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MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA IPPICA 1885: inizia la storia del premio Pisa e il primo vincitore nell’albo d’oro della corsa è Rosenberg al quale oggi è intitolato un handicap principale. 1955: il più nobile tra i fino a ora 118 vincitori della classica pisana. Ribot, il terzo in questa foto che ritrae la sfilata dei quattro concorrenti davanti alle tribune, gremite di gente. 2001: il premio Pisa di Salselon. E’ ancora loro il record della corsa in 1.26.7. Ma non è solo per que- sto che è sempre vivo nel cuore degli appassionati, infatti il suo jockey, Sandro Parravani, è pisano DOC. 2008: Eldest è l’ultimo vincitore che regala il se- condo successo a seguire a Mirco Demuro. I n America, nel baseball professionale, i giocatori vanno a battere con la mazza di legno, come facevano Babe Ruth e Joe Di Maggio. Tra dodici mesi sarebbe bello vedere i cavalli entrare nelle gabbie messe nello stesso posto dove una volta, nel 1885, si dava la partenza con bandiera. E poi via a rotta di collo cercando una posizione decente, gira gira gira la curva sperando di tenere l’equilibrio. Ecco la retta, bisogna trovare in fretta la gamba giusta e scattare verso il traguardo. Questo è il Pisa, babe! Una corsa che ha sempre selezionato speed, atle- ticità, coordinazione. Una corsa per velocisti? Chie- detelo a Ribot, che era veloce ma non velocista, e a tutti gli altri che hanno sfruttato il Pisa come tram- polino di lancio verso altri traguardi! L’anno prossimo ci sarà la nuova pista (benvenu- ta!), con una curva più larga e dolce e un assaggio di salita all’ingresso in retta, che consentirà di allungare di 100 metri la Corsa e di renderla – ci diranno – più veritiera e selettiva. O semplicemente più facile, una corsa – la c è di rigore minuscola – come tante altre che si disputano sul miglio in giro per l’Italia. Una prova di preparazione a un’altra prova di prepara- zione, in una catena infinita di esami rimandati. Il Pisa è una corsa altamente selettiva. Se un tre anni ha la velocità per rullare al ritmo di un minuto al chilometro, l’agilità per girare una curva stretta senza inciampare e i muscoli per scattare ancora verso il traguardo vuol dire che è buono davvero. E allora non ha bisogno di aiuti, di una piegata cospar- sa di zucchero, di 100 metri in più per riprendere i velocisti. Questo è il Pisa che vorremmo sempre ve- dere, una corsa che seleziona i migliori in condizio- ni estreme. Poi, se decideranno di inventare un’altra cosa, la guarderemo con la passione di sempre. Però, per favore, abbiano il decoro di cambiargli il nome. A noi vecchi rincoglioniti servono dei punti di rife- rimento… www.sanrossore.it MARZO 2009 UN'ALBA NUOVA PER IL PISA? NEL 2010 LA NUOVA PISTA CI PORRA' DI FRONTE A UNA POSSIBILE INNOVAZIONE ANNO 3 - NUMERO 3 I TRADIZIONALISTI Franco Raimondi I o seguo il solco della tradizione e, pertanto, sono per mantenere il premio Pisa sul tracciato e distanza che lo hanno caratterizzato già da 119 anni. Ci sono già molti stravolgimenti nel mondo ippico che io non condivido e altri ne verranno negli anni a venire. Uno degli errori più clamorosi di questi ultimi anni è stato quello di aver portato il Derby Italiano da 2.400 a 2.200 metri, uno sbaglio che rischiamo di pagare molto caro perché ai fini del programma selettivo quei 200 metri in meno possono sminuire molto il livello tecnico della corsa e solo parzialmente questa carenza potrebbe essere sanata da un rinvigorimento del Gran Premio d’Italia sul miglio e mezzo. No, decisamente voto per il premio Pisa sui 1.500 metri e sul tracciato attuale, del resto e non potrebbe essere altrimenti dal punto di vista di una persona che sarebbe favorevole a riportare il Gran Premio di Milano sui 3.000 metri, una corsa che tutti i grandi cavalli del passato, molti dei quali ve- stiti in bianco-rosso, hanno affrontato e vinto. Nicolò Incisa della Rocchetta I l prossimo anno sarà inaugurata la nuova pista. Il nuovo tracciato ci metterà di fronte a un dilemma, che solo in teoria sembra semplice da risolvere. Il premio Pisa del futuro dovrà essere mantenuto sul vecchio tracciato e sul chilometro e mezzo, oppure portarto sul classico miglio della nuova pista? Quella che sembrava una risposta scontata non lo è per niente. Ecco le prime opinioni a confronto. I PROGRESSISTI N on ci sembra vero che, dopo oltre dieci anni di attesa, di progetti riprogettati, di valutazioni d’impatto ambientale, di proteste verdi spesso fini a loro stesse, la nuova pista sta crescendo giorno dopo giorno e la semina è ormai fatto imminente. La pista esiste, monca della racchetta che ci avrebbe regalato anche le corse in pista dritta ma, per ora, siamo contenti ugualmente. E dopo anni e anni nei quali ci siamo sentiti dire che il tracciato pisano non è selettivo, che è trop- po scorrevole e che, quindi, Pisa è una pista che non merita corse di selezione beh, non possiamo che godere dell’evoluzione della realtà ippica a San Rossore che dovrà, gioco forza, aprire nuovi scenari nell’ambito della programmazione nazio- nale. In tale ottica il premio Pisa può avere una sua riqualificazione che lo renda maggiormente prova di avvicinamento al Parioli. Certo, sarà più simile al Gardone e al Daumier ma noi abbiamo un plus valore che è dato da 120 anni di storia. Enrico Querci H o assistito a 58 edizioni del premio ‘Pisa’, tutte sulla distanza del 1.500 metri. La prima volta fu nel 1951: vinse Milonga, con Silvio Parravani in sella (colori nero e violetto della razza del Soldo, trainer Federico Regoli), battendo Castellare, montato da Lionello Milani. Avevo 14 anni. Nessuno allora sollevava il problema che i 1500 di San Rossore fossero troppo veloci, la curva troppo stretta. Chi andava, andava. Velocisti e fondisti, senza differenza. E infatti fra i vincitori del ‘Pisa’ si contano una decina di vincitori del Derby. Ma erano altri tempi, i cavalli avevano minori occasioni di correre, il materiale si logorava meno. Questa la premessa. Ora la domanda: lasciare tutto com’è anche quando sarà pronta la nuova pista con curva parabolica a grande sviluppo? Io dico di no, che la corsa si può migliorare togliendole l’handicap – tale è considerato oggi - di una volata mozzafiato. Con la nuova pista i 1.600 metri sarebbero perfetti: una vera ‘classica’. E pazienza se darà noia ad altre corse metropolitane di primavera. Vorrà dire che cambieranno la data di queste corse che, a confronto del ‘Pisa’, hanno tradizione vicina allo zero. Chi è per i 1.500 metri parla di ‘tradizione’. Io, che invece vorrei che la distanza fosse cambiata, parlo di storia. Perché il premio ‘Pisa’ – non tutti lo sanno – non è nato (1885) sui 1.500 metri ma – sorpresa! - sui 1.800 metri. L’anno dopo passò ai 1.200 metri. E così rimase per sette edizioni. Nel 1893 la corsa si disputò sui 1.400 metri e bisognerà attendere addirittura il 1903 perché la distanza fosse portata agli attuali 1.500. Non vorrei (absit iniuria verbis) che si volesse lasciare il ‘Pisa’ sulla distanza attuale per appiat- tirne il valore selettivo: una simpatica corsetta che si disputa nel folklore di un ippodromo carico di tradizione ma pur sempre di provincia, che dia- mine! Renzo Castelli

