Numero Zero - il Magazine di Maratea - N7 Speciale Pasquale Epifanio Iannini

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Arte, Musica, Spettacolo ,Sport , Cucina e Paesaggio in un unico canale multimediale: NUMERO ZERO, il magazine di MARATEA.

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“Numero Zero”: cos’è? A cosa serve?Il nostro è un ambizioso progetto, nato per volontà, idea ed iniziativa di un volonteroso gruppo diragazze e ragazzi di Maratea, che vogliono valorizzare tutte le potenzialità del proprio paese ed in particolare quelle inerenti alle arti grazie al potente mezzo della stampa e quello, ancor più forte, di internet. Informazione, curiosità, ricerche: qui troverete tutto questo e altro ancora. Il web ci offre la possibilità di realizzare questo nostro progetto e di distribuirlo gratuitamente ovunque, sfruttando anche gli strumenti dei vari social network presenti sulla rete, e di farne la voce di una comunità ha tanto da dire.Allora, pronti? Si comincia!

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Photo : Riccardo Polcaro © 2013

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Riccardo Polcaro nasce a Firenze nel 1985, mamma lucana e padre originario di Maratea. Si diploma presso l’istituto tecnico industriale professionale di fotografia, studia fotografia all’accademia di belle arti di Firenze L.a.b.a. Lavora come fotografo professionista.

Numero Zero nasce un po’ per caso, per gioco, per volere di una testa matta che un bel giorno ha avuto l’idea di voler parlare di Maratea, perché di talenti e di cose belle ce ne sono tante, ma ben nascoste. Bisognerebbe solo imparare a valorizzare un po’ di più quelle che sono le risorse della bella Maratea.

Riccardo PolcaroFounder Of NumeroZero

Riccardo Polcaro

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Editorial

Francesco Fontana

Luca Luongo Chiara Graziano

Luca Corazzini

Luca Luongo, nato nel1989 a Maratea, studia cinema e teorie e pratiche della comunicazione di massa a Roma. Si occupa per passione della storia locale di Maratea e della Basilicata.

Chiara Graziano è nata nel 1994 a Maratea, dove frequenta l’ultimo anno del Liceo Scientifico. Si occupa di arte cultura e territorio.

Luca Corazzini, nato a Maratea nel 1989, inizia ad avvicinarsi all’escursionismo nel 2006 facendo delle uscite amatoriali in montagna .Nel 2011 diventa socio del C.A.I si occupa della rubrica di escursionismo.

Francesco Fontana, nato a Maratea nel 1995, frequenta il liceo scientifico. Appassionato di sport, collabora con diversi quotidiani e magazine lucani e cura la rubrica sportiva del lunedi’ sera su Marateawebradio, e ovviamente si occupa di Sport.

NumeroZeroMagazine

Cos’é?Numero Zero è un ambizioso progetto informativo che nasce come web-magazine dall’idea di alcuni ragazzi di Maratea con la voglia di valorizzare e informare il proprio paese.

Chi siamo?La redazione è composta da 7 ragazzi, tutti originari di Maratea.

Quali sono gli argomenti trattati?Ogni mese verranno trattati argomenti diversi quali arte, cucina, sport, musica (con interviste a band locali), attualità e spettacolo.

Dove ci puoi trovare?NumeroZero TwitterNumeroZero Facebook

[email protected]

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EditorialNumeroZeroMagazine

Editorial

Maria Cerrato nata a Maratea nel 1984. All’età di 14 anni inizia ad appassionarsi al mondo della radio grazie al padre. Diventa speaker di Radio 91 Maratea, dove cura anche la rassegna stampa. Collabora con Radio LatteMiele Rete Sud Audio e Radio Tour Basilicata. Nel 2007 si iscrive all’Albo dei Giornalisti - Pubblicisti  della Basilicata.

