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Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale Centro competenze tributarie Novità fiscali L’attualità del diritto tributario svizzero e internazionale www.novitafiscali.supsi.ch N° 2 – febbraio 2021 Diritto tributario svizzero La nuova ordinanza sul computo di imposte alla fonte estere (OCIFo) 75 Sandro Jaeger e Chiara Zilli Quellensteuerrevision 2021 im Überblick 79 Brigitte Zulauf Diritto tributario italiano La tassazione degli sportivi (e artisti), residenti o non, in Italia 87 Emilio de Santis Dalla soggettività passiva al nuovo regime di tassazione dei redditi prodotti dal trust non residente 91 Emiliano Marvulli Diritto tributario internazionale e dell'UE Tassazione agevolata delle pensioni svizzere solo se accreditate in Italia: profili di incostituzionalità? 96 Marco Lucheschi e Davide Marchesini Mascheroni La guida (aggiornata) dell’OCSE sull’applicazione dei trattati nel periodo COVID-19 101 Francesca Amaddeo Diritto finanziario La determinazione della residenza fiscale della clientela da parte delle banche svizzere 109 Sandro Treichler Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero La valutazione dei titoli non quotati 126 Samuele Vorpe Il TAF accorda lo scambio spontaneo di informazioni con la Nigeria in merito ad un ruling fiscale 130 Sacha Cattelan

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Scuola universitaria professionale della Svizzera italianaDipartimento economia aziendale, sanità e socialeCentro competenze tributarie

Novità fiscaliL’attualità del diritto tributario svizzero e internazionale

www.novitafiscali.supsi.ch

N° 2 – febbraio 2021

Diritto tributario svizzeroLa nuova ordinanza sul computo di imposte alla fonte estere (OCIFo) 75Sandro Jaeger e Chiara Zilli

Quellensteuerrevision 2021 im Überblick 79Brigitte Zulauf

Diritto tributario italianoLa tassazione degli sportivi (e artisti), residenti o non, in Italia 87Emilio de Santis

Dalla soggettività passiva al nuovo regime di tassazione dei redditi prodotti dal trust non residente 91Emiliano Marvulli

Diritto tributario internazionale e dell'UETassazione agevolata delle pensioni svizzere solo se accreditate in Italia: profili di incostituzionalità? 96Marco Lucheschi e Davide Marchesini Mascheroni

La guida (aggiornata) dell’OCSE sull’applicazione dei trattati nel periodo COVID-19 101Francesca Amaddeo

Diritto finanziarioLa determinazione della residenza fiscale della clientela da parte delle banche svizzere 109Sandro Treichler

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzeroLa valutazione dei titoli non quotati 126Samuele Vorpe

Il TAF accorda lo scambio spontaneo di informazioni con la Nigeria in merito ad un ruling fiscale 130Sacha Cattelan

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74 febbraio 2021

Il numero di febbraio ha come comune denomina-tori aspetti internazionali e transfrontalieri. Su questa linea, il contributo presentato da Chiara Zilli e Sandro Jaeger, i quali esaminano i tecnicismi del computo globale di imposta illustrando le recenti modifiche della relativa ordinanza. Brigitte Zulauf espone le principali novità introdotte della Legge federale sulla revisione dell'imposizione alla fonte del reddito da attività lucrativa per garantire la parità di trattamento con i contribuenti già tassati ordinariamente. Anche Emilio de Santis tratta un tema con risvolti internazionali: la tassazione di sportivi (e artisti) in Italia, auspicando una più mar-cata attività volta al recupero delle somme dovute all’Erario italiano. Emiliano Marvulli si dedica alla tassazione dei trust, nella specie, la tassazione dei redditi prodotti dal trust non residente. Marco Lucheschi e Davide Marchesini Mascheroni si chi-nano sull’importante tema del sistema previdenziale svizzero, esaminando il caso particolare della tas-sazione delle pensioni svizzere pagate a residenti italiani, evidenziandone il trattamento discrimina-torio nel caso di accredito su conti esteri. Anche Francesca Amaddeo tratta di aspetti internazionali attraverso un contributo particolarmente attuale come quello del COVID 19. La situazione di emer-genza deve essere considerata eccezionale in tutte le sue sfaccettature, ivi comprese quelle fiscali. San-dro Treichler affronta con perizia il tema della determinazione della residenza fiscale della clien-tela da parte delle banche. Samuele Vorpe si dedica alla valutazione dei titoli non quotati, attraverso l’a-nalisi di una sentenza del TF, chiamato a decidere su di un ricorso di contribuenti ginevrini azionisti di una società con sede in Ticino. Infine, Sacha Catte-lan analizza una sentenza del TAF relativa allo scambio spontaneo di informazioni con la Nigeria in merito ad un ruling fiscale. Buona lettura! Filippo Recalcati

RedazioneSUPSI

Centro di competenzetributarieStabile SuglioVia Cantonale 186928 MannoT +41 58 666 61 75F +41 58 666 61 [email protected]

ISSN 2235-4565 (Print)ISSN 2235-4573 (Online)

Direttore scientificoSamuele Vorpe

Comitato scientifico dei revisoriFrancesca AmaddeoFlavio AmadòPaolo ArginelliSacha CattelanThierry De MitriRocco FilippiniSimona GeniniMarco GreggiPatrizia LangGiordano MacchiGiovanni MoloAndrea PedroliPaolo PiantavignaAndrea PurpuraFilippo Recalcati Nicola SartoriCurzio ToffoliSamuele Vorpe

Impaginazione e layoutLaboratorio cultura visiva

IntroduzioneNovità fiscali02/2021

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75 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

Sandro JaegerLL.M. Swiss and International TaxationTax Manager, Ernst & Young, Lugano

Chiara ZilliEsperta fiscale dipl. fed.Tax Manager, Ernst & Young, Lugano

La RFFA ha introdotto diverse misure con impatto sul computo di imposte alla fonte estere. L’Ordinanza sul computo globale è stata quindi oggetto di un’importante revisione

La nuova ordinanza sul computo di imposte alla fonte estere (OCIFo)

In occasione della votazione popolare del 19 maggio 2019, gli elettori svizzeri hanno approvato la Legge sulla RFFA. Quest’ultima ha l’obiettivo principale di garantire un sistema fiscale conforme agli standard definiti a livello internazionale, preservando al contempo l’attrattività e la competitività della piazza imprenditoriale svizzera. Tra le diverse misure introdotte, si segnalano l’abrogazione dei regimi speciali, l’introduzione di misure agevolative legate all’attività di ricerca e sviluppo, nonché l’estensione del diritto al computo delle imposte alla fonte estere agli stabilimenti in Svizzera di imprese estere. Tali novità hanno reso necessario l’aggiornamento dell’Ordinanza sul computo globale dell’imposta, che con l’occasione è stata oggetto di una sostanziale revisione da parte del legislatore.

I. IntroduzioneCon la votazione popolare del 19 maggio 2019 è stata approvata la Legge federale concernente la riforma fiscale e il finanziamento dell’AVS (RFFA)[1] con l’obiettivo primario di garantire che il sistema fiscale svizzero sia conforme agli standard accettati a livello internazionale. In tale contesto, la principale misura prevista dalla RFFA è stata l’abrogazione delle norme concernenti le società con statuto speciale, da sempre oggetto di critiche in ambito internazionale, nonché fonte di incertezza nella pianificazione per le imprese che operano a livello internazionale. La RFFA ha al contempo introdotto diverse misure al fine di preservare l’attrattività e la competitività della piazza imprenditoriale svizzera.

Con il presente contributo si analizzerà l’impatto di queste misure sul computo delle imposte alla fonte estere e la con-seguente necessaria revisione dell’Ordinanza sul computo globale dell’imposta (OCglm; RS 672.201), ora denominata Ordinanza sul computo di imposte alla fonte estere (OCIFo), del 13 novembre 2019, entrata in vigore il 1° gennaio 2020[2].

II. La revisione dell’OCIFoA. Le modifiche introdotte a seguito della RFFA1. La regolamentazione del computo d’imposta per gli stabili-menti d’impresa in Svizzera di imprese estereIn base al diritto previgente, gli stabilimenti d’impresa in Svizzera di imprese estere non potevano beneficiare del diritto al computo delle imposte alla fonte estere che, in base alle convenzioni contro le doppie imposizioni (CDI), residuavano sui flussi di dividendi, interessi e canoni.

Nonostante gli stabilimenti d’impresa in Svizzera soggiac-ciano alle imposte in Svizzera anche per i redditi da dividendi, interessi e canoni di fonte estera ad essi attribuibili, gli stessi non sono considerati soggetti residenti ai fini dell’applicazione delle CDI concluse dalla Svizzera. Tale principio risulta coerente

[1] RU 2019 2395.[2] RU 2019 3873.

I. Introduzione ........................................................................ 75II. La revisione dell’OCIFo ..................................................... 75A. Le modifiche introdotte a seguito della RFFA ....................751. La regolamentazione del computo d’imposta per gli stabilimenti d’impresa in Svizzera di imprese estere ................752. La regolamentazione del computo d’imposta a seguitodell’abrogazione delle norme concernenti le società con statuto speciale ............................................................................................763. La regolamentazione del computo d’imposta per le misure relative al regime del patent box, alla deduzione per spese di ricerca e sviluppo e alla deduzione per autofinanziamento ....................................................................................76B. Le ulteriori modifiche introdotte nell’ambito della revisione dell’OCIFo ............................................................................771. Le modifiche relative alla determinazione dell’ammontare massimo di imposta estera computabile ... 772. L’abrogazione della disposizione relativa alla limitazione del computo d’imposta nel caso di imposizione parziale...... 773. La ripartizione dell’ammontare del computo d’imposta tra la Confederazione e i Cantoni/Comuni ....................................78III. Conclusioni ........................................................................ 78

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76 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

qualora lo Stato estero di residenza assoggetti a imposizione i redditi ovunque realizzati (principio di worldwide taxation), prevedendo poi il computo delle imposte pagate all’estero (cd. metodo del credito o computo d’imposta). Laddove, invece, lo Stato estero di residenza esenti da imposizione i redditi realizzati dagli stabilimenti di impresa esteri, applicando il cd. metodo dell’esenzione, per i dividendi, interessi e canoni potrebbe sussistere una doppia imposizione, nella misura in cui lo Stato di residenza o lo Stato dello stabilimento d’im-presa non garantiscano il diritto al computo.

In tal senso il Modello OCSE di Convenzione fiscale (M-OCSE), all’art. 24 par. 3, prevede espressamente un divieto di discri-minazione per gli stabilimenti di imprese estere rispetto al trattamento riservato alle imprese residenti. In tale contesto, gli Stati membri sono invitati in modo bilaterale ad adeguare le singole CDI o, alternativamente, ad adeguare il proprio diritto interno al fine di garantire una parità di trattamento.

Il Consiglio federale già nel corso del 2014, in ottemperanza alla mozione Pelli[3], aveva avviato la procedura di consulta-zione per la modifica dell’OCglm, al fine di estendere anche agli stabilimenti di impresa in Svizzera di imprese estere il diritto al computo delle imposte estere. Con l’accoglimento di tale modifica, il Consiglio federale aveva incaricato il Dipartimento federale delle finanze (DFF) di creare la necessaria base legale da integrare nella RFFA.

Con l’approvazione ed entrata in vigore della RFFA, tale base legale è stata creata integrando l’art. 2 cpv. 1 della Legge fede-rale concernente l’esecuzione delle convenzioni internazionali concluse dalla Confederazione per evitare i casi di doppia imposizione (RS 672.2) con una specifica previsione alla lett. g, la quale concede al Consiglio federale il potere di “stabilire le condizioni alle quali uno stabilimento d’impresa in Svizzera di un’impresa estera assoggettato all’ imposta sull’utile ordinaria sia a livello di imposta federale diretta sia a livello di imposte cantonali e comunali può chiedere il computo globale d’imposta per i redditi provenienti da uno Stato terzo gravati da imposte non recuperabili”.

Il Consiglio federale nell’ambito della necessaria revisione dell’OCIFo ha introdotto il nuovo art. 2a, che estende agli sta-bilimenti d’impresa in Svizzera di un’impresa estera il diritto al computo delle imposte alla fonte estere non recuperabili a condizione che sussista una CDI tra (i) la Svizzera e lo Stato di residenza dell’impresa, e (ii) ciascuno di questi due Stati e lo Stato terzo da cui provengono i redditi.

La sussistenza di una CDI tra i tre Stati coinvolti garantisce parità di trattamento tra stabilimenti d’impresa e imprese residenti. Si immagini ad es. il caso in cui non sussistesse una CDI tra lo Stato della fonte e la Svizzera e lo stabili-mento d’impresa in Svizzera potesse beneficiare della CDI tra lo Stato della fonte e lo Stato di residenza dell’impresa,

[3] Mozione n. 13.3184 presentata dall’on. Fulvio Pelli, Eliminazione delle sovraimposizioni che gravano gli stabilimenti d’impresa esteri in Svizzera, del 21 marzo 2013, in: https://www.parlament.ch/it/ratsbetrieb/suche-curia-vista/geschaeft?AffairId=20133184 (consultato il 15.02.2021).

avvantaggiandosi rispetto a un’impresa residente in Svizzera.

È, inoltre, stabilito che qualora le due CDI con lo Stato terzo prevedano aliquote d’imposta alla fonte non recuperabile diverse potrà essere fatta valere l’aliquota minore. Tale dispo-sizione è stata introdotta sempre nell’ottica di non concedere agli stabilimenti d’impresa un trattamento più favorevole rispetto alle imprese residenti.

L’estensione agli stabilimenti di imprese estere del diritto al computo di imposte residuali estere non può che essere riconosciuto come un passo importante nell’accrescimento dell’attrattività della piazza imprenditoriale svizzera. La pre-vigente preclusione disincentivava infatti potenziali investitori esteri a insediarsi in Svizzera tramite stabilimenti d’impresa.

2. La regolamentazione del computo d’imposta a seguito dell’abrogazione delle norme concernenti le società con sta-tuto specialeA seguito dell’abrogazione dei regimi fiscali speciali con l’entrata in vigore della riforma fiscale il 1° gennaio 2020, si è reso necessario l’adeguamento delle disposizioni contenute nell’OCIFo. L’OCglm prevedeva, infatti, all’art. 5 cpv. 3 una disposizione specifica per le società di capitali, cooperative e fondazioni che beneficiavano a livello cantonale di una tassazione privilegiata. Nel caso di specie il computo d’im-posta estero veniva effettuato separatamente per l’imposta federale, da un lato, e per l’imposta cantonale e comunale, dall’altro. Tale disposizione risulta ora superflua e il cpv. 3 è stato interamente abrogato.

3. La regolamentazione del computo d’imposta per le misure relative al regime del patent box, alla deduzione per spese di ricerca e sviluppo e alla deduzione per autofinanziamento La riforma fiscale ha altresì introdotto diverse misure fiscali competitive e attrattive, accettate a livello internazionale. Si tratta in particolare del regime del patent box (art. 24b della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni [LAID; RS 642.14]), della deduzione maggiorata per le spese di ricerca e sviluppo (art. 25a LAID), nonché la deduzione di interessi figurativi per incentivare l’autofinanziamento (art. 25abis LAID).

L’art. 11 OCIFo è stato modificato per tenere conto di tali agevolazioni nel calcolo dell’ammontare massimo di imposta estera computabile. Il cpv. 2 specifica, in particolare, le regole di ripartizione e attribuzione di tali deduzioni ai relativi redditi sulla base dei quali viene determinato l’ammontare massimo computabile: qualora le deduzioni siano direttamente con-nesse ai redditi, vi sarà un’attribuzione diretta, diversamente le deduzioni saranno attribuite in modo indiretto e proporzio-nalmente all’ammontare dei redditi.

Per quanto concerne i redditi tassati in modo agevolato, come ad es. i redditi da patent box, viene prescritto all’art. 12 cpv. 2bis

di identificare chiaramente tali redditi nell’istanza per il com-puto d’imposta al fine di agevolare le rielaborazioni da parte delle autorità fiscali.

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77 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

B. Le ulteriori modifiche introdotte nell’ambito della revi-sione dell’OCIFoIn occasione della revisione dell’OCIFo nell’ambito delle modifiche introdotte dalla riforma fiscale, il legislatore ha colto l’occasione per riformare in modo sostanziale le dispo-sizioni relative alla determinazione dell’ammontare massimo di imposta estera computabile, nonché alla ripartizione del computo d’imposta tra Confederazione e Cantoni/Comuni.

1. Le modifiche relative alla determinazione dell’ammontare massimo di imposta estera computabileLa determinazione del cd. “ammontare massimo”, ovvero dell’importo massimo di imposta alla fonte estera per la quale è possibile richiedere il computo, è disciplinata dagli artt. 7-11 OCIFo, riformati in modo sostanziale dalla revisione del 13 novembre 2019.

L’art. 8 cpv. 2 prevede che ”l’ammontare delle imposte alla fonte estere computabili corrisponde alla somma delle imposte alla fonte non recuperabili riscosse negli Stati contraenti, conformemente alle convenzioni applicabili, sui redditi maturati nel corso di un anno (anno di scadenza); tuttavia, esso non può eccedere la somma delle imposte svizzere attinenti a questi redditi (ammontare mas-simo)”. Conformemente alle raccomandazioni contenute nel Commentario del M-OCSE, che lascia ampia libertà agli Stati nella determinazione dell’ammontare massimo, la Svizzera ha optato per il principio di computo ordinario item per item.

Il novellato art. 8 cpv. 3 prevede, infatti, che il computo avvenga separatamente per i seguenti redditi: “a. i dividendi; b. gli interessi; c. i diritti di licenza che sono tassati secondo l’articolo 8a o 24b LAID; d. i diritti di licenza che non sono tassati secondo l’articolo 8a o 24b LAID; e. i redditi provenienti da prestazioni di servizi; f. le rendite”. L’applicazione del computo d’imposta per singoli redditi non rappresenta il metodo più favorevole per il contribuente, che beneficerebbe di un computo maggiore qualora si applicasse il metodo dell’overall credit, prendendo in considerazione nel calcolo la totalità dei redditi e delle relative imposte estere non recuperabili.

Gli artt. 9 e 10 regolano la determinazione dell’ammontare massimo rispettivamente per le persone fisiche e le persone giu-ridiche. Nel diritto previgente l’art. 10 faceva impropriamente riferimento anche alle società in nome collettivo e società in accomandita. Le società di persone sono, tuttavia, fiscalmente trasparenti e non autonomi soggetti passivi d’imposta, per-tanto il diritto al computo d’imposta spetta ai singoli soci. La revisione dell’OCIFo ha, di conseguenza, corretto tale impre-cisione e il cpv. 2 dell’art. 9 rinvia successivamente all’art. 10 per la determinazione dell’ammontare massimo dei redditi da sostanza commerciale delle persone fisiche, per le quali tuttavia, per semplicità, l’imposta ecclesiastica non è presa in considerazione.

L’art. 9 regola quindi la metodologia applicabile per la deter-minazione del computo d’imposta per i redditi da sostanza privata delle persone fisiche. Il calcolo dell’ammontare massimo avviene, come in precedenza, in base alle aliquote d’imposta applicate per il calcolo delle imposte sul reddito

dovute per l’anno della scadenza, senza tenere conto delle imposte ecclesiastiche. Le imposte federali sono considerate separatamente rispetto alle imposte cantonali/comunali e non più globalmente.

L’art. 10 viene riformulato specificando che il computo d’imposta avviene sulla base delle imposte calcolate sull’utile dell’anno della scadenza e, in particolare, che le imposte fede-rali, da un lato, e cantonali/comunali, nonché ecclesiastiche, dall’altro, devono essere prese in considerazione separata-mente. Il nuovo cpv. 3 viene, inoltre, inserito per tenere conto dell’introduzione da parte di alcuni Cantoni del computo dell’imposta sull’utile nell’imposta sul capitale, al fine di evitare che la combinazione di tale misura assieme al computo d’im-posta possa determinare un onere fiscale inferiore all’imposta sul capitale prima del computo dell’imposta sull’utile, ovvero un beneficio illegittimo.

L’art. 11 regola, nell’ambito della determinazione dell’ammon-tare massimo, le modalità di allocazione dei costi relativi a interessi passivi, altre spese e deduzioni con incidenza fiscale. Nel diritto previgente tali disposizioni erano regolate dall’art. 4 dell’Ordinanza 1 del Dipartimento federare delle finanze (RS 672.201.1), ora integrate senza sostanziali modifiche nell’OCIFo. La nuova formulazione contenuta nell’art. 11 risulta più chiara e precisa e tiene, inoltre, conto delle nuove disposizioni introdotte dalla riforma fiscale, come descritto in precedenza.

Si segnala, infine, che l’art. 7 viene aggiornato, elevando da fr. 50 a fr. 100 l’importo minimo di imposta alla fonte estera non recuperabile per la quale è possibile presentare istanza di computo. Questo al fine di sollevare le autorità fiscali dall’onere amministrativo di gestione di istanze di importi non significativi.

2. L’abrogazione della disposizione relativa alla limitazione del computo d’imposta nel caso di imposizione parzialeL’OCglm prevedeva all’art. 3 una limitazione al computo d’imposta alla fonte estera qualora i redditi non fossero stati assoggettati congiuntamente all’imposta federale e cantonale/comunale, in quanto considerati come redditi non tassati. In caso di assoggettamento dei redditi alla sola imposta federale o alla sola imposta cantonale/comunale, il computo poteva essere richiesto solo per la quota forfettaria prevista dall’art. 12 (1/3 nel caso di imposta federale, 2/3 in caso di imposta cantonale/comunale), impedendo al contri-buente di tenere conto dell’importo integrale di imposta alla fonte subita.

In tal senso è intervenuto il Tribunale federale stabilendo come inammissibile la riduzione dell’imposta alla fonte resi-dua in caso di imposizione parziale[4]. In particolare, nel caso di specie il Tribunale federale ha osservato come tale mec-canismo fosse causa di un trattamento fiscale più gravoso per i dividendi esteri rispetto ai dividendi di fonte domestica.

[4] Sentenza TF n. 2C_750/2013 del 9 ottobre 2014.

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78 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

Disparità di trattamento inammissibile e in contraddizione con i principi alla base delle CDI.

In ottemperanza a quanto stabilito dall’Alta Corte, con la revisione dell’OCIFo è stata abrogata la limitazione al com-puto d’imposta in caso di imposizione parziale che viene ora, invece, garantita interamente nei limiti dell’ammontare massimo delle imposte svizzere sul reddito e sull’utile effetti-vamente dovute in base all’art. 8 ss.

Come unica limitazione, rimane in vigore all’art. 5 cpv. 1 la disposizione secondo la quale non sono considerati redditi tassati e quindi non beneficiano del computo d’imposta “i divi-dendi per i quali è concessa una riduzione speciale nell’ambito delle imposte federali, cantonali, comunali ed ecclesiastiche sull’utile”[5].

3. La ripartizione dell’ammontare del computo d’imposta tra la Confederazione e i Cantoni/ComuniCon la sua nuova formulazione, l’OCIFo introduce una nuova ripartizione, effettiva e non più forfettaria, dell’ammontare del computo tra Confederazione e Cantoni/Comuni. Nel diritto previgente, l’art. 12 OCglm prevedeva, infatti, in un’ottica di semplificazione, un’attribuzione forfettaria, nella misura di 1/3 alla Confederazione e 2/3 ai Cantoni/Comuni. Viene ora introdotta, con l’abrogazione dell’art. 12 e la novella dell’art. 20 OCIFo, un’attribuzione effettiva, sulla base (i) per le persone fisiche, delle aliquote d’imposta e (ii) per le persone giuridiche, nella proporzione esistente tra le imposte (federali e cantonali/comunali) e l’utile imponibile.

Il nuovo art. 20 cpv. 2 OCIFo precisa inoltre che i Cantoni, quale organo di riscossione dell’imposta federale, addebitano alla Confederazione la quota federale dell’imposta computa-bile. Da tale quota, si precisa, è dedotta la rimanente quota cantonale sulle entrate dell’imposta federale diretta prevista dall’art. 196 cpv. 1 LIFD. In tal modo i Cantoni sono tenuti ad assumersi proporzionalmente le imposte computabili relative alla quota loro spettante dell’imposta federale.

III. ConclusioniLa revisione dell’OCIFo non può che essere accolta positi-vamente. In particolare, l’estensione del diritto al computo d’imposta alla fonte estera agli stabilimenti d’impresa in Svizzera di imprese estere, nonché l’abrogazione delle limita-zioni nel caso di imposizione parziale garantiscono una parità di trattamento rispettivamente verso le imprese residenti e i redditi domestici analoghi. Questo ci si auspica possa garan-tire una maggiore attrattività sul piano degli investimenti internazionali in Svizzera.

[5] Si tratta della riduzione per partecipazioni prevista all’art. 69 s. della Legge federale sull’imposta federale diretta (LIFD; RS 642.11) e all’art. 28 cpv. 1 LAID.

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79 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

Brigitte ZulaufTreuhänderin mit eidg. FachausweisMAS ZFH in HCM, DAS in Compliance in PersonalwesenPartnerin, Leiterin Treuhand bei PwC Schweiz

Teilweise vereinheitlicht aber nicht einfacher

Quellensteuerrevision 2021 im Überblick

Am 1. Januar 2021 ist das revidierte Quellensteuergesetz mit Verordnung und Kreisschreiben Nr. 45 “Quellenbesteuerung des Erwerbseinkommens von Arbeitnehmern” (KS 45) in Kraft getreten. Die Bestimmungen mussten angepasst werden, weil diese nicht dem Gleichbehandlungsgebot nach dem Personenfreizügigkeitsabkommen zwischen der Schweiz und der Europäischen Union (EU) respektive der Europäischen Freihandelsassoziation (EFTA) entsprachen. Die Umsetzungsanpassungen betreffen alle Ebenen: Steuerbehörden, Schuldner der steuerbaren Leistung (SSL) und Steuerpflichtige.

I. GrundlagenA. Gesetzesgrundlagen QuellensteuernBei der Umsetzung der Quellensteuern (QST) stehen die Interessen von Steuerbehörden, Schuldner der steu-erbaren Leistung (SSL) – Arbeitgebende, Versicherer, Ausgleichskassen – und Steuerpflichtigen im Spannungsfeld. Während sich die SSL eine möglichst einfache Handhabung wünschen, möchten die Steuerbehörden ein Resultat, das dem der ordentlichen Besteuerung (ordentliche Veranlagung) möglichst genau entspricht. Das ist allerdings unmöglich: Die QST basiert auf pauschalierten Abzügen und Tarifen gemäss Kantonsdurchschnitt, während die ordentliche Veranlagung die spezifischen Verhältnisse des Steuerpflichtigen berück-sichtigt.

Das QST-Gesetz ist im Bundesgesetz über die direkte Bundessteuer (DBG) und im Steuerharmonisierungsgesetz (StHG) verankert. Weil die QST auch kantonale und kommuna-le Steuern beinhalten, mussten die Kantone die betreffenden Gesetze und Verordnungen ebenfalls auf den 1. Januar 2021 anpassen. Zusätzlich zu den verschiedenen Publikationen der ESTV gibt es deshalb auch solche auf kantonaler Ebene.

Das neue Kreisschreiben (KS) Nr. 45 (welches die Gesetzesgrundlagen konkretisiert) umfasst 69 Seiten, mehrere Anhänge und regelt doch nicht alles. Es enthält einige komplizierte Regelungen, die die Umsetzung der Berechnungsvorgaben für die SSL nicht vereinfachen. Das KS 45 wurde von der Eidgenössischen Steuerverwaltung (ESTV) in Zusammenarbeit mit der Schweizerische Steuerkonferenz (SSK) Gruppe QST erarbeitet. Es enthält wenig Konkretes zu internationalen Sachverhalten und die Beispiele sind sehr einfach gehalten. Zudem fehlen Elemente, wenn diese nicht gezwungenermassen aufgrund der Vorgabe des Gesetzgebers behandelt werden mussten, wie zum Beispiel der Lohnnachgenuss.

Auch unter der revidierten Gesetzgebung gibt es zwei Berechnungsmodelle: Das Monatsmodell, wonach die QST ohne Glättung über das ganze Jahr monatlich erhoben wird,

I. Grundlagen .......................................................................... 79A. Gesetzesgrundlagen Quellensteuern ....................................79B. Einheitliches Lohnmeldeverfahren (ELM) 5.0 .....................801. Spezialitäten für den Kanton Tessin ............................................ 802. Jahresmeldung Grenzgänger mit ELM 5.0 ............................... 80C. Pflichten der Steuerpflichtigen .................................................80D. Haftung und Pflichten des Arbeitgebenden .......................80E. Der SSL in Sondersituationen ....................................................81II. Anpassungen in der Steuerveranlagung zur Erreichung der Gleichbehandlung ..................................... 81A. Nachträgliche ordentliche Veranlagung (NOV) ................81B. Korrekturen der Quellensteuern ..............................................82III. Vereinheitlichung der Berechnung .............................. 83A. Quellensteuerpflichtige Elemente ..........................................83B. Zuständigkeit des Kantons für die Erhebung der Quellensteuern .............................................................................83C. Tarifcodes...........................................................................................84D. Fälligkeit .............................................................................................84E. Ausgewählte Berechnungsgrundsätze..................................84F. Fazit ......................................................................................................86

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80 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

◆ Grenzgängerabkommen zwischen der Schweiz und Italien für die Kantone TI, GR und VS: Bis zum Inkrafttreten des neuen Abkommens muss die jährliche Grenzgängermeldung nicht übermittelt werden. Die monatliche QST-Abrechnung ist ausreichend.

◆ Nach Inkrafttreten des neuen Grenzgängerabkommens zwischen der Schweiz und Italien: Der SSL muss zusätzlich zur monatlichen QST-Abrechnung mithilfe von ELM-TXB eine jährliche Meldung der geforderten Personendaten an die kantonale Steuerverwaltung übermitteln. Der Datenaustausch zwischen den Steuerbehörden der Schweiz und Italiens erfolgt jeweils bis zum 20. März des Folgejahres. Wann das neue Grenzgängerabkommen rechtskräftig wird, ist noch nicht bekannt. Die beiden Staaten müssen es zuerst noch ratifizieren. Es tritt dann auf das folgende Kalenderjahr in Kraft.

Werden neue Grenzgängerabkommen mit Grenzstaaten vereinbart, kann die Meldung auf weitere Grenzstaaten oder Kantone ausgeweitet werden.

C. Pflichten der SteuerpflichtigenArbeitnehmende sind als Steuerpflichtige nur indirekt an der QST beteiligt. Zum einen müssen sie grundsätzlich alle Informationen liefern, die es dem SSL ermöglichen, die QST korrekt abzurechnen. Zum anderen können sie bis zum 31. März des Folgejahres intervenieren, wenn sie mit der Steuerabrechnung nicht einverstanden sind. Je nach persönli-cher Situation erfolgt das mit einem Antrag auf nachträgliche ordentliche Veranlagung (NOV) oder auf Neuberechnung der QST.

D. Haftung und Pflichten des ArbeitgebendenDer Gesetzgeber hat die ursprüngliche Verschärfung der Verwaltungsratssolidarhaftung analog der Alters- und Hinterlassenenversicherung (AHV) im Gesetzgebungsprozess gestrichen. Damit verbleibt die Haftung auf dem bisherigen Niveau. Der SSL haftet im vollen Umfang für die Entrichtung der QST, selbst bei Fehlinformationen des Arbeitnehmenden oder von Dritten. Er ist verpflichtet, die für die korrekte Steuererhebung notwendigen persönlichen Verhältnisse der QST-pflichtigen Person zu ermitteln (QST-Pflicht ja/nein, Wohnsitz, Wochenaufenthalt, Zivilstand, Kinder mit Unterstützungspflicht, Konfession, weitere Tätigkeiten inkl. Ersatzleistungen im In- und Ausland, Erwerbstätigkeit des Partners und je nach Situation das Gebiet In- und Ausland, in dem die Tätigkeit physisch erbracht wird, usw.).

Werden QST vorsätzlich oder fahrlässig nicht abgeliefert, kann das den Tatbestand der Steuerhinterziehung erfül-len[2]. Der Arbeitgebende muss die abgezogene QST dem Arbeitnehmenden in jeder Lohnabrechnung und zusätzlich in Ziffer 12 des Lohnausweises offenlegen. Damit der Arbeitnehmende den QST-Abzug überprüfen kann, sollten Arbeitgebende zudem in Ziffer 15 des Lohnausweises den

[2] Vgl. Art. 175 des Bundesgesetzes über die direkte Bundessteuer (DBG; SR 642.11).

und das Jahresmodell, dem zurzeit die Kantone Fribourg, Genf, Tessin, Waadt und Wallis folgen.

B. Einheitliches Lohnmeldeverfahren (ELM) 5.0Für die Umsetzung in der Lohnsoftware hat Swissdec den ELM-Standard 5.0 erarbeitet. Dieser ist noch nicht definitiv und wird im März 2021 erwartet. Erst danach können die Lohnsoftwarehersteller die Zertifizierung ELM 5.0 erhalten.

Wer mit einer Lohnsoftware arbeitet, die die neuen QST-Berechnungen umsetzt, muss die Bestimmungen nach ELM 5.0 einbeziehen. Einige Punkte weichen zum KS 45 ab und sind nicht offensichtlich, wenn man nicht sorgfältig die Swissdec-Richtlinien zum Standard ELM 5.0 durchliest. Swissdec will in absehbarer Zeit Fragen und Antworten publizieren. Möglicherweise werden diese Abweichungen dort aufgeführt. Das KS 45 erwähnt einige, aber nicht alle Unterschiede, zum Beispiel fehlt die QST-Berechnung beim 13. Monatslohn im Monatsmodell.

Der ELM-Standard 5.0 gibt verschiedene Beispiele im Excel vor, die bei einer Zertifizierung der Software zum gleichen Ergebnis führen müssen. Dies geschieht unabhängig davon, ob ein Unternehmen die QST-Deklaration gegenüber den Behörden ebenfalls mit ELM übermittelt. Es kann noch immer unabhängig entscheiden, ob es auch mit ELM übermitteln will. Da einige Kantone tiefere Bezugsprovisionen rücker-statten, wenn die Deklaration in Papierform erfolgt, kann die elektronische Variante interessant sein.

1. Spezialitäten für den Kanton TessinIm Kanton Tessin besteht zusätzlicher Handlungsbedarf bezüglich ELM 5.0[1]. Bei der Nutzung von ELM-QST für die QST-Abrechnung mit dem Kanton Tessin ist Folgendes zu beachten: Der Kanton Tessin nutzt die Web-Applikation IFonte für die QST-Veranlagung. Bei einer Übermittlung via ELM-QST werden die übermittelten Daten in IFonte zwischengespeichert. Der SSL muss in IFonte jeweils einen Quartalsabschluss vornehmen. Deshalb muss jeder SSL, der mit dem Kanton Tessin abrechnet, ein Login für IFonte bean-tragen.

2. Jahresmeldung Grenzgänger mit ELM 5.0Mit dem Lohnstandard Schweiz Version 5.0 wird auch die Grenzgängermeldung eingeführt (ELM Tax-Crossborder ELM-TXB). Damit ist zusätzlich zu ELM-QST eine jährliche Meldung für Grenzgänger erforderlich. Die neue Meldung gilt bis auf Weiteres nur für Grenzgänger aus den Grenzstaaten bezie-hungsweise für die betroffenen Kantone.

◆ Sondervereinbarung von Frankreich mit den Kantonen VD, NE, JU, SO, BS, BL, BE, VS: Kein QST-Abzug in der Schweiz, aber Meldung der Bruttolohnsumme an die kantonalen Steuerverwaltungen, die die Meldung bis 30. April des Folgejahres an Frankreich weiterleitet.

[1] Vgl. Swissdec, Merkblatt Lohnstandard-CH QST Version 5.0 / Ausgabe 04.12.2020.

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81 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

QST-Pflichtige mit Schweizer Wohnsitz und einem Erwerbseinkommen von CHF 120’000 oder mehr müs-sen mit der NOV immer eine Steuererklärung einreichen. Diese Möglichkeit steht neu auch QST-Pflichtigen offen, die weniger als CHF 120’000 verdienen und in der Schweiz ansässig sind. Damit können sie Abzüge geltend machen, genau wie Schweizer (mit Wohnsitz in der Schweiz) oder Niedergelassene, die eine reguläre Steuererklärung einrei-chen. Wer einmal die NOV wählt, bleibt auch für die folgenden Jahre in diesem Verfahren.

Die NOV gilt zudem für Quasiansässige (Wohnsitz im Ausland und in der Regel werden mindestens 90 Prozent des steuer-baren Einkommens in der Schweiz versteuert). Die Ermittlung der Grenze von 90 Prozent erfolgt nach den Regeln des Schweizer Steuerrechts. Damit muss der Steuerpflichtige neben seinen Einkünften auch diejenigen des Ehepartners und einen allfälligen Eigenmietwert der selbstbewohnten Liegenschaft im Ausland mitberücksichtigen.

Eine NOV muss auch dann zugelassen werden, wenn die Situation des Steuerpflichtigen mit derjenigen einer in der Schweiz wohnhaften steuerpflichtigen Person vergleichbar ist oder um Abzüge gemäss einem Doppelbesteuerungsabkommen (DBA) geltend zu machen. Für diese Fälle muss jedoch jährlich ein Antrag gestellt werden. Eine obligatorische NOV muss bei übrigen, nicht QST-pflichtigen Einkünften für solche mit Wohnsitz Schweiz erfolgen. Zudem gibt es Kantone, die weitere Ausnahmen definieren, etwa bei Grundstückbesitz.

Während im KS 45 kein Mindesteinkommen oder Vermögen definiert wird, haben einige Kantone in ihren Wegleitungen solche veröffentlicht. Der Kanton Bern sieht zum Beispiel zusätzliche Einkünfte von mindestens CHF 3’000 oder ein steuerbares Vermögen per Ende der Steuerperiode von mind. CHF 150’000 vor.

Auch für die NOV von Amtes wegen findet man Hinweise in einigen kantonalen Wegleitungen. Im Kanton Bern ist sie erforderlich, wenn jemand mit Wohnsitz in der Schweiz innerhalb einer Steuerperiode zunächst ordentlich besteuert wird und dann der QST unterliegt. Die folgende Tabelle zeigt eine Übersicht über die NOV:

oder die angewendeten Tarifcodes und die entsprechenden Perioden aufführen (freiwillig).

Der SSL muss einen QST-pflichtigen Arbeitnehmenden inner-halb von acht Tagen bei den QST-Behörden anmelden. Das gilt auch für Mutationen. Bei einer Deklaration mit ELM erfol-gen diese Meldungen zusammen mit der Monatsabrechnung. Hält der SSL die Fristen nicht ein, verliert er je nach kantonaler Regelung den Anspruch auf die Bezugsprovision. Diese wurde übrigens von 1-3% auf 1-2% reduziert.

Bei verzögerter Bezahlung von verrechneten QST kann die Steuerbehörde wie bisher zusätzlich Verzugszinsen erheben. Kommt ein SSL den Verfahrenspflichten trotz Mahnung nicht nach, kann ihn die Steuerbehörde büssen und die geschulde-ten QST nach Ermessen erheben.

E. Der SSL in SondersituationenDas KS 45 präzisiert zudem Sondersituationen von SSL: Beim Personalverleih hält es fest, dass der Verleiher als SSL anzu-sehen ist. Beim Kettenverleih ist es der letzte Verleiher, also derjenige, der den Arbeitnehmenden an den Einsatzbetrieb ausleiht. Beim Personalverleih aus dem Ausland – der gesetz-lich unzulässig ist – ist der Entleiher der SSL und zum Abführen der QST verpflichtet.

Das KS 45 definiert im Weiteren den faktischen Arbeitgebenden und übernimmt die früheren Kriterien des Kantons Zürich. Massgebend ist demnach nicht die Summe der effektiven Arbeitstage in der Schweiz, son-dern die vereinbarte Entsendedauer. Sind die Kriterien für eine faktische Arbeitgeberschaft erfüllt und übersteigt die Entsendedauer drei Monate innerhalb von zwölf Monaten, ist der Arbeitnehmende auch dann QST-pflichtig, wenn er nur sporadisch in der Schweiz gearbeitet hat.

Die nachfolgenden Erläuterungen basieren auf den öffentlich zugänglichen Informationen von Mitte Januar 2021 inkl. ELM-Standard 5.0 von Swissdec.

II. Anpassungen in der Steuerveranlagung zur Erreichung der GleichbehandlungA. Nachträgliche ordentliche Veranlagung (NOV)Die SSL müssen die QST für die gleichen Fälle wie bisher berechnen und an die Steuerbehörden abliefern. Dazu gehö-ren einerseits Mitarbeitende mit Wohnsitz in der Schweiz ohne Niederlassungsbewilligung und mit Einkommen aus unselbstständiger Tätigkeit (ausser sie sind mit einem/r Schweizer/in oder Niedergelassenen [mit C-Bewilligung]verheiratet). Andererseits zählen verschiedene Gruppen mit Wohnsitz im Ausland und einer Tätigkeit in der Schweiz (aufgrund der wirtschaftlichen Zugehörigkeit) dazu: Grenzgänger (ohne Sonderabkommen), internationale Wochenaufenthalter, Verwaltungsräte, Künstler, Sportler, Referenten und weitere Sondergruppen sowie Sonderfälle (Mitarbeiterbeteiligungsexport, Vorsorgeleistungen).

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82 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

Das KS 45 führt die Gründe für eine Neuberechnung abschlie-ssend auf:

◆ Falsche Ermittlung des der QST unterliegenden Bruttolohns. ◆ Falsche Ermittlung des satzbestimmenden Einkommens. ◆ Falsche Tarifanwendung.

Die Kantone bestimmen jedoch selbst, ob dieses Verfahren möglich ist. Die Arbeitgebenden müssen allfällige Korrekturen ihrerseits bis zum 31. März des Folgejahres erledigt haben.

Tabelle 2: Korrekturmöglichkeiten von Arbeitgebenden und Arbeitnehmenden

Tabelle 1: Möglichkeiten des NOV im Anhang II von KS 45

1-045-D-2019-d Beilage II

Eidgenössisches Finanzdepartement EFD

Eidgenössische Steuerverwaltung ESTV Hauptabteilung Direkte Bundessteuer, Verrechnungssteuer, Stempelabgaben

Anhang II – Übersicht über die nachträgliche ordentliche Veranlagung (NOV) Bezeichnung Gesetzliche

Grundlagen Voraussetzungen Antrag Folgen Zuständigkeit

Personen mit Ansässigkeit Schweiz

Obligatorische NOV

Art. 89 Abs. 1 Bst. a DBG

Bruttoeinkommen aus unselbstständiger Erwerbstätigkeit von mind. CHF 120'000 (keine Zusammenrechnung bei Ehegatten)

Ohne Antrag NOV bis zum Ende der Quellensteuerpflicht (für Ehegatten auch nach Trennung oder Scheidung)

Gemeinsame NOV bei Ehegatten

Quellensteuern werden zinslos angerechnet

Antrag erstreckt sich auch auf Ehegatten

Kanton, in welchem die Person am Ende der Steuerperiode oder Steuerpflicht ansässig ist (Stichtagsprinzip)

Art. 89 Abs. 1 Bst. b DBG

Übrige, nicht quellensteuerpflichtige Einkünfte (bzw. steuerpflichtiges Vermögen gemäss kantonalem Recht)

Steuererklärung verlangen bis 31.3. des Folgejahres

NOV auf Antrag Art. 89a DBG keine Bis 31.3. des Folgejahres oder bei Abmeldung aus der Schweiz

Personen mit Ansässigkeit Ausland

NOV auf Antrag Art. 99a DBG 90% der Einkünfte in der Schweiz steuerbar (Quasi-Ansässigkeit)

Jährliche Ermittlung notwendig

Antrag bis 31.3. des Folgejahres (muss jährlich eingereicht werden)

Quellensteuern werden zinslos angerechnet Kanton, in welchem die

Person am Ende der Steuerperiode oder Steuerpflicht erwerbstätig ist bzw. Wochenaufenthalt hat NOV von

Amtes wegen Art. 99b DBG Stossende Verhältnisse Ohne Antrag (von Amtes

wegen) Quellensteuern werden zinslos angerechnet

Damit Steuerpflichtige entscheiden können, ob sich die Einreichung einer Steuererklärung für weitere Abzüge lohnt (NOV auf Antrag), müssen die Behörden im QST-Tarif einge-schlossene Pauschalabzüge publizieren. Das hat die ESTV im Rundschreiben vom 13. November 2020 getan (2-187-D-2020-d). Sollten Kantone bislang davon abgesehen haben, müssen sie das nun nachholen.

B. Korrekturen der QuellensteuernNichtquasiansässige können nach den neuen Bestimmungen nur noch eine Neuberechnung der QST verlangen; die bis-herige Tarifkorrektur entfällt. Auch andere QST-Pflichtige (ausser mit Ansässigkeit in der Schweiz und Einkommen ab CHF 120’000) können eine solche Neuberechnung verlangen, wenn sie Fehler bei der QST-Abrechnung korrigieren, aber keine zusätzlichen Abzüge geltend machen wollen und auch nicht über zusätzliche Einkommen verfügen.