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MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA IPPICA

1885: inizia la storia del premio Pisa e il primo vincitore nell’albo d’oro della corsa è Rosenberg al quale oggi è intitolato un handicap principale.

1955: il più nobile tra i fino a ora 118 vincitori della classica pisana. Ribot, il terzo in questa foto che ritrae la sfilata dei quattro concorrenti davanti alle tribune, gremite di gente.

2001: il premio Pisa di Salselon. E’ ancora loro il record della corsa in 1.26.7. Ma non è solo per que-sto che è sempre vivo nel cuore degli appassionati, infatti il suo jockey, Sandro Parravani, è pisano DOC.

2008: Eldest è l’ultimo vincitore che regala il se-condo successo a seguire a Mirco Demuro.

In America, nel baseball professionale, i giocatori vanno a battere con la mazza di legno, come facevano Babe Ruth e Joe Di Maggio. Tra dodici

mesi sarebbe bello vedere i cavalli entrare nelle gabbie messe nello stesso posto dove una volta, nel 1885, si dava la partenza con bandiera. E poi via a rotta di collo cercando una posizione decente, gira gira gira la curva sperando di tenere l’equilibrio. Ecco la retta, bisogna trovare in fretta la gamba giusta e scattare verso il traguardo. Questo è il Pisa, babe!

Una corsa che ha sempre selezionato speed, atle-ticità, coordinazione. Una corsa per velocisti? Chie-detelo a Ribot, che era veloce ma non velocista, e a tutti gli altri che hanno sfruttato il Pisa come tram-polino di lancio verso altri traguardi!

