Note di Storia Regionale. - Paolo Bavazzano · dell’agricoltura paesana. Eppure era tanto facile...

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La storia del Bosco Gazzolo di Giuseppe Bonzi, pubblicata nel 1911 su il foglio ovadese L’Alto Monferrato – Corriere della Democrazia. (Anno I, 1911, numeri 11 12 13 15 16 19 dal 3 settembre al 5 novembre. Note di Storia Regionale. L’egregio Avv. Giuseppe Bonzi, Commissario Prefettizio di Castelletto d’Orba, assumendo ai primi di giugno l’importante ufficio a cui era stato chiamato, prometteva in pubblico manifesto di studiare, fra le altre questioni, quella importantissima e quasi millenaria del Gazzolo. Fedele alla promessa, il 20 c.m. pubblicò un’ampia relazione delle sue diligenti indagini, che noi crediamo far cosa grata ai nostri lettori pubblicare. È una interessante pagina di storia locale esposta con criteri di severa obiettività storica, basata su documenti giacenti negli archivi, piacevole per la forma eletta con cui è presentata, che fa onore all’egregio estensore, già noto come appassionato e intelligente cultore delle discipline storiche. Trasformazione del Bosco Gazzolo 1 Necessità e convenienza di una risoluzione Non ha le tradizioni del saltus e del lucus che l’arte e la fantasia pagana popolavano di Fauni e di Sileni, di riti e di misteri, non è la selva selvaggia che la paurosa credulità medioevale faceva rifugio di stregoni e di banditi, non racchiude le sacre antiche piante dei Druidi e dei Poeti; non copre di ombra e di frescura una valle romita, né protegge erte pendici, né forma la chioma ammirata di un monte altero; il bosco del Gazzolo è semplicemente una landa volgare, una radura pedestre, un terreno coperto di gerbido e di cespugli rachitici, squallido, dimesso e stremenzito. Da secolo il bosco Gazzolo invoca la pietà e la ragione dei reggitori della pubblica cosa, per essere tolto dall’avvilimento e dalla inerzia, donato al lavoro vivificatore della marra e dell’aratro, onorato della lieta compagnia dei luoghi circostanti, che la madre terra fan bella e benedetta di messi dorate e di pampini giulivi. Ed è invero un secolare scempio, uno spettacolo strano e strambo il vedere ogni lustro invasa quella proprietà da un’onda di popolo, che vi taglia e ne asporta poche ramaglie, brughe e fogliame, quanto basta appena a compensare il lavoro impiegato, e ancor più il mirare la Comunità, che paga ogni anno un’imposta media di lire cinquecento, mantiene con altrettanta spesa una guardia campestre, senza trarne che un meschino provento saltuario di poche lire per erba, per brughe e per fogliame negli anni in cui non ha luogo il taglio lustrale. Il lucro cessante, la differenza cioè fra il prodotto di una cultura agraria intensiva e quello del bosco, è incalcolabile; sono migliaia e migliaia di lire sottratte all’economia agricola del paese; il danno emergente si ha nell’annuo migliaio di lire in media che l’amministrazione Comunale getta come in una voragine misteriosa ed ammaliatrice. Ben si può dire che il Comune abbia da secoli ceduto ad un incanto, ad una forza ignota, se non ha saputo o potuto trasformare quella proprietà e convertire la sensibile perdita annuale di un reddito per l’azienda sua e il danno in un incremento

Transcript of Note di Storia Regionale. - Paolo Bavazzano · dell’agricoltura paesana. Eppure era tanto facile...

La storia del Bosco Gazzolo di Giuseppe Bonzi, pubblicata nel 1911 su il foglio

ovadese L’Alto Monferrato – Corriere della Democrazia.

(Anno I, 1911, numeri 11 – 12 – 13 – 15 – 16 – 19 – dal 3 settembre al 5

novembre.

Note di Storia Regionale.

L’egregio Avv. Giuseppe Bonzi, Commissario Prefettizio di Castelletto d’Orba,

assumendo ai primi di giugno l’importante ufficio a cui era stato chiamato,

prometteva in pubblico manifesto di studiare, fra le altre questioni, quella

importantissima e quasi millenaria del Gazzolo.

Fedele alla promessa, il 20 c.m. pubblicò un’ampia relazione delle sue diligenti

indagini, che noi crediamo far cosa grata ai nostri lettori pubblicare.

È una interessante pagina di storia locale esposta con criteri di severa obiettività

storica, basata su documenti giacenti negli archivi, piacevole per la forma eletta con

cui è presentata, che fa onore all’egregio estensore, già noto come appassionato e

intelligente cultore delle discipline storiche.

Trasformazione del Bosco Gazzolo

1 – Necessità e convenienza di una risoluzione

Non ha le tradizioni del saltus e del lucus che l’arte e la fantasia pagana

popolavano di Fauni e di Sileni, di riti e di misteri, non è la selva selvaggia che la

paurosa credulità medioevale faceva rifugio di stregoni e di banditi, non racchiude le

sacre antiche piante dei Druidi e dei Poeti; non copre di ombra e di frescura una valle

romita, né protegge erte pendici, né forma la chioma ammirata di un monte altero; il

bosco del Gazzolo è semplicemente una landa volgare, una radura pedestre, un

terreno coperto di gerbido e di cespugli rachitici, squallido, dimesso e stremenzito.

Da secolo il bosco Gazzolo invoca la pietà e la ragione dei reggitori della pubblica

cosa, per essere tolto dall’avvilimento e dalla inerzia, donato al lavoro vivificatore

della marra e dell’aratro, onorato della lieta compagnia dei luoghi circostanti, che la

madre terra fan bella e benedetta di messi dorate e di pampini giulivi.

Ed è invero un secolare scempio, uno spettacolo strano e strambo il vedere ogni

lustro invasa quella proprietà da un’onda di popolo, che vi taglia e ne asporta poche

ramaglie, brughe e fogliame, quanto basta appena a compensare il lavoro impiegato, e

ancor più il mirare la Comunità, che paga ogni anno un’imposta media di lire

cinquecento, mantiene con altrettanta spesa una guardia campestre, senza trarne che

un meschino provento saltuario di poche lire per erba, per brughe e per fogliame negli

anni in cui non ha luogo il taglio lustrale.

