Notiziario_DonRua_2010

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Notiziario Numero speciale 2010

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Direttore ResponsabileFelice Bongiorno

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PRESENTAZIONE

Esprimo un vivo ringraziamento a don Salvatore Spitale per il lavoro fat-to nell’anno centenario della morte di don Rua. Il frutto delle sue ricerche ègià stato pubblicato man mano negli ultimi tre numeri di “Insieme”.

In occasione del Convegno su Don Rua, che celebreremo il 21 novembre2010 a San Cataldo, don Felice Bongiorno, a cui sono particolarmente gra-to, ha avuto la felice intuizione di raccogliere i vari inserti di Insieme e diprodurre un numero speciale.

Il risultato è nelle vostre mani e, ne sono certo, susciterà la vostra curio-sità e il vostro interesse per il legame profondo che si è instaurato tra donRua, primo successore di don Bosco e la Sicilia, “isola degli ardenti entusia-smi” come dice la titolatura.

Le pagine che vi presento sono ricche di tanti episodi che il cronista hasaputo raccogliere e affidare alla considerazione e all’approfondimento deiposteri. Vi sono quadretti deliziosi e commoventi. Domina soprattutto l’ac-coglienza affettuosa ed entusiasta di folle di gente semplice che si accalca-va per accogliere e vedere quell’uomo scarno, dai tratti dolci e paterni che atutti ricordava e rendeva vivo don Bosco.

Don Rua e la Sicilia rappresenta una lettura stimolante per quanti sonointeressati a capire la sorgente viva del movimento salesiano che da Torinoe dall’impulso carismatico di un santo si è sviluppato prima in tutta Italia epoi nel mondo intero. Di questa diffusione don Rua fu artefice intelligente ecoraggioso tanto da meritarsi il titolo di “co-fondatore”.

Mi auguro che le brevi ed intense pagine di questo opuscolo stimolinol’interesse di tanti e soprattutto ci incoraggino a guardare in avanti per incar-nare. in un contesto socio-culturale così diverso dai tempi di don Rua, la pas-sione per l’educazione e l’evangelizzazione dei giovani in questa straordina-ria terra di Sicilia.

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PREFAZIONE

Pochissimi (o forse nessuno) sono i posti della terra che, come la Sicilia,hanno visto, nello scorrere dei secoli, tante immigrazioni di popoli, pacificio violenti, che hanno occupato le sue terre e vi hanno dato vita a civiltàsplendide per scienza e magnificenza di arte. Enumerarli tutti sembra qua-si impossibile: Opici, Pelasgi, Elimi, Sicani, Siculi, Greci, Fenici, Cartagi-nesi, Mamertini, Romani e cosi via fino ad oggi. Che cosa li attraeva se inquesti luoghi non è facile sintetizzarlo in poche parole: la dolcezza del cli-ma?, lo splendore del cielo?, la rigogliosa fecondità del suolo?. O forse tut-te insieme?

Alla fine del diciannovesimo secolo la Sicilia assiste ad un’altra invasio-ne, questa volta pacifica, che in brevissimo tempo si diffuse in tutta l’isola,ovunque apportando cultura e santità:l’invasione dei Salesiani, di quellaCongregazione che da poco tempo S. Giovanni Bosco aveva fondato a To-rino. Alla morte del fondatore, le case salesiane in Sicilia erano appenadue: Randazzo e Catania-S. Filippo Neri, ma alla morte del suo successore,Don Rua, sono già 21, di cui quattro aperte e chiuse. Don Rua è stato l’ar-tefice e il “motore perpetuo” di questo eccezionale sviluppo.

Don Agostino Auffray nel suo volume: “Beato Michele Rua”, edito dal-la SEI nel 1972 scrive: “Nel 1892…attraversa lo stretto di Messina, percor-re la Sicilia”; “l’anno 1900 lo vede sbarcare in Sicilia una seconda vol-ta…e quasi attratto dall’isola degli ardenti entusiasmi, percorre di nuovo laSicilia in tutti i sensi, da Palermo a Catania, da Agrigento a Siracusa”; “nel1906, sullo scorcio di aprile, alla volta della Sicilia,…s’indugia molto tem-po in Sicilia”. Cos’era quest’attrazione?, perché questo indugiare moltotempo in Sicilia? Forse per gli ardenti entusiami? Per la dolcezza del cli-ma? Per il cielo terso? Forse per il suo zelo apostolico? Certo. A me piacepensare che Don Rua stesse bene in Sicilia e con i Siciliani.

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In queste celebrazioni centenarie diDon Bosco, di Don Rua, della congre-gazione, della presenza dei salesianiin varie città, spesso si sente l’esigen-za di ritornare alla fonte, di riscoprire lospirito genuino che ha vivificato la vitae l’azione dei primi salesiani. Leggerela loro biografia, i loro scritti, la crona-ca delle loro “geste”, le impressioni dicoloro che li avvicinavano e ascoltava-no, può essere un modo di cogliere ilsegreto (se c’è un segreto) del lorosuccesso. A qualcuno, a distanza dicento anni, può sembrare fuori moda(anche alcune parole lo sono) o “inge-nuo” il racconto dei fatti e il modo dicomportarsi degli attori della nostracronaca, esagerate le manifestazionidi affetto e di venerazione suscitatenegli altri, o forse bisognerà convenireche davanti al soprannaturale si diven-ta da tutti “ingenui”.

Parlando di D. Rua vorrei farvi co-noscere i viaggi che egli ha fatto in Si-cilia e il suo interessamento per le ope-re e i Salesiani di Sicilia. Egli è venutoin Sicilia ben cinque volte. Comincia-mo col primo e secondo viaggio.

1885 – 1° viaggio: Come rappresentan-te di Don Bosco, nel mese di Aprile, visi-tò la Casa di Randazzo. Passò anche daMascali, Nunziata e Bronte, dove c’eranogià le FMA.

Lo accompagnava il Coad. GiuseppeRossi (Amedei I, pag. 342-43).

Nell’aprile del 1885, Randazzo era lasola casa salesiana presente nell’isola eapparteneva all’Ispettoria Romana. DonGuidazio era il direttore. I Salesiani pre-senti nella casa erano 13. Vi erano anche3 ascritti e due aspiranti. Nel novembredello stesso anno si aprirà il S. FilippoNeri di Via Teatro Greco.

Don Bosco, pregava Don Rua a conti-nuare a tenersi in relazione con le caseaccennate. Devotamente il Servo di Dioobbedì, e in aprile si recò a Roma, quindiproseguì il viaggio verso la Sicilia, per vi-sitare il collegio salesiano di Randazzo, ele prime case di Maria Ausiliatrice in quel-l'isola, ed esaminare le proposte di altrefondazioni.

CENTENARIO DELLA MORTE DI DON RUA

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a cura di Don Salvatore Spitale

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Il suo passaggio la-sciò dappertutto un'im-pronta incancellabile.

A Randazzo, «Don

Rua – ri-corda ilsalesianoDon Fran-cesco Pic-collo – ac-compagnato dal coadiutore Rossi Giu-seppe, arrivò accolto dagli evviva festan-ti di 100 convittori e di molti alunni ester-ni. Eran pure a rice-verlo l’Arciprete, ilSindaco e il Cav. Va-gliasindi, amici eprotettori del Colle-gio, ed altri molti si-gnori della città. Por-tava ancor le traccedella stanchezza dellungo viaggio, fattoin terza classe e del-le sei ore di carroz-za, quante ce ne vo-gliono da Piedimon-te Etneo a Randazzo; era però arzillo esorridente; e la sua presenza fece una vi-va impressione in tutti. Nei giorni che eglipassò a Randazzo, ci parve d'essere incontinua festa. Un chierico, già adulto edaspirante alla vita salesiana, che mail'aveva veduto, ricevette una così gradita

sorpresa nel vederlo e al conoscerlo, chediceva: – Don Rua, di fisionomia non èbello, ma ha tale soavità e dolcezza dimodi, che incanta; mai ho visto un uomo

così attraente!» Io allora

ero catechistae, d"accordocol direttore,l’invitai a predi-care gli esercizispirituali ai no-stri alunni. Fat-tagli la propo-sta, accettò,ma nella suaumiltà pose lacondizione dipoter avere daTorino i quader-netti delle sue

prediche. Vennero questi, e i giovani delcollegio S. Basilio ebbero la fortunad’averlo a predicatore degli esercizi spiri-tuali: e la sua chiarezza, l'unzione, e tan-te altre belle qualità fecero sì che corri-spondessero molto bene allo zelo delsanto predicatore. I frutti, riportati abbon-

Randazzo: Chiesa e Collegio S. Basilio.

Don G. Chiesa.

Catania: Oratorio salesiano “S. Filippo Neri”.

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dantemente, abbiamo potu-to constatarli in seguito, nel-la loro condotta, miglioratae più fervorosa. Parecchigiovani palesarono che DonRua aveva letto nella lorocoscienza.

» L'impressione da lui la-sciata nel cuore di tutti fucosì profonda, che molti,dopo vari anni, lo ricordava-no ancora e parlavano conriverenza ed affetto. Noto,tra le altre cose, questa: ungiorno, essendo circondatoda parecchi giovani esterni,fissò il suo sguardo sopra uno di essi e glidisse – Tu sarai mio figlio! – Il giovane fa-ceva allora la quarta elementare: dopoquattro anni si decise per la vita salesia-na, si portò a fare il noviziato a Valsalicee fu, com'è tuttora, un salesiano molto at-tivo e zelante, e fu anche direttore».

Visitò anche le Case delle Figlie diMaria Ausiliatrice di Mascali, Bronte eNunziata. A Mascali – scrive Suor MariaGiaccone — «fu un vero trionfo: spari dimortaretti, scampanii, musica; tutto ilpaese accorse per udire la sua dolce pa-rola, arrampicandosi persino alle inferria-te; tutti eslamavano: – Abbiamo visto unsanto!

» A noi, suore, lasciò questi ricordi: —di farci sante con l’osservanza delle no-stre Costituzioni, coll'allegria, coll'attirarealla vera pietà le giovinette, e con l'ab-bandono in Dio».1892 – 2° viaggio:

Accompagnato da D. Francesia, sbar-ca a Palermo, prosegue per Marsala.

Passò da Caltanissetta e arrivò a Ca-tania. Visitò Trecastagni, Bronte, Ran-dazzo, Mascali

Acireale, Alì Marina. (Amedei vol. I,pag. 573-580).

Nel 1890 era stata eretta l’ispettoriaSicula. Nel momento della visita – Feb-braio – le case dell’ispettoria erano 4:Randazzo – S. Filippo Neri – Cibali – Alì.Nello stesso anno 1892 si aprirannoBronte – Marsala e il 29 settembre (ono-mastico di D. Rua) Mascali (noviziato).

Da Roma, in compagnia di Don Fran-cesia, si recò in Sicilia dove non era an-cora stato dopo la morte di Don Bosco.Scese a Marsala per combinare l'accetta-zione della Casa la Divina Provvidenza,accolto a festa dagli alunni dell'istituto,che gli cantarono un inno, scritto, per lacircostanza, dal prof. Gambini e musica-to dal M° Tumbarello. E vi tenne una pub-blica conferenza, alla quale accorse unpopolo immenso; e, mentre stava perpartire ed era circondato da vari signori,tra cui il suddetto prof. Gambini con duedei suoi figliuoli, voltosi a questi, prese adaccarezzare le testoline e domandò lorocome si chiamassero. Sentendo chel'uno si chiamava Michele e l'altro Luigi,esclamò pensoso: – Anch'io mi chiamo,Michele, ed aveva un fratello che si chia-mava Luigi... e siamo rimasti orfani in te-nera età!... Venite con me alla Casa degliOrfani; venite, vi terrò carissimi.

Marsala: Casa della Divina Provvidenza.

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A quel dialogo il padre dei piccini restòperplesso, e stringeva in silenzio la manoal Servo di Dio, per accomiatarsi; e DonRua: – Arrivederci! — gli disse — arrive-derci in paradiso,

Ciascun dei presenti — dichiara il can.Ignazio De Maria nella propria mentepensava: — Oh! che brutto augurio que-sto sant'uomo fa a questi fanciulli!...

Il fatto si è che il padre, dalla dimane,si ammalò e, dopo pochi giorni, colpito dauna terribile meningite, assistito da mecanonico De Maria e spesso visitato dalsuo compare e collega Polizzi Galganoprof. Antonino, rendeva l’anima a Dio, la-sciando orfani Luigi e Michele, ed altri trefiglioli».

Da Marsala, attraversando la Sicilia esostando a Caltanissetta, si portò a Cata-nia.

Ogni ceto di persone si commosse alsuo arrivo, e l'accolse come un amico ecome un padre. I piccoli catanesi gli si af-follavano attorno, come ad una vecchiaconoscenza carissima, e pareva gli di-cessero:

— Mandi, mandi chi si prenda cura dinoi !

I Salesiani avevano aperto in città unfiorente Oratorio festivo (S. Filippo Neri),e da poco tempo un Ospizio (S. France-sco di Sales). Don Rua fu ospite all’orato-rio, e rimase consolato nel veder più di400 giovani, sui 18 anni, frequentarne lescuole serali, molti altri le diurne; e da500 a 600, quasi tutti alunni delle scuolemedie ed alcuni, delle famiglie più aristo-cratiche, accorrere all'Oratorio nei giornifestivi. E subito — scrive il sac FrancescoPiccollo: «vide quante vocazioni si prepa-ravano per la nostra Pia Società, e si oc-cupò intensamente dei giovani, accettan-do parecchie funzioni religiose per loro; etrattenendosi a lungo con i migliori. E tan-ta fu l'impressione reciproca, che, anche

dopo molti anni, egli ricordava persino inomi di parecchi e questi parlavanospesso di lui, come di un santo».

La sua visita fu «una pioggia beneficaper quella casa. Tutti, in seguito, ricorda-vano i suoi saggi consigli. E fu vantaggio-sa anche per il bene generale delle Casesalesiane della Sicilia, perché, proprio al-lora, venne l'idea d’aprire una casa di for-mazione di nuovi salesiani nell'Isola. In-fatti, pochi mesi dopo, non ostante maltedifficoltà, il noviziato si potè iniziare, prov-visoriamente, a Nunziata di Mascali; edio fui ben lieto, quando, incaricato a que-sto compito, nel settembre dello stessoanno, giorno dell’onomastico di Don Rua,potei condurre con me ben 12 alunni del-l'Oratorio dei Filippini a cominciare il no-viziato. Fu allora che Don Rua, oltre allapaterna benedizione, volle inviare unabellissima statua del Sacro Cuore, cheancor si venera sull'altare della casa di S.Gregorio, dove poi si traslocò il noviziato,e vi rimase qual segno perenne dell'affet-to di Don Rua per quella casa».

Fu a visitare anche le Figlie di MariaAusiliatrice, «chi può dire — si legge nel-la cronaca dell'istituto — l'entusiasmodelle alunne, vedendo per la prima voltail nostro veneratissimo ed amatissimoPadre e Superiore Maggior Don MicheleRua?... Celebrò la S. Messa nella nostrachiesa e visitò suore e ragazze, che loaccolsero con dimostrazione di filiale af-fetto. Il giorno 16 celebrò di nuovo Mes-sa, qui alle Verginelle, e riceveva i rendi-conti, dandoci infine l’indimenticabile ad-dio».

Tra le persone distinte che vennero atrovar Don Rua – prosegue Don Piccollo– vi fu il comm. Giannetto Cavasola diPecetto Torinese, allora Prefetto della cit-tà, il quale lo invitò ad andare al palazzodella Prefettura per assistere al passag-gio del corteo trionfale di S. Agata, ricor-

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rendo in quei giorni la festa di questaSanta Patrona della città di Catania. Adaccompagnarli, oltre Don Francesia, era-vamo Don Chiesa, direttore dell'altra ca-sa, ed io.

Per assistere a tutto lo spettacolograndioso fummo condotti ad una bellis-sima balconata, dalla quale si domina tut-ta quanta la via Stesicoro-Etnea, la piùbella della città, e Don Rua, ai fianchi delPrefetto e da noi circondato, si vide in-nanzi uno spettacolo unico. La grandevia Etnea era rigurgitante di popolo; e il

corteo, cheportava laSanta, s'avvi-cinò lentamen-te, finchè giun-se quasi sottoai suoi occhi.Quando sentìquel tradizio-nale grido chesi ripete da

quasi mille anni: Cittadini, viva Sant'Aga-ta, accompagnato dallo sventolio di mi-gliaia di fazzoletti: quando vide le lacrimedelle pie devote, il fervore di tutta quel-l'immensa popolazione che non vivevaallora che per la sua Santa concittadina,e, più ora, quando si appressò il carrotrionfale, tutto d'argento, pesante, enor-me, trascinato da ben 200 devoti, vestitidi bianco camice: e vide l'Urna sacra con-tenente il busto bellissimo della grandeMartire, che, sorridente, pareva corri-spondesse all'entusiasmo che arrivava incerti momenti a toccare il delirio e ripe-tesse col magnifico e regale sorriso delsuo volto: — Per me Civitas Catanen-sium sublimatur a Christo! (come la Chie-sa dice nel suo ufficio), si commosse visi-bilmente; si vide qualche lacrima spuntar-gli sul ciglio, ed egli pure, partecipe diquella gioia universale, non faceva cheesclamare: – Oh che bello spettacolo!Che fede!... Pare che S. Agata riviva inmezzo ai suoi concittadini! Si, viva S.

Catania: Ospizio salesiano “S. Francesco di Sales”.

Don F. Piccollo.

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Agata!... Alcuni dicono che in questospettacolo v'è dell'esagerato e del meri-dionale. Ma non scorgo altro che fede,pietà ed entusiasmo lodevole! E un fiumedi gioia santa, che inonda Catania!

E così, senza che ne fosse consape-vole, si accordava col pensiero e colleparole, che nell'ufficio della solennità, laChiesa mette sulle labbra della Santa:Fluminis impetus letificat civitatem Dei!(nell'ufficio del Trasporto e ritorno dellereliquie; di S. Agata a Catania). E, proprioin quei momenti, incaricava Don France-sia di scrivere un fascicolo delle LettureCattoliche sulla vita e sulle feste di S.Agata».

Il direttore del nuovo ospizio da pocoaveva radunati in particolare conferenzatutti i, Cooperatori Catanesi, ed il Servo diDio volle egualmente parlare ad essi, ladomenica 14 febbraio, nella chiesa di S.Filippo Neri; e Don Luigi della Marra, del-l'Ordine di S. Benedetto, segretario delCard. Arcivescovo, ce ne ha lasciato il re-soconto nel periodico La Campana: «Fuil medesimo Successore del venerandoDon Bosco, il Sac. Michele Rua, che que-sta volta rivolse la sua tanto desiderataparola ai Cooperatori Salesiani Catanesi,che in numero consolante e straordinarioaccorsero per vedere ed udire un tant'uo-mo.

» Non è facile descrivere l'impressio-ne che destò in tutti la presenza di questoprimogenito e successore del Vincenzode' Paoli del nostro secolo. Scarno in vi-so, ma pur dolce come il suo S. France-sco di Sales, nel portamento e nel piissi-mo tratto immagine viva di Bosco che loha formato, egli parlò per circa un'ora, macon parola semplice, insinuante e tuttaspirante carità e dolcezza.

» Ricordò, come in riassunto, le prin-cipali “imprese” compiute dalla SocietàSalesiana nello scorso anno, i ristauri

cioè del Santuario di Maria SS. Ausiliatri-ce terminati per l'occasione del giubileodelle Opere Salesiane, l'Ospizio del S.Cuore di Gesù in Roma quasi condotto atermine, e le iniziate missioni di Africa e diPalestina, che già promettono un'abbon-dante messe per la salute delle anime inquei paesi.

» Parlò inoltre di Catania; del beneche si fa alla gioventù coll'Oratorio festivodi S. Filippo Neri; accennò alle grandisperanze che in pro della povera gioven-tù ha diritto di concepire la nostra città colnuovo Ospizio già cominciato, e che sidesidera presto condotto a compimento,e si raccomandò colle più efficaci e per-suasive parole alla carità dei Cooperato-ri.

» Concluse poi col dimostrare i grandipremi e vantaggi con cui Dio premia le.persone benefiche; i quali premi e van-taggi, se qui in terra sono in proporzionedel cento per uno, sono però molto mag-giori, anzi infiniti, nella vita futura, giustale promesse del Divin Salvatore.

» Sua Eminenza il Cardinal Dusmet,veneratissimo Arcivescovo di Catania egrande amico de' Salesiani, volle presie-dere a tutte e due le pie adunanze, e do-po i conferenzieri con nobilissimi ed in-spirati accenti approvò quanto si era det-to, aggiungendo alle parole di Don Chie-sa, che la nuova Casa deve ripetere ilsuo incremento dalla generosa carità deiCooperatori Catanesi, ed a quelle di DonRua, che l'opera del Salesiano è destina-ta a salvare il mondo, a portare vita doveè la morte spirituale, la luce dove son letenebre dell'ignoranza, il bene dove re-gna l'opera del male; e terminò ambeduele volte coll'invocare le divine benedizionisopra la pia e devota adunanza».

Di quei giorni cadeva ammalata, peremorragia cerebrale, la Baronessa Fran-cica Nava di Bontifè, madre del Nunzio

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Apostolico, che Don Rua aveva tanto af-fettuosamente ricordato a Liegi.

