NNO N Sommario - Unife · dell’allenamento: alcuni aspetti pratici 13 La periodizzazione...

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SdS/Rivista di cultura sportiva Anno XXVI n.74 1 3 Marketing delle organizzazioni sportive e responsabilità sociale ed etica Giovanni Esposito Responsabilità sociale ed etica nel marketing delle organizzazioni sportive 71 Summaries Sommario 21 Processi cerebrali e prestazione A cura di Mario Gulinelli Intervista al prof. Fabrizio Eusebi SdS/RIVISTA DI CULTURA SPORTIVA ANNO XXVI N. 74 62 Trainer’s digest A cura di Piter Tchiene, Mario Gulinelli, Olga Iourtchenko Allenamento della tecnica e della forza nella marcia; genetica e 400 m; risultati delle ricerche sull’adattamento fisiologico nello sport 65 La lotta nel rugby Roberto Cerasaro La possibile utilizzazione di alcuni esercizi e metodi di allenamento della lotta per l’aumento di schemi motori funzionali per il giocatore di rugby 43 La prevenzione dei traumi nello sport giovanile Gudrun Fröhner, Wolfgang Tronick Sviluppo e mantenimento della capacità di carico per la prevenzione dei traumi e delle conseguenze di carichi errati nello sport giovanile 35 Il cambiamento dei paradigmi nella teoria dell’allenamento sportivo Yury Verkhoshansky, Natalia Verkhoshanskaya Parte seconda: cambiamento di paradigmi e discussione sullo stato attuale della teoria e metodologia dell’allenamento: alcuni aspetti pratici 13 La periodizzazione nell’allenamento della forza rapida Klaus Wirth, Dietmar Schmidtbleicher Parte seconda: principi teorici della periodizzazione e loro utilizzazione pratica nell’allenamento della forza rapida 25 Modello prestativo e preparazione nel gioco del tennis Carlo Rossi, Antonio La Torre, David Bishop, Enrico Arcelli, Giampiero Merati, Fabio Rubens Serpiello Dal modello funzionale e fisiologico al programma di preparazione complementare nel gioco del tennis 53 Analisi delle capacità tecnico-coordinative e senso-percettive nel nuoto Pietro Luigi Invernizzi, Roberto Del Bianco, Raffaele Scurati, Giuseppe Caporaso, Antonio La Torre Una proposta metodologica verso la determinazione di pratici sistemi di valutazione e allenamento specifico nella preparazione dei giovani nuotatori (seconda parte: proposte pratico-applicative)

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3Marketing delle organizzazionisportive e responsabilitàsociale ed eticaGiovanni EspositoResponsabilità sociale ed etica nel marketing delle organizzazioni sportive

71Summaries

Sommario

21Processi cerebralie prestazioneA cura di Mario GulinelliIntervista al prof. Fabrizio Eusebi

SdS/RIVISTA DI CULTURA SPORTIVA ANNO XXVI N. 74

62Trainer’s digestA cura di Piter Tchiene, Mario Gulinelli, Olga IourtchenkoAllenamento della tecnica e della forzanella marcia; genetica e 400 m; risultatidelle ricerche sull’adattamento fisiologiconello sport

65La lotta nel rugbyRoberto CerasaroLa possibile utilizzazione di alcuni esercizie metodi di allenamento della lotta perl’aumento di schemi motori funzionali per il giocatore di rugby

43La prevenzione dei trauminello sport giovanileGudrun Fröhner, Wolfgang TronickSviluppo e mantenimento della capacitàdi carico per la prevenzione dei traumi e delle conseguenze di carichi erratinello sport giovanile

35Il cambiamento dei paradigminella teoria dell’allenamentosportivoYury Verkhoshansky, Natalia VerkhoshanskayaParte seconda: cambiamento di paradigmi e discussione sullo statoattuale della teoria e metodologia dell’allenamento: alcuni aspetti pratici

13La periodizzazionenell’allenamento della forza rapidaKlaus Wirth, Dietmar SchmidtbleicherParte seconda: principi teorici della periodizzazione e loro utilizzazionepratica nell’allenamento della forza rapida

25Modello prestativo e preparazione nel gioco del tennisCarlo Rossi, Antonio La Torre, David Bishop, Enrico Arcelli, Giampiero Merati, Fabio Rubens SerpielloDal modello funzionale e fisiologicoal programma di preparazione complementare nel gioco del tennis

53Analisi delle capacitàtecnico-coordinativee senso-percettive nel nuotoPietro Luigi Invernizzi, Roberto Del Bianco, Raffaele Scurati, Giuseppe Caporaso, Antonio La TorreUna proposta metodologica versola determinazione di pratici sistemidi valutazione e allenamentospecifico nella preparazione dei giovani nuotatori (seconda parte: proposte pratico-applicative)

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Responsabilità sociale ed etica nel marketing delle organizzazionisportive: come inserirle nella pianificazionestrategica

Si propongono alcune riflessioni sulla responsabilità sociale e l’etica applicate al marketing dello sport. In tal senso il marketing socialmente responsabile può incrementare la reputazione e la competitività delle organizzazioni sportive, il cuiruolo sociale è fondamentale per il raggiungimento del benessere di tutti i protagonisti coinvolti nel movimento sportivo finoad arrivare all’intera società. Nel panorama economico internazionale l’evoluzione dei sistemi di governo dell’impresa si delinea attraverso scenari e prospettive nelle quali il risultato economico non è più l’unico cardine dell’attività del management. Tale tendenza non può essere ignorata dal sistema sportivo in cui, invece, il risultato agonistico con quello economico sembrano occupare ancora un ruolo preminente nella determinazione della performance organizzativa. Il binomiocompetitività/redditività appare solo come uno degli elementi che determinano il successo, la notorietà e la credibilità di una organizzazione sportiva, a qualsiasi livello operi. Infatti sia nello sport dilettantistico sia in quello professionistico il raggiungimento di un obiettivo dipende anche dalle modalità con le quali è stato perseguito e dall’attenzione rivolta a temiche trascendono i risultati agonistici ed economici per raggiungere quelli della sostenibilità ambientale. Fare sport significaanche assumersi responsabilità di carattere sociale che pongano fra le priorità la qualità della vita sia di chi è direttamentecoinvolto nella gestione dell’organizzazione sportiva, sia dell’intera realtà sociale in cui si opera. In un contesto di marketing il concetto di responsabilità sociale e quello di etica possono assumere significati per certi versi distinti, anche se in realtàrimangono strettamente interrelati. Illustrate tali prospettive si propongono considerazioni sul marketing socialmente responsabile e sulla necessità di un percorso strutturato per avvicinare gli operatori dello sport alla responsabilità sociale grazie a strumenti come le buone prassi, il codice etico e il bilancio sociale. In Italia tali esperienze faticano a decollare nell’ambito delle organizzazioni sportive che potrebbero, invece, ottenere vantaggi competitivi in un periodo in cui tutti i portatori di interesse hanno un forte bisogno di recuperare la fiducia nei valori positivi che lo sport da sempre rappresenta.

Giovanni Esposito, Scuola dello Sport, Roma

Marketing delle organizzazionisportive e responsabilitàsociale ed etica

MARKETING

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Introduzione

L’obiettivo di questo lavoro è indagare sullequestioni riguardanti la responsabilità socia-le e l’etica applicate allo sport per offrire unavisione organica ed aggiornata sui temi chevedono il possibile impiego del marketingcome strumento capace di incrementare lareputazione e la competitività delle organiz-zazioni sportive che diffondono la culturadella responsabilità sociale.Con esso si vuole proporre un ulterioremomento di riflessione culturale sul ruolosociale delle organizzazioni sportive (Busca-rini, Manni, Marano 2006) con particolareriferimento all’importanza strategica chepuò rivestire il ricorso ad un marketingsocialmente responsabile per il raggiungi-mento del benessere di tutti i protagonisticoinvolti nel movimento sportivo fino adarrivare all’intera società.Nel panorama economico internazionale lamoderna evoluzione dei sistemi di governodell’impresa va delineandosi attraverso sce-nari e prospettive che pongono il risultatoeconomico non più come l’unico cardinedell’attività del management (Matacena2000; Molteni, Lucchini 2004). Tale tenden-za non può essere ignorata dal mondosportivo all’interno del quale, invece, il risul-tato agonistico assieme a quello economicosembrano occupare ancora un ruolo di spic-cata preminenza nella determinazione dellaperformance organizzativa. Ma il binomiocompetitività/redditività appare soltantocome uno degli elementi che determinano ilsuccesso, la notorietà e la credibilità di unaorganizzazione sportiva, a qualsiasi livelloessa operi. Infatti, sia nello sport dilettanti-stico sia in quello professionistico, il rag-giungimento di un obiettivo dipende anchedalle modalità attraverso le quali è statoperseguito e dall’attenzione che è statarivolta a temi che trascendono i risultatiagonistici ed economici, fino a raggiungerequelli della sostenibilità ambientale. Faresport significa infatti anche assumersiresponsabilità di carattere sociale, che pon-gano fra le priorità la qualità della vita sia dichi è direttamente coinvolto nella gestionedell’organizzazione sportiva, sia dell’interarealtà sociale in cui si opera. In Italia l'ambiente delle organizzazionisportive sta vivendo negli ultimi anni unsignificativo processo di trasformazionedovuto al continuo cambiamento del con-testo economico, sociale, politico e norma-tivo, accompagnato da una insistentemetamorfosi delle abitudini e delle forme diattività dei praticanti e di fruizione del pub-blico che assiste con diverse modalità all’e-vento sportivo (Gilberti 2004). Alla evidentecrescita del comparto si unisce l’eco delleripetute vicende di corruzione e delle pro-blematiche legate al doping farmacologico

e amministrativo che hanno alimentato unclima generale di sfiducia con l’aumento difenomeni di disaffezione verso taluni setto-ri, peraltro fondamentali, del mondo sporti-vo nel quale risulta evidente la necessità diadottare logiche e strumenti managerialiper una gestione trasparente ed oculata(Chelladurai 1995, 2001; Ascani 2004) chefaccia riferimento ad una vera cultura dellosport (Ricchieri 1999). In un contesto dinamico caratterizzato daalta competitività il richiamo ai criteri diefficacia (legati alla capacità di un’organiz-zazione di raggiungere i propri obiettivi) edi efficienza (legati ad un giudizio sul fun-zionamento interno dell’organizzazione)tanto cari all’ottica imprenditoriale, stadiventando sempre più incisivo anche per leorganizzazioni sportive che si trovano adoperare – tra l’altro – con un ammontarelimitato di risorse disponibili anche per laparticolare situazione economica che attra-versa il nostro Paese. Se da un lato è necessario evitare sprechie dispersioni di energie ottimizzando iprocessi produttivi, dall’altro occorre inve-stire al meglio sulla propria immagine ero-gando servizi di qualità e costruendo unostabile collegamento con i moltepliciinterlocutori del sistema socio-economico,che comprende gli investitori (aziendecommerciali ed enti istituzionali), i consu-matori (praticanti e spettatori), il mondopolitico, i media, i lavoratori, la comunitàfinanziaria, i fornitori, i consulenti esternie altri ancora. Tutti questi portatori diinteresse, definiti stakeholder, pongonointerrogativi sempre più complessi sullaqualità dei servizi erogati e sul relativocollegamento con la performance delleorganizzazioni sportive, un tema emer-gente anche nel dibattito scientifico inter-nazionale, soprattutto a livello europeo(Madella 1998, 2000, 2002; Esposito,Madella 2003; Madella, Esposito 2004;Bayle 1999, 2001; Marano 1996, 2001;Meurgey, Nier 1999; Papadimitriou 1994;Papadimitriou, Taylor 2000).Per determinare correttamente la perfor-mance di una organizzazione sportivabisogna tener conto del fatto che è possi-bile raggiungere gli obiettivi prefissati purnon utilizzando nel migliore dei modi leproprie risorse, ma è anche possibile che sipossa essere incapaci di raggiungere irisultati sperati nonostante l’ottimizzazio-ne del processo interno. L’analisi di questedinamiche non sempre viene approfonditae appare evidente come le tematiche dellaqualità siano abbastanza deboli nelleorganizzazioni sportive che spesso sonoconcentrate sull’attività quotidiana per-dendo di vista le problematiche legate allasua misurazione. Oltre ai criteri oggettivi(es. la classifica finale di un campionato) il

processo di valutazione dovrebbe conside-rare parametri soggettivi legati alla perce-zione degli utenti come variabile strategi-ca instaurando così un vero e proprio pro-cesso di gestione della qualità (Madella2003; Ferrand 2003; Beccarini 2003). Ancora meno investigata risulta la que-stione relativa al marketing socialmenteresponsabile visto come opportunità perl’organizzazione sportiva, che potrebbeindividuare elementi di “valore” in aspettiintangibili quali la reputazione, l’immagi-ne e l’affidabilità in termini di responsabi-lità sociale, etica e ambientale. I progetti di cause related marketing(CRM) con i quali le imprese perseguono ipropri obiettivi di natura commerciale for-nendo, al tempo stesso, un contributo aduna causa sociale sono molto diffusi intutto il mondo.Anche il nostro Paese presenta un patrimo-nio di esperienze di cause related marke-ting assai significativo per quanto riguardail mondo aziendale con episodi dapprimasaltuari che a partire dalla seconda metàdegli anni ’80 sono diventati sempre piùnumerosi (Molteni, Devigli 2004). Tra lecause sociali più quotate ci sono la medici-na e la salute, l’assistenza ai senza tetto, lalotta alla fame, la tutela dell’ambiente, leemergenze dei disastri naturali, il dirittoallo studio, la promozione di attività lavo-rative in aree con elevato tasso di disoccu-pazione o in Paesi in via di sviluppo, con losport che sta prendendo sempre più piedein quanto strumento di comunicazionecapace di amplificare il messaggio valoria-le. Si pensi, ad esempio, al circuito interna-zionale di Avon Running con il quale lamultinazionale statunitense, leader mon-diale nel settore dei prodotti cosmetici,coinvolge in una gara podistica riservataalle donne, circa 50.000 atlete di livelloamatoriale e agonistico con l’obiettivo direndere noti i rischi connessi al tumore alseno e le principali forme di prevenzione,tra cui occupa un posto preminente l’atti-vità fisica.Solo di recente è iniziata una seria riflessio-ne sulla opportunità che anche le organiz-zazioni sportive formulino e realizzino stra-tegie di marketing per perseguire obiettivicommerciali e agonistici fornendo al tempostesso un contributo, economico e non auna causa sociale. Il F.C. InternazionaleMilano ha iniziato, per esempio, nel 1996con una partnership con il WWF, grazie allaquale per ogni abbonamento sottoscritto,senza sovrapprezzo, si impegnava a com-prare un albero da piantumare in un parcopoco lontano dallo stadio e ha continuatonel tempo tramite collaborazioni conEmergency raccogliendo fondi per un ospe-dale in Cambogia e per altre iniziativesociali nel mondo, senza dimenticare che

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nel 2003 è stata insieme alla Reggina, pron-ta ad attivarsi dopo il dramma di Nassiryadevolvendo l’intera vendita dei biglietti del-l’incontro tra le due squadre alle famigliedelle vittime.In quest’ottica, dunque, il ruolo del diri-gente sportivo è quello di anticipare einterpretare il cambiamento, trasforman-do le organizzazioni sportive in partnerattivi e indispensabili per iniziative conforte valenza sociale in grado di favorireun modello di crescita condivisa che devenecessariamente proporre nuove filosofiedi partnership e nuovi strumenti operativi(Ghiretti 2007).

Il dibattito si va comunque animandoanche perché alcune esperienze concretehanno dimostrato come pure per le orga-nizzazioni sportive il marketing legato aduna causa sociale costituisca una via perincrementare la propria reputazione e perdiffondere la cultura della responsabilitàsociale (es. il progetto Biciscuola e il Girod’Italia). Ecco perché dopo aver definito lecaratteristiche che contraddistinguononell’ottica di marketing la responsabilitàsociale e l’etica, nella parte finale fornire-mo alcune semplici indicazioni per inserirequesti due elementi generatori di valorenella pianificazione strategica delle orga-nizzazioni sportive.

Il ruolo del marketing socialmente responsabile nelle organizzazioni sportive

A fronte della rilevanza sociale del fenome-no sportivo deve necessariamente regi-strarsi un adeguato sviluppo economico eorganizzativo che consenta di gestire nelmigliore dei modi un settore in crescenteespansione. Se per marketing intendiamoun processo di creazione, distribuzione epromozione non solo di beni e di servizi, maanche di idee al fine di facilitare relazioni discambio soddisfacenti tra i vari portatori diinteresse generando valore, è plausibile che

anche il dinamico settore sportivo possaottenere dei vantaggi utilizzando corretta-mente concetti, metodologie e prassi pro-prie del campo del marketing socialmenteresponsabile.È possibile trovare riflessioni concettualidavvero approfondite sul marketing dellosport fatte da autori italiani (Cherubini1987, 2003; Cherubini, Canigiani 1997,2000, 2001, 2002; Cherubini, Canigiani,Santini 2003, 2005; Diana 1997; Ricci 2000;Corsolini 2002; Delicato 2003, 2004;Zagnoli, Radicchi 2005) così come preziosoappare il contributo di alcuni autori d’oltreconfine (Ferrand A., Ferrand C. 1998, 2004;Ferrand, Torriggiani 2005; Ferrand, Torrig-

giani, Camps 2006), anche se ancora insuffi-ciente sembra l’approfondimento sull’auspi-cato coinvolgimento del mondo sportivonella corporate social responsability (CSR),che prevede l’inserimento nei processi deci-sionali dell’attenzione per gli interessi deivari stakeholder e la coerente attuazione distrategie gestionali. La letteratura economico-aziendale italia-na ha analizzato i rapporti tra l’impresa el’ambiente di riferimento (Matacena 1984,2005; Rusconi 1988; Hinna 2002) al paridi quella straniera (Werther, Chandler2006) mentre il tema delle relazioni traassociazioni sportive e stakeholder in

chiave strategica è stato affrontato solorecentemente (Marano 1999) con alcuneriflessioni che hanno riguardato poi anchele aziende operanti nel settore dello sport(Buscarini 2005).L’argomento è di enorme attualità in consi-derazione del fatto che, per avere successonell’attuale contesto di mercato nel qualeaumenta giorno dopo giorno la competizio-ne, le organizzazioni sportive devono esserein grado di rispondere prontamente aicambiamenti dell’ambiente con particolareattenzione ai mutamenti dei desideri dei“clienti”. Per ottenere delle performanceaccettabili le organizzazioni sportive sonochiamate, oggi più che mai, ad agire

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responsabilmente ed eticamente e ciò nonpuò prescindere da un esame analitico delleforze che in un determinato contesto con-tribuiscono ai vari mutamenti ambientali.L’ambiente di marketing può essere dise-gnato dalle forze che influenzano diretta-mente o indirettamente l’acquisizione difattori produttivi da parte dell’organizzazio-ne sportiva (si pensi al tesseramento degliatleti, agli introiti da sponsorizzazioni, agliistruttori, alla capacità di ottenere informa-zioni aggiornate sulle tendenze di mercato,alla scelta di un impianto dove giocare lepartite, ecc.) che metabolizza attraverso unprocesso di management tali input fino allacreazione di un prodotto che, nel caso dellosport, è quasi sempre un servizio di intrat-tenimento impreziosito da una serie di ideecapaci di renderlo unico per essere appeti-bile e per generare del valore (Baghero,Perfumo, Ravano 1999).Nella società moderna il cambiamentorepentino dell’ambiente di marketing generaincertezza, a volte crea minacce per le orga-nizzazioni sportive, ma in molti casi puòessere foriero di opportunità da sfruttare.Ecco perché il monitoraggio dell’ambienteesterno rappresenta un momento indispen-sabile per la sopravvivenza e per il raggiun-gimento degli obiettivi di lungo periododelle organizzazioni sportive. Indubbiamenteil processo di raccolta delle informazionisulle forze che operano nell’ambiente dimarketing ha avuto un notevole impulsodalla diffusione di Internet anche se il diri-gente sportivo è chiamato a valutare einterpretare le informazioni disponibili perstabilirne l’accuratezza e l’affidabilità. Il dia-logo con i principali interlocutori per cercaredi capire cosa si aspettano dall’organizza-zione sportiva comporta peraltro un dispen-dio in termini di risorse economiche, masoprattutto umane. Proprio tali risorse rap-presentano una punto chiave la cui gestioneva accuratamente pianificata a tutti i livelli(Slack 1997; Chelladurai, Madella 2006).Dall’elaborazione interna dei risultati è pos-sibile ricavare un quadro esauriente suipunti di forza e di debolezza dell’organizza-zione sportiva identificando altresì le poten-ziali minacce e opportunità legate ai muta-menti dell’ambiente esterno. Vengono cosìposte le basi per un processo di pianificazio-ne strategica attraverso il quale è necessariofornire delle risposte concrete alle prioritàemerse. Analizzando, ad esempio, il partico-lare mondo delle imprese commerciali chepossono essere coinvolte come sponsor, nonpuò sfuggire al dirigente sportivo la cre-scente necessità di comunicare valori attra-verso il proprio bilancio di responsabilità cheutilizza in molti casi il veicolo sport ponendol’attenzione continua alla tutela dei minori edelle persone diversamente abili, adottandouna comunicazione che promuova scelte

d’acquisto consapevoli e valorizzando indiversi modi (magari attraverso un eventosportivo) persone, iniziative e particolarilocalità.In realtà coloro che gestiscono le organizza-zioni sportive si trovano – come del restotutti i manager aziendali – fondamental-mente ad un bivio: considerare le forzeambientali incontrollabili oppure tentare diinfluenzarle attraverso un approccio che ètanto più efficace quanto più risulti proatti-vo (Varadarajan, Clark, Pride 1992) purdovendo tenere in debita considerazione ilfatto che esistono alcuni limiti al grado concui le forze ambientali possono esseremodificate.Volendo schematizzare nel “mercato” dellosport possono essere individuate cinquegrandi tipologie che racchiudono le varieforze esterne competitive, economiche, poli-tiche e legali, tecnologiche e socioculturali.

Le forze competitive

Negli ultimi anni si è assistito in Italia al proli-ferare di associazioni sportive dilettantistichee di società con scopo di lucro che a variotitolo si occupano di erogare un’offerta chevuole rispondere alla crescente domanda disport. È aumentata dunque la concorrenza eil suo monitoraggio può guidare le organizza-zioni sportive nello sviluppo di vantaggi com-petitivi per una corretta implementazionedelle strategie di marketing. La comprensio-ne delle tendenze di mercato e di ciò che ivari “clienti” desiderano, assieme all’analisidei case history di successo, può aiutare amantenere un orientamento al marketingdello sport.

Le forze economiche

Le condizioni economiche generali influen-zano le attività e le decisioni dei consuma-tori di sport, ma anche delle organizzazioniche erogano il servizio sportivo. In momentidi recessione, la relativa diminuzione delpotere di acquisto ha effetti sulla disponibi-lità alla spesa per servizi legati al tempolibero che potrebbe contrarsi. L’inclinazionead acquistare per effetto della soddisfazioneattesa dal consumo di sport è però influen-zata anche da numerose forze psicologichee sociali che vanno debitamente considera-te. Qualunque sia il ciclo economico chepuò influenzare le strategie di marketing, glisforzi promozionali dovrebbero porre in risal-to il valore e l’utilità insistendo, ad esempio,sulla comunicazione legata ai benefici chela pratica sportiva può apportare al benes-sere della popolazione di qualsiasi età.

Le forze politiche e legali

I provvedimenti normativi sono l’espressionedella politica di un determinato momentostorico che ha un indiscusso intreccio conle questioni legate allo sport (Hoberman1988; Noto 1994). Il Consiglio europeo diNizza (dicembre 2000) ha definito lo sportcome: “un’attività umana che si fonda suvalori sociali, educativi e culturali essenziali.È un fattore di inserimento, partecipazionealla vita sociale, tolleranza, accettazionedelle differenze e del rispetto delle regole.L’attività sportiva deve essere accessibile atutte e a tutti, nel rispetto delle aspirazionie delle capacità di ciascuno e nella diversitàdelle pratiche agonistiche o amatoriali,organizzate o individuali. La pratica delleattività fisiche e sportive rappresenta, per idisabili, fisici o mentali, un mezzo privilegia-to di sviluppo individuale, di rieducazione, diintegrazione sociale e di solidarietà e a taletitolo deve essere incoraggiata”.Vanno inquadrate in tale contesto le recentilinee di intervento del Ministro per lePolitiche giovanili e le attività sportive al finedi promuovere la pratica sportiva tra i bambi-ni e i giovani (per la lotta all’obesità), ilsostegno all’attività del Coni e del ComitatoParaolimpico e una nuova stagione per l’im-piantistica sportiva. È chiaro che tali provve-dimenti hanno la potenzialità di influenzare lestrategie delle organizzazioni sportive chesono chiamate comunque ad un continuoaggiornamento sugli aspetti normativi.

Le forze tecnologiche

L’applicazione della conoscenza e deglistrumenti per risolvere problemi ed esegui-re compiti in modo più efficiente consentedi fornire ai consumatori di sport unagamma straordinaria di servizi e prodotti.La posta elettronica, la posta vocale, itelefoni cellulari, i palmari ed i computerhanno velocizzato i tempi di comunicazio-ne. L’avvento dei media elettronici ha ride-finito poi l’esperienza di consumo di sportda parte dello spettatore facendo assume-re alla fruizione mediata una posizione avolte prevalente rispetto a quella diretta.La tecnologia continua a creare nuoveopportunità, soprattutto in alcune discipli-ne ad alto valore tecnologico aggiunto cheutilizzano Internet mediante connessioni abanda larga, i satelliti per le telecomunica-zioni, cavi a fibre ottiche e dispositivi wire-less. Per rimanere competitive le organiz-zazioni sportive sono chiamate a seguire iprogressi tecnologici, anche se vannoopportunamente considerati i problemi disostenibilità ambientale.

