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Torino Piccolo Regio Giacomo Puccini Venerdì 17.IX.2010 ore 17 mdi ensemble Lachenmann Schönberg

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TorinoPiccolo RegioGiacomo Puccini

Venerdì 17.IX.2010ore 17

mdi ensemble

LachenmannSchönberg

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tramite il rimboschimento di aree verdi cittadine a Torino e attraverso progetti di riduzione dei gas serra realizzati in paesi in via di sviluppo.

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con la creazione e tutela di foreste in crescita nel Parco Rio Vallone in Provincia di Milano,e in Madagascar.

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Helmut Lachenmann(1935)

Trio fluido (1966)per clarinetto, viola e percussioni

Arnold Schönberg(1874-1951)

Trio per violino, viola e violoncello op. 45 (1946)

Helmut Lachenmann

Allegro sostenuto (1987)per clarinetto, violoncello e pianoforte

mdi ensemblePaolo Casiraghi, clarinettoLorenzo Gentili Tedeschi, violinoPaolo Fumagalli, violaGiorgio Casati, violoncelloSimone Beneventi, percussioniLuca Ieracitano, pianoforte

Videoimpaginazione e stampa • la fotocomposizione - Torino

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T rio fluido è un lavoro di frontiera nello sviluppo artistico diLachenmann, un lavoro legato alla formazione giovanile, che

tuttavia guarda già verso importanti sviluppi futuri. Il linguaggioutilizzato è ancora quello rigorosamente strutturalista, elaboratonell’appassionato apprendistato presso Luigi Nono: l’interesse com-positivo si concentra sulle relazioni sonore e sui loro sviluppi, laricerca mira a elaborare le leggi interne al materiale. L’intento èmolto lontano da qualunque facile ed esteriore espressività, tantopiù che in quegli anni, secondo la visione di Lachenmann, “lacosiddetta avanguardia sembrava invischiarsi sempre più in sur-realistici compromessi con la comodità borghese”. Lachenmann cerca, all’interno delle figurazioni sonore così rigoro-samente elaborate, una ricca e mossa gestualità sonora, un movi-mento continuo e cangiante, una “fluidità” musicale. Questa atten-zione alla materia liquida del suono gli apre però una via inesplo-rata: il flusso può essere rallentato fino a rendere percepibile lanascita del suono, la dinamica fisica della sua produzione. Messosotto una lente di ingrandimento temporale, il suono mostra sor-prendenti varietà timbriche e articolatorie, anche in relazione allamodalità produttiva scelta (soffiata, percossa, sfregata, pizzicata,strappata, smorzata). Vengono in evidenza moltissime componentisonore anche rumoristiche, che attirano l’ascolto e lo invitano aun’attenzione nuova, a una vera e propria conversione uditiva. Lamateria musicale mostra una propria espressività interna, il suonoviene finalmente strappato alla convenzione produttiva socialmen-te codificata per esibire il momento e le circostanze del suo nasce-re come momento poetico, come istanza di libertà del comporre edell’ascoltare. La via dei successivi, importanti lavori di Lachenmannè così aperta: la composizione come ricerca sonora, ma soprattuttocome liberazione del pensiero e dell’ascolto.

Schönberg compose il Trio op. 45 tra agosto e settembre del 1946,subito dopo essersi ripreso da un grave attacco cardiaco. La fortevicinanza alla morte ebbe un grande influsso sulla composizionedel brano, come egli stesso ammise, spingendolo alla contempla-zione dell’aldilà e al tentativo di esprimere musicalmente le veritàeterne che oltrepassano ogni visione e ogni parola umana. La fortevena mistica dello Schönberg maturo, soprattutto del Mosè e Aronne,riemerge in questo lavoro con prepotenza, dandogli un carattere

