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Associazione Intercondominiale Quartiere Brancaccio NOI A BRANCACCIO a cura di Giuseppe Martinez 25 ottobre 1992 Ultima messa di Prima Comunione celebrata da padre Puglisi nella Parrocchia di San Gaetano a Brancaccio. Nel corso dell’omelia si rivolge ai bambini, che si apprestano a ricevere per la prima volta il SS. Sacramento, in questo modo: “abbiamo detto, vogliamo creare un mondo diverso. Ci impegniamo a creare un clima di onestà, di rettitudine, di giustizia che significa compimento di ciò che a Dio piace”.

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Associazione Intercondominiale Quartiere Brancaccio

NOI A BRANCACCIO

a cura di Giuseppe Martinez

25 ottobre 1992

Ultima messa di Prima Comunione celebrata da padre Puglisi nellaParrocchia di San Gaetano a Brancaccio. Nel corso dell’omelia sirivolge ai bambini, che si apprestano a ricevere per la primavolta il SS. Sacramento, in questo modo: “abbiamo detto,vogliamo creare un mondo diverso. Ci impegniamo a creare unclima di onestà, di rettitudine, di giustizia che significa compimentodi ciò che a Dio piace”.

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Il mio pensiero va a colui che mi ha insegnato a credere e lottare, mio padre.

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Noi a Brancaccio

Un gruppo di abitanti delquartiere Brancaccio, nei primimesi del 1990 decise diimpegnarsi per tentare direndere vivibile l’ambiente in cuiviveva, ridotto in condizioni dimarginalità da una classepolitica che aveva preferitoabdicare al suo ruoloistituzionale, lasciando inquesto modo il campo libero auomini senza scrupoli.Questo gruppo di cittadini,libero da vincoli diappartenenza partitica e apertoa tutti coloro che volevanoimpegnarsi per migliorare la vitasociale del quartiere, quandocominciò ad operare scelse dichiamarsi ComitatoIntercondominiale della viaHazon e delle vie limitrofe. Conquesto nome si voleva farecomprendere agli organiistituzionali e agli stessi abitantidel quartiere che l’impegno eraportato avanti da gente delluogo che in prima persona esulla propria pelle subiva leconseguenze del degrado edell’abbandono politico delterritorio.Questi stessi cittadini alcunimesi più tardi vollero conoscereil parroco di San Gaetano.Ci presentammo: «piacereRomano, Guida,Martinez..........; piacere padrePuglisi». Da quel momentomolto spesso siamo statiinsieme con questo prete checon il suo esempio e la stimache ci dimostrava ci

trasmetteva la forza e la gioia dilottare per tentare di costruireun avvenire migliore lì aBrancaccio.Il Comitato Intercondominialedopo l’omicidio di padre Puglisiha continuato, fino ai primi mesidel 1996, il suo impegno civileper Brancaccio con quellastessa determinazione di primae con un motivo in più: renderetestimonianza all’uomo con ilquale avevamo condivisosacrifici, speranze, sofferenzema anche momenti di gioia.Abbiamo voluto testimoniarel’educatore dei giovani, ilformatore delle coscienzegiovanili con varie attività.Una di queste, distribuire unavolta al mese un foglio dal titolo«sperare» con una nostrariflessione su argomentiriguardanti il nostro contestosociale, fù da tutti noi ritenutamolto interessante. Questiarticoli, da noi stessi lasciatinelle cassette della posta oconsegnati direttamente allepersone, a nostro avvisodovevano tentare il cittadino diBrancaccio a mettere da partel’indifferenza e a nonconsiderare gli eventi checoinvolgono l’essere umanocon atteggiamento fatalistico.Volevamo anche spingere lagente a confrontarsi con noiche avevamo osato portare inun quartiere fatto di omertà, diaccomodamenti, di silenzicarichi di paura, un modonuovo di essere cittadino ecristiano, un modo gradito aDio.

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L’articolo sotto riportato èl’ultimo preparato dal ComitatoIntercondominiale, ma alcontrario di altri quattro, non èmai stato distribuito.La pubblicazione di «Noi aBrancaccio» ci dà l’opportunitàdi potere offrire all’opinione deicittadini di Brancaccio, ma nonsolo di Brancaccio, un nostropensiero, delle nostreconvinzioni maturate in seguitoalla morte di padre Puglisi.

Chi sta dalla parte dei cittadini ?In «sperare»di settembre 1995la riflessione si è soffermata sulcomportamento tenuto aBrancaccio da alcuni elementidelle istituzioni, della classepolitica e della chiesa dopol’omicidio di padre Puglisi.In questo numero vorremmocominciare con unaaffermazione che vuole averel’obiettivo di provocareall’interno di una categoria unesame di coscienza: «anche imass-media hanno contribuitoa fare morire la rivoluzione deglionesti iniziata da semplicicittadini (ComitatoIntercondominiale), proseguitacon l’apporto incisivo di padrePuglisi che ha dato forzaall’azione di chi si batteva per ilrispetto dei propri diritti.Un’affermazione che rischia dicrearci altri nemici. Ma è nostraconvinzione che se si vuolelavorare per il bene dellasocietà civile, se si vuoleessere testimoni di chi perquesta civiltà ha sacrificato sestesso, bisogna avere ilcoraggio di dire la verità anchese può apparire scomoda.

Specie se questa verità risultasupportata da azioni concretecondotte con spirito di sacrificio,testimoniata non dall’apparire edall’avere ma dall’essereancora ciò che si era prima dicominciare: gente semplicearricchita solo nello spirito.Discorsi che probabilmentepotranno sembrare ai piùtroppo idealisti, di un mondoche non c’è. Ma se riuscissimoa dedicare un po' di tempo anoi stessi per scavare dentro ilnostro animo, forse capiremmoil perchè dei guasti di questanostra società non piùalimentata da valorisinceramente cristiani.Spieghiamo l’affermazionesopra citata riferita ai mass-media.Dopo l’omicidio di padre Puglisigli organi d’informazione nonhanno compreso, o forse a loronon interessava la verità su unastoria fatta non da un solouomo ma condivisa da piùuomini che non volevanoessere personaggi, ma cittadinitutti insieme protagonisti di uncambiamento delle coscienzedella gente nella speranza dipotere offrire ai figli un quartierevivibile. Quindi tutti insiemeprotagonisti di una lotta fattad’impegno quotidiano perl’affermazione dei propri diritti,sforzandosi di essere esempio,ciascuno nel proprio ruolo, neiconfronti di chi vive in unterritorio succube della culturadella morte.Il fatto di accentrare l’attenzionedell’opinione pubblica su chicome padre Puglisi ha dato lavita è giusto, è lui il riferimento

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a cui tutti dobbiamo guardare.Non è corretto dimenticare lagente del quartiere della qualepadre Puglisi si sentiva parte(in questo modo esprimeva inpieno il suo essere sacerdote),per fare comprendere cheBrancaccio non è solo mafia, èanche un posto dove vive tantagente perbene che lotta perriscattare un quartiere daun’ossessiva definizioneassociata al palermitano in tuttoil mondo.Dimenticando la gente delquartiere che ha lottato per ilcambiamento e vuolecontinuare a farlo, si è reso unfavore, in alcuni casiinconsapevolmente in qualchecaso, credo, consapevolmente,alla mafia che aveva l’interessedi isolare il ComitatoIntercondominiale che tantiproblemi ad essa stavacreando. Infatti, le famigliemafiose e associati avevanol’interesse, come si è visto dalleindagini svolte dagli inquirenti,di ostacolare un progetto, unmetodo di lotta, un programmache piano piano stavanoprendendo corpo nel territorio diBrancaccio grazie alla perfettasintonia (parole di padrePuglisi) tra il comitato e il suoparroco. Un cambiamento che,nonostante la morte di padrePuglisi, poteva gradualmenteavvenire se solo si fosse volutocontinuare l’opera cominciatacon questo sacerdote checredeva nella gente delquartiere e ad essa avevamesso a disposizione ciò chegli era disponibile, il suocarisma di sacerdote, il suo

essere educatore, formatore dicoscienze, il suo tempo percollaborare con il ComitatoIntercondominiale, semplicicittadini di Brancaccio. Da unatragica vicenda di un quartiereche spesso ha fatto notizia permotivi legati a fatti di mafia,l’esigenza dello scoop haportato a fare emergere ipersonaggi e non a scavare eindagare per capire i motivi veridi una storia nata dentro unquartiere, fatta di piccole egrandi lotte quotidiane, portataavanti da liberi cittadini capacidi suscitare un nuovo spirito el’attenzione della stessa gentedel quartiere.Non abbiamo mai cercato lanotorietà perchè non era questoche ci interessava, speravamodi essere un riferimento per glistessi cittadini di Brancaccio.Tentavamo di farecomprendere che la dignità vadifesa, e di fare valere,confrontandoci con le istituzionie con i rappresentanti delpopolo da noi eletti, i diritti dellagente che sulla propria pellevive i drammi sociali di unterritorio emarginato. Volevamoessere vivi, attivi, presentiattraverso richieste di servizi eazioni che hanno alimentato innoi la speranza di potereabitare un giorno in un quartierevivibile.Una maggiore attenzione deimass-media all’attività svolta daquesti cittadini per il riscattosociale di Brancaccio l’avrebbechiesta padre Puglisi, perchèciò avrebbe significato lavorareper una nuova cultura nelquartiere.

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I colpevoli alla sbarra

Sono in corso a Palermo alcuniprocessi di mafia che vedonoimputati personaggi chedovranno risponderedell’omicidio di padre Puglisi edaltri di concorso in associazionemafiosa. Uomini che si sonoresi protagonisti della vitasociale di Brancaccio al tempoin cui padre Puglisi ed il suoComitato Intercondominialeagivano in quel quartiere.Dal 15 settembre 1993 ad oggisi sono verificati alcuni eventidi rilievo che hanno permessoagli inquirenti di fare decisivipassi avanti nelle indaginisull’omicidio di padre Puglisi.Con la cattura del killerSalvatore Grigoli,immediatamente passato nellefila dei collaboratori di giustizia,sembra delinearsi in modoabbastanza chiaro il quadrodel delitto del parroco di SanGaetano. Grigoli all’udienza del7 luglio 1997 del processo perl’omicidio del sacerdote haammesso di essere stato luiinsieme a Gaspare Spatuzza asparare il colpo mortale allanuca di padre Puglisi,collaborati da LuigiGiacalone e Cosimo Lo Nigro.Ha ammesso anche chel’ordine di uccidere il prete èstato dato dai fratelli Filippo eGiuseppe Graviano, consideratii boss della mafia diBrancaccio.Altri due processi per concorsoin associazione mafiosariguardano l’ex SenatoreVincenzo Inzerillo e l’ex

Presidente del Consiglio diQuartiere Brancaccio/Ciaculli,Giuseppe Cilluffo. Quest’ultimoil 2 giugno 1998, alla fine delprimo livello di giudizio è statocondannato a due anni e seimesi solo per favoreggiamento.Entrambi per il loro ruolopolitico non hanno potuto fare ameno di confrontarsi aBrancaccio con l’attività socialee pastorale condotta da padrePuglisi e dal ComitatoIntercondominiale.Con un passaggio altalenantenelle fila dei collaboratori digiustizia, quello del costruttoreIenna, al processo Inzerillovanno delineandosi alcuni degliinteressi della lobby politico-mafiosa di Brancaccio legatialla vendita irregolare diappartamenti al Comune diPalermo. Un altro pezzo diverità che contribuisce achiarire il contesto in cui si sonotrovati ad operare padre Puglisie il Comitato Intercondominiale.In seguito alla confessione delkiller Grigoli che ha dichiarato diessere stato lui insieme aSpatuzza e Vito Federico abruciare le porte d’ingresso dicasa a tre componenti delComitato Intercondominiale,due mesi e mezzo primadell’omicidio di padre Puglisi, siè in attesa del relativoprocesso.Un processo che testimonieràl’incisività della collaborazione,portata avanti in perfettasintonia, tra il prete e gli abitantidel quartiere.

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Era uno di noi

Sento il bisogno di scrivere lemie impressioni, tutto ciò cheho visto e che riesco a ricordaredella mia esperienza vissuta inquesto difficile quartiereinsieme agli amici del ComitatoIntercondominiale.Uno dei componenti di questogruppo di cittadini era un prete,Don Pino Puglisi. È con lui checomincio a comprenderequanto sia importante la figuradi una guida spirituale per chi èin cammino alla ricerca dellaverità. E la verità che per me èstata sempre rappresentata daCristo la dovevo cercare làdove vivevo, tra quella genteche aveva bisogno, per tentaredi creare, in collaborazione conaltri del luogo animati da saniprincipi, condizioni di vitacoerenti con la dignitàdell’uomo. Una dignità cheesseri senza scrupoli nonhanno esitato a mettere indiscussione profittando delledebolezze di chi versa incondizioni di povertàeconomica e di spirito.Per tutti quelli che nel bene enel male, direttamente oindirettamente, sono staticoinvolti negli eventi legatiall’attività svolta a Brancaccioda padre Puglisi e dal ComitatoIntercondominiale, i processipossono essere un’occasionedi riflessione.Anche se non ci si è macchiatidi un crimine, accettare disubire un modello di vita che sirifà alla cultura della morte perpaura o, peggio ancora, per

indifferenza non è forse motivoper il quale farsi un esame dicoscienza ? Certo, per sperareche in qualcuno possa avvenirequesto processo interiore,bisognerebbe essere capacinon solo di spiegare gliavvenimenti di cui siamo statipartecipi, ma soprattuttobisognerebbe sapere spiegarele sofferenze e le paureprovocate a chi entrava nelmirino dei criminali. Paure esofferenze che si riflettevanoinevitabilmente sulle famiglie ein particolare nei più piccoli chehanno subito shock talmenteviolenti che chissà se una interavita sarà sufficiente perassorbirli.Quante volte mi sono fermato apensare quella tragica sera del15 settembre 1993. Ero conmia moglie, i miei figli e mianipote in cucina che stavamocenando.Era stata una giornata intensa.Quasi certamente mia moglieera stata impegnata al Centrodi Accoglienza “Padre Nostro” aseguire con suor Carolina e altrivolontari i bambini a rischio delquartiere. Io, padre Puglisi,Romano, Guida, Casesa,Mariella Mazzola e padreGregorio nella tarda mattinataavevamo incontrato a Palazzodelle Aquile il viceCommissario straordinario dott.Mattei (a quel tempo il Comunedi Palermo era commissariato)per chiedere ancora una volta,dopo l’ennesima crisi dellagiunta, di prendere inconsiderazione le nostrerichieste di servizi necessari perla collettività di Brancaccio.

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Ricordo che la discussione nonfu proprio serena perché difronte a quanto noi chiedevamoancora una volta per ilquartiere, il nostro interlocutorefrapponeva delle difficoltà. Unasua proposta ci fece reagirecon disappunto: in uno dei tantilocali non in uso e abbandonatidella delegazione di quartieregli chiedemmo di realizzareun’attività sociale, non ricordocon precisione quale, forse lapalestra. Il Vice Commissario cirispose che era possibileassegnarcelo, però noidovevamo farci carico di alcunespese. In pratica noirendevamo un servizio allasocietà senza nulla chiedere incambio in un quartieredimenticato dalle istituzioni;volevamo metterci adisposizione per coprire lemanchevolezzedell’amministrazione comunale,e ci sentivamo rispondere chedovevamo per giunta pagare ditasca nostra. Questoatteggiamento fece diventarerosso in faccia padre Puglisiche interrompendo la miareazione rispose al Dott. Matteiche era inutile continuare adiscutere perché eravamo sudue livelli diversi di intendere iproblemi della società.Io e mia moglie quella seramentre cenavamo nonvolevamo farci prendere dalletensioni delle quali eravamopreda in quel periodo per via dialcune intimidazioni mafioseche avevamo subito noi delcomitato, Tony Lipari ungiovane dell’azione cattolica enegli ultimi tempi padre Puglisi

al quale tagliarono una ruotadella sua macchina ed inoltre fuaggredito subendo unaevidente ferita al labbroinferiore.Lì in cucina, insieme ai nostrifigli e mia nipote, quella seraeravamo sereni quando intornoalle nove e trenta squillò iltelefono. Era suor Carolina chepiangendo mi disse: “Pino èmorto padre Puglisi”. “Ma chestai dicendo” le risposi io, “mase fino alle due siamo statiinsieme e stava bene”.“L’hanno trovato in una pozzadi sangue davanti al portone dicasa sua e ora si trova alBuccheri-La Ferla” riprese suorCarolina. Capii che padrePuglisi, il mio amico e PadreSpirituale, il sacerdote con ilquale avevo condiviso tantesituazioni difficili sorte inseguito al nostro impegno civilenel quartiere, era stato ucciso.Anche mia moglie che mi avevavisto impallidire al telefono capíche quella storia cominciata agliinizi del 1990 da un gruppo dicittadini e continuata con ilsostegno concreto del parrocoin quel momento aveva avutoun epilogo tragico.Immediatamente cipremurammo a lasciare i nostrifigli e mia nipote alla famigliadel piano di sopra con la qualeeravamo in rapporti amichevoli,e andammo all’ospedale doveebbi l’opportunità di entrare.Insieme a suor Carolinaaprimmo la porta della stanzadove vi era il corpo di padrePuglisi disteso in una lettiga ecoperto sino a tutto il petto.Aveva la testa leggermente

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reclinata verso il lato destro edera evidente il colpo di pistolaalla nuca sotto l’orecchiosinistro.Questa ultima immagine non lapotrò mai scordare e tante volteil mio pensiero si è fermato inquell’attimo in cui i killer siavvicinano a lui per ucciderlo.Ci eravamo detti alcuni giorniprima che sapevamo di correredei pericoli, ma eravamodisposti ad accettare anche ilrischio di morire per una giustacausa come la nostra. Ognivolta che penso a quel colpo dipistola che lo fa stramazzare aterra la mia dimensione umanasi ribella, un sussulto prende ilmio corpo, la rabbia diventapadrona di me perché nonriesco ad accettare l’idea cheuna persona dedita all’amoreper il prossimo possa fare unasimile fine per un delirio dionnipotenza che prende certiesseri umani.E allora, penso a lui e a ciò chemi diceva: “chi crede in Dio nonpuò farsi prendere dall’odio edalla rabbia”. E non accettavache la ragione potessesoccombere alla violenza.Padre Puglisi aveva accettatodi impegnarsi con il ComitatoIntercondominiale perchésosteneva di essere in perfettasintonia con le persone che nefacevano parte. Lo disse a mefino a poco prima di essereucciso, lo disse anche a suorCarolina.La notte di San Pietro del 1993,tra le ore 1 e le 2 a me, aRomano e a Guida bruciaronole porte d’ingresso di casa.Dopo questo atto intimidatorio

la paura, naturalmente, ebbe ilsopravvento nelle famigliedegli appartenenti al comitato.Padre Puglisi, nel corsodell’omelia tenuta la domenicasuccessiva all’attentato, sirivolse con tono deciso ai bossdel quartiere in questi termini:“vorrei capire quali sono i motiviche vi spingono ad ostacolarechi sta operando per tentare direalizzare a Brancaccio unascuola media, un distrettosocio-sanitario, una societàmigliore per tutti i nostri figli.Parliamone, discutiamone....,chi usa la violenza non è unuomo; chi si macchia di atrocidelitti è simile alle bestie........”Un tono che ad un certomomento diventò pacato perdire: “chiediamo a chi vuoleostacolare il cammino di coloroche si impegnano per il benedel quartiere di riappropriarsidella propria umanità.”Concluse l’omelia con un invitoai parrocchiani: “tutti noi siamostati colpiti. È come seavessero bruciato la porta dicasa a tutti noi. Se è vero chesiamo cristiani dobbiamoapertamente condannare laviolenza subita da Romano,Guida e Martinez”. E mentre inmodo accorato pronunziavaqueste parole il suo visodiventava rosso. “Tutti quantidobbiamo fare sentire a questinostri fratelli che siamo vicini aloro.Io per primo mi impegno adandare a casa loro perdimostrare la mia solidarietà”.Come promesso, venne a casamia, parlammo di quanto erasuccesso e della paura che era

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entrata nelle case delle famiglieimpegnate in questa impresa.Quando ebbe la sensazioneche tutto stava per finire midisse con tono disperato: "ilcomitato non può morire !".Non posso scordare quandoalla fine di un convegnoparrocchiale da lui organizzatonell’ottobre del 1992 che duròtre giorni, sul tema “parrocchia,pastorale della carità eterritorio“, mi telefonò a casaper scusarsi perché nel corsodel suo intervento aveva detto:“noi del ComitatoIntercondominiale....”. Io glirisposi commosso: “padrePuglisi non si deve scusare, iosono orgoglioso che lei abbiadetto di essere un componentedel nostro comitato. Di sentirsiuno di noi lo disse più volteall’allora collaboratrice delGiornale di Sicilia NadiaCampanella che scrisse diversiarticoli sull’attività del nostrocomitato. Nel libro dal titolo“Dall’altare contro la mafia”, diSaverio Lodato, lo scrittoreriporta una sua intervista fatta aGregorio Porcaro. L’ex viceparroco di San Gaetano,raccontando il sacerdote uccisoda mano mafiosa, ricorda chepadre Puglisi “si riconobbesubito nell’intercondominio, unorganismo sorto per iniziativa dicittadini qualunque che eranostufi dell’immobilismo delconsiglio di quartiere”.Un sodalizio, quello instauratofra il parroco dallo spiritomissionario e la gente delluogo, capace di rappresentarenel territorio brancaccese unanuova cultura, un modo nuovo

di essere cristiani e cittadini,dimostrato con azioni visibilicondotte con coerenza e inperfetta sintonia. Una sintoniache bisognava spezzare se sivolevano mantenere quegliassetti graditi a coloro cheorbitavano in un sistema diillegalità.

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Il Consiglio di Quartiere

Ho conosciuto NadiaCampanella nel maggio del1992 quando fu inviata dal suogiornale a Brancaccio perscrivere un articolo sulla nostrarichiesta di realizzare nei localiabbandonati della via Hazon 18la scuola media inferiore.Da allora tra noi del comitato,compreso padre Puglisi, e laCampanella nacque un buonrapporto di amicizia. Ella stessaci chiese di tenerla informata ditutti i nostri incontri con le figureistituzionali per darlel'opportunità di essere presentee potere scrivere gli articoli nonsu fatti riferiti ma su eventi dicui ella stessa era testimone. Èstato così sino a circa un meseprima che noi subissimo l'attointimidatorio mafioso del 29giugno del 1993, quando laCampanella a causa didecisioni dei suoi superiori sisentì costretta ad interromperela sua collaborazione con ilGiornale di Sicilia. Cosa eraavvenuto ? Il presidente dellacircoscrizione Brancaccio-Ciaculli, Cilluffo, si era recatopresso la sede del quotidianoper lamentarsi degli articoli diNadia Campanella con ilcondirettore dott. Pepi,sostenendo che scriveva moltodel Comitato Intercondominialee poco del consiglio diquartiere. Quello che avvennesubito dopo, fu che laCampanella non poté piùscrivere nella pagina deiquartieri e in breve dovettedecidere, come detto sopra, di

lasciare il Giornale di Siciliaperché non si ritenevasoddisfatta del nuovo incarico.Nel settembre del 94, padrePuglisi è morto da un anno,Cilluffo ancora una volta si recòal Giornale di Sicilia perlamentarsi di Gilda Sciortino,un' altra collaboratrice delquotidiano e anche del TGS(Tele Giornale di Sicilia). Il 24luglio del 94 la giornalistaaveva fatto un corposo servizioper la televisione sullamanifestazione organizzata dalnostro comitato intitolata"Brancaccio per la vita 94". Dal12 al 18 settembre del 94 laconsulta "padre Puglisi un annodopo", che raccoglieva diverseassociazioni tra le quali il nostrogruppo, nata con lo scopo diricordare il sacerdote nellaricorrenza del primoanniversario dell'omicidio,organizzò una serie dimanifestazioni. Il Giornale diSicilia pubblicò in quel periodoalcuni articoli a firma GildaSciortino. I suoi servizi,secondo Cilluffo, davano pocospazio al Consiglio di Quartiereanch’esso inserito tra i gruppifacenti parte della Consulta.Dopo quest’altra sua visita alGiornale di Sicilia si verificòl’allontanamento della Sciortino.Queste due vicende mi sonostate raccontate dallaCampanella. In quel tempo, leitestimone del nostro impegno,si sentiva una di noi ed era insintonia con noi. Quando misoffermo a riflettere su questidue casi e su altri, per cercaredi comprendere chi è in realtàCilluffo, mi viene difficile

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accettare l’idea che potesseessere un uomo capace dipotere contare sulladisponibilità di un cosìimportante quotidiano fino a talpunto. Fra l'altro la convinzionemia, di padre Puglisi e degliamici del comitato era che luinon avesse una personalità chegli consentisse di svolgere ilsuo ruolo istituzionale conautonomia. L'ombra diVincenzo Inzerillo pesavatroppo su di lui.Cosa ha spinto Cilluffo a legarsiall’Assessore Inzerillo ?Tanta gente in questa nostracittà si è legata ad un politico,magari solo per cercare lascorciatoia per tentare dirisolvere i problemi familiari,non curandosi del livellomorale di chi si presta. Primache qualcuno ponesse ilproblema di coscienza suquesti comportamenti,purtroppo era abbastanzadiffuso il pensare: “le cosevanno così e non c’è niente dafare”. Di questo fatalismo èstata preda la grandemaggioranza della generazionedei nostri padri .Cilluffo appartiene a questogenere di persone ? Rispondecertamente ai canoni delpresidente di circoscrizionevoluto da chi ha bisogno di unapersona da manovrare mentreagisce nell' ombra. È uno checonosce abbastanza benel’ambiente di Brancaccio ed è asua volta conosciuto. La suaambizione a diventare qualcunoin politica lo porta a schierarsicon Vincenzo Inzerillo. Anchepubblicamente, lo si può notare

da qualche articolo del Giornaledi Sicilia, fino alla morte dipadre Puglisi, Cilluffo ha sceltodi non condividere l’agire delComitato Intercondominiale, ungruppo non graditoall’Assessore.Il giudizio nostro e del parrocodi S. Gaetano nei confronti delPresidente e dei suoiConsiglieri di quartiere eranegativo. Li giudicavamo nonsufficientemente operosi in unterritorio carico di gravissimiproblemi sociali ed avevamo lasensazione che ogni sceltapolitica di Cilluffo e deiconsiglieri della sua corrente,non veniva decisa in assolutaautonomia. Infatti spessocitavano il Senatore Inzerillo evolevano convincerci che luiagiva nell’interesse del nostroquartiere.Un fatto che secondo me puòessere una fotografia di unatteggiamento tipico di questoPresidente e del suo Consigliolo si può riscontrare in unarticolo del Giornale di Siciliadel 7 dicembre del 1991 chepubblicava una lettera delComitato Intercondominiale conil seguente titolo: “lettera-denuncia di alcuni abitanti perchiedere impianti, centri socialie d’assistenza sanitaria. Prestoun’assemblea”. In questostesso articolo Cilluffoaffermava: “ma gli abitanti dellazona devono capire che i tempiburocratici per un interventodell’amministrazione centralesono lunghi e delineati da leggiben precise”. E concludeva,dopo avere dichiaratodisponibilità a lavorare per