AN Ansässigkeit CH AN Ansässigkeit Ausland

≥ 120k < 120k Quasi-ansässig Nichtquasi-ansässig

Korrektur in der Lohnbuchhaltung bis 31. März

Tariffehler

Korrektur in der Lohnbuchhaltung bis 31. MärzAusscheidung Arbeitstage

Lohnfehler

Arbeitnehmender Tariffehler (QST-pflichtiger Lohn resp. satzbestimmen-des Einkommen) oder falscher Tarifcode NOV

Neuberechnung bis 31. März oder NOV: Antrag bis 31. März zustellen

Neuberechnung bis 31. März oder NOV: Antrag bis 31. März zustellen

Neuberechnung bis 31. März

Ausscheidung Arbeitstage

Neuberechnung bis 31. März

Neuberechnung bis 31. März

Neuberechnung bis 31. März

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83 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

Explizit nicht mehr QST-pflichtig sind bei einem Schweizer Wohnsitz Abgangsentschädigungen mit Vorsorgecharakter. Diese werden ausserhalb der QST abgewickelt.

Eine echte Erleichterung ist für Arbeitgebende, dass folgende, durch den Arbeitgebenden übernommene Leistungen nicht mehr der QST unterliegen, sofern sie für alle Arbeitnehmenden oder in Reglementen definierte Gruppen von Arbeitnehmenden einer Unternehmung gleichermassen übernommen werden:

◆ Reglementarische Leistungen des Arbeitgebenden an rein patronal finanzierte Vorsorgeeinrichtungen.

◆ Nichtberufsunfallbeiträge des Arbeitgebenden an die obli-gatorische Unfallversicherung.

◆ Beiträge für vom Arbeitgebenden abgeschlossene Kollektivkrankentaggeld- und Kollektiv-UVG-Zusatzver-sicherungen.

Das KS 45 erwähnt weitere von den QST ausgenommene Elemente wie Hypotax und die besonderen Berufskosten für Expatriates nach der Expatriateverordnung (ExpaV).

Ausländische Arbeitstage bei Nichtansässigen können ebenfalls von der QST-Basis ausgenommen werden – ausser beim echten deutschen Grenzgänger. Die Satzbestimmung bleibt jedoch auf dem Gesamtlohn. Dieser Umstand wird bei erhöhter Home-Office-Tätigkeit nach COVID-19 in Zukunft an Bedeutung gewinnen. Bisher haben die SSL solche Tage oft nicht erfasst und vollständig durchbesteuert.

Das KS 45 übernimmt das Vorgehen des Kantons Zürich: Der SSL ermittelt die in der Schweiz steuerbaren Arbeitstage, indem er von 20 Tagen pro Monat die effektiven ausländischen Arbeitstage abzieht. Danach weist er alle Nicht-Arbeitstage wie Ferien, Feiertage usw. automatisch als steuerbare Arbeitstage der Schweiz zu. Dieses Vorgehen stellt für den Arbeitgebenden eine willkommene Vereinfachung dar. In Fällen, in denen der Mitarbeitende nur verhältnismässig wenige Tage in der Schweiz arbeitet, erfolgt jedoch eine unverhältnismässig hohe Besteuerung in der Schweiz.

B. Zuständigkeit des Kantons für die Erhebung der QuellensteuernNebst der generellen Bestimmung, dass jeder Mitarbeitende nur noch im zuständigen Kanton abgerechnet werden darf, gibt es in diesem Bereich Präzisierungen, aber keine substan-ziellen Neuerungen.

Da Abzugsmöglichkeiten für Nichtquasiansässige fehlen, hat der Gesetzgeber die Gewinnungskosten für die Spezialgruppe der Künstler, Sportler und Referenten mit Wohnsitz im Ausland und weniger als 30 Tage beschäftigt (Besteuerung nach Art. 92 DBG) wie folgt angesetzt:

◆ 50% (bisher 20%) der Bruttoeinkünfte bei Künstlerinnen und Künstlern.

◆ 20% der Bruttoeinkünfte bei Sportlerinnen und Sportlern sowie Referentinnen und Referenten.

III. Vereinheitlichung der BerechnungMit der Revision der QST wurde zusätzlich vorgesehen, dass die Arbeitgebenden zwingend mit jedem zuständigen Kanton abrechnen müssen.

Da sich kantonale Bestimmungen bei der Tarifcodefestlegung und Berechnung der QST teilweise markant unterschieden haben, wäre es für die Unternehmen nicht zumutbar gewesen, die Vorgabe ab 1. Januar 2021 im gleichen Ausmass umzuset-zen. Deshalb wurde eine Vereinheitlichung im Gesetz vorge-geben: “Die ESTV muss zusammen mit den Kantonen einheitlich definieren, wie der 13. Monatslohn, Gratifikationen, unregelmässige Beschäftigung, Stundenlöhne, Teilzeit- oder Nebenerwerb sowie Leistungen nach Art. 18 Abs. 3 AHVG beim Quellensteuerabzug berechnet werden und wie die satzbestimmenden Elemente zu berücksichtigen sind. Zudem muss sie gemeinsam mit den Kantonen regeln, wie bei Tarifwechsel, rückwirkenden Gehaltsanpassungen und -korrekturen sowie Leistungen vor Beginn und nach Beendigung der Anstellung zu verfahren ist”[3].

Das KS 45 definiert Details zu weiteren Punkten, etwa Begriffsdefinitionen. Innerhalb des Monats- und Jahresmodells wurde die Berechnung weitgehend vereinheitlicht. Allerdings existieren weiterhin erhebliche kantonale Unterschiede, insbesondere bei den Verfahren. Im Folgenden gehen wir auf ausgewählte Schwerpunkte zur Ermittlung der QST ein.

A. Quellensteuerpflichtige ElementeAlles, was sich auf die Entlohnung der Anstellung bezieht – sei es vorher oder nachher bezahlt worden –, gehört zum QST-pflichtigen Lohn. Das ist im Grundsatz alles, was auf dem Lohnausweis zwischen Ziffer 1 und 7 aufgeführt werden muss. Das ist gerade für Unternehmen mit internationalem Mitarbeiteraustausch wichtig.

Das KS 45 verweist wiederholt auf die Wegleitung zum Lohnausweis, zum Beispiel auf die Ausnahmeliste in Randziffer 72, auf Randziffern 19 bis 26 für Gehaltsnebenleistungen oder auf Randziffer 18 zur Verpflegungsentschädigung. Insbesondere im Verpflegungsbereich ist es dem Gesetzgeber nicht gelungen, Unklarheiten und unterschiedliche kantonale Umsetzungen zu klären.

[3] Art. 85 Abs. 4 DBG und Art. 33 Abs. 6 StHG.

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84 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

D. FälligkeitDie Fälligkeit entspricht dem Zeitpunkt, in dem ein unwider-ruflicher Rechtsanspruch entsteht. Es ist immer der zustän-dige Kanton oder Tarifcode anzuwenden, der im Zeitpunkt der Fälligkeit massgebend ist. Ein Arbeitnehmender hat bei-spielsweise per Ende Monat Anspruch auf eine Schichtzulage oder bei Austritt auf eine Ferienentschädigung für nicht bezogene Ferienstunden. Während in einem bestehenden Arbeitsverhältnis aufgrund der Praktikabilität periodisch ver-zögerte Auszahlungen wie die Schichtzulage im Folgemonat voraussichtlich weiterhin akzeptiert werden, müssen die Arbeitgebenden beim Ein- oder Austritt vermehrt auf die Fälligkeit achten. Im Katalog “Fragen zum Lohnausweis” wird diese Frage behandelt und mit Beispielen versehen[4].

Ein neuer Begriff ist die Kapitalabfindung für wiederkehrende Leistungen. Diese wird als Einmalzahlung geleistet und ihr Anspruch ist im Nachhinein entstanden. Eine Nachzahlung von Familienzulagen aufgrund eines Bescheids ist im Monat der Festlegung und damit der Auszahlung zu berücksichtigen.

E. Ausgewählte BerechnungsgrundsätzeDer zuständige Kanton bestimmt, ob der Arbeitgebende mit dem Monats- oder Jahresmodell rechnen muss. Beim Monatsmodell wird weiterhin ein Monatstarif angewendet, im Jahresmodell ein Jahrestarif. Die Vorgehensweise inner-halb der Modelle wurde harmonisiert. Diese werden in den Kapiteln 6 und 7 des KS 45 umschrieben.

In beiden Modellen gilt es, zwischen periodischen und ape-riodischen Lohnelementen zu unterscheiden. Periodische Elemente werden in der entsprechenden Situation auf die ganze Periode hochgerechnet. Aperiodische Elemente hingegen müssen am Schluss dazugezählt werden. Die Hochrechnung wird häufiger benötigt als unter den bisheri-gen Bestimmungen.

◆ Für untermonatige respektive unterjährige Ein- oder Austritte wurde die Hochrechnung je nach Modell schon immer benötigt. Jetzt sind die Hochrechnungsregeln jedoch vereinheitlicht.

◆ Hochrechnung bei mehreren Tätigkeiten oder Ersatzleistungen bei monatlichen Zahlungen: Hier gibt es verschiedenste Möglichkeiten, die Hochrechnung vorzunehmen. Diese beschreibt das KS 45 sowohl beim Monats- als auch beim Jahresmodell. Der SSL muss entscheiden, wie er vorgehen will – ein schwie-riges Unterfangen. Denn für den SSL entsteht ein erhöhter Informationsbedarf. Zudem führt es bei der Teilzeithochrechnung dazu, dass beispielsweise die regel-mässig bezahlte Familienzulage oder der Privatanteil des Geschäftsautos hochgerechnet werden muss, obwohl diese Beträge nicht Pensum-abhängig sind. Denn die Behörden haben diese periodischen Elemente im KS 45 nicht explizit von der Hochrechnung ausgenommen.

[4] FAQ zum Lohnausweis, Ziffer Allg. 5.

Tabelle 3: Zuständigkeit des Kantons für die Erhebung der Quellensteuern

Bei einem Kantonswechsel ist der neue Kanton ab dem Folgemonat zuständig. Nicht berücksichtigt werden Perioden, die dem anderen Kanton gehören. Das KS 45 beschreibt, wie die Abgrenzung beim Kantonswechsel vorzunehmen ist.

C. TarifcodesDas KS 45 erläutert einiges zum anwendbaren Tarifcode. Dieser setzt sich weiterhin aus dem Buchstaben, der Anzahl zu berücksichtigender Kinder und mit oder ohne Kirchensteuern zusammen – beispielsweise A0Y für ledig oder getrennt, ohne Kinder im gemeinsamen Haushalt mit Unterstützungspflicht und mit Kirchensteuern. In diesem Thema werden einige Unklarheiten der bisherigen kantonalen Unterschiede beseitigt und präzisiert. Tarifcodewechsel werden ebenfalls auf den Folgemonat wirksam. Der Tarifcode D kann nicht mehr als Nebenerwerbstätigkeitstarif angewendet werden, was in eini-gen Unternehmen zu einem erheblichen Mehraufwand führt.

Das KS 45 erwähnt nur die für alle Kantone geltenden Tarifcodes (Ausnahme: Tarifcode F). Der Kanton Tessin führt die zusätzlichen Tarifcodes auf. Während die Tarife A, B, C und H für QST-Pflichtige mit Wohnsitz in der Schweiz oder nur wöchentlicher Heimkehr bei Wohnsitz im Ausland je nach persönlichen Verhältnissen gelten, kommen für Grenzgänger mit täglicher Rückkehr nach Italien die Tarifcodes R, S, T und U resp. F zur Anwendung.

Personenkreis Zuständiger Kanton für QST

Vereinfachtes Abrechnungsverfahren

Zuständige Ausgleichskasse

Ausländische Arbeitnehmende ohne fremdenpolizeiliche Niederlassungsbewilligung für Erwerbseinkommen (steuerrechtlicher Wohnsitz oder Aufenthalt in der Schweiz)

Wohnkanton

Wochenaufenthalter (ohne steuerrechtlichen Wohnsitz oder Aufenthalt in der Schweiz)

Wochenaufenthaltskanton

◆ Grenzgänger. ◆ Arbeitnehmende im

internationalen Verkehr an Bord eines Schiffes (ohne Seeleute für die Arbeit an Bord eines Hochseeschiffes) oder eines Luftfahrzeuges oder bei einem Transport auf der Strasse von einem Arbeitgebenden mit Sitz oder Betriebsstätte in der Schweiz.

◆ Verwaltungsrat mit Wohnsitz im Ausland (Art. 93 DBG). Empfänger von Mitarbeiterbeteiligungen nach Art. 97a DBG.

Unternehmenssitz resp. Betriebsstättenkanton

Künstler, Sportler und Referenten (selbstständige und unselbstständige Tätigkeit)

Ort der Ausübung der Tätigkeit

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85 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

Die korrekte Umsetzung der Bestimmungen im Berechnungsteil ist ein Kernstück der QST-Revision. Die SSL sollten ihre Anwender der Lohnbuchhaltung gut schulen. Aufgrund der hohen Komplexität beherrschen leider auch die Mitarbeitenden der QST-Behörden noch nicht alle Neuerungen im Detail. Deshalb sollten Auskünfte immer schriftlich verlangt werden. Wir gehen davon aus, dass gewis-se Bestimmungen im KS 45 in zwei bis drei Jahren nochmals überdacht werden.

Tabelle 4: Zufluss des Einkommens: Wann ist Lohneinkommen definitiv erzielt?

◆ Beim 13. Monatslohn im Monatsmodell hat sich die vorgesehene Hochrechnung bei angebrochenen Verdienstperioden entschärft. Diese muss nur ange-wendet werden, wenn der SSL kein Lohnprogramm mit angepassten QST-Berechnungen einsetzt. Ansonsten gilt der 13. Monatslohn als normales periodisches Element.

Bei unregelmässigen Tätigkeiten (nicht monatliche Zahlung) wurden die Hochrechnungsregeln ebenfalls vereinheitlicht. Weitere Präzisierungen finden sich bei den Berechnungen für Zahlungen mit Fälligkeit nach dem Austritt oder vor dem Eintritt.

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86 febbraio 2021

Diritto tributario svizzero

F. FazitDie Quellensteuer ist ein hochkomplexes Thema. Es wur-de und wird bei den SSL oft unterschätzt – insbesondere bei den Arbeitgebenden. Die korrekte Umsetzung in der Lohnbuchhaltung setzt eine Professionalisierung sowohl bei der Einführung und Umstellung einer Software als auch in der Anwendung voraus. Weil die gesetzlichen Grundlagen innerhalb eines engen Korsetts revidiert wurden, ist eine umfassende Vereinfachung nicht gelungen. Im Gegenteil, es wurde sogar komplexer. Dies wird mir im täglichen Austausch mit Unternehmen und Experten immer wieder bestätigt. Würden detaillierte Kontrollen durchgeführt, könnten Fehler entdeckt werden und Arbeitgebende würden es automatisch als höheres Risiko einstufen. Damit erhielte die Thematik mehr Aufmerksamkeit, als das aktuell der Fall ist. Wir sind weit weg von einem Lohnlauf auf Knopfdruck. Denn die Flexibilisierung und Internationalisierung der Arbeitsverhältnisse lässt sich nicht aufhalten. Und da spielen neben Sozialversicherungsthemen auch die Quellensteuern eine immer wichtigere Rolle. Das KS 45 sagt gerade zu diesen Themen im internationalen Umfeld wenig aus.

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87 febbraio 2021

Diritto tributario italiano

Emilio de SantisDottore-Commercialista e Revisore contabile,Studio de Santis Bologna

La partecipazione a competizioni sportive (e manifestazioni artistiche) che si svolgono in Italia producono sempre un reddito imponibile per i partecipanti, anche se non residenti

La tassazione degli sportivi (e artisti), residenti o non, in Italia

Il criterio della rilevanza del luogo in cui si svolge l’evento al quale lo sportivo partecipa, qualsiasi sia la disciplina sportiva praticata (con l’esclusione dei calciatori in quanto lavoratori dipendenti), è un principio convenzionale regolamentato dall’art. 17 CDI (fra l’Italia ed il Paese di residenza dello sportivo) e corrispondente all’art. 17 M-OCSE. In relazione ai compensi percepiti dagli sportivi per le loro prestazioni nullaosta che questi siano eventualmente corrisposti forfetta-riamente, trattandosi di un compenso generale che comprende tutte le manifestazioni sportive, ovunque disputate. In siffatte circostanze, l’imponibile da assoggettare a tassazione (alla fonte) in ogni Paese, quindi anche in Italia, sarà proporzionale al numero delle gare che si svolgono nel Paese ospitante. In pratica, si tratta di dividere il compenso generale pattuito tra il committente e lo sportivo per il numero delle prestazioni contrattualmente previste. Il risultato così ottenuto viene poi moltiplicato per il numero delle gare che si effettua in ogni Paese, giungendo così alla determinazione dell’imponibile dovuto in ciascuno di essi e sul quale deve essere applicata la tassazione locale (generalmente mediante withholding tax) o la ritenuta di imposta ex art. 25, comma 2, D.P.R. n. 600/1973 (per il caso dell’Italia) da parte del committente, o, in mancanza, lo sportivo è tenuto ad assolvere l’obbligo dichiarativo e la liquidazione delle relative imposte.

italiano rispetto a quelli non residenti, assoggettando i primi a tassazione sui redditi ovunque prodotti mentre, per gli altri, solo su quelli prodotti nel territorio dello Stato, come poi determinati al successivo art. 23 TUIR. Esso, per quanto qui di interesse, contempla alla lett. c) “i redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, compresi i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’ar-ticolo 50”; e, alla lett. d) “i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato”.

Al fine di valutare l’effettiva possibilità di applicare e prelevare imposte in Italia per tali categorie di reddito dovrà poi essere verificata l’esistenza dell’eventuale convenzione per evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio (CDI) tra l’Italia (Stato della fonte) e lo Stato ove risiede il soggetto che ha prodotto il relativo reddito (Stato di residenza).

In relazione al reddito da lavoro dipendente occorrerà prendere in considerazione le disposizioni contenute nor-malmente nell’art. 15 del Modello OCSE di Convenzione fiscale (M-OCSE) che fissa l’imponibilità delle prestazioni del lavoratore dipendente solo nello Stato di residenza del lavora-tore salvo che (art. 15 par. 1) la prestazione non sia eseguita nell’altro Stato contraente, nel qual caso essa è imponibile in tale ultimo Stato se, alternativamente: “(1) il lavoratore abbia accumulato una presenza nello Stato della fonte per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di un periodo temporale di 12 mesi che inizi o termini nel periodo d’imposta; (2) le remunerazioni siano corrisposte da o per conto di un soggetto residente nello Stato della fonte; (3) le remunerazioni siano sostenute da una stabile organizza-zione che il datore di lavoro ha nello Stato della fonte”.

Invece, per il caso del reddito da lavoro autonomo esso è imponibile solo nello Stato di residenza salvo che (art. 7 M-OCSE) il lavoratore non disponga di una sede fissa o stabile organizzazione nell’altro Paese e in quest’ultimo caso – se ricorre una delle tre condizioni citate prima per il reddito da lavoro dipendente – ambedue gli Stati avranno potestà impo-sitiva concorrente che potrà essere mitigata dall’applicazione della CDI ove esistente.

I. Premessa .............................................................................. 87II. La tassazione degli artisti e sportivi. Breve inquadramento .......................................................... 88III. Sportivi (e artisti) con residenza in Italia .................... 88IV. Artisti e sportivi senza residenza in Italia ................... 89V. Elementi di criticità .......................................................... 90VI. Conclusioni ....................................................................... 90

I. PremessaL’art. 3 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) opera la distinzione tra i soggetti residenti nel territorio dello stato

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88 febbraio 2021

Diritto tributario italiano

Più in particolare, lo sportivo residente in Italia, al ricorrere delle condizioni poste dall’art. 165 TUIR, ha diritto ad un credito per le imposte ivi pagate a titolo definitivo, fino a con-correnza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo, al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione. Il pagamento a titolo definitivo deve essere inteso come un pagamento irripetibile e che non può più essere suscettibile di modificazione in favore del contribuente.

Sul punto preme sottolineare che tale meccanismo appa-rentemente semplice nell’enunciato può trovare difficoltà pratiche nella sua attuazione con riguardo:

◆ all’ottenimento della certificazione, che deve essere rila-sciata dall’autorità fiscale del Paese estero in cui avviene la prestazione al fine di dimostrare l’avvenuto pagamento a titolo definitivo, in quanto il documento deve pun-tualmente corrispondere ai dettami della legge italiana, comunque tradotto in italiano e sottoscritto dal contri-buente;

◆ all’importo del credito spettante il cui ammontare non può superare la corrispondente quota di imposta italiana riferita al reddito estero;

◆ al momento temporale del recupero (detrazione), che, come detto, deve avvenire nella dichiarazione relativa al periodo di imposta cui appartiene il reddito di fonte estera cui si riferisce l’imposta, a condizione che il pagamento dell’imposta estera sia effettuato a titolo definitivo entro la presentazione della dichiarazione o entro la presentazione della dichiarazione relativa al periodo successivo dovendo il contribuente indicare, in tale ultima circostanza, l’esercizio di tale facoltà nell’apposito prospetto della dichiarazione.

Sul punto la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 7/E del 4 aprile 2017, ha confermato la generalizzazione dell’ambito applicativo dei commi 5 e 6 dell’art. 165 TUIR, come modifi-cati dall’art. 15 del Decreto Legislativo (D.Lgs.) n. 147/2015[4]. In ragione di tanto, anche i lavoratori autonomi ed i lavoratori dipendenti – oltre alle imprese, per le quali la particolare disposizione era già operante – possono usufruire del credito d’imposta nel periodo in cui il reddito estero concorre alla formazione del reddito complessivo[5]. Talune volte potrebbe verificarsi il caso in cui le condizioni della definitività del pagamento dell’imposta avvenga successivamente al periodo di imposta interessato e in tal caso potrà essere effettuata la detrazione anche nei periodi successivi consentendone il pieno recupero sempre che per tali periodi l’imposta dovuta sia capiente[6].

[4] L’attuale assetto normativo fu originariamente interessato da alcune sostanziali modifiche apportate dal D.Lgs. n. 344/2003 all’art. 15 del “vecchio” TUIR. Fra i primi autorevoli commentatori di tale dispositivo si ricordano Gio-vanni Fort/Siegfried Mayr, Il credito d’imposta si riveste di nuovo, nel Dossier n. 11 della Guida Normativa de Il Sole 24 ore, dicembre 2003.[5] E questo “anche qualora, in tale periodo, non si sia ancora verificato il pagamento a titolo definitivo delle imposte estere, purché tale pagamento avvenga entro il termi-ne di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo” (Agenzia delle Entrate, Circolare n. 7/E, del 4 aprile 2017).[6] Emblematico il caso di un noto attore residente in Italia che ha visto rico-

II. La tassazione degli artisti e sportivi. Breve inquadra-mentoOccorre notare che in relazione a tali categorie le attività esercitate per loro natura (i) sono esercitate per brevi periodi in più Stati; (ii) prevedono generalmente remunerazioni piut-tosto elevate; (iii) potrebbero essere sottoposte, nello Stato di residenza, a tassazione ridotta in maniera significativa. Da ciò possono derivare distorsioni relativamente alla potestà impositiva e all’effettivo prelievo di imposte sui redditi da tali attività, nella considerazione che la tassazione nello Stato di effettiva e naturale residenza verrebbe elusa (ad es. spostando la residenza in Stati più benevoli), così come potrebbe sfuggire nello Stato in cui l’attività viene prestata.

Per quanto concerne l’Italia sicuramente tali redditi non sfuggono o non dovrebbero sfuggire alle previsioni dell’art. 23, comma 1, lett. c) e d), TUIR essendo sufficiente per la normativa domestica che l’attività “artistica o sportiva” sia esercitata in Italia al fine di considerare il reddito di fonte italiana e pertanto imponibile. In ogni caso, per porre rimedio alle potenziali criticità prima richiamate è stata introdotta una specifica normativa portata dall’art. 17 M-OCSE[1] che, derogando alle previsioni generali sopra ricordate relative ai redditi da lavoro autonomo e dipendente, stabilisce che: “(1) nonostante le disposizioni dell’art. 15, i redditi che un residente di uno Stato contraente, in qualità di professionista dello spettacolo quale artista di teatro, del cinema, della radio o della televisione, o musicista o sportivo, ritrae dalle sue attività personali esercitate nell’altro Stato contraente sono imponibili in detto altro Stato; (2) Qualora i redditi relativi a prestazioni personali effettuate da un artista o sportivo siano corrisposti non all’artista o sportivo diret-tamente, ma ad altra persona, detta remunerazione è, nonostante le disposizioni dell’art. 15, imponibile nello Stato contraente nel quale le prestazioni dell’artista o dello sportivo sono esercitate”[2][3].

III. Sportivi (e artisti) con residenza in ItaliaI redditi prodotti da sportivi e artisti residenti in Italia, data la residenza nel nostro Paese, sono assoggettati ad imposta in Italia ovunque abbiano prodotto il loro reddito; qualora tali redditi siano assoggettati ad imposizione anche nello Stato della fonte dovrebbe essere valutata la spettanza dell’e-ventuale credito per le imposte pagate all’estero, così come previsto dall’art. 165 TUIR oltre che da CDI stipulati dall’Italia.

[1] Sulle particolari difficoltà che hanno accompagnato la stesura dell’art. 17 M-OCSE si veda Paolo Giovanni De’ Capitani Di Vimercate, Le star com-panies, in: Diritto e Pratica Tributaria Internazionale, vol. XII, n. 4, ottobre/dicembre 2015.[2] Tali principi sono stati applicati – senza incertezze – ad es. nel recente con-tenzioso che riguarda un noto cantante italiano, in cui la Corte di Cassazione (cfr. sentenze n. 21694, 21695 e 21696 del 2020), nel confermare il disconosci-mento della residenza estera nel Regno Unito dell’artista operato dall’Agenzia delle Entrate, fra i tanti temi trattati, ha sancito che “[n]essun rilievo, inoltre, ha la circostanza che il reddito derivante dalle attività svolte dall'artista sia imputato ad un altro soggetto; tale evenienza, infatti, è espressamente regolata, e in termini analoghi, dall'art. 17, paragrafo 2, della convenzione stessa, che ne stabilisce parimenti l'imponi-bilità”.[3] Sulla “natura derogatoria” dell’art. 17 M-OCSE si veda Guglielmo Franso-ni, La tassazione degli sportivi e degli artisti nelle convenzioni internazionali, in: Rivista di Diritto Tributario, 2016, p. 2.

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89 febbraio 2021

Diritto tributario italiano

Bisogna, infatti, risalire al 2006 quando, nella Risoluzione n. 79/E in risposta a un interpello presentato da una squadra di ciclisti professionisti che chiedeva come dovessero essere trattati i compensi corrisposti ai suoi atleti residenti al di fuori dello Stato[9], l’Agenzia delle Entrate elaborò un principio del tutto simmetrico a quello esposto in questo studio.

D’altronde questo criterio fu quello precedentemente assunto nella definizione di importanti contenziosi tra sportivi non residenti ed Erario italiano[10]. Solo a titolo esemplificativo la Repubblica di San Marino ebbe a emanare l’accurata Circolare n. 5 del 2 aprile 2014 della Segreteria di Stato Finanza e Bilancio per regolamentare il pagamento delle imposte da parte degli sportivi per le competizioni sul suo territorio, così come hanno anche fatto ad es. le autorità fiscali dei Grigioni e del Ticino pubblicando delle circolari sul tema[11].

Per quanto riguarda le modalità di espletamento dell’obbliga-zione tributaria, gli sportivi non residenti, qualora remunerati da un soggetto residente e/o dalla stabile organizzazione in Italia di società con sede all’estero, dovranno subire la rite-nuta di imposta (ex art. 25, comma 2, D.P.R. n. 600/1973) da calcolarsi nella misura del 30% quanto meno sulla parte del compenso calcolato pro-quota secondo i criteri indicati in pre-messa, non essendo operanti, tra l’altro, accordi di withholding tra Federazioni sportive e l’Erario italiano, vigenti all’interno di altri ordinamenti[12]. Naturalmente, nel frequente scenario in cui lo sportivo sia ingaggiato da committente sprovvisto dalla qualità di sostituto di imposta, perché privo della sede legale in Italia e/o di una stabile organizzazione, egli dovrà adem-piere all’obbligazione tributaria rilevante per l’Italia mediante la presentazione del Modello Unico, dando luogo quindi alla liquidazione delle imposte dovute[13].

[9] Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 79/E, secondo la quale “in presenza di un contratto che regolamenti unitariamente il rapporto di lavoro tra una società residente e uno sportivo non residente sia possibile ripartire il compenso contrattuale in relazio-ne al rapporto tra le giornate di gara (tappe ciclistiche) svolte in Italia e quelle svolte all’estero”. Tale Risoluzione seguiva la precedente n. 73/2001, la quale però si era limitata a stabilire l’applicabilità della ritenuta ex art. 24, comma 1-ter, del Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) n. 600/1973 (e non più ex art. 25 secondo comma del medesimo decreto) ai compensi pagati agli sportivi (ancora ciclisti non residenti) da una società residente organizzatrice l’even-to, senza però prendere a riferimento gare disputate all’estero. Peraltro già nel 1997 con la Risoluzione n. 110 dell’8 maggio del Ministero delle Finanze aveva chiarito che, per il caso dell’Istituzione dei Concerti di Roma, sui compensi da essa pagati a complessi musicali non residenti, dovesse essere applicata la rite-nuta d’imposta prevista nell’art. 25, secondo comma del D.P.R. n. 600/1973.[10] Primo fra tutti, si ricorda nel 2005 Agenzia delle Entrate c. Giancarlo Fisi-chella, poi seguirono diversi altri.[11] Si veda la prassi pubblicata del Canton Grigioni, Imposizione di sporti-vi di punta, in: https://www.gr.ch/IT/istituzioni/amministrazione/dfg/stv/dokumentation/praxis/EinkommenVermgen/018-01-i.pdf (consultato il 15.02.2021), Direttiva n. 3 della Divisione delle contribuzioni del Canton Ticino, Imposizione alla fonte degli artisti, sportivi e conferenzieri, valida dal 1° genna-io 2015, in: https://www4.ti.ch/fileadmin/DFE/DC/DOC-IF/Direttive_2016/dir_03-2016.pdf (consultato il 15.02.2021).[12] Ad es. Francia e Germania (Stati membri dell’Unione europea[UE]), Cana-da e Singapore (Stati extra-UE).[13] Si noti l’ulteriore problema dell’inasprimento delle pene per il reato di omessa dichiarazione ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n. 74/2000, per il quale il D.L. n. 124/2019 (trasformato nella Legge [L.] n. 157/2019) ha abbassato la soglia di rilevanza a soli euro 50’000, ed elevando la pena di reclusione da un minimo di due anni a un massimo di cinque.

A tanto si deve aggiungere che nel Paese estero ove si tiene la competizione – come nel caso sia resa per conto di un committente collocato in un terzo Paese, rispetto all’Italia e a quello ospitante l’evento – la presentazione dei redditi potrebbe essere di non facile predisposizione, soprattutto qualora lo sportivo residente in Italia dovesse ritenere di portare in deduzione la quota parte dei costi sostenuti per la produzione del reddito. Al fine di vederseli riconoscere neces-siterà così anche della consulenza professionale in ogni Paese ove viene disputata la manifestazione sportiva con l’evidente aggravio di costi per la redazione della dichiarazione, la quale dovrà necessariamente essere predisposta in collaborazione tra lo studio professionale italiano e quello estero, oltre che per l’eventuale contenzioso per il caso di disaccordo con l’au-torità fiscale locale[7].

IV. Artisti e sportivi senza residenza in ItaliaPer quanto prima ricordato in premessa è del tutto pacifica – o per lo meno dovrebbe esserlo – la debenza delle impo-ste in Italia da parte dell’artista o sportivo ovunque abbia fissato la residenza fiscale (nel caso evidentemente essa sia validamente riconosciuta dal fisco italiano) relativamente agli eventi che si tengono nel territorio dello Stato e secondo i cri-teri proporzionali prima ricordati, nel caso non sia fissato un compenso per la specifica manifestazione[8]. Stupisce che, per quanto è dato di sapere, al contrario di tutti gli Stati firmatari delle CDI (ma anche di taluni altri, certamente ospitanti un minor numero di eventi), in Italia non vi sia quasi traccia di alcuna attività volta al recupero delle imposte dovute in modo organico e sistematico neanche nei documenti di prassi.

L’esercizio della potestà impositiva in tale settore non appare affatto organico, bensì lasciato alle sole evidenze che risultano quasi sempre da controlli effettuati su contribuenti che in un qualche modo hanno destato l’interesse dell’Amministrazione finanziaria, senza che queste attività siano accompagnate da un’accurata – e necessaria – informazione rivolta alla vasta platea degli “addetti al settore”. L’ultima traccia di una presa di conoscenza da parte dell’Amministrazione finanziaria italiana in un documento di prassi, in ordine alla regolamentazione dei criteri di tassazione dei compensi conseguiti per la partecipa-zione a eventi da parte di sportivi non residenti su incarico di committenti invece residenti, è piuttosto datata.

nosciuto – secondo la Commissione Tributaria Regionale (C.T.R.) del Lazio, n. 4995/2019 – il suo credito per imposte pagate in Francia, relativamente ad un compenso percepito dalla società di produzione francese e da lui dichiarato insieme a tutti gli altri suoi proventi in Italia. Purtroppo – anziché con l’imme-diato riconoscimento dell’importo indicato in dichiarazione – ciò è avvenuto solo in fase di contenzioso ad opera dei giudici del territorio, da ultimo con la sentenza prima citata, che ha respinto l’appello dell’ufficio, che pure insiste-va sulla mancata dimostrazione, da parte del contribuente, che quelle assolte nell’altro Paese erano imposte definitive.[7] Si veda Conseil d’Etat, sentenza n. 373230 del 17 febbraio 2015, Ministere des Finances et des Comptes Publics c. Giancarlo Fisichella.[8] Analogamente si veda, Mario Tenore, Riflessioni sull’applicabilità del regi-me dei neo residenti agli sportivi professionisti, in: Rivista di diritto tributario (supplemento online), del 13 luglio 2018.

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90 febbraio 2021

Diritto tributario italiano

VI. ConclusioniL’Erario italiano sembra che si faccia sfuggire, al contrario di molti altri Paesi, un’importante occasione di ingenti introiti, tra l’altro neanche di difficile esazione, in quanto gli sportivi coinvolti non rimarrebbero sorpresi dalla richiesta di paga-mento per le imposte da loro dovute, visto che già da anni le pagano (mediante la withholding tax, normalmente) per gli eventi sportivi tenutisi ad es. in Francia, Germania, Belgio, ecc. solo per stare nell’UE.

La questione, negli stessi termini, è stata portata all’atten-zione del Ministro dell’economia e delle finanze con una recente interrogazione parlamentare[15], nella quale gli è stato specificatamente richiesto: “se il Ministro in indirizzo sia al corrente di quanto esposto; quali siano i risultati dell’attività di riscossione nell’ultimo quinquennio relativi alle prestazioni effettuate dagli sportivi residenti all’estero che hanno svolto la propria attività nel nostro Paese; se non ritenga necessario adoperarsi per prevedere un più efficiente modello di recupero delle imposte non incassate dallo Stato”.

Una più marcata ed energica attività volta al recupero delle somme dovute all’Erario italiano – anche per annualità ancora non prescritte –, gioverebbe inoltre per contrastare la pratica del trasferimento della residenza nei Paesi black list, che continua invece ad essere seguita da molti atleti italiani, siano essi tennisti, ciclisti, golfisti, piloti e altri ancora. Prassi che certamente – se limitata solo all’ottenimento di un pre-sunto vantaggio fiscale – ha molto poco di etico.

nato di Formula Uno che, a seguito dell’accertamento subito nel 2016 dal Fisco canadese (Canada Revenue Agency [CRA]) relativamente alle competizioni tenu-tesi nel suo territorio nel 2010, solo nel 2017 ne chiese il pagamento a ristoro, per la parte di competenza, a un pilota italiano (all’epoca residente all’estero), in forza della specifica previsione contrattuale.[15] Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n. 4-04123, pubblicato il 5 otto-bre 2020, nella seduta n. 260, interrogazione parlamentare a firma di Aimi, Barboni, Bernini.

V. Elementi di criticitàInfatti, talune volte, come spesso accade nel mondo delle competizioni sportive automobilistiche per evitare l’applica-zione della ritenuta di imposta dovuta dal committente, ad es. scuderia automobilistica, lo stesso non stipula diretta-mente i contratti di guida con i piloti, bensì li fa eseguire da una società terza residente in un altro Paese (con la quale pur intrattiene una molteplicità di rapporti), o, addirittura, trasferisce all’estero la sede legale ritenendo così di essere esonerata dagli adempimenti in ordine all’effettuazione della ritenuta di imposta del 30% (dovuta per l’ingaggio del pilota non residente o straniero).

Tale comportamento, se ritenuto non veritiero – a parte quello che risulta essere un evidente contrasto con la norma-tiva fiscale, laddove non sia riconosciuta la titolarità effettiva in capo al committente estero del contratto con il pilota o, nell’altro caso, sia accertata un’esterovestizione della società italiana/committente –, viola anche il principio di concorrenza rispetto alle scuderie che hanno sede in Italia e che ottempe-rano al dettato del citato art. 25 D.P.R. n. 600/1973, in quanto, per queste ultime, sarà maggiore l’onere per l’ingaggio dei piloti (a parità del “netto” da loro percepito, dato il gravame della ritenuta).

Non solo, ma tale “pratica” crea un ulteriore distorsione e cioè quella di incentivare gli sportivi italiani la residenza all’estero, la quale – sia essa lecita o non lo sia – al contrario non evita allo sportivo l’obbligo del pagamento delle imposte dovute in Italia per la quota di competenza. Nell’ambito delle compe-tizioni di Formula 1, per l’anno 2020, essa è molto rilevante essendo attualmente 3 su 13 le competizioni svolte in Italia di cui tenere conto e già questo vanifica una parte dei vantaggi fiscali che presumibilmente lo sportivo riteneva di potere conseguire. È anche di tutta evidenza che qualora l’Agenzia delle Entrate disattendesse la legittimità della residenza fiscale estera che egli considera di avere acquisito, oltre i costi specifici della stessa (canoni di locazione, bollette, utenze varie, ecc.), nel successivo contenzioso potrebbe poi verificarsi l’impossibilità di portare in detrazione i crediti per le imposte pagate all’estero – cioè in altri Paesi oltre all’Italia e a quello di residenza acquisita solo formalmente – relativamente alle gare cui lo sportivo ha partecipato, per le quali potrebbero essergli contestata l’impossibilità alla detrazione, nel caso di mancata produzione della dichiarazione dei redditi in Italia per gli anni accertati. Tra l’altro, ad aggravare ulteriormente questo scenario, sta il fatto che alle volte l’autorità fiscale del Paese ospitante l’evento, non essendo riuscita a soddisfare la sua pretesa impositiva direttamente sullo sportivo, si rifà – anche a distanza di considerevole tempo – sul commit-tente di quest’ultimo, contestando la mancata applicazione della ritenuta d’imposta (o withholding) sulla quota parte del compenso corrisposto all’atleta. E in questi casi altrettanto frequentemente il contratto sportivo impegna quest’ultimo al ristoro delle imposte che il committente deve corrispondere all’Erario dei vari Paesi in cui si disputano le gare[14].

[14] Emblematico fu il caso di una scuderia automobilistica iscritta al campio-

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91 febbraio 2021

Diritto tributario italiano

Emiliano MarvulliEsperto tributario

Con il D.L. n. 124/2019 rientrano tra i redditi di capitale anche i redditi corrisposti da trust o istituti aventi analogo contenuto residenti in Paesi a fiscalità privilegiata

Dalla soggettività passiva al nuovo regime di tassazione dei redditi prodotti dal trust non residente

La Legge finanziaria 2007 ha formalmente conferito all’i-stituto del trust la soggettività passiva ai fini delle imposte dirette e ha introdotto il regime speciale di tassazione per i redditi imputati dal trust trasparente, anche non residente. Con l’art. 13 D.L. n. 124/2019, il Legislatore pone fine a dieci anni di problematiche interpretative e operative inglobando tra i redditi di capitale anche i redditi corrisposti da trust e istituti analoghi stabiliti in Paesi a fiscalità privilegiata a beneficiari residenti. Tuttavia, al venir meno di alcuni aspetti di incertezza altri ne sono sorti, primo fra tutti l’individuazione del criterio per qualificare “a fiscalità privilegiata” lo Stato o il Paese di stabilimento del trust estero.

introducendo un innovativo regime tributario applicabile ai redditi prodotti dai trust localizzati in Paesi ritenuti a fiscalità privilegiata ai sensi art. 47-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). La novella normativa appare partico-larmente importante perché riduce – almeno in parte – la distanza tra le posizioni di prassi e dottrina, che oramai da un decennio dibattono sulla tassazione dei trust esteri. Tuttavia, risolti alcuni aspetti d’incertezza, se ne sono aperti altri legati all’introduzione della nuova disposizione, primo fra tutti l’indi-viduazione del criterio per qualificare “a fiscalità privilegiata” il Paese di stabilimento del trust estero, viste le difficoltà di coordinamento tra le disposizioni del richiamato art. 47-bis del TUIR e le peculiarità del trust.

Il D.L. n. 124/2019 ha introdotto inoltre una nuova presun-zione legale relativa riferita alle attribuzioni di trust esteri e istituti analoghi a beneficiari residenti. In particolare, in caso di incertezza della distinzione tra reddito e patrimonio, i beneficiari-percipienti saranno gravati dall’onere di dimo-strare quanta parte della provvista rivenuta sia riferibile a reddito e quale, invece, a patrimonio con la conseguenza che, qualora la presunzione non sia superata, l’intera somma ricevuta sarà imputata a reddito.

Nel prosieguo, dopo una breve disamina sulla soggettività fiscale del trust ai fini delle imposte dirette e sui principali aspetti su cui ancora Amministrazione finanziaria e della dottrina dibattono, si analizzeranno gli aspetti salienti della nuova disciplina introdotta dal decreto fiscale 2020 con un focus sui nuovi aspetti d’incertezza.

II. Dal riconoscimento giuridico alla soggettiva passiva del trustSebbene l’ordinamento giuridico interno non disponga di una normativa specifica che ne disciplini la natura e la struttura, il riconoscimento in Italia dei trust costituiti in conformità ad una legge straniera è garantito dalla ratifica, ad opera della Legge (L.) del 16 ottobre 1989, n. 364, della Convenzione sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1° luglio 1985.

I. PremessaIl presente contributo si pone l’obiettivo di analizzare alcuni degli aspetti fiscali che nella recente normativa interna appa-iono ancora incerti relativamente all’istituto del trust, dalla loro “categorizzazione” ai fini dell’applicazione del corretto criterio impositivo fino alle problematiche interpretative in caso di residenza fiscale all’estero e al coordinamento con il principio di territorialità del reddito.

In questo complesso quadro è intervenuto il Legislatore nazionale con l’art. 13 del Decreto Legge (D.L.) n. 124/2019,

I. Premessa .............................................................................. 91II. Dal riconoscimento giuridico alla soggettiva passiva del trust ................................................................................... 91III. Le categorie di trust ai fini delle imposte sul redditotra “beneficiari individuati” e principio di territorialità del reddito ............................................................................... 92IV. Il regime di tassazione dei redditi distribuiti dal trust opaco non residente prima della riforma del D.L. n. 129/2019 ..................................................................... 94V. Il nuovo regime fiscale introdotto dal D.L. n. 124/2019 .. 94VI. Conclusioni ....................................................................... 95

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92 febbraio 2021

Diritto tributario italiano

all’estero di trust che, seppur nella sostanza collegati al territo-rio dello Stato (con disponente e beneficiario residenti o il cui trust fund sia costituito da un patrimonio immobiliare situato in Italia e segregato da un soggetto residente), abbiano for-malmente fissato la residenza in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni[4].

Nello specifico:

◆ si considerano residenti nel territorio dello Stato i trust e gli istituti analoghi istituiti in Paesi che non consentono lo scambio di informazioni, quando almeno uno dei dispo-nenti ed almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato[5];

◆ sono considerati altresì residenti i trust istituiti in Paesi con cui non è garantito lo scambio di informazioni in cui, successivamente alla loro costituzione, un soggetto resi-dente nel territorio dello Stato effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, anche per quote, nonché vincoli di desti-nazione sugli stessi.

In linea di principio la presunzione dovrebbe operare tutte le volte in cui il trust invochi la residenza in un Paese non White-List sulla base della normativa domestica dello Stato estero (ad es. il trust potrebbe risultare iscritto in un registro pubblico del Paese straniero), così da beneficiare della minor traspa-renza ed evitare di fornire informazioni sull’atto istitutivo, sul disponente o sui beneficiari.