Maria Cerrato

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Photo : Luca Luongo © 2013

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La gioventù tra poesia e musicaPasquale Epifanio Iannini nacque il 1° aprile 1906, una giornata caduta di domenica, a Maratea. I suoi genitori erano una ordinaria coppia dell’epoca. Lui, Biagio Iannini, insegnante elementare e, poi, direttore didattico incaricato, lei, Rosa Cernicchiaro, casalinga. Entrambi saranno delle figure di riferimento per il piccolo Pasquale Epifanio Amedeo (questi i nomi impostigli al battesimo). Dal padre, Pasquale erediterà l’amore genuino per lo studio di ogni materia. Opuscoli, quadernetti e libri lo accompagnano dalla più tenera età. È proprio con suo padre che Pasquale comincia a comporre i primi versi. È la natura la sua prima fonte di ispirazione, e lo sarà per tutta la sua vita. «Da bambino», ricorderà lui stesso, «adoravo le fonti e le sorgenti, vi giocavo intorno e vi sostavo ingenuamente estatico, e poi mi arrampicavo sui noci e sugli altri alberi della campagna di Maratea, ed incidevo col coltellino sulla corteccia e disegnavo, scritte col mattone pestato, sui muri il mio canto.» Già quando era solo uno scolaro delle elementari, le due grandi passioni che lo accompagnarono per tutta la vita erano in lui evidenti: la scrittura e la musica. Non solo scriveva versi e raccontini, che racchiudeva in quadernetti con tanto di copertina disegnata (neanche fossero i suoi primi veri libri!) ma si fabbricava rudimentali strumenti musicali, zampogne ed altro, per intonare qualche motivetto da lui composto. La sua bella voce cantava anche durante qualche funzione alla chiesa dell’Addolorata, intonando i canti sacri accompagnato dall’organo o dal flauto suonato da uno dei confratelli della locale congrega. Si allontana per la prima volta da Maratea quando, per continuare gli studi, frequenta i corsi ginnasiali al convitto Silvio Pellico di Sala Consilina. È poi a Palermo, Messina e Reggio Calabria per sostenere la leva militare. Tornato a casa, si accontenta di un posto come gerente all’ufficio postale del Porto di Maratea.

A 26 anni, nel 1932, la comunità di Maratea ha occasione di notarlo per la sua prima grande prova di paroliere: in occasione delle celebrazioni del XII centenario della traslazione delle reliquie di S. Biagio dall’Armenia a Maratea, Pasquale Iannini lancia il suo Inno a San Biagio, suonato dalla banda di Acquaviva delle Fonti, giunta a Maratea per allietare musicalmente la festa.La sua vita pubblica a Maratea continua attraverso il suo grande amore per lo sport. Nel 1933 organizza e partecipa alla prima gara ciclistica tenuta a Maratea. Con la sua bicicletta, arriverà quarto al traguardo, causa

Pasquale Epifanio IanniniUna breve biografia

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Monticchio e il Vulture.È la natura, abbiamo detto, la principale fonte di ispirazione della poesia di Pasquale Iannini. Ma non la natura, che egli tanto ama, di Maratea. Pasquale Iannini è anche il delicato cantore del Vulture, dove si trova nel 1937 per il suo lavoro di ufficiale postale. Del Vulture e di Monticchio, il poeta di Maratea ama camminare nei campi e vivere tra i contadini. Le sue liriche sono così popolari tra gli umili, che le donne che lavorano la terra le canticchiano durate le ore della loro fatica, adattandole di volta in volta a qualche motivetto in voga.Tra Maratea e il Vulture, nell’epoca del Ventennio, le sue sono tra le poche iniziative che allietano il paese dal grigiore delle manifestazioni fasciste. Ma è proprio la scellerata politica fascista ad allontanare di nuovo Pasquale Iannini da Maratea e dalla Lucania: poco tempo dopo, viene inviato a Dabat, come titolare di quell’ufficio postale, in Africa Orientale.

una sfortunata foratura. Nello stesso anno, promuove la fondazione della prima squadra di calcio del paese.Per Maratea, Pasquale Iannini scrive anche canzoni e diversi articoli, pubblicati su giornali a tiratura nazionale, dove contribuisce al nascente movimento che vuole il lancio turistico della cittadina tirrenica.