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realizzare le richieste da noipresentate: “ma ripeto, alnostro impegno deve fareriscontro la pazienza deicittadini. Una risposta che miha fatto pensare che con ilnostro agire davamo fastidio;come a dire : state fermi. Eccocome abbiamo interpretato“deve fare riscontro la pazienzadei cittadini”. Una risposta chenel contempo tendeva agiustificare l’immobilismoatavico nelle zone emarginatedi quelle istituzioni di cui egliera il rappresentante. Cirivolgeva l’invito ad esserepazienti, quella pazienza cheaveva dato i suoi frutticontribuendo a rendere apaticala gente del quartiere. Daqueste parole una cosa è certa:non traspare la volontà dischierarsi apertamente con ilComitato Intrercondominiale.Due concezioni, quella delComitato Intercondominiale edel Consiglio circoscrizionale diBrancaccio, completamentediverse nell’intendere la politicain un quartiere socialmentedisgregato. Per Cilluffo e iconsiglieri della sua corrente èimportante prima avere il pareredi Vincenzo Inzerillo dopo diche si decide il da farsi.Riguardo alle vicende delle duecollaboratrici del Giornale diSicilia , io penso che Cilluffo èandato alla sede del quotidianoperchè pressato da qualcuno.Certo, può anche essere che larichiesta fatta al Giornale diSicilia di prendere deiprovvedimenti contro laCampanella e la Sciortino sianostati frutto di una sua iniziativa,

ma in ogni caso lo ha potutofare perchè sapeva di poterecontare sul suo riferimentopolitico; d’altra parte era ilPresidente del quartiereBrancaccio/Ciaculli e lapersona del Senatore Inzerillo,quindi non poteva esseredisatteso. E per VincenzoInzerillo si è rivelato questo, unmodo conveniente di gestiresenza esporsi situazioni nellequali non bisognava averescrupoli.Per Cilluffo e il suo Consiglio diquartiere l’avere scelto di nonprendere iniziative a sostegnodi padre Puglisi e del suoComitato Intercondominiale,nemmeno quando cominciò lastagione delle intimidazioni,non si può certo definire uncomportamento da degniuomini delle istituzioni. Inoccasioni come queste dalpresidente di quartiere e daisuoi consiglieri ci saremmoaspettati una presa di posizionecontro chi stava praticandoquella strategia intimidatoriachiaramente riconducibile allamafia, ed una pubblicadimostrazione di solidarietà neiconfronti di coloro cheimpegnati civilmente lasubivano.E invece, per paura o perindifferenza, o perchè erapreferibile mantenere il fortelegame con Inzerillo, hannopreferito comportarsi come senulla fosse successo. Unlegame semplicemente politicoquello di Cilluffo e di alcuni suoiconsiglieri con l’Assessore,qualcuno potrebbe dire. PerInzerillo, rientra forse nei

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compiti del politico fare arrivareminacce di chiaro stampomafioso a chi gli da fastidiocome nel caso dell’aggressione preparata controdi me e poi sospesa,dell’aprile 92 raccontata nelcapitolo “la primaintimidazione”?Il nome di Cilluffo per me, enon solo per me, era facile inquel periodo associarlo alSenatore Inzerillo per quelloche politicamenterappresentava nel quartiere,piuttosto che pensarlo integratonell’ambiente mafioso diBrancaccio, anche se levicende di cui è statoprotagonista mi hanno indotto anon avere fiducia in lui.Fino ad un certo momento hopensato che potesse esserecapitato, suo malgrado, in unastoria molto complicata per lui,spinto dall’ambizione di farecarriera politica.Il riflettere con serenità sullevicende che lo hanno vistoprotagonista di questa storia,alla luce della testimonianzaresa dal pentito Pietro Romeo il12 ottobre del ‘96 al processoper l’omicidio di padre Puglisi,mi induce a pensare di avereavuto di fronte un uomoconsapevole di quello chefaceva e con chi lo faceva.Dopo l’assassinio del nostroparroco, Cilluffo per parlare divoti ha chiesto ed ottenuto -riferisce Romeo - un incontrocon uno dei killer del sacerdote,Spatuzza. Se è vera questatestimonianza, che dire di unsimile uomo che dava

l’impressione a molti di essereuna persona perbene.C’è un’altra testimonianza chemi ha turbato. È quella resa dalpentito Giovanni Ciaramitaroche racconto nel capitolo“Conclusioni”. Egli rivela unfatto che costa a mepersonalmente (la nostrarichiesta di intitolare una stradadi Brancaccio ai due magistratiuccisi dalla mafia), un fatto cheper gli elementi da me colti,oggi mi induce, come penso sipossa ricavare dalla lettura delcapitolo suddetto, a rivederequel giudizio da me espressoprima su Cilluffo: “suomalgrado, capitato in una storiamolto complicata per lui”; emi rende ancora piùsospettoso nei confronti di quelConsiglio di Quartiere da luiguidato.

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29 giugno 93, attentati inserie all’intercondominio

Chi ha accettato di viveresecondo la teoria del “nonvedo, non sento, non parlo”,oggi può toccare con mano cheil non avere rifiutato questo tipodi cultura ha contribuito adarrecare violenza a chi si èbattuto per l’affermazione diuna civiltà che si rifacesse aivalori cristiani. È chiaro che lecolpe non possono essereaddebitate soltanto ai semplicicittadini. C’è uno Stato che si èdimostrato per tanto tempolatitante e molto spesso eraforte la sensazione del cittadinoche non c’era niente da fareperchè si era di fronte apersonaggi delle istituzionicompromessi; ci si trovava difronte ad uno Stato che nonaveva la capacità di darecertezze al cittadino onesto.Oggi che si avverte questodesiderio di riscatto dellecoscienze, che si ha lasensazione che gli equilibri inquesta eterna lotta tra il bene eil male evidenziano finalmente,un guadagno di punti per chi èschierato dalla parte dellalegalità, non si possonogiustificare comportamenti diaccettazione fatalistica degliavvenimenti di cui siamotestimoni, di passività eindifferenza di fronte ad essi.Grazie ai nostri morti qualcosasta cambiando e tocca anche anoi rivedere il nostroatteggiamento se vogliamo peri nostri figli una società sana.

Il chiedere da parte dei cittadiniuna scuola, un servizio socialee sanitario adeguato ai bisognidel territorio, l’illuminazione diuna strada, una rete fognariafunzionante, una normaleerogazione dell’acqua potabile,una variazione al prg per larealizzazione di una nuovachiesa adeguata allapopolazione parrocchiale, ilcontattare gli enti istituzionalipreposti per sollecitarel’ottenimento di detti servizi, èun diritto sacrosanto.Solo se saremo in grado didimostrare con decisione eimpegno che noi semplicicittadini, siamo per una societàdove non deve avvenire ciò cheoggi per esempio avviene in viaHazon, tra le tante piaghe, lospaccio della droga sotto gliocchi di tutti, con lo spacciatoreche ti guarda in facciasfidandoti e incutendoti paura;se saremo in grado di mostraredi essere per la legalità, lagiustizia, la libertà, per lo Stato,per la solidarietà nei confrontidelle fasce più deboli, insommaper quei valori che sonopatrimonio di una società civilee cristiana, potrà nascere unaciviltà a misura della dignità chespetta all’uomo. E ciò potrebbeavere come conseguenza ilriscatto della politica e di chi èchiamato a rappresentare ilpopolo.Si diceva sopra che i processipossono essere un’occasioneper riflettere sulle responsabilitàdi ciascuno di noi, e perciascuno di noi di fronte allapropria coscienza, a meno chenon si voglia ingannare anche

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se stessi, riconoscere consincerità le nostre debolezze, ilnostro egoismo, la nostraindifferenza ai problemi deglialtri è un’occasione permettersi in pace con gli uominie con Dio.Questo vuole essere un invito ascegliere in assoluta libertà diliberarsi dalla paura di dire laverità; una verità che potrebberisultare importante ai finiprocessuali, una verità che setestimoniata potrebbecontribuire a fare giustizia, mac’è tanta paura di subireritorsioni.Fare giustizia significa ancherendere omaggio ad un uomo,a un sacerdote capace disvolgere il suo ruolo con moltoequilibrio. Mite, con la sua vocepacata, gentile nei rapporti contutti, sosteneva di essere “per”e non “contro” l’uomo. Nelle sueomelie e nella sua azione erasempre presente la speranzadel ravvedimento e dellaconversione dell’uomo.Ma ciò non toglie che diventavaabbastanza deciso nelprendere le distanze da quelleorganizzazioni lecite e non, cheavevano generato situazioni diprivilegio, illegalità,emarginazione e disgregazionesociale, di soddisfacimento deipropri appetiti con l’uso dellaviolenza.Era molto deciso nei confrontidi chi dimostrava insofferenzaper le nuove attività chenascevano e per le nuove facceche proponevano un nuovomodello di comunità. Dentro efuori la parrocchia vi eranopersone che facevano di tutto

per non rendere credibili questoparroco e il ComitatoIntercondominiale. Le stessefrasi dette da persone diversein contesti diversi del quartiereper condannare, erano il fruttodi una strategia tendente adisolare quella persona o quelgruppo. Un modo di esprimersicomune appartenente a quellapseudo-cultura che trova spaziin tante famiglie e in vari ambitisociali, compreso le parrocchie.Alcune frasi che mi toccavaascoltare erano:• questo prete è particolare .

Perchè non raccoglie leofferte (in denaro) facendogirare, come in tutte lechiese, il cestino durante lamessa ? (A tutti coloro chegli presentavano delleofferte, padre Puglisi dicevadi consegnarle a MarioRenna, un suocollaboratore, oppure dimetterle nelle cassetteapposite della chiesa. Eraun modo per farecomprendere alla gente chequando uno dona qualcosalo deve fare liberamente edisinteressatamente, maserviva anche a toglierel’opportunità a chi avevainteresse a mettersi inevidenza).

• Ma gli sembra giusto nonfare la festa del SantoPatrono. Queste ed altreparole raccolte per strada enelle case, anche tra donnedi una certa età, venivanodette con l’intento di metterein cattiva luce la figura dipadre Puglisi.

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• Il Comitato mette in cattivaluce Brancaccio; i pannisporchi si lavano in famiglia;sono dei giornalari; voglionosfruttare l’attività socialeperché si vogliono portareall’elezioni. Queste parolesono state dette soprattuttoda alcuni consiglieri diquartiere e da qualchepersona che svolgevaattività dentro la parrocchia.

Come riferito prima, nella nottedi S. Pietro del 1993, tra le oreuna e le due, io, Romano eGuida, tutti e tre componenti delComitato Intercondominiale,subimmo un atto intimidatorio dichiaro stampo mafioso. Fu datofuoco con la benzina allozerbino posto davanti l’ingressodi casa facendo si che le portefossero avvolte dalle fiamme.Intorno alle due di quella nottementre io e la mia famigliadormivamo profondamente,sentii squillare il telefono. EraPeppino Guida che a quell’oracon voce apparentementenormale mi diceva: "come va,tutto bene ?". Gli risposi: "e tumi telefoni alle due di notte perdirmi se tutto va bene, cosa èsuccesso Peppino". Mi disse:"hanno dato fuoco alla porta dicasa di Mario e alla mia, sonocerto che anche a te hannofatto lo stesso trattamento vai acontrollare e fammi sapere". Mialzai dal letto e appena misipiede nel corridoio sentii puzzadi benzina. Mi resi conto cheanche a me avevano bruciato laporta di casa. Difatti aprendocon molta accortezza, vidi laporta d’ingresso bruciata; aterra lo zerbino era

completamente accartocciatodalle fiamme oramai spente; piùin là vi era una bottiglia diplastica da due litri e il tappopoco distante non sembravatoccato dal fuoco. I muri delpianerottolo, la porta del vicinoe dei due ascensori eranocompletamente anneriti dalfumo.Avvisai Peppino Guida eimmediatamente telefonai al113.Io, mia moglie e i miei figlicercammo di mantenere lacalma nonostante, ovviamente,fossimo in preda allo shock.Quasi subito si presentarono incasa due agenti di polizia cheebbero modo di constatare ladolosità dell’evento che sipresentava sotto i loro occhi edi registrarlo. Io chiesi se era ilcaso di fare intervenire lascientifica. Mi fu risposto chenon era più opportuno perché ioavevo toccato la bottiglia cheera servita per procurarel’incendio. Prima di andare viami dissero che in mattinatadovevo recarmi alcommissariato per denunciarel’atto intimidatorio. Nelfrattempo che io e mia moglieparlavamo con i due agenti,sentimmo una macchinasgommare. Ci affacciamo,erano i poliziotti rimasti giù cheavendo visto dei movimentisospetti, segnalati da Mario ePeppino già in strada, stavanoinseguendo due persone chesono riuscite a fare perdere leloro tracce. Mario e Peppinoerano scesi per parlare insiemea me dell’accaduto. Cipreoccupammo subito di capire

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se qualche altro componentedel Comitato avesse subito lanostra stessa sorte. Si eranofatte ormai le tre. Bussammo incasa di Mariella, tutto era aposto e cercammo di tirare lesomme. Se questo attointimidatorio fosse stato fatto aduno solo di noi, sarebbe statolecito supporre ad unaritorsione messa in atto permotivi condominiali, visto chefra noi c’è chi è amministratoreo capo scala. Ma la dinamicadell’azione ritorsiva fa capire inmodo chiaro che deve esserecompreso il motivo per cuiviene dato fuoco alle tre portedi casa. L’intimidazione rivoltacontemporaneamente a trepersone, tutte e treappartenenti al medesimocomitato e per giunta tra le piùattive, rivela che si voleva faregiungere un messaggio agliappartenenti al gruppo chestavano dando molto fastidiocon un’attività che proprio negliultimi mesi si era fatta moltointensa.

La battaglia per la fognatura

Per comprendere le cause diquesto avvertimento mafioso ènecessario procedere conordine e andare indietro diqualche anno e precisamenteintorno alla metà del 1989. Neiprimi di giugno di quell’anno ioe la mia famiglia venimmo adabitare a Brancaccio in viaHazon 17. Un tre mesi dopocirca le strade e gli scantinati didiversi palazzi erano allagati dailiquami perché in zona nonesisteva la rete fognaria. Losmaltimento dei liquamiprovenienti da tutti gli edificiabitativi della via Hazon,Benfratello, Biondo e SimonciniScaglione avveniva tramitepozzi neri alimentati da fossasettica che periodicamente ognicondominio almeno due volteall’anno doveva provvedere asvuotare a proprie spese. E nonsi dovevano guastare le pompedi sollevamento poste in viaSimoncini Scaglione a cuierano asserviti i soli condominidi via Hazon 17 e 18 e della viaScaglione 8 e 18 per unnumero totale di 142appartamenti. Se siguastavano, le perdite di temposi moltiplicavano perché ognivolta bisognava spiegare aifunzionari dell’AssessoratoServizi a Rete che gliappartamenti del Comune (tuttiabitati) dei quattro edificisuddetti erano 110, il 78%,mentre quelli di proprietàprivata erano 32 tutti al civico17 di via Hazon e quindi eracompetenza del loro ufficio

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intervenire per riattivare lepompe che dovevano scaricarei liquami nella rete fognaria piùvicina che era quella di viaBrancaccio. Una gravissimasituazione igienico sanitaria,come più volte ha avuto mododi constatare l’Ufficio d’Igiene efar conoscere a tutti gli entiistituzionali interessati. Unasituazione, quella delle strade edei vari scantinati allagati dailiquami, con la quale per alcunianni si è stati costretti aconvivere, nonostante lelamentele di cui io ho notiziedocumentate a partire dagli inizidel 1987. Notizie di richieste dicittadini e risposte degli entipreposti con interventi chetrovavano solo parzialesoluzione.Quando andai ad abitare in viaHazon, come ho appena detto,dopo circa tre mesi si riproposela situazione sopra raccontatain tutta la sua gravità. Svuotarei pozzi neri non bastava più.Nonostante lo spurgo, il terrenooramai saturo faceva si che inalcuni punti le strade fosserosempre invase dai liquami. Leconseguenze dovute allamancanza di una adeguatafognatura le subiva anche il miocondominio perché laconduttura alla quale eracollegato lo scarico fognario delnostro edificio aveva unpercorso lungo, nonsufficientemente largo e moltotortuoso per giungere al pozzoove era ubicata la pompa disollevamento liquami; per cuicon molta facilità avvenival’ostruzione di essa e quindi la

caduta dei liquami dentro ilnostro scantinato.Sentivo il bisogno di farequalcosa, ma cosa potevo farese ero uno nuovo della zona enon conoscevo nessuno. Sindall’inizio mi venne spontaneocollaborare con l’amministratoree alcuni consiglieri del miocondominio. Riuscii in breve adare un apporto concreto nellasoluzione di alcuni problemicondominiali. Ciò mi consentì diallacciare buoni rapporti con lagente del mio condominio checominciava a dimostrare neimiei confronti stima e fiducia.Ormai in tutta la zona simanifestavano segni diinsofferenza e considerato chenonostante le richieste diintervento rivolte agli entiistituzionali preposti, sicontinuava ad intervenire consoluzioni tampone, del tipospurgo dei pozzi di liquami adopera della ditta COSI, pensaiche la cosa più sensata eraquella di fare in modod’incontrare l’Assessore aiServizi a Rete per proporgli larichiesta che partiva dagliabitanti della via Hazon e vielimitrofe di realizzareun’adeguata rete fognaria.Grazie a mio fratello Rino chegodeva di una certa notorietàper la sua attività di cantante,se non ricordo male nelgennaio del 1990 riuscii adottenere tramite il Dott. LaTorella, segretario di LeolucaOrlando allora Sindaco, unappuntamento con VincenzoInzerillo che a quel tempo eraAssessore alla Casa e aiServizi a Rete. Ricordo che

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allora feci questo tipo diriflessione: di lì a poco sisarebbero svolte le elezioniamministrative. Era una buonaoccasione per riuscire astrappare una promessa.Andai all’appuntamento, che miera stato fissato pressol’assessorato comunale allacasa, insieme al Rag.Francesco Vitale che eral’amministratore del miocondominio. Ricordo cheabbiamo dovuto aspettarealmeno un paio d’ore prima diessere ricevuti. Gli ufficidell’assessorato erano affollatiperché quel giorno agli sfrattatil’Assessore consegnava lechiavi delle case di proprietàdel Comune per andarle adabitare.Quelle due ore di attesatrascorsero a parlare anche conil segretario particolare diInzerillo che in quella stessaoccasione seppi che gli venivacognato. Quando finalmentefummo ricevuti esposiall’Assessore Inzerillo,circondato da diversicollaboratori, la richiesta degliabitanti che come dettoconsisteva nel realizzare la retefognaria mancante in via Hazone nelle vie limitrofe.Inzerillo mostrò subito la suadisponibilità e nonostante unpaio di suoi collaboratorisostenessero che non erapossibile soddisfare la nostrarichiesta li invitò a preparare lerelazioni necessarie per avviarel’iter.Con protocollo di uscita Nr. 848del 20.02.90 della RipartizioneManutenzione veniva

trasmesso alla SegreteriaGenerale del Comunel’ordinanza di realizzazione diun impianto di sollevamentoliquami e di attivazione dellafognatura stradale in via Hazone via Benfratello.Questo buon inizio mi fecenutrire la speranza di potere ungiorno abitare in un quartierevivibile. In una Brancaccio privadi servizi e nella quale vi sonomolte famiglie che vivono incondizioni di vita che denotanopovertà non solo di tipoeconomica ma anche di valori,e abitudini di vita al di fuori dellepiù elementari norme del viverecivile e ai limiti della legalità,bisognava mobilitare quegliabitanti disposti ad impegnarsiper non essere più consideraticittadini di serie B dalleistituzioni locali.Pensai che questa propostapoteva essere rivolta a chicome me in prima persona siinteressava e aveva a cuore ilbuon funzionamento del propriocondominio. Il condominio èuno dei primi nuclei decisionalidella società dove per legge èsovrana la volontàdell’assemblea che viene fattarispettare dall’amministratoreeletto. La nostra zona si potevaorganizzare mettendo insiemele capacità di chi in primapersona subiva sulla propriapelle le conseguenze del viverein un luogo lasciato incondizioni di marginalità.Problemi certamente piùcomplessi potevano essereaffrontati, condivisi, ripartiti fra ivari rappresentanticondominiali, avendo in questo

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caso quali nostri interlocutori leAutorità istituzionalmentepreposte. Un compitocertamente molto difficile ma senon si cominciava a farequalcosa non avevamocertamente il diritto di sperareche qualcosa potessecambiare. Parlai con il mioamico e collega di lavoroPeppino Guida al quale esposiil mio pensiero che subitodimostrò di condividere. Mipresentò Mario Romano,persona molto impegnatadentro il suo condominio.Anche a lui piacque la miaproposta e da noi tre nacque losforzo di coinvolgere piùpersone possibili dei varicondomini per portare avantiquesta iniziativa.Casesa, Mariella Mazzola,Navarra, Chiappara, TortoriciGiuseppa, Aliberti, Vivoli, sonotra le prime persone che hannoaccettato di aderire alla nostrainiziativa che auspicava ilrisanamento sociale delquartiere attraverso un’attivitàpropositiva e disensibilizzazione nei confrontidelle istituzioni locali e deglistessi abitanti del quartiere, e lapromozione di richieste diservizi primari necessari per lacrescita della collettività. Tuttociò da semplici cittadini chevivevano giorno per giorno lavita e i problemi del proprioquartiere, mantenendo semprela distanza da ogni forzapartitica.Queste persone, agli inizi del1990 hanno segnato l’iniziodelle attività del gruppo chequalche mese dopo avrebbe

deciso di chiamarsi ComitatoIntercondominiale della viaHazon e vie limitrofe. Noirappresentanti dei varicondomini dovevamoimpegnarci in un contestocomposto dal vecchio tessutosociale e da neo brancaccesiche lì avevano deciso dicostruire il loro futuro, maanche da circa duecentofamiglie provenienti dal centrostorico. Alcune di queste ultime,con il loro stile di vita si sonoportate appresso mali socialidel tipo analfabetismo,evasione e dispersionescolastica, comportamentiindecorosi e contro la morale,forme di illegalità, atteggiamentie comportamenti risalenti allacultura mafiosa presenti anchenei più piccoli, mancanza diconoscenza delle piùelementari norme igienico-sanitarie.Un quadro sociale, quello diquesta parte del quartiereBrancaccio, che era unoscempio realizzato daamministratori cheevidentemente non avevano acuore di creare una societàequilibrata ma altri interessi.Quindi con semplicità volevamotentare di migliorare almeno inparte le condizioni sociali dellanostra zona.Nell’aprile del 1990, a ridossodelle elezioni amministrative,iniziavano i lavori per larealizzazione della fognaturama subivano, alcuni giornidopo, una prima interruzione acausa, come dichiarato dallaRipartizione Servizi a Rete, delritrovamento di una falda

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acquifera che ha richiesto larielaborazione del progetto el’approvazione del Genio Civile.Verso la fine di maggio del1990 l’Assessore VincenzoInzerillo accompagnatodall’assessore Cerami, dalPresidente del Consiglio diQuartiere Brancaccio-Ciaculli,Cilluffo, e da alcuni consiglieridi quartiere, venne in via Hazonper, come disse egli stesso,ringraziare chi l’aveva votato.Nel corso dell’incontro con ilnostro comitato e i tanti abitantipresenti fu affrontato ilproblema relativo ai lavori direalizzazione della fognaturabloccati. Invitammo Inzerillo afarsi un giro per la zona perrendersi conto della gravitàdella situazione. Mi prese abraccetto e così ci facemmouna passeggiata per quellestrade allagate dai liquamiseguiti da un folto numero dipersone.Alla fine dell’incontro gliimpegni che eravamo riusciti astrappare ad Inzerillo erano:ripresa dei lavori direalizzazione della rete fognariaal più presto. Nel frattempo,sino al completamento deilavori, provvedere allo spurgodei pozzi neri, alladisinfestazione ederattizzazione dell’intera zonainteressata. Nessuno di questiimpegni è stato mantenuto eper questo motivo che comecomitato, raccogliendol’insofferenza degli abitanti cheavevano compreso di esserestati ancora una volta illusi,inviammo in data 12 luglio 1990una lettera al Giornale di Sicilia.

