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Notizie e considerazioni intorno alla casa detta della Colombara o Cortelunga o Castello in Brarola, frazione di Vercelli Laura Berardi Vercelli 2016

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Notizie e considerazioni intorno alla casadetta della Colombara o Cortelunga o Castello

in Brarola, frazione di Vercelli

Laura Berardi

Vercelli 2016

RINGRAZIAMENTI

Senza la disponibilità e la collaborazione di molti non sarei giunta alla redazione del presentelavoro.

Dunque, ringrazio il Settore Patrimonio del Comune di Vercelli, nelle persone del Dirigente,arch. Liliana Patriarca, della dott.ssa Patrizia Pallavicini e del sig. Ciro Saulino, per avermi datol'opportunità di questo studio e il supporto logistico sul luogo; la sig.ra Patrizia Grosso e il sig.Marco Girardi, dell'Archivio di Stato di Vercelli, e la dott.ssa Elisa Marini, responsabiledell'Archivio Storico dell'Arcidiocesi di Vercelli, per il supporto alle ricerche archivistiche; ildott. Giorgio Tibaldeschi, per i proficui colloqui, e mio marito, Giovanni Sommo, per il costantecontributo alla ricerca e alla sua edizione; il dott. Andrea Cherchi per la concessione della foto.

Fra i beni recentemente pervenuti al Comune di Vercelli dall’estinzione

dell’IPAB “Giardino d’Infanzia Malinverni Gioanni fu Gioanni”, sito nella frazione

vercellese di Brarola, il più interessante, oltre alla sede dell’Asilo, è sicuramente

lo stabile che ne costituiva parte della dotazione patrimoniale, un rustico turrito -

l’unico del luogo- a un passo dalla chiesetta, anch’essa la sola del piccolo borgo.

L’edificio non ha la tipologia, né la funzione di cascinale; d’uso esclusivamente

abitativo, ha una semplice struttura parallelepipeda di circa m.6 x m.40, a due

piani fuori terra, stretta e allungata davanti alla roggia Gamarretta, che scorre

parallela a pochi metri dal fronte principale, il lato lungo di sud-sud-ovest, da cui

è separato da un tratto sterrato e da una breve fascia di piantumazione e orticelli.

Il lato opposto, che affaccia sulla pubblica via a un più basso livello del suolo, ha

lievi contrafforti di contenimento.

Dei due lati brevi, quello di ovest-nord-ovest affaccia su un tratto di discesa

alla strada pubblica e verso il fianco di un altro piccolo rustico, il cui fronte si

allinea col tratto sterrato lungo il nostro edificio (forse in antico collegati?); a

questo lato si addossa una fontanella ottocentesca, issata sui gradini di

accompagnamento del dislivello. L’altro lato corto fiancheggia, separato dalla via,

il campanile della piccola chiesa della frazione, anch’essa orientata con affaccio

alla Gamarretta.

La struttura appare oggi quasi del tutto stonacata sul fronte strada, rivelando

nel compatto tessuto in mattone pieno alcuni tamponamenti di antiche aperture,

anche centinate, soprattutto in corrispondenza della torre; la quale si erge dal tronco

centrale dell’edificio per una breve altezza, plausibilmente minore di quella

originaria, a giudicare dall’unico marcapiano che corre a due diversi livelli, più

basso quello della facciata principale, e dall’ interruzione irregolare del muro visibile

lateralmente.

L’elevazione della torre sul fronte principale, quasi del tutto intonacato, rivela

l’esistenza di un esteso fregio pittorico, purtroppo molto dilavato e consunto,

sufficientemente leggibile come un’insegna araldica di cui però è perso lo scudo

con l’arma, mentre restano un frammento della corona a giglio e del nastro di

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contorno, nonché un’esile cortina superiore, le cui rosse bande annodate si

intuiscono distese per tutta la larghezza della facciata della torre.