Il lucro cessante, la differenza cioè fra il prodotto di una cultura agraria intensiva e

quello del bosco, è incalcolabile; sono migliaia e migliaia di lire sottratte

all’economia agricola del paese; il danno emergente si ha nell’annuo migliaio di lire

in media che l’amministrazione Comunale getta come in una voragine misteriosa ed

ammaliatrice.

Ben si può dire che il Comune abbia da secoli ceduto ad un incanto, ad una forza

ignota, se non ha saputo o potuto trasformare quella proprietà e convertire la sensibile

perdita annuale di un reddito per l’azienda sua e il danno in un incremento

dell’agricoltura paesana. Eppure era tanto facile il vincere l’incantesimo e il

disperdere l’influsso maligno con un soffio di buon volere e di fermo proposito.

Tentiamo adunque risolutamente l’impresa, che io non chiamo ardua, come sempre

apparve, ma che affermo facile e piana come il soffio che ho detto.

II – Vicende del Bosco Gazzolo – Documenti

E come ogni procedere umano ha la sua 'base nel fato e nel fatto storico, e come il

presente e l'avvenire sono incatenati al passato, cosi ragion vuole che, per un disegno

di trasformazione del Bosco del Gazzolo, tracci un rapido cenno delle sue vicende; al

qual uopo pensai anzitutto radunare e considerare quante più carte mi fu concesso di

scorgere nell'archivio Comunale, mancandomi il tempo e occorrendo spesa per

rintracciarne in altri archivii o notarili o dello Stato.

In qual modo sia nata e siasi costituita la proprietà del Gazzolo non è possibile

accertare, perché nessun documento formale trovasi nell’archivio e neppure leggesi in

atti scritti ricordato, con data e nome del notaio o autorità da cui sarebbe emanato. Ho

però posta la mia attenzione sopra un ricorso di molti capi di casa all’Intendenza

d’Acqui nel 1834, che contiene caratteristiche affermazioni ed espressioni, e che qui

trascrivo per intero, come quello che spiega e legittima l’attuale stato di cose e dà

un’intonazione, oso dire sicura, per un’equa, ragionevole soluzione del secolare

problema.

Ill.mo sig. Intendente

Rappresentano riverentemente i sottoscritti e crocesegnati formanti la maggior

parte dei capi di casa di Castelletto d’Orba che, nei secoli scorsi, la Dama Teresa

Fieschi Adorni, della famiglia degli antichi Feudatari di detto luogo, legò al Comune,

o per meglio dire ai poveri del luogo, un vasto bosco ceduo di legna forte posto su

questi fini nella regione denominata il Gazzolo, di quale lascito risultava da

testamento della Benefattrice del quale per molti anni si conservò copia autentica

nell’Archivio Comunale e smarritosi quindi o per incuria, o forse anche per colpa di

qualche sindaco o Segretario e ne risulta tutt’ora da una costante, notoria e non

interrotta tradizione.

Egli è poi così vero che detto bosco fu legato ai poveri, che sotto il cessato

Governo essendosene voluto ordinare l’alienazione come stabile Comunale,

l’Amministrazione di quel tempo ottenne che si sospendesse tale alienazione, con

aver giustificato presso il Governo che detto stabile non poteva riguardarsi come

spettante al Comune in generale, ma bensì ai poveri di esso.

Detto bosco soleva tagliarsi ogni determinato numero d’anni e dividersene il

prodotto in porzioni uguali per ciascuna famiglia ciò che nel paese si indica sotto

nome divisione a fumanti ma quindi s’introdusse qualche volta l’abuso di dividerlo a

Registro, come ivi si suol dire, il che i dividenti prendono maggiore quantità di legna

in proporzione del maggior scutato od estimo dei beni da loro posseduti e loro

accolonati in Cadastro, in guisa che più le famiglie sono ricche e più esse

prendevano legna o qualche altra volta per correggere l’enormità dell’introdotto

abuso si usò di dividere il bosco e tagliarvi per metà i fumanti e per metà a registro,

quali divisioni ebbero sempre luogo e si eseguiscono per ordine, e sotto l’ispezione di

Consiglio Comunale.

Pare impossibile a primo aspetto, che un Pio lascito avente per soggetto il sollievo

dei poveri abbia potuto snaturarsi in modo da tanto servire ad impinguare invece le

sostanze dei più ricchi con manifesta ed ingiustissima violazione della benefica e

caritatevole signora testatrice; se si riflette però che li Amministratori Comunali

vengono scelti ordinariamente fra le persone più agiate del luogo, le quali per

conseguenza trovano maggior lucro e vantaggio dalla divisione a registro, che i povei

furono sempre la vittima e la preda dei ricchi, e che la loro parte fu sempre il gridare

e poi il soffrire, cesserà affatto tale meraviglia; né vuolsi tacere che nelle annate in

cui i poveri rivendicarono coraggiosamente i loro diritti, ed in quella in cui furono

sindaci persone, cui più stava a cuore la giustizia e l’esecuzione fedele della volontà

della Pia testatrice, che il proprio vantaggio, la divisione del bosco si fece a fumanti e

non a registro-

I ricorrenti però non vorrebbero vedersi anche adesso ridotti alla circostanza di

dover fare valere i priorii sacrosanti inviolabili diritti con mezzi violenti, e tali che

potessero poi loro ascriversi a colpa. E perciò ad evitare simile pericolo hanno

pensato di ricorrere, come ricorrono alla paterna e benefica sollecitudine di V. S.

Ill.ma pel bene dei suoi amministrati si ricchi che poveri.

Supplicandola acciò presa in benigna considerazione l’esposto si degni di ordinare

all’Amministrazione Comunale, oppure al Sindaco di Castelletto d’Orba, acciò che

nell’imminente taglio di detto bosco voglia ordinare la divisione del taglio a fumanti

e non a registro.

Premesso questo scritto, che sembra dettato in questi giorni da un apostolo del

verbo novello, ritorno di alcuni secoli addietro per narrare la promessa istoria, e noto

che il primo cenno del Bosco del Gazzolo si ha, parlando solo dei documenti

posseduti dal Comune, negli statuti suoi, Facta et ordinata anno millesimo

duecentesimo primo die octava mensis madii et nunc de novo emendata et correcta

anno millesimo CCCL.

