Non è la solita guida

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Gli ordini mendicanti, i Francescani e Napoli Non è la solita guida I Francescani

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Gl i o rd in i mend icant i , i F r ance scan i e Napo l i

Non è l a so l i t a gu ida

I F rance s can i

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Valeria De Luca

Progetto grafico: Elena Carrucola

Redazione a cura di

P.O.R. CAMPANIA FSE 2007/2013 _ D.G.R. n. 1205 del 3/07/2009_ D.D. n.25 del 5/02/2012 _ Comune di Napoli _ Progetto "Una Rete per le Donne" CUP B69E10005680009 _ CIG 380033794B Asse II Occupabilità Obiettivo Specifico f Obiettivo Operativo f2 Corso di formazione “Addetto Agenzie turistiche”

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I N T R O D U Z I O N E

La storia della predicazione è uno degli aspetti riguardanti la

vita movimentata della Chiesa.

In Italia quando si diffondono gli ordini dei predicatori,

l’orientamento spirituale da contemplativo diventa fervente-

mente missionario. Nascono nuove forme di cultura e di spiri-

tualità.

La predicazione è legata ai nuovi ordini Mendicanti

(Francescani, Domenicani..) che sfuggono al particolarismo

delle Diocesi e sono piuttosto connessi alla vita delle grandi

Università europee ( Parigi, Oxford, Bologna).

In questo modo l’ evangelizzazione assume un orientamento

amplissimo e una capacità di penetrazione ecumenica.

L’irruzione violenta, improvvisa e potente degli ordini Mendi-

canti, in particolare del Francescanesimo, nella spiritualità

nella cultura, nella Chiesa, in una parola nel mondo tardo

medievale ha provocato una sorta di rivoluzione e sconvolto

assetti e pensieri consolidati anche nel microcosmo della

parola scritta.

La presenza dell’ordine Francescano nel corso del tempo è

chiaramente riscontrabile nella città di Napoli, lo dimostrano

le varie Chiese ed i Conventi dove è stata accertata la loro

attività religiosa; oggi in molte di queste strutture sono an-

cora presenti.

Diventa dunque affascinante compiere un percorso tra le

chiese e i conventi legati alla figura del Francescano.

Il percorso proposto non può lasciare indifferente nessun

individuo, ammirando Napoli anche da questa prospettiva,

ciò che colpisce come sempre è la straordinaria bellezza

della città di fronte alla quale non esistono parole per defi-

nirla. Edwin Buzz Aldarin il 2° uomo a mettere piede sulla

luna, disse riferendosi a ciò che vide:“La bellezza di quei

luoghi era talmente lontana da ogni concetto terrestre che

non esistono parole in grado di definirla”. Se qualcuno mi

chiedesse di descrivere Napoli risponderei proprio con queste

stesse parole.

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Gli ordini mendicanti a Napoli

I N D I C E

Chi è il Francescano

I Francescani e Napoli

I Conventi Francescani a Napoli

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“ L a b e l l e z z a d i q u e i l u o g h i e r a t a l m e n t e l o n t a n a d a o g n i n o s t r o c o n c e t t o t e r r e s t r e c h e n o n e s i s t o n o p a r o l e i n g r a d o d i d e f i n i r l a . ” E dw i n A l d r i n

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Chi è il Francescano

I Francescani appartengono alla catego-

ria degli ordini mendicanti.

Uno dei motivi per cui il movimento di

Francesco ha potuto rimanere efficace

sino ai giorni nostri, è che con lui nac-

que un tipo di uomo nuovo: L’uomo

francescano. Quest’uomo dona al mon-

do un senso nuovo della vita e una nuo-

va spiritualità. E’ colui che ha il corag-

gio di mettere in pratica i testi più ra-

dicali del Vangelo e che riesce a met-

tersi vicino al fratello che soffre, se-

guendo l’insegnamento dell’amore che

abbraccia contemporaneamente Dio e

la creatura umana.

Un francescano è un povero secondo il

Vangelo; un uomo che liberamente e

umilmente ha rinunciato a esercitare

ogni potere; ogni mezzo di dominio

sopra gli altri. Tuttavia nella sua vita

non è condotto da un atteggiamento da

schiavo, bensì dallo spirito più nobile

ed alto che ci sia, quello del Signore.

Seguire lo stile Francescano rappresen-

ta la scelta di una via difficile, che solo

pochi sono in grado di percorrere.

Al frate solo Dio basta e Lui è la fonte

della sua libertà.

I Francescani giunsero a Napoli quando

ancora Francesco era vivo.

Nella città molte sono le chiese nelle

quali nel corso del tempo si sono inse-

diati e in molte di esse sono ancora

presenti.

In questa sezione si procederà con una

descrizione generale degli ordini men-

dicanti e del loro insediamento a Napo-

li, per poi giungere nello specifico a

narrare dei francescani e della loro

attività religiosa a Napoli e infine c’è

una parte dedicata alle chiese di Napoli

caratterizzate dalla loro presenza.

Per il turista condurre un percorso che

lo porti a visitare tutte queste chiese

potrebbe essere sicuramente interes-

sante. Molti sono gli stili e le tradizioni

in cui potrebbe imbattersi.

Gl i o r d in i mend i cant i , i F r ances can i e Nap o l i

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L’accesso alle chiese secondo la tradi-

zione italiana è garantito a tutti. I turi-

sti che desiderano visitarle, devono

tuttavia considerare che le comunità

cristiane chiedono di osservare alcune

regole riguardanti l’abbigliamento e lo

stile di comportamento. Soprattutto si

richiede il più rigoroso rispetto del si-

lenzio in modo da facilitare il clima di

preghiera anche durante le visite turi-

stiche poiché bisogna sempre ricordare

che al di là della curiosità di avvicinarsi

a stili, culture e tradizioni delle varie

strutture, restano comunque “case di

preghiera”. Forse i racconti riguardanti

questi religiosi che verranno proposti,

potranno essere di aiuto a comprende-

re quanto sia importante e rispettoso

non trascurare mai queste regole di

buon comportamento indipendente-

mente se il turista sia non credente o

credente.

“Signore, fa di me

uno strumento della Tua Pace:

Dove è odio, fa ch'io porti l'Amore,

Dove è offesa, ch'io porti il Perdono,

Dove è discordia, ch'io porti l'Unione,

Dove è dubbio, ch'io porti la Fede,

Dove è errore, ch'io porti la Verità,

Dove è disperazione, ch'io porti la Spe-

ranza,

Dove è tristezza, ch'io porti la Gioia,

Dove sono le tenebre, ch'io porti la

Luce.

Maestro, fa che io non cerchi tanto

Ad esser consolato, quanto a consola-

re;

Ad essere compreso, quanto a com-

prendere;

Ad essere amato, quanto ad amare.

Poiché, così è:

Dando, che si riceve;

Perdonando, che si è perdonati;

Morendo, che si risuscita a Vita Eter-

na”

Gli ordini mendicanti a Napoli

Gli ordini mendicanti sono ordini reli-

giosi sorti nella Chiesa intorno al XII

secolo in Europa, la cui nascita è da

porre in relazione con i movimenti pau-

peristici del tempo e la necessità di

una riforma religiosa e morale in ambi-

to cattolico.

Gli ordini nati in questo contesto furo-

no detti "Mendicanti", perché rinuncia-

rono al possesso dei beni comuni, vi-

vendo di quanto riuscivano ad ottenere

con il lavoro o di quanto ricevevano in

elemosina. Conducevano una vita rego-

lare unita al ministero sacerdotale,

apostolico, missionario, pastorale, ca­

ritativo-sociale e si basavano su

un’organizzazione esente al regime

centralizzato.