Il giornale facendo ampioriferimento ad essa, il primoagosto del 1990 pubblicò unarticolo il cui titolo riprendevauna nostra affermazione: "ilavori iniziati poco prima delleelezioni amministrative sonostati sospesi".Intorno alla fine di agosto, primidi settembre del 1990 i lavorivenivano ripresi e qualchegiorno dopo, in un articolo delGiornale di Sicilia del 12settembre, il Presidente diquartiere Giuseppe Cilluffointervistato dichiarava: "tengo aprecisare che i lavori nonfurono sospesi a causa di unaspeculazione elettorale, ma perreali problemi tecnici".Come si può notare ledichiarazioni del ComitatoIntercondominiale e quelle diCilluffo rilasciate nelle dueinterviste sopra citate, a mioavviso dimostrano due modidiversi di porsi di fronte alproblema. È un primo sintomodi un atteggiamento che di 1ì apoco diventerà, da parte dialcuni componenti del Consigliodi Quartiere, di insofferenza neinostri confronti .Nell’ottobre del 1990 nelcondominio della via Hazon 17veniva sospesa dall’AMAPl’erogazione dell’acquapotabile, credo per un paio digiorni, perché la rottura di untubo di scarico fognario neaveva provocatol’inquinamento. Agli inizi dinovembre del 1990 i lavori perla realizzazione dell’impiantofognario s’interrompononuovamente e Criscuolo,l’Assessore che nel frattempo

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ha preso il posto di Inzerillo,spiega che durante gli scaviuna parete di roccia haprovocato la rotturadell’escavatrice. Agli inizi didicembre una situazione cherichiedeva la massima urgenzamostrava invece che non vi eral’intenzione di dare agli abitantiil sistema fognario finalmentefunzionante. Il tempotrascorreva e gli operai chedovevano provvedere arealizzare la fossa perl’accumulo dei liquami erano sigiornalmente presenti, machiusi dentro i loro camion agiocare a carte, mentre noicittadini eravamo costretti avivere in queste strade traliquami, topi e zanzare. Ad unmese dalla rotturadell’escavatrice il Comune nonaveva ancora trovato i mezziadatti per scavare ed ultimare ilavori.Avevamo sopportatoabbastanza e considerato chele sollecitazioni non sortivanoalcun effetto si decise di usareun’arma civile a disposizionedel cittadino che chiede di farvalere un proprio diritto:presentare un esposto alProcuratore della Repubblica.Questo esposto giunto sultavolo del Procuratore, diseguito riportato, porta la firmadi alcuni abitanti del quartiere ela data del 7 dicembre del1990:

Oggetto: lavori perl’allacciamento alla retefognaria in via Hazon.I sottoscritti abitanti della viaHazon intendono segnalare che

i lavori citati in oggetto, iniziatinei primi giorni di aprile ‘90,sono bloccati dall’inizio dinovembre ‘90, cioè da quandoè subentrata la ditta FratelliLombardo (ex COSI) che, comeda ordinanza sindacale, deverealizzare la rete doveallacciare gli scarichi degliedifici della via Hazon. Inoltrechiedono:- se è vero che i lavori sonostati bloccati perchè sono statitrovati strati di roccia dura.- Se è vero che è stata trovatala roccia dura, è giustificato chedall’inizio di novembre ad ogginon siano stati trovati i mezziadatti per scavare ed ultimare ilavori in una zona dove sonosorti diversi edifici che peressere costruiti hanno bisognodi fondamenta abbastanzaprofonde.- Infine si fa presente che ilavori in oggetto hanno subitouna prima interruzione alla finedi aprile per essere ripresi allafine di settembre a causa, comedichiarato dalla ripartizionecomunale Servizi a Rete, delritrovamento di una faldaacquifera che ha richiesto larielaborazione del progetto el’approvazione del Genio Civile.C’è la volontà di consegnareagli abitanti della via Hazon ilsistema fognario finalmentefunzionante ?Chiediamo al Procuratore dellaRepubblica che vengano fattedelle verifiche per stabilire seesistono le condizioni perultimare immediatamente ilavori, tenendo conto che lasituazione igienico sanitaria si èulteriolmente aggravata per i

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liquami che fuoriescono dadiversi edifici e sulle strade,causando notevoli problemi agliabitanti e ai commercianti chehanno visto sensibilmentediminuire la clientela.

Un articolo, pubblicato dalGiornale di Sicilia in data 22gennaio 1998 a pagina 9 daltitolo “le verità di De Donnoall’Antimafia: così i bosscontrollavano gli appalti”, miha fatto pensare. In esso ècitata l’azienda COSI, e ilgiornalista riporta tra virgoletteuna parte della ricostruzionefatta dal capitano dei carabinieriDe Donno il 10 febbraio 1993davanti la CommissioneAntimafia:“e dalla COSI, per passaggio aritroso, si arriva a Vaselli eCiancimino. Ma succede chel’impresa ad un certo punto diceal Comune che il capitolatoprevede un quorum di lavorinecessari, che non sono statiperò affidati, e chiede unindennizzo. Il Comunericonosce di avere sbagliato ea titolo di equo indennizzo,paga una prima volta 9 miliardi.La storia si ripete anche l’annosuccessivo, e si pagano altrisette miliardi di equoindennizzo. Evidentementequalcosa negli uffici tecnici delComune di Palermo non hafunzionato”.Nel leggere il suddetto articolomi sembra di cogliere tra quellerighe una probabile risposta alperchè nel caso dellarealizzazione della fognatura invia Hazon, come del resto neitanti appalti pubblici assegnati

in questa nostra città, si sianoallungati sensibilmente i tempidi consegna del lavoro finitoIl 24 dicembre 1990l’amministratore del miocondominio su invito di noiinquilini, inviava una letteraall’Assessore ai servizi a reteper chiedere con urgenza lospurgo del sistema di fossasettica e la manutenzione delrelativo impianto disollevamento liquami perché ilnostro scantinato ne era invaso.Il nostro condominio, come hogià spiegato in principio, eraasservito insieme ad altri trecondomini all’impianto di viaSimoncini Scaglione chescaricava in via Brancaccio.I soliti rituali prima d’intervenire,per spiegare ai funzionari chel’intervento di manutenzione eradi loro competenza perché il78% degli appartamentiinteressati sono di proprietà delComune di Palermo. Nellastessa lettera segnalavamo ilrifiuto degl’inquilini del Comunedi Palermo a pagare leprecedenti manutenzioni dellafognatura che noi condominidella via Hazon 17regolarmente anticipavamo. Pertale motivo il Comune per contodei suoi inquilini, era in debitocon noi di una discreta sommache non riuscivamo ariscuotere, nonostante inviti danoi rivolti agl’inquilini delComune e regolari richiestescritte presentate ai funzionaridell’Assessorato al Patrimonio.Agli inizi del 1993 siamo riuscitia riscuotere tali quote insiemead altre, grazie ad un

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pignoramento delle somme delComune.Il 12 gennaio del 1991, dietromia sollecitazione, un mioamico Consigliere Comunalepresentò un’interpellanza alSindaco e all’Assessore aiServizi a Rete per sapere imotivi per cui ancora non eranostati completati i lavori dellarete fognaria di via Hazon.Tengo a precisare che tutte levolte che mi sono rivolto adamici miei impegnati in political’ho fatto a titolo personalesenza coinvolgere il comitato,proprio per evitare chevenissimo etichettati comeappartenenti a questo o quelpartito. Verso la fine di gennaio,primi di febbraio del 1991 cigiunse notizia delladisposizione della Procura dellaRepubblica che intimavaall’Assessorato ai Servizi aRete di ultimare i lavori entro 15giorni. Era stato finalmentepreso in considerazione ilnostro esposto.Immediatamente si riprese alavorare. Nella via Hazon dacirca un anno un cantiere, io ela signora Tortorici, soddisfatti,come del resto era evidenteche lo erano tutti quelli dellazona, ci rivolgemmoall’ingegnere Di Bella,responsabile dei lavori, perchiedere informazioni sulcompletamento della fognatura.Ricordo che nei miei confrontiebbe una reazione piuttostorisentita e mi parlò in questomodo: "scriva, scriva, losappiamo che è stato lei a farel’esposto alla Procura dellaRepubblica". Era vero che

l’iniziativa era stata mia, macome faceva Di Bella adaddebitare a me con quel tonosicuro l’esposto, se con lui miero visto soltanto una volta,prima di allora, in assessorato eper alcuni minuti. Non si volevaconsiderare che la presa diposizione era comunque fruttodi una sollecitazione che partivada cittadini oramai esasperati.Per cercare di risolvere questodifficile problema dellafognatura, in passato avevamochiesto l’intervento anche delPresidente di Quartiere LoVerde e del suo successoreCilluffo che evidentemente benpoco potevano fare.L’interpellanza comunale e inparticolare l’esposto, erano statipresi molto male da VincenzoInzerillo. Di ciò bisogna tenerneconto, perché questo espostoci verrà rinfacciato moltospesso dagli amicidell’Assessore. La rete fognariafinalmente funzionante fuconsegnata ai cittadini della viaHazon e vie limitrofe se nonricordo male verso metàfebbraio del 1991. Gli ultimiquindici giorni di lavoro sonostati intensi, e alla presenza deimassimi responsabili delsettore servizio fognature dellaripartizione comunale questavolta non venne fuori alcunmotivo per interrompere i lavori.Immediatamente dopo l’entratain funzione della fognatura sipassò al rifacimento del mantodelle strade che erano stateinteressate ai lavori. Certo,considerato che larealizzazione della rete fognariasi ultimava grazie ad un

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esposto che inevitabilmentedivenne di dominio pubblico,anche perché lo inviammo perconoscenza al Giornale diSicilia che in data 19 gennaio1991 pubblicò un articolo in cuifra l’altro si diceva: "gli abitantidella zona, preoccupati per ilprotrarsi della gravissimasituazione igienico-sanitaria,hanno inviato una lettera alnostro giornale ed una richiestadi accertamenti al Procuratoredella Repubblica", fu unaconclusione inaspettata eamara per l’Assessore Inzerilloe i suoi uomini abituatiprobabilmente a Brancaccio aben altro tipo di rapporto con ilcittadino.

Parliamone con il parroco

Abbiamo conosciuto padrePuglisi nel settembre del1991.Qualche giorno prima diconoscerlo noi del ComitatoIntercondominiale ciincontrammo in via Hazon, lastrada dove abitualmente civedevamo quando noneravamo impegnati con illavoro. Dovevamo mettercid’accordo sulle cose da faredato che avevamo presentatoal Presidente dellacircoscrizione, Cilluffo, unarichiesta nella qualechiedevamo di inserire, tra ipunti all’ordine del giorno dellaprima assemblea deiconsiglieri di quartiere, ladiscussione sulleproblematiche sociali della viaHazon e delle strade adiacenti.Ci rendevamo conto che dasoli, senza l’appoggio di altreforze operanti nel territorio,sarebbe stato difficile farciascoltare dalle istituzioni.Pensammo che il sostegno cipoteva venire dalla più altaautorità morale, la Chiesa.Decidemmo di andare atrovare il parroco di SanGaetano e un pomeriggioverso le sei, aveva appenafinito di dire la messapomeridiana, io, Romano eGuida lo incontrammo.Gli parlammo del nostroimpegno e della nostra volontàdi fare qualcosa per cambiarein meglio il quartiere. Con modigentili, lasciandoci spiegare,padre Puglisi cercò di capire

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che tipo di persone eravamo eda che cosa nasceva questonostro desiderio di lottare.Cercava di comprendere se noieravamo persone mosse dainteressi di parte che volevanocoinvolgerlo.Spiegammo di essere semplicicittadini costretti a vivere sullapropria pelle i drammi sociali diun quartiere emarginato dalleistituzioni. Padre Puglisi capìche eravamo sinceri e da quelmomento cominciò la nostracollaborazione per tentare didare dignità ad un quartieredimenticato. Abbiamo acquisitomaggior sicurezza da quando ilnostro parroco ci ha detto dipotere contare su di lui tutte levolte che lo ritenevamonecessario.

Le nostre richieste per ilquartiere

Il sorgere di problemi comequello appena raccontato el’aspetto sociale che a partiredagli inizi dell’80 va assumendoin breve tempo questa parte delquartiere Brancaccio, è il fruttodi volontà politiche che hannoavuto interesse a creareambienti socialmenteemarginati adottando interventiche meriterebbero a mio avvisodi essere chiariti.Difatti, il trapianto nel tessutosociale già esistente, diduecento famiglie circa,provenienti dal centro storico,che disconoscono le piùelementari norme igienico,sanitarie e civiche; abituati inmolti casi a vivere di espedientiillegali e con metodi prepotentie violenti, in una zona doveancora non erano state portatea termine opere diurbanizzazione primaria, dovenon erano stati realizzati i piùelementari servizi quali scuole,presidi sanitari e sociali perconsentire una crescitaequilibrata dell’ambiente; tuttoquesto ha creato condizioni chetornavano utili ai politicidisonesti e alle organizzazionidedite al crimine.Non bisogna dimenticare chesolo tra le vie Hazon, SimonciniScaglione e Biondo, zonaquesta di un quartiere sottostretto controllo della mafia, gliappartamenti di proprietà delComune di Palermo acquistatinel corso degli anni 80 sonocirca duecento e forse anche

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più. Appartamenti cheufficialmente risultano esseredati in assegnazione, ma chesecondo quanto mi disse nel1992 l’Assessore al PatrimonioAffatigato, in occasione di unincontro con il ComitatoIntercondominiale, invece eranoaffidati in custodia. Il modo incui me lo disse mi diede lanetta sensazione che mivolesse fare capire che inquesto tipo di operazione fattadagli amministratori precedentic’erano state delle manovrepoco chiare. Gli appuntamentitra me, Romano e Guida sifanno ormai sempre piùfrequenti per organizzaresempre meglio la protesta dellagente della zona. Oltre ai nomiprima citati, altri ancora siuniscono a noi e ci dicono cheanche loro intendonopartecipare alle nostreassemblee e ad eventualiincontri con le istituzioni. Labattaglia per la fognatura èstata un buon banco di provaper allacciare buoni rapporti,stringere amicizie tra noiabitanti della zona e acquisirela coscienza che impegnandoci,qualcosa potevamo ottenere.Non potevamo fare a meno dilamentarci delle varie situazionidi degrado provocate nel corsodegli anni 80 dall’esodo didimensioni bibliche dal centrostorico. Concentrando questefamiglie nelle zone dellaperiferia palermitana è statofavorito il degrado urbano.Sin dalla nascita di quello che èl’attuale agglomerato umanodella via Hazon e dintorni,inevitabilmente si è avvertita

l’insofferenza nei confronti dicoloro che provenivano dalcentro storico, perché alcuni diloro sin dal primo momento chesono venuti ad abitare aBrancaccio hanno imposto allepersone abituate a viveretranquillamente e nel rispettodegli altri, il loro modo di vivereviolento e arrogante .Questo tipo di operazioneimposta da amministratorisenza scrupoli, si va asommare al degradoinimmaginabile in cui sitrovavano già da alloracostrette le famiglie che vivononelle catapecchie della vicinazona compresa tra piazzaScaffa e i due passaggi alivello. L’edificio di civileabitazione della via Hazon 18,quello di via SimonciniScaglione 8 e 18 e ottoappartamenti della via Hazon17 erano di proprietà delcostruttore Pilo che agli inizidegli anni ‘80 dichiaròfallimento. Il curatorefallimentare di Pilo quasi subitoha venduto al Comune diPalermo. Negli altri edifici sitinella via Hazon e vie adiacenti,il Comune di Palermo ha altriappartamenti di proprietàvenduti dal costruttoreFinocchio verso la metà deglianni ‘80. Credo nello stessoperiodo, il costruttore Ienna havenduto al Comune di Palermogli appartamenti di via S. Ciro,quelli ubicati nell’edificio ove hasede la delegazione di quartiereBrancaccio-Ciaculli i cui localianch’essi di Ienna, sono statiinvece venduti al Comune

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alcuni anni più tardi, se nonsbaglio nel ‘91 o ‘92.Molte delle famiglie ospitatenegli appartamenti di proprietàdel Comune di Palermo,purtroppo sono composte daelementi con precedenti penalie che usano abitualmentevivere di varie forme di illegalitàsino alle più gravi. C’è chi sidroga e chi spaccia la droga;chi svolge il contrabbando disigarette, chi ruba e chiintimidisce.In questo tipo di contesto èabbastanza diffusa l’abitudinedi abbandonare i figli perstrada non curandosi della loroeducazione. Addiritturaabbiamo avuto notizie dibambini spinti a rubare dai lorogenitori. Vedi il caso del piccoloCorrado che ha detto alla suacatechista: "ho studiato icomandamenti e uno dice nonrubare. Se io non lo faccio,quando torno a casa mio padremi da legnate".Vi è un edificio che purtroppo,per colpa di un certo numero difamiglie, è diventato l’emblemadel degrado di questa nostrazona perché raccoglie più deglialtri gran parte delle situazioniappena elencate. È quello dellavia Hazon 18.I locali del pianterreno e delloscantinato di questocondominio erano e lo sonoancora, delle squallide strutturein stato di abbandonotrasformati in deposito di rifiuti eliquami dove i bambini siritrovano a giocare e gli adulti asvolgere vari traffici illegali. Glistessi inquilini del Comune sisono impadroniti di questi locali,

e sotto gli occhi di tutti sono lecondizioni disastrate dellesaracinesche, dei cancelli, dellamura e di altre parti comunidell’edificio.Nei primi di settembre del 1991come ComitatoIntecondominiale abbiamopreparato un documento cheabbiamo fatto firmare, girandocasa per casa, a centinaia difamiglie della nostra zona. Unarichiesta di convocazione diassemblea del Consiglio diQuartiere, per discutere leproblematiche sociali delterritorio nel frattempo è statada noi consegnata alPresidente Cilluffo. Ildocumento da noi sottopostoall’attenzione degli abitantiaveva per oggetto "richieste delComitato Intercondominiale pervia Hazon vivibile" e contenevaquanto segue:• Scuola media da realizzare

nei locali a piano terra dellostabile sito in via Hazon 18(edificio completamenteabitato dal primo piano in suda assegnatari del Comunedi Palermo).

• Centro di assistenza socialeda realizzare nella viaHazon o in una delle vielimitrofe.

• Centro ricreativo darealizzare in via SimonciniScaglione, traversa viaHazon (campetto di calcio,parco giochi, etc.).

• Vigili di quartiere perripristinare l’ordine civile (attidi vandalismo, disturbo dellaquiete pubblica, parcheggioselvaggio, marciapiediinvasi da cumuli di

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immondizia nonostante icassonetti vuoti, etc.).

Il 19 novembre del 1991 fuconvocata l’assemblea delConsiglio di QuartiereBrancaccio-Ciaculli perdiscutere le suddette richieste.Questa occasione fu la primauscita di padre Puglisi asostegno dell’impegno delnostro comitato. Durante il suointervento egli tenne adimostrare solidarietà e stimanei nostri confronti e fecel’esame della realtà sociale incui si trovava ad operare nellasua veste di parroco di SanGaetano. Parlò delle suepreoccupazioni e speranze;speranze che da quelmomento le sentiva alimentateanche dallo scoprire di esserein perfetta sintonia con il nostroComitato. Parlò dell’importanzadella scuola media inferiore aBrancaccio, unico quartiere diPalermo ad essernesprovvisto.Il dibattito si svolse in modocivile e dopo il mio intervento,parlarono alcuni Consiglieri e ilPresidente che si dimostraronomolto disponibili nei nostriconfronti prendendo alcuniimpegni che di seguito elenco:• ampliare il numero dei

rappresentanti esterni nellecommissioni del consiglio diquartiere.

• Rendere disponibile uno deitanti locali della delegazionedi quartiere per adibirlo acentro di assistenza socialee fare richiesta di dueassistenti sociali al Comunedi Palermo.

• Sostenere la nostra richiestadi realizzare una scuolamedia nei locali a piano terranell’edificio di via Hazon 18.

• Invitare il nostro comitato apartecipare ai lavori delConsiglio di quartiereriguardanti le problematichesociali da noi sollecitate.

• Relativamente alladiscussione affrontata sulproblema dell’evasione edispersione scolastica,verifiche sulla frequenzadella popolazione scolasticasoggetta a tale obbligo.

Nel corso della suddettaassemblea sono staticonsegnati al Presidente diquartiere i documenti con lefirme in originale apposte dacentinaia di famiglie dellazona, riguardante le richiestedel Comitato Intercondominialeper via Hazon e vie limitrofevivibili.

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L’insofferenza dei consiglieri

Negli ultimi mesi del 1991chiediamo incontri conl’Assessore alla PubblicaIstruzione, Provveditore,Ufficiale Sanitario e riusciamoad ottenerli. Sollecitiamo larealizzazione della scuolamedia inferiore nei locali dellavia Hazon 18 e una maggioreattenzione alle grosseproblematiche sociali delquartiere.

A cominciare già da quelperiodo le nostre frequentazionicon le autorità istituzionali nontrovano il favore di alcuniconsiglieri di quartiere. Quelliche più degli altri dimostrano diessere infastiditi da questonostro sollecitare gli organiamministrativi della città einviare lettere a giornali eautorità, sono il PresidenteCilluffo e il Consigliere CosimoDamiano Inzerillo.Probabilmente la nostra attività,Cilluffo e i consiglieri a lui vicinil’avvertivano come un ostacolo.Si sono trovati di fronte ad ungruppo di cittadini chepretendevano il rispetto delladignità e si sentivano in dirittodi fare sentire la propria voce,anche scavalcando quelli cheerano considerati i poteri a cuitutti nel quartiere erano abituatia bussare in caso di bisogno.Con me personalmente Cilluffonon ha mai avuto contrasti e siè sempre dimostrato disponibilead ogni nostra richiesta sociale.Attraverso altre persone delquartiere però sapevo che silamentava della nostra attività.

Mi ricordo di un componentedel Comitato Intercondominialeche era in imbarazzo con noiperché il Presidente di quartieregli aveva manifestato la suainsofferenza per il nostro mododi agire che a suo dire tendevaa scavalcare e quindi mettere incattiva luce il Consiglio diquartiere. Una volta Cilluffo silamentò con noi. Fu alcunigiorni prima delle elezioninazionali del 1992, quandovenne in via Hazon insieme aPietro Inzerillo altro Consiglieredi quartiere, per soffermarsi aparlare con la gente econvincerla a votare VincenzoInzerillo, candidato al Senato.Ricordo che la discussione sivivacizzò con me, Romano eGuida quando il discorso lofecero cadere sullarealizzazione della fognatura invia Hazon ultimata nel febbraiodel 1991. Sostenevano, difronte alle persone presenti,che il merito della realizzazionedell’impianto fognario eradell’Assessore Inzerillo cheaveva sempre dimostratointeressamento per il quartiereBrancaccio. Io, Romano eGuida fummo molto decisi nelrespingere questa affermazionedi Cilluffo e Pietro Inzerillo,sostenendo che i lavori furonoterminati grazie al nostroesposto alla Procura dellaRepubblica. Fu detto lorochiaramente che l’AssessoreInzerillo non aveva fatto nienteper Brancaccio e la prova piùlampante era la situazione didegrado del quartiere. Se nonfosse stato per l’esposto, furibadito da noi del Comitato,

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chissà se fossero stati portati atermine i lavori della fognatura.Ci lasciammo un pò freddi maquesto non impedì checontinuassimo ad avere degliincontri. Tutte le volte che io eCilluffo ci siamo confrontati, franoi vi è stato sempre uncomportamento cortese, anchese devo dire che interiormentesentivo la necessità di essereguardingo. Quandodiscutevamo, entrambieravamo concordi sui serviziutili per la collettività darealizzare nel quartiere, peròcon la sua presenza avvertivoun' atmosfera pesante neiconfronti del ComitatoIntercondominiale che stavadimostrando un impegno forteed evidente a tutti nel territorio.Ricordo che una volta, moltotempo prima che iniziasse lastagione delle intimidazioni, iostesso telefonai a Cilluffo perchiedergli di incontrarci in unposto lontano da Brancaccio,per potere parlaretranquillamente delleproblematiche sociali delquartiere lontano da chi eraspesso appiccicato a lui, comeCosimo Damiano Inzerillo,consigliere di quartiere.La presenza di quest’ultimo miallarmava perchè i suoicomportamenti e prese diposizione domostravano a tuttiquanto fosse vicino al SenatoreInzerillo.Era abbastanza evidente cheCosimo Damiano Inzerillo malsopportava l’impegno socialedel Comitato Intercondominialee per questo motivo alcunevolte ha avuto degli scontri

verbali con noi del comitato econ qualche persona che si eraschierata dalla nostra parte.Con me ebbe uno scontro inoccasione della riunionemensile degli organismiterritoriali, non ricordo se inquella del 13 giugno 1992oppure in quella precedente,indetta dal delegato del PrefettoDottore Massocco nelladelegazione comunale diBrancaccio-Ciaculli.Nel corso di quella riunionedopo il mio intervento ci fù lareazione di Cosimo DamianoInzerillo che mi attaccòsostenendo che irappresentanti del ComitatoIntercondominiale erano deirazzisti e che a Brancaccionon rappresentavano nessuno.La mia risposta abbastanzarisentita in sintesi fu laseguente: non aveva nessunoelemento per affermare che noifossimo dei razzisti(probabilmente intendeva direche noi agivamo per mandarevia dal quartiere le famiglieprovenienti dal centro storico),anche perche` era abbastanzachiaro a tutti che il nostroimpegno sociale, che aveva lamassima attenzione ecollaborazione di padre Puglisi,era rivolto al recupero di quellefamiglie maggiormente a rischioche comunemente in quellazona erano definiti sfrattati.Questa affermazione era untentativo non riuscito di metterequesta gente contro di noi. Perquanto riguarda il fatto dirappresentare o meno la gentedi Brancaccio, evidentemente ilconsigliere dimenticava che noi

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eravamo del quartiere e chevivevamo in prima persona idrammi di quel contesto eproprio per questo motivo si erasentita l’esigenza di creare ungruppo che affrontasse iproblemi di ordine sociale e liponesse all’attenzione deirappresentanti delle istituzioniper essere risolti . Problemiidentificati e trasferiti alConsiglio di quartiere con laconsegna di elenchi contenentile nostre richieste per viaHazon vivibile firmati dacentinaia di famiglie delquartiere.Ricordo che alla fine di quellariunione padre Puglisi, cheaveva partecipato e quindi futestimone dello scontro verbale,mi disse, sempre con quel suotono calmo: “si, sei statoprovocato ma anche incircostanze come queste, laforza di un uomo si misuradimostrando di saperemantenere la calma”.Il 16 luglio del 1992 alle ore 9 sitenne un’assemblea delConsiglio di quartiere perdiscutere, fra l’altro, il nostroordine del giorno cheriguardava le problematichesociali della via Hazon e vielimitrofe ed in particolare lanostra richiesta di realizzazionedel distretto socio-sanitario dibase a Brancaccio nei localidella delegazione. Alla fine diquesta assemblea che accolsele nostre richieste, e alla qualeio non potei essere presente,Cosimo Damiano Inzerillo siintrattenne con MariellaMazzola, componente moltoattivo del comitato e con Nadia

Campanella. A loro fece visitarei locali della delegazione ementre giravano per le variestanze, il consigliere si facevain quattro per dimostrare che ilmio impegno non eradisinteressato ma mosso daambizioni politiche. Peravvalorare questa sua opinioneraccontò che dopo una tornataelettorale, svoltasi nel periodoin cui io già svolgevo la miaattività sociale a Brancaccio, fufatta l' analisi dei voti dipreferenza, in particolare di unasezione della nostra zona, everificarono che un certonumero andarono al quel partitoper cui io votavo e che, luisosteneva, non li aveva maiavuti. Da quando sono venutoad abitare a Brancaccio e hocominciato ad interessarmi diproblemi sociali, ho volutoessere al di sopra delle parti echi mi ha frequentato ha avutomodo di rendersi conto chequanto affermo è vero.Credo che la faccendadell’analisi dei voti dipreferenza, raccontata daCosimo Damiano Inzerillo aNadia e Mariella, dimostri cheio ero tenuto sotto osservazioneda talune persone.

