Notiziario sulla sicurezza nov dic 2014

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Anno VI | numero 6novembre | dicembre 2014

ISSN 2283-9356

| innovazione | r icerca | aggiornamento |

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e all’aggiornamento dei professionisti della Sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita oltre che degli esperti sulle problematiche Ambientali.

Grazie a una tiratura cartacea di 2.000 copie e una mailing list di 30.000 contatti, ogni numero raggiunge 32.000 professionisti del settore.

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rezza”, della newsletter telematica e di tutte le comunicazioni. Il trattamento avverrà anche mediante strumenti informatici. Il soggetto ha diritto, in ogni momento, di chiedere l’aggiornamento, la rettificazione ovvero l’integrazione dei dati forniti.

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2 pagine centrali€ 1500,00

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1/4 di pagina€ 200,00

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Redazionale 1/2€ 200,00

Redazionale 1 pag.€ 300,00

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Comitato Tecnico-Scientifico ([email protected])Sig. Michele Marengo, Ing. Stefano Dalla Nora, P.I. Andrea Maccari, P.I. Sebastian Gallmetzer, Geom. Giovanni Buffoli, Sig. Ezio Savojni, Ing. Gaspare Vannicola, Arch. Patrizio Sirtori

Comitato Tecnico-Formativo ([email protected])Gaspare Vannicola, Leonardo Bajoni, Marco Bergamaschi, Sebastian Gallmetzer, Renato Pedrazzini, Raffaele Scorza, Patrizio Sirtori, Rocco Manenti

Collaborano con noi

Direttore ResponsabileGaspare Vannicola

Coordinatore EditorialeDaniela Nasi

RedazioneCinzia Bianchi, Dalila Marcotti, Saveria Smerdel, Marco Reina, Eleonora Zoli

Progetto grafico e impaginazioneEleonora [email protected] Service Sas

Contatti Ufficio MarketingSul nostro sito internet è disponibile il prospetto relativo alle inserzioni pubblicitarie. Per maggiori informazionie-mail: [email protected]

EditoreEmmeV Serice SasTel. 02.36708805 – Fax. 02.36708803e-mail: [email protected]

ProprietàEmmeV Service SasSede Legale: Via Doberdò, 22 MilanoTel. 02.36708805 – Fax. 02.36708803e-mail: [email protected]: www.emmev.it

RegistrazioniCamera di Commercio di MilanoN.REA 1947743P.IVA 07269590969 del 01/04/2011N.ROC: 21011 del 06/04/2011Registrazione del Tribunale n.390 del 18 settembre 2009

StampaPublistampa Arti Grafichevia Dolomiti 36, Pergine Valsugana (TN)tel. 0461.511000 fax 0461.533914www.publistampa.com

© CopyrightLa collaborazione è gradita, utile e gratuita. Tutti gli interessi sono invitati a mettersi in contatto con la redazione. I dattiloscritti, le fotografie, i disegni non si restituiscono anche se non ven-gono pubblicati. Le opinioni espresse dagli autori non impegnano la direzioni della rivista. La società editrice si riserva il diritto di non pubblicare e in ogni caso declina ogni responsabilità per possibili errori od omissioni nonché per eventuali danni risultanti dall’uso dell’informazione contenta nella rivista. Riprodurre parte dei testi è permesso evidenziando la fonte.

Tutela della privacyNel caso siano allegati alla rivista, o in essa contenuti, questionari oppure cartoline commer-ciali, si rende noto che i dati trasmessi verranno impiegati per i principali scopi di indagini di mercato e di contatto commerciale, ex D.L. 123/97. Nel caso che la rivista Le sia pervenuta in abbonamento, si rende noto che l’indirizzo in nostro possesso potrà venire impiegato anche per l’inoltro di altre riviste o di proposte commerciali. È in ogni caso diritto dell’interessato, in qualsiasi momento, richiedere la cancellazione, la ret-tifica o l’aggiornamento ai sensi della L.675/96

Abbonamenti6 uscite bimestrali € 60,00Arretrati € 12,00 salvo esaurimento scorteVersamento su c/c IT94W0326801607052370339740Intestato a EmmeV Service Sas - Via Doberdò, 22 - 20126 Milano

Geom. Renato PedrazziniRSPP e docente corsi di formazione

Ing. Adriano Paolo Bacchetta Coordinatore

www.spazioconfinato.it

Dott.ssa Giovanna PiranaResp. Comunicazione interna

Polo Chirurgico Confortini

Dott. Piergiorgio FrascaStudio FrascaPsicologia del lavoro

Avv. Maurizio CilioneLML Avvocati, Foro di Milano

Ingg. Massimo Granchi, Christian Trinastich

MTM Consulting

Ufficio StampaAssociazione AIESIL

Irene ScordamagliaCorte d’Appello di

L’Aquila - Area Penale

Ing. Mario RomeoDirigente Salute e Sicurezza - SIA Srl

Ing. Massimo TrolliEx Dirigente ARPA, PiemonteConsulente OCERT Srl

Fernando CordellaSegretario Nazionale UGLVigili del Fuoco

2 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

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Sommario

7Non chiamiamole morti bianche | Renato Pedrazzini

Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

4 L’editoriale

28Spazio Confinato | Adriano Paolo Bacchetta

11Psicologia del Lavoro | Piergiorgio Frasca

38La Parola al Legale | Maurizio Cilione

18D.Lgs 81 | AIESIL

48Responsabilità del datore di lavoro sulla sicurezza delle macchine marcate CE | Massimo Granchi, Christian Trinastich

15Bastano le sole mani per salvare una vita | Giovanna Pirana

59Formazione alla Sicurezza | Mario Romeo

52Verifiche Attrezzature di Lavoro | Massimo Trolli

46Antincendio | Fernando Cordella

| L’unica manifestazione italiana interamente dedicata a riqualificazione, recupero e ristrutturazione edilizia |

Oggi più che mai, infatti, è importante ri-uscire a proporre soluzioni di recupero dell’esistente in grado di garantire il ri-

pristino del patrimonio edilizio secondo logiche economicamente sostenibili, rispettose dell’am-biente e che permettano un maggior risparmio energetico...

Restructura 41

22Relazione dell’incontro sul tema: le ultime novità in materia di sicurezza sul lavoro | Irene Scordamaglia

Gentili lettrici e gentili lettori,

notiamo che si sta affermando sempre più il con il concetto di “sicurezza funzionale” in relazione alle funzioni di si-curezza delle macchine realizzate con tecnologie elettriche ed elettroniche, a seguito alla pubblicazione di numerose norme che ne fanno uso (es. IEC 61508, IEC 62061, norme entrate in vigore in Europa e pubblicate come EN).In sostanza si parte dai principi della norma EN 954-1 e il e dal vecchio “diagramma di rischio” usato per valutare in modo “soggettivo” la gravità del danno, la frequenza e/o il tempo di esposizione al pericolo e la possibilità di evitarlo, per poter arrivare alla categoria richiesta per ogni parte del sistema legata alla sicurezza, secondo la teoria che, essendo i rischi connessi al funzionamento corretto del sistema di controllo elettrico di sicurezza, la loro riduzione è necessari-amente legata alla resistenza ai guasti (cortocircuiti, ecc.).Invece la “sicurezza funzionale” viene definita come “parte della sicurezza della macchina e del suo sistema di controllo che dipende dal funzionamento corretto dello SRECS (Sistema Elettrico di Controllo Relativo alla Sicurezza - il sistema elettrico di controllo di una macchina il cui guasto può produrre un immediato aumento del rischio), di altri sistemi con tecnologia relativa alla sicurezza e ad impianti esterni per la riduzione del rischio”. Se in passato si tendeva a scegliere sempre componenti con una categoria superiore specificata dalla norma EN 954-1, le norme relative alla sicurezza funzionale hanno come scopo incoraggiare i progettisti a focalizzarsi maggiormente sulle funzioni concretamente necessarie a ridurre ogni singolo rischio, oltre che sui livelli prestazionali richiesti a cias-cuna funzione, piuttosto che fare semplicemente affidamento su componenti specifici.Poiché allo stato dei fatti la norma EN 954-1 può considerarsi superata, le valide alternative disponibili cui fare riferi-mento sono la norma EN/IEC 62061 e EN/ISO 13849-1. Entrambe le norme permettono una valutazione precisa delle prestazioni di ogni singola funzione e degli elementi di rischio, anche se in modo diverso: in base alla norma EN/IEC 62061 si determina il livello di integrità della sicurezza richiesto (SIL); mentre sulla base della EN/ISO 13849-1 si calcola il Performance Level (PL). Il progettista è libero di utilizzare indifferentemente le specifiche della norma EN/IEC 62061 o della norma EN/ISO 13849-1, o anche di altre normative. Sia la norma EN/IEC 62061 che la EN/ISO 13849- 1 sono norme armonizzate che assicurano un’automatica presunzione di conformità ai requisiti Essenziali della Direttiva Macchine. Ciò nonostante occorre ricordare che qualsiasi norma venga scelta questa dovrà essere utilizzata integralmente e che non è possibile mischiare i requisiti di più norme in un unico sistema.Attualmente è in corso uno studio che vuole realizzare un’integrazione degli standard IEC e ISO per la redazione di un Al-legato comune ad entrambi gli standard, con l’obiettivo finale di produrre eventualmente un’unica norma di riferimento.Segnaliamo a tutti coloro che volessero approfondire l’argomento della sicurezza dei sistemi di controllo delle macchine che l’Inail ha pubblicato nel 2014 un documento dal titolo: “ Sicurezza funzionale dei sistemi di controllo delle macchine: requisiti ed evoluzione della normativa”.

Vorremmo concludere questa ultima pubblicazione del 2014 con qualche anticipazione sul 2015: il Notiziario è in con-tinua crescita ed innovazione, per questo, oltre a implementare le collaborazioni degli esperti, vuole raggiungere il maggior numero di utenti per tenerli aggiornati sulla sicurezza, e per questo dal 2015 sarà possibile visionare gratuita-mente i numeri in uscita direttamente online su pc e dispositivi portatili.Continuate a seguirci!

Gaspare Vannicola

L’editoriale

4 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

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L’editoriale

Associazione LineaVita Sede legale: via Doberdò 22, 20126 MilanoTel. +39 02.89055936 Fax +39 [email protected] www.lineavita.org

Garantire una

Sicurezzache Salva

la Vita!

La nostra missione:

L’Associazione Linea Vita è un’Associazione

No-Profit che si prefigge lo scopo di divulgare

informazioni corrette e fornire formazione

adeguata in rispetto alle norme tecniche preposte

in materia di sicurezza sul lavoro, ed in particolar

modo in difesa degli operatori sottoposti al

pericolo di cadute dall’alto durante la loro attività

6 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

Socio Ordinario: quota € 75,00 - (Settancinque Euro)Servizi offerti:1) Ricezione tessera socio ALV personale con Username e Password per l’accesso alla parte riservata ai soci 2) Ricezione della rivista tecnico scientifica “Il Notiziario sulla Sicurezza” rivista bimestrale con parte riservata all’Associazione Linea Vita3) Partecipazione ai convegni gratuiti organizzati da ALV4) Partecipazione a due seminari tecnici con sconto del 10%

Socio Sostenitore: quota € 250,00 - (Duecentocinquanta Euro)Servizi offerti:1) Ricezione tessera socio ALV personale con Username e Password per l’accesso alla parte riservata ai soci 2) Ricezione della rivista tecnico scientifica “Il Notiziario sulla Sicurezza” rivista bimestrale con parte riservata all’Associazione Linea Vita3) Partecipazione ai convegni gratuiti organizzati da ALV4) Partecipazione a tutti i seminari tecnici e corsi di formazione con uno sconto del 10%5) Pubblicazione dell’indirizzo della società nella pagina soci con indirizzo web6) Presenza del proprio logo su newsletter mensile dell’Associazione Linea Vita

Socio Fondatore

Coloro che vorranno iscriversi come Soci Fondatori dovranno fare una domanda scritta che verrà posta al vaglio del consiglio direttivo.Condizione necessaria per poter inviare la richiesta d’iscrizione è avere 2 requisiti base:• essere produttore di linee vita;

MODALITÀ DI PAGAMENTO BONIFICO

Conto corrente bancario UNICREDIT Iban: I T 4 2 V 0 2 0 0 8 1 1 1 1 0 0 0 0 0 4 0 5 3 9 9 6 2Informativa ai sensi D.Lgs. 196/2003I dati personali contenuti nella scheda verranno trattati in forma elettronica e cartacea. L’interessato può esercitare tutti i diritti previsti ai sensi della Legge 675/96 e D.Lgs. n. 196/2003, quali il diritto di aggiornare, od anche cancellare i dati.

QUOTE ASSOCIATIVE PER IL 2015valide 12 mesi dalla data dell’iscrizione

Società

Nome Cognome

CF o PI Professcione

Titoli di Studio

via e n° Città e cap Provincia

Tel. Fax E-mail

Modulo di iscrizione per l’anno 2015da inviare via email a [email protected]

o via fax allo 02.89056197

Un socio fondatore ha diritto a tutti i punti indicati nella voce socio sostenitore; in più avrà la possibilità di:• essere pubblicato nel sito nella home page con il proprio link di rimando;• poter usufruire le indicazioni contenute nel “Documento di buone prassi”.

del logo ALV e avrà diritto al bollino blu di riconoscimento atto a certificare che i sistemi linee vita prodotti dall’azienda rispettino

• partecipare ai lavori del comitato tecnico (dopo aver sottoposto la domanda d’iscrizione al coordinatore del comitato).• diventare centro di formazione regionale accreditato ALV

Servizi offerti:

• essere Socio Sostenitore ALV;

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Socio Sostenitore: quota € 250,00 - (Duecentocinquanta Euro)Servizi offerti:1) Ricezione tessera socio ALV personale con Username e Password per l’accesso alla parte riservata ai soci 2) Ricezione della rivista tecnico scientifica “Il Notiziario sulla Sicurezza” rivista bimestrale con parte riservata all’Associazione Linea Vita3) Partecipazione ai convegni gratuiti organizzati da ALV4) Partecipazione a tutti i seminari tecnici e corsi di formazione con uno sconto del 10%5) Pubblicazione dell’indirizzo della società nella pagina soci con indirizzo web6) Presenza del proprio logo su newsletter mensile dell’Associazione Linea Vita

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del logo ALV e avrà diritto al bollino blu di riconoscimento atto a certificare che i sistemi linee vita prodotti dall’azienda rispettino

• partecipare ai lavori del comitato tecnico (dopo aver sottoposto la domanda d’iscrizione al coordinatore del comitato).• diventare centro di formazione regionale accreditato ALV

Servizi offerti:

• essere Socio Sostenitore ALV;

Si moltiplicano le iniziative a sostegno della cultu-ra e per la sensibilizzazione rivolta alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Ben vengano campagne con l’obiettivo di salvaguar-dare e valorizzare la vita umana, nel compimento di un valore fondamentale dell’esistenza che si realizza nell’attività lavorativa dell’individuo come essere uma-no inserito nel contesto sociale.In questo processo di valorizzazione e di tutela si deve, com’è giusto che sia, proseguire l’attività di “formazio-ne” lavorativa che interagisce e completa la compo-nente professionale, umana, morale e civile di ogni la-voratore; il tutto sulla base della propria responsabilità nel contesto aziendale.Ogni lavoratore dunque, nella sua posizione nel pro-cesso di tutela, deve contribuire non solo ai doveri produttivi aziendali, ma allineare a questi, anche quei

Nonostante la diminuzione dei decessi sul lavoro, ci si ostina a considerare queste morti come una cosa nor-male, a discapito del valore della vita stessa.

Non chiamiamole morti biancheValorizzazione e tutela del lavoratore

a cura diRenato Giovanni Pedrazzini

“Ogni lavoratore devecontribuire non solo ai doveri produttivi aziendali, ma allineare a questi anchei doveri atti a salvaguardare la propriasalute e sicurezzaoltre a quella dei suoi colleghi....”

8 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

doveri atti a salvaguardare la propria salute e sicurezza oltre, a quella dei suoi colleghi.Siamo tutti consapevoli che incidenti e infortuni possono essere evitati. Il come, è anch’esso ormai noto: informa-zione, formazione, addestramento, procedure e istruzioni operative, dispositivi di protezione collettiva e individuale, organizzazione del lavoro, manutenzione, ecc.I dati Inail riguardo le morti sul lavoro, segnalano una diminuzione che conforta ma, come si sa, i dati sono destinati a salire a seguito della ripresa economica ap-pena questa, seppur lievemente, consentirà maggior lavoro per le imprese; di conseguenza mantenere un certo grado di attenzione proporzionato al rischio in-fortunistico peculiare all’attività.A seguito di incidenti mortali, si usa spesso la definizio-ne di “morti bianche”. Ebbene, non c’è peggior defini-zione che si possa collegare a incidenti che, conoscen-do i rischi, potevano essere evitati.L’aggettivo “bianco”, allude a qualcosa di lecito, casuale, innocente; come se la morte sul lavoro è da considerare scontata e quindi da accettare per mansioni rischiose. Sappiamo invece che spesso, dietro a una morte sul lavoro, ci sono precise responsabilità; rarissime volte il fato ne determina le conseguenze.Tale definizione è da considerarsi un’offesa per chi è morto sul lavoro ma, soprattutto per le famiglie che in Italia devono lottare contro ogni tipo di ostacolo per avere giustizia, contro chi è responsabile della morte del loro congiunto. Siamo di fronte all’ennesima piaga di questo Paese che non si decide di cambiare rotta, rimettendo in discussione l’ordine dei valori essenziali delle persone e quindi dell’intera società civile.Oggi assistiamo ancora alla riduzione delle spese per la sicurezza, sub appalti a imprese con mancanza di adeguati requisiti, lavoro nero ovunque, aumento della precarietà lavorativa, diritti violati e doveri evasi. Tutto ciò costituisce la base per dover fare i conti con altre tragedie umane.Ogni procedimento giudiziario che è avviato per una morte sul lavoro, è una sconfitta per tutti; per l’intero Paese, per le imprese, per i lavoratori e soprattutto per i parenti delle vittime.Una sconfitta morale, civile, per quella che deve essere la crescita sociale nel rispetto delle norme, la cui fun-zione è di essere un riferimento per tutti; rispetto che, a sua volta, deve essere il motore per una crescita totale, che investe non solo gli ambiti economici ma anche, l’essere umano.

