Numero 3 settembre 2011 - Speciale VII incontro mondiale delle famiglie

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INSERTO SPECIALE 25 SETTEMBRE 2011 3 N ella vita di ogni fa- miglia gioie e sod- disfazioni, difficoltà e sofferenze si intreccia- no quasi quotidiana- mente. Quindi anche i momenti più difficili sono - nonostante tut- to - normalità da af- frontare con la certez- za che il bene, nella prospettiva della spe- ranza cristiana, non può che essere l’ultimo approdo. Per arrivare a questo traguardo è in- dispensabile però affi- nare armi che si chia- mano, di volta in volta, pazienza, compren- sione, tolleranza, di- sponibilità. Così sarà possibile traghettare la propria famiglia al di là delle prove più difficili.

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Dove le famiglie si raccontano

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INSERTO SPECIALE 25 SETTEMBRE 20113

Nella vita di ogni fa-miglia gioie e sod-

disfazioni, difficoltà esofferenze si intreccia-no quasi quotidiana-mente. Quindi anche imomenti più difficilisono - nonostante tut-to - normalità da af-frontare con la certez-za che il bene, nellaprospettiva della spe-ranza cristiana, nonpuò che essere l’ultimoapprodo. Per arrivare aquesto traguardo è in-dispensabile però affi-nare armi che si chia-mano, di volta in volta,pazienza, compren-sione, tolleranza, di-sponibilità. Così saràpossibile traghettarela propria famiglia aldi là delle prove piùdifficili.

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TERZA CATECHESI: LA FAMIGLIA VIVE LA PROVA

Come ci ricorda l’episodio evangelico dellafuga in Egitto di Gesù, Maria e Giu-

seppe, prima o poi, in vari modi, la vita di fa-miglia viene messa alla prova. Anche quandosiamo costretti a misurarci con il fallimento econ il limite, ciò non significa che siamo de-stinati a soccombere. Anzi, l’accettazione diquesta condizione ci sprona a confidare nellapresenza benevola di Dio che sa far nuovetutte le cose.

Come la Famiglia di Nazareth, anche oggitante famiglie sono costrette a lasciare le loroabitazioni per poter offrire ai loro piccoli uncontesto di vita migliore e per sottrarli ai pe-ricoli del mondo circostante. Forse, però, ilracconto della fuga in Egitto allude a una vi-cenda più universale, che tocca tutte le fami-glie: la necessità di intraprendere il viaggioche conduca i genitori verso la loro maturitàe i figli all’età adulta, nella consapevolezzadella loro vocazione; ciò che, non di rado puòavvenire a prezzo di decisioni anche dolorose.È il viaggio del fare famiglia, del generare ededucare i figli, cammino arduo, difficile, im-pegnativo in cui le tante difficoltà da cui nes-suna famiglia è preservata, possono talvoltascoraggiare.Così, dal viaggio di ogni famiglia, in cui

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FAMIGLIA, LA Sanche i genitori maturano, nascono figliadulti, in grado di assumere in prima personala loro vocazione. Di questo viaggio di fami-glia, gli attori principali sono i genitori, spe-cialmente il padre, chiamati a predisporrebuone condizioni di vita per i figli. La fami-glia, infatti, vive di buone relazioni, di sguardipositivi gli uni per gli altri, di stima e di ras-sicurazione reciproche, di difesa e protezione:da questo clima derivano l’attento discerni-mento e la pronta decisione che mette insalvo la vita di un figlio. Ciò vale per ogni fa-miglia, per quelle che vivono una concreta si-

tuazione di pericolo, ma anche per quelle chesono in situazioni apparentemente più si-cure: i genitori devono rimanere rivolti allavita buona dei figli, da sottrarre alle insidie eai pericoli.Infatti, anche oggi, la famiglia vive a contattocon pericolose e subdole insidie: sofferenza,povertà, prepotenza, ma anche ritmi lavora-tivi eccessivi, consumismo, indifferenza, ab-bandono e solitudine… Il mondo intero puòpresentarsi come ostile, avversario della vitadei più piccoli in molte forme. Ogni geni-tore vorrebbe rendere più facile il mondo,più abitabile ai propri figli e mostrare loroche la vita è buona e degna di essere vissuta.Tante sono, però, le «notti» che calano sullavita di famiglia: quelle popolate di sogni,buoni e cattivi; quelle che vedono la coppia

