«Non ci sono più le stagioni di una volta». Una frase fatta o è la realtà?

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Tutti i diritti riservati, a norma della Legge sul Diritto d’Autore e le sue successive modificazioni. Ogni utilizzo di quest’opera per usi diversi da quello personale e privato è tassativamente vietato. Edizioni L’Informatore Agrario S.r.l. non potrà comunque essere ritenuta responsabile per eventuali malfunzionamenti e/o danni di qualsiasi natura connessi all’uso dell’opera. Edizioni L’Informatore Agrario www.vitaincampagna.it

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Lo abbiamo chiesto ad Enrico Brugnoli del Consiglio Nazionale delle Ricerche. La realtà è che il clima sta cambiando e le cause sono molteplici, spesso legate alle attività umane. Nei prossimi cento anni le temperature potrebbero aumentare ed è prevedibile un conseguente incremento delle ondate di calore, dei periodi siccitosi e della frequenza di eventi estremi. E l’agricoltura dovrà sapersi adattare

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Tutti i diritti riservati, a norma della Legge sul Diritto d’Autore e le sue successive modificazioni. Ogni utilizzo di quest’opera per usi diversi da quello personale e privato è tassativamente vietato. Edizioni L’Informatore Agrario S.r.l. non potrà comunque essere ritenuta responsabile per eventuali malfunzionamenti e/o danni di qualsiasi natura connessi all’uso dell’opera.

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Politica agricola ed ambientale

VITA IN CAMPAGNA 10/2013 13

L’articolo dal titolo «La primavera più piovosa da 100 anni ci ricorda quan-to rischia l’agricoltore», pubblicato sul numero di luglio/agosto di quest’anno a pag. 11, ha generato in molti lettori del-le rifl essioni su come muterà il clima del prossimo futuro e come l’uomo e le sue attività (in modo particolare quelle agri-cole) saranno capaci di adattarsi. A tal proposito abbiamo pensato di pubblica-re un articolo (vedi pag. 34) che riporta i pareri in materia dei nostri collaborato-ri di diversi settori per capire se i cam-biamenti climatici stanno infl uenzando le attività in campagna, ed eventualmen-te come.

Su questo argomento abbiamo inter-pellato anche un autorevole esperto: En-rico Brugnoli, Direttore del Dipartimen-to scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente del CNR (Consiglio Na-zionale delle Ricerche).

È un luogo comune dire che «Non ci sono più le stagioni di una volta»? O l’uomo ha la memoria corta?

Indubbiamente la concezione della meteorologia e climatologia nel linguag-gio comune è spesso dettata anche da luoghi comuni. Ciò è dovuto al fatto che si tende a ricordare più l’evento meteo-rologico particolare o estremo rispetto a quelli «normali», che poi sono quelli che determinano il clima di una regione. Il clima è un sistema molto complesso, su cui ci sono ancora molti aspetti da chiarire. Tuttavia, la ricerca scientifi ca ha fatto progressi molto importanti e og-gi sappiamo molto sui cambiamenti cli-matici.

Questi cambiamenti climatici in-fluenzano la percezione che comune-mente si ha delle stagioni. I progressi scientifi ci sullo studio del sistema cli-matico e i dati acquisiti dimostrano che la temperatura del pianeta è aumentata e sta ancora aumentando. Negli ultimi cento anni si è registrato un aumento della temperatura media globale di 0,8 gradi Centigradi con una crescita molto più marcata nelle zone Artiche e con for-ti oscillazioni in diversi periodi.

Il cambiamento climatico, poi, ha ef-

fetti sull’ambiente che sono evidenti e osservabili anche da persone comuni.

È noto a tutti che i ghiacciai si stanno ritirando, lo scioglimento della neve a primavera è anticipata rispetto al passato, alcune specie di piante e animali sposta-no il loro areale di distribuzione, la fi ori-tura di alberi e piante viene anticipata, ecc. Le estati, poi, sono generalmente più lunghe e più calde rispetto al passato.

Molte previsioni fatte in passato dal-la ricerca, inoltre, si stanno oggi verifi -cando; tra queste sicuramente lo sciogli-mento dei ghiacci polari e marini, l’in-nalzamento del livello dei mari e le on-date di calore prolungate e più intense. I cambiamenti infl uenzano la circolazio-ne globale che può talvolta generare anomalie stagionali, sia con stagioni più calde, ma anche, talvolta, periodi insoli-tamente freddi o piovosi.

Perché assistiamo, con sempre più frequenza, a eventi climatici estremi come, per esempio, le temperature esti-ve che si avvicinano, anche in Pianura Padana, ai 38 °C, nubifragi violenti o lunghi periodi piovosi e trombe d’aria? Siamo diventati un Paese tropicale?

