denaro (si pensi al Segalello, fondatore del movimento apostolicoche gett via i denari, poich leconomia era fondata sul servizio comunitario e sul baratto...Dolcino, Longino e Margherita testimoniano, nel loro messaggio evangelico radicale, lavalidit dellordinamento giuridico alpino, rivitalizzato dai Longobardi e minacciato dal

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    Diritto Romano che sale dai centri urbanidella pianura.La crociata, invece, la messa in opera diuno strumento oppressivo per laffermazionedi principi antitetici: gerarchia, privilegi rico-nosciuti ai signori feudali, laici o ecclesiasti-ci che siano; la donna considerata veicolodiabolico; la moneta so-nante, anzich il serviziosolidale ed il liberoscambio.La sconfitta di Dolcino,Margherita e Longino se-gner linizio della finedella civilt alpina: allaluce del sole, rimarr lor-dinamento giuridico lati-no; ai resistenti il buiodei boschi e della notte,dove troveranno rifugio ibanditi; le donne vestalidellantica culturaagreste diventerannostreghe: le fate giovanie belle saranno tramutate dalla cultura vin-cente in vecchie malefiche megere. La prati-ca del libero scambio, in sfida alla legge,sar dei contrabbandieri.Le alte valli alpine presenteranno, nella lorodecadenza economica, politica e sociale,tutti i caratteri delle colonie, cos come avvie-ne nel terzo mondo: le materie prime prodot-te (si pensi ai metalli, cominciando dalloro,ma anche allacqua, bene quanto mai pre-zioso), sono consumate o trasformate nellemetropoli; le popolazioni sono territorial-mente divise con confini estranei alla lororealt economico-sociale; le Valli costituisco-no una grande riserva di mano dopera (pri-ma serve, poi operai) e di buoni soldati; ilsistema viario di comunicazione da orizzon-tale, tra valle e valle, sostituito da quello a

    raggiera che diparte dal centro metropolita-no per facilitare la pianurizzazione delle atti-vit economiche; il capitale sociale sparito,sostituito da quello dei metropolitani che siimpadroniscono della terra (turismo specu-lativo che espelle gli indigeni); la produzioneagricola e artigianale soppiantata da quella

    industriale metropolita-na; gli indigeni conside-rati culturalmente alie-nati, minus habentes; gliidiomi che esprimono laloro cultura bistrattata,degradati dal valore dilingua a minus valo-re dialetto, da estir-pare e buttare (la rapi-na del minus-valore!).Laddove i popoli indi-geni non concordanocon i progetti elaboratidalle lites, che mistifi-cano il proprio torna-conto facendolo appa-

    rire come progresso tout court, essi posso-no essere sempre rappresentati quali terrori-sti pericolosi; primitivi, gretti, egoisti, osta-colo allo sviluppo. linversione delletica: colto, aperto e posi-tivo il cittadino; ignorante, rozzo, testardoe meritevole di conversione, di emanci-pazione, quando non di severa condanna, ilmontanaro: insomma, un eretico, cuispettava, un tempo, labitello giallo o il rogo,ed oggi il disprezzo sociale del benpen-santismo cittadino. lantica favola del lupo prepotente a montee del povero agnello, accusato di intorbidirelacqua ma a valle...Cos Dolcino, Margherita e Longino appaio-no, emblematicamente, mitici eroi di una ci-vilt alpina che resiste. Personaggi mae-

    1907, inaugurazione del cippo1907, inaugurazione del cippo1907, inaugurazione del cippo1907, inaugurazione del cippo1907, inaugurazione del cipposul Monte Massaro.sul Monte Massaro.sul Monte Massaro.sul Monte Massaro.sul Monte Massaro.