«Questa nobile signora, tanto insigneper la pietà, quanto ammirata per la cari-tà — narra Don Francesco Piccollo –considerata come la madre di tutti i pove-ri e infelici della città. Dalle sue benefi-cenze non eravamo esclusi noi Salesiani,che eravamo a due passi dal suo palaz-zo, anzi, si può dire, che eravamo i prefe-riti. Colpita, da malattia mortale, mentre ilfiglio si trovava lontano in qualità di Nun-zio Apostolico nel Belgio, la famiglia sitrovò nella massima costernazione; DonRua fu invitato ad andare a benedirla, ac-cettò ben volentieri, e si recò da lei, ac-compagnato da me e da qualche altroconfratello. La poveretta stava immobilesul letto, possiam dire, di morte; noncomprendeva più nulla, e il male era sìgrave, che poca speranza rimaneva diguarigione. Don Rua, alle lagrime dei pa-renti, la benedisse, pregò per lei, e con-fortò tutti a sperare. Dio esaudì la pre-ghiera del suo Servo: nella notte stessacominciò a riaversi e poi a migliorare,tanto che in tempo così breve, quale nonsi sarebbe potuto sperare, si alzò com-pletamente risanata», e visse, sebbenedi età avanzata, ancora parecchio.

Il Servo di Dio visitò tutte le case sale-siane e quelle delle Figlie di Maria Ausi-liatrice, dell'Isola, e fu a Trecastagni, aBronte, a Randazzo, a Mascali, ad Aci-reale, ad Ali Marina, suscitando ovunquefestose manifestazioni, anche tra i Coo-peratori.

Ad Ali Marina appena si seppe chedoveva giungere, si raccolsero allo scalodella ferrovia tutti i giovinetti dell’Oratorioe l'accompagnarono alla casa, e con innie canti gli dimostrarono il loro affetto cosìcordialmente, che ne fu assai impressio-nato. Anche quando partì, accorsero inmassa alla stazione e con la mestizia,

che avevan dipinta sul volto, disserochiaramente il fascino che aveva eserci-tato su loro.

Nel 1892 — ricorda Suor Maria Genta— «mi trovavo in Sicilia, nel collegio del-l'Immacolata in Mascali Nunziata edavendo in poco tempo perduta la mia po-vera mamma, la quale lasciava un unicofiglio e due figlie ancor molto giovani affi-date a mio padre, rimasi profondamenteafflitta, temendo soprattutto per l'avveniredelle mie sorelle. Intanto il reverendissi-mo signor Don Rua venne a visitare quel-la casa ed io gli domandai una benedizio-ne per la mia famiglia. Ed egli mi dissequeste precise parole: – Scrivete a vostropadre, che vi è un posto anche per lui inCongregazione. A me pareva una cosaimpossibile, conoscendo le abitudini dimio papà e le condizioni della famiglia;ma dopo sette anni la profezia si avvera-va; le mie sorelle sono tutte e due suore,e mio padre entrò tra i Salesiani, e vi re-stò contento molti anni, dal 1894 sino al-la morte».

Quando fu di passaggio a Caltanisset-ta, dal Sac. Alfonso Palermo, Rettore del-la Chiesa di San Sebastiano e Prefettodei Chierici, gli vennero presentati questiin sacrestia. «Noi a quella vista – ricordauno dei presenti, il can. Michele Gerbino— restammo edificati; ci sembrò un san-to, e ci parlò di santificazione. Ed appenafu per accomiatarsi, tutti cominciarono abaciargli la mano; e quando toccò a metale fortuna, il prefetto Palermo gli si fè adire: Don Rua; veda questo chierico equest’altro (il chierico Giuseppe Polizzi),stamane smetteranno l'abitò talare e an-dranno a consegnarsi al distretto per in-dossare la divisa militare; già sono stativisitati e dichiarati abili.

» E Don Rua, con quella sua sempli-cità e come se fosse una cosa da nulla,rispose: No, uno di costoro stamane non

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metterà la divisa militare.» — Come? si fè a dire il prefetto Pa-

lermo; già sono stati dichiarati abili, e an-dranno a fare il servizio.

E Don Rua di nuovo: — No! Ce ne an-drà soltanto uno!» A quelle parole, detteda un santo, io e l’altro chierico, ora puresacerdote, ci mettemmo in pensiero, e cidomandavamo a vicenda, in modo chesentisse anche Don Rua, chi dei due sa-rebbe stato esentato; ma egli non diedepiù risposta.

» Intanto la mattina andai a conse-gnarmi al distretto, e mentre stavo lì peressere l'ultima volta visitato ed indossarela divisa militare, per ispirazione di MariaAusiliatrice mi venne in mente di presen-tarmi al tenente di matricola signor Gen-nacci e gli esposi il caso, se mai un miofratello potesse surrogarmi nel serviziomilitare. Il tenente accettò di buon gradola mia proposta e mi disse: – Vada prestoa chiamare suo fratello, ché lo faremo vi-sitare. – Infatti io e mio fratello lo stessogiorno fummo visitati, e fu accettata lasurrogazione.

» Ripresi l'abito chiericale e mio fratel-lo, dopo pochi giorni, partì per Vicenza,ove, arrivato, fu dal medico dichiaratonon idoneo: quindi tornò a casa, ed io fuinuovamente chiamato al distretto perpartir subito. Pensai di far presentare unaltro fratello per la surrogazione, e, men-tre questi veniva visitato, il capitano me-dico mi diceva: Se quest’altro fratello sa-rà dichiarato inabile, ne tiene forse ancorqualche altro per surrogarlo? Risposi: Si,ne ho ancor un altro.

Ma il secondo fratello venne dichiara-to abile, e si scrisse al Ministero per l'ac-cettazione della surrogazione.

Nel frattempo, io non poteva essere li-cenziato, e da dodici giorni me ne stavoal distretto in aspettativa, quando il te-nente Gennacci, tutt’ansante, mi chiama,

e mi consegna la lettera di un certo Poli,che aveva fatto ricorso al Ministero, di-cendo che io aveva corrotto gli impiegatie il colonello, per sottrarmi al servizio mi-litare. Ma il colonello rispose al ministeroche tutto ciò era falso.

» Un altro giorno si presentò a me ilcapitano del distretto a bruciapelo mi di-ce: — Che cosa fa lei qui? — Rispondo:Attendo il permesso dal Ministero, per fa-re la surrogazione un mio fratello. — E al-lora indossate la divisa militare andate afare servizio in compagnia! — e chiama ilfuriere Ponzoni, fa portar tutta la roba e lozaino, e mi ordina di vestirmi da soldato edi andare a raggiungere la compagniache si trovava all'istruzione in piazza d'ar-mi.

» Partito il capitano, il furiere mi consi-gliò di esporre il caso al capitano dellamaggiorità, il quale, senz'altro, ordinò diandarmene in cortile. E la dimane, appe-na il capitano della compagnia si accorseche non avevo ancor indossato l'abito mi-litare, montato sulle furie, chiamò il furie-re e gli impose di mettermi in prigione; eil furiere di nuovo mi consigliò di recarmidal capitano della maggiorità, che mi pre-sentò al colonnello, cui esposi il mio ca-so.

» E il colonnello, seccato, disse: – Co-municate al capitano della compagniache al soldato Gerbino non spetta vestirela divisa militare, perché è a disposizionedel Ministero,

» E dopo tre giorni giunse dal Ministe-ro il permesso, e così fu accettata la sur-rogazione con l'altro mio fratello, verifi-candosi tutto quanto aveva predetto DonRua...».

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DUE INEDITI DI DON RUA

Quasi pronti di andare in stampa, ciarriva, anonima, una gradita sorpresa.Lascio a voi giudicare. Ci limitiamo apubblicarla, felici che l’anonimo corri-spondente abbia scelto la nostra rivistaper far conoscere la sua scoperta.

La Redazione

Certamente non avrò l’onore che unpoeta mi dedichi una poesia come feceil Leopardi per il Cardinale Angelo Mai,del resto questi aveva scoperto coseben più importanti di me, né mi arrive-rà un titolo cardinalizio. Ma per noi Sa-lesiani e proprio in questo momento,centenario di Don Rua, trovare due let-tere “inedite” del Beato indirizzate adun salesiano di Sicilia se non è dellastessa importanza delle cose scopertedal Cardinale, poco ci manca. Rovistaretra i libri è sempre utile: s’impara e sipossono fare delle scoperte interessan-ti. Le due lettere sono indirizzate a D.Francesco Savini, che si trovava nellacasa del S. Filippo Neri di Catania. L’unaè del 1893 e l’altra del 1897. Tutte duevengono da Torino.

La prima pagina delle due letterehanno una forma standard, preparata,molto probabilmente, vivente D. Boscoperché vi si dice che il pensiero scritto-vi è di “sua mano” di D. Bosco. Basta-va aggiungere data e destinatario. Ilretro sono le vere lettere. Si riferisconoa domande del Savini o ad esortazioni.

Chi era il Savini?

1 – L’accenno che si fa, nella lettera del 1897, agli artigianelli certamente riguarda i ragazzi dell’Ora-torio “Leone XIII”. D. Savini appartenente alla comunità del S. Filippo Neri, che non aveva artigianel-li, era incaricato dell’ Oratorio “Leone XIII” della Madonna della Salette.

Sac. SAVINI Francesconato a Cergnago (Pavia) il 2

maggio 1858; prof. a Torino Valdoc-co il 13 settembre 1878; sac. a Ve-nezia il 18 dicembre 1886; † a Mes-sina-S. Luigi il 5 novembre 1933.Sepolto a Messina.

Dopo il noviziato e la prima pro-fessione a Valdocco, fu a Borgo S.Martino e due anni a Penango. Stu-diò teologia a Valsalice e a Este.Dopo due anni di Faenza, alla finedel 1889 lo troviamo a Catania-S.Filippo Neri. Ancora un anno a Ran-dazzo e un altro al S. Francesco diSales. Nel 1892 ritornò al S. FilippoNeri e fu incaricato dell’oratorio fe-stivo femminile S. Rosalia. In queglianni i Salesiani avevano aperto unoratorio festivo alla Salette, deno-minato “Leone XIII”. Don Savini dal1894 al 1901 ne fu l’anima e il di-rettore meritandosi la gratitudine ela stima di centinaia e centinaia difigli del popolo oggetto delle suepaterne cure1. Fu anche direttore aCatania-S. Filippo Neri dal 1902 al1905 e a Marsala negli anni 1905-1908 e poi a Borgia per un anno.Dopo un anno a S. Gregorio e uno aMonteleone (Vibo Valentia) trascor-se cinque anni a Bova Marina. Gliultimi anni li passò tra Randazzo eMessina-S. Luigi. Quivi morì.

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Lettera di Don Michele Rua a Don Savini Francesco del 1893

(trascrizione)

Torino il 28 – 8 – 93

Carissimo D. Savini a Catania.Ti ringrazio della gradita tua lettera e penso farti una risposta di tuo gusto col mandar-

ti un bel pensiero del nostro amatissimo D. Bosco scritto di sua mano:Dio detesta il peccato e chi lo commette; ma la sua misericordia è senza limite.

Sac. Gio. Bosco

Gradisci i miei cordiali saluti e prega il Signore pel tuo aff.mo in G. e M.

Sac. Michele Rua

(retro)

P.S. Dalla tua carissima rilevo con piacere la buona volontà che hai di servire con tut-to l’impegno possibile il buon Dio facendo, ove occorra, di buon grado sacrifizio della tuavolontà per seguire quella dei santi divini precetti, e degli evangelici consigli.

Sii sempre contento nel fare il bene e riporta spesso belle vittorie sopra te medesimo,che verran scritte a caratteri d’oro nel libro della vita e ti saran generosamente premiatein cielo.

Sono molto contento che anche costì possiate diffondere la bella divozione a Maria SS.e che si trovino dei bravi cooperatori che vi offrano i mezzi per rendere sempre più splen-dido il suo culto e più diffusa la sua divozione, questo ci prova sempre di più che Maria cifa da buona madre; procuriamo di esserle figli divoti.

Salutami tutti i ca(rissi)mi conf(rate)lli. Ti unisco il ricordo di D. Bosco che mi hai do-mandato.

Lettera di Don Michele Rua a Don Savini Francesco del 1897

(trascrizione)

Torino il 8 – 7 – 97

Carissimo D. Savini in Catania.Ti ringrazio della gradita tua lettera e penso farti una risposta di tuo gusto col mandar-

ti un bel pensiero del nostro amatissimo D. Bosco scritto di sua mano:Chi protegge gli orfanelli sarà benedetto da Dio nei pericoli della vita e protetto da Ma-

ria in morte.Sac. Gio. Bosco

Gradisci i miei cordiali saluti e prega il Signore pel tuo aff.mo in G. e M.

Sac. Michele Rua

(retro)

P.S. ho ricevuto la gradita tua del 26/6 e mi rallegrano le notizie che mi dai intorno aituoi cari artigianelli: coltivali bene e troverai de’ bei cuori compresi di molta riconoscenzae capaci a divenire ottimi Salesiani, ci vuole solo carità, pazienza, zelo prudente nei supe-riori che ne hanno la cura immediata.

Quanto a tuo nipotino ho rimesso la tua dimanda al nostro caro Direttore D. Farina nonsenza accompagnarla con raccomandazione.

Sta allegro e prega per me.Ti spedisco contemporaneamente un libretto di privilegi ed indulgenze a noi concesse,

secondo la dimanda che me ne fai.

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Continuiamo il nostro flashback sul-le orme di Don Rua. Dopo il primo esecondo ecco il terzo viaggio: Febbra-io-Aprile 1900.

Fu il viaggio trionfale di Don Ruaper tutta la Sicilia.

L’attraversò per ben due volte neltempo di quasi due mesi (dalla fine diFebbraio sino alla metà di Aprile del1900). Era accompagnato dal Segreta-rio D. Rinetti.

Proveniente da Torino e da Roma,da Napoli attraverso la Calabria giungea Messina, Alì (27 Febbr.), Catania (2Marzo), S. Gregorio (5), S. GiovanniLa Punta, Valverde, Pedara, Trecasta-gni, Nicolosi, Bronte, Randazzo, Ma-scali-Nunziata, Vizzini, Catania, Sira-cusa (18-19), Palermo (20), Marsala,Tunisi, La Marsa, Manouba (30). Ritor-no: Marsala (1 aprile), Palermo (4),Agrigento, Gela, Ragusa, Modica (8aprile), Siracusa, Catania, S. Gregorio(12 Aprile Giovedì Santo), Barcellona,Messina, Reggio C.

Nel momento della visita – Febbra-io – le case dell’Ispettoria erano 10:Randazzo (1879) – S. F. Neri (1885) –Cibali (1891) – Alì (1891) – Bronte(1892) – S. Gregorio (1893) – S. Luigi(1893) – Pedara (1897) – Terranova(1897) – Bova Marina (1899).

Il secondo volume di D. Amadei netratta per 26 pagine pp. 567-592.

A Villa S. Giovanni un industriale l’invitò avisitare il suo setificio, e gli fè così cara com-pagnia che, giunti alla banchina, il bastimen-to era già in moto. Il capitano del porto, sen-tendo che doveva partire anche il Superioredei Salesiani, dato fiato alla tromba, lo fermò;e, salendo su di una barchetta, egli potè rag-giungerlo e in poco più di mezz’ora giungevaa Messina.

L’ispettore DonMonateri1 con variconfratelli, le rap-presentanze degliOratori e numerosisignori e signorel’attendevano allosbarco. La marche-sa Caterina ScoppaLoffredo di Cassibi-le mise a sua dispo-sizione la vettura, e

CENTENARIO DELLA MORTE DI DON RUA

a cura di Don Salvatore Spitale

1 – Don Giuseppe MONATERI di Crescentino(VC) 03.03.1847 a 51 anni fu fatto Ispettoredella Sicilia dal 1898 – 1901. Nel 1901, per mo-tivi di salute, fu sostituito nella carica da DonFrancesco Piccolo. Si spense nel 1914.

Don G. Monateri.

IIIIII vviiaaggggiioo 11990000

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nel breve soggiorno, oltre l’Istituto S. LuigiGonzaga, visitò i tre Oratori festivi, due ma-schili e uno femminile, che con grande con-solazione trovò assai ben avviati e pieni digiovani. Nè mancò d’ossequiare i principalibenefattori e di sbrigare la molteplice corri-spondenza.

L’Arcivescovo Mons. Letterio d’Arrigol’accolse con santa affabilità, e gli alunni glifecero le feste più cordiali; ed anche gli ester-ni, vedendolo passare in cortile, gli si affolla-no intorno affettuosamente, ed egli ripete lo-ro le più semplici e care raccomandazioni.

L’ispettore Don Monateri, annunziando aidirettori la visita del Servo di Dio, aveva proi-bito di far pubbliche feste al suo passaggio li-mitandole all’intimità delle case, invitato, noicrediamo, dallo stesso Servo di Dio; ma il di-vieto non giovò a nulla, chè subito si rinnova-rono, con entusiasmo indescrivibile, le festo-se accoglienze d’intere popolazioni, comenella Spagna.

A Messina restò tre giorni. La domenica,fu un giorno di lavoro continuo, che si chiusecon un bel trattenimento, al quale intervenne-ro molti cooperatori. Il lunedì: celebrò la S.Messa nella cappella delle Figlie di MariaAusiliatrice, e vi presero parte anche le giovi-nette da loro educate con un bel numero dicooperatrici che desideravano ed ebberouna predica, o meglio una conferenza, dalServo di Dio.

Il 27 era ad Ali Marina, accolto in trionfo.L’attendevano alla stazione una larga rappre-sentanza del Municipio e dei principali signo-ri della città, la Compagnia di S. Giuseppe,col suo vessillo, e tutto il collegio delle Figliedi Maria Ausiliatrice, e la musica cittadina,che l’accompagnarono nella sala maggioredell’Oratorio salesiano dove si svolse un rice-vimento affettuosissimo.

Il confratello Don Alberto Bielli2, che diri-geva l’Oratorio maschile, ci dà questi partico-lari: «Tenuto al corrente del buon andamentoe dei consolanti frutti che si raccoglievano –

per soddisfare adun suo ardentissimodesiderio che perme era un comando– egli, il sig. DonRua, sempre ne di-mostrò particolaregradimento; paternasollecitudine, e stoper dire, predilezio-ne, e ciò non solo aparole, ma con i fat-ti. In occasione del-

la sua venuta ad Ali, i giovanetti ed anche gliadulti che assiduamente frequentavanol’Oratorio; si recarono in corteo alla stazioneferroviaria con la propria bandiera spiegata,per dargli il benvenuto. Sceso egli dal treno,si trovò in mezzo a noi; ci diede il paterno sa-luto e ci impartì la benedizione di Maria SS.Ausiliatrice. Permise poscia di essere ac-compagnato processionalmente sino alla Ca-sa Salesiana, ove giunto, ci accomiatò conun cordiale arrivederci. Infatti la sera stessaci volle radunati nell’Oratorio, si fece portarela Bandiera, e, lettovi sopra “Fede e Lavoro”l’una e l’altro spiegò con un’interessantissi-ma conferenza che lasciò in tutti profondissi-ma, salutare impressione. Distribuì quindi aciascuno dei presenti una medaglia per ricor-do, e li incoraggiò ad essere costanti nellafrequenza, all’Oratorio, promettendo a tuttiuna sua preghiera speciale. Quella visita la-sciò in tutta Ali incancellabile memoria di DonRua, il cui nome fu sempre in benedizione».

Si recò a visitarlo la Marchese di Cassibi-le, la quale, desiderando dare un ricordo delServo di Dio ai suoi cappellani e ad altri piiecclesiastici, aveva portato con sè parecchizucchetti per farli anche momentaneamenteusare dal buon Padre, e poi mandarli loro indono. «Si raccomandò a me – scrive Don Ri-netti – perché vedessi di far pago il suo desi-derio. Che fare? Tolsi al sig. Don Rua il suozucchetto, e, con l’intervallo di pochi minuti,

2 – Don Alberto BIELLI di Torino. Dal 1896 al 1901 fu direttore dell’Oratorio di Alì. Morì a S. Grego-rio nel 1922.

Don A. Bielli.

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gli sostituii l’un dopo l’altro i sei datimi dallamarchesa. Don Rua dapprima credeva chegli volessi spolverare il suo, poi, accortosi delgiuoco, mi chiamò all’ordine. Pregato più vol-te di accontentare la pia signora, si arrese,vedendo che la cosa era al tutto innocente.La marchesa diede, riconoscente, un’offertaa favore dell’istituto delle Figlie di Maria Ausi-liatrice». Quest’istituto – notava Don Rinetti –pare al sicuro dall’infuriare delle onde delmare, ma in quest’anno fu visitato due voltee con qualche danno. La prima volta l’acqueguastarono il muro della lavanderia che è piùvicino alla spiaggia e copersero il terrazzosoprastante, la seconda attraversarono ilcortile ed entrarono in cucina e fin nelle pen-tole.

Il 28 febbraio si pose la prima pietra dellanuova cappella delle suore di Ali, che la mar-chesa di Cassibile avrebbe fabbricato a suespese. Terminata la cerimonia Don Rua spie-gò in modo facile e chiaro il significato dellafunzione compiuta. Disse del sublime e divi-no significato della pietra angolare, e ricor-dando la visione di Giacobbe mostrò che laChiesa è scala dalla terra al cielo e la pietraangolare fonte di salute temporale ed eterna,che attorno alla Chiesa si affollano i popoliper imparare la religione e la civiltà, che daEssa abbiam la fede, il timor di Dio, la caritàper il prossimo; e che la chiesa che si edifi-cherà sarà di bene grande all’istituto, alla cit-tà, alla Sicilia, e da essa partiranno cuori ge-nerosi a portare la luce del Vangelo nelleMissioni.

Il 2 marzo scendeva a Catania. L’attende-vano alla stazione i superiori delle case diCatania e di Pedara, i chierici di S. Gregorio,e numerosi cooperatori.

Il 4 insieme con l’E.mo Card. FrancicaNava assistè ad un’accademia musico-lette-raria in onore di Papa Leone XIII, ricorrendoil XXII anniversario della sua lncoronazione.

Al discorso uf-ficiale seguiro-no vari com-ponimenti eun bimbo del-l’Oratorio Leo-ne XIII3, vol-gendo un sa-luto al Servodi Dio a nomedi tutti i com-pagni, dicevache se il lorodirettore4 era illoro padreamato, egliera il loro non-no amatiss-

imo; e il Servo di Dio accettò, con grandecompiacenza, il nuovo titolo.