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Un contesto sociale difficile

L’attività del ComitatoIntercondominiale nel territoriodi Brancaccio inevitabilmenteha portato ad intercettareinteressi mafiosi che comunquepossono essere compresiattraverso un’attenta lettura ditutta l’attività svolta dal primomomento sino a dopo la mortedi padre Puglisi. Sono convintoche l’omicidio del nostroparroco non è stato causato damotivi troppo semplicistici, deltipo “educava alla legalità”,“toglieva i bambini dalla strada”,“organizzava manifestazioniantimafia”, o altre cose simili.Non bisogna dimenticare che apartire da maggio 1993 sinoall’omicidio di padre Puglisi eancora qualche mese dopo vi èstata un’escalation diintimidazioni. Evidentemente, aquel punto, la nostra azione equella del nostro parrocoavevano superato il livello diguardia. L’omicidio significa chequesta azione comune avràfatto avvertire alle famigliemafiose del quartiere lapreoccupazione di doversicontrapporre a personechiaramente schierate dallaparte della legalità che ognigiorno di più diventavanosempre più credibili agli occhi ditanta gente di Brancaccio.Significa anche che i criminalipossono avere avuto lasensazione che alcune veritàscomode stavano rischiando divenire fuori, motivo per cui nonc’era più tempo da perdere.

Quali potrebbero essere questeverità scomode.È importante tenere conto delcontesto sociale in cui si sonotrovati ad operare il ComitatoIntercondominiale e il suoparroco. Ho già descritto il tipodi ambiente realizzato aBrancaccio a partire dai primianni 80. Come ho già avutomodo di esporre, questa zonadella nostra città ha dovutosubire nel modo più disordinatoun insediamento di famiglie,realizzato con imponenti flussimigratori, provenienti dal centrostorico da ristrutturare. Ciò èstato fatto senza che la classepolitica promuovesse unminimo di attività diprevenzione nei confronti dipotenziali guasti sociali che nelbreve tempo era evidentedovevano manifestarsi.Dietro le quinte di questo tipo disviluppo urbanistico sinascondono gli interessi deipoteri forti di Brancaccio eprobabilmente non solo diBrancaccio. Quali sono leriflessioni che mi portano a farequesta affermazione.Nel corso degli anni 80 ilComune di Palermo ha avutobisogno di appartamenti doveconcentrare gli sfrattati dalcentro storico e ha acquistatoper tale motivo numerosi edificiper civile abitazione dislocatinel territorio di Brancaccio-Ciaculli-Settecannoli.Dopo l’omicidio di padre Puglisi,nel corso delle indagini svoltedagli inquirenti, sono emersielementi poco chiari proprio inrelazione alla vendita degli

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appartamenti al Comune diPalermo.Al processo in corso all’exSenatore Vincenzo Inzerillo,che si deve difenderedall’accusa di concorso inassociazione mafiosa,emergerebbero, dalledichiarazioni rilasciate daicollaboratori di giustizia, alcunidegli interessi della lobbypolitico-mafiosa di Brancaccio.Riguarderebbero episodi dipresunte tangenti chesarebbero state pagate neglianni ‘80 all’ex Assessore allaCasa Vincenzo Inzerillo perrealizzare una venditairregolare di appartamenti siti invia Hazon e dintorni che ilComune di Palermo una voltaacquistati ha adibito ad alloggiper centinaia di famigliesfrattate.Questa sporca trattativa l’uomopolitico di Brancaccio l’avrebbeintrapresa con i costruttori inodore di mafia Ienna eFinocchio. Su questa vicendahanno reso dichiarazioni aimagistrati i collaboratori digiustizia Giovanni Drago, TullioCannella e Gianni Ienna, ilcostruttore prima citato.Grazie alla mia attività diamministratore condominialesono venuto a conoscenza difatti che mi hanno indotto asospettare episodi diclientelismo dietro l’affitto dellecase di proprietà del Comuneagli sfrattati dal centro storico.Un sospetto che ho avuto dalmomento in cui ho scoperto,frequentando gli uffici delComune nella mia veste dicapo condominio, che molti

assegnatari erano abituati anon pagare al Municipio diPalermo gli affitti e le quote-spese condominiali di loropertinenza. Qualche meseprima dell’inizio della stagionedelle intimidazioni, quindi nelperiodo aprile-maggio 1993, senon ricordo male, mi sonorecato all’ufficio fitti attividell’Assessorato al Patrimoniodel Comune per avereinformazioni sui provvedimentiadottati nei confronti di alcuniassegnatari del mio condominioche non pagavano da qualcheanno gli oneri di competenza.Nel verificare, insieme ad unfunzionario dell’ufficio, laposizione di uno di questi, misono accorto che la praticarelativa alla sua posizioneanzichè trovarsi nel settoredella Ripartizione Affari Legali,quindi da sottoporre aprocedimento legale per larichiesta del decreto ingiuntivodi pagamento, era statariportata tra quelle chepotevano godere la dilazionedel pagamento delle morosità,senza avere subito alcunprocedimento di tipo legale.Non è mai stato adottatonemmeno l’intervento che inqualche misura scoraggiasse ilvenire meno agli obblighicontenuti nel regolamentocondominiale. Nonostantequesto favore, l’assegnatariooggetto di tale riscontro hacontinuato indisturbato a nonpagare e a non subireprovvedimenti da partedell’amministrazione comunale.Parlando di questa vicenda franoi del Comitato

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Intercondominiale e con alcuniabitanti della nostra zona, cisiamo resi conto che tra gliassegnatari del Comune eranosenz’altro in tanti a godere diquesto privilegio e di un altroche consisteva nel non pagareil canone d’affitto al Comune,circa 60 mila lire al mese perquattro vani, doppi servizi ecucina abitabile. Irregolarità checome abbiamo avuto modo diconstatare, erano mantenute egarantite.A questo punto penso sialeggittimo porsi una domandasull’argomento assegnazionedelle case: i metodi previstisono stati rispettati ?Queste vicende appenaraccontate, a mio avviso, dannola percezione di trovarsi difronte a storie di ordinariaillegalità.Attività illecite che possonoessere configurate comeerogazione di tangenti, voto discambio; gravi irregolarità,quindi che, se davvero tali,grazie all’impegno condotto,specialmente nell’ultimoperiodo da padre Puglisi e dalComitato Intercondominiale,rischiavano di emergere, epertanto di mettere a nudo, gliintrecci dell’organizzazionecriminale che teneva sottocontrollo il nostro quartiere.Questi argomenti credodebbano essere presi inconsiderazione per capire se imotivi scatenanti, che hannoindotto i criminali a reagire coninaudita violenza nei confrontidi padre Puglisi e dei suoiamici, possono essere statideterminati dall’avere portato

avanti iniziative che ponevanol’attenzione sulle loro attivitàdietro le quali si nascondevanoaccordi illegali.Ho fra l’altro raccontato che l’exAssessore al PatrimonioAffatigato, mi riferì che questecase non erano state date inassegnazione, comeufficialmente risaputo, bensì incustodia.Se così stanno i fatti cosasignifica questo dare in pastoalla gente una destinazioned’uso per un’altra ?In una Brancaccio doveorganizzazione criminale epolitici corrotti conducono allespalle dei cittadini affari del tiporaccontati, agisce il ComitatoIntercondominiale persollecitare si, la realizzazione diservizi e strutture per ilquartiere ma per chiedere purechiarezza alle istituzioni ancheal massimo livello, per verificarela presenza di responsabilitàpolitiche nel degrado urbanodi Brancaccio (vedi primalettera al Presidente dellaRepubblica) e per consentire alcittadino il sacrosanto diritto divivere in un contesto civile.È in questa Brancaccio che ilComitato promuove la lotta perla fognatura, la petizionepopolare per la realizzazionedella scuola media e altri servizinel quartiere, un’altra petizionepopolare per l’insediamento deldistretto socio-sanitario di base,argomenti di cui ho già scrittonelle pagine precedenti. Unanuova iniziativa del Comitatoche ha dato molto fastidio aVincenzo Inzerillo e allepersone a lui vicine, è stata

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l’organizzazione diun’assemblea popolaresvoltasi il 13 febbraio del 1992in un condominio di via Hazonalla quale invitammo l’alloraAssessore al PatrimonioGiacomo Affatigato perdiscutere la realizzazione dellascuola media inferiore neilocali abbandonati della viaHazon 18.A questa assembleaparteciparono padre Puglisi,molta gente della zona e ilpresidente Cilluffo con alcunisuoi consiglieri di quartiere. L’incontro con Affatigato diedefastidio anche perchè a brevesi dovevano svolgere le elezionipolitiche del 5 aprile ‘92 chedovevano vedere candidato alSenato Vincenzo Inzerillo.Avvertivamo questainsofferenza nei nostri confrontiquando ci trovavamo a parlarecon Cilluffo, taluni suoiconsiglieri di quartiere, e conqualche persona della zonasimpatizzante per l’AssessoreInzerillo.Una di queste occasioni èl’incontro avuto con Cilluffo ePietro Inzerillo, raccontato nelcapitolo “L’insofferenza deiconsiglieri”.Alcuni mesi prima di questeelezioni, verso la fine del 1991,abbiamo dovuto affrontarel’allarme epatite che mobilitòmolte mamme perchè nellanostra zona erano staticlinicamente accertati alcunicasi di epatite virale concentratinell’edificio maggiormente arischio di via Hazon 18. Questoallarme è rientrato, se non

ricordo male, nel mese dimarzo del 1992.In conseguenza di questo gravefatto che aveva dimostratoquanto fosse preoccupante eprecaria la situazione igienico-sanitaria nella zona, nell’apriledel 1992 partì la nostracampagna per l’ istituzione deldistretto socio-sanitario di basea Brancaccio. Anche questainiziativa mostrò un padrePuglisi molto deciso.Addirittura il nostro parroco ciconsentì una domenica mattinadi piazzare i tavoli davantil’ingresso della chiesa per unaraccolta di firme perpromuovere questo tipo diservizio, mentre lui stessodall’altare alla fine di ognimessa, invitò i fedeli a firmarela richiesta preparata dalComitato Intercondominiale.Non ci limitammo a questaoccasione; per invitare la gentea firmare andammo a bussarecasa per casa e in questo civenne incontro suor Alda, lasuora infermiera del Centrod’Accoglienza Padre Nostroche riuscì a coinvolgere tantepersone anziane e conproblemi di salute.Il 17 giugno del 1992organizzammo nei locali dellaParrocchia un’assembleapopolare nel corso della qualepresero la parola i componentidel Comitato Intercondominiale,padre Puglisi, il presidente diquartiere Cilluffo e abitanti dellazona per sollecitare l’istituzionedel distretto socio-sanitario dibase a Brancaccio. PadrePuglisi intervenne con questeparole: “non chiedete come

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favore ciò che è un vostrodiritto”; ed ancora: “se sarànecessario andremo insieme aprotestare in via Giafar per farciascoltare dalle Autorità. Ecercò di sensibilizzare i presentiall’impegno civile accanto aicittadini del comitato per tentaredi dare un volto nuovo alquartiere.Per chiedere la realizzazionedel suddetto servizio abbiamoavuto incontri con i presidentidella USL62, prima con ildottore Scozzari e poi con chilo seguì in tale nomina, ildottore Cottone. Aquest’ultimo va senz’altro ilriconoscimento di avere fattoquanto era nelle sue possibilitàsino a quando è stato in carica,per tentare il raggiungimentodi tale obiettivo, tenendoci inforte considerazione. Il 9 marzo1993 abbiamo incontratol’Assessore regionale allaSanità Firrarello che presel’impegno di adoperarsi perl’apertura della suddettastruttura nel nostro quartiere.Tante sono state lesollecitazioni da noi rivolte aglienti competenti fino ad oggi, mail distretto socio-sanitario dibase è soltantanto unapromessa non realizzata sino aquesto momento.

La prima intimidazione

Ormai siamo a ridosso delleelezioni politiche del 5 aprile1992 per le quali al Senato èstato candidato VincenzoInzerillo. Qualche settimanaprima di questa data mi fu dettoche per me era pronta “lafesta”. Cioè da un momentoall’altro, per ordine del viceSindaco di Palermo, VincenzoInzerillo, dovevo subireun’aggressione che dovevaservirmi da monito per il futuro.Chi mi avvertì del pericolo chestavo correndo fu, se nonricordo male, un consigliere diquartiere della nostracircoscrizione eletto nellaDemocrazia Cristiana, nonappartenente, come ilpresidente Cilluffo e la maggiorparte dei consiglieri di quartieredi Brancaccio dello stessopartito, alla corrente diVincenzo Inzerillo. In quelperiodo e in altri successivierano in tanti a mettermi inguardia, perchè evidentemente“radio-mafia” trasmetteva allagente della zona la propriaintolleranza per il ComitatoIntercondominiale. Il motivoche non mi consente di dire diessere certo al 100% che fu ilconsigliere di quartiere adavvisarmi dell’imminentepericolo, è dovuto al fatto chenon riesco a focalizzare ilmomento in cui me lo riferisce.Ciò mi ha creato un problema dicoscienza nel momento in cuiho fatto il suo nome quandosono stato chiamato atestimoniare su questa vicenda

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nei processi per l’omicidio dipadre Puglisi. Ma io ho avutomodo di costatare, proprioperche` l’ho frequentato, che ilconsigliere di cui parlo è unapersona perbene e se quantoio affermo lui lo ritiene vero,sono convinto che loconfermerà .Lo farà perchè c’è andata dimezzo la vita di un amico; lofarà perchè è stata usatabarbara violenza contropersone che lavoravano, senzanulla chiedere in cambio, per ilbene del quartiere.Qualche settimana prima delleelezioni per telefono ci siamodati appuntamento in viaPanzera. Intorno alle cinque delpomeriggio ci siamo incontrati eper circa un’ora parlammodell’attività del ComitatoIntercondominiale e delConsiglio di quartiere. Ilrappresentante politico ammiseche il consiglio di quartiere, delquale faceva parte, era moltofrenato nel condurre la suafunzione e ciò, sosteneva, eradovuto alla burocrazia cherendeva la vita difficile a chi erachiamato ad amministrare. Maammise anche che i consiglierivicini all’Assessore Inzerillo nonsi muomevano certo in sintoniacon il ComitatoIntercondominiale, anzi dalleloro richieste si sentivanopesantemente disturbati.Ricordo che nel corso di questoincontro mi consegnò unarelazione sul lavoro svolto dallasua commissione sullasituazione scolastica diBrancaccio e sul patrimonioculturale del quartiere. Ricordo

inoltre che lo invitai a schierarsie a muoversi apertamente connoi. Mi rispose che noi comesemplici cittadini avevamo piùpossibilità di esercitare dellepressioni nei confronti delleistituzioni, ma chi fa politicacome lui, in un quartiere comeBrancaccio, per cercare diessere utile alla società deve,purtroppo, stare attento a nonmettersi contro le persone delquartiere. Mi mise in guardiadicendomi che la nostra attivitàsociale non era tollerata daVincenzo Inzerillo e dallepersone a lui vicino. Penso chesia questo il momento in cui ilconsigliere di quartiere mi riferìquella frase così grave: “hosentito che c’è preparata lafesta per te”. Ricordoabbastanza bene che alla finedell’incontro mi recai a casasconvolto e questo mi induce asciogliere il dubbio se sia statolui o altra persona a riferirmiquell’affermazione minacciosa.Comunque sta a lui confermareo negare quanto da metestimoniato a tal proposito.Che noi dovevamo essere piùcauti perchè davamo fastidiocon le nostre iniziative, ilconsigliere di quartiere lo disseanche a Nadia Campanella, lacollaboratrice del Giornale diSicilia. Quella stessa seravenne a trovarmi mio fratelloRino al quale raccontail’incontro di qualche ora primacon il consigliere di quartiere edella minaccia di VincenzoInzerillo che pendeva nei mieiconfronti. Gli dissi di non dire anessuno quanto gli avevoraccontato ma soltanto di

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tenerne conto nel caso in cui mifosse successo qualcosa.Invece senza avvisarmi miofratello si recò presso lasegreteria dell’allora viceSindaco Inzerillo e dal suosegretario (dalla descrizione hocapito che doveva essere ilcognato dello stesso Inzerillo)ebbe la seguente risposta in unsiciliano intercalato da epitetimolto offensivi: “è tuo fratelloquel........, parla troppo. Perdomani sono pronti quelli chegli devono dare una lezione.Digli che soprattutto in periododi campagna elettorale devestare buono”.Nel nostro collegio senatoriale ilcandidato temuto da VincenzoInzerillo era l’Assessore alPatrimonio Giacomo Affatigato.Il 13 febbraio 1992 lo abbiamoinvitato nel nostro quartiere perun incontro con gli abitantidella zona che volevanosollecitargli l’acquisto dei localiabbandonati di via Hazon 18per realizzarvi la prima scuolamedia di Brancaccio. Iparticolari di quest’assembleapopolare li ho raccontati nelcapitolo “Un contesto socialedifficile”.Questo incontro e i successivi,in tempi di campagna elettorale,hanno dato molto fastidio alvice Sindaco. Durante quelperiodo noi del ComitatoIntercondominiale ci sentimmodire da persone del quartiereche girava la voce che il nostrogruppo stava facendocampagna elettorale perAffatigato. Poichè non rientravanei nostri programmi enemmeno nello stile dei

componenti che avevanoaccettato di aderire al ComitatoIntercondominiale, dareconsigli su come votare, erachiaro che questa illazione erastata messa in giro per cercaredi screditarci.In quel tempo, Cilluffo e iconsiglieri vicini ad Inzerillotutte le volte che ciincontravano, cercavano diconvincerci che era inutile stareappresso all’Assessore alPatrimonio, perchè ci stavaprendendo in giro.Evidentemente a loro davafastidio che noi incontrassimoAffatigato.Il “tu” che il segretario diVincenzo Inzerillo ha dato a miofratello, non era dovuto ad unareciproca conoscenza; inquella occasione si vedevanoper la prima volta. Questapersona aveva riconosciuto ilcantante, ma al contempodoveva avere l’atteggiamento dichi è abituato ad usare il tonosprezzante ed arrogante neiconfronti dell’altro, e non sipreoccupò certo di darglirispettosamente del lei. Subitodopo avere ascoltato questeparole intimidatorie, mio fratellovenne a trovarmi in Italtel, doveio lavoro. Era terribilmentespaventato perchè si era resopersonalmente conto che laminaccia di pestaggio nei mieiconfronti era concreta e nonuna supposizione di qualcunoche aveva intuito che l’attivitàcondotta dal comitato facevapresagire la reazione di certiambienti.Con l’angoscia di cui puòessere preda una persona che

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sa di avere il proprio fratello inpericolo, Rino cercò diconvincermi ad allentare il mioimpegno almeno nel periododella campagna elettorale e midisse: “fallo almeno per i tuoifigli e tua moglie”. Io non vollicedere alle minacce e conpadre Puglisi e gli amci delcomitato continuai apromuovere iniziative pertentare di ottenere una vitasociale più dignitosa, con miofratello nei momenti di bisognospesso vicino a me. Ildisperato intervento di Rino, perquella volta, convinse VincenzoInzerillo a non mettere più inpratica la minaccia diaggressione.

Il Centro d’Accoglienza“Padre Nostro”

Padre Puglisi ha voluto ilCentro d’Accoglienza “PadreNostro” per intervenire nelgrande vuoto di valori che siriscontrava nel nostroambiente. Ambiente nel qualeper noi era facile assistere acomportamenti frutto di unaeducazione violenta.Una formazione che avevainizio con pratiche cheinducevano a non avererispetto per la vita. Si iniziavacon gli animali . Si lasciava chefossero gli stessi bambini aprovocare i cani in una lottaviolenta fra loro. In tanti nelquartiere hanno avuto modo diassistere a questa praticaselvaggia. Alcuni hanno vistole carcasse dei cani morti negliscantinati della via Hazon 18.Anche io. Girava la voce chefosse praticato il combattimentotra queste povere bestie perscommetterci sopra. Un altroesempio di formazione all’usodella violenza e di perdita disensibilità di fronte a chidisperato si dimena perchè lamorte per mano violenta sta peravere il sopravvento: lasciareche i bambini giuochino adimpiccare qualche canerandagio oppure a gettare ungattino terrorizzato davanti auno o più cani pronti aducciderlo. E i loro genitori o ifratelli più grandi, parenti, vicinidi casa, amici, mentresuccedono queste cose sonoforse assenti ?

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No, sono lì vicino ma lilasciano fare .Questi stessi bambini sotto gliocchi di tutti non avevano alcunproblema a rubare macchine,autoradio, biciclette ed altro, ea reagire in malo modo neiconfronti degli adulti.Un ambiente questo, ove èstato ed è tutt’ora facilereclutare manovalanza per lamafia. Ricordo che subito dopola strage mafiosa di Capaci delmaggio ‘92, un gruppo dibambini si mise a correre pervia Hazon e dintorni gridando:“mafia, mafia.....” e “la mafia èforte e vince”. È questol’ambiente che prova arecuperare padre Puglisi con ilsuo Centro d’Accoglienza. Conl’aiuto delle Sorelle dei Poveri diSanta Caterina da Siena riescead organizzare un’attività disocializzazione dei piccoli, aseguire gli adolescenti e igiovani ospitati nel carcere diMalaspina e a mantenererapporti anche con le famiglie diquesti. Organizza corsiscolastici per consentire aigiovani di prendere la licenzaelementare e media.Concretizza altre attività cheinsieme a quella svolta dalComitato Intercondominialefanno sperare in uncambiamento.L’inaugurazione del Centrod’Accoglienza “Padre Nostro” èavvenuta il 29 gennaio del 1993ma le attività gradualmenteerano partite già da circa unanno.Quando padre Puglisi decise diacquistare la vecchia palazzinaposta di fronte la parrocchia

San Gaetano, si rivolse agliabitanti del quartiere conquesta lettera aperta:

Cari amici,da poco meno di un anno sonoparroco della Parrocchia SanGaetano-Maria SS. del DivinoAmore a Brancaccio e, aquesto proposito, vorreicomunicarvi le mie gioie e lemie tristezze, le miepreoccupazioni e le miesperanze.Vorrei rendervi partecipi deimiei progetti e coinvolgervinella loro attuazione; vi chiedoscusa per la mia indiscrezione:ho fiducia nella vostrabenevolenza ed amicizia.C’è nella parrocchia un buonfermento di persone impegnatein un cammino di fede e,contemporaneamente, in unservizio liturgico, catechistico ocaritativo, ma i bisogni dellapopolazione (8000 abitanti)sono molto maggiori dellerisorse che abbiamo.Vi sono nell’ambiente moltefamiglie povere (per fare unesempio: una famiglia con 9bambini vive in una “casa” diuna sola stanza umida e buia);anziani malati e soli (uno, alcunimesi fa, è stato trovato mortodopo tre giorni); parecchihandicappati mentali e/o fisici;ragazzi e giovani disorientati,senza valori veri, senza unsenso della vita; tanti fanciulli ebambini quasi abbandonati a sestessi, che, evadendo l’obbligoscolastico sono preda dellastrada, ove imparano devianzae violenza (scippi, furti più o

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meno piccoli e, forse,miniprostituzione.Che cosa fare per venireincontro a tante necessità ?Assieme ad alcuni membri dellacomunità parrocchiale, abbiamopensato ad un Centropolivalente di accoglienza e diservizio, per la cui gestioneabbiamo invitato delle suore: le“Sorelle dei poveri di SantaCaterina da Siena”; la lororisposta è stata positiva: lesuore verranno in tre o quattro.E i locali ? Una casa (pianoterra con giardinetto e primopiano) sita a pochi passi dallachiesa parrocchiale è invendita: decidiamo dicomprarla; il CardinalePappalardo ci dà 30 milionioccorrentiper il compromesso, chestipuliamo il 16/7 c.a. conl’impegno di versare gli altri 260milioni entro la fine di gennaiodel ‘92, quando dovrà essereperfezionato l’atto di compra-vendita.Non vi nascondo che ho unaqualche preoccupazione alriguardo, ma essa vienedissipata da una grandesperanza e fiducia nellaProvvidenza, che si manifestaper mezzo di tanti amici, di voiche so sensibili alla solidarietàed alla generosità. Infatti giàalcuni hanno fatto pervenire laloro generosa offerta secondole proprie possibilità: siamo cosìa quota 30 milioni (ancora 230).Potreste fare anche voiqualcosa a favore di questo“Centro di accoglienza PadreNostro” (così lo chiameremo) ?