la storia di un voto e di un piccolo tempio.Durante la seconda guerra mondiale, Pasquale Iannini è a Maratea. Sebbene lontani dai grandi fronti di battaglia, Maratea, la notte tra il 16 e il 17 agosto 1943, viene bombardata da una flotta area britannica. Un singolare episodio, durante l’attacco, avvenne proprio a Pasquale Iannini ed a sua sorella Anna, che quest’ultima

ci racconta in un piccolo libro di memorie.«A Maratea,» racconta Anna Iannini, «a tre anni dall’inizio del conflitto, venne ordinato il coprifuoco. Gli orrori e il terrore della guerra non risparmiavano nemmeno questo piccolo lembo del profondo Sud. [...] Si viveva nell’incubo, nella paura, nella preoccupazione per le sorti della nostra patria e di tanti fratelli accorsi al fronte a difendere la nostra vita e la nostra libertà. Ma eravamo tutti sorretti da una grande fede nel Signore, nella Provvidenza e nella Misericordia Divina.Il 15 agosto, nel primo pomeriggio, nella vicina Sapri vi fu un terrificante bombardamento, con morti, feriti, dispersi, case distrutte, palazzi sventrati orribilmente. Le notizie che ci giungevano, seppur frammentarie e imprecise, accrescevano in noi il ribrezzo e lo sgomento per una guerra ingiusta e spietata. Il 17 agosto, a due giorni dall’eccidio di Sapri, una bomba fu sganciata sulla caserma dei carabinieri di Maratea. Lo schianto fu assordante, lo spavento enorme. L’ordigno, anche se non provocò, fortunatamente, alcun danno, diede il via all’esodo della popolazione verso le campagne, i villaggi e le alture del circondario. Noi trovammo rifugio a Massa. Lasciammo il paese il 19 agosto. Anche a Massa incominciai a pregare, radunando, a sera, i fedeli mentre la mattina andavo alla Messa nella Chiesetta celebrata dal Sacerdote dell’epoca Don Luigi Calderano. La sera del 24 agosto 1943 eravamo riuniti nella proprietà del signor Biagio Maimone, dinanzi ad una piccola grotta denominata Mancoso, in una verde campagna. Mio fratello Pasquale, che pregava con noi, era disteso per terra; gli faceva da cuscino l’inseparabile borsa, contenente le sue poesie, dalle quali non si staccava mai e che amava portare sempre con sé. All’improvviso, come folgorato da una visione soprannaturale o spinto da una forza sconosciuta,