“...assistiamo ancora alla riduzione delle spese

per la sicurezza, subappalti a imprese con

mancanza di adeguati requisiti, lavoro nero

ovunque, aumento della precarietà lavorativa,

diritti violati e doveri evasi...”

Valorizzazione e tutela del lavoratore |

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di Dott. Piergiorgio Frasca Servizi di Psicologia del lavoro e sviluppo organizzativo, Formazione e aggiornamento per la sicurezza e salute sul lavoro, Ergonomia

____________________________________________________________________________

Studio Frasca opera da diversi anni nel campo della Psicologia del lavoro e delle organizzazioni applicata alla prevenzione dei

rischi per la sicurezza e la salute sul lavoro offrendo alle aziende servizi qualificati per lo studio e la valutazione dei rischi

psicosociali, per l’applicazione dei principi ergonomici alle attività lavorative, per la formazione di dirigenti, preposti e lavoratori

in materia di sicurezza e salute sul lavoro. I servizi offerti comprendono:

� Servizio di valutazione del rischio di stress correlato al lavoro.

� Assistenza e supporto alle aziende per la definizione e l’attuazione di strategie personalizzate per la prevenzione, il

controllo ed il monitoraggio del rischio di stress da lavoro

� Servizio di monitoraggio sullo stress lavoro correlato

� Formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori alla sicurezza e salute sul lavoro e sul rischio di stress correlato al

lavoro.

� Valutazione dei bisogni di formazione e dell’efficacia della formazione attuata

� Progettazione e realizzazione di attività formative

� Progettazione e realizzazione di interventi di Behavior Safety

� Valutazione ergonomica delle mansioni e applicazione dei principi ergonomici alle attività lavorative.

� Valutazione conoscenza e competenza nella lingua italiana per lavoratori stranieri (D.Lgs. 81/08, artt. 36 e 37, comma 13)

Servizio di valutazione, intervento e monitoraggio del rischio stress correlato al lavoro

Studio Frasca effettua l’intero ciclo di valutazione, intervento e monitoraggio sul rischio di stress da lavoro come prescritto dal

D.Lgs. 81/08 e s.m.i. secondo le modalità indicate dalla Commissione Consultiva permanente (CM del 18/11/2010). Per la

valutazione dei dati oggettivi sono utilizzate specifiche check-list, mentre per i fattori soggettivi sono utilizzati appositi

questionari somministrabili anche on-line. I risultati con la valutazione del rischio riferita ai fattori di rischio del Contesto

lavorativo e del Contenuto del lavoro e l’indicazione delle criticità rilevate sono illustrati in una relazione dettagliata e sintetizzati

con grafici e tabelle un cui esempio è riportato sotto. Il Servizio viene svolto su tutto il territorio nazionale e su qualsiasi comparto

lavorativo, compreso l’ambito sanitario, le costruzioni, la P.A. Di seguito è riportato un esempio di analisi realizzata con il

questionario QUERTI SLC.

Test ITALSIC di valutazione della conoscenza e competenza linguistica per lavoratori stranieri

In relazione agli adempimenti prescritti dagli articoli 36 e 37, comma 13, del D.Lgs. 81/08 Studio Frasca ha messo a punto il Test ITALSIC

espressamente dedicato alla valutazione delle conoscenze e competenze nella lingua italiana con riferimento alla sicurezza e salute sul

lavoro. Il Test è di semplice utilizzo e non richiede competenze specialistiche per la somministrazione. Per l’elaborazione dei risultati è

utilizzato uno specifico software acquistabile con la prima fornitura del test. Apposite istruzioni guidano l’utilizzatore, ad esempio l’RSPP, in

tutte le fasi di impiego. Il Test è acquistabile inviando la richiesta tramite e-mail a Studio Frasca, al quale ci si può rivolgere per ulteriori

informazioni. E’ anche possibile la somministrazione del test on line.

Per informazioni sui costi dei servizi, telefonare al n° 348-6507545 o inviare una e-mail

all’indirizzo [email protected] o collegarsi al sito www.benessereorganizzativo.eu.

Studio Frasca di Dott. Piergiorgio Frasca è a Monza (20052), via Lecco 88 – Tel. 348-6507545.

L’ISCRIZIONE DÀ DIRITTO A:

Partecipare gratuitamente ai Convegni tecnici. Usufruire di riduzioni su seminari tecnici sulla sicurezza .Ricevere la Tessera Associativa di riconoscimento A.L.V. con password personale.Utilizzare (con username e password personale) il portale Linea Vita, sistema moderno e avanzato di comunicazione per accedere tempestivamente alle informazioni disponibili su tutti i temi della sicurezza con particolare attenzione ai sistemi anticaduta.Ricevere la rivista “Il Notiziario sulla Sicurezza” Rivista Bimestrale Tecnico Scientifica.Promuovere gratuitamente la propria professionalità evidenziandola con il link del proprio sito internet.Evidenziare gratuitamente la propria qualifica di RSSP/ASSP.Utilizzare il servizio informativo esclusivo per i soci “esperto linea vita risponde” e “l’angolo del legale”.

Possibilità di diventare Centro di Formazione Regionale

accreditato Associazione Linea Vita.

A.L.V. Via Doberdò 22, 20126 Milano • Tel. +39 02.89055936 • Fax +39 02.89056197 [email protected] • www.lineavita.org

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La matrice pericolo/rischio-sicurezzaLa relazione uomo-compitoa cura diPiergiorgio Frasca

Indipendentemente dalla sua reale presenza un rischio può venire percepito e valutato solo se un soggetto è in grado di rappresentarselo mentalmente e, quindi, di riconoscerne la pre-senza nella specifica situazione. Con riferimento alla presenza o assenza di un pericolo o di un

rischio (fattore oggettivo) si prospettano due possibilità:• il pericolo/rischio è oggettivamente presente (situazione reale di pericolo);• il pericolo/rischio non è oggettivamente presente (situazione reale non pericolosa).Sotto l’aspetto psicologico (fattore soggettivo) ci sono due modi con cui un soggetto si può rapportare alla medesima situazione:• il pericolo/rischio viene percepito dal soggetto; • il pericolo/rischio non viene percepito dal soggetto. Dalla combinazione tra queste possibilità emerge che, con riferimento al rischio, ogni relazione tra uomo e situazione può essere rappresentata da una matrice dalla quale emergono quattro possibili modalità con cui il soggetto può rapportarsi alla situazione.

Il modo di rapportarsi dell’uomo verso un compito od una situazione, un rischio, un peri-colo, è sempre il risultato della rappresentazione mentale che egli si è fatta degli stessi me-diante le sue percezioni, le sue conoscenze, i suoi atteggiamenti, le sue aspirazione, le sue paure, i suoi affetti e le sue emozioni. Tali determinanti assumono particolare importanza con riferimento alla percezione di un rischio ed alla tendenza ad affrontarlo.

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colo

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Lav

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appropriato ed innescare quindi una condizione di ri-schio a causa dell’incertezza che lo pervade e della pau-ra, dell’ansia e dello stress generati dall’idea che esista del pericolo. È ad esempio questa la condizione che si verifica di fronte a qualche cosa che non si conosce o non si conosce bene e che, pertanto, viene immaginato come un reale pericolo, anche se effettivamente non lo è. In ambito lavorativo è questo il caso di soggetti non formati sulla sicurezza o formati in modo non adeguato. La modalità 3) presenta il massimo di pericolosità in quanto il pericolo è realmente presente ma non viene percepito. È questo il caso di una formazione inade-guata sui rischi lavorativi, oppure di un atteggiamento superficiale verso le condizioni situazionali del lavoro, dovuto ad eccessiva sicurezza. La modalità 4) rappresenta invece una situazione di massima sicurezza, in quanto non vi è presenza di peri-colo e lo stesso non viene percepito.

Dall’esame delle diverse combinazioni della matrice pericolo/rischio-sicurezza, emerge che ai fini della sicu-rezza del soggetto ciò che è importante nell’affrontare una certa situazione o compito non è tanto la effettiva presenza o assenza nell’ambiente di un pericolo reale (fattore oggettivo), bensì la rappresentazione mentale che l’individuo si fa della situazione o del compito e dei loro potenziali rischi.Ciò in quanto è da tale rappresentazione mentale che prende forma il processo decisionale che da luogo al comportamento di risposta alla situazione specifica. In-fatti un rischio o un pericolo che non sono rappresenta-ti nella mente del soggetto, per il soggetto non esisto-no, anche se sono realmente presenti. In ogni relazione uomo-situazione ci sono dunque due modi con cui la stessa può venire descritta e interpretata:• un modo obiettivo, in cui è dominante la presenza di “dati” oggettivi, grazie ai quali il soggetto potrebbe essere in grado di percepire la presenza di un pericolo e dei rischi ad esso connessi. Qualora questi dati colli-mino con le conoscenze e le esperienze del soggetto facendogli riconoscere la situazione come obiettiva-mente pericolosa, si possono innescare le risposte com-portamentali più appropriate di cui il soggetto dispone ed il grado di sicurezza connesso a dette risposte di-penderà in buona misura dalla sua formazione. In que-sto caso, infatti, il soggetto è in grado di rappresentarsi mentalmente il pericolo esistente, ossia con la mente “vede” e “riconosce” la fonte di pericolo così come essa si situa nel contesto. L’informazione che gli giunge dagli stimoli della situazione e contenente il “dato” inerente l’elemento pericoloso è facilmente percepita ed il com-

La relazione uomo-compito |

Nella modalità 1) il soggetto è consapevole della pre-senza di un determinato rischio, che egli percepisce. Questa modalità, almeno potenzialmente, gli garan-tisce una condizione di possibile sicurezza (possibile perché occorre anche considerare in che modo le com-petenze del soggetto si rapportano alle caratteristiche di rischio della situazione), che dipenderà in gran parte dalla formazione posseduta in materia. La modalità 2) sul piano oggettivo sarebbe sicura, in quanto il pericolo non c’è. Tuttavia poiché il soggetto percepisce la situazione come pericolosa, immaginan-do che la stessa presenti comunque una qualche fonte di rischio, il suo comportamento potrebbe essere non

LA MATRICE PERICOLO/RISCHIO-SICUREZZA

1Il pericolo/rischio

è realmente presente e viene

percepito

3 4

2

Il pericolo/rischio è realmente

presente, ma non viene percepito

Il pericolo/rischio non è realmente

presente ma viene percepito come se

lo fosse

Il pericolo/rischio non è realmente presente e non viene percepito

Pericolo/RischioPresente Non presente

Pericolo/rischiopercepito

Pericolo/rischionon

percepito

“...emerge che ai fini della sicurezza del soggetto

ciò che è importante nell’affrontare una situazione

non è la presenza di un pericolo reale, ma la

rappresentazione mentale del compito

e dei potenziali rischi...”.

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ORGANISMO ABILITATO AI SENSI D.LGS 81/2008 E DEL D.M. 14.04.2011

Il datore di lavoro deve sottoporre le proprie attrezzature a verifi-che periodiche o di primo im-pianto, volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficien-za ai fini della sicurezza.

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b) Attrezzature a pressione

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pito del soggetto è semplicemente quello di utilizzare le sue conoscenze e capacità per riconoscere il rischio e classificarlo e per decidere se ed in quale modo affron-tare la situazione. Parimenti l’assenza di dati che sveli-no la presenza di un pericolo, correttamente interpre-tata, produrrà reazioni comportamentali apprpriate.• un modo soggettivo, che si può definire come sen-timento di mancanza (o di presenza) di pericolo, in cui sono dominanti fattori interni ed emotivi e che può anche portare ad assumere decisioni non idonee alla reale pericolosità della situazione. Nella modalità sog-gettiva ciò che prende il sopravvento è l’emotività che si manifesta con la sensazione di presenza o di assenza di un potenziale rischio. A causa del sovraccarico emo-tivo che la situazione gli provoca, il soggetto non è in grado di interpretare correttamente i dati oggettivi provenienti dal contesto, in quanto è condizionato dal-le sue emozioni. Il soggetto, quindi, non “vede” né “rico-nosce” la presenza o l’assenza nel contesto di una fonte

di pericolo obiettiva, reale, ma, a seconda del caso la “immagina” o “non la immagina”, ossia costruisce nella sua mente una situazione nella quale il pericolo o il ri-schio possono esserci o non esserci. Qualora il soggetto immagini l’esistenza di un rischio tenderà a comportar-si come se lo stesso esistesse veramente. In questi casi se il rischio è realmente presente e l’informazione che giunge dagli stimoli della situazione è correttamente interpretata, il soggetto è nelle condizioni di reagire in modo adeguato. Al contrario se il soggetto interpreta erroneamente dei dati, ossia non riconosce il pericolo o lo sottovaluta, o se lo immagina, la sua risposta com-portamentale potrebbe non essere adeguata, in quan-to la rappresentazione mentale della realtà non verreb-be costruita sulla base di dati obiettivi, ma sulla base di sensazioni soggettive condizionate dall’esperienza o dalle conoscenze possedute, o più semplicemente alle sue emozioni e dalle sue paure. Ma può anche accadere che il soggetto non percepisca né immagini mentalmente l’esistenza in quella situazio-ne di un pericolo, che invece è presente. In questi casi egli si troverebbe impreparato di fronte al manifestarsi del rischio con conseguenze potenzialmente assai criti-che per la sua incolumità. Può anche accadere che dai dati che gli arrivano dal-la situazione, egli si immagini di essere in presenza di un pericolo più grande di quanto esso sia realmente, innescando timori e paure che potrebbero dare luogo a comportamenti pericolosi. Anche questa situazione può pertanto presentare un reale rischio. È ad esempio questo il caso che si può verificare quando il soggetto non ha una formazione adeguata e sufficiente sulle ca-ratteristiche dei potenziali rischi che l’attività e il compi-to da svolgere, possono presentare.

Il modo soggettivo di rapportarsi ad una situazione di-pende dunque dalla rappresentazione interiore che il soggetto si fa del “mondo reale”, ad esempio di una si-tuazione lavorativa e dal suo investimento affettivo ver-so di essa. Detta rappresentazione è in ogni caso condi-zionata dai suoi bisogni e dai suoi scopi del momento, dalle sue esperienze passate e dalla cultura o dalle cul-ture presenti nel suo ambiente di vita e di lavoro. Un ruolo determinante per la capacità di un soggetto di percepire, interpretare e comprendere le situazioni la-vorative ed i rischi in esse potenzialmente presenti, è in ogni caso rivestito dalla qualità, adeguatezza ed effi-cacia della formazione ricevuta in materia di sicurezza.

La relazione uomo-compito |

“...può anche accadere che il soggetto non percepisca né immagini mentalmente l’esistenza di un pericolo, che invece è presente”.

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Dalle statistiche risulta che nel 70%, questo even-to, avviene alla presenza di qualcuno ma solo nel 15% dei casi i presenti iniziano le manovre di

rianimazione cardiopolmonare (RCP). Questo fa sì che le possibilità di recupero con una funzionalità cerebrale e relazionale valida siano veramente molto basse e quin-di con altissimi costi personali, per la perdita di funzione cerebrale, oltre che sociali.La RCP ha lo scopo di portare sangue ossigenato al cervello per permetterne la sopravvivenza nei soggetti colpiti da arresto cardiaco evitando così l’instaurarsi del danno anossico cerebrale che, altrimenti, porterebbe a danni irreversibili già dopo dieci minuti di arresto in as-

L’arresto cardiaco inatteso è un evento di notevole impatto sanitario che colpisce in Europa 400.000 persone all’anno, circa 60000 casi all’anno in Italia, con un’incidenza europea giornaliera di 1000 arresti cardiaci.

Bastano le sole mani per poter salvare una vitaL’arresto cardiaco inatteso

a cura diGiovanna Pirana, Polo Chirurgico Confortini

“La RCP ha lo scopo di portare sangue ossigenato al cervello per permetterne la sopravvivenza nei soggetti colpiti da arresto cardiaco...”

senza di manovre rianimatorie. Inoltre l’esecuzione del massaggio cardiaco mantiene la capacità del cuore di rispondere a un’eventuale defibrillazione elettrica.Il soggetto colpito da arresto cardiaco è facilmente rico-noscibile in quanto non risponde alla stimolazione ver-bale e tattile (assenza di coscienza fig1) ed una volta che sono state aperte le vie aeree non respira normalmente ne produce tosse, rumori respiratori e movimenti di to-race e arti (assenza di respiro e circolazione).

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“...L’esperienza ha dimostratoche la riluttanza

nell’eseguire la ventilazione bocca a bocca

da parte dei soccorritori occasionali ha

impedito la prosecuzione della RCP...”

Il riconoscimento dell’assenza di coscienza è fonda-mentale perché è il punto di partenza della catena della sopravvivenza, la serie di azioni che portano alla corretta concatenazione di valutazioni e azioni che possono assicurare alla vittima le migliori possibilità di ripresa. Al riscontro di un soggetto incosciente, in sicurezza, il soccorritore deve chiamare per un aiuto generico. (fig2)

In seguito occorre procedere, previa apertura delle vie aeree, alla valutazione dell’attività respiratoria e circola-toria. Ci si avvicina alla bocca della vittima e guardando il torace scoperto si effettua la valutazione GAS per 10 secondi:• guardo se ci sono movimenti del torace; • ascolto se ci sono rumori dalle vie aeree • sentirò se c’è un flusso di aria, associando la ricerca di segni di circolo (Movimenti-Tosse-Respiro normale = MO-TORE). (fig3)

In loro assenza il soggetto è in arresto cardiaco (AR) pertanto si deve chiamare prioritariamente il 118 (fig4), far portare, se disponibile, un defibrillatore semiauto-matico o DAE (fig5) e procedere alle manovre di RCP in attesa dell’intervento del soccorso professionale, dell’arrivo di un DAE o, assai raramente, della ripresa della vittima.La RCP si esegue ponendo le mani al centro del torace, con le braccia tese ed utilizzando il proprio peso con ful-cro sulle anche, lo si deve comprimere per 5- 6cm (fig. 6).

La vittima deve essere supina distesa su una superficie rigida, lo scopo è di spremere il sangue dalle cavità car-diache verso il cervello comprimendo il cuore tra sterno e colonna vertebrale. Dopo aver eseguito la compressione è necessario che il torace si possa riespandere per permette di nuovo il riempimento del cuore cosi che sia pronto per una nuova compressione.

