NTRODUZIONE 3 TRINITÀ ORIGINE E MODELLO DELLA · Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio...

24
INDICE INTRODUZIONE 3 I SCHEDA: LA TRINITÀ ORIGINE E MODELLO DELLA CARITÀ 4 II SCHEDA: LA CARITÀ COME COMPITO DELLA CHIESA 7 III SCHEDA: GIUSTIZIA E CARITÀ 10 IV SCHEDA: STRUTTURE DI SERVIZIO CARITATIVO 14 V SCHEDA: IL PROFILO SPECIFICO DELL ATTIVITÀ CARITATIVA DELLA CHIESA 17 VI SCHEDA: I RESPONSABILI DELL AZIONE CARITATIVA DELLA CHIESA 19 CONCLUSIONE 23 Supplemento a La San Vincenzo in Italia n. 1-2/2007 Proprietà e Editore Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano Via della Pigna, 13/a - 00186 Roma Direttore responsabile Marco F. Bersani Redazione di Roma Via della Pigna, 13/a - 00186 Roma Tel. 066796989- Fax 066789309 www.sanvincenzoitalia.it e-mail: [email protected] Grafica fotocomposizione e fotolito Adel Grafica s.r.l. - Vicolo dei Granari, 10a - 00186 Roma Tel. 066823225 - Fax 0668136016 Stampa Nuova Editrice Grafica s.n.c. - Via F. Donati, 180 - 00126 Roma Tel. 065219380 - fax 065219399 Roma, 24 gennaio 2007

Transcript of NTRODUZIONE 3 TRINITÀ ORIGINE E MODELLO DELLA · Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio...

INDICE

INTRODUZIONE 3

I SCHEDA: LA TRINITÀ ORIGINE E MODELLO DELLA

CARITÀ 4

II SCHEDA: LA CARITÀ COME COMPITO DELLA CHIESA 7

III SCHEDA: GIUSTIZIA E CARITÀ 10

IV SCHEDA: STRUTTURE DI SERVIZIO CARITATIVO 14

V SCHEDA: IL PROFILO SPECIFICO DELL’ATTIVITÀ

CARITATIVA DELLA CHIESA 17

VI SCHEDA: I RESPONSABILI DELL’AZIONE CARITATIVA

DELLA CHIESA 19

CONCLUSIONE 23

Supplemento aLa San Vincenzo in Italia n. 1-2/2007

Proprietà e EditoreSocietà di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano

Via della Pigna, 13/a - 00186 Roma

Direttore responsabileMarco F. Bersani

Redazione di RomaVia della Pigna, 13/a - 00186 RomaTel. 066796989- Fax 066789309

www.sanvincenzoitalia.ite-mail: [email protected]

Grafica fotocomposizione e fotolitoAdel Grafica s.r.l. - Vicolo dei Granari, 10a - 00186 Roma

Tel. 066823225 - Fax 0668136016

StampaNuova Editrice Grafica s.n.c. - Via F. Donati, 180 - 00126 Roma

Tel. 065219380 - fax 065219399

Roma, 24 gennaio 2007

3“Abbiamo creduto all’amore di Dio”

INTRODUZIONE

Come già sottolineato nell’introduzione alla primaparte del sussidio, è motivo di grande compiacimento pertutti i Vincenziani che il Papa, nella sua enciclica “Deuscaritas est”, abbia citato esplicitamente San Vincenzo tra igrandi protagonisti della storia della carità. È come unasolenne conferma dell’attualità del nostro carisma.

Questo riconoscimento ci stimola ulteriormente a vi-vere con fedeltà e impegno la nostra chiamata al serviziodei poveri. La riflessione e il confronto sull’enciclica intutte le Conferenze è sicuramente molto importante per ilcammino della carità che, anche nell’anno appena inizia-to, dovrà essere al centro della nostra vita e della nostra te-stimonianza.

Ringraziamo perciò di cuore i giovani Vincenziani chehanno puntualmente preparato la seconda parte del sussi-dio formativo che era stata loro affidata. L’impianto è lostesso della prima parte: brani dell’enciclica, riflessione,traccia per la condivisione e il confronto. Il tutto congrande aderenza e attenzione ai tempi della Chiesa, dellasocietà, dei poveri.

Non mancano le provocazioni, che non sono soltantoil sale dei giovani, ma nascono dalla realtà stessa della SanVincenzo. Pur riconoscendo l’immensa mole di bene cheessa opera, dobbiamo onestamente ammettere che molteConferenze sono molto distanti dagli insegnamenti del-l’enciclica. Non certamente per mancanza di buona vo-lontà. Molte volte è la povertà culturale, la difficoltà ditrovare in loco dei validi aiuti sul piano della formazioneche sclerotizzano persone e gruppi.

Sono convinto che il sussidio, nella sua semplicità econcretezza, possa andare incontro a tutte le situazioni eda queste in particolare e possa contribuire a far rinascere lasperanza là dove tutto sembrava finito.

Gli uomini d’oggi, i poveri d’oggi hanno bisogno ditutta la San Vincenzo, di tutte le Conferenze, perché han-no bisogno di Dio. È la carità che svela a tutti il vero voltodi Dio. “Chi vede la carità – scrive sant’Agostino – vede laTrinità”.