La fattura del fastigio sul blasone è chiaramente sei-settecentesca e ancora

documentati nel Settecento sono alcuni membri dell’estinta famiglia Chino,

proveniente da Montemagno e indicati dalla bibliografia specialistica quali Baroni

di Brarola, il cui stemma risulta essere -se mai un intervento al dipinto fosse fattibile

e consentisse un qualche recupero di pigmento- d’oro al decusse di rosso (1). In

particolare dalle notizie ricavate da “Il Patriziato subalpino” di Antonio Manno (2)

sappiamo che il canonico Pietro Francesco Chino, infeudato di Brarola nel 1744,

chiede nel 1749 l’assenso per rinnovare il feudo al fratello Pio, mentre nel 1771 ne

chiede la vendita al capitano Giuseppe Pernigotti, che ne viene investito nel 1773.

I Pernigotti, linea di Tortona e Serravalle Scrivia, sembrerebbero dunque, come

indicato dal Manno, i nuovi -e forse ultimi- baroni di Brarola.

La documentazione archivistica reperita sulla casa non risale così indietro da

ricongiungerci ai nominativi della nobile proprietà suggerita dai tenui residui

pittorici, fermandosi alla metà dell’Ottocento.

Piuttosto il toponimo “castello”, ricorrente negli atti, ci riporta a inseguire la

storia dell’edificio desumibile dalla sua tipologia fortilizia, di cui si connota per la

presenza della torre, come già detto unica esistente in Brarola.

Dunque, dallo Statuto organico dell’Ente Morale “Giardino d’Infanzia Malinverni

Gioanni fu Gioanni” (3), stampato nel 1902, si ricavano gli estremi dell’atto,

rogato dal notaio Limenio Stroppa il 14 dicembre 1901, con cui il fondatore, avv.

Alessandro Malinverni, dota l’asilo del fabbricato sua sede, nonché di altre

donazioni.

L’atto, di cui all’Archivio di Stato di Vercelli si conserva la registrazione, il

17 dicembre 1901, (4) al punto B così descrive un edificio facilmente identificabile

con il nostro: Casa, ivi, detta della Colombara o Cortelunga o Castello della

superficie di are 10 comprensivamente al sedime ed orti superiori […] composto

di nove camere terrene con altrettante superiori, più una al secondo piano, coerenti

a levante e notte la strada pubblica, a ponente fabbricati della Camarrana,

tramediante passaggio pubblico, a giorno la Gamarretta..... Il toponimo Cortelunga

si attaglia alla conformazione del sedime, mentre la stanza unica al secondo piano,

terzo fuori terra, è senz’altro da individuarsi nel vano della torre del Castello.

Nell’atto del 3 agosto 1876, Cessione di ragioni ereditarie paterne (5) fatta a favore

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dell’avv. Alessandro Malinverni dalle sorelle e dai nipoti alla morte del padre

Giovanni, ritroviamo fra i vari beni posseduti in Vercelli, Pezzana e Brarola, il

nostro edificio, così descritto: Casa detta Colombara o Castello fra le coerenze a

levante e notte la strada pubblica a giorno la gamarretta, della superficie di are

10 comprensivamente al sedime ed orti anteriori, Componesi d’un forno

all’estremità di ponente, sette camere terrene e corrispondenti solai.

Apprendiamo così che a quella data era esistente (funzionante?) un forno, che

nell’atto del 1901 non risulta, plausibilmente sostituito da ulteriori stanze in

quell’ultimo tratto di ponente, che appare in effetti come un corpo addossato più

basso. Non viene citato il vano corrispondente alla torre, alla quale peraltro neppure

nell’atto precedente si fa riferimento in quanto caratterizzazione architettonica.

Fortunatamente ci viene in soccorso la cartografia storica dell’Archivio di Stato di

Torino. (6)

Mentre le due carte firmate da Varin De La Marche e datate l’una al 1700 (7)

e l’altra 1697 (8), essendo già concepite con intento topografico, presentano la

planimetria zenitale di Brarola e nulla ci possono raccontare sul particolare del

nostro “castello”, due disegni a volo d’uccello, non datati ma presumibilmente,

per dati stilistici, più antichi, danno conto della presenza della torre.

Nel Disegno del Roggione di Vercelli e della Roggia Gamarra (9), approssimativo

e alquanto grossolano, Brerarolla è rappresentata schematicamente come un

conglomerato di case sulle quali si erge un’alta torre.