La successione delle compressioni è veloce con una fre-quenza utile indicata tra le 100 e le 120 compressioni al minuto (fig7).Un massaggio efficace può sostenere il circolo per pa-recchio tempo, con casi riportati anche di più di 60 mi-nuti di massaggio.Sicuramente è faticoso per cui l’indicazione è, qualora ci fosse la possibilità, di sostituire chi massaggia ogni 2 minuti. Qualora chi massaggia ne fosse in grado e si sentisse di farlo, in base alle specifiche circostanze, è opportuno che alterni 30 compressioni toraciche con due ventilazioni bocca a bocca, in assenza di dispositivi di barriera, per ottimizare la RCP portando nuovo ossi-geno nel sangue.L’esperienza ha dimostrato che proprio la riluttanza nell’eseguire la ventilazione bocca a bocca da parte deisoccorritori occasionali ha impedito poi la prosecuzio-ne della RCP nell’errata convinzione che il solo massag-gio cardiaco fosse inutile, mentre al contrario è estre-

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| L’arresto cardiaco inatteso |

“Il DAE, Defibrillatore semiAutomatico Esterno, è sostanzialmente un computer che guida l’operatore con indicazioni sonore e visive alla sua corretta applicazione ed utilizzo...”.

mamente utile. Nei primi minuti di arresto cardiaco il sangue rimane ossigenato a sufficienza per permettere la sopravvivenza del cervello per parecchi minuti, l’im-portante è che sia fatto circolare con le compressioni toraciche. Dato lo stato di morte clinica dell’arresto car-diaco, un soccorso imperfetto ma eseguito è meglio di un soccorso perfetto ma negato, quindi è meglio fare qualcosa che non fare nulla azzerando le possibilità di ripresa di una vita normale.Se sulla scena dell’arresto cardiaco dovesse essere pre-sente, o arrivare dopo la chiamata, un DAE è essenziale il suo utilizzo senza perdita di tempo (fig8).Il DAE, Defibrillatore semiAutomatico Esterno, è sostan-zialmente un computer che guida l’operatore con indi-cazioni sonore ed visive alla sua corretta applicazione ed utilizzo, e lo esonera dalla responsabilità della dia-gnosi. Infatti, nel caso dell’arresto cardiaco, sarà il DAE a dire se è indicata o meno l’erogazione della scarica elet-trica ed eventualmente a mettersi in modalità di carica. Se non c’è l’indicazione il DAE non potrà mai erogare alcuna scarica elettrica. L’unica responsabilità dell’uti-lizzatore è fare in modo che nessuno tocchi la vittima durante l’analisi del ritmo e, ovviamente, durante l’ero-gazione della scarica elettrica.

Nella maggioranza dei casi, circa il 65%, nei primi mi-nuti di arresto cardiaco è presente un ritmo suscettibile di defibrillazione, la scarica elettrica erogata provvede quindi a silenziare la caotica attività elettrica presente permettendo così ad un pacemaker naturale di ripristi-nare un’attività cardiaca naturale. Anche in questo caso la RCP, in attesa di un DAE, è essenziale perché permette al cuore di rimanere ssigenato e suscettibile al successi-vo trattamento elettrico.Una volta erogata la scarica elettrica, se la vittima non mostra palesi segni di vita, si continua con la RCP per due minuti sino a quando il DAE effettua una nuova analisi.Tutto questo viene condotto sino all’arrivo del soccorso professionale del 118 che sarà stato già chiamato al ri-scontro dell’arresto cardiaco.È ormai un’esperienza consolidata per gli operatori del-la Centrale Operativa del 118 dare indicazioni telefoni-che ai testimoni di un arresto cardiaco e guidarli nelle essenziali manovre di rianimazione cardiopolmonare.Da quanto detto si comprende assai facilmente che le manovre rianimatorie di base sono realmente semplici da mettere in atto e applicabili da tutti, infatti bastano “le sole mani per potere salvare una vita!”

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a cura diAIESiL

Presentato in occasione di Ambiente Lavoro - 15° Salone della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, tenutosi a Bologna dal 22 al 24 ottobre, il cvdellasicurezzasullavoro.it è un software web-based che consente ai soggetti protagonisti della sicurezza e alle azien-

de di registrare, archiviare e monitorare il percorso formativo dei propri discenti e dipendenti e, al contempo, permette a questi ultimi di poter avere il proprio curriculum contenuto in un pratico badge. L’obiettivo? Semplificare e migliorare le procedure relative alla gestione della sicurezza sul lavoro. L’idea è nata dal presidente AIESiL, Antonio Malvestuto, il quale - confrontandosi con gli ope-ratori del settore e con le realtà aziendali a livello nazionale – ha colto le difficoltà che, sempre più spesso, questi ultimi lamentano di riscontrare nella pianificazione e nel monitoraggio dei percorsi formativi dei propri discenti o dipendenti, nonché nell’archiviazione cartacea degli at-testati di frequenza. Per essi diventa quindi indispensabile poter disporre di una panoramica dettagliata dei curricula di tutti i discenti. Dall’altro canto, anche i lavoratori rilevano non poche

Innovazione, semplicità, efficienza: questo il mantra che ha portato l’AIESiL - Associazione Ita-liana Imprese Esperte in Sicurezza sul Lavoro e Ambiente all’ideazione e allo sviluppo di un progetto – inedito e, pertanto, depositato presso la SIAE - che rivoluzionerà il modo di gestire gli obblighi relativi alla sicurezza sul lavoro.

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s Quando un’idea diventa una virtuosa realtàAIESiL presenta il cvdellasicurezzasullavoro.it

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problematicità nella gestione dei propri piani formativi, della memoria dei corsi che hanno già seguito e delle scadenze degli aggiornamenti.Poiché il futuro è inarrestabile, AIESiL ha già ampliato il progetto iniziale, inserendo una sezione totalmente dedicata alla Medicina del Lavoro, consentendo così ai Medici Competenti di arricchire i curricula dei lavoratori con le informazioni relative alle visite sanitarie: giorno e scadenza della visita, nonché la relativa idoneità.Nell’ottica di una cultura sociale e lavorativa che premia la trasparenza e l’evoluzione delle specificità delle com-petenze, un primo passo avanti per andare incontro alle esigenze di formatori e discenti è stato compiuto già dal Legislatore con l’art. 2, comma i) del D.Lgs. 10 set-tembre 2003 n. 276, che definisce il “Libretto formativo del cittadino”: «libretto personale del lavoratore definito, ai sensi dell’accordo Stato-Regioni del 18 febbraio 2000, di concerto tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previa intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni e sentite le parti sociali, in cui vengono registrate le compe-tenze acquisite durante la formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento, la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante l’ar-co della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accredi-tati dalle regioni, nonché le competenze acquisite in modo non formale e informale secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento permanente, pur-ché riconosciute e certificate». Grazie a questo documen-to - rilasciato previa richiesta volontaria dell’individuo - le Istituzioni, gli Organi di controllo e le aziende posso-no identificare, monitorare e valorizzare le esperienze e le competenze dei cittadini lavoratori, favorendone una visibilità anche entro una logica di mobilità professiona-le. Il libretto, infatti, costituisce una vera e propria inte-grazione ad Europass, una serie di documenti di certifi-cazione - tra cui il curriculum vitae - in formato europeo e validi in tutti gli Stati membri dell’Unione e del SEE.Tuttavia, dal punto di vista nazionale, esiste ancora un vuoto normativo sulle modalità di rilascio e validazione dello strumento, una carenza che ne ostacola l’attuazio-ne omogenea sul territorio. Ma soprattutto, la maggio-re criticità è rappresentata dal formato del libretto che - seppur compilabile online - è ancora cartaceo, quin-di poco pratico e sempre esposto a rischi e imprevisti (smarrimento, deterioramento, etc.). Ai più informati, non sarà sfuggito ciò che il Legislatore afferma nell’art. 53, comma 5) del D.Lgs. 81/08: «Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro può essere tenuta su unico supporto cartaceo o infor-

Quando un’idea diventa una virtuosa realtàAIESiL presenta il cvdellasicurezzasullavoro.it

Rubrica | D.Lgs 81

“Il Libretto Formativo del Cittadino costituisce una vera e propria integrazione ad Europass, una serie di documenti di certificazione,tra cui il curriculum vitae,in formato europeo...”

matico». Ecco allora che AIESiL, sempre al passo con le normative e la loro applicazione, ha subito recepito il messaggio, traducendolo in una “buona prassi”. In pratica, AIESiL - amministratore nazionale unico del portale - inserisce le aziende e i soggetti formatori aderenti al progetto nel database del software, con-segnando agli stessi i badge richiesti dai responsabili di servizio, in base alle esigenze. Ad ognuna di queste tessere è assegnato un codice identificativo che riporta direttamente al profilo del singolo lavoratore e che ne contiene tutte le informazioni sul percorso formativo (dati anagrafici, titoli di studio, corsi svolti ed aggior-

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lavoro.it sono molteplici e coinvolgono tutti gli attori che operano nella sicurezza sul lavoro. Anzitutto, cia-scun soggetto formatore può inserire e pubblicizzare i propri corsi nel menù a tendina del portale, da cui i cittadini lavoratori potranno visualizzare l’intera offerta dei corsi proposta, e può creare un vero e proprio piano formativo personalizzato per ogni discente. L’Associa-zione che sono onorato di rappresentare è in quotidia-no contatto con gli operatori della sicurezza e per que-sto so bene quanto sia necessario offrire uno strumento che permetta loro di avere una panoramica completa dei percorsi formativi e uno scadenziario efficiente e funzionale, nonché dell’elenco dettagliato dei propri discenti, monitorabili attraverso diverse funzionalità di ricerca, filtro e ordinamento». Ma i vantaggi coinvolgono anche i datori di lavori, che - secondo la Legge - sono indiscutibilmente e in ogni caso responsabili in materia di sicurezza sul lavoro e, pertanto, hanno l’obbligo di informare e formare i pro-pri dipendenti, monitorandone i percorsi formativi e le scadenze obbligatorie in base al D.Lgs. 81/08 e succes-sive modifiche (tra tutte, quelle relative alla Medicina del Lavoro). E allora, anche l’azienda o Ente (nelle ve-sti del datore di lavoro o del R.S.P.P.) ha la possibilità di usufruire di questo strumento, accendendo al portale con un badge personalizzato per creare anche ex novo, verificare e aggiornare i curricula dei propri dipendenti, integrandoli con le esperienze formative passate e con lo storico delle visite sanitarie. E poi ci sono i cittadini lavoratori, che troppo spesso non hanno un quadro completo dell’esperienza già ma-turata e del percorso che resta da seguire. «Anche per loro - spiega il Presidente AIESiL - i vantaggi sono evidenti. Quante volte è capitato al discente di smarrire l’attestato o, al momento di una verifica in azienda o in cantiere, di non ricordare la tipologia e le date in cui hanno svolto i corsi e i relativi aggiornamenti? Da oggi in poi, lavoratori e liberi professionisti potranno tenere sotto controllo con un click il loro percorso di formazione, dove e quando vor-ranno, grazie al pratico badge da portare nel portafogli e collegandosi al portale». Una caratteristica che va a vantaggio di tutti, infatti, è la tipologia responsive del sito, che ne consente l’accesso anche da smartphone e tablet. Un notevole beneficio, questo, pensato soprat-tutto per gli organi di vigilanza preposti al controllo, i quali potranno accedere live al curriculum del lavora-tore, grazie alle credenziali che egli stesso fornirà loro, permettendo così la verifica del proprio percorso for-mativo e dell’idoneità dal punto di vista sanitario.Infine, ma non per importanza, una peculiarità del si-stema a sostegno di tutti e quattro i protagonisti del-

AIESIL presenta il cvdellasicurezzasullavoro.it |

namenti da effettuare) e sullo scadenziario sanitario. È compito del formatore/azienda assegnare i badge ad ogni discente/dipendente, attivandoli tramite il barco-de oppure manualmente, inserendo il codice identifi-cativo riportato sul retro del badge.I vantaggi di tale strumento sono stati chiaramente illustrati al padiglione 36 della Fiera bolognese, che difatti ha attirato una notevole folla di curiosi, tutti in-tenti a coglierne l’aspetto innovativo e funzionale. Ma è lo stesso Presidente A. Malvestuto a riepilogarne gli aspetti più salienti: «I vantaggi del cvdellasicurezzasul-

“L’azienda o Ente ha la possibilità, accendendo al portale con unbadge personalizzato, di verificare e aggiornare i curricula dei propri dipendenti, integrandoli con le esperienze formative passate e con lo storico delle visite sanitarie...”

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Una prassi, una buona prassi, che perfezionerà note-volmente la user experience di chi si occupa e di chi fa formazione: questa è la promessa di AIESiL, che guarda al futuro attraverso un presente già di successo.

la gestione della sicurezza (datori di lavoro, soggetti formatori e consulenti, medici competenti e discenti): il software è predisposto in modo da avvisare ognuno di loro sulle date di scadenza di corsi, aggiornamenti e visite sanitarie, all’interno di un determinato intervallo di tempo, grazie ad un alert personalizzato in base alle esigenze ed alla normativa; il sistema, infatti, conosce già di default la validità di ogni singola attività e, di con-seguenza, sa quando avvertire i soggetti interessati.

Rubrica | D.Lgs 81

“il software è predisposto in modo da avvisare ognuno di loro sulle date di scadenza di corsi, aggiornamenti e visite sanitarie, all’interno di un determinato intervallo di tempo...”

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La relazione dell’incontro sul tema: le ultime novità in materia di sicurezza sul lavoro23 giugno 2014, Palazzo di giustizia, Pescara (II parte)a cura diIrene Scordamaglia , Area Penale della Corte d’Appello di L’Aquila

Al datore di lavoro si affiancano – almeno nelle organizzazioni di lavoro complesse - il dirigente ed il pre-posto, che nell’organigramma aziendale, sono figure responsabili della sicurezza dei lavoratori in quanto di-retti destinatari delle norme finalizzate alla tutela di tale bene giuridico. Perciò essi assumono la qualità di garanti dell’obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintendono ad una certa porzione dell’attività d’impresa, impartendo istruzioni, dirigendo gli operai, attuando le direttive ricevute e control-landone l’esecuzione. Sicchè rispondono iure proprio della morte o delle lesioni occorse ai dipendenti, a con-dizione che vi siano comportamenti ricorrenti, costanti e specifici dai quali desumersi l’effettivo esercizio di tali funzioni dirigenziali, come tali riconosciute in ambito aziendale, anche nel campo della sicurezza del la-voro con poteri decisionali al riguardo.

Questa articolazione dei doveri di sicurezza implica, tuttavia, che, nell’ipotesi in cui vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascun garante risul-

ta per intero destinatario dell’obbligo di impedire l’even-to, fino a che non si esaurisca il rapporto che ha legittima-to la costituzione della singola posizione di garanzia.Gli obblighi di vigilanza e di controllo gravanti sul dato-re di lavoro non vengono meno neppure con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezio-ne, il quale ha una funzione di ausilio diretta a suppor-tare e non a sostituire il datore di lavoro nell’individua-zione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informa-zione e di formazione dei dipendenti. Ne consegue che, pur restando il datore di lavoro il titolare della posizione di garanzia per quanto attiene alla valutazione dei rischi ed all’elaborazione del documento contenente le misu-re di prevenzione e protezione in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, non può escludersi il profilarsi di una concorrente re-sponsabilità per il verificarsi di un infortunio a carico del responsabile il quale, ancorché privo di poteri decisio-nali e di spesa tali da consentire un diretto intervento per rimuovere le situazioni di rischio, abbia contribuito a cagionare l’evento, omettendo di segnalare al datore di lavoro la situazione pericolosa da cui lo stesso è sca-turito e che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione

“Gli obblighi di vigilanza e di controllo gravanti sul datore di lavoro non vengono meno con la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione...”

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| 23 giugno 2014, Palazzo di Giustizia, Pescara |

avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione (così Sez. IV n. 2814, 27 gennaio 2011).Del pari, in caso di lavorazioni interferenti, il datore di lavoro - committente, con la nomina del coordinatore per la sicurezza nella fase di progettazione e/o di esecu-zione, se trasferisce a tali soggetti lo svolgimento di una funzione tecnica di alta programmazione o vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, non dismette l’obbligo di puntuale e continuo controllo su di esse (che grava anche sul dirigente e sul preposto) e rimane titolare di una posizione di garanzia volta alla verifica che il tecnico nominato adempia al suo compito. In particolare le figure del coordinatore per la progetta-zione e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsa-bili nel campo della sicurezza, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell’incolumità dei lavoratori.

4. Gli obbliGhi ‘derivati’ di protezione della salute dei lavoratori: la deleGa di funzioni

Trasferimento degli obblighi di sicurezza ad un delegato che subentra nella posizione di garanzia originariamente gravante sul datore di lavoro, ad eccezione del dovere di valutazione dei rischi e di programmazione globale delle misure di protezione. Esclusione della responsabilità del datore di lavoro solo se gli eventi antinfortunistici o tec-nopatici non riguardino aspetti strutturali che dovevano essere presi in considerazione nella valutazione dei rischi aziendali. Requisiti di validità della delega: effettività dei poteri decisionali e di spesa. Perdurante obbligo di vigi-lanza del delegante sull’attività svolta nel suo complesso dal delegato: complessiva gestione del rischio. Uno spe-cifico e qualificato spazio di approfondimento dev’ essere dedicato al problema della delega di funzioni, atteso che, con la norma di cui all’art. 16 d.lgs. n. 81/2008, (così come modificata dal d.lgs. n. 106/2009), il legislatore ha inteso recepire l’omologo istituto di matrice giurisprudenziale, per il quale, all’interno delle strutture complesse, il preci-puo obbligo di sicurezza del datore di lavoro può essere ad altri trasferito, con conseguente sostituzione e suben-tro del delegato nella posizione di garanzia che fa origi-nariamente capo al datore di lavoro ed esclusione della riferibilità di eventuali eventi lesivi ai deleganti a condi-zione che tali eventi siano il frutto di occasionali disfun-zioni e non di difetti strutturali aziendali o del processo produttivo, che non siano stati neppure presi in conside-razione nel documento di valutazione dei rischi.