III. Le categorie di trust ai fini delle imposte sul reddito tra “beneficiari individuati” e principio di territorialità del redditoLe categorie reddituali individuate dalla normativa fiscale sono principalmente tre:

1) nel caso di trust trasparente, ossia il trust con beneficiari di reddito individuati, i redditi dello stesso vengono imputati per trasparenza ai beneficiari;

2) nel caso di trust opaco, ossia senza beneficiari di reddito individuati, i relativi redditi, determinati con le regole stabilite per la tipologia di ente a cui il trust appartiene (commerciale o non commerciale, residente o non resi-dente), sono imputati direttamente al trust in quanto autonomo soggetto d’imposta;

3) nel caso di trust misto, al contempo trasparente ed opaco, spetta al trustee, una volta quantificato il reddito imponibile

[4] Si tratta dei Paesi non inclusi nella cd. white list approvata con Decreto del Ministero delle Finanze del 4 settembre 1996 e successive modificazioni.[5] L’effetto attrattivo del trust nel territorio dello Stato sembrerebbe operare anche nel caso in cui disponente e beneficiario siano residenti in Italia in periodi d’imposta differenti. Per quanto riguarda il disponente il periodo d’imposta di riferimento è quello in cui egli ha effettuato l’atto di disposizione a favore del trust: questo implica che un trust istituito in un Paese Non white list non può essere considerato residente nel territorio dello Stato per lo meno fino a quan-do il disponente – residente – non abbia compiuto un atto di disposizione (cfr. Valeria Russo/Emiliano Marvulli, Immobili e attività finanziarie detenuti all'estero, Neldiritto Editore, Roma 2015).

La ratifica della Convenzione de L’Aja in Italia – che è il secondo Paese, in ordine di tempo, ad aver ratificato la Convenzione, dopo il Regno Unito[1] – non ha comportato la nascita di un nuovo genus giuridico perché il Legislatore si è limitato a sancire la piena ed intera esecuzione della Convenzione internazionale, siglando l’impegno di riconoscere nel proprio ordinamento i trust costituiti in conformità delle legge di un altro Stato, fedeli alla nozione descritta nell’art. 2 della Convenzione.

L’accordo persegue gli obiettivi di determinare la legge appli-cabile ad un determinato trust in una situazione di conflitto di leggi (cap. I) e di assicurare il riconoscimento dell’istituto in un ordinamento diverso da quello dalla cui legge il negozio è retto (cap. II).

La Legge finanziaria 2007[2], nel riconoscere espressamente al trust autonoma soggettività tributaria ai fini delle imposte dirette e nell’indicare le modalità di tassazione dei redditi dallo (o attraverso lo) stesso prodotti, ha individuato le seguenti categorie fiscalmente rilevanti:

◆ trust residenti nel territorio dello Stato che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività di natura commerciale, assimilabili agli enti commerciali;

◆ trust residenti nel territorio dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività com-merciali, equiparabili agli enti non commerciali;

◆ trust non residenti, di natura commerciale o non commer-ciale, per i redditi prodotti all’interno dello Stato.

La verifica della residenza fiscale è compiuta secondo le disposizioni dell’art. 73, commi 3, 4 e 5, TUIR, in base alle quali:

◆ si considerano residenti in Italia gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale, o la sede dell’amministrazione, o l’oggetto principale in Italia (comma 3);

◆ l’oggetto esclusivo o principale è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata (comma 4);

◆ in mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale è determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato (comma 5)[3].

In tema di residenza fiscale il Legislatore ha previsto due presunzioni legali relative, recate al comma 3 dell’art. 73 TUIR, mirate a contrastare possibili fenomeni di fittizia allocazione

[1] Gli Stati firmatari in cui la Convenzione è in vigore sono: Australia, Canada, Hong Kong, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Monaco, Olanda, Regno Unito (e territori dipendenti), San Marino e Svizzera.[2] Art. 1, commi da 74 a 76, L. n. 296/2006, in: Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2006.[3] Con la Circolare n. 48/E/2007, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i criteri di collegamento rilevanti ai fini della residenza sono la sede amministrativa, utile per i trust che per loro natura si avvalgono di un’apposita struttura organizzativa e il luogo in cui il trust esercita il proprio oggetto principale.

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Diritto tributario italiano

del beneficiario residente in termini di quantum reddituale imputato rispetto alla residenza del trust, anche se ciò implica una deroga di fatto alle disposizioni fiscali sugli egli enti non residenti.

La dottrina ha criticato questo passaggio eccependo l’as-senza nel nostro ordinamento di una norma che legittimi una valenza derogatoria dell’art. 73, comma 1, lett. d, TUIR rispetto alla nozione di territorialità dei redditi, con la conse-guenza che il reddito di fonte estera prodotto dal trust estero (legittimamente istituito e riconosciuto) non possa essere attratto a imposizione[7]. Mancherebbe, dunque, il presup-posto necessario per innescare l’imputazione di un reddito di capitale in capo ai beneficiari del trust.

Nel silenzio del Legislatore, un altro tema di estrema impor-tanza attiene all'individuazione del beneficiario ed alla qualificazione del trust come trasparente o opaco ai fini delle imposte sui redditi.

Nella Risoluzione n. 425/E/2008 l’Agenzia delle Entrate aveva espresso l’orientamento che la tassazione per trasparenza presupponesse che il reddito fosse “immediatamente e origi-nariamente riferibile ai beneficiari”, con esclusione di qualsiasi discrezionalità da parte del trustee, in ordine non solo all’iden-tificazione dei beneficiari ma anche all’eventuale imputazione del reddito agli stessi.

Tuttavia, con la Circolare n. 61/E/2010 l’Agenzia sembrerebbe aver assunto una posizione difforme sul tema, affermando che, “se nell’atto costitutivo è fatta espressa menzione nominativa dei beneficiari del trust, quest’ultimo assume ai fini delle imposte sui redditi la qualifica di soggetto trasparente «per natura»: in tal caso, infatti, il trust configura un soggetto trasparente ex se non rendendosi necessaria alcuna opzione in proposito dello stesso e dei relativi beneficiari”.

Non può sottacersi come tale passaggio appaia quantomeno discutibile, considerato che la semplice menzione dei bene-ficiari nell’atto di trust non è di per sé indicativa di un diritto attuale e incondizionato all’apprensione dei redditi del trust. Nei trust discrezionali, infatti, il potere del trustee di decidere sull’attribuzione dei redditi ai beneficiari indicati nell’atto istitutivo escluderebbe, secondo la prassi esistente prima del 2010, la natura di soggetto trasparente in capo al trust.

lo hanno “ritenuto corretto fare riferimento alla concreta equiparazione che l’art. 73 TUIR fa dei trust con gli istituti aventi analogo contenuto […] sorti in Paesi a fiscalità privilegiata. Ne consegue che il reddito imputato dalla Fondazione alla sig.ra … , bene-ficiaria residente, è imponibile in Italia in capo alla stessa quale reddito di capitale ex. art. 44, comma I, lett. g-sexies), a prescindere dalla circostanza che la Fondazione sia o meno residente in Italia”.[7] Dario Stevanato, Stretta dell’Agenzia delle entrate sulla fiscalità dei trust: a rischio un sereno sviluppo dell’istituto?, in: Corriere Tributario n. 7/2011, p. 537. In senso conforme Luigi Belluzzo, Tassazione dei beneficiari di un trust non residente, in: Trusts e attività fiduciarie n. 4/2011, che contesta la tesi dell’Agenzia che porterebbe a tassare in capo al beneficiario residente un red-dito non prodotto in Italia e non ivi tassato. A parere dell’autore è necessario ancorare il luogo di produzione del reddito all’art. 23 TUIR, prima determinando il reddito in capo al trust non residente e poi imputandolo per trasparenza ai beneficiari.

prodotto, determinare la quota di reddito da accumulare al fondo in trust (tassata con le regole del trust opaco) e la quota imputata ai beneficiari del reddito.

Ai fini della determinazione del reddito imponibile, da tassare in capo al trust, o ai beneficiari, il trustee deve applicare le norme fiscali previste per la specifica tipologia di istituto e di operazione effettuata, riassunte nel seguente schema:

Tabella 1: Disposizioni fiscali previste per la specifica tipologia di istituto e di

operazione effettuata

Tipologia di Trust Disposizioni applicabili Articoli del TUIR

Dal Al

Trust commerciale residente

Determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti

81 142

Trust non commer-ciale residente

Enti non commerciali residenti

143 150

Trust commerciale non residente

Società ed enti com-merciali non residenti

151 152

Trust non commer-ciale non residente

Enti non commerciali non residenti

153 154

In merito al requisito della territorialità del reddito, se per i trust residenti è pacifica l’applicazione del principio del worldwide income taxation, con la conseguente imponibilità in Italia di tutti i redditi ovunque prodotti, perplessità sono sorte sui trust non residenti per i redditi da questi prodotti.

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 48/E/2007, aveva confermato l’applicabilità ai trust localizzati fuori dal territorio dello Stato del principio generale previsto per i soggetti IRES (Imposta sul Reddito delle Società) non residenti, i cui redditi sono imponibili limitatamente a quelli prodotti all’interno del territorio dello Stato ai sensi degli artt. 151 e 152 (per gli enti commerciali) e dell’art. 153 TUIR (per gli enti non commerciali).

In tal senso il trust non residente si intende “soggetto passivo IRES per i soli redditi prodotti in Italia” ed il reddito imputabile per trasparenza ai beneficiari individuati residenti tiene conto solo del reddito di fonte nazionale prodotto dal trust, con esclusione di quello di fonte estera per difetto del requisito di territorialità di cui all’art. 23 TUIR.

La Circolare n. 61/E/2010 ha, tuttavia, rimesso in discussione il principio, affermando che il reddito del trust sarebbe impu-tato ai beneficiari residenti (e, dunque, imponibile in Italia) “a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia e che il reddito sia stato prodotto o meno nel Territorio dello Stato”[6]. La ratio appare quella di rendere neutra la posizione

[6] In senso conforme sembra essersi espressa la Commissione Tributaria Regionale (C.T.R.) della Lombardia con la sentenza n. 310 del 4 febbraio 2020, in merito alla rilevanza reddituale di somme corrisposte da una fondazione del Liechtenstein a un beneficiario residente. Nel caso di specie, non essendo stato chiarito a che titolo il contribuente aveva percepito le somme, i giudici d’appel-

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94 febbraio 2021

Diritto tributario italiano

V. Il nuovo regime fiscale introdotto dal D.L. n. 124/2019In questo contesto, il Legislatore fiscale ha introdotto modifi-che sostanziali alle regole di tassazione dei redditi prodotti da trust non residenti, introducendo, inoltre, una inedita presun-zione legale relativa.

L’art. 13, comma 1, lett. a, D.L. n. 124/2019, convertito dalla L. n. 157/2019, ha in primo luogo integrato la lett. g-sexies del comma 1 dell’art. 44 TUIR, disponendo che costituiscono redditi di capitale anche le somme “corrisposte” a percipienti residenti, pur non qualificati come “beneficiari individuati” ai sensi dell’art. 73, da “trust e istituti aventi analogo contenuti, sta-biliti in Stati e territori che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust – o dall’istituto analogo – si considerano a fiscalità privilegiata ai sensi dell’art. 47-bis”.

Dopo la novella normativa sono dunque considerati redditi di capitale (i) quelli imputati per trasparenza da trust, ovunque residenti, a beneficiari residenti che possono vantare un diritto concreto, attuale e incondizionato alla percezione di quel reddito e (ii) i redditi corrisposti da trust o istituti aventi analogo contenuto residenti in Paesi a fiscalità privilegiata ai sensi dell’art. 47-bis del TUIR a percipienti residenti, anche qualora questi ultimi non possano essere considerati benefi-ciari individuati[10].

Riferendosi la norma ai redditi “corrisposti”, la relativa disciplina dovrebbe essere applicabile solo ai trust “paradisiaci” opachi, perché il reddito del trust estero trasparente era, e resta, tassato per competenza, con esclusione di una seconda tas-sazione al momento della corresponsione[11].

Secondo un'interpretazione più estensiva la novella norma-tiva potrebbe trovare applicazione anche con riferimento ai trust trasparenti “paradisiaci”, limitatamente ai redditi di fonte estera che non sono imputati per trasparenza per difetto del requisito di territorialità[12].

Altra novità introdotta dall’art. 13, comma 1, lett. b, D.L. n. 124/2019 riguarda l’integrazione all’art. 45 TUIR, in cui è stato inserito il comma 4-quater secondo cui, qualora in

[10] Resterebbero esclusi da tassazione, quindi, i redditi di capitale corrisposti a percipienti residenti da parte di trust opachi localizzati in Paesi non paradisiaci. La norma, non a caso, parla solo di Paesi a fiscalità privilegiata a voler confer-mare che, in caso di localizzazione in un Paese diverso da questi, il reddito del trust è stato già assoggettato a tassazione con una aliquota effettiva analoga a quella nazionale.[11] In senso contrario Giuseppe Zizzo, I trust non residenti tra sistema e timore di abusi, in: Corriere Tributario n. 4/2020, che non esclude l’applica-zione della norma anche ai trust trasparenti. Al netto dei redditi già imputati per trasparenza e di quelli non imputati per effetto dell’applicazione al trust di regimi sostitutivi, “quanto agli ulteriori redditi distribuiti dai trust trasparenti, e a quelli distribuiti dai trust opachi, gli stessi concorrono alla formazione dell’imponibile dei beneficiari, indipendentemente dalla loro fonte e anche se assoggettati ad imposizione presso il trust”.[12] Così Alberto Brazzalotto/Biagio Izzo, Trust trasparenti paradisiaci tassati per cassa, in: Eutekne.info del 18 novembre 2020. Secondo la tesi soste-nuta dagli autori, applicando in tal modo la norma tutti i redditi del trust estero “paradisiaco” sarebbero assoggettati a tassazione in capo ai beneficiari resi-denti: quelli di fonte interna per trasparenza e quelli di fonte estera per cassa nel periodo d’imposta di corresponsione.

IV. Il regime di tassazione dei redditi distribuiti dal trust opaco non residente prima della riforma del D.L. n. 129/2019Prima della novella del 2019 con cui il Legislatore nazionale è intervenuto sul regime di tassazione dei redditi prodotti dal trust opaco non residente, la norma nulla disponeva a riguardo, limitandosi a disciplinare il regime speciale di tassazione per trasparenza in presenza di beneficiari di reddito “individuati” ai sensi del combinato disposto degli artt. 73, comma 2, ultimo periodo, e 44, comma 1, lett. g-sexies TUIR[8].

Per questo motivo nella Circolare n. 48/E/2007, l’Ammi-nistrazione finanziaria aveva considerato solo il caso dei redditi “imputati per trasparenza” ai beneficiari individuati affermando, sulla base del principio del divieto di doppia imposizione, che i redditi conseguiti e tassati in capo al trust opaco non scontano una nuova imposizione in capo ai bene-ficiari a seguito della loro distribuzione.

Con la Circolare n. 61/E/2010, l’Agenzia delle Entrate ha, invece, precisato che, al fine di assicurare un equiparato trat-tamento fiscale tra trust residente e non residente ed evitare il conseguimento di “indebiti risparmi di imposta”, nell’ipotesi di trust opachi costituiti in giurisdizioni a regime fiscale age-volato, “alla tassazione ridotta in capo al trust corrisponderebbe comunque l’imposizione in capo al beneficiario residente secondo il regime del più volte citato art. 44, co. 1 lett. g-sexies del TUIR”. A parere dell’Amministrazione finanziaria, quindi, il reddito prodotto dal trust opaco residente in un Paese a bassa o nulla fiscalità dovrebbe essere imputato ai beneficiari residenti, indipendentemente dalla sua percezione.

La dottrina prevalente ha criticato questa impostazione obiettando che il reddito del trust opaco è patrimonializzato per natura e il regime di imputazione del reddito di cui al previgente art. 44, comma 1, lett. g-sexies TUIR è applicabile esclusivamente ai trust trasparenti[9]. In effetti il trust, in quanto soggetto passivo ai fini delle imposte dirette (al di là della residenza fiscale e della categoria reddituale even-tualmente configurabile), è sempre un autonomo centro d’imputazione del reddito prodotto, non esistendo alcuna norma che preveda una prima tassazione dei redditi in capo al trust ed una seconda tassazione degli stessi redditi in capo ai beneficiari, come sembrerebbe invece indicare l’Amministra-zione finanziaria.

[8] La norma disponeva, nella versione vigente ratione temporis, che costituiva-no redditi di capitale “i redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti”, dove la locuzione “non residenti” era riferita evi-dentemente all’entità produttrice del reddito e non al beneficiario.[9] Così Belluzzo (nota 5). In senso conforme Filippo Molinari, Trust esteri: incertezze applicative a tutto campo, in: Corriere Tributario n. 4/2019, p. 400 ss. L’autore correttamente osserva che i redditi distribuiti dal trust opaco non residente dovrebbero essere stati già tassati in capo al trust e la forzatura di volerli tassare anche in capo ai beneficiari residenti avrebbe posto il problema di doppia imposizione, qualora lo Stato di residenza del trust prevedesse già un regime di tassazione in linea con quello nazionale, nel qual caso le distribuzioni non dovrebbero in nessun caso essere tassate.

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95 febbraio 2021

Diritto tributario italiano

rispetto a quello applicabile in Italia[16]. Da un lato, infatti, l’art. 47-bis TUIR, a cui fa esplicito rimando la norma, esclude dalla categoria degli Stati e territori a fiscalità privilegiata gli Stati membri dell’UE e quelli aderenti allo SEE con cui l’Italia ha stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni (Norvegia, Liechtenstein e Islanda)[17]. Dall’altro, i criteri enucleati nell’art. 47-bis TUIR per qualificare un Paese a fiscalità privilegiata sulla base del confronto tra aliquote effettive di imposizione, ossia il criterio di controllo “tradi-zionale” (partecipativo-contrattuale) o rappresentato dalla titolarità alla percezione di una quota superiore al 50% degli utili prodotti, parrebbero difficilmente compatibili con l’isti-tuto del trust[18]. Di conseguenza, come sopra menzionato, sembrerebbe preferibile l’applicazione del requisito residuale previsto all’art. 47-bis TUIR (“in mancanza del requisito del con-trollo”) del confronto tra i livelli nominali di tassazione, con l’effetto che il Paese extra-UE/SEE sarebbe qualificato a fisca-lità privilegiata nel caso in cui il livello nominale risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia, tenuto conto di eventuali regimi speciali applicabili al trust come nel caso, ad es., del regime dei trust esteri neozelandesi (riformato e rafforzato nel 2017 dal cd. New Zealand Foreign Trust o NZFT) che prevede, al verificarsi delle specifiche condizioni ivi stabilite, un regime speciale di esenzione dei redditi di fonte estera[19].

VI. ConclusioniSebbene le nuove disposizioni contenute nel decreto fiscale abbiano chiarito alcuni aspetti di criticità caratterizzanti i pro-fili tributari del trust, allo stesso tempo hanno riproposto nuovi interrogativi come in parte si è visto nei paragrafi precedenti. Basti pensare, ad es., al tema del coordinamento delle nuove disposizioni con il principio di territorialità del reddito per le entità giuridiche non residenti e se alle stesse debba attri-buirsi una portata derogatoria rispetto alle regole generali in materia di territorialità dell’imposizione. Su questo e altri temi non resta che attendere i prossimi pronunciamenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria, anche per comprendere la posizione di quei contribuenti che hanno spontaneamente dichiarato le somme corrisposte da trust opaci localizzati in Paesi a fiscalità privilegiata in periodi d’imposta antecedenti all’introduzione dell’innovativa disposizione.

[16] Sul tema Step Italy, La tassazione delle distribuzioni da trust esteri, pubbli-cato il 17 marzo 2020.[17] Cfr. Stefano Massarotto, Riflessioni “a caldo”sul nuovo regime fiscale dei beneficiari di trust non residenti opachi: nota all’art. 13 del D.L. n. 124/2019, in: Rivista di diritto tributario, supplemento online, 5 novembre 2020.[18] Cfr. Antonio Longo/Alberto Sandalo, Il nuovo criterio di tassazione dei redditi distribuiti da trust esteri, in: Il Fisco n. 44/2019.[19] Cfr. Pierpaolo Angelucci/Paolo Scarioni, Sono redditi di capitale le somme erogate da trust di paradisi fiscali, in: IlSole24Ore del 15 novembre 2019. A parere degli autori dovrebbe trovare applicazione l’esimente di cui all’art. 47-bis, comma 2, lett. b, TUIR, previa dimostrazione che l’ente estero non costituisce un meccanismo atto a localizzare i redditi in un Paese a fiscalità pri-vilegiata.

relazione alle attribuzioni da parte di trust o istituti affini non residenti a beneficiari residenti non sia possibile distinguere tra reddito e patrimonio, si presume che l’intero ammontare percepito costituisca reddito.

Nonostante il generico riferimento ad “attribuzioni di trust esteri”, una lettura sistematica della norma induce a ritenere che la presunzione finisca per impattare solo sui trust opachi residenti in Paesi a fiscalità privilegiata[13]. Nell’impossibilità di distinguere le diverse poste, l’intero ammontare percepito si considererà reddito imponibile del contribuente residente, salvo prova contraria. La norma, quindi, pone interamente in capo al beneficiario l’onere di provare che la provvista rice-vuta rappresenti reddito o patrimonio del trust, con il rischio di vedersi imputato per intero la somma nell’ipotesi in cui l’Uf-ficio erariale non consideri superata la presunzione. Alla luce delle nuove disposizioni, in caso di future distribuzioni di beni fungibili (ad es. denaro) e considerata l’assenza di una norma che preveda la preventiva distribuzione dei redditi rispetto al capitale, ai fini probatori sarebbe utile costituire dei conti dedicati su cui far confluire i redditi prodotti dal trust[14].

È ragionevole ritenere che l’art. 13 D.L. n. 124/2019 abbia una portata innovativa con efficacia pro-futuro, con la conseguenza che le disposizioni sulla tassazione dei redditi corrisposti da trust paradisiaci e la presunzione di reddito troverebbero applicazione solo con riferimento alle distribuzioni effettuate dal periodo d’imposta 2020 in avanti[15].

E ciò nonostante il fatto che, nelle Istruzioni alla dichiarazione dei Redditi 2020/Persone fisiche, sia apparso, nel Rigo RL2-col.1, il nuovo “codice 9” riferito ai redditi corrisposti nel 2019 a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati o territori che, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust, si considerano a fiscalità privile-giata ai sensi dell’art. 47-bis TUIR. È da ritenersi improbabile che tale previsione, inserita in un atto regolamentare quale sono le istruzioni alla compilazione della dichiarazione dei redditi, rappresenti una presa di posizione ufficiale da parte dell’Amministrazione finanziaria riguardo alla decorrenza della novella normativa, quanto piuttosto una mera anticipazione di un obbligo che troverà applicazione per le distribuzioni percepite dal periodo d’imposta 2020 in avanti.

In merito all’ambito territoriale di applicabilità della norma, la dottrina ha osservato che, pur nell’incertezza del richiamo all’art. 47-bis TUIR, la verifica dello status di Paese a fiscalità privilegiata dovrebbe riguardare il confronto tra il livello nomi-nale di tassazione applicato nel Paese extra-Unione europea (UE)/Spazio economico europeo (SEE) di stabilimento del trust

[13] In quanto “attribuzioni” sono esclusi i trust trasparenti, che “imputano” il reddito al di là della manifestazione finanziaria.[14] Ai fini del superamento della prova il contribuente potrebbe produrre la documentazione contabile del trust, ad es. relativa al conto dedicato, per rico-struire i redditi conseguiti nel tempo dal trust e le erogazioni in precedenza effettuate dallo stesso, per escludere la riferibilità al reddito della erogazione considerata.[15] Antonio Longo/Antonio Tomassini, Trust opachi nei paradisi: D.L. 124/19 non retroattivo, in: Il Sole 24 Ore del 27 aprile 2020.

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96 febbraio 2021

Diritto tributario internazionale e dell'UE

Marco LucheschiAvvocato, Dr. iur.Studio legale Lucheschi, Lugano

Perplessità sull’orientamento dell’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n.3/E del 27 gennaio 2020

Tassazione agevolata delle pensioni svizzere solo se accreditate in Italia: profili di incostituzionalità?

Il trattamento fiscale in Italia delle prestazioni previdenziali svizzere è da sempre oggetto di ampio dibattito a causa di una normativa lacunosa e ambigua. Con la Risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, in base all’art. 76 L. n. 413/1991, le prestazioni LPP svizzere beneficiano della tassazione al 5% solo quando sono versate in Italia, mentre tale regime agevolato non si applica quando sono erogate su un conto estero. L’orientamento dell’Am-ministrazione finanziaria italiana non appare convincente e comporta una disparità di trattamento tra i contribuenti, prestando il fianco a dubbi di incostituzionalità.

II. Il trattamento fiscale delle pensioni svizzere: l’evolu-zione del quadro normativoAi sensi dell’art. 18 della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata fra Italia e Svizzera (CDI CH-ITA, RS 0.672.945.41), “fatte salve le disposizioni dell’articolo 19, le pen-sioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato”. Pertanto, le pensioni private sono imponibili nello Stato di residenza del percettore, mentre le pensioni statali o erogate dagli enti di diritto pubblico indicati dall’art. 19 CDI CH-ITA rimangono di principio imponibili nello Stato da cui provengono dette remunerazioni.

La competenza impositiva delle pensioni private svizzere percepite da un contribuente residente in Italia spetta, quindi, all’Italia. Tuttavia, il corretto trattamento fiscale e le modalità di imposizione di tali prestazioni hanno dato origine ad una lunga querelle e a interpretazioni divergenti in dottrina, anche a causa di una normativa lacunosa e poco chiara.

Sul farraginoso iter legislativo e sulle relative criticità e lacune sono stati dedicati ampi contributi dottrinali[1]. In questa sede ci si limita pertanto ad un breve excursus dell’evoluzione normativa sull’annoso tema dell’imposizione delle pensioni svizzere.

Tutto ebbe inizio con la Legge (L.) n. 413 del 30 dicembre 1991 (Legge finanziaria per il 1992), il cui art. 76, alla voce “Disposizioni per ampliare la base imponibile”, dispose che “le rendite corrisposte in Italia da parte della assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti svizzera (AVS), maturata sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera, sono assogget-tate a ritenuta unica del 5 per cento da parte degli istituti italiani, quali sostituti d’imposta, per il cui tramite l’AVS svizzera le eroga ai beneficiari in Italia”.

[1] Ex multis, Guido Beltrame, La tassazione delle rendite AVD e LPP in Italia, in: NF n. 7-8/2016, pp. 13-16.

I. Il sistema previdenziale svizzeroCome noto, nell’ordinamento svizzero il sistema previdenziale è fondato sul cd. “principio dei tre pilastri”. Si distingue tra (i) la previdenza statale obbligatoria (I° pilastro), costituita dall’as-sicurazione vecchiaia e superstiti (AVS) e dall’assicurazione invalidità (AI), finalizzata a garantire il fabbisogno vitale durante la pensione (garanzia del minimo vitale durante la vecchiaia o in caso di decesso o di invalidità); (ii) la previdenza professionale obbligatoria (II° pilastro), che mira a mantenere durante la terza età il tenore di vita abituale in modo adeguato (in base alla Legge federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità [LPP; RS 831.40); e, infine, (iii) la previdenza individuale facoltativa (III° pilastro), che ha lo scopo di colmare eventuali lacune previdenziali.

Davide Marchesini MascheroniAvvocatoStudio legale Lucheschi, Lugano

I. Il sistema previdenziale svizzero ..................................... 96II. Il trattamento fiscale delle pensioni svizzere: l’evoluzione del quadro normativo .................................... 96III. La Risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020 .................. 98IV. Considerazioni critiche ................................................... 98V. Conclusioni .......................................................................100

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97 febbraio 2021

Diritto tributario internazionale e dell'UE

disparità di trattamento connessa alle sole modalità di incasso della rendita, si ritiene che quando tali pensioni siano accreditate su conti elvetici senza l’intervento di un intermediario finanziario residente, l’imponibile debba essere comunque assoggettato ad un’imposizione sostitutiva del 5 per cento. Ciò in quanto l’assoggettamento ad imposizione ordinaria costituirebbe un trattamento discriminatorio, fondato sul mero luogo di incasso del reddito e non su una differenza di capacità contributiva”.

L’Agenzia delle Entrate intervenne, quindi, a distanza di oltre un ventennio dall’ultima circolare del Ministero delle Finanze e, cogliendo l’occasione del programma di collaborazione volontaria, equiparò il regime fiscale previsto per le rendite AVS erogate presso istituti finanziari elvetici a quelle accredi-tate in Italia tramite intermediari residenti, al fine di garantire la parità di trattamento tra i contribuenti.

Emblematica, come si vedrà anche nel prosieguo delle rifles-sioni, l’ammissione dell’Agenzia delle Entrate secondo cui un differente trattamento sarebbe stato discriminatorio poiché fondato sul mero luogo di incasso del reddito e non su una differente capacità contributiva.

A distanza di poche settimane, fu promulgato il Decreto Legge (D.L.) n. 153/2015, il cui art. 2 lett. b), si occupò per la prima volta della tassazione delle prestazioni LPP, stabilendo che “l’ammontare di tutte le prestazioni corrisposte dalla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità Svizzera (LPP), in qualunque forma erogate, sono assoggettate, ai fini delle imposte dirette, su istanza del contribuente, all’aliquota del 5 per cento”, ma “ai soli fini della collaborazione volontaria di cui alla legge 15 dicembre 2014, n. 186”.

Tale Decreto ebbe in verità lo scopo primario di prorogare la scadenza del programma di voluntary disclosure; tuttavia, sebbene fosse slegato da tale scopo, venne inserito in extremis anche l’art. 2 lett. b) con cui veniva equiparato il trattamento fiscale delle prestazioni LPP con le rendite AVS ai soli fini della procedura di voluntary disclosure.

Fece seguito, infine, il D.L. n. 50/2017, che con l’art. 55-quin-quies introdusse nell’art. 76 L. n. 413/1991 il comma 1-bis, stabilendo che la ritenuta unica del 5% prevista per le rendite AVS “è applicata dagli intermediari finanziari italiani, che inter-vengono nel pagamento, anche sulle somme corrisposte in Italia da parte della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità svizzera (Lpp), ivi comprese le prestazioni ero-gate dagli enti o istituti svizzeri di prepensionamento, maturate sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera e in qualunque forma erogate”.

Con tale ultimo intervento legislativo, la strada della tassazione delle pensioni svizzere in Italia sembrava essere più lineare e ben definita, attraverso una sostanziale equiparazione del regime fiscale delle prestazioni LPP corrisposte in Italia, sotto forma di rendita e di capitale, a quello delle rendite AVS cor-risposte in Italia, in quanto per entrambi i trattamenti veniva prevista l’applicazione di una ritenuta nella misura del 5%.

Il contesto socio-economico dell’epoca era in realtà assai diverso da quello attuale. Infatti, come si legge dagli atti preparatori della citata legge, alla base dell’introduzione della ritenuta unica sulle pensioni AVS svizzere vi era la necessità di risolvere un problema aperto da tempo e dare una risposta positiva ad una questione sollevata dalle organizzazioni dei lavoratori italiani all’estero e, in particolare, dai lavoratori frontalieri. In tal modo, si istituiva una “misura equa nei confronti delle rendite maturate e corrisposte in Italia da parte dell’assicura-zione invalidità vecchiaia e superstiti svizzera”[2].

Pur accolto con grande favore dalla politica italiana, il testo legislativo destò incertezze sin da subito. In primo luogo, la disposizione regolava unicamente la tassazione delle rendite AVS versate su un conto italiano, mentre rimaneva silente in merito al trattamento fiscale applicabile in caso di accredito presso istituti esteri. Inoltre, la norma di legge riguardava soltanto le prestazioni del I° pilastro, senza alcun riferimento alle pensioni di LPP[3].

L’ambiguità del testo di legge non fu chiarita nemmeno con l’intervento del Ministero delle Finanze, con la Circolare n. 6 del 8 giugno 1993. In tale occasione l’autorità fiscale si limitò a parlare di profonda innovazione del trattamento fiscale delle rendite corrisposte in Italia da parte dell’AVS svizzera, senza dare risposta agli interrogativi irrisolti. Anzi, l’incertezza aumentò in merito all’ambito applicativo soggettivo della norma, laddove il Ministero delle Finanze dapprima sembrava limitare l’applicabilità della norma fiscale ai soli lavoratori transfrontalieri e, in coda al documento, includeva invece anche i cittadini svizzeri residenti in Italia.

Più recentemente, in occasione della voluntary disclosure, l’A-genzia delle Entrate evidenziò la lacunosità della normativa tributaria, con la Circolare n. 30/E dell’11 agosto 2015, alla sezione “Trattamento fiscale applicabile alle rendite di tipo AVS”, precisando che “ogniqualvolta l’accredito dell’AVS svizzera non venga canalizzato in Italia […] si possono porre dubbi in merito al trattamento fiscale da applicare alle rendite incassate. In tal caso, infatti, in assenza di un sostituto residente in Italia che operi la ritenuta a titolo d’imposta, la disposizione di cui alla legge n. 413 del 1991 non può trovare applicazione. La citata legge n. 413 del 1991, peraltro, non disciplina in modo espresso l’ipotesi in cui il percettore che abbia ricevuto l’accredito all’estero possa autoli-quidare in dichiarazione l’imposta dovuta assoggettando le rendite ad un’imposizione sostitutiva dell’IRPEF con la medesima aliquota del 5 per cento che le stesse avrebbero scontato canalizzandone la riscossione in Italia. Tuttavia, al fine di evitare una ingiustificata

[2] Resoconto stenografico della seduta parlamentare del 17 dicembre 1991.[3] Per una analisi critica, Beltrame (nota 1), pp. 13-16, che osserva come dal testo normativo non fosse chiaro se il legislatore intendesse assoggetta-re ad un’imposta sostitutiva del 5% solo le rendite del Primo pilastro svizzero corrisposte mediante sostituti di imposta italiani, mentre le rendite elargite tramite istituti esteri avrebbero concorso a formare il reddito complessivo del contribuente; ovvero se, al contrario, la tassazione al 5% solo delle rendite ero-gate mediante intermediari italiani significasse un’esenzione da imposta delle rendite percepite direttamente all’estero. In entrambe le soluzioni interpreta-tive, l’esito appariva comunque iniquo differenziandosi il regime di tassazione a seconda del luogo di corresponsione della rendita imponibile.

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di un intermediario residente ove venga canalizzato l’avere previdenziale svizzero, la tassazione agevolata al 5% risulta inapplicabile.

Dunque, in caso di accredito della prestazione previdenziale di LPP all’estero e non presso un istituto italiano, si appliche-ranno le regole tributarie ordinarie (tassazione progressiva in caso di rendita o tassazione separata in caso di liquidazione in capitale) e non la norma agevolativa prevista in caso di versamento su un conto italiano.

IV. Considerazioni criticheLa Risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020 dell’Agenzia delle Entrate pone un nuovo tassello nel dibattito sul trattamento fiscale delle pensioni svizzere percepite da un contribuente italiano e appare disattendere la soluzione interpretativa che sembrava delinearsi con gli ultimi interventi del legislatore e della stessa Agenzia delle Entrate.

Il nuovo documento di prassi limita l’ambito applicativo dell’art. 76 comma 1-bis L. n. 413/1991 ai soli casi di accredito presso un intermediario finanziario italiano della pensione del Secondo pilastro svizzero. A supporto della propria tesi, l’Agenzia delle Entrate sostiene che il legislatore abbia voluto valorizzare il tracciamento del flusso finanziario delle pensioni svizzere, attraverso la presenza di un intermediario residente, riservando a tale scopo la norma fiscale agevolativa esclu-sivamente ai contribuenti che accreditassero la pensione presso un istituto italiano. Viceversa, in caso di prestazione pensionistica erogata presso un istituto estero, la ritenuta di favore non troverebbe applicazione.

Appare opportuno sottoporre la recente posizione dell’A-genzia delle Entrate ad un vaglio di legittimità costituzionale con gli artt. 3 e 53 della Costituzione italiana, che sanciscono i principi cardine dell’ordinamento tributario di eguaglianza tributaria e di capacità contributiva.

Come noto, l’art. 53 Cost. stabilisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contri-butiva”. L’art. 3 Cost., invece, afferma il principio di eguaglianza, che in ambito tributario impone che “a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situa-zioni diverse un trattamento fiscale diseguale”[4]. Ci si interroga, dunque, se il recente documento di prassi dell’Agenzia delle Entrate promuova una soluzione interpretativa dell’art. 76 comma 1-bis L. n. 413/1991 conforme ai dettami costituzio-nali e ai principi generali del diritto tributario.

È vero che l’ordinamento italiano ammette che possano esserci deviazioni giustificate dai regimi fiscali ordinari, attra-verso l’adozione di modelli di tassazione alternativi a quello dell’imposizione ordinaria. La Corte costituzionale ha chiarito che “non ogni modulazione del sistema impositivo […] costituisce violazione del principio della capacità contributiva e del principio di eguaglianza. Tuttavia, ogni diversificazione del regime tributario,

[4] Corte Cost., sentenza 6 luglio 1972, n. 120, in: Foro italiano, 1972, I, p. 1899.

III. La Risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020Tuttavia, all’interno di tale articolato quadro normativo si è recentemente espressa l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 3/E del 27 gennaio 2020.

Interpellata in merito al corretto trattamento fiscale appli-cabile alle prestazioni erogate dalla previdenza professionale obbligatoria svizzera (LPP) ai sensi dell’art. 76, comma 1-bis L. n. 413/1991, l’Agenzia delle Entrate dapprima ha ricono-sciuto come la normativa tributaria rimanga silente in merito al regime fiscale da applicare nel caso in cui l’accredito della prestazione LPP svizzera avvenga all’estero. Ne consegui-rebbe, quindi, che – in assenza di un sostituto residente in Italia che operi la ritenuta di imposta – la disposizione dell’art. 76 comma 1-bis L. n. 413/1991 non possa trovare applicazione: “[l]a norma in esame, tuttavia, non fa riferimento al trattamento fiscale da applicare nel caso in cui l’accredito non venga canalizzato in Italia. Ne consegue che, in tale ipotesi, in assenza di un sostituto residente in Italia, che operi la ritenuta a titolo d’imposta, la disposizione di cui alla legge n. 413 del 1991 non può trovare applicazione. La citata legge n. 413 del 1991, peraltro, non disciplina in modo espresso l’ipotesi in cui il percettore abbia ricevuto all’estero l’accredito delle somme in questione”.

L’Agenzia delle Entrate rammenta altresì i chiarimenti resi con le precedenti circolari e le disposizioni speciali emanate in ambito di voluntary disclosure, di cui alla Circolare n. 30/E dell’11 agosto 2015 e al successivo D.L. n. 153/2015, ove si ammetteva che “per le pensioni AVS accreditate su conti elvetici senza l’intervento di un intermediario finanziario residente, l’im-ponibile poteva essere comunque assoggettato ad un’imposizione sostitutiva del 5 per cento”.

E, infatti, l’Agenzia delle Entrate osserva che “[i]n tal modo, detti redditi sono stati assoggettati alla medesima tassazione che sarebbe stata applicata qualora il soggetto avesse provveduto a canalizzarli in Italia, in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 76, comma 1, della legge 413 del 1991. In altri termini, tale soluzione ha inteso parificare, ai soli fini dell’applicazione del regime di Voluntary Disclosure, il trattamento fiscale applicato al contribuente che presentava richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria con quello applicato al contribuente che aveva canaliz-zato in Italia la riscossione delle somme in argomento”.

Quanto al trattamento fiscale delle prestazioni previdenziali di LPP, l’Agenzia delle Entrate richiama l’intervento normativo recato dal citato art. 55-quinquies D.L. n. 50/2017, eviden-ziando tuttavia che esso assimila il trattamento fiscale delle prestazioni LPP alle rendite AVS, mantenendo l’espressa previsione della presenza di un intermediario residente che, canalizzando il flusso di corresponsione in Italia, applichi una ritenuta di imposta al 5 per cento, esonerando il contribuente dall’indicazione di tali somme nella dichiarazione dei redditi.

Da tali osservazioni preliminari l’Agenzia delle Entrate conclude che “[i]l tenore della disposizione normativa, dunque, induce a valorizzare il tracciamento del flusso finanziario, per il tramite di un intermediario residente, quale elemento necessario per l’applicazione della norma agevolativa” e, pertanto, in assenza

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Diritto tributario internazionale e dell'UE

prelievo al fine ultimo di rendere più efficiente il contrasto dei fenomeni evasivi. Addirittura una consistente riduzione della misura dell’aliquota potrebbe essere ascritta al novero delle strategie di contrasto all’evasione affievolendo, di molto, la “convenienza economica” sottesa alla scelta di occultare materia imponibile[7].

Tuttavia, a giudizio di chi scrive, tali argomentazioni, pur meritevoli, non appaiono persuasive a giustificare la recente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate.

Molteplici sono gli argomenti di critica alla posizione dell’A-genzia delle Entrate[8]. Il perseguimento di scopi lodevoli e collettivi, quali la lotta all’evasione fiscale, non può trascen-dere in condotte arbitrarie da parte del legislatore (o delle amministrazioni finanziarie), tali da comprimere i principi di eguaglianza tributaria e capacità contributiva.

È vero, come detto, che la Corte costituzionale ammette giustificate deviazioni, ma l’eccesso di tale ammissione eccezionale rischierebbe di far svuotare di contenuto i principi di eguaglianza tributaria e capacità contributiva, facendoli divenire scatole vuote.

Il recente orientamento dell’Agenzia delle Entrate contraddice quanto affermato da essa stessa, quando con la Circolare n. 30/E dell’11 agosto 2015 in materia di voluntary discolusure affermò che sarebbe stato discriminatorio un trattamento fiscale fondato “[…] sul mero luogo di incasso del reddito e non su una differenza di capacità contributiva”[9].

Inoltre, la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate si pone in contraddizione con la risposta data ad un interpello dalla Direzione Regionale della Lombardia (n. 904-255/2019 del 20 febbraio 2019), nella quale si confermava anche per le presta-zioni previdenziali provenienti dal Secondo pilastro la ritenuta unica applicata per le rendite AVS provenienti dal Primo pilastro, con la precisazione che in caso di incasso avvenuto all’estero, il contribuente avrebbe l’onere di dichiarare la ren-dita nella sua dichiarazione fiscale applicando la medesima ritenuta del 5%, poiché una diversa modalità di tassazione genererebbe “una ingiustificata disparità di trattamento connessa alle sole modalità di incasso della rendita […]” e ancora “l’assog-gettamento ad imposizione ordinaria costituirebbe un trattamento discriminatorio, fondato sul mero luogo di incasso del reddito e non

[7] Roberto Schiavolin, Sostitutive (imposte), in: Dig. IV, disc. priv., sez. comm., Torino, 1998, vol. XV, p. 48 ss.[8] Per un commento sulla Risoluzione oggetto del presente contributo, nonché su altre due recenti interpretazioni espresse sul tema dall’Agenzia delle Entrate (risposta all’interpello n. 904-255/2019 del 20 febbraio 2019 della Direzione Regionale della Lombardia e risposta all’interpello n. 286 del 19 luglio 2019 della Divisione Contribuenti della Direzione Centrale Persone Fisiche, Lavoratori Autonomi ed Enti non Commerciali), si veda Guido Bel-trame, Aggiornamenti sulla tassazione delle rendite AVS e LPP in Italia, in: NF n. 5/2020, pp. 271-274.[9] Sul punto l’Agenzia delle Entrate sostiene, a torto, che tale risposta concer-nesse solo la procedura di collaborazione volontaria, quando in verità – come puntualmente osservato da Beltrame (nota 8), p. 274 – il documento indicava che il contribuente avrebbe dovuto riportare nel Modello Unico 2015 la rendita svizzera segnando così la strada da seguire nel futuro post voluntary disclosure.

per aree economiche e per tipologia di contribuenti, deve essere supportata da adeguate giustificazioni, in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione”[5].

Nel caso concreto, v’è una chiara deviazione dal modello impositivo ordinario, operando una diversificazione per tipo-logia di contribuenti (rectius: per tipologie di scelte fatte dai contribuenti sul luogo ove incassare il reddito imponibile).

Quindi, parafrasando quanto affermato dalla Corte costi-tuzionale, ci si chiede se tale criterio di differenziazione del trattamento fiscale sia supportato da un’adeguata giustifica-zione.

Come detto, le differenziazioni di trattamento non sono illegittime a priori, non essendo necessaria una “tassazione uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria”. Un’adeguata giustificazione può rinvenirsi nella peculiarità della situazione concreta, pur-ché non risulti una differenziazione arbitraria, irragionevole o sproporzionata[6].

Occorre, in altri termini, verificare se le scelte compiute dal legislatore a supporto del trattamento fiscale differenziato siano volte a favorire interessi per i quali la Costituzione prevede forme di agevolazione o di promozione e se le stesse siano incastonabili entro una cornice di ragionevolezza. Il giudizio di proporzionalità, ossia di una delle possibili confi-gurazioni del giudizio di ragionevolezza, deve essere svolto in modo che “il sacrificio recato ai princìpi di eguaglianza e capacità contributiva non sia sproporzionato e la differenziazione dell’impo-sta non degradi in arbitraria discriminazione”. Si tratta, dunque, di verificare la coerenza tra gli strumenti normativi prescelti e gli obiettivi perseguiti dallo stesso legislatore a favorire interessi che trovano comunque riconoscimento e tutela nella Costituzione.