L’anno prossimo ci sarà la nuova pista (benvenu-ta!), con una curva più larga e dolce e un assaggio di salita all’ingresso in retta, che consentirà di allungare di 100 metri la Corsa e di renderla – ci diranno – più veritiera e selettiva. O semplicemente più facile, una corsa – la c è di rigore minuscola – come tante altre che si disputano sul miglio in giro per l’Italia. Una prova di preparazione a un’altra prova di prepara-zione, in una catena infinita di esami rimandati.

Il Pisa è una corsa altamente selettiva. Se un tre anni ha la velocità per rullare al ritmo di un minuto al chilometro, l’agilità per girare una curva stretta senza inciampare e i muscoli per scattare ancora verso il traguardo vuol dire che è buono davvero. E allora non ha bisogno di aiuti, di una piegata cospar-sa di zucchero, di 100 metri in più per riprendere i velocisti. Questo è il Pisa che vorremmo sempre ve-dere, una corsa che seleziona i migliori in condizio-ni estreme. Poi, se decideranno di inventare un’altra cosa, la guarderemo con la passione di sempre. Però, per favore, abbiano il decoro di cambiargli il nome. A noi vecchi rincoglioniti servono dei punti di rife-rimento…

www.sanrossore.it MARZO 2009

UN'ALBA NUOVA PER IL PISA? NEL 2010 LA NUOVA PISTA CI PORRA' DI FRONTE A UNA POSSIBILE INNOVAZIONE

ANNO 3 - NUMERO 3

I TRADIZIONALISTI

Franco Raimondi

Io seguo il solco della tradizione e, pertanto, sono per mantenere il premio Pisa sul tracciato e distanza che lo hanno caratterizzato già da 119

anni. Ci sono già molti stravolgimenti nel mondo ippico che io non condivido e altri ne verranno negli anni a venire. Uno degli errori più clamorosi di questi ultimi anni è stato quello di aver portato il Derby Italiano da 2.400 a 2.200 metri, uno sbaglio che rischiamo di pagare molto caro perché ai fini del programma selettivo quei 200 metri in meno possono sminuire molto il livello tecnico della corsa e solo parzialmente questa carenza potrebbe essere sanata da un rinvigorimento del Gran Premio d’Italia sul miglio e mezzo.

No, decisamente voto per il premio Pisa sui 1.500 metri e sul tracciato attuale, del resto e non potrebbe essere altrimenti dal punto di vista di una persona che sarebbe favorevole a riportare il Gran Premio di Milano sui 3.000 metri, una corsa che tutti i grandi cavalli del passato, molti dei quali ve-stiti in bianco-rosso, hanno affrontato e vinto.

Nicolò Incisa della Rocchetta

Il prossimo anno sarà inaugurata la nuova pista. Il nuovo tracciato ci metterà di fronte a un dilemma, che solo in teoria sembra

semplice da risolvere. Il premio Pisa del futuro dovrà essere mantenuto sul vecchio tracciato e sul chilometro e mezzo, oppure portarto sul classico miglio della nuova pista? Quella che sembrava una risposta scontata non lo è per niente. Ecco le prime opinioni a confronto.

I PROGRESSISTI

Non ci sembra vero che, dopo oltre dieci anni di attesa, di progetti riprogettati, di valutazioni d’impatto ambientale, di

proteste verdi spesso fini a loro stesse, la nuova pista sta crescendo giorno dopo giorno e la semina è ormai fatto imminente. La pista esiste, monca della racchetta che ci avrebbe regalato anche le corse in pista dritta ma, per ora, siamo contenti ugualmente.

E dopo anni e anni nei quali ci siamo sentiti dire che il tracciato pisano non è selettivo, che è trop-po scorrevole e che, quindi, Pisa è una pista che non merita corse di selezione beh, non possiamo che godere dell’evoluzione della realtà ippica a San Rossore che dovrà, gioco forza, aprire nuovi scenari nell’ambito della programmazione nazio-nale. In tale ottica il premio Pisa può avere una sua riqualificazione che lo renda maggiormente prova di avvicinamento al Parioli. Certo, sarà più simile al Gardone e al Daumier ma noi abbiamo un plus valore che è dato da 120 anni di storia.

Enrico Querci

Ho assistito a 58 edizioni del premio ‘Pisa’, tutte sulla distanza del 1.500 metri. La prima volta fu nel 1951: vinse Milonga,

con Silvio Parravani in sella (colori nero e violetto della razza del Soldo, trainer Federico Regoli), battendo Castellare, montato da Lionello Milani. Avevo 14 anni. Nessuno allora sollevava il problema che i 1500 di San Rossore fossero troppo veloci, la curva troppo stretta. Chi andava, andava. Velocisti e fondisti, senza differenza. E infatti fra i vincitori del ‘Pisa’ si contano una decina di vincitori del Derby. Ma erano altri tempi, i cavalli avevano minori occasioni di correre, il materiale si logorava meno. Questa la premessa. Ora la domanda: lasciare tutto com’è anche quando sarà pronta la nuova pista con curva parabolica a grande sviluppo? Io dico di no, che la corsa si può migliorare togliendole l’handicap – tale è considerato oggi - di una volata mozzafiato. Con la nuova pista i 1.600 metri sarebbero perfetti: una vera ‘classica’. E pazienza se darà noia ad altre corse metropolitane di primavera. Vorrà dire che cambieranno la data di queste corse che, a confronto del ‘Pisa’, hanno tradizione vicina allo zero.