La validità della delega esige inoltre che il relativo atto di delega sia espresso, inequivoco e certo ed investa perso-na tecnicamente capace, dotata dei relativi poteri decisio-nali e di intervento e che abbia accettato lo specifico inca-rico, fermo restando, comunque, l’obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi corret-tamente la delega, secondo quanto la legge prescrive, per quanto detta vigilanza non abbia ad oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni - che la legge affida al garante - ma, piuttosto, la complessiva ge-stione del rischio da parte del delegato.

“...quando il datore di lavoro trasferisce lo svolgimento di una funzione tecnica di alta programmazione o vigilanza, non dismette l’obbligo di puntuale e continuo controllo su di esse...”

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5. il medico competente : compiti e responsabilità

Soggetto dotato di comprovata e specifica professio-nalità, che collabora - nelle organizzazioni obbliga-toriamente sottoposte a sorveglianza sanitaria - con l’imprenditore nella valutazione dei rischi ed è incari-cato della sorveglianza sanitaria sui lavoratori, contri-buendo attivamente a tutelarne la salute intesa come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’in-fermità” (art. 2, comma 1, lett. o). Il ruolo propulsivo ed attivo del medico competente - in ossequio al secondo il principio della sicurezza partecipata che implica un approccio multidisciplinare e integrato - che vale ad assegnargli un’autonoma posizione di garanzia. Un’ulteriore sezione dell’incontro di studio è stata de-stinata a selezionare i compiti e le responsabilità del medico competente, che l’art. 2, comma 1, lett. h) del d.lgs. 81/2008 definisce come il “medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all’art. 38, che collabora, secondo quanto previsto

dall’art. 29, con il datore di lavoro ai fini della valutazio-ne dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti previsti dal presente decreto” e che, perciò, in ragione della sua qualificata professionalità, costituisce una figura di as-soluta centralità nel sistema di protezione dei lavoratori ed è chiamato a svolgere funzioni in stretta connessio-ne con gli altri soggetti della sicurezza, in primis con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e prote-zione, senza avere però un ruolo meramente accesso-rio o ausiliario in quanto egli è chiamato ad operare in modo autonomo, imparziale e con una propria perso-nale responsabilità, come dimostrato dal fatto che l’art. 58 del t.u. sicurezza sul lavoro contempla specifiche sanzioni per l’inosservanza da parte del medico com-petente degli specifici obblighi prevenzionistici che su di lui incombono ai sensi dell’art. 25 dello stesso t. u. Il medico competente, peraltro, non costituisce una figura necessaria in ogni azienda, essendone obbliga-toria la nomina soltanto nelle aziende che eseguono lavorazioni a rischio - come, ad esempio, le lavorazioni che comportano esposizione dei lavoratori a piombo, amianto o rumore -, perché, in tal caso, il legislatore ha inteso garantire in maniera rafforzata la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro prescrivendo che gli obblighi di prevenzione e protezione gravanti sul datore di lavoro siano assolti con la collaborazione professionalmente qualificata di un medico aziendale, il quale dovrà accertare in via preventiva e periodica lo stato di salute dei lavoratori, istituire e aggiornare le cartelle sanitarie e di rischio per ogni lavoratore, visita-re periodicamente gli ambienti di lavoro insieme al re-sponsabile del servizio prevenzione e protezione.Egli, in ogni caso, non deve limitarsi ad eseguire gli accer-tamenti obbligatori e prescrivere eventuali esami specia-listici ma, secondo il principio della sicurezza partecipata - che implica un approccio multidisciplinare e integrato - deve mantenere contatti continui con tutti gli altri sog-getti della sicurezza, in particolare con il datore di lavoro e il servizio prevenzione e protezione.In quest’ottica di recente la giurisprudenza di legittimi-tà (Sez. 3, Sentenza n. 1856 del 11/12/2012 Ud. (dep. 15/01/2013 ) Rv. 254268) ha precisato, con riferimento all’ambito di attribuzione di compiti consultivi al «medi-co competente», che questi è investito non di una posi-zione meramente esecutiva rispetto alle determinazioni del datore di lavoro, ma di un ruolo propulsivo che de-termina l’assunzione su di sé di un’autonoma posizione di garanzia in materia sanitaria, come dimostrato dal fat-to che la suddetta figura professionale assume elementi di valutazione anche dalle informazioni che può e deve

“...il medico competente costituisce

una figura di assoluta centralità

nel sistema di protezione dei

lavoratori”.

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dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti”, il datore di lavoro resta responsa-bile anche per omessa vigilanza nei confronti dei propri collaboratori e quindi per culpa in eligendo o in vugi-lando, che si traduce in un rimprovero rivolto al capo dell’impresa per imprudenza, negligenza o imperizia nella scelta del medico competente, se palesemen-te inadeguato, o per il mancato controllo sul regolare svolgimento dell’attività di prevenzione sanitaria, rima-nendo in ogni caso esclusa la responsabilità del datore di lavoro nell’ipotesi in cui vi siano stati errori del medi-co che abbiano contribuito a cagionare o ad aggravare una malattia professionale, non potendosi esigere che tali soggetti siano nella condizione di valutare la cor-rettezza di una diagnosi o di una cura di una malattia professionale.

“...incombe sul medico competente l’obbligo giuridico di suggerire al datore di lavoro l’adozione delle misure di prevenzione che siano in linea con la ricerca scientifica”.

direttamente acquisire di sua iniziativa, ad esempio in oc-casione delle visite agli ambienti di lavoro di cui all’art. 25, lettera I) o perché fornitegli direttamente dai lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria o da altri soggetti; con la conseguenza che incombe sul medico competente l’obbligo giuridico di suggerire al datore di lavoro l’ado-zione delle misure di prevenzione che siano in linea con la ricerca scientifica, anche mondiale, del settore, ed a recepire le indicazione della comunità scientifica interna-zionale (Sez. 4, n. 5037 del 30/03/2000 - dep. 06/02/2001, Camposano P e altri, Rv. 219423 ).La stessa Suprema Corte ha affermato, inoltre, l’obbligo del medico competente di “informare per iscritto il dato-re di lavoro ed il lavoratore qualora esprima un giudizio sulla inidoneità parziale o temporanea o totale del lavo-ratore...” (Cass. pen., sez. I, 1 agosto 2001, n. 33751, in Dir. e prat. del lavoro 2002, 503), così individuando la norma giuridica che fonda, ai sensi dell’art. 40 cpv. c.p. in coope-razione colposa con il datore di lavoro, la responsabilità di tale figura in relazione all’infortunio sul lavoro o alla tecnopatia, che si siano verificati per effetto dell’inerzia del medico competente e nella conseguente inattività del responsabile dell’impresa in relazione alla doverosa assegnazione del lavoratore ad altre mansioni.Del pari l’omessa o errata diagnosi di una tecnopatia ovvero l’errato giudizio di idoneità formulati dal medico competente, sempre che dall’operato di questi sia deri-vato un danno al lavoratore, integrano la colpa specifica del medico competente, che dev’essere valutata con maggiore severità e rigore rispetto a quella del medico generico, stante la sua qualifica di specialista.Poiché, inoltre, l’art. 18 comma 3 bis t.u. sicurezza sta-bilisce che “Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti al-tresì a vigilare in ordine all’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi

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o La progettazione delle attività di salvataggioIn ambienti sospetti di inquinamento o confinati

a cura diAdriano Paolo Bacchetta

A prescindere dalle prescrizioni dell’art.3 c.3 del DPR 177/2011, già in diverse parti del D.Lgs. 81/08 si specifica, in capo al Datore di lavoro, l’obbligo di adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell’evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di

pericolo grave e immediato (art. 18 c1 lettera “t” e Sezione VI del Titolo I art. 43). Inoltre, in particolare, si ha che:• l’art. 66 prevede che quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell’atmosfera, i lavora-tori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove

Tra le diverse fasi che sono previste nell’operatività in ambienti sospetti d’inquinamento o con-finati, l’analisi della corretta procedura di salvataggio è particolarmente importante. Premesso che l’attenzione di chi si deve occupare di pianificare le operazioni, una volta verificato che non vi sono alternative all’ingresso, deve tendenzialmente orientarsi verso la corretta proget-tazione dell’intervento (individuazione dei pericoli, valutazione dei rischi, scelta di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, adozio-ne ed efficace attuazione di procedure di lavoro specificamente dirette a eliminare o ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati, ecc.), resta il fatto che lo sviluppo di un’adeguata procedura per gestire l’eventuale fase di soccorso, che comprenda anche il coor-dinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco, è certamente una misura basilare per garantire un intervento in sicurezza.

“...l’attenzione di chi si deve occupare di pianificare le operazioni deve tendenzialmente orientarsi verso la corretta progettazione dell’intervento...”

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“...l’attenzione di chi si deve occupare di pianificare le operazioni deve tendenzialmente orientarsi verso la corretta progettazione dell’intervento...”

occorra, forniti di apparecchi di protezione. • l’art. 121 c2 prescrive che quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici, asfissianti o l’irrespi-rabilità dell’aria ambiente e non sia possibile assicurare un’efficiente aerazione e una completa bonifica, i lavora-tori devono essere provvisti di idonei dispositivi di prote-zione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di idonei dispositivi di protezione individuale collegati a un idoneo sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all’esterno dal personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in continuo collegamento con gli operai all’interno ed essere in grado di sollevare pron-tamente all’esterno il lavoratore colpito dai gas.Inoltre, in questi casi, dev’essere prevista un’adeguata as-sistenza, poiché: • l’art. 119 c7 prescrive che nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una adeguata assistenza all’esterno • il punto 3.2.3 dell’allegato IV prevede che I lavoratori che prestano la loro opera all’interno di tubazioni, cana-lizzazioni e i recipienti, quali vasche, serbatoi e simili, de-vono essere assistiti da altro lavoratore, situato all’esterno presso l’apertura di accesso• il punto 8.5 dell’allegato VI indica che le operazioni di saldatura elettrica e simili nell’interno di recipien-ti metallici devono essere effettuate sotto la sorve-glianza continua di un esperto che assista il lavoratore dall’esterno del recipiente.Ciò premesso, nel proseguo del documento analizzere-mo i principi generali della gestione della fase di emer-genza, fermo restando che tale analisi non si esaurisce con il presente scritto, ma sarà oggetto di ulteriori valuta-zioni nel prossimo futuro. In generale, considerato che, in condizioni di emergen-za, l’obiettivo primario è quello di porre in salvo le per-sone presenti nell’ambiente confinato senza peraltro porre a rischio la vita dei soccorritori, le misure necessa-rie a perseguire tale obiettivo devono essere garantite durante tutta la durata dei lavori, in ogni situazione ra-gionevolmente prevedibile. Un intervento di soccorso, prevede la sequenza di tre fasi fondamentali successive, ciascuna delle quali prevede che ogni addetto segua le istruzioni ricevute.In particolare:

fase di allarme

Se il lavoratore all’interno di un ambiente sospetto di inquinamento o confinato avverte un malessere, perde i sensi o subisce un trauma, l’Attendente deve dare im-mediatamente l’allarme allertando il Preposto (nel caso l’attendente non rivesta anche il ruolo di Preposto) e la

Rubrica | Spazio Confinato

squadra di salvataggio. Il Preposto, analizzata la situazio-ne, deve immediatamente allertare i VV.F. 115 e il Ser-vizio sanitario nazionale 118, fornendo in particolare i seguenti elementi minimi:• nome dell’azienda;• l’indirizzo del luogo di lavoro da raggiungere;• il proprio nome e il numero di telefono da cui chiama;• la tipologia di incidente in corso;• il numero di lavoratori coinvolti.

fase di salvataGGio

L’Attendente e il Preposto, valutata la situazione, immedia-tamente dopo aver lanciato l’allarme, possono decidere di procedere (se è attuabile in considerazione della tipolo-

“l’obiettivo primario è quello di porre in salvo

le persone presenti nell’ambiente confinato

senza peraltro porre a rischio la vita

dei soccorritori...”

30 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

gia di ambiente e dell’orientamento spaziale dell’accesso - orizzontale o verticale) all’avvio delle operazioni di Non-Entry Rescue, che consiste nel sollevamento dell’addetto dall’ambiente mediante l’azionamento di un verricello con demoltiplica dello sforzo, che agisce sulla fune di col-legamento che l’operatore ha assicurato all’attacco della sua imbracatura. In questo caso, prima di iniziare, l’Atten-dente deve rapidamente rimuovere tutti gli eventuali ostacoli ancora presenti che restringono il passaggio (sca-le, ecc.) in modo da poter utilizzare interamente la sezione di uscita. Unica eccezione è da prevedersi per il sistema di ventilazione (se presente) che deve essere mantenuto efficiente (se possibile) per tutta la durata dell’interven-to di salvataggio. L’azione di sollevamento dovrà essere

uniforme in modo da evitare il pendolamento dell’infor-tunato e l’urto contro le pareti della camera o i bordi del passaggio di uscita; una particolare attenzione dev’essere posta durante la fase di estrazione in caso di soggetto pri-vo di conoscenza. Questo sistema di salvataggio, di par-ticolare interesse in quanto non prevede l’esposizione a rischio di altri lavoratori, ovvero i componenti la squadra di salvataggio o i soccorritori del servizio di soccorso sta-tale (VVF, 118, ecc.), è molto utile in caso che l’infortunato sia collaborante giacché agevola notevolmente le opera-zioni di uscita autonoma e/o assistita. Per contro, ha delle specifiche limitazioni e/o controindicazioni, sia operative sia attuative e, oltre a poter essere applicata solo in caso che l’operatore sia costantemente connesso al sistema di sollevamento durante le operazioni all’linterno dell’am-biente (non sempre possibile), non può essere utilizzata se l’infortunato non è completamente in vista (può trovar-si dietro un angolo o parzialmente nascosto da eventuali ostacoli interni), se può essere trattenuto da ostacoli e/o sporgenze (es. impigliamento dei vestiti, ecc.). Se è previ-sto l’impiego di un sistema di protezione delle vie respi-ratorie tipo air-line per il quale non si può trascurare di considerare la possibilità che il cavo di sollevamento s’in-trecci con la linea dell’aria respirabile. Un’altra condizione nella quale non è possibile attuare il Non-Entry Rescue, è legata all’eventuale presenza di traumi importanti (trauma cranico o a carico della colonna vertebrale, ecc.) che con-sigliano la stabilizzazione delle condizioni dell’infortunato lì dove si trova prima di predisporre una qualsiasi azione

Progettazione delle attività di salvataggio |

“...una condizione nella quale non è possibile attuare il Non-Entry Rescue, è legata all’eventuale presenza di traumi importanti che consigliano la stabilizzazione delle condizioni dell’infortunato lì dove si trova...”

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di spostamento. Anche in caso sia possibile compiere il Non-Entry Rescue, bisogna che l’Attendente presti molta attenzione in caso si ravvisino problemi nel recupero e/o lo sforzo di sollevamento esercitato aumenta troppo; inoltre ci potrebbero essere dei problemi meccanici al sistema di sollevamento che, di fatto, potrebbero rendere impossibi-le il proseguimento dell’attività. In questi casi è necessario interrompere immediatamente le operazioni e proseguire con la squadra di salvataggio/soccorritori presenti o del si-stema di soccorso nazionale che, a questo punto, devono accedere all’ambiente per completare la missione.

fase di trasporto

Una volta estratto l’infortunato dall’ambiente, si proce-de al suo eventuale trasporto in area sicura, con l’utiliz-zo dei mezzi di movimentazione opportuni, prestando attenzione in modo da non aggravare ulteriormente la situazione generale dell’infortunato. Nell’attesa dei soc-corsi, in casi estremi di cessazione delle funzioni vitali, può essere necessario ricorrere alla rianimazione car-diorespiratoria (CRP) da parte di persone addestrato e designato dal Datore di lavoro ai sensi delle norme vi-genti. Il corso di formazione per gli addetti al primo soc-corso in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, dovrebbe però essere di un livello superiore a quello normalmente previsto come Primo Soccorso azienda-le, ovvero comprendere tecniche di BLS, BTLS/PTC ed eventualmente BLSD. Ciò premesso, volendo, in particolare, sviluppare l’ana-lisi della fase di salvataggio, è necessario identificare preliminarmente i diversi scenari per i quali ipotizzare le differenti operazioni da porre in essere in condizioni di emergenza. In particolare si possono identificare diversi criteri sui quali basare l’analisi e, di conseguenza, definire le diverse possibili situazioni, ciascuna delle quali andrà a influire sulle modalità di gestione della situazione di crisi.In generale si può fare riferimento a:

stato dell’infortunato

• cosciente• incosciente

Quando il soggetto è in condizioni d’incoscienza, la situa-zione è particolarmente difficile in quanto, oltre ai limiti derivanti dal dover assistere un soggetto non collaboran-te, si aggiunge l’impossibilità di poter ottenere informa-zioni utili sia per quanto riguarda le condizioni generali del soggetto (di fondamentale ausilio per definire efficaci modalità di effettuazione dell’intervento di recupero), sia perché non è possibile avere nessun tipo d’informazione

Rubrica | Spazio Confinato

“...è necessario identificare preliminarmente

i diversi scenari per i quali ipotizzare le diverse

operazioni da porre in essere...”