P. G. B. Bergesio Consigliere spirituale nazionale

I SCHEDA

LA TRINITÀ ORIGINEE MODELLODELLA CARITÀ

“«Se vedi la carità, vedi la Trinità»scriveva sant’Agostino. Nelle riflessio-ni che precedono, abbiamo potuto fissare ilnostro sguardo sul Trafitto (Gv. 19, 37; Zc. 12, 10), rico-noscendo il disegno del Padre che, mosso dall’amore (Gv.3, 16), ha inviato il Figlio unigenito nel mondo per redi-mere l’uomo. Morendo sulla croce, Gesù – come riferiscel’evangelista – «emise lo spirito» (Gv. 19, 30), preludio diquel dono dello Spirito Santo che Egli avrebbe realizzatodopo la risurrezione (Gv. 20, 22). Si sarebbe attuata cosìla promessa dei «fiumi di acqua viva» che, grazie all’effu-sione dello Spirito, sarebbero sgorgati dal cuore dei cre-denti (Gv. 7, 38-39). Lo Spirito, infatti, è quella potenzainteriore che armonizza il loro cuore col cuore di Cristo eli muove ad amare i fratelli come li ha amati Lui, quando

si è curvato a lavare ipiedi dei discepoli(Gv. 13, 1-13) e so-prattutto quando hadonato la sua vita pertutti (Gv. 13, 1; 15,13).

Lo Spirito è ancheforza che trasforma ilcuore della Comunitàecclesiale, affinché sianel mondo testimonedell’amore del Padre,che vuole fare dell’u-manità, nel suo Fi-glio, un’unica fami-glia. Tutta l’attivitàdella Chiesa è espres-

4 “Abbiamo creduto all’amore di Dio”

sione di un amore che cerca il bene integrale dell’uomo:cerca la sua evangelizzazione mediante la Parola e i Sacra-menti, impresa tante volte eroica nelle sue realizzazionistoriche; e cerca la sua promozione nei vari ambiti dellavita e dell’attività umana. Amore è pertanto il servizio chela Chiesa svolge per venire costantemente incontro allesofferenze e ai bisogni, anche materiali, degli uomini”.(cfr Deus caritas est, 19)

Riflettiamo insieme

Se andiamo alla sorgente, lacarità si mostra come “il tessu-to” dell’Essere di Dio e dell’es-sere dell’uomo, creato a imma-gine e somiglianza del Dio Trinitario. La Trinità, rivelatain Gesù Crocifisso e Risorto che dona il suo Spirito, è l’o-rigine e il modello della vita cristiana: la versione terrestredell’amore trinitario sta nell’attuazione del comandamen-to dell’amore reciproco.

Mostrandoci l’amore di Dio per noi, l’evento della cro-ce di Gesù ci rivela dunque chi è Dio. È il Padre che nonrisparmia il proprio Figlio unigenito ma lo consegna pernoi (Rm. 8, 32; Gv. 3, 16; I Gv. 4, 10); è il Figlio che libe-ramente si consegna allamorte per amore nostro(Gal. 2, 20); è lo Spirito San-to, donato dal Figlio sullacroce (Gv. 19, 30).

Credere che “Dio è cari-tà” è confessare che Egli, nel-la croce, si rivela a noi comeinfinito, gratuito e totale do-no di sé. Questa carità, che èla vita di Dio, “viene riversa-ta nei nostri cuori per mezzodello Spirito Santo” (Rm. 5,5). Essa diventa, nei creden-ti, la partecipazione al dialo-go di amore fra il Padre e ilFiglio nella gioia dello Spiri-to Santo. È questa l’operaper cui Cristo è venuto fra

5“Abbiamo creduto all’amore di Dio”

noi: “Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò co-noscere, perché l’amore col quale mi hai amato sia in essie io in loro” (Gv. 17, 26).

Creato a immagine e somiglianza di Dio, l’uomo è séstesso se ama: il segno che si è passati dalla morte alla vitaè l’amore ai fratelli (I Gv. 3, 14).

La Trinità è quindi la verità più profonda dell’esistenzaumana, che attinge la sua pienezza nell’amore reciproco,facendo propria la misura dell’amore di Gesù: “Questo èil mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, comeio vi ho amati” (Gv. 15, 12). La carità allora è anzitutto ilmistero stesso di Dio e il dono della sua vita agli uomini.La carità è, di conseguenza, la natura profonda della Chie-sa, la vocazione e l’autentica realizzazione dell’uomo.

Domande per il dialogo e il confronto in Conferenza

1) Spesso la nostra vita di confe-renza consiste nel rispondere atanti stimoli che ci provengonodalla gente, nell’attendere a tan-te richieste, nel seguire numero-si impegni caratterizzati dallaframmentarietà e dalla improv-visazione: riteniamo necessariopassare da un’attività “di risposta” ad una “di proposta”capace di generare comunità vive a partire da “celluletrinitarie” formate da chi, prima di tutto, attua la cari-tà?

2) Riusciamo ad essere fra confratelli “cellule vive”, aven-do la capacità di generare altre cellule tra due o più chesi amano come Gesù ha amato e che si donano agli al-tri?

3) Il nostro servizio è occasione di rapporti che possanogenerare “semi trinitari”?