Ebbene, nel caso concreto, la ratio legis sarebbe l’esigenza di contrasto all’elusione fiscale, favorendo il tracciamento del flusso finanziario e, a tale scopo, applicando un sistema di tassazione speciale per i contribuenti che si avvalgano di intermediari residenti in Italia per l’accredito della pensione.

È fuor di dubbio che la lotta all’evasione fiscale è interesse tutelato dalla Carta costituzionale. Inoltre, la migliore dot-trina sostiene che le difficoltà di controllo e riscossione per l’Erario possano giustificare modificazioni della struttura della fattispecie dirette a semplificare le forme di attuazione del

[5] Corte cost., sentenza 11 febbraio 2015, n. 10, in: Riv. giur. trib., 2015, p. 388, che, sul punto, riprende Corte cost., ord. 24 luglio 2000, n. 341, in: banca dati BIG Suite, IPSOA, ove, a chiare lettere, si ricorda che “la Costituzione non impone affatto una tassazione fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e propor-zionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria; ma esige invece un indefettibile raccordo con la capacità contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di pro-gressività, come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, del principio di eguaglianza, collegato al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali esistenti di fatto alla libertà ed eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito di solidarietà politica, economica e sociale (artt. 2 e 3 della Costituzione)”.[6] Corte cost., sentenza 11 febbraio 2015, n. 10.

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su una differenza di capacità contributiva”[10].

Il trattamento fiscale differenziato, anche quando supportato dalla finalità di contrasto all’evasione fiscale, non potrebbe inoltre essere rimesso ad una scelta di opportunità del contri-buente, poiché violerebbe il principio di solidarietà tributaria e di capacità contributiva.

La necessità di garanzia della tracciabilità del flusso finanzia-rio allo scopo di contrastare l’elusione fiscale attiene in questo senso a profili di enforcement del prelievo tributario e non legittima una differenziazione di regime fiscale applicabile al contribuente basata sulle modalità e sul luogo di incasso del reddito percepito dal contribuente.

Inoltre, nell’era dello scambio automatico di informazioni ai fini fiscali l’esigenza di tracciabilità affermata dall’Agenzia delle Entrate non appare convincente.

Ulteriori profili di criticità si rinvengono con riguardo alla qualificazione giuridica del reddito diversa a seconda del mero luogo di erogazione. Non persuade l’assimilazione delle ren-dite LPP e AVS svizzere al trattamento di fine rapporto (art. 17, comma 1, lett. a TUIR) affermata da Agenzia delle Entrate, che si pone in contrasto con precedenti posizioni della stessa amministrazione finanziaria con cui tali rendite erano – più correttamente – assimilate ai redditi da pensione italiani[11].

V. ConclusioniIn conclusione, l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, seppur animato da finalità costituzionalmente riconosciute, non persuade e si risolve in un trattamento discriminatorio fondato sul mero luogo di incasso. Parametro che non trova conforto nella legislazione tributaria nazionale e che com-porta una violazione dei principi costituzionali di eguaglianza tributaria e capacità contributiva.

L’orientamento dell’Agenzia aumenta l’incertezza e alimenta il dibattito sul corretto trattamento fiscale delle pensioni svizzere, a discapito della semplificazione e della certezza del diritto.

[10] Commentata da BELTRAME (nota 8), pp. 272-273.[11] In questo senso si esprime Beltrame (nota 8), p. 274.

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101 febbraio 2021

Diritto tributario internazionale e dell'UE

Francesca AmaddeoAvvocato, Dottoressa di ricerca in Diritto dell’Unione Europea e Ordinamenti Nazionali, Docente-ricercatrice del Centro competenze tributarie della SUPSI

A nove mesi di distanza dalle brevi raccomandazioni sul tema, l’OCSE torna sull’inter-pretazione e l’applicazione dei Trattati

La guida (aggiornata) dell’OCSE sull’applicazione dei trattati nel periodo COVID-19

La situazione di incertezza nell’applicazione del diritto tributario internazionale che ha caratterizzato il 2020, non sembra cedere il passo con il nuovo anno. Così, a nove mesi di distanza, l’OCSE aggiorna le proprie linee guida relativamente ad alcuni dei principali concetti contenuti nelle CDI, delineate sulla base del noto M-OCSE. Diversamente dalle poche pagine pubblicate nell’aprile scorso, l’OCSE passa in rassegna alcuni concetti, anche alla luce delle prassi adottate dai diversi Stati.

È inevitabile rilevare come le restrizioni alle libertà personali introdotte dalle misure emergenziali per arginare la crisi sani-taria abbiano comportato una serie di situazioni di incertezza che hanno lasciato sorgere dubbi, anche importanti, relativa-mente all’applicazione di taluni concetti di diritto tributario internazionale, difficilmente conciliabili con la nuova realtà economica e quotidiana.

Il criterio di collegamento territoriale riecheggia con tutta la sua forza e, allo stesso tempo, evidenzia la sua ormai con-solidata inadeguatezza. Si pensi alle implicazioni che questo periodo ha necessariamente su fattispecie di residenza fiscale, stabile organizzazione, reddito da lavoro dipendente, home office.

Il presente contributo intende brevemente analizzare quanto rilevato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) nella sua guida “Updated guidance on tax treaties and the impact of the COVID-19 pandemic” resa il 21 gennaio 2021[1]: una versione ampliata ed aggiornata delle sintetiche raccomandazioni diffuse nel mese di aprile 2020[2].

II. La stabile organizzazioneA. La creazione di una stabile organizzazioneLa prima delle fattispecie evidenziata dall’OCSE è relativa alla creazione di una stabile organizzazione (o stabilimento d’impresa), così come definito all’art. 5 del Modello OCSE di Convenzione fiscale (M-OCSE), ossia “una sede fissa di affari” laddove l’impresa svolge in toto o in parte la propria attività.

[1] OCSE, Updated guidance on tax treaties and the impact of the COVID-19 pandemic, Parigi, 21 gennaio 2021, in: https://read.oecd-ilibrary.org/view/?ref=1060_1060114-o54bvc1ga2&title=Updated-guidance-on-tax-treaties-and-the-impact-of-the-COVID-19-pandemic (consultato il 15.02.2021).[2] OCSE, Secretariat Analysis of tax treaties and the impact of the COVID-19 crisis, in: https://www.oecd.org/coronavirus/policy-responses/oecd-secretariat-analysis-of-tax-treaties-and-the-impact-of-the-covid-19-crisis-947dcb01, Parigi, 3 aprile 2020 (consultato il 15.02.2021).

I. IntroduzioneLo scorso anno ci ha colti alla sprovvista: la pandemia deri-vante dal Covid-19 ha segnato le nostre vite, modificando abitudini, limitando le nostre libertà e richiedendo un neces-sario processo di adattamento alle nuove condizioni generali. Ancora oggi, la crisi sanitaria non sembra allentare la presa.

I. Introduzione ...................................................................... 101II. La stabile organizzazione .............................................. 101A. La creazione di una stabile organizzazione ...................... 101B. Il lavoro da casa ............................................................................ 102C. La stabile organizzazione personale (agenzia) ............... 103D. I cantieri .......................................................................................... 103III. La residenza fiscale delle persone giuridiche (place of effective management) .....................................104IV. La residenza fiscale delle persone fisiche ..................104V. L’impatto sul reddito da lavoro dipendente (art. 15 M-OCSE) .................................................................. 105A. I frontalieri e sussidi dovuti dal datore di lavoro per il Covid-19 .................................................................................... 105B. I lavoratori “bloccati” a fronte delle misure Covid-19: superamento della soglia di presenza ...................................... 106C. Le disposizioni convenzionali speciali per i lavoratori frontalieri ............................................................................................. 106D. Il telelavoro transnazionale..................................................... 107VI. Conclusioni ..................................................................... 107

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102 febbraio 2021

Diritto tributario internazionale e dell'UE

necessariamente che tale luogo sia a disposizione del datore di lavoro[5].

La disponibilità, infatti, non è data dal mero utilizzo da remoto da parte del dipendente di una certa impresa. Come si diceva, il luogo adibito temporaneamente ad ufficio diviene stabile organizzazione solo ed esclusivamente qualora siano soddisfatte due condizioni: (i) l’attività deve essere svolta in maniera continuativa presso quella determinata sede e (ii) l’impresa deve aver formulato un’esplicita richiesta al lavora-tore di utilizzare quella sede per lo svolgimento dell’attività predetta.

I lavoratori costretti ad operare da remoto presso le proprie abitazioni a causa delle misure emergenziali si trovano in una condizione evidentemente non voluta dall’impresa, bensì riconducibile ad una causa di forza maggiore.

In questo caso, non è possibile ravvisare una stabile organiz-zazione, deficitando questa dei diversi requisiti richiesti: (i) non è, infatti, possibile ravvisare né il carattere della fissità (in termini di spazio) (ii) né della continuità (in termini temporali), (iii) né, tantomeno, è possibile considerare l’abitazione del lavoratore a disposizione del datore di lavoro. Tale ultima riflessione deriva dal fatto che “in condizioni normali” l’im-presa (o, comunque, il datore di lavoro) mette a disposizione del lavoratore un ufficio, il quale risulta vacante solo in conseguenza delle misure di emergenza che impongono o raccomandano caldamente il telelavoro.

Altre riflessioni sono, invece, necessarie qualora, alla cessazione delle misure di emergenza non corrisponda un’interruzione del lavoro da casa: in questo caso, si potrebbe, infatti, ravvisare un carattere di fissità spazio-temporale. Chiaramente, ciò non di per sé sufficiente per identificare la sussistenza di una stabile organizzazione: occorre procedere ad un’analisi caso per caso, soprattutto per accertare se la sede destinata all’home office possa essere ritenuta a disposi-zione del datore di lavoro.

In merito a quest’ultima valutazione, si rappresenta come il Commentario M-OCSE, all’art. 5[6], sminuisca la rilevanza della richiesta da parte del datore di lavoro di svolgere l’at-tività presso la propria abitazione. Se, infatti, la propria casa è utilizzata, su base continua, per lo svolgimento dell’attività d’impresa ed è chiaro, tramite una verifica basata su elementi fattuali, che il datore di lavoro stesso ha richiesto al lavoratore di adibire tale luogo a sede lavorativa[7], quest’ultima potrà ritenersi a disposizione dell’impresa.

[5] Commentario M-OCSE, ad art. 5, par. 18, in: http://www.oecd.org/ctp/treaties/model-tax-convention-on-income-and-on-capital-condensed-ver-sion-20745419.htm (consultato il 15.02.2021).[6] Commentario M-OCSE (nota 5), ad art. 5, par. 18 e 19.[7] Ad es, è possibile che il datore di lavoro non abbia provveduto a mettere a disposizione del lavoratore, che per la tipologia di attività lavorativa svolta lo richiede, un ufficio (Commentario M-OCSE [nota 5], ad art. 5, par. 18.

Il problema sorge nel momento in cui i dipendenti delle imprese si trovano ad essere dislocati in Stati diversi da quello in cui solitamente svolgono la propria attività lavorativa. Ci si interroga, pertanto, in merito alla possibilità di ravvisare nell’abitazione del lavoratore, sita in un diverso Stato, per l’appunto, dal luogo ordinario di lavoro, una sede fissa di affari.

La pandemia deve ritenersi, come l’OCSE ha ribadito sin da subito, una circostanza eccezionale e, in quanto tale, tem-poranea. Il fattore della volatilità è il primo elemento che impedisce, a parere della comunità internazionale, di ravvisare nel “lavoro da casa” del dipendente una stabile organizzazione del datore di lavoro. Tale considerazione vale anche nell’i-dentificazione della stabile organizzazione personale (ossia, qualora l’agente concluda presso la propria abitazione con-tratti per nome e conto dell’azienda) purché tale circostanza sia dovuta essenzialmente alle limitazioni derivanti dalla legislazione d’emergenza.

Ancora, alla medesima stregua dev’essere trattata l’inter-ruzione del cantiere dovuta a cause di forza maggiore: la sospensione temporanea non implica l’estinzione (in costanza di specifiche condizioni)[3]. Diversamente, infatti, questo cam-biamento comporterebbe un aggravio in termini burocratici e di risorse sia per le imprese stesse sia per le Amministrazioni finanziarie coinvolte[4].

B. Il lavoro da casaNello specifico, se è vero che la sussistenza di una stabile organizzazione deve essere verificata sulla base di elementi fattuali, occorre tener presente che la sede presso la quale identificare l’eventuale permanent establishment deve essere connotata da un certo grado di fissità. Inoltre, è necessario che questa sia a disposizione del datore di lavoro.

Stando a quanto affermato nel Commentario M-OCSE, infatti, non è sufficiente che una parte dell’attività sia svolta in un luogo diverso dalla sede ordinaria, come, ad es., può essere l’abitazione privata di un dipendente: ciò non implica

[3] Ciò non preclude, tuttavia, alle singole Amministrazioni finanziarie di tenere conto del periodo di interruzione “forzato” nella determinazione del-la soglia per determinare l’esistenza (o meno) della stabile organizzazione. In questo senso, ad es., si è espressa l’Austria (cfr. Bundesministerium Finanzen, Info zur Anwendung und Auslegung von Doppelbesteuerungsabkommen im Zusammenhang mit der COVID-19 Pandemie, in: https://findok.bmf.gv.at/findok?execution=e1s1 [consultato il 15.02.2021]). Un approccio opposto, invece, è stato adottato dalla Germania, la quale non computa il periodo di sospensione nel calcolo (cfr., Bundesministerium der Finanzen, Doppelbe-steuerungsabkommen und andere Abkommen im Steuerbereich, in: https://www.bundesfinanzministerium.de/Web/DE/Themen/Steuern/Internatio-nales_Steuerrecht/Staatenbezogene_Informationen/staatenbezogene_info.html [consultato il 15.02.2021]).[4] Al fine di arginare un simile aggravio, il Canada ha adottato una politica interamente in linea con quanto auspicato dall’OCSE (cfr. Gover-nement du Canada, Directives liées aux problèmes en matière de fiscalité internationale soulevés par la crise de la COVID-19, in: https://www.canada.ca/fr/agence-revenu/campagnes/mise-a-jour-covid-19/directives-problemes-fiscalite-internationale.html [consultato il 15.02.2021]). In questo senso, anche la Grecia (cfr. il sito ufficiale dell’Amministrazione finanziaria locale, in: https://aade.gr/sites/default/files/2020-07/E2113_2020.pdf [con-sultato il 15.02.2021]).

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emergenziali, l’agente continui ad operare dalla propria abi-tazione. In entrambe le fattispecie, il carattere dell’abitualità nella conclusione dei contratti sembra emergere in maniera inopinabile[9].

Sostanzialmente, l’attività dell’agente in un determinato Paese non può essere considerata come abituale se lo svolgimento del lavoro da casa è stato avviato solo ed esclusivamente a fronte della situazione emergenziale e delle relative misure introdotte per contenere le conseguenze della pandemia. Ne consegue che non costituisce un’agency permanent establi-shment in quanto si suppone tale situazione atipica cesserà al cessare della pandemia. D. I cantieriIl diffondersi del Coronavirus ha, tra le altre cose, impedito la prosecuzione dei lavori nei cantieri, i quali sono stati, pertanto, sospesi. Come è noto, infatti, i cantieri vengono ricondotti alla categoria della stabile organizzazione qualora durino più di dodici mesi (sei mesi, invece, secondo il Modello ONU[10]). Il Commentario M-OCSE specifica che i cantieri non si riten-gono chiusi in caso di sospensione dei lavori: tale interruzione, tuttavia, viene computata nel calcolo per la soglia prevista dall’art. 5 par. 3 M-OCSE per la determinazione della sus-sistenza di una stabile organizzazione[11]. Gli esempi cui il Commentario M-OCSE si riferisce, però, non fanno menzione di cause di forza maggiore assimilabili alla pandemia: si tratta, diversamente, di condizioni metereologiche avverse, carenza di materiali o difficoltà nello svolgimento dei lavori.

All’interno dello stesso Commentario non si rinviene una chiara definizione del termine “interruzione temporanea”, sicché la determinazione di tale concetto è lasciata alla discrezionalità dei singoli Stati coinvolti. Taluni Stati, in virtù delle circostanze di eccezionalità, hanno disposto che le inter-ruzioni dovute al Coronavirus esulino dal computo richiesto per le soglie di cui al citato art. 5 par. 3 M-OCSE. Tale approc-cio che sembra essere il più ragionevole, tuttavia, potrebbe, in determinate situazioni, dare adito a fenomeno di doppia non imposizione. In quest’ottica, altri Paesi hanno diversamene disposto il rilievo dello stop forzato ai fini dell’individuazione della stabile organizzazione convenzionale[12].

[9] Si ritiene essenziale puntualizzare come il Commentario M-OCSE (nota 5), ad art. 5, par. 98 rappresenti come occorra tenere in considerazione, al fine di individuare o meno la sussistenza di una stabile organizzazione personale, la natura dei contratti, oltre che degli affari dell’impresa stessa. Infatti, i par. precedenti, nn. 28-30, rilevano come, tra le altre cose, occorre far riferimen-to anche alla prassi dei singoli Paesi. L’esperienza ha, infatti, dimostrato come spesso un agente che si trova a concludere abitualmente contratti in nome e per conto di un’impresa non residente non sia stata ricondotta alla categoria di cui all’art. 5 par. 5 M-OCSE se di durata inferiore ai sei mesi.[10] United Nations, Model Double Taxation Convention between Developed and Developing Countries, 2017, in: https://www.un.org/esa/ffd/wp-content/uploads/2018/05/MDT_2017.pdf (consultato il 15.02.2021).[11] Commentario M-OCSE (nota 5), ad art. 5, par. 3, par. 55[12] L’autorità competente in Grecia, per es., ha previsto che un cantiere non viene considerato come chiuso se temporaneamente interrotto a fronte del Covid-19, tuttavia, il periodo di sospensione dei lavori rientra nel computo della soglia dei dodici mesi di cui all’art. 5 M-OCSE (cfr. https://aade.gr/sites/default/files/2020-07/E2113_2020.pdf [consultato il 15.02.2021]).

D’altro canto, qualora il lavoratore transnazionale, che si trovi a svolgere la maggior parte dell’attività lavorativa presso la propria abitazione (per definizione, locata in uno Stato diffe-rente da quello in cui ordinariamente presta il proprio lavoro), benché abbia a disposizione nello Stato della fonte un ufficio, assicurato dal datore di lavoro, appare evidente che il criterio della “disponibilità per il datore di lavoro” dell’abitazione privata non possa essere soddisfatto. La predisposizione di un apposito ufficio implica che il datore di lavoro non abbia espressamente richiesto al lavoratore di destinare la propria casa a sede lavorativa.

In generale, quindi, non è possibile ascrivere l’home office, forzato o raccomandato per ragioni di salute pubblica, come espressamente previsto da apposite norme emergenziali, alla categoria della stabile organizzazione, intesa come sede fissa di affari, la quale deve avere carattere di fissità spazio-temporale e disponibilità, da parte del datore di lavoro, dello spazio ad esso dedicato dal lavoratore. C. La stabile organizzazione personale (agenzia)Al pari, dubbi sono sorti relativamente alla qualificazione della stabile organizzazione cd. personale (cd. agency permanent establishment), di cui all’art. 5 par. 5 M-OCSE relativamente alla fattispecie in cui un determinato soggetto si trovi a lavo-rare “temporaneamente” da casa (o, comunque, nello Stato di residenza) per conto di un datore di lavoro straniero.

Come è noto, questa particolare tipologia di stabile orga-nizzazione è ravvisabile solo ed esclusivamente qualora il cd. agente sia solito concludere contratti in nome e per conto del proprio datore di lavoro. Al fine di comprendere, pertanto, se la situazione legata alla pandemia sia suscettibile di ricadere in quest’ambito occorre porre l’accento sul carattere dell’abi-tualità.

Sembra ragionevole ritenere che stante la natura tempora-nea ed eccezionale delle misure limitative dettate dai diversi Governi per arginare la pandemia, l’attività svolta dal cd. agente non possa essere considerata abituale[8].

Diverse conclusioni devono, ovviamente, essere raggiunte qualora l’agente fosse solito concludere contratti in nome e per conto dell’impresa in maniera abituale dal proprio Stato di residenza anche in una fase antecedente alla pandemia. Allo stesso modo, valutazioni differenti devono essere effettuate nel caso in cui anche alla cessazione degli effetti delle misure

[8] Commentario M-OCSE, versione 2014 (Commentario OCSE 2014) in: https://read.oecd-ilibrary.org/taxation/model-tax-convention-on-inco-me-and-on-capital-condensed-version-2014_mtc_cond-2014-en#page1 (consultato il 15.02.2021). Cfr., in particolare, Commentario M-OCSE 2014, ad art. 5, par. 6, laddove si specifica che le attività considerate devono avere un requisito di fissità e non devono essere meramente temporanee o transitorie (Commentario M-OCSE 2014, ad art. 5, par. 33.1, laddove si ribadisce che il cri-terio dell’abitualità nell’esercizio dell’autorità per concludere contratti, da parte dell’agente, deve essere inteso come la presenza esercitata e mantenuta da un’impresa in un determinato Paese non in modo meramente transitorio; cfr. Commentario OCSE [nota 5], ad art. 5, par. 98 ove si ribadisce il concetto della presenza fissa e non meramente temporanea dell’impresa al fine di qualificare la medesima alla stregua di una stabile organizzazione).

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104 febbraio 2021

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concordi nel concludere che la residenza fiscale di una persona giuridica, determinata secondo quanto disposto dall’art. 4 par. 3 M-OCSE, non dovrebbe subire modifiche a fronte della situazione emergenziale che stiamo vivendo, trattandosi di circostanze transitorie e straordinarie. Si lascia, comunque, spazio per verifiche puntuali in casi dubbi, qualora supportati da specifici dati di fatto.

IV. La residenza fiscale delle persone fisicheLa fattispecie forse più problematica dovuta alle misure di limitazione della libertà personale anti-pandemiche riguarda la determinazione della residenza delle persone fisiche. Come è noto, questa rinviene la propria disciplina all’art. 4 M-OCSE, tramite l’applicazione delle cd. tie-breaker rules, meglio note come regole a cascata. Giova ricordare che queste regole vengono in esame solo ed esclusivamente nel momento in cui il soggetto interessato sia suscettibile di doppia residenza, in applicazione del diritto interno degli Stati coinvolti.

Secondo l’OCSE, durante questo periodo, si possono delineare principalmente due ipotesi.

La prima vede una persona che, trovandosi temporanea-mente in uno Stato diverso da quello di residenza, sia rimasta bloccata nel Paese “ospite” a fronte delle misure Covid-19 e, in seguito a tale permanenza, soddisfi i criteri nazionali per essere considerato ivi residente fiscale. In questo caso, il cri-terio della temporaneità prevale sulla rispondenza ai requisiti previsti dalle norme domestiche. Infatti, benché la perma-nenza sul territorio del Paese in esame possa comportare la sua ascrivibilità alla categoria del residente fiscale secondo quanto stabilito a livello domestico, occorre ribadire la pre-minenza delle norme convenzionali, in ottemperanza, quindi, alle tie-breaker rules. Queste prevedono la verifica gerarchica dei criteri di (i) abitazione permanente, (ii) centro degli inte-ressi vitali, (iii) soggiorno abituale e (iv) nazionalità.

Nella maggior parte dei casi, pertanto, tale situazione non dovrebbe avere implicazioni fiscali. Seguendo le citate regole a cascata, lo Stato di residenza sarà tendenzialmente confermato come tale. Difficilmente, infatti, il contribuente avrà un’abitazione permanente nel Paese ospitante. Tuttavia, rammentando che, secondo il Commentario M-OCSE, non occorre un titolo giuridico, ma è sufficiente la disponibilità di un’abitazione (valgono, infatti, anche gli affitti a breve ter-mine), potrebbe verificarsi anche la circostanza opposta.

Qualora l’avesse, pertanto, occorrerà verificare se abbia man-tenuto la propria casa nell’altro Stato o meno. Nella prima ipotesi, occorrerà procedere applicando gli altri criteri (centro

la COVID-19, in: https://www.canada.ca/fr/agence-revenu/campagnes/mise-a-jour-covid-19/directives-problemes-fiscalite-internationale.html [consultato il 15.02.2021]). Il Regno Unito, invece, rileva già flessibilità nella propria normativa domestica, sicché lo svolgimento di alcune riunioni, ad es., del CdA dell’impresa sul territorio inglese non comporterà un cambiamento nella determinazione della sede di direzione effettiva (cfr. HMRC Approach to UK Permanent Establishments in response to COVID-19 Pandemic, in: https://www.gov.uk/hmrc-internal-manuals/international-manual/intm261010 [consultato il 15.02.2021]).

III. La residenza fiscale delle persone giuridiche (place of effective management)Le circostanze attuali possono potenzialmente impattare anche sulla determinazione del criterio previsto dall’art. 4 M-OCSE sulla residenza delle persone giuridiche, il cd. place of effective management, ossia la sede di direzione effettiva, dovendo con essa intendersi il luogo in cui vengono prese le decisioni chiave per la gestione dell’ente. Infatti, la limitazione degli spostamenti ovvero l’impossibilità di viaggiare per i membri del Consiglio di Amministrazione (CdA), come pure degli organi esecutivi, può aver comportato una diversa loca-zione dei rispettivi meeting e delle riunioni. La sede di direzione effettiva risulterebbe così dislocata in altro luogo e, di conse-guenza, la residenza della persona giuridica.

Anche in questo contesto, il carattere di temporaneità costituisce il discrimine per l’applicazione delle norme convenzionali. Il cambio di luogo, ad es., per le riunioni del CdA è dovuto a circostanze straordinarie e, in quanto tali, non dovrebbero comportare un cambio di residenza ai sensi dell’art. 4 par. 3 M-OCSE. Tale problematica potrebbe risultare in una situa-zione di “doppia residenza”. Nonostante, come ribadito dallo stesso Commentario OCSE, situazioni di dual residence relati-vamente alle persone giuridiche siano piuttosto rare, qualora si presentasse la fattispecie, occorre, in primis, tenere in consi-derazione la versione del M-OCSE seguito dalla Convenzione contro le doppie imposizioni (CDI) da applicarsi.

Si ricorda, infatti, che nella versione del 2014, cui la maggior parte delle CDI risultano ancora ancorate, la sede di direzione effettiva costituisce l’unico e solo criterio per la determina-zione della residenza delle persone giuridiche. In questo caso, il Commentario M-OCSE, all’art. 4, par. 24, la definisce come la sede dove, in generale, vengono prese le decisioni chiave per il management oltre che quelle commerciali per la gestione dell’impresa: sicché la valutazione deve essere effettuata sulla base delle specifiche circostanze di fatto[13].

La versione 2017 del M-OCSE, invece, prevede che la resi-denza delle persone giuridiche venga individuata tramite una procedura amichevole di consultazione tra le Amministrazioni finanziarie coinvolte, sulla scorta di una serie di criteri ed indici, quali il luogo ove si incontrano i membri degli organi decisionali, dove il corpo executive svolge la propria attività, ecc. In questo caso, la soluzione conciliativa sembra meglio adattarsi alla problematica.

Diversi Paesi hanno emanato alcune linee guida per sopperire all’incertezza causata da tale contesto[14], i quali, sembrano

[13] Commentario M-OCSE (nota 5) ad art. 29, par. 149 ha rilevato come la sede di direzione effettiva è stata interpretata da parte della maggior parte dei Paesi quale luogo in cui il gruppo direttivo era solito prendere le decisioni essenziali per la gestione e la conduzione dell’impresa.[14] Sull’irrilevanza del cambio di luogo per le riunioni degli organi esecuti-vi, si è espressa l’Australia (cfr. Australian Taxation Office, Working out your residency, in: https://www.ato.gov.au/business/international-tax-for-busi-ness/working-out-your-residency [consultato il 15.02.2021]). Sulla stessa linea, si pone anche il Canada (cfr. Governement du Canada, Directives liées aux problèmes en matière de fiscalité internationale soulevés par la crise de

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105 febbraio 2021

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misura importante sulle scelte comportamentali della per-sona coinvolta.

V. L’impatto sul reddito da lavoro dipendente (art. 15 M-OCSE)Come è noto, la potestà impositiva sul reddito da lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 15 M-OCSE, appartiene, di regola, allo Stato di residenza del lavoratore, salvo che l’attività non sia svolta in un diverso Paese (Stato della fonte). Quest’ultimo viene individuato quale luogo in cui il lavoratore è “fisicamente presente mentre svolge l’attività per la quale percepisce il red-dito” in oggetto[18]. In caso, tuttavia, di collegamento tenue o debole con lo Stato della fonte è prevista una deroga: ai sensi dell’art. 15 par. 2 M-OCSE, se il lavoratore non permane sul territorio per più di 183 giorni, il datore di lavoro non è resi-dente nello Stato della fonte ed il salario non viene elargito dal datore di lavoro tramite una stabile organizzazione ivi situata, la potestà impositiva appartiene allo Stato di residenza.

L’OCSE analizza prettamente quattro situazioni potenzial-mente verificabili.

A. I frontalieri e sussidi dovuti dal datore di lavoro per il Covid-19Una politica adottata a livello diffuso tra i diversi Paesi, quale incentivo economico e sociale, è stata quella di concedere “pacchetti di ristori” per i datori di lavoro: tali sussidi hanno lo scopo di evitare licenziamenti di massa, consentendo il mantenimento del rapporto lavorativo anche qualora i dipen-denti non siano nelle condizioni di svolgere la propria attività lavorativa.

Tali redditi percepiti a titolo di sussidio da parte dei lavoratori dipendenti, devono essere ricondotti alla potestà impositiva dello Stato in cui solitamente il soggetto lavora[19]. Questi sussidi potrebbero potenzialmente essere l’ultimo pagamento che il dipendente riceverà: ciò li rende assimilabili alle cd. indennità di fine rapporto, le quali, secondo il Commentario M-OCSE ricadono nella potestà impositiva del luogo in cui il lavoratore avrebbe altrimenti svolto la propria attività, ossia lo Stato della fonte[20]. Questo, in epoca Covid-19, coincide con il luogo ove il lavoro era svolto prima dello scoppio della pandemia.

In alternativa, gli aiuti ricevuti potrebbero essere trattati alla stregua di ferie retribuite o del congedo per malattia, anch’esso retribuito, categorie che non hanno mai sollevato, a parere dell’OCSE, grossi problemi a livello internazionale[21]. Secondo le linee guida, pertanto, il sussidio concesso dal Governo ad un lavoratore che, a fronte del Covid-19, rischia di perdere il proprio impiego, dev’essere imposto, ai sensi dell’art.

[18] Commentario M-OCSE (nota 5), ad art. 15.[19] Tale regola, segnala l’OCSE, vale anche nel caso dei lavoratori frontalieri.[20] Commentario M-OCSE (nota 5), ad art. 15, par. 2.6.[21] In questo caso, qualora lo Stato della fonte abbia potestà impositiva, spetterà allo Stato di residenza premurarsi di evitare la doppia imposizione applicando, ai sensi dell’art. 23 M-OCSE, il metodo dell’esenzione o del credito d’imposta.

degli interessi vitali, soggiorno abituale e nazionalità): diffi-cilmente la residenza verrà imputata allo Stato ospite. Nella seconda ipotesi, invece, il contribuente sarà presumibilmente ritenuto residente nello Stato ospite anche ai fini convenzio-nali[15].

La seconda fattispecie vede un soggetto, originario di un determinato Paese che si sposta in un altro Stato, dove svolge la propria attività lavorativa e acquisisce qui la propria resi-denza fiscale. A seguito dello scoppio della pandemia, tuttavia, decide di tornare temporaneamente nello Stato di residenza precedente. Questa seconda casistica potrebbe avere delle conseguenze anche rilevanti per il contribuente interessato: ciò è dovuto al fatto che l’attaccamento al Paese d’origine risulta sicuramente più forte rispetto a quanto suesposto. Se, infatti, pre-Covid-19 il contribuente poteva, secondo le cd. regole a cascata, pacificamente ritenersi residente nel “nuovo” Stato di residenza, il rientro dovuto al Covid-19 presso lo Stato di origine potrebbe spostare l’equilibrio in favore di quest’ultimo Paese. Il criterio determinante in un simile contesto sarà, secondo l’OCSE, il soggiorno abituale. Questo deve intendersi come il luogo dove si vive abitualmente o in cui si è solitamente presenti[16]. Non è possibile ridurre tale verifica al mero numero di giorni spesi in uno piuttosto che nell’altro Stato: occorre che vi sia una combinazione di durata, frequenza e regolarità nella permanenza, che sia parte della routine del contribuente.

Pertanto, se i giorni trascorsi nello Stato di residenza prece-dente sono dovuti esclusivamente alle restrizioni Covid-19, ciò non comporterà una modifica significativa nella valu-tazione del soggiorno abituale della persona interessata. Questo, infatti, richiede una verifica relativa ad un lasso temporale sufficiente per accertarne la frequenza, la durata e la regolarità, criteri di per sé incompatibili con la situazione pandemica, principalmente connotata dal carattere della temporaneità[17].

A diverse conclusioni si potrebbe, invece, giungere, qualora la permanenza nello Stato di origine prosegua anche al ter-mine delle misure emergenziali o sia quantomeno sufficiente per procedere ad una appropriata verifica secondo quanto suesposto. Si tratta, tuttavia, di un’applicazione meramente meccanica di quanto previsto dalle norme convenzionali e di diritto interno che sembrano non tenere in considerazione anche l’aspetto umano, il quale, certamente ha impattato in

[15] L’OCSE precisa che anche una casa presa in affitto per il periodo di per-manenza nello Stato ospite conta come abitazione permanente ai fini dell’applicazione delle tie-breaker rules di cui all’art. 4 M-OCSE.[16] Commentario M-OCSE (nota 5), ad art. 4, par.19.[17] Diversi Paesi hanno emanato delle linee guida sul tema della residenza fiscale delle persone fisiche in costanza di Covid-19, tra cui Australia, Canada, Finlandia, Grecia, Francia, India, Regno Unito. Tutti hanno previsto, in linea di massima, una politica pro-contribuente, affermando che i giorni trascorsi sul proprio territorio a fronte della situazione pandemica non verranno considera-te nel computo dei 183 giorni. Diversamente si pone, invece, la risposta fornita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, interrogazione a risposta in commissione n. 5-04654, presentata da Massimo Ungaro, lunedì 28 settembre 2020, seduta n. 399 (cfr. Francesca Amaddeo, La residenza fiscale in Italia ai tempi del COVID-19, in: NF n. 12/2020, pp. 752-753).

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106 febbraio 2021

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C. Le disposizioni convenzionali speciali per i lavoratori fron-talieriUna categoria sicuramente coinvolta, a livello fiscale (ma non solo), durante la pandemia è stata – ed è tutt’ora – quella dei lavoratori frontalieri, dovendo con essi intendersi coloro i quali risultano svolgere un’attività lavorativa in uno Stato diverso da quello di residenza, ove sono soliti rientrare periodicamente (quotidianamente o, almeno, settimanalmente).

Il M-OCSE non offre all’art. 15 una disciplina univoca per determinare il trattamento fiscale dei frontalieri che, pertanto, viene solitamente disciplinato a livello di accordi bilaterali tra gli Stati interessati, tramite appositi accordi, di solito, convo-gliati in un par. 4 del corrispondente art. 15 nelle singole CDI.

Si è discusso, in particolare, sul mantenimento dello status di frontaliere anche in assenza del requisito del rientro al proprio domicilio e dell’ascrivibilità o meno del telelavoro alle cd. soglie di esonero. Queste ultime, previste in talune CDI, consentono ai lavoratori frontalieri di non fare rientro al proprio domicilio e/o di restare presso di esso in costanza di specifiche circo-stanze (ad es. malattia) senza pericolo di incorrere in doppia imposizione.

Per arginare la dilagante incertezza, soprattutto nella prima fase della pandemia, molti Paesi hanno siglato accordi ami-chevoli con gli Stati confinanti, regolando la situazione dei frontalieri[26]: molti di questi hanno chiarito che la situazione generale tollerava, in deroga alla definizione stessa di fron-taliere l’assenza del rientro al domicilio, tendenzialmente esonerando dal computo per le soglie di esonero i giorni spesi in telelavoro. In questo caso, infatti, si è specificato che il tempo in cui l’attività è stata prestata da remoto, in particolari circostanze come la forza maggiore, è da ritenersi alla stregua di quello speso sul territorio dello Stato della fonte, come se il dipendente si fosse regolarmente recato in ufficio[27].

Ad es., si segnala la politica intrapresa dalla Germania, la quale ha sottoscritto accordi amichevoli con le autorità competenti di Austria, Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia e Svizzera introducendo un’apposita fictio iuris[28]. Nella specie, nel periodo di emergenza, in vigenza di misure restrittive

[26] Cfr. Marco Bernasconi/Francesca Amaddeo, Il regime fiscale dei lavoratori frontalieri a fronte delle misure di emergenza Covid-19, in: NF ed. speciale III, 2020, pp. 73-77. Si segnala come, ad es., Austria ed Italia abbiano siglato un accordo amichevole laddove si prevede i lavoratori fron-talieri rimangono tali, ai sensi convenzionali, nonostante le limitazioni e l’assenza del requisito del rientro al proprio domicilio, in: https://www.finanze.gov.it/it/inevidenza/Accordo-tra-Italia-e-Austria-trattamento-fiscale-fron-talieri (consultato il 15.02.2021).[27] Cfr, Bernasconi/Amaddeo (nota 26), pp. 75-77. Ad es., Austria e Ger-mania hanno siglato un accordo amichevole laddove si specifica che lo smart working esercitato dai lavoratori frontalieri in costanza di Covid-19 non ven-gono computati alla soglia di esenzione prevista dalla relativa CDI, pari, nella specie, a 45 giorni (cfr. Bundesministerium Finanzen, Konsultationsvereinba-rung zum DBA-Deutschland betreffend Arbeitnehmer und im öffentlichen Dienst Beschäftigte im Homeoffice sowie Kurzarbeitergeld und Kurzarbeitsun-terstützung iZm der COVID-19-Pandemie, in: https://findok.bmf.gv.at/findok?execution=e3s1 [consultato il 15.02.2021]).[28] Cfr. Bundesministerium der Finanzem, COVID-19 Konsultationsvereinba-rung, in: http://www.bundesfinanzministerium.de (consultato il 15.02.2021).

15 M-OCSE, nel Paese in cui avrebbe lavorato in condizioni normali (in assenza di pandemia)[22].

B. I lavoratori “bloccati” a fronte delle misure Covid-19: supe-ramento della soglia di presenzaCosa accade, invece, ai contribuenti che sono rimasti bloccati nel luogo dove svolgono la propria attività lavorativa senza poter più far rientro nel Paese di residenza?

Consideriamo una fattispecie in cui siano in vigore delle norme restrittive della libertà personale, e un lavoratore, ordinariamente eleggibile per beneficiare dell’esenzione nello Stato della fonte, e che, in assenza delle citate preclusioni nor-mative, avrebbe fatto rientro alla propria residenza. Ricadono in queste condizioni sia il lavoratore in quarantena (ad es., che ha contratto il virus ovvero che è entrato in contatto con un positivo) sia il lavoratore che venga a trovarsi vincolato negli spostamenti a fronte delle misure restrittive adottate a livello nazionale[23]. In questo caso, se alcuni Paesi hanno ritenuto più corretto non applicare la nota regola dei 183 giorni di presenza sul territorio per l’assunzione dello status di residente fiscale[24], altri hanno previsto circostanze più dettagliate, ad es., decretando il necessario accertamento caso per caso oppure statuendo che, in ogni caso, siffatte circostanze non avrebbero comportato conseguenze fiscali per i contribuenti[25].

[22] Il Ministro dell’Economia austriaco ha affermato che un sussidio gover-nativo atto a compensare la riduzione dell’attività lavorativa (sino al 100%) versato dal datore di lavoro al dipendente, ricade nella potestà impositiva del-lo Stato dove, in condizioni ordinarie, si sarebbe svolta l’attività lavorativa in oggetto, determinata ai sensi dell’art. 15 M-OCSE. Tuttavia, si precisa che se nel corpo della convenzione di interesse vi sia una specifica norma dedicata a previdenza ed oneri sociali, allora tale reddito esula dallo spettro applicativo dell’art. 15 M-OCSE, ricadendo nelle norme specifiche, le quali tendenzialmen-te allocano la potestà impositiva in capo allo Stato che concede il sussidio (cfr. Bundesministerium Finanzen, Info zur Anwendung und Auslegung von Doppelbesteuerungsabkommen im Zusammenhang mit der COVID-19 Pan-demie, in: https://findok.bmf.gv.at/findok?execution=e1s1 [consultato il 15.02.2021]). Cfr. anche il corrispondente accordo amichevole concluso tra Austria e Germania relativamente all’applicazione dell’art. 18 par. 2 della CDI sottoscritta tra i due Paesi, in: https://findok.bmf.gv.at/findok?execution=e3s1 (consultato il 15.02.2021).[23] Giova ribadire che ricadono nella categoria “misure restrittive” solo gli effettivi divieti di spostamento e non anche le mere raccomandazioni di evitare gli spostamenti non necessari.[24] Commentario M-OCSE (nota 5), ad art. 15, par. 5. Il Commentario M-OCSE specifica che tutti i giorni trascorsi sul territorio sono suscettibili di essere con-siderati ai fini della determinazione della soglia dei 183 giorni (sia lavorativi sia festivi) e fornisce diversi esempi, tra cui rientrano i giorni di malattia.[25] L’Australia, ad es., ha chiarito che nella determinazione dell’imposizione del reddito percepito da lavoratori dipendenti venutisi a trovare in condizio-ni eccezionali, quali quelle derivanti dalla pandemia derivante dal Covid-19, occorre tenere in considerazione la particolarità della fattispecie. Infatti, non si rileva alcun problema nel momento in cui la permanenza del lavoratore sul continente australiano sia di breve termine (non più di tre mesi), tutta-via, qualora questa soglia sia superata, occorre valutare i singoli elementi del caso specifico. In particolare, occorre valutare se le limitazioni derivano diret-tamente da norme restrittive o se costituiscono il determinante principale della situazione in esame (cfr. Australian Taxation Office, Working out your residency, in: https://www.ato.gov.au/business/international-tax-for-busi-ness/working-out-your-residency [consultato il 15.02.2021]).

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107 febbraio 2021

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◆ caso 1. Prima del Covid-19, un lavoratore residente nello Stato A era solito lavorare nello Stato B. A fronte della pandemia, tuttavia, comincia a svolgere la propria attività direttamente dallo Stato A. Applicando l’art. 15 M-OCSE: (i) se il datore di lavoro è residente nello Stato B, quest’ultimo può esercitare la potestà impositiva sul reddito derivante dal rapporto di lavoro per il periodo in cui il lavoratore si trovava fisicamente sul suo territorio; (ii) se il datore di lavoro non è, invece, residente nello Stato B (o non sostiene il costo del lavoratore tramite una stabile organizzazione ivi situata) e qualora il lavoratore spenda meno di 183 giorni nello Stato B, quest’ultimo perderebbe il potere di tassare il reddito del lavoratore;

◆ caso 2. Un lavoratore residente nello Stato A resta bloccato nello Stato B a causa delle misure restrittive adottate per far fronte al Coronavirus. Comincia, quindi, a svolgere la propria attività lavorativa dallo Stato B. Ai sensi dell’art. 15 M-OCSE, questi potrebbe avere il diritto di tassare tale reddito se il datore di lavoro fosse anch’egli residente in quello Stato (o si avvalesse di una stabile organizzazione ivi situata). Nei casi in cui il datore di lavoro fosse residente in qualunque altro posto, lo Stato B avrebbe il diritto di imporre il reddito da lavoro, solo qualora il lavoratore passi il test dei 183 giorni.

Circostanze eccezionali richiedono misure eccezionali per evitare uno sproporzionato aggravio in termini di risorse e di compliance in casi in cui tali situazioni siano scevre dalla volontà e del lavoratore e del datore di lavoro. La soluzione migliore potrebbe essere quella di affrontare la problematica tramite una procedura amichevole, come accaduto per diversi Paesi.

Il telelavoro, che costituisce una realtà ormai da diversi anni, è emerso in tutta la sua importanza. Di certo, questa nuova modalità di svolgere la propria attività rappresenterà un nuovo sbocco per il futuro e, presto o tardi, la comunità internazionale dovrà premurarsi di delinearne i confini fiscali.

VI. ConclusioniDal contenuto del documento OCSE si ravvisa un fil rouge pro contribuente: tendenzialmente, la situazione di emergenza deve essere considerata eccezionale in tutte le sue sfaccetta-ture, ivi comprese quelle fiscali.

In condizioni ordinarie, si suppone che certe problematiche non si sarebbero poste: talune scelte non dipendono pro-priamente dal contribuente o, laddove sono riconducibili alla sua discrezionalità, è possibile ritenere che la stessa sia stata fortemente influenzata dalle circostanze emergenziali.