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l’adozione di misure di prevenzione/protezione superiori. L’impossibilità del soggetto di porsi in salvo da solo o an-che solo collaborare alle operazioni, solitamente compor-ta la necessità di eseguire un’operazione di salvataggio con l’ingresso dei soccorritori o, in alcuni casi, è possibile adottare la tecnica del Non-Entry Rescue. Diversa è la si-tuazione in cui, invece, il lavoratore conserva almeno una parziale autonomia di movimento e quindi è in grado di collaborare durante le operazioni di soccorso.

colleGamento a fune di sicurezza

• presente• assente

Per alcune attività da eseguirsi in spazi caratterizzati da ampie dimensioni e/o presenza d’ingombri interni (val-vole, tubazioni, ecc.) oppure in funzione delle lavora-zioni previste, non è possibile prevedere che l’operatore addetto sia costantemente legato alla fune di sicurezza collegata al sistema di recupero. In queste condizioni non è possibile applicare le procedure di salvataggio senza ingresso dei soccorritori (Non-Entry Rescue).

numero deGli accessi all’ambiente • uno• più di uno

Il numero degli accessi e la loro dimensione, condiziona pesantemente tutte le operazioni di salvataggio, per cui questa condizione dev’essere attentamente valutata in fase di pianificazione degli interventi. Nelle condizioni maggiormente diffuse, gli ambienti confinati sono ca-ratterizzati da un unico accesso attraverso il quale sono gestite le operazioni di accesso e di uscita dall’area. In questa situazione, tra l’altro, in caso di presenza di più operatori all’interno, bisogna considerare che le even-tuali operazioni di salvataggio possono essere attivate per un solo operatore alla volta.

dimensione deGli accessi all’ambiente

• dimensione > 60 cm• dimensione ≤ 60 cm

Le dimensioni dell’accesso sono: non ristrette se il pas-saggio di accesso ha, nella sua parte più stretta, dimen-sioni > 60 cm; ristrette se la porta di accesso ha, nella sua parte più stretta, una dimensione ≤ 60 cm che ren-de difficoltoso l’accesso (e l’uscita) dei lavoratori e de-gli eventuali soccorritori. Nella recente pubblicazione: Indicazioni operative in materia di sicurezza e igiene del lavoro per i lavori in ambienti confinati redatta dal

“In caso di evento invalidante, il soggetto coinvolto

perde la suacapacità di auto salvamento,

non è più in grado di eseguire le necessarie

operazioni per abbandonare autonomamente

l’ambiente di lavoro...”

aggiuntiva in merito alle condizioni generali dell’am-biente di lavoro e quindi valutare quali mezzi siano ne-cessari al fine di condurre il salvataggio. Ad esempio un soggetto che per un malore si è accasciato a terra inca-pace di abbandonare autonomamente l’area ma che è comunque cosciente, attraverso la comunicazione vo-cale diretta o con l’ausilio di un adeguato sistema di co-municazione, può fornire all’Attendente indicazioni utili per comprendere la situazione, favorendo la scelta delle modalità d’intervento da adottare.

esito dell’evento incidentale

• invalidante• non invalidante

In caso di evento invalidante, il soggetto coinvolto perde la sua capacità di auto salvamento, in altre parole non è più in grado di eseguire le necessarie operazioni per ab-bandonare autonomamente l’ambiente di lavoro e ne-cessita l’aiuto di terze persone. In questi casi la normati-va statunitense individua un immediato livello di rischio per la salute/sicurezza dell’individuo (condizione IDLH - Immediatly Dangerous for Life or Health) che comporta

Progettazione delle attività di salvataggio |

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“Nelle condizionimaggiormente diffuse, gli ambienti confinati sono caratterizzati da un unico accesso attraversoil quale sono gestite le operazioni di accesso e di uscita dall’area...”

gruppo di lavoro “ambienti confinati” - Regione Emilia Romagna, si precisa che esistono alcune norme tecniche che si occupano di definire le misure antropometriche medie del corpo umano: UNI EN 547-1:1998 “Misure del corpo umano - Principi per la determinazione delle dimen-sioni richieste per le aperture per l’accesso di tutto il corpo nel macchinario”, UNI EN 547-2:1998 “Misure del corpo umano - Principi per la determinazione delle dimensioni richieste per le aperture per l’accesso” UNI EN 547- 3:1998 “Misure del corpo umano - Dati antropometrici”, UNI ISO EN 7250:2000 “Misurazioni di base del corpo umano per la pro-gettazione tecnologica”, UNI ISO EN 15537:2005 “Principi per la selezione e l’utilizzo di soggetti di prova per la verifica degli aspetti antropometrici dei prodotti industriali e della loro progettazione”, UNI ISO EN 15535:2007 “Requisiti ge-nerali per la creazione di banche di dati antropometrici”.Le misure in esse riportate, com’è precisato nel documen-to, pur non essendo riferite specificatamente agli ambienti confinati, possono rappresentare utili riferimenti per le di-mensioni medie del corpo umano da utilizzare per valuta-re la reale condizione degli accessi presenti nei luoghi di

lavoro, compresi i luoghi confinati. Utilizzando i riferimen-ti in esse riportati, è possibile ricavare la cosiddetta “ellisse del corpo”, avente come asse maggiore la larghezza delle spalle (60 cm) e come asse minore la profondità del corpo (45 cm). L’ingombro del corpo umano immobile può es-sere espresso attraverso tal ellisse. Se le dimensioni sono minori di quelle sotto indicate, significa che vi è, con ra-gionevole sicurezza, una reale difficoltà per l’accesso e di conseguenza una condizione di rischio. Inoltre, sempre all’interno di tali norme tecniche, si possono trovare ulte-riori riferimenti alle dimensioni di accesso differenziando-le in base alla postura e al movimento del corpo: • passo d’uomo con necessità di effettuare movimenti rapidi: lunghezza 67 cm, con una larghezza di 50 cm;• apertura per l’entrata in postura inginocchiata a ter-ra: larghezza 85 cm, lunghezza 68 cm;• apertura per movimento verticale in un condotto circolare usando una scala interna: larghezza del con-dotto 114 cm; spazio per il piede di 22 cm tra la scala e la parete; larghezza dell’apertura (perpendicolarmente ai pioli della scala) non tenendo conto delle necessità con-cernenti la protezione contro le cadute, 92 cm; larghezza dell’apertura (nel senso dei pioli della scala) 78 cm;• apertura per un movimento orizzontale in avanti in postura eretta: altezza dell’apertura 204 cm; larghezza dell’apertura 78 cm;• apertura per un movimento laterale orizzontale in postura eretta per brevi tratti: altezza dell’apertura 204 cm, larghezza dell’apertura 54 cm.È peraltro evidente che le dimensioni del passaggio de-vono essere valutate anche in funzione sia dell’eventua-le necessità d’impiego di autorespiratori o Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), che possono comportare l’aumento degli ingombri del soggetto che deve utiliz-zare l’accesso. Al solo scopo illustrativo, il documento

Rubrica | Spazio Confinato

34 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

citato riporta alcuni casi da verificare in base alle dimen-sioni degli specifici prodotti dei vari costruttori. orientamento deGli accessi all’ambiente

• orientamento orizzontale• orientamento verticale

L’orientamento dell’accesso può essere: orizzontale se la porta di accesso è verticale e l’accesso (e l’uscita) avviene carponi; verticale se la porta di accesso è orizzontale e l’accesso (e l’uscita) avviene calandosi dall’alto o scalan-do dal basso verso l’alto

Quota deGli accessi all’ambiente

• quota dell’accesso a livello del suolo o < 1,2 m• quota dell’accesso ≥ 1,2 m

La posizione spaziale può essere: non elevata se lo spa-zio confinato ha l’accesso situato a livello del suolo o a quota < 1,2 m; elevata se lo spazio confinato ha l’accesso situato a un’altezza dal suolo ≥ 1,2 m.Nota: maggiore è la quota di accesso, maggiori sono le difficoltà di accesso per i lavoratori e per gli eventuali soccorritori.

lay-out dell’area e spazio a utile per le attività di soccorso

• non ci sono problemi di spazio di manovra• si opera in area limitata (es. ballatoio di un apparecchio a pressione)

L’area a disposizione per le operazioni di soccorso, con-diziona le modalità con le quali è possibile operare e, anche, il numero di addetti che possono stazionare contemporaneamente in prossimità dell’apertura di ac-cesso. Una considerazione particolare dev’essere pre-vista anche in relazione ai problemi legati allo sposta-mento dell’infortunato, specie nel caso questi sia privo di conoscenza.

modalità di accesso all’area di lavoro

• accesso semplice• accesso complesso

L’accesso all’area di lavoro, in particolare, condiziona le modalità con le quali si può prevedere l’allontanamento dell’infortunato dall’area operativa se questa si trova col-locata in quota. Infatti, se è possibile accedere mediante scale con un rapporto adeguato di pedata/alzata, è pos-sibile prevedere dispositivi di trasporto ordinari (es. telo portaferiti o barella spinale) ma se, invece, l’accesso è possibile solo con altri sistemi, ad esempio solo con scale alla marinara che raccordano pianerottoli in grigliato o

Progettazione delle attività di salvataggio |

“L’accesso all’area di lavoro,

in particolare, condiziona le modalità

con le quali si può prevedere

l’allontanamento dell’infortunato

dall’area operativa...”

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ballatoi a servizio di apparecchi di altezza elevata, biso-gnerà prevedere sistemi diversi per calare a terra l’infor-tunato (es. utilizzo di barelle a guscio con dispositivo di discesa / teleferica con tecniche SAF).

confiGurazione interna dell’ambiente

• aperta• ostruita

La configurazione interna può essere: aperta se non presenta ostacoli e ostruzioni (es. un serbatoio o vasca); ostruita se presenta ostacoli (ad esempio agitatori, valvo-le, tubazioni, pompe, depositi di materiale, quadri elettri-ci, ecc.) che rendono difficoltosi i movimenti dei lavorato-ri e degli eventuali soccorritori.

Gravità dell’evento incidentale

• il soggetto coinvolto è in immediato pericolo di vita• il soggetto coinvolto non è in immediato pericolo di vita

Evidentemente un’atmosfera contaminata o carente di ossigeno è una condizione immediatamente pericolosa per la vita (IDLH) e quindi necessita di un rapido inter-vento. Ma se non sussistono particolari condizioni am-bientali di pericolo, la scelta di agire comunque, magari ponendo in essere manovre inadeguate e/o non neces-sarie che, in alcuni casi, potrebbero comportare conse-guenze permanenti anche a lungo termine sul soggetto infortunato, dev’essere presa dopo un’attenta riflessio-ne. La valutazione della gravità delle condizioni in cui versa il soggetto infortunato è certamente uno degli aspetti più delicati delle operazioni. Infatti, bisogna ri-

Rubrica | Spazio Confinato

cordare che i lavoratori, sebbene abbiano ricevuto una informazione formazione e addestramento sulle tecni-che di Primo Soccorso, non sono in grado di formulare diagnosi o valutare lo stato di salute generale definen-do la necessità o meno di un intervento di emergenza con conseguente movimentazione immediata del sog-getto dalla posizione in cui si trova.

numero deGli infortunati

• un solo infortunato• più infortunati

Ai fini della gestione della complessità e relativo im-pegno degli interventi, non è certamente secondario il numero degli infortunati che richiedono assistenza. Questo, come già detto, anche in considerazione delle dimensioni geometriche degli ambienti di lavoro e del numero di accessi praticabili. Gestire un’attività con più

“Sono da considerare le situazioni nelle quali, oltre la variazione delle condizioni di sicurezza interne all’ambiente, si può avere un interessamentodell’area esterna il punto di accesso, ad esempio in caso di perdita digas metano...”

36 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

operatori e un solo accesso, comporta delle notevoli difficoltà tenuto conto della sostanziale impossibilità a garantire un continuo collegamento di entrambi i la-voratori al sistema di sollevamento e che, comunque, l’eventuale avvio delle operazioni di salvataggio non può riguardare contemporaneamente entrambi gli operatori. In caso d’intervento all’interno delle sezioni interrate con ampie geometrie e per attività complesse, é comunque da preferire il lavoro in coppia (buddy-sy-stem) considerato che, In queste condizioni, si suppo-ne che almeno uno degli operatori entranti, in caso di

emergenza, possa collaborare nell’assistenza al collega infortunato e alla sua evacuazione dall’ambiente con l’ausilio dell’addetto della squadra di soccorso. Questi, in ogni caso, dev’essere in grado d’intervenire rapidamente (applicando la procedura predisposta) al fine di prestare adeguata assistenza a entrambi gli operatori.

condizioni di pericolo di oriGine esterna

In caso si modifichino le condizioni di sicurezza per gli operatori a causa di una condizione esterna all’ambiente (es. rovesciamento di un’autocisterna con spandimento di liquido infiammabile mentre è in corso un interven-to in una cameretta interrata stradale, ecc.), l’attendente dovrà immediatamente ordinare l’uscita dell’operatore il quale potrà abbandonare autonomamente l’ambiente oppure l’Attendente potrà decidere (se possibile) di av-viare le operazioni di Non-Entry Rescue.

estensione della situazione di pericolo all’ambiente esterno

Sono da considerare anche le situazioni nelle quali, oltre alla variazione delle condizioni di sicurezza interne all’am-biente, si potrebbe avere un interessamento dell’area esterna prospicente il punto di accesso. Ad esempio, in caso di perdita di gas metano di proporzione rilevante, dall’apertura di accesso potrebbe uscire una miscela di aria/gas metano in grado di generare una zona a rischio di esplosione nelle immediate vicinanze dell’apertura di ac-cesso. La condizione di sicurezza all’interno dell’ambiente può essere controllata attraverso la ventilazione meccani-ca continua, l’assenza di attrezzature elettriche non ATEX e comunque l’assenza di possibili fonti d’innesco. Tuttavia è necessario che, anche in superficie, tutti i possibili inne-schi siano allontanati dalla zona prospicente l’apertura di accesso. Per questo l’Attendente provvederà a fare allon-tanare tutti i presenti a distanza di sicurezza e dovrà porre attenzione affinché lui stesso non utilizzi attrezzature non idonee (es. telefono cellulare non ATEX).

conclusioni

Da quanto sopra, si evince come la gestione delle fasi di soccorso necessita una specifica attenzione in modo da poter predisporre una procedura adeguata e spe-cificatamente applicabile (quindi non è pensabile e/o possibile predisporre una procedura generica valevole e applicabile a tutti i diversi contesti operativi) allo spe-cifico ambito in cui si è chiamati a operare. Lo studio e individuazione dei vari problemi, può essere utilmente

Progettazione delle attività di salvataggio |

“La finalità del processo valutativo, è l’individuazione di

tutti i pericoli e le situazioni di rischio,

compresi eventuali malfunzionamenti dei

sistemi, che possano produrre

conseguenze indesiderate, ovvero vanificare

l’intervento di soccorso”.

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“La completezza dell’analisi è affidata all’esperienza della squadra di lavoro...”

affrontato mediante la What-If Analysis (W.I.A.) Si tratta di un approccio di tipo “brainstorming” (tempesta di cervel-li) nell’ambito del quale un gruppo di persone esperte, a diverso titolo, pone domande o riporta esempi con riferi-mento a possibili eventi indesiderati. La What-If Analysis, incoraggia i vari membri del gruppo di studio a domande strutturate in “Cosa succederebbe se...?” che sono ripor-tate su supporto cartaceo, informatico o su una lavagna, così da poter essere classificate e ordinate in specifiche aree d’interesse per le quali, individuata una situazione critica, sarà possibile identificare una corrispondente mi-sura di prevenzione/protezione applicabile. La finalità del processo valutativo, è l’individuazione di tutti i pericoli e le situazioni di rischio, compresi eventuali malfunziona-menti dei sistemi, che possano produrre conseguenze indesiderate, ovvero vanificare l’intervento di soccorso. Evidentemente, la completezza dell’analisi è affidata all’esperienza della squadra di lavoro che, per rispondere in modo efficace alla richiesta, deve avere adeguate com-petenze aggiuntive rispetto alla sola conoscenza delle normative e/o pratica riguardo all’usuale applicazione delle misure di prevenzione e protezione per la tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Considerate queste premesse, www.spazioconfinato.it in collaborazione con il Centro di Ricerca Interdipar-timentale sulla Sicurezza e Prevenzione dei Rischi C.R.I.S. - Modena, ha deciso di predisporre uno specifi-co Master Course della durata di 48 ore (ormai alla sua terza edizione), che non si propone come momento di erogazione della formazione obbligatoria prevista dal D.P.R. 177/2011, bensì vuole contribuire a diffondere co-noscenze utili a incrementare le necessarie competenze minime delle figure professionali chiamate a progettare e/o gestire le attività negli ambienti a sospetto inquina-mento o confinati, considerato che tali attività presenta-no rilevanti componenti di rischio. Nell’ottica di svilup-pare una professionalità di ampio contenuto scientifico e culturale, il Master Course ha come obiettivi specifici:• rispondere a una esigenza di conoscenze distintive, capacità analitiche e manageriali per strutturare e im-plementare programmi di gestione delle attività mante-nendo sotto controllo il rischio associato alle lavorazioni previste;• favorire lo sviluppo di una visione multidisciplinare (giuridica, organizzativa, tecnologica, relazionale, logisti-co-ambientale, ecc.);• aggiornare la formazione di una figura professionale competente in materia e capace di utilizzare strumenti concettuali e operativi adeguati per eseguire un’appro-

fondita e corretta valutazione dei rischi, identificare un percorso di addestramento efficace, prevedere l’im-piego di attrezzature idonee e pianificare gli scenari di emergenza codificando le operazioni da porre in essere;• fornire la conoscenza dei principali obblighi di sicurez-za per le aziende destinate a operare nell’ambito di am-bienti sospetti d’inquinamento o confinati e le capacità per valutare autonomamente la conformità della pro-pria struttura operativa rispetto alla normativa cogente e alle migliori pratiche applicabili a questo settore;• illustrare le modalità operative più idonee e i requisiti essenziali di sicurezza delle attrezzature e dei dispositivi utilizzabili.

Rubrica | Spazio Confinato

38 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

Un caso generico per ricordarcidi non generalizzareTirando le somme di questo 2014.a cura diMaurizio Cilione, LML Avvocati Associati

Emergono, in linea generale, alcuni elementi rife-ribili alle norme di prevenzione in vigore e preci-samente:

• il lavoratore poteva non essere ancorato ad alcun di-spositivo di protezione contro le cadute perché la co-pertura probabilmente ne era sprovvista;• la posa di materiali eseguita con urgenza, senza pos-sibilità di attendere migliori condizioni ambientali;• l’attività di manutenzione straordinaria dell’edificio senza preventiva nomina di un coordinatore della si-curezza;• la parte sottostante la copertura probabilmente non

Si vuole chiudere un anno della presente rubrica ricapitolando un po’ tutte le argomenta-zioni trattate con una generica riflessione sulle condizioni in cui i lavoratori vanno a svolge-re il proprio lavoro sulle coperture partendo da un esempio esplicativo, ma non molto lon-tano dalla realtà: un lavoratore che, operando su una copertura resa viscida dalla pioggia, rovina al suolo riportando lesioni gravissime.