Il 5 si recò alla casa di formazione in S.Gregorio. Aspettato da ben otto anni dai cariconfratelli, desideratissimo dai buoni noviziche mai l’avevano veduto, sospirato da tutti ibuoni popolani – scrive Don Rinetti – ebbetale accoglienza che migliore non la potrebbedesiderare un sovrano. Ad un chilometro cir-ca di distanza dal centro del paese, sorgevaun bell’arco trionfale, e la via era tutta coper-ta di fiori; i nostri chierici ed i bambini degliOratori festivi schierati facevano a gara a chipel primo poteva avvicinarsi a dargli il benve-nuto. Vennero ad incontrarlo parecchie So-cietà di S. Gregorio e dei vicini paesi colle lo-ro bandiere, ilR.mo Vicario di San Gregoriocon tutto il suo clero, il Sindaco colla sciarpaa tracollo, parecchi Consiglieri e poi tutto ilpopolo che si assiepava intorno gridando edacclamando al sig. Don Rua, il quale scesodalla vettura ringraziava tutti profondamentecommosso. Appena salutati i rappresentantidel paese, la musica del nostro Oratorio festi-vo di S. Gregorio suonò la sua più bella mar-

3 – L’ Oratorio “Leone XIII” era stato inaugurato dal Cardinale Arcivescovo di Catania Giuseppe Du-smet il 19/03/1893 presso la chiesa di S. M. della Salette. Responsabile ne era Don Emmanuele Dom-pè dal S. Filippo Neri.4 – Vedi nota 3.

Card. F. Nava.

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cia e Don Rua si avanzava sotto una fittapioggia di fiori che continuò fino alla Casa; egli furon presentati palme eleganti e ricchissi-mi mazzi di fiori fra lo sparo dei mortaretti edil suono festivo di tutte le campane. Passatol’ultimo e più ricco arco di trionfo vicino al no-stro noviziato, tutta la folla gli tenne dietro findentro l’istituto per assistere al ricevimento incasa, ove tutto risuonava di canti della più vi-va gioia, tutto era messo a festa con feston-cini, bandiere, iscrizioni.

Una festa sì bella trova solo riscontro inquelle che facevano al nostro caro PadreDon Bosco nel dì suo onomastico all’Oratoriodi Valdocco, o quando vi ritornava dopo lun-ghi mesi di assenza.

Terminato il caro trattenimento, a cui pre-sero parte autorità ecclesiastiche e civili emolta parte della popolazione il sig. Don Ruavivamente commosso ringraziò tutti i presen-ti promettendo di ricordarli nella S. Messa; dipiù li invitò a sentire la sua Messa in parroc-chia pel giorno 8, in cui avrebbe avuto luogola vestizione di parecchi dei novizi. Si chiamòcontento di trovarsi in mezzo a tanti buoniamici, assicurandoli che vi si sarebbe ferma-to più che altrove e che partendo vi avrebbelasciato, se non tutto, certo gran parte delsuo cuore e li avrebbe sempre ricordati nellesue orazioni. Rivolse a Don Bosco le lodi alui attribuite e ringraziò i buoni abitanti di S.Gregorio per l’affetto che nutrono pei figli diDon Bosco.

Don Piccollo diceva la relazione di DonRinetti inferiore al vero. Ad. es.: gli archi trion-fali, eretti all’ingresso di San Gregorio eranoquattro e non due; al “ricevimento” poi del no-stro buon padre erano accorse in numerostraordinario anche persone dai paesi vicini.Sembrava in quei giorni che fosse venuto inquei luoghi il Messia. Quando Don Rua usci-va a far visite o per altre ragioni, la genteusciva di casa, si assiepava attorno a lui perbaciargli la mano, parlargli; le madri gli pre-sentavano i loro bambini perché li benedices-

se, e queste scene si ripetevano dappertutto,anche a S. Giovanni la Punta, a Valverde, aPedara, ad Acireale.

«Un’altra cosa da constatare si fu la sor-presa provata da Don Rua nel vedere lo svi-luppo di quella casa. Cinque anni prima astento aveva concesso l’apertura di quellacasa di noviziato (che fu il primo in Italia do-po quello di Foglizzo), era ben lontano dalpensare un incremento simile. Ora invecevedeva una casa linda, abitata da 100 chieri-ci tra novizi e studenti di filosofia, vedeva l’at-tività spiegata da questi chierici in tre oratorifestivi5, vide una banda musicale sostenutadai giovani del paese, vide il paese di S. Gre-gorio affezionato ai salesiani in modo da for-mare quasi una stessa famiglia; ed al consta-tare tutto ciò Don Rua era pieno di soddisfa-zione e non si accontentò di rimanervi parec-chi giorni, ma vi volle ritornare il giovedì san-to per compiere la cerimonia della lavandadei piedi».

Allora – prosegue Don Piccollo – era sin-daco di S. Gregorio il cav. Raimondo di Bel-la, uomo di pietà e virtù eccezionale, padredei poveri e vero protettore dei Salesiani. Egliera stato l’organizzatore di quel ricevimento,che non fu più dimenticato in quel paese. Ilgiorno dopo la venuta di Don Rua a S. Gre-gorio, egli lo volle a pranzo a casa sua, ed èincredibile ciò che fece in quella circostanza.Fece venire i paratori da Catania ed addob-bò la casa come una chiesa, anche il pranzolo fece venire da un grande hotel di Catania,come pure le stoviglie, di gran prezzo. E nonsapeva, oserei dire, contenere la gioia cheprovava per avere Don Rua suo ospite.

Don Rua era un po’ dolente per quellespese che riteneva esagerate, e non mancòbellamente di fargli qualche osservazione;ma il cavaliere, in ciò vero impenitente, ri-spondeva che per un uomo come Don Ruaciò che aveva fatto e che faceva era cosaben meschina. Dopo il pranzo egli colla fami-glia si alzò e, inginocchiatisi, tutti vollero la

5 – Oratorio di S. Gregorio direttore Don Antonino URSO, Oratorio di S. Giovanni La Punta direttoreDon Argeo MANCINI. Non ho trovato traccia del terzo Oratorio.

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benedizione del venerato nostro padre, dopola quale porse a Don Rua una busta conte-nente un’offerta molto generosa.

Da quel giorno il cav. di Bella ebbe perDon Rua una venerazione senza limiti, nongli si poteva parlare di altre persone in famadi santità senza che egli dicesse subito:

– Saranno questi dei santi, ma sono stel-le; invece Don Rua è un sole! – E non trala-sciò mai in seguito, ogni anno, e più volte al-l’anno, d’inviare ottime offerte, anzi qualchevolta in casi di stretto bisogno Don Rua ricor-reva a lui, ed egli non mancava mai all’appel-lo e mandava generosamente e volentieri.

Dio non mancò di premiare questa caritàe questa fede che aveva nel Successore diDon Bosco. Qualche anno dopo, colpito dapolmonite doppia, era giunto agli estremi.Rassegnato, sì raccomandava a noi di pre-gare non per la guarigione, sebbene per farsolo la volontà di Dio. Volle però telegrafarea Don Rua chiedendo preghiere e la benedi-zione. La risposta telegrafica in cui Don Ruabenediceva e prometteva le sue preghierevenne con molta sollecitudine, e in quel mo-mento stesso che si ricevette il telegramma,il cavaliere si senti migliorare, si operò in luiuna crisi benefica e poche ore dopo era fuo-ri pericolo: ed egli tutto lieto, mostrava il tele-gramma esclamando: “Ecco, Don Rua mi haguarito!” Va notato che il cavaliere di Bellaaveva già 70 anni, e che questa era già laquarta polmonite di cui riusciva a salvarsi»

Nel secondo giorno dopo l’arrivo a S.Gregorio, – ancora Don Michele Currò6 – ac-compagnato al direttore Don Francesco Pic-collo e da altri superiori, il Servo di Dio visitògli studenti e gli ascritti nella sala di studio.Sedutosi al posto dell’assistente, dopo brevepausa disse: “Oggi desidero esaminare i mieicari figlioli della Casa del Sacro Cuore di Ge-sù”.

Queste parole sorpresero la maggior par-te, ancor più chè non era l’epoca degli esami.E Don Rua, dirigendosi ad un novizio, disse:“Dimmi, mio caro, qual era l’argomento dellameditazione di questa mattina?...” E poi adun altro: “Qual era il primo punto?...”; e viavia, così, sino a domandare quale era il fio-retto.

Alcuni risposero bene, altri no. Allora egliconcluse: “Mi rincresce molto di non poteredare dieci a tutti quelli che ho interrogato inquesta materia, che è la più importante per ilSalesiano. Detto questo, egli fece il riassun-to della meditazione del giorno, che servì co-me conferenza al personale della casa.

Per molti giorni nelle conversazioni si par-lò di questa scena, deducendo la conclusio-ne che Don Rua volle inculcare la necessitàdi metter come base della vita salesiana lapietà”.

Don Rinetti rilevava sine fine le festoseaccoglienze che si facevano al Servo di Dio.Quanto è amato – scriveva fin d’allora –quanto desiderato da tutti! C’è da piangere diconsolazione al vedere quanto è caro a tuttiil Successore di Don Bosco! La sua visita inquest’isola, che ha caldo il suolo e caldissimoil petto de’ suoi abitanti, è una vera missione,che apporterà certo i suoi benefici frutti, nonsolo ai buoni siciliani, ma ai confratelli pre-

senti e a quelli cheverranno qui a lavo-rare, se saprannoimitare gli esempidel nostro superio-re.

L’entusiasmocrescit eundo! DonCamuto7, che fupresente alle solen-nissime accoglienzeche il sig. Don Rua

6 – Don Michele CURRÒ nato a Castiglione di Sicilia il 10 ottobre 1871; durante la visita era a S. Gre-gorio chierico con voti perpetui. Poco dopo (1902) partì per il Brasile dove morirà, a Campo Grande,il 2 maggio 1963.7 - Don Salvatore CAMUTO di Bronte, fece la professione nelle mani di D. Bosco nel 1884: è il secon-do siciliano salesiano.

Don S. Camuto.

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ebbe a S. Gregorio, volle superarle e acco-glierlo anche più festosamente nella sua Pe-dara. Ed oggi – 8 marzo – dopo aver passa-to qualche ora in dolorosa impazienza per ilritardo dell’arrivo, ebbe la consolazione di su-perare S. Gregorio con un più solenne ricevi-mento al nostro venerato Superiore.

Siamo giuntisul territorio diPedara verso le18,30, a nottefatta. Ad un chilo-metro dalla no-stra casa eccoapparire unostuolo di baldifanciulli con la lo-ro bella bandieraed un graziosomazzo di fioriche, fermata lavettura, sipresentano allosportello e l’offro-no al nostro su-periore, gridandoall’unissono: Vi-va Don Rua! ecosì continuanoper tutta la stra-da. All’ingressoin città si accen-dono razzi, sisparano bombe,suona la musica.La vettura che si avanzava adagio adagio tradue fitte ali di popolo e paggetti di onore chespargevano fiori sul passaggio, gettandonespesso sulla vettura, si deve fermare perchèi cavalli sono spaventati e più non vogliono ti-rare innanzi.

«Sceso dalla carrozza, – così la Luce diCatania8 – fu, direi, quasi trasportato daun’onda impetuosa. I reali carabinieri col fun-zionante Sindaco fecero come una specie di

quadrato per frenare l’entusiasmo di vederlo,di baciargli la mano, ma era inutile; tutti vole-vano mirare quell’uomo venerando che giu-stamente vien chiamato, come il suo ante-cessore, padre del popolo. Tutta la via princi-pale era illuminata e i balconi rivestiti di drap-pi e di ghirlande, portanti nel mezzo il ritratto

di Don Bosco edi Don Rua. Perogni dove si ve-devano a carat-teri cubitali VivaD. Rua!

Si giunse fi-nalmente fra ilgetto dei fiori, losparo dei morta-retti ed il suonodella banda alcollegio, dov’erauna gran salaartisticamente il-luminata, in cuidoveva aver luo-go un’accade-mia, ma era tan-ta la moltitudine,la pressa che fa-ceva, che si giu-dicò bene tra-mandarla al gior-no seguente. Ilpopolo non sicontentò e vole-va a qualunque

costo la benedizione di Don Rua, il qualevenne nella sala ed impartì la benedizione frala commozione generale. Si vedevano i vec-chi a piangere nel mirare quella figura dolceed amabile, le madri ed i padri presentare iloro figliuoletti affinchè li benedicesse. Il gior-no dopo, per accontentare quella moltitudinecelebrò nella Matrice, ed anche i membri delMunicipio vi assisterono in corpo». E dopomessa parlò. Delineò in brevi tratti la vita e le

8 - Giornale locale.

L’istituto salesiano di Pedara.

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Centenario 1910-2010 Viaggi di Don Rua in Sicilia 19

opere di Don Bosco e fece pendere tutti en-tusiasti dal suo labbro per più di mezz’ora,senza che si sentisse una mosca a volare.Oh! come la sua parola scende al cuore epenetra le più intime fibre dell’animo...

La sera del medesimo giorno si tennel’accademia. Nulla si può immaginare di piùattraente ed affettuoso. Il modesto e pio DonRua sedeva su alto seggio e facendo sfiora-re dalle sue labbra un sorriso guardava tutticon occhio di padre amorevole. In fine nes-suno voleva moversi dalla sala per uscire;tant’è il fascino che esercita quest’uomo me-raviglioso sugli animi. Tutti indistintamentevollero baciargli la mano e ricevere da lui labenedizione; e si partirono così col cuore ri-pieno di un’ineffabile gioia.

Da Pedara si recò a visitare le Figlie diMaria Ausiliatrice a Trecastagni, dove aveva-no assunto la direzione di un Conservatorio,detto delle Vergini, fin dal 1881.

Il giorno seguente (il 10) veniva accolto inNicolosi al suono festoso delle campane esparo di mortaretti. Entrato nella Matrice die-de al popolo prostrato la benedizione e qual-che ricordo, indi percorse il paese fra gli ev-viva e i fiori che si gettavano dai balconi... Dilì a poco salì in vettura, e via alla volta diBronte.

Si trovavano alla stazione il direttore DonFascie, il rettore Don Prestianni, e una rap-presentanza degli alunni del Collegio Capiz-zi. In casa ricevimento solenne. Per la circo-stanza Don Urbano9 aveva musicato un innocomposto dal direttore che piacque assai, e ilServo di Dio amabilmente ne chiese il bis,coronato da interminabili applausi.

L’11 lo spese nel ricevimento dei coope-ratori e nel rendiconto dei confratelli, e il 12celebrò solenni funzioni religiose con un ca-loroso fervorino agli alunni interni, animando-li ad essere divoti del Sacro Cuore di Gesù edi Maria Ausiliatrice, e a praticar la divozionedel mese di S. Giuseppe, come gli alunni del-l’Oratorio di Valdocco. Dopo quella degli in-

terni seguì la Messa degli Oratoriani, e DonRua si fermò in chiesa e rivolse anche ad es-si un discorsetto, rallegrandosi nel vedere lacappella piena zeppa di giovani; e fu in que-sta circostanza che promettendo di allargarlaper poterne accogliere un maggior numero,molti presero a fissare le pareti, convinti dìvederle allora allora spostarsi e compiere ilprodigio!...

Una mia amica – attesta una suora – micondusse a baciargli la mano dicendogli: –Padre, questa signorina è sorella d’una Figliadi Maria Ausiliatrice. – Allora egli, guardando-mi con paterna bontà, disse: – Benedico an-che lei!...

Io che avevo proprio tutt’altra intenzione,mi sono indispettita con l’amica che mi avevacondotto vicino. Però la grazia del Signore in-cominciò a lavorare, e dopo un anno anch’iomi consacrai al Signore.

A Bronte scesero a visitarlo anche le Fi-glie di Maria Ausiliatrice residenti a Cesarò,per risparmiargli la fatica di salire da loro.

A Randazzo la venerazione per il Servo diDio si mostrò in forma straordinaria. – Glialunni manifestarono il desiderio di averlocon loro in ricreazione dopo il pranzo, e «vene furono parecchi – scrive Don Rinettì – chenon paghi di vederlo e di parlargli e stringer-si ai suoi panni, armati di buone forbici glistaccarono parte dei bottoni della veste e delpastrano, e qualcuno, più indiscreto nella suadivozione, gli tagliò il lembo del pastrano edella veste. Già a Firenze era stato così as-salito, pur avendo vicino a sè il direttore e ilconsigliere-scolastico, ed aveva dovuto dardel lavoro ai sarti».

Qui a Randazzo la divozione è maggiore,e perciò deve deporre veste e pastrano, chie-dendo l’una e l’altro in prestito a un chierico;e raccomandarsi che i suoi non vogliano far-li a “pezzi”.

Il 16 era a Mascali-Nunziata presso le Fi-glie di Maria Ausiliatrice, che ci hanno lascia-to vari particolari della visita. Nella conferen-

9 – Don Giovanni Battista URBANO di Chivasso, insegnate e catechista nel collegio di Bronte dal 1897al 1901.

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za che tenne alla comunità (suore ed edu-cande) inculcò la devozione alla S. Famigliae a prendere a modelli Gesù, Maria e Giu-seppe:

– S. Giuseppe a modello in qualunqueoccupazione, facendo ogni cosa in unionecon Gesù e Maria.

– Maria a modello di divozione, procuran-do di non tralasciar mai nessuna delle prati-che di pietà e di farle tutte con la maggiorperfezione possibile.

– Gesù a modello di spirito di sacrifizio,procurando di essere generose anche nellepiccole cose, nel mortificare i sensi e l’amorproprio, nel sopportare con pazienza il fred-do, la fame; la sete, ecc.

«Suore, e educande – scrive Suor Giu-seppina Camuto10 – andavano a gara neldargli le più vive dimostrazioni di stima e divenerazione. Fra le altre, io, col consenso delsuo segretario volli cangiare la fodera del suocappello, ma essendosene egli accorto pigliòun aspetto così severo, che noi ci guardava-mo ammutolite, e disse: – Non fate scioc-chezze!

Ma il furto era fatto, e la preziosa reliquiaè in mio potere. Parlandogli poi in particolare,manifestai un dubbio che da qualche tempomi tormentava; ed egli, il venerato Padre, midisse: – State tranquilla, non pensateci più. –E da quel momento non provai più nessunapena a quel riguardo.

Si fermò con noi tre giorni e a chi lo solle-citava per far ritorno a Catania, ov’era atteso,rispose: «Lasciatemi stare, qui sono tranquil-lo per sbrigare la mia posta, mentre a Ca-tania i visitatori non mi lascerebbero far nul-la». La persona di servizio del sig. Arciprete,in casa del quale andava a dormire; ci assi-curò meravigliata che al mattino trova il lettointatto.

Io ebbi la fortuna di servirlo a tavola e re-

stai ammirata nel veder come accettava conriconoscenza qualunque vivanda gli si pre-sentasse: tutto era buono. In fine gli venneportata una torta, regalata da uno degli am-ministratori, ed egli come la vide, per mostra-re il suo gradimento al donatore, ivi presente,con slancio veramente infantile: «Oh la bella!esclamava; questa, questa è la parte mia!qua, qua a me!». E volle chiamate tutte lesuore, perché partecipassero alla bella cas-sata servita dalle sue mani venerate».

Il 17 fu accolto a Vizzini come un sovra-no. «Quindici eleganti vetture a due cavalli –scrive Don Rinetti – formavano il seguito aquella del barone Gaudioso, in cui prese po-sto Don Rua con i principali signori. Appenasi entrò in città, distante dalla stazione cinquechilometri, i cavalli procedettero al passo,perché tutti potessero comodamente vederele amabili sembianze del nostro superiore,che dovette ammirare con sua grande com-mozione quant’è vivo l’affetto dei Vizzinesipel Successore di Don Bosco».

Suor Rosina Magrì11 ricorda come «era-no più mesi che non pioveva; le campagneerano aride e si erano già fatte molte pre-ghiere per ottenere l’acqua, ma invano. Allapreziosa visita del sig. Don Rua, il popolo siera entusiasmato e pieno di fede diceva: “Sequesto Santo benedice le nostre campagne,il cielo ci sarà propizio”.

E prima che partisse lo vollero condurrein carrozza su un’altura del paese, affinchébenedicesse le campagne; e al ritorno lo in-dussero pure a visitar e benedire due infer-me. Alla prima disse di aver fede in Maria Au-siliatrice, e difatti guarì poco tempo dopo. Al-la seconda domandò se amava la Madonnae se voleva vederla in cielo. Si noti che que-sta non voleva rassegnarsi a morire, e quan-do l’esortavano a ricevere i SS. Sacramenti,rispondeva che li avrebbe ricevuti quando

10 – Sr. Giuseppina CAMUTO nata a Bronte il 16 settembre 1866, morta a Catania il 21 luglio 1939.Fu una delle prime vocazioni siciliane. Nel 1885 ottenne a Nizza la patente normale e tornò in Sici-lia. Lavorò soprattutto a Nunziata.11 – Sr. Rosa MAGRÌ nata a Catania il 17 gennaio 1877, morta a Modica il 10 novembre 1946, Fumaestra d’asilo per trent’anni a Modica, dove svolse anche il compito di economa.

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sarebbe guarita. Ma dopo la benedizione delsignor Don Rua cambiò parere. Chiese essastessa i SS. Sacramenti, e non desideravaaltro che di andar presto in cielo a vedereMaria Ausiliatrice. Difatti pochi giorni dopomorì, edificando chi l’assisteva.

E la benedizione alle campagne? Appenail sig. Don Rua si pose in carrozza per recar-si alla stazione, incominciò a piovigginare;salito che fu sul treno, l’acqua cadeva a cati-nelle; e tutti quanti che l’avevano accompa-gnato, sebbene in carrozze chiuse, dovetterocambiarsi da capo a piedi, tanta fu l’abbon-danza della pioggia.