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esclamò quasi gridando: “Signore, qui un tempio!”.Rimasi attonita e profondamente colpita da quella esclamazione, quasi un’invocazione, che immediatamente considerai una ispirazione divina e feci alla Madonna del Rosario di Fatima (l’ultima approvata dalla Chiesa) di far costruire, sul posta dove ci trovavamo, una cappella in Suo onore, mendicando l’obolo verbalmente e per iscritto in cambio di protezione, di perenne benedizione, della fine della guerra e di tanto spargimento di sangue. Le persone che pregavano con me, recitando il santo Rosario, più volte al giorno con fede incrollabile, approvarono con entusiasmo il mio voto. [...] Dopo 14 giorni di stenti, di paure, di fatiche, proseguendo sempre a marce forzate tra boschi, valli e montagne, Pasquale tornò finalmente a casa e noi tutti di famiglia vedemmo in questo rientro avventuroso e difficile il segno tangibile ed inequivocabile della protezione divina. La notte del 6 settembre 1943 feci un sogno che si doveva subito mostrare rivelatore: vidi una formazione di aerei in semicerchio mentre ero con mio padre davanti alla porta della cucina della casa di campagna del mio bisnonno Biagio Cernicchiaro. Mio padre, spaventato dal rombo assordante dei motori e dal numero considerevole dei velivoli, temeva la distruzione, ma io, con la corona in mano, non smettevo di rassicurarlo dicendogli che certamente la Madonna ci avrebbe salvato. Improvvisamente dal semicerchio, dalla parte destra, al terzo posto della formazione, si staccò un aereo, si precipitò in picchiata, poi planò e, prendendo le sembianze della Madonna Immacolata, si allontanò repentinamente, portandosi dietro tutti gli altri velivoli, verso la collina di Capo Serva. A questo punto il sogno svanì. Mi svegliai di soprassalto come in un incubo, spaventata, preoccupata, ma sempre fiduciosa nell’assistenza della Madonna. [...]Quella stessa mattina alle 10,30 circa, il sogno si avverò. Si svolse nella realtà tutto quanto, per filo e per segno, mi era apparso nel corso della notte mentre dormivo: la casa di campagna del nonno, la figura di mio padre, gli aerei in formazione semicircolare, un velivolo che si stacca e che si allontana portandosi dietro gli altri con un acuto sibilo sulla collina di Capo Serva. Anche in quell’occasione la Provvidenza Divina volle salvarci dal massacro. Le Suore che fino a qualche ora prima non avevano prestato fede alle mie parole, trattandomi con sufficienza dovettero ricredersi. [...]Subito dopo l’armistizio dell’8 settembre mi premurai di recarmi dal parroco della Parrocchia di San Biagio monsignor don Domenico Damiano, per palesargli; il voto da me fatto e chiedere, nel contempo, consigli e direttive per dar inizio alla ricerca del denaro per la costruzione della cappella. Da persona sensibile e colta, don Domenico mi ascoltò con grande attenzione, mi dimostrò tutta la sua ammirazione, rimase contento e mi promise che avrebbe subito contattato il Vescovo, l’indimenticabile mons. Federico Pezzullo, per avere da lui la prescritta approvazione per la costruzione della Cappella. Il primo passo era compiuto, ma c’era ancora tanto da fare ancora tantissimo da fare: mancava non solo il denaro, ma anche il luogo dove poter erigere il piccolo tempio. Cominciare subito a mendicare nell’ambito della parrocchia di Massa confidando nell’amicizia, nella conoscenza e nella grande fede religiosa degli abitanti di questo piccolo borgo lucano.Ma i tempi erano difficili; la guerra, anche se non aveva fiaccato la volontà e gli animi di questa generosa e laboriosa popolazione, tuttavia aveva portato miseria e grande difficoltà materiali, per cui non risultava agevole per nessuno pensare ad opere che non fossero rivolte ad alleviare le sofferenze e i disagi della gente. Ma io dovevo mendicare, insistere, umiliarmi per adempiere il voto. Intanto era giunta l’approvazione del Vescovo di Policastro, accompagnata da larghe benedizioni e col permesso di agire e di fare secondo l’ispirazione della Madonna.