La

Par

ola

al L

egal

e

messa in sicurezza (l’aver lasciato, per esempio, mate-riale contundente)• probabile carenze nella valutazione dei rischi e nelle procedure di prevenzione;• plausibile carenza nella formazione del lavoratore.  Con l’abrogazione dei decreti legislativi 626/1994 e 494/1996 e di tutti i provvedimenti normativi correlati, non sono venuti meno tutti quegli obblighi del datore di lavoro, connessi alla valutazione dei rischi, all’adozio-ne delle relative prevenzioni, né è venuto meno l’obbli-go di proteggere i posti di lavoro in quota, così come non è venuto meno l’onere del datore di lavoro di cura-

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“...con l’abrogazione dei decreti legislativi 626/1994 e 494/1996 non sono venuti meno tutti quegli obblighi del datore di lavoro, connessi alla valutazione dei rischi”

Rubrica | La Parola al Legale

re la formazione dei propri dipendenti. Tale formazione è prescritta soprattutto per quei rischi che espongono il lavoratore a rischio grave, come appunto è quello della caduta dall’alto.Infatti, il d. lgs. 81/2008, T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, non solo prevede un inasprimento delle sanzioni per talune ti-pologie comportamento, ma scende anche nei dettagli di talune prescrizioni in ordine proprio alla valutazione dei rischi, alla protezione dei posti di lavoro in quota, alla fornitura di DPI ai lavoratori, alla “certificazione per lo scopo d’uso” dei dispositivi di protezione messi a di-sposizione dei lavoratori, alla formazione dei lavoratori. Dunque, le cause dell’infortunio ricavabili dall’esempio esplicativo, sembrerebbero essere molteplici ed in rife-rimento alle singole indicazioni normative potremmo riassumerle come segue:• presenza di percorsi sulla copertura e di accessi non protetti;• mancanza di dispositivi di ancoraggio sulla copertura, per omessa previsione, nella fase di progettazione, co-struzione (o ricostruzione) del tetto, di misure e dispo-sitivi di prevenzione e protezione per la sicurezza dei successivi lavori di manutenzione;• mancanza ovvero non corretto uso dei DPI personali;• inesistenza di qualsiasi preventiva valutazione dei ri-schi per l’attività in quota e mancanza dell’approntamen-to di misure di prevenzione definitive o provvisorie;• assenza di un Responsabile dei Lavori, che avrebbe do-vuto sovrintendere lo svolgimento dei lavori medesimi;• mancanza di formazione per il rischio caduta dall’alto del lavoratore, che da sola avrebbe indotto l’infortunato a non recarsi in copertura senza aver preventivamente bonifica-to l’area a rischio caduta e senza aver preventivamente po-sizionato un sistema anticaduta tanto per l’accesso quanto per la fase di esecuzione della posa dei materiali. Naturalmente la formazione avrebbe anche comporta-to l’uso corretto dei DPI anticaduta.Tali cause, come detto, vengono riprese da altrettanti articoli del D. Lgs. n. 81/08, che di seguito riportiamo in dettaglio, limitatamente a due questioni e, cioè, gli ob-blighi del datore di lavoro e la formazione dei lavoratori.In primo luogo, occorre precisare che la mancanza di protezioni verso il vuoto, sulle coperture (e non solo), che espone il lavoratore al rischio caduta dall’alto, è fra le “Gravi violazioni ai fini dell’adozione del provve-dimento di sospensione dell’attività imprenditoriale” indicata nell’allegato I del decreto in questione. Dun-que, non solo la sospensione dell’attività a rischio in esecuzione, come avviene per gli inadempimenti che rientrino nelle ipotesi di cui alla lettera f ) art. 92 d. lgs.

81/2008, ma direttamente la sospensione dell’esercizio dell’attività d’impresa. Sanzione, quest’ultima, che da sola dovrebbe indurre i datori di lavoro a riflettere sulle condizioni di sicu-rezza dei posti di lavoro in quota e, prim’ancora, sulla necessaria valutazione dei rischi ai fini della preventiva adozione dei sistemi di prevenzione, come richiesto dall’art. 15, lettera a), b), c), e), i) sempre del T.U. per la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. All’art. 15, sempre tra le misure generali di tutela della salute  e sicurezza dei lavoratori, alla lettera n), è indica-ta “l’informazione e la formazione adeguate per i lavo-ratori”. Tale previsione dovrebbe essere coordinata con:

40 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazio-ne e addestramento; • le previsioni di cui all’art. 111, circa gli obblighi del da-tore di lavoro nell’uso di attrezzature per i lavori in quota, in particolare comma 1, lettera a); comma 5 (“Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di lavoro adot-tate in base ai commi precedenti, individua le misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle at-trezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l’in-stallazione di dispositivi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono presentare una configurazio-ne ed una resistenza tali da evitare o da arrestare le cadu-te da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto possibile, eventuali lesioni dei lavoratori”) e comma 7 (“Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota sol-tanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori”);•  le prescrizioni di cui all’art. 115, che danno indica-zioni riguardo i “sistemi di protezione contro le cadute dall’alto” e le relative “certificazioni per l’uso specifico”;• le istruzioni riguardo i requisiti dei luoghi di lavoro di cui all’allegato IV.In sintesi, quindi, l’intero meccanismo organizzato dal d. lgs. 81/2008, ruota sia sulla bontà delle attrezzature o, per meglio dire, sulla conformità delle stesse alle norme specifiche di prodotto, resa manifesta con la marcatura CE sia sull’obbligo di formazione dei lavoratori esposti al rischio specifico di caduta dall’alto, rischio condizionato dagli ambienti di lavoro e dagli strumenti e/o dalle at-trezzature e/o dagli impianti fissi, installati a seguito del-la valutazione dei rischi. Quindi, solo a fronte dell’esatto adempimento delle prescrizioni normative dettate oltre che dal buon senso, da esperienza concreta e da tecni-ca consolidata quali valutare i rischi, predisporre le op-portune prevenzioni, svolgimento della necessaria for-mazione ed addestramento, residuerà una ridottissima alea di infortunio, rimessa al caso fortuito. In tutte le altre ipotesi, nonostante la normativa vigente, l’esperienza degli infortuni segnalati dai media, le sentenze dei vari tribunali ed i verbali degli Organi ispettivi, la spregiudica-tezza dei comportamenti, in particolare quelli dei datori di lavoro che spesso si accompagna all’incoscienza dei lavoratori, continuerà ad avere tra le conseguenze possi-bili quella del novero di infortuni più o meno gravi o gra-vissimi, in cui solo l’esito finale rappresenta l’incognita. Concludendo, quindi, con una piccola provocazione, si può dire che non è solo la sfortuna a mietere vittime ma anche, presumibilmente, lo stupido modo di intendere ed eseguire il lavoro.

Lavorazioni su ponteggi e impalcature |

“...la spregiudicatezza dei datori di lavoro

accompagnata all’incoscienza dei lavoratori, continuerà

ad avere tra le conseguenze possibili

infortuni più o meno gravi”

• l’obbligo, per il datore di lavoro, non delegabile, della valutazione dei rischi, art. 17, lettera a); • gli obblighi per il datore di lavoro e dirigente previsti all’art. 18, lettere d), e), h), i) e l), che prevedono proprio un onere specifico in ordine alla fornitura ai lavoratori dei necessari e idonei dispositivi di protezione indivi-duale, prendendo le misure appropriate affinché sol-tanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzio-ni e specifico addestramento, accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico. Inoltre, vie-ne richiesto di adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di pericolo grave e imme-diato circa il rischio stesso e le  disposizioni prese o da prendere in materia di protezione; oltre, naturalmente, all’obbligo di adempiere alla informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37;• quanto indicato all’art. 28 (oggetto della valutazione dei rischi), comma 2. Lett. f ), circa l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a

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42 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

ReStructura - 27/30 novembreA Lingotto Fiere di Torino si svolge la XXVII edizione di Restructura, l’unica manifestazione italiana interamente dedicata a riqualificazione, recupero e ristrutturazione edilizia.

Oggi più che mai, infatti, è importante riuscire a proporre soluzioni di recupero dell’esistente in grado di garantire il ripristino del patrimonio

edilizio secondo logiche economicamente sostenibili, rispettose dell’ambiente e che permettano un maggior risparmio energetico. Restructura intende confermarsi come vetrina privilegiata di confronto su queste tema-tiche fra i professionisti del settore e fornire al tempo stesso ai clienti finali un ampio ventaglio di opportunità e soluzioni per la ristrutturazione della propria casa.Riqualificazione. Le migliori tecniche e gli strumenti più all’avanguardia per dare nuova vita, nuove destinazioni d’uso e nuove funzioni al patrimonio edilizio esistente.Recupero. Tendenze, progetti di successo e tecniche di ultima generazione per operare le trasformazioni neces-sarie alla conservazione degli edifici nel rispetto dell’esi-stente, con un occhio attento alle esigenze dei fruitori e delle risorse. Ristrutturazione. Materiali, tecniche, best practice per aggiornare i professionisti del settore e i semplici ap-passionati sulle ultime tendenze e le migliori opportu-nità in tema di ristrutturazione edilizia, dalla demolizio-ne alla ricostruzione. I primi due giorni sono dedicati in modo particolare agli operatori del settore: un’impostazione B2B mirata a favo-rire il networking, con un palinsesto di eventi collaterali espressamente progettati e realizzati per gli addetti ai la-vori.Durante il week-end, poi, il Salone si apre anche alla com-mittenza privata, gli utenti finali delle attività di ristruttu-razione. Una nuova impostazione per valorizzare il più possibile le due anime che da sempre compongono la fiera, quella più “professionale” e quella più divulgativa, rivolta al consumatore.Presentato lo scorso anno in anteprima, torna alla XXVII Edizione di Restructura il progetto Ri-Abitare le Alpi, nato dalla felice collaborazione tra l’Associazione Ri Abitare le Alpi e UNCEM - Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani. Abbiamo incontrato l’architet-to Alberto Sasso (consulta il suo cv), Presidente dell’As-sociazione Ri Abitare le alpi, per scoprire le novità che verranno presentate in autunno all’Oval.

“...è importante riuscire a proporre soluzioni

di recupero dell’esistente in grado

di garantire il ripristino del patrimonio

edilizio secondo logiche economicamente

sostenibili...”

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Quali sono le principali attività della vostra Associazione? L’Associazione Ri-Abitare le Alpi opera, con le proprie strut-ture, nel settore della progettazione, dell’analisi di fatti-bilità, sviluppo e pianificazione dei territori abbandonati nelle terre alte e meritevoli di interesse e valorizzazione. Operiamo attraverso la presenza di professionalità in gra-do di coprire e soddisfare i molteplici aspetti ambientali, geologici, sociali, energetici, economici, progettuali, fi-nanziari e realizzativi, anche in collaborazione con istituti universitari, industrie e con enti/organizzazioni esterni. Stringiamo inoltre accordi di partenariato con comuni, comunità montane, enti pubblici e soggetti privati per lo sviluppo territoriale sostenibile. Facciamo un piccolo excursus. Cosa avete presentato a Restructura 2013? L’anno scorso avevamo uno spazio tematico di 200 mq, in cui avevamo allestito una rappresentazione iconica di una ‘casa nella casa’, un orto, un bosco produttivo, che propo-nevano importanti riflessioni su svariati temi: dalle oppor-tunità di lavoro al recupero edilizio, dalla residenzialità diffusa e stabile al turismo, senza dimenticare temi green come l’efficienza e l’autosufficienza energetica. è stato importante porre l’accento sulle opportunità di gestione innovativa e competitiva del territorio nel rispetto dell’am-biente e del patrimonio storico che possono svilupparsi nello straordinario contesto delle terre alte. Quale sarà il filo conduttore della vostra partecipazione a Restructura 2014? L’argomento principale che affronteremo quest’anno è quello di Vita e Lavoro, in campo non solo edilizio, ma anche artigianale e agricolo. Porremo l’accento sul tema dell’occu-pazione legato ai sistemi di riqualificazione e riabitazione di intere borgate alpine. Il tutto verrà sviluppato con diverse attività: un convegno che affronterà la questione dei pro-getti partecipati, seminari dedicati agli amministratori loca-li con consigli e suggerimenti sulle azioni da intraprendere per ottenere fondi dalla comunità europea, infine un focus sulla filiera agricola con un occhio di riguardo al tema del-la sostenibilità. Nostro obiettivo è inoltre la valorizzazione del patrimonio immobiliare delle terre alte, in particolare di Piemonte e Liguria, ma con uno sguardo anche alla vicina Francia e al Friuli Venezia Giulia.Ci sarà una particolare attenzione a qualche materiale?Sì, porremo l’attenzione su tutta la filiera del legno, affron-tando non solo il tema delle biomasse. Il legno dei boschi del Piemonte, infatti, è particolarmente adatto sia per la costru-zione sia per scopi produttivi artigianali. è nostra intenzione valorizzare al massimo il legno certificato del territorio, anche grazie alla collaborazione delle aziende partner che saranno

nuovamente con noi a Restructura quest’anno.Restructura allarga il proprio campo d’azione in occasio-ne della sua XXVII edizione: per la prima volta,  infatti, tra i temi trattati sarà presente quest’anno anche il real esta-te, completamento “naturale” della filiera dell’edilizia. Sa-ranno quindi presenti all’Oval soggetti che si occupano anche della commercializzazione degli immobili, che potranno consigliare i visitatori sulle scelte ottimali da fare quando si cerca casa.Un’opportunità importante dunque per il grande pub-blico in un momento particolarmente cruciale per il set-tore della compravendita di abitazioni.

Speciale | RestRuctuRa

“Porremo l’accento sul tema dell’occupazione legato ai sistemi di riqualificazione e riabitazione di intere borgate alpine...”

46 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

a cura diFernando Cordella, Segretario Nazionale UGL Vigili del Fuoco

Scopo del DM è quello di intervenire su gli asili nido di nuova realizzazione con oltre 30 per-sone presenti, gli asili nido esistenti con oltre 30 persone presenti, gli asili nido con meno di trenta persone presenti.

Ai fini della prevenzione incendi, allo scopo di raggiungere i primari obiettivi di sicurezza relativi alla salvaguardia delle persone e alla tutela dei beni contro i rischi di incendio, la progettazione, la costruzione e l’esercizio degli asili nido devono essere realizzate e gestite in modo da:• minimizzare le cause di incendio;• garantire la stabilità delle strutture portanti al fine di assicurare il soccorso agli occupanti;• limitare la produzione e la propagazione di un incendio all’interno dei locali o edifici;• limitare la propagazione di un incendio ad edifici o locali contigui;• assicurare la possibilità che gli occupanti lascino i locali e gli edifici indenni o che gli stessi siano soccorsi in altro modo;• garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza.

Il 28.08.2014 è entrato in vigore il DM 16.07.2014 inerente la “regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzioni ed esercizio degli asili nido”, asilo nido intesa come struttura educativa destinata ai bambini di età compresa tra i 3 mesi ed i 3 anni.

Nuove norme di prevenzione incendio Massima attenzione agli asili nido.

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tin

cen

dio

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Rubrica | Antincendio

lazione  debbono essere ripetute almeno tre volte l’an-no, di cui la prima entro due mesi dall’apertura dell’anno educativo. Il piano di emergenza impone un aggiornato da parte del responsabile dell’attività, in caso di cam-biamenti sia del personale, sia delle attrezzature e/o im-pianti. Con riferimento alla formazione, poi, deve essere attuata secondo i criteri ed i principi enunciati nel già citato D.M. 10.3.98, e tutto il personale che opera nella struttura deve essere formato con il programma del ri-schio medio ed un’aliquota, corrispondente a 4 persone presenti ogni 50 bambini dovrà anche avere acquisito il relativo attestato di idoneità tecnica.La forte attenzione su questo tema delicato degli asili nido ed il modo in cui è stata affrontato, ci fa ben spera-re, in quanto una attenta progettazione sul nuovo ed un preciso intervento sull’esistente può ridurre considere-volmente il rischio. Inoltre una buona organizzazione e gestione dell’emergenza sommata ad una informazione e formazione facilitano le eventuali operazioni di soc-corso garantendo ai fruitori, in questo caso bambini e insegnanti, una tranquillità.

“Il piano di emergenza impone un

aggiornato da parte del responsabile dell’attività,

in caso di cambiamenti sia

del personale, sia delle attrezzature e/o impianti...”

| Asilo Nido Sant’Elia - Como |

Edificio in stile razionalista progettato nel 1935 e realizzato nel 1936-1937 da Giuseppe Terragni.

Gli asili nido di nuova realizzazione, con più di 30 per-sone presenti, dovranno conformarsi alle disposizioni del titolo II del Decreto, quindi una attenzione sull’ubi-cazione, sulle caratteristiche costruttive, sul dimensio-namento del sistema di esodo, sui mezzi ed impianti di estensione, sui sistemi di sicurezza, sull’organizzazione e gestione della sicurezza e sull’informazione e forma-zione antincendio.Più complessa invece è la procedura per gli asili esistenti che si dovranno adeguare alle disposizioni antincendio, oltre a quelle previste al titolo II del Decreto, alle caratte-ristiche costruttive  con riferimento alle separazioni de-gli edifici adiacenti, alla resistenza al fuoco delle struttu-re ed al numero delle scale e delle vie di esodo.Nell’ area volta a disciplinare i sistemi di esodo, oltre al rispetto del D.M. 10.3.98, è stato introdotto l’obbligo dell’adozione del piano di emergenza, le prove di simu-

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Responsabilità del datore di lavoro sulla sicurezza dellemacchine marcate CED.Lgs 81/08 e s.m.i

a cura diMassimo Granchi e Christian Trinastich

Tra gli obblighi del Datore di Lavoro, in merito alle attrezzature di lavoro utilizzate in azienda, vi è quello di mettere a disposizione dei propri lavoratori attrezzature che siano sicure conformemente al loro uso previsto. Resta opinione diffusa che tale obbligo valga esclusivamente per le macchine non marcate CE in quanto per quelle che presentano idonea marcatura CE è sufficiente quest’ultima a garantire la sicurezza del prodotto e dunque a esimere il Datore di Lavoro da qualunque tipo di responsabilità in merito al suo utilizzo in sicurezza. La realtà è ben diversa ed è chiaramente indicata all’interno del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.. In questo articolo analizziamo gli obblighi di legge e le responsabilità del Datore di Lavoro anche alla luce di una linea guida realizzata per gli organi di vigilanza.

obbliGhi del datore di lavoro

L’art. 71 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. riporta gli obblighi del datore di lavoro in merito alle attrezzature di lavoro utilizzate in azienda. In particolare, queste attrezzature dovranno rispondere a quanto richiesto dal precedente articolo 70. Qui si richiede che le attrezzature messe a disposizione dei lavoratori siano rispondenti alle dispo-

“...si richiede che le attrezzature a disposizione dei lavoratori siano rispondenti alle disposizioni delle Direttive comunitarie di prodotto...”