E come fu abbondante la pioggia, così fuabbondante il raccolto. Ho visto io stessa del-le spighe di grano d’una grossezza straordi-naria. I chicchi di grano grossi come ceci. Ivecchi non ricordavano di aver mai visto némai sentito dire di un’ abbondanza simile. Di-cevano che questo era l’effetto della benedi-zione del Santo. Così lo chiamavano! Tuttoquesto io l’ho visto e l’ho udito».

E il caso di ripetere un suo pensiero:«Che fortuna, il poter ospitare i Servi dì Dio!apportano benedizioni insperate!».

Il 18 tenne conferenza ai Cooperatori diCatania. Li ringraziò dell’attivo interessamen-to per le Opere Salesiane e rievocò il grandeaffetto che Don Bosco dimostrò anche ai Si-ciliani fin dai primordi della Pia Società. «Dalcielo, soggiunse, continuerà a benedirequanti gli continuano la carità verso le OpereSalesiane che morendo raccomandò ai suoicari cooperatori; i quali, come hanno parte albene che compiono i Salesiani, avranno al-tresì parte al premio con Don Bosco in para-diso. Fortunati quelli che compresi dal suospirito dilatano il regno di Gesù Cristo sullaterra salvando specialmente la gioventù,contro la quale il demonio ed i tanti suoi se-guaci usano le arti più inique per sviarla dalretto sentiero e guidarla alla perdizione».

Molti dei Cooperatori si strinsero sul suopassaggio per vederlo, dirgli una parola, ba-ciargli la mano, avere un sorriso. È stato unvero plebiscito di stima e di venerazione. Tut-ti questi trionfi ci fanno desiderare ch’eglipossa vivere «ancora molti anni a fare del

gran bene non solo ai giovani, ma all’interasocietà».

Il 18, vigilia della festa di S. Giuseppe, coltreno delle 21 giungeva a Siracusa. Fu ospi-te di Mons. Arcivescovo, felice di tanta fortu-na. «La sua figura evanescente, – scriveva ilSan Marziano – il raggio dell’anima che gli silegge nel volto, l’incanto soave della sua pa-rola, e lo spirito di Dio che gli aleggia intornoe santifica le aure in mezzo a cui vive, soncose che rendono davvero fortunati tutti colo-ro che hanno il gran bene di avvicinarlo, dibaciargli con riverenza la mano, di ricevere lasua benedizione. La mattina del 19 disseMessa nella cappella del Seminario, e la se-ra tenne nella cappella un discorsetto ai se-minaristi, pieno di quella unzione che è pro-pria delle anime sante. Accompagnato dallostesso Arcivescovo visitò i monumenti cristia-ni e pagani che han reso immortale il nomedi Siracusa. Le pietre e i luoghi così ricchi distoria, sotto lo sguardo penetrante di DonRua, pareva che parlassero con più eloquen-za sulla vanità della vita e sulla grandezzadella fede».

Il sac. Giuseppe Cannarella, alunno delSeminario, ci dà altri particolari:

«Celebrò in quel: giorno la S. Messa nel-la nostra cappella. La pietà con cui eseguivala sacre cerimonie, la magrezza straordinariadel volto e una luce mistica che pareva avvol-gesse tutta la sua persona, attirarono gran-demente l’attenzione e la curiosità di noi se-minaristi che non sapevamo ancora chi fos-se.

Quando ci fu detto, appena usciti di cap-pella, che era Don Rua, fu un giubilo genera-le, e si manifestò ai superiori il desiderio dipoterlo avvicinare e di sentirne la parola. IlServo di Dio accondiscese all’invito e la seranella stessa cappella, seduto vicino all’altare,parlò per circa tre quarti d’ora, con una sem-plicità e un’unzione, che penetravano i cuori.Ricordo su per giù le parole con cui cominciò:“Stamane, mentre diceva la Santa Messa,ebbi una distrazione; intesi che si recitavauna preghiera per impetrare dal Padrone del-la messe buoni operai. Si, questo bisogno c’ènella Chiesa e quanto grande! Il Vicario di

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Gesù Cristo nell’ultima udienza che ebbe labontà di accordarmi, prese tra le sue le miemani e mi disse: – Quanto bene fanno i Sa-lesiani! oh, quanto bisogno c’è di buoni sa-cerdoti! – Le stesse parole ripeto io stasera avoi, miei buoni seminaristi…”

Quello stesso giorno ricorreva l’onomasti-co dell’arcivescovo Mons. Giuseppe Fioren-za, il quale dopo il pranzo, cui aveva parteci-pato Don Rua, che n’era ospite dalla sera in-nanzi, fece chiamare tutti i seminaristi per di-stribuir dei dolci. Il prefetto della camerata, aun cenno di Sua Eccellenza, stava per darprincipio alla distribuzione, quando il sig. DonRua si alzò lesto in piedi e chiese a Monsi-gnore il favore di poter servire lui i cari semi-naristi. E compì quel servizio con tale effusio-ne di affetto e di bontà da farci rimanere esta-tici di meraviglia. Volle regalare a ognuno dinoi una medaglia di Maria Ausiliatrice, racco-mandandoci la divozione alla gran Madre diDio.

Nel pomeriggio i professori del Seminarioe alcune persone della città non sapevanostaccarsi dalla sua persona chiedevano tuttidei ricordini, che ancor oggi serbano comereliquie. Un seminarista cambiò il suo orolo-gio d’oro con quello d’argento del sig. DonRua; il segretario dell’arcivescovo volle lozucchetto; altri si contentarono della firmadietro un’immaginetta. Tutti si era persuasiche quel giorno avevamo avuto la fortuna diparlare e di trattare con un santo...».

La mattina del 20 marzo, alle cinque emezzo lasciava Siracusa, e alle venti giunge-va a Palermo.

Un numero unico12, di ampio formato,pubblicato poi da Mons. Catalonotto per laconferenza che il Servo di Dio tenne in città,ne dava questo interessante ragguaglio:

«Palermo, la città delle iniziative cattoli-che, nel passaggio del degnissimo Succes-sore di Don Bosco esulta, ed invocando ilconcorso di tutte le sue istituzioni, sorte e

moltiplicate in 25 anni sotto questo bel cielo,applaude al venerando Don Michele Rua edalla Congregazione Salesiana.

La presenza di questo caro padre, checoll’ufficio ha ereditato lo spirito di Don Boscoonora grandemente la nostra città, soave-mente ci rallegra e ci riempie l’animo di grati-tudine per questa sua visita.

Palermo, che ha sempre avuto il tradizio-nale e fervido slancio per la virtù,... può... re-stare indifferente all’arrivo di Don Rua?... Oh!se potesse vedersi fra noi nel giro delle casesalesiane di Sicilia! si va esclamando daibuoni..., se ne spera l’arrivo..., e quando vie-ne annunziato ed assicurato..., e il nostroEminentissimo Card. Arcivescovo, quantun-que infermo, lo vuole ad ogni costo nel suoPalazzo, dispone che gli si offra appartamen-to nobile di rappresentanza, ed il venerandoDon Rua la sera del 20 marzo con cordialis-simo affetto è ricevuto dal Pastore di questaArchidiocesi, che nell’amore alla Pia Societàdi Don Bosco è a nessuno secondo...

L’umile e venerato Don Rua a tanta de-gnazione dell’E.mo Presule rimane assaigrato, frattanto viene accolto nell’Episcopiocon cordialissimo affetto, e non appena s’in-contrano i due distinti personaggi s’inteneri-scono. E Don Rua, che dispiciatentissimo divedere gravemente infermo il suo nobileospite l’incoraggia col promettere che avreb-be trasmesso alla Casa Madre di Torino la di-sposizione di far pregare la buona MammaMaria SS. Ausiliatrice, per la di lui guarigio-ne…, egli stesso promette di pregare..., au-gurandogli di vederlo guarito nel ritorno a Pa-lermo, da dove sarebbe partito nelle ore po-meridiane all’indomani per recarsi a visitarele case di Tunisi. Il giorno 21 ai numerosi fe-deli, che con i Cooperatori salesiani si reca-vano ad ascoltare la Messa di Lui per comu-nicarsi nella chiesa del Santissimo Salvatore,rivolge la parola e li eccita a speciali preghie-re al Sacro Cuore ed alla Madonna SS. Ausi-

12 – Cfr.: Il saluto di Palermo al venerando Don Michele RUA Rettor Maggiore dei Salesiani e Succes-sore di Don Bosco per la Conferenza della Chiesa del SS. Salvatore il 4 aprile 1900 - Tipografia Pon-tificia.

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liatrice pel triduo di preparazione alla prossi-ma festa dell’Annunziazione per la salutedell’ E.mo pastore, ed in quel giorno appuntoquesti venne dichiarato scampato dal perico-lo, con plauso di tutta l’archidiocesi...».

Fin qui dal Numero Unico. – Don Rinettiscriveva che il Cardinale era a letto per in-fluenza e, stante l’età avanzata, si credevaalle porte dell’ eternità.

A Don Rua che gli fa coraggio e gli augu-ra di presto guarire, risponde:

— Si avvicina la mia ultima ora, mi bene-dica e mi aiuti colle sue orazioni, perchè pos-sa presentarmi ben preparato al tribunale diDio.

Ed il nostro Superiore:«Il Signore la conserverà a fare ancora

un po’ di bene alla sua Chiesa, ad educaretanti buoni chierici al sacerdozio, a salvaretanta gioventù; e poiché la desidera, le do vo-lentieri la benedizione di Maria Ausiliatrice,recitando prima tre Ave Maria con la giacula-toria Maria Auxilium Christianorum, ora pronobis.

E gli diede la benedizione di Maria Ausi-liatrice, animando Sua Eminenza a confidarenella protezione di Maria Vergine».

All’indomani nella chiesa monumentaledel SS. Salvatore fu «un affluire di gente, cheraccoltasi dinanzi la cappella del Sacro Cuo-re stava aspettando la venuta del signor DonRua per assistere alla S. Messa e, ricevere laS. Comunione. La cappella è artisticamenteaddobbata. L’arrivo del nostro superiore èannunziato col suono dell’inno salesiano; laMessa è ascoltata con grande raccoglimen-to. Alla Comunione il momento è solenne. Ilsig. Don Rua rivolge la sua parola semplice,viva e calda ai fedeli, tocca le più intime fibredei cuori e strappa lacrime di tenerezza. Gliastanti, parecchie centinaia, si accostano al-la Sacra Mensa e ricevono la benedizionedel Santissimo da lui impartita. Il popolo nonsi muove, e prima di lasciare la chiesa vuolequalche cosa ancora. E l’amato Don Rua,dopo d’aver data la benedizione col SS. Sa-cramento, dà la benedizione di Maria SS. Au-siliatrice, esortando tutti ad aver care le divo-zioni di Gesù e Maria Ausiliatrice, e racco-

manda alle preghiere dell’udienza l’Eminen-tissimo Cardinale infermo».

Al Palazzo Arcivescovile – scriveva la Si-cilia Cattolica – dalle 10 alle 12 fu un conti-nuo affluire di dignitari, di ecclesiastici, di no-bili signori e signore, d’istituti e dì popolo; edegli ebbe per tutti «una parola di conforto,d’incoraggiamento e di ringraziamento».

Alle 15,30 Don Rua partiva per Marsala,e di quel dì medesimo il Card. Celesia erafuor di pericolo, e prima che Don Rua tornas-se a Palermo aveva riprese le sue pastoralioccupazioni.

A Marsala fu dal Barone Spanò, che s’in-teressò premurosamente dell’azione salesia-na in quella città, che v’incontrava gravi osta-coli; e il 22 sul piroscafo Scilla partiva allavolta di Tunisi. Il mare per un tratto fu assaiviolento, alla Pantelleriasi fe’ calmo, e il Ser-vo di Dio giunse a Tunisi un’ora dopo la mez-zanotte.

Nello stesso giorno proseguì per la Mar-sa, dove tutta la comunità l’attendeva allastazione. Il 24 visitò la nuova cattedrale diCartagine e il Seminario, il luogo del martiriodi S. Perpetua e S. Cipriano, e la cappellaedificata sul luogo ove morì S. Luigi, Re diFrancia. Il 25 diede la prima Comunione acinque fanciulli e l’abito chiericale a cinquenuovi aspiranti alla Società Salesiana. Il 27tenne conferenza nella cattedrale, alla pre-senza dell’Arcivescovo Mons. Combes e delsuo Coadiutore, parlando prima in francese epoi in italiano.

La sua simpatica figura – scriveva l’Unio-ne di Tunisi – attrasse subito gli sguardi delnumeroso pubblico desideroso di apprende-re i miracoli di carità che ovunque la SocietàSalesiana opera. Fece conoscere assai chia-ramente la missione provvidenziale di DonBosco e come riuscì a far tanto bene alla gio-ventù, poichè aiutato potentemente dal po-polo. Esposti i bisogni delle opere iniziate aTunisi, a La Marsa, a Manouba e Porto Fari-na, pregò gli uditori a volersene interessarepel bene della gioventù onde evitarle il peri-colo di crescere irreligiosa, immorale, e riu-scire di danno alla società».

A Manouba il 30 marzo diede l’abito reli-

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gioso ad una novizia, la prima dell’isola diMalta che entrava nell’istituto delle Figlie diMaria Ausiliatrice. La chiesa era piena zep-pa, e tutti godevano della fortuna della buonafanciulla di consacrarsi al Signore e riceverel’abito santo dalle mani del venerato Superio-re.

Il 31 marzo anche il prefetto generaleDon Belmonte dando notizie del Servo di Dioalle case salesiane scriveva che «al suo pas-saggio si rinnovavano le stesse dimostrazio-ni di affetto e di venerazione dell’anno passa-to in Spagna e nel Portogallo. Le visite delsig. Don Rua sono considerate una vera be-nedizione del Signore; il popolo si affolla at-torno a lui per vederlo, per baciargli la mano,come appunto succedeva ai tempi del nostroPadre Don Bosco. Il suo arrivo nei paesi ecittà é salutato col suono delle campane, col-lo sparo dei mortaretti, con archi trionfali, conle case pavesate a festa, collo spargere fiorisul suo passaggio, e colla musica che prece-de il corteo suonando allegre marce. È vera-mente ammirabile l’entusiasmo che esso de-sta ovunque si presenta; e quanti lo avvicina-no, ne rimangono non solo grandemente edi-ficati, ma convinti di aver trattato con un San-to. Così il Signore esalta i suoi Servi fedelianche in questo mondo».

Fu questo l’unico cenno che ne fece DonBelmonte nelle circolari mensili; evidente-mente intervenne il divieto del Servo di Dio.

Il 31 marzo egli lasciava la Tunisia e ripar-tiva per Marsala. La traversata fu piuttostoburrascosa, e si potè approdare solo dopomezzogiorno. Era la domenica di Passione e,godendo di particolare indulto, alle 14 salì al-l’altare. Per buona sorte, grazie all’interventodi buoni cooperatori, trovò appianate tutte ledifficoltà in cui versava la fondazione salesia-na di quella città.

Il 3 aprile, a notte rientrava a Palermo. Ol-tremodo festosa fu l’accoglienza in episco-pio. L’Eminentissimo fu lieto riveder DonRua, e il Servo di Dio si rallegrò vivamentenel trovare l’illustre ospite in piena convale-scenza, e insieme resero le più vive grazie aMaria Santissima.

L’entusiasmo che destò l’insperata e

pronta guarigione del Cardinale Arcivescovofu tale che determinò, come abbiam detto, lapubblicazione del numero unico al ritorno delServo di Dio.

Il 4, durante l’intera mattinata e fin dopomezzogiorno ricevette un’infinità di persone,che egli, diceva la Sicilia Cattolica «con unasua parola impressiona, conforta, elettrizza ecommuove»; e nel pomeriggio tenne confe-renza nella chiesa del SS. Salvatore, che ri-gurgitava di gente d’ogni ordine sociale. Pre-siedeva Mons. Bova, vescovo ausiliare erappresentante del Card. Arcivescovo. Fuascoltato con la più grande attenzione, e fini-ta la conferenza, corsero ad ossequiarlo ilpresidente dell’Azione Cattolica e molti soci.

Il giorno dopo alle 5 del mattino partivaper Girgenti. Alle 11,30 – scrive Don Rinetti –si discende, e Don Rua con sua grande sor-presa vede il Vescovo Mons. Lagumina adargli il benvenuto allo sportello della carroz-za. Fuori della stazione un apposito Comita-to con vetture di gala acclama il successoredi Don Bosco che viene accolto come intrionfo e prende posto nella vettura del Ve-scovo. Io salgo in vettura con un ottimo coo-peratore, padre di un ex-allievo del collegio diRandazzo che mi mostra custodito nel porta-foglio un bottone della veste di Don Rua,mandatogli dal figlio con queste parole: “Ca-ro babbo, conserva questo bottone, che timando, come un tesoro, come una reliquia.Quando verrò a casa, avrò molte cose da dir-ti di Don Rua, cui ho strappato il bottone sen-za che se ne accorgesse. Fui dei pochi fortu-nati, e ne ringrazio il cielo”.

Arrivato alla porta del Seminario il sig.Don Rua fu ricevuto come un vescovo da tut-to il clero, disposto in due file sullo scaloned’ingresso. L’atto era insieme riverente ed af-fettuoso nella sua solennità».

Invitato a parlare alla popolazione, tenneuna conferenza nella chiesa di San Domeni-co, piena zeppa d’ogni ordine di cittadini, especialmente di studenti. Dopo aver parlatodi Don Bosco e delle opere da lui fondate,promise di occuparsi della buona popolazio-ne di Girgenti. Le sue parole furono coperteda un subisso di calorosi applausi. Pregato

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da Mons. Vescovo di benedire l’udienza, eglimostrò vivo desiderio di essere benedettodal degno Pastore della diocesi, e così la po-polazione ricevette la benedizione di DonRua e del Vescovo, il quale, per sottrarlo al-l’eccessiva divozione del popolo che avrebbevoluto baciargli le mani e strappargli le vesti,comandò che gli lasciassero libero il passo esi contentassero di guardarlo riverentementementre passava, e fu prontamente obbedito.

Il 6 aprile celebrò nella cappella del Semi-nario e fece un affettuoso fervorino. Era il ve-nerdì della settimana di Passione. Disse chetutti gli uomini, tutti i cristiani, ma specialmen-te i sacerdoti sono chiamati a consolar Gesùcoll’adoprarsi a dilatar il regno di Dio sullaterra, col salvar le anime. Disse che al clerospecialmente è affidata la mistica vi-gna, la congregazione di tutti i fedelicristiani, perchè siano condotti al portodella salute. “Nessuno di voi, cari sa-cerdoti, si rifiuti di prestare l’opera suacome cappellano, vice-parroco, e par-roco nei diversi paesi della diocesi edell’isola, dove l’obbedienza vi mandi.Quanto più sarà disagiato il luogo delvostro lavoro, tanto più sarà meritoriopel cielo. Non vi sia chi pensi al campo,alla vigna, agli interessi terreni; mirateal cielo, sursum corda…

Da Girgenti passò a Terranova. «Tra queibuoni abitanti ci fu chi ammirato della bontàdi Don Rua, lo disse un santo; e i concittadi-ni gli risposero:

— Se è un santo, ci otterrà la pioggia dicui abbisognamo.

Arrivati a Terranova siamo ricevuti dallapioggia, e perciò, confermata la santità delnostro Superiore, venne accolto colla rive-renza che devesi a un santo.

Qui... il sig. Don Rua tenne la desideratae ben riuscita conferenza ai cooperatori nellacappella dell’istituto13... Terminata la funzio-ne succedettero le udienze e poi un po’ di vi-ta intima con questa cara comunità, di cui ilsig. Don Rua si mostrò assai contento. Sonoconsolazioni che gli danno con nobile gara

tutte le case dell’isola, in cui vi ha perfetto af-fiatamento trai confratelli e sincera corrispon-denza per parte degli alunni, che sono moltoespansivi e facili all’entusiasmo».

Da Terranova si recò a Ragusa Superioreper visitare un nuovo collegio che si volevaaffidare ai Salesiani14. «Si discese dal treno– così il corrispondente del S. Marziano di Si-racusa – in mezzo agli evviva e ai battimani

13 – Si tratta del Convitto Principessa Pignatelli che durò dal 1897/02 ne fu direttore Don DomenicoERCOLINI – Chiuso il convitto si rimase a Terranova con l’Oratorio S. Gioacchino 1902/08.14 – Si tratta del Collegio del SS. Redentore che si aprirà due anni dopo nel 1902.

Terranova (Gela): Vecchio e nuovo ConvittoPignatelli. (Da: gelacittadimare.it)

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di un buon numero di cittadini e di vispi giovi-netti che stavano ad attendere con la massi-ma emozione il desideratissimo Successoredi Don Bosco.

Egli prese posto in una delle carrozze,apprestate gentilmente dalla parte più elettadella cittadinanza insieme con le autorità ec-clesiastiche ed il sindaco. Dalla stazione, tra-versando la bella piazza delle Logge, si andòdirettamente al sito, dove sorge il nuovo edi-ficio, col seguito delle carrozze ed il lungo ac-compagnamento di popolo, solennissimocorteo che andava dovunque ingrossando...

Si passò quindi nella chiesa parrocchiale,ov’egli celebrò la S. Messa. Più tardi diede labenedizione alle Palme e presiedette allaprocessione: ciò fu una vera soddisfazioneper molti, che forse altrimenti non avrebberoavuto la fortuna di conoscerlo.

Nel resto della giornata ricevette le visitedi vari distinti cittadini e sacerdoti, nonchè...la società delle Dame di San Vincenzo com-posta delle più distinte signore e signorine,alle quali rivolse brevi parole di occasione,esortandole a far sì che anche tra i signori siestendesse questa benemerita associazio-ne. Anche i Luigini e la sezione giovani furo-no ricevuti in udienza particolare, ed ebbeper loro parole di vero affetto, ringraziandolidegli indirizzi letti e ricolmandoli di particolaribenedizioni...