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Nello specifico queste caratteristiche si

manifestano attraverso quattro ele-

menti fondamentali che contraddistin-

guono gli ordini mendicanti. Il primo è

la rinuncia a possedere anche in comu-

ne. Il secondo è quello della predica-

zione itinerante e urbana, attraverso la

quale professano l'apostolato liturgico e

pastorale nelle numerose chiese con-

ventuali sparse ovunque nel mondo. I

mendicanti professano la parola di Dio

con lo studio e l'insegnamento anche

universitario, con la partecipazione alle

iniziative religiose, caritative e politico

-sociali della Chiesa nella cristianità e

in terra di missione. Il terzo è la dipen-

denza immediata dai propri superiori

maggiori, oltre che dal Papa, invece

che dai vescovi. Infine il quarto ele-

mento che li contraddistingue è che i

mendicanti raccolgono i propri conventi

o case in province soggette a superiori

centrali o provinciali. I superiori locali

e i reli­giosi sono a loro volta legati al

superiore generale dell'Ordine.

Con queste caratteristiche, gli Ordini

mendicanti furono identificati dal con-

cilio di Lione I del 1274, che affrontò

per primo, per volere di Gregorio X, i

problemi suscitati dalla loro presenza

nella Chiesa.

Il Papa Gregorio X durante il concilio

ricorda e, di nuovo proibisce, di istitui-

re in avvenire nuovi Ordini, sopprimen-

do tutti gli ordini mendicanti che non

hanno l’approvazione pontificia. Duran-

te il concilio si stabilì che gli unici Ordi-

ni mendicanti approvati dalla Chiesa

erano quelli la cui professione e la cui

regola proibiscono di avere “redditi o

possedimenti” e il cui sostentamento è

perciò assicurato dalla “incerta mendi-

cità”.

L’insediamento dei mendicanti a Napoli

avviene tra la fine degli anni Venti e gli

inizi degli anni Trenta del Duecento. I

primi luoghi interessati da questo feno-

meno furono i principali centri cataliz-

zatori della Campania medioevale e

delle zone limitrofe del capoluogo par-

tenopeo (Salerno, Amalfi, Capua, Gae-

ta nella fascia costiera e Benevento

nell'entroterra).

Questi luoghi pur con storie diverse e

con alterne vicende che li hanno carat-

terizzati in momenti differenti, nel

corso del tempo rappresentarono i prin-

cipali poli di riferimento sia economico

che politico-amministrativo dei mendi-

canti.

In seguito alcuni avvenimenti storici

quali l'unificazione politica ad opera

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mente popolati dai mendicanti, pren-

dendo in considerazione le grandi

strutture ad essi appartenute. Se si

considerano costruzioni quali: S. Lo-

renzo maggiore, S. Domenico Maggiore,

il Carmine e S. Agostino alla zecca, si

osserva come tutti i nuovi insediamenti

mendicanti del XIII e XIV secolo si collo-

cano in direzione dello sviluppo urbani-

stico verso est, verso sud e verso ovest,

mentre non se ne registrano in direzio-

ne nord, poiché in questa ultima dire-

zione la città si sviluppò solo a partire

dalla prima età moderna.

I francescani e Napoli

Il primo inserimento dei Mendicanti a

Napoli avviene tra la fine degli anni

Venti e gli inizi degli anni Trenta del

Duecento ad opera della famiglia fran-

cescana.

Con il nome Ordine Francescano viene

indicato il “Primo ordine” fondato da

San Francesco d’Assisi. I Francescani

sono oggi raggruppati in tre famiglie

( Frati Minori Osservanti Riformati,

dei Normanni e la riorganizzazione am-

ministrativa degli Svevi, sminuì

l’importanza di questi territori e di

conseguenza anche il loro sviluppo. Ciò

portò a uno spostamento dell'asse pro-

duttivo e commerciale verso l'Italia

centro-settentrionale. Per questo moti-

vo questi territori assunsero a livello

nazionale un ruolo economico e cultu-

rale marginale.

Man mano con lo stimolo di altri fatto-

ri politici e di altre circostanze econo-

miche si andarono consolidando altri

centri come ad esempio Aversa, che

era la sede della prima contea norman-

na,ci fu poi la ristrutturazione di

“villae” altomedioevali, come Maddalo-

ni, e la ricostruzione di centri antichi

come Avellino e Mirabella. In effetti, la

crescita economica se da un lato favo-

riva la vita commerciale delle città

costiere, dall’ altro permise anche all’

entroterra di svilupparsi pian piano.

Ai centri di riferimento precedente-

mente citati va aggiunto anche il cen-

tro di Sessa Aurunca, che insieme a

quello di Aversa furono i primi ad ospi-

tare comunità di Ordini mendicanti.

Il carattere essenzialmente urbano

degli Ordini mendicanti e la loro ten-

denza a concentrare le proprie sedi nei

principali poli di riferimento delle sin-

gole regioni appare dunque conferma-

ta.

La "strategia'' insediativa dei religiosi si

differenzia,tuttavia, per ciascun Ordine

ed è legata al motivo per cui ognuno di

essi è nato e ai rispettivi obiettivi.

Nella città di Napoli possiamo verifica-

re quali sono stati i territori maggior-

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Frati Minori Conventuali e Frati Minori

Cappuccini). Ognuno di queste famiglie

professano tutte l’identica regola del

fondatore ma con costituzioni, tradizio-

ni e caratteristiche proprie. Esse hanno

in comune l’appellativo di Frati Minori.

Il fine dei Francescani è quello di vive-

re il messaggio evangelico secondo il

modello proposto dal loro fondatore

Francesco e annunciarlo ad ogni crea-

tura.

L’ideale di Francesco e dei suoi compa-

gni era quello di imitare gli apostoli. Il

loro annuncio era legato alla povertà

che rappresentava l’essenza della vita

evangelica. La loro predicazione si ba-

sava sul motto “pace e bene”. Si rivol-

gevano agli uomini di tutte le classi

sociali e alle varie fazioni in lotta tra

loro. Il loro invito era al rinnovamento

spirituale, alla conversione e alla peni-

tenza.

Come la storia ci narra, il primo inse-

diamento a Napoli riguardò “S. Maria

ad Palatium”, uno di quei “loci” che

esprimono bene le loro prime sedi.

Infatti lo stesso termine Palatium si

riferisce non ad un impensabile palazzo

francescano, ma ai ruderi di una villa

romana che dette il nome al sito. Que-

sta struttura era un luogo isolato e spo-

polato adatto alle esigenze eremitiche

posta al di fuori delle mura cittadine,

ma a poca distanza da esse.

Il fatto che era un luogo isolato, per-

metteva alla stessa struttura di essere

circondata da orti, dove i frati pro­

babilmente esercitavano il lavoro ma-

nuale per procurarsi quel che bastava

per vivere. Tuttavia la prossimità alla

città, permetteva gli stessi di essere

vicini al teatro principale del loro im-

pegno di animazione religiosa.

Nel 1279 con Carlo I i frati furono co-

stretti ad abbandonare questo insedia-

mento per l’inizio della costruzione

dell’attuale Maschio Angioino trasfe-

rendosi nel convento di Santa Maria la

Nova, al centro della città. Il convento

era situato su una delle direttrici di

sviluppo urbanistico principale (Ovest-

Sud- Ovest) e questo fu probabilmente

il motivo per il quale sarebbe diventato

un punto di riferimento della vita reli-

giosa napoletana.

In seguito, si fa risalire al 1234 un se-

condo insediamento francescano che

può essere considerato quello in San

Lorenzo. La basilica era già paleocri-

stiana e per questo motivo non è da

considerarsi come insediamento france-

scano ex novo. Fu concessa ai france-

scani dal vescovo di Aversa Giovanni

Lamberto, dietro richiesta di fra Nicola

Landi di Terracina.