In tali Statuti si hanno i capitoli:

Quod nemo incidat in boschis comunis. Item statuerunt et ordinaverunt quond si

quis inciserit vel deportaverit ligna de boschis Comunis Gazolij vel Feijhe sit in

banno profasse solidorum X Terdonesium proasinatas XX pro trasata vel barocio

XXX, pro curro XXXX cuius banni mediates sit communis et alia consulum.

Quod nemo colligate fenum. Item statuerunt et ordinaverunt quod si quis coligerit

cum messurorio vel seghorio herbam in Gazolio Comunis causa faciendi fenun, sine

licentia Consiglii sit in banno solidorum pro qualibet vice.

Attestano questi tratti degli antichissimi statuti, che il Comune possedeva già nel

1290 boschi non solo nella regione Gazolo ma eziandio nella regione Feijha, certo

l’attuale Feja, e che gli abitanti di Castelletto vi accorrevano allegramente a far legna

ed erba per nulla paurosi del bannum, cioè dell’accusa e conseguente multa, come

ancor avveniva tre secoli dopo.

E di si lungo tempo devo nel racconto fare il gran salto, perché dagli Statuti

predetti non si hanno più documenti nell’Archivio Comunale fino al volume dei

convocati, che comincia coll’Aprile 1603, in cui s’incontrano frequenti cenni del

Gazolo.

Il 25 stesso mese si prenotano fra le spese da pagarsi colla taglia lire 11.5.4. a

messer Antonio Amerio, per aver misurato il Gazzolo, e si è poi ordinato che si debba

estimare il Gazolo del comune a danni o delli compari o delli accusati; il 15 Agosto

stesso anno 1603, i consiglieri unanimi e concordi hanno deliberato che si tagli il

Gazolo, cioè quella parte che si trova in essere per potersi tagliare, quale messer

Gerolamo Cassulo ed altri consoli hanno detto aver fatto misurare et essersi trovato

trabucchi centosessanta, et che sii ripartito a teste e registro; il 24 detto Agosto hanno

proposto in tal consiglio che essendosi tagliato il bosco del Gazzolo, vi sono molti

che vanno di notte a detti boschi sotto il pretesto d’andare a pigliare la sua parte delle

legne e spostano la parte degli altri, e perciò hanno deliberato si faccia una grida che

alcuno non possi andare di notte a pigliar di dette legne sotto pena di tre scuti per

carro, scuti uno e mezzo per barozzo o trasa e scuti uno per soma e mezzo scuto per

fascio, qual pena la metà sia del Comune e la metà del podestà.

Queste pene come si vede, riproducono il bannum degli accennati Statuti.

Nello stesso anno 1603, il 18 novembre, il Consiglio delibera di fare una nuova

capitolazione e riforma del registro, registrando tutti li beni che sono sul finaggio di

Castelletto, escluso però il Bosco del Gazolo, il quale non è mai stato posto a registro

alcuno.

Mentre così, i riferiti scritti dichiarano il bosco Gazzolo del Comune, affermano il

fatto che si tagliava periodicamente, ripartendolo a teste e registro, come si praticò

fino a questi ultimi anni, in cui sotto l’influsso dei principii nuovi e per merito forse

del riportato ricorso, scomparve il criterio del registro e rimase solo quello delle teste;

ripartendosi cioè in porzioni uguali fra i capi di casa.

Nei susseguenti secoli continua monotona la stessa consuetudine del taglio e del

riparto. Nel convocato del 24 maggio 1630 deliberatum fuit di far grida che ognuno

debbi aver tagliato la sua parte del Gazolo fra il termine di giorni quindici, ciò che

dimostrerebbe che ciascuno facesse in tal bosco il comodo suo.

Nel convocato del 17 novembre 1652 leggesi il seguente garbuglio:

Item deliberatum fuit che si ponghi il Gazolo in Comune conformemente alle altre

volte et solito con che li partecipanti possino tagliar le propria parte tra qui e la metà

del mese di Aprile venturo inclusivo, quella però che sarà da tagliare, et che ognuno

debbi pagar li fitti decorsi e non pagati, e così lo pongono et dichiarano libero a

partirsi conforme all’antico stile.

Il 5 Agosto 1668 si deliberava:

In quo Consiglio sic congregato propositum fuit per dominos Nobiles Consules

esser bene di sbandire e ripartire il Gazolo per essere propizia la stagione che però

ogni uno dica il suo parere se si debba fare.

Deliberatum fuit per dominos Nobiles omnes unanime et concorde esser bene di

ripartirlo e far fare le sue bollette a famiglie e conforme al solito, dando autorità a

nobili Consoli di fare quello sarà necessario et opportuno per tal fatto.

Il 29 Luglio fu deliberato:

In quo quidem Consiglio propositum fuit per dominos Consules esser tempo di

sbandire il Gazollo per poter fare quella puoca legna. Et omnes unanimes et

concordes nullunque discrepans responsum dederunt esser bene a liberarlo e

sbandirlo purché si facci questo avanti S. Lorenzo prossimo, ordinando alli detti

Consoli, che in questa settimana lo facciano misurare e indi ripartire, acciò nella

settimana seguente a questa entrante si possi tagliare, e tanto concludono e risolvono.

Come saggio delle deliberazioni che si prendevano nei secoli scorsi intorno al

Gazzolo riferiscono ancora la seguente del 16 Agosto 1745:

Al qual Consiglio è stato da detti signori Consoli rappresentato esserli stato il

giorno d’oggi intimato copia di supplica sporta al Sig. Giudice di questo luogo da

alcuni Particolari migliori Registranti ed altri che pretendono si debba distribuire il

Bosco Comunitativo del Gazzolo a Registro e non a fumanti, con decreto citatorio del

giorno di oggi 16 corr. di comparire avanti questo Sig. Giudice in contraddittorio il

quinto giorno e intanto non innovarsi cosa alcuna intorno al taglio di detto Bosco,

sotto pena di scudi 25 d’oro al fisco applicandi come meglio da detto Decreto si vede,

al quale e come che li suddetti i sig.ri Consoli e Consiglieri infrascritti intendono dire

et eccepire ragioni contro detto nullo, et insusstente (sic) raccorso e decreto intorno al

taglio di detto Bosco, che intendono si debba tagliare a fumanti, come si protestano

con promessa di tutti i danni che il pubblico ne possi patire per il ritardamento del

taglio suddetto contro li suddetti particolari, fanno instanza provvedersi in ogni

miglior modo intorno al detto fatto.