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Responsabilità del datore di lavoro sulla sicurezza dellemacchine marcate CED.Lgs 81/08 e s.m.i

sizioni legislative e regolamentari di recepimento delle Direttive comunitarie di prodotto (in definitiva siano marcate CE e rispondano effettivamente ai requisiti di si-curezza delle direttive applicabili). Per quei prodotti per i quali non esistono direttive di prodotto specifiche, non esistano disposizioni legislative di recepimento o che siano stati messe in servizio prima della data di entrata in vigore della direttiva di riferimento, il datore di lavo-ro deve garantire che siano rispettati i requisiti minimi di sicurezza di cui all’Allegato V del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i..

Dunque, per quanto riguarda le attrezzature soggette alle disposizioni legislative di recepimento delle Diretti-ve comunitarie di prodotto, il Datore di Lavoro non è so-lamente tenuto a verificare che la macchina acquistata sia formalmente a posto, con idonea marcatura CE, ido-nea dichiarazione CE di conformità e un manuale di uso e manutenzione che risulti completo. Gli obblighi del Datore di Lavoro vanno oltre e corrispondono a quello di mettere a disposizione dei lavoratori una macchina che sia effettivamente sicura vale a dire rispondente ai requisiti delle Direttive ad essa applicabili. Pertanto, il pensare che, se una macchina è già marcata CE allora essa è sicuramente sicura e qualora anche non lo fosse, la responsabilità cadrebbe esclusivamente sul Fabbricante è una consuetudine palesemente sbagliata. A supporto di ciò vi sono parecchie sentenze della Corte di Cassazione da cui si evince che, per quanto concerne quei vizi palesi esistenti sulle attrezzature di lavoro, il Da-tore di Lavoro non può chiudere un occhio. Questo vale sia per le macchine CE che per le macchine non CE.

linea Guida per orGano di viGilanza

A tal riguardo è importante anche osservare un do-cumento del Coordinamento tecnico delle Regioni e delle Province Autonome di prevenzione nei luoghi di lavoro, pubblicato nel giugno del 2012, dal titolo “Ap-plicazione del Titolo III del D.Lgs 81/08 e nuova Diret-tiva Macchine (D.Lgs 17/2010). Indicazioni procedurali per gli operatori dei servizi di vigilanza delle Asl” elabo-rato dal Gruppo Interregionale “Macchine e Impianti” e rivolto agli organi di vigilanza. Per le macchine con situazioni di rischio riconducibili al mancato rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza (RES) delle direttive applicabili alla macchina, il documento propone speci-fiche procedure per l’applicazione dell’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 81/2008. Di fatto, di fronte a situazioni di rischio riscontrate su una macchina e ricollegabili a specifiche non conformi-tà ai RES, l’organo di vigilanza attiva due distinti fronti:

| Sicurezza delle macchine marcate CE |

“...vi sono parecchie sentenze della

Corte di Cassazione da cui si evince che,

per quanto concerne i vizi palesi delle

attrezzature di lavoro, il Datore di Lavoro non può chiudere

un occhio”.

• Azione di tipo amministrativo, nei confronti del Fabbricante, con segnalazione dell’esemplare di mac-china non conforme alle Autorità nazionali per la sor-veglianza del mercato, secondo la procedura prevista dall’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. e dall’art. 6, comma 3, del D.Lgs. 17/2010, recepimento italiano della Direttiva Macchine 2006/42/CE.

• Azione di tipo penale, prevista dall’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. nei confronti del Datore di

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| Sicurezza delle macchine marcate CE |

ziaria competente per territorio. Quanto appena visto per il Datore di Lavoro si applica nei casi in cui, sulla macchina, si riscontrassero dei vizi palesi, che il Dato-re di Lavoro non poteva non aver visto. In questo caso, la prescrizione atta a rimuovere la situazione di rischio può contenere indicazioni precise (per esempio, posi-zionamento di un carter di protezione, predisposizione di una barriera di protezione, ecc.), che non compor-tano comunque una nuova marcatura della macchina in quanto non verrebbero modificate le scelte proget-tuali del Fabbricante, oppure contenere indicazioni generiche dove le soluzioni possibili sono diverse ed egualmente idonee; tuttavia, in quest’ultimo caso si tratterebbe di apportare pesanti modifiche progettuali alla macchina con la necessità di arrivare ad una nuova marcatura della stessa. In questo ultimo caso è dunque necessario rivolgersi al fabbricante originario oppure ad un proprio tecnico esperto. In ultimo, a seconda del tipo di rischio indivi-duato sulla macchina, l’organo di vigilanza, in attesa dell’adeguamento, può imporre misure atte a far ces-sare il pericolo individuato, quali divieto d’uso dell’at-trezzatura o altra misura ritenuta utile. Laddove, invece, sulla macchina vengano evidenziate non conformità identificabili come vizi occulti, le responsabilità del Da-tore di Lavoro diminuiscono proprio per il fatto che la non conformità non era immediatamente riscontrabile. In questo caso, dunque, non è identificabile una con-travvenzione per il Datore di Lavoro, tuttavia l’organo di vigilanza può dare delle disposizioni relativamente alle modalità d’uso in sicurezza della attrezzatura (e anche in questo caso, nelle situazioni di pericolo più elevate, vietarne l’utilizzo fino all’intervento di adeguamento).

conclusioni

Come si è evidenziato nell’articolo, le responsabilità del Datore di Lavoro, relativamente alle attrezzature mar-cate CE utilizzate in azienda, non si limita a verificare che gli aspetti più formali della marcatura (targa CE, di-chiarazione CE e manuale di uso e manutenzione) siano garantiti ma garantire che le macchine messe a disposi-zione dei propri lavoratori siano effettivamente sicure, dunque soddisfino i requisiti di sicurezza delle direttive di riferimento e che, dunque, non presentino, almeno, non conformità palesi, di fronte alle quali diviene diffici-le giustificare, agli organi di vigilanza, la loro presenza.

“...per le non conformità identificabili come vizi occulti non è prescrivibile una contravvenzione per il Datore di Lavoro...”

Lavoro utilizzatore della macchina e comunicazione al Pubblico Ministero della notizia di reato relativa al fabbricante e ai soggetti della catena di distribuzione (distributore, venditore, ecc.).

Per quanto concerne l’azione intrapresa nei confron-ti del Datore di Lavoro, laddove venga contestata la violazione dell’art. 70, comma 1, del D.Lgs. 81/08, essa rientra in quanto previsto dagli art. 20 e 21 del D.Lgs. 758/94, vale a dire prescrizione atta a rimuovere la si-tuazione di rischio riscontrata sulla macchina con co-municazione della notizia di reato all’Autorità Giudi-

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Le modifiche sul comma 11 dell’art. 71 del D.lgs. 81/08Riflessi sul D.M. 11/4/2011 ad esso collegato.

a cura diMassimo Trolli, consulente Ocert Srl

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Tuttavia, almeno in merito all’art. 71 del Decreto 81/08 che, come è noto, si occupa degli “Ob-blighi del datore di lavoro” in merito all’uso delle apparecchiature di lavoro, non è stato tan-to facile divulgare le novità che lo riguardano. In effetti le variazioni che hanno interessato in particolare il comma 11 di quell’articolo, dedicato alle verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro, sono di una caratura tale da implicare non solo una lettura del comma stesso com-pletamente diversa rispetto alla versione originale, ma una vera e propria reazione a catena che coinvolge articoli e commi del D.M. 11/4/2011 il quale disciplina fra l’altro le verifiche delle apparecchiature dell’Allegato VII del D.lgs. 81/08.Ma ho l’impressione che l’innesco insito nelle modifiche del comma in questione, almeno per il momento, non abbia ancora prodotto un botto significativo sugli addetti ai lavori (datori di lavoro, consulenti, rspp, coordinatori della sicurezza, verificatori, funzionari pubblici e via dicen-do) forse perché coloro i quali frequentano i testi di legge per lavoro sono stati abituati a vedere nel tempo tante e tali modifiche delle disposizioni che li riguardano da non esser impressionati o “smossi” in modo particolare da quelle ultimamente avvenute.

Le modifiche del Decreto 81/08, conseguenti alle semplificazioni correlate al Decreto del fare, hanno avuto, a distanza di più di un anno dalla loro promulgazione, ampio riscontro con la promozione di numerosi seminari e convegni intesi a diffondere la conoscenza dei cambia-menti, a far riflettere sui loro contenuti ed a comprenderne la portata per poterli comunicare.

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Vediamo ad esempio quanto i cambiamenti intervenuti nell’art. 71, ed in fattispecie al suo comma 11, possano aver contribuito a consolidare la corazza di imperturba-bilità indossata da quegli addetti anche per difendersi dalle possibili contrarietà generate dalle novità legisla-tive. Le variazioni nel campo delle verifiche periodiche sono iniziate praticamente subito dopo che il glorioso D.P.R. 547 del 1955 “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro” è stato mandato in pensione dal D.lgs. 81 del 9 aprile 2008, conosciuto come Testo Unico sulla Si-curezza (T.U.), promulgato nelle intenzioni del legisla-tore per costituire finalmente una bussola nel difficile orientamento fra decreti (presidenziali, interministeria-li, ministeriali, legislativi), disegni di legge, leggi vere e proprie e quant’altro che infarcivano da tempo il campo della Sicurezza sul Lavoro. Invece, ancora in fasce, ovve-ro ad un anno dalla sua promulgazione, il D.lgs. 81/08 è stato precocemente integrato e corretto dal D.lgs. 106/09, in vigore dal 20 agosto 2009, grazie al quale da quel momento per far riferimento al Testo Unico si è ag-giunto al termine D.lgs. 81/08 l’acronimo inscindibile di s.m.i. (successive modifiche ed integrazioni).

E queste s.m.i. hanno subito influito sulle verifiche an-dando ad interessare in particolare l’Allegato VII relativo alle scadenze ed alle varie tipologie di apparecchiature di lavoro soggette a controlli di legge.Dopo un periodo di relativa calma, in cui gli addetti ai lavori e soprattutto i funzionari pubblici hanno avuto il tempo di togliersi dal cuore, ma non tutti dalla mente, i disposti del caro D.P.R. 547/55, come noto si è passati, dopo il travagliato parto del D.M. 11/4/2011 sulla disci-plina delle verifiche, ai forsennati cambiamenti che han-no investito l’art. 71 del T.U.

Più in particolare è al comma 11 dell’art. 71 che è sta-to applicato un consistente “lifting” attraverso il Decre-to del fare, ovvero il Decreto legge 69/2013, entrato in vigore il 22 giugno 2013 e convertito, guarda caso anch’esso con modificazioni, con la legge n. 98 del 9 agosto 2013. Ma quando ancora si stavano valutando gli effetti del nuovo look del povero - verrebbe da dire - comma 11 ecco che un’ulteriore “ripassata” gli è stata data dalla legge del 30 ottobre 2013 n. 125 promulgata per la conversione in legge, con modificazioni (ma va?), del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101 che nel frat-tempo già aveva influito sul suo testo.

Il comma 9-quinquies dell’art. 7 della suddetta legge di conversione n. 125 dovrebbe, con l’ausilio delle di-

Rubrica | Verifiche Attrezzature di Lavoro

“...per l’effettuazione delle prime verifiche l’INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati...”

sposizioni del Decreto del fare, aver definitivamente (c’è da fidarsi?) modificato il nostro comma 11 in tal modo:11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate nell’Allegato VII a verifiche periodiche volte a valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza, con la frequenza indicata nel medesimo Allegato. Per la prima verifica il datore di lavoro si avvale dell’INAIL, che vi prov-vede nel termine di quarantacinque giorni dalla richiesta. Una volta decorso inutilmente il termine di quarantacin-que giorni sopra indicato, il datore di lavoro può avvalersi, a propria scelta, di altri soggetti pubblici o privati abilitati secondo le modalità di cui al comma 13. Le successive ve-rifiche sono effettuate su libera scelta del datore di la-voro dalle ASL (o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall’ARPA) o da soggetti pubblici o privati abilitati che vi provvedono secondo le modalità di cui al comma 13. Per l’effettuazione delle (prime) verifiche l’INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati. I verbali redatti all’esito delle verifiche di cui al presente comma de-vono essere conservati e tenuti a disposizione dell’organo

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Certificazione ascensori DPR 162/99 s.m.i.;

Verifica periodica e straordinaria ascensori montacarichie piattaforme elevatrici per disabili DPR 162/99 e s.m.i.;

Verifica periodica e straordinaria impiantidi messa a terra e dispositivi di protezionecontro le scariche atmosfericheDPR 462/01;

Verifica periodica e straordinaria impiantielettrici in luoghi con pericolo di esplosioneDPR 462/01;

Verifiche periodiche apparecchi di sollevamento materiali, persone ed idroestrattori D.Lgs. 81/08, art 71, comma 11 e All. VII - D.M. 11 aprile 2011.

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OCERT S.r.l.TorinoSede legale e amministrativaVia Spalato 65/B, 10141 TorinoTel: 011.3191611 - 011.3822752 Fax: 011.3804222 [email protected]

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I nostri servizi

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di vigilanza. Le verifiche di cui al presente comma sono ef-fettuate a titolo oneroso e le spese per la loro effettuazione sono poste a carico del datore di lavoro.In sostanza per rendere presentabile quel comma 11 sono occorsi quattro atti legislativi con quattro modifi-che nel giro di quattro mesi.E, a mio parere, con le modifiche non è del tutto finita.Infatti il D.M. 11/4/2011, promulgato secondo le pre-visioni del comma 13 del D.lgs. 81/08 per istruirci con chiarezza fra l’altro sulle modalità di effettuazione delle verifiche di cui all’Allegato VII dello stesso 81/08, dovrà quanto meno essere soggetto ad una rivisitazione per sistemare un po’ se non altro gli articoli (2 e 3) stretta-mente collegati al comma 11 dell’art. 71 del T.U., dopo il tourbillon di modifiche da esso subite.A tal fine sarebbe forse opportuno che il compito di una rivisitazione fosse affidato ad un vero e proprio atto legislativo, ad esempio un decreto, senza ricorre-re alle perentorie circolari esplicative che con un ritmo

Modifiche sul comma 11 dell’art. 71 del D.Lgs 81/08 |

“...le soluzioni che le circolari esplicative innescano contribuiscono ad aumentare il campo (minato?) delle disposizioni a cui attenersi per non disattendere le regole stabilite...”

implacabile il Ministero del Lavoro e Politiche Sociali emette per colmare le evidenti lacune rinvenute via via nelle disposizioni di legge a cui si riferiscono.A questo proposito mi viene naturale esprimere una considerazione che riguarda proprio le circolari “espli-cative” emesse dal Ministero, in gran parte per sfoltire e rendere razionali le varie interpretazioni (quasi sempre di comodo) che purtroppo l’indole nazionale tende a dare ai testi di legge promulgati.È bene rammentare che le circolari hanno un significa-to prettamente amministrativo e, nella scala gerarchica delle fonti del diritto, esse devono sottostare a tutti gli atti legislativi a partire dalle leggi, passando per i vari tipi di decreti, e giungendo, per finire, ai regolamenti. Pertanto una volta decaduto o modificato l’atto legisla-tivo a cui si riferiscono dovrebbero anch’esse decade-re o perdere di valore in attesa di ricevere a loro volta adeguate modifiche. Purtroppo gli indispensabili ag-giornamenti che dovrebbero riguardarle non sono mai così automatici ed immediati come dovrebbero e spes-so parecchi addetti ai lavori continuano a sostenere la loro validità ad libitum. Inoltre anche le soluzioni non sempre esaustive che le circolari esplicative innescano contribuiscono ad aumentare il campo (minato?) delle disposizioni a cui occorre attenersi per non disatten-dere le regole stabilite e conseguentemente fanno au-mentare la confusione negli addetti ai lavori o quanto meno, a loro discapito, vanificano in gran parte la sem-plificazione che nelle recenti intenzioni del legislatore avrebbe dovuto invece favorirli.

C’è da chiedersi: ma è davvero così complicato emanare un testo di legge chiaro, che non dia adito ad interpre-tazioni di tutti i tipi, che sia facile da mettere in pratica e che rimanga definitivo per almeno qualche anno? Un testo di legge in sostanza che dia subito il senso del-lo scopo per cui è stato emesso, ovvero nello specifico la ricerca della più ampia diffusione della cultura della sicurezza, cultura da assimilarsi da parte di tutti gli ad-detti ai lavori e che sia inattaccabile dalla classica regola del tutto italiana del “fatta la legge trovato l’inganno”...Pare davvero che sia così complicato, soprattutto per l’in-treccio di disposizioni su medesimi argomenti contenuti in diversi testi di legge che dovrebbero fra loro essere razio-nalmente connessi e che invece, nel caso di qualche mo-difica riguardante anche solo uno di essi, non riescono a provocare un “effetto domino” ovvero non fanno automa-ticamente decadere o modificare gli altri testi di legge col-legati, che purtroppo continuano a vivere di vita propria.

Vediamo ad esempio cosa implicano proprio le modi-

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fiche recentemente intervenute al comma 11 dell’art. 71 del T.U. strettamente collegato al D.M. 11/4/2011.Il Decreto 11/4/11 dovrebbe esser reso coerente con l’ultima versione dell’art. 71 su parecchi punti. I più im-portanti dei quali riguardano innanzitutto il comma 1 dell’Art. 2 dove occorre che si prenda atto dapprima della riduzione da 60 a 45 dei giorni a disposizione dell’INAIL per effettuare la prima verifica e poi dell’avve-nuto declassamento del secondo soggetto titolare del-la funzione (ASL/Arpa) al ruolo di un semplice soggetto privato abilitato, in quanto è stato tolto di mezzo ogni obbligo (relativamente alle richieste di verifiche perio-diche successive alla prima) da parte dell’utente ed ogni sudditanza dei soggetti privati nei confronti del titolare della funzione.In secondo luogo andrebbe modificato il comma 2 dell’Art. 2 dove viene specificato che il soggetto titola-re della funzione può avvalersi del supporto di sogget-ti abilitati nel caso non riuscisse a mantenere i termini temporali del comma 1 e che tali soggetti devono esser indicati dal datore di lavoro all’atto della richiesta della verifica. Da come dovrebbe risultare il comma 1 dopo le debite correzioni, discende che il soggetto titolare che potrebbe avvalersi, in sostituzione dei propri compiti, di un altro soggetto verificatore è rimasto solo INAIL.