Chi è per i 1.500 metri parla di ‘tradizione’. Io, che invece vorrei che la distanza fosse cambiata, parlo di storia. Perché il premio ‘Pisa’ – non tutti lo sanno – non è nato (1885) sui 1.500 metri ma – sorpresa! - sui 1.800 metri. L’anno dopo passò ai 1.200 metri. E così rimase per sette edizioni. Nel 1893 la corsa si disputò sui 1.400 metri e bisognerà attendere addirittura il 1903 perché la distanza fosse portata agli attuali 1.500.

Non vorrei (absit iniuria verbis) che si volesse lasciare il ‘Pisa’ sulla distanza attuale per appiat-tirne il valore selettivo: una simpatica corsetta che si disputa nel folklore di un ippodromo carico di tradizione ma pur sempre di provincia, che dia-mine!

Renzo Castelli

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ANNO 3 - NUMERO 3 - PAG.� - IL PAESE DEI CAVALLI - MARZO �009

Per il terzo anno consecutivo (e già questo è un

successo) la Sardegna è tornata a San Rossore per presentare un altro spaccato della propria cultura e delle proprie tradizioni. Il 15 marzo si è ripetuta quella che ormai è considerata una tradizione e che anche quest’anno ha portato all’ippodromo usi e costumi dell’isola. Confermato e rafforzato il rapporto collaborativo con il Banco di Sardegna che sponsorizza con grande soddisfazione la manifestazione e con l’associazione ‘Grazia

Deledda’, indispensabile per la buona riuscita del l ’organizzazione. Anno dopo anno il livello di questa

manifestazione cresce e anche la partecipazione del pubblico si fa sentire maggiormente.

Come al solito lo spettacolo per il pubbli-co si è svolto parte in pista e parte nel parterre. Sul tappeto verde si sono esibiti tre gruppi di pa-riglianti provenienti da Sant’Andrea Frius, Fon-ni e Dolianova per un totale di 11 cavalieri e 7 cavalli. Una particolari-tà è stata la presenza nel gruppo di Dolianova di due ragazze, fatto abba-stanza inconsueto visto che sono, in tutto, solo una decina le donne che in tutta la Sardegna si esibiscono nelle pariglie.

Le esibizioni hanno tenuto incollati allo stec-cato e in tribuna gli spet-tatori: le figure acroba-tiche sono state eseguite con destrezza e abilità e con una sicurezza che faceva apparire semplici

cose in realtà molto pe-ricolose e difficili. Il ‘fu-sti’ semplice e doppio, la ‘verticale’, il ‘ponte’ sono state alcune delle fi-gure eseguite dai bravis-simi pariglianti, a lungo applauditi.

Emozioni, però, sep-pur di natura diversa, le hanno regalate anche i Mamutzones di Samu-gheo. È stato bello vede-re i 25 rappresentanti del gruppo prepararsi, una vestizione che è quasi un rituale, completata dal ‘trucco’ del viso per il quale viene utilizzato su-ghero bruciato. Così, ve-stiti con le pelli di pecora, i copricapo dotati di lun-ghe corna e i campanac-ci, i Mamutzones hanno fatto da cornice alla rap-presentazione simbolica, e a tratti anche dramma-tica, che vede come pro-tagonisti S’Urtzu e Su Omadore, con quest’ul-timo che vuole domare la bestia per sacrificarla

e avere cosi raccolti più abbondanti. Il sacrificio avviene ma Su Omadore rende la vita a S’Urtzu spargendo attorno a lui

uno dei frutti della terra, il vino. Il sacrificio non è stato vano e ha generato di nuovo la vita e il cer-chio della vita che con-tinua all’infinito. Vivere questa rappresentazione a Samugheo la prima set-timana di febbraio deve essere una cosa unica, con l’accensione del pri-mo falò, cerimonia che anticipa l’inizio del Car-nevale.