Il che udito il Prefato, Magnifico Consiglio come sovra ed infra congregato tutti

unanimi, concordi e niuni discrepanti hanno deputato e deputano li Nobili Gio Batta

Spoltorno Console, Giò Batta Verro e Giuseppe Maria Traverso di questo luogo con

facoltà di assistere a detto contraddittorio per il taglio del Bosco suddetto e andar a

parlare all’Ill.mo sig. Marchese Davide figlio del signor Marchese Alessandro

Adorno, padrone utile di questa contea, secondo l’intelligenza passata con il Sig.

Avv. Marengo Giudice di questo luogo ed altresì di fare tutti quei passi opportuni e

necessari a farsi per detta causa.

Qual esito abbia avuto la insorta contesa non giova indagare, dal momento che con

atto 4 Agosto 1785 il consiglio: «sul riflesso che questa Comunità da tempo

immemorabile è stata solita ripartire e distribuire d’anno in anno una porzione di

detto Bosco à suoi locali possidenti a proporzione del Registro di caduno, perciò a

norma dei supplicanti, in dipendenza di convocato de 30 Luglio 1779 con cui questa

amministrazione per la migliore conservazione, e reddito di detto Bosco ha deliberato

di accordarlo ad affitto perpetuo ai particolari nativi, e domiciliati in questo luogo,

possidenti su questo territorio a proporzione del loro rispettivo Registro colle

condizioni in esso apposte, resta necessario formarsi i Capitoli e regole da osservarsi

per detto affittamento, giacché nelle congreghe a tal effetto fattesi nei giorni scaduti

non è riuscito a tanto effettuare massime che alli dieci di questo mese va a scadere la

proroga a tal oggetto riportata dalla Regia Intendenza col decreto undici scaduto

Luglio, onde insta deliberarsi.

Sovra del che fatto serio e maturo riflesso li prefati ed infrascritti sig. Congregati,

tutti unanimi e concordi, e niuno d’essi discrepante hanno deliberato e deliberano di

formare le narrati Capitoli e regole».

Ma del divisato affittamento enfiteutico si fece nulla di nulla, finchè l’Intendente

Generale d’Acqui emise il 27 aprile 1792 un lungo decreto per la ripresa dell’affare,

decreto che fu seguito da una molteplicità di atti riusciti pur vani, fra cui uno, il

verbale 25 maggio 1792, racconta, e scusa che non erasi esaurito un incombente

prescritto dell’Intendenza, la lepida avventura toccata al messo che ritornando da

Acqui, è caduto nel Bedale del Molino di Morzasco bagnandosi le carte; segno forse

ancor questo di iattura per il Gazzolo!

Altra curiosità risulta da un registro del 1809, aver cioè servito esso in parte di

compenso ai capi famiglia, per somministranze fatte alle armate austro – russo –

francesi.

Nel 1832 – 1834 si risollevò intanto, col caratteristico ricorso sopra riferito, la

questione della distribuzione del taglio a Fumanti o a Registro, qual erasi già agitata

colla citazione del Comune avanti al giudice di cui nel pur riferito atto 16 agosto

1745; questione che fu risolta come si richiedeva nel ricorso stesso, perché si ha una

nota nominativa di capi di casa delle famiglie povere in n. di 110, approvato dal

Consiglio il 30 Agosto e dall’Intendenza di Novi il 10 ottobre 1836, che prescrivono

doversi la distribuzione della legna farsi in parti uguali.

Noto come notizia di fatto che un’altra lista di capi di famiglia del 25 aprile 1842

era già salita al n. di 373. E veniamo al 1846 in cui si ritornò a trattare della

concessione del Gazzolo in enfiteusi perpetua con atti del Consiglio 14 febbraio e 2

aprile e decreto dell’Intendenza 20 marzo, egualmente caduti nel nulla.

Nel 1854 vi fu un tentativo del Comune per esercitare un assoluto diritto di

proprietà suk bosco, escludendo i proprietari dal taglio. Questi insorsero rivolgendo al

sig. Intendente di Novi ricorso, in cui è detto:

«Che da secoli sono nel possesso pacifico di sfruttare 190 circa giornate di bosco

di rovere site in quel territorio (Castelletto) e divise in tre pezze.

Che non si sa il motivo per cui il Consiglio Delegato ed il Sig. Sindaco nello

scorso mese di Aprile si fece lecito d’inviare sessanta uomini circa per tagliare la

legna in detti boschi esistente, in vista di qual usurpazione 150 uomini circa di detti

capi di casa si portarono a quel bosco, e cogli 60 uomini inviati dal Comune

lavorarono tutto il giorno 18 dello stesso mese nel taglio predetto, e che il Sig.

Sindaco la sera del medesimo giorno fece battere il tamburo dell’usciere Comunale,

dicendo all’indomani ciascun capo di famiglia andasse ad ultimare la recisione di

detto bosco, a cui concorsero quasi tutti i capi di famiglia, speranzosi che il prodotto

di detto bosco, il quale ascende a 320 barche circa, ossia cataste, composte ciascuna

di cento fascine verrebbe divisa in parti uguali tra gli anzidetti capi di casa, come ne

ebbero promessa dal prefato Sig. Sindaco di detto Comune, e come fu deciso pure dal

Consiglio stante la convenzione rinnovata nell’anno 1832 circa, ed approvata

dall’Ill.mo Sig. Intendente Novadis qual pratica ebbe sempre il suo effetto per lo

passato.

Non è quindi senza stupore dei sottoscritti l’aver letto nell’Albo pretorio negli

scorsi giorni che l’anzidetta legna verrebbe incantata, e deliberata al miglior offerente

a profitto dell’erario Comunale in disprezzo dell’acquistato e non mai manomesso

diritto da centinaia d’anni mentre i sottoscritti deggiono soffrire il disdoro di vedere

dette barche o cataste di legna e custodite da 30 Carabinieri quasi ché gli infrascritti

fossero rivoltosi e resistenti alla superiore autorità.

Che gli esponenti si obbligano comprovare in via giuridica le incontestabili loro

ragioni per la materiale divisione di detta legna, giusta il sin qui pratico, intanto però

rendonsi opponenti onde le 320 barche di legna vengano incantate nel 27 corr. mese e

supplicano la S.V. Ill.ma volersi degnare di sospendere detto incanto per un termine

sufficiente a potersi provvedere in via giuridica nanti i Tribunali ordinari ed

amministrativi stando per tal oggetto provvedendosi dei necessari documenti».