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instabile e visionario che diventa, nella piena padronanza deimezzi musicali dell’età anziana, il principio generativo della formae dello sviluppo musicale. Come emerge dall’attenta analisi di JoyE. De Vito, la superficie apparentemente discontinua ed episodicadel brano, che a un primo ascolto pare alternare in continuazioneidee e atteggiamenti espressivi molto diversi tra loro, sottende unaconsapevole gestione di fattori di stabilità e di instabilità che rego-lano le transizioni tra le diverse sezioni e danno forma complessi-va al flusso musicale. I passaggi musicali stabili sono caratterizzati da una costruzioneformale equilibrata, da un metro fisso, da coerenza seriale e dal-l’applicazione dei canonici procedimenti di inversione e retrogra-dazione. I passaggi instabili, invece, utilizzano molte idee differen-ti, una metrica particolarmente complessa e strutture di fraseambigue. Le transizioni sono regolate in modo assai vario, evitan-do perlopiù la pura giustapposizione e cercando invece varie moda-lità di “liquidazione” del materiale. Il Trio è in un unico movimento, ma è Schönberg stesso a divider-lo in tre “parti” separate da due “episodi”, dove la prima parte e ilprimo episodio corrispondono a un’esposizione, la seconda parte eil secondo episodio a uno sviluppo, la terza parte a una ripresa par-ticolarmente precisa e a una coda. Si tratta cioè, in fondo, di unaforma-sonata abilmente reinterpretata alla luce della tecnica dode-cafonica, di procedimenti compositivi originali e di un inattesoritorno dei climi fortemente espressionistici del primo Schönberg.La forte personalità del brano, insomma, non riesce a nasconde-re la potente sintesi cercata da chi sente che la propria vita è allafine ed è giunto il momento di tracciare il proprio testamento spi-rituale.

L’idea che sta alla base di Allegro sostenuto è, come è adombratonel titolo, quella di coniugare il movimento sonoro con le varietàdella risonanza. Questo lavoro ha alle spalle un altro brano capita-le di Lachenmann, Ausklang, nel quale si esplorano le ricche pos-sibilità di risonanza del pianoforte, amplificandole con l’aiuto diuna grande orchestra. Qui vengono riprese ed ampliate le medesi-me tecniche pianistiche, trascinando nel gioco anche il violoncello eil clarinetto, che a loro volta alternano movimento e risonanza,facendo uso della sterminata tavolozza timbrica a cui Lachenmann sa

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piegare ogni strumento. Il pianoforte, in qualche modo, è lo stru-mento della risonanza per eccellenza, dato che il suono, una voltaprodotto, non può più essere modificato e vive ormai solamente delsostegno fornitogli dalla cassa armonica. Lachenmann, tuttavia,elabora diverse tecniche di intervento sul suono pianistico già pro-dotto. Riprendendo alcune intuizioni schumanniane chiede, adesempio, che dopo aver suonato un accordo il pianista alzi i tasti len-tamente, uno dopo l’altro, mutando così nel tempo il contenutoarmonico della risonanza. Una variante consiste nell’abbassare alcuni tasti in modo silenzio-so, alzando così gli smorzatori delle corde corrispondenti. Se cosìfacendo si suona una nota o un accordo, questi avranno (anche) larisonanza dei tasti abbassati in precedenza. L’uso dei pedali può complicare notevolmente le combinazioni,introducendo o sottraendo ad arte risonanze globali o selettive. Citroviamo al crocevia della tecnica compositiva di Lachenmann: l’a-natomia sonora che ingigantisce le componenti e le modalità pro-duttive del suono per stimolare l’anatomia dell’ascolto, dove l’orec-chio possa riscoprire il suono in modo nuovo, decontestualizzato,primigenio, libero da tutti i significati socializzati. L’obiettivo non è tanto di far suonare gli strumenti tradizionali inmodo inusuale o straniato, bensì quello di costruire per ogni branoun nuovo (super-)strumento, sul quale sperimentare il divertimen-to delle possibilità più fantasiose e correre i più seri rischi dell’in-venzione. Questa, almeno, è la descrizione del processo compositivo che cifornisce Lachenmann: «Il modo in cui nasce un tale “strumento” èsempre più o meno un’avventura dall’esito sconosciuto. Un suonostaccato di pianoforte al quale segue, dopo un intervallo di tempopiù o meno ampio, un colpo di piatti fortissimo, stoppato: forseall’inizio provo solo un divertimento giocoso a considerare questacombinazione come un “tasto” di uno “strumento” immaginarioancora inesplorato e, partendo da questo primo “tasto”, giungerealla composizione dell’intero strumento, scoprirlo e in base ad essovariare quella combinazione iniziale secondo tutte le regole e con-tro tutte le regole dell’arte ed estendere questa struttura iniziale intutte le direzioni fino ai suoi contrari e, così facendo, giungere all’ina-spettato. Mi diverto perché, in quanto combinazione posta da me,si tratta del mio strumento, sul quale e col quale io suono e chesolo così scopro, poiché esso possiede una sorta di natura inconta-minata che conserva anche dopo ogni utilizzo, pur cambiando