LE DOMANDEPER LA COPPIA

■ Quali sono le «prove» attuali della nostra famiglia? Come le viviamo?■ Che uomo sono per la madre dei miei figli? Che donna sono per il padredei miei figli? Che padre e madre siamo per i nostri figli? ■ Come può crescere la nostra coppia nella fiducia e nella speranza a frontedelle situazioni di fatica e sofferenza?■ Quale piccola decisione possiamo prendere?

DOMANDE PER IL GRUPPO FAMILIARE E LA COMUNITÀ

■ Quali sono le principali minacce alle famiglie nella nostra società e cultura?■ Come possiamo rendere il mondo più vivibile per i nostri figli?■ Come aiutare la nostra comunità a rafforzare la speranza nel futuro?

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brancolare nel buio di una relazione divenutadifficile; quelle dei figli in crisi, che diven-tano muti, distanti, oppure accusatori e ri-belli… quasi irriconoscibili. Tutte questenotti – insegna il racconto della fuga inEgitto – si possono attraversare portando ilfiglio al sicuro quanto più si mantiene confiducia l’orecchio attento alla Parola del Si-gnore. Ai genitori è chiesto di custodire i figli dallemolte notti della loro relazione, dei loro pro-blemi, e dalle notti dei loro stessi figli, tal-volta molto dolorose, per via delle loro scelte

contrarie al bene. Tuttavia, giunge un mo-mento nella vita della famiglia in cui i geni-tori devono ritirarsi. La famiglia, infatti, nonè eterna e dopo aver accompagnato il figlio asperare nella bontà della vita ricevuta, deveincoraggiarli a partire, ad andare oltre per laloro strada. I genitori danno prova della lorosaggezza nella discrezione della loro presenza,nel farsi da parte che non è mai un abban-dono, ma una forma di stima e di libertà cheprepara il futuro del mondo. Un passo da fare senza timore, perché nullapuò mettere in scacco la provvidenza di Dio,capace di salvare dalle situazioni più difficilie pericolose tutti coloro che gli si affidano.Egli è presente nelle notti delle nostre fami-glie e nella trama nascosta e talvolta oscuradegli eventi, tesse il suo disegno di salvezza.

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SOSTENERE LA FAMIGLIAIN DIFFICOLTÀ

Un impegno pastorale ancor più gene-roso, intelligente e prudente, sull’e-

sempio del Buon Pastore, è richiesto neiconfronti di quelle famiglie che - spessoindipendentemente dalla propria volontào premute da altre esigenze di diversa na-tura - si trovano ad affrontare situazioniobiettivamente difficili […]Tali sono, ad esempio, le famiglie dei mi-granti per motivi di lavoro; le famiglie diquanti sono costretti a lunghe assenze,quali, ad esempio, i militari, i naviganti,gli itineranti d’ogni tipo; le famiglie deicarcerati, dei profughi e degli esiliati; lefamiglie che nelle grandi città vivono pra-ticamente emarginate; quelle che nonhanno casa; quelle incomplete o mono-parentali; le famiglie con i figli portatoridi handicap o tossicodipendenti, le fami-glie di alcoolizzati; quelle sradicate dalloro ambiente culturale e sociale o in ri-schio di perderlo; quelle discriminate permotivi politici o per altre ragioni; le fami-glie ideologicamente divise; quelle chenon riescono ad avere facilmente un con-tatto con la parrocchia; quelle che subi-scono violenza o ingiusti trattamenti amotivo della propria fede; quelle compo-ste da coniugi minorenni; gli anziani, nonraramente costretti a vivere in solitudine esenza adeguati mezzi di sussistenza. Altrimomenti difficili, nei quali la famiglia habisogno dell’aiuto della comunità eccle-siale e dei suoi pastori, possono essere: l’a-dolescenza irrequieta contestatrice ed avolte tempestosa dei figli; il loro matri-monio, che li stacca dalla famiglia di ori-gine; l’incomprensione o la mancanza diamore da parte delle persone più care;l’abbandono da parte del coniuge o la suaperdita, che apre la dolorosa esperienzadella vedovanza, della morte di un fami-liare che mutila e trasforma in profonditàil nucleo originario della famiglia.[Familiaris Consortio 18]