Molti Paesi si sono premurati di specificare alcune prassi ed interpretazioni interne, chiarendo in maniera esplicita il trattamento delle singole fattispecie. Tuttavia, si rileva come molte situazioni dovranno essere analizzate nel merito, caso per caso, in considerazione di dati di fatto e di circostanze specifiche. Si presenta, quindi, un ossimoro: la certezza del diritto tanto proclamata sembra scemare se declinata, poi, nei casi concreti.

anti-pandemiche ovvero in costanza di raccomandazioni dalle autorità di prediligere il telelavoro, i giorni in cui i lavora-tori frontalieri svolgono la propria attività da remoto vengono considerati come trascorsi sul territorio dello Stato della fonte, dove avrebbero lavorato in condizioni normali. Tuttavia, tale fictio non viene in considerazione se si dimostra che taluni giorni sarebbero stati, in ogni caso, trascorsi nel Paese di resi-denza, indipendentemente dal Covid-19. L’applicazione di tale struttura giuridica è facoltativa: ad es., il lavoratore frontaliere che non otterrebbe alcun vantaggio da tale fictio iuris, può richiedere l’applicazione delle norme convenzionali “ordinarie”. Nei rapporti con l’Austria, in particolare, è stato esplicitato che il lavoro da remoto non comporta un’esclusione del lavoratore dalla categoria di “frontaliere”.

Si coglie l’occasione per ribadire che, non senza una nota cri-tica, non tutte le CDI sottoscritte (né, tantomeno, gli Accordi sui frontalieri) prevedevano specifiche definizioni di lavoratore frontaliero né, tantomeno, eventuali soglie di esonero. Taluni trattati internazionali hanno, pertanto, mostrato le loro lacune, determinando la necessità per le autorità competenti dei relativi Paesi di prendere posizione in merito, migliorando (se non innovando del tutto) quanto già in vigore[29].

D. Il telelavoro transnazionaleInfine, l’OCSE affronta il tema del telelavoro, dovendo con esso intendersi il lavoro del dipendente svolto da remoto, ossia in un luogo diverso dall’ordinario ufficio.

Applicando alla lettera quanto disposto dall’art. 15 M-OCSE, tale dislocamento potrebbe comportare variazioni nella pre-cedente ripartizione tra Stato della fonte e Stato di residenza del lavoratore. Ne conseguirebbe, l’insorgere di complessità, specie burocratiche sia per i datori di lavoro sia per i dipen-denti. La ritenuta alla fonte, ad es., applicata dai datori di lavoro, potrebbe venire ad essere priva di base legale: sarebbe, pertanto, necessario provvedere ad una sospensione del pre-lievo ovvero ad un rimborso al lavoratore.

Quest’ultimo, da parte sua, si vedrebbe soggetto ad una nuova (o maggiorata) responsabilità tributaria nello Stato di residenza, che potrebbe risultare anche in una maggiore compliance. Vediamo due esempi:

[29] È certamente questo il caso della CDI italo-svizzera (CDI I-CH; RS 0.672.945.41) e del relativo Accordo sui frontalieri del 1974, richiamato dall’art. 15, par. 4 CDI I-CH, i quali non disciplinano situazioni di tale tenore. I due Paesi hanno, pertanto, siglato un apposito accordo amichevole il 20 giu-gno 2020, stabilendo che i giorni spesi in telelavoro sarebbero stati considerati come svolti nello Stato della fonte, ove normalmente si sarebbe svolta l’attività lavorativa. La presa di coscienza di tali lacune ha portato, altresì, alla sottoscri-zione di un nuovo Accordo sui frontalieri, il 23 dicembre 2020, laddove vengono incorporate e la definizione di frontaliere (nella specie, con rientro quotidiano al domicilio) e la soglia di esonero (di 45 giorni per anno civile). Si rappresenta, tuttavia, come il telelavoro non sia disciplinato in maniera idonea per affron-tare un’eventuale integrazione di tale modalità di svolgimento dell’attività: si rimanda, pertanto, ad un eventuale e futuro accordo ad hoc. Per maggiori informazioni cfr. Dipartimento federale delle finanze (DFF), La Svizzera e l’Italia firmano un nuovo accordo sull’imposizione dei lavoratori frontalieri, Comu-nicato stampa, Berna, 23 dicembre 2021, in: https://www.admin.ch/gov/it/pagina-iniziale/documentazione/comunicati-stampa.msg-id-81813.html (consultato il 15.01.2021).

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108 febbraio 2021

Diritto tributario internazionale e dell'UE

L’emergenza sanitaria ha posto l’accento sull’inadeguatezza di concetti e norme che, ormai, non può più essere ignorata. In questo periodo, le norme convenzionali (al pari di alcune disposizioni interne) si sono mostrate in tutti i loro limiti. Si ricorda che le linee guida OCSE altro non sono che strumenti di soft law, non vincolanti per i singoli Stati e senza alcun valore legale.

Se, per il momento, è sufficiente confidare su chiarimenti e trattati amichevoli, nel breve termine sarà necessario affrontare i cambiamenti che, con ogni probabilità, si con-solideranno, come, ad es., lo sdoganamento del telelavoro transfrontaliero.

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109 febbraio 2021

Diritto finanziario

Sandro TreichlerEsperto contabile diplomato,Master of Advanced Studies SUPSI in Tax LawResponsabile della funzione compliance presso un istituto bancario svizzero

Il caso del globalista appena trasferitosi in Svizzera dall’Italia

La determinazione della residenza fiscale della clientela da parte delle banche svizzere

Quali sono gli obblighi di un intermediario finanziario nel valutare la residenza fiscale di un cliente, in particolare di una persona fisica imposta in base al dispendio ed appena trasferitasi dall’Italia? Di primo acchito potrebbe sembrare un quesito di facile risoluzione, trattandosi di una persona fisica certamente nota alle autorità fiscali svizzere e di sicuro in possesso di un permesso di dimora. Nonostante l’apparenza, si tratta di un tema più complesso, che merita attenzione e che questo articolo si propone di analizzare attraverso l’approfondimento di una selezione di requisiti normativi in capo agli intermediari finanziari (antiriciclaggio, scambio automatico d’informazioni e di adeguata organizzazione), della disciplina inerente alla tassazione basata sul dispendio e di altre norme fiscali rilevanti, in particolare quella italiana (con descrizione del concetto di residenza fiscale) e interna-zionale (con riferimento all’art. 4 M-OCSE che disciplina le modalità per dirimere i conflitti di residenza). Analisi da cui emerge come il caso oggetto della domanda iniziale presenti un profilo di rischio elevato, a fronte del quale l’intermediario finanziario sarà tenuto a svolgere specifiche verifiche, in modo da assolvere ai propri obblighi di diligenza.

I. Introduzione ...................................................................... 110II. Il quadro legale e regolatorio applicabile alle banche ................................................................................... 110A. Lo scambio automatico d’informazioni (SAI) ................... 1101. La base legale ........................................................................................1102. La determinazione della residenza fiscale .............................1103. La responsabilità dell’intermediario finanziario ..................1114. Le conseguenze in caso di inadempienza per l’IF e il cliente .............................................................................................................1115. Osservazioni complementari ........................................................111B. Antiriciclaggio, delitto fiscale qualificato e obblighi di diligenza........................................................................................... 1121. La base legale ........................................................................................1122. La definizione di domicilio secondo le norme CDB ...........1123. Le responsabilità dell’IF ....................................................................112

4. Le difficoltà d’applicazione pratica del delitto fiscale qualificato .....................................................................................................1135. Il delitto fiscale qualificato, la residenza fiscale e i fattori di rischio ...................................................................................1146. Le conseguenze in caso di inadempienza ..............................115C. L’adeguata organizzazione ...................................................... 1151. La base legale ........................................................................................1152. La gestione dei rischi, la determinazione della residenza fiscale del cliente e la responsabilità dell’IF ..........1163. Le conseguenze in caso di inadempienza ..............................116III. La tassazione sul dispendio ......................................... 117A. La base legale e l’analisi di dettaglio .................................... 1171. Le condizioni per beneficiare della tassazione sul dispendio .......................................................................................................1172. La base di calcolo della tassazione sul dispendio ed il calcolo di controllo .........................................................................1183. L’imposizione sulla sostanza ..........................................................1194. Le aliquote di tassazione .................................................................1195. La dichiarazione di redditi esteri e sgravi fiscali in applicazione delle CDI ......................................................................119B. La tassazione sul dispendio “modificata” ........................... 119C. L’assistenza amministrativa in materia fiscale ................ 119IV. La residenza fiscale delle persone fisiche in base alle norme italiane .............................................................. 120V. Le norme di diritto internazionale ............................... 121VI. Analisi di un caso pratico .............................................. 122A. Analisi dei fattori di rischio ...................................................... 122B. Approfondimento e valutazione del caso specifico ...... 1231. Parte formale .........................................................................................1232. Modalità di assoggettamento fiscale .......................................1233. Tassazione globale “classica” o “modificata” .........................1234. Profilo KYC ..............................................................................................1235. Verifica presso il consulente fiscale ...........................................1246. Provenienza degli averi.....................................................................124VII. Conclusioni .................................................................... 125

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110 febbraio 2021

Diritto finanziario

allestire le proprie direttive (art. 22 cpv. 4 LSAI). Un ruolo centrale nel meccanismo del SAI è svolto dagli intermediari finanziari (IF) assoggettati (art. 2 cpv. 1 lett. d, cifre 1 e 2 LSAI), cui la normativa attribuisce obblighi di iscrizione all’AFC, di adeguata verifica ai fini dell’identificazione dei conti oggetto di comunicazione, di informazione nei confronti dei clienti e di comunicazione all’AFC delle informazioni da scambiare in relazione ai conti oggetto di comunicazione.

2. La determinazione della residenza fiscaleTenendo conto dell’oggetto della presente analisi, le modalità di determinazione della residenza fiscale saranno analizzate con riferimento all’apertura di nuove relazioni[3] in capo a persone fisiche, nel contesto degli obblighi di adeguata verifica ai fini dell’identificazione dei conti oggetto di comunicazione. Per questa tipologia di relazioni la sez. IV SCC, in aderenza con quanto indicato nel Commentario al SCC[4], prevede la seguente procedura: “A. Per i Nuovi conti di persone fisiche, all’atto di apertura del conto, l’Istituzione finanziaria tenuta alla comunica-zione deve acquisire un’autocertificazione, che può essere parte della documentazione di apertura del conto, che consenta alla suddetta Istituzione finanziaria di determinare la residenza o le residenze ai fini fiscali del Titolare del conto e di confermare la ragionevolezza di tale autocertificazione in base alle informazioni ottenute dall’Istituzione finanziaria tenuta alla comunicazione in connessione con l’apertura del conto, ivi compresa l’eventuale documentazione raccolta secondo le Procedure AML/KYC”.

L’IF opera attraverso la raccolta di un’autocertificazione, nella quale il titolare della relazione bancaria indica[5] la propria residenza fiscale, la cui plausibilità dovrà essere verificata dall’IF rispetto alle informazioni raccolte sul cliente, ivi com-prese quelle di natura antiriciclaggio (normalmente raccolte nel cd. profilo di Know Your Customer [KYC])[6]. Per la precisione, oltre a nome, indirizzo e residenza/e fiscale/i del titolare della relazione, nel caso di titolare residente in una giurisdizione oggetto di comunicazione l’autocertificazione dovrà indicare anche il numero di identificazione fiscale (NIF)[7], se le norme del Paese lo prevedono, e la data di nascita.

[3] Per nuova relazione si intende, in base all’art. 2 cpv. 1 lett. j LSAI “[…] un conto finanziario gestito da un istituto finanziario svizzero tenuto alla comunicazione che vie-ne aperto il giorno dell’applicazione dello scambio automatico di informazioni con uno Stato partner, o dopo tale data”.[4] OCSE, Standard for Automatic Exchange of Financial Account Information in Tax Matters, 2a ed., Parigi 2017, p. 127, par. 2.[5] L’autocertificazione dovrà essere firmata o, come previsto dalle Diretti-ve AFC (cifra 6.3.2.1), potrà essere confermata nel corso di un colloquio con il cliente, per telefono o attraverso l’online banking.[6] “L’IF potrà avvalersi dell’autocertificazione solo se questa è conforme alle infor-mazioni raccolte in ambito KYC e non vi siano altri motivi per l’IF per ritenere tale autocertificazione falsa o non attendibile” (Lars Schlichting, Sezione IV SCC: Adeguata verifica in materia fiscale per Nuovi Conti di Persone Fisiche, in: Gio-vanni Molo/Lars Schlichting/Samuele Vorpe [a cura di], Lo scambio automatico di informazioni fiscali, Manno 2017, p. 279).[7] “Se il titolare del conto non comunica il NIF all’IF svizzero tenuto alla comunica-zione, o non lo comunica in tempo utile, quest’ultimo può comunque trasmettere le informazioni omettendo il NIF, ma deve impegnarsi in misura ragionevole per ottenere il NIF dal titolare del conto” (Direttiva AFC [nota 2], cifra 6.3.2.2, p. 136).

I. IntroduzioneLo scopo dell’articolo consiste nel definire un quadro teorico che, tenendo conto delle normative applicabili (scambio automatico d’informazioni [SAI], Anti-Money Laundering [AML] e relative all’adeguata organizzazione), sia in grado di guidare una banca svizzera nella valutazione della residenza fiscale (intesa come luogo di assoggettamento illimitato in base alle norme della giurisdizione competente) comunicata da un cliente (persona fisica) al momento dell’apertura di relazione. Il quadro teorico, sviluppato nel cap. II., è stato poi applicato al caso pratico dell’apertura di una relazione bancaria da parte di una persona fisica appena trasferitasi dall’Italia in Svizzera con l’intenzione di esservi tassata sulla base del dispendio. Al fine di disporre degli elementi informativi necessari per applicare il quadro teorico, il caso pratico (cap. VI.) è stato preceduto da un approfondimento della tassazione svizzera basata sul dispendio (cap. III.) e degli ordinamenti fiscali italiano (cap. IV.) e internazionale disciplinante la residenza fiscale (cap. V.).

II. Il quadro legale e regolatorio applicabile alle bancheIn questo capitolo sarà analizzato e commentato il quadro legale/regolatorio che disciplina le responsabilità degli istituti finanziari[1] relativamente alla determinazione e verifica della residenza fiscale della propria clientela. Nell’ordine saranno analizzate le norme SAI, AML e relative all’adeguata orga-nizzazione. Soprattutto in ambito SAI e nell’ottica del caso analizzato successivamente, nel cap. VI., l’analisi riguarderà in modo specifico l’apertura di nuove relazioni intestate a persone fisiche, senza inoltrarsi nel tema delle relazioni già aperte (o preesistenti).

A. Lo scambio automatico d’informazioni (SAI)1. La base legaleLa base legale relativa al SAI, in vigore dal 1° gennaio 2017, è formata dalla Legge federale sullo scambio automatico internazionale di informazioni a fini fiscali (LSAI, RS 653.1), dall’Ordinanza sullo scambio automatico internazionale di informazioni a fini fiscali (OSAIn, RS 653.11), dall’Accordo multilaterale tra autorità competenti concernente lo scam-bio automatico di informazioni relative a conti finanziari (Accordo SAI con relativo standard comune di comunicazione di informazioni [SCC]; RS 0.653.1), dalle Direttive emanate dall’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC)[2] e dalla Convenzione sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale (Convenzione MAAT; RS 0.652.1), sul cui art. 6 poggia, in ultima analisi, l’insieme della normativa. Nei limiti di quanto recepito nella LSAI e nella OSAIn sono anche rilevanti i Commentari del Modello OCSE di Convenzione fiscale (M-OCSE) (art. 8 LSAI) su cui l’AFC può basarsi per

[1] Per istituti finanziari s’intendono le banche ai sensi dell’art. 1a della Legge federale sulle banche (LBCR; RS 952.0) e le società d’intermediazione mobiliare ai sensi dell’art. 2 cpv. 1 lett. e della Legge federale sugli istituti finanziari (LIsFi; RS 954.1).[2] Le Direttive sono disponibili al seguente link: https://www.estv.admin.ch/estv/it/home/internationales-steuerrecht/fachinformationen/aia/publikatio-nen/wegleitung.html (consultato il 15.02.2021). La Direttiva in questione è la: Direttiva Standard per lo scambio automatico di informazioni relative a conti finanziari Standard comune di comunicazione di informazioni, Berna, 23 gen-naio 2009 (cit.: Direttiva AFC).

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111 febbraio 2021

Diritto finanziario

fino a fr. 250’000 per violazione intenzionale[13] degli obblighi in capo agli IF, compresi quelli di adeguata verifica concernenti la verifica dei conti e l’identificazione delle persone oggetto di comunicazione (art. 32 LSAI). Come già indicato, chi for-nisce intenzionalmente una falsa autocertificazione o non comunica un cambiamento delle circostanze è punito con una multa fino a fr. 10’000 (art. 35 LSAI)[14]. In applicazione dell’art. 37 LSAI, l’AFC è l’autorità incaricata di perseguire e giudicare le disposizioni penali previste dal dispositivo SAI; tale compito sarà svolto secondo le regole della Legge federale sul diritto penale amministrativo (DPA; RS 313.0) che discipli-nano, tra le altre cose, l’iter della procedura, le regole di ricorso degli imputati oggetto di decreto penale da parte dell’AFC, i poteri coercitivi in capo a quest’ultima, i diritti delle persone interessate, così come i requisiti di natura organizzativa[15].

5. Osservazioni complementariCon riferimento alle verifiche di plausibilità svolte dagli IF, nell’ottobre 2018 l’OCSE ha pubblicato nel proprio sito internet il documento “Residence/Citizenship by investment schemes”, nel quale descrive gli schemi di residenza e/o cittadinanza basati sull’effettuazione di investimenti (cd. “Citizenship By Investment o Residence By Investment”, di seguito CBI/RBI)[16] come poten-zialmente abusivi rispetto ad una corretta rappresentazione dell’effettiva residenza fiscale e tali da mettere in pericolo integrità e buon funzionamento del SAI. Nel documento l’OCSE considera a rischio elevato quei programmi che danno accesso ad aliquote fiscali personali ridotte (inferiori al 10%) e che non impongono una durata minima di soggiorno (un “significant amount of time”[17]) sul territorio, identificando più di 100 schemi a rischio elevato. A tal proposito, l’OCSE ritiene

[13] “Il semplice errore di valutazione da parte di un IF tenuto alla comunicazione non potrà essere considerato punibile”, (Giovanni Molo, Sezione 10: Disposizio-ni penali; Art. 32 LSAI: Violazione degli obblighi di comunicazione e adeguata verifica, in: Molo/Schlichting/Vorpe [nota 5], p. 610).[14] Nelle prime fasi del processo legislativo era previsto che l’autocertifi-cazione SAI equivalesse ad un documento ai sensi dell’art. 110 cpv. 4 CP (cfr. Consiglio federale, Rapporto esplicativo concernente l’Accordo multilaterale tra autorità competenti concernente lo scambio automatico di informazioni relative a conti finanziari e la legge federale sullo scambio automatico interna-zionale di informazioni in materia fiscale, Berna, 14 gennaio 2015, pp. 37-38) e che pertanto la sua falsificazione intenzionale configurasse un reato di falsità in documenti ai sensi dell’art. 251 del Codice penale (CP; RS 311.0). Il legislatore ha poi rivisto la propria posizione, optando per l’introduzione della contrav-venzione massima di fr. 10’000 prevista dall’art. 35 LSAI. Nella misura in cui l’autocertificazione SAI deve comunque risultare coerente con la documen-tazione KYC, della quale fanno parte i formulari di autocertificazione previsti dalla Convenzione relativa all’obbligo di diligenza delle banche (CDB) che, come approfondito più in avanti, riportano informazioni sulla residenza fiscale e costituiscono dei documenti ai sensi dell’art. 110 cpv. 4 CP, le conseguenze di una falsa autocertificazione SAI (anche in termini di eventuali obblighi di comunicazione da parte degli IF) si trasferiranno e saranno valutate nel con-testo degli obblighi di diligenza derivanti dalle norme antiriciclaggio (per i quali rimandiamo al cap. II.B).[15] Molo (nota 13), p. 622.[16] I “CBI/RBI” sono programmi di residenza/cittadinanza che “[…] allow foreign individuals to obtain citizenship or temporary or permanent residence rights on the basis of local investments or against a flat fee” (OCSE, Residence/Citizenship by investment, Parigi 2018 [cit.: CBI/RBI]).[17] Sulla definizione di cosa possa essere considerato un “significant amount of time”, l’OCSE non si esprime, raccomandando però agli IF di domandare ai clienti che usufruiscono di tali schemi di domiciliazione se trascorrono com-plessivamente più di 90 giorni in altri Paesi.

3. La responsabilità dell’intermediario finanziarioNelle Direttive AFC viene sottolineato come la responsabilità di comunicare la residenza fiscale corretta spetti al cliente. Questa attribuzione di responsabilità viene chiarita sia escludendo incombenze specifiche in capo all'intermediario finanziario (IF), sia, sia indicando che in caso di dubbio sarà compito del cliente approfondire la propria situazione fiscale, avvalendosi eventualmente di consulenza specialistica[8]. In linea con quanto precede, l’art. 35 LSAI prevede sanzioni penali nei confronti del cliente che fornisce false dichiarazioni (autocertificazione) od omette di comunicare cambiamenti di circostanze.

Nel contesto di responsabilità in capo a chi ha rilasciato l’autodichiarazione (cliente), le Direttive AFC (cifra 6.3.4, sez. IV parte A SCC) menzionano come gli IF siano comunque obbligatoriamente tenuti a confermare la plausibilità delle autocertificazioni sulla base di un confronto con la documen-tazione di apertura e del profilo KYC. In tale contesto l’IF dovrà “assicurarsi che il comportamento del cliente sia conforme all’auto-certificazione. Un cliente non potrà p. es. dichiararsi domiciliato in un Paese e poi contattare l’IF sempre e unicamente tramite il numero di un altro Stato, oppure visitare in continuazione l’IF nonostante il suo domicilio sia in un altro continente”[9]. In tale ambito, le modalità di sorveglianza da parte degli IF potranno essere determinate ispirandosi alle indicazioni contenute nelle Direttive AFC con riferimento alle metodologie di due diligence sulle relazioni cd. pre-esistenti[10]. Tali verifiche, appunto, sono effettuate sulla base di un confronto con i seguenti dati oggettivi contenuti nel profilo KYC: indirizzi, numeri di telefono, giurisdizione di destinazione di ordini di bonifico, giurisdizione di residenza di procuratori o di altri soggetti con diritto di firma (gestori patrimoniali esclusi), ordini di conservazione della corrispon-denza presso l’IF (ad es. un servizio di fermo banca) o indirizzi “c/o” in una Giurisdizione oggetto di comunicazione[11].

Nello svolgere tali verifiche l’IF non dovrà confermare in posi-tivo l’autocertificazione, ma escludere la presenza di elementi di contraddizione rispetto a quanto indicato dal cliente (con-ferma in negativo); infatti, come indicato dalle Direttive AFC: “[n]essuno si aspetta che, per confermare la plausibilità di un’auto-certificazione, l’IF svizzero tenuto alla comunicazione predisponga un’analisi giuridica indipendente delle disposizioni fiscali applicabili […]. Anzi, può basarsi sui dati relativi al titolare del conto indicati nell’autocertificazione, purché non vi siano indizi che inducano a ritenere quest’ultima inesatta o inattendibile”[12].

4. Le conseguenze in caso di inadempienza per l’IF e il clienteLe disposizioni penali previste dalla LSAI prevedono una multa

[8] Direttiva AFC (nota 2), cifra 4.5, p. 86.[9] Schlichting (nota 6), p. 313.[10] Per relazione pre-esistente si intende, in base all’art. 2 cpv. 1 lett. i LSAI: “un conto finanziario che il giorno antecedente l’applicazione dello scambio automatico di informazioni con uno Stato partner è gestito da un istituto finanziario svizzero tenuto alla comunicazione”.[11] Direttiva AFC (nota 2), cifra 6.2.1.2.3.1.[12] Direttiva AFC (nota 2), cifra 6.3.4, p. 139.

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112 febbraio 2021

Diritto finanziario

dei soggetti rilevanti dal punto di vista AML (nel caso di una relazione intestata a persona fisica: titolare e avente diritto economico [ADE]) e dei principali dati anagrafici: nome, cognome, domicilio, nazionalità e data di nascita.

Parallelamente all’entrata in vigore della Legge federale concernente l’attuazione delle Raccomandazioni del Gruppo d’azione finanziaria rivedute nel 2012, del 12 dicembre 2014 (Legge GAFI[22]) ed all’introduzione del delitto fiscale qualifi-cato, considerato come crimine a monte del riciclaggio[23], la CDB16[24] (entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2016) ha aggiornato il termine di “domicilio” introducendo la qualifica di “effettivo” (art. 7), a significare quel luogo dove il cliente intende risiedere durevolmente[25].

Tale nuova definizione corrisponde, nella sostanza, al con-cetto di domicilio fiscale previsto dalle norme fiscali svizzere (art. 3 cpv. 2 della Legge federale sull’imposta federale diretta [LIFD; RS 642.11] e art. 3 cpv. 2 della Legge federale sull’ar-monizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni [LAID; RS 642.14]) e pertanto, nel prosieguo dell’articolo, le due definizioni saranno ritenute equivalenti[26] e indicative di residenza fiscale. Per la determinazione del domicilio effettivo del cliente l’intermediario finanziario potrà basarsi sulle informazioni fornite dal contraente; eventuali obblighi di chiarimento supplementari potranno scaturire da una valutazione dei rischi, analogamente a quanto previsto per la determinazione dell’avente diritto economico[27]. In merito alla valutazione dei rischi, più in avanti proporremo un modello analitico (cfr., infra, cap. II.B.5.).

3. Le responsabilità dell’IFIn ambito AML, le responsabilità degli IF si concretizzano nei loro obblighi di diligenza, corrispondenti ai doveri d’identifi-cazione (della controparte, del beneficiario economico e del detentore del controllo per società operative [artt. 3 e 4 LRD]), d’accertamento dell’oggetto e dello scopo della relazione (art. 6 cpv. 1 LRD) e di approfondimento delle circostanze e degli obiettivi di relazioni che appaiono inusuali, sollevano sospetti

dazioni e formulario T nel caso di Trust). L’indicazione intenzionale da parte del cliente di informazioni errate nei formulari CDB costituisce un reato penalmen-te perseguibile, qualificabile come falsità in documenti ai sensi dell’art. 251 CP.[22] RU 2015 1389.[23] Prima dell’introduzione dell’art. 305bis CP, i reati fiscali non rappresenta-vano dei crimini ai sensi dell’art. 10 cpv. 2 CP, con l’eccezione della truffa fiscale nell’ambito delle imposte federali indirette (art. 14 cpv. 4 DPA), in vigore dal 1° febbraio 2009.[24] La CDB16 è disponibile al seguente link: https://www.swissbanking.org/library/richtlinien/vereinbarung-ueber-die-standesregeln-zur-sorgfaltspflicht-der-banken-vsb-16/convenzione-relativa-all2019obbligo-di-diligenza-delle-banche-cdb-16/@@download/file/1000020_i.pdf (consultato 15.02.2021).[25] Cfr. Commento alla Convenzione relativa all’obbligo di diligenza della ban-ca CDB16, p. 8 (cit.: Commento CDB16).[26] Nella maggior parte delle normative fiscali, l’intenzione di risiedere durevolmente in un determinato luogo è criterio di assoggettamento fiscale qualificato; valutazione confermata anche dal tenore dei “tie-break rules” pre-visti dal M-OCSE ed utilizzati per determinare la residenza fiscale in caso di incertezza (cfr. cap. V).[27] Kathrin Heim/Tamara Wettstein, VSB 2020 Praxiskommentar zur Vereinbarung über di Standesregeln zur Sorgfaltspflicht der Banken, 4a ed., Zurigo 2019, pp. 76-77.

che gli IF debbano adeguare le proprie procedure di Due Diligence, considerando a rischio accresciuto le autodichiara-zioni che indicano il domicilio fiscale nei Paesi che prevedono programmi di CBI/RBI. In questi casi, gli IF dovrebbero porre le seguenti ulteriori domande al fine di valutare la correttezza dell’autodichiarazione: “Did you obtain residence rights under an CBI/RBI scheme? Do you hold residence rights in any other jurisdiction(s)? Have you spent more than 90 days in any other jurisdiction(s) during the previous year? In which jurisdiction(s) have you filed personal income tax returns during the previous year?”[18].

In base all’art. 8 LSAI gli IF svizzeri tenuti alla comunicazione attuano soltanto le modifiche ai commentari dell’OCSE sul Modello di accordo tra autorità competenti e sullo SCC che sono state integrate in una legge federale o in un’ordinanza oppure in un’istruzione dell’AFC. In tal senso, seppur indica-tivo di un indirizzo strategico voluto dall’OCSE, nella misura in cui il documento relativo ai CBI/RBI non è integrato nel dispositivo legale svizzero, le indicazioni in esso contenute non hanno forza legale; questa impostazione è confermata dalle Direttive AFC[19]. Nel prosieguo della tesi vedremo come ciò nonostante, le analisi OCSE relative ai programmi CBI/RBI risulteranno funzionali ed utili per altre verifiche di natura AML sulla residenza fiscale.

B. Antiriciclaggio, delitto fiscale qualificato e obblighi di diligenza1. La base legaleIl quadro legale disciplinante le misure di lotta al riciclaggio di denaro è costituito principalmente dalla Legge federale relativa alla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanzia-mento del terrorismo (LRD; RS 955.0), dall’Ordinanza relativa alla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo (ORD; RS 955.01), dall’Ordinanza dell’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) sulla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo nel settore finanziario (ORD-FINMA; RS 955.033.0) e dalla CDB. Sono inoltre da considerare le pubblicazioni della FINMA (in particolare le circolari e le prese di posizione), dell’Ufficio di comunicazione (MROS) (rapporto annuale di attività) e la giurisprudenza.

2. La definizione di domicilio secondo le norme CDBIl domicilio del cliente è un’informazione di natura anagrafica raccolta per il tramite dei formulari di autocertificazione pre-visti dalla CDB, che a sua volta mira a concretizzare i doveri di identificazione della controparte e dell’avente diritto eco-nomico (cfr. art. 2 cpv. 1 CDB20)[20]. Con la sottoscrizione di tali formulari[21], il titolare della relazione conferma l’identità

[18] OCSE, CBI/RBI (nota 16).[19] Direttiva AFC (nota 2), cifra 1.2.3.[20] La CDB20 è disponibile al seguente link: https://www.swissbanking.org/library/richtlinien/vereinbarung-ueber-die-standesregeln-zur-sorgfaltspflicht-der-banken-vsb-20/vsb_2020_einzelseiten_print_it_neu.pdf/@@download/file/VSB_2020_Einzelseiten_Print_IT_NEU.pdf (consultato il 15.02.2021).[21] La CDB prevede l’impiego di formulari specifici per tipo di relazione (for-mulario A per relazioni intestate a persone fisiche o società di sede, formulario K per società operative, formulario I per Insurance Wrapper, formulario S per fon-

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113 febbraio 2021

Diritto finanziario

Soprattutto per gli IF assoggettati agli obblighi di diligenza descritti in precedenza. Il primo e più evidente ostacolo cor-risponde al fatto che, trattandosi di un risparmio d’imposta, manca un reale flusso di denaro che possa essere oggetto di riciclaggio[31]. Tale assenza, inoltre, potrebbe creare le premesse per una contaminazione totale del patrimonio del contribuente[32].

Altre difficoltà concrete vengono individuate nella problema-ticità di collocare temporalmente il reato e nella complessità d’individuazione dello stesso, ritenuti difficilmente riconoscibili da non esperti fiscali[33]. Difficoltà che appaiono aggravate dal fatto che l’introduzione del nuovo reato a monte non sia stato accompagnato da un aggiornamento della strategia di lotta antiriciclaggio, ad es. attraverso un’integrazione dei cri-teri d’identificazione delle relazioni a rischio accresciuto (artt. 13 e 14 ORD-FINMA) o tramite l’adeguamento degli indizi di riciclaggio fiscale[34]. In tale contesto, alcuni autori hanno previsto un’impennata di segnalazioni MROS motivata da un approccio di estrema prudenza da parte degli IF[35], mentre altri, ripercorrendo le fasi analitiche previste dagli obblighi di diligenza (culminanti nel chiarimento complementare ex art. 6 LRD), hanno immaginato un ricorso più frequente, da parte degli IF, a fiscalisti in grado di esaminare la situazione tributaria dei loro clienti[36].

A più di quattro anni di distanza dall’entrata in vigore del delitto fiscale qualificato, possiamo affermare che il rischio di un’impennata di segnalazioni MROS per riciclaggio fiscale non pare essersi concretizzato[37]. Le ragioni sono proba-bilmente riconducibili alle modifiche del business model delle banche elvetiche che, in anticipo rispetto all’introduzione delitto fiscale qualificato, avevano già orientato la propria attività verso la custodia di averi fiscalmente dichiarati[38]. L’entrata in vigore dei numerosi accordi in materia di scambio automatico d’informazioni siglati dalla Svizzera ha poi defi-nitivamente scoraggiato l’interesse verso il nostro Paese da parte di clientela con capitali non dichiarati.

[31] Michael Beusch/Sara Friedli/Manuel Borla, “Serious Tax Crimes”: come i delitti fiscali sono divenuti improvvisamente dei “crimini”, in: Samuele Vorpe (a cura di), Contravvenzioni e delitti fiscali nell’era dello scambio internazionale di informazioni, Manno 2015, p. 547.[32] Beusch/Friedli/Borla (nota 31), p. 547.[33] Beusch/Friedli/Borla (nota 31), p. 548.[34] Naef/Calvarese (nota 29), pp. 410-411; Paolo Bernasconi, Diligenza delle banche svizzere in materia fiscale, Riciclaggio dei proventi dei reati fiscali e diligenza delle banche, in: Vorpe (nota 31), p. 510, nm. 90, lett. c.[35] Beusch/Friedli/Borla (nota 31), p. 548.[36] Naef/Calvarese (nota 24), p. 411, in cui viene citato Natalia Ferrari/Edy Salmina, Die Weissgeldstrategie wird zum Strafrecht, Berna 2016, n. 108.[37] In base al Rapporto annuale MROS 2018 (p. 19) nel 2016/17/18 sono state effettuate rispettivamente 33, 201 e 317 segnalazioni giustificate da sospetto di delitto fiscale qualificato. Pur considerando la tendenza alla cresci-ta, sul totale di segnalazioni effettuate, esse corrispondono al 1,1% (2016), al 4,2% (2017) ed al 5,1% (2018).[38] Riferimento alla “tendenza a una conformità fiscale generalizzata” del-la piazza finanziaria svizzera, nel Messaggio concernente l’attuazione delle Raccomandazioni del Gruppo d’azione finanziaria (GAFI) rivedute nel 2012, n. 13.106, del 13 dicembre 2013, in: FF 2013 563, p. 657, cap. 3.3.3 (cit.: Mes-saggio GAFI).

di provenienza da un crimine o da un delitto fiscale qualificato, di collegamento a organizzazione criminale o di legame con il finanziamento del terrorismo, comportano un rischio elevato o sono collegati a soggetti segnalati da FINMA (art. 6 cpv. 2 lett. a-d LRD).

Se a fronte degli approfondimenti previsti dall’art. 6 cpv. 2 LRD sussiste il dubbio fondato che i valori patrimoniali siano collegati con un crimine, un delitto fiscale qualificato, un’or-ganizzazione criminale o il finanziamento del terrorismo, l’intermediario finanziario avrà un obbligo di segnalazione (art. 9 LRD). La mancata esecuzione degli approfondimenti previsti dall’art. 6 cpv. 2 LRD, può portare ad incriminazioni di riciclaggio per omissione[28].

Con riferimento alle segnalazioni antiriciclaggio, la recente giurisprudenza ha influenzato in modo rilevante la prassi degli istituti finanziari, abbassando l’asticella oltre la quale si con-cretizza un obbligo di segnalazione ex art. 9 LRD. Ad oggi è un fatto consolidato che il sospetto (semplice) che valori patri-moniali siano collegati con un crimine a monte del riciclaggio o con un delitto fiscale qualificato, divenga fondato, portando ad un dovere di segnalazione ex art. 9 LRD, nella misura in cui i chiarimenti complementari ex art. 6 LRD non consentono di escluderlo con certezza. Fino alla definitiva affermazione di questa prassi[29], in presenza di sospetto semplice non aggravato né confermato, sussisteva la possibilità, per gli IF, di avvalersi del diritto di comunicazione (art. 305ter CP)[30].

Tornando alla questione delle responsabilità dell’IF nella valutazione della residenza fiscale comunicata dal cliente, esse saranno principalmente funzionali all’identificazione di situazioni a rischio accresciuto di riciclaggio fiscale. Il prossimo capitolo, dedicato al concetto di delitto fiscale qualificato, approfondisce il significato di riciclaggio fiscale secondo la normativa svizzera.

4. Le difficoltà d’applicazione pratica del delitto fiscale quali-ficatoI quattro elementi costitutivi del delitto fiscale qualificato, introdotto tramite un aggiornamento dell’’art. 305bis CP, sono: (i) la sottrazione d’imposte dirette, (ii) per un importo superiore a fr. 300’000 (per periodo fiscale), (iii) a partire dal 1° gennaio 2016 e (iv) impiegando documenti falsi, falsificati o contenutisticamente inesatti a scopo d’inganno. La definizione di delitto fiscale qualificato presenta, nella sua applicazione pratica, una serie di complessità e punti interrogativi.

[28] Come già commentato in precedenza, il dubbio accettato e non seguito da un chiarimento ex art. 6 cpv. 2 LRD può configurare una situazione di dolo eventuale, portando a incriminazioni di riciclaggio per omissione (cfr. Mauro Mini, Manuale di diritto finanziario, 2a ed., Manno 2017, p. 71, nm. 205).[29] Le principali sentenze (del Tribunale penale federale e del Tribunale pena-le amministrativo) ad aver confermato questa prassi si collocano nel periodo dal 2014 al 2016; sentenze citate in: Francesco Naef/Daniele Calvarese, Sospetto ed obbligo di comunicazione antiriciclaggio, in: NF n. 12/2017, p. 408; Sentenza TF n. 6B_503/2015 del 24 maggio 2016 consid. 2.5.1; Sentenza TPF SK.2014.14 del 18 marzo 2015 consid. 4.5.1.1; Sentenza TAF B-6815/2013 del 10 giugno 2014, in: Bollettino FINMA n. 5/2015, p. 22 s., consid. 4.3: “Im Zweifel ist immer eine Meldung zu erstatten”.[30] Naef/Calvarese (nota 29), pp. 407-408.

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Diritto finanziario

misura in cui si dovrebbe provare e documentare l’assenza degli elementi che qualificano il delitto fiscale, in un contesto di occultamento come quello caratterizzante l’attività di sottrazione fiscale. Tali valutazioni di dettaglio, saranno sem-mai limitate alla gestione di clientela esistente non ancora regolarizzatasi fiscalmente (cd. “legacy”, riferita a situazioni precedenti il 1° gennaio 2016) o per analizzare casistiche specifiche, eventualmente riferite ad attività transazionale non attesa al momento dell’apertura di relazione.

In tale contesto e nel solco di un modus operandi bancario tipicamente orientato alla valutazione dei rischi[41], le banche dovranno dunque definire criteri sui quali basare la valutazione di Tax Compliance della clientela. Criteri che, nella maggior parte dei casi, saranno improntati al concetto di tra-sparenza. Ad es., una relazione nominativa darà più garanzie di una relazione intestata ad una società sottostante ad un Trust; la richiesta di trattenere la corrispondenza (posto che ci siano ancora banche offerenti il servizio) sarà un elemento negativo; l’indicazione di non voler essere contattato, sarà altrettanto fattore negativo; ecc.

In tale contesto, il criterio sicuramente più rilevante sarà rappresentato dal fatto a sapere se la relazione è conosciuta alle autorità fiscali della giurisdizione competente. In caso affermativo, ad es. in presenza di una relazione nominativa intestata a persona fisica residente in un Paese con il quale la Svizzera pratica il SAI, la banca potrà generalmente partire dal presupposto che la relazione è Tax Compliant.

A riprova di ciò, anche il Consiglio federale, nel suo Messaggio del 5 giugno 2015 inerente alla modifica della LRD che mirava ad un’estensione degli obblighi di diligenza per impedire l’accettazione di valori patrimoniali non dichiarati (progetto denominato di Weissgeldstrategie, mai concretizzatosi a causa dell’opposizione in fase di consultazione), riteneva che “[n]ei confronti di clienti […] con il cui Paese di residenza la Svizzera ha introdotto lo scambio automatico di informazioni non sussistono obblighi di diligenza”[42].

Per l’applicazione di questo criterio sarà, dunque, fondamen-tale accertarsi che la residenza fiscale indicata dal cliente sia corretta e plausibile. In caso contrario (residenza fittizia), la relazione non potrà certamente essere classificata come Tax Compliant e, probabilmente, oltre a non poter essere accet-tata, vi saranno degli elementi per valutare una segnalazione antiriciclaggio ex art. 9 LRD, nella misura in cui la domicilia-zione fittizia può rappresentare una forma di frode fiscale internazionale.

Ma come riconoscere una residenza fittizia? A tal proposito, potremmo rispirarci alla recente pubblicazione OCSE[43] già menzionata nel cap. II.A.5., nella quale sono stati elencati

[41] Bernasconi (nota 34), p. 512.[42] Messaggio concernente la modifica della legge sul riciclaggio di denaro, Obblighi di diligenza estesi per impedire l’accettazione di valori patrimoniali non dichiarati, n. 15.048, del 5 giugno 2015, in: FF 2015 3323, p. 3325.[43] OCSE, CBI/RBI (nota 16).

Riguardo al tema del ricorso ad esperti fiscali, la situazione è più articolata. Da una parte è utile menzionare come nel progetto di legge stesso venisse precisato che “[…] l’interme-diario finanziario non deve né provare il reato preliminare fiscale, né calcolare al centesimo l’imposta sottratta bensì, semplicemente, disporre di segnali sufficienti a giustificare una comunicazione di sospetto”[39]. Tale indicazione risulta peraltro coerente con le evoluzioni in ambito di segnalazioni MROS già menzionate in precedenza, secondo cui l’obbligo di comunicazione ex art. 9 LRD emerge laddove non è possibile escludere in modo certo che determinati valori patrimoniali siano collegati ad un crimine o ad un riciclaggio fiscale. In tal senso, il ricorso ad esperti fiscali potrebbe sembrare superfluo.

D’altra parte, data la complessità della materia, per gli IF sarà certamente utile disporre di competenze specialistiche in grado di analizzare in maniera corretta situazioni specifiche o strutturare misure organizzative, di valutazione e controllo volte all’implementazione di una strategia orientata verso clientela Tax Compliant (fiscalmente conforme). In tal senso, il presente articolo è indicativo di come approfondimenti tecnici di natura fiscale possano intrecciarsi ed essere funzionali agli obiettivi di un IF, allineandosi ad un modus operandi orientato ai rischi.

5. Il delitto fiscale qualificato, la residenza fiscale e i fattori di rischioDate le circostanze (responsabilità accresciuta derivante dagli obblighi di diligenza, assenza di un aggiornamento della stra-tegia antiriciclaggio tramite inserimento di specifici indizi nel dispositivo legale svizzero e complessità del concetto di delitto fiscale qualificato), l’IF avrà interesse a definire lui stesso un quadro teorico che gli consenta d’identificare le casistiche a rischio accresciuto. Nella maggior parte dei casi, proprio in virtù della complessità che può comportare l’identificazione di un delitto fiscale qualificato, tale quadro teorico sarà però funzionale ad una politica strategica della banca orientata a servire esclusivamente relazioni Tax Compliant. In altre parole, i fattori di rischio saranno preventivi rispetto a possibili casi-stiche di delitto fiscale qualificato e serviranno per distinguere le relazioni Tax Compliant (accettabili, in base alla politica stra-tegica) da quelle Non Tax Compliant (da evitare), rinunciando ad inoltrarsi in difficili valutazioni sul fatto che la relazione, seppur non dichiarata, non possa determinare un delitto fiscale qualificato ad es. perché il cliente non può commettere falso in documenti (per ipotesi, nel caso di persona fisica che non basa la propria dichiarazione fiscale sull’allestimento di una contabilità commerciale) o perché l’importo accreditato è inferiore alla soglia di fr. 300’000, ecc.

Salvo casi di straordinaria semplicità[40], svolgere approfon-dimenti per comprendere, all’apertura di una relazione, se degli averi non dichiarati possano o no comportare un delitto fiscale qualificato, sarebbe estremamente rischioso nella

[39] Messaggio GAFI (nota 38), p. 627; cfr. anche Giovanni Molo, Il recepi-mento del riciclaggio fiscale nel diritto svizzero: cause e conseguenze pratiche, in: Vorpe (nota 31), p. 574.[40] Soprattutto in termini di tracciabilità/documentazione degli eventi.