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Da parte sua il parroco di S. Biagio don Domenico Damiano si interessò subito per il reperimento del terreno dove far sorgere poi la cappella.Il buon sacerdote si presentò in casa della signora Assunta Damiano, vedova Schettini, il cui figliuolo Domenico, residente all’epoca in America, aveva più volte manifestato l’intenzione di costruire una cappella dedicata alla Madonna del Rosario, in un angolo del loro grande fondo terriero e servendosi proprio della casetta dove è stata costruita la cappella.Quale migliore occasione, per la pia donna, di accontentare, nel contempo, il proprio parroco ed esaudire il desiderio del proprio figliuolo lontano!Così, commossa e grata per l’occasione offerta, la signora Damiano mise a disposizione del parroco il terreno necessario e scrisse subito al figlio “Se la Madonna vuole essere venerata in quel luogo, sia fatta la sua volontà. Ella ha illuminato qualcuno giunto a chiedermi il terreno che io sono felice di donare gratuitamente.”Il terreno, con annessa casetta, è posto al bivio di Maratea, San Biagio, Massa e Brefaro ed è denominato “località Santa Caterina”.Qui, in questo luogo panoramico, dove la natura è tutto un tripudio di profumi, di colori e di voci celestiali, doveva sorgere il piccolo tempio dedicato alla Madonna del Rosario di Fatima.Risolto il problema del terreno, bisogna ormai sbrigarsi; fare le cose seriamente ed impegnarsi quotidianamente per raggiungere lo scopo prefissato.Mi recai a parlare con il commendator Biagio Vitolo, figura insigne di Maratea, uomo di grande esperienza e profondamente innamorato del proprio paese, che sapeva consigliare e donare disinteressatamente quando si trattava di fare il bene della collettività e della sua Maratea.Egli prese profondamente a cuore, con grande ammirazione, il mio progetto e mi suggerì, con la sua pronta intelligenza, di pensare alla costruzione di una cappella aperta.Intanto cominciai a pensare a chi rivolgermi per fare eseguire un dipinto che illustrasse la Madonna con i tre pastorelli, quadro con il quale adornare l’altare della cappella. Su suggerimento del comm. Vitolo e di don Domenico Damiano che, ripeto, mi dava ampia libertà di fare tutto da sola, anche quando dovevo agire per suo conto e a suo nome, mi rivolsi al pittore Mario Lanziani, un artista di grande talento che viveva nella più profonda umiltà, nascondendo quasi il suo valore che io, invece, conoscevo bene e che aveva dimostrato molti anni prima in un grande affresco eseguito nella Chiesa dell’Immacolata a Maratea.Lanziani disegnò uno schizzo del quadro e me lo sottopose, incontrando il mio entusiastico consenso. L’opera, secondo il parere del bravo artista, si sarebbe dovuta realizzare su lastra di zinco in quanto, destinata a stare all’aperto, avrebbe meglio resistito alle avversità atmosferiche.Ma tutto era ancora in progetto perché la raccolta dei fondi necessari alla realizzazione del tutto risultava difficile, problematica e soprattutto lunga.Riapertesi le comunicazioni per l’Italia, scrissi immediatamente al Papa Pio XII (Eugenio Pacelli), il quale rispose in tempi brevissimi suscitando in me viva sorpresa per tantaprontezza. Allegato alla lettera del Santo Padre, che impartiva la Sua benedizione particolare, era un assegno di lire cinquantamila, che mi fu consegnato dal Vescovo nella Basilica di San Biagio, alla presenza del parroco don Domenico Damiano.Il Papa aveva voluto offrire il proprio contributo per la costruzione della nuova cappella, in una parrocchia che, prima in Italia, introduceva il culto della Madonna di Fatima.Nel 1945 si aprirono le comunicazioni anche per l’America e immediatamente scrissi in Brasile, in Venezuela, in Messico e in Colombia, per mendicare, anche oltre oceano, a nome della Madonna, l’obolo tra i numerosi fratelli emigrati, sempre pronti a offrire il proprio contributo per la realizzazione di opere nella loro terra d’origine, mai dimenticata e sempre nel proprio cuore di figli devoti.

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Dopo qualche mese cominciarono ad arrivare le offerte. [...]Per incrementare la somma raccolta pensai di organizzare una recita della Beata Imelda, aiutata sola dalla signora Anita Passarelli. La rappresentazione, che comprendeva, tra l’altro, una suggestiva coreografia floreale, ebbe un grande successo e fu ripetuta a Trecchina e in altri centri viciniori, accolta dappertutto con entusiasmo e simpatia.Incoraggiata dai pochi soldi racimolati e confidando sempre nella Provvidenza Divina, decisi che era giunto ormai il tempo per dare inizio ai lavori.Per prima cosa ordinai definitivamente il grande quadro di zinco al pittore Lanziani che si mise immediatamente all’opera.Verso la fine del 1945 feci domanda al Fondo Culto di Roma al fine di ottenere il massimo contributo possibile per l’inizio della costruzione della cappella.Affinché la richiesta fosse presta in considerazione ed accettata con benevolenza, interessai l’on. Notarianni, dello stesso Fondo Culto, e mi recai più volte a Napoli, in via Costantinopoli, presso la segreteria politica del parlamentare.I miei sforzi furono coronati dal successo. Infatti, dopo qualche tempo, ebbi dal Fondo Culto un sussidio di lire Trecentomila, somma che mi permetteva di guardare con molto ottimismo al futuro. I lavori poterono così essere iniziati e, dopo un alacre opera, terminarono nel 1948.La Cappella, tranne qualche piccolo accessorio, era ormai completa. Tanti sacrifici erano stati premiati dalla Madonna. Ma purtroppo non potei assaporare interamente la gioia per quella realizzazione di cui ero stata l’unica principale artefice.»La cappella, come sappiamo, è quella che oggi si trova in località S. Caterina, nei pressi della frazione Massa. Un ricordo, oltre che di Fede e devozione, di storia nostrana..