A SPERANZA ABITA QUI

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Una gamba rotta. La noia per il riposoforzato. Il tentativo di sottrarsi allepressioni di una fidanzata troppo in-

sistente. Una congiura di circostanze chefanno di Jeff, il protagonista de La finestra sulcortile,il famoso film di Alfred Hitchcock, unosservatore compulsivo delle abitudini dei vi-cini. La finestra della sua stanza come un si-pario sollevato a forza su quel cortile cheappunto diventa il palcoscenico della vita.L’ossessione, la degenerazione del vedere che– i tanti reality che affollano i palinsesti tele-visivi ne sono un esempio – rapidamente sitrasforma nello “scrutare” e subito dopo, in

maniera inavvertita, nello “spiare”. Tutto ilcontrario dell’osservare con tenerezza per im-primersi nella mente ogni particolare dellapersona cara. Per intuire ciò che ha nel cuoreda quell'incedere familiare, dall’incurvaturadelle spalle, dai gesti, dalle vibrazioni imper-cettibili del viso, dalla presenza o dall’assenzadelle pagliuzze d’oro della gioia nei suoi occhi.Il linguaggio dello sguardo per dire a chi siama che si è con loro, sempre. Anche se co-stretti all'immobilità in un letto. Anche senzapotersi chinare a raccogliere il libro scivolatodallo zaino della figlia o avvicinarsi per ten-dere le braccia al traguardo dei primi passi in-

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«PRIMA O POI IN VARI MODI, LA VITA DI FAMIGLIA VIENE MESSA ALLA PROVA. ALLORA SI RICHIEDESAGGEZZA, DISCERNIMENTO E SPERANZA, TANTASPERANZA, TALVOLTA OLTRE OGNI UMANA EVIDENZA» (dalla terza catechesi in preparazione dell’Incontro mondiale delle famiglie)

TENERSI PER MANONELL’ABISSO DEL DOLORE

UNA VITA... A MODO MIO/3Da un campo di calcio a una stanza-infermeria:nell’estate del 2005 una forma rara e violenta di Sla ha sconvolto la vita di Stefano Borgonovo. Ma, grazie alla dedizione della moglie Chantal, la famiglia ha saputouscire più forte da questa vicenda. «Siamo cambiati, ma ce l’abbiamo fatta»di Paola Tettamanzi

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certi del nipotino. E allora, non una finestraa cui affacciarsi per guardare il mondo, mauna stanza intera da cui il mondo possa tran-sitare. La vita che si fa stretta per lasciarsi con-tenere da quattro pareti, per poi allargarsi intutta la sua esplosione di sentimenti appena aldi là della porta. E ad osservarla con immu-tata passione, facendosi largo tra le sue ma-glie per viverla fino in fondo, c’è StefanoBorgonovo. Per non limitarsi a seguire inermedalla panchina la partita delle partite. La piùimportante di tutte le stagioni. Il suo “quar-tier generale” è questa stanza: da una parte lacasa con i suoi angoli, i suoi odori, la sua con-fusione di voci e di colori. Dall’altra il piane-rottolo e lo scalone di pietra. Come un pontead unire le due sponde – il dentro e il fuori –dello stesso impetuoso fiume del vivere quo-tidiano. «Ognuno di noi per entrare o usciredi casa passa da qui – spiega Chantal, la mo-glie dell'ex calciatore –. Abbiamo deciso cosìperché Stefano possa conoscere i ritmi di tuttala famiglia e in questo modo continuare acondividerli». La partenza dei ragazzi per lascuola, il loro rientro, il ritorno dal super-mercato con le borse della spesa, l’arrivo delnipotino per qualche ora di gioco coi nonni.Un tourbillon di porte che si aprono e si chiu-dono, di esperienze che si incrociano e si po-sano sullo schermo di quel sintetizzatorevocale collegato ininterrottamente alla realtàdi ogni giorno.Stefano Borgonovo è ammalato di Sla bul-bare. Una variante della malattia con una pro-gnosi ancora più sfavorevole rispetto a quelladella tipologia più nota. In questo caso tuttoavviene molto rapidamente: il blocco pro-gressivo dei muscoli della mandibola, della fa-ringe e della lingua. La tappa obbligata èquella della ventilazione. Ma non sempre siarriva in tempo e la paralisi respiratoria spessoè fatale. «Ricordo con estrema precisionequando ci siamo scontrati per la prima voltacon i sintomi della malattia», rammentaChantal. Un’ombra appena accennata tran-sita veloce sul suo viso sempre aperto al sor-riso. Ma forse è solo uno scherzo della luceche fuori incupisce preparandosi al tempo-rale. «Era l’estate del 2005 ed eravamo appenatornati dalle vacanze al mare. All’inizio qual-che piccola anomalia nel modo di pronun-ciare le parole. Forse la stanchezza. Capita, avolte, che al ritorno dalle vacanze si sia più