Quanto precedentemente narrato ci fa

comprendere la tipica strategia inse-

diativa francescana: dall’esterno

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all’interno. Le tipologie di insediamen-

ti, infatti, palesano come ci sia stato

un passaggio da un’ area periferica fino

a giungere nel cuore della città. La

caratteristica del “modello” della stra-

tegia insediativa francescana così come

per i Predicatori, fa si che all'apparen-

za sembri che essi abbiano seguito un

percorso dal centro per poi giungere in

periferia, ma in realtà ciò che avviene

è l’opposto.

I frati furono ben capaci a consolidare

la loro presenza nell'area. Ciò avvenne

al di là della concessione del vescovo di

Aversa. Infatti cenni storici dimostrano

che già negli anni Quaranta avevano

dei beni, siti nell'attiguo “vicus Capua-

nus”. A dimostrazione vi sono alcuni

documenti di una proprietà riconferma-

ta in affitto il 15 settembre 1246 dalla

badessa del monastero di S. Gregorio

Armeno a Giovanni de Urso, dove si

evince che proprio qui esisteva una

“domus et gripta, quae detinuunt illis

fratribus Minoribus”. Inoltre, è noto

che nel 1267 erano proprietari di un

orto che dava sulla platea Nustriana,

l’attuale via S. Gregorio Armeno.

Nel complesso i primi sovrani angioini

non mostrarono un particolare attacca-

mento ai frati Minori né si legarono in

qualche modo ai loro conventi dì S.

Maria la Nova e di S. Lorenzo. In

quest’ultimo nel 1305 registriamo la

prima sepoltura di un membro della

dinastia regia, quella di Raimondo Be-

rengario, figlio di Carlo I e Maria d'Un-

gheria, seguita dopo poco da quella di

Ludovico, figlio di re Roberto, e da

quella di Caterina d'Austria, duchessa

di Calabria, prima moglie di Carlo l'Illu-

stre, figlio di re Roberto. Ad esse ne

seguirono altre, ma solo verso la secon-

da metà del XIV secolo, gli esponenti

minori del ramo dei Durazzo optarono

per la sepoltura in S. Lorenzo.

Lo sviluppo dei francescani a Napoli va

di pari passo con il crescere dei rappor-

ti fra S. Lorenzo e l'aristocrazia che si

intensificarono nel corso del Trecento,

coinvolgendo anche esponenti del ceto

feudale. Un esempio può essere il te-

stamento del 6 novembre 1334 della

contessa di S. 'Angelo, Ilaria de Sus. La

donna moglie di Tommaso d'Aquino,

conte di Belcastro, lasciò a S. Lorenzo

6 once per la celebrazione di messe

cantate e stabilì che, le 80 once che si

sarebbero ricavate dalla vendita di

alcuni suoi beni siti a Scafati, fossero

destinate alla costruzione di una cap-

pella a S. Lorenzo, dove i frati avreb-

bero celebrato messe per lei e per il

marito. Altre personalità furono sepol-

te a San Lorenzo agli inizi del Tre­

cento; Enrico III, conte di Bar-le-Duc,

Filippo di Fiandra, titolare delle contee

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di Chieti e di Loreto, Manfredi Maletta,

conte di Mineo.

Tra i benefattori non mancano nobili

non residenti a Napoli, come ad esem-

pio i coniugi amalfitani Matteo Magnel-

lo e Violante Cognata di Amalfi, che

donarono a S. Lorenzo alcune terre site

nel casale di Casapuzzano, nelle perti-

nenze di Aversa, chiedendo ai frati di

celebrare dopo la loro morte messe

presso l'altare di S. Francesco sito nella

chiesa, dove volevano essere seppelliti,

riservando, tuttavia, ai loro eredi il

diritto di trasferire questi beni all'ospe-

dale dell'Annunziata di Napoli, con lo

stesso peso di messe, se i frati fossero

stati inadempienti.

Di Amalfi era anche Franchetta de Stu-

rionibus, che nel suo testamento aveva

lasciato 8 once ai frati per la celebra-

zione di una messa alla settimana per

la sua anima. Questa donazione giunta

in possesso dei religiosi il 23 aprile

1487, permise la riparazione del dormi-

torio.

Con il passare del tempo i frati riusciro-

no a radicarsi maggiormente nella città

e per questo motivo giunsero più dona-

zioni da membri della nobiltà di seggio,

in particolare da quelli appartenenti al

seggio di Montagna, nella circoscrizione

del quale era appunto il convento di

San Lorenzo. Masella Brancaccio, mo-

glie di Martinello de Sisto, e madre del

fu Santillo Scriniario, il 28 febbraio

1374 donò al convento alcune case site

nel vico di Santa Maria Maggiore, per la

costruzione di un altare presso il quale

far collocare le proprie insegne e fare

una sepoltura per lei, il figlio e il mari-

to, dove i frati avrebbero celebrato tre

messe alla settimana, nei giorni di lu-

nedì, mercoledì e venerdì, nonché un

anniversario l'anno per le loro anime.

Il sostegno della corte angioina ebbe un

forte impulso con Roberto e Giovanna

I, al tempo dei quali S. Lorenzo figura-

va al primo posto nell'elenco delle isti-

tuzioni religiose destinatarie della be-

neficenza regia.

Ma intanto i frati avevano stretto forti

legami anche con le famiglie della no-

biltà del regno e di quella cittadina. Ne

è un esempio la donazione giunta da

Bartolomeo di Capua, protonotario del

Regno, il quale finanziò la facciata

della chiesa. Ancora si ricorda la dona-

zione del vescovo di Capaccio, Gober-

to, che assistito già in vita da alcuni

frati Minori come confessori, nel suo

testamento del 1291 destinò 50 once

per la costruzione di una cappella e per

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la sua sepoltura in San Lorenzo. I frati

sono presenti nei documenti come con-

fessori ed esecutori testamentari.

Anche gli esponenti della nobiltà che si

sentivano ancora fortemente legati al

monachesimo tradizionale di stampo

benedettino e alle congregazioni chie-

ricali ben presenti a Napoli, mostrarono

attenzione per i Frati Minori di San

Lorenzo non trascurando di dettare le

loro ultime volontà e di fare lasciti

anche ai nuovi conventi mendicanti

della città. Ciò avvenne per gli ultimi

anni del Duecento e a oggi si rilevano

poche tracce che, tuttavia, dimostrano

che il convento di San Lorenzo faceva

parte degli enti religiosi verso i quali si

orientavano le famiglie ricche di estra-

zione nobile o borghese.

Ritornando agli esponenti del seggio di

Montagna legati a San Lorenzo ricordia-

mo ancora Antonio di Caserta, marito

di Costanza Russo, che il 24 aprile 1384

lasciò al convento una casa a più vani

sita nel vico di Sant'Arcangelo, per la

celebrazione di messe e un an­

niversario ogni anno in perpetuo per la

sua anima.