L’Intendente, con decreto 26 Maggio 1854 pedissequo al ricorso, se ne lavò le

mani dischiarandosi incompetente, per essere la vendita stata autorizzata dall’autorità

superiore; salvo ai ricorrenti di far valere altrimenti i loro diritti.

L’Amministrazione Comunale però di fronte alla imponente dimostrazione del

popolo di Castelletto, che il 18 Aprile erasi recato in massa nel Gazzolo, e alla

plenaria sottoscrizione del riferito ricorso, recedette con atti 22 e 26 Aprile dal

proposito della vendita della legna tutta e prelevato quanto occorreva per la spesa del

taglio eseguito, distribuì il resto ai capi famiglia.

Il Comune ebbe poi l’ingrata sorpresa di vedersi richieste lire 845, 83 per

l’intervento dei R.R. Carabinieri, al cui pagamento si oppose un ricorso al Ministero

12 Settembre, nel quale pure si contengono utili notizie sulla questione

Dal 1854 si prosegue tranquillamente nel consueto taglio per parte dei capi di

famiglia. Il bosco intanto era andato miseramente deperendo ed il Consiglio, con

deliberazione 1 Novembre 1870, munito del parere dell’Ispettorato Forestale, tentò

introdurvi miglioramenti. Il 22 Ottobre 1881 ripreso il proposito di risolvere l’eterna

questione, e il Consiglio si appigliò alla vendita del Bosco in 10 lotti per pubblico

incanto; indi nuove sollevazioni degli abitanti con ricorsi al Sindaco e al Prefetto, a

cui il Consiglio volle resistere con una lunga dimostrazione del 6 maggio 1883 ma fu

opera vana.11

Noto un’altra volta che i capi famiglia partecipanti al taglio da 373, risultanti dalla

lista del 1842, salirono a 506 nella lista del 1884.

Nel 1885 11 ottobre l’Amministrazione Comunale fece l’altro tentativo di imporre

la tassa di L. 1,50 per ogni partecipante, e ancor questo riuscì vano, risultando che

non fu mai esatta simile tassa. Con atti del Consiglio stesso 28 dicembre 1889 e 3

aprile 1890 si deliberò pure un Regolamento per l’uso del Bosco, senza che mai abbia

avuto vigore.

La febbre però per dar assetto alla disgraziata proprietà nominalmente Comunale

cresceva a misura del lavoro di Sisifo che continuava più intenso che mai;

imperocché con atto del Consiglio 18 maggio 1890 si discusse nuovamente

dell’alienazione, divisione e affittamento; interloquì la G.P.A. con decisione 20

agosto 1891, che rinviava gli atti al Comune, il quale li lasciò ancora una volta cadere

in abbandono.

Riprese tuttavia la cosa il 14 agosto 1892 col deliberare la vendita della porzione di

bosco disgiunta dalla maggior pezza, un quarto circa, compresa fra la strada da S.

Cristoforo a Capriata e la proprietà di taluni abitanti di quel primo Comune, i quali

pretendevano e reclamavano un passaggio sul confine di tal posizione, per accedere ai

loro fondi. Anche qui intervenne la G.P.A. con decisione 13 Aprile 1893, che non

approvò la citata deliberazione della Giunta Comunale in data 21 ottobre precedente.

La questione del predetto passaggio diede luogo ad una lunga ed intricatissima lite,

che testè soltanto si chiuse con atto di transazione 26 agosto 1909, rogato Arrighetti,

mediante la vendita ai proprietari di S. Cristoforo della striscia di Bosco necessaria

alla strada.

Riprendendo il racconto al 1894 è interessante conoscere che la voce della vendita,

sia pure parziale, inasprì gli animi della popolazione, la quale nella sera del 23 agosto

si abbandonò a disordini.

La Giunta Municipale pubblicò all’indomani un manifesto, in cui si raccomanda la

calma, «colla quale, soggiunge, potrà la popolazione far sentire le proprie ragioni e

così d’accordo Municipio e popolo si potrà venire allo scioglimento della questione

del Gazzolo con altro progetto utile ad entrambi. Assicura intanto la Giunta non esser

vero che si venda il Gazzolo mentre tutto si ridurrebbe alla cessione di una piccola

parte richiesta per passaggio da proprietari confinanti».

E così realmente avvenne come si è sovra esposto.

Noto a questo punto che la lista dei partecipanti al taglio nel 1894 era salita a n.

520.

Noto eziandio che nella seduta del Consiglio 1 Maggio 1897 si discusse una

mozione del Consigliere Dott. Cortella per la divisione del Gazzolo, deliberandosi il

rinvio, e che in quella 1 febbraio 1900 si approvò una proposta di affittamento del

bosco in lotti, la quale ebbe la sorte delle precedenti.

Riposò la questione fino al 1910 in cui divampò con la discussione fattane nella

seduta del Consiglio 11 aprile e conclusa in quella del 15 novembre colla proposta di

bandire un referendum sui quesiti:

O LA DIVISIONE, O LA TRASFORMAZIONE IN CULTURA AGRARIA MEDIANTE

AFFITTAMENTO.

Tale deliberazione fu annullata con decreto del Prefetto 13 dicembre 1910; quindi

si promosse una pubblica sottoscrizione per chiedere senz’altro la divisione, che il

Consiglio del 15 gennaio 1911, in adunanza di 2° convocazione, con l’intervento di

soli 7 consiglieri, approvò all’unanimità.

La G. P. A, a cui fu inviato tale atto, senza il corredo di altri documenti e

schiarimenti, mentre tanti ne occorrono, rinviò l’affare al Comune per ulteriori studi,

con decisione 3 Marzo 1911. La quale decisione col citato voto del Consiglio 15

Gennaio volle il Comune sottoporre al valente Giurista Avv. G.B. Cereseto, per il suo

parere, che diede in data 28 Marzo, esponendo un progetto di distribuzione agli

abitanti del bosco in enfiteusi, mediante il canone di qualche lira all’anno ogni

partecipante.