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Inoltre, misure organizzative insufficienti possono determi-nare una responsabilità penale dell’impresa ai sensi dell’art. 102 CP. Un procedimento penale del genere, oltre alla possibile sanzione (fino ad un massimo di 5 mio. di fr.), comporterebbe rischi di reputazione estremamente elevati.

C. L’adeguata organizzazione1. La base legaleLe banche svizzere svolgono un’attività soggetta a licenza per la quale, in base alla normativa esistente, sono tenute a dotarsi di un’adeguata organizzazione – vale a dire “proporzio-nata all’importanza degli affari” (art. 3 cpv. 2 lett. a della Legge federale sulle banche e le casse di risparmio [LBCR; RS 952.0]) –, a rispettare il requisito di garanzia di attività irreprensibile (art. 3 cpv. 2 lett. c LBCR)[47], a disciplinare “in un regolamento o in direttive interne i principi della gestione dei rischi nonché la competenza e la procedura di autorizzazione per gli affari a rischio. Essa [ndr. la Banca] deve in particolare rilevare, limitare e sorvegliare i rischi di mercato, di credito, di insolvenza, di liquidazione, di liquidità e di immagine, nonché i rischi operativi e giuridici” (art. 12 cpv. 2 dell’Ordinanza sulle banche e le casse di risparmio [OBCR; RS 952.02]) e istituire un efficace sistema di controllo interno (art. 12 cpv. 4 OBCR).

In base ai poteri conferitigli dalla Legge federale concernente l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (art. 7 cpv. 1 lett. b LFINMA; RS 956.1), la FINMA ha disciplinato i principi della gestione dei rischi nelle Circolari n. 2017/01 “Corporate Governance – banche” (Circ. FINMA n. 2017/01) e n. 2008/21 “Rischi operativi – banche” (Circ. FINMA n. 2008/21). In particolare, nella Circ. FINMA n. 2017/01 l’autorità di vigilanza elenca una serie di principi, regole organizzative e funzioni di controllo in base ai quali gli organi della società sono tenuti a gestire e controllare la banca.

Nella sua essenza, la Circ. FINMA n. 2017/01 stabilisce che la strategia commerciale deve essere definita dal Consiglio di Amministrazione (CdA) e che quest’ultimo deve approvare il quadro di gestione del rischio (formato da una politica del rischio, da una valutazione della tolleranza al rischio e da limiti di rischio su di essa basati) che la Direzione generale allestisce per assicurare che l’attività operativa sia allineata all’indirizzo strategico deciso dall’organo preposto all’alta direzione (cifre 10, 47 e 53 della Circ. FINMA 2017/01). In tale contesto, viene precisato che la responsabilità ultima della regolamentazione, dell’istituzione e del monitoraggio di un efficace sistema di gestione del rischio come pure della gestione dei rischi com-plessivi, ricade appunto sull’alta direzione (cifra 10 della Circ. FINMA 2017/01), vale a dire il CdA.

[47] “Le persone incaricate dell’amministrazione e direzione della banca godono di otti-ma reputazione e garantiscono un’attività irreprensibile” (art. 3 cpv. 2 lett. c LBCR). La condizione relativa alla garanzia di attività irreprensibile ha come scopo quello di “assicurare la credibilità di cui devono beneficiare le banche nonché il buon nome e l’affidabilità della piazza finanziaria svizzera […] [e] tutelare gli interessi degli investitori” (Lars Schlichting, Legge sulle banche, Annotata e commentata, Zurigo 2013, pp. 15-16).

una serie di programmi per l’ottenimento della residenza fiscale che, proprio in virtù del fatto di prestarsi a pratiche di residenza fiscale fittizia, “[…] potentially pose a high-risk to the integrity of CRS”. Traendo ispirazione da tale testo potremmo considerare a rischio elevato quelle situazioni dove si presenta una delle due caratteristiche seguenti: (i) la residenza fiscale non prevede un vincolo di spostamento del “centro degli interessi” che implichi una dimensione soggettiva (intenzione a spostarsi) ed oggettiva (in termini di quantità di tempo trascorso nel Paese); o (ii) le condizioni di tassazione risultano favorevoli (sia in termini di aliquota fiscale – prendendo come benchmark quello del 10%, come suggerito dall’OCSE – che di base fiscale, laddove il contribuente non è tassato su tutti i suoi redditi e patrimoni a livello mondiale [Worldwide Taxation], al di là delle modalità di esenzione o deduzione delle compe-tenze tributarie estere)[44].

Indizi di residenza fiscale fittizia potranno derivare anche da verifiche di plausibilità del profilo KYC, attraverso un’analisi delle informazioni – anagrafiche e qualitative (numeri tele-fonici, indirizzi di contatto, luogo di lavoro, residenza della famiglia) – e dalla conoscenza in senso esteso del cliente da parte del funzionario clientela, depositario del contatto diretto con il cliente.

Una seconda casistica di rischio collegata alla residenza fiscale potrà essere rappresentata dai cambiamenti di domi-cilio[45] per il fatto che un tale evento, potenzialmente, crea l’opportunità per reimmettere nel circuito “ufficiale” fondi non precedentemente fiscalizzati.

6. Le conseguenze in caso di inadempienzaLe conseguenze per l’IF che non ottempera ai propri obbli-ghi di diligenza e che pertanto non rispetta i requisiti legali inerenti alla lotta al riciclaggio di denaro, possono essere particolarmente rilevanti. In caso di effettiva violazione e di intervento da parte dell’autorità di sorveglianza[46], a dipen-denza della gravità di quanto riscontrato FINMA dispone un ampio ventaglio di strumenti, tra cui la possibilità di prendere provvedimenti per il ripristino di una situazione conforme, l’ammonimento (decisioni di accertamento), l’imposizione di un divieto di esercizio della professione, la confisca degli utili realizzati in contrasto con le prescrizioni prudenziali, la pub-blicazione della decisione menzionando i nomi delle persone implicate, fino al ritiro dell’autorizzazione o alla liquidazione dell’IF.

[44] Come commentato in un’analisi della Commissione europea sui program-mi CBI/RBI: “Schemes in countries which do not tax the income, or tax it at a very low rate, carry a greater risk of account holders hiding evidence of the real State of residen-ce and thereby evading tax” (EU Report on Investor/Citizenship Schemes, 2019, p. 17).[45] Cfr. anche Bernasconi (nota 34), p. 513: dove, tra gli indizi di elusione fiscale, viene indicato, alla lett. o, il “cambiamento di residenza senza motivi plausibili che permettano di escludere motivi di elusione fiscale”.[46] In base al Rapporto sull’Enforcement 2018 “nell’ambito dei procedimenti di enforcement conclusi nel 2018, complessivamente 42 casi, il rispetto delle prescrizioni in materia di lotta contro il riciclaggio di denaro si è confermato un tema predominante” (FINMA, Rapporto sull’Enforcement 2018, 4 aprile 2019, p. 2).

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attività irreprensibile” e specificando che la posizione espressa nel presente documento si sarebbe riflessa sulla prassi di Enforcement della FINMA.

La necessità di adottare modelli operativi che tenessero conto delle normative estere ha prodotto una revisione strategica dei mercati di attività, portando gli IF a distinguerli in funzione dell’intensità della presenza e delle attività di sviluppo/marke-ting[54], dei prodotti/servizi offerti e della tipologia di clientela. In tale contesto, è chiaro che la corretta determinazione della residenza fiscale del cliente, nella misura in cui essa permette di incanalare lo stesso in processi di erogazione dei servizi finanziari stabiliti tenendo conto delle normative estere appli-cabili (soprattutto di natura prudenziale), sia di rilevanza per ogni istituto finanziario operante a livello internazionale.

Il secondo sottoinsieme di rischi giuridici e di reputazione trae anch’esso origine dalla presa di posizione della FINMA del 22 ottobre 2010, ma ha un collegamento più diretto con il diritto fiscale e penale nella misura in cui concerne il rischio che l’“intermediario finanziario o i suoi dipendenti [siano] accusati di partecipazione, punibile ai sensi delle normative estere (p. es. a titolo di complicità o di istigazione), nei reati fiscali commessi da clienti stranieri”, con un chiaro riferimento alla già citata vicenda UBS-USA.

In tale ottica, l’obiettivo della banca consisterà nell’operare in modo tale da escludere comportamenti che possano essere interpretati come un’assistenza attiva all’aggiramento delle normative fiscali estere. Inoltre, rispetto a quanto richiesto in ambito AML, dove l’attenzione è orientata verso l’identifi-cazione di una fattispecie specifica (delitto fiscale qualificato; Tax Compliance), la gestione del rischio giuridico e di reputa-zione in ambito fiscale richiederà un approccio più ampio, nel quale l’IF dovrà considerare l’insieme dei reati penali-fiscali previsti dall’ordinamento giuridico estero[55], tenendo conto anche delle caratteristiche “ambientali” come ad es. del grado di aggressività delle autorità estere.

Nel contesto specifico della valutazione della residenza fiscale indicata dal cliente, in aggiunta a quanto già elen-cato nel capitolo dedicato alle norme antiriciclaggio (cfr. cap. II.B.5.), ulteriori fattori di rischio potranno dunque essere rappresentati, nell’ambito della gestione dei rischi giuridici, dai cambiamenti di domicilio in provenienza da Paesi che li contrastano attivamente (ad es. attraverso norme antielusive e/o misure di controllo e sorveglianza).

3. Le conseguenze in caso di inadempienzaCome indicato in precedenza, l’adeguata organizzazione è un presupposto centrale nell’esercizio dell’attività soggetta

[54] Distinguendo tra mercati cd. “core” (primari), secondari ed esclusi.[55] Con riferimento ai procedimenti sanzionatori di carattere penale fisca-le, cfr. Bernasconi (nota 34), p. 486: “È diventato fin troppo noto, non soltanto in Svizzera, che il diritto penale fiscale straniero prevede la punibilità non soltanto del contravventore dei propri obblighi riguardo alla fiscalità diretta e quella indiretta, bensì anche di coloro che vi abbiano partecipato nelle diverse forme di complicità previste dal diritto dei diversi Paesi”.

2. La gestione dei rischi, la determinazione della residenza fiscale del cliente e la responsabilità dell’IFI principi di adeguata organizzazione, ovviamente, non preve-dono norme specifiche per la determinazione della residenza fiscale della propria clientela. Di conseguenza, il collega-mento tra adeguata organizzazione e determinazione della residenza fiscale della clientela sarà forzatamente indiretto e deriverà da un’analisi più articolata dei rischi che la banca è tenuta a gestire a fronte degli obblighi di adeguata orga-nizzazione. In tale contesto saranno di particolare interesse i rischi giuridici, corrispondenti alle responsabilità che possono derivare dall’errata applicazione di una norma civile, penale, amministrativa, anche estera o di autodisciplina (ad es. legata alla CDB)[48], nella misura in cui ciò può determinare “[…] procedure […] da parte di autorità, svizzere o straniere, oppure anche da entità private a cui vengono delegati i compiti di vigilanza”[49]), all’interno dei quali vi sono due sottoinsiemi rilevanti ai fini della nostra analisi: i rischi giuridici e di reputazione (i) nelle operazioni transfrontaliere e (ii) in ambito fiscale[50].

Il primo sottoinsieme, legato all’attività transfrontaliera (intesa come “activité financière impliquant le passage de frontières, et portant sur l’exportation d’un service, la vente d’un produit à l’étranger ou un investissement sur un marché réglementé étranger”[51]), ha cominciato ad interessare l’autorità di sorve-glianza dei mercati finanziari svizzeri soprattutto a partire dal 2008, sulla scia di un contenzioso di rilevanza fiscale tra UBS e le autorità statunitensi[52].

Poco dopo, il 22 ottobre 2010, la FINMA ha pubblicato una presa di posizione[53] sui rischi giuridici connessi all’esercizio di attività transfrontaliera, nella quale esortava gli istituti assoggettati ad organizzarsi in modo da tenere conto del diritto estero. Pur non determinando un obbligo diretto ed esplicito degli assoggettati alla vigilanza ad ottemperare al diritto estero, la presa di posizione della FINMA ha avuto conseguenze importanti sulla strategia ed organizzazione degli IF svizzeri, nella misura in cui è stato sottolineato che quest’ultimi, in base al diritto di vigilanza, sono tenuti a rile-vare, limitare e monitorare i rischi (giuridici e di reputazione) connessi all’esercizio dell’attività transfrontaliera, sostenendo come una violazione del diritto estero, in base alle norme di diritto prudenziali, potesse mettere in pericolo la “garanzia di

[48] Schlichting (nota 47), p. 136.[49] Bernasconi (nota 34), p. 480.[50] Schlichting (nota 47), pp. 136-137.[51] Alessandro Bizzozero/Christopher Robinson, Activités financières cross-border vers et depuis la Suisse, Zurigo 2010, p. 27.[52] Contenzioso nel quale le autorità statunitensi hanno accusato UBS di aver di aver “[…] aiutato attivamente cittadini statunitensi a truffare il fisco americano e di aver prestato a investitori statunitensi consulenza nel collocamento di titoli, senza esservi autorizzati” (FINMA, La FINMA acconsente all’intesa tra UBS e le autorità statunitensi e pubblica i risultati delle proprie indagini, Comunicato del 18 feb-braio 2009).[53] Le “prese di posizione” sono normalmente utilizzate dalla FINMA per com-mentare leggi od ordinanze in fase di allestimento, nel contesto di procedure legislative. In altri casi, come per il Position Paper del 22 ottobre 2010, la FIN-MA ha utilizzato questo strumento per informare in modo rapido e puntuale gli assoggettati alla sorveglianza sulle proprie aspettative con riferimento ad una tematica ritenuta importante ed urgente.

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117 febbraio 2021

Diritto finanziario

A. La base legale e l’analisi di dettaglioLa nuova base legale, entrata in vigore il 1° gennaio 2016 successivamente alla revisione del 28 settembre 2012[60], è rappresentata dagli artt. 6 LAID e 14 LIFD. La Circolare AFC n. 44 “Imposizione secondo il dispendio nell’imposta federale diretta”, emessa il 24 luglio 2018 (Circolare AFC n. 44), pur non avendo forza legale[61], rappresenta un’ulteriore fonte d’informazione.

1. Le condizioni per beneficiare della tassazione sul dispendioLa cerchia di persone fisiche che può usufruire della tas-sazione sul dispendio, come già indicato, è limitata ai soli cittadini stranieri[62] (art. 6 cpv. 1 lett. a LAID; art. 14 cpv. 1 lett, a LIFD) e a chi non esercita un’attività lucrativa in Svizzera (art. 6 cpv. 1 lett. c LAID; art. 14 cpv. 1 lett. c LIFD). L’assenza di attività lucrativa in Svizzera è un elemento fondamentale della tassazione sul dispendio, nella misura in cui permette di giustificarla verso la popolazione[63]. L’elemento determi-nante per valutare il rispetto di questa condizione è il luogo fisico dell’attività[64], al punto che, in linea teorica, il fatto di lavorare per una società con sede in Svizzera non preclude la possibilità di avvalersi della tassazione sul dispendio, nella misura in cui l’attività sia svolta integralmente all’estero[65]. La tassazione sul dispendio è, inoltre, riservata a chi è assog-gettato illimitatamente alle imposte svizzere per la prima volta o dopo un’interruzione di almeno dieci anni (art. 6 cpv. 1 lett. b LAID; art. 14 cpv. 1 lett. b LIFD)[66]. In base agli artt. 3 cpvv. 1-3 LIFD e 3 cpvv. 1-2 LAID, una persona fisica risulta assoggettata illimitatamente in Svizzera o nel Cantone quando vi ha un domicilio o una dimora fiscale.

Una persona fisica è domiciliata fiscalmente in Svizzera quando vi risiede con l’intenzione di stabilirvisi durevolmente o quando il diritto federale le conferisce uno speciale domicilio legale (ad es. i figli sotto l’autorità parentale, il cui domicilio è quello dei genitori). La nozione di domicilio si basa pertanto su condizioni sia oggettive – un soggiorno durevole, non

[60] La riforma delle disposizioni ha inasprito le condizioni per beneficiare di questo tipo di tassazione richiedendo che entrambi i coniugi rispettino le con-dizioni (impatto importante, ad es., pensando al tema nazionalità), innalzando la base minima di calcolo del dispendio a livello federale (fr. 400’000), aumen-tando il fattore di moltiplicazione di alcuni elementi di calcolo del dispendio (settuplo e non più quintuplo) e richiedendo ai Cantoni di fare in modo che la tassazione sul dispendio copra anche la sostanza. Per le persone già imposte in base al dispendio al 31 dicembre 2015, la riforma si applica in tutti i suoi aspetti a partire dal 1° gennaio 2021 (termine del diritto transitorio).[61] Philippe Kenel, L’imposition d’après la dépense en Suisse, in: Revue Générale du Contentieux Fiscal, n. 2018/6, p. 490.[62] La tassazione sul dispendio non è applicabile neanche laddove si è in pre-senza di più nazionalità; basta che vi sia la nazionalità svizzera, per impedire tale forma di tassazione.[63] Kenel (nota 61), p. 492.[64] Zweifel/Beusch, Kommentar DBG (nota 57), p. 171; Zweifel/Beusch, Kommentar StHG (nota 57) p. 128; Nöel/Aubry, (nota 57), p. 234.[65] Samuele Vorpe, L’imposizione secondo il dispendio tra passato, presente e futuro, in: RtiD II-2013, p. 717 s.[66] Nel caso in cui nel corso degli ultimi dieci anni, in applicazione di una con-venzione contro le doppie imposizioni (CDI), un assoggettamento illimitato in Svizzera fosse stato contestato e si fosse risolto in favore della residenza fiscale all’estero, la condizione posta dagli artt. 6 cpv. 1 lett. b LAID e 14 cpv. 1 lett. b LIFD sarà ritenuta soddisfatta (Nöel/Aubry [nota 57]), p. 231.

a licenza bancaria ed il suo mancato rispetto può mettere in discussione la garanzia di attività irreprensibile di chi ne è competente; nel caso specifico: CdA e Direzione generale. In tal senso, l’arsenale di strumenti a disposizione dell’autorità di vigilanza in caso di effettiva violazione non differisce da quanto già menzionato in ambito di obblighi di diligenza (cap. II.B.6.). Inoltre, valgono le stesse considerazioni fatte in precedenza in merito alla responsabilità penale dell’impresa ai sensi dell’art. 102 CP.

Al di là delle conseguenze a livello svizzero relativamente agli obblighi di adeguata organizzazione, il mancato rispetto di norme estere può portare all’apertura di procedimenti esteri. La gestione dei rischi giuridici e di reputazione dovrà, dunque, tenere conto delle molteplici e crescenti possibilità di intervento da parte di autorità svizzere o estere, siano esse a carattere sanzionatorio, prudenziale o in esecuzione di domande estere fondate sul diritto che disciplina la coopera-zione internazionale in materia penale e in materia fiscale[56].

III. La tassazione sul dispendioLa tassazione sul dispendio consente alle persone fisiche che ne usufruiscono, in eccezione alla regola secondo cui i con-tribuenti svizzeri sono tassati ordinariamente sulla sostanza posseduta e sul reddito conseguito nel periodo fiscale, di essere imposti in base al loro tenore di vita. Tale forma di tas-sazione (nata nel 1862 nel Canton Vaud e codificata a livello della Confederazione dal 1934[57]), chiamata anche “globale” o “forfettaria”, non si applica ai cittadini svizzeri e prevede il divieto di esercitare un’attività lucrativa in Svizzera.

A livello internazionale vi sono altri Paesi che, come la Svizzera con i globalisti, prevedono forme di tassazione privilegiata per cittadini stranieri, come ad es. in Gran Bretagna (UK Resident Not Domiciled) e in Portogallo (Non Habitual Resident)[58]. Ovviamente, molti altri Paesi offrono regimi fiscali attrattivi, ognuno di essi con le proprie caratteristiche, soprattutto indirizzati verso i grandi patrimoni e non necessariamente riservati a cittadini stranieri, come in Belgio, Lussemburgo, Malta, Montecarlo, Emirati Arabi Uniti, Italia[59], ecc.

[56] Cfr. Bernasconi (nota 34), per un elenco completo delle tipologie di inter-vento, svizzere ed estere.[57] Martin Zweifel/Michael Beusch, Bundesgesetz über die direkte Bun-dessteuer (DBG), Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht, Basilea 2017, p. 164 (cit.: Kommentar DBG); Martin Zweifel/Michael Beusch, Bun-desgesetz über die Harmonisierung der direkten Steuern der Kantone und Gemeinden (StHG), Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht, Basilea, 2017, p. 121 (cit.: Kommentar StHG); Yves Nöel/Girardin Florence Aubry, Impôt fédéral direct, Commentaire de la loi sur l’impôt fédéral direct, Commen-taire romand, 2a ed., Basilea 2017, p. 225; Philippe Kenel, Les nouvelles règles applicables à l’imposition d’après la dépense, in: Not@lex, 2019, p. 40.[58] Philippe Kenel, Dans quel Etat se délocaliser?, in: Banking in Switzerland and Liechtenstein (BSL), 2018-2019, p. 3.[59] Dal 2017 in Italia è prevista una tassazione forfettaria per neo-residen-ti, sulla base dell’art. 24-bis del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), introdotto con la Legge (L.) n. 233/2016. Per maggiori informazioni cfr. Gio-vanni Sassu, La tassazione forfettaria degli HNWIs neo-residenti in Italia, in: NF n. 10/2018, p. 422 ss.

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118 febbraio 2021

Diritto finanziario

Ulteriore giurisprudenza del Tribunale federale fa ritenere che il permesso di dimora richieda lo spostamento in Svizzera del centro degli interessi in Svizzera[74], senza distinzioni tra cittadini UE/AELS e non. Tuttavia, nella pratica fiscale l’ap-proccio è diverso; ad es. nella decisione della CDT del 13 luglio 2017[75], dove con riferimento al caso di un cittadino UE/AELS senza attività lucrativa e con permesso di dimora in Svizzera, nel valutare il fatto che l’autorità fiscale cantonale ticinese lo abbia ritenuto assoggettato illimitatamente in Svizzera, viene affermato quanto segue: “[è] comprensibile che l’autorità fiscale, appreso che all’insorgente [ndr. contribuente cittadino UE/ALES] era stato rilasciato un permesso di dimora della durata di cinque anni abbia ritenuto adempiuti i presupposti, se non del domicilio fiscale, perlomeno della dimora fiscale. Infatti, anche ammettendo che, al momento della richiesta del permesso di dimora, il contribuente non avesse l’intenzione di stabilirsi durevolmente in Svizzera, si può supporre che si accingesse a soggiornarvi per almeno 90 giorni senza interruzioni apprezzabili”.

In linea teorica i globalisti di nazionalità UE/AELS potranno, dunque, basare il proprio assoggettamento illimitato in Svizzera sul concetto di dimora fiscale; in particolare sui novanta giorni (senza attività lucrativa). Diversamente dagli stranieri che sceglieranno di eleggere la Svizzera quale domicilio fiscale (spostandovi pertanto il proprio centro degli interessi vitali), quelli che usufruiranno del concetto di dimora fiscale per essere ritenuti illimitatamente imposti in Svizzera, si esporranno però ad un rischio significativo di essere riquali-ficati come fiscalmente residenti nello Stato che ritengono di aver lasciato. Questo in virtù delle norme di attrazione fiscale del Paese di provenienza.

2. La base di calcolo della tassazione sul dispendio ed il calcolo di controlloIn base agli artt. 6 cpv. 3 LAID e 14 cpv. 3. LIFD, la base di calcolo per la tassazione sul dispendio è determinata dalle “spese annuali corrispondenti al tenore di vita del contribuente e delle persone al cui sostentamento egli provvede, sostenute durante il periodo di calcolo in Svizzera e all’estero”[76]. Le spese annuali devono poi essere confrontate con le singole voci di seguito elencate: (i) un importo minimo (fr. 400’000 a livello federale ed un importo minimo fissato a livello cantonale [fr. 400’000 in Ticino]); (ii) per i contribuenti che hanno un’economia domestica propria, un importo corrispondente al settuplo della pigione annua o del valore locativo fissato dall’auto-rità competente; (iii) per gli altri contribuenti: un importo

novembre 2008 consid. 4.1.[74] Sentenza TF n. 2C_513/2015 del 13 dicembre 2015 consid. 4.2, citata nel-la sentenza CDT n. 80.2016.201 del 13 luglio 2017 consid. 2.5.[75] Sentenza CDT n. 80.2016.201 del 13 luglio 2017 consid. 2.3.[76] Come in ambito di tassazione ordinaria vige il principio del “reddito mon-diale”, nel contesto della tassazione basata sul dispendio si applica la regola del “dispendio mondiale” (Nöel/Aubry [nota 57], pp. 239-240). Relativamente al fatto di considerare, nella cerchia delle persone sostenute, i soggetti che risie-dono fuori dalla Svizzera (ad es. figli all’estero per ragioni di studio), si registrano opinioni divergenti: secondo alcuni autori essi vanno considerati (Zweifel/Beusch, Kommentar DBG [nota 57], pp. 173-174 e 184; Zweifel/Beusch, Kommentar StHG [nota 57], pp. 131 e 141), mentre secondo altri no (Nöel/Aubry [nota 57], p. 240).

occasionale o passeggero – che soggettive – l’intenzione di stabilirsi durevolmente in un luogo, supportata dall’effettiva condotta esteriore e dove le dichiarazioni di volontà non sono sufficienti[67]. L’intenzione esiste laddove il contribuente “entend faire de ce lieu le centre de son existence, de ses relations personnelles et professionnelles de façon à donner à ce séjour une stabilité”[68].

Sussiste, invece, dimora fiscale laddove una persona fisica, senza interruzioni rilevanti, soggiorna in Svizzera o nel Cantone almeno novanta giorni senza esercitare un’attività lucrativa[69]. Diversamente dalla nozione di domicilio, non è prevista né la necessità di permanenza in un determinato luogo, né l’intenzione di stabilirvisi durevolmente. Le inter-ruzioni, per non inficiare la dimora fiscale, non dovranno superare il periodo di permanenza e non dovranno essere regolari (e questo, anche se brevi)[70].

Per le persone straniere che non esercitano attività lucrativa in Svizzera, la residenza fiscale svizzera passa anche attra-verso l’ottenimento di un permesso di dimora (cd. “permesso B”)[71]; in particolare, per determinare l’inizio dell’assog-gettamento fiscale, farà testo la data di presentazione della richiesta di permesso. Per i cittadini dell’Unione europea/Associazione economica di libero scambio (UE/AELS), tale permesso di soggiorno presuppone la disponibilità di mezzi finanziari sufficienti per non dover ricorrere all’assistenza sociale ed una copertura assicurativa medica completa (art. 24 par. 1 Accordo tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone [ALCP; RS 0.142.112.681]), mentre per quanto riguarda i giorni da trascorrere in Svizzera, l’unica condizione è che non vi siano assenze superiori a sei mesi consecutivi (art. 24 par. 6 ALCP).

Per i cittadini extra-UE, le condizioni sono più rigide, visto che viene richiesto lo spostamento del centro degli interessi in Svizzera, così come la permanenza in Svizzera superiore a sei mesi[72]. Le assenze superiori a sei mesi consecutivi riferite ai cittadini UE/AELS, in base alla giurisprudenza del Tribunale federale, non saranno interrotte da rientri in Svizzera per motivi di visita, turismo o affari (anche se lo straniero dispone di alloggio in Svizzera) effettuati ogni volta prima del trascor-rere dei sei mesi[73].

[67] Samuele Vorpe, L’imposizione secondo il dispendio tra passato, presente e futuro, in: RtiD II-2013, p. 715.[68] Xavier Oberson, Imposition d’après la dépense et CDI CH-FR: l’incertitu-de grandit au regard de la récente jurisprudence du Tribunal fédéral, in: RDAF 2019, p. 196.[69] L’altro criterio di dimora fiscale (soggiorno di trenta giorni esercitando un’attività lucrativa) non si applica ai globalisti, visto che non svolgono attività lucrativa.[70] Vorpe (nota 67), p. 716.[71] Marco Calcagno/Giorgio Infranca, Il concetto di residenza fiscale: Svizzera e Italia a confronto, NF n. 5/2018, p. 273; citazione ripresa anche nella sentenza CDT n. 80.2018.160/161 del 4 luglio 2019 consid. 3.4.[72] Kenel (nota 61), p. 502; Kenel (nota 57), p. 44.[73] Sentenza TF n. 2C_924/2017 del 2 novembre 2017 consid. 4.1, con rife-rimento alle Sentenze TF n. 2C_498/2015 del 5 novembre 2015 consid. 4.2; n. 2C_147_2010 del 22 giugno 2010 consid. 5.1 e n. 2C_581/2008 del 6

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119 febbraio 2021

Diritto finanziario

5. La dichiarazione di redditi esteri e sgravi fiscali in applica-zione delle CDIIn caso di dichiarazione di redditi esteri per beneficiare degli sgravi previsti dalla CDI applicabile, la parte irrecuperabile non potrà comunque essere computata (art. 4 cpv. 1, Ordinanza sul computo di imposte alla fonte estere [Ocife; RS 672.201]).

B. La tassazione sul dispendio “modificata”In base alle CDI tra Svizzera e Austria, Belgio, Canada, Norvegia, Italia, Germania e Stati Uniti d’America (USA), il contribuente tassato in base al dispendio non ha diritto ai benefici convenzionali, a causa del mancato riconoscimento dello statuto di residente in Svizzera[83]. Nel caso della CDI tra Svizzera e Italia (CDI CH-ITA; RS 0.672.945.41), l’art. 4 par. 5 lett. b riporta quanto segue: “Non è considerata residente di uno Stato contraente, ai sensi del presente articolo […]; una persona fisica che non è assoggettata alle imposte generalmente riscosse nello Stato contraente, di cui sarebbe residente secondo le disposizioni che precedono, per tutti i redditi generalmente imponibili secondo la legislazione fiscale di questo Stato [ndr. nel nostro caso la Svizzera] e provenienti dall’altro Stato contraente [ndr. Italia]”.

Per un globalista, come anticipato in precedenza, l’impossibi-lità di avvalersi della CDI non crea principali problemi a livello di doppia imposizione[84], ma a livello delle norme applicabili per la determinazione della residenza fiscale, visto che le norme nazionali sono normalmente più severe di quelle con-venzionali. Per ovviare a questo problema e potersi avvalere delle CDI anche con questi sette Stati, il contribuente dovrà dichiarare tutti gli elementi di reddito (al lordo[85], consi-derando anche il prelievo estero irrecuperabile) provenienti dall’altro Paese ed attribuiti[86] alla Svizzera conformemente alla corrispondente CDI, aggiungendoli poi agli elementi di reddito del calcolo di controllo (art. 14 cpv. 5 LIFD; art. 6 cpv. 7 LAID)[87]. Inoltre, per poter usufruire dei vantaggi previsti dalle CDI con questi sette Stati, il contribuente dovrà essere tassato applicando l’aliquota mondiale, vale a dire relativa al reddito complessivo (art. 14 cpv. 5 LIFD; art. 6 cpv. 7 LAID)[88]. Nel caso in cui il contribuente preferisse non dichiarare l’insieme dei redditi esteri (nella pratica la situazione più fre-quente), si applicherà l’aliquota massima federale, cantonale e comunale[89].

C. L’assistenza amministrativa in materia fiscaleIl contribuente tassato in base al dispendio dovrà anche tenere conto della concreta possibilità che un Paese, sulla base di una CDI, ottenga assistenza amministrativa in ambito fiscale da parte della Svizzera. Due recenti decisioni del Tribunale

[83] Nöel/Aubry (nota 57), p. 248.[84] Visto che in base alle norme svizzere, non dovendo dichiarare i redditi esteri, la doppia imposizione potrà comunque essere evitata.[85] Questo perché come vedremo nel prossimo paragrafo, il contribuente potrà beneficiare del computo delle imposte alla fonte estere (cfr. art. 3, cpv. 2 Ocife).[86] In assenza di potere impositivo in favore della Svizzera o di esenzione in Svizzera, non dovrà esservi dichiarazione.[87] Locher (nota 79), p. 300 s.[88] Vorpe (nota 67), p. 747.[89] AFC (nota 82), cifra 5.2; Locher (nota 79), p. 300 s.; Vorpe (nota 67), p. 749.

corrispondente al triplo del prezzo di pensione annua per il vitto e l’alloggio al luogo di dimora. Il valore più alto deter-minerà la base di calcolo per la tassazione sul dispendio a meno che dal calcolo di controllo, nel quale sono verificati gli elementi di reddito e sostanza di provenienza svizzera, non emerga un dato maggiore[77].

Al fine di beneficiarie dello sgravio parziale o totale da impo-ste estere (in applicazione delle CDI), nel calcolo di controllo il contribuente può decidere di dichiarare anche i redditi esteri[78]. La dichiarazione dei redditi esteri è sempre con-veniente, da un punto di vista finanziario, laddove dal calcolo di controllo emerge un valore inferiore al dispendio. Superato tale valore, la convenienza finanziaria andrà misurata con-frontando la tassazione supplementare svizzera con la parte di imposta estera recuperabile[79]. Come vedremo più in avanti (cap. III.B.), la scelta di avvalersi di una CDI è spesso collegata alla possibilità di beneficiare delle regole previste dalle CDI per la determinazione della residenza fiscale, normalmente più favorevoli rispetto al diritto interno[80].

3. L’imposizione sulla sostanzaPer quanto concerne l’imposizione sulla sostanza, le moda-lità di applicazione sono per forza di cose determinate a livello cantonale (art. 6 cpv. 5 LAID). La Legge tributaria del Canton Ticino (LT; RL 640.100) stabilisce che l’imposta sulla sostanza viene percepita su di un importo equivalente a cinque volte il valore più elevato tra spese annuali del contribuente e le singole voci elencate nel capitolo pre-cedente (cap. III.A.2.) e, in ogni caso, dovrà essere almeno equivalente agli elementi di sostanza elencati nel calcolo di controllo (art. 13 cpv. 5 LT).

4. Le aliquote di tassazioneUna volta determinati gli importi di reddito e sostanza ven-gono applicate le tariffe fiscali ordinarie (art. 6 cpv. 4 LAID; art. 14 cpv. 4 LIFD). I redditi stranieri non inclusi nel calcolo di controllo non sono considerati per la determinazione dell’a-liquota[81]. A livello federale, ciò è espressamente previsto dall’art. 3 dell’Ordinanza sull’imposizione secondo il dispendio nell’imposta federale diretta (RS 642.123). Se il reddito estero è, invece, considerato, per l’aliquota conta quello al netto delle imposte alla fonte estere non rimborsabili[82].

[77] Zweifel/Beusch, Kommentar DBG (nota 57), p. 176; Zweifel/Beusch, Kommentar StHG (nota 57), p. 133.[78] Il contribuente che sceglie di non dichiarare i redditi esteri nel calcolo di controllo, non commette alcuna sottrazione fiscale ai sensi degli artt. 56 LAID e 175 LIFD; cfr. Vorpe (nota 67), p. 743.[79] Peter Locher, Kommentar zum DBG, Bundesgesetz über die direkte Bun-dessteuer, I. Teil, Art. 1-48 DBG, Basilea 2019, p. 297; Vorpe (nota 67), p. 746.[80] Kenel (nota 61), p. 500; Kenel (nota 57), p. 49.[81] Zweifel/Beusch, Kommentar DBG (nota 57), p.176; Zweifel/Beusch, Kommentar StHG (nota 57), p.133.[82] AFC, Circolare n. 44, cifra 3.3.4.

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120 febbraio 2021

Diritto finanziario

“affari ed interessi” – da intendersi in senso ampio, includendo rapporti di natura patrimoniale, economica, morali, sociali e familiari – in un determinato luogo[93]); (iii) residenza in Italia (in base all’art. 43, comma 2, c.c., la residenza è intesa come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”, dove l’elemento soggettivo relativo alla volontà di residenza è appunto pro-vato dal fatto oggettivo (quantitativo) di stabile permanenza (senza che sia necessaria definitività o continuità).

Delle tre condizioni, quella più insidiosa e difficile da provare, pertanto più spesso oggetto di verifica da parte dell’Am-ministrazione finanziaria e di relativa contestazione, è rappresentata dal domicilio fiscale con riferimento al centro dei propri affari ed interessi, visto come il dato temporale non abbia valenza assoluta.

Inoltre, in base all’art. 2, comma 2-bis, TUIR, sono considerati residenti in Italia, salvo prova contraria, i cittadini italiani iscritti all’Anagrafe della Popolazione Residente all’Estero (AIRE) ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con Decreto ministeriale (D.M.) del 4 maggio 1999, tra cui figura tuttora la Svizzera[94]. Tra l’altro, in tale contesto, anche eventuali sponde su Paesi “virtuosi” risultano inefficaci: ad es., nel caso di passaggi dall’Italia alla Francia e da quest’ultima alla Svizzera, ai fini dell’aggiorna-mento dell’iscrizione all’AIRE, prima dello spostamento in Francia, sarà presunto un rientro in Italia. Elementi chiave della norma antielusiva appena menzionata sono l’inversione dell’onere della prova, la presunzione di residenza fiscale in Italia e la necessità, per il contribuente, di dimostrare l’assenza dei criteri di residenza e di domicilio in Italia. Il tutto, ovvia-mente, può rappresentare un onere di notevole importanza e non facile da sostenere[95].

Nonostante il trasferimento all’estero verso un Paese a regime fiscale privilegiato non inneschi in modo automatico una procedura di accertamento, l’evoluzione degli strumenti

[93] Ministero delle Finanze, Circolare n. 304, del 2 dicembre 1997.[94] Il fatto che la Svizzera continui ad essere menziona-ta nella citata lista è in contraddizione con le modifiche alla CDI CH-ITA successive alla firma del Protocollo del 23 febbraio 2015, le quali hanno allineato lo scambio di informazioni tra i due Paesi allo standard OCSE (quanto meno per fatti e/o circostanze esistenti o realizzati a partire dal 23 febbraio 2015); senza considerare che dal 2018, tra i due Paesi, è in vigo-re lo scambio automatico di informazioni. Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Nicola Sartori/Stefano Maria Ronco, Sviluppi recenti in materia di black-list, in: NF n. 4/2018, p. 195 ss. Le ragioni per le quali la Sviz-zera continua ad essere menzionata in tale lista sembrano essere di natura politica e, sul tema, si registrano diversi atti parlamentari (si veda ad es.: inter-pellanze al Parlamento svizzero di Giovanni Merlini (n. 17.3296) e Marco Chiesa (n. 19.1020). La condotta italiana non tiene peraltro conto del fatto che, semmai la decisione di mantenere la Svizzera nella lista fosse da imputa-re al regime fiscale per globalisti (si veda a tal proposito la citata interpellanza n. 17.3296), la Confederazione offre assistenza amministrativa anche in tale contesto (cfr., infra, cap. III.C); per di più, dal 2017 l’Italia ha introdotto un regi-me fiscale paragonabile a quello dei globalisti che prevede una tassazione forfettaria per neo-residenti (cfr. Sassu [nota 59], p. 422 ss.).[95] Calcagno/Infranca (nota 71), p. 273: “il cittadino italiano, trasferitosi in Svizzera, per non essere considerato residente comunque in Italia, ferma restando la can-cellazione all’iscrizione dall’anagrafe della popolazione residente e la successiva iscrizione all’AIRE (Anagrafe Italiani residenti all’estero), avrà il doppio onere di provare sia l’effetti-vità della residenza in Svizzera sia l’interruzione dei legami con lo Stato italiano”.

federale hanno infatti messo in luce che tale assistenza amministrativa sarà fornita anche con riferimento a contri-buenti tassati in base al dispendio e considerati fiscalmente domiciliati in Svizzera nel rispetto delle norme locali[90].

In particolare, nel caso di una richiesta di assistenza ammini-strativa che mira a stabilire la residenza fiscale effettiva di un soggetto, il ruolo dello Stato richiesto (nel caso, la Svizzera) consisterà unicamente nel verificare se l’informazione domandata rappresenta un criterio di assoggettamento fiscale in base alla CDI in vigore con il Paese richiedente[91]. In tal caso, l’informazione dovrà essere fornita.

Tale approccio suggerisce che questo genere di richiesta sarà sempre accettata nel caso in cui la CDI preveda una clausola sulla residenza come quella contenuta nelle CDI tra la Svizzera ed i sette Paesi menzionati nel cap. III.B. In questi casi, infatti, l’informazione sul tipo di imposizione in Svizzera sarebbe rilevante per valutare l’applicazione della CDI in termini di residenza fiscale.

Allo stesso modo, sempre coerentemente con le motivazioni che hanno accompagnato la DTF 145 II 112, si può dedurre che anche eventuali richieste inerenti ai flussi reddituali provenienti dal Paese richiedente (sempre che sia uno dei sette già accennati), sarebbero ritenute conformi e trasmis-sibili dalla Svizzera[92]. Questo nella misura in cui anche tale informazione risultasse funzionale alla determinazione della residenza fiscale in applicazione della CDI. Infatti, prendendo l’esempio della CDI CH-ITA, l’imposizione in capo al globalista di tutti i redditi provenienti dall’Italia e normalmente impo-nibili secondo la legislazione fiscale svizzera, costituisce un criterio di valutazione della residenza fiscale presente nella CDI stessa.

IV. La residenza fiscale delle persone fisiche in base alle norme italianeRisultano fiscalmente residenti in Italia e dunque imponibili in Italia secondo il principio del reddito mondiale, le persone fisiche “[…] che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel terri-torio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile” (art. 2, comma 2, TUIR).

Dunque, la residenza fiscale italiana (per l’intero periodo d’imposta) si verifica laddove per un periodo superiore a metà del periodo fiscale, sussiste almeno una delle tre condizioni seguenti: (i) iscrizione anagrafica presso un Comune italiano; (ii) domicilio in Italia (in base all’art. 43, comma 1, del codice civile [c.c.]), inteso come il luogo dove una persona ha stabilito “la sede principale dei suoi affari ed interessi”, a prescindere da elementi quantitativi di presenza fisica. Il domicilio è carat-terizzato dalla volontà (elemento soggettivo) di mantenere

[90] DTF 145 II 112 e Sentenza TF n. 2C_764/2018 del 7 giugno 2019.[91] Samuele Vorpe, Il modo di tassare un contribuente costituisce un’infor-mazione verosimilmente rilevante? (Parte A), in: NF n. 12/2019, p. 578.[92] Philippe Kenel, Imposition d’après la dépense et assistance administrati-ve en matière fiscale, in: Not@lex, 2019, p. 115.

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121 febbraio 2021

Diritto finanziario

raggio d’azione dell’Amministrazione fiscale italiana. Senza ulteriori approfondimenti sul tema, ci si limita a segnalare come l’attività di contrasto posta in essere da parte della autorità italiane, in tema di modifiche di domicilio fiscale, siano rilevanti, organizzate (informatizzate), in crescendo e sostanzialmente indicatrici di un atteggiamento aggressivo.

Nel caso in cui, a fronte di un accertamento fiscale e/o in applicazione alla procedura convenzionale OCSE, venisse determinato il domicilio fiscale in Italia, oltre alle riprese fiscali relative all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) ed eventualmente all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), all'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE) e all'imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE), il contribuente persona fisica sarà esposto a possibili sanzioni per omessa o infedele dichiarazione dei redditi, art. 1 del Decreto Legislativo (D.Lgs.) n. 471/1997.

Per omessa dichiarazione, il contribuente dovrà corrispondere dal 120% al 240% delle imposte dovute, con un minimo di euro 258 (per i redditi prodotti all’estero, le sanzioni vanno aumentate di un terzo, con riferimento alle imposte o maggiori imposte relative a tali redditi). In caso di infedele dichiarazione, il contribuente dovrà corrispondere dal 90% al 180% delle imposte dovute, con un minimo di euro 258 (per i redditi prodotti all’estero, le sanzioni vanno aumentate di un terzo, con riferimento alle imposte o maggiori imposte relative a tali redditi).

A fronte dell’omessa compilazione del Quadro RW (dove il contribuente avrebbe dovuto indicare in dichiarazione dei redditi l’ammontare delle attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero e dei relativi trasferimenti da, verso e sull’estero), la persona sarà soggetta alle sanzioni indicate all’art. 5, D.L. n. 167/1990.

V. Le norme di diritto internazionaleL’art. 4 M-OCSE definisce la nozione di residenza rinviando alla normativa interna di ciascuno Stato, indicando come l’espressione “residente” di uno Stato contraente riguardi ogni persona che, in base alla legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede di direzione o di altri criteri di natura analoga (par. 1).

Il richiamo alle legislazioni nazionali e ai diversi criteri di attra-zione con il territorio che ogni Stato può prevedere, possono determinare conflitti di residenza o di competenza impositiva, quando in base alla legislazione interna di due Paesi un sog-getto risulti residente fiscale in entrambi, oppure quando il reddito di provenienza estera di un soggetto residente in un Paese è tassato sia nello Stato di residenza che in quello di produzione del reddito.