Al di là di queste donazioni, cui altre

se ne potrebbero aggiungere, il legame

tra gli esponenti del seggio di Montagna

e il convento di S. Lorenzo risulta evi-

dente sia dalla presenza all'interno

della chiesa di cappelle di famiglie

appartenenti a quei seggi, quali ad

esempio, oltre le già citate, quelle dei

Pignone, dei Carmignano, degli Orìmi-

na, dei Mosconi e dei De Balzo, sia an-

che dal fatto che sono gli esponenti di

queste famiglie, fin dai primi anni della

venuta dei Minori a San Lorenzo, a

svolgere la funzione di procuratori del

convento, a custodirne il denaro e a

gestirne le entrate, le spese e, in par-

te, anche l'archivio. Ne sono prova

alcuni documenti, dove ritroviamo co-

me procuratori laici del convento per-

sonalità quali: Andrea Mantella, Andre-

a Rocco, Giovanni Gemello, Bartolome-

o Mugnazia e Francesco Francone, Ni-

cola Russo, tutti nobili appartenenti al

seggio. Il legame così stretto con il

seggio di Montagna non limitò, tuttavi-

a, i campi d'azione dei frati di San Lo-

renzo né precluse loro rapporti a più

ampio raggio, innanzitutto essi accol-

sero nella loro chiesa le cappelle e le

sepolture, oltre che dei membri della

casa reale precedentemente menziona-

ti, anche di esponenti di famiglie a-

scritte ad altri seggi nobili della città,

quali gli Aldomorisco del Nido e i Ca-

puano di Portanuova, nonché le sepol-

ture di alcuni esponenti del ceto mer-

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cantile, quali quelle di Gabriele Tonno

d'Afflitto, mercante di Scala, e di Cic-

cio de Puteo, mercante di Amalfi.

Inoltre, i religiosi consentirono sin dal

1471 ad una corporazione artigiana,

quella dei calzolai, di avervi una loro

cappella, dedicata ai loro santi protet-

tori Crispino e Crespinìano.

Il collegamento dei frati con altre cate-

gorie sociali e con famiglie di altri

quartieri della città corrispondeva del

resto al carattere dello stesso seggio di

Montagna, il quale, a differenza di

quelli di Nido e di Capuana, che erano

chiusi nei loro privilegi e nella rivendi-

cazione di uno status sociale e politico

superiore a quello delle famiglie ascrit-

te agli altri seggi, ebbe nel corso del

Quattrocento un atteggiamento di mag-

giore apertura verso i nobili immigrati

in città e verso coloro che si erano ele-

vati socialmente attraverso i commer-

ci, le professioni liberali e soprattutto

attraverso il servizio militare e civile

nella pubblica amministrazione.

In ogni caso il convento di San Lorenzo

si configurò, fin dal duecento, come il

punto di riferimento principale dell'in-

tera comunità cittadina, dato che pres-

so di esso aveva sede il governo della

città, il cosiddetto tribunale di

S.Lorenzo.

I conventi Francescani a Napoli

Di seguito un breve prospetto dei con-

venti francescani a Napoli e delle chie-

se dove è stata indicata la loro presen-

za.

S. Maria ad Palatium

In questa chiesa la presenza dei frati è

indicata intorno al 1216. Fu abbando-

nata tra il 1276-1279.

S. Lorenzo Maggiore

La basilica di San Lorenzo Maggiore è

una delle più antiche chiese di Napoli.

Si trova nel centro antico della città,

presso piazza San Gaetano.

Giovanni Boccaccio la definì "grazioso e

bel tempio" e si dice che qui egli incon-

trò Fiammetta nel 1334, mentre nel

1346 Francesco Petrarca dimorò nel

convento annesso.

Nel 1235 il papa Gregorio IX ratificò la

concessione di una chiesa dedicata a

san Lorenzo da erigere in città. All'epo-

ca, è documentata la presenza di alme-

no altre cinque chiese dedicate al san-

to, e la chiesa del Foro (di epoca pale-

ocristiana) fu assegnata ai frati france-

scani come edificio su cui sarebbe stato

costruito il nuovo tempio.

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A partire dal 1270 Carlo I d'Angiò, non

molto tempo dopo la sua vittoria su

Manfredi, iniziò a sovvenzionare la ri-

costruzione della basilica e del conven-

to, in una mescolanza di stile gotico

francese e francescano. Ad architetti

francesi si deve l'abside, ritenuta unica

nel suo genere in Italia ed esempio

classico di gotico francese. Nel passag-

gio dall'abside alla zona del transetto e

della navata si andò affermando invece

uno stile maggiormente improntato al

gotico italiano, segno del mutamento

dei progettisti e delle maestranze con

il passare degli anni.

Negli anni successivi, la basilica fu pro-

tagonista di importanti eventi per la

città ed il regno più in generale. San

Ludovico da Tolosa, che aveva rinuncia-

to al trono del padre Carlo II d'Angiò, fu

infatti, consacrato sacerdote in questa

basilica (celebre è il dipinto, oggi al

Museo di Capodimonte di Simone Marti-

ni che rappresenta San Ludovico di

Tolosa che incorona il fratello Roberto

d'Angiò). Altra consacrazione celebre fu

quella di Felice Peretti, vescovo di

Sant'Agata de' Goti, il futuro papa Sisto

V. Francesco Petrarca invece soggiornò

nel convento nel 1343, come egli stesso

documentò in una lettera all'amico

Giovanni Colonna, descrivendogli il

maremoto che il 25 novembre colpì la

città, mentre Giovanni Boccaccio pare

che qui si innamorò di Fiammetta, la

bellissima Maria d'Aquino, figlia del re

Roberto d'Angiò, sua musa ispiratrice,

dopo averla vista nella basilica durante

la messa del sabato santo del 1334.

Nei secoli seguenti, a causa dei danni

dei terremoti che colpirono la città a

partire dal XVI, la basilica è stata poi

oggetto di numerosi rimaneggiamenti.

Vi si aggiunsero, ad opera di architetti

locali, pesanti sovrastrutture barocche.

A partire dal 1882 i restauri, più volte

interrotti e ripresi, sino all'ultimo, ter-

minato nella seconda metà del XX se-

colo, cancellarono progressivamente le

aggiunte barocche, ad eccezione della

facciata e della controfacciata, opera

di Ferdinando Sanfelice, della cappella

Cacace e del cappellone di Sant'Anto-

nio, opera di Cosimo Fanzago.

Tra gli anni cinquanta e anni sessanta

del Novecento per bloccare il crollo

delle mura, furono eseguite opere di

consolidamento da Rusconi attraverso

un contrafforte e opere di cemento

armato.

Concludendo si può dire che nel corso

del tempo hanno trovato, nella basili-

ca, degna sepoltura diverse illustri

personalità della storia napoletana,

Page 20: Non è la solita guida

20

come il filosofo e commediografo Gio-

vanni Battista Della Porta, il letterato

amico del Petrarca Giovanni Barile, il

marchese Giovanni Battista Manso e

l'insigne musicista Francesco Durante.

S. Barbara o Cappella Palatina

La trecentesca Cappella Palatina o di

Santa Barbara, si apre sul quattrocen-

tesco cortile di Castel Nuovo.

La chiesa è stata fondata intorno ai

primi del ‘300 e ubicata all’interno di

Castel nuovo, o maschio Angioino, pre-

cisamente sul lato del castello rivolto

al mare.

E’ nominata "Cappella palatina", o

chiesa di "San Sebastiano" o di "Santa

Barbara". Fu danneggiata durante il

terremoto del 1456 e in seguito restau-

rata. Oggi rappresenta l’unico elemen-

to superstite del castello angioino tre-

centesco.

S. Maria di Monteverginella

È un luogo di culto d'origine medioeva-

le. Alla sinistra della sua facciata, ri-

cordiamo che vi si trova un ulteriore

luogo di culto denominato Cappella di

Santa Maria della Concezione.

La costruzione con il monastero adia-

cente, venne fondata nel 1314 da Bar-

tolomeo di Capua, protonotario del re

Roberto d'Angiò che vi risiedeva.

L’uomo in questo sito aveva una pro-

pria residenza.

Nella nuova costruzione venne accorpa-

ta l'antica edicola di Santa Maria di Alto

Spirito. Nel 1588, il complesso subì un

parziale rifacimento ad opera dell'ar-

chitetto e ingegnere Vito Alfieri e nel

XVII secolo ad opera di Francesco Anto-

nio Picchiatti. La decorazione interna a

stucchi e marmi si deve a Domenico

Antonio Vaccaro, che vi lavorò nel

1726. Nel 1843, la chiesa venne nuova-

mente ristrutturata da Gaetano Geno-

vese, il quale eliminò gran parte delle

decorazioni settecentesche.