Nel dipartirsi da Ragusa volle anche ap-pagare i desideri di una pia Cooperatrice diRagusa Inferiore, la signora Concettina Sor-tino Trefiletti, la quale da molti anni soppor-tando con cristiana rassegnazione una dolo-rosa infermità, desiderava una benedizionedel Superiore dei Salesiani. E questi ben vo-lentieri accondiscese... Perciò verso le 18 sidipartiva da noi per scendere a Ragusa Infe-riore, lasciando impresso nel cuor di tutti il ri-cordo del suo amabile sembiante. Le carroz-ze erano di nuovo ad aspettarlo nella piazzadelle Logge, la banda musicale era vestita afesta; seguito da molti signori e sacerdoti,Don Rua va a prendere posto nella carrozzadel marchese Schininà insieme con il Vicario,il Provicario e il sindaco. Le carrozze si muo-vono, ma presto s’incontrano con altre di Ra-

gusa Inferiore, ed allora Don Rua prese po-sto in una di queste, in compagnia delle ri-spettive autorità ecclesiastiche e civili; e a untratto trovasi nella piazza S. Giorgio. Entranella chiesa omonima, genuflette alcuniistanti, di volo guarda l’edifizio bello e divoto,e quindi passa alla dimora della povera infer-ma. Essa dimanda di restar sola alcuni mo-menti coll’uomo di Dio; quindi Don Rua le im-partisce la benedizione alla presenza di tuttigli astanti. Un figlio dell’inferma gli legge unindirizzo di ringraziamento e di riconoscenza,si ritorna alla carrozza per andare alla stazio-ne, accompagnato dalla musica cittadina.Non tutti ebbero la. felicità di poter toccare ebaciare la mano di Don Rua, ma in tutti restòviva l’impressione di aver veduto un santo».

La sera dell’8 aprile si fermava a Modica.Alla stazione erano ad attenderlo numeroserappresentanze con bandiere e torce a ven-to, essendo ornai le 21 «Le campane – scri-veva Don Rinetti – suonano a festa, vetturedi gala attendono in bell’ordine sullo spiazza-le della chiesa, un popolo numeroso ed edu-cato, tutte le case illuminate. Si entra in chie-sa e la folla continua a gridare: Evviva DonRua! Si suona l’organo, si agitano i campa-nelli come al Gloria del Sabato Santo. Il si-gnor Don Rua portato a braccia da buoni si-

Card. G. Dusmet.

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Centenario 1910-2010 Viaggi di Don Rua in Sicilia 27

gnori sale il pulpito, ringrazia della cordialeaccoglienza e si raccomanda che non si gri-di evviva a lui, ma s’innalzino preghiere aDio, alla Vergine, ai Santi. Non può termina-re i suoi ringraziamenti, perchè è interrotto danuovi evviva e deve discendere dal pulpito inmezzo alle più clamorose acclamazioni. Perabbreviargli il cammino e sottrarlo alla folla ètrasportato in canonica dalla sacrestia. Ilmattino del lunedì, 9 aprile, disse la Messaper la popolazione che in buon numero si ac-costò alla S. Comunione, cantò diversi mot-tetti, e sentì con divoto affetto un graziosofervorino. Lungo la giornata – prosegue la Si-cilia Cattolica – fu una continua affluenza dipersone di ogni classe, avide di conoscere ebaciare la mano all’Uomo di Dio, dal cui vol-to risplende la santità delle sue virtù. Partico-larmente il ceto più eletto della cittadinanzarese splendidi onori al signor Don Rua».

La signorina Maria Abate – ricorda SuorGiovanna Piovano15 – lo pregò a mandare leFiglie di Maria Ausiliatrice a Modica offrendo-si con le sorelle Carmela e Ignazia a provve-dere loro la casa e il necessario per vivere.

Il Servo di Dio l’ascoltò con interessa-mento e bontà paterna, e in fine le disse chein quel momento non era possibile mandarele Figlie di Maria Ausiliatrice a Modica, chepazientassero ancora un poco. Insistendo lasignorina Abate:

– Faccia presto, signor Don Rua, che lemie sorelle sono vecchie ed io ho i miei annianch’io, faccia presto; se no, verrà la morte!– egli ridendo le rispose:

— Abbiano pazienza, aspettino a mori-re!...

– Poi, prendendo un tono e un aspettosolenne, soggiunse:

– No! prima non morranno! – E fu profe-ta, ché, quantunque vecchie e malandate insalute, le sorelle Abate videro stanziarsi lesuore a Modica nel 1901, nella loro casa, e laprima di esse morì solo tre anni dopo».

Nelle opere pomeridiane del 9, martedì

santo, ossequiato da distinti signori in carroz-za e salutato dagli evviva di numeroso popo-lo, nonostante la pioggia, ripartiva per Sira-cusa, dove si rinnovarono le scene più devo-te.

Si trattava di breve dimora – scrive il SanMarziano – eppure ce ne siamo giovati perrinnovare in noi la grata impressione lascia-taci la festa di S. Giuseppe. La mattina del 10celebrò la S. Messa nella cappella del Semi-nario fra l’edificazione dei nostri alunni, rapitidalla sua amabile pietà. Con Don Rua si po-teva essere indiscreti. Quindi nei pochi mo-menti liberi, precedenti la partenza, fu unaressa affettuosa nella sua camera per averneuna medaglia, una corona, un santino, su cuiegli scriveva un motto... Ai seminaristi poi,riuniti in corpo, espresse la sua compiacenzadi rivederli, disse alcune parole, come le di-cono i Santi. “Consolantem me quaesivi, etnon inveni: è il lamento del Cuor di Gesù nel-la Settimana Santa. Fate che trovi fra voi chigli rechi sollievo, con l’offerta di tutto il suocuore e con lo zelo con cui procurerà la suagloria; ecco il senso della breve esortazioneche arrivava all’anima, come balsamo checalma e come fiamma che infervora. La suabenedizione animi questi figliuoli a virili pro-positi.

Don Rua è “un santo”: «ecco il segretoper cui guadagna i cuori; è si tranquillo in vi-so, è si allegro e modesto insieme, è poi tan-to semplice che la semplicità è il suo caratte-re. Iddio gli si legge sul viso; io credo che unpositivista si troverebbe imbrogliato a spiega-re quell’aura soprasensibile che gli aleggiaintorno. I seminaristi erano attratti da questefattezze...».

Quando partì l’Arcivescovo, che l’avevaospite, volle inginocchiarsi ai suoi piedi peraverne la benedizione. Il Servo di Dio umil-mente la chiedeva a lui, e non essendoascoltato ubbidì al pio Pastore e con la mag-gior devozione e commozione disse: Benedi-cat Nos omnipotens Deus, ecc. – L’Ar-

15 – Sr. Giovanna PIOVANO nata a Vinovo (TO) il 12 novembre 1862, morta a Catania l’8 giugno1924.

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Viaggi di Don Rua in Sicilia Centenario 1910-201028

civescovo si alza, l’abbraccia affettuosamen-te, e Don Rua, commosso, parte per Catania.

La sera dopo, era il mercoledì santo, eb-be la consolazione di prestarsi per le confes-sioni degli alunni dell’Oratorio ai Filippini, stu-denti di ginnasio, di liceo e di Università, chetanto desideravano confessarsi da lui, e con-fessò dalle 16 alle 22. Il giovedì mattina am-ministrò la Santa Comunione a circa 400 gio-vani studenti, e subito dopo partì per S. Gre-gorio, dove tenne un’affettuosissima confe-renza ai chierici e la sera compì la funzionedella lavanda dei piedi con analogo fervorino.

Il venerdì santo, alle cinque del mattinopartì per Barcellona Sicula, per visitare l’Isti-tuto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e fuospite di una famiglia parente di S. Alfonsode’ Liguori. Il sabato santo proseguì per Mes-sina, ove passò la Pasqua e il lunedì, 16 apri-le, proseguì subito per Alì e col permessodell’autorità ecclesiastica celebrò sotto unpadiglione eretto sulle fondamenta della nuo-va chiesa in costruzione; ed una folla di po-polo volle fare la Santa Pasqua per riceverel’Ostia Santa dalle sue mani.

La sera tornò a Messina tenne conferen-za ai confratelli, alle 23,45 «stando tutti inpiedi per evitare il pericolo di addormentar-si». Al mattino del 17, alle sei proseguì perReggio Calabria, dove celebrò S. Messa induomo e, ossequiato il Card. ArcivescovoPortanova, ripartiva ed alle 14 giungeva aBova Marina.

«Fuori della stazione erano schierati i se-minaristi e con loro il clero, le autorità civili emilitari e gran folla di persone desiderosa divedere il Successore di Don Bosco e ricever-ne la benedizione. All’arrivo del treno, le au-torità ecclesiastiche, civili e militari, vengonoa riceverlo alla carrozza col più profondo os-sequio; il seminario e tutto il popolo prorom-pono in clamorose acclamazioni mentre lecampane della vicina parrocchia annunzianoa tutta la cittadinanza l’arrivo dell’ospite desi-derato. All’accademia che si tenne in suoonore prese parte anche Mons. Pugliatti, cheproprio di quei giorni era stato nominato ve-scovo di Bova. Quando si notò la felicissimacombinazione di Don Rua a Bova quasi per

presentare ai seminaristi ed alla città il nuovovescovo tanto desiderato, la commozionetoccò il colmo e l’entusiasmo giunse al deli-rio. Gli evviva al novello Pastore e a Don Ruas’intrecciarono calorosi, e sorse a parlare ilnostro Superiore, che con la sua voce dolcee soave ringraziate le autorità del cordiale ri-cevimento, gli intervenuti dell’onore fattogli,i seminaristi della bella accademia che dissela più bella prova del loro progresso negli stu-di, si rivolse al nuovo Presule e, congratula-tosi con lui, gli promise che sarebbero statetutte per lui le forze dei Salesiani del Semina-rio di Bova; invitò quindi a gridare un evvivaal nuovo Pastore, e interpretando il desideriocomune, domandò la prima pastorale bene-dizione; e tutti come un sol uomo, seguendoil suo esempio, s’inginocchiarono per ricever-la.

«Mi trovavo nel Seminario Vescovile diBova Marina – dichiara un confratello – inqualità d’assistente generale, quando (nel1900) venne a visitarci il signor Don Rua.

Non dico delle accoglienze festose, cor-diali, unanimi, che confratelli, chierici, popologli fecero; allo stesso Cardinale Portanova,che pur era tanto amato, non fecero tanto.

Non parlo della venerazione qual santo,che subito gli portarono tutti i chierici, da te-nere come reliquia ciò che avevano fatto toc-care alle sue vesti, ma solo di alcuni monitiche mi diede a quattro occhi, stringendomifortemente la mia mano con la sua esile ediafana: — Caro N. N., sappi conservare illi-bata e pura questa casa per lo Spirito San-to... Lo so che in questi paesi molti e più pe-ricolosi sono gli incentivi al male, ma resisti;e, se non bastano i mezzi ordinari, bisognavenire agli straordinari. Si, caro, interrompe-re anche i sonni, inginocchiarsi sovente aipiedi del proprio letto, baciare con fervore lamedaglia di Maria Ausiliatrice, digiunare apane a acqua, darsi qualche penitenza afflit-tiva, perché tutto si deve mettere in praticapure, di mantenersi puri, dove maggiori sonoi pericoli».

Il Servo di Dio lasciava Bova la sera do-po, tra la commozione generale. A mezzanot-te giungeva alla stazione di Catanzaro.

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Centenario 1910-2010 Viaggi di Don Rua in Sicilia 29

Continuiamo il nostro flashback sulleorme di Don Rua. Dopo i primi tre viaggiecco il quarto: Aprile-Maggio 1906.

Torna in Sicilia 6 anni dopo il prece-dente viaggio, era accompagnato da D.Barberis.

Arriva a Messina (21 Aprile), Catania(22), S. Gregorio (23), Pedara (24), Treca-stagni (24), Catania (25), Malta (26-30),Siracusa-Noto (1 Maggio), Modica-Terra-nova (2 Maggio), Aragona (3 Maggio),Aragona-Stazione di Cammarata, Paler-mo, S. Giuseppe Jato (4-7 Maggio), Cata-nia - Bronte - Randazzo (8 maggio), Alì (9maggio), Messina (10 Maggio), Calabria –Bova Marina (11 maggio), Soverato (12 -13 maggio).

Nel momento della visita – aprile – lecase dell’Ispettoria erano 15: Randazzo(1879), S. F. Neri (1885), Cibali (1891), Alì(1891), Bronte, Marsala (1892), S. Grego-rio (1893), S. Luigi (1893), Pedara (1897),Terranova (1897), Bova Marina (1899).Dal 1900 si erano aggiunte le case diSampolo (1902), S. Giuseppe Jato (1902),Aragona (1904), Borgia (1905) e Siracusa,Ragusa, Monteleone (Vibo Valentia) sierano aperte e dopo qualche anno chiuse.

Il terzo volume di D. Amadei ne trattaper 12 pagine pp. 217-228.

Il 21 (aprile 1906) giungeva a Messina«Tutti i 150 alunni erano schierati in fila, nel-la loro bellissima divisa; varie centinaia di be-nefattori attendevano il sig. Don Rua, ancheun numero grandissimo di giovani dell’Orato-rio festivo1. Fummo accompagnati trionfal-mente al collegio2, dove potemmo ancora ce-lebrare la santa messa. A quella del sig. DonRua assistettero tutti i giovani del collegio, evari, sebbene fossero circa le 11, erano rima-sti digiuni3 per fare la S. Comunione dallesue mani. La splendida accademia, che fece-ro dopo pranzo, ci diede una vera idea delloslancio dei Siciliani, dell’affetto straordinarioche portano alle Opere Salesiane e del desi-derio immenso che avevano di veder il sig.Don Rua…

Della sera medesima si partì per Catania,dove il collegio4 conta oltre 300 alunni. Seb-

CENTENARIO DELLA MORTE DI DON RUA

a cura di Don Salvatore Spitale

1 – Don Rua fu ricevuto al Ferry Boat dall’Ispet-tore don Piccollo e dai direttori di varie case sa-lesiane.2 – Si tratta del S. Luigi di Via Boccetta.3 – Ricordiamo, per quelli che non lo sapessero,cha, all’inizio del secolo, per poter fare la comu-nione bisognava essere a digiuno dalla mezza-notte.4 – Il collegio S. Francesco di Sales.

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Viaggi di Don Rua in Sicilia Centenario 1910-201030

bene noi siamo arrivati dopo le 10 di sera,tutti i giovani erano ad aspettarci. Banda mu-sicale, luminaria, battimani tremendi e pro-lungati, acclamazioni di evviva al nostro buonPadre non avevano fine. Dovette il sig. DonRua licenziarli con un discorsetto, e allora sipoté andare a fare un po’ di cena. Il giornodopo, collegio imbandierato, Comunione ge-nerale distribuita dal sig. Don Rua; e dopo ri-cominciarono musiche, battimani, evviva, fin-chè vennero tanti benefattori a trovare DonRua, che si dovettero lasciare un poco i gio-vani. Nel dopo pranzo si fu a far visita al Car-dinale Arcivescovo5, tanto nostro amico e be-nefattore, e poi all’Oratorio festivodel centro della città6 (ed alle Fi-glie di Maria Ausiliatrice7), e non sitornò a casa che dopo cena...

Il mattino seguente si partì perS. Gregorio... un paese a poco piùdi 12 chilometri da Catania...Quando si seppe che il sig. DonRua si recava a visitare quella ca-sa salesiana, il popolo fu tutto sos-sopra». A un chilometro e più dalpaese vi erano già molte dozzinedi giovani dell’Oratorio che l’atten-devano, ed elevando un coro di

festevoli voci argentine gli rivolgevano il pri-mo saluto. Anche i nostri chierici gli mosseroincontro; ed egli scese di carrozza, e volle fa-re a piedi il resto della via. Fu un’entratatrionfale! Ossequiato dal cav. Di Bella8, dalSindaco, da tutte le autorità civili ed ecclesia-stiche, circondato e seguito dagli stendardi edalle bandiere di varie associazioni, tra losparo continuo di mortaretti e il suono festo-so delle campane, mentre da tutte le finestresi gettavano fiori, tra le grida più entusiasti-che di Viva Don Rua! Viva il Successore diDon Bosco! entrò nella chiesa matrice, rin-graziò commosso, e impartì la BenedizioneEucaristica.

Il giorno dopo fece una breve visita a Pe-dara, che sorge sui declivi dell’Etna. Lo stes-so ricevimento che a. S. Gregorio. I giovanidell’Oratorio festivo erano ad aspettarci unquattro chilometri prima di arrivare al paese.Per via si attraversa il paese di Trecastagni,dove giunge all’istituto delle Figlie di MariaAusiliatrice alle sei di sera, accompagnatodal Direttore di Pedara9, ascolta con bontàpaterna brevi parole d’omaggio dette da unaragazza, rivolge a tutte parole d’incoraggia-mento e di rallegramento, dà la benedizionedi Maria Ausiliatrice, e riparte ».

Catania: Istituto “S. Francesco di Sales”.

Don Michele Rua in visita a S. Gregorio nel 1906.

5 – Il Cardinale Giuseppe Francica Nava , succeduto al cardinale Giuseppe Dusmet.6 – Oratorio S. Filippo Neri di Via Teatro Greco.7 – L’Istituto Maria Ausiliatrice di Via Caronda aperta nel 1902.8 – Grande benefattore dei Salesiani: Vedi terzo viaggio.9 – Dal 1904 era direttore di Pedara, per la seconda volta, D. Camuto Salvatore.

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Centenario 1910-2010 Viaggi di Don Rua in Sicilia 31

All’entrata di Pedara «trovammo il Parro-co con altri sacerdoti, il Sindaco con la Giun-ta, tutti i giovani delle scuole con bandiera,tutta la popolazione. La banda di Nicolosi,venuta appo-sta, intona lamarcia reale, lecampane suo-nano, ed è unosparo continuodi mortaretti eduna pioggia difiori; avevo pau-ra che mi acce-cassero DonRua».

Tornato a S.Gregorio, cele-brò nella cap-pella in costru-zione, parlò ainovizi e aglistudenti di teo-logia, ed osse-quiato Mons. Genuardi10, vescovo di Acirea-le, nel Monastero di S. Anna, ritornò a Cata-nia e proseguì alla volta di Malta

MaltaLa sua visita a Malta, preannunziata dai

giornali con articoli colmi di ammirazione, fuun avvenimento.

“I nostri augusti Sovrani – scriveva MaltaHerald – si son degnati di visitare recente-mente la nostra isola, principi e principessedi sangue reale si susseguirono l’uno dopol’altro, l’Imperatore di Germania, la Reginadel Portogallo, dignitari della Chiesa ed altripersonaggi ci onorarono pure della loro pre-senza, e oggi Malta riceverà per la prima vol-ta un Uomo, che benché umile agli occhi delmondo, non è meno importante, date le sueattribuzioni di Superiore generale della PiaSocietà Salesiana, che ha per iscopo l’edu-cazione della povera gioventù abbandonata.Il nome venerato di Don Bosco, il fondatoredella Pia Società, è conosciuto a sufficienzain tutto il mondo civile. Don Rua, che noi sa-lutiamo quest’oggi, è l’immediato Successoredi Don Bosco, e non sarà fuori luogo, in que-sta fausta occasione, di dare ai nostri lettorialcuni cenni sulla vita laboriosa di lui, di quel-la vita ch’egli ha tutta impiegata con vivissi-mo zelo per il bene dell’umanità...». E segui-vano lunghi cenni della sua vita improntati al-

Don Michele Rua a Pedara nel 1906.

10 – Mons. Genuardi è il Vescovo che per primo ebbe i Salesiani nella sua diocesi: la casa di Randazzo.

Mons. Genuardi.

L’arrivo di Don Rua a Pedara.

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Viaggi di Don Rua in Sicilia Centenario 1910-201032

la più grande am-mirazione.

Giunse a Maltaall’una dopo lamezzanotte, a bor-do del vaporeAdria.

Accompagnatoall’istituto dal-l’ispettore Don An-gelo Lovisolo11 eda molti coopera-tori, il Servo di Diorimase commosso nel vedersi accolto da tut-ti gli alunni, che a niun costo avevano volutoandare a riposo e si erano fatti in quattro perilluminare il collegio12 con palloncini multico-lori e nei dì seguenti vollero dare un bellissi-mo trattenimento drammatico, intercalatocon delicati componimenti in italiano e in in-glese. Il Servo di Dio volle parlare anche aciascun di loro in particolare.

Entusiastico fu pure l’omaggio resogli dal-le autorità dell’isola, a cominciare dal Gover-natore o Vicerè di Malta, da cui ebbe una

cortesissima ed af-fettuosissimaudienza, da Mons.Arcivescovo, daldirettore diocesa-no dei cooperatoriMons. Farrugia,dal Comm. AlfonsoGalea13, e da altriinsigni ammiratorie benefattori.

“Torno adesso

colla mente – ci scrive il comm. Galea – aigiorni quando il carissimo signor Don Rua ar-rivava a Malta il 26 aprile 1906. Mentre usci-va dall’Istituto Salesiano di S. Patrizio (Slie-ma) per recarsi a far visita al Governatore,qualcuno s’accorse che a Don Rua mancavaun piccolo lembo dell’abito talare. Don Rua,saputolo, disse sorridendo: “Fa niente, faniente!” e non ci badò più che tanto.

La fama della sua santità s’era già diffusanell’isola, anche prima del suo arrivo.

Quando poi, qualche giorno dopo, feceuna conferenza sulle Opere Salesiane nellaCappella di S. Patrizio, che era stipata diamici dell’Opera Salesiana, parlò con unasemplicità ammirabile per tre quarti d’ora chead alcuni sembrarono venti minuti, ad altrianche meno, e le lacrime sgorgarono dagliocchi di tutti e s’era commossi, e confessoche anche io ed i miei avevamo gli occhi umi-di di pianto. Eppure non aveva fatto che rac-contare degli inizi dell’Opera e di mammaMargherita, e dei suoi primi anni presso il Ve-nerabile Don Bosco!...».