Nel Tippo Vercelli per confini col stato di Milano verso Villata e Pezzana

(10), autore Musso, Brarola è invece analiticamente illustrata da cinque distinte

casette, disposte su tre file parallele, due delle quali, allineate come nella realtà,

sono coronate l’una da un fastigio a cuspide, culminante nella croce, a rappresentare

la chiesa, e l’altra da una torre a due finestrelle. Ovviamente in questo tipo di

cartografia la fedeltà al reale è relativa, mescolandosi a elementi di fantasia e di

simbologia grafica e a incertezze o errori di memoria nel trasferimento dei dati

dalla ricognizione sul terreno al foglio. Anche le distanze e le grandezze risultano

approssimative. Così possiamo giustificare il fatto che la chiesetta risulti più ampia

del nostro edificio e posta a sinistra di chi guarda le due facciate, e non alla destra,

come nella realtà, e che siano disegnati, sottostanti ai due immobili, religioso e

turrito, altre due costruzioni, mentre nell’attuale essi risultano ai margini della

frazione.

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L’altro dato non corrispondente all’attualità è l’assoluta inesistenza della roggia

Gamarretta, che, come si è detto, scorre oggi, e scorreva nell’Ottocento, comparendo

nei citati atti tra le coerenze della casa, parallelo a pochi metri dal nostro sito. Va

rilevato che nessuna delle carte fin qui segnalate riporta questa piccola roggia, una

derivazione della più ampia roggia Gamarra, che scorre invece a nord della frazione

ed è sempre puntualmente segnata. Questa omissione può essere attribuita a una

dimenticanza della restituzione cartografica, ma può anche significare che a quelle

date la derivazione non fosse ancora stata realizzata e i nostri immobili in esame,

casa-torre e chiesa, non affacciassero sulla Gamarretta, bensì verso altri edifici,

poi distrutti, e soprattutto con orientamento verso la segnalata “strada di Palestro”,

che scorreva a sud (al posto della Gamarretta?) per collegare Vercelli a Palestro,

verso la Lomellina.

Quest’ultimo tracciato viario compare in tutti i disegni ed è elemento prezioso

per giustificare che le facciate principali del nostro edificio e della chiesa siano

orientate in modo che soltanto in età recente, con la costruzione della strada che da

Vercelli a Palestro passa invece a nord, appare anomalo, retrostante alla pubblica

via interna e marginale all’ingresso in Brarola.

Fin qui i dati che la ricerca storica appositamente condotta per il nostro edificio

ha per ora consentito di raccogliere.

Tuttavia, la suggestione che un edificio turrito, tradizionalmente denominato

castello, provoca, evocando epoche e storie più antiche di quelle sopra riferite, fa

si che non sia passata sotto silenzio la tesi di Luigi Avonto, che colloca proprio in

Brarola una mansio o “ospedale di ponte” per i pellegrini e l’annessavi chiesa

intitolata a San Leonardo, fondati e retti dall’ordine religioso cavalleresco di San

Giovanni di Gerusalemme o dei Gerosolimitani, attestati in Vercelli sin dal 1175

(11). Avonto afferma che i due edifici sono entrambi scomparsi da secoli (12),

eppure non sembra di poter ignorare un esile filo di collegamento tra l’insediamento

medievale che lo studioso identifica con il luogo di Brarola e il nostro sito.

A proposito degli ospedali di ponte, sia detto per inciso, un ulteriore sguardo al

delizioso disegno da ultimo analizzato ci rivela l’antica presenza sulla roggia

Gamarra di un ponte, per un transito da nord a sud, ortogonale alla via da Vercelli

a Palestro, passante per Brarola.

Dunque, Avonto si basa sostanzialmente su due documenti del Duecento, il

primo, inedito, reperito nelle pergamene dell’Ospedale di Sant’Andrea, presso

4

l’Archivio di Stato di Vercelli, il secondo già pubblicato da Maurizio Cassetti nel

suo studio sul monastero e ospedale della Casa di Dio (13), uno dei tantissimi

ospedali per pellegrini fiorenti tra il XII e XIII secolo in Vercelli, ancor prima della

fondazione dell’ospedale Sant’Andrea.