Il cambiamento climatico, di cui ab-biamo parlato prima, determina l’au-mento di energia sulla superfi cie del no-

«Non ci sono più le stagioni di una volta».Una frase fatta o è la realtà?

Lo abbiamo chiesto ad Enrico Brugnoli del Consiglio Nazionale delle Ricerche. La realtà è che il clima sta cambiando e le cause sono molteplici, spesso legate alle attività umane. Nei prossimi cento anni

le temperature potrebbero aumentare ed è prevedibile un conseguente incremento delle ondate di calore, dei periodi siccitosi e della frequenza di eventi estremi. E l’agricoltura dovrà sapersi adattare

stro pianeta dando origine ad estati sem-pre più lunghe e calde con ondate di ca-lore prolungate e temperature che sem-pre più di frequente possono raggiunge-re e superare i 40°C. Queste ondate di caldo intenso assieme al riscaldamento della superfi cie dei mari e degli oceani causano l’aumento della velocità di eva-porazione dell’acqua e i moti ascensio-nali delle masse d’aria in atmosfera. Questo aumenta il carico di energia del-le nubi e sempre più spesso si generano fenomeni estremi come precipitazioni molto intense e concentrate nel tempo, che impropriamente vengono talvolta definite «bombe d’acqua», ma anche trombe d’aria, temporali di violenza inusuale, piccoli tornado che in passato si verifi cavano solo in zone tropicali.

È forse colpa dell’effetto serra?Le cause dei cambiamenti climatici

sono molteplici e includono diversi fat-tori, alcuni dei quali generati dall’uomo che si sovrappongono a meccanismi na-turali intrinseci al sistema climatico e al-la variabilità del pianeta. I dati della ri-cerca scientifi ca dimostrano che duran-te il corrente anno la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera ha superato i 400 ppm (parti per milione), un valore che non si era mai raggiunto negli ultimi ottocentomila anni.

L’anidride carbonica è un gas serra, in quanto le sue molecole assorbono la radiazione infrarossa e così «intrappola-no» l’energia sulla superfi cie terrestre impedendo di essere rimessa fuori dal-l’atmosfera. In questo modo si produce un aumento della temperatura che con-tribuisce al riscaldamento globale. Le analisi del contenuto in isotopi del car-bonio e ossigeno rivelano che l’anidride carbonica atmosferica è originata preva-lentemente dai combustibili fossili (co-me per esempio i derivati del petrolio e il carbone) e dalle attività umane (come per esempio la produzione di cementi, la deforestazione, ecc.).

Oltre all’anidride carbonica anche al-tri gas, come il vapore acqueo, il metano, l’ossido di azoto hanno un effetto serra.

Tuttavia, i gas serra non sono l’unica

Enrico Brugnoli, Direttore del Diparti-mento scienze del sistema terra e tecno-logie per l’ambiente del Consiglio Na-zionale delle Ricerche

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POLITICA AGRICOLA ED AMBIENTALE

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causa. Anche gli aerosol hanno un ruolo molto importante, in particolare in alcune zone del pianeta (per esempio nel sud-est asiatico). Sono generati sia naturalmente (per esempio da vulcani, dall’azione del vento su mari e deserti) che dalle attività umane (per esempio da attività industria-li, da automobili, ecc.); possono essere chiari (solforosi), quindi rifl ettono la ra-diazione solare e tendono a raffreddare la superficie, o scuri (carboniosi o black carbon), che invece assorbono radiazio-ne, surriscaldandosi, e quando si deposi-tano sui ghiacci e la neve provocano lo scioglimento accelerato.

Infi ne, i cambiamenti di uso del terri-torio, come per esempio la deforestazio-ne o la cementificazione, cambiano i fl ussi di evapotraspirazione e assorbi-mento/rifl essione della radiazione solare modifi cando così il sistema climatico.

In defi nitiva, anche se non si può af-fermare che i cambiamenti climatici sia-no totalmente indotti dall’uomo, è ormai certo che si sta registrando un aumento di temperatura media globale e che una parte importante di questa sia causata dalle attività umane e soprattutto dal-l’emissione di gas ad effetto serra.

Nei prossimi 30-50 anni come si evolverà il clima?

Una previsione dell’evoluzione del clima non è semplice, per le motivazio-ni cui accennavo in precedenza, soprat-tutto per la complessità del sistema cli-matico. L’aumento di temperatura che si è osservato nell’ultimo secolo ha tutta-via evidenziato una notevole variabilità. Per esempio, nell’ultimo decennio la crescita di temperatura è stata molto più debole che in precedenza.