CALCIO E SLA, SOLIDARIETÀ E MISTERI

Un aiuto importante alla Fondazione Borgonovoarriva periodicamente dal mondo del calcio, grazie

alle partite organizzate periodicamente a scopobenefico. «Purtroppo – osserva Chantal Borgonovo - ilpianeta pallone mostra ancora troppe reticenze e silenziimbarazzati, rifiutando ogni connessione tra sclerosilaterale e attività calcistica. «Stefano questo blocco l’hasuperato – prosegue la moglie – accettando di mostrarsiin pubblico e vincendo la vergogna, nella convinzioneche la sua testimonianza sia importante». Grazieall’impegno di Stefano e della sua famiglia, solo nelprimo anno di vita della Fondazione, sono stati raccolti810mila euro destinati a vari progetti. E’ stata peresempio attrezzata una stanza per i malati di Slaall’ospedale dell’Aquila, dopo il terremoto dell’aprile2009. «Sul fronte della ricerca puntiamo a finanziareprogetti già avviati. Tra gli altri stiamo sostenendo lasperimentazione del professor Angelo Vescovi, pereffettuare anche in Italia trapianti di staminali cerebrali.E abbiamo stanziato fondi per una ricerca del PoliclinicoUmberto I di Roma che intende scoprire se esista unaconnessione tra calcio e Sla. Sarebbe davvero unimportante contributo alla verità». (P.T.)

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stanchi di quando si è partiti. Poi, con l’au-tunno, la stranezze si sono accentuate. OrmaiStefano parlava sempre più spesso come sisente fare agli ubriachi. Una disartria costantee progressiva che lasciava poco spazio alle il-lusioni di un malessere passeggero». Chantale Stefano si conoscono da quando erano ra-gazzini: 15 anni lei, 17 lui. Cresciuti insiemenello stesso paese, Giussano, in Brianza.Hanno condiviso tutte le esperienze di duegiovani che si affacciano alla vita decidendodi percorrerla tenendosi per mano. E adesso,dopo tanti anni a scambiarsi confidenze, ladifficoltà paralizzante di dare voce a un so-spetto così amaro. Stefano intuisce subito: ap-pena due anni prima ha visto morire l’amicoe collega Gianluca Signorini. Non vuole farsivisitare. Continua a rimandare adducendopretesti sempre più deboli, anche con sestesso. Chantal pensa a un tumore e per que-

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UNA FONDAZIONE AL SERVIZIODELLA RICERCA E DELLE FAMIGLIE

Un grande campione, un allenatore di successo. Masoprattutto un padre e un marito affettuoso. Dal