È importante a questo punto ricordare come sia attestata e unanimamente

riconosciuta la localizzazione di questa antica “Casa di Dio” nel sito della tuttora

esistente cascina Cadé, posta nelle immediate vicinanze di Brarola, a sud-ovest

della nostra frazione, e ben individuabile anche nella cartografia storica qui riportata,

come cade, La Cadé o La Chade.

L’atto del 7 giugno 1236 (14) riguarda una sentenza arbitrale in una lite fra il

ministro dell’ospedale degli Scoti di Vercelli, localizzato in altra zona ma qui avente

prati e saliceti, e il ministro della mansione gerosolimitana di S. Leonardo circa

l’uso dell’acqua della roggia Gamarra, che alimentava il mulino della mansione di

San Leonardo.

Se già questo documento secondo Avonto consente di ubicare quest’ultima

mansione nella frazione Brarola, la triangolazione geografica evidenziata nel

secondo sembra non lasciare più dubbi. Infatti, alcuni atti di lite, correnti dal 1271

al 1279 fra le monache della Casa di Dio e alcuni privati, menzionano la mansione

Gerosolimitana di S. Leonardo fra le coerenze di 150 moggia di terreno esistenti

nella zona di Brarola, nei pressi sia della Casa di Dio -La Cadé- che della roggia

Gamarra (15).

Avonto conclude che questa ulteriore conferma sfata definitivamente la

localizzazione della mansio e chiesa di S. Leonardo in regione Peronasca, già

proposta da altri studiosi, poiché anch’essa attraversata dalla roggia Gamarra, ed

esclude tale ipotesi giacché, per di più, quest’ultima località nell’estimo delle chiese

della diocesi del 1298-99 viene menzionata fra le chiese di Borgovercelli, e non di

Vercelli, cui invece già appartenevano la frazione e la chiesa di Brarola.

Ovviamente la speranza di poter identificare S. Leonardo, chiesa dell’antica

mansio gerosolimitana, nella chiesetta di Brarola sita a pochi metri dal nostro

immobile, che a quel punto costituirebbe se non il residuo della mansio, quanto

meno una fortificazione da essa originata, ha suggerito di condurre verifiche

sull’intitolazione presente, di cui gli abitanti della frazione hanno perso memoria,

e su eventuali altri diversi titoli avuti nel corso della sua storia.

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Purtroppo le ricerche hanno avuto esito negativo, anche quelle spintesi il più

possibile indietro nel tempo, non potendo però arretrare oltre la fine del Cinquecento.

È Orsenigo che nel suo elenco di “Chiese ed Oratorii” annovera, sotto la

parrocchia vercellese di Santa Maria Maggiore, la chiesa della Beata Vergina

Assunta nella frazione di Brarola (17). Da quel dato, riferito ai primi del Novecento,

si è risaliti nel tempo attraverso l’esame di alcuni dei volumi manoscritti delle

Visite Pastorali, conservati presso l’Archivio della Curia Arcivescovile di Vercelli.

Curiosamente il titolo presenta continue varianti, ma sempre sotto il titolo mariano;

nel 1897 è la Natività di Maria Santissima; nel 1885 (17) Maria Santissima

Addolorata.

La relazione del 1897 (18) definisce antica la chiesa, né si riconosce la data

della sua erezione, e, descrivendo l’altare posto davanti ad un affresco

dell’Addolorata, tuttora esistente, scrive di ignorare, riferendosi agli altari, se

abbiano diverso titolare.

Il volume più antico esistente risale alle Visite effettuate tra il 1591 e il 1597

e riporta, fra il 2 giugno e il 3 luglio 1591, la seguente descrizione della nostra

chiesa (19): Si è visitata la chiesa di S.ta Maria di Brarola la qual chiesa non è

lastricata né soffittata. Vi sono alcune fenestre le quali no hanno né vidriati né

infarrate. La detta chiesa è bassa e picola.

Frutto di un rimaneggiamento posteriore alla suddetta visita pastorale è, con

tutta evidenza, l’attuale edificio, di forme sei-settecentesche.

L’interno riserva però una sorpresa; l’altare laterale sulla parete di destra è addossato

a una nicchia centinata e concava, laddove il tamponamento, per appoggiarvi l’alzata

dell’altare, ha solo parzialmente occultato un vano absidato.