Nei tre giorni che il sig. Don Rua si fermòa Malta – scrivevaDon Barberis14 –ebbe la visita delleprime notabilitàdell’Isola, e tuttison pieni di vene-razione per lui e lotengono come ve-ro e gran santo evogliono la sua be-nedizione. A mez-zanotte del lunedì

11 – Don Lovisolo era di Nizza Monferrato, venne a Randazzo ancora chierico nel 1880. Operò perdieci anni a Randazzo insegnante, consigliere scolastico, catechista, economo. Passò alla casa di Ci-bali ,quando questa si aprì.. Dopo tre anni fu nominato direttore della casa di Messina S. Luigi doverimase fino al 1903 quando fu nominato Ispettore in Tunisia. Ritornato da Tunisi fu ancora direttorea Messina In questo secondo periodo avvenne il disastroso terremoto dal quale ne uscì miracolosa-mente illeso e poté fare il racconto di quel cataclisma. Chiuse la sua lunga vita a S. Gregorio.12 – Si tratta del Collegio di S. Patrizio, fondato nel 1903: Direttore ne era Don O’Grady Patrizio.13 – Uno dei più antichi ed affezionati Cooperatori Salesiani, munifico Benefattore dell’Opera di DonBosco in Malta. Suo era il terreno e la costruzione dei locali per l’Oratorio.14 – Si tratta di Don Giulio Barberis, accompagnatore e relatore del viaggio.

Don A. Lovisolo.

Don G. Barberis.Comm. A. Galea

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Centenario 1910-2010 Viaggi di Don Rua in Sicilia 33

30 aprile si ripartì per la Sicilia. Sebbene adora così tarda, molti cooperatori vollero ac-compagnarci al battello...

Al mattino al levar del sole si vedevanogià le coste della Sicilia e il gigantesco conodell’Etna tutto coperto di neve. Arrivati a Sira-cusa15, e detta Messa alla Cattedrale, fummoa pranzo dal Can. Lantieri, direttore dei Coo-peratori Salesiani...

Dopo pranzo si partì per Noto. Il vescovoMons. Blandini (che tre anni prima era statoa Torino per l’incoronazione di Maria Ausilia-trice), volle venire egli stesso in persona econdurre tutti i chierici del Seminario alla sta-zione a prendere Don Rua; venne anche incorpo il collegio diretto dai Fratelli delle Scuo-le Cristiane, e v’erano pure molti signori condieci o dodici vetture per condurci in città, es-sendo la stazione lontana. Non è il caso di ri-petere la descrizione dei battimani, delle gri-da di gioia e degli evviva. Si pernottò in semi-nario insieme col Vescovo, e al mattino se-guente si ripartì per Modica, dove abbiamouna piccola casa16 e vogliono affidarci ungran convitto.

Anche qui alla stazione v’erano quindici oventi vetture dei principali signori, che vole-vano aver la fortuna di condurre il sig. DonRua, per poter dire che la loro vettura avevacondotto un santo...

Si visitò il convitto che vogliono offrirci, inuna posizione incantevole; e della medesimasera si arrivò a Terrenova di Sicilia17. L’acco-glienza fu singolare. Non vi erano che un pa-io di vetture e pochi signori, ma i giovani del-l’Oratorio festivo numerosissimi e quei delCircolo Don Bosco, che fanno da catechisti,

eran venuti in massa; credo fossero più dìquattrocento. Il bello si fu che tutti si miseroal passo di corsa ed arrivarono a casa nostracontemporaneamente a noi. Ma presso lacasa s’era accumulata tanta gente che ci vol-le mezz’ora per attraversare una viuzza lun-ga forse appena cinquanta metri. Tutti si ri-versarono in chiesa dove si diede la benedi-zione col Santissimo Sacramento... La chie-sa era gremita, le madri avevano portato inbraccio tutti i bambini per farli benedire daDon Rua,,.. e quando Don Rua volle dire al-cune parole, non gli fu possibile far sentire lavoce perchè centinaia di bambini, che pian-gevano o gridavano, facevano una musicatale da coprire una voce anche dieci volte piùforte della sua! Dopo la benedizione non funeppur possibile andare in sacrestia a depor-re le paramenta, e si dovettero lasciarle sul-l’altare; e per attraversare la chiesa ed entra-re in casa ci volle oltre mezz’ora. Tutti vole-vano baciar la mano a Don Rua e tutte lemamme che dèsse una benedizione ai bam-bini che portavano in braccio. Si aveva un beldire e gridare che Don Rua era stanco, chenon ne poteva più, che li aveva già benedetticol SS. Sacramento. Da quell’orecchio non cisentivano, e ciascuna diceva: “Solo più a me;solo più a me!” e tiravano le braccia a DonRua, che avevo paura glie le rompessero.

Al mattino seguente si partì per Aragona.Qui l’entusiasmo giunse all’eccesso. Il Sinda-co con la Giunta Comunale, il Parroco colClero, i carabinieri in alta tenuta, le guardiemunicipali, due musiche delle città, i giovanidelle scuole con le bandiere, sei o sette altresocietà con le loro bandiere, si può dire tutto

15 – A Siracusa nel 1900 si era aperta una casa che aveva avuto vita breve e si era chiusa nel 1904.In essa vi era morto il confratello, di origine napoletana, Don Stefano Quartino nel 1901. Fu il primosalesiano morto in Sicilia.16 – La notizia non è esatta. Al momento della visita non vi era a Modica una casa salesiana. DonRua doveva vedere una casa che il Can. Carmelo Papa metteva a disposizione dei Salesiani. Il con-vitto era il Liceo-Convitto Sant’Anna. Nè l’una, né l’altro convinsero Don Rua. La prima casa a Mo-dica Bessa si aprì il 7 novembre del 1907. (Cfr. Sac. Giovanni Iacono: “Don Bosco e la Sicilia”1904–1907, pag. 42).17 – Terranova che riprenderà nel 1927 l’antico nome di Gela. Qui la casa, il Convitto Principessa Pi-gnatelli, si era aperta nel 1897 con direttore Don Domenico Ercolini.

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Viaggi di Don Rua in Sicilia Centenario 1910-201034

il popolo, erano ad aspettare il sig. Don Rua.Le vetture non potevano più camminarequando si fu vicino alla città: e, nè ai carabi-nieri, nè alle guardie, era possibile trattenerela folla; un po’ più avrebbero soffocato DonRua, che dovette scendere dalla vettura e,passato il primo parapiglia, farsi strada inmezzo ai carabinieri e le guardie, serrato dal-la Giunta Municipale da una parte, dal Clerodall’altra, e camminare a passo di formica, inmezzo alle continue acclamazioni del popo-lo. Lo si aspettava alla chiesa matrice; manon è possibile arrivare fin là; dopo moltistenti, passando per vie traversali, si potè en-trare in casa. Don Rua si dovette mettere albalcone ed arringare il popolo, e ringraziarlodella festosa accoglienza ed assicurarlo cheal mattino seguente avrebbe celebrato la S.Messa nella gran chiesa matrice, ed avrebbepregato per tutti. Indi si ammisero all’udienzale notabilità del Clero e del Laicato.

Povero Don Rua! dal mattino alle 8, cheaveva preso una tazza di caldo, non avevaassaggiato altro ed eravamo alle sei e mezzopomeridiane! Alla cena-pranzo con tutte lenotabilità ecclesiastiche e civili, i brindisi piùcommossi furono quelli del Sindaco, del Par-roco, d’un sacerdote espressamente venutoda Girgenti18, inviato dal Vescovo, e di un gio-vane dell’Oratorio festivo che parlò a nomedei compagni. Al mattino seguente Messa al-la Matrice; ma ci vollero le guardie per poterarrivare alla chiesa, e giunti alla chiesa non sipoteva entrare, e si dovette passare per unaporta segreta che dava nella sacrestia.

Dopo si doveva visitare una casa in co-struzione, e Don Rua non potè farlo, non po-tendo passare tra la gran folla. Per fortuna iov’era andato da solo un’ora prima e potei ve-dere i disegni e la parte costruita, e dir poi lecose precise al sig. Don Rua”.

Fu tale l’entusiasmo che destò il passag-gio del Servo Dio ad Aragona, che ancheDon Piccollo, dopo vari anni, ci dava, a voce

e per iscritto, molti interessanti particolari.“Dopo la visita fatta a Malta – egli scrive – nelgiro che fece nella parte occidèntale dell’iso-la, a Noto, Modica, Terranova, Aragona, ilconcorso fu qualche cosa che non aveva del-l’ordinario. Ad Aragona, città di 17 mila abi-tanti, tra cui cinquemila solfatari, tutta la po-polazione gli mosse incontro con rami d’uli-vo, grida d’evviva, e tutti volevano avvicinar-lo, parlargli, esternargli il loro contento, e civolle uno sforzo grande da parte delle autori-tà e della forza pubblica per impedire chenon avesse a patirne”.

Era tutto un agitarsi febbrile di uomini edonne, vecchi e fanciulli, bandiere e stendar-di, ed un continuo scroscio d’applausi da co-prire il suono delle musiche e lo scampaniofestoso dei sacri bronzi, ed uno sforzo conti-nuo delle autorità civili ed ecclesiastiche perfrenare l’impeto della folla che voleva vedere,avvicinare e baciar la mano e l’abito al Santo!

Il Servo di Dio - prosegue Don Piccollo -fu pienamente soddisfatto quando potè ve-dere in quella casa, recente fondazione19,ben seicento giovani quasi tutti solfatari fre-quentare le scuole serali, l’Oratorio festivofiorente, e molto impegno in tutti i suoi figliper il bene spirituale di una gioventù ben in-felice, perché costretta tutto il giorno a viveree lavorare seminudi nelle tenebre, alla pro-fondità di 200 e 300 metri, con continuo peri-colo della vita”.

Per evitar maggior confusione alla par-tenza, si convenne di farlo uscir dl casaun’ora prima; cosicchè, quando la gente siaffollò in attesa delle carrozze, egli a piediera alla stazione passando per vie traverse.

La voce del suo passaggio s’era diffusanei paesi vicini ed alla stazione di Cammara-ta – narra Don Piccollo – ci attendeva un’ ina-spettata sorpresa. Era una turba di circa sei-cento persone che attendeva il passaggio diDon Rua. Appena il treno si fermò fu un gri-do unanime d’entusiasmo.

18 – Agrigento.19 – La casa si era aperta nel 1904 col direttore Don Pasquali Giuseppe ed ebbe vita breve si chiusedopo un triennio nel 1907. Si riaprì nel 1919 con Don Giuseppe Cariola, ma dopo un anno si chiuse.

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Centenario 1910-2010 Viaggi di Don Rua in Sicilia 35

Si guardava da tutti agli sportelli del trenoper vederlo ad affacciarsi; e quando Don Ruadiscese fra di loro fu una gara, per non direuna lotta, per avvicinarlo: tutti al solito,vole-vano baciargli la mano e la benedizione. Daltreno discesero anche la maggior parte deipasseggeri per assistere a questa scena econoscere Don Rua, che ignoravano d’averecompagno di viaggio. Una banda musicaleche era sul treno, allo spettacolo di tanto en-tusiasmo, sì diede a suonare la marcia reale,e così si accrebbe anche più l’importanza diquesto nuovo spettacolo. Chi soffriva peròera il capostazione, che non sapeva a qualisanti votarsi, per ottenere che lasciassero li-bero Don Rua in modo da poter far ripartire iltreno; e alla fine si fu costretti di prenderlo dipeso e riportarlo nel suo scompartimento.Così fu libero dalla violenta ammirazione diquel popolo che si era impossessato di Lui eche a niun costo voleva abbandonarlo ».

Tra gli altri av-venne quest’episo-dio. Un tale – ciscriveva Don Anto-nio Fasulo20 – Giu-seppe Infantino diCammarata, ridot-to uno scheletro dauna pleurite puru-lenta, che lo tor-mentava da tre an-ni, saputo del pas-saggio dell’Uomo

di Dio, volle andare a vederlo. In mancanzadi vetture, già tutte impegnate, fece a piedi i7 chilometri di strada. Amici, compreso il me-dico curante, gridavano all’imprudenza, alsuicidio… Il poveretto riuscì ad avvicinarsi aDon Rua, a baciargli la mano, e pochi giornidopo era completamente guarito. Fece lacampagna di Libia: fu combattente nellagrande guerra, e continua a godere ottimasalute.

L’episodio mi è stato narrato prima dalSac. Salvatore La Corte, Vicario Foraneo diCammarata; quindi dalla madre dell’Infanti-no, Carmela Giacchino. Il dott. Alessi Arturo,medico-chirurgo, mi confermò d’aver vistol’Infantino in condizioni gravi ed allarmanti fi-no al 4 maggio 1906, e dí averlo in seguito ri-trovato completamente guarito”.

A Palermo il Servo di Dio restò stupito nelvedere fiorentissimo il nuovo istituto21, aper-to da poco tempo in quella città, in una loca-lità allora alquanto eccentrica, alle falde delmonte Pellegrino, ed oggi collegata con tran-vie e autobus. Tenne conferenza ai Coopera-tori nella chiesa del S. Salvatore e fu accoltoa gran festa nell’episcopio. Al Card. Celesiaera succeduto il Card. Lualdi, che non cono-

sceva personal-mente Don Rua,ma gli era nota lasua virtù e lo tene-va in concetto disanto: Ed “io – ri-corda Don France-sco Piccollo – conDon Barberis eDon Garlaschi22(direttore del Sam-polo) ebbi il piace-

20 – Don Fasulo di Canicattì (1880-1962) per quasi 50 anni si dedicò alla propaganda salesiana.21 – Si tratta del Don Bosco di Via Sampolo.22 – Don Attilio Garlaschi era nato a Genova nel 1866; s’incontrò con Don Bosco Fu il primo diretto-re di Palermo (1902-13). Fu il fondatore dell’internato a Palermo.

Palermo: Collegio “Don Bosco”.

Don A. Fasulo.

Don Garlaschi.

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Viaggi di Don Rua in Sicilia Centenario 1910-201036

re d’accompagnarvelo. Il Cardinale non co-nosceva Don Rua, ed anche l’Opera Salesia-na non era da lui conosciuta se non da quelpoco, che vedeva in Palermo; accolse DonRua con molta gentilezza, e fin dal principiodella visita lo invitò con insistenza ad esseresuo ospite nel Palazzo Arcivescovile. DonRua si schermì bellamente, dicendo che vo-leva rimanere all’istituto coi suoi figli; poi siportò l’argomento della conversazione sul-l’Opera Salesiana, e il Cardinale l’ascoltavacon un’attenzione e meraviglia, sia per le bel-le cose che Don Rua diceva, sia pel modotutto particolare con cui discorreva, che pare-va l’ammirazione del Cardinale si accresces-se a ogni istante; si vedeva che l’EminentePersonaggio capiva di aver a sè davanti unSanto, e all’improvviso con visibili segni dicommozione e quasi di scatto si alzò, s’ingi-nocchio davanti a Don Rua, dicendo: “DonRua, mi benedica!”. Fu grande l’impressionee la sorpresa di Don Rua per un tratto di co-sì grande umiltà da parte del Cardinale; an-ch’egli si inginocchiò e disse che non era luiche doveva benedire, ma anzi egli e i suoiche erano attorno dovevano ricevere la suaPastorale Benedizione... Il Cardinale non ce-dette e continuò nelle sue insistenze finchèDon Rua concluse: «Senta, Eminenza, dac-ché Ella vuol la mia povera benedizione e melo comanda, faremo così; prima Vostra Emi-nenza benedica me i miei figli, poi io inde-gnamente darò la mia... Così si fece, e noiabbiamo potuto assistere ad un atto indimen-ticabile di reciproca umiltà di un pio e santoCardinale e del nostro amato Superiore».

Fu anche a visitare l’Istituto del S. Cuorea S. Giuseppe Iato, e l’8 maggio, festa del-l’Apparizione di S. Michele Arcangelo, era aCatania. Essendo il suo onomastico, nell’Isti-tuto di S. Francesco si tenne una bella acca-

demia, alla quale intervennero quasi tutti i di-rettori dell’Ispettoria Sicula, le rappresentan-ze dei giovani di diversi Oratori e Istituti, e ungran numero di cooperatori ed ex-allievi. Unafesta indimenticabile.

In una della città, visitate dal Servo di Dioin questo viaggio, «fu assalito – scrive unaFiglia di Maria Ausiliatrice – da una turba dipopolo che voleva vederlo, udirlo, avvicinar-lo. Recatosi dalle suore e dalle loro benefat-trici, trovò le camere gremite di persone chelo aspettavano. Egli però girò lo sguardo, e,salutando amichevolmente, appuntò le pupil-le su suor N. N., monaca in casa. Costei, datempo, per ragioni d’interessi, era in lite conun fratello, che era stato sordo a quanti gliavevano parlato di riconciliazione.

La povera monaca soffriva assai, ed erain preda a vivissima ambascia. Il santo, sen-za alcun preavviso, ma leggendole in cuore,s’avvicinò a lei e le disse: “Coraggio, corag-gio, stia allegra!...”. I presenti si guardaronomeravigliati ed attesero gli avvenimenti. Duegiorni dopo il fratello bizzarro faceva la pacecolla sorella, divenendo tuttora affezionato epremuroso». Fu pure alle case di Bronte eRandazzo, prendendo la linea circumetnea,e in tutte le stazioni dei centri importanti sitrovava il clero con molta popolazione per ve-dere e riverire il Successore di Don Banco.

Il 9 maggio, ricorda Suor Marianna Nica-stro23, «giungeva in Alì Marina, dove mi tro-vavo da qualche giorno come aspirante perseguire la mia vocazione che umanamentesembrava impossibile, ad effettuarsi, per lamia gracilissima salute. Presentatogli il casodalla mia direttrice Suor Decima Rocca24,egli, posandomi la mano sulla spalla, mi as-sicurò che la Madonna mi avrebbe fatto lagrazia, come infatti avvenne. In quell’occa-sione vi fu bisogno di aggiustargli il pastrano,

23 – Sr. Marianna Nicastro nata a Caltagirone il 16 gennaio 1878; professa a Catania il 19 marzo1909, morta a Catania il 28 agosto 1960.24 – Sr. Decima Rocca nata a Gavi (AL) il 1° marzo 1871, professa a Nizza Monferrato il 20 agosto1890, morta a San José di Costarica il 5 dicembre 1967. In Sicilia dal febbraio 1895. Ispettrice inSicilia dopo la morte di Madre Morano (26 marzo 1908) fino al 1912. Nel 1913 partì per l’America La-tina.

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Centenario 1910-2010 Viaggi di Don Rua in Sicilia 37

da cui lungo il viaggio gli era stato tolto unpezzo dai suoi ammiratori per tenerlo comereliquia. Per lo stesso motivo si distribuironoin casa dei pezzetti di stoffa dello stesso, chefortunatamente si dovettero togliere per ag-giustarlo.

Le suore gli offersero un zucchetto nuovoin cambio di quello da lui usato. Una raccon-tava, edificata, che avendo grande urgenzadi dirgli una parola e trovatolo in chiesa chepregava, osò chiamarlo più volte; ma egli nonsi dette per inteso, facendo così capire, chenon doveva interromper la sua udienza conDio per parlare con una creatura; dopo di chesi mostrò molto affabile e compiacente».

A Messina fece la chiusura degli esercizispirituali agli alunni, e nel pomeriggio lascia-va la Sicilia, proseguendo per le Calabrie.

La prima casa che visitò fu quella di BovaMarina25 «dove i Salesiani – scriveva DonBarberis – sono alla direzione del SeminarioVescovile. Vi è un centinaio di chierichetti,cominciando dalle ultime classi elementari alcorso teologico. Sebbene arrivati ad ora tar-da perchè erano scoccate le 22, vennero al-la stazione, che è lontana anzichenò dal Se-minario, i chierici del corso teologico e filoso-fico e ginnasio superiore ad incontrare DonRua, con palloncini e lumi per rischiararci lavia. I più piccoli attendevano all’ingresso delSeminario, tutto illuminato a festa. AncheSua Eccellenza Mons. Vescovo stava coichierichetti ad aspettarlo. Con che entusia-smo quei vispi chierici calabresi ricevetteroDon Rua! acclamavano e davano il benvenu-to, proprio come si farebbe all’Oratorio dopolunga assenza dell’amato Padre. Sebbene lafermata a Bova non potesse essere che bre-vissima, la parola insinuante e piacevole diDon Rua elettrizzò quei cari giovani, i qualiavrebbero voluto che non si partisse da loro».

Il Servo di Diochiese al direttore DonEusebio Calvi26 noti-zie dell’andamentodella casa; questi glicomunicò che c’era unalunno colto da gravepolmonite. Don Rua sirecò a visitarlo, lo be-nedisse in nome diDon Bosco con la be-nedizione di Maria Ausiliatrice, e guarì. Cosìattestava il chierico Agrippino Tamburino27,allora novizio, residente in Seminario.

«Al mattino tutti fecero la Santa Comunio-ne dalle sue mani, poi si tenne una solennis-sima accademia, presente il Vescovo e tutti imaggiorenti del paese; discorso, musica edeccellenti poesie si succedevano bellamen-te... Come i Siciliani, i Calabresi sono sve-gliatissimi per ingegno e, direi, poeti per na-tura. Specialmente un chierico inneggiò allegrandezze della Calabria antica, alla sua bel-lezza, ed al bisogno presente di essere aiu-tata, che ci commosse tutti.