É a notarsi a questo punto che nell’agosto 1910 si è proceduto al taglio della legna,

e che i partecipanti ascesero a N. 551, come da apposito elenco, che vuol essere

tenuto quale uno dei principali elementi per l’intrapresa trasformazione,

Non è forse affatto una vanità l’accennare al perchè del nome Gazolo o Gazzolo,

quale si legge promiscuamente negli scritti innumerevoli, che trattano l’argomento.

Il G.B. Rossi nel suo libro I Paesi e Castelli dell’Alto Monferrato e della Langhe

dice a pagina 131 che fu così «chiamato con voce longobarda Gazina, Gadium, ed

anche Sylva Regis, col quale nome venivano indicati i boschi riservati alle caccie del

sovrano».

Non è il caso di discutere queste affermazioni, che dovrebbero essere rafforzate da

documenti; noto solo che negli scritti è spesso il bosco dichiarato in regione Gazolo e

che su quel di Ovada vi ha pure una località chiamata Gazzolo, per modo che un tal

nome potrebbe semplicemente significare un luogo di gazze.

Ho pur voluto raccogliere notizie intorno a simili proprietà, possedute in altri

Comuni, e son risultate le seguenti:

In Alice Belcolle esisteva anticamente una proprietà boschiva, che venne divisa fra

le famiglie del paese, mediante sorteggio di lotti.

In Bergamasco esiste tuttora un tenimento boschivo detto delle Sorti, proprio degli

originari, formanti una comunione, retta da Regolamento approvato da Regio Decreto

2 Dicembre 1841.

In Bruno esisteva pure una vasta plaga di boschi, che furono dal Comune divisi fra

169 particolari, con atto 26 Settembre 1869 rogato Dalponte, mediante la costituzione

di una rendita fondiaria di lire 11 caduno; ciascun lotto estratto a sorte era di are

cento circa.

In Carpeneto si possedeva da tempo immemorabile una vastissima zona di bosco

che era diventata quasi d’uso pubblico. Nel 1859 il Comune vendette tale proprietà

all’asta in 67 lotti.

In Tassarolo possedevasi una notevole quantità di terreno coltivo e boschivo che il

Comune concedeva di regola in affitto novennale diviso in lotti.

L’esperienza dimostrò che tal sistema era rovinoso, perchè i terreni erano mal

tenuti; e il Comune risolvette quindi di alienarli ai nati e domiciliati del Comune

stesso. Si formò la nota delle famiglie aventi diritto, si formarono i lotti di cui una

commissione apposita determinò il prezzo, fu fatta pubblica estrazione e l’atto di

vendita a ciascun capo famiglia colla mora di dieci anni al pagamento del prezzo

stesso.

Varie e diverse furono così le vie seguite da altri comuni nel governo e nella

destinazione di siffatte proprietà collettive e di carattere indeterminato, ma quasi

sempre si risolvette di trasformarle in proprietà privata.

Considerazioni giuridiche.

Tali sono a grandi tratti le vicende del bosco Gazolo, tali gli atti ed i fatti che ne

furono bei secoli argomento; di fronte ai quali la figura giuridica che si presenta è ad

evidenza una comunione perfetta.

Il maggior partecipante è il Comune, come quello che, per il tacito mandato degli

altri, ha sempre esercitato il dominio della comunione e sopportato i pesi

dell’amministrazione, della custodia e dei tributi; i capi famiglia sono i partecipanti

minori in parti uguali a quanto sopravanza, dopo l’equo prelievo spettante al

Comune.

Giova spiegare altrimenti questo punto cardinale del problema.

In mancanza, come si vede, di un titolo costitutivo originario, sarebbe stato ovvio,

naturale, regolare e doveroso, formare ad antiquo uno Statuto o regolamento della

proprietà in discorso e del suo godimento qual si emanò, ad esempio, per la

comunione boschiva di Bergamasco col succitato R° Decreto 2 dicembre 1841. Ciò,

come pur si vide, fu tentato ma non compiuto. Devono dunque subentrare le norme,

le disposizioni, le pratiche consuetudinarie, le presunzioni e le valutazioni, che il

senso d’equità e d’opportunità, più che il rigoroso criterio giuridico, possono

suggerire.

Nella fattispecie abbiamo un Comune che sta pago di possedere la vasta proprietà

boschiva, custodirla e pagare i tributi, per poi abbandonare il taglio ogni cinque circa

anni ai capi famiglia, senza il minimo corrispettivo; e ciò per pratica costante oltre

secolare.

Vero è che il Comune ha di quando in quando posti fra le entrate Comunali taluni

proventi per erba, brughe, fogliame, ceppaie, piante d’alto fusto, ed ultimamente, col

citato atto 26 agosto 1909, rogato Arrighetti, anche per la vendita di una striscia di

bosco ad uso di strada; ma ciò devesi intendere aver eseguito non in virtù di un

assoluto ed esclusivo diritto di proprietà, bensì col tacito consenso dei partecipanti

capi famiglia e come compenso dei pesi che sopporta e delle cure amministrative che

presta. Tali capi famiglia che, senza corrispettivo veruno vanno a raccogliere il frutto

maturo del Gazzolo, hanno certamente pel medesimo un diritto, che non può essere,

dopo più secoli da che si esercita, e dopo essere entrato profondamente nella

coscienza della popolazione, da una semplice affermazione contraria o da un tratto di

penna. Non vi è dunque una semplice concessione revocabile e mutabile a volontà di

chi le fa, ma è un atto ch’essi compiono jure proprio ed è quindi fuor luogo e di

ragione trattare di affitto e di enfiteusi.

Si è in altri termini, di fronte ad una vera e reale comunione di fatto, che non fu

mai disciplinata con disposizioni positive e che dovrebbe esserlo; ma che ormai è

piuttosto una necessità lo sciogliere e far sparire, per essere amministrativamente e

politicamente rovinosa; a cui infatti furono dati ripetuti assalti per sgominarla coi

tentativi sovra riferiti or di vendita, or di affitto, or di enfiteusi, or di ripartizione, ma

non potrà conseguirsi lo scopo senza dare una adeguata soddisfazione agli aventi

diritto.

Duplice è l’aspetto della comunione, dovendosi questa considerare prima fra il

Comune e la massa dei capi di famiglia, indi fra i medesimi.

L’articolo 674 del Codice Civile dichiara che le quote dei partecipanti si

presumono uguali fino a prova contraria e ciò vale senza esitanza tra i capi famiglia:

fra questi invece ed il Comune diviene arduo lo stabilire la quota, ma non tanto da

smarrire la via di un’equa soluzione.