Già monastero dei benedettini della

congregazione di Montevergine, alla

fine del XIX secolo fu acquistato dai

frati minori (OFM) e vi rimasero fino al

1906, anno in cui fu venduto alle suore

salesiane.

Page 21: Non è la solita guida

21

S. Chiara

« Munastero 'e Santa Chiara / tengo 'o

core scuro scuro... / Ma pecché, pec-

ché ogne sera, / penzo a Napule

comm'era, / penzo a Napule comm'è...

»

(Questa canzone venne scritta in me-

moria della semi-distruzione della basi-

lica, in seguito ai bombardamenti aerei

del 4 agosto 1943, data in cui il notevo-

le interno barocco andò distrutto).

il monastero fu edificato tra il 1310 e il

1340 su un complesso termale romano

del I secolo d.C., per volere di Roberto

d'Angiò e della regina Sancha d'Arago-

na, nei pressi dell'allora cinta muraria

occidentale, oggi piazza del Gesù Nuo-

vo. Del convento faceva parte anche il

complesso delle Clarisse, oggi luogo di

culto a sé.

Si tratta della più grande basilica goti-

ca della città.

I frati subentrarono in un secondo mo-

mento come cappellani delle clarisse.

Nella seconda metà degli anni trenta

del ventesimo secolo le clarisse andaro-

no via a causa della soppressione e vi

subentrarono i Frati minori. Oggi il mo-

nastero appartiene all’Ordine dei Frati

Minori (OFM).

S. Angelo a Nilo

E’ ubicata nel cuore della Napoli greco

-romana, si trova nel centro storico di

Napoli in piazzetta Nilo, al cui culto

erano votati i mercanti egiziani. All'an-

golo sud-est di piazza San Domenico.

La facciata principale è rivolta su via

Mezzocannone.

La chiesa conserva al suo interno diver-

se opere tra cui il monumentale sepol-

cro del cardinale Rainaldo Brancacci

scolpito da Donatello, Michelozzo ed

aiuti.

Il cardinale Rinaldo Brancaccio fece

erigere nel 1385 una prima cappella

dedicata ai Santi Angelo e Marco, in

prossimità del palazzo nobiliare di fa-

miglia.

Il rifacimento che diede alla chiesa

l'attuale aspetto è del 1709, per opera

di Arcangelo Guglielmelli. Il portale

principale risulta essere ciò che resta

dell'antica costruzione gotico-catalana.

Esso è dotato di un architrave con figu-

re di angeli, così come un affresco

Page 22: Non è la solita guida

22

nella lunetta raffigurante La Vergine e i

Santi Michele e Baculo con il Cardinale

Brancaccio (secolo XV), in scarse condi-

zioni di conservazione. Il portale late-

rale presente sull'altro ingresso databi-

le intorno alla seconda metà del XV

secolo, presentava nella lunetta una

raffigurazione scultorea di San Michele,

poi trasferita nell'interno.

Nel 1958 la chiesa fu donata ai Frati

minori Conventuali dal principe

Marc’Antonio Brancaccio e dal marche-

se Talamo. Oggi appartiene alla provin-

cia napoletana dei Frati Minori Conven-

tuali (OFMConv).

SS. Trinità di Palazzo

Fu costruita nel 1344. Il motivo per la

quale fu eretta era di ospitarvi una

comunità di frati che avesse la cura

spirituale delle clarisse del vicino mo-

nastero di S. Croce. Nel 1517 con la

divisione dell’ordine passò ai frati os-

servanti. Nel 1767 la chiesa e il con-

vento sono stati demoliti per poter

procedere con la costruzione del Palaz-

zo del comando del dipartimento ma-

rittimo.

S. Severo al Pendino

È una chiesa monumentale, attual-

mente sconsacrata ed utilizzata come

spazio espositivo.

Questa chiesa è stata fondata da Pietro

Caracciolo nel 1448 insieme all’attiguo

ospedale. L’uomo era abate della vici-

na chiesa di San Giorgio Maggiore; il

suo nome originario era quello di Santa

Maria a Selice.

Nel 1550 fu concessa ai Domenicani che

nel 1587 acquistarono il vicino Palazzo

Como per utilizzarlo come convento.

Tra il 1599 e il 1620 la chiesa venne

demolita e ricostruita su progetto di

Giovan Giacomo Di Conforto, che diede

all'edificio un aspetto tardo manierista.

Nella prima metà del XVIII secolo venne

rimaneggiata in stile barocco. La chiesa

era caratterizzata da una pregevole

scala con balaustra finemente scolpita

in piperno e a dimostrazione vi sono le

stame del primo Ottocento del D'Am-

bra.

I frati Domenicani dopo la soppressione

francese lasciarono la struttura.

Nel 1835 passò ai frati francescani

dell’osservanza che vi rimasero fino al

1863 quando furono mandati via a se-

guito delle leggi di soppressione italia-

na.

S. Maria della salute

È un luogo di culto sito nella zona

dell'Arenella.

Le origini dell'edificio risalgono al 1586,

quando i Complateari della Concezione

dei Cappuccini edificarono una chiesa

fuori le mura della città, che fu poi

affidata ai Padri Agostiniani. In seguito,

Page 23: Non è la solita guida

23

passò ai padri della chiesa di San Gio-

vanni a Carbonara, ma anche quest'or-

dine religioso durò poco tempo.

Il 25 gennaio 1621 i fratelli Ruperto e

Marco Pepe, Benigno e Ruperto Ruper-

ti, assieme ad alcuni Complateari pre-

sentarono all'arcivescovo di Napoli una

supplica affinché il complesso fosse

affidato ai Francescani Minori Riformati

della Croce di Palazzo. I Francescani

durante gli anni successivi, modificaro-

no ed ampliarono la struttura, da cui

furono espulsi il 17 aprile 1865 e il con-

vento divenne un edificio privato.

San Diego all'Ospedaletto

È più conosciuta come S. Giuseppe

Maggiore, in origine chiesa di San Gio-

acchino, ubicata in via Medina. La de-

nominazione San Giuseppe Maggiore

deriva dal fatto che a questa chiesa fu

attribuito il titolo della chiesa di San

Giuseppe Maggiore, ubicata a poca

distanza e demolita nel 1934 durante il

riassetto urbanistico del rione Carità.

Venne eretta su interessamento di Gio-

vanna Castriota nel 1514 e fu dedicata

a San Gioacchino. Successivamente

grazie a una beneficiaria venne realiz-

zato un ospedale per i poveri gentiluo-

mini. Morta la beneficiaria dell'opera,

la chiesa fu consegnata ai frati minori

dell’osservanza. Questi ultimi provvi-

dero ad una radicale ricostruzione nel

1595 e dedicarono la chiesa a San Die-

go di Alcalá. Nel 1784 a seguito di un

terremoto l'interno venne danneggiato

e in seguito restaurato. Successivamen-

te fu ancora seriamente danneggiato

dai bombardamenti alleati del 1943.

Durante il Decennio francese il conven-

to fu soppresso e nella chiesa fu inse-

diata la sede parrocchiale, spostata

dalla chiesa dei Santi Giuseppe e Cri-

stoforo. Per questo, in alcune carte

topografiche cittadine la chiesa è atte-

stata anche come chiesa (rettoria) dei

Santi Giuseppe e Cristoforo.

S. Eframo Vecchio

Ubicata nel centro storico della città,

nell'omonima piazza.