A S. Andrea del Jonio, a Borgia28, a So-verato, si ripeterono le acclamazioni e i rice-vimenti già descritti altre volte. Numerosissi-mi giovani degli Oratori e delle scuole seraligli andavano incontro anche a vari chilometridal paese, portando mazzi di fiori che veniva-no ad offrire a Don Rua; e ciascuno con unramo d’olivo, o d’altro albero, in mano dava-no l’aspetto di una processione clamorosa,poiché non cessavano le grida di Evviva DonRua! Evviva i Salesiani! Anche l’Arciprete, ilSindaco, le Autorità, a Borgia vennero incon-tro a Don Rua fuori del paese; vi fu lo sparodi mortaretti e la strada quasi letteralmentecoperta di fiori.

Ma quale desolazione per altra parte! Ca-

25 – Allora Bova Marina apparteneva all’Ispettoria Sicula ed era stata aperta nel 1898.26 – Don Eusebio Calvi Ancor chierico, proveniente da Valsalice, fu del gruppo che aprì la casa di Ran-dazzo nel 1879. Vi rimase per sei anni. Fu per sei anni direttore a Bova Marina e per due anni al S.Luigi di Messina.27 – Agrippino Tamburino di Mineo del 1883. Nel 1907 se ne uscì.28 – Anche Borgia, in provincia di Catanzaro, aperta nel 1905, apparteneva all’Ispettoria Sicula.

Don E. Calvi.

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Viaggi di Don Rua in Sicilia Centenario 1910-201038

se cadute pel terremoto29, altre tutte puntel-late, baracche di qua e di là, dove per moltotempo dovranno abitare intere famiglie! Lachiesa parrocchiale grande, bella, è mezzocaduta, e l’altra parte pericolante, di modoche Don Rua per dare la Benedizione e par-lare al popolo dovette farlo nella parrocchiaprovvisoria, che è nient’altro che una barac-ca di legno con fessure da ogni parte...

Indimenticabile riuscì la Comunione ge-nerale dei giovanetti all’Oratorio festivo diBorgia. Don Rua medesimo ed io e l’ispetto-re che ci accompagnava e i due preti dellacasa attendemmo alle confessioni la sera an-tecedente forse per tre ore di seguito. Chebuoni giovani! senza coltura e poveri, si, mareligiosissimi di fondo, non han bisogno senon di chi li guidi; docili, si può dire che nonhanno mai bisogno di essere avvisati perchèstiano buoni in chiesa; amanti della parola diDio non potevano distaccarsi da Don Rua,che più volte rivolse loro fervorose espressio-ni ed incoraggiamenti...

Soverato: vi è per ora un Oratorio festi-vo30, ma si sta cominciando la fabbrica d’unabella chiesa e collegio attiguo per accoglieretanti giovani di questa parte meridionale del-la Calabria sul Jonio». Don Piccollo ricordacome il Servo di Dio si recò a visitare la Ba-ronessa Scoppa di Badolato31 per studiarecon lei la fondazione di alcune case che glivenivano proposte. Fu notevole nella visitache fece alla suddetta signora una novità,che certo non era mai capitata a Don Rua nèad altri salesiani in Italia... Dalla stazione diS. Andrea sul Jonio al paese Don Rua dovet-te salire in lettiga portata da due robusti mu-li, mentre noi del seguito stavamo su un car-ro trascinato da buoi. Così all’andata e al ri-torno esperimentò questa novità, e pareva

godesse meravigliato di non soffrire il mal dimare, come per lo più accade.

E qui conviene accennare due disposizio-ni d’animo di Don Rua. La prima è la gratitu-dine che dimostrava verso la BaronessaScoppa perchè nelle circostanze di questavisita mi disse parecchie volte: “Bisogna as-solutamente che tu cerchi di accontentarequesta pia signora; a me ha mai dato nulla si-nora, ma è sempre stata grande e generosabenefattrice di Don Bosco... Io ribatteva: “Maa Borgia non è conveniente aprir casa, è luo-go troppo fuor di mano; non ho potuto per-suaderla di porre un’opera a Catanzaro, o inqualche centro più importante”; ma egli: “Non

importa, procura diaccontentarla anchea Borgia, dobbiamomostrare la nostragratitudine. La se-conda cosa è che daquel tempo Don Ruacominciò a dirmi“Don Francesco32,pensa alle Calabrie;qui vi è bisogno, apripiù case che puoi inquesta regione!”.

«Parole ripetute-mi in seguito molte volte, e che furon pure leultime udite dal suo labbro: Pensa alle Cala-brie!...».

«Durante questo viaggio da Bova a S.Andrea del Jonio – dichiara Don Piccollo –avvenne tra me e il signor Don Rua un di-scorso che attesta... la potenza miracolosadella preghiera di lui...»; e noi lo riferiremo asuo luogo, cioè quando se ne vide, in modolampante, l’effetto prodigioso.

A mezzanotte del 13 lasciava la Calabria.

29 – Ci si riferisce al terremoto avvenuto la notte del 7 e 8 settembre del 1905.30 – L’Oratorio festivo dipendeva dalla casa di Borgia, ma si stava costruendo e la casa di Soveratosarà aperta nel 1907.31 – Nobil donne Calabresi che si adoperarono per aprire le case di Borgia e di Soverato: BaronessaMaria Caterina Scoppa, Marchesa di Cassibile (per Soverato); Baronessa Enrichetta (Borgia); Baro-nessa Alfonsina Scoppa, Marchesa di Francia (Soverato), madre della Marchesa Enrichetta Lucifero(Soverato).32 – Don Francesco Piccollo, Ispettore della Sicula.

Don F. Piccollo.

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LETTERE INEDITE DI DON RUA

Sono venuto in possesso delle fotocopie di due lettere di Don Rua inviate al Canonico Buccheri di Pie-traperzia. Le lettere sono state ritrovate nella casa delle Figlie di MA in Pietraperzia. Al Sac. Filippo Ma-rotta siamo grati della loro interpretazione e trascrizione, come pure delle notizie relative al Can. Bucche-ri.

Rev.mo Signore(dalla busta: padre Vincenzo Buccheri)

5-7-1897

A riscontro delle sue riverite missive del 2 volgente le dichiaro che faremo iscrivere volentieri gliindividui, da V. S. notati in apposito elenco, nell’Arciconfr.ta di Maria Aus.ce; ed eseguiremo pure ladi lei commissione alla Direz.ne del nostro magazzeno somministrante. Non so per altro se le sarannodalle medesime somministrati, /salvo V. S. abbia con esse conto corrente/ gli oggetti in sua lettera do-mandati, prima di averne ricevuto il relativo importo: (aggiunta di Don Rua) perché d’ordinario lecommissioni devono essere accompagnate dal relativo importo per essere eseguite.

Sono con distinto ossequio di V. S. Rev. ma

DDeevv..mmoo iinn DDoommiinnooSSaacc.. MMiicchheellee RRuuaa

Il sacerdote Vincenzo Michele Bucche-ri, destinatario delle due missive di donRua, nacque a Pietraperzia l’8 Maggio1867 e qui morì il 7 Febbraio 1960 all’etàdi 92 anni.

Divenuto sacerdote, padre Buccheri fuchiamato a reggere le rettorie della chiesadi San Giuseppe e del Santuario della Ma-donna della Cava.

Fino a tarda età celebrò la messa do-menicale delle ore 11 nella Chiesa Madre,dove rivestì anche la carica di canonicodella “Comunija” (Communia).

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lì 6 Ottobre 1898Rev.mo Sig. Can.co Buccheri

Pietraperzia

Ho ricevuto la gradita sua lettera del 3 c.te e sinceramente ringrazio la S. V. Benemerita delle n. 10messe che s’offre a elebrare gratuitamente secondo le mie intenzioni a titolo d’offerta per grazia rice-vuta per l’intercessione di M. SS. Ausiliatrice.

N. 5 altre messe che s’offre a celebrare il Rev.mo Can.co Amico Cal. per l’invio del Bollettino.Inoltre V. S. si compiacerà di celebrare ancora altre.

N. 19 messe per l’importo di 2 oleografie di M. A. e due immagini in croma che le saranno spedi-te quanto prima; l’esperienza già fatta ci consiglia di non spedire quadri con cornice in paesi lontani;perché sempre vengono rovinati. Si è per questo che le mandiamo le sole immagini in cromolitogra-fia che V. S. potrà fare inquadrare con cornice più o meno ricca come le piacerà; così non si corre al-cun pericolo di guasti.

Intanto io noterò a suo carico l’obbligo di n° 29 messe ed a carico del sig. can.co Calogero Amicon° 5 ˝ totale a mio scarico n° 34 messe che verranno celebrate al più presto secondo le mie intenzioni.

Con sincera stima e riconoscenza mi professodi V. S. Rev. in Corde Jesu.

DDeevv..mmoo SSeerrvviittoorreeSSaacc.. MMiicchheellee RRuuaa

SSccrriittttoo ppeerrppeennddiiccoollaarree aallllaalleetttteerraa

L’avverto però che non potròun’altra volta concedere merciper limosina di messe, senzaaver presso di me una specialeautorizzazione per iscritto dalsuo Ordinario.Così prescrivono i nostri rego-lamenti – per questa volta fac-cio eccezione trattandosi dipoca cosa, ma la prego di(non) ripetere simili commis-sioni senza accompagnarle daqualche riga d’approvazionedel suo ordinario che mi auto-rizzi ad accettarle.

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1 – D. Clemente Bretto, era l’economo generale e accompagnava D. Rua in questo viaggio.2 – Il S. Luigi di Messina, che dopo alcuni mesi sarebbe stato distrutto dal terribile terremoto del1908. La foto ci mostra uno scorcio dell’istituto e la facciata della chiesa.3 – D. Bartolomeo Fascie di Verezzo (Savona-Italia) (1861). Studente ad Alassio, visse con don Bo-sco durante gli studi universitari a Torino, sentì il fascino del Santo e della vita salesiana. ricevette latalare da D. Rua e fu salesiano. Venne in Sicilia come Direttore dell’istituto pareggiato di Bronte inSicilia 1896-1907, anno in cui i superiori lo elessero ispettore delle case di Sicilia (1907-13). Con que-sto ufficio passò alla Ligure, Toscana ed Emilia (1913-20). Infine, nel 1919, Don Albera lo chiamò al-la carica di Consigliere Scolastico nel Consiglio Superiore. Nel 1930 rappresenterà il Rettor MaggioreDon Rinaldi, impedito a partecipare, alle celebrazioni che si fecero in Sicilia per il Cinquantenario del-l’opera salesiana in Sicilia. Morì a Torino il 31 gennaio 1937.

Arrivo in SiciliaGiunto a Messina alle 15 (del 3 maggio),

scendeva nella prima barchetta che si pre-sentò, e in pochi minuti era alla spiaggia. “Ungiovane facchino – scrive Don Bretto1 – pron-to afferra le nostre valigie, ci fa passare allavisita dei bagagli e ci accompagna ad unavettura, come gli avevamo detto. Saliti in vet-tura, gli chiediamo che voleva di mancia edegli rispettosamente rispose: – Cinquantacentesimi! – Noi non avevamo spiccioli italia-ni; il signor Don Rua, aperto il suo portamo-nete, osservò, poi sorridendo disse al facchi-no: – E se io ti do un franco, tu ti offendi?Quegli sorrise ringraziando. La carrozza cicondusse al collegio salesiano2, e qui giunti,quale non fu la meraviglia?! “Don Rua!... macome? Non è a Malta? …” La colpa era del-la posta; s’era scritto a tempo da Alessandriad’Egitto e la lettera giungeva all’ispettore DonFascie3 il giorno dopo l’arrivo.

Centenario 1910-2010 Viaggi di Don Rua in Sicilia 41

Continuiamo il nostro flashback sulle ormedi Don Rua. Dopo i primi quattro viaggi ecco ilquinto: maggio 1908.

Di ritorno dalla Terra Santa passa dalla Si-cilia 2 anni dopo il precedente viaggio, era ac-compagnato da D. Bretto, economo generale.

Arriva a Messina (3 maggio), Alì, Acireale(4), Catania (5), Siracusa (5), Malta (6-7), Si-racusa (8), Catania (8-9), Messina (9), Cala-bria: Soverato (10), Borgia (11-12)...

Nel momento della visita – maggio – le ca-se dell’Ispettoria erano 15: Randazzo (1879),S. F. Neri (1885), Cibali (1891), Alì (1891),Bronte (1892), Marsala (1892), S. Gregorio(1893), S. Luigi (1893), Pedara (1897), BovaMarina (1899), Sampolo (1902), Borgia(1905), S. Patrizio (Malta) 1905, Modica Bas-sa (1907), Soverato (1907).

Il terzo volume di D. Amadei ne tratta per10 pagine pp. 400-409.

CENTENARIO DELLA MORTE DI DON RUA

a cura di Don Salvatore Spitale

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Viaggi di Don Rua in Sicilia Centenario 1910-201042

Giunse inatteso, e ricevette le più liete ac-coglienze; la fama della sua santità era parti-colarmente diffusa nell’isola. Com’ebbe pre-so un po’ di ristoro, fu subito in mezzo ai gio-vani, visitò l’Oratorio festivo, andò a visitareMons. Arcivescovo4, il quale aveva detto chevoleva assolutamente vederlo quando sareb-be passato a Messina; ed assistè ad unaadunanza del Circolo Don Bosco, compostodi giovani dai 18 ai 30 anni, catechisti e assi-stenti dell’Oratorio festivo con viva soddisfa-zione.Alì Marina

All’indomani (4 maggio), celebrata laMessa della Comunità, proseguiva per Ali

Marina, e si recava presso le Figlie di MariaAusiliatrice.

Da pochi mesi era morta la loro ispettriceMadre Maddalena Morano,5 e volle rivolgerloro parole di conforto… Fece anche aggiu-stare il pastrano, che aveva subito un grossotaglio, per l’indiscrezione di alcuni devoti, nel-la parte posteriore.

Ricordava Suor Teresa Panzica6 che ilServo di Dio per nascondere il guasto, stret-to nelle mani il lembo dell’abito, lo teneva al-to e tirato da una parte, e appena la videesclamò; – Fate voi la penitenza; vedete chenon posso uscire di casa, aggiustatelo peramor di Dio. – E la suora l’aggiustò meglioche poté, perché il guasto era nel centro. Enon v’era tempo di far meglio dovendo ripar-tire subito dopo pranzo. E coll’abito così rat-toppato serenamente proseguì.

La stessa suora ci dice che ebbe anche ilbene di potergli parlare per un momento. Glidisse: « – Padre mio buono, avrei una cosaa dirle, vuole avere la bontà di ascoltarmi?

– E perchè no? – Senta, Padre, quandoio era più giovane aveva un gran desiderio dimorir martire per amor di Dio: ora, Padre, chevedo le cose stringersi e che vi può essere laprobabilità di verificarsi il mio desiderio, mispavento ed ho gran timore per le cose checorrono contrarie alla nostra Santa Religio-ne... temo, mi pare di non avere il coraggio ela forza di sostenere il martirio, se tanta gra-zia il Signore volesse concedermi. – Egli miascoltò benigno, e poi rispose: “Sentite, buo-na figlia, ai tempi nostri non vi saranno piùquelle specie di martirio che davano i tiranniai cristiani. Quindi questo non vi sarà, maqualora ciò permettesse il Signore, vi darà lagrazia e la forza che diede ai Santi Martiri.Adesso v’è un’altra specie di martirio, moltopiù doloroso per le anime buone che soffro-

Messina: Oratorio Boccetta.

4 – Letterio D’Arrigo Ramondini (Itala, 15 novembre 1849 – Messina, 18 ottobre 1922), dal 1898 erasucceduto al Card. Giuseppe Guarino, colui che aveva accolti i primi salesiani provenienti da Torinoper andare a Randazzo.5 – Madre Morano era morta a Catania, da appena una quarantina di giorni, il 26 marzo 1908.6 – Panzica Maria Teresa di Cesarò 1852 - 1932. Direttrice per tre anni a Catania “San Filippo” lacasa delle suore unita ai Filippini di via Teatro Greco.

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no, ed è una pena grande che loro sta fittanel cuore; il vedere tanti mali, tanti scandaliche allagano la terra..., vedere la nostra San-ta Madre, la Chiesa, il suo Capo, cioè il Som-mo Pontefice..., questa navicella col suo Pi-lota, sbattuti dalle onde furibonde dei suoinemici..., vedere malmenati i sacri ministri e ifigli tutti fedeli di questa Santa Madre, laChiesa..., questo dico è un martirio per le ani-me buone più tormentoso dello stesso marti-rio di sangue…”. Pregate, infine mi diceva, esoffrite questa specie di martirio! – E fu l’ulti-ma volta che gli parlai”.

Mancavano pochi minuti al treno – ag-giunge Suor Decima Rocca7 – e noi ancora afargli ressa, quando all’ultim’ora ricordo chevolevo che benedicesse e desse un’immagi-ne a ciascuna. Egli comprese tutto il mio pen-siero.

Quella doveva essere una reliquia. – Iltreno fischiava già in lontananza... Prese trale sue mani le immagini, le benedisse, e poicon tutta lestezza le fece scorrere due o trevolte nelle sue mani in modo da toccarle tut-te, poi le restituì dicendo: – Le darete voi al-le ragazze! e alle suore – e corse al treno chelo aspettava in stazione. Quanta condiscen-denza, quanta delicatezza e quanta trascu-ranza di se stesso in quell’atto che ci lasciòtutte profondamente commosse”.

Partì da Alì all’una e mezzo, ed alla sta-zione di Taormina incontrava gli alunni del-l’istituto di Catania che facevano la passeg-giata annuale. Gli applausi che fecero al Ser-vo di Dio attrassero l’ammirazione dei pas-seggeri, e i giovani ebbero la gioia di vederloscendere con loro ad Acireale dove avevanostabilito di fare il pranzo. Subito se ne diffusela notizia.

Il Superiore del Collegio San Michele8,

che li avrebbe avuti ospiti, schierava i suoicento alunni all’ingresso dell’istituto e facevaaffiggere per le vie dei biglietti con la scritta:W. S. Filippo! W. Don Bosco! W. Don Rua!Una giornata indimenticabile; tanto era l’en-tusiasmo che ovunque destava la sua com-parsa.

Nel maggio del 1908 – scrive Don Antoni-no Fasulo – mi trovavo a Messina nell’Istitu-to salesiano. Giunse Don Rua di ritorno dalsuo viaggio in Oriente. Ebbi la fortuna d’ac-compagnarlo da Messina a Catania. Dovun-que appariva il buon Servo di Dio, attorno alui vedevo destarsi una corrente di muta rive-rente attenzione. Anche nella stazione di par-tenza, mentre attendeva il turno davanti allosportello del bigliettario, tutti gli occhi si fer-marono sopra di lui. Una signora, riccamentevestita, dopo averlo riguardato visibilmentecommossa, mi si avvicinò per chiedermi chifosse quel santo. Appena seppe che era DonRua, non potè più trattenere la commozioneed inginocchiatasi, lì stesso, a vista di tutti,volle essere benedetta. Quando l’umile ve-gliardo alzò la scarna mano sopra di lei, tuttii presenti, dei quali certamente non potrei ga-rantire la fede religiosa, si scoprirono il capo,compresi di sacro rispetto”.Malta

Il 5 dopo aver celebrato a Catania e rice-vuto la professione religiosa di vari chierici ecoadiutori9, partiva per Siracusa e s’imbarca-va per Malta, approdando alla Valletta versomezzanotte. Al porto era ad attenderlo Mons.Farrugia,

«Si doveva inaugurare l’altro istituto sale-siano di Sliema, Juventutis Domus, ed era -ci scrive il comm. Alfonso Galea10 — venutoappositamente a Malta. In quei giorni S. E.

7 – Sr. Decima Rocca nata a Gavi (AL) nel 1871, morta a San José di Costarica il 5 dicembre 1967.In Sicilia dal febbraio 1895. Ispettrice in Sicilia dopo la morte di Madre Morano (26 marzo 1908) fi-no al 1912. Nel 1913 partì per l’America Latina.8 – L’Istituto San Michele, fondato nel 1875, e diretto dai Padri Filippini.9 – Sono riuscito a rintracciare i nomi di alcuni di quei chierici che fecero i voti quel giorno: Di Fran-cesco Onofrio, Furnari Emilio, Garra Vito, Gennuso Vincenzo, Lombardo Giuseppe, Raspa Cherubino,Savarino Giuseppe, Scornavacca Antonino.10 – Il donatore, insieme alla moglie e alla cognata, dell’opera.

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Mons. Arcivescovo Don Pietro Pace trovava-si a Roma. Il suo vicario generale Mons. Can.Salvatore Grech insisteva di voler compierelui il rito della benedizione dei locali, mentrespettava a Don Rua, arrivato verso la mezza-notte, tra il 5 e il 6 maggio. Da parte mia non

me la sentivo che si facesse questo scambio,mi sembrava inurbano..., si desiderava chefosse Don Rua e nessun altro, tanto più cheera stato invitato alla funzione. Don Rua, pe-rò, per non mancare di riguardo verso l’auto-rità ecclesiastica, mi chiese se avessi piace-re che invitasse egli stesso Mons. Vicario abenedire i locali della Domus, per cui si sa-rebbe subito firmato l’atto di donazione ai sa-lesiani, invece che nel giorno dell’inaugura-zione.

Capii la sua prudenza e abnegazione, ecome negare nulla al suo sorriso pieno di pa-terno affetto? Verso le ore 9 pomeridianescrisse a Mons, Vicario pregandolo a nomeproprio di benedire la Domus, e l’atto fu fir-mato verso le ore 10 pomeridiane la vigiliastessa dell’inaugurazione, 6 maggio 1908,presenti come testimoni il marchese Testa-ferrata Olivier e il marchese onorevole avvo-cato Alfredo Mattei, dinanzi al notaio PietroMifsud. La donazione della Domus e del-l’Oratorio festivo si faceva dal sottoscritto e

11 – Don O’Grady Patrizio Irlandese (1860) “All’età di 20 anni venne in Italia con l’Arcivescovo di To-ronto per essere presentato al Santo Padre e poi proseguire per il Canada per dedicarsi al ministerosacerdotale in quella diocesi: ma nella sosta fatta dall’Arcivescovo a Torino, Don O’ Grady con altritre compagni fu così conquiso dalla santità di Don Bosco che rimase all’Oratorio” (Dal Dizionario bio-grafico dei Salesiani) Divenuto salesiano per due anni fu in Argentina con Mons. Cagliero: per 12 an-ni da sacerdote, nelle isole Malvine ebbe cura degli emigrati irlandesi. Dal 1903 al 1923 nell’Ispetto-ria sicula fu direttore a Malta. Morì a S. Francisco USA il 16/08/1943.