Tra Maratea E Bogotà.Nel 1946 Pasquale Iannini dà alle stampe il volume di liriche Terra Mia, con il quale raggiunge la maturità espressiva e stilistica. È la pietra miliare della prima fase della sua produzione, quella più strettamente ed appassionatamente dedicata alla natura, a Maratea, alle luci e alle genti della Lucania.Allontanarsi da Maratea è per Pasquale un dolore immenso. Eppure, ne sente il bisogno. Egli cerca la grandezza del mondo nella piccola realtà di Maratea e, allo stesso tempo, vuole rivedere il mondo piccolo di Maratea nel mondo grande al di là dei suoi confini.Parte quindi per la Colombia, per Bogotá, dove un suo familiare, Antonio Cernicchiaro, altra figura nobile di Maratea, ha impiantato da diversi anni la compagnia Italcasa. Durante il viaggio in aereo, lo slancio di Pasquale Iannini dà vita al suo piccolo diario del viaggio, dato alle stampe solo nel 1967, dal titolo Primo volo transoceanico da Roma a Bogotá.In Colombia Pasquale Iannini scrive poesie e canzoni in lingua spagnola. Le donne colombiane e la natura del Nuovo Mondo sono le sue ispirazioni.

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Iannini poeta memoria familiareIannini poeta della memoria familiare.È quella che potremmo definire la seconda fase della produzione di Pasquale Iannini, che si apre con un evento luttuoso. Mentre è ancora in Colombia, Pasquale perde suo padre e, da lì a pochi anni, anche la madre.Già nel 1948 viene dato alle stampe Papà mio, in cui Iannini inizia la sua riflessione, più matura ed intima, sull’universo genitoriale. Dopo cinque anni in Sudamerica, torna in Italia, a Maratea, dove vive con sua sorella Anna.

Gli ultimi anniLa produzione poetica di Pasquale Iannini rispecchia, con fedeltà, le età dell’uomo. I suoi primi lavori sono dedicati alla scoperta ed alla fanciullesca sorpresa davanti alla natura, alla propria terra e, attraverso esse, all’infinito. Segue una età più matura della produzione, che si palesa in un’opera di riflessione sulla vita familiare e umana. L’ultima età, quella che chiude il ciclo umano e professionale, e dedicata all’Assoluto.Negli ultimi anni Pasquale Iannini guarda il cielo, e cerca Dio. Con Nella luce del pianto, del 1975, e A Padre Pio, del 1986, il poeta di Maratea raccoglie la sua riflessione sulla bellezza del Creato, sulla malinconia della vita giunta ormai al suo ultimo atto e sulla preoccupazione che attanaglia l’uomo che vede sempre più da vicino il varco verso il territorio inesplorato dell’Aldilà.Pasquale Epifanio Iannini muore a Maratea l’8 novembre 1988. È sepolto nel cimitero centrale di Maratea, in una semplice tomba, ornata solo di pochi suoi versi: Vengo a te fra le croci, che son tante, con la voce del Cristo nel dolore. E non sapremmo immaginare ornamento migliore.

Opere letterarie di Pasquale E.iannini

- Inno a San Biagio (1932)- Inno nazionale dei telegrafisti (1935)- Canti del Vulture (1937)- I Sonetti della Primavera (1939)- Terra Mia (1946)- Papà mio: in memoria (1948)- Sulle ali del tempo (1967)- Primo volo transoceanico da Roma a Bogotá (1967)- Nella luce del pianto (1975)- Ricordo di Lorica ed altre poesie (1985)- A Padre Pio (1986)

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© Francesco Paparozzi http://fpaparozzi.blogspot.it

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MARATEAsogno.

Mio dolce paese raccoltoIn breve tristezza serenaDel verno, sussultaAl mite destarsi dell’aer di aprile. Sussulta a tanta distesa,Canora pittura,Di mandorli in fioreE gialle ginestre sbocciantiNel rivido incanto gentile,Dal Curzo, dal Campo ridente,

Là verso la nesta MadonnaNei vasti suoi incensi dorati,Perché rifiorisca di gioiePur ogni serafico duolo,Del mar di cobalto;Negli orizzonti di fuoco,Dal vasto tuo suoloNel nobile vero dell’Alto.Sussulta, ti mandar carezzeDi canti e profumi,