6 “Abbiamo creduto all’amore di Dio”

II SCHEDA

LA CARITÀ COME COMPITODELLA CHIESA

“L’amore del prossimo radicatonell’amore di Dio è anzitutto uncompito per ogni singolo fedele, maè anche un compito per l’intera comuni-tà ecclesiale, e questo a tutti i suoi livelli: dalla comunitàlocale alla Chiesa particolare fino alla Chiesa universalenella sua globalità. Anche la Chiesa in quanto comunitàdeve praticare l’amore. Conseguenza di ciò è che l’amoreha bisogno anche di organizzazione quale presupposto perun servizio comunitario ordinato”. (cfr Deus caritas est,20)

“La Chiesa non può trascurare il servizio della caritàcosì come non può tralasciare i Sacramenti e la Parola.[…] L’intima natura della Chiesa si esprime in un triplicecompito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-marty-ria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio dellacarità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono avicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro. Lacarità non è per la Chiesa una specie di attività di assisten-za sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma ap-partiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile dellasua stessa essenza”. (cfr Deus caritas est, 22 e 25)

“La Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo. In questafamiglia non deve es-serci nessuno che sof-fra per mancanza delnecessario. Al con-tempo però la caritas-agape travalica lefrontiere della Chie-sa; la parabola delbuon Samaritano ri-mane come criteriodi misura, imponel’universalità dell’a-

7“Abbiamo creduto all’amore di Dio”

more che si volge verso il bisognoso incontrato «per caso»(cfr Lc 10, 31), chiunque egli sia”. (cfr Deus caritas est, 25)

Riflettiamo insieme

L’amore del prossimo è uncompito dell’intera comunità,della Chiesa intera, che in que-sta immagine diviene una gran-de famiglia che si preoccupa di tutti i suoi membri. All’in-terno di una famiglia è necessario evitare che ci siano in-giustizie e disparità. Queste, infatti, non solo danneggianochi ne è colpito, ma anche gli altri, che non potranno maivivere una felicità completa conoscendo le difficoltà in cuivive il fratello.

Lo sguardo si deve, come è ovvio, allargare e dalla pro-pria famiglia, dalla propria comunità locale e parrocchialesi giunge sino alla Chiesa universale, al mondo intero, co-me ci ricorda il nostro Vademecum: “Imparare a praticarela solidarietà significa imparare che l’amare il nostro prossi-mo ha delle dimensioni globali in un mondo interdipenden-te. Il principio di solidarietà conduce a scelte che assicu-rano la promozione e la protezione del bene comune. Lasolidarietà ci impone di non rispondere solamente allesventure personali e individuali; ci sono dei problemi del-la società che sono un grido che reclama strutture socialipiù giuste”. (cfr Vademecum del Vincenziano, pp. 64-65)

Perché questa famigliasia più giusta, è fonda-mentale che non ci siauna forma di povertà taleche a qualcuno siano ne-gati i beni necessari peruna vita dignitosa. L’amo-re può rispondere a que-ste realtà, ma, come ab-biamo visto nell’enciclica,l’amore ha bisogno di or-ganizzazione. Nell’encicli-ca si fa riferimento all’in-segnamento degli Aposto-li, alla comunione (koino-nia), che consiste nel te-

8 “Abbiamo creduto all’amore di Dio”

nere tutto in comune affinché siano eliminate le differen-ze tra ricchi e poveri (At 2, 42-45); al “servizio delle men-se” affidato al “Consesso dei Sette”, uomini “pieni di spi-rito e di saggezza” capaci di poter unire al servizio sociale,che doveva effettuare, anche un servizio spirituale (At 6,1-6).

L’elemento dell’organizzazione è un elemento fonda-mentale della nostra formazione vincenziana. Infatti pro-prio San Vincenzo si preoccupava di assicurare nel servizioal povero serietà, continuità ed efficienza, al fine di elimi-nare e prevenire le forme di povertà. Federico Ozanam siinserisce in questa dialogo della Chiesa sulla carità con lasua innovativa sensibilità sul tema della giustizia sociale,individuando nei vincenziani coloro che dovrebbero farsivoce dei poveri, di quei deboli talvolta dimenticati dall’a-zione pubblica e politica.

Domande per il dialogo e il confronto in Conferenza

1) Senti la comunità come una tuafamiglia? Tu, per primo, ti sentimembro amato e, soprattutto,sai amare gli altri come si facon i propri familiari, cono-scendo le loro mancanze, i lorodifetti, ma anche le loro quali-tà, le ricchezze che danno gioiaai rapporti?

2) Cerchi di vivere la carità attraverso il servizio fatto conserietà, continuità ed efficienza? Pensi mai anche all’in-terno della tua conferenza a questi aspetti indicati daSan Vincenzo?

3) Ozanam parlava di “ridurre la miseria diffusa attraversosagge forme sociali capaci di arrivare alla radice del ma-le”: pensi mai a un tuo impegno in quest’ottica? Pensimai che la nostra conoscenza dei poveri, delle loro sof-ferenze e delle ingiustizie che sovente sono a monte,possano aiutare noi e la nostra Società di San VincenzoDe Paoli a proporre riforme che diano speranza e pace?