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Responsabilità sociale ed eticanel marketing dello sport

La Commissione Europea, nel 2001, hadefinito la responsabilità sociale d’impresa(RSI) attraverso l’approvazione di un LibroVerde come: “l’integrazione volontaria dellepreoccupazioni sociali ed ecologiche delleimprese nelle loro operazioni commerciali enei loro rapporti con le parti interessate(stakeholder)”.Essere socialmente responsabili significanon solo soddisfare pienamente gli obblighigiuridici applicabili, ma anche andare al di làinvestendo “di più” nel capitale umano conl’obiettivo di uno sviluppo sostenibile. Tral’altro a livello internazionale l’ISO WorkingGroup sulla Responsabilità sociale (ISO/WGSR) sta lavorando alla prima significativanorma tecnica (la futura ISO 26000) sullasocial responsibility che dovrebbe esserepubblicata entro il 2008.Il termine responsabilità racchiude dun-que in sé l’impegno dell’impresa a rispon-dere di tutti i propri comportamenti erisultati e a stabilire una comunicazionecon gli stakeholder che sia in grado di

costruire un rapporto basato sulla fiduciae sullo scambio di idee al fine di raggiun-gere il benessere comune.Il mondo dello sport non può sfuggire aquesto processo di affermazione dellaresponsabilità sociale anche perché, a paritàdi altre condizioni, l’associazione di un brandad una buona causa può influenzare i con-sumatori a favore di quella marca offrendoleun vantaggio competitivo sui suoi concor-renti (Bazzanella 2003).Il diffondersi dell’idea dell’organizzazionesportiva come “attore sociale” per cuiessa sia quando opera a scopo di lucrosia quando opera come associazionesportiva dilettantistica, non riveste più unruolo puramente tecnico ed economico,ma anche culturale e morale, ha certa-mente favorito l’apertura verso nuoveforme di sponsorizzazioni sociali comeconfermano alcuni dati di mercato (Stageup 2007).In un contesto competitivo, in continuaevoluzione, come quello sportivo l’impe-gno delle organizzazioni che vi operanoverso i propri stakeholder costituisce unimportante fattore strategico alla base delsuccesso nel medio-lungo periodo, soprat-tutto quando riesce a conciliare competiti-vità e sostenibilità.In chiave di marketing la responsabilitàsociale può definire per una organizzazio-ne sportiva il dovere di massimizzare ilproprio impatto positivo e minimizzarequello negativo sull’ambiente interno edesterno. Essa attiene dunque all’effettoglobale di tutte le decisioni che possonoavere una rilevanza sulla società. Nel momento in cui le organizzazioni spor-tive riescono ad instaurare un rapporto difiducia con i propri associati, i tesserati, igiornalisti, gli sponsor, i fornitori, i rappre-sentanti delle istituzioni e in genere con idiversi stakeholder, è possibile parlare dimarketing responsabile.Azioni irresponsabili potrebbero mettere arepentaglio l’immagine dell’organizzazionesportiva generando ripercussioni negative dicarattere finanziario e addirittura legale,mentre un marketing socialmente respon-sabile favorisce il radicamento sul territorioponendo l’organizzazione sportiva comeinterlocutore affidabile, in grado di riscuote-re e generare consenso in una mappa diportatori di interesse, che deve necessaria-mente essere gerarchizzata al fine di indivi-duarne la relativa importanza e la conver-genza rispetto agli obiettivi prefissati dal-l’organizzazione sportiva. In un contesto di marketing il concetto diresponsabilità sociale e quello di eticapossono assumere significati per certiversi distinti anche se, in realtà, rimango-no strettamente interrelati. Infatti laresponsabilità sociale attiene all’effetto

totale delle decisioni di marketing dell’or-ganizzazione sportiva sull’intera societàmentre l’etica riguarda più in particolarele decisioni di individui e di gruppi rispet-to a cosa sia giusto o sbagliato in un par-ticolare contesto ambientale nel qualesono fondamentali i valori di riferimento. In genere, è soprattutto nei momenti criti-ci e difficili che in qualunque settore ilrichiamo all'etica appare più insistente: sireclama maggiore coerenza di comporta-menti, si invocano atteggiamenti mag-giormente responsabili si propongononuove regole, apparentemente più giusteed efficaci. Introdotto da Aristotele, lievemente distin-to e spesso identificato con quello di“morale”, il concetto di etica designa ognidottrina che si occupi del comportamentopratico dell’uomo e della società umana,immaginata come norma di vita concer-nente i costumi e l’assetto morale.Lo studio dei valori umani, delle azioni e deifini e dell’agire secondo norme morali stasempre di più interessando il variegatomondo dello sport, da quello professionisti-co e di performance agonistica elevata,

Forze socioculturali

Lo sport si è trasformato nel corso del XXsecolo in un comparto significativo delle eco-nomie dei paesi industrializzati. In una societàesistono fattori che determinano cambiamen-ti nelle credenze, negli atteggiamenti, nellenorme, nei costumi e negli stili di vita e losport rappresenta un fatto sociale totale(Russo 2004) attraversato da un marcatoprocesso di commercializzazione non solodello spettacolo sportivo, ma anche del suoindotto (Madella 1997; Cafferata 1998;Piantoni 1999; Brunelli 2002). La passionedel pubblico può essere oggetto di operazionidi marketing che riguardano l’offerta di unaserie di servizi a pagamento (attività associati-ve e ricreative), la vendita di oggettistica varia(merchandising), alcune forme diverse difidelizzazione (es. carte di credito recanti ilmarchio dell’organizzazione sportiva) cheincentivano la trasformazione del consumosportivo da pratica ad esperienza (Bale 1994;Magnier, Russo 2002). In questo modo negliimpianti sportivi non si celebra solo un eventoagonistico. Gli stadi mirano infatti ad attrarreclientele diversificate mediante l’organizzazio-ne di una serie di attività e di manifestazionicollaterali, modificando così la modalità diapproccio al consumo sportivo. In sostanza iltempo libero ha assunto una grande impor-tanza e ciò non può essere sottovalutato daidirigenti sportivi chiamati ad analizzare conattenzione le nuove tendenze sociali e cultu-rali (Porro 2001).

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tanto esaltato e spettacolarizzato daimedia, a quello amatoriale e ricreativo chesembra penetrare con una forza devastantenel contesto sociale odierno (Sorgi, Franchi2004; Franchi 2005). Entrambi i modelliconservano infatti quell’apertura al con-fronto, quella necessità dell’altro, dell’av-versario, che confermano in sostanza icaratteri di socialità, democrazia e confron-to leale, propri dello sport.Negli ultimi tempi l'appello all'etica è risuo-nato con chiarezza nel mondo dello sportper le note vicende di corruzione e per quel-le legate al doping amministrativo e farma-cologico. Minore attenzione viene inveceriservata ad alcune peculiari questioni cheriguardano il marketing etico (Pastor-Reiss,Nailon 2002) al quale dovrebbero ispirarsitutti coloro che intendono promuovere unconsumo più responsabile anche in ambitosportivo. In particolare considerando comemarketing mix quella combinazione dei varifattori di marketing in un insieme integratoe coerente alla strategia di una organizza-zione sportiva che vuole rivolgersi ad undeterminato target, si evidenziano alcuniquestioni etiche di particolare delicatezzariferite al servizio sportivo, alla sua distribu-zione e promozione ed al prezzo da fissareper la sua fruizione (tabella 1).La stretta relazione tra responsabilità socia-le ed etica nel marketing dello sport risultain maniera evidente quando una organizza-zione sportiva abile nel sostenere decisionisocialmente responsabili e capace di agireeticamente, sia poi verosimilmente in gradodi generare sull’ambiente di riferimento uneffetto valutato in termini positivi daidiversi stakeholder.

La piramide della responsabilità socialedelle organizzazioni sportive

L’adozione di un orientamento strategicovolto ad assolvere alle responsabilitàsociali ed economiche, legali, etiche efilantropiche che rientrano nelle aspetta-tive degli individui, degli Enti e delle isti-tuzioni che hanno una partecipazione oun interesse in qualche aspetto dell’orga-nizzazione sportiva può essere sintetizza-ta attraverso una piramide della respon-sabilità sociale (figura 1) nella quale sonoevidenziate le varie dimensioni (Carroll1991).

Se da un lato la funzione sociale dellosport è da tempo riconosciuta (Relazionedel 18 luglio 2000 del ParlamentoEuropeo) assieme a quella economica elegale, si registra dall’altro solo recente-mente una crescita di interesse verso gliaspetti legati alle questioni etiche e aquelle filantropiche.

Categoria di questioni Esempi

Prodotto/ • Occultare i rischi associati ad un prodotto o un servizio sportivoservizio sportivo • Occultare informazioni sulla funzione, sul valore o sull’uso di un prodotto o un servizio sportivo • Occultare informazioni sui cambiamenti della natura, della qualità o della grandezza di un prodotto o servizio sportivo

Distribuzione • Venir meno ai diritti e alle responsabilità associati a specifici ruoli di intermediazione • Manipolare la disponibilità di un prodotto o servizio sportivo • Usare un potere coercitivo per vincolare altri intermediari a comportarsi in un certo modo

Promozione • Pubblicità menzognera o ingannevole • Impiego di promozioni delle vendite, di tattiche e di pubblicità manipolative o ingannevoli • Offerta o accettazione di tangenti nelle situazioni di vendita personale

Prezzo • Fissazione di un prezzo troppo alto rispetto alla qualità del servizio erogato • Prezzo predatorio (più basso rispetto ai costi di produzione per “predare” le quote di mercato dei concorrenti diretti) • Occultamento del prezzo pieno di un acquisto legato all’offerta sportiva

Tabella 1 – Questioni etiche nel marketing mix dello sport (da Pride, Ferrel 2005, adattatodall’Autore).

Donarerisorse

alla comunità:migliorare

la qualità della vitaPromuovere

il benessere umano

DIMENSIONE FILANTROPICA

DIMENSIONE ETICA

Impegnarsi a fare ciò cheè giusto, imparziale ed equo

Evitare di arrecare danni

DIMENSIONE LEGALE

Rispettare la codificazione di ciò che è giusto e sbagliato per la società

Giocare secondo le regole

DIMENSIONE SOCIALE E ECONOMICA

Fornire beni e servizi alla collettivitàContribuire alla crescita del sistema sociale

Rendicontare ai portatori di interesse

Figura 1 – La piramide della responsabilità sociale delle organizzazioni sportive (da Carrol 1991,adattato dall’Autore).

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Come includere la responsabilità sociale e l’etica nella pianificazione strategica

Una delle modalità più diffuse con cui leorganizzazioni sportive dimostrano la pro-pria responsabilità sociale è l’adozione dibuone prassi consistenti in programmi diprotezione e conservazione dell’ambientenaturale. Soprattutto nei grandi eventi lanecessità di poter disporre di numerosiimpianti efficienti sotto il profilo sportivoed agonistico e il conseguente bisogno diprocedere alla loro realizzazione ed alla loroinfrastrutturazione, comporta per il territo-rio un evidente problema di assorbimentoche non è certamente indenne dal procura-re impatti di differente intensità sull’am-biente naturale.

Dimensione sociale ed economica

L’ottenimento del profitto per remunerare adeguatamente i proprietari e gli investitori rappresental’obiettivo principale delle aziende, mentre la gran parte delle organizzazioni sportive (anche quel-le con scopo di lucro) ha nella propria mission la promozione dello sport in virtù della sua giàrichiamata funzione sociale promossa con dedizione da tanti dirigenti sportivi che attraverso laloro opera, spesso volontaria, riescono ad offrire ai cittadini opportunità di crescita culturale, dieducazione, di confronto, di realizzazione, di prevenzione di patologie sanitarie, di integrazione edi spirito di appartenenza. Sono solo alcuni dei valori posti in campo dal sistema sportivo chedeve acquisire un maggiore senso di responsabilità nei confronti dei portatori di interesse ai qualiè necessario rendicontare opportunamente tutte le attività svolte al fine di sottoporre alla sorve-glianza dei referenti esterni l’area della responsabilità sociale.

Dimensione legale

Anche le organizzazioni sportive devono necessariamente attenersi alle leggi ed ai regolamentidell’ordinamento statale. Ma ciò non basta in quanto l’ordinamento sportivo prevede una seriedi altre norme che devono essere osservate per mantenere l’intero sistema entro una condottaaccettabile e standardizzata. È il caso, ad esempio, delle regole tecniche la cui ottemperanzaassicura il corretto svolgimento delle manifestazioni e dei Campionati sia per gli aspetti riguar-danti il confronto atletico sia per gli aspetti inerenti la preparazione dei campi di gara. Del resto“giocare secondo le regole” è una delle caratteristiche fondamentali che lo sport promuoveimplicitamente, proprio per la sua natura di attività che necessita dell’altro per un confrontoindispensabile con il prossimo al fine di affermare se stessi. Esporre un cartellone pubblicitariodi dimensioni più grandi rispetto a quanto è previsto da un regolamento federale può rappre-sentare, ad esempio, una condotta percepita come irresponsabile da parte degli operatori dimarketing che agiscono nel sistema sportivo.

Dimensione etica

In chiave di marketing la dimensione etica è costituita dai principi e dagli standard che definisco-no una condotta accettabile dai vari stakeholder. È chiaro che le dimensioni sociali, economichee legali costituiscono il nucleo vitale delle organizzazioni sportive ed è per questo che esse sonoposizionate alla base della piramide. Se un dirigente sportivo non le prendesse in considerazioneadeguatamente potrebbe provocare la scomparsa o l’indebolimento della sua organizzazione, aqualsiasi livello essa operi. L’etica di marketing va ben oltre il rispetto delle regole (dimensione legale) e promuove compor-tamenti in grado di generare quella fiducia indispensabile per costruire relazioni solide e durature.Peraltro la crescente diffusione dell’etica come fattore competitivo ha portato l’organizzazionesportiva a porre maggiore attenzione anche ai valori da esprimere e comunicare attraverso unastrategia ben codificata. Il cambiamento dell’atteggiamento dei consumatori può provocare infattidei notevoli danni quando alcuni servizi sportivi suscitano percezioni negative (es. un evento orga-nizzato senza la necessaria pianificazione) o quando alcuni atleti generano una mancanza di fidu-cia (es. quando non collaborano alle inchieste giudiziarie riguardanti il doping) o quando alcuneorganizzazioni utilizzano criteri di gestione non del tutto trasparenti (ad esempio nella redazionedei bilanci). Le questioni etiche richiedono ai dirigenti sportivi una scelta tra soluzioni alternative che devonoessere valutate come giuste o sbagliate secondo la propria sensibilità e il contesto nel quale siopera. Indipendentemente dal rispetto della legalità, si pone una questione etica ogni qualvolta ilservizio sportivo erogato non corrisponde alle aspettative ragionevoli dei clienti. In tal senso lavalorizzazione dello sport può riguardare anche una questione etica: diminuirne la sua funzioneeducativa, sociale e culturale significa danneggiare l’intero mondo sportivo. Anche l’utilizzo di pro-mozioni ingannevoli della propria attività, accompagnato da una politica di prezzo non adeguata alservizio sportivo offerto, può essere foriero di questioni etiche che interessano anche alcune deci-sioni strategiche dell’organizzazione sportiva: fissare una quota sociale di adesione ad un’associa-zione sportiva dilettantistica ad una cifra abbastanza alta per impedire sostanzialmente l’ingressodi altri soci o organizzare un spettacolo sportivo che non rispetti i criteri di sicurezza può certa-mente generare questioni legate all’etica di marketing.

Dimensione filantropica

La parte apicale della piramide dellaresponsabilità sociale delle organizzazionisportive è occupata dalla dimensione filan-tropica con la quale sostanzialmente sitende a promuovere il benessere umano.Per le organizzazioni sportive il marketinglegato ad una causa sociale costituisce unimportante strumento per raggiungere gliobiettivi non solo economici, aumentare lapropria reputazione e diffondere ancheall’interno dell’organizzazione stessa la cul-tura della responsabilità sociale. Del resto negli ultimi anni è cresciuta note-volmente la sensibilità attraverso la qualeanche le imprese hanno realizzato strategiedi marketing con cui hanno perseguito obiet-tivi commerciali fornendo al tempo stesso uncontributo alle cause ambientali e sociali. Una nuova frontiera per le organizzazionisportive riguarda l’adozione di un approcciostrategico alla filantropia facendo qualcosache va oltre il consueto contributo finanzia-rio erogato a favore di una causa benefica.Avere un approccio di filantropia strategicapuò significare per le organizzazioni sportiveimpiegare le competenze distintive e lerisorse anche per favorire gli interessi dialcuni particolari stakeholder in modo dagenerare benefici a livello organizzativo esociale. Si pensi, ad esempio, al benesseredei volontari che investono del tempo liberoprezioso per offrire un contributo concretoallo sviluppo delle attività sportive. Offrire aivolontari una opportunità di crescita cultu-rale e di formazione, sensibilizzandoli maga-ri sulle tematiche della sostenibilità ambien-tale, può consentire un adeguamento pro-gressivo delle competenze e delle risorseutilizzabili dall’organizzazione sportiva perrispondere concretamente ai diversi bisognidella comunità di riferimento.

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Anche ai Giochi Olimpici Invernali di Torino2006, ad esempio, è stata prestata una par-ticolare attenzione alle tematiche ambien-tali e ciò in coerenza con l’atteggiamentoassunto dal Comitato internazionale olim-pico che, dopo la Conferenza di Rio deJaneiro del 1992, ha posto la questioneambientale tra i valori da considerare perl’organizzazione delle manifestazioni olim-piche (CIO, Agenda 21, 2005).Questa presa di coscienza del mondo sporti-vo si è tradotta, nel caso di Torino 2006, conla previsione normativa di operare alla realiz-zazione dell’evento utilizzando la proceduradi Valutazione Ambientale Strategica (VAS)prevista da un’apposita Direttiva europea.Il Comitato Organizzatore (TOROC) è diven-tato garante di questo obiettivo dotandosidi una propria Direzione Ambiente che hapredisposto una serie di strumenti strategicidi pianificazione e monitoraggio ambientalecontinuo del percorso organizzativo e harealizzato alcuni programmi finalizzati agarantire un bilancio ambientale complessi-vo in attivo o, nella peggiore delle ipotesi, inpareggio. Tra i più significativi si possonoricordare il progetto Acquisti Verdi, il pro-getto Sponsor e Sostenibilità, il progettoEcolabel per l’attribuzione del marchioambientale agli esercizi ricettivi, il progettoHECTOR (Heritage Climate Torino) che haconsentito di neutralizzare la produzione diCO2 prodotta per l’organizzazione e la realiz-zazione dei Giochi. Tra l’altro il TOROC, conuna propria autonoma decisione, ha ritenu-to di doversi dotare di un Sistema diGestione Ambientale (SGA) che ha consenti-to di ottenere la certificazione UNI EN ISO14001 e la registrazione EMAS.Una forte caratterizzazione ambientaleche si traduce in varie azioni concrete sipuò peraltro registrare anche in eventi diminori dimensioni. È il caso, ad esempio,dell’ultima edizione della Vivicittà, garapodistica svoltasi il 15 aprile scorso. Tuttoil materiale cartaceo per la comunicazionedell’iniziativa (manifesti, volantini, locan-dine, diplomi e cartelline) è stato stampatosu carta ecologica certificata ISO. I 40.000pettorali per la gara competitiva di 12 kmsono stati realizzati in Tyvek cartotecnico,un particolare materiale riciclabile al paridei 120 km di nastro stradale, mentre i100.000 bicchieri per i rifornimenti eranoecologici e biodegradabili al 100%. È stataprestata la massima cura ecologica nellagiornata di Vivicittà, e - in collaborazionecon Lifegate Impatto zero - l'anidride car-bonica prodotta per la realizzazione deimateriali è stata compensata con la rifore-stazione e tutela di un'area boschiva di1.532 m2 in Costarica. La sperimentazioneha previsto tantissime altre buone prassiper contribuire a diffondere la culturadello sviluppo sostenibile.

Un altro modo per inserire concretamente laresponsabilità sociale nella pianificazionestrategica dell’organizzazione sportiva èrappresentato dalla adozione di un codiceetico che pur tenendo come modello di rife-rimento il Codice Europeo di Etica Sportivaapprovato nella 7a Conferenza dei Ministrieuropei responsabili dello Sport (Rodi, 13-15maggio 1992) ed il Codice di comportamen-to sportivo approvato dal Consiglio naziona-le del Coni con delibera 1270 del 15 luglio2004, dovrebbe auspicabilmente andareoltre i principi di correttezza, lealtà, antido-ping e non violenza per approfondire lequestioni riguardanti i diversi diritti e doveridei vari stakeholder. In questo senso, uncodice etico, un codice di buona prassi ouna carta dei valori potrebbero aiutare nonpoco a far maturare una nuova consapevo-lezza sportiva ed etica anche nelle delicatequestioni che riguardano il marketing e lacomunicazione in ambito sportivo.Certamente lo strumento più potente perinserire concretamente la responsabilitàsociale nella pianificazione strategica del-l’organizzazione sportiva è rappresentatodal bilancio sociale (Palazzi 2005; Buscarini,Manni, Marano 2006).Si tratta di un rapporto informativo che,attraverso valori quantitativi e qualitativi,rende conto dell’impatto complessivo che leazioni dell’organizzazione sportiva determi-nano nel contesto in cui opera, ed è in gradodi rispondere ai nuovi valori di trasparenza,concretezza e lealtà che i consumatori sem-pre di più pretendono dalle imprese e dagliEnti senza scopo di lucro del nuovo millen-nio.

In mancanza di una normativa generale diriferimento l’informativa sociale è rimastaespressione volontaria dell’impresa (per lePubbliche Amministrazioni: Direttiva 17febbraio 2006) anche se a livello del nonprofit l’Ordine nazionale dei dottori com-mercialisti ha pubblicato nel 2003 alcunelinee guida per la sua adozione. Nelmondo dello sport la Federazione motoci-clistica italiana e la Federazione italianacanottaggio hanno adottato, ad esempio,un report completo che affiancato albilancio d’esercizio, consente di integrareil sistema informativo federale con datisociali ed ambientali rendicontando a tuttigli stakeholder, i risultati dei comporta-menti e delle sue azioni in tema sociale edetico. Il Padova Calcio ha invece redattoun bilancio sociale attraverso il quale hacertificato il suo impegno etico nel ridi-stribuire risorse al territorio locale.In pratica, il bilancio sociale consente dimettere in rapporto (attraverso valutazionicontabili o extracontabili, indicatori e dati)la quantità e la qualità di relazione traorganizzazione sportiva e stakeholder, evi-denziando i vantaggi e il valore che essaha prodotto per determinate categorie diinterlocutori. Alla base del documento c’è infatti la consa-pevolezza che la contabilità ordinaria nonbasta per descrivere la complessa attività diuna organizzazione complessa come quellasportiva. Va segnalato che nel mondo dellosport, pur essendo un potente strumento diprogrammazione, gestione e controllo e unefficace strumento di comunicazione, ilbilancio sociale fatica a trovare spazio.Eppure potrebbe rappresentare una grossaopportunità per rafforzare un sistema direlazioni che lega lo sport al territorio eviceversa, conferendo alle organizzazionisportive professionistiche e dilettantisticheuna autorevolezza ed una credibilità che isemplici risultati agonistici non assicurano.Non va infatti trascurato il fatto che unaorganizzazione sportiva o un atleta chesiano socialmente responsabili, possanoapparire sempre vincenti, al di là delleoscillazioni di medaglie conquistate e deirisultati ottenuti sui campi di gara.

L’Autore: Giovanni Esposito, docente e consulentedella Scuola dello Sport per la formazione inmanagement dello sport si è specializzato in“Diritto ed Economia dello Sport nell’UnioneEuropea” all’Università degli Studi di Teramo –Sede di Atri – dove attualmente è dottorando diricerca in “Critica storica giuridica ed economicadello sport”.

e-mail: [email protected]

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PremessaIl presente Codice di comportamento sportivospecifica i doveri fondamentali di lealtà, cor-rettezza e probità previsti e sanzionati dagliStatuti e dai regolamenti del Coni, delleFederazioni sportive nazionali, delle Disciplinesportive associate, degli enti di promozionesportiva e delle Associazioni benemerite.I tesserati alle Federazioni sportive nazionali,alle Discipline sportive associate, agli Enti dipromozione sportiva e alle Associazioni bene-merite, in qualità di atleti, tecnici, dirigenti,ufficiali di gara, e gli altri soggetti dell’ordina-mento sportivo, in eventuali altre qualifichediverse da quelle predette, comprese quelledi socio cui è riferibile direttamente o indiret-tamente il controllo delle società sportive,sono tenuti all’osservanza del Codice e la loroviolazione costituisce grave inadempimentomeritevole di adeguate sanzioni.L’ignoranza del Codice non può essere invo-cata a nessun effetto.Il Garante del Codice di comportamentosportivo, istituito presso il Coni, segnala aicompetenti organi degli Enti di appartenenzai casi di sospetta violazione del Codice, aifini dell’eventuale giudizio disciplinare e vigi-la sull’attività conseguente.

Osservanza della disciplina sportivaI tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti del-l’ordinamento sportivo sono tenuti all’osser-vanza delle norme statutarie, regolamentarie sulla giustizia, nonché delle altre misure edecisioni adottate dal Coni e dall’Ente diappartenenza. Essi sono tenuti ad adire pre-viarnente agli strumenti di tutela previsti dairispettivi ordinamenti.Gli organi competenti adottano le misuredirette a facilitare la conoscenza e il rispettodella normativa vigente.I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti del-l’ordinamento sportivo collaborano alla cor-retta applicazione della normativa vigente.Essi comunicano agli uffici competentidell’Ente di appartenenza ogni situazione diillegalità o di irregolarità, legata allo svolgi-mento dell’attività in ambito sportivo, e for-niscono ai medesimi tutte le informazionirichieste.Le società, le associazioni e gli altri Enti del-l’ordinamento sportivo rispondono dei com-portamenti adottati in funzione dei loro inte-ressi, da parte dei propri tesserati, dirigentio soci e devono adottare codici organizzativiidonei alla prevenzione degli illeciti.

Principio di lealtàI tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell’or-dinamento sportivo devono comportarsisecondo i principi di lealtà e correttezza in

ogni funzione, prestazione o rapporto comun-que riferibile all’attività sportiva. I tesserati egli altri soggetti dell’ordinamento sportivocooperano attivamente alla ordinata e civileconvivenza sportiva.

Divieto di alterazione dei risultatisportiviÈ fatto divieto ai tesserati, gli affiliati e glialtri soggetti dell’ordinamento sportivo dicompiere, con qualsiasi mezzo, atti direttiad alterare artificiosamente lo svolgimento oil risultato di una gara ovvero ad assicurarea chiunque un indebito vantaggio nelle com-petizioni sportive.

Divieto di doping e di altre formedi nocumento della saluteÈ fatto divieto ai tesserati, gli affiliati e aglialtri soggetti dell’ordinamento sportivo ditenere comportamenti comunque in violazio-ne o in contrasto con la disciplina antido-ping in vigore.I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti del-l’ordinamento sportivo devono astenersi daqualsiasi altra condotta atta a recare pregiu-dizio alla salute dell’atleta.

Principio di non violenzaI tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti del-l’ordinamento sportivo non devono adottarecomportamenti o rilasciare dichiarazioni chein qualunque modo determinino o incitinoalla violenza o ne costituiscano apologia.I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti del-l’ordinamento sportivo devono astenersi daqualsiasi condotta suscettibile di ledere l’in-tegrità fisica e morale dell’avversario nellegare e nelle competizioni sportive e adotta-no iniziative positive per sensibilizzare il pub-blico delle manifestazioni sportive al rispettodegli atleti, delle squadre e dei relativisostenitori.

Principio di non discriminazioneI tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell’or-dinamento sportivo devono astenersi da qual-siasi comportamento discriminatorio in rela-zione alla razza, all’origine etnica o territoria-le, al sesso, all’età, alla religione, alle opinio-ni politiche e filosofiche.

Divieto di dichiarazioni lesivedella reputazioneI tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti del-l’ordinamento sportivo non devono esprime-re pubblicamente giudizi o rilievi lesivi dellareputazione dell’immagine o della dignitàpersonale di altre persone o di organismioperanti nell’ambito dell’ordinamento spor-tivo.

Dovere di rlservatezzaSalvo il diritto di adire gli organi di vigilanzae giustizia nei casi previsti dall’ordinamentosportivo, i tesserati, gli affiliati e gli altri sog-getti dell’ordinamento sportivo sono tenuti anon divulgare informazioni riservate relativea procedimenti in corso prima che gli atti e iprovvedimenti finali siano formalizzati e pub-blicizzati.I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti del-l’ordinamento sportivo non devono fornire aterzi informazioni riservate relative all’Ente diappartenenza o da questi detenute.

Principio di imparzialitàI tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti del-l’ordinamento sportivo devono operare conimparzialità ed evitare disparità di tratta-mento nei confronti dei soggetti con cuihanno rapporti in funzione dell’attività chesvolgono nell’ambito sportivo.Al di fuori di rapporti contrattuali leciti e tra-sparenti, i tesserati, gli affiliati e gli altri sog-getti dell’ordinamento sportivo non chiedononè accettano, per sé o per altri, somme didenaro, regali o altri benefici, qualora essieccedano il modico valore e siano offerti inconnessione con lo svolgimento dell’attivitàin ambito sportivo.

Prevenzione dei conflitti di interessiI tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell’or-dinamento sportivo sono tenuti a preveniresituazioni, anche solo apparenti, di conflittocon l’interesse sportivo, in cui vengano coin-volti interessi personali o di persone ad essicollegate.È fatto divieto ai tesserati e agli altri soggettidell’ordinamento sportivo di effettuare scom-messe, direttamente o per interposta perso-na, aventi ad oggetto i risultati relativi a com-petizioni alle quali si partecipi o alle quali siabbia diretto interesse.