La chiesa è di fondazione antichissima,

essendo stata edificata sul luogo dove

il vescovo Eframo (corruzione posterio-

re del nome Efebo) sarebbe stato se-

polto; secondo alcuni, i resti di Eframo

sarebbero stati traslati qui, assieme a

quelli di San Massimo e San Fortunato

nel XIII secolo, secondo altri la sepoltu-

ra avvenne in una catacomba del V

secolo dotata di decorazioni pittoriche

coeve.

Ciò che risulta essere certo, è che la

costruzione successivamente edificata

Page 24: Non è la solita guida

24

fu donata ai Frati minori cappuccini nel

1530 e subì numerosi restauri nel corso

dei secoli, come nel 1776 quando, sulla

facciata, vi fu apposto un bel rivesti-

mento in maioliche (cinque ovali maio-

licati di Tommaso Bruno).

Rappresenta il primo complesso che è

sorto nell’area della Provincia Cappuc-

cina di Napoli, quando la stessa non

esisteva ancora. Con la soppressione

degli ordini religiosi, i Cappuccini furo-

no costretti a lasciare l'edificio nel

1865 e l'annesso convento fu acquistato

dalle Monache delle Trentatré che lo

resero ai frati solo nel 1887. Fu ricom-

prato dai frati il 1898, oggi è Parroc-

chia. Appartiene ai Frati Minori Cap-

puccini (OFMCap).

Madonna dell’Arco

È un luogo di culto ubicato in piazza

Madonna dell'Arco a Miano. La struttura

risulta già esistente in documenti del

1542 e la tradizione racconta che ven-

ne edificata sul luogo dove sorgeva un

arco di fabbrica sotto al quale era af-

frescata un'immagine della Madonna

con il Bambino, ritenuta miracolosa a

séguito di molti eventi prodigiosi verifi-

catisi a séguito della sua intercessione.

Era un ex convento dei Domenicani

passò ai francescani riformati nel 1842.

Oggi è una parrocchia e appartiene ai

Frati Minori (OFM).

La costruzione attuale è frutto di im-

portanti restauri voluti dai Frati Minori

Riformati nel 1842 dopo oltre 34 anni di

abbandono del complesso. Ciò avvenne

in seguito alla costruzione del ponte di

Bellaria, che avrebbe messo in comuni-

cazione Capodimonte con piazza Dante

e per la volontà degli abitanti del luogo

di avere un cimitero. All'interno sono

sopravvissute alcune tracce medioevali.

S. Anna a Porta Capuana

La struttura si innalza nelle immediate

vicinanze della chiesa di Sant'Anna a

Capuana, in via Rosaroll.

Page 25: Non è la solita guida

25

Fondata dal P. Gaspare Crispo frate

minore conventuale (OFMConv) nel

1556, fu soppresso con la legge genera-

le del 1809.

Santa Maria della Mercede a Monte-

calvario

La chiesa di Santa Maria della Mercede

a Montecalvario (nota anche come

chiesa di Montecalvario) è situata in

largo Montecalvario.

Fu fondata nel 1560 grazie alla nobile

napoletana Ilaria D'Apuzzo. La donna

successivamente la diede in dono ai

frati osservanti. I religiosi in seguito

alle vicende oppressive del 1809 abban-

donarono la casa e la chiesa. Oggi la

chiesa è officiata dal clero secolare e il

convento è in uso a privati.

La chiesa è ben visibile dalla Veduta di

Lafréry che evidenzia l'edificio con la

cupola. Negli anni ottanta del Cinque-

cento venne fondata la congrega

dell'Immacolata Concezione. Agli inizi

del XVII secolo la chiesa fu ampliata,

venendo preceduta da una scalinata

monumentale e da un portico a cinque

arcate; nel 1677 venne realizzato un

intervento decorativo ad opera di Gen-

naro Schiavo che diede all'interno un

tocco barocco. Nel 1808 quando fu

abolito il convento, lo spazio antistante

fu riservato a mercato di commestibili

con un progetto di Stefano Gasse. L'in-

tervento distrusse la scalinata, che fu

sostituita con un'anonima scala circon-

data dalle botteghe del Gasse. La siste-

mazione fu conclusa soltanto nel 1816.

Dopo dieci anni i Francescani ritornaro-

no al convento e restaurarono la chie-

sa; altri restauri furono effettuati nel

1858. Nella pianta dello Schiavoni si

nota l'insula occupata da altri edifici.

Nel 1928, al posto del collegio della

Concezione, fu innalzato un edificio

scolastico, ma il complesso fu lieve-

mente danneggiato dal terremoto

dell'Irpinia del 1980 e nel 1990 fu nuo-

vamente restaurato. Nel 1980 è stata

rinvenuta, sotto i marmi dell'altare

maggiore, la predella con la processio-

ne con il sangue di San Gennaro.

S. Lucia al Monte

Il complesso di Santa Lucia Vergine al

Monte è un'importante struttura reli-

giosa. Sita in corso Vittorio Emanuele,

nel centro storico della città.

Nacque come abbazia francescana nel

XVI secolo.

Nel 1587 il papa Pio IV, con la bolla

papale, assemblò i frati Francescani

scalzi di Spagna, con i frati minori.

Questa unificazione diede il vita al loro

monastero. La prosperità dell'edificio

Page 26: Non è la solita guida

26

permise diversi rifacimenti ed ingrandi-

menti a partire dalla seconda metà del

XVII secolo e poi nei due secoli avveni-

re. Oggi la chiesa appartiene alla pro-

vincia napoletana dei Frati Minori

(OFM).

Lo stile dominante è quello barocco,

anche se non mancano tracce architet-

toniche medioevali e rinascimentali che

donano all'intero complesso un aspetto

molto originale. La struttura fu abban-

donata dopo la Controriforma e ritornò

ad essere abitata da un gruppo di fran-

cescani spagnoli nel Seicento.

La struttura architettonica si è svilup-

pata intorno alla chiesa, estendendosi

lungo la collina di Sant'Elmo; la chiesa

è ricca di opere scultoree e pittoriche.

S. Antonio a Tarsia

S. Antonio a Tarsia o Spirito santo si

erge nell'omonima piazzetta.

La struttura venne edificata nel 1550

sul terreno donato da Evangelista Per-

rone al capitolo di San Giovanni in La-

terano affinché venisse eretta una pri-

mitiva chiesa dedicata a Santissima

Maria del Soccorso.

In seguito, il suolo dove fu eretta que-

sta chiesa venne concesso ai padri fran-

cescani, Frati Minori Conventuali

(OFMConv). I religiosi nel 1559 vi eres-

sero un nuovo convento e di conse-

guenza un nuovo tempio. Il tempio era

dedicato allo Spirito Santo. La chiesa

ben presto venne soprannominata

"Spiritosantiello" poiché, nelle sue vici-

nanze si ergeva già una basilica sotto

questo nome.

L'immagine sacra di Sant'Antonio di

Padova, posta all'interno, spinse al po-

polo ad attribuirle la denominazione

odierna.

La chiesa ha subito rilevanti rimaneg-

giamenti nella prima metà del XVIII

secolo. Gli stucchi sulla facciata sono

di Angelo Viva; la pregevole statua

marmorea di Sant'Antonio è stata crea-

ta da Francesco Pagano. Il pavimento

maiolicato del 1739 è opera di Donato

Massa, mentre nella sacrestia sono con-

servate ulteriori opere: La Sacra Fami-

glia di Andrea Vaccaro e La Pentecoste

di Andrea Miglionico.