É da ritenersi anzitutto che conviene determinare la quota complessiva dei Capi di

famiglia in modo che corrisponde all’utile o, come dice la legge, all’articolo

succitato, ai vantaggi che mediamente hanno sempre goduti, al qual riguardo risulta

che dall’ultimo elenco dei partecipanti, il quale ha servito per il taglio del bosco

nell’agosto dello scorso 1910, è ormai salito il loro numero a 551, per modo che

toccò a ciascuno una superficie in media di mq. 1600 pari a due staia di bosco da

tagliare.

Ora però è previdente calcolare 600 quote in cifra tonda, per averne in

soprannumero ed i riserva, colle quali soddisfare pretendenti ignoranti, far fronte ad

eventualità inattese e assegnarne eziandio agli istituti pii, in omaggio alla tradizione

che vorrebbe destinato il bosco in gran parte ai poveri, per modo che ciascuna quota

risulterebbe di m. p. 1400, pari a staia uno e ¾ misura locale.

Se non che devesi dedurre da ciascuna quota una porzione per formare la quota del

Comune, in compenso dei pesi sempre da esso sopportati e delle spese necessarie per

le odierne operazioni tecniche e contrattuali.

Se non che devesi dedurre da ciascuna quota una porzione per formare la quota del

Comune, in compenso dei pesi sempre da esso sopportati e delle spese necessarie per

le odierne operazioni tecniche e contrattuali, devesi togliere la superficie da occuparsi

colle strade di accesso e si può pertanto equamente e ragionevolmente stabilire la

quota da assegnarsi a ciascun capo famiglia in mq. 800, cioè in un preciso staio

locale, rimanendo tutto il resto al Comune, per essere senz’altro venduto in

convenienti lotti al pubblico incanto.

E questo staio di terra lo abbia il Capo famiglia senza verun gravame, nè di spese

attuali nè di canoni duraturi; sia esso, in piccola proporzione, come il bene di

famiglia, che l’anima candida di Luigi Luzzati ha tentato di creare col disegno di

legge, presentato alla Camera dei Deputati nella seduta del 28 aprile 1910.

Nè desti preoccupazione che taluni venderanno questo bene non appena sarà loro

assegnato: ciò significa che il bene od altro impulso potè più che l’amore alla

proprietà ma non toglie valore al dovere compiuto dall’aver dato a ciascuno il fatto

suo, unicuique suum tribuere; ed anzitutto non costituisce tal fatto un danno, perchè

se uno si priva del bene di Famiglia, altri se lo procura ed accresce il bene già

posseduto, sempre a vantaggio dell’economia agricola e del culto della madre terra.

Resta ancora a dirgli della forma dell’operazione, che si propone di compiere cioè

dello scioglimento della Comunione. Tutto dovrà essere semplicissimo, assegnerà al

Comune le pezze, che il progetto tecnico o tipo stabilisce, e a ciascun partecipante la

quota o lotto di uno staio, che estrarrà a sorte fra le 600 circa pezze pur stabilite dal

tipo.

Un atto simile, perfettamente legale, corrispondendo all’art. 684 del Codice Civile,

importerà una spesa relativamente minima risparmiandosi le ingenti spese per tasse di

trapasso di proprietà, se si volesse questa considerare come una concessione del

Comune, per trascrizioni e iscrizioni d’ipoteca, se si costituisse una rendita fondiaria

od enfiteutica spese che assorbirebbero il valore di buona parte della proprietà stessa,

mentre il risparmio di esse andrà a benefizio del Comune e dei Capi Famiglia, i quali

sono anzi esonerati da qualsiasi gravame. Si aggiunga che il dare all’operazione da

compiersi forma di concessione di proprietà del Comune ai Capi Famiglia (ciò si

ripete che non corrisponde alla verità e realtà delle cose, alla natura giuridica della

proprietà stessa) con la conseguente creazione di canoni e prestazioni annui

lascerebbe uno strascico ingombrante ed indefinito di vincoli di contabilità e

d’imposta di Ricchezza mobile, di manomorte, mentre la forma proposta renderebbe

libero il Comune e liberissimi i Capi di famiglia di giovarsi di quanto verrebbe

assegnato senz’altri inciampi, e legami e incubi. Scomparirà bensì il bosco Gazzolo,

ma senza un rimpianto e senza eredità d’affetti.

Duolmi contraddire in ciò al pensiero e al sentimento di uno spirito gentile, la

signora Giuseppina Piccaluga Mazzarino che nell’ottobre 1909 tenne fra i suoi

conterrazzani una conferenza nobilissima per idee e per elogio col titolo: Per la

conservazione del vostro Bosco Gazzolo e per lo sviluppo del rimboschire.

Al qual proposito, alla iniziativa cioè di rimboschimenti, inchiniamoci tutti quanti

abbiamo cuore e mente di figli affezionati e illuminati della Gran Madre Terra,

benediciamo agli sforzi del Governo, di associazioni e di generosi privati, per

ripopolare il monte e il piano della vegetazione salutare, protettrice, rimuneratrice e

gioconda, che il vandalismo deliberato o l’incuria incosciente degli uomini hanno

distrutta o non hanno mai promossa.

Salutiamo esultanti la risurrezione della festa degli alberi, che già istituita dal

Ministro Baccelli, con decreto 10 febbraio 1902, è ora ripresa dalla Federazione

Italiana delle associazioni Pro Montibus, per essere celebrata l’11 novembre di ogni

anno, e siano chiamati a parteciparvi non soltanto gli scolari, ma ogni gente e il

contadino in particolar modo perchè vi attinga amore e cognizioni nella coltura delle

piante. In questa occasione la distinta signora Piccaluga Mazzarino potrà tenere altre

conferenze, come dovranno tenerne professori e amanti dell’economia campestre,

esercitando un utile e nobile apostolato.

Ma per il Bosco Gazzolo mantengo il giudizio in principio espresso, che cioè

occupa un terreno assolutamente inadatto alla coltura boschiva, è ridotto in

condizioni di radure e di forza vegetativa deplorevoli e tali da fornire un reddito

irrisorio ed illusorio; è particolarmente di peso sensibile, senza compenso veruno per

il Comune, è infine ancora un campo di guai per il Comune, per la pace e per l’ordine

pubblico.