Nel parterre han-no trovato posto anche espositori che hanno presentato i prodotti del-l’artigianato sardo, il fa-moso torrone di Tonara e monili in corallo.

mASChERE, PARIGLIE E SALTI CULTURA, TRADIZIONE E SPETTACOLO ALLIETANO IL PUBBLICO IN ATTESA DEL PISA

DALLA SARDEGNA A PARDUBICE

La notizia deL mese

EQ

OSTACOLI, ChE PASSIONE!La giornata dedicata ai Gran Premi ostacolistici

quest’anno si è disputata con la cornice di una bel-lissima giornata di sole. Le corse sono riuscite essen-ziali nel numero dei partenti, troppo, e per il prossimo anno si dovrà cercare di cambiar qualcosa per far si che un maggior numero di protagonisti possa dar vita a queste corse che attraggono l’attenzione del pub-blico in modo particolare. Basta guardare i ragazzini (e non solo loro!) che al recinto del prato si spostano avanti e indietro per vedere i cavalli che saltano i vari ostacoli, uno spettacolo nello spettacolo.

Ad aprire le ostilità sono stati i novizi nelle Pro-va d’Assaggio, uno steeple che ha proposto i nobili colori della Baronessa Cellina Von Mannstein (la cui famiglia è proprietaria della Forst e fortemente impe-gnata nella gestione dell’ippodromo di Merano) svet-tare per primi sul traguardo grazie al dotato Luxury Baby, un bel grigio montato al meglio dal sempre più bravo Raffaele Romano che non ha avuto problemi a sottomettere il rivale dichiarato Holly Spirit e il com-pagno d’allenamento Meo.

Poco dopo è stato il turno del cross-country, rinato l’anno passato dalle proprie ceneri e da quest’anno dedicato all’ippodromo di Pardubice. Stavolta i fan-tini, memori degli errori dell’anno passato, hanno af-frontato nella maniera giusta i due ingressi all’interno del campo di gara per andare ad affrontare la gabbia di fascine. Nessuno è andato ‘dritto’ e i cinque prota-gonisti son restati a contatto fino alle siepi conclusive dove il gravato Nobil ha atteso la retta d’arrivo per aggredire Miki Tango e disporne di due lunghezze. Sulla ribalta pisana sono tornati i colori di Ludovi-ca Albertoni. La premiazione è stata effettuata dal direttore dell’ippodromo cèco Jirí Kunát, da Magda Hromádková (reponsabile marketing) e da Eleonora e Carlo Kinsky, rappresentanti dell’ultima generazio-ne della famiglia della quale parliamo ampiamente nella pagina a fianco.

La Gran Corsa in Siepi di Pisa, giunta alla 23^ edizione, aveva un favorito netto: il dormelliano As-selin. Il figlio di Kahyasi ha letteralmente dominato la scena, confermando la grande forma di tutti i por-

tacolori della razza Dormello Olgiata a San Rossore e non solo. Con Asselin è tornato al successo a Pisa anche Christoph Monjon, restato lontano dalle piste per quasi due anni a causa di un incidente patito in corsa. Asselin ha disposto del grigio Galandas mentre Red Doctor ha concluso mestamente ultimo.

L’unica corsa di gruppo che si disputa a San Ros-sore (per ora) è la Corsa in Siepi dei 4 Anni, banco di prova importante per i nati nel 2005. Paolo Favero, dopo aver vinto con Luxury Baby e Nobil, ha sella-to due portacolori di Rodolfo Casieri, il proprietario del fortissimo Sharstar, vincitore nel 2008 di questa corsa. Pon Pon, uno dei due, ci ha provato fino in fon-do, ma il successo è andato a Sharpmon che ha fatto sorridere Emilio Balzarini (scuderia SIBA), presente a San Rossore con il nipote, e a Francesco Contu che si è complimentato con Thomas Boyer, perfettamen-te affiatato con il figlio di Montjeu. Al vincitore non possiamo che augurare un fututro importante come quello avuto dal suo predecessore nell'albo d'oro di questa corsa.

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ANNO 3 - NUMERO 3 - PAG.3 - IL PAESE DEI CAVALLI - MARZO �009

C’è una lunghissima storia, piena di eventi,

suggestioni e alberi genealogici alla radici del cross country che si disputa a San Rossore e che da quest’anno è dedicato all’ippodromo di Pardubice, nella Repubblica Cèca, in omaggio a una delle più antiche corse a ostacoli del mondo: il Grande Steeple Chase di Pardubice. Lo steeple chase, come il cross country, è una specialità che riporta più di ogni altra alle origini della pratica sportiva ippica, quando le cacce e i percorsi di campagna precedettero la nascita del purosangue e dello Stud Book. Ecco perché, in una riunione di corse, uno steeple chase e un cross country sono un segno di grande distinzione sportiva ed ecco quindi perché che a metà dell'ottocento, a Pardubice, venne creato il grande Steeple Chase che proietterà la sua fama fino ai giorni nostri.