9“Abbiamo creduto all’amore di Dio”

III SCHEDA

GIUSTIZIA E CARITÀ

Il Papa dedica all’interno dell’enciclica ampio spazio alconfronto tra giustizia e carità. In particolare i paragrafi dal26 al 29 sono tutti incentrati su questo interessante argo-mento. Leggiamo insieme alcuni passi:

“a) Il giusto ordine della società edello Stato è compito centrale dellapolitica. Uno Stato che non fosseretto secondo giustizia si ridurrebbead una grande banda di ladri.....Lagiustizia è lo scopo e quindi anche lamisura intrinseca di ogni politica. Lapolitica è più che una semplice tecnica perla definizione dei pubblici ordinamenti: la sua origine e ilsuo scopo si trovano appunto nella giustizia, e questa è dinatura etica. Così lo Stato si trova di fatto inevitabilmentedi fronte all’interrogativo: come realizzare la giustizia quied ora? Ma questa domanda presuppone l’altra più radica-le: che cosa è la giustizia? Questo è un problema che ri-guarda la ragione pratica; ma per poter operare rettamen-te, la ragione deve sempre di nuovo essere purificata, per-ché il suo accecamento etico, derivante dal prevalere del-l’interesse e del potere che l’abbagliano, è un pericolo maitotalmente eliminabile.

“In questo punto politica e fede si toccano […]“La dottrina sociale della Chiesa argomenta a partire

dalla ragione e dal diritto naturale, cioè a partire da ciòche è conforme alla natura di ogni essere umano. E sa chenon è compito della Chiesa far essa stessa valere politica-mente questa dottrina: essa vuole servire la formazionedella coscienza nella politica e contribuire affinché crescala percezione delle vere esigenze della giustizia e, insieme,la disponibilità ad agire in base ad esse, anche quando ciòcontrastasse con situazioni di interesse personale […]

“La Chiesa non può e non deve prendere nelle sue ma-ni la battaglia politica per realizzare la società più giustapossibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Sta-

10 “Abbiamo creduto all’amore di Dio”

to. Ma non può e non deve neanche restare ai margininella lotta per la giustizia. Deve inserirsi in essa per la viadell’argomentazione razionale e deve risvegliare le forzespirituali, senza le quali la giustizia, che sempre richiedeanche rinunce, non può affermarsi e prosperare. La socie-tà giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve esse-re realizzata dalla politica. Tuttavia l’adoperarsi per la giu-stizia lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della vo-lontà alle esigenze del bene la interessa profondamente.

“b) L’amore - caritas - sarà sempre necessario, anchenella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento sta-tale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’a-more. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sba-razzarsi dell’uomo in quanto uomo. Ci sarà sempre soffe-renza che necessita di consolazione e di aiuto. Sempre cisarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di ne-cessità materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nellalinea di un concreto amore per il prossimo. Lo Stato chevuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventain definitiva un’istanza burocratica che non può assicurarel’essenziale di cui l’uomo sofferente - ogni uomo - ha bi-sogno: l’amorevole dedizione personale. Non uno Statoche regoli e domini tutto è ciò che ci occorre, ma inveceuno Stato che generosamente riconosca e sostenga, nellalinea del principio di sussidiarietà, le iniziative che sorgo-no dalle diverse forze sociali e uniscono spontaneità e vici-nanza agli uomini bisognosi di aiuto. La Chiesa è una diqueste forze vive: in essa pulsa la dinamica dell’amore su-scitato dallo Spirito di Cristo. […]

“Il compito immediato di operare per un giusto ordinenella società è inveceproprio dei fedeli laici.Come cittadini delloStato, essi sono chia-mati a partecipare inprima persona alla vitapubblica. Non possonopertanto abdicare «allamolteplice e svariataazione economica, so-ciale, legislativa, ammi-nistrativa e culturale,destinata a promuovere

11“Abbiamo creduto all’amore di Dio”

organicamente e isti-tuzionalmente il be-ne comune». Missio-ne dei fedeli laici èpertanto di configu-rare rettamente la vi-ta sociale, rispettan-done la legittima au-tonomia e cooperan-do con gli altri citta-dini secondo le ri-spettive competenzee sotto la propria re-sponsabilità. Anchese le espressioni spe-cifiche della caritàecclesiale non posso-no mai confondersicon l’attività dello

Stato, resta tuttavia vero che la carità deve animare l’interaesistenza dei fedeli laici e quindi anche la loro attività po-litica, vissuta come «carità sociale»” (cfr Deus caritas est,28-29)

Riflettiamo insieme

Con queste parole il Papa vaa toccare uno dei temi centralidel cristianesimo, del rapportostato-Chiesa e non per ultimoun aspetto fondamentale della nostra associazione. Sonoparole che stanno a sottolineare gli specifici campi d’azio-ne delle due entità. Solo nella parte finale si viene a riflet-tere su quello che è il ruolo del cristiano laico, che è anchecolui che anima e vive lo stato e che quindi è direttamentechiamato in causa nella creazione e mantenimento delgiusto ordine della società.