Malta-Sliema: Teatro della «Juventutis Domus».

sua moglie Elisa e la signorina Mary Aspfar,di lei sorella. Dopo la benedizione dei locali,7 maggio, S. E. il Governatore Sir Henry Fa-ne Grant consegnava le chiavi della Domusal sig. Don Rua».

Quindi si svolse il programma «di un’ac-cademia, della quale – osserva-va Don Bretto – non mi sarebbepossibile, anche scrivendo moltepagine, il dire bene quanto basti;canti e suoni, recite e discorsi sisuccedettero in modo superba-mente grandioso, inappuntabile.Chiuse il sig. Galea con affettuo-se parole, inneggiando soave-mente alla cristiana educazionericevuta dai suoi genitori cuiascrisse il vanto dell’egregia

opera compiuta. Sfollata la sala, il Comitato della festa si

strinse in intimo colloquio col sig. Don Rua,che, salutati poi i giovanetti, dopo d’aver ce-nato alla Valletta in casa di Mons. Farrugia ilquale per la circostanza ha invitato a far co-rona al Successore di Don Bosco molti egre-gi signori, si recava a bordo di quella stessasera, per tornare in Sicilia. Erano le ore 24,quando Don O’Grady11 e il distintissimo sig.Galea ci lasciarono al porto, anzi a bordo, au-gurandoci buon viaggio...».

Malta-Sliema: Istituto S. Alfonso e Oratorio Salesiano.

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SiracusaL’8 maggio (festa dell’apparizione di S.

Michele Arcangelo) – ricorda Don GiuseppeCammarella – arrivava dopo una pessimatraversata del canale di Malta, a Siracusaverso le ore 11, e chiedeva subito di poter ce-lebrare la Santa Messa. Il Foglio Ufficiale del-l’Archidiocesi, nel n. 5 di quell’anno, scriveva:«È stato tra noi Don Rua, l’Eliseo del venera-bile Don Bosco. Celebrò Messa nella Catte-drale. Avvisato Mons. Arcivescovo12, credutoassente dall’ospite illustre, scese subito el’incontro fu commoventissimo. Don Rua ac-cettò l’ospitalità offertagli. Seppi dopo dai se-minaristi, che l’Arcivescovo ripeteva quelgiorno, durante le funzioni della festa com-memorativa di S. Lucia:

– Abbiamo avuto tra noi un santo! – ».Catania

Nel pomeriggio proseguì per Catania, edalla stazione trovò tutti i direttori dell’ispetto-ria per passare in intima festa familiare il re-sto di quel giorno, come nel 1906.

Il mattino del 9 si recò a celebrare pressole Figlie di Maria Ausiliatrice per ripetere an-che ad esse parole di rassegnazione, e diconforto per la perdita di Madre Morano, equella fu l’ultima messa che il Servo di Diocelebrò in Sicilia. Breve era il tempo che ave-va a disposizione, ma accontentò tutte le re-ligiose, lasciando loro nell’animo i più cari ri-cordi.

«Sentiva il bisogno vivissimo di confidarea lui una mia pena – narra Suor Grazia Can-tarella13 – per avere il suo consiglio illumina-to, e il buon padre che temeva di perdere lacorsa, dovette licenziarsi prima che io potes-si parlargli.

Passandomi vicino, mi guardò con queisuoi occhi che penetravano nell’intimo del-l’anima. Comprese il mio bisogno, la mia pe-na? Io credo, perché mi sorrise benevolmen-

te, mi porse la mano da baciare, e paterna-mente mi disse: – Coraggio, figliuola, doma-ni metterò m’intenzione per voi nelle Messa.– Ogni dubbio, ogni timore scomparve, senti-vo già gli effetti della preghiera d’un santo!»Si trattava di una pena interiore; sentiva forteil dovere di tendere con tutte le sue forze alconseguimento della perfezione religiosa, ele sembravano insufficienti i mezzi per riusci-re a raggiungere le virtù necessarie, percombattere le battaglie spirituali, vincerà sestessa e divenire una vera Figlia di Maria Au-siliatrice, secondo lo spirito di Don Bosco;per questo era tanto scoraggiata. Dal mo-mento che Don Rua le diede quello sguardo,che per lei fu un lampo di luce divina, sentìinfondersi nuovo coraggio, ebbe la persua-sione di poter riuscire a migliorar se stessacon i mezzi che la Provvidenza le offriva gior-no per giorno, e serena attese al lavoro del-l’anima sua, vivendo ancora molti anni pia,prudente, caritatevole, laboriosa e amantedell’ adempimento d’ogni dovere sino al sa-crifizio.

Mi trovavo educanda in quella casa – rac-conta Anastasi Giovanna – e pensando cheanch’io dovevo avere la consolazione di ve-dere sì veneranda persona, si ravvivò in mel’ardente desiderio di volergli parlare perso-nalmente, per ricevere qualche savio consi-glio, e promisi una Via Crucis in suffragio del-le anime sante del Purgatorio, se avessi po-tuto avere tanta fortuna. Eravamo schieratein un corridoio a pian terreno, quando DonRua entrato con in mano delle medagline diMaria Ausiliatrice, le distribuiva. Il mio occul-to desiderio mi spingeva a volergli parlare,ma pensando che sarebbe stata una ecce-zione per le altre educande, non osai.

E mentre dava a me la medaglina e glibaciai la rnano, col volto sorridente e vocechiara mi disse: – Coraggio neh? – Indicibilefu la mia consolazione; rimasi appieno soddi-sfatta.

12 – Era Mons Luigi Bignemi vescovo di Siracusa da dicembre 1905 al dicembre del 1919.13 – Cantarella Grazia di Paternò (CT) 1872 - 1933. Per tutta la vita fu cuciniera e guardarobiera aCatania “San Francesco di Sales”.

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Per maggior sicurezza volli domandaread una mia compagna (con la quale ci trova-vamo alle due estremità del corridoio) seavesse sentito dire qualcosa ad alcuna men-tre passava vicino a lei; e con tutta ingenuitàmi rispose: No, diceva niente a nessuna! –Dopo ciò, senz’indugio mantenni la promes-sa della Via Crucis in ringraziamento, stiman-do l’accaduto un’ispirazione divina avuta adintercessione delle anime purganti».

Tornato in via Cibali al collegio salesiano,tenne conferenza ai direttori e ai giovani del-le Compagnie di S. Luigi e del SS. Sacra-mento, e in fretta ai avviava alla stazione.Mentre stava per uscire gli si presentò uri pa-dre piangente, accompagnando un figlio,alunno del collegio che per ordine del dotto-re doveva condursi a casa perché, colto dagrave malattia infettiva agli occhi, e pregò ilServo di Dio che lo guarisse. Don Rua – nar-rava Don Gaetano Patanè14 – mise la manosul capo del giovane, poi disse al direttore15del collegio che era presente: – Questo gio-vane può rimanere in collegio, perché non hanulla. – Il dottore, pure presente fece le sueforti ed energiche proteste, esclamando: – Oio sono pazzo, o non capisco niente! – Il Ser-vo di Dio partì; il dottore volle accertarsi del-lo stato della malattia del ragazzo e lo trovòcompletamente guarito».Messina

Partì verso le ore 15, alla volta di Messi-na. Qui alla stazione centrale lo attendevanoamici, Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice edue squadre di alunni per salutarlo. I giovani

si affrettarono a raggiungere il porto e giun-sero ancora in tempo ad applaudire al buonPadre mentre scendeva nel piroscafo, e con-tinuarono a salutarlo con le mani e i berretti,finchè il bastimento scomparve... Era l’ultimavolta che lo sguardo del Servo di Dio si posa-va su quelle spiagge, sulle quali alla fin del-l’anno doveva tornare a posarsi dolorosa-mente il suo pensiero, forse anche nei terribi-li istanti del disastro tellurico16, nel quale dueanni prima aveva assicurato un confratelloche non sarebbe perito17, mentre ne sareb-bero rimasti vittime non pochi alunni e con-fratelli18… anche di quelli che l’avevano salu-tato allora allora con tanto entusiasmo!Calabria

A Reggio Calabria l’avvicinarono devota-mente per baciargli la mano alcuni chiericidel Seminario, dicendo che in maggior nu-mero l’avevano atteso la sera innanzi.

Il Servo di Dio salì in treno, e proseguì si-

14 – Don Gaetano Patanè nato a Nunziata nel 1876. Fu dei primi al noviziato di Sicilia a Mascali. Fua Tunisi: Oratorio festivo per gli italiani. Nel 1907 è a Sanpierdarena. Rientra in Sicilia nel 1910 aMessina, Alì, Catania, Pedara direttore di Oratorio, economo, insegnante, catechista. Nel 1927 par-tì per il Mato Grosso. Vi morì nel 1947.15 – Era direttore di Cibali dal 1897 Don Mantelli Giovanni. Era di San Salvatore (Alessandria-Italia)del 1862. Proveniente da Firenze venne in Sicilia nel 1897 e fu direttore della casa di Cibali per die-ci anni fino al 1908 quando venne sostituito da Don Camuto e Don Mantelli partì per Torino Valdoc-co. Morì a Chiari nel 1950.16 – Si fa riferimento al terremoto che doveva colpire Messina alle 5,20 della mattina del 28 dicem-bre del 1908. Ecco un’immagine di quello che era il S. Luigi dopo il terremoto. Una triste fila di ba-racche.17 – Vedi in appendice.18 – Le vittime del terremoto furono 38 alunni, 9 Salesiani, 4 persone di servizio:totale 51.

Messina-S. Luigi dopo il terremoto del 1908.

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no a Soverato. A Bova Marina l’attendevaDon Piccollo19 che gli fece compagnia sino aFoggia. Giunse a Soverato mezz’ora primadella mezzanotte; e il di seguente, per la mu-nificenza della compianta Marchesa di Cas-sibile20, aveva la consolazione di benedire laprima pietra della chiesa e dell’Istituto Sale-siano. L’11 si recò a S. Andrea a visitare labaronessa Scoppa e la Marchesa di Francia,nostre insigni benefattrici, che lo veneravanoanch’esse come un santo. Celebrò nella lorocappella; e prosegui per Catanzaro Marina edi là, dopo più di due ore di carrozza, giunsea Borgia. Il 12, accompagnato dall’arciprete eda vari sacerdoti del luogo e dei dintorni e damolti signori si recò a benedire il nuovo istitu-to e vi celebrò la prima Messa, quindi tra unpopolo festante, a suon di banda e tra lo spa-ro di mortaretti, tornò alla casa, dove i nostriallora dimoravano.

La sera, verso le nove e mezzo, riparti incarrozza per Catanzaro, e alle 23? prosegui-va per Rossano, dove giungeva verso le 3?del mattino, per far visita al Vescovo che in-sistentemente gli aveva manifestato íl desi-derio di vederlo e di parlargli. La vettura l’at-tendeva alla stazione. Giunto in episcopiocelebrò la S. Messa e s’intrattenne a lungocon Mons. Mazzella21, che gli espose il vivis-simo desiderio d’avere i Salesiani nella suadiocesi e nella sua terra natale; quindi l’ac-compagnò a visitare la Cattedrale e a vene-rarvi l’immagine dell’Acheropita22; e lo con-dusse in seminario, e il Servo di Dio rivolse aichierici i preziosi suggerimenti che soleva ri-petere Don Bosco ai sacerdoti per cattivarsila fiducia popolazioni.

Nel pomeriggio saliva nuovamente in tre-no, dopo aver parlato alla stazione con un al-tro vescovo che voleva egli pure i Salesiani;e, cambiando convoglio a Metaponto e a Ta-

ranto, giungeva la sera a Bari, all’Istituto Sa-lesiano.

La mattina dopo tenne un caro fervorinoalla Messa: «Voi volete onorare e contentareMaria Ausiliatrice; amate Gesù, suo Figlio.Egli è già in mezzo a noi, e si compiace distarvi: Corrispondete con amarlo tanto. Trat-tenetevi volentieri con lui, venendo a visitar-lo, venendo a riceverlo».

Don Piccollo ci dà altri particolari: Incon-trai il sig. Don Rua a Bova; mi pareva stancoe deteriorato in salute; nel viaggio aveva per-duto 6 o 7 denti; se prima non mi era maisucceduto di vedere Don Rua appoggiatoquando sedeva, ora era costretto a prenderein viaggio una posizione di riposo; era peròsempre vivace e zelante, come portava lasua carità instancabile anche allora nel viag-gio. non perdeva un minuto di tempo.

La funzione della benedizione e della po-sa della prima pietra della chiesa di S. Anto-nio di Padova a Soverato fu solenne ed entu-siastica per quelle popolazioni.

A Soverato sembrava dimentico di noi,ma procurava di passare il maggior tempopossibile col giovane Arciprete e s’intrattene-va con lui tutte le volte che poteva. Questiera uno dei migliori sacerdoti della diocesi diSquillace, e forse era per ciò molto caro aDon Rua; si vedeva che voleva portarlo asempre maggior perfezione; forse egli, cheaveva un intuito superiore e divino, sapevasupernamente che quel sacerdote dovevamolto presto essere chiamato all’eternità, ecercava di disporvelo. Mistero! Dio solo losa!...

«Don Rua, pure in Soverato, fu spettato-re di una terribile invasione di cavallette pio-vute dall’Africa; tutti i territori di Soverato edei paesi circonvicini ne erano ricoperti; incerti luoghi lo stato di questi ditteri arrivava

19 – Don Piccollo dall’anno precedente non era più ispettore delle Sicula e si trovava assegnato allacasa di Soverato.20 – Nobildonna siciliana che possedeva grandi feudi nei ditorni di Siracusa e Cassibile.21 – Mons. Orazio Mazzella † (24 marzo 1898 - 14 aprile 1917 nominato arcivescovo di Taranto).22 – Immagine Acheropita del Redentore. “Acheropita” in greco significa “non fatto da mano uma-na”.

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ad un palmo. Don Rua, impressionato per si-mile sciagura pregava; qualche volta con unaverghetta picchiava quelle malefiche bestio-le; il flagello durò pochi giorni, e l’esercito de-gli animali distruttori volò altrove».

A Borgia «le Comunioni furono più di sei-cento e le persone che vi avevano partecipa-to, dopo la funzione, non sapevano distacca-mi da lui; si vedevano quelle buone vecchie,quei contadini prostrarsi a terra per baciare leorme lasciate da Don Rua e il posto doveaveva posato i piedi».

Alla stazione di Rossano «lo attendevaun altro Vescovo, Mons. Chieppa23, vescovodi Cariati, il quale salì in treno e mise a sup-plicarlo perché inviasse i Salesiani nel Semi-nario della sua diocesi; Don Rua voleva far-gli capire le difficoltà a poter accordargliquant’egli desiderava, Ma il Vescovo conti-nuava ad insistere, però con tanta grazia,che faceva pena perfino a noi il veder DonRua costretto a negargli quel favore. Al fineDon Rua disse: «Senta, Monsignore, fraqualche anno Vostra Eccellenza sarà traslo-cato dall’ attuale diocesi in altra più importan-te. Sa, Vostra Eccellenza, se il suo Succes-sore avrà le intenzioni che ella ha ora? Mon-signore si tacque e alla stazione più vicina di-scese, ammirato dell’amabilità di Don Rua,come Don Rua era edificato dello zelo e del-la bontà di quel giovane Prelato»; il quale,l’anno dopo, avverandosi le parole di DonRua, veniva promosso alla sede di Lucera.

A Bari fu grandemente festeggiato in ca-sa e anche dai signori della città. Studiò i bi-sogni di quell’istituto, e non solo permise chesi terminasse la fabbrica, ma si offrì a fornireil denaro per compiere il lavoro.

Io lo accompagnai fino a Foggia, e poi do-vetti separarmi per continuare la visita dellecase del Napoletano. Quando lo salutai, an-che allora mi disse come per ultimo salutodallo sportello del treno:

«Caro Don Francesco, cura la tua salute;ma, sai, pensa alle Calabrie!».

23 – Lorenzo Chieppa (1863-1918). Vescovo di Cariati dal 22 giugno 1903 al 23 giugno 1909 quan-do fu nominato vescovo di Lucera come profetizzato da Don Rua. Morì il 15 ottobre 1918.

AAppppeennddiicceeUna Profezia.(Mentre attraversava la Calabria) Durante il tra-gitto da Bova Marina a S. Andrea del Ionio avven-ne fra il detto Ispettore (Don Piccollo) e Don Ruaun colloquio misterioso, che il primo lasciò de-scritto. Erano le 21. Nello scompartimento si tro-vavano essi soli con due Salesiani, che sonnec-chiavano in un angolo. Don Piccollo profittò delmomento per dire a Don Rua: – Senta, signorDon Rua, io ho da qualche tempo più che unapreoccupazione, un presentimento che tra nonmolto debba morire, non io solo però, ma conuna cinquantina dei nostri; anzi mi pare che sare-mo in cinquantadue a morire. – Don Rua lo guar-dò stupito. Non prese tuttavia la cosa alla leggera,ma gli chiese di spiegarsi meglio. – Non ho altropensiero, rispose; non so dove nè in che tempo,ma la voce interna mi dice che quando morirò, sa-remo in cinquantadue a presentarci a Dio. Tacqueallora Don Rua; anche il suo interlocutore fece si-lenzio e pensava ad altro. D'un tratto Don Rua lotoccò leggermente sulla spalla e gli disse: – Senti,caro Don Francesco, ora io pregherò per te; quel-lo che mi dici, non ti capiterà più. – Trascorserodue anni e Don Piccollo non ricordava nemmenopiù quel discorso, quando accadde un fatto cheglielo fece ricordare. Viveva egli in riposo a Sove-rato nella Calabria, donde già due volte era anda-to a godere le feste natalizie con i confratelli diMessina, come contava di fare anche una terzavolta nel 1908; ma l'obbedienza lo mandò visita-tore straordinario nelle Ispettorie napoletana, ro-mana e ligure. Il 28 dicembre del 1908, tragicadata dello spaventoso terremoto calabro-siculo,egli stava nel collegio di Alassio in Liguria, e igna-ro dell'accaduto, sognava che in quei giorniavrebbe dovuto sperimentare il beneficio del mi-te inverno di Messina. Invece proprio in quelgiorno l'inaudito cataclisma aveva sepolto sotto lerovine di quell'istituto cinquantuna vittima. Lacinquantaduesima l'avevano dunque salvata lepreghiere di Don Rua?

(Cfr. Eugenio Ceria: “Vita del Servo di Dio Don MicheleRua”, SEI 1949, pp. 426-27.)

NB. Le vittime furono: 9 Salesiani, 38 alunni, 4persone di servizio = 51.

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CONCLUSIONE

All’inizio di questa piccola raccolta scrivevo; “durante queste celebra-zioni centenarie si sente l’esigenza di ritornare alla fonte, di riscoprire lospirito genuino che ha vivificato la vita e l’azione dei primi salesiani. Leg-gere la loro biografia, i loro scritti, la cronaca delle loro “geste”, le impres-sioni di coloro che li avvicinavano e ascoltavano, può essere un modo di co-gliere il segreto (se c’è un segreto) del loro successo.

A qualcuno, a distanza di cento anni, può sembrare fuori moda (anchealcune parole lo sono) o “ingenuo” il racconto dei fatti e il modo di com-portarsi degli attori della nostra cronaca, esagerate le manifestazioni di af-fetto e di venerazione suscitate negli altri, o forse bisognerà convenire chedavanti al soprannaturale si diventa da tutti “ingenui”.

Rivisitando i viaggi di Don Rua in Sicilia, forse, siamo rimasti esterefat-ti e increduli davanti alle manifestazioni tributategli da paesi interi e da sin-gole persone. Sono archi di trionfo, sono mortaretti, sono più bande contem-poraneamente che suonano, sono evviva, sono masse che si accalcano, chevogliono toccare ed essere toccati e benedetti. Sembrano cose impossibili.Eppure ci sono i diari di questi viaggi scritti da persone degne di fede: DonBarberis, Don Bretto, il Coad. Rossi; ci sono le testimonianze di Salesiani eFMA, primo fra tutti Don Piccollo, Ispettore.

Non sono cose impossibili. Sentite ciò che scrive Don Eugenio Ceria nel-la sua biografia del Servo di Dio Don Michele Rua a pag. 322: “dalla cro-naca del viaggio, scritta minutamente quasi giorno per giorno dal Salesia-no che lo accompagnava, è facile rilevare esuberante espansività dell’ani-ma siciliana, espansività che altrove potrebbe sembrare eccessiva, ma cheera espressione sincera di veraci sentimenti; si vede pure la religiosità diquel popolo, che, intuendo nell’uomo il santo, non sapeva mettere limiti al-la sua venerazione. Si dovrebbero perciò ripetere le stesse cose ad ogni fer-mata: Catania, S, Gregorio, Pedara, Trecastagni, Bronte, Randazzo, Ma-scali, Vizzini vorrebbero tutti la loro pagina”, Se c’era cuore e religiosità,allora tutto era bello.

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24 aprile 1906 - Seconda visita di Don Rua a Pedara.

Don Rua, figura dolce e amabile, entusiasmò il paese lasciandotutti enormemente commossi.Restarono in tutti scolpite le sue venerate sembianze nelle menti,e nei cuori rimase un forte e tenero affetto di questo santo vivente.Pedara in questa occasione fece di tutto per dimostrare che erastata grande nell’affetto per Don Rua.

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