Sono sicuro che la vostrasensibilità e generositàsappiano darvi suggerimentiper un’azione concreta perchè ilprogetto si realizzi.A nome mio e della comunità viringrazio sentitamente; vi salutocon fraterno affetto ed amicizia. Palermo, 4 ottobre 1991P. Pino Puglisi

Una delle prime suore venute aBrancaccio per guidare ilCentro d’Accoglienza “PadreNostro” è stata Suor CarolinaIavazzo. È dolce, dinamica,molto simpatica. È statacapace di coinvolgere nelleattività da lei promosse ibambini più irrequieti delquartiere, i ragazzi che avevanoproblemi con la giustizia, leragazzine avviate verso unabrutta strada. Durante lemesse era lei con la suachitarra a condurre i bambini e igrandi nei canti religiosi. Edera bello, perchè in queimomenti grazie anche a SuorCarolina la messa diventava un’occasione di comunioneprofonda che ti faceva sentire diavere accanto dei fratelli.All’indomani dell’inaugurazionedel Centro d’accoglienza suorCarolina mi diede alcuni fogliscritti di suo pugno checontenevano una suariflessione su quellaindimenticabile giornata. Michiese di trascriverli a macchinaperchè le era stato chiesto diintervenire ad un convegno perraccontare quel giorno. Eccocosa scrisse quella sera, dopol’inaugurazione, quando si ritirò

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nella sua stanza del centrod’accoglienza:

In un mondo in cui sembraprevalere la sopraffazione,l’intolleranza, la prepotenza,l’ambizione, il potere, laburocrazia pare si faccia faticaa trovare spazi per il cuore,spazi in cui la persona possaritrovare quella parte di se piùvera e autentica, quell’input chela restituisca a se stessa e aglialtri in una dimensione più amisura d’uomo e quindi caricadell’esistenza più calda ecapace di relazioni significative.È il 29 gennaio 1993, una dataattesa da tempo, da molti, fuorinon è molto freddo. Nell’ariac’è quasi una suspence di unavvenimento importante,incisivo, direi unico.Al Centro Sociale d’Accoglienza“Padre Nostro” c`è tutta unafermentazione attiva, serena. Cisono gli ultimi ritocchi dacompletare, le piante dacollocare al posto giusto, unmessaggio di accoglienza e dibenvenuto da scrivere nellalavagna come augurio a tutti gliinvitati e partecipanti cheverranno. Alcune volontariestanno terminando di preparareper un rinfresco sobrio. Perfinopadre Puglisi oggi è puntuale,anzi, direi è in anticipo comenon mai. Ci portiamo in chiesache per il momento è ospitatanei locali della delegazionecomunale perchè l’attuale sedeparrocchiale di San Gaetano èinagibile per il cedimento deltetto. Per questo motivo ilConsiglio di Quartiere ci hamesso a disposizione alcuni

locali per poterli adibire ora achiesa, ora per altre attivitàparrocchiali.La gente del quartiere èeffervescente, pronta adaccogliere questo evento.Oggi è venerdi ma c’è qualchecravatta in più rispetto allaquotidianità, e mentre ungruppo è giù a provare i cantiper la Celebrazione Eucaristica,un altro gruppo è con il parrocoper strada ad accogliere ilCardinale che sta per arrivare.Con noi c’è Suor Rina, la nostraMadre Provinciale, e SuorGiuseppina, l’economa, chesono venute per l’occasioneoltre che per vivere momentifraterni con la comunità. Lorosono attentissime, cercano dicogliere tutti i particolari, ecome se due occhi a testa nonbastassero, cercano di girare latesta a destra e a sinistraperchè nulla sfugga loro diquanto accade in questoavvenimento; trovano prezioseanche le briciole.La storia di Pollicino è anche unpo` la storia di ciascuno di noi,di ciascun uomo che disseminaper strada i tanti episodi dellapropria vita come sassolini,perchè il tutto formi uncammino tracciato da Diostesso e lo riconduca verso“casa”, verso la strada delritorno anche nella fatica delpercorso.Uno dei sassolini è statoappunto il momentodell’inaugurazione del Centrod’Accoglienza “Padre Nostro”che ha registrato sensazionibelle, ed emozioni nondescrivibili e decifrabili.

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Finalmente il Cardinale è inmezzo a noi, in mezzo a tutta lagente che portandosi in chiesaha riempito ogni spazio.C’è tanta serenità sui volti dellepersone, una serenitàpalpabile, visibile, contagiosa.Un grande applausoaccompagna il Cardinale finoall’altare. Subito inizia lacerimonia. Chi spezza il nastroinvisibile dell’ufficialità è padrePuglisi; non poteva essere chelui, che con tutto se stesso, edirei ancora di più, superandose stesso, sfidando laProvvidenza con tutta lapassionalità della sua persona,ha voluto questo centro perchèattento ai poveri e alla storia.Il suo discorso è linearesemplice. Si sofferma sullanascita del Centrod’Accoglienza “Padre Nostro”, ilsuo sviluppo oggi, da qualetrame visibili e invisibili sia statointessuto. Più che la sua voceparla il suo cuore, è il suospirito che narra l’inenarrabile efa memoria soprattutto dellaProvvidenza che provocata haperò vinto superando ogniattesa umana.Il discorso di padre Puglisi è uncontinuo inno di grazie.Pappalardo ascolta attento,appoggiato al braccio dellasedia, sostenendosi il mentocon la mano destra. Lui ècomplice della Provvidenzaperchè ha dato i primi trentamilioni per il contrattodell’acquisto della casa. PadrePuglisi dopo avere finito il suodiscorso presenta suor Carolinanon solo come responsabile delCentro d’Accoglienza “Padre

Nostro”, ma più ancora, comela prima suora pioniera, che haaperto il centro in quell’ottobredel 1991. Suor Carolina nelsuo discorso ha fatto memoriadella storia delle Sorelle deiPoveri, del loro carisma, dellaloro presenza a Brancaccio edel servizio socio-educativo-pastorale che svolgono alcentro in collaborazione con ivolontari e con un gruppo diassistenti sociali. Passa poi alleprospettive di quest’anno 92-93. Evidenzia l’aiuto di AgostinaAiello, assistente socialemissionaria, che ci incoraggiadando un buon contributo nellaformazione dei volontari.Quindi, Suor Carolina elenca levarie attività che si svolgono alcentro:- Visita domiciliare ad anziani emalati con prestazioni socio-sanitarie.- Recupero dei minori dal puntodi vista sociale, umano, etico,spirituale.- Attività per le adolescenti alfine di una socializzazioneintegrativa attraversoanimazione di vario genere.- Prospettiva di un corso direcupero scolastico per i minoriche eludono la scuoladell’obbligo.- Contatti con le famiglie arischio e con i minori a rischio ogià detenuti al Malaspina oall’Ucciardone.Suor Carolina conclude il suointervento elencando tutto illavoro svolto anche dal punto divista strettamente professionaledalle assistenti sociali:segretariato sociale, studiodell’ambiente come ricerca

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sociale, visite a domicilio pervenire a conoscenza dei casiumani.A questo punto prende laparola il presidente delquartiere che ringrazia ilCardinale per la presenza deisacerdoti a Brancaccio.Subito dopo vi è l’intervento delgiudice Frisella Vella delTribunale dei minori, un uomoeccezionale, umano nel verosenso della parola. Avevaavuto modo di conoscere suorCarolina concedendole unautorizzazione perchè potesseaccedere al Malaspina tutte levolte che lo credesse opportunoper visitare i minori detenuti.Il suo discorso è fatto di parolemolto forti e significative. Dicedi ammirare molto il lavoro delCentro d’Accoglienza “PadreNostro”, di non sentirsi solo seci sono di questi sostegni nellasocietà. Anzi chiede di nonessere lasciato solo comegiudice, come spesso accade atutti i giudici solo perchèrappresentano lo Stato.Ricorda poi, quando per laprima volta la suora si inoltrònel suo ufficio. Era timida, eglidice, ma la sua timidezza è latimidezza dei forti, e si soffermasul “bene” che le suorepossono fare a contatto con lepovertà diverse della società. Ciricorda di essere più puliti eimpegnati a costruire un mondopiù onesto in cui la vita possaessere più vivibile.Inizia la celebrazioneEucaristica nella solennità deicuori ma anche nei segniesterni che dicono a noi dellapresenza di Dio.

In mezzo al popolo passa ilCardinale Pappalardobenedicendo tutti. La gente èraccolta, composta, sente tuttal’importanza del momento chesta vivendo, partecipa a tutto: alcanto, alle letture. Giuntiall’Omelia, il Cardinale si fadavvero presenza di Dio inmezzo al popolo di Brancaccioper il quale ha parole di affetto,di incoraggiamento, di stimoloal bene e al rispetto dellapersona. Soprattutto ilCardinale si sofferma a parlaredelle Sorelle dei Poveri, del lorosignificato nel quartiere, del lorocoraggio di essere venute alavorare a Palermo, una cittàche a tanti fa paura. Sottolineache la presenza delle personeconsacrate è una presenza chedice alla gente tutta la paternitàe la maternità di Dio. Ci esortaad essere madri, donne, adessere il segno visibiledell’amore del Padre per ognipovero. Dio si serve di voi, dice,per amare gli altri, e solo leConsacrate possono amare ilprossimo con la sensibilità dicuore di una donna, anzi di unamadre, perchè liberi da altriaffetti. La commozione prendeun po’ tutti, la gente semplice,così come le varie Autorità, gliamici del centro, i benefattoriaccorsi per l’occasione da tuttaPalermo, dai dintorni e ancheda città lontane. Brancaccio èal culmine della gioia. Si sentesempre parlare di questoquartiere come di un quartiere arischio, che presenta milleproblemi, dalla devianzaminorile alla mancanza deiservizi pubblici e sociali. Per un

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giorno sembra un quartiererinato e tutti oggi dimentichiamoi vari problemi per cogliere lecose buone di Brancaccio: ilcuore della gente, lagenerosità, la familiarità, lasemplicità, la disponibilità, laloro voglia di crescere comepopolo civile e religioso, la lorosperanza nel domani, il lorodesiderio di essere amati eaccettati.Ci siamo quasi tutti alla festa.Alla fine della celebrazioneEucaristica è stato bello vederela gente accompagnare ilCardinale, quasi un corteo,verso il centro d’accoglienza, e iprimi ad arrivare, soffermarsidavanti la soglia ad aspettare ilCardinale quasi a volererinnovare l’episodio evangelicodi Pietro e Giovanni che vannoal sepolcro di Cristo; Giovannigiunto non entra, aspetta Pietroe lo fa entrare per primo persottolineare e mettere inevidenza l’autorevolezza, ilmandato di Pietro che sipropone nella figura diPappalardo in mezzo al popolodi Dio. Anche lui è giuntodavanti la porta del centrod’accoglienza e con lui entratanta gente, piccoli, grandi,ammalati, anziani. Tutto vienefatto con una certa discrezione,con delicatezza, con rispettoperchè il centro appartiene atutti. Dopo che il popolo èquasi tutto dentro il Cardinaleindossa la stola e inizia abenedire i locali del centro ecoloro che lo abitano. Ungrande applauso scroscia intutto l’ambiente a significare lagioia e il ringraziamento della

gente. Un grande desiderio dinovità e di bene emerge nelcuore e si fa strada nei pensieridi ognuno perchè anche aBrancaccio nasca la stella dellasperanza.Palermo, 29 gennaio 1993Suor Carolina Iavazzo

Le attenzioni del Parroco edelle suore del centrodesideravano arrivare in tutte lefamiglie della parrocchia ed èper questo che in occasione delNatale del 1992 padre Puglisi esuor Carolina scrivono unalettera che fu consegnata aPadre Turturro perchè lafacesse avere ai detenuti diBrancaccio ospitati nel carceredell’Ucciardone:

Cari amici del quartiereBrancaccio detenuti in questacasa circondariale, in occasionedel Natale, noi del Centrod’Accoglienza “Padre Nostro”,della Parrocchia di SanGaetano a Brancaccio, ilparroco, le suore, le assistentisociali e gli operatori volontaridesideriamo farvi sapere che inquesti momenti anche noi, oltrenaturalmente i vostri cari,rivolgiamo il nostro pensiero avoi e alle vostre condizioni dispirito. Comprendiamo lavostra sofferenza: a Natale èforte il desiderio di stareinsieme con i propri cari.È nostra intenzione, se ci saràpermesso e se voi lo vorrete,venirvi a trovare per portarviuna parola di conforto, evorremmo che, quando saretefinalmente liberi, questocontatto continui nel centro

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d’accoglienza, perchè riteniamoche incontrandoci e parlandocisi possono creare le condizionidi spirito per vivere con quellaserenità necessaria peraffrontare in maniera diversa ledifficoltà della vita.Serenità che porterebbesenz’altro la pace oltre che avoi, anche alle vostre famiglie.Buon Natale.Palermo, 24 dicembre 1992P. Pino Puglisi, Suor CarolinaIavazzo.

Al Centro d’Accoglienza “PadreNostro” si prestava unaparticolare attenzione aibambini. Formare, educareloro ai principi cristiani perpadre Puglisi significava lasperanza di un domani miglioreper la nostra società.L’attenzione ai bambini non sirivolgeva soltanto con le attivitàcatechistiche. Al centro venivasvolta un’attività disocializzazione per i minori arischio che vedeva impegnatiun gruppo di volontari. Essidimostravano di possederespirito di sacrificio ma anchemolta pazienza, consideratoche settimanalmente eranosempre pronti ad aiutare suorCarolina nel seguire questibambini difficili che in alcunicasi non ascoltavano oppurebisticciavano fra loro fino arischiare di farsi molto male.Bambini che non erano capacidi chiedere scusa perchè farlosignificava cedere e nel loroambiente chi cede non è unuomo. È degno di rispetto chisi impone con la forza.

Un venerdi Paolo, un ragazzinodi dieci anni, al centrod’accoglienza bisticcia con unsuo coetaneo al quale tira laplastilina, per fortuna senzacolpirlo. Suor Carolina contono deciso invita Paolo achiedere scusa al suo amico.Andrea, il fratello di Paolo, è ilcapo banda di un gruppo diragazzini della via Hazon, glidice: “non ti permettere dichiedere scusa”. SuorCarolina insiste e parlando coni bambini presenti si sforza difar comprendere chericonoscere i propri errori non èun segno di debolezza,chiedere scusa vuol dire esserecapaci di amare. Messaggi unpo’ rivoluzionari, sconosciuti almondo di questi ragazzini. Unmodo di pensare diverso, unmodo di pensare con il qualebisogna fare sì che questibambini si confrontino peravere la speranza di avere ungiorno una società non violenta.Paolo, dopo tantitentennamenti, riuscì achiedere scusa e questo sirivelò un momento molto belloche innescò l’applauso convintodei bambini e fece provare gioiaai volontari e a suor Carolina.Accanto a questa capacità dipadre Puglisi di progettare e diorganizzare per educare eformare, chi lo ha conosciuto evisto all’opera non puo` certodimenticare di avere ascoltatoquella semplicità di linguaggio ele parole più comprensibili cheera capace di usare quando sirivolgeva ai bambini: “abbiamodetto, vogliamo creare unmondo diverso. Ci impegniamo

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a creare un clima di onestà, direttitudine, di giustizia chesignifica compimento di ciò chea Dio piace”.E ancora: “Gesù è il vostromigliore amico e voi gli voletebene. Chiedetevi allora,durante la vostra giornata, seGesù è contento di come voi vicomportate con i vostri genitori,maestri, compagni di gioco”.Quanta animazione, quantifermenti e quante idee; questoera il grande spirito creato dapadre Puglisi.

Caro Scalfaro

Subito dopo la strage di viaD’Amelio, avvenuta ladomenica pomeriggio del 19luglio 1992, il ComitatoIntercondominiale preparò unalettera per il Presidente dellaRepubblica Scalfaro. Unacopia fu da noi spedita per viaraccomandata. Un’altra io laconsegnai al mio amico GuidoVirzì che a sua volta la dovevaconsegnare all’onorevoleCristaldi che avrebbe avutol’opportunità di avvicinareScalfaro in occasione delfunerale di Paolo Borsellino.Con questa lettera alPresidente della Repubblicaabbiamo voluto denunciare lecondizioni di degrado socialedel nostro quartiere e alcontempo abbiamo fattopresente l’impegno di ungruppo di cittadini per tentare didare un volto più umano ad unquartiere reso invivibile davincoli scellerati che ne hannoimpedito la crescita civile. Unalettera che si concludeva con lasperanza di un interventopersonale del PresidenteScalfaro. Ecco cosa scrissero icomponenti del ComitatoIntercondominiale il 23 lugliodel 1992:

Gent.mo Sig. Presidente dellaRepubblica,siamo cittadini del quartiereBrancaccio di Palermo,conosciuto un pò in tutta Italiaper essere stato definito daimass media “il Bronx diPalermo” e “il quartiere a più

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alta densità mafiosa”. In alcunedelle sue zone, sempre questoquartiere, come se nonbastasse, è stato gravato dialtri gravissimi problemi chehanno immiserito e degradatola vita collettiva. Alcuni anni fà,per affrontare il problema delrisanamento del centro storicodi Palermo, l’amministrazionecomunale ha attuato la politicadell’emigrazione delle famiglie,che lì abitavano, verso laperiferia senza chepreventivamente venisseattuato un piano sociale perconsentire la realizzazione distrutture e attività necessarie avenire incontro ad unapopolazione che doveva essereintegrata nel tessuto sociale giàesistente. In questo modo èstata creata una zona ghetto(molti sono gli abitanti che,disperati, sono andati via)emarginata e tutt’oradimenticata da una classepolitica più che altro sensibile aiprivilegi che offre la carrierapolitica e agli interessipartitocratici. In questa zona,che è la via Azolino Hazon e levie limitrofe, le famiglietranquille e oneste sonocostrette a subire daadolescenti e adulti prepotenze,imposizioni e azioni riconducibilial modello mafioso, senzapotere reagire e protestare perpaura di ritorsioni e vendette.Oggi questo strato socialepovero di valori appioppa aduna zona un’ immagine chesenz’altro si può definire“degradata”. Con le nostreorecchie abbiamo sentitobambini gridare “mafia, mafia” e

“la mafia è forte e vince”. Con inostri occhi abbiamo visto canirandagi ammazzati nei modi piùatroci...................... È inquesta nostra zona, especificatamente nell’areaabitata da queste famiglie arischio, che si sono verificaticasi di epatite virale. E igenitori di questi adolescenticosa fanno ? Non sipreoccupano assolutamentedella vita che svolgono i lorofigli. Molti giovani non hannoconseguito la licenzaelementare e media, e buonaparte di essi si vedono per lastrada. A fare cosa ? Laclasse politica continuando arimanere statica ed insensibiledi fronte a questa gravesituazione sociale, si renderesponsabile di una societàcosì fatta che è in grado difornire manovalanza allacriminalità organizzata anche inconsiderazione del fatto che aPalermo il livello didisoccupazione è abbastanzaalto.Per questo motivo persone cheabitano nella via Hazon e nellevie limitrofe, che non sonodisposte ad essere consideraticittadini emarginati, si sonocostituite da poco più di unanno nel ComitatoIntercondominiale persensibilizzare con assembleepopolari, incontri e attraverso lastampa, i cittadini della zona, laclasse politica e gli entipreposti.Il primo atto del comitato è statola presentazione di “Richieste”(firmate dai cittadini)all’assemblea del consiglio di

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quartiere Brancaccio/Ciaculli:scuola media (unico quartiere diPalermo ad essernesprovvisto), distretto socio-sanitario di base, aree ricreativeper giovani e anziani, spaziverdi e vigili di quartiere.Non può il potere politico porsiin termini di ordinariaquotidianità di fronte a un cosìgrave problema sociale.Proprio per questo noicomponenti del ComitatoIntercondominiale della viaHazon e delle vie limitrofe lechiediamo di intervenirepersonalmente nei confronti deipolitici per metterli di fronte alleproprie responsabilità e a chi dicompetenza indurli adintervenire in maniera decisaper risolvere i problemi socialidel quartiere Brancaccio.Le rivolgiamo preghiera, inoltre,di venire a Palermo e nel nostroquartiere per verificarnepersonalmente le condizionisociali e soprattutto perchè lasua autorevole presenza ericonosciuta onestà darebberonuova forza a chi come noivuole continuare a lottare,nonostante le intimidazioni chele due ultime stragirappresentano nei confronti delcittadino palermitano, perliberare il nostro quartiere e lanostra città da vincoli mafiosiche non ne consentono lacrescita civile.Con osservanza.Comitato Intercondominialedella via Hazon e delle vielimitrofe

Qualche mese dopo, con miagrande sorpresa, fui chiamato

dal dott. Sperandeo delCommissariato di Brancaccio,per dei chiarimenti in merito aquanto avevamo denunciatonella nostra lettera a Scalfaro,e da lui ho saputo che agenti dipolizia si erano recati presso gliuffici della delegazionemunicipale di Brancaccio pereffettuare dei controlli sugli attidel consiglio di quartiere e perinterrogare il Presidente.Parlando fra noi abitanti dellazona ci rendemmo conto chenei confronti del ComitatoIntercondominiale montaval’isofferenza di Cilluffo e dialcuni Consiglieri di quartiere.Le risposte delle istituzioni datead alcune nostre iniziative, edin particolare alla nostrarichiesta d’intervento rivolta allamassima carica dello Stato eall’esposto da noi presentatoalla Procura della Repubblicaper ultimare i lavori dellafognatura in via Hazon, davanoal quartiere segnali dellapresenza dello Stato. Maquesto nostro impegno perrendere vivibile il nostroterritorio, da chi noncondivideva la nostra attività, fuinterpretato come se noivolevamo mettere indiscussione a Brancaccio laforza di un gruppo notoriamentecontrollato dall’AssesoreInzerillo.Dopo la lettera al Presidentedella Repubblica è continuatasenza tregua l’attività del nostrocomitato che sentiva di esserein sintonia con il suo parroconella condivisione di un’attivitàsociale che si prefiggeva larealizzazione della scuola

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media inferiore, del distrettosocio-sanitario di base, degliarredi per i locali delladelegazione di quartiere daadibire a palestra, biblioteca eauditorium, del campo di calcioe così via. Per queste richiestee per proporre alla gente delquartiere nuovi modelli dicittadini capaci di pensare edagire con coerenza peraffermare la cultura della vita,padre Puglisi si è impegnatofino all’ultimo, fino al 15settembre 1993, giorno in cui fupresente a Palazzo delle Aquileinsieme al suo ComitatoIntercondominiale percombattere l’ultima suabattaglia terrena a difesa delladignità degli ultimi.Ho già detto che padre Puglisisi sentiva un componente delComitato Intercondominiale epartecipava ed era anche unpromotore delle iniziative diquesto gruppo. Non certo perricambiare il favore, ma perchèlo sentivamo, alcuni di noi sidedicavano alle attività divolontariato del Centro diAccoglienza “Padre Nostro”.Questa partecipazioneprofonda alla vita parrocchiale epolitico-sociale del quartiere,che ci consentiva spesso diessere insieme e semprepresenti nell’affrontare iproblemi di ogni giorno, anchequelli che riguardavano ilsingolo condominio, questacomunione d’intenti rafforzavasempre di più la nostra amiciziae il nostro spirito.

La Confraternita parrocchiale

Una sera, al termine del primoincontro per l’istituzione dellaConfraternita parrocchiale, erail 4 maggio del 1993, alcuni deipartecipanti li vedevo per laprima volta, mi fu chiesto dapadre Puglisi di esserepresente alle successiveriunioni ed eventualmenteaderire alla costituendaconfraternita. Gli risposi chenon me la sentivo perchè eranomolti gli impegni che avevo epertanto non potevo dedicarmia tempo pieno a questoprogetto. Padre Puglisi allorami disse: “come vuoi Pino, tel’ho chiesto perchè volevo unriferimento da offrire a coloroche si sono presentati perpartecipare all’istituzione dellaConfraternita. Ho bisogno dipersone fidate che mi aiutino arealizzare una confraternita cheabbia spirito vocazionale”. Nonso dire se fu padre Puglisi aprendere l’iniziativa di istituirla ose fu pressato da gente delquartiere perchè venissecostituita. Al momento in cui siera insediato in parrocchia,nell’ottobre del 1990, avevachiaramente fatto comprendereai componenti del cosiddetto“comitato delle feste”, ungruppo inquinato dalla mafia,che con lui non vi sarebberostate raccolte di denaroautorizzate dal parroco, nèfesta del Santo Patrono conuscita della vara, nèmanifestazioni canore e giochid’artificio finale, come auspicatoda questo gruppo che nel

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territorio parrocchiale ha tentatosempre di farsi riconosceredalla chiesa locale.Bisognava evitare chepersonaggi equivoci, edelementi vicini all’ambientemafioso riuscissero ad inserirsio inserissero persone vicine aloro negli organismi parrocchialicon una opportunità che desseloro un paravento religioso. Aquesto punto non esitai a dire apadre Puglisi che accettavo lasua proposta e così partecipaiagli incontri per la formazionedella Confraternita che sisvolgevano una volta lasettimana dopo cena. Alla finedi ogni incontro che solitamentedurava sino alle ore 23 circa, ioe padre Puglisi ciintrattenevamo a parlare peruna mezz’ora, a volte ancheun’ora, delle nostre iniziativeper il quartiere e anche degliargomenti affrontati nel corsodella riunione. Un argomento sucui ci soffermammo a discuterecon molta attenzione, in una diquelle tarde sere, riguardò ilnome da dare alla confraternitache dovevamo deciderlo amaggioranza in assemblea.Tra gli aspiranti confratelli vi eraun gruppo che voleva votareper “Confraternita SanGaetano”. Padre Puglisiinvitava a dare il nome di“Confraternita Padre Nostro”.Mi ricordo che in quella tardasera mi confidò che si auguravache il fronte per “ConfraternitaSan Gaetano” non la spuntasseal momento del voto inassemblea perchè sapeva chedarle questo nome era cosagradita a quelli del comitato

delle feste che si auguravano dipotere incidere in qualchemodo nelle iniziativeparrocchiali. Al momento divotare non fui presente perchèmi trovavo fuori Palermo perlavoro. Quando tornai seppiche alla confraternita era statodato il nome “San Gaetano” perun voto in più. Nellesuccessive riunioni padrePuglisi si soffermò più volte afare presente agli aspiranticonfratelli che la confraternitache si stava costituendo nonavrebbe svolto attività dalcarattere profano. Ribadì piùvolte che vi erano delledisposizioni del nostroArcivescovo che ci invitavano arealizzare una confraternitanella quale i Maestri dei Novizidevono essere in possesso diuna specifica preparazionedottrinale e liturgica, e iconfratelli di una sensibilitàecclesiale e ministerialeacquisita attraverso studi edesercitazioni. Le confraternite,ci ricordava padre Puglisioralmente nel corso delleriunioni ma anche con unlibretto consegnato a tutti noi,contenente lo statuto, devonosempre più e meglio esprimeree realizzare la finalità formativae apostolica dei loro membri. Iconfratelli devono certamenterifulgere nella comunitàcristiana, continuava il nostroparroco leggendoci il suddettolibretto, per sicura coerenza trafede conosciuta e professata ela testimonianza di una vitasempre operosa nellarettitudine e nella carità.