Codice di comportamento sportivo

Principifondamentali

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La periodizzazione nell’allenamento della forza rapida

Klaus Wirth, Dietmar Schmidtbleicher, Istituto di scienze dello sport, Dipartimento Scienze del movimento e dell’allenamento, Johann-Wolfgang Goethe-Universität, Francoforte sul Meno

Parte seconda: principi teorici della periodizzazionee loro utilizzazione pratica nell’allenamento della forza rapida

L’allenamento della forza rappresenta una componente costante della preparazione in tutti gli sport e in tutte le discipline sportive. La gamma dei campi d’intervento per lo sviluppo sistematico della forza è molteplice e si estende

dalle misure preventive di irrobustimento generale, dalla preparazione di forza per costruire la prestazione nei vari sport e discipline sportive, fino all’allenamento tipico degli sport nei quali il fattore determinante della prestazione

è la forza, come la pesistica. Dopo avere trattato, nella prima parte, le basi fisiologiche e di metodologia dell’allenamento dello sviluppo della forza rapida, in questa seconda parte una introduzione alla tematica

della periodizzazione rappresenta la base per l’esposizione di alcuni consigli concreti per la pratica dell’allenamento.

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METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO

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La periodizzazione

Per decenni si è potuto osservare che èimpossibile mantenere un livello elevato diprestazione per tutto un anno. Carichi eleva-ti di allenamento e di gara nascondono sem-pre il rischio dell’overreaching o di uno statodi overtraining (Fry, Morton, Keast 1992;Haff 2004; Hasegawa et al. 2002; Hatfield1989; Urhausen, Kindermann 2002). Il solofatto che, durante la stagione, qualsiasiorganismo sottoposto alle elevate richiestedi un allenamento di alto livello passa perfasi di affaticamento o di minore capacità diprestazione evidenzia la necessità di unapianificazione ben ponderata della stagionestessa. Fasi di lavoro elevato debbono esseresempre seguite da unità di allenamento acarattere di recupero o da interi blocchi dirigenerazione. L’alternanza tra carico e scari-co, però, rappresenta solo una delle ragionidi una periodizzazione dell’allenamento. Lacostruzione della prestazione in una stagio-ne o a lungo termine in più anni rendenecessaria una suddivisione dell’allenamentoin blocchi nei quali l’accento cade su aspettifondamentali diversi, perchè esistono conte-nuti di allenamento inevitabili per la costru-zione a lungo termine della prestazione che,però, se realizzati contemporaneamente, siinfluenzano negativamente tra loro (cfr.Issurin 2003). Numerosi Autori, inoltre, sot-tolineano che nell’allenamento della forzadel processo di allenamento a lungo terminesi deve considerare molto utile introdurreentro un certo quadro un variazione dellenorme del carico o una periodizzazione perimpedire che in esso si produca un plateau(Atha 1981; Bompa 1999; Cissik 2002; Fleck2002; Fry, Häkkinen, Kraemer 2002;Garhammer, Takano 2003; Graham 2002;Kraemer, Deschenes, Fleck 1988; Kraemer etal. 1997; MacQueeen 1954; McDonagh,Davis 1984; Pedemonte 1982; Poliquin1988; Reha et al. 2003; Roetert 2003; Stoneet al. 1982; Stone et al. 1998; Yessis 1981).

La costruzione a lungo terminedella prestazione

La periodizzazione dell’allenamento puòcomprendere sia la costruzione pluriennaledella prestazione di un atleta, sia le ultimesettimane e gli ultimi giorni che precedonouna gara. Nella pianificazione a lungo ter-mine dello sport giovanile si può parlare, aquesto proposito, di una fase di costruzio-ne, di una fase di prestazione e di una fasedelle massime prestazioni. Questa imposta-zione a lungo termine della pianificazionedell’allenamento si pone l’obiettivo di unacontinua costruzione pluriennale dell’atleta,poiché, nell’attuale sport di elevata presta-zione, è una regola che solo dopo moltianni di allenamenti intensi si possono rea-lizzare (se si realizzano) risultati elevati diclasse mondiale. Questa costruzione alungo termine della prestazione comprendesia la formazione delle abilità tecnico tatti-che, sia lo sviluppo dei vari sistemi di organia livelli diversi, che dipendono dal modellodelle richieste di capacità organico-musco-lari dello sport praticato. Se ci si riferisce alsistema locomotorio e di sostegno ciò vuoledire, ad esempio, che la muscolatura rap-presenta un organo che si adatta con relati-va rapidità ai carichi, mentre le componentidell’apparato motorio passivo spesso hannobisogno di anni per raggiungere un livello diformazione tale da permettere costante-mente la realizzazione di carichi di massimaintensità. Proprio una costruzione eccessi-vamente accelerata della prestazione,soprattutto nei giovani atleti, spessonasconde il rischio di traumi.La costruzione a lungo termine della pre-stazione è suddivisa in allenamento dibase, di costruzione, di passaggio all’altolivello e di alto livello (cfr. Martin, Carl,Lehnertz 1991; Platonov 1999; Schnabel,Harre, Borde 1994; Weineck 2004). Peremergere ai vertici internazionali – ciòdipende dallo sport praticato – possono

essere necessari fino a dieci anni di alle-namento intensivo (cfr. Platonov 2004a,2004b). Al centro dell’allenamento di basetroviamo una formazione motoria multi-laterale e l’acquisizione delle abilità tecni-che fondamentali. Il successivo allena-mento di costruzione, oltre ad una ulterio-re formazione multilaterale dell’atleta pre-vede un aumento continuo di contenutispecifici. In questa fase della costruzionea lungo termine della prestazione vidovrebbe essere un lento, ma continuoincremento del volume e/o dell’intensitàdel carico. Inoltre si tende a un ulterioremiglioramento della coordinazione precisadelle abilità motorie specifiche. La fase delpassaggio all’allenamento di alto livellorappresenta la transizione dall’allenamen-to giovanile a quello di alto livello, per laquale, secondo Weineck (2004) è necessa-rio un periodo di tempo da due a quattroanni. Gli obiettivi primari di questa fase dellosviluppo dell’atleta sono un ulterioreincremento dei contenuti speciali dell’alle-namento o dell’intensità e del volume delcarico come preparazione diretta al pas-saggio al successivo allenamento di pre-stazione elevata. Platonov (2004b), però,mette in guardia da una specializzazioneeccessivamente precoce nell’allenamentoo da una precoce imitazione dell’allena-mento degli adulti, in quanto ciò potrebbecausare danni da eccesso di sollecitazionee portare ad un tasso elevato di drop-outdovuto ad una precoce stasi dei risultati.Questa costruzione pluriennale dovrebbesfociare nell’allenamento di alto livello, nelquale intensità e volume dell’allenamentoraggiungono il loro massimo grado diespressione e avviene un’ulteriore specia-lizzazione dei metodi e dei contenuti del-l’allenamento allo scopo di perfezionare estabilizzare la tecnica specifica. Ora l’atle-ta deve essere portato a raggiungere lesue massime prestazioni.

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Periodizzazione e suddivisione in cicli dell’allenamento

Se ci si riferisce ad un anno di allenamen-to, la stagione può essere grosso modosuddivisa in tre periodi:

• il periodo di preparazione, nel qualevengono poste le basi organico-musco-lari, tecniche e tattiche;

• il periodo di gara, nel quale si lavora inmodo estremamente specifico e allamassima intensità e

• il periodo di transizione, nel quale all’or-ganismo viene offerto il tempo necessa-rio alla rigenerazione (cfr. Matveev 2000;Platonov 1999).

I singoli periodi, soprattutto quello di pre-parazione, sono suddivisi in singole tappenelle quali i punti sui quali si concentral’allenamento sono diversi (figura 1).Secondo se la stagione prevede uno o duemomenti di competizioni principali – adesempio, una stagione al coperto e unaall’aperto – si distinguono una periodizza-zione semplice o una doppia e persino tri-pla periodizzazione.Una conseguenza della doppia o della triplaperiodizzazione è che le due - tre fasi dellequali abbiamo parlato si ripetono. SecondoSuslov (2001), però, molti atleti, soprattuttonell’atletica leggera, durante l’anno hanno ilproblema di riuscire a realizzare prestazionidi vertice in due periodi di gara. Per unapianificazione dettagliata dell’allenamento,che si spinge fino alla singola unità di alle-namento, si è rivelata utile una suddivisionein macro-, meso- e microcicli (ciclizzazione).Secondo Schnabel, Harre, Borde (1994) laciclizzazione rappresenta uno sviluppo ulte-riore della periodizzazione classica, ma nellapratica spesso questi due termini sono uti-lizzati come sinonimi. Secondo i diversiAutori i relativi cicli di allenamento com-prendono periodi di tempo abbastanza

divergenti. In generale, però, si può afferma-re che un macrociclo comprende un periododi tempo da sei mesi ad un anno, ma puòestendersi anche fino a quattro anni (cicloolimpico), un mesociclo dura da uno a tremesi e i microcicli comprendono un periododa una a due settimane. Issurin, Shliar(2002), inoltre, suddividono i mesocicli in unblocco d’accumulazione (accumulation), ditrasformazione (transmutation) e di utiliz-zazione (realization). La lunghezza esatta diun periodo, tra l’altro, dipende dal livello diallenamento, dall’età degli atleti, dal prece-dente allenamento, dallo sport o dalla disci-plina sportiva e dalla durata dell’intero spa-zio di tempo della periodizzazione (macroci-clo). La suddivisione dell’anno di allenamen-to non va considerata un sistema rigido, mapiuttosto un sistema che deve essere appli-cato in modo flessibile, variabile e adattabilesecondo i bisogni. Obiettivo, contenuto e struttura metodo-logica del ciclo maggiore determinanosempre l’obiettivo e il contenuto metodo-logico del ciclo minore.Contemporaneamente, i grandi cicli sonoformati dai più piccoli.Quando si devono definire blocchi e conte-nuti dell’allenamento si debbono prenderein considerazione molti aspetti. Per primacosa è ovvio che la quantità e la qualità deicontenuti dell’allenamento inseriti nellasua pianificazione differiscono secondo ladisciplina sportiva specifica. Così, ad esempio, nell’allenamento di unlanciatore dell’atletica leggera, nel quadrodella preparazione annuale un ruolo cen-trale sarà assunto dall’allenamento dellaforza, mentre per un atleta degli sport diresistenza svolge solo un ruolo integrativoe di sostegno. Sarà poi il livello di presta-zione dell’atleta a stabilire quale dovràessere il grado di espressione che possonoo debbono raggiungere i diversi contenutidell’allenamento, come pure tutto ciò chene riguarda volume e intensità. Nella piani-

ficazione si dovrà tenere conto delle caren-ze individuali dell’atleta. Infine - si trattadell’elemento più importante - la periodiz-zazione sarà influenzata e determinata dal-l’obiettivo che si vuole raggiungere conl’allenamento.Nella pianificazione dell’allenamento, comeultima misura prima della gara o delle garedecisive si dovrà prendere in considerazioneuna tempestiva riduzione del carico di alle-namento (tapering). Ciò viene fatto, da unlato per motivi di rigenerazione, cioè perriuscire a ottenere “da riposato” la massimaprestazione possibile il giorno della gara,ma dall’altro per sfruttare il cosidetto effet-to detraining (cfr. Schlumberger 2000;Schlumberger, Schmidtbleicher 1999) ovve-ro quegli adattamenti fisiologici che si pro-ducono solo dopo la sospensione dell’alle-namento. L’obiettivo di una periodizzazione, quindi,deve essere una continua costruzione delleprestazione per una stagione o per vari annie ottenere il massimo rendimento al mo-mento giusto durante la stagione, evitandoil superallenamento.

La periodizzazione nell’allenamento della forza

Accanto alla terminologia che abbiamoesposto finora, che è d’origine soprattuttoest-europea, nella letteratura della scienzadello sport nordamericana, dedicata speci-ficamente all’allenamento della forza, èstata intrapresa un’ulteriore suddivisione,di natura molto pratica, delle varie fasidell’allenamento (tabella 1). Di regola, si distinguono cinque diversiblocchi di allenamento (cfr. Bompa 1999;Fleck 2002; Fleck, Kraemer 2004; Graham2002; Hasegawa et al. 2002; Hatfield 1989;Hoffman 2002; Kraemer 1985; Poletaev,Ververa 1995; Sandler 2002; Wathen,Baechle, Earle 2000; Verchoshansky, Laza-rev 1989).

Periodizzazionesemplice

Periodo di preparazione (PP)

Periodo di gara (PG)

Periodo di transizione (PT)

Dop

pia

perio

dizz

azio

ne

Primo ciclo periodico Secondo ciclo periodico

Macrociclo

Mesociclo

Mic

roci

clo

PP 1 PG 1 PT/PP PP 2 PG 2 PT 2

Macrociclo 1 Macrociclo 2

1 2 3 4 5 6 1 2 3 4 5 6

Figura 1 – Esempio dell’articolazione di un anno di allenamento in periodi o cicli diversi di allena-mento (modificato da Schnabel, Thiess 1993).

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Questa suddivisione dei blocchi di allena-mento illustra molto chiaramente il conti-nuo cambiamento dell’allenamento, cheinizia con un allenamento della forza dap-prima orientato sul volume con carichipiuttosto scarsi e, secondo l’esercizio scel-to, con esecuzioni piuttosto lente e esplo-sive solo a determinate condizioni, fino adarrivare ad un allenamento con intensitàmolto elevate, contrazioni esplosive e,secondo l’esercizio da eseguire, moltoveloci. Questa forma di periodizzazione non è incontraddizione con la suddivisione dell’an-no d’allenamento della quale abbiamoparlato precedentemente, ma è piuttostouna precisazione dell’impostazione deimesocicli di allenamento della forza, all’in-terno di un macrociclo, in quelle disciplinesportive o in quegli sport nei quali si devesviluppare un livello elevato di forza rapi-da e di forza esplosiva. La durata dei sin-goli cicli di allenamento dipende da unaserie di fattori e, quindi, varia da individuoa individuo. Ciò vuole dire che la periodizzazione puònon essere un modello rigido, ma deveessere adattata al singolo atleta. Tra i fat-tori influenti dei quali abbiamo parlatotroviamo (Bompa 1996; Bondarchuk 1988;Chernyak, Karimov, Butinchinov 1980;Graham 2002; Hasegawa et al. 2002;Hoffman 2002; Pedemonte 1986; Plisk,Stone 2003, Sandler 2002, Wathen,Baechle, Earle 2000):

• la lunghezza del periodo preparatorio;• l’obiettivo dell’allenamento (l’ipertrofiz-

zazione della muscolatura scheletricarichiede blocchi di allenamento di mag-giore durata degli adattamenti di naturanervosa);

• il livello generale di prestazione e/o lecarenze individuali;

• l’importanza della componente di forzanel rispettivo sport;

• la densità delle gare.

Anche gli obiettivi che si vogliono ottenerecon la periodizzazione dell’allenamentodella forza (cfr. Fleck 2002; Fleck, Kraemer2003; Hoffman 2002; Stone et al. 1999,1999b; Wathen, Baechle, Earle 2000) sono:

• ottimizzare i processi di adattamento;• impedire che si raggiunga un plateau

d’allenamento;• ottenere il massimo rendimento (i risul-

tati massimi) nelle gare principali;• evitare il sovraffaticamento (overrea-

ching) o il superallenamento.

Nel quadro dell’allenamento della forza“periodizzazione” significa cambiamentodei contenuti dell’allenamento o una varia-zione delle norme del carico. Così in unmacrociclo (Fleck, Kraemer 2003; Graham2002; Hasegawa et al. 2002; Hoffman2002; Plisk, Stone 2003; Vermeil, Chu 1982;Wathen, Baechle, Earle 2000) il modo diprocedere è caratterizzato da alcune varia-zioni fondamentali, ovvero:

• dal passaggio da volumi elevati a volumibassi di carico;

• dal passaggio da intensità minori a inten-sità maggiori;

• dalla crescita sempre maggiore di con-tenuti specifici.

Se ci si riferisce ai relativi micro e mesociclitutto ciò significa che le norme del carico(numero delle serie, durata delle pause,numero delle ripetizioni, frequenza degliallenamenti) e i contenuti dell’allenamento(scelta, successione e numero degli esercizidi allenamento della forza) cambiano. Nelquadro della successione di base dei variblocchi, la costruzione dell’allenamento ini-zia con un allenamento dell’ipertrofia,seguito da fasi nelle quali al centro dell’alle-namento vi debbono essere l’incrementodella forza massima con un inserimentosempre maggiore di esercizi esplosivi e diforza rapida (figura 2) (Medvedev et al.

1982). Se il primo ciclo non è stato realizza-to come necessario, intendendo con ciò chenon è stata sviluppata una base di forzasufficiente, in tutti i blocchi successivi lo svi-luppo della prestazione sarà compromesso(Baker 1996; Graham 2002; Hasegawa et al.2002; McEvoy, Newton 1998). La vera sfidain una pianificazione efficace dell’allena-mento è rappresentata dall’utilizzazionefinalizzata e ottimale di queste variazionidell’allenamento della forza (Stone 2003).Attraverso una serie di studi si è riusciti aprovare che, per quanto riguarda l’incre-mento della forza massima, un programmadi allenamento periodizzato è superiore aduno che non lo è (Stone, O’Bryant, Garha-mmer 1981; Stone et al. 1997; Stowers,McMillan, Scala 1983; Willoughby 1991,1992; Willoughby, Darrin 1993). Si trovano,però, altre ricerche che non sono riuscite aconfermare questi risultati (Baker, Wilson,Carlyon 1991a; Herrick, Stone 1996; Schiotzet al. 1998). A questi studi, però, deve essereavanzata la critica di una durata moltobreve dell’allenamento (per lo più tra otto edodici settimane), dell’utilizzazione di sog-getti di livello piuttosto basso di prestazioneo con scarse esperienze di allenamento dellaforza. Per questa ragione sarebbe necessariauna certa cautela nel trasferire i risultati diquesti studi sugli atleti di alto e altissimolivello (cfr. Plisk, Stone 2003).

La costruzione della forza rapidadurante l’anno

Il peso dei contenuti dell’allenamento chedovrebbero portare ad un incremento dellaforza rapida dipende dallo stato di allena-mento dell’atleta. Nell’allenamento l’ac-cento deve essere posto sul settore chepresenta le massime carenze. Ciò potrebbesignificare, da un lato, che si deve svolgereun allenamento intensivo della forza, ma,dall’altro, che si debbono allenare preva-lentemente la coordinazione o la tecnica.Se ci si riferisce alla strutturazione dell’al-lenamento della forza ciò vuole dire che, diregola, nel primo periodo di allenamento sideve aumentare il potenziale contrattile (laperiodizzazione che esporremo si basa sul-l’ipotesi che la preparazione alla nuovastagione inizi circa a settembre). Ciò avvie-ne attraverso un allenamento di forza nelquale l’accento è posto soprattutto sulvolume, di intensità da media ad elevata.Nelle serie, che sono ad esaurimento, sideve cercare di realizzare da sei a quindiciripetizioni. I consigli che si trovano spessoin letteratura, secondo i quali le pause trauna serie e l’altra debbono essere da due atre minuti, valgono solo per esercizi cheriguardano piccoli gruppi muscolari, comead esempio un lavoro isolato sui flessoridel braccio. Maggiore è il numero di grup-

Periodo Set Ripetizioni Adattamento

Fase per l’ipertrofia 3-6 8-12 morfologico

Forza di base 3-6 2-6 morfologico/nervoso

Forza/potenza 3-6 2-5 nervoso

Picco e mantenimento 1-4 1-4 nervoso

Riposo attivo — — —

Tabella 1 – Suddivisione dei blocchi d’allenamento riferiti all’allenamento della forza nella letteratu-ra statunitense sulla scienza dell’allenamento.

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pi muscolari coinvolti nell’esercizio – comeavviene soprattutto nei movimenti cheinteressano più articolazioni – maggioredeve essere la lunghezza della pausa scel-ta. Per un allenamento dei muscoli delpetto e del dorso, anche nella fase dell’al-lenamento per l’ipertrofia, si consiglianopause di circa quattro minuti tra le seriecon elevata intensità. Per esercizi comples-si come lo squat completo, lo stacco daterra, lo strappo, lo slancio si debbono sce-gliere pause fino a cinque minuti (cfr.Hatfield 1984; Hori, Newton, Nosaka 2005;Poprawski 1988; Sandler 2002; Vercho-shanskij 1992; Zatsiorski 1995). Occorretenere conto che si tratta di un allena-mento estremamente faticoso, che potreb-be compromettere altri contenuti dell’alle-namento, anche se in questa fase ciò deveessere messo nel conto. La durata di untale blocco è di almeno otto settimane(cfr. Pampuis 1995), ma è meglio se durada dodici a sedici settimane (cfr. Hoffman2002; Young 1991), in quanto lo sviluppodi una massa muscolare supplementare èun processo di adattamento che si realizzasolo lentamente, nel quale l’impegno diallenamento si accresce con l’aumento dellivello di formazione della muscolatura. Inquesta fase dell’allenamento, la forza ini-ziale e quella esplosiva migliorano solo inmodo non significativo. Sei-otto settimaneprima del punto culminante della stagionesi deve passare ad un allenamento concontrazioni massime (cfr. Hatfield 1989;Zatsiorky 1995). All’interno di questo bloc-co d’allenamento, poiché l’atleta inizia asfruttare il suo potenziale muscolare e amigliorare la sua esplosività, deve essereaccelerato lo sviluppo della forza massima.Dopo questo lasso di tempo d’allenamentosi deve presumere che siano completa-mente stimolati gli adattamenti neuralidescritti precedentemente. In questa faseè importante che l’allenamento della forzacomporta solo effetti scarsi di affatica-mento. In un caso ottimale, gli altri conte-

nuti dell’allenamento non vengono com-promessi. Nel caso di doppia periodizza-zione, dopo il primo momento importantedell’anno, la stagione al coperto, si devecominciare nuovamente da un allenamen-to per l’ipertrofia, tranne che non si riten-gano sufficienti le masse muscolari esi-stenti. Durante le prime gare della stagio-ne all’aperto, che di regola sono scarsa-mente importanti e che dovrebbero esseredisputate senza svolgere un allenamentospecifico per prepararle, nelle sei-otto set-timane che precedono la prima garaimportante l’allenamento dovrebbe essereindirizzato verso lo sviluppo della forzamassima e della forza esplosiva. Nella set-timana che precede una gara l’allenamen-to della forza dovrebbe essere ridotto

notevolmente, ma senza abbandonarlocompletamente, perché l’atleta deve man-tenere un elevato tono muscolare e lafiducia nei propri punti di forza.In ogni fase, come minimo, l’allenamentodella forza dovrebbe prevedere quattro unitàsettimanali, in modo tale che si possanorafforzare due volte alla settimana sia gli artisuperiori sia quelli inferiori. Se l’atleta sitrova in un raduno o se si tratta di un atletaprofessionista, intendendo con ciò che nonha altri impegni lavorativi al di fuori di quellisportivi, è anche possibile aumentare ulte-riormente il numero delle unità di allena-mento della forza, in quanto si tratta di con-dizioni nelle quali l’atleta dispone di miglioripresupposti per la sua rigenerazione.L’allenamento della forza dovrebbe esserecomposto da esercizi complessi che interes-sano più articolazioni (poliarticolari), inquanto tali esercizi debbono essere conside-rati i più funzionali. Diversamente daglisport orientati sulla resistenza, specialmenteper gli atleti delle discipline di sprint, di saltoe di lancio dell’atletica leggera, negli eserciziè ragionevole conservare una certa misuradi specificità (Adamczewski, Dickwach 1991;DLV 1993; Müller 1991; Joch 1992 O’Shea1985; Yessis 1989). Se si considera che ilmovimento principale avviene sempre attra-verso catene1 o collegamenti muscolari èutile che nell’allenamento della forza ci siavvicini quanto più possibile a esso, senzaperò tentare, obbligatoriamente, di simularedeterminati movimenti nella sala pesi, comeè il caso di 1/4 squat e di esercizi che debbo-no essere eseguiti ponendo l’accento su unaelevata velocità di movimento (cfr. Pipes1979).Proprio quando si scelgono gli esercizi diallenamento della forza per la velocità aci-clica di movimento è importante cercare diavvicinarsi al massimo al movimento digara, per mantenere al minimo le perdite ditransfer (Bauer, Thayer, Baras 1990;DeRenne, Ho, Murphy 2001; Durck 1986;Edgerton 1976; Fleck, Kraemer 2004; O’Shea

For

za (

N)

0 100 250 400

dopo l’allenamento della coordinazione intramuscolare

dopo l’allenamento per l’ipertrofia

prima dell’allenamento

Tempo (ms)

Figura 2 – Cambiamento della curva forza-tempo che si ottiene quando in un macrociclolo scopo dell’allenamento è rappresentatodalla forza esplosiva e/o dalla forza massima.