L’ipotesi che quello sia il residuo dell’abside di una chiesa più antica dell’attuale e

davvero minuscola, se ci può riportare all’edificio descritto nel 1591, già intitolato

a S. Maria, piccolo e basso, non pavimentato e con le capriate a vista, ci può altresì

rimandare a un’età ancor precedente; il diverso orientamento dell’abside poi,

rigorosamente a est, fa proprio pensare al Medioevo, quando tale precetto

presiedeva, molto più che in altre epoche, alla costruzione delle chiese.

Il dubbio che quella chiesetta, che si sta ipotizzando medievale, sia stata il

San Leonardo della mansio gerosolimitana permane e con esso l’ipotesi che il

nostro edificio turrito sia una traccia di quell’antico insediamento ospedaliero.

Solo un’indagine archeologica potrebbe forse risolvere la questione.

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NOTE

1 - Cfr. Alessandro Franchi-Verney della Valletta, “Armerista delle famiglie nobili e titolatedella Monarchia di Savoia (Savoia, Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Contea di Nizza, Sardegna)”,1873, p. 52 e www.blasonariosubalpino.it, alle lettere Ce – Cu.

2 - Antonio Manno “Il patriziato subalpino. Notizie di fatto storiche, genealogiche, feudali edaraldiche desunte dai documenti”, 1906, vol. 7 (dattiloscritto) p. 107, consultato nell’edizione informa elettronica curata dalla “Associazione per la valorizzazione delle tradizioni storico-nobiliari”, www.vivant.it, n. cat. Vivant 12675.

3 - Archivio di Stato di Vercelli, Fondo Prefettura, serie “Statuti e regolamenti di Opere Pie”,mazzo 6. All’interno del mazzo è stato reperito con erroneo inserimento nella cartella “OspedaleMaggiore”.

4 - Archivio di Stato di Vercelli, “Ufficio del Registro di Vercelli”, mazzo 238.

5 - Archivio di Stato di Vercelli, “Ufficio del Registro di Vercelli”, mazzo 24.

6 – Grazie all’opera di digilitizzazione, gran parte delle carte topografiche e dei catastisono consultabili online. Gli estremi archivistici delle quattro carte prese qui in esamesono dat i per i l reper imento dei document i in formato e le t t ronico, a l s i towww.archiviodistatotorino.beniculturali.it.

7 - Carta del corso della Sesia ne’ confini del Vercellese e dello Stato di Milano, da MontiSuperiori di Masserano sino all’imboccatura del Po tra Casale e Valenza, in: Archivio di Statodi Torino, “Le raccolte cartografiche della Sezione Corte”, “Carte topografiche e disegni”, “Cartetopografiche per A e per B”, “Sesia”, mazzo 2 (cart. 2, f. 1).

8 – Carta della Provincia di Vercelli con i suoi confini dello Stato di Milano, del Monferrato, edi Masserano con una breve descrittione delle cose principali che in essa si contengono, in:Archivio di Stato di Torino, “Le raccolte cartografiche della Sezione Corte”, “Carte topografichee disegni”, “Carte topografiche per A e per B”, “Vercelli”, mazzo 3 (cart. 3, f. 1).

9 - Archivio di Stato di Torino, “Le raccolte cartografiche delle Sezioni riunite”, “CameralePiemonte”, Tipi articolo 664, “Gamarra, roggia”, mazzo 24 (cart. 24, f.1).

10 - Archivio di Stato di Torino, “Le raccolte cartografiche delle Sezioni riunite”, “CameralePiemonte”, Tipi articolo 663, “Vercelli”, mazzo 163 (cart. 163, f.0).

11 - Luigi Avonto, “Presenza gerosolimitana a Vercelli nel secolo XIII”, in “Vercelli nel secoloXIII”, Atti del primo congresso storico vercellese, Vercelli 1984, pp. 113-138.

12 - Avonto 1984, cit. p. 117.

13 - Maurizio Cassetti, “Cenni storici sul monastero e ospedale della Casa di Dio di Vercelli”, inBollettino Storico Vercellese, Vercelli 1980, p. 43.