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Quando fu chiaro che laConfraternita non si sarebbeformata secondo le aspettativedel cosiddetto comitato dellefeste, sarà stata unacoincidenza, ma avvenne che ipartecipanti settimanalmentecominciarono a diminuire sinoal punto che all’ultima riunionesi presentarono in tre o quattroda circa un quindici, venti cheeravamo. Forse un segnale ?Siamo ormai non lontani dalgiorno dell’omicidio di padrePuglisi.Gente come noi è estranea allamaniera di comunicare e quindidi comprendere i messaggi diun certo mondo che ha un suomodo di vivere, delle suetradizioni, delle sue regole, unsuo credo, in sostanza una suacultura radicata da piùgenerazioni. Era forse unsegnale che dentro quellastanza del Centrod’Accoglienza in quell’ultimariunione non si presentò quasinessuno ?Per il 10 luglio del 1993 alle ore12,30 padre Puglisi avevafissato un appuntamento inCuria per un incontro deicomponenti della nascenteconfraternita con il CardinalePappalardo. Noi del ComitatoIntercondominiale avevamo giàsubito l’intimidazione delle portedi casa date a fuoco.Il nostro parroco aveva chiestoquesto incontro perchè volevache dalla viva vocedell’Arcivescovo ci sentissimodire che la confraternita che sistava andando a formare aBrancaccio doveva avere spiritovocazionale e i singoli membri

dovevano dare testimonianzacristiana in ogni momento dellaloro vita.All’ ora concordata ci trovammonell’atrio della Curia; eravamoun folto gruppo. Abbiamodovuto aspettare un bel po'prima di vedere il Cardinale chestava per andare via inmacchina senza rivolgercinemmeno una parola. Si fermòsolo perchè padre Puglisi lotrattenne e lo pregò di dirciqualcosa sulla confraternita checi preparavamo a fare nascere.In un paio di minuti il Cardinaleesaurì il suo discorso lasciandotutti noi molto delusi, specie chicome me si aspettava di sentirepronunciare dall’Arcivescovoparole che confermasserol’indirizzo che padre Puglisi siapprestava a dare all’attivitàdella costituenda confraternita.Un indirizzo, secondol’intenzione del sacerdote, chein quel giorno doveva godere,sotto gli occhi di coloro che sierano dati appuntamento inarcivescovado, del sostegnodella più alta autorità dellaChiesa palermitana. Questoappuntamento fissato e fallitoha creato un evidenteimbarazzo al nostro parroco.Qualche mese prima di questoincontro, avevo chiesto a padrePuglisi di farci incontrare comeComitato Intercondominiale ilCardinale Pappalardo perchiedere il sostegno di una cosìalta Autorità morale alle nostrerichieste per Brancaccio.Il nostro parroco, come sempredimostrò disponibilità. Miinformò poi, che avevatrasmesso all’Arcivescovo

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questo nostro desiderio, ma midisse pure che vi erano delledifficoltà ad incontrarlo a causadi alcuni suoi impegni pastorali.Comunque l’incontro delComitato con il Pastore dellachiesa palermitana nonavvenne mai.So che padre Puglisi in più diuna occasione aveva parlatocon il Cardinale Pappalardodell’attività meritoria del nostrogruppo a favore di Brancaccio eciò mi è stato riferito dallostesso padre Puglisi e da SuorCarolina.Una domanda mi sono postosubito dopo l’omicidio: ilCardinale Pappalardoconosceva abbastanza bene lalinea adottata da padre Puglisiper svolgere la sua azionepastorale in un quartiere conuna forte presenza mafiosa.Era a conoscenza dei rischi diritorsione mafiosa, fra l’altro giàmessi in pratica, che correvanoil parroco e alcune personedella comunità di San Gaetano.Se il Cardinale avesse presouna chiara posizione per farecomprendere che il propriopresbitero non era solo, maanzi godeva del sostegno dellachiesa palermitana, padrePuglisi sarebbe morto lostesso?Una domanda che mi sonoposto e so bene che non potràmai avere una risposta.Ma ci sono uomini che con illoro esempio ci hanno fattocapire che chi ha unaresponsabilità ha anche undovere che deve essere fatto disegnali chiari specie quando si

tratta di dovere proteggere ipropri collaboratori.Nel leggere il libro “Mafia l’attod’accusa dei giudici diPalermo”, curato da CorradoStajano, mi ha colpito molto, apagina 240, un episodioraccontato dal generale DallaChiesa al console generaleUSA a Palermo, Ralph Jones, eriportato da un giornaleamericano: “Nella metà deglianni ‘70, quando il generaleDalla Chiesa era comandantedei carabinieri in Sicilia,ricevette un giorno unatelefonata dal capitanoresponsabile della cittadinasiciliana Palma di Montechiaro,che gli riferì di essere statominacciato dal boss mafiosolocale.Dalla Chiesa si recò subito aPalma di Montechiaro,giungendovi nel tardopomeriggio. Prese a braccetto ilcapitano ed iniziò apasseggiare lentamente con luisu e giù per la strada principale.Tutti li guardavano.Alla fine questa strana coppia sifermò dinanzi alla casa delboss mafioso della cittadina. Idue indugiarono sino a quantobastava a far capire a tutti che ilcapitano non veniva lasciatosolo”.

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I cittadini rivendicano i propridiritti

L’11 gennaio del 1993 alle ore10,30 abbiamo incontrato aPalazzo delle Aquile il SindacoManlio Orobello per sollecitargliquelle stesse richieste rivolte aisuoi predecessori: l’aperturadella prima scuola mediainferiore a Brancaccio darealizzare nei localiabbandonati della via Hazon18; l’istituzione del distrettosocio-sanitario di base. PadrePuglisi, in questa occasione,ripropose a Orobello lacostruzione di una nuovachiesa per il territorioparrocchiale di Brancaccio inquanto quella di San Gaetanoda lui era ritenuta insufficienteper una popolazione di ottomilaabitanti. Quest’ultima richiesta ilnostro parroco l’avevamanifestata a Orobello alcunimesi prima del suddettoincontro quando era Assessoreall’Urbanistica, e dopo alsubentrante Assessore MarianoPiazza. Nadia Campanellaper il Giornale di Sicilia il 5luglio del 1992 scrive: “In unincontro tenutosiall’assessorato all’Urbanisticatra padre Giuseppe Puglisi dellaparrocchia di San Gaetano,alcuni rappresentanti delcomitato intercondominialedella via Hazon e vie limitrofe el’assessore uscente ManlioOrobello è stata individuataun’area destinata a verdepubblico dietro la via Fichidindianella quale andrebbe costruitauna chiesa”. Continua l’articolo:

“Intanto l’assessore ManlioOrobello assicura: È già stataindividuata l’area destinata averde pubblico dove andrebbecostruita la chiesa. Deve esserequindi fatta la variante al pianoregolatore che andrà in visionealla commissione urbanistica”.Nel corso dell’incontro dell’ 11gennaio del ‘93 con il Sindacoabbiamo sollevato un problemamolto grave che aveva riflessisu tutta la zona. Riguardava laprecaria condizione igienicadei magazzini e dello scantinatodella via Hazon 18.Orobello s’impegnò a fareintervenire i vigili per adottare iprovvedimenti necessari. Suquesto incontro con il Sindaco ilGiornale di Sicilia pubblicò indata 20 gennaio ‘93 una brevedal titolo: “sopralluogo dei vigiliper l’igiene in via Hazon”. Inquesto articolo di poche righe diNadia Campanella pubblicatonella pagina dei quartieri, èscritto che è stato il ComitatoIntercondominiale a sollecitaretale provvedimento. I vigili delNOPA intervennero alcunigiorni dopo e intimarono acoloro che avevano occupato imagazzini di renderli liberi.Questa disposizione fu maldigerita da chi si serviva di queilocali per svolgere traffici illeciti;e chi aveva interesse adalimentare l’odio nei confrontidel Comitato Intercondominialee del suo parroco si servì diquesta vicenda per tentare dimettere la gente contro di noi.Nell’ordinanza Nr. 3266 del 5ottobre 1993 firmata dalCommissario StraordinarioVittorio Piraino, a proposito del

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locale cantinato e piano terra divia Hazon 18, oggetto di nostrefrequenti sollecitazioni rivoltealle autorità istituzionali locali,è scritto quanto segue:“CONSIDERATO che, a causadello sventramento delleaperture del piano terra e degliscantinati, gli stessi vengonoutilizzati, come anche segnalatodalla Prefettura con la notasuccitata (nota prefettizia del 25settembre 1993), comedeposito per il traffico d’armi edi droga, di scommesseclandestine, nonchè comeluogo d’incontro per laprostituzione anche minorile,ciò senza che la proprietà abbiaposto ostacolo alcuno allasituazione di degrado e dipericolo da tempo esistenti”.Oggi la lettura di questaordinanza ci rende ancora piùchiaro il quadro della situazionein cui si sono trovati ad agiredei cittadini e un parroco perottenere un contesto giusto,legale, vivibile in un quartiereafflitto da varie forme di attivitàcriminose.Uno degli ultimi incontri con leistituzioni, prima della stagionedelle intimidazioni, è stato il 24aprile del ‘93 con l’allora Capodi Gabinetto del Prefetto dott.Giosuè Marino. Nel mese dimaggio del 1993partecipammo con il LiceoScientifico E. Basile diBrancaccio alla organizzazionedi un corteo con fiaccolata nelprimo anniversario della strageFalcone. La manifestazione, lasera del 21 maggio, percorse lestrade di Brancaccio e fumandata in onda dal TG3 delle

ore 19 in diretta televisiva.Bisognava vedere l’entusiasmodi padre Puglisi in quei giorni dipreparazione dellamanifestazione.Il 28 maggio del 1993 ci fu laconferenza stampa organizzatada mio fratello Rino al DonOrione per la presentazione deldisco e video-clip “Dateci laforza” e “Palermo mon amour”.Io invitai padre Puglisi che fufelice di partecipare eaddirittura fece un interventoper elogiare l’impegno e lecanzoni di Rino messi alservizio della società civile.Il Comitato Intercondominialeormai sente forte la necessità dipartecipare ad una opinionepubblica più vasta i guastisociali di un ambienteabbandonato dalle istituzioni.Chiedendo il servizio televisivoe radiofonico su scala cittadinae regionale oltre a pretenderestrutture per il quartiere, sivogliono denunciare leamministrazioni locali passate eattuali colpevoli di tale scempio.Così con padre Puglisi il 2giugno del 93 ci recammo allaRAI di viale Strasburgo eincontrammo il capo redattoredott. Rizzo Nervo per chiederglila realizzazione di un serviziotelevisivo che mettesse inevidenza i gravi problemi socialidella nostra zona.Questo servizio andò in ondanel TG3 regionale intorno allametà di giugno e fu curato dallagiornalista Maria Grazia Melia,che effettuò alcune intervistenello scantinato discarica di viaHazon 18. Qualche giornodopo, il 19 giugno, fu

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trasmessa alla radio dal TGRdelle 14 una mia intervistasempre di Maria Grazia Meliaancora una volta sulleproblematiche sociali diBrancaccio. Ormai nelquartiere in molti sanno che èMartinez a coordinare leiniziative del comitato; più volteha fatto sentire la sua voce perchiedere il rispetto dei diritti deicittadini che vivono in questodifficile quartiere. Per qualcunoormai è uno che parla troppo,che rompe, che da fastidio acoloro che nel territoriosvolgono i loro illeciti traffici. Edeccolo ancora presente cheparla del ComitatoIntercondominiale edell’impegno che i componentidi questo gruppo spendono perBrancaccio. Ancora presentequesta volta in un programmaradiofonico abbastanza seguitoin Sicilia per denunciare leresponsabilità dei politici neldegrado urbano del quartiere.In questo stesso periodo, alcunigiorni prima dell’intervistaradiofonica, credo il 3 giugno,mi recai all’ARS (assemblearegionale) dal mio amico GuidoVirzì e lo invitai a presentareuna interrogazioneparlamentare che sollecitasseuna ispezione sulla politicadegli alloggi acquistati dalComune di Palermo, ubicati nelterritorio di Brancaccio; sulleassegnazioni di questi aglisfrattati dal centro storico, e suimancati pagamenti degli affitti edelle quote condominiali. Unarichiesta che sentii di dovererivolgere perchè avevo a chefare, come amministratore del

mio condominio, con alcuniassegnatari del Comune chenon pagavano da tempo lequote condominiali a lorospettanti. Da parte degliassegnatari il non pagare lesomme di pertinenza alComune e alle amministrazionicondominiali era, e credo che losia ancora, un fenomenoabbastanza diffuso. Neiconfronti di chi non pagava icompetenti amministratoricomunali non si sono maipreoccupati di prendereprovvedimenti chescoraggiassero questaabitudine.Nella suddetta interrogazioneparlamentare è stato fattoriferimento all’allora imminentevenuta a Palermo dellaCommissione parlamentareantimafia “per indagare sullecarte degli appalti e degli affittidegli immobili assegnati dalComune negli ultimi anni”. Diquesta interrogazioneparlamentare ha dato notizia“La Sicilia”, il quotidiano diCatania, che ne ha pubblicatoampi stralci.L’iniziativa appena raccontatacertamente è arrivata alleorecchie di quel sistemacriminale organizzato aBrancaccio ed è moltoprobabile che all’interno di essoabbia creato allarmismo.Nel dare una rispostaall’interrogazione parlamentareda me sollecitata, vi era ilrischio di fare emergere, giàallora, le eventuali attivitàillecite nascoste dietrol’operazione della vendita edelle assegnazioni degli

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appartamenti al Comune diPalermo, ed inoltre, sempre conquesta sollecitazione, vi eral’opportunità di chiarire leeventuali manovre che sicelavano nell’abitudineconsolidata degli assegnataridel Comune, di non pagare gliaffitti e le quote condominiali.Chi ne aveva interesse hasicuramente capito da chi fossestata sollecitata la suddettainterrogazione, anche perchètra le righe della stessa vi sonoelementi che aiutano a risalirealla mia persona.È una coincidenza ? Cominciala stagione delle intimidazioninei confronti del nostro comitatoe delle persone a noi vicine.Comincia, infatti, dopo unperiodo, maggio-giugno, diattività intensa, che certamenteavrà fatto sospettare agliinteressati che l’azionecondotta dal comitato e dal suoparroco ormai era giunta ad unlivello tale da aiutare a chiarirelegami, interessi eresponsabilità del degrado diBrancaccio.Prima di parlare delleintimidazioni da noi subitesubito dopo questo periodo,credo sia importante raccontarei particolari di due incontri conl’Assessore al PatrimonioSimona Vicari che possonoavere dato fastidio, già alcunimesi prima, all’ambientepolitico-mafioso del quartiere.Il primo incontro lo avemmo il21 settembre del ‘92. Comespesso accadeva in occasionedi appuntamenti conrappresentanti delle istituzioni,era presente padre Puglisi e

anche Nadia Campanella per ilGiornale di Sicilia. Nel corso diquesto primo incontro ilComitato Intercondominialeribadì la richiesta di realizzarela scuola media inferiore neilocali abbandonati della viaHazon 18 e il distretto socio-sanitario di base nei locali delladelegazione di quartiere diproprietà del Comune diPalermo. I rappresentanti di viaHazon 18 che quel giornoerano tre o quattro silamentarono dei gravi problemidovuti al funzionamentopiuttosto precario dei servizicondominiali che rendevano lavita difficile nel loro edificio dicivile abitazione interamenteabitato da assegnataricomunali. Ricordo che sollevaiil problema del mancatopagamento delle quote-spesecondominiali, abbastanzadiffuso a Palermo neicondomini con appartamentiassegnati dal Comune. Unproblema che investiva anchequello mio con ottoappartamenti di proprietàcomunale. La seconda voltaandai da solo a trovarel’Assessore Simona Vicariperchè mi premeva affrontare laquestione della quote-spesecondominiali non pagate dagliassegnatari del miocondominio. In queste dueoccasioni feci presenteall’Assessore che il frequentaregli uffici della RipartizionePatrimonio nella mia funzione diamministratore condominiale, eil mio impegno civile e quellodei miei amici, in una zona conun alto numero di case di

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proprietà comunale, miavevano permesso di venire aconoscenza che molti erano gliassegnatari del Comune diPalermo a non pagare il canoned’affitto mensile e il condominio.Il chiedere chiarimenti aifunzionari responsabili degliuffici competenti (Fitti Attivi eAffari Legali) mi ha consentitodi scoprire, come ho giàraccontato nel capitolo “Uncontesto sociale difficile”, chealcune pratiche dei morosidestinate ad avere corso legaleerano invece fuori posto equindi gli assegnataricontinuavano a godere dellaconcessione della rateizzazionedella somme dovute, senzaalcuna pretesa da parte delComune nonostante sicontinuasse a non pagare,praticando in tal modo questaforma di politica clientelare afavore di chissà quantecentinaia di famiglie.Dopo i due incontri conl’Assessore Simona Vicari, lastessa mise in distribuzione unalettera, protocollo Nr. 4160 del2 novembre 1992 indirizzata alSindaco e per conoscenza tragli altri anche al nostrocomitato. In essa veniva chiestoal sindaco, al fine di realizzarenel quartiere la scuola mediainferiore e per rimuovere igravissimi problemi igienico-sanitari, di intervenire presso ilPrefetto per procedere allarequisizione dei locali della viaHazon 18, nell’eventualità incui il Comune di Palermo nonavesse potuto acquistare olocare. Grazie ad un articolodel Giornale di Sicilia del 24

gennaio 1993 venimmo aconoscenza di una inchiestaavviata dalla Procura diPalermo in seguito ad unesposto della Vicari. In questoesposto è stata posta laquestione, sollecitata dalComitato Intercondominialeall’Assessore Simona Vicari, suicanoni d’affitto e le quote-spesecondominiali non riscosse dalComune di Palermo. Unaquestione che, coinvolgendo inpieno il territorio di Brancaccio,può avere infastidito l’ambientepolitico-mafioso del quartiere.

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Inizia la stagione delleintimidazioni

Il 22 maggio 93 il primo attointimidatorio è nei confrontidella ditta Balistreri che stavasvolgendo i lavori diristrutturazione della chiesa diS. Gaetano. Venne incendiatoun furgone di proprietà dellastessa ditta posteggiato davantila parrocchia. Qualche giornoprima un signore si erarivolto con tono minacciosoagli operai con questeparole: “u parrinu u sapiunn’avi a gghiri”. Quest’atto ame pare che possa essereconsiderato una tipica reazionemafiosa nei confronti di chi nonpaga il pizzo, quindi unavvertimento alla ditta Balistreri.Quella frase comunque lasciaintendere che al contempo c’èstato un tentativo di intimidire ilsacerdote che teneva tanto allaristrutturazione della sua chiesae che sino a quel momento conla sua attività pastorale edanche sociale, svolta accanto aicittadini del quartiere, avevadato filo da torcere alle famigliemafiose di Brancaccio. Credosia importante prendere inconsiderazione, a tal proposito,che il 4 maggio 1993 eranoiniziati gli incontri settimanaliper la formazione dellaConfraternita parrocchiale esupporre che l’atto intimidatoriopossa avere avuto due obiettivicontemporaneamente pensoche non sia sbagliato. Il primoobiettivo la stessa ditta, comeho già detto; l’altro,ammorbidire padre Puglisi per

indurlo ad una maggioredisponibilità nei confronti diquella parte che partecipavaall’istituzione della confraternitae che era vicina a talunielementi del cosiddettocomitato delle feste.I particolari riguardanti iltentativo di costituire questastruttura in parrocchia, li horaccontati nel capitolo “laConfraternita parrocchiale”.Quella che certamente è unareazione violenta della mafianei confronti del ComitatoIntercondominiale sono gli attiincendiari messi in pratica lanotte del 29 giugno 93 tra leore 1 e le ore 2 che hannoprovocato danni alle ported’ingresso di casa Romano,Guida e Martinez.I particolari di questo attointimidatorio li ho raccontati nelcapitolo “29 giugno 93, attentatiin serie all’intercondominio”.Subito dopo l’incendio delleporte di casa, per alcune nottiho dovuto subire telefonateinequivocabilmente minacciose.Nel pieno della notte horicevuto la prima telefonataintimidatoria e dall’altro latouna donna con una voce chevoleva sembrare dall’oltretombagridava: “aiutooo, aiutooo, .....”e nel frattempo, in lontananza,si sentiva la voce rauca di unuomo e il tintinnio di bicchiericome colpiti da cucchiaini. Letelefonate successive, semprenel pieno della notte, eranomute. Dopo un tre nottiabbiamo capito che questastoria poteva durare a lungo,dato che lo scopo di questagente era di mantenerci in

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tensione e nella paura. Allora ioe mia moglie decidemmo distaccare il telefono la sera.Qualche mese dopo l’omicidiodi padre Puglisi mi fu riferitoche una persona vicinaall’ambiente mafioso diBrancaccio aveva sostenutodavanti ad altre due o trepersone che l’atto intimidatoriodella notte di S. Pietro del 1993fu eseguito per mandare unmessaggio a Pino Martinezperchè - testuali parole- “parlatroppo”. Romano e Guida nerestarono coinvolti perchè si,erano tra le persone più attivedel gruppo, ma anche perchèdoveva essere chiaro chel’avvertimento a Martinezveniva rivolto per l’attività delComitato Intercondominiale enon per quella di capocondominio o altro. Chi mi riferìquesto particolare non riesco aricordarlo e per cercare diarrivare a chi può avermiconfidato questo fatto che midava la misura dei rischi chepersonalmente correvo, misono rivolto a diverse personedi mia conoscenza nellasperanza di sentirmi dire: sonostato io a raccontartelo.Purtroppo così non è statoperchè se da una parte, difronte ad un evento che hacolpito la coscienza di molti, nelquartiere vi sono alcunepersone che hanno trovato ilcoraggio di testimoniare, moltopoche, dall’altra parte ve nesono tantissime che hannopaura.

Brancaccio per la vita

Con padre Puglisi, alcuni mesiprima dell’inizio della stagionedelle intimidazioni, avevamopensato di organizzare per il 25luglio di quello stesso anno, checadeva di domenica, unamanifestazione sportivacomprendente gare di ciclismoe corsa a piedi per i bambini delquartiere dai 7 ai 12 anni.Volevamo in questo modoricordare Borsellino, Falcone,sua moglie, e gli agenti discorta trucidati dalla mafia.Volevamo rendere omaggio aqueste semplici persone, lì aBrancaccio, facendo leva su unsentimento che nasce con ilbambino, l’amore per il gioco; esu un altro sentimento, il piùbello e presente in tutti igenitori, l’amore per i figli. Pertentare non di sfidare unambiente, ma per farecomprendere che chi sialimenta dei valori per cuiquegli uomini sono morti, puòcamminare nel quartiere a testaalta e sentirsi orgoglioso.Nel ricordo di questi nostricaduti abbiamo volutorealizzare una occasione perproporre in un territoriosocialmente malato nuovimodelli di vita.I preparativi di questamanifestazione furono messi inatto con il grande sacrificio deicomponenti del ComitatoIntercondominiale e di padrePuglisi che per evitarci ulterioriatti di violenza, considerato chenel frattempo avevamo subito leintimidazioni, ci manifestò la

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sua disponibilità ad intestarealla parrocchia l’organizzazionedella manifestazione alla qualedecidemmo, su suggerimentodel nostro parroco, di dare iltitolo, “Brancaccio per la vita”.Quando giunse il giorno dellegare ci venne in aiuto il grandeentusiasmo dei giovani dellaparrocchia. Insieme ciimpegnammo per dare unsegnale forte al quartiere pertentare di avvicinarci sempre dipiù specialmente ai bambini arischio e alle loro famiglie.Non era facile, anche perchèper la prima volta venivaorganizzata a Brancaccio, dagente del luogo, unamanifestazione della durata diun intero pomeriggio fino alleore 21 circa, nel ricordo deicaduti nella lotta contro lamafia.Quel giorno fu grande festa pertutti i bambini e le bambine cheparteciparono alle gare. Eranoin tanti a correre a piedi e inbicicletta per la via SalvatoreBenfratello, via Hazon, fino alCentro d’Accoglienza “PadreNostro”.Padre Puglisi, seduto nelmuretto al limite della strada,osservava soddisfatto queiragazzini gioiosi. Unagiornalista lo volle intervistare esubito dopo il nostro parrocovenne tra noi contento per dareil via alla gara di corsa a piedidelle femminucce.La sera le premiazioni sisvolsero nell’auditorium delladelegazione di quartiereaffollato: coppe per i primi emedaglie per tutti. I premi, ibambini con accanto i loro

genitori li ricevettero da RitaBorsellino, dai genitoridell’agente Agostino e da RinoMartinez che fu il conduttore diquella splendida serata chefece provare tanta gioia a padrePuglisi, a noi del ComitatoIntercondominiale e ai giovanidella parrocchia che ci avevanoaiutato in questa impresa.Tra una premiazione e l’altra lasignora Schiera mi chiese dileggere al pubblico presente inauditorium una suatestimonianza per ricordare suofiglio, l’agente Agostino uccisoil 5 agosto del 1989 assiemealla moglie Ida Castelluccio e albambino che lei aspettava.Le toccanti parole scritte inquesto foglio fecerocommuovere un po’ tutti ancheme che le stavo leggendo.Queste che seguono sonoparole partorite dal dolore diuna madre che ancora oggichiede nelle varie occasioni ericorrenze, insieme al marito,l’uomo dalla barba lunga ebianca, giustizia per suo figlio:

Vorrei come mammacominciare questa miatestimonianza ricordando conpoche, semplici, sicuramenteinsufficienti parole, il miodolore, il mio sgomento, il mioorrore per questa strage.Vorrei rendervi partecipe dicome mi sono sentita nelvedere i miei cari uccisi davantii miei occhi, a terra in un lago disangue. Quel figlio che avevoconcepito, cullato, cresciuto,amato. Vedere la sua giovanesposa a terra che cercava di

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avvicinarsi al suo Nino permorire accanto a lui.Come si può dimenticare cheNino e Ida hanno avutostroncato sul nascere quelledolci speranze di diventaregenitori, di vedere il propriofiglio, di crescerlo e amarlo, echissà se fosse stato unmaschio sarebbe sicuramentestato leale e coraggioso come ilsuo papà, che avrebbe potutodare tanto all’Italia del domani.Oppure, se fosse stata unabambina sarebbe diventata unacoraggiosa e combattentedonna siciliana che avrebbecontribuito assieme alle altredonne a una Sicilia migliore.Come familiare di vittima vorreiprecisare che la morte noncolpisce soltanto le personeuccise, ma tutta la loro famiglia.Perchè da quel momento in poila vita diventa un incubo,questa gente non ha nulla sullacoscienza solo le vittime cheloro hanno materialmenteucciso, ma anche le personecare, le mogli e i figli, i genitori, ifratelli, le sorelle che subisconoquesta violenza inaspettataseguita da un profondo sensodi impotenza.Mio figlio come tutte le altrevittime della mafia ha sacrificatola sua giovane vita e quelladella moglie per servire loStato, e allo Stato io chiedogiustizia.I miei cari sono forse mortiinutilmente ? Non possonoferirmi ancora, ed è per questomotivo che finchè avrò un filo divita continuerò a lottare, andròdovunque a protestare e agridare il mio dolore di madre,

perchè quando mi vedranno“tutti dovranno pensare, ecco lamamma dell’Agente AgostinoAntonino, aspetta ancora chesia fatta giustizia”.