Per ovviare a tali situazioni, è previsto il ricorso alle cd. “tie-bre-aker rules” (par. 2), le quali implicano un esame in sequenza di quattro criteri a cascata che, mano a mano, possono risolversi in favore di una delle due residenze, interrompendo la verifica o, in caso di persistente “pareggio”, possono concludersi con

e dell’approccio delle autorità italiane in sede di contrasto all’evasione fiscale e di domiciliazione fittizia all’estero appaiono significativi. Nei tre anni successivi al trasferimento all’estero, l’Agenzia delle Entrate e i Comuni svolgono un’at-tività di vigilanza congiunta, con incentivi economici sempre più importanti in favore di quest’ultimi[96]. Specifici controlli vengono inoltre svolti anche attraverso l’analisi delle iscrizioni all’AIRE che, con l’introduzione dei commi 17-bis e 17-ter dell’art. 83 del Decreto Legge (D.L.) n. 112/2008 (inseriti nel dispositivo di norme che hanno retto la cd. Voluntary Disclosure di cui al D.L. n. 193/2016), devono ora essere obbligatoria-mente trasmesse dai Comuni all’Agenzia delle Entrate, per la creazione dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR). Tali informazioni sono poi analizzate anche al fine di selezionare soggetti a rischio accresciuto in termini di effettività della residenza fiscale estera[97], dando luogo alle cd. “liste selettive AIRE” (create dall’applicativo informatico che prende il nome di So.No.Re [Soggetti Non Residenti][98]), create sulla base dei criteri pubblicati dall’Agenzia delle Entrate nel Provvedimento n. 43999/2017, tra cui anche la “residenza dichiarata in uno degli Stati e territori a fiscalità privi-legiata, individuati dal decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999 [ndr. dunque, anche la Svizzera]”[99].

In considerazione della natura inglobante dei criteri elencati nel Provvedimento n. 43999/2017 è prevedibile che l’impiego di tali liste avverrà in combinazione ad altri strumenti di indagine e istruttoria, quali le lettere di compliance previste dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 299737 del 21 dicembre 2017 o dei questionari ex art. 32 del Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) n. 600/1973[100]. È altrettanto prevedibile che con lo sviluppo informatico di So.No.Re, l’efficacia e rilevanza delle informa-zioni prodotte saranno vieppiù significative, aumentando il

[96] Gianmaria Favaloro/Alessio Spitaleri, Residenza fiscale e scambio d’informazioni: utilizzabilità dei dati disponibili, in: NF n. 5/2019, p. 218: con riferimento agli anni dal 2012 al 2019, ai Comuni spetta il 100% delle somme riscosse anche a titolo non definitivo nel quadro dell’attività di accertamento (cfr. art 1, comma 12-bis, D.L. n. 138/2011 [convertito con modificazioni dalla L. n. 148/2011]), come modificato dal D.L. n. 193/2016 [convertito con modifica-zioni dalla L. n. 225/2016]).[97] Favaloro/Spitaleri (nota 96), p. 218.[98] So.No.Re. è un software in grado di incrociare informazioni presenti in diverse banche dati; può accedere alle informazioni delle comunicazioni dei dati rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) ed alle informazioni riguardanti lo scambio di informazioni fiscali; sono anche incluse, in provenien-za dai Stati membri dell’UE, le informazioni sulle proprietà immobiliari previste dalla Direttiva del Consiglio n. 2011/16/UE (cd. DAC1) e le informazioni finan-ziarie sui conti correnti detenuti all’estero previste dalla Direttiva del Consiglio n. 2014/107/UE (cd. DAC2) relative ai dati identificativi dei conti esteri dei sog-getti residenti, con saldo o valore, importo totale lordo di interessi e dividendi e altri redditi generati in relazione al conto corrente.[99] Altri criteri elencati dal Provvedimento n. 43999/2017 sono: ”movimenti di capitale da e verso l’estero […]; informazioni relative a patrimoni immobiliari e finanziari detenuti all’estero […]; residenza in Italia del nucleo familiare del contribuente; atti del registro segnaletici dell’effettiva presenza in Italia del contribuente; utenze elettriche, idriche, del gas e telefoniche attive; disponibilità di autoveicoli, motoveicoli e unità da diporto; titolarità di partita Iva attiva; rilevanti partecipazioni in società residenti di persone o a ristretta base azionaria; titolarità di cariche sociali; versamento di contribu-ti per collaboratori domestici; […]”.[100] Favaloro/Spitaleri (nota 96), p. 219.

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122 febbraio 2021

Diritto finanziario

spostamento del “centro degli interessi”? Le condizioni di tassazione (sia in termini di aliquote che di base fiscale) sono favorevoli, concorrendo ad un’imposizione inferiore al 10% del reddito maturato su base mondiale? La residenza fiscale è stabile e consolidata da più anni o vi sono stati recenti cam-biamenti (modifiche di residenza fiscale)?

Per quanto riguarda i criteri di residenza fiscale applicabili, il quadro teorico prevede che tanto meno saranno esigenti, quanto maggiore sarà il rischio inerente che la giurisdizione indicata sia fittizia. Un riferimento concreto può essere fatto confrontando da una parte i programmi di residenza del tipo CBI/RBI basati sull’effettuazione di investimenti[103] (a rischio maggiore), a quelli che richiedono lo spostamento del proprio centro degli interessi vitali (a rischio inferiore).

Nel caso specifico, essendo il prospect un cittadino UE, egli potrà basare l’assoggettamento illimitato alle imposte svizzere (quale precondizione per una tassazione basata sul dispendio), sia sul concetto di dimora fiscale che su quello di domicilio fiscale.

Nel primo caso, come indicato in precedenza, il potenziale cliente potrà limitarsi a trascorrere almeno novanta giorni in Svizzera (senza interruzioni rilevanti), evitando assenze con-tinuative dal nostro territorio superiori a sei mesi consecutivi. Nel caso in cui il contribuente decidesse di fondare il proprio assoggettamento illimitato alle imposte svizzere sul concetto di dimora fiscale, egli rimarrà dunque esposto ad un rischio significativo di essere considerato fiscalmente residente nello Stato di provenienza.

Un secondo fattore di rischio potenzialmente indicativo di residenza fittizia è rappresentato dalla presenza di condizioni di tassazione favorevoli, sia in termini di carico fiscale che di disclosure effettiva. A tal proposito, il testo dell’OCSE che analizza la tematica dei programmi di domiciliazione CBI/RBI[104] ritiene che al di sotto del 10% un’aliquota fiscale possa essere ritenuta effettivamente favorevole. Nel nostro caso, nonostante l’aliquota nominale sia di sicuro superiore al 10% (tenuto conto del dispendio minimo fissato a fr. 400’000), la tassazione sul dispendio potrà essere considerata una forma d’imposizione favorevole, nella misura in cui la base tassata, vista la tipologia di contribuenti, rappresenta normalmente una frazione del reddito e patrimonio complessivi. Come già visto, la tassazione globale consente infatti di non dichiarare redditi e patrimonio di origine non svizzera e di continuare a svolgere attività lucrativa all’estero. Pertanto, anche questo criterio darà esito positivo, illustrando una situazione poten-zialmente a rischio, nella misura in cui il contribuente avrebbe potuto decidere di trasferirsi in Svizzera solo per motivazioni fiscali, senza realmente installarvisi.

Un ulteriore fattore di rischio identificato nel cap. II. e collegato ad una gestione prudente dei rischi giuridici e di

[103] Ocse, CBI/RBI (nota 16).[104] Ocse, CBI/RBI (nota 16).

una procedura amichevole tra le autorità competenti dei due Paesi, fino al raggiungimento di un comune accordo o, in sua assenza[101], di una doppia imposizione effettiva. Tali quattro criteri, in ordine cronologico, sono: (i) la presenza di un’abita-zione permanente (casa attrezzata ed utilizzata in maniera stabile e permanente), (ii) il luogo dove si situano le relazioni personali ed economiche più strette (centro degli interessi vitali, relazioni familiari e sociali, occupazione, attività culturali e politiche, ecc.), (iii) il soggiorno abituale (dove si trascorre più tempo, considerando sia l’abitazione sia altri luoghi)[102] e (iv) la nazionalità (passaporto).

In relazione al concetto di abitazione permanente il Commentario al M-OCSE specifica come esso, seppure da intendersi in maniera molto ampia (inglobando qualsiasi forma di abitazione: casa o appartamento di proprietà o locata, stanza arredata presa in locazione), debba comunque corrispondere ad una sistemazione permanente, cioè non occasionale, costantemente disponibile e funzionale a scopi abitativi e non temporanei (come ad es. una casa di vacanza o per viaggi d’affari/studio). Se la persona fisica ha un’abita-zione permanente in entrambi gli Stati, si passa a verificare il “centro degli interessi vitali”, dopodiché, in caso di persistente “pareggio”, si passerà all’analisi del “soggiorno abituale” e, per finire, si valuterà in base alla nazionalità. Se poi il soggetto in questione avesse la nazionalità di entrambi gli Stati, o di alcuno dei due, l’art. 4, par. 2, lett. d prevede che “le autorità competenti degli Stati Contraenti risolvano la questione di comune accordo”, in applicazione dell’art. 25 M-OCSE (cd. procedura amichevole).

VI. Analisi di un caso praticoSulla base di quanto esposto nei capitoli precedenti, analiz-ziamo ora un caso pratico concernente una persona fisica di nazionalità italiana, trasferitasi nel corso del primo trimestre 2020 dall’Italia in Svizzera, con l’intenzione di essere tassata in base al dispendio e che allo stesso momento, si presenta presso una banca svizzera per aprire una relazione nomina-tiva. Per l’analisi del caso, poniamo inoltre, come accertato, che il soggetto soddisfi i requisiti della normativa fiscale svizzera per poter beneficiare della tassazione basata sul dispendio (cittadino straniero che non esercita attività lucra-tiva in Svizzera, assoggettato illimitatamente alle imposte svizzere per la prima volta o dopo un’interruzione di almeno dieci anni).

A. Analisi dei fattori di rischioLa residenza fiscale indicata dal cliente verrà analizzata in base ai fattori rischio esposti in precedenza, rispondendo ai seguenti interrogativi: i criteri di residenza fiscale del luogo dove il cliente indica di essere residente prevedono uno

[101] A meno che la disposizione sulla procedura amichevole non contenga una clausola arbitrale, nel qual caso sarà avviata un’ulteriore procedura, in capo ad un collegio arbitrale sovranazionale, volta ad eliminare la doppia imposizio-ne. Cfr. anche Samuele Vorpe, La clausola arbitrale nelle convenzioni stipulate dalla Svizzera, in: NF n. 6/2013, p. 7 ss.[102] In base al Commentario al M-OCSE a rilevare non sono solo i giorni (fat-tore numerico), ma tre e più articolati criteri soggettivi: frequenza, durata e regolarità soggiorni.

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123 febbraio 2021

Diritto finanziario

2. Modalità di assoggettamento fiscaleSuccessivamente, con riferimento alla questione delle moda-lità di assoggettamento illimitato in Svizzera, sarà opportuno comprendere se il cliente ha optato per la dimora fiscale o per il domicilio fiscale. Le informazioni raccolte dovranno poi essere valutate e verificate tenendo conto delle altre informazioni presenti nel profilo KYC. In modo particolare, se il cliente dovesse confermare di aver optato per lo spo-stamento in Svizzera del proprio centro degli interessi vitali, tale informazione sarà verificata attraverso un confronto con elementi quali l’abitazione scelta, il tipo di professione svolta, le conoscenze linguistiche, gli interessi ed il profilo culturale, il luogo di residenza di famigliari stretti, ecc.

3. Tassazione globale “classica” o “modificata”Un altro tema d’interesse, consisterà nel comprendere se il cliente intende optare per la tassazione globale classica o modificata. In chiave di diritto fiscale internazionale, la scelta di optare per la globale classica potrà essere letta negativa-mente rispetto alla probabilità di sostenere validamente la residenza fiscale svizzera, mentre il fatto di aderire alla ver-sione modificata della tassazione basata sul dispendio potrà andare nella direzione opposta.

Nel concreto, visto che in linea teorica le norme fiscali svizzere lasciano la possibilità al contribuente la possibilità di decidere per un’opzione o l’altra fino alla compilazione della dichiara-zione fiscale, la banca potrà chiedere al cliente quale sia la sua intenzione, chiedendo la disponibilità di fornire su base ex-post il certificato di residenza fiscale emesso dalla autorità canto-nali. A tale scopo, la banca potrebbe concepire un formulario nel quale richiedere al cliente di indicare quali sono le sue intenzioni per l’anno a venire (globale modificata o classica), chiedendo disponibilità a fornire, non appena disponibile, il certificato di residenza fiscale emesso dalle autorità cantonali.

Nel caso in cui il cliente avesse optato per una tassazione sul dispendio modificata, sarebbe sicuramente utile appro-fondire il tema della disponibilità o meno di un’abitazione permanente in Italia. Tale analisi, senza pretese di certezza (non disponendo certamente degli strumenti d’indagine a disposizione delle autorità amministrative italiane), potrebbe comunque essere utile nella misura in cui attorno al concetto di abitazione permanente, in ambito delle tie-breaker rules, si giocherebbe una parte potenzialmente rilevante della que-stione.

Infatti, se da una parte, come indicato in precedenza, l’as-senza di disponibilità in Italia di un’abitazione permanente si risolverebbe quasi certamente con una decisione di domicilio fiscale svizzero già al primo criterio.

4. Profilo KYCIn conclusione ed a complemento di quanto sopra, sarà poi fondamentale analizzare nel dettaglio il profilo KYC, al fine di identificare elementi di attrazione verso il Paese di provenienza. A tal proposito, gli ambiti di verifica di seguito elencati sono tratti dalla check-list predisposta dall’Agenzia delle Entrate al fine di identificare, in sede di interpello,

reputazione è rappresentato dalla presenza di cambiamenti di domicilio, soprattutto se in provenienza da Paesi che li con-trastano attivamente. Nel nostro caso tale condizione è data nella misura in cui l’Italia, Paese di provenienza, dispone di una norma antielusiva in base alla quale, salvo prova contraria, considera come residenti nel suo territorio i cittadini italiani iscritti all’AIRE ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con D.M. del 4 maggio 1999, tra cui figura tuttora la Svizzera. Inoltre, nei tre anni successivi al trasferimento all’estero, l’Agenzia delle Entrate e i Comuni svolgono un’attività di vigilanza congiunta, con sempre più importanti incentivi economici in favore di quest’ultimi, il tutto supportato da strumenti informatici in continuo sviluppo (So.No.Re). In sintesi, l’attività di sorveglianza e contrasto posta in essere da parte della autorità italiane, in tema di modifiche di residenza fiscale, appaiano rilevanti, organizzate (infor-matizzate), in crescendo e sostanzialmente indicatrici di un atteggiamento aggressivo.

In conclusione, dall’analisi dei fattori di rischio emerge come la residenza fiscale indicata dal prospect presenti un profilo di rischio elevato, nella misura in cui tutti i criteri di analisi hanno dato un risultato positivo: criteri di residenza fiscale potenzialmente “leggeri” (soprattutto in chiave di diritto fiscale internazionale), condizioni di tassazione agevolate (sia in termini di aliquote effettive, che di base fiscale e disclosure) e cambiamento di domicilio in provenienza da una Paese che contrasta attivamente le residenze fiscali estere fittizie. Per una corretta classificazione della relazione in base ai criteri di conformità fiscale (Tax Compliant o Non Tax Compliant), sarà dunque opportuno procedere ad analisi supplementari, di seguito esposte.

B. Approfondimento e valutazione del caso specificoDopo aver stabilito una potenziale esposizione a più fattori di rischio, di seguito approfondiamo ulteriormente il caso pratico, proponendo una chiave di valutazione orientata ad una successiva presa di decisione.

1. Parte formaleIn una prima fase, tenuto conto della situazione di rischio, dovrà essere raccolta l’eventuale documentazione attestante il fatto che il cliente sia diventato un contribuente svizzero e, nel contempo, non lo sia più nei confronti dell’Italia. Nel quadro di questa prima verifica di natura formale, saranno richieste una copia del permesso di dimora (parte svizzera) e l’iscrizione all’AIRE (parte italiana). Come descritto nei capitoli precedenti, l’assoggettamento illimitato alle imposte svizzere inizia a partire dalla data di richiesta del permesso di sog-giorno (cap. III.A.1.), mentre dal punto di vista fiscale italiano l’iscrizione all’AIRE è un presupposto formale imprescindibile che non ammette prova contraria per provare il domicilio all’estero (cap. IV.).

Sempre in ambito formale, sarà opportuno ottenere copia del ruling fiscale concordato con le autorità cantonali o una conferma del fiscalista che l’ha accompagnato.

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124 febbraio 2021

Diritto finanziario

Tabella 1: Elementi di analisi per la valutazione della residenza fiscale del

globalista proveniente dall’Italia

Criteri Elementi di analisi

Fattori positivi Fattori negativi

1 Parte formale (Disponibilità di certificato AIRE e permesso di dimora in Svizzera)

Sì No

2 Modalità di assoggettamento fiscale (cliente orientato a dimora o domicilio fiscale?)

Domicilio (con superamento del test di plau-sibilità del KYC)

Dimora o domicilio senza superamento del test di plau-sibilità del KYC

3 Tassazione sul dispendio modificata o classica?

Modificata (senza disponibilità di abitazione permanente in Italia)

Classica o modificata con abitazione permanente in Italia

4 Profilo KYC (elementi di attrazione fiscale in Italia?)

No Sì

5 Verifica presso consulente fiscale

Criticità cono-sciute e valutate / cliente informato

Criticità non considerate

6 Averi previsti sono noti alle autorità italiane

Sì No

In presenza di un potenziale cliente che presenta solo fattori positivi o solo fattori negativi, la scelta della banca potrà essere facilitata, in un senso o nell’altro. Le situazioni interme-die, ovviamente, saranno di più difficile gestione.

In tale contesto, un primo approccio potrà consistere nello stabilire quali elementi di valutazione siano imprescindibili, distinguendoli da quelli con maggiore margine di manovra, da condizionare eventualmente ad altre misure di mitigazione del rischio. Nell’ottica di una sana gestione dei rischi dal punto di vista bancario, riteniamo che fra gli elementi imprescindibili dovrebbero essere annoverati i criteri 1 (la parte formale rap-presenta un fattore chiave), 2 (l’apertura di relazioni bancarie a clientela non intenzionata a trasferire il domicilio in Svizzera presenta margini di abuso elevati) e 6 (l’assenza di certezza in merito alla conoscenza degli averi accreditati da parte delle autorità fiscali italiane, renderebbero elevato il rischio di riciclaggio fiscale). In presenza di criteri 1, 2 e 6 con esito favorevole, un risultato positivo riferito al n. 3 (globale modi-ficata senza disponibilità di abitazione permanente in Italia), potrebbe risultare utile ad evadere altre aree di potenziale criticità residua.

In ogni caso, tenuto conto delle conseguenze già esposte nei capitoli precedenti, la banca avrà interesse ad operare in maniera prudente. Se il cliente fosse riqualificato come residente in Italia e la banca non fosse in grado di provare

possibili legami con l’Italia di soggetti che intendono avvalersi della tassazione forfettaria introdotta dall’art. 24-bis TUIR.

Tale check-list, limitandosi a quelli più significativi[105], pre-vede la raccolta delle seguenti informazioni: coniuge e/o figli residenti, domiciliati o con dimora abituale in Italia; utilizzo effettivo di un immobile adibito ad uso abitativo in Italia per più di novanta giorni per ciascun periodo di imposta; conseguimento di redditi di lavoro (dipendente e assimilati, autonomo o d’impresa).

5. Verifica presso il consulente fiscaleInoltre, a dipendenza delle circostanze, potrà risultare utile ottenere una conferma dei passi concretamente intrapresi al momento del trasferimento in Svizzera, ad es. consultandosi con il professionista che ha accompagnato il potenziale cliente. Questo genere d’incontro potrà servire anche per valutare l’attenzione riposta dal potenziale cliente e dal professionista che l’ha accompagnato ai rischi di un accertamento italiano volto a contestare l’effettiva residenza fiscale sul territorio svizzero, anche sulla base degli strumenti di indagine previsti dalle autorità italiane (ad es. tramite So.No.Re; cfr. cap. IV.) e dell’assistenza amministrativa fornita dalla Svizzera (cfr. cap. III.C.).

6. Provenienza degli averiUn ulteriore elemento di valutazione sarà rappresentato dalla provenienza degli averi. Nel caso in cui il cliente annunciasse degli averi che, in base a tipologia di relazione e giurisdizione di residenza dell’intermediario finanziario, si può ritenere siano stati già annunciati alle autorità italiane, la banca potrà in generale partire dal presupposto che tali averi siano Tax Compliant. Al contrario, la banca avrà una ragione supple-mentare per dubitare delle reali motivazioni del cambiamento di domicilio verso la Svizzera, ed anche in presenza di indi-catori che attestano di un reale ed effettivo trasferimento in Svizzera, avrà motivi per sospettare di un possibile riciclaggio fiscale. In quest’ultimo caso, il dubbio potrà essere evaso tramite l’ottenimento della dichiarazione fiscale italiana 2019, dalla quale, attraverso il Quadro RW, si potrà risalire agli averi detenuti all’estero che il potenziale cliente sarebbe intenzio-nato a trasferire sulla nuova relazione bancaria in Svizzera.

In caso di apertura della relazione, i punti precedenti (princi-palmente quelli legati al profilo KYC ed alla provenienza degli averi) dovranno essere regolarmente aggiornati, secondo le tempistiche previste dalla banca. Di seguito, riassunti sotto forma tabellare, viene proposta una sequenza dei punti di analisi.

[105] Sassu (nota 59), p. 428.

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125 febbraio 2021

Diritto finanziario

In ogni caso, nonostante l’evasione degli aspetti formali (disponibilità di Permesso B e iscrizione all’AIRE), la banca svizzera dovrà essere molto prudente nel valutare l’entrata in relazione con globalisti che non hanno l’intenzione di spostare il domicilio fiscale in Svizzera e che non hanno optato per la globale modificata.

di aver agito diligentemente, vi sarebbe infatti il rischio (che dipenderà anche dalla materialità dei casi) di procedimenti amministrativi e/o penali per riciclaggio di denaro per omis-sione e per carente organizzazione interna.

Anche in Italia, se dovesse essere identificata una forma di complicità nel reato fiscale, vi sarebbe il rischio di un procedimento penale nei confronti della banca e/o dei suoi collaboratori; senza dimenticare che, riqualificando il cliente come residente italiano, l’insieme delle attività bancarie e di servizi d’investimento svolte dalla banca, potrebbero essere contestate anche sotto il punto di vista dell’abusivismo, nell’i-potesi in cui fosse rilevata una presenza attiva sul territorio italiano.

VII. ConclusioniGli obblighi di diligenza e di adeguata organizzazione (gestione dei rischi giuridici), impongono agli IF di identificare e valutare situazioni di rischio accresciuto, anche con riferimento allo status fiscale della clientela. Questa necessità è collegata all’introduzione del concetto di delitto fiscale qualificato, alla necessità di gestire i rischi giuridici connessi al fatto che un Paese terzo (in ambito transfrontaliero) incolpi la banca ed i suoi collaboratori di favorire reati fiscali commessi dai propri cittadini e, più in generale, all’indirizzo strategico della piazza finanziaria svizzera verso averi cd. Tax Compliant.

Nel contesto bancario, caratterizzato da modalità operative orientate alla valutazione dei rischi, la residenza fiscale è un elemento centrale per valutare lo status fiscale della clientela, nella misura in cui fornisce indicazioni sulle norme fiscali applicabili e consente di valutare il grado di trasparenza verso le autorità competenti (ad es., verificando la presenza di un accordo SAI tra la Svizzera ed il Paese indicato).

In tal senso, nel presente articolo sono stati sviluppati dei criteri di valutazione per riconoscere residenze fiscali poten-zialmente fittizi, collocandoli nei dispositivi di applicazione delle norme AML e di adeguata organizzazione. Il quadro teo-rico concepito allo scopo di identificare potenziali residenze fittizie è stato poi messo alla prova rispetto al caso pratico di una persona fisica appena trasferitasi dall’Italia alla Svizzera con l’intenzione di esservi tassato sulla base del dispendio, illustrando la presenza di potenziali rischi, soprattutto in chiave di diritto fiscale internazionale.

La facoltà per i cittadini UE/AELS di fondare l’assoggetta-mento fiscale illimitato in Svizzera sul concetto di “dimora fiscale” determina, infatti, rischi elevati di riqualifica della residenza fiscale nel Paese di provenienza; a maggior ragione se tale Paese, come l’Italia, presenta specifiche norme antie-lusive e misure di controllo sofisticate ed organizzate. In tale contesto, la “protezione” fornita dalla CDI CH-ITA potrà essere eventualmente invocata solo a condizione che il contribuente abbia optato per la tassazione globale “modificata” e al lato pratico, per risultare efficace, sarà decisivo che il globalista non disponga più di un’abitazione permanente in Italia.

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126 febbraio 2021

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

Samuele VorpeResponsabile del Centro di competenze tributarie della SUPSI

Regole e portata della Circolare n. 28 secondo la giurisprudenza del Tribunale federale

La valutazione dei titoli non quotati

Sentenza del Tribunale federale n. 2C_953/2019 del 14 aprile 2020. Valutazione di titoli non quotati ai fini dell’im-posta sulla sostanza (art. 14 cpv. 1 LAID).La Circolare n. 28 della Conferenza svizzera delle imposte persegue l’obiettivo dell’armonizzazione fiscale orizzontale, concretizzando così l’art. 14 cpv. 1 LAID ed è riconosciuta, da una costante giurisprudenza, come un metodo adeguato e affidabile. In tale contesto, il Tribunale federale esamina il metodo di valutazione adottato dal Cantone unicamente dal punto di vista dell’arbitrio. Gli impegni assunti volontaria-mente dalle parti non devono essere presi in considerazione nella determinazione del valore venale delle azioni. Tuttavia, tale regola si applica soltanto se il valore venale viene deter-minato in conformità al cap. A.2, cifra 4 della Circolare n. 28, ossia utilizzando il metodo di valutazione generale. Quando il contribuente si avvale di un trasferimento tra terzi indipen-denti, è alla luce di tutte le circostanze che possono influenzare la libera formazione dei prezzi che si deve esaminare se quello utilizzato ai fini fiscali è un vero prezzo di mercato.(Traduzione a cura di Fernando Ghiringhelli)

I. I fattiA. La valutazione dei titoli non quotati da parte dell’autorità fiscale ticineseNel 2011, A.A., all’epoca domiciliato con la moglie nel Canton Ginevra, deteneva 500 azioni al portatore della società C. SA, pari al 50% del capitale sociale, ciascuna con un valore nominale di fr. 1’000. C. SA, con sede in Ticino, ha quale scopo principale l’acquisto, la vendita, l’amministrazione e la gestione a lungo termine di patrimoni, in particolare l’inve-stimento di capitali in immobili e in società attive nel settore petrolifero. In qualità di holding, C. SA detiene l’intero capitale della società E. SA. Quest’ultima, con sede a Ginevra e con un capitale sociale di fr. 1’000’000, ha lo scopo di svolgere tutte le attività finanziarie e commerciali nel campo del commercio internazionale di materiali e prodotti di ogni tipo, compresi il petrolio ed i derivati.

Il 10 ottobre 2011 il Servizio valutazione titoli della Divisione delle contribuzioni del Canton Ticino ha notificato a C. SA la valutazione dei propri titoli non quotati ai fini dell’imposta sulla sostanza, basandosi sui conti chiusi al 31 dicembre 2009. Il valore fiscale di ogni azione al portatore della società è stato fissato in fr. 15’900, mentre il valore venale delle 10’000 azioni di E. SA è stato valutato in fr. 15’980’000. Nella loro dichia-razione d’imposta per l’anno 2011 inoltrata il 21 settembre 2012, i coniugi A. hanno dichiarato, ai fini delle imposte can-tonali e comunali (di seguito: ICC), 500 azioni della società C. SA, con un valore imponibile di fr. 7’950’000 (500 x fr. 15’900).

In data 12 febbraio 2013, il suddetto Servizio valutazione titoli ha comunicato a C. SA un nuovo valore dei titoli non quo-tati, determinato secondo il metodo di valutazione generale denominato “pratico” prescritto dalle istruzioni concernenti la valutazione dei titoli non quotati ai fini dell’imposta sulla sostanza contenute nella Circolare n. 28 della Conferenza svizzera delle imposte (di seguito: Circolare n. 28), sulla base del bilancio chiuso al 31 dicembre 2010, fissando il valore fiscale di ciascuna azione in fr. 61’900. Il valore venale delle diecimila azioni di E. SA è stato per contro valutato in fr. 61’900’000.

I. I fatti ................................................................................... 126A. La valutazione dei titoli non quotati da parte dell’autorità fiscale ticinese .......................................................... 126B. La valutazione dei titoli non quotati da parte dell’autorità fiscale ginevrina....................................................... 127C. Il reclamo dei coniugi A. contro una valutazione eccessiva dei titoli ............................................................................. 127D. L’Amministrazione delle contribuzioni respinge il reclamo .............................................................................................. 127E. E anche i giudici ginevrini respingono il ricorso .............. 127II. Il ricorso al Tribunale federale ...................................... 127A. Le richieste dei coniugi A. ........................................................ 127B. Le regole di valutazione della sostanza .............................. 127C. Le regole e la portata della Circolare n. 28 ....................... 128D. Secondo i coniugi A. è stato violato l’art. 14 LAID ......... 128E. Le argomentazioni dell’Alta Corte ........................................ 128

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127 febbraio 2021

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

L’audizione di H., presidente del consiglio di amministrazione di E. SA, è stata effettuata per chiarire, da un lato, lo svol-gimento e il tenore delle trattative tra F. e G. e, dall’altro, le ragioni del fallimento dei precedenti tentativi di vendita a terzi delle azioni di E. SA.

Con decisione dell’8 ottobre 2019, la Corte di giustizia ha respinto il ricorso. Il valore venale delle 500 azioni della società C. SA detenute da A.A. era stata correttamente valutato dall’Amministrazione delle contribuzioni secondo il metodo “pratico” previsto dalla Circolare n. 28.

II. Il ricorso al Tribunale federaleA. Le richieste dei coniugi A.Contro la decisone della Corte di giustizia, i coniugi A. hanno presentato un ricorso in materia di diritto pubblico. Oltre all’annullamento della decisione impugnata, essi chiedono al Tribunale federale di annullare anche la decisione di tassazione ICC 2011 e di dichiarare che il valore delle 500 azioni della società C. SA ammonta a fr. 10’329’920 (ossia a fr. 20’660 per azione). Subordinatamente, essi chiedono che la causa venga rinviata alle autorità di primo grado per ulteriori indagini e per una nuova decisione.

B. Le regole di valutazione della sostanzaIl contenzioso concerne la determinazione del valore fiscale delle 500 azioni non quotate di C. SA, società holding che detiene la società E. SA, ai fini dell’imposta sulla sostanza dei ricorrenti per il periodo fiscale 2011.

Ai sensi degli artt. 13 e 14 della Legge federale sull’armoniz-zazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni (LAID; RS 642.14), l’imposta sulla sostanza delle persone fisiche ha per oggetto la sostanza netta totale (art. 13 cpv. 1 LAID), che viene stimata al suo valore venale (art. 14 cpv. 1, prima frase LAID, che corrisponde all’art. 49 cpv. 2 della Legge ginevrina sull’imposizione delle persone fisiche del 27 settembre 2009 [LIPP/GE; RSG D 3 08]), anche se il valore reddituale può essere preso in considerazione in modo appropriato (art. 14 cpv. 1, seconda frase LAID).

Sebbene la valutazione al valore venale sia vincolante per i Cantoni[1], la LAID non prescrive, tuttavia, al legislatore cantonale un preciso metodo di valutazione per la determi-nazione di tale valore[2]. I Cantoni dispongono, quindi, di un importante margine di manovra per elaborare e applicare le loro disposizioni, sia nella scelta del metodo di calcolo sia nel determinare in che misura il valore reddituale debba essere preso in considerazione, visto il carattere potestativo dell’art. 14 cpv. 1, seconda frase LAID.

Ne consegue che il Tribunale federale ha sempre proceduto ad un esame limitato all’arbitrio quando si trattava di controllare la determinazione del valore fiscale di un bene ai fini dell’im-posta sulla sostanza. Pertanto, anche nel presente caso, il

[1] Sentenza TF n. 2C_321/2019 del 1° ottobre 2019 consid. 2.2.[2] Sentenze TF n. 2C_826/2015 del 5 gennaio 2017 consid. 4.4; n. 2C_328/2019 del 16 settembre 2019 consid. 4.3.

B. La valutazione dei titoli non quotati da parte dell’autorità fiscale ginevrinaIl 2 aprile 2014 l’Amministrazione delle contribuzioni del Canton Ginevra (di seguito: l’Amministrazione delle contribu-zioni) ha inviato ai coniugi A. la decisione di tassazione ICC 2011, determinando il valore delle azioni C. SA in fr. 30’950’000 (500 x fr. 61’900) sulla base della valutazione effettuata il 12 febbraio 2013 dal Canton Ticino.

C. Il reclamo dei coniugi A. contro una valutazione eccessiva dei titoliIn data 2 maggio 2014, i coniugi A. hanno presentato reclamo contro la decisione di tassazione del 2 aprile 2014, sostenendo che il metodo di valutazione utilizzato dalle autorità fiscali ha portato ad una sopravvalutazione delle azioni di E. SA e, a maggior ragione, delle azioni di C. SA.

Nel corso della procedura, al fine di determinare il valore venale delle azioni C. SA, gli interessati hanno prodotto due contratti, stipulati rispettivamente il 23 settembre 2009 e il 12 giugno 2013 tra F. (venditore ed inizialmente detentore del 50% del capitale sociale di C. SA) e G. (acquirente e responsa-bile della logistica in Russia vincolato da un contratto di lavoro con E. SA), riguardanti la vendita di buoni di partecipazione rispettivamente del 10% e del 15% del capitale sociale di C. SA, per un valore di dollari 1’798’708 e dollari 6’405’000. Questi due contratti di vendita erano subordinati alla conclusione di un contratto decennale d’opzione di acquisto in favore di C. SA, esercitabile però solo in caso di rescissione del contratto di lavoro di G. con E. SA, mentre il prezzo di acquisto doveva essere determinato con il metodo dell’attivo netto, sulla base degli ultimi bilanci consolidati.

Secondo i contribuenti, il prezzo applicato a tali vendite, avve-nute tra terzi indipendenti ai sensi del cap. A.2 cifra 5 della Circolare n. 28, e, quindi, determinato esclusivamente sulla base del valore di sostanza della società E. SA, corrispondeva ad un prezzo fissato liberamente secondo le regole del libero mercato e rappresentava, quindi, il valore venale delle azioni di C. SA.

D. L’Amministrazione delle contribuzioni respinge il reclamoCon decisione dell’11 gennaio 2018, l’Amministrazione delle contribuzioni ha, tuttavia, respinto il reclamo e confermato la decisone impugnata.

E. E anche i giudici ginevrini respingono il ricorsoIl Tribunale amministrativo di prima istanza del Canton Ginevra (di seguito: TAPI) ha respinto il ricorso presentato dai contribuenti contro la decisione dell’Amministrazione delle contribuzioni dell’11 gennaio 2018, confermandola integral-mente.

Il 29 ottobre 2018 i coniugi A. hanno impugnato la suddetta decisione presso la Corte di giustizia del Canton Ginevra (di seguito: la Corte di giustizia), chiedendo in via principale che il valore fiscale delle 500 azioni di C. SA venisse determinato basandosi sul prezzo d’acquisto dei buoni di partecipazione di C. SA secondo il contratto di vendita del 23 settembre 2009 e, quindi, fissato in fr. 10’329’920.

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128 febbraio 2021

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

e plausibile della società, situazione che deve essere esami-nata secondo le circostanze di ogni singolo caso[13]. In tal caso, la determinazione con il cd. metodo “pratico” può essere tralasciata.

D. Secondo i coniugi A. è stato violato l’art. 14 LAIDNel merito, i ricorrenti sostengono che l’autorità precedente ha violato l’art. 14 LAID confermando la valutazione del valore fiscale dei loro titoli effettuata dell’autorità fiscale sulla base del metodo “pratico” così come prescritto dalla Circolare n. 28. La Corte di giustizia avrebbe dovuto basarsi sul prezzo di cessione dei buoni di partecipazione di C. SA pattuito con il contratto di vendita del 23 settembre 2009, dato che tale contratto, che doveva essere considerato come un trasferi-mento sostanziale tra terzi indipendenti, non poteva essere disatteso in relazione al contratto d’acquisto concluso con-temporaneamente tra G. e C. SA.

Dalla decisione della Corte di giustizia emerge chiaramente che essa ha lasciato aperta la questione a sapere se il contratto di vendita del 23 settembre 2009 dovesse essere considerato come un trasferimento sostanziale tra terzi indipendenti, dato che, affinché il valore venale dei titoli risultante da un simile trasferimento possa essere preso in considerazione – in sostituzione della valutazione secondo il metodo “pratico” – era necessario che il prezzo d’acquisto venisse considerato rappresentativo del valore venale. Tuttavia, secondo l’istanza inferiore, ciò non si è verificato, in quanto il suddetto con-tratto di vendita era strettamente collegato ad un’opzione d’acquisto decennale in favore di C. SA che, da un lato, limitava l’acquirente nei suoi diritti di disporre pienamente dei propri buoni di partecipazione e, dall’altro, limitava pure il venditore per quanto riguardava le modalità di fissazione del prezzo di vendita di tali buoni, dato che esso andava obbligatoriamente determinato secondo il metodo sostanziale. In tali circostanze, la presenza di una tale opzione d’acquisto ha necessariamente influenzato il prezzo di vendita dei buoni di partecipazione di C. SA, in quanto era dubbio che l’importo pagato per tale trasferimento corrispondesse realmente al prezzo di mercato. Il contratto del 23 settembre 2009 non poteva, pertanto, essere preso in considerazione per fissare il valore delle azioni detenute dai ricorrenti.

Inoltre, E. SA, che non era né una holding pura, né una società di gestione, né una società finanziaria, doveva essere classi-ficata quale società operativa; nel determinare il suo valore era quindi giustificato tener conto anche del suo valore di rendimento secondo il metodo “pratico”, sia in riferimento al valore di rendimento raddoppiato sia al valore intrinseco. A tali condizioni, l’istanza inferiore ha ritenuto che l’autorità convenuta aveva determinato correttamente il valore fiscale delle cinquecento azioni C. SA detenute dal ricorrente, fissan-dolo in fr. 61’900 per azione.

[13] Commento alla Circolare n. 28, ed. 2018, p. 4; Sentenza TF n. 2C_1082/2013 del 14 gennaio 2015 consid. 5.3.2.

potere d’esame del Tribunale federale è limitato all’arbitrio[3].

C. Le regole e la portata della Circolare n. 28La Circolare n. 28, emanata dalla Conferenza svizzera delle imposte, prevede delle regole unificate per la valutazione dei titoli non quotati ai fini dell’imposta sulla sostanza in un ambito in cui i Cantoni godono di un ampio potere discre-zionale, per cui la giurisprudenza ha sottolineato che essa persegue un obiettivo di armonizzazione fiscale orizzontale e concretizza, quindi, l’art. 14 cpv. 1 LAID[4].

In quanto direttiva, detta circolare non costituisce, tuttavia, un diritto federale o intercantonale, non crea alcun diritto né alcun obbligo e non è quindi vincolante per il giudice[5]. Essa è tuttavia riconosciuta, da una costante giurisprudenza, come un metodo adeguato ed affidabile per valutare il valore venale dei titoli non quotati[6]. Il Tribunale federale non esclude tuttavia che altri metodi di valutazione riconosciuti possano, isolatamente, avverarsi appropriati[7].

La Circolare n. 28 stabilisce che il metodo di valutazione gene-rale per i titoli non quotati, noto come “metodo pratico”, che si applica alle società commerciali, industriali e di servizio, si basa sulla media ponderata tra il valore di rendimento raddoppiato ed il valore intrinseco determinato secondo il principio della continuazione dell’attività[8]. I contratti di diritto privato, come i patti parasociali che limitano la trasferibilità dei titoli, non influenzano la valutazione dei titoli[9] tanto quanto gli impegni assunti volontariamente dalle parti[10].

È possibile derogare a questo metodo di valutazione generale se la società è una holding pura, una società di gestione patri-moniale, una società finanziaria o una società immobiliare. In questi casi, i titoli sono valutati sulla base del valore di sostanza della società[11].

Inoltre, se i titoli sono oggetto di un trasferimento sostanziale tra terzi indipendenti, il valore venale corrisponde di norma al prezzo di acquisto[12]. Tuttavia, il prezzo ottenuto da tale tra-sferimento deve essere preso in considerazione unicamente se consente di determinare un valore venale rappresentativo

[3] Sentenza TF n. 2C_321/2019 del 1. ottobre 2019 consid. 2.2.[4] Sentenza TF n. 2C_328/2019 del 16 settembre 2019 consid. 5.2.[5] Sentenze TF n. 2C_321/2019 del 1° ottobre 2019 consid. 2.2; n. 2C_1082/2013 del 14 gennaio 2015 consid. 5.3.1.[6] Sentenze TF n. 2C_321/2019 del 1° ottobre 2019 consid. 2.2; n. 2C_1082/2013 del 14 gennaio 2015 consid. 5.3.1; n. 2C_277/2018 del 6 maggio 2019 consid. 4.2.[7] Sentenza TF n. 2C_1082/2013 del 14 gennaio 2015 consid. 5.3.1.[8] Circolare n. 28, cap. A.2, cifra 4 e cap. B.3.2, cifra 34; cfr. anche Sentenze TF n. 2C_328/2019 del 16 settembre 2019 consid. 6.1; n. 2C_1082/2013 del 14 gennaio 2015 consid. 5.3.[9] Circolare n. 28, cap. A.2, cifra 4.[10] Commento alla Circolare n. 28, ed. 2018, cap. 2, p. 6.[11] Circolare n. 28, cap. B.3.4, cifra 38.[12] Circolare n. 28, cap. A.2, cifra 5.

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129 febbraio 2021

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

E. Le argomentazioni dell’Alta CorteLa critica dei ricorrenti dev’essere respinta nella misura in cui essi ritengono che la Corte di giustizia non potesse ignorare il contratto d’opzione allegato al contratto di vendita del 23 settembre 2009 al fine di esaminare se il prezzo d’ac-quisto convenuto al momento del suddetto trasferimento corrispondesse ad un prezzo di mercato rappresentativo e plausibile. È vero che, come nel caso di patti parasociali che limitano la trasferibilità dei titoli, gli impegni che le parti assu-mono volontariamente non vanno presi in considerazione per la determinazione del valore venale. Tuttavia, questa disposizione si applica soltanto se tale valore è determinato in conformità al cap. A.2, cifra 4 della Circolare n. 28, ossia secondo il metodo di valutazione generale. Quando il contri-buente si prevale, come nel caso in esame, di un trasferimento tra terzi indipendenti, è alla luce di tutte le circostanze che possono influenzare la libera formazione dei prezzi che si deve esaminare se quello utilizzato ai fini fiscali sia un vero prezzo di mercato[14]. In questo contesto, i giudici cantonali potevano, quindi, prendere in considerazione il contratto d’opzione contestato, la cui conclusione era subordinata a quella del contratto di vendita del 2009.

Inoltre, come già sottolineato in precedenza, il Tribunale fede-rale esamina il metodo di valutazione adottato dal Cantone unicamente dal limitato punto di vista dell’arbitrio. Tuttavia, così come formulate, le censure dei ricorrenti non soddisfano le accresciute esigenze di motivazione poste dall’art. 106 cpv. 2 della Legge federale sul Tribunale federale (LTF; RS 173.110). Ciò è il caso quando affermano che il contratto di vendita del 23 settembre 2009 è stato concluso tra terzi indipendenti, mentre questo punto è stato lasciato aperto dall’autorità inferiore, o quando sostengono che il prezzo convenuto alla conclusione del suddetto contratto si era formato libera-mente tra le parti, opponendo la propria valutazione a quella della Corte di giustizia in modo puramente appellatorio, il che non basta per dimostrare l’arbitrarietà del ragionamento della suddetta autorità.

Inoltre, se un periodo massimo di un anno fra la data di riferimento valevole per l’imposta sulla sostanza e quella di cessione della partecipazione nella società è considerato adeguato in vista della presa in considerazione di un trasfe-rimento sostanziale[15], non sembra arbitrario ritenere che il contratto di vendita concluso nel 2009, ossia due anni prima del periodo fiscale in questione, non possa essere tenuto in considerazione per giustificare una deroga alle regole di valu-tazione derivanti dal metodo “pratico”.

La censura di violazione dell’art. 14 cpv. 1 LAID deve pertanto essere respinta.

[14] Commento alla Circolare n. 28, ed. 2018, p. 5.[15] Commento alla Circolare n. 28, ed. 2018, p. 6.