Scompaia quindi senza rincrescimento e presto, senza lasciare radici e rampolli di

noie e di appigli, nel modo il più placido e sereno il Bosco Gazzolo, questa palestra

indolente di battaglie infeconde e di competizioni irose, si che abbiasi a dire di esso

che un bel morir tutta la vita onora.

IV. – Disposizioni della legge Comunale e deliberazioni.

Alcune avvertenze occorrono ancora al cospetto delle disposizioni della Legge

Comunale sui beni Comunali.

Il Comune, come si è visto dalla fatta narrazione, non è mai riuscito a vendere,

dare in affitto o in enfiteusi come si accenna negli art. 175 – 176 il bosco Gazzolo,

per le costanti, ora legali ed ora violenti, opposizioni ed affermazioni dei Capi

Famiglia pei loro diritti. Se nei tempi andati avesse il comune potuto e saputo allestire

un regolamento, come tassativamente prescrive l’art. 185 e prescrivevano le leggi

anteriori, si avrebbe oggi un punto d’appoggio, un capo saldo sicuro: ma nemmeno

ciò si potè ottenere, per quanto siasi tentato. I capi famiglia, che nono vollero mai

riconoscere nel Comune un esclusivo ed assoluto diritto di proprietà, si ribellarono

sempre al pagamento del corrispettivo. Richiesto dal citato art. 175, che pertanto non

può invocarsi nella soggetta materia.

Succede l’art. 176, riproducente la legge 4 luglio 1874 n. 2011 che tratta dei beni

incolti e tale può dirsi il Bosco Gazzolo, per il poco suo reddito, anzi per il peso che

apporta al Comune senza verun corrispettivo, quali beni è detto che siano ridotti a

coltura, alienati o dati in enfiteusi, provvedendovi la Giunta Provinciale

Amministrativa.

Già si avvertì che nè la cultura per mezzo di affittamento, nè la vendita, nè

l’enfiteusi furono possibili, opponendosi altri cointeressati alle iniziative del Comune

che, si ripete, non fu mai riconosciuto proprietario esclusivo ed assoluto. I diritti del

Comune andando così confusi con quelli dei capi famiglia, verificandosi cioè una

comunione, egli è perciò che per la soluzione del problema si deve ricorre

all’applicazione del combinato disposto delle prescrizioni del Codice Civile e della

legge Comunale.

L’intervento poi della G.P.A. e dell’autorità Prefettizia, sostituendosi anche

all’Amministrazione Comunale, diventa una necessità legale di fronte al fatto che

tutti i componenti il Consiglio passato e futuri partecipano alla Comunione e

rendendosi così applicabili l’art. 292 della legge Comunale e 1457 penultimo

capoverso del Codice Civile.

In base alla presente esposizione di fatti e di ragionamenti, allestita colla maggior

cura e studio di cui sono stato capace, non resta che emettere un formula di

deliberazione quale segue:

V Scioglimento della comunione del Bosco Gazolo

Il Commissario Prefettizio

Premesse le narrate notizie di fatto e le esposte considerazioni.

Determina

Il Bosco Gazolo, rappresentato dal tipo con relazione allegato n. 1 redatto dal

Geometra Como in data 19 Agosto 1911 à composto di 6 pezze di terreno e cioè:

Tale bosco costituisce una comunione fra il Comune e i capi famiglia, chiamati a

partecipare al taglio e godimento del Bosco stesso, quali sono compresi nell’Elenco

allegato n. 2 nella quantità di 551.

A risolvere siffatta comunione è assegnato al Comune la pezza sovra descritta al n.

(?) per essere alienata in lotti mediante pubblico incanto; e ai capi famiglia sono

assegnate le altre 5 pezze ripartite in n. 600 lotti, colle relative strade d’accesso e

servitù di passaggio. Il numero dei lotti è superiore di quello previsto nel detto

Elenco, perchè ne restino come riserva nel caso che si fosse tralasciato qualcuno

avente diritto e per la destinazione ad Istituti pii come in appresso.

I lotti sono estratti da ciascun capo famiglia o da chi per esso.

L’estrazione equivale all’accettazione del lotto estratto e sarà seguita al tempo

della stipulazione dell’atto di assegno come meglio sarà disposto dalla G.P.A.

Chi non potesse partecipare all’estrazione e all’atto personalmente, potrà essere

rappresentato da persona capace della famiglia, che dichiari di far caso, causa e

fatto proprio. Non presentandosi neppure una persona della famiglia, l’estrazione

sarà fatta dall’ufficiale pubblico, che roga l’atto, salvo all’assegnatario il ratificare

con atto posteriore l’assegno così fattogli.

I lotti che entro un anno dalla stipulazione dell’atto non fossero assegnati e quelli

a cui gli assegnatari piacesse di fare generosa rinuncia, resteranno assegnati metà

alla Congregazione di Carità e metà all’Asilo Infantile in omaggio alla tradizione

che il lascito del bosco abbia pur avuto scopo di beneficenza e in considerazione dei

due enti costituiti nel Comune, che debbono avere un diritto nella Comunione al pari

d’ogni altra persona.

Le spese dell’atto da stipularsi s’intenderanno prelevate dalla massa e saranno

sostenute dal Comune col prezzo da ricavarsi dalla parte di Bosco ad esso assegnato,

ritenendosi sufficiente a comprendere anche le spese stesse.

Le somme ricavande dalla vendita della parte stessa saranno applicate al bilancio

in corso rispettivamente agli art. 21 dell’attivo, che riguarda appunto il provento dei

beni del Gazolo e all’art. 77 del passivo, che riguarda l’acquisto di rendita pubblica

come impegno delle somme stesse.

Lo stanziamento per le spese contrattuali e quelle richieste dalla convenzione del

numerario in rendita dello Stato sarà fatto nel bilancio 1912.

Il presente atto e i due allegati suddetti, il tipo e l’elenco dei partecipanti, saranno

pubblicati per otto giorni consecutivi a cominciare da domani 20 corrente, con invito

a chiunque di presentare reclami ed osservazioni come stimerà meglio nell’interesse

sia pubblico che privato.

Castelletto d’Orba 19 Agosto 1911

Il Commissario Prefettizio – Il Segretario.

Trascrizione a cura di Paolo Bavazzano (anno 2014).