Di là dall’Agnola alla Valle,Di là dal Cerrita,Le zagare aulenti,Cullate da candida schiumaAl brivido insieme di fiumi e torrenti. Ti mandan di pace,La gioia del Cielo soffusa,I placidi ulivi contorti,Nel suolo redento del duolo,E novo vigor da’ giganti

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Di là dall’Agnola alla Valle,Di là dal Cerrita,Le zagare aulenti,Cullate da candida schiumaAl brivido insieme di fiumi e torrenti. Ti mandan di pace,La gioia del Cielo soffusa,I placidi ulivi contorti,Nel suolo redento del duolo,E novo vigor da’ giganti

I piccoli carati fecondiDei ciondoli neri da OgliastroDa Fiumicello, dal Porto,Cersuta, Marina, Acquafredda. Sussulta, mio dolce paeseAi teneri grani di Brefaro e Massa, Agli sparsi suoi armentiA monte in collinaChe porgenti raggi novelli di vitaNei candidi doni,

Nei frutti pulsanti dal caldo terreno, Nell’ampia coronaDi ville e giardini, di orti e vigneti, Violenti, opulentiDal forte, vermiglio liquoreChe accende il pensieroDi subito ardoreNel cuore più saldo d’affetti sinceri. Sussulta alle squille argentineDei tanti tuoi bronzi sereni,

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Photo : Luca Luongo © 2013

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Possenti d’atavica fedeNel vanto porpore ardentiNel nome di Cristo.Sii fiera, tu madreDi eroici figli dai segniDistinti nell’alte medaglie, Ovunque mai domiAl vindice sale di patrie battaglie. Sii fiera, tu madre,Di tanti figliuoli lontaniDi là dà profondi oceani,Di là delle Alpi nevoseNel grato tuo amore,Nell’ore nostalgiche, ansioseDi lor si fecondo sudore.E levanti al canto, più alteraPer tutte le luci d’intorno, Lontane, vicinaAll’ampia odorosa costiera,Ai palpiti immensi, turchiniDa un’estatica Teti.E lèvati, ascolta dall’almaIl canto d’amoreDi artisti e poeti,Di questi tuoi figli devotiChe vedono e sentonoPiù appresso il tuo cuore,Al volo di rondine ignara D’altezza e di oblioMio forte paese, vedettaCon tre grandi ruvide torri Sull’onda di tante epopea Dall’evo lontano

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Di antiche tue mura sul monte, L’antica città di MarateaCol grande Patrono S. Biagio, Più bello ridestati ognoraE volgiti a valle sui mariNel novo fulgore superno Dell’alta tua CroceCh’è di monito e luceAgli esseri ingrati,Ai falsi credenti,E scudo sì puroPiù vivido foro di speme e di fede Pei petti d’italiche genti.

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Photo : Luca Luongo © 2013

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Fiamma del tutto ad appagarmi il cuore,Taci pure se credi, o mia fanciulla,È nel duolo ch’io sento il vero amore.

Guarda il morente sol come mi cullaCon il sereno e limpido suo ardore,Guarda nell’ombra il bel che il giorno annulla Come quest’alma inonda di languore.

Guarda questo fulgore di desioQuivi a pie’ del Cerrita presso il mare Ove le false umane voci io oblioE voglio e voglio solamente amore!...

A PIÉ DELLA CERRITA

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Photo : Biagio Calderano © 2013

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LA TEMPESTA

Photo : Luca Luongo © 2013

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La nebbia che fugge sul mare sospinta Dal vento sui monti d’intorno a raggiera, Falsando la pietra di torbida tinta,Si accoglie sul Crivi pie’ densa e leggiera.Un raschio di fuoco sul volto alla Colla Sparisce in orribile, immenso fragore, Poi lunghi spilloni di liquida follaE bianchi confetti, supremo candore.Cretosi alle mura i rustici ombrelli Ricevono in alto sul fronte e la testa Intorno al camino col fumo a brandelli Non senza singulti cotanta tempesta.E frema la balza e il pino robustoCon l’alte sue chiome di pallido verde; Il vento lo batte, ma esso non frusto Gigante rimane e... il vento si perde.

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IL CRISTO REDENTOREsogno.