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    stosi e tragici, in presa col destino e con le forze di una natura ostile, eroi simili a quelli dellatragedia greca che guardano il volto misterioso del fato, cui non possono resistere; dovrannocedere, saranno sbalzati fuori dalla vita ma, lottando, fedeli alla loro passione, anche sesoccombono, conservano una loro grande dignit.Come i personaggi del romanziere svizzero Charles-Ferdinand Ramuz (1878-1947), ed inparticolare penso al protagonista di un suo romanzo celebre, Farinet, montanaro reale,fuorilegge valdostano divenuto nel Canton Vallese un mito.Lo scrittore friulano Carlo Sgorlon, nel suo romanzo Lultima valle (Oscar Mondatori, 1989)racconta:la moderna e sempre valida favola della prevaricazione delluomo sulla natura, favola anticadella dabbenaggine e del miraggio del progresso che, alleati contro lequilibrio della creazione,scatenano il sangue ferito della terra. Perch uccidono il passato, scambiandolo per passatismo,in nome di un avvenire che furto, consacrazione, improvvisa padronanza del fuoco degli dei.In questo romanzo si staglia la figura di Siro, un montanaro contrario alla strada ed alla digaprogettata ed in fase di realizzo: il racconto ispirato alla tragedia del Vajont, anche se itoponimi sono mutati.A chi diceva, a Siro: sei tu, fuori dal tempo. Dov il pericolo? Nei lavori della strada? Replicava:ma certo. Cominciano sempre con una strada. Se lasciate che la strada si faccia, poi sar sempretardi per ogni cosa.Lui conosceva le loro tecniche, le aveva viste applicate in molte altre valli. Dopo la strada, vedevagente che avrebbe messo le mani ingorde su ogni cosa. Avrebbe sventrato i boschi per farne pisteda sci, costituito ogni possibile diavoleria: seggiovie, impianti di risalita, funivie per salire in cima

    alle montagne senza muovereun solo passo; avrebbe fabbri-cato alberghi, rovinato i nevaidel massiccio, e le valli e lemontagne sarebbero state per-corse da una ragnatela di filidacciaio e di piloni di cemento.Avrebbero deviato le acque...Le acque? cosa centrano le ac-que? Non lo so. Dico per dire.So soltanto che rovinano tutto.Siro, ragiona: la gente della val-le aspetta da decenni che la stra-da sia fatta. Ma lui non volevaragionare. Era sconvolto dalla

    sua passione, e continuava a dire che bisognava fare una lega di tutta la gente per bloccare ilprogetto che ci minacciava, correre in tutti i paesi e soffiare con ogni forza dentro lantico cornodi bue, per gettare allarme. Lo guardai negli occhi ed ebbi limpressione che non mi vedessenemmeno. Mi sembr una sorta di eretico di altri tempi, un fr Dolcino uscito da secoli remoti edentrato chiss come nel nostro tempo di motori e di macchine. Non si era accorto che quellepoca

    Il cippo di Fra Dolcino, oggi.Il cippo di Fra Dolcino, oggi.Il cippo di Fra Dolcino, oggi.Il cippo di Fra Dolcino, oggi.Il cippo di Fra Dolcino, oggi.

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    era finita, che il frate di Novara e lasua donna dai capelli rossi eranostati bruciati vivi, e la sua gentemassacrata e dispersa. Si era per-duto un grande sogno, quelle anti-che comunit montanare. Ma ades-so i tempi erano cambiati, e so-pravviveva soltanto un suo pallidofantasma nel fatto che la gente af-famata andava a far legna nellan-tico bosco demaniale. Tutto il re-sto era cambiato. Oggi i grandifeudatari esistevano sotto forma dibanche e societ finanziarie, lequali potevano anche riuscire inquello che era stato impossibile ai vescovi medievali. Lavrebbero fatto anche qui, ed anzi avevanogi cominciato a farlo, ma opporsi era unillusione mitica e fuori dal tempo....Ramuz e Sgorlon ci spiegano cos, sia pure molto indirettamente, perch il Movimento controil Treno alta velocit (la TAV) in val Susa abbia emblematicamente recuperato fr Dolcino: la seconda volta, dopo gli anni al principio del secolo scorso, quando il movimento operaiovalsesiano e biellese onor il precursore, che un movimento popolare riscopre Dolcino e lorivendica. In Val Susa, e in internet, circola una significativa lettera firmata Dolcino e Marghe-rita, da nessun luogo (Utopia) che un inno alla libert della montagna, una strenua difesa diquella bioregioneche una colossale strada ferrata vorrebbe ancor pi sconvolgere .Una valle gi percorsa da autostrada, strada statale e ferrovia, sconquassata da una grandeoperache prevede montagne scavate per quindici anni, con milioni di metri cubi di materialepericoloso da trasportare da qualche parte; cinquecento camions di transito giorno e nottenella valle per trasportare i detriti scavati; tonnellate di polveri circolanti nellaria: le verifichesecondo le quali non ci sarebbe amianto nei terreni si sono rivelate inattendibili, il movimentoNo TAV ha portato alla luce le lacune dal punto di vista scientifico e la Procura di Torino haaperto uninchiesta. Si estende la desolazione di panorami cementificati, la distruzione diprati, lombra di viadotti, il grigio delle decine di piloni di cemento, antenne e tralicci aumen-tati in modo esponenziale. Inoltre le falde deviate o prosciugate, le acque inquinate. Loperacosta miliardi e miliardi di euro: dunque certamente dannosa per limpatto ambientale, maanche molto probabilmente inutile, come molti economisti hanno evidenziato. Il movimentoche ha riconosciuto in fr Dolcino un emblema, antepone la tutela della bioregione e dellasalute agli interessi di coloro che Sgorlon, nel suo romanzo, ha chiamato i nuovi feudatari,cio poche ma potenti lobby economiche, spesso trasversali agli schieramenti politici.In realt si confonde il progresso, che liberazione dal bisogno e dal servaggio, con losviluppo, che non deve essere infinito, e che destinato a schiantarsi a grande velocit controla barriera del limite ecologico.Si sostiene che la TAV indispensabile, altrimenti lItalia non si modernizza. Luciano Gallino su