Questa manifestazione lariproponemmo con successo unanno dopo, ma padre Puglisicolui che aveva tanto volutoquesto giorno di festa per ibambini del quartiere non c’erapiù. Era questa una delle tanteiniziative che ci permettevanodi vivere in mezzo a queibambini e alle loro famiglie, eche hanno portato loro adavere fiducia nel nostroparroco, nei giovani dellaparrocchia, nelle suore delCentro d’Accoglienza “PadreNostro” e nelle persone delComitato Intercondominiale.

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Continuano le intimidazioni

Il giorno dopo la manifestazione“Brancaccio per la vita ‘93”Tony Lipari, un giovanedell’azione cattolica della nostraparrocchia, fu vittima di untentativo di aggressione daparte di un ragazzo della viaHazon 18. Tony riuscì arespingere l’aggressione ma sisentì dire : “dicci o parrinuchinn’avi a lassari travagghiariin paci”. Quello stesso giornoil Giornale di Sicilia pubblicòun’intervista di Delia Parrinelloa padre Puglisi fattagli durantela manifestazione suddetta.Il titolo dell’articolo era:“Brancaccio, attentati in seriecontro la parrocchia antimafia”.Padre Puglisi condivise ciò chevi era scritto in quell’articolo;non condivise soltanto iltermine che definiva la suachiesa “parrocchia antimafia”.Vorrei soffermarmi a rifletteresulle frasi minacciose chehanno come obiettivo padrePuglisi, ma prima è importanteconsiderare che il nostroparroco è un personaggioscomodo già da tempo. Horiferito nel capitolo “29 giugno93, attentati in serieall’intercondominio” dell’ostilitàche le famiglie mafiose delquartiere tentavano diorganizzare nei suoi confronti .Che fosse un personaggio daostacolare è dimostrato dallavicenda dell’acquisto di unavecchia palazzina che si trovadirimpetto la parrocchia di SanGaetano e nella quale padre

Puglisi vuole realizzare uncentro d’accoglienza.Agli iniziali 190 milioni di lire,molto probabilmente perscoraggiarlo, il prezzo dellapalazzina lo si fece lievitaresino a 290 milioni.Ma padre Puglisi che credevafermamente nella ProvvidenzaDivina non si lasciò prenderedallo sconforto e acquistò lostesso quell’edificio doveimmediatamente, dopo esserneentrato in possesso, ha iniziatole attività del Centrod’Accoglienza da lui stessobattezzato “Padre Nostro” perla sua fedeltà a Cristo.Qualche giorno prima dimettere in atto l’attointimidatorio nei confronti delladitta Balistreri, come ho giàdetto nel capitolo “Inizia lastagione delle intimidazioni”,una persona riferisce: “u parrinuu sapi unn’avi a ghiri”. Questafrase fa supporre che padrePuglisi può essere statominacciato e anche contattato.Ma testimonianze di minacceconfidate dal sacerdote aqualcuno, a quanto mi risulta,non esistono. Ad una miaprecisa domanda che io feci apadre Puglisi negli ultimi giornidella sua vita, lui mi rispose conun tono che mi lasciò in dubbio: “no, non ho ricevuto minacce”.Come ho riferito nel capitolo“Era uno di noi”, padre Puglisifu protagonista di due fatti chea me hanno dato la nettasensazione che fu vittima diintimidazioni.Nell’articolo di Delia Parrinellopubblicato dal Giornale di Siciliain data 26 luglio 1993 vi è una

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dichiarazione tra virgolette fattada padre Puglisi alla giornalistaa proposito dell’attointimidatorio ai tre componentidel Comitato Intercondominiale:“abbiamo avuto la confermache voleva essere unavvertimento per il nostrooperato”. Padre Puglisi usa ilplurale, “abbiamo avuto laconferma........”. Nessuno dinoi fino a quel momento avevaricevuto un esplicito messaggioverbale, scritto o telefonico checi confermasse che le portebruciate fossero unavvertimento della mafia;tranne padre Puglisi a quantopare.Con quella dichiarazione inpratica conferma che qualcunosi è rivolto a lui per fargli sapereche i mafiosi sono infastiditidall’attività del ComitatoIntercondominiale. PadrePuglisi sa di essere agli occhi dichi lo avversa il centro di unacomunità attiva da fermare, lafigura carismatica di questarivoluzione fatta da genteonesta. Ha capito che per luiormai qualsiasi momento èbuono per lasciare questa terra.Infatti per ben due volte midisse (la prima volta a casa miaquando venne per dimostrarmisolidarietà per l’attointimidatorio subito; la secondavolta qualche giorno prima diessere ucciso) : “io non homoglie e figli, se miammazzano non mi interessa”.Nel libro dal titolo “3P” diFrancesco Deliziosi, a pagina19 nel paragrafo “davanti alSinedrio”, è scritto che allavigilia dell’omicidio, padre

Puglisi ha raccontato ad unaltro sacerdote di periferia diavere parlato con chi gestisce itraffici negli scantinati di viaHazon 18 e da questi l’offerta didialogo fu respinta a musoduro. Vi è scritto ancora che ilsacerdote amico gli disse chenon bisognava andare a casa dicerta gente a fare similidiscorsi.......... .Il sacerdote di periferia a cui fariferimento Deliziosi in questoparagrafo è Padre CosimoScordato.Sono andato a trovarlo subitodopo l’uscita di questo libro e luime lo ha ammesso. Gli hochiesto informazioni sulcolloquio suddetto di padrePuglisi con i mafiosi, ma a meha negato che il sacerdoteucciso dalla mafia gli avevariferito di avere incontrato chigestiva i traffici negli scantinatidella via Hazon 18. PadreScordato mi ha detto soltantoche padre Puglisi gli haraccontato delle attività che conil Comitato Intercondominialestava svolgendo a Brancaccio edelle note minacce. Mi ha dettopure di avere consigliato alnostro parroco maggioreprudenza perchè agendo inquel modo stava rischiandomolto. Una maggiore chiarezzasu questo episodio riferito nellibro di Deliziosi potrebbeprobabilmente contribuire acomprendere meglio quellafrase “u parrinu u sapi unn’avia ghiri”.Tony Lipari aggredito si sentìdire: “dicci o parrinu chinn’avi alassari travagghiari in paci”. Epoi quelle persone che si sono

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rivolte in tono minaccioso ainostri ragazzi che stavanosvolgendo il servizio d’ordinenel corso della manifestazionesportiva “Brancaccio per la vita‘93”: “v’amu a dari una fraccatari lignati”. Tre frasi chedimostrano che Brancaccioormai è diventata unapolveriera per padre Puglisi, ilComitato Intercondominiale maanche per tutti coloro cheorbitano attorno a questosodalizio. Tre messaggi chefanno però chiaramentecomprendere che l’obiettivoprimario della mafia è ormai ilprete.Evidentemente quella frase“dicci o parrinu chinn’avi alassari travagghiari in paci”,vuole dire che padre Puglisinon ha consentito ai mafiosi disvolgere i loro traffici con lalibertà di prima, quindi èdiventato una minaccia per loro.Nel quartiere l’intensa attività diquesto sodalizio composto daun parroco e da un gruppo diabitanti che si muovono insintonia, ha creato problemiagli ambienti mafiosi diBrancaccio. L’attività di padrePuglisi era sotto gli occhi ditutti.Vi era quella pastorale, el’iniziativa che in tale settorepuò avere dato fastidio, ritengopossa essere stato il suo sforzoteso ad impedire chepersonaggi discutibili siinserissero nei serviziparrocchiali per avere unparavento religioso.Vi era poi l’attività sociale svoltainsieme al ComitatoIntercondominiale. Di questo

gruppo padre Puglisi era ilPadre Spirituale, era sempreaccanto a loro e con lorocondivideva ogni iniziativa. Aloro dava coraggio, per loroaveva parole di apprezzamentoper l’attività sociale chesvolgevano, ed era a tutti notoche per il parroco quelli delComitato Intercondominialeerano un modello di cittadini daimitare.All’interno di questa secondaattività vi sono, a mio parere,elementi validi da fare ritenereche padre Puglisi ha datofastidio ai mafiosi al punto dafare dire loro: “dicci o parrinuchinn’avi a lassari travagghiariin paci”.Sono convinto che il nostroparroco è stato minacciato piùvolte, e coloro che hannoprovato ad intimidirlo moltoprobabilmente gli avranno fattocapire che se voleva viveretranquillo doveva tenere buoniquelli del ComitatoIntercondominiale eammorbidire le sue posizionipiuttosto decise. Gli attiintimidatori nei confronti dei tredel Comitato Intercondominialesono serviti per intimorire ilgruppo e bloccarne l’attività, maanche per dimostrare a padrePuglisi, non solo a noi, chefacevano sul serio.Invece l’azione è proseguita equesti si sono accaniti ancora dipiù contro il sacerdote che haproseguito la suacollaborazione con Romano,Guida, Martinez e gli altri,continuando ad essere unaminaccia per la mafia.

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È in questo difficile periodo chepadre Puglisi mi disse con tonodisperato, in un momento in cuisembrava che tutto stesse perfinire: “Pino il comitato nondeve morire”.Mi disse anche di scrivere unaseconda lettera al PresidenteScalfaro. Me lo disse per bentre volte. La terza volta miconvinsi perchè capii daquell’atteggiamento molto tristeche in questa lettera riponevauna speranza per la sicurezzadi quella gente che con lui sistava impegnando, rischiando.Stavolta questa secondamissiva non ebbe unaparticolare occasione perarrivare all’attenzione delPresidente della Repubblica,come avvenne per la prima.Fece il normale iter della letteraraccomandata.Essa denunciava le condizionidi sconforto in cui si sono venutia trovare coloro che si stavanoimpegnando per il rispetto dellalegalità, della giustizia e deidiritti civili, in seguito agli attiintimidatori subiti.Ma non c’è stata risposta.

Gli ultimi incontri con irappresentanti delle istituzioni

Il 4 agosto del 1993 alle ore9,30 padre Puglisi ed ioincontrammo il Prefetto diPalermo dott. Giorgio Musìo.Era la prima volta cheriuscivamo ad ottenere unincontro con quest’alta figuraistituzionale. Nei confronti dellenostre richieste il dott. Musìodimostrò molta attenzione, inparticolare per quelle cheriguardavano la realizzazione aBrancaccio della scuola mediae del distretto socio-sanitario dibase. Le altre richieste chesottoponemmo all’attenzionedel Prefetto furono: palestra ebiblioteca da attrezzare neilocali abbandonati della nostradelegazione di quartiere e ilcompletamento da parte delComune di Palermo del campodi calcio di via Conte Federico.Per affrontare i problemiinerenti alla realizzazione dellascuola media che chiedevamodi farla sorgere nei localiabbandonati della via Hazon 18(edificio interamente abitato daassegnatari del Comune) Il dott.Musìo diede l’incarico alladott.ssa Li Greci, alloraCommissario al Comune diBagheria, di arrivare ad unasoluzione di concerto con leautorità comunali competenti.Fino al 13 settembre il ComitatoIntercondominiale ebbe degliincontri con i funzionari dellaPrefettura per seguire glisviluppi di questo problema, eil 14 settembre padre Puglisi edio incontrammo la dott.ssa Li

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Greci per esaminare alcunesoluzioni possibili per renderedisponibili per la scuola media ilocali abbondonati della viaHazon 18. Nel corso di questoincontro la dott.ssa Li Greci cifissò un appuntamento conl’allora vice Commissario delComune di Palermo dott. Matteiche incontrammo nella tardamattinata del 15 settembre1993, poche ore prima chepadre Puglisi, presente aquell’incontro, venisse ucciso.Del confronto nonsoddisfacente tra noi e il dott.Mattei ne ho parlato nel capitolo“era uno di noi”.Alcuni giorni prima di essereucciso, padre Puglisi mi informòche era riuscito ad ottenere unincontro riservato con ilPresidente della CommissioneParlamentare Antimafia,Luciano Violante, in occasionedi una visita a Palermo diquest’ultimo fissata per il 22settembre ‘93.In un articolo del Giornale diSicilia del 14 settembre 1993 sidà notizia della prossima visitadi Violante alla nostra città che,appunto per il 22 settembre, hain agenda incontri con iresponsabili dei quartieriSettecannoli e Brancaccio-Ciaculli, con la comunitàparrocchiale di San SergioPapa e con espressioniorganizzate della società civile.Nel suddetto articolo non vi èalcun riferimento che facciasupporre un incontro delPresidente dell’Antimafia con lacomunità parrocchiale di SanGaetano. E non poteva esserealtrimenti dato che si era

concordato di usare la massimadiscrezione su questoappuntamento che avrebbedato tanto fastidio alle famigliemafiose di Brancaccio e aicollusi. Quando padre Puglisimi informò che dovevaincontrare il Presidente dellaCommissione ParlamentareAntimafia mi consigliò dimantenere il massimo riserbo.In un articolo del Corriere dellaSera del 18 settembre 1993,padre Gregorio intervistato daFelice Cavallaro parla proprio di“incontro segreto” del nostroparroco con Violante.Padre Puglisi mi disse pure dicollaborare con Gregorio perpreparare questo incontro chedoveva rimanere a conoscenzadi un ristrettissimo gruppo dipersone. Ma qualcuno, forsedella cerchia dei supposti amici,ha informato chi aveva in odiopadre Puglisi ?All’associazione criminale delquartiere l’appuntamentoriservato crea forti allarmi. Sidecide una reazione istintiva,non ponderata perchè questihanno pensato a chissà qualicose si stesse preparando adire padre Puglisi.Questi criminali ormai daqualche tempo sono in predaad un tensione provocatadall’attività del ComitatoIntercondominiale non tanto perle richieste di strutture e servizida realizzare nel quartiere, masoprattutto per quelle iniziativeche in alcune riprese avevanosollecitato gli interventi delleautorità istituzionali, raccontatiin questa memoria, cherischiavano di fare emergere i

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rapporti e gli affari della lobbypolitico-mafiosa di Brancaccio.Una scellerata situazione che aquel tempo riusciva ad esseremantenuta coperta, ma oggi,con le dichiarazioni rese daalcuni collaboratori di giustizia,si può finalmente avere uncontributo che aiuti a fare lucesui motivi che hanno indotto adecidere la morte, per manomafiosa, di padre Puglisi.Una condizione ritenutainsopportabile quando costorosono venuti a conoscenza chepadre Puglisi si apprestava adincontrare in modo riservato ilPresidente della CommissioneParlamentare Antimafia, losbirro, al quale - sicuramentehanno pensato - avrebbe dato,se non fermato in tempo, leinformazioni necessarie cheavrebbero potuto aiutare acapire quali fossero aBrancaccio gli interessi delSenatore Vincenzo Inzerillo eprobabilmente non il solo uomopolitico; dei Graviano ecertamente non la sola famigliamafiosa; degli imprenditori ediliFinocchio e Ienna che nelquartiere erano i costruttori dimolti appartamenti da lorovenduti al Comune di Palermo.Non hanno capito che ilsacerdote avrebbe chiestoancora una volta la scuolamedia, il distretto socio-sanitario di base, il rispettodella legalità e della giustizia.Un incontro questo di padrePuglisi con Violante, che a mioparere può avere innescato ladecisione delle famiglie mafiosedi farla finita con il sacerdoteche svolgeva la sua attività

pastorale a Brancaccio inmaniera molto scomoda perloro. Un incontro che comedichiarato nel Giornale di Siciliadel 18 settembre 1993dall’Onorevole Violante, fuchiesto da padre Puglisi cheera riuscito a mettersi incontatto con la CommissioneAntimafia.L’ultimo atto che pone terminea questo proficuo sodalizio traun parroco che voleva laliberazione degli emarginati, eun gruppo di abitanti di unquartiere dimenticato dalleistituzioni, avviene la sera del15 settembre 1993 intorno alleore 21 con un incontro non inagenda che interrompe unameravigliosa esperienza, unarivoluzione che a Brancacciostava proseguendo congradualità, con piccoli eponderati passi e che questogesto estremo conferma chestava dando frutti.

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“Cu è orbu, surdu e tacicampa cent’anni in paci”

Se volessero, se potessero, sesi sentissero liberi di parlare,specialmente quelli che nelquartiere ci sono nati o civivono da molti anni, chissàquante cose potrebberoraccontare sulle gravi vicendedi Brancaccio.Hannu campatu cent’anni inpaci, ma centinaia di mortiammazzati, di lupare bianche,di negozi dati a fuoco hannoscandito la vita del quartiere.Hannu campatu cent’anni inpaci ma nella paura, e sono intanti.Questi potrebbero aiutare adinterpretare il silenzio di unquartiere che ti gela l’animaancora prima di un certo giornofatale per qualcuno. Aspiegare che quando unapersona “rompe” e vienedefinita in giro con frasiingiuriose vuol dire che si deveaspettare qualcosa di grave.Che quando ti dicono “i pannisporchi si lavano in famiglia”, tistanno facendo capire chenell’ambiente non sei graditoper come stai agendo. Questepersone potrebbero raccontarequanto si diceva a Brancacciopoco prima del 15 settembre1993 magari nel chiuso di unastanza e a voce bassa perchè imuri “unn’hannu aricchi esentinu”.Ho vissuto per cinque anni inquell’ambiente in maniera moltointensa gli avvenimenti diquesta storia. Il mio impegnocon il Comitato

Intercondominiale e il centrod’accoglienza di padre Puglisimi ha portato a frequentare ilConsiglio di quartiere, moltofrequentemente la parrocchia diSan Gaetano.Mi sono confrontato con iltabaccaio, il panettiere, ilfotografo. Mi sono intrattenutofino a tarda sera con le personedel mio condominio e con altredei condomini vicini. Sonoentrato nelle case di alcunefamiglie povere e di quelle concomponenti che avevanoproblemi con la giustizia. Misono soffermato a parlare condonne e anziani del quartiere.Da alcuni di loro, per il rispettoche avevano per le persone delComitato Intercondominiale, misono sentito consigliare contono sinceramente preoccupatodi “lasciare perdere e dipensare alla famiglia”.Rapporti, contatti quotidiani enon casuali o nati in occasionedi qualche ricorrenzaimportante. Difficoltà,sofferenze che noi del ComitatoIntercondominiale insieme apadre Puglisi abbiamocondiviso, giornalmente, con lagente della nostra zona.Frequenze che credo miabbiano aiutato in qualchemodo a comprendere le paure, isilenzi, le preoccupazioni eanche la malafede della gente.Se queste percezioni che io hoavuto, grazie alla miaesperienza brancaccese, sonovicine al vero, posso dire che aBrancaccio vi sono personenon necessariamente mafiose,che possono avere avutosentore che da un momento

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all’altro, poco prima di quel 15settembre ‘93, sarebbe stataposta la parola fine alla vita diun prete ?Da quel giorno spesso penso aquel periodo della mia vitatrascorsa a Brancaccio e allatragica morte di padre Puglisi.A volte, anche in manieraossessionante, mi soffermo aragionarci sopra per tentare dicapire qualcosa con l’aiuto del“senno di poi”. E misovvengono alcuni fatti chedenotano l’insofferenza chemontava sia all’esterno cheall’interno della parrocchia.Uno degli amici e collaboratoridi padre Puglisi, più voltedimostrò di essere contrario allenovità nel campo dell’impegnosociale proposte dal parroco edal Comitato Intercondominiale.Durante un convegno pastoraleparrocchiale svoltosinell’ottobre del 1992 nellachiesa di San Gaetano, allapresenza di molti partecipanti,disse a padre Puglisi, con tonodeciso, di non condividere lasua iniziativa di inserire ungruppo di assistenti socialivolontarie nelle attività delCentro d’Accoglienza “PadreNostro”. La presenza divolontari che non fossero delquartiere veniva vista consospetto da alcune persone delluogo. In altre occasioni leassistenti sociali volontarievennero definite dall’amico ecollaboratore di padre Puglisi“le talpe del quartiere”.Questa stessa ostilità ilcollaboratore del parroco ladimostrò più volte nei confronti

del ComitatoIntercondominiale.Una sera, prima dell’inizio dellastagione delle intimidazioni,questa persona telefonò aNadia Campanella per dirle chela doveva smettere di scriverearticoli sul ComitatoIntercondominiale e suBrancaccio perchè in tal modometteva in cattiva luce ilquartiere.In un’altra occasionerimproverò a padre Puglisi lasua collaborazione con ilComitato Intercondominiale checon la sua attività propositiva edi denuncia, a suo dire, nonrendeva un servizio aBrancaccio. Questaaffermazione, più voltemanifestata a padre Puglisi dalsuo amico e collaboratore,quella volta fece scattare lareazione del parroco che inmodo piuttosto deciso glirispose di smetterla di parlaremale di coloro che inveceaiutavano il quartiere acrescere. A suor Carolina,che qualche volta avevarilasciato dichiarazioni agiornalisti, un giorno disse chedoveva smetterla di farsiintervistare.Alcuni giorni dopo l’omicidio dipadre Puglisi è stata data lanotizia dell’arresto del latitanteBenedetto Graviano, fratello deipiù noti Filippo e Giuseppe,presunti capi mafia diBrancaccio. La domenicasuccessiva, subito dopo la finedella messa, m’ intrattenni aparlare con l’amico del parrocopiù volte citato e mi soffermaisull’arresto del Graviano, che

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ovviamente nel quartiere eral’argomento del giorno,dimostrandomi soddisfatto per ilcolpo messo a segno dallagiustizia. La risposta che midiede questa persona, con unatteggiamento piuttostorisentito, pressappoco fùquesta: per colpa dei giornali aBrancaccio sono tutti criminali.Qui c’è gente che lavora e iostesso ho più volte vistoBenedetto Graviano zappare laterra. In pratica alla fine deldiscorso ho avuto larappresentazione di unperseguitato della giustizia.L’insofferenza manifestata dauno degli amici e collaboratoridi padre Puglisi era certamentefiglia di una insofferenzaalimentata da chi ne avevainteresse e che covava unaparte del quartiere. Suor Alda,entrando in un negozio di viaGiafar, si sentì dire da unanziano: “è ora che il prete e lasuora (suor Carolina) lasmettano di farci fare bruttafigura nei giornali e intelevisione”.In parrocchia questo tipo diatteggiamento era pienamentecondiviso da una dellecatechiste. Da lei i componentidel Comitato Intercondominialevennero definiti “giornalari”perchè non esitavano adenunciare pubblicamente imali sociali del territorio.Questa ed altre similiaffermazioni non sono mai statefatte davanti a noi, ma alcospetto di altri collaboratoridella parrocchia. Anche questacatechista contestava lapresenza nelle attività del

centro di accoglienza dipersone che non fossero delquartiere. Nei confronti di padrePuglisi dimostravacomportamenti piuttosto freddiche facevano chiaramentecomprendere che noncondivideva l’attività pastorale esociale svolta dal sacerdote aBrancaccio.L’ultima riunione parrocchialeorganizzata da padre Puglisi sisvolse alla “Casa della Gioia” aPoggio Ridente il 12 giugno del1993. Nel corso di questaassemblea, che dovevaeleggere i membri del ConsiglioPastorale Parrocchiale, lacatechista, che fra l’altro si eradistinta per alcune opere dibene a favore della parrocchia,contestò vivacemente padrePuglisi. Rimproverava alsacerdote di avere organizzatola riunione lontano dal quartieree sosteneva che la lontananzadalla parrocchia non avevafavorito la presenza di tutti iparrocchiani. Probabilmente èvero, padre Puglisi aveva fattouna scelta strategica, avevadeciso di giocare la partita fuoricasa, lontano dai possibilicondizionamenti di un territoriocontrollato da certi ambienti,per consentire una liberaelezione del consiglio pastoraleparrocchiale.Cosa spingeva l’amico ecollaboratore di padre Puglisi ela catechista a tentare diostacolare l’azione di quellenuove figure che operavano nelquartiere per cambiare quelsistema di vita influenzato dacomportamenti che hannoconsentito alla mafia e ai

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corrotti di radicarsi nelterritorio?Il testimoniare la verità mi invitaanche a raccontare di quellavolta che a padre Puglisiconfessai di non avere fiducianei confronti di quel suo amicoe collaboratore per via dei suoiatteggiamenti ostili, maidichiarati apertamente a noi,nei confronti del Comitatointercondominiale. La rispostache mi diede il sacerdote mifece chiaramente comprendereche aveva fiducia nel suocollaboratore. Nonostantequesta risposta, nonostantequesto amico e collaboratore dipadre Puglisi oggi abbia sceltodi cambiare vita, la miapersonale sensazione mi fa direche lui e anche la catechistaappartengono a quellacategoria di persone che aBrancaccio hanno fatto di tutto“pi campari cent’anni in paci”.