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1976; Sale, MacDougall 1981; Stone,O’Bryant 1987). A questo proposito, si devenotare, però, che nella sala pesi l’obiettivonon è quello di simulare il movimento digara voluto. In primo piano vi deve essereun efficace incremento del livello di forzamassima e, se la ricerca dell’avvicinamentoal massimo all’esercizio di gara deve esserepraticata intensamente, ciò però non devearrivare fino a compromettere lo scopo pri-mario dell’allenamento della forza, cioè l’in-cremento della forza massima e della forzaesplosiva. Il migliore esempio di ciò è rap-presentato dallo squat che, proprio nell’alle-namento dell’atletica leggera, viene pratica-to solo fino ad un angolo di piegamento di90°. Molti allenatori confondono così adat-tamenti nel settore della coordinazione(coordinazione intermuscolare) e incrementidella forza. Certamente si apprende a espri-mere meglio in un determinato angolo arti-colare la forza che si possiede, ma il vero eproprio guadagno di forza della catena degliestensori degli arti inferiori che si vuole cosìottenere è piuttosto scarso. Il necessariocontrollo specifico della muscolatura daparte del sistema nervoso che permette diesprimere quanta più forza possibile conuna grande angolazione della gamba, però,deve essere sempre sviluppato attraversoesercizi di sprint e di salto. Infatti, solo que-sti vanno considerati esercizi specifici per

quanto riguarda sia la velocità angolareraggiunta, come anche il decorso del movi-mento. In altri termini ciò vuole dire che laforza supplementare sulla quale si è lavora-to in allenamento con gli squat si puòesprimere solo se, come già detto, si utiliz-zano i necessari contenuti dell’allenamento,cioè esercizi di sprint e di salto. AlcuniAutori (Allmann 2006; Dörr 1997;Moosburger 2006) fanno notare, inoltre,che malgrado l’opinione largamente diffusache gli squat profondi sarebbero più danno-si per le strutture dell’articolazione delginocchio dei piegamenti a 90°, è vero pro-prio il contrario in quanto la pressione dellarotula contro i condili femorali è massimaproprio in un angolo a 90° (Dörr 1997). Dörr(1997, 239) sull’allenamento dei pesisti scri-ve: “Attualmente si eseguono solo piega-menti profondi. In questo modo si possonoridurre le conseguenze di carichi sbagliati”. Fondamentalmente si può affermare che,con un’esecuzione pulita degli esercizi e sesi imposta una costruzione continua alungo termine della forza, non si debbonotemere infortuni o traumi da eccesso dicarico (Chandler, Stone 1991; Kreighbaum,Bartels 1996; O’Shea 1985a).Gli esercizi che portano più rapidamente alsuccesso, sono gli squat profondi, lo strap-po, lo slancio, le distensioni alla panca, leestensioni dietro la nuca, ecc. (Allmann

2006; Armstrong 1992; Brewer, Favre, Low2006; Caravan, Garret, Armstrong 1996;Dintiman, Ward 1988; Dörr 1997; Fleschler2002; Garhammer 1993; Garhammer,Gregor 1992; Haff, Potteiger 2001;Marandino 2002; O’Shea 1985a; Vermeil,Chu 1982; Weiss et al. 2000). Proprio lostrappo, lo slancio e le girate al petto ecc.,rappresentano gli esercizi indispensabili perlo sviluppo di un’elevata forza esplosiva(Garhammer, Gregor 1992; Haff, Potteiger2001; Hoffman 2002; Marandino 2002;McBride et al. 1999; Nori, Newton, Nosaka2005; Sheppard 2003, Sheppard 2004;Young 1991), perché proprio in tali esercizi,se si vuole riuscire a portare a termine consuccesso l’esecuzione del movimento, l’e-spressione della forza esplosiva è o deveessere massima (cfr. Hedrick 1993; Stone1993). Così, numerosi gruppi di ricercasono riusciti a stabilire l’esistenza di unrapporto tra risultati negli esercizi di gara edi allenamento della pesistica e quelli deitest di forza di salto (Caravan, Garret,Armstrong 1996; Carlock et al. 2004;Garhammer, Gregor 1992; Hoffman et al.2004; Hedrick 2004) o a dimostrare che leaccelerazioni angolari degli esercizi dellapesistica sono molto simili a quelle che sirilevano nell’estensione del ginocchio neimovimenti di salto (Burkhardt, Garhammer1998; Caravan, Garret, Armstrong 1996). Qualora, però, si individuino carenze nellamuscolatura di determinate regioni delcorpo, per compensarle si può ricorre,eventualmente, ad esercizi di isolazione. Per quanto riguarda i mezzi di allenamen-to, rispetto a quello eseguito alle macchi-ne, sarebbe necessario preferire sempreesercizi con pesi liberi (bilanciere), inquanto sollecitano maggiormente la coor-dinazione e debbono essere consideratipiù funzionali per quanto riguarda losvolgimento del movimento. Le macchinee gli esercizi d’isolazione, però, costitui-scono spesso una integrazione razionaledell’allenamento (Armstrong 1992). Inquesta fase dell’allenamento gli esercizidebbono essere eseguiti piuttosto lenta-mente e in modo controllato. Ciò nonvale, naturalmente, per esercizi quali lostrappo e lo slancio, la cui esecuzione puòessere solo esplosiva. Questo blocco diallenamento serve, inoltre, a perfezionaretutte le tecniche di alzata (cfr. Hasegawaet al. 2002) che rappresenta un presuppo-sto indispensabile per riuscire a sollevare,successivamente, in modo esplosivo, pesimassimi o quasi massimi. Si deve ricorda-re che un’esecuzione difettosa dei movi-menti moltiplica varie volte il rischio diinfortuni nella sala pesi. Per cui in questafase può essere del tutto sensato cheesercizi tecnicamente impegnativi, comelo strappo, lo slancio, la girata al petto

FOTO CALZETTI & MARIUCCI EDITORI

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ecc., vengano fatti eseguire solo con pesida leggeri a medi, che non producono unagrande effetto ipertrofizzante, ma posso-no essere molto utili per lo sviluppo diuna tecnica pulita, come quella che potràessere richiesta nella fase successiva diallenamento (Marandino 2002). La rispo-sta alla domanda di quali siano gli esercizida privilegiare tra quelli che abbiamoricordato, dipende, fino ad un certo gradodalla disciplina praticata. Comunque,occorre tendere sempre ad un rafforza-mento globale di tutta la muscolaturascheletrica, in quanto spesso si sottovalu-ta l’importante funzione di stabilizzazionee di sostegno che svolgono molti gruppimuscolari. Così, ad esempio, per l’esecu-zione di piegamenti sugli arti inferiori conpesi elevati, è indispensabile possedereuna muscolatura forte e stabile del troncocome anche una buona muscolatura delcingolo scapolare, che garantiscono unasufficiente stabilizzazione di tutta lacolonna vertebrale (cfr. Adamczewski,Dichwach 1991; Joch 1992).I blocchi di allenamento il cui contenuto sipropone di stimolare il potenziale musco-lare in quanto migliorano prioritariamentei meccanismi di controllo della muscola-tura, debbono essere successivi ai blocchial cui centro troviamo l’ipertrofia. Ma

anche quando non si utilizza una doppiaperiodizzazione, è sensato che all’iniziodell’anno di allenamento si esegua unabreve fase di allenamento con contrazionimassime, in quanto, da un lato così siintroduce un cambiamento nell’allena-mento della forza che può rappresentareun’ulteriore spinta motivazionale e, dall’al-tro, si fa in modo che il successivo bloccoper l’ipertrofia possa essere eseguito ad unlivello elevato di forza, che va consideratoun rinnovato stimolo ad un ulterioreaumento della sezione muscolare. Se iltempo disponibile lo permette può essereragionevole che, dopo il blocco per l’iper-trofia, si riduca notevolmente l’intensitàdell’allenamento della forza per una-duesettimane o addirittura non si svolgaalcun allenamento di questa capacità, peroffrire all’organismo il tempo necessarioper la rigenerazione.L’allenamento con contrazioni massime ècaratterizzato da un numero scarso diripetizioni (fino a cinque), un’intensità ele-vata e deve essere realizzato solo attraver-so esercizi complessi di allenamento dellaforza e pesi molto elevati, di regola tra l’85e il 100% di 1RM (forza massima dinami-ca). Ciò permette un numero di ripetizioniche va da una a cinque. Le pause, a causadell’elevata sollecitazione dell’apparato

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locomotorio sia attivo sia passivo, nondebbono prevedere altri esercizi o conte-nuti d’allenamento e debbono durareminimo cinque minuti (Hatfield 1984;Sandler 2002; Schmidtbleicher 2003). Pertutta l’unità di allenamento deve esseremantenuta una elevata capacità di con-centrazione, altrimenti il rischio di traumiaumenta (cfr. Bompa, Cornacchia 1998). Insingoli casi si possono sceglie pause addi-rittura più lunghe (Hatfield 1984; Sandler2002). Durante il periodo di recupero, l’a-tleta si deve rilassare, ridurre al minimoper quanto possibile qualsiasi attività chelo possa affaticare e cercare motivazione econcentrazione per la successiva serie. Senon si evita l’affaticamento, che non sipuò escludere del tutto in questo metodo,l’allenamento con contrazioni massimediminuisce notevolmente la sua efficacia.Infatti, in stato di affaticamento diminui-sce la frequenza di scarica da parte delsistema nervoso (Bigland-Richtie 1981).Ma, poiché proprio un aumento della fre-quenza rappresenta uno dei più importan-ti meccanismi di adattamento a questoblocco di allenamento, occorre evitare checiò avvenga. Per un allenamento dellaforza con contrazioni massime, analoga-mente all’allenamento della tecnica, si puòaffermare che: “l’adattamento del sistemanervoso a uno stimolo di allenamento puòrealizzarsi solo se ci si allena non sottol’effetto della fatica, ma in stato di com-pleto riposo” (Schmidtbleicher 1985).In questa fase l’allenamento si concentrasolo sugli esercizi più importanti per ladisciplina praticata (Hoffman 2002) che sidebbono allenare due volte alla settimana.L’esecuzione degli esercizi ora deve esserecaratterizzata dalla massima velocità dimovimento possibile (naturalmente, nelcaso di pesi elevati dal punto di vista asso-luto la velocità di movimento sarà semprelenta) e la forma di contrazione deve esse-re esplosiva. Se l’obiettivo finale della pre-parazione è raggiungere un livello elevatodi forza rapida sono molto importanti unacontrazione esplosiva e il tentativo diun’esecuzione più continua possibile delmovimento. Fondamentalmente occorreaffermare che se la capacità di contrarrein modo esplosivo la muscolatura si creanella sala pesi, il suo transfer in un movi-mento esplosivo e potente si produce soloattraverso l’allenamento specifico delladisciplina praticata e questo transfer è diimportanza decisiva per l’efficacia dell’al-lenamento della forza (Adamczewski,Dichwach 1991; DLV 1993; Müller 1991;Joch 1992; Yessis 1989). La lunghezza e l’accentuazione dei relativiblocchi di allenamento della forza dipendedai presupposti condizionali dell’atleta edalla disciplina praticata.

Soprattutto nella fase dell’allenamento perl’ipertrofia, per mantenere al minimo possibi-le i peggioramenti nel campo della coordina-zione o della tecnica dei movimenti, sebbenesiano quasi inevitabili a causa dell’esecuzionepiuttosto lenta dei movimenti degli esercizidi allenamento e dell’elevato livello di affati-camento, si deve prestare particolare atten-zione ad un allenamento specifico di elevatavalore qualitativo. In questo caso la qualitàdeve essere assolutamente privilegiatarispetto alla quantità (cfr. Haff 2004;Zatsiorsky 1995). Un numero elevato di lanci,di salti o di sprint procura ulteriore affatica-mento nel quale si cela sempre il rischio chesi finisca con il perfezionare e consolidareun’esecuzione errata del movimento. Inparte, unità di allenamento con un volumeelevato di lanci, di salti e di sprint sono inevi-tabili, ma debbono essere utilizzate con cau-tela e soprattutto non troppo frequentemen-te. Chi vuole evitare peggioramenti della tec-nica e mantenere un regime reattivo dellaforza deve prestare attenzione ad un’esecu-zione pulita dei movimenti, garantita solo dauno stato di affaticamento minore possibile.Portare ulteriormente all’affaticamento gliatleti con questi contenuti dell’allenamento ècontroproducente. Durante ogni blocco, l’al-lenamento della tecnica e il mantenimentodelle capacità reattive di forza debbonorestare un contenuto quotidiano dell’allena-mento (cfr. Chu 1996; Potaci, Chu 2000;Yessis 1989). Salti con un peso supplementa-re moderato, corse con resistenze di traino olanci con attrezzi più pesanti rappresentanosempre un prezioso completamento dell’alle-namento, ma occorre utilizzarli con cautelae, quindi, non eccessivamente in quanto esi-ste il rischio di influenzare negativamente ilmovimento di gara a causa del cambiamentodel pattern di attivazione della muscolaturainteressata ad esso (cfr. Keighbaum, Barthels1996). Se si vogliono mantenere al minimo ipeggioramenti della prestazione anche laforza e la velocità debbono essere allenate

parallelamente (Blazevich, Jenkins 1997;Brown, Greenwood 2005; Cronin, McNair,Marshall 2002; Hatfield 2002; O’Shea 1985b;Sheppard 2003; Sheppard 2004; Vercho-shansky, Lazarev 1989; Verchoshansky,Tatian 1983; Young 1993) anche se nel corsodell’anno tali peggioramenti non possonoessere evitati del tutto (Viitasalo, Aura 1984).L’efficacia della combinazione tra salti e alle-namento della forza con pesi elevati è stataprovata da numerose ricerche (Costello1984; Holtz, Divine, McFarland 1988, Toumiet al. 2004).Come già ricordato il volume di allenamentodovrebbe essere ridotto circa una-due setti-mane prima della gara o della gare decisive(Zatsiorsky 1995), tuttavia senza che uno deisettori dell’allenamento sia eliminato com-pletamente dalla sua pianificazione. Se pre-cedentemente tutto è stato realizzato cor-rettamente, l’eventuale fatica prodotta dal-l’allenamento ancora esistente si dovrebbetrovare ad un livello molto basso. Ciòdovrebbe fare in modo che non sia necessa-rio che l’atleta eviti completamento o riducadel tutto l’allenamento o determinati settoridell’allenamento. Anche nella settimanadella gara si possono consigliare due breviunità di allenamento della forza, d’intensitàmolto elevata (dal 90 al 100%), una per gliarti inferiori e l’altra per quelli superiori, pro-grammate però in modo tale che trascorra-no da tre a quattro giorni prima della gara. Esistono comunque alcuni atleti che ese-guono volentieri un allenamento della forzaanche un giorno prima della gara. Se questaunità di allenamento non comporta o com-porta conseguenze trascurabili di affatica-mento dell’atleta non c’è nulla da obiettare.A questo riguardo si deve tenere conto chela psiche dell’atleta svolge un ruolo decisivoe se ne deve tenere particolarmente contosoprattutto quando si imposta l’allenamen-to nella preparazione diretta alla gara.

La bibliografia dell’articolo può essere consultatae scaricata da www.calzetti-mariucci.it

Gli Autori: Dott. Klaus Wirth, collaboratore scienti-fico dell’Istituto di Scienze dello sport dellaJohann-Wolfgang Goethe Universität, Francofortesul Meno, Dipartimento Scienze del movimento edell’allenamento.Prof. dott. Dietmar Schmidtbleicher, titolare di cat-tedra per le scienze dello sport, Istituto di Scienzedello sport della Johann-Wolfgang Goethe Univer-sität, Francoforte sul Meno, Dipartimento Scienzedel movimento e dell’allenamento.Traduzione di M. Gulinelli da Leistungssport, 1,2007, 35-40. Titolo originale: Periodisierung imSchnellkrafttraining.

Note(1) Catena muscolare si può definire l'insieme di

quei muscoli embricati tra di loro nel quale ilmovimento di uno influenza anche gli altri.

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Può spiegarci il tipo di ricerca che sta conducendo la sua Unità di ricerca presso l’Istituto di medicina e scienza dello sport del Coni?

I programmi sperimentali dell’Unità di ricerca che dirigo sono volti allacomprensione degli specifici meccanismi cerebrali che stanno alla basedelle performance degli atleti di diversi sport. La conoscenza di talimeccanismi dovrebbe consentirci di migliorare le tecniche d’allenamen-to e l’approccio alla gara. Ma queste scoperte potrebbero avere ricadu-te molto importanti anche nel campo della riabilitazione, per tutti queipazienti che presentano deficit cognitivo-motori a seguito di malattieneurodegenerative, o di ictus e di traumi cranici.Tutti i programmi di ricerca in corso nascono da accordi specifici con ivertici federali – e vorrei a questo proposito ringraziare sia il Presidente,Giovani Petrucci, sia il Segretario generale, Raffaele Pagnozzi del Coni.Un ringraziamento va anche ai Presidenti, Matteo Pellicone (Fijlkam),Giorgio Scarso (Fis), Franco Chimenti (Fig) e Riccardo Agabio (FGI), checi hanno messo in contatto con Direttori tecnici e medici federali chehanno fornito un contributo incalcolabile allo sviluppo delle nostre ricer-che neuroscientifiche e meritano di essere ricordati: Pierluigi Aschieri eAndrea Lino, rispettivamente Direttore tecnico karate e Medico federaledella FIJLKAM; Antonio Fiore, medico sportivo e promotore del progettoSchermalab, Giancarlo Toràn, Presidente dei Maestri di Scherma eEnrico Di Ciolo della FISI; Federica Dassù; Gianluca Crespi, AlbertoBinaghi, Direttori tecnici e Antonio Pelliccia, Medico federale della FIG;Marina Piazza, Direttore tecnico della sezione ritmica e GiovannaBerlutti medico federale della FGI.

Intervista al prof. Fabrizio Eusebia cura di Mario Gulinelli

Il Laboratorio di Neurofisiologia per lo sviluppo del potenzialecerebrale umano negli sport dell’Istituto di medicina

e scienza dello sport del Coni Servizi, in collaborazione con la Federazione italiana judo, lotta, karate, arti marziali

(FJLKAM), con la Federazione italiana scherma (FIS), con la Federazione italiana golf (FIG) e con la Federazione ginnastica d’Italia (FGI) ha sviluppato un programma

di ricerca diretto alla comprensione dei meccanismi cerebralialla base della prestazione degli atleti, la cui conoscenza

potrebbe consentire di migliorare le tecniche di allenamentoe la prestazione di gara. Su tale programma, i cui

risultati sono stati presentati nel Convegno “Processi cerebrali e gesto sportivo in atleti di elite” svoltosi a Roma

presso il Centro di preparazione olimpica “Giulio Onesti” il 20 giugno 2007, abbiamo intervistato il professore

Fabrizio Eusebi, direttore del suddetto Laboratorio.

www.acquacetosaricerca.it

Processi cerebrali e prestazione

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Di che mezzi vi servite per valutare l’attività cerebrale degli atleti?

Utilizziamo principalmente tecniche elettroencefalografiche (EEG) adalta risoluzione spaziale, che forniscono stime accettabili dell’attivitàoscillatoria (le cosiddette onde cerebrali) che riflette la trasmissione disegnali all’interno dei circuiti cerebrali. La nostra vita mentale emergein modi complessi e non sempre chiari, proprio dall’attività di questicircuiti. La percezione del mondo, i processi attentivi, la memoria, lapianificazione e l’esecuzione delle nostre azioni, le emozioni e i senti-menti e infine la coscienza sono tutti prodotti del funzionamento del-l’insieme dei circuiti nervosi del cervello. Un segno distintivo di questiprocessi, che si può cogliere nel tracciato EEG, è la cosiddetta sincro-nizzazione temporale dell’attività elettrica associata all’attività dei cir-cuiti cerebrali. Mi spiego. In un soggetto in condizioni di veglia rilassa-ta, i neuroni delle aree sensoriali e motorie della corteccia cerebrale siattivano in maniera sincrona, producendo il cosiddetto ritmo alfa che,normalmente, ha una frequenza media di circa 10 cicli al secondo.Quando una persona esegue un compito, l’ampiezza del ritmo alfadiminuisce drasticamente. In questi frangenti la frequenza dell’EEGinfatti diviene molto più alta, trenta e più cicli al secondo. Per fare unesempio, in condizioni di tranquillità, le popolazioni neurali della cor-teccia cerebrale si attivano all’unisono come un plotone di soldati inmarcia. Quando scatta l’allarme, i soldati cominciano improvvisamentea correre in piccoli gruppi. Ogni gruppo corre alla sua velocità, in rela-zione all’operazione da compiere.

Quale è la relazione tra queste onde cerebrali e la prestazione degli atleti?

Si è osservato che esiste una relazione tra le caratteristiche del ritmoalfa in condizioni di riposo e il livello della prestazione di una personache viene chiamata successivamente a svolgere un compito cognitivo-motorio. Maggiore è l’ampiezza del ritmo alfa a riposo e migliore è laperformance. Le ricerche condotte in questi ultimi mesi hanno dimo-strato in atleti di élite una stretta relazione tra l’ampiezza del ritmo alfae l’equilibrio. Inoltre si è visto che inducendo sperimentalmente unaumento dell’ampiezza del ritmo alfa, sia atleti che persone che nonsvolgono attività sportiva agonistica reagiscono più rapidamente allapresentazione di stimoli sensoriali. L’ampiezza del ritmo alfa e la suariduzione durante l’azione potrebbero, quindi, essere usati come para-metro utile per giudicare se le pratiche di allenamento produconoun’efficiente sincronizzazione temporale dell’attività cerebrale. Sullabase di questa ipotesi abbiamo sviluppato un dispositivo elettronicoper la modulazione dei ritmi cerebrali alfa (circa 10 Hz) al fine di favo-rire il recupero delle funzioni visuo-cognitivo-motorie in atleti di ognilivello e in non atleti con deficit da trauma o neuropatie. Il dispositivorende possibile, in modo estremamente semplice e immediato, lasomministrazione di stimolazioni audio-visive sincronizzate di opportu-na frequenza, intensità e durata. Tali stimolazioni sono in grado dimodulare i ritmi cerebrali alfa, la cui potenza in condizioni di riposo èalla base della globale efficienza visuo-cognitivo-motoria del soggetto.Il dispositivo potrebbe essere usato anche per ottimizzare le proceduredi riabilitazione sulle funzioni visuo-cognitivo-motorie in atleti e nonatleti con deficit indotti da trauma o da neuropatia.

Però la rapidità di esecuzione non è tutto in gara…

Assolutamente d’accordo. A questo riguardo abbiamo visto che atletidi punta di karate e scherma, ai quali vengono presentate foto del lorosport, mostrano la tipica attività cerebrale che caratterizza situazioninelle quali devono essere evitati comportamenti impulsivi. Nel cervellodi questi atleti sembra scattare un meccanismo che inibisce le rispo-ste impulsive. In altre parole, la rapidità di esecuzione viene combina-

Topografia ERD/ERS

Alfa Basso Alfa Alto

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± 55 ± 55

– ERD ERS+

Distribuzione topografica della desincronizzazione/sincronizzazione evento-correlata (ERD/ERS) del ritmo cerebrale alfa a bassa frequenza (circa 8-10Hz) e alta frequenza (circa 10-12 Hz) in atleti di elite di karate, in atleti dielite di scherma e in non atleti. La desincronizzazione evento-correlata indi-ca la riduzione percentuale in ampiezza del ritmo alfa nella condizione distazione eretta ad “occhi aperti”, rispetto alla condizione di stazione erettaad “occhi chiusi”. La desincronizzazione evento-correlata del ritmo alfa èun tipico indice di attivazione corticale e, nelle mappe in figura, il suo valo-re percentuale massimo è rappresentato dal colore bianco. Si nota la vastaregione anteriore di desincronizzazione evento-correlata del ritmo alfa negliatleti di elite rispetto ai non atleti, come segno di una elaborazione del-l’informazione visiva che si estende alle regioni frontali della corteccia cere-brale, le quali controllano gli atti motori e la postura. I risultati di questostudio sono stati esaurientemente illustrati nell’articolo “Cortical alpharhythms are correlated with body sway during quiet open-eyes standing inathletes: a high-resolution EEG study” di C. Del Percio, A. Brancucci, F.Bergami, N. Marzano, A. Fiore, E. Di Ciolo, P. Aschieri, A. Lino, F. Vecchio,M. Iacoboni, M. Gallamini, C. Babiloni, F. Eusebi, pubblicato recentementesulla rivista internazionale “Neuroimage” (36, 2007, 3, 822-829).

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ta con la capacità di frenare le proprie azioni. Verosimilmente si trattadi meccanismi cerebrali atti ad evitare le trappole dell’avversario (adesempio quando viene fintato un attacco). L’idea base è che una partedel segreto dei campioni dello sport sia riposta nella loro abilità di com-prendere in maniera fulminea le intenzioni dell’avversario e di prevenir-le con azioni opportune e tempestive. I risultati preliminari delle nostrericerche confermano ed estendono al mondo dello sport i risultati otte-nuti dall’equipe del prof. Rizzolatti dell’Università di Parma. Quando ikarateki esperti guardano azioni che si riferiscono allo sport praticato,mostrano, attraverso la RMF, una particolare attivazione di specificheregioni del lobo frontale e del lobo parietale, dove sono stati identificatii cosiddetti sistemi specchio nella scimmia (lo studio è stato svolto nelCentro di neuroimmagini dell’Università di Chieti, diretto dal Prof.Romani). Analoghi risultati sono stati ottenuti misurando la riduzionedei ritmi alfa in atleti di élite di ginnastica ritmica che osservavano fil-mati di ginnastica. Se i risultati saranno confermati da ulteriori controllisperimentali, potremo dimostrare che l’attività dei sistemi specchio siaalla base della comprensione del gesto sportivo in atleti di alto livello.Anche in questo caso le misure dell’attività cerebrale potrebbero offrirepreziose indicazioni sui processi di plasticità che permettono all’atletauna fulminea comprensione delle intenzioni dell’avversario o del com-pagno di squadra.

Queste ricerche a quanti sport potrebbero essere estese?

Abbiamo motivi per pensare che i ritmi alfa riflettano una generale capa-cità di sincronizzazione e coordinamento dell’attività neurale all’interno deicircuiti cerebrali. Il loro ruolo dovrebbe, quindi, essere importante in gene-rale per i processi cognitivi-motori in tutti gli sport. Prendiamo ad esempioi golfisti. La loro prestazione dipende da una precisa analisi percettivadella posizione della pallina rispetto alla buca, dal controllo della posizionedi equilibrio del corpo e della fluidità del movimento. Attualmente si samolto poco della relazione tra una buona prestazione sportiva e le carat-teristiche dell’attività cerebrale. Tuttavia, per i motivi che ho esposto e peri risultati di ricerche precedenti di altri gruppi di ricerca, abbiamo ritenutoche un ruolo chiave potesse essere giocato dal tipo di ritmo alfa correlatoallo stato di concentrazione che precede l’azione. Per verificare questaipotesi abbiamo chiesto a golfisti di élite di eseguire colpi di precisione suun simulatore del green costruito ad hoc. Si è visto che il ritmo alfa sulleregioni che regolano l’azione si riduce drasticamente prima dell’impattovincente tra bastone e pallina da golf. Siamo ora impegnati a verificare l’i-potesi che i parametri maggiormente correlati con l’accuratezza della pre-stazione possano essere utilizzati per migliorare la performance dell’atletaattraverso uno specifico training.

Capisco bene che una simulazione realistica dell’attività sportiva in laboratorio garantisca risultatineurofisiologici in grado di riflettere meglio i processicerebrali degli atleti durante la gara. Avete in mentedi sviluppare simulatori per altri sport?

Sì. Abbiamo recentemente sviluppato un simulatore adatto per la valu-tazione strumentale della reattività a stimoli ambientali di atleti amato-riali e di elite di sport di combattimento (arti marziali, pugilato e scher-ma). Il dispositivo rende possibile, in modo estremamente semplice eimmediato, lo svolgimento di paradigmi per lo studio e la valutazione difunzioni visuo-cognitivo-motorie di base (per esempio, Go-NoGo e coun-termanding). Gli allenatori con il simulatore potrebbero verificare obietti-vamente le condizioni basali e le conseguenze degli allenamenti pratica-ti sulle prestazioni cognitivo-motorie degli atleti loro affidati. Il simulatorepuò essere di interesse anche per i neuroriabilitatori che possono verifi-care le condizioni basali ed eventuali benefici di procedure di riabilitazio-ne sulle funzioni visuo-cognitivo-motorie in pazienti con deficit motori,misurate mediante i paradigmi Go-NoGo e countermanding.

Distribuzione topograficadel valore p

10 Hz-flick 15 Hz-flick

0.005 1

Distribuzione topografica del valore di probabilità (“valore p”) relativoalla correlazione tra la variazione della sincronizzazione evento-correla-ta del ritmo alfa ad alta frequenza (circa 10-12 Hz) prima di un compi-to cognitivo-motorio (rispondere subito dopo aver visto foto di azionisportive) e la variazione percentuale del tempo di reazione a tale com-pito, in un gruppo formato da atleti di elite di karate e da non atleti. Inparticolare, la sincronizzazione evento-correlata indica l’aumento per-centuale in ampiezza del ritmo alfa nella fase che immediatamente pre-cede il compito cognitivo-motorio nella condizione di stimolazioneaudiovisiva a 10 Hz (condizione sperimentale) e a 15 Hz (condizioneplacebo), rispetto alla condizione di base in cui non si riceveva la sti-molazione audiovisiva a 10 Hz o 15 Hz. Analogamente, la variazionepercentuale del tempo di reazione al compito cognitivo-motorio indicala riduzione o l’aumento del tempo di reazione al compito cognitivo-motorio nella condizione di stimolazione audiovisiva a 10 Hz o 15 Hz,rispetto alla condizione di base. La stimolazione audiovisiva a 10 Hz o15 Hz veniva svolta per un minuto prima del compito cognitivo.L’ampiezza del ritmo alfa in condizione di veglia rilassata è proporzio-nale all’efficienza con cui la corteccia cerebrale è in grado di elaborarel’informazione sensorimotoria durante il compito cognitivo-motorio.Riguardo il significato del massimo valore di probabilità (“valore p”)rappresentato nelle mappe di colore, vale la seguente regola: più èbasso il valore di probabilità, più la correlazione tra desincronizzazioneevento-correlata e variazione percentuale del tempo di reazione acqui-sta significatività statistica. La soglia minima di significatività statisti-ca è di p=0,05, Scala di colore: il valore minimo del valore di probabi-lità (“valore p”) è indicato in bianco. Si nota che il valore di probabilitàdella correlazione è marcatamente più basso per la stimolazione audio-visiva a 10 Hz (condizione sperimentale) che per quella a 15 Hz (condi-zione placebo), come segno della possibilità di modificare con una sem-plice stimolazione audiovisiva a 10 Hz di un minuto sia l’ampiezza deiritmi alfa prima del compito cognitivo-motorio, sia la prestazione a talecompito. I risultati di questo studio sono stati esaurientemente illu-strati nell’articolo “Pre-stimulus alpha rhythms are correlated withpost-stimulus sensorimotor performance in athletes and non-athletes:a high-resolution EEG study” di C. Del Percio, N. Marzano, S. Tilgher,A. Fiore, E. Di Ciolo, P. Aschieri, A. Lino, G. Toràn, C. Babiloni, F.Eusebi, pubblicato recentemente sulla rivista internazionale “ClinicalNeurophysiology” (118, 2007, 8, 1711-1720).

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Insomma si può affermare che la prestazione sportivadipende molto dal cervello oltre che dal cuore e i muscoli degli atleti...