Su una pubblicazione che racconta la storia del Gran Premio, abbiamo scoperto che i discen-denti di uno degli ideato-ri di quella corsa, vivono oggi a Pisa, in una villa lungomonte. Le famiglie che compongono il mo-saico che ci consente di ricostruire, muovendo a ritroso dal cross country

di San Rossore per giungere al Gran-de Steeple Chase di Pardubice, sono tre: due di origine boema – i Kin-sky e i Netolitzky - una pisana, i dal Borgo. Partiamo però dall’inizio della nostra storia per capire quali furono le vicende che portarono le tre famiglie a riu-nirsi in un solo ca-sato che oggi vive a Pugnano, in pro-vincia di Pisa.

Dell’antica fa-miglia dell’aristo-crazia boema Kin-sky si parla già nel XIII secolo, proveniente in origine dal villaggio for-tificato di Vchynsky (da cui l’abbreviazione del cognome in Kinsky). At-traverso una lunga teoria di personaggi dai nomi importanti (Radaslav, Guglielmo, Venceslao, Ulrico, Norberto, Fran-cesco, Ferdinando) si arriva finalmente a Otta-viano Kinsky che, vissu-to in pieno XIX secolo, allevatore di cavalli da corsa e da caccia, risulta essere fra i fondatori di Grande Steeple Chase di Parubice (sul modello del Grand National di Liver-pool) al quale abbiamo fatto riferimento.

Mentre la famiglia Kinsky dipana il filo del-la sua storia, nello stesso

territorio boemo è pre-sente un’altra famiglia aristocratica: i Netoli-tzky. Forse confinanti con i Kinsky, forse in qualche modo imparen-tati. Conti del sacro Ro-mano Impero, fra i pos-sedimenti della famiglia Netolitzky c’è anche il celebre castello di Kost che in lingua boema si-gnifica ‘osso’, cioè ine-spugnabile. Intanto, a Pisa…

Con una storia che si fa risalire addirittura all’anno 822 vive le sue vicende e intreccia i suoi matrimoni la famiglia dal Borgo. Matrimoni sempre importanti, con i quali la famiglia acquisi-sce terre e contadi.

Abbandoniamo per

un po’ la vicende dei Kinsky, che ritroveremo nel seguito della nostra storia, per registrare il punto d’incontro fra la famiglia boema dei Ne-tolitzky e quella pisana dei dal Borgo. Avviene quando, a metà dell’Ot-tocento, Giovanni Sala-dino IV dal Borgo sposa

Eleonora Pozzo di Borgo (da non confondere con i dal Borgo). Con questo matrimo-nio, in casa dal Borgo entra l’in-tero patrimonio dei Netolitzky poiché Eleonora è figlia della con-tessa Teresa Wra-tislaw Netolitzky, primogenita, e quindi erede uni-ca degli aristocra-tici boemi. Come sia nata la liason fra la gentildon-na e il giovane Pozzo di Borgo (di origine corsa) non sappiamo ma

in fondo di questa storia qui poco interessa. Sap-piamo però, e lo diciamo per spirito di cronisti, che l’eredità nelle sole mani di Eleonora fu a lungo contestata, anche con cause giudiziarie, dalla sorella minore Maria, ma senza successo.

E’ tempo di torna-re ai Kinsky poiché la loro vicenda sta ormai per fondersi con quella dei pisani Netolitzky dal Borgo. Dopo la grande guerra Zdenko Radslav Kinsky è una nota perso-nalità della Repubblica Cecoslovacca che vive con grande ansia la crisi di Monaco e l’occupa-zione tedesca. Una sua dichiarazione contraria a quell’evento lo vede ‘so-speso’ dalle sue proprietà,

requisite in epoca bellica dai tedeschi occupanti. Ma gli accade di peggio con la conquista del pote-re da parte dei comunisti che (1949) confiscano ai Kinsky tutte le proprie-tà. Il figlio Norbert vive l’esilio trasferendosi dapprima a Parigi, dove si adatterà anche a fare il musicista, quindi ap-proda a Pisa dove sa che vivono lontani parenti e compatrioti: i Netolitzky dal Borgo. Il cerchio si chiude allorché Norbert sposa Pupa Neolitzky dal Borgo.

Scomparso nel 2008

Norbert, che fu personali-tà di grande spicco anche nella gerarchia dell’Or-dine di Malta, i figli Gio-vanni e Pio (e poi ancora i loro giovani figli) sono oggi gli ultimi discenden-ti di quella famiglia Kin-sky che 150 prima, con Ottaviano, aveva voluto il Grande Steeple Chase di Pardubice. Benché la Repubblica Cèca, dopo la caduta del ‘muro di Berlino’, abbia restituito ai Kinsky tutti i beni, la famiglia è ormai pisana. Cioè di quella stessa città che è sede dell’ippodro-mo di San Rossore dove si disputa un cross coun-try che evoca il nome dell’ippodromo di Par-dubice.