Le conoscenze scientifi che consento-no di fare analisi di scenario con aumen-ti di temperatura stimati per i prossimi cento anni variabili tra 1,5 e 6 °C. Ov-viamente gli effetti saranno ben diversi, a seconda dell’entità dell’aumento e an-che delle azioni che gli Stati potranno assumere per mitigare i cambiamenti climatici (per esempio con la riduzione di emissioni di gas serra, degli aerosol e della deforestazione); ma fi nora le azio-ni di politica internazionale non hanno portato a grandi progressi per la man-canza di scelte condivise sullo sviluppo sostenibile e la riduzione dei gas serra. Pertanto, ciò che è prevedibile è un au-mento delle ondate di calore e dei perio-di siccitosi, la diminuzione della dispo-nibilità d’acqua, con un aumento della frequenza di eventi estremi e una tropi-calizzazione del clima.

Si potrà avere un aumento della sicci-tà con conseguenti aumenti del rischio di desertifi cazione in aree importanti del nostro Paese e soprattutto nel Meridione d’Italia. Di contro si potrà avere un au-mento del rischio idrogeologico a causa degli eventi estremi, con il conseguente aumento nella frequenza di esondazioni e allagamenti. Inoltre si avrà la riduzio-ne della copertura nevosa in inverno e sui rilievi montuosi. Tutti questi feno-meni potranno avere effetti rilevanti sul-la produttività agricola.

Stando a quanto lei dice, l’agricol-tura italiana dovrà cambiare le pro-prie tecniche di coltivazione. In quale direzione dovrà orientarsi?

Accanto agli effetti negativi, i cam-biamenti climatici potranno offrire an-che qualche limitato vantaggio e alcune

opportunità per l’agricoltura. Gli au-menti di temperatura previsti e l’aumen-tata concentrazione di anidride carboni-ca (utilizzata nella fotosintesi per pro-durre zuccheri) potranno causare au-menti di produttività di alcune colture, specialmente nelle aree più fredde del Paese. In questi casi però, affi nché si ab-biano dei veri benefi ci, è necessario che la disponibilità di elementi nutritivi, le condizioni del suolo e la disponibilità d’acqua siano adeguate, anche in consi-derazione dell’aumentata evapotraspira-zione. Ciò signifi ca, per esempio, impo-stare in modo adeguato la concimazione delle colture e l’irrigazione. Ovviamen-te la disponibilità di acqua irrigua po-trebbe diventare limitante. In special modo se nell’area Mediterranea si avran-no, come previsto, periodi ricorrenti e prolungati di siccità. In generale però, se i cambiamenti climatici si verifi cheran-no come previsto dai modelli, in Italia si potranno verifi care diminuzioni impor-tanti di produttività delle maggiori col-ture in vaste aree, a causa della diminui-ta disponibilità d’acqua e delle ondate di calore.

Per fronteggiare questi problemi si dovrà innanzitutto creare la consapevo-lezza negli imprenditori agricoli e nel-l’agroindustria della necessità di adatta-mento ai mutamenti in atto. Per ottenere risultati positivi nell’adattamento ai cambiamenti climatici, occorre imposta-re tecniche colturali fl essibili e basate sui rischi e le incertezze future, predi-sponendo strategie che consentano di adattarsi ai possibili mutamenti climati-ci specifi ci per ogni regione. Molte del-le azioni di adattamento al cambiamen-to climatico sono simili alle «buone pra-tiche» in agricoltura e alla gestione so-stenibile delle risorse naturali.

Occorrerà, per esempio, adottare pra-tiche per la conservazione e l’ottimizza-zione dell’acqua nei suoli, quindi idonee lavorazioni dei terreni, adeguata densità di semina e di impianto, tecniche irrigue ad alta efficienza, adozione di varietà precoci per sfuggire la siccità estiva, ov-vero tutte quelle pratiche già adottate nell’aridocoltura in molte aree del Pae-se. Bisognerà poi mettere in atto tutte quelle pratiche che consentano di con-servare e aumentare la sostanza organi-ca del terreno, per fronteggiare l’aumen-tata respirazione e decomposizione cau-sata dall’aumento di temperatura.

In defi nitiva, occorre adottare ordina-menti colturali che consentano, con una certa fl essibilità, di passare a specie e varietà più adattate alle mutate condi-zioni e qui la ricerca scientifi ca avrà sen-za dubbio un ruolo importante.

Giorgio Vincenzi

Temperatura media prevista per il periodo 2041-2060 rispetto al periodo 1986-2005

La carta geografi ca del bacino del Mar Mediterraneo mo-stra gli aumenti di temperatura previsti nelle diverse aree geografi che. I diver-si colori e le diverse intensità di colora-zione indicano l’au-mento di temperatu-ra previsto in gradi centigradi, come in-dicato nella barra sotto la fi gura, ovve-ro: colore bianco o giallo chiaro, nessuna o minima variazione di temperatura attesa; colore più scu-ro, aumenti attesi massimi di 4 °C.

Fonte: modello climatico globale EC-Earth, J. von Hardenberg, E. Palazzi, A. Provenzale, DTA-CNR

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