Si, ma non vorrei essere frainteso. La performance di un atleta dipende dadiversi fattori, quali la conoscenza tecnico-tattica della propria disciplina, lagestione dei processi cognitivi e affettivi, l’efficienza del sistema muscolo-scheletrico e lo stato di salute. Altre Unità di ricerca di questo Istituto foca-lizzano validamente la loro attività medico-sportiva e di ricerca sui menzio-nati fattori. In questo contesto, noi non vogliamo affatto mettere in secon-do piano il corpo dell’atleta. Vogliamo solo esplorare meglio il ruolo dellefunzioni cerebrali cognitive e motorie sulla prestazione di uomini moltospeciali, finora ben studiati dal punto di vista cardiovascolare, muscolare ebioenergetico. Anche in ambito di Scienza dello sport lo scopo finale nonpuò che essere l’armonia tra cuore, muscoli e cervello.

Topografia ERD/ERSdurante i colpi di golf

Successi

Alfa

Bas

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Errori Differenze

Alfa

Alto

Bet

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Bet

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± 70%

± 65%

± 60%

± 60%

± 15%

± 25%

± 20%

± 20%

– ERD + ERD +–

Distribuzione topografica della desincronizzazione/sincronizzazione evento-correlata (ERD/ERS) del ritmo alfa a bassa frequenza (circa 8-10 Hz), delritmo alfa ad alta frequenza (circa 10-12 Hz), del ritmo beta a bassa fre-quenza (circa 16-18 Hz) e del ritmo beta ad alta frequenza (circa 18-20 Hz),in golfisti di èlite durante l’esecuzione di colpi di precisione (“putts”) su unsimulatore del green (distanza tra la pallina e la buca di circa 2 metri). I datisi riferiscono ai casi in cui la pallina da golf andava in buca (condizione SUC-CESSI) e ai casi in cui la pallina da golf non andava in buca (ERRORI). Ladesincronizzazione evento-correlata indica la riduzione percentuale inampiezza dei ritmi alfa e beta durante l’esecuzione del colpo di precisione,rispetto ad un periodo di riposo precedente all’inizio del movimento. Ladesincronizzazione evento-correlata è un tipico indice di attivazione corticalee, nelle mappe in figura, il suo valore percentuale massimo è rappresentatodal colore bianco. In figura sono riportate anche le mappe delle differenzedella desincronizzazione/sincronizzazione evento-correlata (ERD/ERS) deiritmi alfa e beta nelle due condizioni (SUCCESSI vs. ERRORI). In questemappe, la preponderanza della desincronizzazione evento-correlata nellacondizione SUCCESSI rispetto alla condizione ERRORI è riportata in bianco,mentre il contrario è riportato in viola. Si nota che i colpi di golf vincenti(SUCCESSI) sono principalmente caratterizzati da una maggiore desincroniz-zazione evento-correlata del ritmo alfa nelle regioni cerebrali anteriori,come segno di una più profonda elaborazione dell’informazione sensorimo-toria nelle regioni frontali che controllano gli atti motori. I risultati di questostudio sono stati esaurientemente illustrati nell’articolo “Golf putt outcomesare predicted by sensorimotor cerebral EEG rhythms” di C. Babiloni, C. DelPercio, M. Iacoboni, F. Infarinato, R. Lizio, N. Marzano, G. Crespi, F. Dassù,M. Pirritano, M. Gallamini, F. Eusebi, che è stato recentemente inviato aduna rivista scientifica internazionale del campo di studio.

Per informazioni e approfondimenti sull’attività del Laboratorio di neurofisiologia consultare il sito www.acquaacetosaricerca.it

FOTO CALZETTI & MARIUCCI EDITORI

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Modello prestativo e preparazione nel gioco del tennis

Carlo Rossi, Facoltà di Scienze motorie, Università degli Studi, Milano, RITA Italian Tennis Research Association; Antonio La Torre, Istituto Esercizio fisico, salute e attività sportiva,Facoltà di Scienze motorie, Università degli Studi, Milano; David Bishop, Facoltà di Scienze motorie, Università degli Studi, Verona, Team Sport Research Group, School of Human Movement and ExerciseScience, University of Western Australia, Perth; Enrico Arcelli, Facoltà di Scienze motorie, Università degli Studi, Milano; Giampiero Merati, Istituto Esercizio fisico, salute e attività sportiva, Facoltà di Scienze motorie, Università degli Studi di Milano; Fabio Rubens Serpiello, Facoltà di Scienze motorie, Università degli Studi, Milano, RITA Italian Tennis Research Association

Dal modello funzionale e fisiologico al programma di preparazione complementare nel gioco del tennis

Tra ricerca scientifica più avanzata in materia di tennis, allenamento e programma di preparazione complementare esiste una stretta connessione che deve essere sempre tenuta presente. L’analisi della letteraturaha permesso di ricavare dati utili a capirecosa succede durante la competizione e come ricavarne un modello funzionaleefficace e veritiero, tenendo conto di elementi quali la durata media degli scambi, il tempo effettivo di gioco, le azioni svolte dal giocatore, ecc. Sonostate fatte poi alcune considerazioni sullevariabili fisiologiche implicate nel gioco(frequenza cardiaca, lattato ematico e consumo di ossigeno) per definire l’intervento dei diversi meccanismi energetici, basandosi su evidenze con solida base scientifica. Ne sono scaturite conseguenze applicative per l’allenamentoche, partendo dalle caratteristiche organizzative del circuito tennistico, toccano metodi e mezzi utili allo sviluppodelle qualità più importanti come la rapidità speciale, la potenza aerobica, le componenti aerobiche periferiche, e la forza esplosiva. Infine sono state trattate la prevenzione degli infortuni e la programmazione dell’allenamento, in quanto costituiscono due elementi fondamentali per un atleta come il tennista che deve provare a essere competitivo quaranta settimane l’anno con un occhio sempre attento all’evoluzione della classifica.

FOTO CALZETTI & MARIUCCI EDITORI

METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO

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Introduzione

Nel corso dei decenni la metodologia del-l’allenamento delle diverse discipline sporti-ve si è evoluta in modo significativo. Lascelta dei mezzi di allenamento è statafatta dapprima imitando ciò che succedevain competizione e le metodiche utilizzatedai campioni, poi riferendosi alle qualitàfisiche alla base della disciplina per arrivarein tempi più recenti all’individuazione delmodello funzionale e fisiologico (Arcelli1990). Con la creazione di un modello dellaspecialità si cerca di aiutare la comprensio-ne dei fattori caratterizzanti la performan-ce e di trarre le conseguenze applicative sultraining, evitando di affidarsi a mezzi diallenamento derivanti solamente dalla con-suetudine e dalla pratica empirica.Una precisazione: sebbene in questo lavoroabbiamo voluto occuparci esclusivamentedel modello prestativo della gara, è oppor-tuno evidenziare come il tennista modernodebba affrontare diversi tipi di fatica oltrea quella puramente fisiologica (Hornery etal. 2007), prime fra tutte quella mentale ecoordinativa. Tra i vari atleti, il giocatore ditennis di buon livello risulta essere uno diquelli con un rapporto tra ore di allena-mento e ore di gara quasi equivalente, acausa del fatto che nel corso della stagionecompete molto frequentemente.Un giocatore professionista, infatti, gareg-gia normalmente per trenta settimaneall’anno, tre giorni alla settimana e, se siconsidera la partecipazione a singolo edoppio, per circa quattro ore al giorno; seaggiungiamo anche la Coppa Davis o laFederation Cup arriviamo ad un totale dicirca quattrocento ore di competizioneall’anno. Per quel che concerne l’impegnomentale in gara, oltre alla gestione delleemozioni e dell’ansia, va aggiunto lo sforzocognitivo sul piano strategico-tattico cheper il tennista è continuo e di rilevanzaassoluta. A conferma di queste osservazionipossiamo citare un lavoro di Ferrauti et al.su tennisti d'elite (2001) nel quale è statoriscontrato un valore di catecolamine dimolto superiore nei match rispetto allesedute di allenamento in tennisti d’elite,che potrebbe aiutare a spiegare la mole distress a cui un giocatore è sottoposto. Inoltre, da una classificazione di Farfel(1988, modificata da Starosta, Hirtz 1990),si evidenzia che il tennis è fra gli sportclassificati con il massimo grado di diffi-coltà coordinative in quanto disciplinarapida e veloce che si gioca in condizionivariabili. Se consideriamo che dal 1990 adoggi la velocità del gioco è notevolmenteaumentata possiamo facilmente compren-dere come il tennista moderno debba disicuro far fronte anche a questo tipo diaffaticamento.

Alcuni nostri dati, per esempio, suggeri-scono che nei set conclusivi del RolandGarros, in particolare nei quarti e quintiset, aumenta la percentuale di errori nonforzati mentre diminuiscono gli errori pro-curati ed i vincenti. Questo trova correlazione con quanto giàriscontrato da Vergauwen et al. (1998), iquali avevano riscontrato un peggioramentodella precisione e della velocità di alcunicolpi in condizioni di affaticamento. Questasituazione, da un lato porterebbe a pensareche la fatica fisiologica condiziona la perfor-mance tecnico-coordinativa, al punto daprovocare l’aumento degli errori non forzati,come è stato dimostrato avvenire in altreattività coordinative (Lorist et al. 2002).Dall’altro lato è evidente come nella mag-

gioranza degli incontri si vedano scambi epunti di qualità tecnico-strategico-tatticasopraffina anche negli ultimi games. Questosecondo dato indicherebbe che l’aumentodegli errori gratuiti potrebbe essere dovutoesclusivamente o in parte ad una precisascelta strategico-tattica da parte dei gioca-tori.

Il modello funzionale del tennis

Per modello funzionale di uno sport siintende la descrizione analitica di quelloche avviene di norma durante la competi-zione; per fare tale descrizione ci si avvaledi osservazioni dirette e di dati rilevati ana-lizzando diversi aspetti della performance.Il tennis può essere classificato come unosport individuale (sebbene si disputi ancheuna competizione di squadra, vale a dire ildoppio), di situazione (nonostante il fonda-mentale più importante nel tennis modernosia il servizio, che risulta essere quasi total-mente indipendente sia dall’avversario siadalle condizioni ambientali) e presentaalcune particolarità legate al genere (Rossiet al. 2007). È una disciplina di opposizionediretta, open skill e di tipo intermittente,con alternanza di brevi periodi di lavorointenso e di periodi di recupero, in granparte fissati dal regolamento. Gli studi chenegli ultimi anni hanno analizzato statisti-camente la prestazione tennistica (studi dimatch analysis), ci permettono di costruireun modello funzionale della specialitàabbastanza preciso.La durata media di una fase di gioco puòessere fissata tra 4 e 8 s, con una grandevariabilità dovuta alla superficie di gioco edal tipo e livello dei giocatori: estremi chevedono punti di durata inferiore ai 3 s (ace;servizio e risposta; scambi tra giocatoriattaccanti su superfici rapide) e punti didurata superiore a 15 s con scambi tra gio-catori di tipo difensivo su terra rossa (Kovacs2006; Smekal et al. 2001; O’Donoghue,Ingram 2001; Reilly, Palmer 1994; Christ-mass et al. 1998; Girard, Millet 2004; Fer-nandez et al. 2006; Elliott 1985; Mendez-Villanueva 2007). Da uno studio effettuato sui quattro torneidello Slam risulta che la sequenza e le dura-te dei punti sono assolutamente casuali eraramente si registrano azioni concatenatedella durata maggiore di 30 s (dati non pub-blicati). Ad un’analisi più approfondita èpossibile, per esempio, rilevare che nel tor-neo maschile di Wimbledon i punti che siconcludono entro 4 s rappresentano circa il60% di tutti i punti giocati; negli altri tretornei dello Slam, al contrario, il 90% deipunti si conclude entro i 10 s (dati non pub-blicati). È facile intuire come queste consi-derazioni possano avere grande importanzadal punto di vista applicativo.

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In base al nuovo regolamento ITF vienestabilito un recupero di 20 s tra i punti, 90s ogni due games e 120 s tra i set. Duranteciascun punto, il tennista è chiamato asostenere ripetuti sforzi sottomassimali (avolte massimali), realizzati con sposta-menti laterali continui (più raramentefrontali), ed eseguiti con sequenze didecelerazioni ed accelerazioni, scivola-menti, passi rapidi e cambi di direzione;per ogni punto, i cambi di direzione sonomediamente quattro (Deutsch et al. 1998).Diversi studi riportano che, durante unmatch al meglio dei tre set, il tennista èchiamato a compiere circa 300-500 sforzidi alta intensità, con spostamenti che perl’80% dei casi, rimangono in un raggio di2,5 metri dalla posizione d’attesa e nel15% dei casi tra 2,5 e 5 metri (Parsons1998). La durata di un incontro può andare dameno di un’ora in incontri femminili, a più diquattro ore in match maschili di tornei delloSlam o Coppa Davis e un tempo effettivo digioco (EPT) va dal 17% circa su superficirapide a quasi il 30% sulla terra (tabella 1).

Il modello fisiologico

Partendo dai dati forniti riguardo al modellofunzionale, è possibile tracciare le lineeguida di quello che potrebbe essere il mo-dello fisiologico alla base del gioco del ten-nis, analizzando in maniera critica i dati chesono stati pubblicati in diversi lavori e chesono riferiti all’andamento di alcuni para-metri come la frequenza cardiaca, le con-centrazioni di lattato ematico ed il massimo

consumo d’ossigeno. In base all’analisi diquesti elementi sarà possibile effettuarealcune osservazioni che serviranno poi perla costruzione dei piani d’allenamento.

La frequenza cardiaca

Le statistiche ci dicono che in un incontro ditennis la frequenza cardiaca media si aggiraattorno ai 143-151 battiti/min, come ripor-tato da vari Autori in anni diversi (Seliger etal. 1973; Kindermann et al. 1981; Docherty1982; Bergeron et al. 1991; Reilly, Palmer1993, 2004; Christmass et al. 1998; Smekalet al. 2001; Ferrauti et al. 2001; Fernandez etal. 2006; Mendez Villanueva et al. 2007). Inqueste ricerche, però, spesso mancano alcu-ni dati importanti per interpretare ciò che lafrequenza cardiaca potrebbe rivelarci riguar-do all’intensità di gioco. Innanzi tuttodovrebbero essere sempre fornite le fre-

quenze cardiache massime degli atleti, pos-sibilmente misurate tramite test da campo odi laboratorio e non mediante formulematematiche. In questo modo, potendosiriferire a percentuali della frequenza cardia-ca massima, le relative considerazioni sonoteoricamente applicabili ad ogni atleta. Se,per esempio, durante un’esercitazione dueatleti con frequenza massima di 195 e 175battiti rispettivamente, raggiungono unafrequenza media di 150, il primo atleta avràlavorato al 77% mentre l’altro all’87% delproprio massimo, andando così a sollecitareil loro organismo in maniera differente. Nellanostra ricerca bibliografica abbiamo riscon-trato questo dettaglio solo in tre lavori(Docherty 1982; Christmass et al. 1998;Smekal et al. 2001). Sarebbe molto utile,inoltre, ragionare per distribuzioni e nonriferirsi semplicemente ad un dato medio;ciò che interessa un allenatore/ preparatorefisico di un tennista non è tanto la frequen-za cardiaca media dell’incontro, ma saperequanto tempo l’atleta ha lavorato ad unadata intensità e quanto ad un’altra, per potercosì riflettere e ponderare meglio la sceltadelle intensità di allenamento (figura 1).

Le concentrazioni di lattato ematico

Durante scambi particolarmente intensi eprolungati, o quando si sommano più sforzi,con recupero contenuto, anche il meccani-smo energetico anaerobico lattacido inter-viene per fornire energia. Questo elemento è molto importante per-ché, al contrario di ciò che comunemente siritiene, il contributo lattacido non è assen-te. Le concentrazioni di lattato ematico rile-vate durante le competizioni, infatti, forni-scono un dato medio compreso tra le 2 e le4 mmol/l (Fernandez et al. 2006; Girard,Millet 2004; Ferrauti et al. 2003, Smekal etal. 2003; Mendez-Villanueva et al. 2007) main alcuni casi il range dei valori ha toccatole 5 mmol/l ed in due casi sono stati rilevativalori superiori alle 8 mmol/l (Fernandez etal. 2006; Mendez-Villanueva et al. 2007).

Autori Livello Durata Gioco Superficie punto (s) effettivo (%)

Elliott et al. (1985) College 4,0-4,3 26,5±3,5 Cemento

Reilly, Palmer (2004) Club 5,3±1,0 27,9±3,9 Cemento

Christmass et al. (1998) Naz. 10,2 23,3±1,4 Cemento

O’Donoghue, Ingram (2001) Intern. 6,3±1,8 — Cemento 7,7±1,7 — Terra 4,3±1,6 — Erba

Smekal et al. (2001) Naz. 6,4±4,1 16,3±6,6 Terra

Girard, Millet (2004) Reg.Jun. 7,2±7,3 — Terra 5,9±1,2 — Cemento

Fernandez et al. (2006) Intern. 7,5±7,3 18,2±5,8 Terra

Kovacs (2006a) Intern. 5,99 — Cemento

Mendez Villanueva et al. (2007) Intern. 7,5±7,3 21,5±4,9 Terra

Tabella 1 – Analisi della durata media dei punti e della percentuale di gioco effettivo in riferimentoal livello dei giocatori ed alla superficie di gioco (valori espressi come media ± DS).

Figura 1 – Andamento della frequenza cardiaca durante un match di circa un’ora (adattato daSmekal 2001).

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Inizio partita

Tempo (min)

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Questi valori particolarmente elevati sono daconsiderarsi però molto rari, riferiti a scambio alla somma di punti consecutivi, tra gioca-tori di elevata qualificazione con uno stile digioco difensivo/controffensivo e durantematch professionistici giocati prevalente-mente su terra.Nonostante il dato medio ci mostri che l’im-pegno lattacido non sembra essere elevato,la presenza di picchi più alti ci può dare l’i-dea di come un tennista, in alcuni casi speci-fici, debba tenere conto di questo parametroe predisporre metodi di allenamento che gliconsentano di produrre quantità moderatedi lattato e di smaltirle in tempi brevi (Arcelli,Castiglione 1994). Non si pensi, però, all’im-piego di mezzi di allenamento o a sedute ditraining imperniate su ripetute che portino alavorare a “bagno di lattato” come in altrediscipline sportive, perché ciò non rispecchiail modello fisiologico del tennis. Una rasse-gna dei dati relativi alla frequenza cardiacaed alle concentrazioni di lattato ematicoviene presentata nella tabella 2.

Il consumo di ossigeno

Tutta l’energia fornita inizialmente attraver-so i meccanismi anaerobici va a creare ilcosiddetto deficit di ossigeno: al terminedella fase di lavoro ad alta intensità il siste-ma aerobico, tramite l’aumento dei parame-tri respiratori, va a ripagare, per lo meno inparte, il dispendio precedente supportandole attività dei sistemi tampone, restituendoalla mioglobina l’O2 rilasciato durante loscambio e contribuendo probabilmente allaresintesi della PCr, ed eliminando lattato.Questo potrebbe facilmente spiegare comeuna grande potenza aerobica possa aiutare iltennista a recuperare velocemente e gli con-

senta di continuare ad esprimersi ad altolivello per tutto l’incontro; questa osserva-zione è supportata del fatto che il V

.O2max

misurato in giocatori di livello nazionale-internazionale è decisamente maggiorerispetto a quello di giocatori di livello club-regionale. In tennisti d’èlite, infatti, i valorisono compresi tra 54 e 58,5 ml/kg/min(Christmass et al. 1998; Smekal et al. 2001;Fernandez et al. 2005; Bergeron et al. 1991;Faff et al. 2000; Elliott et al. 1985) mentre ingiocatori di livelli inferiori variano da 44,2 a53,2 ml/kg/min (Kraemer et al. 2003; Reilly,Palmer 1994) (tabella 3).Come vedremo di seguito, però, il V

.O2max

non è l’unico parametro da prendere in con-siderazione quando si fa riferimento al mec-canismo aerobico. La potenza aerobica,

infatti, è l’espressione di tutte le componentiaerobiche “centrali”, cioè di quelle che dipen-dono dal sistema cardio-respiratorio. Vi sono però anche componenti “periferi-che” che riguardano l’estrazione e l’utilizzodi O2 da parte del muscolo; alcune di questecomponenti sono la differenza artero-veno-sa di ossigeno, il numero di capillari per ognifibra muscolare, la densità mitocondriale,l’attività degli enzimi mitocondriali, ecc.Tutti questi fattori influiscono sulla perfor-mance tanto quanto il V

.O2max e meritano

quindi ricerche ed approfondimenti dellastessa qualità (Arcelli 1984).

L’intervento dei meccanismienergetici nel tennis

In base alle considerazioni emerse dalla trat-tazione del modello funzionale e di quellofisiologico, possiamo ora affrontare conmaggior precisione le dinamiche d’interven-to dei diversi meccanismi energetici.La prima considerazione è che, a secondadel tipo di superficie e di giocatore, si hannoperiodi di lavoro con connotazioni piùesplosive (servizio e volée) o più resistenti(scambi prolungati); ad essi, però, seguesempre un recupero che, in ogni caso, è didurata prestabilita, o quasi. Ciò rende piùcomplicato trattare in modo assoluto l’inter-vento dei meccanismi energetici nel giocodel tennis nel quale, inoltre, la parte tecni-co-strategico-tattica risulta essere prevalen-te. Nonostante queste premesse, il nostrointento è quello di approfondire l’argomen-to tenendo conto sia delle conoscenze delgioco, sia di ciò che emerge dalle ricerchescientifiche.Dal punto di vista metabolico possiamo direche il tennista dovrebbe possedere grandidoti anaerobiche (alattacide, ma in parte

Autori Livello FC % FCmax Lattato (battiti/min) (mmol/l)

Seliger et al. (1973) Naz. 143±13,9 — —

Kindermann et al. (1981) — 145±19,8 — 2,0±0,5

Docherty (1982) — — 68-70 —

Bergeron et al. (1991) 1a div. 144,6±13,2 — 2,3±1,2

Christmass et al. (1998) Naz. — 83 —

Smekal et al. (2001) Naz. 151±19,0 78,2 2,07±0,88

Ferrauti et al. (2001) Naz. — — 2,9

Reilly, Palmer (2004) Club 144,0±19,0 — 2,0±0,4

Fernandez et al. (2006) Intern. — — 3,79±2,03

Mendez Villanueva et al. (2007) Intern. — — 3,8±2,0

Tabella 2 – Analisi di alcune variabili fisiologiche durante un match di tennis effettuate da alcuniAutori, in ordine di tempo (valori espressi come media ± DS).

Autori Livello VO2max VO2max match %VO2max (ml/kg/min) (ml/kg/min)

Kraemer et al. (2003) College 49,4±4,4 — —

Reilly, Palmer (2004) Club 53,2±7,3 — —

Christmass et al. (1998) Naz. 54,2±1,89 — —

Girard, Millet (2004) Naz. J. 58,2 — —

Seliger et al. (1973) Naz. — 27,3±5,5 50%

Bergeron et al. (1991) Naz. 58,5±9,4 — —

Smekal et al. (2001) Naz. 57,3±5,1 29,1±5,6 51%

Faff et al. (2000) Naz. 62,3±4,8 — —

Fernandez et al. (2006) Intern. 58,2±2,2 26,62±3,3 46,4%

Elliott et al. (1985) Naz. 65,9±6,3 — —

. . .

Tabella 3 – Analisi di V.O2max, consumo di ossigeno durante un match e % relativa del V

.O2max,

effettuate su tennisti di qualificazione crescente (valori espressi come media ± DS).

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anche lattacide) per fornire energia nelbreve, e importanti qualità aerobiche perconsentire il massimo recupero nei 20 s asua disposizione e contribuire alla fornituradi energia in momenti di intensità media. Sitenga presente che, negli ultimi decenni, si èverificato da un lato che il tempo di recupe-ro fra un punto e il successivo è passatoprogressivamente da 30 a 25 e poi a 20 s e,da un altro lato, che, all’interno di ciascunpunto, a parità di durata, oggi viene esegui-to mediamente un colpo in più. Questi fat-tori hanno fatto sì che il gioco sia diventatopiù intenso e che ai giocatori sia ora richie-sta una sempre migliore efficacia atletica. Iniziamo ad approfondire, dunque, le dina-miche di azione del meccanismo anaerobi-co alattacido, anaerobico lattacido ed aero-bico, riferiti al gioco del tennis.

Il sistema “ATP-fosfocreatina-mioglobina”

Durante ogni punto, l’energia viene inizial-mente ottenuta, oltre che dall’ATP precosti-tuito, attraverso la degradazione della fosfo-creatina (PCr, la cui elevata potenza meta-bolica consente di effettuare sforzi moltointensi, seppure brevi) e in parte dall’ossige-no ceduto a livello locale dalla mioglobina. Èchiaro, quindi, come il meccanismo anaero-bico-alattacido sia il meccanismo di produ-zione energetica di riferimento nel gioco deltennis. Ciò che ancora rimane da approfondire, ècome interagiscano tra di loro i vari sistemienergetici, soprattutto anaerobico-alattaci-do ed aerobico.Di particolare interesse è lo studio del rap-porto tra produzione di energia nei periodidi sforzo ripetuto e processi di rigenera-zione nel recupero.A intensità massimali, il sistema ATP-PCr-mioglobina è in grado di fornire energia perpochi secondi (5-6 s); quando l’intensitàrimane sottomassimale, invece, questotempo chiaramente si allunga. In uno sportdi natura intermittente risulta importantepoter disporre della massima efficienza pos-sibile per questo meccanismo, al fine di rei-terare momenti di gioco ad impegno elevato,senza che la qualità cali in misura sensibile. Èessenziale, perciò, che i 20 s concessi dalregolamento rendano al massimo e cheparte della preparazione annuale sia rivoltaal miglioramento di tutti gli elementi checonsentono di ottimizzare le componenti delrecupero. Uno dei fattori che bisogna consi-derare è il tasso di resintesi della fosfocreati-na: comunemente si sostiene che il T1/2 dellaricostituzione delle scorte di fosfocreatina(cioè il tempo necessario per riformare metàdi ciò che si è consumato) è compreso tra 25e 30 s (Sahlin 1992; di Prampero 1985;Haseler et al. 1999; Johansen, Quistorff

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2003). Questo tempo però risulta esseresignificativamente minore in atleti allenatinegli sprint con valori medi di 22,5 ± 2,53 s(Johansen, Quistorff 2003).Gli stessi Autori riportano valori medi infe-riori ai 13 s in atleti praticanti discipline diendurance, i quali però esprimono picchi dipotenza decisamente inferiori. Questo signi-fica, che il recupero a disposizione tra ipunti non è sempre sufficiente per ricosti-tuire la fosfocreatina utilizzata, ma ancheche, scegliendo i mezzi di allenamentoappropriati, forse è possibile modificare edallenare il meccanismo che può aiutare ainnalzare la percentuale di resintesi dellafosfocreatina. Per quanto riguarda la mioglobina, il discor-so è differente e più complesso. La mioglo-bina è una proteina che lega l’ossigenoquando questo arriva dal sangue dentro lafibra muscolare e lo rilascia immediatamen-te quando serve. Le sue funzioni principali sono:

1. immagazzinamento dell’O2; 2. funzione di tampone della pressione

parziale dell’ossigeno (PO2) per evitarel’anossia mitocondriale;

3. creazione di una via parallela per la dif-fusione dell’ossigeno verso il mitocon-drio (la cosiddetta “diffusione facilitata”)(Conley et al. 2000; Molè et al. 1999).