Photo : Domenica Gioa © 2013

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Photo : Domenica Gioa © 2013

Or sorge là sul monte il Redentore Con le sue dive braccia al Ciel levate Come se sollevasse il mondo e amore Movesse e il suo desio in ansie alate, Per la perenne pace in ogni cuoreOr sorge a Maratea su le ornateBalze ridenti di ginestre in fioreE villaggi ed il mare e le sacrate Mura della Basilica, il Signore Risveglio al divo sol della buferaE nell’aer sereno in suo candoreNel nome celestiale, o grande Autore, Che a Lui or tutti inviti alla preghiera.

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O Porticciuolo di Maratea,Raccolto in un grappolo umanoDi palpiti ardenti e gentili,Di gente operosa, fieraDelle tue bellezze,Dall’alba ricorma di luceAi colori del fuoco,Quando giunge la seraSei l’ala che porti lontanoI dolci ricordi d’amore

IL PORTO

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Photo : Riccardo Polcaro © 2013

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Photo : Riccardo Polcaro © 2013

IN RIVA AL MARE DI MARATEA

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Photo : Riccardo Polcaro © 2013

Dai tuoi begli occhi, luminoso amore,Il dardo mi ferì in riva al mareDi Maratea, e si squarciommi il cuore Che più tregua non ha il mio sognare

Allor del sole l’aureo tremoreMirai insieme a le struggenti e care Membra leggiadre sue entro il candore Della schiuma e dell’acqua glauche chiare.

Gioia dell’onda, un sol furor con lei Tu mi apparisti inconfondibilmente Nereide nova, dal sorriso pieno,

Irraggiando nel cuore mio e la menteFulgor di beltade; si che i miei Ardori eran la fiamma del tuo seno.

Photo : Biagio Calderano © 2013

IN RIVA AL MARE DI MARATEA

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LA GROTTA DI LOURDES

Photo : Luca Luongo © 2013

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Là dove un manto di giardini aulenti Pende alla Grotta e ne profuma il seno Nell’amplesso dei monti e del Tirreno, Sorge la Madonnina, ai costi accenti Di chi La prega come Bernadette Nella fede che vince e grazie aspetta.

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MONTE SAN BIAGIO

Godi la mano che ti porge il CriviE l’onde del Tirreno a Te vicina, E il fulgor della Valle ai dolci vivi Coi giardini fragranti alla marina.

Con altre vette incontro e ombrosi clivi Da Mandenia e Santa CaterinaBrefaro e Massa il lieto canto avvivi Limpida fede nell’oprar regina.

Così monte San Biagio, parli al cuore,Di che ti scruta al profumato petto Svettante monumento dell’amore;Ché tocchi Iddio con il Segreto elettoE l’urna dell’Armeno, tutto ardore,Ardor che innalza al Ciel l’umano affetto!

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MONTE SAN BIAGIO

Così monte San Biagio, parli al cuore,Di che ti scruta al profumato petto Svettante monumento dell’amore;Ché tocchi Iddio con il Segreto elettoE l’urna dell’Armeno, tutto ardore,Ardor che innalza al Ciel l’umano affetto!

Photo : Riccardo Polcaro © 2013

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Photo : Biagio Calderano © 2013

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Ascosi monti ed onde glauco-chiare, Ampia una strada, un picciol campanile, Piccole croci che le culla il mare Ricamo di costiere e di arenile.

Arbori alteri nel vigor contorti, Placidi ulivi nell’amor pensosi, Ville, casette, muriccioli ed orti,Lieta natura, palpiti amorosi.

Canto di fiori, melodia marina Canto d’augelli e sibili del treno;Oh qual lucana sponda sì divina,Dolce Acquafredda sul natio Tirreno!

ACQUAFREDDA

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Il pallore del sole mattinale Saluta la Basilica dall’alto:E vestendo lo storico crinale Scende veloce già pel breve salto

Fino alla valle ed oltre i campaniliDi Maratea al mare di cobalto.Si destan voluttuosi gli areniliE tutte le scogliere; alto è il sipario

Del nuovo giorno: fuggono i profili Delle nubi e scintilla la rivieraCon le ville e i giardini all’arduo incanto Del sole sul mare, in limpida raggiera.

AURORA SUL GOLFO

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Photo : Riccardo Polcaro © 2013

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Photo : Luca Luongo © 2013