S. Antonio ai Monti

La chiesa di Sant'Antonio ai Monti è una

struttura di interesse artistico che si

trova nel centro storico, nell'omonima

via gradinata. L'antico complesso, per

moltissimo tempo noto come "Santa

Maria ai Monti" o "Santa Maria del Mon-

te", viene descritto per la prima volta

Page 27: Non è la solita guida

27

dall'Araldo, in questo modo: "Santa

Maria del Monte sopra il pertuso offi-

ciata dai padri conventuali di San Fran-

cesco", dando anche, più in là nella

descrizione, delle utili informazioni

conoscitive. Il monastero fu ceduto a

dei frati spagnoli detti "della Mercede",

che s'erano trasferiti a Sant'Orsola a

Chiaia.

Altre informazioni di questo monastero,

ci vengono dati dal D'Aloe; quest'ulti-

mo, risulta nettamente più capillare

nel descriverla, infatti le dà una preci-

sa data di fondazione, riconducendola

all'anno 1563: fondata dalle famiglie

Ferrante e Cuomo e ceduta due anni

dopo ai frati spagnoli della Mercede. Si

sa anche di un violento nubifragio del

1569, che diede un duro colpo alla

struttura e alle finanze dei frati spa-

gnoli, che, di lì a poco, furono costretti

a cederla ai frati del terzo ordine di

San Francesco (TOR) Il Chiarini la ricon-

duce invece all'anno 1664, ma molto

probabilmente si tratta di un rimaneg-

giamento. I frati l’officiarono fino

alla soppressione del 1809.

S. Eramo nuovo

È una edificio monumentale di Napoli

che si erge in salita San Raffaele a Ma-

terdei. È stato denominato nuovo, per

essere distinto dall'omonimo, sito sul

colle della Veterinaria.

La struttura fu costruita nel 1572 e

perduta nel 1865 a causa della sop-

pressione, venne in seguito trasformata

in carcere giudiziario. La sua edifica-

zione avvenne grazie a un fondo dona-

to da Gianfrancesco De Sangro principe

di Sansevero e venne eretta come inse-

diamento dell'Ordine francescano gra-

zie alle generose largizioni della nobil-

donna Fabrizia Carafa. I religiosi adibi-

rono alcuni ambienti della struttura ad

uso farmacia.

La chiesa fu fondata nel 1661. Nel 1840

il complesso fu totalmente ristruttura-

to a seguito di un incendio che distrus-

se ogni cosa all’interno della chiesa

eccetto una statua di San Francesco

d'Assisi opera di Giuseppe Sammartino

e una statua della Madonna del Brasile,

giunta a Napoli nel 1828. Invece si di-

strussero gli affreschi della volta, ope-

ra di Filippo Andreoli. Nel 1841 il tem-

pio grazie all'interesse di Ferdinando II

delle Due Sicilie, era già riaperto.

Oggi lo stile architettonico della chiesa

ivi annessa e dell'intera struttura, ri-

specchia il gusto neoclassico dell'epo-

ca. Nel 1865 l’edificio fu abbandonato

dai Francescani a causa della confisca

Page 28: Non è la solita guida

28

dei monasteri e divenne dapprima sede

di una caserma e successivamente nel

1925 dell'ospedale psichiatrico giudizia-

rio.

Nel 1868 i Francescani tentarono inva-

no di conservare per sé la chiesa.

Nella chiesa del monastero fu sepolto

Antonio Genovesi grazie all'interesse

dell'amico Raimondo di Sangro principe

di Sansevero. Fu deposto nella cripta.

In seguito a ristrutturazioni della chiesa

nei primi anni trenta del XX secolo, le

ossa della cripta (e dunque anche quel-

le del Genovesi) furono trasferite in

Sant'Eframo Vecchio.

S. Severo alla Sanità

La chiesa di San Severo fuori le mura è

meglio conosciuta come San Severo alla

Sanità è un'antica chiesa di Napoli e

sorge in uno dei quartieri più popolosi

del capoluogo campano (rione Sanità),

in piazza San Severo a Capodimonte.

Alla fine del IV secolo, il vescovo Seve-

ro, pose il suo sepolcro gentilizio sul

sito dove poi vennero erette le sue

catacombe. Quando le spoglie del ve-

scovo vennero trasferite nella chiesa di

San Giorgio Maggiore, la devozione

popolare che circondava l'area cimite-

riale andò man mano a diminuire.

La chiesa attuale fu eretta dopo molto

tempo nel XVI secolo. Il tempio infatti

fu costruito nel 1573 per volontà

dell'arcivescovo Carafa, che la concesse

ai Frati Minori Conventuali (OFMConv).

Nel 1862 i religiosi vi costruirono un

convento. Fu soppresso nel 1806.

Nel 1680, i frati, inaugurarono un rias-

setto globale del complesso, attuarono

dei rimaneggiamenti, mentre l'amplia-

mento venne affidato a Dionisio Lazza-

ri.

S. Francesco a Capodimonte

Inizialmente era un cappella donata ai

Frati Minori Conventuali nel 1574

(OFMConv), fu soppressa con decreto

speciale del 1809.

S. Maria degli Angeli alle Croci

La chiesa di Santa Maria degli Angeli

alle Croci è una delle più belle chiese

barocche di Napoli; si erge in via Vete-

rinaria, nei pressi dell'Orto botanico. la

chiesa è stata costruita nel 1581 assie-

me al Convento dei Francescani Osser-

vanti. Il suo nome è legato alla via cru-

cis che veniva fatta sulla salita di via

Michele Tenore dai Francescani Osser-

vanti. Fu soppressa con le leggi eversi-

ve francesi (1809). Attualmente la

chiesa è del clero secolare, mentre il

convento è sede della facoltà di veteri-

naria.

Page 29: Non è la solita guida

29

S. Maria a Parete

È una delle chiese monumentali di

Napoli; è situata in corso Vittorio Ema-

nuele.

La struttura è stata fondata nel 1581

da padre Filippo da Perugia per poter

ospitare l'immagine sacra della Vergine

già collocata in una edicola. Il progetto

venne affidato a Gian Battista Cavagna.

Padre Filippo, più tardi, fece costruire,

accanto alla chiesa, anche un conven-

to. Appartenuto ai Frati Minori Conven-

tuali (OFMConv), fino alle leggi di sop-

pressione del 1809.

La denominazione più antica del tem-

pio è quella di Santa Maria Apparente;

ciò è stato riscontrato in una lapide del

1624, tuttavia il popolo ha tramandato

anche la versione inesatta di Santa

Maria a Parete. Il nome “apparente” è

legato a un’antica tradizione orale.

L’appellativo pare sia stato decretato

dal popolo, dopo che alcuni pescatori,

dispersi a mare in una notte burrasco-

sa, videro "apparire" una luce proprio

dal colle dove sorge l'attuale chiesa.

Nel 1634 vi fu un ampliamento del tem-

pio grazie a padre Eugenio.

S. Maria delle Grazie

La chiesa di Santa Maria delle Grazie

Maggiore a Caponapoli è un luogo di

culto di Napoli; è ubicata a margine del

largo omonimo, nel centro storico della

città.

Il tempio conserva importanti opere

d'arte, tanto è vero che è stato più

volte definito come il museo della scul-

tura napoletana del Cinquecento. Nel

1447 vennero iniziati i lavori del primo

vero complesso fondato dal beato Pie-

tro da Pisa nel 1412; la chiesa fu termi-

nata nel 1473, ma negli anni 1516-35,

fu oggetto di un importante intervento

di ripristino, nel corso del quale fu

eseguito anche il portale, opera di

Francesco Di Palma. Un ulteriore re-

stauro si ebbe nel Settecento.

Durante la seconda metà del Settecen-

to fu un attivo centro segreto della

Massoneria napoletana guidato dall'e-

remita Serafino Pinzone (poi accusato

di congiura giacobina nel 1794).