    Festa dolciniana, la seconda domenica di ogni settembre:Festa dolciniana, la seconda domenica di ogni settembre:Festa dolciniana, la seconda domenica di ogni settembre:Festa dolciniana, la seconda domenica di ogni settembre:Festa dolciniana, la seconda domenica di ogni settembre:il rito riformato alle pendici del Monte Massaro.il rito riformato alle pendici del Monte Massaro.il rito riformato alle pendici del Monte Massaro.il rito riformato alle pendici del Monte Massaro.il rito riformato alle pendici del Monte Massaro.

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    Bibliografia:- Corrado Mornese e Tavo Burat, Fra Dolcino e gli Apostolici tra eresia, rivolta e roghi, DeriveApprodi, Roma 2000.- Tavo Burat, LAnarchia cristiana di Dolcino e Margherita, Leone e Griffa, Biella 2000.- Corrado Mornese, Eresia dolciniana e resistenza montanara, DeriveApprodi, Roma 2002.

    Limmagine a pag. 24 tratta dal sito www.eresie.it, quelle a pagg. 25 e 27 dal sito del Centro Studi Dolciniani,quelle a pagg. 28 e 29 dal sito www.interfree.it.

    la Stampa si chiede se non siano proprio gli abitanti della Val Susa a fare, invece, il verointeresse nazionale, e che stiano spronandoci a pensare se davvero conveniente trasformarelItalia nella piattaforma logistica dEuropa, e se la perseveranza di realizzare la TAV senzavalide ragioni sia la conseguenza dellincapacit di esplorare in modo corretto altre oppor-tunit di cui disponiamo.Forse questi Fra Dolcino, Margherita e Longino, strenui difensori della bioregione alpina, ecio di una regione-comunit in osmosi con il territorio, sono trascendentali, pi personaggimitici, tramandatici dalla tradizione popolare, che personalit storiche.Da Robin Hood sino a Ghino di Tacco, al Passatore ed ai banditi adottati dallepicapopolare anche in tempi pi recenti, la leggenda sembra consegnarci meglio dei documenti,una realt pi significante, certamente pi coinvolgente e affascinante.Andr Malraux lasci scritto: solo il leggendario vero.Prima di lui, Beaudelaire aveva esclamato: Sei sicuro che la leggenda sia proprio vera? Ma chemimporta, se mi ha aiutato a vivere!.

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    R/ESISTENZA APUANA,R/ESISTENZA ALPINA

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    Libert potere. Ci fu data una vita impavida ed indomabile.(liberamente tratto da Catwoman, donna gatto)

    Scendendo sullimpervio sentiero partigiano ero arrivato allultimo sperone a balconcinodella cresta che da Campo Cecina porta a Carrara, dove ci sono i ruderi di una piccolapostazione partigiana, allora ben fortificata contro gli attacchi aerei, quando non ceranoancora gli elicotteri. Con i suoi tre lati molto scoscesi bastava una mitragliatrice per ricaccia-re ogni canaglia militare nazista e fascista, che poteva tentare lassalto solo salendo lungo ilsentiero. Ma, nel frattempo, sicuramente con lausilio, ormai, dellelicottero, lo sperone statoconquistato da un altissimo traliccio da 380mila volt, che sfregia quel che prima era salubre,magnifico, imponente.Non ricordo se era pomeriggio inoltrato oppure gi crepuscolo o notte appena calata. Maricordo benissimo il rombo del motore della corriera e limprovvisa voce della dinamite. Eil motore che muore! Proveniva dal fondovalle, dal mio lato destro, sul tratto di strada traCarrara e la prima frazione a monte. Leco, attutito dai folti boschi di castagno che copro-no i pendii della stretta vallata, rendeva difficile capire se erano uno o pi botti.Ma era certo che doveva essere successo presso la strada che collega i paesini contadini edei cavatori in alto e scende in Lunigiana. E conduce a Campo Cecina, alle sue cave dimarmo, ai suoi pascoli e boschi, al rifugio alpino ed al ristorante panoramico ben frequenta-to, da dove, nelle belle giornate, si possono scorgere persino la lontana Corsica e lisola