In base a queste proprietà, sembrerebbepossibile attribuire alla mioglobina unimportante ruolo nel fornire ossigeno almuscolo già all ’ inizio dell ’esercizio.Sebbene la maggior parte degli studi chehanno approfondito questo argomentoabbiano adottato nel loro protocollo eser-cizi incrementali continui che terminanocon il raggiungimento del V

.O2max, i risul-

tati sembrano dimostrare che la desatura-zione della mioglobina non è mai superio-re al 60%, nemmeno quando vi è il rag-

giungimento del massimo consumo d’os-sigeno. Questo dimostrerebbe che, inrealtà, nel muscolo non vi è mai la condi-zione di totale assenza di ossigeno permolto tempo ipotizzata. Al fine diapprofondire il discorso sulla desaturazio-ne del muscolo anche in discipline come iltennis, tuttavia, sarebbe interessante valu-tare il comportamento della mioglobina inesercizi intermittenti con sforzi massimalie recuperi contenuti.

Il meccanismo anaerobico lattacido

Come è stato suggerito, se il recupero delsistema della fosfocreatina dovesse risul-tare incompleto, è possibile che, quandouno scambio è particolarmente lungo (tra10 s e i 20 s) e/o quando vi sono più puntidi grande intensità in successione, possaintervenire anche il meccanismo lattacido.In effetti si è visto che, ad intensità eleva-te, già dopo 4-5 secondi è possibile notareuna produzione apprezzabile di lattato(Hirvonen et al. 1987).Come emerge da alcuni nostri studi, però,queste situazioni non sono molto frequentiin un incontro tipo ed è quindi importantestudiare in maniera più approfondita ledinamiche di produzione di lattato nel giocodel tennis, soprattutto in relazione all’anda-mento del punteggio ed al tipo di giocatoricoinvolti.

Il meccanismo aerobico

Sembra essere fondamentale, invece, ilruolo che gioca il meccanismo aerobiconel recupero tra un punto e l’altro.Si è sempre pensato che il fattore determi-nante per il recupero fosse il V

.O2max, rite-

nendo che più elevata è la potenza aerobica,migliore risulta il recupero di tutte le varia-bili coinvolte.

In effetti la pratica del campo, supportata inparte dalla ricerca scientifica, ci suggerisceche un giocatore con un meccanismo aero-bico efficiente è più abile a recuperare tra ipunti, ma anche tra i match e tra i tornei,rispetto ad un altro con un meccanismonon altrettanto performante. Quello chenon è ancora ben chiaro è cosa voglia dire“avere un meccanismo aerobico efficiente”.Se da un lato è vero che l’innalzamento delV.O2max accelera i processi di resintesi della

fosfocreatina e migliora la performancedurante esercizi intermittenti che coinvol-gono grandi masse muscolari (McMahon,Wenger 1998; Aziz et al. 2000; Tomlin,Wenger 2001, 2002; Bishop, Edge 2006),dall’altro lato sembra che le componentiperiferiche (estrazione di O2 da parte delmuscolo e fattori correlati) possano giocareun ruolo ancora più importante, sia durantel’esercizio sia nelle fasi di recupero. Alcunistudi, infatti, sembrano aver dimostrato chel’apporto e la disponibilità di O2 non costi-tuiscono un fattore limitante la prestazione(Molè et al.1999), come invece potrebbeessere per i meccanismi di estrazione e uti-lizzo dell’ossigeno a livello muscolare.Questo aspetto rimane da approfondire,considerata la sua importanza applicativasull’allenamento di un tennista e più ingenerale degli atleti di discipline a carattereintermittente. I dati fino ad ora riportati permettono dicomprendere meglio i cambiamenti che ilgioco del tennis ha espresso negli ultimianni. In base a tali considerazioni, soprat-tutto al fine di compiere meno errori nelmomento in cui si procede alla stesura deiprogrammi di preparazione complementare,può essere utile una verifica di quanto fino-ra si è sostenuto a proposito dell’interventodei differenti meccanismi energetici durantela partita. Se è vero, inoltre, che il tempo adisposizione per la preparazione fisica non èmolto, risulta evidente come non ci si possa

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Figura 2 – Andamento del consumo di ossigeno durante un match di circa un’ora (adattato daSmekal 2001).

FOTO CALZETTI & MARIUCCI EDITORI

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assolutamente permettere di sbagliare iltarget fisiologico dell’allenamento. Per farequesto bisogna unire sapientemente l’espe-rienza sul campo con l’analisi della lettera-tura scientifica più recente.L’obiettivo deve essere quello di creareprogrammi d’allenamento individualizzatiin base ai fattori sopra esposti, in quantorisulta semplice capire come un giocatoreche pratica con regolarità il serve and vol-ley abbia esigenze più alattacide/esplosive,mentre un giocatore di stile più difensivodebba lavorare molto anche sul versantelattacido e aerobico, senza però dimentica-re le necessità, strategiche e tattiche diprogrammazione, derivanti dai cambi disuperficie pressoché obbligati. Nella secon-da parte del presente lavoro verranno trat-tati gli aspetti legati ai mezzi e metodi diallenamento che, in base alle considerazio-ni emerse ed alla nostra esperienza, rite-niamo più adatti per la preparazione fisicadel tennista.

La preparazione complementarenel tennis professionistico

Prima di addentrarci nell’analisi di metodi,mezzi e contenuti di allenamento per lo svi-luppo delle qualità fisiologiche proprie deltennista, riteniamo che sia il caso che quellache fino ad alcuni anni fa era indicata come“preparazione atletica” e che poi era statadefinita “preparazione fisica”, debba oggiessere più correttamente chiamata “prepa-razione complementare” Questo non costi-tuisce solo un dettaglio linguistico, mariflette la necessità di iniziare a considerarela preparazione complementare come uninsieme di attività che dapprima (in età gio-vanile) si realizzano con l’obiettivo di soste-nere e completare l’apprendimento delladisciplina; poi (nell’atleta evoluto) con quel-lo di ottimizzare la performance. Nellaprima fase della formazione del tennista,infatti, essa è complementare all’apprendi-mento tecnico-strategico-tattico del gioco,mentre per un atleta professionista risultastrettamente correlata al modello funziona-le e fisiologico della specialità, al modelloorganizzativo delle competizioni e dell’ac-quisizione dei punti nella graduatoria inter-nazionale. Da qui i contenuti della preparazione com-plementare che prevedono, per un atletaprofessionista o che desidera diventaretale, un importante lavoro di prevenzionedegli infortuni, recupero e rigenerazionedalle differenti variabili della fatica (quelleviste in precedenza) e soprattutto di svi-luppo, mantenimento e recupero dei varirange fisiologici individualizzati e dedottidal modello di gioco che l’atleta predilige.Nei prossimi paragrafi verrà trattato pro-prio quest’ultimo aspetto.

Il metodo d’allenamento

Seguendo una classificazione standard deimetodi di allenamento basati sulla corsa,possiamo fare una distinzione di base traquelli continui e quelli intervallati. Tra i metodi continui troviamo tipi di trai-ning con ritmo o velocità costante, variabileo progressivamente accelerato, mentre tra imetodi intervallati vengono annoveratiinterval training, allenamento intermittentee frazionato. La scelta più corretta dei meto-di di allenamento da impiegare per la prepa-razione complementare del tennista deve,prima di tutto, tenere conto delle peculiaritàe delle caratteristiche della disciplina in que-stione.

Ne deriva che, durante la stagione, un ten-nista può permettersi di destinare alla pre-parazione complementare una media disedici settimane. Di queste ne vengono soli-tamente impiegate circa otto per la prepa-razione iniziale invernale (novembre edicembre) e le altre otto distribuite una ognimese e destinate a periodi di richiamo econtrollo dei range fisiologici di riferimento.Bisogna però sottolineare che, consideratala precedenza data necessariamente all’alle-namento delle variabili tecnico-strategico-tattiche e alle attività di recupero e rigene-razione, questi momenti non possono esserededicati interamente alla parte complemen-tare e quindi il tempo a disposizione non èmai tantissimo. A tutto ciò si aggiunge il fatto che i gioca-tori di tennis sono costretti a spostarsi ognisettimana per giocare i tornei e che lestrutture a disposizione per l’allenamentocambiano di continuo. Questo ci porta asuggerire che i metodi ed i mezzi di allena-mento di tutte le qualità fisiche dovrebberoessere molto semplici e di facile realizzazio-ne, in modo da rendere gli atleti autosuffi-cienti in qualsiasi parte del mondo. Allaluce di queste osservazioni ci è possibilesuggerire come metodi di allenamento pre-feriti quelli intervallati, in quanto più coe-renti con il modello prestativo.

I mezzi d’allenamento

Dal modello fisiologico e funzionale scaturi-to dai nostri studi si evidenzia che il tennistadovrà avere un eccellente sistema anaerobi-co alattacido per la continua produzione diazioni rapide ed esplosive e un altrettantoeccellente sistema aerobico in grado dipagare, nel più breve tempo possibile, il debi-to alattacido e, qualora accadesse, anchequello lattacido. I mezzi di allenamentodovranno quindi rispondere a queste neces-sità fisiologiche e, quando è possibile, è pre-feribile che siano scelti fra quelli in grado disollecitare più fattori contemporaneamente.

Sviluppo della rapidità e resistenzaalla rapidità speciale

In base alla nostra esperienza, il mezzo cheriteniamo più efficace per lo sviluppo dellarapidità speciale risulta essere lo sprint trai-ning, in particolare nella sua versione anavetta con cambi di direzione e di andatu-re. Oltre a costituire il mezzo di allenamen-to che più si avvicina al modello della spe-cialità (brevi periodi di lavoro intenso alter-nati a recuperi inferiori a 30 s), lo sprinttraining consente di ottenere miglioramentiche riguardano tutti i meccanismi di produ-zione energetica.A supporto di questa scelta dettata dallapratica, citeremo alcune ricerche presenti inbibliografia che hanno utilizzato protocollidi sprint training. I lavori che abbiamopreso in considerazione hanno utilizzatomediamente tempi di allenamento di sei-nove settimane, tre sessioni a settimanacon un numero variabile di sprint, lavori didurata compresa tra 3 e 15 s e recuperi tragli sprint solitamente inferiori a 30 s. Nonostante la grande variabilità dei proto-colli utilizzati, tutti gli studi riportano unaumento della potenza muscolare e dellavoro totale espressi nei test post-training,oltre a diversi cambiamenti enzimatici(Linossier et al. 1993; Linossier et al. 1997;Harridge et al. 1998; Ross, Laveritt 2001;Parcell et al. 2005). Dawson et al. (1998)riportano nel loro studio anche un aumentodel V

.O2max e della capacità di ripetere sprint

(repeated sprint ability). Non sembrano esservi invece cambiamentinei livelli di ATP precostituito e di fosfo-creatina a riposo.Per quanto riguarda l’adattamento dellefibre muscolari, nonostante i risultati nonsiano sempre in accordo, possiamo dire chela tendenza generale è quella di un aumentodel numero o della dimensione delle fibre ditipo IIa (o FTa), conseguente a una diminu-zione delle IIx e spesso anche delle fibre ditipo I (o ST). Questo adattamento è peròintimamente correlato a volume ed intensitàdegli sprint ed alla natura del recupero.

Nel tennis di vertice, in media, la stagio-ne segue questo andamento:

• 30/35 settimane sono destinate allosvolgimento dei tornei organizzati nellediverse Nazioni;

• 2/4 settimane per gli incontri di CoppaDavis o Federation Cup

per un totale di circa 32/39 settimanedestinate alla competizione.

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A proposito dei risultati commentati, cisembra corretto dire che tutte queste ricer-che hanno utilizzato come campione ostudenti o atleti di livello medio-basso emai atleti d’elite. Ne deriva che per ottene-re i medesimi adattamenti in atleti di altolivello sarà necessario aumentare lo stimo-lo allenante.Questi dati scientifici ci possono aiutare aconfezionare delle linee guida per appli-care questo mezzo all’allenamento deigiocatori di tennis: a nostro avviso è utilefar variare il numero e la durata deglisprint in maniera da poter spostare il tar-get fisiologico in relazione alle esigenze,utilizzando in particolare schemi tipo“busta”, come indicato nella figura 3(Rossi 1990).Il numero delle serie e delle ripetizioniandrebbe individualizzato in base all’atletaed al suo tipo di gioco, mentre la duratadovrà essere compresa tra i 4 e gli 8secondi e l’intensità conservata tra massi-male e sub-massimale.Riteniamo invece che il recupero tra glisprint debba rimanere di 20 s tra le ripeti-zioni e 90 s tra le serie, in quanto rispecchiale necessità imposte dal regolamento. Un esempio di una sessione di sprint trai-ning per il miglioramento prevalentedella rapidità speciale potrebbe essereorganizzato come indicato nella tabella 4.La combinazione dei diversi schemi, chehanno durate e intensità diversificate, per-metterà di modificare la densità del carico,cosicché sarà possibile sviluppare in modoprevalente la rapidità speciale o la resi-stenza alla stessa.Inoltre lo sprint training attraverso il model-lo a navetta con cambi di direzione e anda-ture, se correttamente predisposto, rispettalo sviluppo delle coordinazioni intra- eintermuscolari in modo che anche il transfercoordinativo sia massimale.

Sviluppo della potenza aerobica

Come abbiamo suggerito nella prima partedel nostro lavoro, l’importanza per un tenni-sta di possedere un meccanismo aerobicoefficiente risiede soprattutto in due elemen-ti: ottimizzare il recupero tra i punti e fornireenergia quando l’intensità è moderata. Perquesto sarà utile pianificare sessioni di alle-namento volte allo sviluppo della potenzaaerobica (V

.O2max), ma anche al migliora-

mento dei meccanismi di estrazione ed uti-lizzo dell’ossigeno a livello muscolare.Avendo ben chiaro che l’obiettivo non èquello di trasformare il tennista in un atletadi endurance portandolo a valori di massimoconsumo di ossigeno sopra i 70 ml/kg/min,ne deriva che lo sviluppo di questa qualitàdovrà permettere al giocatore di rimanerestabilmente all’interno di un range ottimaleper il suo stile di gioco.Il meccanismo fondamentale che sta allabase dello sviluppo delle componenti aerobi-che centrali è quello di sollecitare in manieramassimale, tramite l’esercizio, il sistema car-diorespiratorio. Il parametro che noi possia-mo utilizzare per valutare che tale lavoro èefficace è l’aumento consistente della fre-quenza cardiaca fino a valori quasi massimi.Vi possono essere due variabili: si può portaregradualmente la frequenza cardiaca a livellimassimi per alcuni minuti con un successivorecupero completo (es. 4 x 4 min al 90-95%FCmax con 3 min di recupero (Helgerud et al.2007)), o creare un innalzamento più ridottoma rapidissimo evitando un calo eccessivodurante il recupero (mediante mezzi di natu-ra intermittente molto corti). È per questaragione che noi riteniamo, come dimostratoanche da Dawson e colleghi (1998), che unodei mezzi adatti allo sviluppo del massimoconsumo d’ossigeno possa essere il cosiddet-to “short sprint training”, mezzo che adottia-mo e consigliamo.

Altri strumenti efficienti che noi utilizzia-mo, soprattutto nel primo periodo di alle-namento (novembre e dicembre), possonoessere le ripetute di sprint in salita (30-60m) o un circuito realizzato sui gradoni conmassimo sforzo in salita e recupero nellefasi di trasferimento.

Sviluppo delle componentiaerobiche periferiche

Come abbiamo accennato in precedenza,oltre allo sviluppo della potenza aerobicabisogna considerare anche l’importanza cherivestono le componenti periferiche delmeccanismo aerobico. Risulta abbastanzaintuitivo, infatti, che se l’aumento dell’ap-porto di ossigeno ai muscoli non è accom-pagnato da un aumento dalla capacitàdegli stessi di estrarlo ed utilizzarlo, non siottiene alcun vantaggio significativo, spe-cialmente in uno sport come il tennis in cuibisogna ottimizzare l’esiguo tempo di recu-pero presente tra i punti. Lo stimolo fisiolo-gico che una seduta di allenamento dell’ae-robico periferico deve fornire sarà, in gene-rale, quello di generare nel muscolo unaccumulo di acido lattico contenuto (attor-no alla soglia anaerobica), ma costante, perun tempo che può variare da un minuto a3-4 minuti. Questo è il segnale ottimale perl’adattamento di alcuni enzimi mitocon-driali, dei capillari, della mioglobina ecc.Diversi studi hanno dimostrato che leintensità di allenamento tra il 70 e l’80%del V

.O2max, mantenute a lungo, sono otti-

mali per l’aumento della capillarizzazioneattorno alle fibre muscolari (Andersen,Henriksson 1977; Denis et al.1986). Unesempio di allenamento potrebbe essereuna sessione di ripetute sui 500-600 metrio di 1-2 minuti (all’inizio) ed 800-1000metri o 2-4 minuti (atleti esperti) ad unavelocità attorno alla soglia anaerobica, con

Figura 3 – Esempio di realizzazione dello sche-ma tipo “busta” (partendo dal cono basso-sini-stra: corsa laterale, corsa diagonale avanti,corsa laterale, corsa diagonale indietro).

10 min Riscaldamento generale Andature con utilizzo della funicella

10 min Riscaldamento speciale Ripetizioni degli schemi di rapidità ad intensità media con recupero completo

50 min Parte centrale 8-10 serie x 10-12 ripetizioni x schemi tipo “busta corta”, “navetta 4x4”, “navetta 6x3 corsa scivolata” Durata sprint: 4-6 s Recupero fra le ripetizioni: 20 s Recupero fra le serie: 90 s

5 min Defaticamento

. . .

Tabella 4 – Esempio di seduta di allenamento per lo sviluppo prevalente della rapidità speciale conutilizzo di schemi coordinativi.

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un recupero passivo o leggermente attivodi 1-2 minuti. Ci sembra interessante citareanche un lavoro di Jensen et al. (2004) cheha mostrato un notevole aumento dellacapillarizzazione dopo quattro settimane diallenamento con sedute di 1 min al 90%del “leg V

.O2max”, alternate a 30 s di recu-

pero.Alternativamente a ciò che viene propostoin altre discipline, però, riteniamo che, congiocatori professionisti, questo stesso tipodi lavoro possa essere svolto utilizzando glischemi di rapidità già citati ("a busta"), maanche attraverso esercitazioni tecnichesvolte in campo. Controllando contempora-neamente il tempo impiegato in relazionealla prestazione massima su quel percorso ela frequenza cardiaca (se possibile anche lalattacidemia) dell’atleta è possibile eseguire,ad esempio, uno schema della durata di 30s ad un’intensità del 70-75% seguito da 90s di corsa appena sotto la soglia.

Sviluppo della forza esplosiva e della forza veloce

La forza è di sicuro una delle qualità piùimportanti per un tennista e in particolarmodo le sue espressioni veloci sono allabase di qualsiasi azione di gioco, sia perquanto riguarda gli arti superiori sia quelliinferiori.Alla luce delle indicazioni fisiologiche dellaspecialità e delle basi metodologiche vin-colate alle peculiarità del circuito tennisti-co, proponiamo alcune esercitazioni difacile esecuzione e ottimi risultati. I mezziche riteniamo più efficaci per lo sviluppodella forza per il tennista sono:

• circuiti in cui si alternano, ad esempio,esercizi di forza esplosiva prevalente-mente a carico del quadricipite e altri acarico del tricipite surale;

• esercitazioni tipo intermittente-forza perstimolare contemporaneamente le com-ponenti aerobiche centrali e gli aspettidella forza specifica (Alberti et al. 2002;Bisciotti 2005);

• routine nelle quali si susseguono esercizidi carattere generale, speciale e specifico,sulla scorta delle numerose indicazioniproposte da Cometti in molti suoi lavori(1998). Un esempio di questa modalità diallenamento viene approfondita nellatabella 5.

La prevenzione degli infortuni

In mezzo a tutto questo percorso creatoper ottimizzare l’allenamento e la prepara-zione complementare del tennista, nonpossiamo trascurare un fattore fonda-mentale come la prevenzione degli infor-tuni. Questo aspetto, infatti, riveste un

ruolo prioritario nella stagione di un ten-nista in quanto anche un infortunio dientità moderata che costringa l’atleta aduno stop di qualche settimana, provoca laperdita immediata dei punti acquisiti conconseguente scivolamento in classifica ediverse ripercussioni negative (dagli aspet-ti economici a possibili cambiamenti diprogrammazione). Citando una review molto completa ese-guita da Pluim e dalla sua equipe (Pluim etal. 2006) possiamo affermare che l’inci-denza di infortuni arriva fino a 2,9 infor-tuni/anno o anche 3 infortuni/1000 ore diattività. Le patologie più frequentementeriportate sono:

• epicondilite;• patologie da sovraccarico della spalla;• distorsioni alle caviglie;• patologie del ginocchio, soprattutto alla

rotula ed al LCA;• tennis leg;• crampi e problemi legati alle alte tem-

perature.

La prevenzione di ogni tipo di infortuniorichiede chiaramente strategie ed esercizidifferenti e dovrà essere ad ogni modo indi-vidualizzata. Nonostante lo scopo di questolavoro non sia quello di trattare la trauma-tologia del tennis, riteniamo che un buonesempio di prevenzione degli infortuni allaspalla possa essere trovato nell’articolo “Laspalla del tennista” (Reid, Crespo 2006), dicui consigliamo la lettura.

Alcuni cenni di programmazione

Qui di seguito accenniamo brevementealla programmazione dell’allenamento,facendo riferimento alla suddivisione deiperiodi proposta in precedenza.

Conclusioni

Al termine di questo lavoro, nel quale abbia-mo cercato di mettere in atto quello che erail nostro obiettivo di unire le conoscenzescientifiche con la pratiche di allenamento,vogliamo fare alcune riflessioni che servanoda linee guida a chi poi utilizzerà i nostrisuggerimenti.La prima è che il tennis, come abbiamopotuto vedere, è uno sport difficilissimo davalutare a causa della sua natura e delle dif-ferenze tra gli individui praticanti. Ne con-segue che ogni addetto ai lavori dovrà sfor-

Serie Esercizio

6-8 3 ripetizioni alla pressa (forza massima)

Recupero 2 min 10 squat jump non consecutivi 6-8 da posizione seduta (forza esplosiva solo concentrico)

Recupero 2 min 10 balzi orizzontali con appoggio 6-8 laterale (Esercitazione forza speciale)

Recupero 2 min 6-8 Schema di rapidità per gli spostamenti specifici del tennis (tipo “busta”)

Tabella 5 – Esempio di seduta per lo sviluppodella forza negli arti inferiori.

Periodo preparatorio (8 settimane)

In questo periodo, comprendente i mesi dinovembre e dicembre, l’obiettivo dell’atleta èquello di trovarsi pronto per l’inizio delle com-petizioni e di gettare le basi per affrontare idieci mesi di allenamento. In generale, quin-di, ciò che dovrà perseguire il giocatore sarà:1. recupero; 2. miglioramento della condizione fisica

generale;3. raggiungimento e stabilizzazione dei para-

metri fisiologici di riferimento mediante l’u-tilizzo dei metodi e dei mezzi di allenamen-to proposti.

Periodi di richiamo (ogni 3-4 settimane di gara)

Durante queste finestre di richiamo lo scopoprincipale è quello di assicurarsi che la con-dizione psicofisica del tennista sia rimastaabbastanza costante e che sia pronto per gliimpegni che lo attendono. Verranno quindipredisposti:1. test di verifica delle qualità fondamentali;2. recupero e rigenerazione;3. consolidamento dei parametri fisiologici di

riferimento.

Periodo competitivo

Nelle settimane di gara tutta l’organizzazionedell’allenamento verte attorno ai risultati otte-nuti nella competizione e, nonostante il fineultimo sia quello di recuperare, rigenerarsi eprevenire gli infortuni, l’atleta dovrà fare riferi-mento a quanti giorni dispone prima del suc-cessivo impegno ed organizzare il lavorocome segue:5° giorno precedente all’inizio della nuova

gara: intermittente forza;4° giorno precedente all’inizio della nuova

gara: forza esplosiva;3° giorno precedente all’inizio della nuova

gara: resistenza alla rapidità;2° giorno precedente all’inizio della nuova

gara: rapidità speciale;Giorno precedente all’inizio della nuova

gara: rigenerazione + prevenzione.

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zarsi di carpire l’essenza delle proposte ecercare di adattarle ai propri atleti.La seconda considerazione fondamentaleda fare è che il tempo a disposizione per laparte complementare è realmente ridottoal minimo e, quindi, bisogna provare adescogitare assieme all’atleta mezzi di alle-namento facili da utilizzare e soprattutto

individualizzati in base alle scelte di pro-grammazione e di gestione della classifica,allo stile di gioco, alle superfici e a tutti glialtri elementi che abbiamo provato adapprofondire. Da ultimo vogliamo ricorda-re che l’obiettivo della preparazione com-plementare non è quello di far diventare iltennista né un atleta di endurance né un

body-builder. Di conseguenza l’utilizzazio-ne di range fisiologici come parametri perl’allenamento deve essere assolutamenteprevista ed attuata nel corso dei diversiperiodi della stagione.

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Indirizzo degli Autori:Carlo Rossi: [email protected]

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Il cambiamento dei paradigmi nella teoria dell’allenamento sportivo

Cambiamento di paradigmi e discussione sullo stato attuale della teoria e metodologia dell’allenamento. Parte seconda: alcuni aspetti pratici

La discussione dei risultati deglistudi e delle ricerche sulla teoria e metodologia dell'allenamentosportivo spesso si sviluppa sulla basedi presupposti sottointesi e consolidati senza considerarne l’evoluzione. Si nega così la validitàdi punti di vista diversi attraverso i quali possono essere analizzati.Viene quindi fatto un tentativo di esporre le problematiche che, nell'attuale discussione scientificasulla teoria e metodologia dell'allenamento sportivo, sono alla base delle incomprensioni edelle contraddizioni più evidenti e ricorrenti. Nella prima parte, dedicata agli aspetti teorici, sonostati trattati: lo stato attuale della teoria e metodologia dell’allenamento; le differenze tra la concezione della Periodizzazione e quella della Programmazione dell'allenamento sportivo; la fisiologia dell'adattamento comebase dell'approccio biologico alla teoria e metodologia dell’allenamento sportivo; le due diverse visioni del processo"lavoro-recupero" nella teoria dell'allenamento sportivo. In questaseconda parte si affrontano aspetti pratici che riguardano la costruzionedel microciclo, il sistema dell’allenamento a blocchi; l’effetto ritardato d’allenamento e la supercompensazione.

Yury Verkhoshansky, Natalia Verkhoshanskaya

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TEORIA DELL’ALLENAMENTO

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La costruzione del microciclo nel quale si alternano unità di allenamento con carichi convolume e finalizzazione diversi

Come sappiamo, uno dei principi base dellateoria e metodologia dell’allenamento è ilprincipio della globalità, secondo il quale, inpassato, si affermava che ogni seduta d’alle-namento doveva avere carattere globale,cioè includere mezzi finalizzati allo sviluppodi tutte le capacità motorie. Si tratta di unaregola fondamentale per l’educazione fisicae per lo sport infantile e giovanile, perchè inogni successiva seduta dell’allenamento l’al-lenatore si trova di fronte ad un allievodiverso non solo per gli effetti prodotti dalcarico precedente, ma anche a causa deiprocessi generali di sviluppo dell’organismodominanti in questo periodo della vita. Macon atleti adulti di alto livello, per qualeragione si deve mantenere questa regola?Negli anni ‘70 essa, infatti, è stata rivista: edè stato proposto un modello di microciclonel quale ogni seduta deve essere dedicataallo sviluppo di una sola capacità motoria(Vrgesnevsky, Platonov, Fomin 1974).Non ci sarebbe nulla da obiettare su questaproposta, se non ci fossero l’obiettivo per ilquale deve essere utilizzata e le condizioninelle quali deve essere realizzata secondo isuoi Autori. Ricordiamo che è stata propo-sta: “la pianificazione di microcicli di alle-namento che prevedono un numero elevatodi unità di allenamento e un elevato caricorisultante” (Platonov 2005) (figura 1).In sostanza, viene proposto che si possaaumentare il volume totale dei carichi inun microciclo attraverso la loro“concen-trazione” – intendendo con questa espres-sione l’aumento della loro “densità”:

1. impostando i carichi in modo tale cheogni carico successivo non disturbi ilrecupero di quello precedente, in quan-to sollecita un sistema fisiologico diver-so (figura 2);

2. eliminando l’affaticamento attraversouna serie di metodi di recupero (sauna,bagni caldi, applicazioni di caldo o mas-saggi) diretti a cancellare le tracce dellavoro precedente, secondo il tipo difatica accumulata (figura 3). “L’affaticamento motorio non è un deter-minato insieme di processi fisiologiciunici e comuni a tutti i tipi di attivitàmuscolare. Come esistono vari tipi diattività muscolare, che sollecitano inmaniera differente sistemi e funzionifisiologiche diverse, esistono tipi di affa-ticamento che si differenziano, in misuradiversa, per quanto riguarda fenomeno-logia, localizzazione e meccanismo”(Platonov 2005).