2006 malato di Sla, viene curato e assistito in casa dallasua famiglia. La storia di Stefano Borgonovo, bomberdel Como, poi della Fiorentina e del Milan tra gli anni’80 e ‘90, sembra tutta qui. Ma il suo caso ha permessodi portare all’attenzione pubblica una malattia per laquale tuttora non esistono rimedi risolutivi. E’ stato luistesso, nel settembre 2008, ad annunciare di esserestato colpito, come era accaduto ad altri calciatori,dalla sclerosi laterale amiotrofica. E da quel momentoha preso corpo la Fondazione Borgonovo. «Di fronte aquesta malattia – spiega la moglie Chantal – o sisoccombe, o si cerca di darsi da fare. Il nostro scopo èquello di diffonderne la conoscenza e di raccoglierefondi per la ricerca, così da aiutare le persone chesoffrono per questo gravissimo problema. Ciproponiamo anche di devolvere contributi e renditeper l’assistenza domiciliare e ospedaliera di questepersone. Le famiglie da sole non ce la possono fare. Aldi là degli aspetti economici – prosegue Chantal – cisono bisogni psicologici che non possono esseresottovalutati». Oltre alla moglie, oggi nella FondazioneBorgonovo sono attivi anche i due figli più grandidell’ex calciatore, Andrea e Alessandra. «Per noi laFondazione, al di là dei risultati concreti – concludeChantal - diventa un aiuto interiore, una forma ditrascendenza che ci aiuta a dare un senso a quello checi è capitato». (P.T.)

sto insiste per fare in fretta. Il continuo rin-viare la decisione fa scivolare il calendario almaggio 2006. La diagnosi a questo punto èimmediata e certa . «Il neurologo fece usciremio marito dallo studio e mi informò diquello che ci aspettava – racconta la signoraBorgonovo –. È stata una catastrofe che hasquassato tutti gli equilibri su cui poggiava lanostra vita. Io non avevo mai, neppure per unistante, pensato a questa malattia. E di colpotutto è stato diverso. Come una pallina dineve che diventa una valanga devastante e tra-scina tutto con sé». Stefano ha 41 anni. In unanno e otto mesi, da giovane uomo sportivodal fisico scattante, si ritrova in un letto amuovere solo gli occhi, nutrito con un son-dino e ventilato. Abituato a organizzare, daredisposizioni, dirigere – dopo l’abbandono delcalcio giocato è diventato allenatore – oranon è più in grado di fare nulla da solo. Il dia-logo diventa difficile. I momenti di tensionespazzano via la lucidità e la tenerezza. E la va-langa non si arresta, travolge tutto e ognigiorno trascina con sé dei pezzetti del giovaneuomo: la parola, i movimenti, le espressioni.Senza depositarli alla fine da nessuna parte

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cettava di vedere il papà in quel modo. Adogni peggioramento di Stefano corrispondevauna reazione ancora più estrema di Andrea. Èarrivato anche ad abbandonare la scuola.Adesso, a 23 anni, ha trovato l'equilibrio ne-cessario per riprendere il cammino. È diven-tato papà di un bellissimo bambino, haterminato il liceo e si è iscritto all'università».Alessandra invece – la secondogenita – ha at-traversato il ciclone in modo completamentediverso. Si è tenuta tutto dentro facendosiforza per sostituire la mamma con Benedettae Gaia che adesso, a 14 anni e a 7 anni, pos-sono scrivere nei temi scolastici che anche conla Sla in famiglia si può andare avanti bene. Einfine, a traghettare tutti in questo difficoltosoviaggio verso la maturità, Chantal, la moglie ela mamma. «I primi due anni della malattiadi Stefano sono stati deflagranti. Il caos ri-schiava di farci soccombere. Mi è stata digrande aiuto mia sorella Yvonne. Per 15 mesiconsecutivi non si è mossa da casa nostra cer-cando di tappare tutte le falle dell'organizza-zione quotidiana. Poi, paradossalmente,quando Stefano è stato ventilato, la situazionesi è assestata. Allora ho cercato di riportare imiei figli alla normalità. Per quanto possibile.Insieme abbiamo provato a considerare la Slacome un evento che può capitare, un'even-tualità infelice che però si può affrontare.Dapprima timidamente, poi con convinzionesempre crescente. Tutti siamo cambiati – ri-flette –. Ognuno di noi non è più lo stesso di"prima". Ci sono state delle grandi modifichenella nostra vita, ma la famiglia comunque èqui. C'è ancora, e tutto continua e può con-tinuare nel segno della speranza e della forzache nasce dall'amore». ◆