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    dElba ergersi dal mare. quasi altipiano, aitempi dei partigiani ben difendibile da pochemitragliatrici e combattenti, e nella Resistenzafaceva da base sicura alle squadre partigiane.Deve essere sulla strada e deve avere colpito lacorriera, pensai sgomento e per nulla disinte-ressato. Chiss, forse una bruttissima e tempe-stiva provocazione sbirresca, fascista e stra-gista, da addebitare poi puntualmente aglianarchici? Ma per fortuna questipotesi a cal-do, terrificante, fu poi smentita dai fatti! In par-

    te gi in serata e poi nei giorni successivi, aguzzando le orecchie nei bar abituali prendendoil caff e non pochi biccierett del forte vino locale, in piazza tra la gente e parlando con lecompagne e i compagni sentii cosera successo e man mano, a brandelli, la storia si comple-tava. Nei giornali, nulla.Lautista della corriera, si diceva, sentendo il botto vicinissimo pensava allo scoppio di unpneumatico e sera fermato di colpo.Ma ecco la storia. Un assessore del comune di Carrara possedeva una delle due o tre casetterurali sul pianoro proprio sotto il balconcino gi accennato, i cui terreni, ancora in partecoltivati, dal pianeggiante continuavano a scendere, terrazzati, sul largo costone che va a

    Scorcio delle Alpi apuane.Scorcio delle Alpi apuane.Scorcio delle Alpi apuane.Scorcio delle Alpi apuane.Scorcio delle Alpi apuane.

    UNA VITUNA VITUNA VITUNA VITUNA VITA RIBELLEA RIBELLEA RIBELLEA RIBELLEA RIBELLE

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA NELLANELLANELLANELLANELLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA SEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTESEGUENTE

    Sono un pastore, contadino e cacciatore delle Alpi Retiche, residuo di ungenocidio consumato dallo stesso nemico che, nel corso dei secoli, ha di-strutto quasi del tutto la mia terra. Nelle vesti delle multinazionali dellatomo edello sfruttamento idroelettrico, turistico, del militarismo e dei suoi poligoni,con linquinamento radioattivo, chimico, da carburazione industriale e metro-politana, sovranazionale e via aerea; lipersfruttamento boschivo e agricolo responsabile storico della rapina della mia identit etnica, della mia terra e delmio lavoro. nella presa di coscienza del mio essere sfruttato, schiavo ed espropriato,che sono andato semplicemente fino in fondo nel tentativo della mia libera-zione e nel tentativo di contribuire con tutto me stesso alla liberazione edifesa della terra che ha ospitato e nutrito i miei avi e me.Nasco a Schiers, nel Canton Grigioni, durante uno dei frequenti trasferimentifamigliari da una frontiera allaltra, essendo mio padre guardia di confine.Lontano da ogni caos cittadino imparo umilmente a crescere con un senti-mento di gratitudine verso la vita.Da studente bohmien cresce il rifiuto di un sistema scolastico basato suimeccanismi dello sfruttamento e della meritocrazia. In seguito alla scuolaagricola di Planthof contesto la moderna agricoltura industriale e meccanizzata,

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    morire nei primi quartieri proletari di Carrara e dove lultimo tratto del sentiero diventamulattiera secolare, ancora meglio lastricata dogni strada moderna... Ora, tal assessoreera riuscito a far passare in comune il progetto di una carrabile che dal punto dellesplosionedoveva solcare il ripido pendio laterale della vallata fino a questi suoi terreni. Si diceva che traaltri argomenti, in genere ugualmente fraudolenti e ridicoli, tipici di questi figuri, adduceva:se qualcuno sta male ci pu arrivare lambulanza... Era invece chiarissimo linteressemeramente di speculazione personale e mafiosa e chiss le villette e case, magari anche unacava o altro ancora, insieme alle infrastrutture a questo punto man mano necessarie, cheavrebbero poi valorizzato, vale a dire saccheggiato e deturpato, il posto! Chiss se poi,

    CONTINUACONTINUACONTINUACONTINUACONTINUA DALLADALLADALLADALLADALLA PAGINAPAGINAPAGINAPAGINAPAGINA PRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTEPRECEDENTE

    che nata come appendice dellindustria chimica e delle macchine, e mirifiuto di studiare i fertilizzan