A questo punto si impone una serie di considerazioni.Le intervenute modifiche del comma 11 dell’art. 71 han-no radicalmente mutato la procedura prevista per le richieste di verifica, rivedendo fra l’altro, al fine di age-volare il datore di lavoro, i suoi obblighi verso il sogget-to titolare della funzione. La versione corrente del com-ma 11 riporta infatti che “Per l’effettuazione delle verifiche l’INAIL può avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati abilitati”. Questo significa che INAIL potrebbe in-caricare di propria iniziativa un qualsiasi soggetto pub-blico o privato abilitato per effettuare la prima verifica richiesta nei 45 giorni prescritti, ma non significa (né si legge nel testo) che il soggetto alternativo debba esse-re indicato preventivamente dal datore di lavoro.Non si capisce come mai quindi questo comma 2 dell’art. 2 del D.M. 11/4/11 che ha perso di validità nei confronti degli obblighi del datore di lavoro all’atto della richiesta verso uno dei titolari della funzione (ASL/Arpa), e che quindi andrebbe completamente riscritto, debba invece leggersi come vincolante ed indiscutibile, non decaduto, nei confronti dell’altro soggetto titolare (INAIL).Se il legislatore ha voluto rendere la vita più facile al datore di lavoro affinché egli fosse agevolato al massi-mo, direi fosse convinto, a non venir meno all’obbligo dell’effettuazione delle verifiche successive alla prima

togliendo di mezzo la borbonica richiesta ad ASL/Arpa in cui avrebbe dovuto anticipare il nominativo del sog-getto privato abilitato alternativo almeno 30 giorni prima della scadenza della verifica, appare alquanto incoerente che per la prima verifica il nominativo del soggetto privato alternativo debba essere anticipato dal datore di lavoro all’INAIL nella sua richiesta, man-tenendo una complicazione per il datore di lavoro me-diante una procedura simile se non identica a quella che si è ritenuto di abolire nei confronti di ASL/Arpa.

“...il Decreto 11/4/11 dovrebbe esser reso coerente con l’ultima versione dell’art. 71 su parecchi punti... ”

Rubrica | Verifiche Attrezzature di Lavoro

E che INAIL abbia subito “assimilato” il significato del-la versione appena è stata modificata del comma 11 dell’art. 71 del T.U. con un’ottica “personale”, lo dimo-stra l’apposito modulo di richiesta di prima verifica che INAIL stesso continua a mantenere sul proprio sito e che impone al datore di lavoro: verso la fine di una corposa richiesta di dati, spunta quasi di straforo nel modulo un esiguo spazio dedicato alle generalità del soggetto abilitato prescelto.

L’imposizione suddetta è confermata dal contenuto della circolare che, ad imitazione delle tante emesse dal Ministero dei Lavori pubblici, pure INAIL ha voluto emettere per “blindare” a proprio vantaggio la dispo-sizione della comunicazione preventiva del soggetto abilitato alternativo. Si tratta della circolare INAIL del 25/5/2012, di cui i funzionari dell’ente attualmente si fanno forza per continuare ad evitare la responsabilità di una scelta propria di soggetti “supplenti” verificatori chiedendoli invece preventivamente all’utente, nono-stante il documento che si avvale per questo dei commi 1 e 2 del D.M. 11/4/11 che s’è visto debbono esser ag-giornati, sia stato concepito più di un anno prima delle ultime modifiche intervenute al comma 11 dell’Art. 71 e quindi sia palesemente obsoleto.

Rimando ad un prossimo intervento altre mie consi-derazioni sulle modifiche (attuate e da attuare) di cui ho parlato, auspicando con fiducia che nel frattempo i valenti e solerti tecnici dei Ministeri di competenza suggeriscano ai propri politici le necessarie precisazio-ni che permettano loro di porsi in buona luce togliendo dalla legislazione vigente disposizioni contraddittorie, fuorvianti ed obsolete.

“...verso la fine di una corposa richiesta di dati, spunta quasi di straforo nel modulo un esiguo spazio dedicato alle generalità del soggetto abilitato prescelto...”

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Modifiche sul comma 11 dell’art. 71 del D.Lgs 81/08 |

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a cura diMario Romeo, UIL Dipartimento Salute e Sicurezza

Con il Piano di monitoraggio si è inteso raccogliere informazioni sulle modalità concrete di coinvolgimento dei lavoratori e dei loro rappresentanti e acquisire indicazioni sulle so-luzioni pratiche adottate, verificare l’efficacia dei percorsi formativi realizzati dalla Uil nei

confronti di Rls/Rlst, nel 2010, attraverso le risposte dei/delle Rls relative alla loro partecipazione nell’ambito della rilevazione del rischio stress lavoro correlato, individuare infine elementi utili alla valutazione dell’efficacia dell’attuale fase di integrazione dello stress lavoro correlato nel processo di valutazione dei rischi per la salute e sicurezza di lavoratori e lavoratrici.La struttura propria di una organizzazione sindacale, in particolare la sua capillarità territoriale e di settore, ha reso possibile l’indagine consentendo anche di approfondire ed apprezzare l’attività dei suoi rappresentanti per la sicurezza, in relazione al Slc, quale “valore aggiunto” dell’indagine stessa.D’altro canto, il pur efficace rapporto con gli Rls e Rlst presenti nel territorio nazionale e la loro parte-

L’organizzazione sindacale UIL ha istituito dal 2010 un Osservatorio confederale sul moni-toraggio della valutazione dello stress lavoro-correlato, che ha predisposto il questionario utilizzato per una prima indagine condotta nel 2010, e che in questa fase ha realizzato un ulteriore intervento per verificare lo stato dell’arte nella valutazione dello stress lavoro cor-relato a tre anni dall’entrata in vigore dell’obbligo di legge.

Stress lavoro-correlatoPotenzialità e limiti nei risultati del monitoraggio UIL sulle modalità applicative dell’obbligo di valutazione.

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cipazione volontaria all’indagine, non hanno reso possibi-le la definizione di un target strutturabile scientificamente su criteri statistici e di analisi dei contesti aziendali.Il questionario è articolato in quattro aree tematiche: dopo una prima parte anagrafica un secondo gruppo di domande è stato indirizzato all’analisi della conoscenza dell’obbligo di valutazione e al grado di coinvolgimento e partecipazione di Rls, Rlst, lavoratori e lavoratrici; me-diante un terzo gruppo di domande si è inteso analizza-re gli obblighi di formazione e informazione previsti da D.Lgs. 81/2008 nei confronti di Rls e lavoratori ed infine

una quarta parte è stata rivolta all’analisi del percorso di valutazione del rischio stress lavoro correlato, compren-dente metodologia e strumenti.La scheda di rilevazione è stata predisposta in coerenza con gli obblighi di riservatezza a cui sono tenuti gli Rls in relazione al proprio ruolo e i dati sono stati trattati in forma aggregata per rispettare la privacy. L’indagine ha perciò coinvolto, ad oggi, oltre un migliaio di Rls e Rlst così distribuiti nel territorio nazionale: Nord (59%), Cen-tro (23%), Sud (18%). Le risposte provengono, come nella precedente indagine, sia da aziende di grandi dimensioni (Autostrade, Ferrovie, Gruppi Bancari, Società Portuali, In-dustrie chimiche, Grande Distribuzione), sia da realtà “mi-nori” (Istituti scolastici, aziende metalmeccaniche medie, Comuni e centri di servizio) fornendo uno spaccato reali-stico dell’universo dei luoghi di lavoro in cui opera il sinda-cato. Oltre il 50% di risposte arrivano da rappresentanze di aziende da 350 dipendenti fino alle decine di migliaia dei grandi gruppi, ma sono molto significative anche le percentuali di risposte dalle aziende medie “all’italiana”: da 151 a 350, pari al 21% e persino da 2 a 50 dipendenti pari al 16%. La suddivisione tra pubblico e privato vede quest’ultimo in netta prevalenza (80%).Interessante è anche il fatto che una parte (non picco-la) delle risposte all’indagine arriva da soggetti estranei alla rete Rls/Rlst Uil, il che conferma il fatto che sul tema Slc, in molti casi, vi è una sensibilità - a livello aziendale - molto più accentuata di quanto non faccia registrare lo stesso dibattito sindacale sul tema.

Un primo gruppo di domande, finalizzato a descrivere la sensibilità e le conoscenze di Rls/Rlst in materia, con-ferma le difficoltà ancora presenti tra i rappresentanti a orientarsi sul tema ma nel contempo abbiamo un pri-mo elemento positivo: • l’indagine ha evidenziato una presenza importante di rappresentanti competenti e molto attenti ad aspetti tec-nici e procedurali (elemento quest’ultimo tutt’altro che scontato).I dati realtivi al coinvolgimento e alla partecipazione dei Rls forniscono il seguente quadro: si manifesta qui la prima criticità:• ben il 30% degli Rls intervistati (provenienti principal-mente da aziende di piccole o medie dimensioni) dichiara di non essere stato coinvolto in alcun modo nella valuta-zione Slc; fattispecie questa che ci pone di fronte al non rispetto degli obblighi minimi di legge.Per il restante 70%, che risponde di essere stato coin-volto come Rls, il 47% fa riferimento alla riunione perio-dica, mentre solo l’11 % indica di essere stato coinvolto

“...l’indagine ha evidenziato una presenza importante di rappresentanti competenti e molto attenti ad aspetti tecnici e procedurali...”

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sia nell’ambito della riunione periodica che di altre ri-unioni. Gli RLS coinvolti, che dichiarano anche di aver partecipato “a fasi specifiche” (quindi non solo nell’am-bito di momenti formali, come di fatto è la riunione pe-riodica) scendono al 42% del totale degli intervistati e purtroppo al 23% del totale quando specificano che la loro partecipazione è stata “nella realizzazione dell’inte-ro percorso di valutazione del rischio Slc”.I dati relativi al coinvolgimento e alla partecipazione dei lavoratori forniscono il seguente quadro:• per quanto riguarda i lavoratori gli intervistati hanno te-stimoniato che questi hanno partecipato alla valutazione Slc nel 39% dei casi, e incontriamo qui la seconda criticità: • il 61% afferma che non vi è stato alcun tipo di coinvolgi-mento dei lavoratori.Tra i lavoratori che hanno partecipato alla valutazione Slc questi, nel 57% dei casi, sono stati “informati prima della valutazione” e nel 17% dei casi “informati dopo la valutazione”, mentre solo il 26% di coloro che “hanno partecipato” (che rappresenta in realtà il 10 % del totale) è stato coinvolto in momenti specifici.Per quanto riguarda quest’ultima fattispecie (il 26% dei lavoratori coinvolti in momenti specifici) gli intervi-stati hanno risposto a due diverse domande finalizza-te ad esplorare più approfonditamente le modalità di tale coinvolgimento dei lavoratori da cui emerge che le aziende che hanno coinvolto i lavoratori nella valu-tazione della percezione e in particolare in questionari di rilevazione soggettiva sono il 52%, in discussioni sui risultati della rilevazione oggettiva il 32%, in discussioni sui risultati della rilevazione soggettiva il 16%.Lavoratori coinvolti in momenti specifici (il 26% dei la-voratori che hanno partecipato), terza criticità:• i lavoratori coinvolti con modalità precise sono solo il 10% del totale.Lavoratori coinvolti in momenti specifici (il 26% dei la-voratori che hanno partecipato): DISTRIBUZIONE PER TIPO DI COINVOLGIMENTOSecondo elemento positivo: una percentuale di aziende, anche se molto piccola, hanno inteso la valutazione del ri-schio Slc come un percorso in cui affermare una cultura di prevenzione diffusa e partecipata. Il coinvolgimento dei lavoratori infatti permette di analizzare con più efficacia l’organizzazione del lavoro per verificarne criticità e spazi di miglioramento, ovviamente un percorso di questo ge-nere, condiviso negli obiettivi con i lavoratori permette di avviare anche buone pratiche per il benessere lavorativo.I dati realtivi alla formazione di Rls forniscono il seguen-te quadro e si manifesta qui la quarta criticità:• anche in questo caso è il 30% degli Rls intervistati (prove-

nienti sia nel nord, 42%, che nel centro, 23%, e nel sud, 42% anche da azeinde con più di 500 dipendenti) che dichiara di non aver ricevuto alcuna formazione, fattispecie anche questa che ci pone di fronte al non rispetto degli obblighi minimi di legge, considerando che il D.Lgs. 81/08 (art. 36 e 37) prevede che i Rls frequentino corsi di aggiornamento annuali e sui nuovi rischi, quindi ne emerge uno sconfor-tante quadro di disattenzione verso l’aggiornamento delle conoscenze del Rls.

Inoltre questi dati vanno confrontati con quelli relativi alla verifica della conoscenza della metodologia utiliz-zata in azienda per la valutazione Slc: solo il 23% degli Rls formati dà un risposta positiva in merito. Questo gruppo di Rls più consapevoli e quindi in grado di dia-logare con le figure tecniche aziendali pur essendo un piccolo numero (per il 70% al nord per il 13% al centro e per il 17% al sud), presente per il 50% in aziende con più di 500 dipendenti, rappresenta un indicatore molto importante sia della cultura aziendale che dell’impe-gno individuale dei rappresentanti in un’azione di tu-tela più consapevole e competente.Terzo elemento positivo: l’indagine ha evidenziato una presenza importante di rappresentanti competenti e molto attenti ad aspetti tecnici e procedurali - anche a prescindere dall’essere stati oggetto di formazione speci-fica o dall’essere stati coinvolti attivamente dall’azienda - infatti ben il 37% del totale dei Rls intervistati conosce la metodologia della valutazione dello Slc utilizzata in azienda e l’ha potuta indicare.

Rubrica | Formazione alla sicurezza

“...una percentuale di aziende,

anche se molto piccola,

ha inteso la valutazione del

rischio Slc come un percorso

in cui affermare una cultura

di prevenzione diffusa e partecipata...”

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62 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

Mentre significativo d’altro canto di una gestione an-cora burocratica e improduttiva degli obblighi relativi alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro è, invece, l’elemento che emerge dalla lettura congiunta dei dati relativi al rispetto degli obblighi formativi (Rls formati) e al coinvolgimento dei Rls nella valutazione Slc. Del 38% dei Rls formati ben l’81% non è stato coinvolto nel-la valutazione Slc, mentre solo il 19% dà una risposta positiva. Sempre con riferimento alla metodologia uti-lizzata le indicazioni fornite dagli intervistati indicano il modello Hse fornito dalla Piattaforma Inail come il più utilizzato (58% delle risposte in merito).

Quinta criticità: si riferisce al dato relativo all’individuazio-ne dei gruppi omogenei: il 50% degli intervistati ha risposto che i gruppi omogenei non sono stati individuati, per il re-stante 50%, in cui sono stati individuati, i criteri prevalenti sono: per area produttiva ( 38%), per mansioni (21%), per genere (5%) e per provenienza ( 2%).

Solo nel 16% (mediamente) del totale è stata eseguita la valutazione della percezione dei lavoratori e con la seguente articolazione:

Stress lavoro-correlato |

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• dopo la rilevazione degli indicatori e l’attuazione del-le azioni correttive (18%);• dopo la valutazione degli indicatori e prima di effet-tuare le azioni corettive (17%);• in parallelo alla valutazione degli indicatori (15%).Come era prevedibile, nella grande maggioranza dei casi in cui è stata eseguita la valutazione della percezio-ne dei lavoratori, si sono anche coinvolti attivamente gli Rls (80-90% dei casi).Infine per quanto riguarda gli interventi di gestione e monitoraggio del rischio successivi alla valutazione si manifesta qui la sesta criticità: solo il 21% degli intervi-stati ha indicato che sono stati eseguiti interventi di gestio-ne e programmati azioni di monitoraggio che si riducono al 10% dei casi, nelle situazioni in cui era stata effettuata anche la valutazione della percezione dei lavoratori.

Per quanto riguarda gli interventi, tra questi il 25% ha fatto riferimento al solo monitoraggio periodico men-tre, il 17% (si potevano dare più risposte) cita interventi di prevenzione collettiva (procedurali nel 75%, tecniche nel 31% e organizzative nel 19%), il 3% interventi di supporto individuale (counseling 50%, segnalazioni al

MC 67%), il 6% soluzioni rivolte all’organizzazione del lavoro (carico di lavoro, orario) e il 4% interventi volti alla conciliazione vita lavoro (asilo nido aziendale, part time). Infine per un 10% dei casi esiste un nesso tra va-lutazione della percezione dei lavoratori e interventi di gestione e monitoraggio.Permette di analizzare con più efficacia l’organizzazione del lavoro per verificarne criticità e spazi di miglioramen-to, ovviamente un percorso di questo genere, condiviso negli obiettivi con i lavoratori permette di avviare anche buone pratiche per il benessere lavorativo.

Rubrica | Formazione alla sicurezza

“...il 50% degli

intervistati ha risposto

che i gruppi omogenei non

sono stati individuati...”

| Copertina | CT SAFE

| II di Cop. | EmmeV service sas

| pag. 5 | Associazione Linea Vita

| pag. 9 | Studio Frasca

| pag. 18 | AIESiL

| Pag. 63 | Novital

| IV di Cop. | SIA Ingegneria

| Pag. 46 | UGL

| Pag. 41 | Restructura

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| III di Cop. | Servizi Isacchi

| Pag. 45 | Ghisi Andrea

| Pag. 51 | MTM Consulting

64 | Il Notiziario sulla Sicurezza | novembre - dicembre 2014

| pag. 13 | Verificatori Italiani Associati

| pag. 21 | Hermes Italia

| pag. 26 | Si.Ma.T. Srl

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Gli inserzionisti9001:2008

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