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anche solo come frammenti, ma polverizzan-doli. E i quattro figli – Andrea, Alessandra,Benedetta e Gaia – assistono a questo rotolareinarrestabile del tutto impotenti. Hanno 18anni, 16, 9, 2: 45 anni in quattro per cercaredi accettare una realtà inaccettabile e conti-nuare a sognare. «Andrea e Alessandra hannosaputo tutto quello che c'era da conosceresulla Sla da Internet. Ore e ore incollati allatastiera a cercare dati, incrociarli, interpretarli,adattarli alla nostra esperienza – ricorda an-cora Chantal –. Benedetta invece chiedeva atutti. Una granata di domande che spesso ri-maneva senza risposte, perché ognuno di noiera interamente impegnato a cercare le pro-prie. E infine Gaia, la piccolina, che non haricordi del prima. Per lei il papà è sempre statoin questa stanza». Quattro modi diversi di vi-vere la difficoltà e di attraversare la notte buiadella prova. «Andrea è sempre stato il fuoco –continua la moglie dell'ex calciatore – e le suereazioni sono state fuoco che bruciava tutt'in-torno il disagio che avvertiva in casa e non riu-sciva a dominare. Usciva improvvisamente. Avolte non rientrava neppure la notte. Non ri-spondeva al telefono se lo cercavamo. Non ac-

Nelle pagineprecedentiStefanoBorgonovo incampo e poicon la famigliaal completoSopra l’exgiocatore,ormai malato,tra i suoi excompagnidellaFiorentina,dopo unapartita dibeneficienzaA fianco ungiovanissimoStefanoBorgonovo,insieme adAzeglio Vicini

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In queste settimame decolla il cammino verso Mi-lano che porterà al VII Incontro mondiale dellefamiglie e sono tante le diocesi che già si stanno

attrezzando. Con l’intento di orientare il nuovoanno liturgico ai temi di Milano 2012 e di tradurliin iniziative di condivisione che ne consolidino ilvalore. Da Nord a Sud, nel rispetto della tipicità delterritorio e della comunità che lo abita; partendodalla diocesi di Milano che ospita l’arrivo del Papae delle famiglie dal mondo. «A Milano percepiamoquesto evento come un’occasione straordinaria –afferma monsignor Eros Monti, vicario episcopaleper la Vita sociale –. È un incontro che realizzauna profonda comunione ecclesiale ed è motivoper riaffermare la centralità della famiglia nellaChiesa e nella società in quanto testimone di va-lori spirituali, etici e civili di cui il nostro tempoha più che mai bisogno. Questo ci interpella e su-scita in noi il desiderio di un cammino di prepa-razione, supportato dalle catechesi, intenso,coinvolgente, carico di attesa».Un percorso da valorizzare in ogni situazione, comeper l’accoglienza per esempio. «L’accoglienza dellefamiglie provenienti da tutto il mondo – continuamonsignor Monti – vorremmo non divenisse sem-

plice ospitalità ma opportunità di conoscenza re-ciproca, dialogo, confronto, apertura ad una mon-dialità in molti modi già presente a Milano ma nonsempre adeguatamente valorizzata».Come pensate di valorizzare i contenuti delle cate-chesi? «Riprendendoli nel corso della benedizionee visita alle famiglie, della Festa della famiglia, in di-battiti e confronti con il mondo dell’economia edel lavoro, con diversi soggetti della società civile ele istituzioni. Non mancheranno itinerari attraversole forme espressive della religiosità, dell’arte e dellacultura che potranno educarci a riscoprire i lin-guaggi dell’interiorità e del sentire profondo del-l’uomo come radice comune anche percomprendere e maturare modalità più giuste e au-tentiche di vivere l’amore familiare. Sempre instretta relazione al lavoro inteso come chiamata ori-ginaria di ciascuno a edificare il bene di tutti e allafesta come tempo da santificare e umanizzare».E se Milano è la “testa” di un’Italia che si mette incammino, la diocesi di Bergamo segue tenendo de-cisamente il passo. «L’incontro mondiale delle fa-miglie – sottolinea don Edoardo Algeri direttoredell’Ufficio per la pastorale della famiglia – giungea completare il cammino intrapreso dalla nostra