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sempre attraverso l’uso che ne faccio; [...] Da questo divertimentoproviene una serietà nella misura in cui, dalla riflessione su ciò cheè familiare, cresce l’irrequietezza di fronte all’ignoto che nasce elentamente si precisa. Noi compositori siamo i primi ad essernesconvolti, poiché esso, in quanto frammento e in quanto messag-gio da noi stessi a noi stessi, cambia la nostra esperienza dell’io edel mondo».

Pietro Mussino

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mdi ensemble nasce nel 2002 dall’idea di sei giovani musicistimilanesi di contribuire alla diffusione e alla valorizzazione dellamusica contemporanea in Italia e all’estero. Fin dagli esordi l’ensemblesi è dedicato allo studio di un repertorio comprendente, oltre ailavori dei grandi nomi della musica contemporanea e del secoloappena trascorso, musiche di compositori emergenti nel panoramainternazionale, proponendo anche prime esecuzioni italiane emondiali.mdi ensemble si è esibito in Italia al Teatro Bibiena di Manto-va, al Teatro dal Verme, al Pac e al Teatro Filodrammatici di Mila-no, alla Sala Piatti di Bergamo, presso i Conservatori di Como eBologna; è stato invitato da Mittelfest, Associazione Lingotto Musi-ca, Amici della Musica di Palermo e più volte dal Festival MilanoMusica. Tra le sale in cui si è esibito all’estero troviamo Tonhalledi Düsseldorf, Konzerthaus di Dortmund, Istituto Giapponese diColonia, Teatro Forteza di Maiorca, LACMA di Los Angeles. Nel gennaio 2008 ha debuttato a Tokyo, grazie alla collaborazionecon il Cemat, realizzando una serie di concerti dedicati a SylvanoBussotti. La prima produzione discografica, con musiche di Stefano Gerva-soni, ha ottenuto il riconoscimento “Coup de coeur – musique con-temporaine 2009” conferitogli dall’Académie Charles Cros. Dal 2008 mdi partecipa al progetto “Repertorio Zero” ideato da YanMaresz, Nadir Vassena e Giovanni Verrando, collaborando a produ-zioni musicali con il proprio quartetto d’archi, che per l’occasioneutilizza esclusivamente strumenti elettrici. Il progetto R0 ha debut-tato al festival MITO SettembreMusica 2008, ed è poi stato presen-te nei cartelloni concertistici del Conservatorio di Lugano e dellaTonhalle di Zurigo. Dal 2002 collabora con la Japan Foundation di Roma per la diffu-sione della nuova musica giapponese; nel 2010 è ensemble in resi-denza al Festival Koinè diretto da Ivan Fedele presso il Teatro dalVerme di Milano. Il Canale Sky Classica dedicherà prossimamenteuna trasmissione a mdi ensemble all’interno della collana I note-voli, mentre alcuni concerti sono stati ripresi e trasmessi da RaiRadioTre e da Rai International. Dalla sua fondazione l’ensemble ha come direttore principale YoichiSugiyama.

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