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130 febbraio 2021

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

Sacha CattelanMaster of Advanced Studies SUPSI in Tax Law,Docente-ricercatore presso ilCentro competenze tributarie della SUPSI

Con la sentenza del 26 maggio 2020 i giudici di San Gallo confermano l’approccio gene-roso dell’AFC

Il TAF accorda lo scambio spontaneo di informazioni con la Nigeria in merito ad un ruling fiscale

Sentenza TAF n. A-7302/2018 del 26 maggio 2020, Scambio spontaneo di informazioni sugli accordi fiscali (“rulings”).Con una sentenza del 26 maggio scorso, il TAF si è espresso circa l’ammissibilità di uno scambio spontaneo di informazioni con la Nigeria. Nella fattispecie in esame, i giudici si sono chinati sulle censure espresse dalla ricorrente la quale, in sostanza, postulava una violazione del diritto di essere sentiti e del principio di libertà di lingua ancorati nella Costituzione federale, nonché dell’art. 5 OAAF (caso irrilevante) e dell’art. 6 CEDU. In definitiva, i giudici del TAF sono giunti alla conclu-sione che è a giusta ragione che l’AFC intendeva procedere ad uno scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale nel caso della società ricorrente.

I. I fatti inizialiIl 26 novembre 2015 l’autorità fiscale del Canton Ticino ha emanato un accordo fiscale preliminare (cd. “ruling fiscale”), valido dal 21 gennaio 2016, nei confronti della società B., con sede a X. Detta società è la succursale straniera della società madre A., con sede in Nigeria (sede principale). In applicazione dell’art. 11 dell’Ordinanza sull’assistenza amministrativa inter-nazionale in materia fiscale (OAAF; RS 651.11), la Divisione delle Contribuzioni del Canton Ticino ha poi trasmesso per via elettronica il formulario relativo al suddetto accordo fiscale preliminare e che ne riassume gli elementi essenziali, all’Am-ministrazione federale delle contribuzioni (AFC), in particolare al servizio per lo scambio d’informazione in materia fiscale (SEI).

A. L’AFC accorda l’assistenza amministrativa spontaneaCon scritto datato 31 ottobre 2018, l’AFC ha informato la società B., dell’apertura della procedura d’assistenza ammi-nistrativa spontanea in materia fiscale, delle informazioni soggette allo scambio, nonché degli Stati destinatari, impar-tendole un termine di dieci giorni per esprimersi al riguardo. Nel termine impartito, la predetta società non si è tuttavia espressa. Con decisione finale del 26 novembre 2018, l’AFC ha poi deciso di accordare alle competenti autorità nigeriane l’assistenza amministrativa spontanea ai sensi dell’art. 7 della Convenzione sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale (Convenzione sull’assistenza amministrativa; RS 0.652.1), nonché degli artt. 5–14 OAAF in combinato disposto con l’art. 22a cpv. 1 della Legge federale sull’assi-stenza amministrativa internazionale in materia fiscale (LAAF; RS 651.1), trasmettendo loro spontaneamente il formulario relativo all’accordo fiscale preliminare riguardante la società B.

B. Il ricorso al TAFAvverso la predetta decisione, la società B. (di seguito la “ricorrente”) ha inoltrato ricorso il 21 dicembre 2018 dinanzi al Tribunale amministrativo federale (TAF). La ricorrente postula, in sostanza, l’annullamento della decisione impugnata e invoca la violazione del suo diritto di essere sentita, nella misura in cui l’AFC avrebbe utilizzato quale lingua di procedura la lingua

I. I fatti iniziali .......................................................................130A. L’AFC accorda l’assistenza amministrativa spontanea . 130B. Il ricorso al TAF ............................................................................. 130II. La violazione del diritto di essere sentiti e la libertà di lingua ............................................................. 131A. Le censure della ricorrente ...................................................... 131B. La risposta dell’AFC ..................................................................... 132C. Il TAF si allinea all’AFC: il diritto di essere sentiti non è violato ....................................................................................... 132III. Si tratta di un caso irrilevante secondo l’art. 5 OAAF? ........................................................................ 132A. Premessa del TAF ........................................................................ 132B. Le censure della ricorrente ...................................................... 133C. Secondo il TAF si tratta di un caso verosimilmente rilevante................................................................................................ 133IV. Uno scambio lesivo dell’art. 6 CEDU? ......................... 133A. Le censure della ricorrente ...................................................... 133B. La protezione dei dati è rispettata? ..................................... 134C. Secondo il TAF nulla fa ostacolo ad uno scambio spontaneo di informazioni tra la Svizzera e la Nigeria ...... 135V. Il principio di specialità è garantito? ............................ 135VI. La decisione finale del TAF ........................................... 136

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131 febbraio 2021

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

dall’autorità, se il ricorrente ha potuto commentarli in un successivo memoriale e, soprattutto, se il potere d’esame della giurisdizione competente non è più ristretto di quello dell’istanza inferiore[2]. Nell’ambito dello scambio sponta-neo d’informazioni, il diritto di essere sentito delle persone interessate e delle persone legittimate a ricorrere ex art. 48 della Legge federale sulla procedura amministrativa (PA; RS 172.021) è garantito e disciplinato dagli artt. 22b, 22c e 22d LAAF in maniera analoga a quanto previsto nell’ambito dell’assistenza amministrativa internazionale in materia fiscale[3]. Di principio, l’AFC informa del previsto scambio spontaneo di informazioni la persona interessata e le altre persone di cui deve presumere, in base agli atti, il diritto a ricorrere secondo l’art. 48 PA[4]. Dette persone possono par-tecipare al procedimento e consultare gli atti[5]. L’AFC notifica loro una decisione finale in cui motiva lo scambio spontaneo d’informazioni e determina l’entità delle informazioni da tra-smettere[6].

L’art. 18 Cost. garantisce la libertà di lingua, ovvero il diritto di utilizzare una lingua di propria scelta, in particolare anche la propria lingua madre[7]. Tale diritto non è tuttavia assoluto, nella misura in cui a livello federale è limitato in particolare dal principio delle lingue ufficiali (art. 70 cpv. 1 Cost, cd. “Amtssprachenprinzip”) e dal principio della territorialità giusta l’art. 70 cpv. 2 Cost.[8]. Giusta l’art. 70 cpv. 1 Cost., le lingue ufficiali della Confederazione sono il tedesco, il francese e l’italiano. Il romancio è la lingua ufficiale nei rapporti con le persone di lingua romancia. Più concretamente, se da un lato, le autorità federali sono tenute a comunicare in una lingua ufficiale, d’altro canto, gli amministrati non hanno alcun diritto a comunicare con le autorità federali in una lingua di loro preferenza. Essi sono infatti tenuti – su riserva di norme speciali, quali l’art. 31 cpv. 2 Cost., l’art. 5 cpv. 2 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101) e l’art. 6 cpv. 3 lett. a CEDU – ad utilizzare una lingua ufficiale[9]. In virtù dell’art. 70 cpv. 2 Cost., i Cantoni designano le loro lingue ufficiali. Per garantire la pace linguistica rispettano la composizione lin-guistica tradizionale delle regioni e considerano le minoranze

[2] DTF 142 II 218 consid. 2.8.1; DTF 135 I 187 consid. 2.2; DTF 133 I 201 con-sid. 2.2; sentenza TF n. 1C_104/2010 del 29 aprile 2010 consid. 2.1; [tra le tante] sentenze TAF n. A-5576/2018 del 5 dicembre 2019 consid. 3.1.3 con rin-vii; n. A-3764/2017 del 2 ottobre 2019 consid. 2.1.3.[3] Cfr. in particolare, rinvio specifico degli artt. 22c e 22d LAAF alle regole applicabili in tale ambito.[4] Cfr. art. 22b cpv. 1 LAAF; parimenti art. 22b cpv. 2 LAAF, secondo cui, in via eccezionale e a determinate condizioni, l’informazione può intervenire succes-sivamente allo scambio spontaneo di informazioni.[5] Cfr. art. 15 cpv. 1 LAAF per analogia ex art. 22c LAAF.[6] Cfr. art. 17 cpv. 1 LAAF per analogia ex art. 22d LAAF.[7] DTF 139 I 229 consid. 5.4 con rinvii; DTF 138 I 123 consid. 5.1; DTF 136 I 149 consid. 4.1; cfr. anche Thomas Pfisterer, in: Christoph Auer/Markus Mül-ler/Benjamin Schindler (a cura di), VwVG, Kommentar zum Bundesgesetz über das Verwaltungsverfahren, 2a ed., Zurigo 2018; N 11 ad art. 33a PA.[8] DTF 139 I 229 consid. 5.4 con rinvii.[9] DTF 139 I 229 consid. 5.4 con rinvii; DTF 138 I 123 consid. 5.2; DTF 136 I 149 consid. 4.3; Patricia Egli, in: Bernhard Waldmann/Philippe Weissenber-ger (a cura di), VwVG, Praxiskommentar Verwaltungsverfahrensgesetz, 2a ed., Zurigo 2016, N 6 ad art. 33a PA (cit.: Praxiskommentar).

francese anziché l’italiano. Inoltre, secondo la ricorrente non sarebbero dati i presupposti per lo scambio spontaneo, trat-tandosi d’informazioni irrilevanti ex art. 5 OAAF. Essa sostiene poi che la trasmissione dei dati alla Nigeria potrebbe poten-zialmente ledere altresì le garanzie di uno Stato di diritto di cui all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101) e agli artt. 9 e 13 della Costituzione federale (Cost.; RS 101), non sussistendo in detto Paese garanzie sufficienti circa il rispetto della sfera privata e la protezione dei dati. Secondo la ricor-rente, la trasmissione dei dati potrebbe, dunque, comportare l’avvio in Nigeria di procedure amministrative e/o giudiziarie contrarie agli standard previsti da uno Stato di diritto.

Con risposta datata 14 febbraio 2019, l’AFC (di seguito anche “autorità inferiore”) ha postulato il rigetto del predetto ricorso, prendendo posizione sulle censure della ricorrente.

II. La violazione del diritto di essere sentiti e la libertà di linguaA. Le censure della ricorrenteNel suo gravame, la ricorrente censura innanzitutto la viola-zione del suo diritto di essere sentita giusta l’art. 29 cpv. 2 Cost., nella misura in cui l’autorità inferiore si rivolgeva a lei in lingua francese anziché in lingua italiana, disattendendo così l’art. 70 Cost. Più nel dettaglio, sottolineando come sia notorio che nel Canton Ticino la lingua ufficiale è l’italiano, la ricorrente ritiene, infatti, che in virtù dell’art. 70 cpv. 2 Cost. l’autorità inferiore avrebbe dovuto rivolgersi a lei in lingua italiana. Indirizzandosi in lingua francese, senza nemmeno premurarsi di chiederle il consenso affinché la corrispondenza avvenisse in una lingua diversa da quella ufficiale, la ricor-rente ritiene pertanto che l’autorità inferiore non l’avrebbe messa in condizione di dare propriamente seguito né alla prima comunicazione del 31 ottobre 2018, né alla decisione qui impugnata, privandola così della possibilità di esercitare pienamente il suo diritto di essere sentita. Tenuto conto del brevissimo termine ricorsuale, a suo avviso, detta violazione del suo diritto di essere sentita non avrebbe potuto in ogni caso essere sanata dinanzi al Tribunale. Essa postula, quindi, l’annullamento della decisione impugnata.

Si rileva che il diritto di essere sentiti, sancito dall’art. 29 cpv. 2 Cost., garantisce all’interessato il diritto di esprimersi prima che sia resa una decisione sfavorevole nei suoi confronti, il diritto di prendere visione dell’incarto, la facoltà di offrire mezzi di prova su fatti suscettibili di influire sul giudizio, di esigerne l’assunzione, di partecipare alla loro assunzione e di potersi esprimere sulle relative risultanze, nella misura in cui esse possano influire sulla decisione, nonché di ottenere una decisione motivata[1]. A titolo eccezionale, la violazione del diritto di essere sentiti può essere sanata nella procedura di ricorso, se i motivi determinanti sono stati addotti in risposta

[1] DTF 144 I 11 consid. 5.3; DTF 135 II 286 consid. 5.1; sentenze TF n. 4A_35/2010 del 19 maggio 2010; n. 8C_321/2009 del 9 settembre 2009; [tra le tante] sentenze TAF n. A-5576/2018 del 5 dicembre 2019 consid. 3.1.1; n. A-3764/2017 del 2 ottobre 2019 consid. 2.1.1; Thierry Tanquerel, Manuel de droit administratif, 2a ed. Zurigo 2018, n. 1528 ss.

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più consone. A mente dell’autorità inferiore, nella misura in cui a seguito dello scritto 17 dicembre 2018, la ricorrente non avrebbe né sollecitato l’utilizzo della lingua italiana, né chiesto spiegazioni al riguardo, la stessa avrebbe disatteso il suo dovere di collaborazione. Essa avrebbe, infatti, atteso quasi la fine del termine di ricorso contro la decisione impugnata, per chiedere spiegazioni al suo patrocinatore. A suo avviso, non vi sarebbe pertanto stata alcuna violazione del suo diritto di essere sentita[16].

C. Il TAF si allinea all’AFC: il diritto di essere sentiti non è violatoI giudici del TAF osservano come nell’ambito dell’assistenza amministrativa in materia fiscale, così come nell’ambito dello scambio spontaneo d’informazioni, il principio di celerità e dell’economia di procedura possono avere una certa influenza nella scelta della lingua di procedura, perlomeno nella prima fase, ove le persone interessate vengono informate dall’AFC in merito alla sussistenza di una domanda di assistenza o di un caso di scambio spontaneo di informazioni.

Secondo il TAF, quanto indicato dall’AFC nella scelta della lingua di procedura, tenuto conto del suo potere di apprez-zamento in tale ambito, appare non solo sensato, ma anche giustificato. Se è vero che la lingua ufficiale del Cantone Ticino è l’italiano, è altrettanto vero che l’AFC non è tenuta a scegliere forzatamente tale lingua per le sue comunicazioni indirizzate a società ubicate in detto Cantone. Essa è, infatti, unica-mente tenuta a scegliere una lingua ufficiale ex art. 70 cpv. 1 Cost., previa ponderazione degli interessi in gioco. Spetta poi al diretto interessato manifestarsi, qualora la lingua scelta dall’AFC le risulti difficile o incomprensibile. Secondo i giudici, pur comprendendo la frustrazione della ricorrente, non si può negare che la stessa, una volta ricevuto il primo scritto 17 dicembre 2018 dell’autorità inferiore, è rimasta totalmente inattiva. Di fatto, essa non ha sollecitato né delle spiegazioni, né postulato la notifica o la traduzione di detto scritto in lingua italiana. È solo una volta ricevuta la decisione finale del 26 novembre 2018, ch’essa si è rivolta ad un avvocato, quasi alla fine del termine di ricorso, sollevando poi in questa sede la problematica della lingua. Così facendo, la ricorrente non ha ottemperato al suo dovere di collaborazione. In tali circostanze, il solo fatto che la procedura si sia svolta in lingua francese anziché in italiano, senza alcuna protesta da parte della ricorrente, non configura degli estremi per una viola-zione del diritto di essere sentiti. Su questo punto, secondo i giudici del TAF, il ricorso va pertanto respinto.

III. Si tratta di un caso irrilevante secondo l’art. 5 OAAF?A. Premessa del TAFIl TAF constata come in concreto la sussistenza di un accordo fiscale preliminare ai sensi dell’art. 8 OAAF sia pacifica[17].

[16] Cfr. risposta 14 febbraio 2019, p. 3.[17] Ai sensi di tale disposizione, un’informazione, una conferma o una garan-zia di un’amministrazione delle contribuzioni è definita come un accordo fiscale preliminare se: è fornita dall’amministrazione delle contribuzioni a un contribuente (lett. a), concerne le conseguenze fiscali di una fattispecie descritta dal contribuente (lett. b) e il contribuente può farvi affidamento (lett. c). Di fat-

linguistiche autoctone. Tale principio vale in particolare a tutela della lingua romancia e della lingua italiana[10].

Detti principi costituzionali sono concretizzati dalla Legge federale sulle lingue nazionali e la comprensione tra le comu-nità linguistiche [LLing; RS 441.1)[11]. In particolare, giusta l’art. 6 cpvv. 1 e 2 LLing, gli amministrati possono rivolgersi alle autorità federali nella lingua ufficiale di loro scelta – ovvero, come visto, l’italiano, il francese, il tedesco e, nei rapporti con le persone di lingua romancia, il romancio (cfr. art. 70 cpv. 1 Cost.) – ed ottenere una risposta nella medesima lingua[12].

A livello di procedura amministrativa federale, quanto disposto dall’art. 6 LLing trova a sua volta la propria concretizzazione nell’art. 33a cpv. 1 PA[13], secondo cui il procedimento si svolge in una delle quattro lingue ufficiali, di regola nella lingua in cui le parti hanno presentato o presenterebbero le conclusioni. In tale contesto, l’autorità amministrativa fruisce di un certo potere d’apprezzamento nella scelta della lingua di procedura e nel derogare al principio secondo cui fa stato la lingua ufficiale, della quale si potrebbe servire l’interessato nelle sue conclusioni. Nella scelta della lingua di procedura, l’autorità deve tenere conto non solo degli interessi concreti delle parti e del principio della parità delle armi, ma anche dell’economia procedurale e del principio di celerità[14].

Nell’ambito dell’assistenza giudiziaria internazionale, il Tribunale federale ha già avuto poi occasione di stabilire che per un avvo-cato, che esercita in Svizzera in tale campo, è presunto che egli conosca, per lo meno in maniera passiva, le lingue ufficiali della Confederazione[15].

B. La risposta dell’AFCIn concreto, nella propria risposta del 14 febbraio 2019, l’AFC ha indicato che la scelta della lingua francese quale lingua di procedura è stata dettata da motivi di economia procedurale e di celerità, tipici dello scambio spontaneo di informazioni. Essa ha inoltre indicato di essere stata sollecitata, nel corso della metà del 2018, ad evadere speditamente oltre un migliaio di incarti, perlopiù in lingua francese e tedesca. In tale contesto, ha altresì indicato di aspettarsi da società con sede in Svizzera e operative a livello internazionale, come la ricorrente, ch’esse abbiano almeno delle conoscenze passive delle lingue ufficiali della Confederazione, rispettivamente che le stesse chiedano l’uso di un’altra lingua ufficiale a loro

[10] Cfr. art. 70 cpv. 5 Cost.; DTF 139 I 229 consid. 5.5; DTF 138 I 123 consid. 8.[11] Pfisterer (nota 7), N 17 ad art. 33a PA.[12] Sentenza TAF n. A-6547/2011 del 22 ottobre 2013 consid. 4.2.6; cfr. anche Alfred Kölz/Isabelle Häner/Martin Bertschi, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 3a ed., Zurigo 2013, n. 593 ss.[13] Pfisterer (nota 7), N 18 ad art. 33a PA.[14] Sentenze TF n. 1A.71/2005 dell’11 maggio 2005 consid. 4.1; n. 1A.33/2000 del 19 giugno 2000 consid. 3b e 3c; DTAF 2008/31 consid. 7; Egli, (nota 9), N 14 ad art. 33a PA; cfr. Pfisterer (nota 7), N 34 e 35 ad art. 33a PA.[15] Sentenze TF n. 2C_201/2013 del 24 gennaio 2014 consid. 4.2; n. 1A.186/2006 del 5 settembre 2007 consid. 3.2.3; n. 1A.71/2005 dell’11 mag-gio 2005 consid. 4.1; parimenti [in un altro ambito] n. 2C_495/2017 del 27 maggio 2019 consid. 3; Egli, (nota 9), N 14 e 15 ad art. 33a PA; Pfisterer (nota 7), N 38 ad art. 33a PA.

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informazioni manifestamente sproporzionato rispetto agli importi rilevanti sotto il profilo fiscale e al potenziale gettito d’imposta dello Stato destinatario[18]. Di fatto si è di fronte ad un accordo fiscale preliminare ai sensi dell’art. 9 cpv. 1 lett. b e d OAAF concernente la società ricorrente quale succursale straniera e stabilimento d’impresa della società madre ubicata in Nigeria, la cui rilevanza verosimile ex art. 4 Convenzione sull’assistenza amministrativa per lo Stato destinatario non può essere esclusa a priori.

Come indicato dall’AFC nella sua risposta del 14 febbraio 2019, lo scambio spontaneo di informazioni in questione comporta poi nei suoi confronti un onere amministrativo limitato. In tale contesto, alla stregua dell’autorità inferiore, il TAF non può fare a meno di constatare come di fatto la ricorrente non abbia apportato alcuna prova di quanto da lei asserito, tale da far rimettere in dubbio la rilevanza dell’accordo fiscale preliminare in oggetto. Su questo punto, secondo i giudici del TAF, il ricorso della ricorrente va pertanto respinto.

IV. Uno scambio lesivo dell’art. 6 CEDU?A. Le censure della ricorrenteLa ricorrente ritiene poi che nel suo caso lo scambio sponta-neo di informazioni potrebbe ledere potenzialmente l’art. 6 CEDU nonché gli artt. 9 e 13 Cost., nella misura in cui vi sarebbe motivo di ritenere che la Nigeria, qui Stato desti-natario, potrebbe dare avvio nei suoi confronti a procedure amministrative e/o giudiziarie contrarie agli standard previsti da uno Stato di diritto, difettando per l’appunto in detto Paese le garanzie proprie ad uno Stato di diritto. A sostegno delle sue asserzioni, la ricorrente ha prodotto il rapporto annuale 2017/2018 di Amnesty International relativo alla Repubblica Federale della Nigeria, di cui cita i seguenti passaggi: “[…]notizie di esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate e di tortura e altri maltrattamenti di detenuti, in alcuni casi con esilio letale […]. L’esercito ha arbitrariamente arrestato migliaia di giovani uomini, donne e bambini […]. Sono continuati gli episodi di tortura e altri maltrattamenti e di detenzione illegale da parte della polizia e del

[18] In virtù dell’art. 5 cpv. 1 OAAF, i casi irrilevanti possono essere esclusi dallo scambio spontaneo d’informazioni. A sensi dell’art. 5 cpv. 2 OAAF, sono consi-derati casi irrilevanti in particolare i casi in cui l’onere per lo scambio spontaneo di informazioni è manifestamente sproporzionato rispetto agli importi rilevanti sotto il profilo fiscale e al potenziale gettito d’imposta dello Stato destinatario. Tale norma riprende il principio sancito dall’art. 7 par. 2 Convenzione sull’as-sistenza amministrativa, secondo cui lo scambio spontaneo di informazioni interviene per le informazioni qualificabili come importanti. Secondo le Spie-gazioni del DFF, lo scopo alla base dell’introduzione di questa disposizione nell’OAAF risiede nel fatto che lo scambio spontaneo di informazioni comporta un onere amministrativo sia per lo Stato che trasmette i dati sia per lo Stato destinatario. Le informazioni da trasmettere con questa modalità devono per-tanto essere selezionate con cura dall’autorità che le fornisce. L’art. 5 cpv. 1 OAAF consente dunque di escludere dallo scambio spontaneo di informa-zioni i casi d’importanza esigua. In tal modo si può evitare che l’onere interno all’Amministrazione risulti superiore alle entrate fiscali generate con l’eventua-le tassazione a posteriori (cfr. art. 5 cpv. 2 OAAF). La valutazione deve tenere conto degli oneri di entrambi gli Stati. Per stimare le spese dello Stato partner, l’autorità svizzera non può dedurre le condizioni della realtà estera basando-si sulla situazione nazionale, ma deve mettersi nei panni del potenziale Stato destinatario. Nella valutazione delle potenziali entrate fiscali occorre conside-rare che un gettito d’imposta ridotto per il contesto svizzero può rappresentare un’entrata non irrilevante per lo Stato interessato. In caso di dubbio, lo scambio spontaneo di informazioni deve essere eseguito.

Dall’esame del formulario accluso alla decisione impugnata, risulta che l’accordo fiscale preliminare, emesso il 26 novembre 2015 e valido dal 21 gennaio 2016, concerne la società ricor-rente in qualità di stabilimento d’impresa ubicato in Svizzera della società madre A. con sede principale in Nigeria. Di fatto, si è in presenza di un accordo fiscale preliminare su questioni concernenti gli stabilimenti d’impresa ai sensi dell’art. 9 cpv. 1 lett. d OAAF. Da questo formulario risulta altresì che il ruling fiscale porta sui prezzi unilaterali di trasferimento o sui prezzi di trasferimento, con l’indicazione “Cost-plus 10% per servizi resi alla sede”. Si è, dunque, contemporaneamente in presenza di un accordo fiscale preliminare su questioni con-cernenti i prezzi di trasferimento ai sensi dell’art. 9 cpv. 1 lett. b OAAF. Tali informazioni potrebbero essere verosimilmente rilevanti per le competenti autorità fiscali nigeriane. Ora, detto ruling fiscale risulta adempiere ai presupposti materiali dell’art. 9 OAAF nonché dell’art. 10 OAAF, sicché si deve rite-nere che è a giusta ragione che l’autorità inferiore ha voluto procedere ad uno scambio spontaneo d’informazioni ex art. 7 Convenzione sull’assistenza amministrativa e trasmettere allo Stato destinatario le informazioni essenziali del predetto accordo fiscale preliminare relativo alla ricorrente, in virtù dell’art. 13 cpv. 1 OAAF in combinato disposto con l’art. 11 OAAF.

Con tale premessa, al TAF spettava verificare se le censure sollevate dalla società ricorrente erano tali da inficiare o meno quanto esposto.

B. Le censure della ricorrenteIn concreto, la ricorrente solleva il difetto dei presupposti materiali per lo scambio spontaneo d’informazioni, nella misura in cui si sarebbe in presenza di un caso irrilevante ai sensi dell’art. 5 OAAF. A mente della società ricorrente, la sua attività sarebbe infatti assai ridotta e l’interesse alla trasmis-sione spontanea dei dati sarebbe nullo, non ravvisandosi un particolare significato sotto il profilo tributario e non essendo gli stessi tali da determinare un potenziale gettito di rilievo di imposta nello Stato destinatario, ovvero la Nigeria. Inoltre, non sarebbe stato fatto valere alcun potenziale interesse nello Stato destinatario nel ricevere i dati in questione.

C. Secondo il TAF si tratta di un caso verosimilmente rilevanteAl riguardo, il TAF osserva come nel caso della società ricor-rente nulla permette in concreto di ritenere che si tratti invero di un caso irrilevante ai sensi dell’art. 5 OAAF, ovvero che ci si trovi di fronte ad un onere per lo scambio spontaneo di

to, i ruling fiscali costituiscono un caso di applicazione del principio della buona fede e della tutela dell’affidamento. Nello specifico si tratta di informazioni pre-liminari fornite dall’amministrazione fiscale che pur non avendo carattere di decisione, a determinate condizioni, possono produrre conseguenze giuridi-che vincolanti per le autorità sulla base del principio della buona fede (cfr. art. 9 Cost.; DTF 141 I 161 consid. 3.1 con rinvii; Sentenze TF n. 2C_137/2016 del 13 gennaio 2017 consid. 6.2; n. 2C_664/2013 del 28 aprile 2014 consid. 4.2; Sentenza TAF n. A-2347/2014 del 29 settembre 2015 consid. 3.2 con rin-vii; Comunicazione-011-DVS-2019-i, p. 1; Spiegazioni DFF, p. 10; cfr. anche Samuele Vorpe/Sacha Cattelan, Diritto tributario internazionale e dell’UE. Lo scambio spontaneo di informazioni sui ruling fiscali, in: NF 7-8 2016, p. 31 ss.).

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protezione. In questo contesto, bisogna considerare che, di principio, tutte le Parti conoscono prescrizioni specifiche in materia di protezione di dati fiscali poiché è generalmente riconosciuto che tali dati siano degni di particolare protezione.

L’elenco dell’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza, che riporta gli Stati, la cui legislazione prevede una protezione dei dati adeguata, può pertanto valere in questo contesto soltanto come indicatore parziale di uno Stato che garantisce un adeguato livello di protezione in riferimento ai dati scambiati in virtù della Convenzione sull’as-sistenza amministrativa. L’elenco dell’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza vale infatti per tutti i settori della vita e anche per le trasmissioni di dati all’estero che non si basano su un trattato internazionale. La Svizzera si può basare sulle esperienze fatte in passato per quanto concerne gli Stati con cui essa ha già scambiato dati sulla base di una convenzione contro le doppie imposizioni (CDI) o di un accordo sullo scambio d’informazioni (Tax Information Exchange Agreement [TIEA]). Ci si può inoltre riallacciare alle valutazioni tra pari effettuate nel quadro della “peer review” del Forum globale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali (di seguito: Forum globale) dell’OCSE, nell’ambito del quale sono state esaminate le basi legali e la prassi, segnata-mente in materia di confidenzialità in ambito fiscale[20].

Di fatto, il Forum globale si adopera affinché gli standard internazionali sulla trasparenza e sullo scambio di informa-zioni su domanda e sullo scambio automatico di informazioni siano rispettati ed applicati in modo uniforme a livello inter-nazionale. A tal fine, il Forum globale verifica l’applicazione degli standard per mezzo di valutazioni tra pari (“peer review”) sulla capacità delle giurisdizioni dei suoi membri – tra cui la Svizzera e la Nigeria – di cooperare con altre amministrazioni fiscali in conformità ai predetti standard. Dopo un primo ciclo di valutazione intervenuto tra il 2010 e il 2016, nel 2016 ha avuto inizio per tutti i suoi membri un secondo ciclo di valuta-zione, nell’ambito del quale il Forum globale ha valutato nuovi elementi, quali la qualità delle domande delle autorità fiscali, le domande raggruppate o l’identificazione dei beneficiari effettivi. Oggetto d’esame sono state altresì le misure adot-tate dai membri per attuare le raccomandazioni formulate nel primo ciclo di valutazione[21].

In tale contesto, per quanto qui di rilievo, il TAF ha rilevato che secondo il rapporto del Forum globale denominato “Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes Peer Reviews: Nigeria 2016, Phase 2: Implementation of the Standard in Practice” (di seguito: Rapporto)[22], la Nigeria si trova nel secondo ciclo di valutazione. In detto rapporto,

[20] Messaggio Convenzione sull’assistenza amministrativa (nota 19), p. 4642 ss.[21] Messaggio concernente l’attuazione delle raccomandazioni del Forum globale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali formu-late nel rapporto sulla fase 2 della valutazione tra pari relativa alla Svizzera, n. 18.082, del 21 novembre 2018, in: FF 2019 275, pp. 279-281.[22] Disponibile in: https://www.oecd-ilibrary.org/docserver/9789264250857-en.pdf?expires=1585577155&id=id&accname=oid030182&checksum=DCB16589BE54AC5C9A20955E50033B04 (consultato il 15.02.2021).

servizio per la sicurezza di Stato[…]”.

La ricorrente cita altresì la tabella dell’Incaricato federale sulla protezione dei dati, aggiornata al 12 gennaio 2017, secondo cui in Nigeria il livello della protezione dei dati risulterebbe insufficiente.

B. La protezione dei dati è rispettata?A tal proposito, il TAF ha rilevato come gli artt. 9 e 13 Cost. a cui si appella la ricorrente concernono la protezione dall’arbi-trio e la tutela della buona fede, rispettivamente la protezione della sfera privata. Quanto a lui, l’art. 6 CEDU concerne le garanzie in materia di processo equo. Ora, nel contesto dello scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale la tutela della società ricorrente in tal senso è garantita dall’art. 22 Convenzione sull’assistenza amministrativa, il quale disciplina la protezione dei dati e la confidenzialità delle informazioni, così come il principio della specialità, in maniera analoga all’art. 26 del Modello OCSE di Convenzione fiscale (M-OCSE)[19].

Per quanto concerne la protezione dei dati e la confidenzialità delle informazioni, l’art. 22 par. 1 Convenzione sull’assistenza amministrativa sancisce che le informazioni ottenute da una Parte in virtù della Convenzione sull’assistenza amministrativa sono tenute segrete e tutelate alle stesse condizioni previste per le informazioni ottenute in applicazione della legislazione di detta Parte e, nella misura in cui sia garantito il necessario livello di protezione dei dati personali, conformemente alle garanzie che possono essere specificate dalla Parte che forni-sce le informazioni ai sensi della sua legislazione interna.

Sulla base di tale norma, la Parte richiesta può comunicare alla Parte richiedente quali disposizioni in materia di protezione dei dati personali della propria legislazione interna devono essere rispettate anche dalla Parte richiedente per garantire il livello necessario di protezione dei dati. Queste disposizioni di tutela non devono però oltrepassare quanto è necessario alla garanzia della protezione dei dati. Questo disciplinamento è il risultato del rimando al diritto interno di una Parte ed è garante di una sufficiente protezione dei dati.

Nel diritto svizzero tale principio è stato concretizzato dall’art. 5a LAAF secondo cui, se la convenzione applicabile prevede che l’autorità che trasmette le informazioni può specificare le disposizioni in materia di protezione dei dati che devono essere rispettate dall’autorità che riceve le informazioni, il Consiglio federale può concludere accordi sulla protezione dei dati. Tali disposizioni garantiscono almeno il livello di prote-zione della legge federale del 19 giugno 1992 sulla protezione dei dati (LPD, RS 235.1). Poiché il diritto svizzero in materia di protezione di dati corrisponde di principio alle esigenze internazionali, questi accordi servono di regola a garantire che l’altra Parte garantisca lo stesso necessario livello di

[19] Messaggio concernente l’approvazione della Convenzione del Consi-glio d’Europa e dell’OCSE sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale e la sua attuazione (modifica della legge sull’assistenza amministrativa fiscale), n. 15.047, del 5 giugno 2015, in: FF 2015 4613, p. 4642 ss. (cit.: Messag-gio Convenzione sull’assistenza amministrativa).

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Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

– l’AFC è in ogni caso tenuta ex lege ad applicare l’art. 7 Convenzione sull’assistenza amministrativa, qualora si sia in presenza di un accordo fiscale preliminare che adempie alle condizioni ivi indicate, ciò a prescindere dalla situazione vigente in un determinato Stato destinatario. Il caso della società ricorrente non fa eccezione a tale principio. Già solo per questi motivi, secondo il TAF, la censura della ricorrente deve pertanto essere respinta.

V. Il principio di specialità è garantito?A quanto precede si aggiunge altresì il principio della specialità di cui all’art. 22 par. 2 Convenzione sull’assistenza ammini-strativa[28], secondo cui in ogni caso queste informazioni sono comunicate soltanto alle persone o autorità (compresi i tribunali e le autorità amministrative e di sorveglianza) che si occupano dell’accertamento, della riscossione o del recupero delle imposte di questa Parte, dell’esecuzione o del persegui-mento penale inerenti a tali imposte oppure delle decisioni su ricorsi inerenti a tali imposte o della sorveglianza di quanto sopra. Soltanto dette persone o autorità possono utilizzare queste informazioni e unicamente ai fini indicati qui sopra. Nonostante le disposizioni dell’art. 22 par. 1 Convenzione sull’assistenza amministrativa, esse possono rivelarle nell’am-bito di una procedura giudiziaria pubblica o in una decisione giudiziaria concernente tali imposte[29].

L’art. 22 par. 4 Convenzione sull’assistenza amministrativa prevede eccezioni al principio secondo cui le informazioni tra-smesse devono essere impiegate soltanto per scopi previsti dalla Convenzione sull’assistenza amministrativa. Secondo detta norma, nonostante le disposizioni dei par. 1, 2 e 3, le informazioni ottenute da una Parte possono essere utilizzate per altri fini, se tali informazioni possono essere impiegate per tali altri fini secondo la legislazione della Parte che fornisce le informazioni e che l’autorità competente di questa Parte ne approva tale impiego. Le informazioni fornite da una Parte a un’altra Parte possono essere trasmesse da quest’ultima a una terza Parte, fatta salva la previa autorizzazione dell’autorità competente della prima Parte. Questa disposizione corri-sponde di principio a quella dell’art. 26 par. 2 M-OCSE[30].

Tale principio nel diritto svizzero è ripreso dall’art. 20 cpvv. 2 e 3 LAAF. Giusta l’art. 20 cpv. 2 LAAF, l’AFC segnala all’autorità richiedente le restrizioni inerenti all’impiego delle informa-zioni trasmesse e l’obbligo di mantenere il segreto secondo le disposizioni in materia di assistenza amministrativa della convenzione applicabile. L’art. 20 cpv. 3 LAAF precisa invece che, se la convenzione applicabile prevede che le informazioni ottenute nel quadro della procedura di assistenza ammini-strativa possono essere impiegate anche a fini diversi da quelli fiscali o possono essere inoltrate a uno Stato terzo, l’AFC dà il suo consenso, previa pertinente verifica, a condizione che l’autorità competente dello Stato richiesto acconsenta a tale impiego o inoltro.

[28] Messaggio Convenzione sull’assistenza amministrativa (nota 19), p. 4642 ss.[29] Messaggio Convenzione sull’assistenza amministrativa (nota 19), p. 4642 ss.[30] Messaggio Convenzione sull’assistenza amministrativa (nota 19), p. 4643.

il Forum globale non fa che esporre in maniera oggettiva il quadro giuridico nigeriano in vigore in materia di scambio di informazioni, indicando chiaramente che in tale ambito la Nigeria ottempera agli standard internazionali in materia di confidenzialità[23]. In effetti, le basi legali e la prassi della Nigeria in materia di confidenzialità sono state valutate dal Forum globale come conformi (“compliant”) sotto vari aspetti, segnatamente per quanto concerne la protezione delle infor-mazioni ricevute dalla Nigeria, delle persone interessate da dette informazioni, del segreto professionale, del segreto di fabbricazione, ecc.[24].

C. Secondo il TAF nulla fa ostacolo ad uno scambio sponta-neo di informazioni tra la Svizzera e la NigeriaTrattandosi di un documento ufficiale, il TAF non ha intrav-visto alcuna ragione per dubitare della veridicità delle informazioni ivi riportate, sicché si deve ritenere che, perlo-meno sotto l’aspetto dello scambio d’informazioni in materia fiscale (ivi compreso lo scambio spontaneo), di principio la Nigeria ottempera agli standard internazionali in materia di confidenzialità. Con tale premessa, i giudici del TAF osservano poi come la Convenzione sull’assistenza amministrativa risulti chiaramente applicabile anche alla Nigeria. Dall’allegato accluso alla Convenzione sull’assistenza amministrativa denominato “Campo d’applicazione il 25 febbraio 2019”, risulta infatti che per la Nigeria detta Convenzione, da lei ratificata in data 29 maggio 2015 con qualche riserva, è in vigore a far tempo dal 1° settembre 2015[25].

Ora, da un esame delle riserve e dichiarazioni espresse dalla Nigeria in data 29 maggio 2015 in merito al campo d’appli-cazione della Convenzione sull’assistenza amministrativa, nonché alle imposte coperte dallo scambio spontaneo d’informazioni, non emerge alcun elemento concreto tale da escludere uno scambio spontaneo d’informazioni nel caso della società ricorrente[26]. Analogo discorso vale altresì per le riserve e le dichiarazioni espresse dalla Svizzera con decreto federale del 18 dicembre 2015, accluse alla Convenzione sull’assistenza amministrativa. Di principio nulla fa pertanto ostacolo ad uno scambio spontaneo di informazioni tra la Svizzera e la Nigeria. In tale contesto, dal momento che la Convenzione sull’assistenza amministrativa è in vigore sia per la Svizzera che per la Nigeria, in virtù dell’art. 190 Cost. – che impone l’applicazione del diritto federale e del diritto inter-nazionale, indipendentemente dalla loro costituzionalità[27]

[23] Cfr. il capitolo “C. Exchanging information”, sezione “Overview”, punti n. 331-340, in particolare punti n. 335-336 citati letteralmente qui sotto; cfr. altresì per i dettagli, rapporto, capitolo “C. 3. Confidentiality”, punti n. 389-419.[24] Cfr. per i dettagli i punti n. 331-451; per la sintesi si veda la tabella deno-minata “Summary of determinations and factors underlying recomendations”, pp. 139-142.[25] Allegato pubblicato anch’esso sotto RS 0.652.1; cfr. parimenti il capitolo “C.1. Exchange of information mechanisms” del rapporto del Forum globale, punto n. 344. [26] Cfr. Consiglio d’Europa, Riserve e dichiarazioni per trattato n. 127 – Con-venzione sulla reciproca assistenza in materia fiscale, dichiarazioni in vigore ad oggi (testo disponibile in francese e inglese), riserva della Nigeria del 29 maggio 2015, in: https://www.coe.int/fr/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/127/declarations?p_auth=kxmXhHtC (consultato il 15.02.2021).[27] DTF 131 II 562 consid. 3.2 [tra le tante] sentenza TAF n. A-4307/2016 del 14 luglio 2016 consid. 2 con rinvii.

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136 febbraio 2021

Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero

agli standard dell’OCSE in materia di confidenzialità ai sensi dell’art. 22 Convenzione sull’assistenza amministrativa. Detto in altri termini, quale Stato parte della Convenzione sull’assistenza amministrativa, la Nigeria è tenuta ad attenersi scrupolosamente a quanto disposto dall’art. 22 Convenzione sull’assistenza amministrativa, alla stregua della Svizzera, rispettando le prescrizioni in materia di protezione dei dati e di confidenzialità, nonché il principio di specialità.

Dal momento che la buona fede di uno Stato è presunta nelle relazioni internazionali[32], si presume che anche nel caso della ricorrente la Nigeria rispetterà l’art. 22 Convenzione sull’assistenza amministrativa.

VI. La decisione finale del TAFVisto tutto quanto suesposto, il TAF non intravvede alcun valido motivo permettente di escludere uno scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale sotto il profilo della confidenzialità e della protezione dei dati, la Nigeria ottemperando agli standard internazionali dell’OCSE in tale ambito. In tali circostanze, contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, il TAF non intravvede alcuna potenziale violazione dell’art. 6 CEDU, nonché degli artt. 9 e 13 Cost. In definitiva, i giudici del TAF giungono alla conclusione che è a giusta ragione che l’AFC intende procedere ad uno scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale nel caso della società ricorrente. La decisione impugnata è stata pertanto confermata e il ricorso integralmente respinto.

[32] Principio dell’affidamento: cfr. [tra le tante] Sentenza TAF n. A-6035/2018 del 26 febbraio 2020 consid. 3.7.1 con rinvii.

Nello specifico, da un esame della decisione impugnata, risulta chiaramente che l’AFC ha precisato allo Stato desti-natario che le informazioni trasmesse sottostanno all’obbligo di confidenzialità di cui all’art. 22 Convenzione sull’assistenza amministrativa, nel rispetto del principio della specialità[31].

Ne discende che, senza il consenso dell’autorità inferiore, lo Stato destinatario non è autorizzato ad utilizzare le informazioni ricevute per altri scopi che quelli coperti dalla Convenzione sull’assistenza amministrativa. Tale circostanza non ha fatto pertanto che rafforzare la garanzia della con-fidenzialità delle informazioni trasmesse, nel rispetto del principio della specialità.

In tali circostanze, i giudici del TAF faticano a intravvedere un rischio concreto per la società ricorrente sotto il profilo della tutela della protezione dei suoi dati e della sua sfera privata.

Ciò constatato, il TAF osserva come dal rapporto annuale 2017/2018 di Amnesty International relativo alla Repubblica Federale della Nigeria a cui si appella la ricorrente non sia invero desumibile alcuna prova che nel suo caso vi sia un rischio concreto che la stessa possa essere oggetto di tortura o trattamenti disumani da parte della Nigeria, per il semplice fatto che la stessa beneficiava di un ruling fiscale in Svizzera. Secondo i giudici, i passaggi citati ed estrapolati in maniera non contestualizzata, non sono di alcun aiuto. Se letto per intero, il rapporto fa sì riferimento a dei casi di tortura o di maltrattamenti nei confronti di persone fisiche, ma non in nesso con uno scambio (spontaneo) d’informazioni in materia fiscale, rispettivamente in nesso con la tassazione di una persona fisica o una persona giuridica. Ora, nel caso della ricorrente ci si trova di fronte ad una persona giuridica, e meglio ad una succursale straniera ubicata in Svizzera, sicché si fatica a intravvedere un rischio qualsiasi per quest’ultima. Peraltro, se del caso, sarebbero ipoteticamente i suoi organi ad eventualmente rischiare qualche cosa o piuttosto gli organi della società madre ubicata in Nigeria.

Neppure l’appello alla lista stilata dall’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza, nella quale è stato indicato che in linea generale per le persone fisiche la prote-zione dei dati in Nigeria è insufficiente, è stata di soccorso alla ricorrente. Non va, infatti, dimenticato che detta lista fa rife-rimento a tutti gli ambiti della vita, sicché può essere presa in considerazione solo quale indicatore. A lei sola, non permette tuttavia di ritenere che nell’ambito specifico dello scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale la protezione dei dati e la confidenzialità non siano rispettate. Ora, come visto, il TAF ha avuto modo di appurare che secondo le valutazioni del Forum Globale, la Nigeria – perlomeno in materia di scambio spontaneo d’informazioni in materia fiscale – ottempera

[31] “[…]Le formulaire relatif à la décision anticipée en matière fiscale sera transmis à l’autorité/aux autorités compétente(s) de NG dès l’entrée en force de la présen-te décision. Lors de la transmission, l’AFC rappelle à l’Etat/aux Etats destinataire(s) les restrictions à l’utilisation des renseignements et les obligations de confidentialité découlant de l’accord applicable (article 22 de la Convention et article 20 alinéa 2 LAAF en lien avec l’article 22d LAAF) […]”.

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