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IN CAMMINO C

Le Chiese locali stanno definendo le tappe di avvicinamento al VII Incontro mondiale delle famiglie Da Nord a Sud fervono i preparativi per arrivare ben preparati all’appuntamento con Benedetto XVI

di Chiara Pelizzoni

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diocesi, insieme alle famiglie, quattro anni fa. Lachiesa diocesana allora ha desiderato compiere ilprimo passo con i fidanzati; con il programma pa-storale 2009-2010 ha scelto di accompagnare legiovani coppie di sposi nell’itinerario di crescitanell’esperienza della chiesa. Nell’anno pastoraleappena concluso l’attenzione è stata focalizzata suicammini di fede per i genitori con figli in età pre-scolare. Il tema del VII Incontro mondiale di Mi-lano, che restituisce alle famiglie l’esperienzaoriginaria del lavoro e della festa come bracciaideali per incontrarsi, si rivela particolarmenteadatto a completare il cammino pastorale intra-preso con le famiglie bergamasche».Come pensate di tradurre nel concreto i temi del-l’Incontro? «Con un programma pastorale dioce-sano di preparazione; ma anche con occasioniconcrete per attuare il senso autentico della festa,nella sua dimensione familiare e comunitaria e altempo stesso con l’ambizione di offrire opportu-nità per “addomesticare il lavoro” a cui di recentela diocesi ha dedicato un importante convegno.Non possiamo non constatare il bisogno di festaautentica (e non solo di tempo libero) manifestatoda numerose famiglie, nonché la necessità del la-

voro per dare inizio e consistenza ai progetti di vitafamiliare da parte di numerosi giovani».Ma non è solo il Nord ad essersi messo in cam-mino. In Abruzzo, la diocesi di Avezzano ha sceltodi cogliere quest’opportunità per promuovere sem-pre più una cultura che metta la famiglia al centro,ispirata anche dalla ricorrenza del XXX anniversa-rio della Familiaris Consortio. «Il programma pa-storale seguirà alcune direttrici fondamentali: unaproposta per i gruppi famiglia parrocchiali impo-stata sulle tematiche delle catechesi; un pro-gramma diocesano articolato in incontri formativisulla identità e sulla missione della famiglia», spe-cificano il vescovo di Avezzano, Pietro Santoro e iresponsabili del Servizio pastorale familiare e pro-mozione della vita, don Francesco Tallarico, donPatrizio Ciccone e i coniugi Maria e Nicola Gal-lotti. «Promuoveremo almeno due convegni, unoche metta a tema la difficoltà a conciliare i tempidel lavoro e i tempi della famiglia, l’altro che mettaa tema l’accoglienza della vita».La diocesi, a pochi chilometri da Roma, si proponeper l’ospitalità delle famiglie provenienti dalle varieparti del mondo che, nel loro viaggio, mettanocome tappa una visita a Roma. ◆

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CON IL MONDO

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Èil continente più cattolico del mondo.Lo dicono i numeri. Ed è anche unadelle regioni in cui la famiglia –

istituzione, affetti, ma anche materassosocioeconomico – è più apprezzata. InAmerica latina la parola familia ha unsignificato molto più ampio rispetto a tantealtre regioni e chi è costretto ad emigrare, lofa appunto per mantenere tutta la famiglia:non solo figli e coniuge, ma anche genitori,cugini, zii e nipoti. È normale aiutarli tutti,perché la rete è larga e i bisogni sononumerosi: le sudate rimesse sono una fontedi sostegno per interi “clan”. Stima ecredibilità, dunque, non mancano: il peso el’importanza del nucleo familiare nonvengono messi in dubbio. Eppure anche