Questo incontro scontro tra giustizia e carità ha radiciantiche ed in ogni epoca ha fatto discutere (almeno negliultimi due secoli), da una parte chi propende per un in-tervento forte dello stato che si faccia garante della giusti-zia sociale, dall’altra parte chi vede solo il ruolo superioree irrinunciabile della carità. Il Papa cerca di fare chiarezza,

12 “Abbiamo creduto all’amore di Dio”

evidenziando le profonde differenze tra giustizia e carità,facendo contemporaneamente presente che però allaChiesa spetta il compito di “purificare la ragione”.

È importante rendersi conto che anche nel più giustomondo possibile si sentirà sempre il bisogno di carità. Es-sa è espressione autentica di amore e, forse, a volte ce nedimentichiamo…

Un interessante esempio di esercizio della carità, inuna particolare situazione di “giustizia-ingiustizia sociale”,ci è fornito dal beato Federico Ozanam nella lettera aLouis Janmot del 13 novembre 1836. Egli analizza la si-tuazione francese della prima metà dell’ottocento e indivi-dua nella carità cristiana l’elemento pacificatore e attenua-tore dei conflitti tra capitalismo e proletariato.

È a questi ruoli che si deve o dovrebbe ispirare il ruolomoderno della Chiesa e quindi di ogni singolo cristiano.

Domande per il dialogo e il confronto in Conferenza

1) Noi vincenziani come ci com-portiamo? Seguiamo la nostravocazione caritativa senzapreoccuparci che forse è ancheun nostro preciso dovere sia co-me Chiesa che come cristianolaici fare in modo che la politi-ca si accorga delle più palesi emanifeste forme di ingiustizia e cerchi di intervenire?

2) Come viviamo la carità? Siamo animati dallo spirito diamore che ci lega a Dio e ai fratelli più bisognosi, chene rappresentano il volto, oppure ci muove una volontàdi “sola” giustizia sociale, che magari ci sembra a voltenoiosa, burocratica e ripetitiva?

13“Abbiamo creduto all’amore di Dio”

IV SCHEDA

STRUTTURE DI SERVIZIO CARITATIVO

Vi sono due aspetti, tipici dei nostri tempi, di cui dobbia-mo essere consapevoli per una più efficace azione caritativa.

“a) I mezzi di comunicazione dimassa hanno oggi reso il nostro pia-neta più piccolo, avvicinando veloce-mente uomini e culture profonda-mente diversi. Se questo «stare insie-me» a volte suscita incomprensioni etensioni, tuttavia, il fatto di venire, ora,in modo molto più immediato a conoscenzadelle necessità degli uomini costituisce soprattutto un ap-pello a condividerne la situazione e le difficoltà. […]

D’altro canto…il presente mette a nostra disposizioneinnumerevoli strumenti per prestare aiuto umanitario aifratelli bisognosi, non ultimi i moderni sistemi per la dis-tribuzione di cibo e di vestiario, come anche per l’offertadi alloggio e di accoglienza. Superando i confini delle co-munità nazionali, la sollecitudine per il prossimo tende

così ad allargare i suoiorizzonti al mondo inte-ro. […]

“b) In questa situa-zione sono nate e cre-sciute, tra le istanze sta-tali ed ecclesiali, nume-rose forme di collabora-zione che si sono rivelatefruttuose.[…] Si sonopure formate, in questocontesto, molteplici or-ganizzazioni con scopicaritativi o filantropici,che si impegnano perraggiungere, nei con-fronti dei problemi so-

14 “Abbiamo creduto all’amore di Dio”

ciali e politici esistenti, soluzioni soddisfacenti sotto l’a-spetto umanitario. […]

Anche nella Chiesa cattolica e in altre Chiese e Comu-nità ecclesiali sono sorte nuove forme di attività caritativa,e ne sono riapparse di antiche con slancio rinnovato. Sonoforme nelle quali si riesce spesso a costituire un felice lega-me tra evangelizzazione e opere di carità”. (cfr Deus caritasest, 30)

Riflettiamo insieme

In questi primi anni del mil-lennio tutti constatano quoti-dianamente quanto la situazionesi sia aggravata per quanto riguarda i conflitti nel mondo,il rapporto Nord-Sud e la salvaguardia del creato. Tutto siè più globalizzato, tutto ci tocca più da vicino e tutto pos-siamo conoscere meglio. Vastissime aree di opinione pub-blica sono state scosse dalle guerre in Afghanistan, in Iraq,dai drammi del Congo, del Darfur, dal conflitto in Pale-stina e in Libano...

Se è vero, come dice il Papa, che nuove iniziative enuove forme di aiuto sono nate in questi anni, è pur veroche, anche come Chiesa, c’è ancora tanta strada da percor-rere, sia rispetto agli aiuti materiali che possiamo trovare,sia rispetto alla nostra mentalità e al giudizio che diamosui grandi temi e conflitti dei nostri giorni (guerra-pace,ricchezza-povertà, carità-giustizia).

La passione evangelica per i più poveri del sud delmondo, il rifiuto si-stematico della vio-lenza e delle guerrecome strumenti per larisoluzione dei con-flitti, la pratica dellanonviolenza attiva, lacooperazione interna-zionale, per esempio,non sono purtroppoancora diventate di-mensioni quotidianedella pratica cristiana.A volte, nelle nostre

15“Abbiamo creduto all’amore di Dio”

comunità e associazioni e nel sentire comune del cattolico“medio”, vi è la tendenza ad accettare lo status quo (maga-ri addolcito con qualche intervento di tipo caritativo): laguerra viene considerata brutta ma inevitabile e la povertàdei paesi del Sud un fatto “di natura” o … “perché se lovogliono”.