14 - Avonto 1984, cit. pp. 121-122 e nota 32.

7

15 - Avonto 1984, cit. p. 123 e note 36, 37, 38.

16 - Riccardo Orsenigo, “Vercelli sacra”, Como 1909, p. 87. Della dipendenza di Brarola dallaParrocchia di Santa Maria Maggiore dà per primo notizia Vittorio Mandelli, in “Il Comune diVercelli nel Medio Evo”, Vercelli 1857, vol II, pp. 315 e 316, nota 1.

17 - Archivio della Curia Arcivescovile di Vercelli, “Relazioni per la S. Visita P.le 1885-88 M.rCelestino Fissore - A-G”, 3 agosto 1885.

18 - Archivio della Curia Arcivescovile di Vercelli, “Relazioni delle visite pastorali di CarloLorenzo Pampirio (1896-97)”, 29 marzo 1897.

19 - Archivio della Curia Arcivescovile di Vercelli, “Visite Pastorali Marco Antonio Vizia (1591-1597)”, faldone V/1 1591-94, fascicolo 9.

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ELENCO DELLE ILLUSTRAZIONI

1 – CTR Regione Piemonte fogli 137060-137070.

2 – Catasto comune di Vercelli, foglio 55, Brarola.

3 – Google Earth, 2014.

4 – Scorcio della facciata principale, con il campanile della chiesa sullo sfondo.

5 – Veduta parziale dell’affaccio su strada.

6 – Veduta del lato corto di ovest-nord-ovest.

7 – Veduta della torre nell’affaccio su strada.

8 – Veduta laterale della torre.

9 – Veduta della torre nell’affaccio principale, con tracce di fregi pittorici.

10 - Blasone dei Chino, Baroni di Brarola.

11 – Particolare della Carta della Provincia di Vercelli con i suoi confini dello Stato di Milano,del Monferrato, e di Masserano con una breve descrittione delle cose principali che in essa sicontengono, Varin del La Marche, 1697.

12 – Particolare della Carta del corso della Sesia ne’ confini del Vercellese e dello Stato diMilano, da Monti Superiori di Masserano sino all’imboccatura del Po tra Casale e Valenza, DeLa Marche, 1700.

13 – Particolare del Disegno del Roggione di Vercelli e della Roggia Gamarra, s.d.

14 – Tippo Vercelli per confini col stato di Milano verso Villata e Pezzana, Musso, s.d.

15 – Particolare del Tippo Vercelli per confini col stato di Milano verso Villata e Pezzana,Musso, s.d.

16 – Fascicolo con la relazione sulla chiesa di Brarola per la Visita Pastorale del 1591.

17 – Facciata della chiesa di Brarola.

18 – Interno della chiesa di Brarola, con evidenza sul vano semi-absidato (foto Andrea Cherchi).

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2 – Catasto comune di Vercelli, foglio 55, Brarola.

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3 – Google Earth, 2014.

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4 – Scorcio della facciata principale, con il campanile della chiesa sullo sfondo.

14

5 – Veduta parziale dell’affaccio su strada.

15

6 – Veduta del lato corto di ovest-nord-ovest.

7 – Veduta della torre nell’affaccio su strada.

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8 –Veduta laterale della torre.

17

9 – Veduta della torre nell’affaccio principale, con tracce di fregi pittorici.

10 - Blasone dei Chino, Baroni di Brarola.

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11 – Particolare della Carta della Provincia di Vercelli con i suoi confini dello Stato di Milano, delMonferrato, e di Masserano con una breve descrittione delle cose principali che in essa si contengono,Varin del La Marche, 1697.

12 – Particolare della Carta del corso della Sesia ne’ confini del Vercellese e dello Stato di Milano, daMonti Superiori di Masserano sino all’imboccatura del Po tra Casale e Valenza, De La Marche, 1700.

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13 – Particolare del Disegno del Roggione di Vercelli e della Roggia Gamarra, s.d.

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16 – Fascicolo con la relazione sulla chiesa di Brarola per la Visita Pastorale del 1591.

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17 – Facciata della chiesa di Brarola.

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18 – Interno della chiesa di Brarola, con evidenza sul vano semi-absidato (foto Andrea Cherchi).

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