iPPiCa e CULtURa

DAL BORGO DI PISA A PARDUBICEVIAGGIO NEL TEmPO PER SCOPRIRE L'ORIGINE BOEmA DELLA NOBILE FAmIGLIA PISANA KINSKY

RC

CITTA' DI CULTURA, ARTE E GRANDE IPPICAPardubice è una delle cittadine più belle della Boemia e le prime testimonianze

della sua esistenza risalgono al 1295. Di particolare bellezza il castello che nel corso dei secoli è stato trasformato fino a essere oggi il magnifico edificio

rinascimentale nel cuore della città che è considerata patrimonio monumentale dal 1964. Le testimonianze storiche e artistiche sono notevoli e raccolte principalmente nel locale Museo e nella Galleria d’Arte. Non mancano una filarmonica e numerosi teatri. Sono molti gli studenti che frequentano l’Università di Pardubice e che

rendono la città viva e animata. Pardubice nasce alla confluenza di due fiumi, l’Elba e la Chrudimka ed è una città molto verde, dotata di efficienti mezzi di trasporto e di molti chilometri di piste ciclabili.

Pardubice è associata internazionalmente anche al suo famoso ippodromo che è sede della Velká Pardubická, una difficilissima corsa in ostacoli sulla distanza di 6.900 metri che si svolge dal 1874. Tra i fondatori di questa corsa, oggi conosciuta anche come il Gran National dell’Est, Ottaviano Kinsky. (foto Stefano Grasso)

Nelle foto:lo stemma araldico della famigliadal Borgo Netolitzky;Flaminio dal Borgo, primo Conte dal Borgo Netolitzky

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Nel premio Enrico Camici di metà febbraio era stato

sconfitto da Xenes ma, soprattutto, a frenarlo era stato il terreno decisamente faticoso. Dopo tre settimane, qualche giornata di sole, vento e lo spostamento dello steccato mobile di qualche metro verso l’interno, hanno permesso al coraggioso Gesture di vincere la sua listed. Il premio intitolato al grande Federico Regoli ha consentito a Gesture di prendersi una bella rivincita nei confronti di Xenes (ancora ottimo quarto sul traguardo) e di lasciare Zenone a oltre tre lunghezze con Alleluja Angel al terzo posto. Netta affermazione dell’allievo di Devis Grilli ed è proprio verso il neo

allenatore che puntiamo il nostro microfono. “Che dire, finalmente dopo avere figurato dietro le quinte nei successi e piazzamenti di prestigio ottenuti da Gesture l’anno passato, oggi posso gioire alla luce del sole, con la mia patente d’allenatore nuova di zecca in tasca,

per il mio primo successo in listed. Gesture aveva già dimostrato di essere in palla il mese scorso e oggi, su un terreno rassodato ha dimostrato ancora una volta il suo valore”. Anche Marco Monteriso, impeccabile e sorridente, sottolinea la performance di Gesture. “Il terreno non era perfettamente scorrevole e lui ha avuto qualche difficoltà in curva. In retta, però, appena inquadrato, non ho mai avuto paura di perdere, neanche per un attimo”. Le due listed invernali per gli anziani hanno offerto molti doppi protagonisti ma le

cose cambieranno con la nuova pista, visto che il Regoli sarà portato sui 1.600 metri della nuova pista e non avrà più niente da spartire con il Camici al quale parteciperanno i velocisti. Gesture ha poi replicato a Roma il 22 marzo, sempre il listed, sui 1.400 metri della pista all-weather.

Nelle poules che hanno costituito il solito prologo al premio Pisa, succes-so netto di Ad Honores (razza dell’Olmo/Riccar-do Menichetti/Luca Ma-niezzi) nel Thomas Rook e di Loise Aron (razza Dormello Olgiata/Gio-vanni Dolfi/Stefano Lan-di) nell’Andreina. Per il maschio quasi certo l’in-gaggio nel Pisa, mentre la femmina dovrebbe allun-gare la distanza.

UN GESTURE AUTOREVOLEPRImA VITTORIA LISTED AL NEO ALLENATORE DEVIS GRILLI

Gesture e Marco Monteriso si involano verso il traguardo (Querci)

A Marina di Pisa, area Boccadarno, il ristorante ‘da Gino’ è presente dal 1966. Dapprima come piccolo bar, poi cominciando a preparare per pochi, affezionati clienti minestre di pesce, cacciucchi favolosi e pesce azzurro alla griglia. La notorietà esplose alla fine degli anni Settanta allorché, dopo due articoli sulla stampa (“Il re del pesce azzurro”) ‘Gino’ diventò sempre più un ristorante vero. Oggi il locale originario non è più riconoscibile se non per l’ubicazione che è quella di allora.

‘Da Gino’ è un signor ristorante, completamente rinnovato, elegante, fra i pochi dell’area pisana raccomandati dalle guide dell’”Espresso” e “Michelin”, con un’ottima cucina. Scomparso il fondatore, a gestirlo con grande scrupolo è il nipote Riccardo Iacomelli con la moglie Carla. E’ prudente prenotare.