La chiesa venne soppressa nel 1809 e

gestita dal Complesso degli Incurabili

fino al 1933; per vent'anni passò quindi

ai frati originari e successivamente

venne mantenuta per mezzo di dona-

zioni elargite dai fedeli. Alla fine degli

anni settanta, il tempio, ricco di opere

d'arte, subì diversi furti e devastazioni.

Oggi è una parrocchia. Appartiene ai

Frati Minori Conventuali (OFMConv).

S. Caterina a Chiaia

Page 30: Non è la solita guida

30

La chiesa fu costruita nel 1600 ed è

dedicata a Santa Caterina Vergine e

Martire. Prima della sua edificazione in

questo sito, c’era soltanto una cappella

chiamata “Santa Caterenella”. L'attua-

le forma imponente ed armonica della

chiesa è databile 1713. Infatti numerosi

sono stati gli interventi che hanno ab-

bellito, arricchito ed allungato l'edifi-

cio. Oggi rappresenta l’unica presenza

del Terz’Ordine Regolare di S. France-

sco (TOR).

S. Maria alla sanità

La basilica di Santa Maria della Sanità

(o popolarmente San Vincenzo alla Sa-

nità) è una chiesa basilicale di Napoli.

Sorge nel popolare rione Sanità ed è

nota ai suoi abitanti con il nome di San

Vincenzo detto 'o Munacone, poiché in

essa è custodita la statua del santo

domenicano Vincenzo Ferreri, il cui

culto è molto radicato e sentito nel

rione; fu eretta su disegno del domeni-

cano fra' Giuseppe Nuvolo nel 1602-

1613, sul sito delle catacombe di San

Gaudioso.

Nel 1809 i religiosi domenicani l’ ab-

bandonarono in seguito alla soppressio-

ne francese del 1809. Dopo il concorda-

to di Terracina fu concesso ai france-

scani riformati e in seguito all’

l’unione con gli osservanti, è apparte-

nuto all’Ordine dei Frati Minori (OFM).

Agli inizi degli anni ’90 del XX secolo,

sia il convento che la chiesa sono stati

lasciati dai frati minori S. Maria dei

miracoli, fondato nel 1616 da parte dei

Conventuali riformati che vi abitarono

fino al 1656. In questa data il convento

fu demolito per costruirvi l’attuale

chiesa. I Francescani non vi sono più

ritornati.

S. Antonio a Posillipo

È una chiesa santuario di Napoli; ubi-

cata nel quartiere omonimo, è raggiun-

gibile sia dalle rampe di Sant'Antonio

(dette anche Tredici discese di Sant'An-

tonio), sia dalla via Minucio Felice. Si

può raggiungere la chiesa anche con la

funicolare da Mergellina, scendendo

alla prima fermata Sant'Antonio.

La fondazione della chiesa risale al

1642. I frati del terz'ordine vi fondaro-

no una chiesetta ed un piccolo conven-

to che ebbe nei primi anni la funzione

di sanatorio. Soppresso con la soppres-

sione napoleonica nel 1824 il complesso

fu affidato ai domenicani. E’ apparte-

nuto al terz’Ordine regolare di S. Fran-

cesco (TOR).

San Pietro ad Aram

La basilica si erge nel centro storico

della città e, fino all'Ottocento, era

Page 31: Non è la solita guida

31

affiancata da un chiostro monumenta-

le.

E’ molto conosciuta poiché la tradizio-

ne narra che il tempio custodirebbe

l'”Ara Petri”, ovvero l'altare su cui pre-

gò S. Pietro durante la sua venuta a

Napoli.

Per la sua particolare antichità papa

Clemente VII, le concesse il privilegio

di poter celebrare il giubileo un anno

dopo quello di Roma. Il Papa optò per

questa decisione in modo da evitare un

eccessivo affollamento nella città eter-

na e soprattutto per evitare al popolo

napoletano l'allora faticoso viaggio. In

seguito nel 1805 fu affidato ai france-

scani riformati. Oggi appartiene ai Frati

Minori (OFM).

S. Pasquale a Chiaia

E’ una delle chiese monumentali di

Napoli; si erge sull'omonima piazza. È

un punto di riferimento per chi vuole

ammirare l'arte barocca in città.

La chiesa nacque inizialmente come

ospizio degli alcantarini riformati, suc-

cessivamente fu soppresso nel 1866.

Nel 1899 fu riscattato dai Frati Minori

(OFM) e ad essi appartiene ancora oggi.

S. Gennarello al Vomero

Fu data ai Frati minori conventuali in

seguito al Concordato di Terracina

(1819). Oggi è una casa filiale del con-

vento dell’Immacolata dei Frati Minori

Conventuali (OFMConv)

S. Maria Immacolata

Fu fondata dal P. Ludovico da Casoria

nel 1852 per le opere caritative a favo-

re dei bambini diversamente abili, oggi

appartiene ai Frati Minori (OFM).

Immacolata a Piedigrotta

Appartiene ai Frati Minori cappuccini,

fu costruita dopo gli eventi soppressivi

del 1866. I lavori di costruzione ebbe-

ro inizio l’11 novembre 1875 e nel

1879 erano già pronti la chiesa e il

primo piano del convento. La chiesa,

dedicata all’Immacolata, fu aperta al

culto il 2 luglio 1879.

La bella statua dell’Immacolata, collo-

cata sull’altare maggiore in un artistico

tempietto è di gesso fatta sul modello

dello scultore Tito Angelini.

La chiesa, a tre navate, è molto bella:

è nota soprattutto in Città per

l’annesso artistico presepe, uno dei più

belli nella storia dei presepi napoleta-

ni.

Da che è stato fondato il convento è

stato quasi sempre sede del Provincia-

le, ad eccezione di limitati periodi in

cui il Provinciale si è trasferito a S.

Eframo Vecchio (1959-1974). Nel 1983

sono stati sistemati nella chiesa i resti

mortali del Beato Geremia.

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Oggi Appartiene ai Frati Minori cappuc-

cini (OFMCap).

S. Francesco d'Assisi al Vomero

E’ un luogo di culto cattolico di interes-

se storico; è sito nel quartiere del Vo-

mero.

La chiesa, il convento e il chiostro ven-

nero costruiti tra il 1892-94, per opera

di un progetto di un ingegnere italiano.

La direzione della sua costruzione fu

affidata a un frate tedesco. Oggi è par-

rocchia e appartiene ai Frati Minori

(OFM).

Madonna di Montevergine

Appartiene ai Frati cappuccini e la

casa è situata nel quartiere Soccavo.

La loro presenza è datata dall’11 gen-

naio 1910 per opera del sacerdote Gia-

como Morra, il quale fece dono ai Cap-

puccini di una Cappella, un fondo e la

casa colonica per abitazione. I frati

avevano l’obbligo di officiare l’annessa

Cappella, dedicata alla Madonna di

Montevergine. Il fondo e la casa coloni-

ca furono venduti nel 1940 e per questo

motivo ai Frati restarono la Cappella e

un piccolo appezzamento di terra. Il 26

maggio 1957 fu posta la prima pietra e

l’anno dopo il convento era realtà e fu

inaugurato il 28 agosto 1958. Alcuni

anni più tardi, per l’incremento edilizio

della zona e per l’erezione della picco-

la cappella a Parrocchia, si dovette

procedere all’abbattimento sia del

convento sia della cappella, per far

spazio alla costruzione di un moderno

complesso parrocchiale. L’11 febbraio

1973 il Vescovo di Pozzuoli Mons. Salva-

tore Sorrentino poneva la prima pietra

della nuova chiesa e complesso parroc-

chiale.

Oggi Appartiene ai Frati minori cappuc-

cini (OFMCap).

Immacolata al Vomero

È stata fondata nel 1956. Oggi è con-

vento e parrocchia della Provincia na-

poletana dei Frati Minori conventuali

(OFMConv).

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