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Figura 1 – Struttura di un microciclo d’urto con due unità di allenamento quotidiane: E – carico ele-vato; C – carico considerevole; M – carico medio; S – carico scarso; 1 – capacità di velocità; 2 –resistenza anaerobica; 3 – resistenza aerobica. Le frecce indicano le unità di allenamento con cari-co elevato con diversa finalizzazione prevalente: V – aumento delle capacità di velocità, AN – svilup-po della resistenza anaerobica, A – aumento della resistenza aerobica (Platonov 2004).

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Figura 2 – Una delle possibili varianti di combinazione, in un microciclo, di unità di allenamento concarichi elevati con diversa finalizzazione prevalente: 1 – capacità di velocità; 2 – resistenza anaero-bica; 3 – resistenza aerobica. Le frecce indicano le unità di allenamento con carico elevato condiversa finalizzazione prevalente: V – aumento delle capacità di velocità, AN – sviluppo della resi-stenza anaerobica, A – aumento della resistenza aerobica (Platonov 2004).

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Figura 3 – Alternanza dei carichi e dinamica della capacità di lavoro con (a) e senza (b) impiego dimezzi di rigenerazione. C – carico delle unità di allenamento; R – insiemi di mezzi di rigenerazione(Platonov 2004).

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Questa idea si basa sull’approccio meto-dologico citato nella prima parte di questoarticolo come paradigma “fatica-defatica-mento”. La scelta del volume e dellasequenza dei carichi in un microciclo sibasa sul loro effetto presunto di adatta-mento valutato solo attraverso i parametridell’affaticamento dei diversi sistemi fisio-logici, trascurando però la loro influenzasul sistema ormonale ed immunitario, cioèil ruolo del meccanismo aspecifico diadattamento.Come scrivono Pavlov, Kusnetzova,Afoniakin (2001): “La specificità del proces-so di adattamento mentre è determinata,soprattutto, dalla specificità del sistemafunzionale concreto che si forma nell’orga-nismo come risposta agli influssi semprecomplessi dell’ambiente esterno, è determi-nata, però, anche dalla componente aspeci-fica dell’adattamento… Una delle condizioniindispensabili per raggiungere un livello piùelevato di risultati sportivi è rappresentatodalla necessità di realizzare completamentenel processo di allenamento la cosiddettafase di “supercompensazione anabolica”dell’organismo (Arshavskiy 1980). Nellecondizioni di inaccettabilità dell’uso di far-maci ormonali come mezzo di recuperonello sport, ciò esclude la possibilità di uti-lizzare nei microcicli di allenamento sedutequotidiane (o persino due o tre volte algiorno), in qualsiasi tappa della preparazio-ne dell’atleta”.Infatti, carichi ripetuti di volume elevato,indipendentemente dalla loro direzione,conducono all’esaurimento del potenzialefunzionale dei sistemi ormonali (soprattuttodel sistema simpato-adrenergico) ed allasoppressione permanente delle loro funzio-ni, cioè delle reazioni di difesa necessarie aprevenire il fenomeno di un eccessivo esau-rimento dell’organismo (microciclo “di esau-rimento” di Viru, Kirge 1993) frequentemen-te rilevato in studi nei quali sono stati utiliz-zati metodi di controllo biochimico (Alev1978; Pugach 1978; Skernavicus, Misalus,1979; Usik 1985; Yalak 1983).Per questa ragione la tendenza ad elabo-rare un modello di microciclo con volumedi carico elevato (specialmente quandopermette di eseguire ogni giorno un lavo-ro “di sviluppo”), cambiando in ogni sedu-ta di allenamento il “vettore” dell’adatta-mento specifico dell’organismo, senzaconsiderare il ruolo del fattore aspecifico,può portare ad una tensione eccessiva delsistema immunitario dell’organismo e aiprimi stadi di quello stato di superallena-mento simpaticotonico di tipo addisonia-no, che è simile ad un ipofunzionamentodella corteccia surrenale (Lehman et al.2000) o dello stato della seconda fase distress del sistema simpato-adrenergico(Kassil et al. 1978).

Se il microciclo che viene proposto rappre-senta una parte del processo dell’allena-mento che si ripete più volte, questa: “inte-ra struttura di microcicli d’urto che prevedeuna combinazione complessa tra unità d’al-lenamento con carichi diversi per grandez-za e finalizzazione”, che non comportano “ilpeggioramento delle caratteristiche quali-tative del lavoro”, alla fine può portareall’esaurimento della riserva attuale d’adat-tamento dell’organismo con le conseguen-ze negative della sindrome dell’inattesocalo di rendimento (Lehman et al. 2000) olo stato della terza fase dello stress delsistema simpato-adrenergico (Kassil ed al.1978). Ne deriva che i principi di costruzione delmicrociclo, anzitutto, devono tenere contoche una componente indispensabile nellarealizzazione, sia delle reazioni adattativespecifiche, sia di quelle aspecifiche è unasintesi proteica mirata e regolata che ga-rantisce i processi plastici di una funzione. Ilvolume globale dei processi metabolici nel-l’organismo, a livello di queste reazioni,viene regolato dal sistema endocrino. Perciòla ripetizione di carichi elevati in un micro-ciclo assicura un effetto allenante (di svilup-po) solo entro i limiti delle possibilità fun-zionali del momento. I tentativi di applicare carichi elevati di dire-zione diversa quattro-cinque volte alla set-timana con ventiquattro ore di intervallo tradi loro, ad esempio con l’obbiettivo dimigliorare le capacità di velocità e di resi-stenza di un atleta (Platonov 1987; Wrzhe-snevsky et al. 1974), purtroppo, trovanopoche giustificazioni. Infatti è improbabileche attraverso lo sfruttamento e la soppres-sione delle funzioni che determinano lacapacità di esprimere determinate “qualità”si possa ottenere un livello più elevato dicapacità di lavoro per lo sviluppo di altre“qualità”, proprio nel momento in cui lefunzioni “soppresse” stanno ripristinando illoro potenziale. È più probabile che l’organi-smo in risposta agli influssi di ogni tipo dicarico non sia in grado di differenziare econtemporaneamente “accumulare” le rea-zioni specifiche, per cui risponderà con unareazione complessiva media. Perciò tale forma di costruzione del micro-ciclo, probabilmente, permette di realizzareun volume elevato di carico, ma non per-mette di garantire un aumento sostanzialedel livello delle capacità che vengono alle-nate.Selujanov (responsabile del Laboratorio deiproblemi fondamentali della teoria dellapreparazione tecnica e della preparazionefisica degli atleti di alto livello, dell’Istitutocentrale di ricerca sulla Cultura fisica e sullosport di Mosca) ed il suo collaboratoreMiyakincenko (2005) ritengono che laforma di costruzione del microciclo propo-

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sta da Platonov possa funzionare solo seogni successiva seduta d’allenamento concarico elevato viene impostata nel momentoche coincide con la fase di supercompensa-zione successivo alla seduta precedente.Dobbiamo ricordare, però, che contraria-mente a Platonov, questi Autori attribuisco-no una capacità di supercompensazionenon solo ai valori di glicogeno epatico emuscolare, ma anche al numero delle miofi-brille, al numero dei mitocondri e alla massadei capillari nei muscoli. Secondo loro tuttiquesti tipi di supercompensazione presenta-no parametri di tempo diversi, che, tra l’al-tro, non è possibile accelerare, specialmenteservendosi dei mezzi di recupero proposti daPlatonov.Secondo Miyakincenko, Selujanov, la possi-bilità di aumentare la densità del carico nelmicrociclo servendosi di mezzi di recuperodi questo tipo si basa su miti che riguarda-no il loro effetto sull’accelerazione dei pro-cessi di recupero. In realtà: “La velocità diripristino del glicogeno dipende soltantodall’alimentazione, mentre quella delle mio-fibrille soltanto da una sufficiente assun-zione di proteine animali e dalla mancanzadi ‘fattori di disturbo’“ (Miyakincenko, Selu-ianov 2005).Un altro aspetto importante, evidenziato daquesti Autori, è che la forma di costruzionedel microciclo, proposta da Platonov, nonpuò avere un carattere universale, perché: “èstata elaborata sulle basi di ricerche svoltesolo nel settore dell’allenamento degli atleti-praticanti nuoto in condizioni in cui si usa-vano solo mezzi specifici di questa disciplina

sportiva… Per quanto riguarda le altre disci-pline sportive i tempi di recupero dopo cari-chi diversi di allenamento presentano dura-te di tempo diverse… Il carattere del lavoromuscolare nelle altre discipline sportive puòessere molto diverso rispetto al nuoto. Ciòpuò portare al cambiamento dei fattori chedeterminano la fatica e di conseguenza, alcambiamento dei tempi di recupero”. Questa affermazione viene illustrata conquesti esempi:

• “gli esercizi di forza rapida e di velocità,normalmente usati nell’atletica leggera,nel canottaggio, nel pattinaggio, quasisempre, prevedono un regime eccentricodi lavoro muscolare (che rappresenta unfattore di danneggiamento del tessutomuscolare) e richiedono perciò un tempomaggiore per il successivo recupero”;

• “la realizzazione di un allenamento dicarattere glicolitico prevede un volumeabbastanza elevato di corsa ad elevataintensità in pista. Probabilmente a causadella combinazione tra fattore meccanico(carico con carattere d’urto), fattore chi-mico (l’accumulo di ioni idrogeno e diradicali liberi) e la massima attivazionedel sistema simpato-adrenergico e gluco-corticoidale, questi carichi sono conside-rati i più pesanti ed è sconsigliabile utiliz-zarli più di una volta alla settimana,anche durante il periodo di gara dei mez-zofondisti di elevata qualificazione.Durante questa settimana l’atleta prati-camente non è in grado di realizzare

alcun altro tipo di carico, se non la corsaaerobica su un terreno morbido.” L’ese-cuzione di carichi glicolitici, anche unasola volta alla settimana, può creare pro-blemi, perchè richiede un tempo eccessi-vamente lungo per il successivo recupero.Per evitare questi problemi serve unperiodo di preparazione preliminare dedi-cato al rafforzamento del sistema musco-lare ed all’aumento della capacità aerobi-ca degli atleti.

Secondo Miyakincenko, Seluianov (2005)proprio questa è stata la causa della ricer-ca di forme più efficaci d’organizzazionetemporale dei carichi nel processo dell’al-lenamento degli atleti di alto livello nellediscipline di resistenza. Queste ricerchehanno portato all’utilizzazione dell’impo-stazione di carichi della stessa finalità intappe dell’allenamento diverse, inizialmen-te proposto per le discipline sportive diforza rapida (il sistema d’allenamento ablocchi).

Il sistema d’allenamento a blocchi

“Nell’approccio di Verkhoshansky troviamo,però un unicum: in tutta la storia dellosport moderno nessuno ha pensato di con-sigliare di organizzare il processo della pre-parazione per un periodo prolungato (anno,macrociclo) sulla base di un’utilizzazionesuccessiva di carichi di stessa direzione peralcune settimane uniti in tappe e in ‘bloc-chi’“ (Platonov 2005).

FOTO CALZETTI & MARIUCCI EDITORI

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Questa affermazione non suona solo comeun complimento, ma come un vero e pro-prio richiamo a chi scrive oggi sul sistemadell’allenamento a blocchi, ad essere precisonei riferimenti bibliografici e non dimentica-re di indicare correttamente chi ne è stato ilsuo primo inventore. Infatti, il sistema a blocchi è stato elaboratonegli anni ’80 dall’Autore (Verkhoshansky1981, 1983) come variante del metodo del-l’utilizzo successivo-congiunto dei carichidell’allenamento, introdotto dell’Autore giànegli anni 60-70.Nella letteratura sportiva in italiano il siste-ma dell’allenamento a blocchi è statodescritto in maniera abbastanza dettagliatasia per le discipline sportive di forza e diforza rapida (Verkhoshansky 1983, 1987,1996, 2001), sia per le discipline sportive diresistenza (Verkhoshansky 1992, 2001,2005) nelle quali è stata analizzata anchel’influenza dell’allenamento a blocchi sullecaratteristiche del sistema cardiovascolaredell’organismo (figura 4), che, secondoPlatonov: “non sono state prese in conside-razione”.Anche se Platonov lo definisce “inammissibi-le”, su questo sistema d’allenamento hannoscritto diversi Autori che lo ritengono effica-ce (Cometti 1998; Frey 1998), che propongo-no proprie interpretazioni della sua utilizza-zione (Angius 2001; Issurin 2002; Moreira,2002; Moreira et al. 2004), o un programmadi allenamento più o meno con lo stessoschema, senza utilizzare la parola “blocchi”(Miyakincenko 1997; Miyakincenko, Seluj-anov 2005). Su questo sistema, in questa

rivista, sono state pubblicate anche due opi-nioni contrastanti di uno stesso Autore,Tschiene, che nel 1991 ne aveva scritto inmaniera positiva (almeno così sembrava),mentre nel 2000 ha espresso dubbi sulla suafunzionalità: “senza ricorrere ad un sostegnofarmacologico proibito” (Tschiene 1999;2000). Purtroppo, opinioni come quelle diTschiene, hanno introdotto un pregiudizioinquietante contro il sistema dell’allenamen-to a blocchi, con un espediente micidiale perqualsiasi oppositore1. Tuttavia, esistonoanche altre opinioni: ad esempio, Pavlov(1999), analizzando il meccanismo di base diquesto sistema, ritiene che attualmente soloper suo tramite, si possa ottenere unaumento dei risultati degli atleti di alto livel-lo senza ricorrere all’aiuto farmacologico.“Nello sport, l’utilizzazione in una singolaunità di allenamento o in un microciclo, dicarichi di finalizzazione diversa può dimi-nuire o livellare la loro specificità e, quindi,diminuire la specificità delle reazioni dirisposta dell’organismo. Ciò porta al rallen-tamento dei tempi di miglioramento deirisultati sportivi e alla loro stabilizzazione suun certo livello. In questo caso, un ulterioreaumento dei risultati sportivi diventa possi-bile o aumentando la potenza risultantedegli stimoli di allenamento (con il rischio dialterazione dei sistemi dell’adattamento) oricorrendo all’uso di mezzi molto efficaci diaumento della capacità di lavoro (farmaco-logici e fisioterapici), che cambiano sostan-zialmente le condizioni (inizialmente inter-ne) di esistenza dell’organismo. Attualmentel’organizzazione dell’allenamento sportivo

nella maggior parte dei casi segue proprioquesto principio (dell’utilizzazione di carichidi finalità diversa nelle unità di allenamentoo nel microciclo, ndt), anche se esso corri-sponde più agli obiettivi e ai compiti dell’e-ducazione fisica, cioè allo sviluppo multila-terale della persona, che agli obiettivi dellapreparazione di atleti di alto livello”. L’utiliz-zazione nel microciclo e nel mesociclo dicarichi di finalizzazione diversa (per quantoriguarda criteri fisiologici ed energetici)contraddice sia lo scopo generale dell’alle-namento sportivo, sia la legge universaledella conservazione dell’energia. “Perampliarsi in una dimensione la natura sideve risparmiare in un altra” (Goethe). “Se ifluidi vitali affluiscono in abbondanza ad unorgano, essi affluiscono raramente (almeno,in abbondanza) ad un altro” e anche:“è dif-ficile ottenere dalla mucca molto latte econtemporaneamente vederla ingrassare”(Darwin)”. Sembra proprio che le obiezioni di chi sioppone al sistema a blocchi siano dovutead una comprensione troppo semplicisticadi questo sistema e al fenomeno dell'iner-zia del pensiero. Analizziamo ora gli argomenti utilizzatidai diversi Autori per confermare le loroposizioni e lasciamo decidere i lettori, daquale parte stare.Secondo Platonov (2005), “il carattere teo-rico e pseudoscientifico” di questo approc-cio sarebbe evidente per tre motivi:

1. non tiene conto delle esigenze dellamoderna pratica sportiva che prevede lapartecipazione dell’atleta ad un elevatonumero di gare;

2. comporta il rischio dell’esaurimento fun-zionale (superadattamento) del sistemadominante e: “la diminuzione della riser-va strutturale e funzionale di altri sistemi(disadattamento) che non sono suffi-cientemente coinvolti nell’esecuzione dellavoro”;

3. può distruggere il sistema funzionaledell’esercizio di gara.

Per quanto riguarda il primo punto, possia-mo trovare opinioni contrarie, non solo neinostri lavori. Ad esempio, Issurin (2002)cerca di elaborare una propria applicazionedi questo sistema per gli sport di resistenza,proprio perchè: “La struttura a blocchi dellacostruzione dell’allenamento facilita note-volmente la preparazione (immediata) del-l’atleta alle gare principali” e: “dovrebbefavorire il passaggio alle gare con il livellomigliore possibile di combinazione di effettiresidui nelle capacità condizionali chedeterminano la prestazione”. Ne parleremopiù dettagliatamente nel paragrafo succes-sivo. Per quanto riguarda il secondo puntola sua origine sta, soprattutto nell’inerzia del

Frequenza cardiaca

Potenza del muscolo cardiaco

Reazioni vascolari periferiche

Volume cardiaco

Intensità di lavoro del sistema neuromuscolare

Capacità ossidative delle fibre muscolari rapide

Capacità contrattili delle fibre muscolari rapide e lente

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Figura 4 – Modello di organizzazione del grande ciclo di adattamento nell’allenamento dei corridoridi mezzofondo (Verkhoshansky 2001).

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pensiero di chi vede nel sistema a blocchi:“l’utilizzazione di carichi concentrati con lastessa finalità, ma con volume molto eleva-to” (Platonov 2005). La necessità di aumentare il volume dei cari-chi, in realtà, rappresenta una determinataidea dominante, continuamente presente inquasi tutte le discussioni sulle nuove formedi organizzazione dei carichi di allenamentoche non sempre viene compresa dagli stessipartecipanti a queste discussioni.Perciò vogliamo ricordare che con la “con-centrazione” dei carichi prevista dal sistemadell’allenamento a blocchi non s’intende unaumento del loro volume (né globale, né nelmicrociclo, nè nella singola seduta). “Con-centrazione” significa non aumento della“densità dei carichi”, ma la loro localizzazio-ne in un determinato periodo (diversamentedalla loro tradizionale distribuzione unifor-me su tutto il periodo preparatorio). Questa idea è maturata durante ricerchesulle nuove metodologie per l’ottimizza-zione dell’allenamento degli atleti di altolivello. Per creare stimoli di allenamentopiù “persistenti” fu realizzato un tentativodi riunire carichi della stessa finalizzazioneprioritaria in singole tappe dell’allenamen-to (blocchi) che si susseguono secondouna determinata logica. La misurazione dei parametri determinantidella prestazione dopo un periodo d’allena-mento realizzato in questo modo producevaun aumento finale del loro livello maggiorerispetto alla distribuzione parallela di questicarichi nel periodo preparatorio. Cioè, il con-trario delle leggi della matematica:

3a + 3b + 3c > (a+b+c) + (a+b+c) + (a+b+c)

Non solo, ma anche il cambiamento dellasuccessione della loro impostazione, con-trariamente alle leggi della matematica,cambiava il risultato finale:

3a + 3b + 3c ≠ 3c + 3b + 3a ≠3b + 3c + 3a ≠ 3a + 3c + 3b ≠

3b +3a + 3c

In questa ricerca fu scoperto che si puòottenere lo stesso aumento di livello diquesti parametri, anche con un volume dicarichi decisamente minore. Perciò: “l’ap-plicazione della concezione della strutturaa blocchi dell’allenamento permette unaimportante riduzione del volume globaleannuale del carico di allenamento, poichéla sua costruzione è più finalizzata e equi-librata” (Issurin 2002 ). Il rischio dell’“esaurimento funzionale delsistema dominante” deve essere evitato nonsolo con una impostazione corretta delladurata dei blocchi (che non obbligatoria-mente deve essere molto lunga) e del volu-

me ottimale del carico nei programmi d’alle-namento (ad esempio, servendosi dellaProgrammazione), ma anche prevedendonei programmi di allenamento un lavoroobbligatorio di carattere ausiliare che aiutalo sviluppo dei processi di recupero.Per quanto riguarda il rischio della “diminu-zione della riserva strutturale e funzionale dialtri sistemi che non sono sufficientementecoinvolti nell’esecuzione del lavoro”, bisognaricordare, che nel sistema a blocchi vengonoutilizzati non carichi unilaterali, “con unasola direzione funzionale-fisiologica”(Tschiene 2000), ma carichi con finalità prio-ritaria: il livello di sviluppo di altri sistemiviene sostenuto dal lavoro sulla finalitàsecondaria. Quindi, se parliamo della costru-zione dei microcicli all’interno dei blocchi, illavoro di “sviluppo” con una sollecitazioneelevata del sistema fisiologico “dominante”,si alterna con un lavoro “di sostegno” di altrisistemi fisiologici nei giorni successivi.Nel sistema a blocchi, inizialmente, i carichidi finalità dominante del blocco preceden-te devono essere combinati con i carichi difinalità dominante del blocco successivo,attraverso una sostituzione graduale deisecondi da parte dei primi. Infatti, il siste-ma a blocchi prevede una impostazionesuccessiva-congiunta di carichi con fina-lità diversa nei programmi d’allenamento.Quindi, in esso questi carichi non sono“contigui”, ma sono “congiunti in succes-sione” sulla base del principio della sovrap-posizione degli stimoli allenanti: gli stimolidei carichi della fase finale del blocco pre-cedente si “sovrappongono” a quelli dellafase iniziale del blocco successivo.E poi, questi due tipi di carichi devono esse-re combinati con il lavoro specifico di bassaintensità. Così, nei giochi sportivi il lavorodominante con sovraccarico pliometrico(Verkhoshanskaya 1997) o con il metodod’urto (Masalgin, Verkhoshansky, Golovina,Naraliev 1986; Moreira 2004) è utilizzatoalternandolo con l’allenamento specifico dibassa intensità.Nelle discipline sportive di resistenza percompletare i programmi dell’allenamento ablocchi: “con un numero limitato di capa-cità ‘bersaglio’, è stata studiata la compati-bilità delle diverse tipologie di carico conuna modalità di allenamento dominanteall’interno di una determinata seduta del-l’allenamento” (Issurin 2002).Per quanto riguarda l’affermazione che: “ilsistema funzionale (secondo Anochin 1975),orientato ad un’efficace attività di gara”,deve essere “migliorato in continuazione ein modo equilibrato” e solo così “non vienedistrutto”, dobbiamo ammettere che attual-mente sappiamo ancora poco per esprimeretale certezza. Come ammette Tschiene(2002): “Un vuoto teorico nel campo delleconcezioni delle cosiddette strutture dell’al-

lenamento offre il destro ad ogni tipo difantasia – anche di origine accademica”. Perquanto riguarda questo argomento, in baseall’approccio teorico degli Autori di questoarticolo, si può ipotizzare che ciò che vienesicuramente alterata durante l’allenamentoa blocchi è la struttura biodinamica deimovimenti che compongono l’azione moto-ria complessa dell’esercizio di gara(Bernshtein 1966; Verkhoshansky 1966). Sipuò anche supporre, però, che per quantoriguarda l’allenamento degli atleti di altolivello senza queste alterazioni diventa diffi-cile ottenere un aumento del risultato dellavoro dell’azione motoria complessa nell’e-sercizio principale di gara, cioè la crescita delrisultato sportivo. Per questa ragione, nel-l’allenamento a blocchi la nuova strutturabiodinamica della tecnica di esecuzione del-l’esercizio di gara, diretta ad ottenere unrisultato più elevato, si “ricostruisce” sullabase di un nuovo, più elevato, livello dicapacità di lavoro speciale dell’atleta, otte-nuto attraverso un potenziamento prece-dente degli elementi strutturali principali delsistema funzionale specifico. La fase conclu-siva di questo processo si realizza nell’ultimatappa del sistema a blocchi dedicata al lavo-ro specifico con carattere di gara. Inoltre un lavoro specifico costante, di bassovolume ed intensità, permette di “mantenerein vita” questa modalità razionale e stabiledi collegamento tra le accentuazioni dellefasi della dinamica attiva e reattiva nel siste-ma di movimenti dell’esercizio di gara.Quindi, la presunta “unilateralità” dei carichie la loro presunta “concentrazione”, comel’aumento della “densità” degli influssi alle-nanti, sono i due principali “errori di visione”che provocano opinioni negative sul sistemadell’allenamento a blocchi. Ma non solonegative: uno degli allenatori più esperti nelsettore della metodologia dell’allenamento,Stepanov (che cercava punti in comune tragli scienziati ex-sovietici per non alimentareoltre le loro sterili discussioni) ha confronta-to l’idea di base del sistema dell’allenamentoa blocchi con l’idea di base del microciclo diPlatonov: “Proponendo microcicli di caratte-re complesso costituiti da unità-giornate diallenamento ciascuna con unica finalizza-zione (la grande tappa complessa costituitada microcicli della stessa finalizzazione diVerkhoshansky), Platonov non cerca di giun-gere alla conclusione che entrambe levarianti rappresentano forme diverse disovrapposizione di serie di stimoli allenantidella stessa finalizzazione, distinte solo neidettagli (parametri temporali, limiti delle ore,delle giornate e delle settimane), che seguo-no lo stesso principio determinato dall’o-biettivo generale. Sono basate sullo stessoprincipio, determinato da un obiettivo unicogenerale: raggiungere quella sovrapposizio-ne delle onde di adattamento di risposta ai

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carichi che permette di ottenere un effettorisultante ottimale” (Stepanov 1998). Pure apprezzando l’idea dell’Autore di con-ciliare gli sforzi creativi degli scienziati ex-sovietici, dobbiamo ammettere che ci sonodifferenze sostanziali tra queste due propo-ste: la prima è orientata all’aumento delvolume del carico, la seconda, invece, allasua diminuzione. Tra l’altro, come abbiamogià sottolineato, nel caso dell’utilizzo delsistema a blocchi, i microcicli non hannouna finalizzazione “unilaterale”. Le ricerche sull’elaborazione di forme razio-nali di costruzione di un microciclo nelsistema dell’allenamento a blocchi per gliatleti di alto livello, hanno permesso dicostruire modelli del cosiddetto microciclo“di sviluppo” in base allo studio delle parti-colarità del metabolismo proteico (Verkho-shansky 1996). La durata dei microcicli diquesto tipo può essere diversa (da 4 a 12giorni), ma hanno l’obiettivo di elevare illivello di preparazione fisica speciale dell’a-tleta, utilizzando in modo ottimale tempo edenergia. Invece di aumentare il volume tota-le del lavoro ed incrementare il numero delleunità di allenamento con un carico di dire-zione diversa e volume elevato, si è cercatodi ottenere un’elevata misura dell’effettoallenante con la possibilità di sviluppo suc-cessivo dei processi plastici di ricostruzione.Questo obiettivo viene raggiunto attraversola somministrazione di cosiddetti “micro-blocchi”, che prevedono due giorni di carichi“di sviluppo” della stessa direzione allenante(di volume più elevato e più basso), seguitida due o tre giorni di lavoro “di sostegno” (oda due giorni di lavoro “di sostegno” ed ungiorno di riposo). Questa idea ha reso possi-bile creare un effetto elevato d’allenamentosull’organismo, utilizzando un volume dicarico relativamente scarso.