“Da Gino”Marina di Pisa via delle Cursolari, 2Tel. 050-35408 – e-mail: [email protected] il lunedì e il martedì

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IPPOLIBRERIAE’ un libro per ragazzi ma, al tempo stesso, un mini trattato di etologia, con spiegazioni brevi, sintetiche, efficaci. Il suo titolo ci è particolarmente caro “Nel paese dei cavalli” che ha preso spunto dal titolo del libro di Renzo Castelli che è poi stato assunto anche da questo mo-desto giornale. Il volume edito dall’Ip-pocampo è, come tutti i libri di questa casa editrice, corredato da meravigliose foto che ritraggono i cavalli nei diversi atteggiamenti descritti nei vari capitoli. È un bel viaggio nel mondo dei sensi del nostro animale preferito, del suo relazio-narsi con gli altri all’interno e all’ester-no del gruppo. Probabilmente ciascuno di noi dovrebbe leggerlo per fare un ri-passo di certe nozioni che si credono ormai acquisite ma che, invece, hanno certamente bisogno di una rinfrescata. I testi sono stati scritti da Agnès Galletier, le foto sono di Gabriele Boiselle e la cosa più straordinaria di questo libro è il suo prezzo: solo 15 Euro.

L'ERRORE DI GEMIGNANI

Ho visto che l’Alfea ha giustamente dedicato un premio a Ferruccio Gemi-gnani che fu un grande appassionato e un esper-to di galoppo e ho letto su ‘Il Paese dei Cavalli’ la bella lettera di ringrazia-mento della nipote. Quello che invece non ho letto è stata la descrizione esatta di come andò la serata a ‘Lascia o Raddoppia?’ nella quale cadde Gemigna-ni. Ebbene, sono in grado di coprire questa lacuna perché ho sempre conservato in casa una copia de ‘La Nazione’, che allora dedicava un’intera pagina alla trasmissione. Era il 16 maggio del 1958. Gemi-gnani avrebbe dovuto rispondere alla domanda per vincere la somma di 640 mila lire. La domanda fatta da Mike Bongiorno fu la seguente: “Quale cavallo appartenente alla razza Dormello Olgiata vinse il ‘Nastro Bruno’ disputato in Germania?”. La risposta di Gemignani fu: “Nicolò dell’Arca”. Sbagliò perché la risposta esatta invece era: “Tofanella”. Marco Puggioni – Pisa

E’ significativo vedere come, fra gli appassionati, vi sia-no persone che ci seguono con tanta attenzione. E’ un incoraggiamento a fare sempre meglio questo nostro giornale.

LA RIUNIONE PISANA

A proposito della pista che quest’anno, a causa delle molte piogge, è stata spesso pesante, vorrei fare una domanda: perché il calendario pisano non rinuncia alle corse in novembre-dicembre e non va a occu-pare l’intera stagione di maggio e parte di quella di giugno? Le corse potrebbero essere fatte alle 17 e sarebbe un bello spettacolo risparmiando oltretutto la pista.Ernesto Del Buono – Cascina

Storicamente le corse a Pisa finivano con il mese di mar-zo. Negli anni, faticosamente, l’Alfea è riuscita a gua-dagnare qualche convegno di aprile e un paio anche in maggio ma sempre incontrando l’ostilità delle altre società. Il calendario quindi non può che essere quello attuale a meno di non ipotizzare, come ogni tanto qual-cuno fa, una riunione estiva in notturna che non potrà mai esserci poiché l’Ente Parco non acconsentirebbe a un impianto di illuminazione dell’ippodromo.

ANGOLO DELLA POSTA

IL SAN ROSSORE TURF CLUBAlla vigilia del premio Regoli, nel prestigioso albergo ‘Bagni di Pisa’, si è svolta la cena sociale del San Rossore Turf Club. Mentre gli oltre 100 tra soci e loro ospiti gustavano l’aperitivo, il contrabbassista Roberto Bellatalla e la ballerina Maddalena Gana hanno offerto una performance artistica di grande livello sia pure in una proiezione musicale atipica che è stata molto apprezzata. Al termine della cena, introdotti da brevi filmati, sono stati premiati i vincitori delle classifiche di San Rossore della stagione

2007 – 2008. I vincitori sono stati: Francesca Turri (proprietari), Alduino e Giuseppe Botti (allenatori), Stefano Botti (cavaliere), Jana Prikaska (amazzone) e Umberto Rispoli (fantino). Stefano Mazzanti è stato eletto 'socio dell'anno' per la sua dedizione alle attività sociali.

Ad Honores non concede scampo agli avversari (Querci) Louise Aron al rientro, esulta Landi