Vorremmo che tutti ci interrogassimo se la comunitàdei credenti (nelle sue varie articolazioni) non debba rea-gire con maggiore convinzione di fronte a situazioni o po-sizioni politiche chiaramente lontane dal vangelo di Gesù:ad esempio, quando la guerra viene ritenuta realtà neces-saria o quando, per ricordare un altro elemento distintivodelle nostre società occidentali, quando verso gli immigra-ti - i cosiddetti extracomunitari - si propongono politichedi avversità e non di accoglienza.

Una “rappresentanza” degli ultimi, dei soggetti debolipotrebbe essere il fondamento di una maggiore credibilitàdella nostra Chiesa, ed anche della sua maggiore indipen-denza nei confronti delle istituzioni, ma soprattutto ilmodo più vero e coerente per vivere il servizio caritativo.

Domande per il dialogo e il confronto in Conferenza

1) Come ci formiamo e ci infor-miamo sulle realtà di povertà edi ingiustizia lontane da noi? ole riteniamo dimensioni chenon possono coinvolgere la no-stra vita?

2) Cosa fai tu e cosa fa la tua con-ferenza per aiutare anche i pove-ri lontani, quelli che vivono nei Paesi del sud del mon-do?

3) Come valuti le posizioni della Chiesa sui grandi teminazionali e internazionali? Nella tua comunità o conferenza se ne parla?

16 “Abbiamo creduto all’amore di Dio”

V SCHEDA

IL PROFILO SPECIFICODELL’ATTIVITÀ CARITATIVADELLA CHIESA

“Dio è Amore” punto.Basterebbe questa frase di tre parole

per esaurire (e come!!!) il messaggio evangelico nella sua for-ma più pura, priva di fronzoli ridondanti che spesso genera-no solo confusione.

Eppure il Santo Padre in Deus Caritas Est sente il biso-gno di sottolineare le specificità degli operatori dell’attivitàcaritativa della Chiesa. Non da mezze misure; da una de-scrizione schematica e precisa che lascia poco spazio ad inter-pretazioni: è una carità operosa, che non si lascia trascinarenel delirio ideologico di destra o di sinistra, è in quanto tale,è in quanto espressione dell’Amore Gratuito di Dio.

Più nello specifico ci sono tre macro contenuti (cfrDeus caritas est, 31):

Le organizzazioni caritative hanno dapprima il com-pito di RISPONDERE alle necessità immediate (saziare,vestire, curare…). Quindi le organizzazioni caritative de-vono fare il possibile per assolvere a questo compito legatoall’agire quotidiano. La Carità Operosa si deve servire pe-rò di uomini e donne preparati e di mezzi all’altezza, per-ché il povero ha diritto alla mela, non al torsolo della me-la.

Dunque gli operatori della Carità non devono essereimprovvisati ma preparati sia sotto l’aspetto “tecnico” siasotto l’aspetto del “Cuore”. In altre parole bisogna fare lacosa giusta nel modo giusto ed allo stesso tempo bisognadistinguersi per le attenzioni suggerite dal cuore.

L’attività caritativa deve essere indipendente da parti-ti e da ideologie. Alcune ideologie, che inneggiano alla ri-voluzione sociale, tendono a svilire la Carità perché, se-condo queste, funzionale al “potere”. In realtà già Federi-co Ozanam attorno al 1840 vedeva nella Carità cristiana,

17“Abbiamo creduto all’amore di Dio”

nell’Amore verso il Prossimo la soluzione a quei conflittidi classe che avrebbero di lì a poco sconvolto l’Europa.Radere al suolo l’esistente per dare vita ad un futuro, cirende tutti più poveri per il semplice fatto che non ci per-mette di vivere il presente nel “qui ed ora”, che è tipico dichi deve dare risposte concrete subito, per proiettarsi inun futuro ideologicamente perfetto. Ecco dunque la cari-tà, la forza che disinnesca la lotta solo se autentica; sì, seautentica, la carità è denuncia silenziosa di ingiustizie esoprusi.

L’Amore è Gratuito; quindi le azioni caritative non so-no finalizzate a raccogliere seguaci. È tuttavia evidente chela Carità, se interpretata nel suo senso più profondo edautentico, diviene un potente mezzo di manifestazionedell’Amore Compassionevole di Dio. Quindi, i membridella Chiesa, e le esperienze associative che al vangelo sirifanno, devono aver ben chiaro che le azioni che compio-no sono la testimonianza concreta che Dio ci Ama ed usale nostre azioni per comunicarcelo.

Domande per il dialogo e il confronto in Conferenza

Credo che nella semplicità enella schiettezza delle analisi rac-chiuse in queste tre argomentazio-ni vadano anche inserite la sinceri-tà ed il coraggio di fermarsi indivi-dualmente, come in conferenza,per lasciarsi guidare al confrontocon la propria vita:1) Sono preparato “tecnicamente” ed ho il “cuore” che

suggerisce le mie azioni?2) Sono consapevole che le mie azioni non rivoluzione-

ranno il mondo ma gli daranno semplicemente sollie-vo?