La nostra forza : la Fede e laSperanza

Padre Puglisi e il ComitatoIntercondominiale hanno sceltouna strada che continuare apercorrerla significavaintercettare gli interessi dellalobby criminale che operava aBrancaccio. Una strada questa,che con l’aiuto della memoriaho provato a ripercorrereraccontando in queste paginele tappe principali di un’attivitàda noi svolta con il deteminanteapporto del nostro parroco.Tante iniziative portate avantiper tentare di riscattare unquartiere e sensibilizzare lecoscienze. Tante iniziativeprodotte da gente del posto cheviveva sulla propria pelle leconseguenze dei guasti socialirealizzati da una classe politicasenza scrupoli. Laristrutturazione del centrostorico è stata l’occasione peruomini politici e mafia dipartecipare al grande affareofferto dalla necessità delComune di Palermo di dovereacquistare diverse centinaia diappartamenti da assegnare aglisfrattati. Un’occasione che hapermesso profitti illeciti,secondo dichiarazioni rese daalcuni collaboratori di giustizia,un’occasione che a mio parereè stata sfruttata anche percreare legami di tipo clientelare,un argomento che ho giàaffrontato nel capitolo “uncontesto sociale difficile”. Unsistema che ha permesso auomini di questa specie diprovocare un inimmaginabile

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degrado urbano nella periferiadi Palermo.Abbiamo voluto vivere condignità nel nostro quartiere, eda semplici cittadini, con l’aiutodel nostro parroco, abbiamodimostrato che se la gente e leforze sane di un quartieresanno essere uniti nel chiedereil rispetto dei diritti sociali, sipuò sperare. Come nel casodella realizzazione dellafognatura in via Hazon; comequella volta che siamo riusciti afare autorizzare dall’Assessoreal Patrimonio la disponibilità dialcuni locali della delegazionedi quartiere a favore della USL62 per la istituzione deldistretto socio-sanitario di baseche ancora oggi è in attesa diessere insediato; e ancora, lanostra sollecitazione andata inporto per l’apertura di duesezioni di scuola mediainferiore nei locali delladelegazione di quartiere.Con padre Puglisi al nostrofianco ci siamo sforzati diessere ciò che lui ci chiedeva:un riferimento per la gente delnostro quartiere.Il Comitato Intercondominialenutre la speranza che i semiposati in mezzo ai palazzoni equelle strade possano ungiorno germogliare.Sarebbe gratificante incontrarefra qualche anno Carmelodetto “Buttigghiuni” o qualchealtro bambino della via Hazon18 per sentirsi dire: “sono unapersona stimata”.

Conclusioni

Per concludere, vorreisoffermarmi a riflettere sulledichiarazioni rese da alcunicollaboratori di giustizia.Giovanni Drago, il killer diBrancaccio, nel settembre del1993, pochi giorni dopol’omicidio del parroco di SanGaetano, ha dichiarato di avereavuto detto da un altro detenutoin carcere con lui, che “padrePuglisi dava informazioni allapolizia........; in chiesa sivedevano tanti poliziotti inborghese......; nella parrocchiac’erano strani movimenti.......”.“Si vociferava - ha dettoSalvatore Grigoli, arrestato nelgiugno del 1997, anche luikiller tra i più spietati del gruppodi fuoco di Brancaccio - chepadre Puglisi avesse infiltratoun poliziotto perchè cercasseGiuseppe Graviano che eralatitante..................Si diceva fradi noi che era un confidentedella polizia”.La prima cosa da chiarire subitoè che se ci fossero stati inchiesa poliziotti in borghese,quindi facce sconosciute, ce nesaremmo accorti, consideratoche la parrocchia eraabitualmente frequentata dallestesse persone al di fuori dellemesse festive. Quindi cosìcome se ne sarebbero accorti imafiosi di queste faccesconosciute che a loroavrebbero fatto scattare isospetti, perchè non ce nesaremmo dovuti accorgereanche noi parrocchiani che inquanto tali dobbiamo essere

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capaci di accogliere il nuovofratello ?Bisogna considerare anche unaltra cosa: a Brancaccio unapersona che non è del luogo,dagli abitanti viene subitonotata e guardata con occhioindagatore; è un po' il caratteredella gente delle borgatepalermitane. Per quantoriguarda le informazioni chepadre Puglisi avrebbe dato allapolizia, lo posso escludere concertezza. Tra me e padrePuglisi si era instaurato un fortesentimento di amicizia maanche un rapporto di complicitàgrazie all’attività sociale cheinsieme svolgevamo congrande spirito di sacrificio ormaida tempo. Se davvero lui fossestato un informatore, perchènon me ne sarei dovutoaccorgere ? A meno che nonavevo a che fare con un abile007. In ogni caso, questo tipodi comportamento non rientravanel suo stile di vita e sonoconvinto che questa miacertezza la si può riscontrare intutti quelli che gli sono stativicino.E allora perchè Drago e adessoGrigoli fanno questeaffermazioni ? Può essere chedietro le affermazioni dei duecollaboratori di giustizia vi sonodelle verità nascoste dainterpretare ? Nel libro “Cosedi cosa nostra” il giudiceFalcone, grande conoscitoredella comunicazione mafiosa,sostiene che bisogna sempreverificare con estrema cural’esattezza delle dichiarazionidei pentiti, ma aggiungeanche: “senza tuttavia sminuire

sistematicamente quantoaffermano”. Allora ciò cheritengo opportuno fare, essendoovviamente a conoscenza dellevicende vissute dal ComitatoIntercondominiale e da padrePuglisi, è tentare didecodificare la verità che sipotrebbe nascondere nelledichiarazioni riferite daicollaboratori di giustizia sulnostro parroco.Quando un vertice di mafiadecide un omicidio eccellente,la spiegazione che può arrivareal suo soldato che chiede disapere, non conterrà,suppongo, i motivi reali chehanno innescato tale decisione;a maggior ragione, penso, inquesto ultimo periodo che havisto un buon numero di mafiosipassare dall’altro lato dellabarricata.Chi ha parlato con Dragodell’omicidio di padre Puglisi èun soldato di mafia, ma lostesso Drago è un ex soldato dimafia, quindi uno che è statoallevato in quell’ambiente e peril quale non sarà facile togliersitutto in una volta quel tipo diformazione che sin da piccolo siporta addosso. Stesso discorsoper il collaboratore Grigoli. Sedavvero si è a conoscenza deifatti più rilevanti che hannocreato problemi alle famigliemafiose di Brancaccio, cosìcome ha fatto Grigoli dopo ilsuo arresto, bisogna spiegarel’omicidio di padre Puglisicollegandolo senz’altroall’attività svolta con il ComitatoIntercondominiale e diconseguenza si spiegherebberoanche i motivi che hanno

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indotto i killer ad incendiarenella notte di S. Pietro del 1993le porte d’ingresso a Guida,Romano e Martinez. Cercare dicapire il perchè delleintimidazioni mafiose ai trecomponenti del ComitatoIntercondominiale darebbe uncontributo per comprendere ilperchè dell’omicidio del parrocodi Brancaccio, considerato chedalle indagini degli inquirenti èemerso che in pratica gli stessiuomini hanno compiuto il delittodel sacerdote e gli attiintimidatori nei confronti dei trecittadini di Brancaccio che con ilprete collaboravano.Se sono davvero pentiti e leinformazioni in loro possessosono quelle trasmesse ad unsoldato di mafia, a questo puntotocca a noi decodificarle. Lafrase “dava informazioni allapolizia”, io credo che possaessere spiegata riallacciandosiall’attività del Comitatointercondominiale. Questogruppo ha provocato una seriedi interventi che hannoinfastidito non poco l’ambientecriminale di Brancaccio. Dallanostra lettera al Presidentedella Repubblica Scalfaro, inconseguenza della quale vi èstato un controllo della poliziasull’attività del consiglio diquartiere, all’intervento dei vigilidel NOPA che hanno tolto l’usodei magazzini della via Hazon18 a coloro che lì svolgevanoattività illecite;dall’interrogazioneparlamentare regionale delgiugno 1993 che ha sollecitatoun’ispezione sulla politica deglialloggi del Comune, al contatto

di padre Puglisi con laCommissione Antimafia perpreparare l’incontro riservatocon Violante.Un susseguirsi di iniziative chehanno tenuto sotto pressione igestori dei traffici illeciti delquartiere che in questo modo sisono sentiti controllati dalleistituzioni. E così una richiestadi ispezione sulla politica deglialloggi acquistati dal Comune diPalermo, l’intervento dei vigilidel NOPA, la lettera a Scalfaroe l’incontro riservato di padrePuglisi con Violante diventanoinformazioni date agli sbirri.Se è vero che la mafia diBrancaccio aveva messo in girola voce che il nostro parrocoera un “confidente della polizia”,si può sospettare ad unadivulgazione pilotata ad arte persentenziare, per esempio, lacondanna a morte di padrePuglisi? Il sostenere chepadre Puglisi è statoammazzato per avere infiltratoin chiesa i poliziotti pronti acatturare Giuseppe Graviano,può essere, personalmentesono convinto che lo sia, untentativo di depistaggio per nonfare sapere il vero motivo percui è stato eliminato ilsacerdote. Padre Puglisi nonaveva infiltrato alcun poliziottoin chiesa. Tutti quelli che glisono stati vicino ne sono certi,io ne sono certo. Ne sarannocerti anche coloro cheeventualmente avrebberodovuto dare disposizione aipoliziotti di presidiare laparrocchia con il consenso delnostro parroco.

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Questo sospetto che i mafiosivogliono alimentare non puòreggere. Gli “sbirri”, così comecomunemente vengonochiamati i poliziotti da chi vive aimargini della legalità, nonc’erano; poliziotti in borghesedalle facce conosciute osconosciute, che oggi ci sono edomani non ci sono per nondestare sospetti, nessuno li havisti in quel tempo nella nostrazona e tantomeno in chiesa.L’organizzazione criminale sache il motivo per cui si decide dieliminare padre Puglisi è sottogli occhi di tutti: i tre anni diintensa attività pastorale esociale che il sacerdote hapienamente condiviso con ilComitato Intercondominiale. Mafare risaltare questa veritàsignifica fare conoscere che erain atto una piccola rivoluzionecondotta da pacifici cittadini eda un prete che volevanoessere testimoni con il loroimpegno di una nuova cultura inquel quartiere in mano allamafia. Per le famiglie mafiose èinaccettabile che la Verità siaevidente a tutti, che la gentescopra che si può sperare dicambiare gradualmente unasocietà che opprime e calpestal’uomo al quale spetta ilsacrosanto diritto di vivere in uncontesto a misura delle dignitàche gli è propria. Che la gentescopra che quelli che hannodeciso la morte del prete, lohanno fatto per scoraggiareiniziative che stavano portandoad affermare nel territoriomodelli di cittadini cherischiavano di essere innestatinella società come cellule sane

in un corpo reso malato dauomini in preda al delirio dionnipotenzaIntimidire e anche uccidere, inquesto modo hanno scelto dicontrastare il parroco e ilComitato Intercondominiale perevitare che altri si sentisseroincoraggiati ad emularli.In effetti è avvenuto che ungruppo di giovani dimostrassedi nutrire delle simpatie neinostri confronti e di volereseguire il nostro esempio.Quelli che hanno l’interesse dinon fare venire alla luce laVerità, chi ha voluto la morte dipadre Puglisi ha fatto circolarela voce che il sacerdote avevainfiltrato dei poliziotti in chiesa.Sostenendo la tesi del prete“confidente della polizia” imafiosi hanno sentito il bisognodi giustificarsi non agli occhidella legge o della societàcivile, ma, cosa più importanteper loro, agli occhi della gentedella propria borgata. Mettendoin giro questa frase, hannotentato di presentare padrePuglisi con un volto diverso daquello che la gente delquartiere stava imparando aconoscere; con una immagineda infame.Quindi l’ordine di morte intimatonei confronti del sacerdote deveapparire come l’esigenza didoversi difendere da chicongiurava per mandarli ingalera.Non la Verità, ma questa falsaaffermazione è sufficiente per imafiosi a giustificare un delittoincomprensibile agli occhi dellagente della loro borgata.

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Ma io che sono stato untestimone di queste vicende,sento il bisogno di dire chebisogna stare attenti a nonrestare vittime di questa voceche ci condurrebbe fuori pista.Sento anche il bisogno, però, diapprofondire la testimonianzaresa dal collaboratore Grigolisulle modalità dell’omicidio dipadre Puglisi.Grigoli, in sintesi, racconta chela sera del 15 settembre 1993verso le ore 8,30 lui e i suoicomplici avevano visto percaso, mentre facevano unsopralluogo, il sacerdote intentoa fare una telefonata da unacabina pubblica vicino lachiesa, e in quel momentohanno deciso di mettere in attol’ordine dei Graviano. Si sonorecati immediatamente aprendere la pistola esuccessivamente sotto casa delsacerdote per portare acompimento il loro progetto dimorte.In questo racconto qualcosanon mi convince. Mi sonochiesto, quando ho letto ladichiarazione fatta da Grigolisulle modalità dell’omicidio:“che bisogno aveva padrePuglisi di telefonare da unacabina pubblica quando potevafarlo dal telefono dellaparrocchia, da dove era appenauscito, o da quello di casa sua,dove si stava recando, vistoche la sua abitazione era a treminuti di macchina”? Sequesto mio dubbio risponde alvero è lecito pensare che ilcommando non ha incontratopadre Puglisi al telefonopubblico e nemmeno seduta

stante ha deciso di andare aprendere la pistola perucciderlo. Forse lo hannoaspettato vicino la chiesa o,forse, sotto casa sua pronti adammazzarlo.Un gruppo di fuoco cosìcollaudato (Grigoli, Spatuzza,Giacalone, Cosimo Lo Nigro),che ha sulle spalle decine edecine di omicidi, come delresto ormai ci insegnal’esperienza dei grandi omicididi mafia consumati in questanostra città, non agiscelasciandosi guidare dal caso. Aquesto punto, credo, sia giustochiedersi quale possa essere ilmotivo per cui Grigoli racconta,si la verità, probabilmentemascherandola in qualche suaparte. Penso che questoaspetto della vicenda vadaapprofondito, perchè se i fatti sisono svolti nel modo da mepercepito, si può pensare che ilcollaboratore voglia coprirequalcuno di insospettabile chedall’esterno ha contribuitoall’omicidio di padre Puglisi ?Giovanni Ciaramitaro, un altropentito di mafia, il 31 ottobre1996 deponendo al processoper l’omicidio di padre Puglisiha dichiarato: “FrancescoGiuliano mi disse che l’ordine diuccidere lo avevano dato ifratelli Giuseppe e FilippoGraviano perchè padre Puglisidiceva che via Brancacciodoveva diventare via Falcone-Borsellino”.Il movente di un delitto di mafianon può essere spiegato conargomentazioni, a mio avviso,così semplici. In ogni caso,quanto riferito dal pentito deve

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essere preso in considerazioneper cercare di comprendere sedietro questa sua affermazionesi può nascondere qualcheelemento utile a capire megliola vicenda che ci riguarda.Prima cosa : è vero che ilComitato Intercondominialeaveva chiesto di intitolare unastrada di Brancaccio ai giudiciFalcone e Borsellino. Lo avevafatto consegnando a Cilluffonella sede del Consiglio diquartiere una lettera, firmatada padre Puglisi e dagli altricomponenti del gruppo, checontiene appunto tale richiestae porta la data del 20 maggio1993 e il numero di protocollo670. Vi è da dire che questanostra richiesta, non l’abbiamomai resa pubblica, nel sensoche non abbiamo promossoiniziative in tale direzione nètantomeno abbiamo portato aconoscenza degli abitanti dellanostra zona questo nostrodesiderio. Eppure adessoveniamo a sapere che questainformazione era a conoscenzadella mafia di Brancaccio. Michiedo come mai se noi nonl’abbiamo assolutamentedivulgata. La conclusione nonpuò essere che una: qualcunoo alcuni che operano dentro ilConsiglio di quartiere hannoritenuto opportuno passarel’informazione alle famigliemafiose.Seconda cosa: questa vicendadimostra che ogni iniziativa delComitato Intercondominiale eraseguita e pertanto aconoscenza della lobbycriminale di Brancaccio. Unulteriore elemento, se ancora

ce ne fosse bisogno, aconferma che il motivodell’omicidio di padre Puglisi varicercato anche nelle iniziativepromosse dal nostro gruppo.Da notare che Ciaramitaro nondice che era il ComitatoIntercondominiale a volereintitolare una strada diBrancaccio ai due magistrati,ma dichiara che a volerlo erapadre Puglisi. In tutte ledichiarazioni rese dai pentitisembra che il nostro parroconon abbia avuto accantonessuno a condividere il suoimpegno. È come se si volessenascondere un modello diciviltà che stava assumendo unpeso notevole nella vita socialedel quartiere. Un eroe solo,come si vorrebbe fare apparirepadre Puglisi, diventa agli occhidella gente un riferimentoinimitabile. Questo è un limitecreato ad arte per nonconsentire di renderecomprensibile il pensiero,l’azione e i rapporti delsacerdote che voleva tentare didare dignità all’uomoindifferente, all’uomorassegnato all’atteggiamentofatalistico. Invece noi siamostati fino all’ultimo vicino a lui econ lui abbiamo svolto tuttal’attività qui raccontata.Padre Puglisi deve essereconsiderato un prete che èstato capace di condividere,sostenere, dare forza ecredibilità all’attività promossadal Comitato Intercondominiale.Il nostro parroco era uncomponente del ComitatoIntercondominiale e quindi lasua opera a Brancaccio non

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può non tenere contodell’attività svolta da questogruppo, altrimenti si corre ilrischio di allontanarsi da quellastrada che conduce verso laverità. La convinzione di queicriminali che avranno suppostoche gli incontri del comitatocon le figure istituzionalipotevano portare a chiarire un’attività illecita nel quartiere chevedeva coinvolte mafia epolitica, e la preoccupazionedegli stessi di dovere subireuna perdita di credibilità e diconsenso nel loro territorio,non può essere il movente chepuò avere spinto ad uccidere ?Per amore di giustizia e perrispetto di chi per noi si èsacrificato mi sono impegnato amettere in ordine i tasselli a miadisposizione. Questo lavoro chemi ha portato a rivedere concalma le vicende da noi vissutea Brancaccio oggi mi porta aconcludere che laresponsabilità della morte dipadre Puglisi non è solo di chiha sparato e di chi ha armatola mano dei killer, ma anche dicoloro che potendo non hannofatto nulla per i propri fratellientrati nel mirino dei criminali,favorendo in tal modo il loroisolamento.Io sento di dovere molto apadre Puglisi, penso anche lavita. A lui dedico questamemoria che vuole essere ilmodo di potere continuare,nonostante non sia più qui connoi, l’opera che insiemeabbiamo iniziato tesa alraggiungimento del messaggiocristiano che ci invita allasperanza e al rispetto della

dignità dell’uomo, che ci spingead operare per l’affermazione diuna comunità giusta e legale.Il messaggio lasciatoci daquesto prete scomodo, nonsolo per la mafia, non può enon deve essere distorto.

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Agenda delle attivitàsvolte nel 1993 dalComitatoIntercondominiale

- 11 gennaio 1993 ore10,30, appuntamento aPalazzo delle Aquile conil Sindaco ManlioOrobello per chiedere larealizzazione della scuolamedia inferiore, distrettosocio-sanitario di base edaltri servizi per il quartiereBrancaccio.- 29 gennaio 1993inaugurazione del Centrod’Accoglienza «PadreNostro».- 2 febbraio 1993, aseguito della riunionedell’11 gennaio ‘93 delcomitato con il Sindaco,alle ore 18,30 incontro invia Dogali, presso ilcomando dei vigili urbani,con il maresciallo LaMantia del NOPA(Nucleo Operativo PoliziaAmbientale) perchiarimenti sullo stato dicarenza igienica e diabbandono dei localipiano terra e cantinato divia Hazon 18.- 19 febbraio 1993 ore 10,appuntamento con ilPresidente della USL 62,dott. Cottone.- 20 febbraio 1993 ore 11,appuntamento allaRipartizione Patrimoniocon l’AssessoreGiacomo Affatigato persollecitare la realizzazione

della scuola mediainferiore nei localiabbandonati e in stato didegrado ubicati in viaHazon 18. Sollecitataanche la realizzazione deldistretto socio-sanitario dibase nei locali vuoti delladelegazione di quartiere.- 2 marzo 1993 ore 11, ildott. Cottone, PresidenteUSL 62, incontra pressola delegazione municipaleil ComitatoIntercondominiale, ilPresidente di QuartiereCilluffo e il Parroco di SanGaetano Padre Puglisi pervisitare i locali vuoti delladelegazione da adibire aDistretto socio-sanitario dibase.- 9 marzo 1993 ore16,30, appuntamento inassessorato conl’Assessore regionale allaSanità Firrarello persollecitare la realizzazionedel distretto socio-sanitario di base aBrancaccio.- 20 marzo 1993 ore 12,appuntamento Martinezcon Assessore Affatigato.Firmata dall’Assessorelettera che autorizza ladisponibilità dei localidella delegazione diquartiere all’ USL 62 per ildistretto socio-sanitario dibase.- 22 marzo 1993colloquio telefonico diMartinez con la direttricedell’Ucciardone. Ottenuteinformazioni per iter da

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seguire per consentire apersonale del Centro diAccoglienza «PadreNostro» di potereincontrare presso la casacircondariale i detenutiprovenienti daBrancaccio.- 3 aprile 1993 ore 9,appuntamento con il dott.Cottone, Presidente USL62, per fare il punto dellasituazione sul distrettosocio-sanitario di base.

- 7 aprile 1993, colloquiotelefonico Martinez - dott.Comella, capoRipartizione PatrimonioComune PA. Il dirigentedel Municipio, dietro miarichiesta, mi informa contono risentito di averefirmato la lettera con laquale vengono concessialla USL 62 in usogratuito alcuni locali delladelegazione di quartieredi Brancaccio perimpiantarvi il distrettosocio sanitario di base.

- 21 aprile 1993 conl’avv. Gorgone dellaRipartizione Affari legalidel Municipio di Palermo,Martinez, in qualità diamministratorecondominiale, ha parlatodi provvedimenti maipresi nei confronti deimorosi del propriocondominio, assegnataridel Comune. Unasituazione di privilegiodiffusa tra gli sfrattati delcentro storico.

- 24 aprile 1993 ore 10,appuntamento con il dott.Giosuè Marino, CapoGabinetto del PrefettoMusìo, per parlare delleproblematiche sociali delquartiere Brancaccio.- 21 maggio 1993 ore 17,corteo con fiaccolata perle strade di Brancaccioorganizzato con lacollaborazione del liceoscientifico E. Basile nelprimo anniversario dellastrage di Capaci. DirettaTV nel TG3 delle ore 19.- 28 maggio 1993,conferenza stampa diRino Martinez per lapresentazione del disco«Dateci la Forza» e«Palermo mon amour». Èintervenuto Padre Puglisiper elogiare l’impegno ele canzoni di Rino.- 2 giugno 1993 ore 11incontro con il dott. RizzoNervo, capo redattoreRAI, per chiedere larealizzazione di servizigiornalistici chedenuncino la situazionedi degrado sociale e diabbandono del quartiereBrancaccio.- 3 giugno 1993incontro Martinez - GuidoVirzì all’AssermbleaRegionale Siciliana persollecitareun’interrogazioneparlamentare sullapolitica degliacquisti/affitti delle casedel Comune di Palermo.

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- 12 giugno 1993 ore 16incontro degli operatoripastorali della Parrocchiadi San Gaetanoorganizzato da PadrePuglisi alla Casa dellaGioia.- giugno 1993 ore11, servizio televisivo delTG3 regionale realizzatonegli scantinati di viaHazon 18.- 19 giugno 1993 ore10,30, intervista diMartinez al giornale radioregionale effettuatapresso la sede RAI.Denunciate le colpe dellaclasse politica localesullo stato di degrado e ditotale abbandono diBrancaccio.- 23 giugno 1993 ore 18,organizzato da Martineznel condominio di viaHazon 17, all’aperto, unmomento di divertimentoper i bambini con lapartecipazione di SuorCarolina e PadreGregorio.- 10 luglio 1993 ore12,30, appuntamentodella costituendaconfraternita con ilCardinale Pappalardo inArcivescovadoorganizzato da PadrePuglisi. Incontrodisertato dal Cardinale.- 3 agosto 1993,appuntamento delComitatoIntercondominiale con ildott. Cottone, Presidente

USL 62 per il distrettosocio-sanitario di base.- 4 agosto 1993 ore9,30, appuntamento diPadre Puglisi,accompagnato daMartinez, con il Prefettodott. Giorgio Musìo perdiscutere sulleproblematiche sociali diBrancaccio.- 9 agosto 1993appuntamento delComitatoIntercondominiale con ildott. Cottone, PresidenteUSL 62, per il distrettosocio-sanitario di base.- 14 settembre 1993,appuntamento inprefettura di PadrePuglisi e Martinez con ladott.ssa Li Greciincaricata dal Prefetto dioccuparsi della scuolamedia da fare sorgere neilocali abbandonati dellavia Hazon 18.- 15 settembre 1993 aPalazzo delle Aquileincontro con il dott.Mattei, vice Commissariodel Comune di Palermo.

Page 85: NOI A BRANCACCIO · Un gruppo di abitanti del quartiere Brancaccio, nei primi mesi del 1990 decise di impegnarsi per tentare di rendere vivibile l’ambiente in cui viveva, ridotto

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Indice

Pag. 4 Noi a Brancaccio “ 7 I colpevoli alla sbarra “ 8 Era uno di noi “ 12 Il consiglio di quartiere “ 16 29 giugno ‘93 attentati in serie all’intercondominio “ 19 La battaglia per la fognatura “ 27 Parliamone con il parroco “ 28 Le nostre richieste per il quartiere “ 32 L’insofferenza dei consiglieri “ 35 Un contesto sociale difficile “ 39 La prima intimidazione “ 42 Il centro d’accoglienza “Padre Nostro” “ 50 Caro Scalfaro “ 53 La Confraternita parrocchiale “ 57 I cittadini rivendicano i propri diritti “ 62 Inizia la stagione delle intimidazioni “ 63 Brancaccio per la vita “ 66 Continuano le intimidazioni “ 69 Gli ultimi incontri con i rappresentanti delle istituzioni “ 72 Cu è orbu surdu e taci campa cent’anni in paci “ 75 La nostra forza: la Fede e la Speranza “ 76 Conclusioni “ 83 Agenda delle attività svolte nel 1993 dal Comitato Intercondominiale