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l’America latina fa i conti con alcunidibattiti tipicamente europei: il presunto“diritto” all’aborto e il matrimonioomosessuale. Temi estranei all’area fino auna quindicina di anni fa, sono diventati– oggi – all’ordine del giorno: se ne parlasulla stampa e in tv, ma anche neitribunali e spesso davanti alle Corticostituzionali. Qualcuno ipotizza chetanto interesse per queste tematiche siastato rinvigorito dall’esempio spagnolodegli ultimi anni: le riforme del governo diJosé Luis Rodriguez Zapatero avrebberoalimentato una sorta di rincorsalatinoamericana, atterrata su una base giàmolto sviluppata, creata in precedenza daalcune organizzazioni statunitensi,promotrici (in modo particolare)dell’interruzione volontaria dellagravidanza. In realtà il continentelatinoamericano non è omogeneonemmeno in questo aspetto. L’unico paese dell’area in cui l’aborto èlegale senza alcun limite è Porto Rico: inbase ad una legge in vigore dal 1973, ognidonna- anche minorenne- può decidere di

rinunciare a suo figlio, anche oltre il primotrimestre di gravidanza. A Cuba, invece, dal1965 l’aborto è libero entro le prime 10settimane di gestazione e da quel momentoin poi per ragioni di salute. In Brasile èdepenalizzato solo in caso di violenzasessuale e rischio per la madre, legge simile(anche se non identica) a quelle diArgentina e Colombia. La media mondiale è di 29 aborti ognimille donne: in America latina – secondol’Ordine dei medici messicani – il tassosalirebbe a 31. Da anni circolano statistichesugli aborti clandestini e da anni questadrammatica piaga viene utilizzata dalle ongpro-aborto per reclamare la necessità dellaregolarizzazione. Le pressioni di alcuni

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gruppi sono forti: dal 1990, il 28 settembreè stato dichiarato “Giorno internazionaleper la depenalizzazione dell’aborto inAmerica latina e nei Caraibi”. Ma questiargomenti non fanno breccia in tutti i paesi.In Cile, Guatemala, Honduras, El Salvadore Nicaragua l’aborto è proibito. In Perù ilCodice penale prevede quello terapeutico,mentre in Bolivia, Venezuela, Panama eCosta Rica è permesso soltanto in casieccezionali. Se la liberalizzazione approvataa Città del Messico nel 2007 ha fattodiscutere molto, i tre tentativi didepenalizzazione falliti in Paraguay,Repubblica Dominicana e Uruguayricordano che l’America latina è troppogrande e variegata per essere ridotta ad una

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Il continente più cattolico del mondosta importando, dall’Europa e dagliStati Uniti, modelli e comportamentiche vanno contro gli interessi dellafamiglia e, quindi, della società. Così, in prima fila ci sono i dibattitisulla legalizzazione dell’aborto e dei “matrimoni” gay. Ma c’è anchechi non si arrende e continua a finanziare la protezione della maternità

di Michela Coricelli

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Speciale IMF25 settembre 2011

da qualche anno riconosce alle unioni difatto (anche omosessuali) alcuni diritticome la pensione di reversibilità o laprevidenza sociale. Sul matrimonio, però,la Colombia non cambia: come sancitodalla Carta Magna (articolo 42), restal’unione di un uomo e una donna. Ladiatriba però non è chiusa del tutto: dati icontinui conflitti e ricorsi presentati daifavorevoli alla regolarizzazione, la CorteCostituzionale ha dato due anni di tempoalla Camera e al Senato per legiferare inmateria una volta per tutte. Perché se neparla tanto? Sono temi calientes,relativamente “nuovi” per la stampa,apparentemente moderni o addirittura ditendenza. Ma in fondo si tratta di temicon un raggio ridotto, soprattutto in unapopolosa area geografica come l’Americalatina, in cui le carenze sociali,economiche, educative o sanitarie sonoancora gravissime. Mentre i media locali siscatenano sull’approvazione o meno delmatrimonio gay, in Uruguay è statopresentato un progetto di legge per laprotezione della maternità, in particolarenei casi più a rischio. Anche questa èAmerica latina. ◆

regione che segue semplicemente i modellispagnoli o statunitensi.La stessa cosa si può dire per ilriconoscimento del matrimonioomosessuale. Diversi paesi garantiscono deidiritti civili alle coppie formate da personedello stesso sesso, ma solo l’Argentina ha“strappato”, equiparando il matrimonio gaya quello eterosessuale. A un annodall’entrata in vigore della legge argentina, sisono “sposate” 2.700 coppie omosessuali. L’ultimo dibattito pubblico sul tema si èconsumato in Colombia, una nazione che