3) La mia Carità è davvero un atto gratuito o dietro c’èqualche richiesta: danaro, autorealizzazione, compensa-zione, conversione?

4) In realtà ci sarebbero diversi altri quesiti che lascio alsingolo lettore ed alle Conferenza come sorta di compi-to per casa.

18 “Abbiamo creduto all’amore di Dio”

VI SCHEDA

I RESPONSABILI DELL’AZIONECARITATIVA DELLA CHIESA

“È ormai risultato chiaro che ilvero soggetto delle varie Organizza-zioni cattoliche che svolgono un ser-vizio di carità è la Chiesa stessa - e ciò atutti i livelli, iniziando dalle parrocchie, attraverso leChiese particolari, fino alla Chiesa universale… Alla strut-tura episcopale della Chiesa, poi, corrisponde il fatto che,nelle Chiese particolari, i Vescovi quali successori degliApostoli portino la prima responsabilità della realizzazio-ne, anche nel presente, del programma indicato negli Attidegli Apostoli (cfr 2, 42-44). […] Per quanto concerne icollaboratori che svolgono sul piano pratico il lavoro dellacarità nella Chiesa, l’essenziale è già stato detto: essi nondevono ispirarsi alle ideologie del miglioramento delmondo, ma farsi guidare dalla fede che nell’amore diventaoperante (cfr Gal 5, 6). Devono essere quindi personemosse innanzitutto dall’amore di Cristo, persone il cuicuore Cristo ha con-quistato col suo amo-re, risvegliandovi l’a-more per il prossimo.Il criterio ispiratore delloro agire dovrebbe es-sere l’affermazionepresente nella SecondaLettera ai Corinzi:«L’amore del Cristo cispinge» (5, 14)”. (cfrDeus caritas est, 32-33)

“«Se anche distri-buissi tutte le mie so-stanze e dessi il miocorpo per essere bru-ciato, ma non avessi la

19“Abbiamo creduto all’amore di Dio”

carità, niente mi giova»(cfr 1 Cor 13,3) L’azionepratica resta insufficientese in essa non si rendepercepibile l’amore perl’uomo, un amore che sinutre dell’incontro conCristo. L’intima parteci-pazione personale al bi-sogno e alla sofferenzadell’altro diventa così unpartecipargli me stesso:perché il dono non umi-lii l’altro, devo darglinon soltanto qualcosa dimio ma me stesso, devo

essere presente nel dono come persona. Questo giustomodo di servire rende l’operatore umile. Egli non assumeuna posizione di superiorità di fronte all’altro, per quantomisera possa essere sul momento la sua situazione... Chi èin condizione di aiutare riconosce che proprio in questomodo viene aiutato anche lui; non è suo merito né titolodi vanto il fatto di poter aiutare. Questo compito è gra-zia”. (cfr Deus caritas est, 34-35)

“… il contatto vivo con Cristo è l’aiuto decisivo per re-stare sulla retta via: né cadere in una superbia che disprez-za l’uomo e non costruisce in realtà nulla, ma piuttostodistrugge, né abbandonarsi alla rassegnazione che impedi-rebbe di lasciarsi guidare dall’amore e così servire l’uomo.La preghiera come mezzo per attingere sempre di nuovoforza da Cristo, diventa qui un’urgenza del tutto concreta.Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazioneha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spinge-re unicamente all’azione. […] È venuto il momento di ri-affermare l’importanza della preghiera di fronte all’attivi-smo e all’incombente secolarismo di molti cristiani impe-gnati nel lavoro caritativo”. (cfr Deus caritas est, 36-37)

“Fede, speranza e carità vanno insieme. […] L’amore èpossibile, e noi siamo in grado di praticarlo perché creatiad immagine di Dio. Vivere l’amore e in questo modo farentrare la luce di Dio nel mondo, ecco ciò a cui vorrei in-vitare con la presente Enciclica”. (cfr Deus caritas est, 39)

20 “Abbiamo creduto all’amore di Dio”

Riflettiamo insieme

Tutti quanti fanno parte del-la Chiesa sono responsabili dellasua azione caritativa, responsa-bili perché partecipano e si fanno carico dell’azione. Sonoi Vescovi che ne hanno la prima responsabilità.

La Società di San Vincenzo De Paoli, come organizza-zione di laici cattolici, deve accogliere la chiamata del Pa-pa ad essere presente e a “lasciarsi vedere” nelle parrocchiee dalla struttura episcopale, forte del fatto che “farsi gui-dare dalla fede che nell’amore diventa operante” è sicura-mente la descrizione perfetta di ciò che ogni vincenzianovorrebbe fare ed essere.

Per essere spinti dall’amore di Cristo, e solo ed unica-mente da quello, è necessario fare esperienza dell’amoreche Dio ha per ognuno. Incondizionato, totale, donato,umile, confortante, che domanda e non si impone: è unbel esercizio cercare gli innumerevoli aggettivi che ciascu-no di noi può attribuire all’amore che Dio ha per lui. Ed èpiù facile avvicinarsi ad un fratello senza provare né super-bia né rassegnazione, se ricordiamo che la spinta a donarequesto amore non è esclusivamente un moto della nostravolontà, ma è un traboccare (come quando si continua aversare acqua in un bicchiere già colmo).

La superbia in qualche modo ci stacca da chi incon-triamo, ci fa correre il rischio di parlare dei “poveri cheaiutiamo” e ci impediscedi capire quello che inve-ce, anche, riceviamo. Larassegnazione nasce comeatteggiamento quando iproblemi che affrontiamoci appaiono troppo grandie complicati: troppo tem-po, troppa burocrazia,troppe spese, troppo cro-nici per risolverli. Allora ilpasso verso l’inerzia è bre-ve. Troppo spesso ci auto-valutiamo pensando ai so-li risultati che ci sembranopiù probabili, e non inve-ce al come ci siamo “fatti

21“Abbiamo creduto all’amore di Dio”

prossimi”: forse chi ha tirato dritto prima del buon samari-tano avrà pensato che “ormai c’era ben poco da fare”.

Essere un operatore umile richiede una costante vigi-lanza sul proprio modo di agire e di percepire il quotidia-no e l’altro, è rassicurante conoscere la strada per riuscirci:la preghiera. “È venuto il momento di riaffermare l’im-portanza della preghiera di fronte all’attivismo e all’in-combente secolarismo di molti cristiani impegnati nel la-voro caritativo”.

Domande per il dialogo e il confronto in Conferenza

1) In parrocchia ci coordiniamocon il Parroco e facciamo losforzo di conoscere e collaborarecon le altre associazioni presen-ti? Perché dovremmo farlo?

2) All’inizio dell’anno pastorale ilConsiglio Centrale presenta alVescovo le attività delle Confe-renze sul territorio?

3) Da quanto tempo nelle nostre Conferenze non ci rac-contiamo l’un l’altro le motivazioni per cui siamo inSan Vincenzo? cosa ci ha spinto a farne parte e se neglianni è cambiato il nostro modo di partecipare.

4) Non “quanto”, ma “come” preghiamo nella nostraConferenza?

5) Siamo consapevoli che nella vita di una Conferenzapuò succedere che i partecipanti non abbiano più leenergie per “salire tutte le scale dei poveri” e allora ilmodo per essere ancora presenti è raddoppiare le pre-ghiere?

6) Un conoscente o un giovane ci domandano “perché vaisotto il tetto dei poveri?” La nostra risposta fa capireche non si tratta di solo attivismo?

22 “Abbiamo creduto all’amore di Dio”

CONCLUSIONE

Come già espresso alla fine della prima parte del sussi-dio «l’amore non può essere finalizzato ad altri fini che nonsiano quelli di comunicare “amore”, perché la persona ne habisogno, anzi perché la persona è figlio amato da Dio e Diosi serve dell’uomo per toglierlo dal bisogno.

Siamo infatti chiamati a comportarci come il buon sa-maritano, il quale non chiede all’uomo chi è, e non si chiedecosa possa ricavare dal suo intervento, ma si china sul feritoe lo cura unicamente perché è un fratello che ne ha bisogno.Non può essere unito a Cristo chi non è unito al fratello;non può amare Dio che non vede chi non ama il suo prossi-mo che vede.

La carità verso il prossimo annunciata nell’Eucaristianon è soltanto un precetto, un dovere morale importante,ma è un elemento “ontologico” della stessa carità verso Dio».

Con gli insegnamenti a mettere in pratica questa caritàsi completa il sussidio formativo 2006/2007. Nella speranzache l’intera materia sia di sprone a motivare sempre di più ivicenziani a servire chi è nel bisogno; sia di aiuto a fare il be-ne sempre meglio e, infine, sia di stimolo a ricercare le causedelle povertà per contrastarle ed attuare una sempre maggio-re promozione umana, a cui fare seguire quella sociale. Ri-volgo un particolare ringraziamento a quanti hanno operatoalla stesura dell’intero sussidio formativo e precisamente:Flavia Conti, Paolo Epifani, Massimo Fertonani, AntonellaLo Porto, Andrea Marchelli, Enrico Testolina, con la super-visione dei nostri Consiglieri spirituali Padre Giovanni Batti-sta Bergesio e Padre Giuseppe Turati.

Il Direttore responsabile

SUSSIDIO FORMATIVO 2006/2007Si prega compilare e spedire entro marzo 2007

alla Segreteria nazionale Via della Pigna, 13/a – 00186 ROMA

● il contenuto, il formato e la grafica vi hanno soddisfatto:molto poco affatto

● è utilizzato: in Conferenza si no● è utilizzato: a livello personale si no● è utile: molto poco affatto

Eventuali osservazioni e consigli

Mittente

Indirizzo

Firma

SOCIETÀ DI SAN VINCENZO DE PAOLICONSIGLIO NAZIONALE ITALIANO

““AAbbbbiiaammoo ccrreedduuttooaallll’’aammoorree ddii DDiioo””

(1 Gv 4,16)

IIII ppaarrtteeIl servizio della carità nell’enciclica

“Deus caritas est”

2 0 0 62 0 0 7SU

SSIDI

O FO

RMAT

IVOnuo

vo

REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL

CENTRO DI SERVIZIO PER IL VOLONTARIATO DEL LAZIO SPES