L’effetto ritardato (residuo) dell’allenamento ed il fenomenodella Supercompensazione

Platonov, nelle suo osservazioni sull’articolo“Supercompensazione: mito o realtà?”(Verkhoshanskij, Verkhoshanskaia 2004)afferma che gli Autori: “non solo cercano diutilizzare il fenomeno della supercompen-sazione per quanto riguarda i carichi, uncampo nel quale questo fenomeno non siesprime assolutamente, ma non vedono ledifferenze tra due fenomeni completamentediversi: il fenomeno della supercompensa-zione e il fenomeno dell’effetto d’allena-mento ritardato a lungo termine)” (Platonov2004).Prima di discuterne, dobbiamo confessare,che il senso delle parole “supercompensa-zione per quanto riguarda i carichi”, non èmolto chiaro. Perciò presumiamo che sitratti dell’overreaching cioè: “un migliora-

mento della prestazione superiore a quelloatteso” dopo un periodo di rigenerazioneche dura da una a due settimane che:“…rappresenta una misura normale d’alle-namento” (Lehman et al. 2000). Prima di parlarne vogliamo ricordare chesono stati individuati effetti diversi dell’alle-namento determinati dalle particolarità deiprocessi di recupero. Si tratta, anzitutto, didue tipi principali: l’effetto immediato (oacuto) e l’effetto ritardato (o residuo), che,di solito, rappresenta l’effetto cumulativo diuna serie di stimoli di allenamento.L’effetto immediato o acuto dell’allena-mento è collegato con i processi di recupe-ro che si attivano durante e subito dopouna seduta di allenamento e portano iparametri del sistema fisiologico sollecitatoad un livello superiore rispetto al preceden-te. Questo livello e la durata della super-compensazione dipendono dal volume, dal-l’intensità e dalla durata del carico eseguitonella seduta.L’effetto ritardato o residuo di allenamentoè legato, normalmente, ad un recuperoritardato (Volkov 1986) dopo una serie distimoli di allenamento, ad esempio nell’am-bito di uno o di più microcicli, che richiedo-no un maggiore dispendio di tempo e dienergie. Questa forma di supercompensa-zione si manifesta o in un leggero aumentodella capacità di lavoro speciale, oppure nelsuo mantenimento per un determinatoperiodo di tempo.Esiste una modalità di utilizzazione dell’ef-fetto residuo dell’allenamento che vieneapplicata nel periodo di preparazione imme-diata alla gara e prevede due tappe conse-cutive d’allenamento: la prima con un lavo-ro faticoso di grande volume ed intensità ela seconda con la diminuzione brusca delvolume e dell’intensità di lavoro (“restringi-mento” dei carichi), il cosiddetto effetto“Reduced Training” (Costill et al. 1988) o di“Taper” (o “Tapering”) (Houmard, Jouns1994). È probabile che la priorità della sco-perta di questo effetto sia di Counsilman

(1982), ma in genere questo fenomeno eraconosciuto da tempo nella pratica sportivae si osservava a causa dell’aumento deirisultati sportivi, dopo la diminuzione delvolume dei carichi. Probabilmente, è proprioquesto fenomeno che è stato chiamato“effetto della trasformazione ritardata” nel-l’opera fondamentale di Matveev.Esiste anche un fenomeno particolare del-l’effetto d’allenamento ritardato a lungotermine dei carichi di forza, l’EARLT (Verkho-shansky 1981, 1983) scoperto nel 1976 inun esperimento svolto in Laboratorio diricerca dell’Istituto centrale di educazionefisica e sport di Mosca che si occupava del-l’elaborazione dei metodi di ottimizzazionedell’allenamento sportivo (sistema dell’alle-namento a blocchi).Il programma dell’allenamento finalizzatoad ottenere questo effetto non prevede unlavoro ad esaurimento. La concentrazione(cioè la localizzazione in una determinatatappa) dei carichi di forza all’inizio delperiodo di preparazione, (la tappa A dellafigura 5) si utilizza per ottenere un aumen-to del potenziale specifico energetico del-l’organismo che determina il livello dellapreparazione fisica speciale nelle tappesuccessive del periodo di preparazione. Ilvolume del carico viene organizzato inmodo tale da non ostacolare i processi pla-stici nei periodi di recupero. Solo in questocaso è possibile ottenere un recupero dellostato funzionale con il superamento dellivello iniziale (f1 e f2).La realizzazione di questo fenomeno (tappaB) è garantita da un lavoro di volume mode-rato nel regime identico all’esercizio di gara.L’intensità di questo lavoro viene aumentatagradualmente e solo alla fine arriva al livellomassimo di quello ammissibile solo per con-cludere la formazione e la stabilizzazione delnuovo stato dell’organismo con il livellofunzionale-energetico più elevato. Ciò per-mette di ottenere un aumento stabile dellariserva attuale di adattamento e del livello diprestazione.

A B

t1 t2

f2

f1

f3 τ

Figura 5 – Schema generale dell’effetto di allenamento ritardato a lungo termine (EARLT) di un cari-co concentrato di forza: A – carichi di forza, B – lavoro specifico (Verkhoshansky 1985).

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La particolarità più importante dell’EARLTsi esprime nella diminuzione (10-13%), deiparametri della capacità di lavoro specificodi forza e di velocità nella tappa A, con illoro successivo aumento nella tappa B, nelquale il livello iniziale viene superato del30-35%.In linea di principio, più si abbassano que-sti parametri nella tappa A (fino a un certolimite), maggiore è il loro miglioramentoalla fine della tappa B (linea f3). La duratadella tappa B dipende dalla durata dellatappa A (di regola, le durate sono simili):da due a quattro settimane fino a due otre mesi.Nel caso di una durata molto breve del ciclodi preparazione (come ad esempio nei giochisportivi) è stata elaborata una modalità diallenamento sia con l’utilizzo del sistema ablocchi sia con l’EARLT. Questa modalità viene utilizzata in modotale che la conclusione del ciclo di adatta-mento (tappa A) ed il passaggio dell’organi-smo al massimo livello di potenza di lavoronel regime motorio specifico (tappa B),coincidono con l’inizio del periodo delle gare(Verkhoshansky 2001). Così, nel ciclo annua-le dei giocatori di hockey su ghiaccio sonostate individuate tre tappe con usodell’EARLT (Verkhoshansky, Tihonov, Charie-va 1988).Questa modalità era destinata, anzitutto,alle squadre o ai giocatori di alto livelloche, nei primi gironi delle gare incontrava-no avversari meno forti e si ponevano l’o-biettivo di vincere nelle semifinali e nellefinali. Tale modalità, però, può essere uti-lizzata anche nelle altre discipline sportivenelle quali, attualmente, si assiste, allatendenza all’aumento del numero di garesecondarie, prima delle gare principali. Taleapproccio metodologico alla periodizza-zione dell’allenamento corrisponde alleidee di Tschiene (2001) sul ruolo e i conte-nuti del periodo di preparazione immedia-ta alle gare (PIG), partendo dallo stessopresupposto che il miglior allenamentospecifico è la gara stessa. Quindi, abbiamo due fenomeni diversi:l’effetto d’allenamento ritardato a lungotermine dei carichi di forza (EARLT) e l’ef-fetto residuo di un allenamento moltofaticoso, con successiva diminuzione dellivello di carico (taper).La modalità d’allenamento con EARLT èstata elaborata per l’aumento del poten-ziale energetico dell’organismo e la suaconservazione per un periodo di tempoprolungato e di solito viene utilizzata all’i-nizio del periodo di preparazione. Ciò rap-presenta una condizione necessaria perl’organismo per poter assimilare in modoefficace gli stimoli allenanti dei carichisuccessivi e lo sviluppo del processo diadattamento.

Il tapering, invece, si utilizza nel periododella preparazione immediata alla gara edè finalizzato non all’aumento delle risorseenergetiche dell’organismo (che in questomomento devono già trovarsi al loro livel-lo più elevato), ma alla mobilitazione delsuo potenziale energetico.Per questa ragione questi fenomeni nonpossono essere trattati allo stesso modo.Contemporaneamente non si può dire che idue fenomeni siano due cose completa-mente diverse. Non si può neanche affer-mare che non abbiano alcuna relazione conil fenomeno della supercompensazione.Ci sono tutti i presupposti per poter affer-mare che, dal punto di vista della fisiologiadell’adattamento, il recupero immediato, ilrecupero ritardato, l’EARLT ed il taper rap-presentano fenomeni dello stesso genere,che si basano sui processi d’attivazione dellasintesi proteica, provocati da alterazioni del-l’omeostasi dell’organismo di profondità e didurate diverse e, quindi, con intensità edurate diverse dei processi di recupero.L’elemento più importante che unisce tuttiquesti effetti dell’allenamento è il feno-meno della supercompensazione dellesostanze e dell’energia utilizzate durante illavoro, il ristabilimento dell’omeostasi del-l’organismo con un suo passaggio a unlivello energetico-funzionale più elevato.In sostanza, si tratta di un meccanismo tipi-co di sopravvivenza dell’organismo umanonelle condizioni estreme dell’ambiente. Nelcampo dell’allenamento sportivo non si puòsottovalutare, non si può ignorare né nega-re l’esistenza di questo “dono della natura”.

Conclusioni

1. Lo stato attuale della Teoria dell’allena-mento sportivo richiede ulteriori verifichedei suoi concetti base, attraverso discus-sioni aperte e non aprioristiche tra gliscienziati. Una delle condizioni importantiaffinché queste discussioni siano proficueè la capacità di chi vi partecipa di affron-tare le posizioni teoriche di base dei lorooppositori nel modo più oggettivo possi-bile.

2. Una delle concezioni metodologiche chehanno segnato un cambiamento fonda-mentale nella teoria dell’allenamentosportivo è la programmazione dell’allena-mento, basata sull’approccio sistemico-strutturale e la teoria del controllo (con-trol theory). La comprensione di questaconcezione richiede che si riconoscano ilsuo punto di vista sulla sostanza del pro-cesso dell’allenamento sportivo e le diffe-renze principali tra il processo dell’allena-mento degli atleti di alto livello e il pro-cesso dell’allenamento degli appassionatidi sport nel tempo libero, nell’educazionefisica e nel Fitness.

3. La fisiologia dell’adattamento rappre-senta la base del paradigma biologiconella teoria dell’allenamento sportivo.Per utilizzarla in maniera corretta nellapratica bisogna conoscere i meccanismidel processo dell’adattamento dell’orga-nismo ad un lavoro fisico intenso: nonsolo la sua componente specifica, maanche la sua componente aspecifica.

4. Il meccanismo della successione dei pro-cessi “lavoro-recupero” nell’organismo èun concetto di base per la pianificazionedella programmazione del processo diallenamento. Sono stati individuati duediversi punti di vista su questo processoche determinano due diversi approccinella teoria e metodologia dell’allena-mento sportivo: il paradigma “fatica-defaticamento” ed il paradigma “consu-mo-restituzione”.

5. L’analisi delle opinioni contrastanti sualcune proposte metodologiche dell’al-lenamento sportivo (la pianificazionedei carichi nel microciclo, il sistema del-l’allenamento a blocchi, l’effetto ritarda-to d’allenamento) mostrano che la mag-gior parte dei disaccordi tra gli esperti sibasano, prima di tutto, sull’incommen-surabilità della loro posizioni teoriche.Alcuni di questi disaccordi sono collega-ti con il fenomeno dell’“inerzia di pen-siero” che ostacola la percezione corret-ta delle idee degli oppositori.

La bibliografia completa dellla prima e secondaparte del presente articolo può essere consultatae scaricata dal sito www.calzetti-mariucci.it

Indirizzo degli Autori: Y. Verkhoshansky, ViaEvaristo Garroni 11, 00133 Roma.e-mail: [email protected]

Note(1) Per un obbligo di correttezza nei confronti di

P. Tschiene, redattore della rivistaLeistungssport e collaboratore di Sds, i cuiarticoli sono stati più volte pubblicati nellanostra Rivista, occorre dire che la sua affer-mazione si basa su quanto scritto da Autoridell’ex-Urss, tra cui lo stesso prof. Selujanovcitato in questo articolo, ad esempio in suolavoro pubblicato nel 1995 (Selujanov V. B.,Rasvitie teorii fisiceskoj podgotovki sport-smenov v 1960-1990, Teorija i PraktikaFisiceskoi Kul’tury, 1, 1995, 49-54) nel qualeinterveniva criticamente nel dibattito sullacostruzione dell’allenamento sportivo aperto-si nella rivista Teorija i Praktika FisiceskoiKul’tury a seguito della pubblicazione di unarticolo dello stesso Verkhoshansky.

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La prevenzione dei traumi nellosport giovanile

Gudrun Fröhner, Wolfgang Tronick, Istituto per le scienze applicate all’allenamento, Lipsia

Nello sport giovanile garantire e sviluppare la capacità di carico dei fanciulli e degli adolescenti sottoposti ad un allenamento, senza trascurare eventuali carenzeinnate o acquisite di tale capacità, rappresenta un compito essenziale. Anche sollecitazioni troppo elevatecausate dall’allenamento possono provocare l’alterazione del rapporto tra carico e capacità di carico, con le alterazionifunzionali o i danni a regioni dell’organismo che ne derivano.Per stimolare la riflessione su questo tema si espongonoalcune nozioni fondamentali necessarie per garantire la capacità di carico e i principi che debbono seguire gli allenatori nel processo formativo dei giovani atleti. Infatti,se si producono discrepanze tra carico di allenamento e capacità di carico, i fattori positivi per lo sviluppo delleprestazioni sportive, che presentano l’età infantile e l’adolescenza si possono trasformare rapidamente in fattorinegativi. Le possibilità di potere evitare questo rapportoerrato sono illustrate attraverso l’esempio della pallavolo.

Sviluppo e mantenimento della capacità di carico per la prevenzione dei traumi e delle conseguenze di carichierrati nello sport giovanile

FOTO CALZETTI & MARIUCCI EDITORI

SPORT GIOVANILE

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Osservazioni introduttive

Nell’età infantile e nell’adolescenza lo sportrappresenta un elemento utile allo sviluppodella competenza motoria, fisica, mentale esociale. Non sono necessarie molte paroleper esporre come l’attività sportiva nellafanciullezza e nell’adolescenza rappresentila base fondamentale per la prevenzione dimolte alterazioni della salute per il restodella vita. Carichi fisici superiori alla media, comequelli dello sport competitivo giovanile,rappresentano, però, un ulteriore aumentodella competenza motoria, fisica, mentalee sociale solo se le sollecitazioni che essirappresentano non producono alterazioniimportanti della capacità di carico. Ma,affinché ciò avvenga occorrono riflessionie metodi pratici diretti a evitare dannidovuti a traumi e a conseguenze di carichierrati e, qualora si presentino alterazionidella capacità di carico, l’impostazione dicomportamenti tali che, nei limiti del pos-sibile, esse possano essere eliminate inmodo soddisfacente.La capacità di carico sportivo è una funzio-ne dell’organismo nell’interrelazione con ilcarico sportivo stesso, determinata dallatolleranza dei tessuti e dei sistemi biologicinei confronti degli sforzi e delle prestazionirichieste dallo sport. Capacità di caricosportivo vuole dire che l’organismo o laregione, la struttura, la funzione stressatepossono ristabilirsi dopo la sollecitazioneprodotta dal carico di allenamento o digara. Ciò rappresenta la base dell’adatta-mento funzionale e strutturale e, quindi,dello sviluppo dei parametri della capacitàdi prestazione (figura 1).Il miglioramento medio dei parametri dellacapacità di prestazione, che nell’età infan-tile e nell’adolescenza è determinato dallosviluppo, è limitato dall’inattività. Un alle-namento adeguato ha un effetto che per-mette di superare la norma determinatadallo sviluppo solo se non si producononotevoli alterazioni della capacità di cari-co. Per questa ragione una componenteintegrante dell’allenamento è rappresenta-ta dall’utilizzazione di tutte le possibilità dinon superare i limiti dalla capacità di cari-co o, quando si presentano, di rimuoverele conseguenze di sollecitazioni che rap-presentano problemi per la salute. Nellosport giovanile di alto livello, tutti gli sfor-zi debbono essere diretti in modo partico-larmente accurato a limitare e a impediretutti i possibili fattori di alterazione dellasalute e della capacità di carico (figura 2). Conoscere quali siano questi fattori, tenereconto della loro reale importanza nellosport praticato o individualmente per l’atle-ta, evitarli o rimuoverli, soprattutto nellafanciullezza e nell’adolescenza, richiede un

team pedagogico e di assistenza moltoavveduto: per questa ragione la responsa-bilità di istruttori e allenatori è molto ele-vata, soprattutto perché gli atleti si trovanonel processo di crescita, maturazione eprimo apprendimento. Rispetto agli atleti che si trovano in etàinfantile o nell’adolescenza quelli adulti – seil loro programma di formazione nell’allena-mento giovanile è riuscito o è stato impo-stato in modo che acquisissero importanticapacità e abitudini – nel rapporto con illoro corpo già posseggono un programmad’azione che è frutto dall’esperienza.Con i fanciulli e gli adolescenti se si produceun rapporto sbagliato tra carico e capacitàdi carico gli aspetti positivi per lo sviluppodelle prestazioni che esistono in età evoluti-va si possono rapidamente trasformare infattori negativi. Per questa ragione, soprat-tutto nello sport giovanile di alto livello,istruttori e allenatori non debbono dirigerela loro attenzione solo sui carichi che svi-luppano le prestazioni o sulle tecniche spor-tive, ma globalmente debbono tenere contoanche delle condizioni della capacità di cari-co dei fanciulli e degli adolescenti, che sonoaltrettanto importanti.Costruzione precoce della prestazione signi-fica che di fronte ai bambini e agli adole-scenti c’è ancora un lungo cammino di svi-

luppo, durante il quale si formano il lorocorpo e la loro mente. L’età d’inizio dell’alle-namento determina la diversità delle condi-zioni fisiologiche e delle esigenze pedagogi-che che riguardano le misure dirette agarantire la capacità di carico (figura 3).Il precoce sviluppo del sistema nervoso gra-zie ai collegamenti sinaptici rende possibileun controllo muscolare anche esso precocee, quindi, l’apprendimento di movimenti divario tipo. Con l’aumento dell’età gli adatta-menti si possono realizzare soprattuttoattraverso meccanismi energetici. L’inizioprecoce dell’allenamento negli sport tecni-co-coordinativi e quello più tardo neglisport di resistenza e di forza è spiegato dallediverse condizioni fisiologiche. Allo stessomodo – sulla base delle numerose e variecapacità e abilità motorie acquisite – si puòspiegare il passaggio da uno sport all’altro,soprattutto dagli sport tecnico-coordinativie coordinativo-condizionali a sport a mag-giore indirizzo energetico. Ma si spiega per-ché anche l’inizio di un avviamento tardivoall’allenamento negli sport tecnico-coordi-nativi dovrebbe ancora avvenire nella primaetà scolare. Se consideriamo la capacità di carico nellefasce d’età d’inizio dell’allenamento cheabbiamo citato e ci rappresentiamo la suc-cessiva costruzione dell’allenamento, è evi-

10 20 30 40 50 60 70 80 Età (anni)

AllenamentoValore medioZona di dispersioneInattività

Figura 1 – Lo sviluppo dei parametri della capacità di prestazione durante la vita secondo l’attivitàsportiva svolta (da Weiss, in Egger 1978). Le frecce indicano i limiti di uno sviluppo positivo provo-cate da alterazioni della capacità di carico.

Cause endogene Cause esogene

• Crescita e maturazione • Carico di allenamento:• Stato nutrizionale • Aumenti improvvisi del carico • Costituzione • Intensità del carico• Deviazioni dalla norma • Insufficiente tempo di recupero (dismetria degli arti inferiori, • Uso troppo precoce di carichi troppo elevati deviazioni assiali, tessuto • Specializzazione precoce connettivo molto lasso) • Sollecitazioni con ripetute, • Malattie richieste troppo elevate (regolamenti...) • Particolarità psichiche • Regime di vita da atleta • Capacità motorie individuali • Regime quotidiano di vita, sonno

Figura 2 – Fattori di rischio nell’età infantile e nell’adolescenza, che potrebbero essere la causa odeterminano un rapporto errato tra carico e capacità di carico.

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dente che in essa, orientata prevalentemen-te alla prestazione, spesso si trascurano iproblemi della capacità di carico in etàinfantile e adolescenziale. Ma le alterazionidella capacità di carico di rado si presenta-no nei sistemi che sviluppano la prestazio-ne. In particolare, riguardano l’apparatolocomotorio e di sostegno (capacità di cari-co meccanico) e i sistemi generali di regola-zione dell’organismo (ad esempio, il sistemaimmunitario). Le funzioni che interessano la capacità dicarico meccanico e quelle generali dell’or-ganismo maturano più tardi delle strutturenervose e delle principali funzioni neuro-muscolari. Per questa ragione, nello sportgiovanile d’alto livello, sono soggette perun periodo di tempo più lungo alla possibi-lità di alterazioni. Proprio per ciò meritanola dovuta attenzione.In alcune ricerche longitudinali su ottan-tacinque allievi dalla 5° alla 9° classe di unginnasio sportivo sono stati rilevati i dannialle regioni dell’apparato locomotorio e disostegno durante il periodo delle ricerche.I più frequenti erano quelli registrati alivello della schiena e delle ginocchia.Ciò dimostra che alcune regioni dell’appara-to locomotorio e di sostegno risultano più arischio per effetto dell’allenamento. Perquesta ragione non si deve prestare atten-zione solo a misure preventive ma, se si pre-sentano disturbi, anche a mettere in operaazioni efficaci per eliminarli rapidamente enel modo più completo possibile. Naturalmente, rispetto ai dati di questapopolazione mista di atleti, le conseguenzedei carichi sportivi specifici mostrano diffe-

renze delle quali si deve tenere conto. Èimportante sottolineare però che quelli chepresentano problemi per quanto riguarda lagaranzia della capacità di carico non sono isistemi che sviluppano la prestazione, maquelli sollecitati passivamente dal carico diallenamento e dalla prestazione di gara. Ingenerale si presentano reazioni solo quandovengono superati i limiti della capacità dicarico. Spesso, per prima cosa, si produconodisturbi funzionali o alterazioni dell’adatta-mento, rapidamente recuperabili se si reagi-sce tempestivamente. Il rischio di dannistrutturali esiste se il problema diventa cro-nico.La profilassi dei traumi e dei carichi erratidunque può essere efficace solo se le fun-zioni e i sistemi del corpo che sono solleci-tati passivamente vengono sufficientemen-te protetti e se si sviluppa la loro capacitàdi carico verso i carichi specifici dello sportpraticato. Naturalmente, i punti chiave aiquali si deve concretamente prestare atten-zione e i loro contenuti varieranno da sporta sport.

Aspetti generali della prevenzione

Già in età precoce l’integrazione nell’allena-mento di importanti elementi della profilas-si e della prevenzione deve rappresentareuna base essenziale della formazione. Nellosport giovanile di alto livello la prevenzionesi riferisce ad un’azione tesa a garantire lacapacità di carico che tiene conto dei cari-chi futuri e degli sviluppi della prestazione(Fröhner 2001).

Se si vogliono realizzare questi obiettivi videve essere una collaborazione tra allena-tore e le persone che compongono il teamdi formazione e d’assistenza degli atleti.

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Sport tecnici

Sport coordinativo condizionali

Sport condizionalicoordinativi

Sport di forza e resistenza alla forza

Pattinaggio su ghiaccio di figura, ginnastica ritmica, ginnastica artistica, tuffi

Nuoto, sci di fondo, pattinaggio su ghiaccio di velocità, gare multiple dell’atletica leggera, judo, lottta, calcio, hockey, badminton, tennis, pallavolo, pallacanestro

Corsa, marcia, ciclismo, triathlon, canoa, pugilato,scherma, handball

Canottaggio, lanci

7 9 11 13

Provenienza da una attività motoria e sportiva multilaterale

Figura 3 – Età media d’inizio dell’allenamento in diversi sport secondo le condizioni fisiologiche(Fröhner, Wagner 2006).

Una prevenzione primaria efficace comprende

• La promozione di una coscienza sanitariaindividuale e generale.

• Una azione sui rischi e/o sui fattori protet-tivi per impedire alterazioni della salute.

• In atleti sani ciò richiede un processo diapprendimento molto coerente, in quanto ilfatto che attualmente si sta bene rendescarsa la comprensione di questo problema.

Una prevenzione secondariaefficace comprende

• L’individuazione e/o la cura precoce di fatto-ri di rischio (ad esempio, tecniche di movi-mento, carichi, caratteristiche biologiche),di alterazioni della salute, il miglioramentodelle probabilità di guarigione e/o la diminu-zione delle conseguenze di una malattia.

• La garanzia del più completo ristabilimen-to possibile da alterazioni della salute nelminore periodo di tempo possibile.

• Programmi preventivi diretti ad evitare larecidiva di una malattia trattata con suc-cesso.

Una prevenzione terziaria efficace comprende

• Impedire che una malattia cronica progre-disca.

• L’attenzione prestata alla malattia nellerichieste poste al fisico dell’atleta.

Figura 4 – Cause diverse del dolore infantile alginocchio e importanza del necessario lavorodi squadra per l’eliminazione del problema.

Cause endogene Cause esogene

• Crescita • Tecnica• Maturazione del movimento • Deviazioni assiali • Volume del carico • Alterazioni posturali • Intensità del carico • Varianti dalla norma • Fattori climatici anatomica

Il medico sportivo L’allenatore riveste un ruolo riveste un ruoloimportante importantenel programma nel programmadi trattamento di trattamento

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Dall’esempio dei dolori alle ginocchia, che sipresentano molto frequentemente e cherichiedono una terapia efficace (prevenzio-ne secondaria), si vede chiaramente chemedico sportivo e allenatore sono parte del“programma di trattamento” (figura 4).Per la terapia è importante non solo la for-mulazione della diagnosi che, per esempionel dolore della regione anteriore del ginoc-chio può avere molte cause, ma anche lavalutazione delle condizioni fisiche endoge-ne, che possono avere contribuito a provo-care il problema. Ancora una volta l’allena-tore è un elemento importante del pro-gramma di trattamento come responsabiledella ricerca delle cause dovute ai carichi,della loro rimozione e dell’allenamentoalternativo che si offre.

Aspetti fondamentali per garantire la capacità di carico

Queste sono le conoscenze necessarie perprendere decisioni e realizzare misure diprevenzione:

• conoscenza delle caratteristiche biologi-che generali dei bambini e degli adole-scenti in età d’accrescimento;

• conoscenza delle condizioni concreteindividuali che riguardano la prestazio-ne sportiva e la capacità di carico;

• conoscenza degli effetti (sollecitazioni)prodotti dai diversi carichi;

• conoscenza degli effetti di condizioniesogene (ad esempio, fattori climatici,alimentazione, ecc.) sulla capacità dicarico o sull’entità della sollecitazione;

• nozioni sui principali rischi di traumi edi errori di carico nello sport specifico.

Per esporre alcuni principi della capacità dicarico dell’apparato locomotorio e disostegno sui quali si basano queste cono-scenze ci serviremo dell’esempio dellenozioni sulle caratteristiche biologichegenerali di bambini e adolescenti in età diaccrescimento.È noto che la fase puberale rappresenta unperiodo carico di rischi per l’apparato loco-motorio e di sostegno, soprattutto per ciòche riguarda la garanzia della capacità dicarico meccanico, specie dell’osso in via dimaturazione (figura 5). La pubertà è caratterizzata non soltanto daun notevole accrescimento corporeo chedura in media da due a tre anni. Con l’au-mento della maturità ossea diventa maggio-re soprattutto la sensibilità dei nuclei d’ac-crescimento. La parziale comparsa di cam-biamenti nel controllo neuromuscolare, pro-vocata dalla trasformazione delle dimensio-ni del corpo, può provocare una sollecitazio-ne eccessiva causata soprattutto da cambia-menti dei carichi meccanici passivi.

Attraverso l’esempio dei cambiamenti chesi producono nei corpi vertebrali nella fasedella pubertà, con l’attività di ostogenesidei nuclei di accrescimento (ossificazione)nella zona anteriore del corpo vertebrale, sipuò affermare che, se vi è un insufficienteformazione dei muscoli erettori del dorso,sono possibili alterazioni di tipo osteocon-dritico dei corpi vertebrali, soprattutto inqueste zone anteriori (figure 6 e 7).Conoscere quale sia lo sviluppo normaledella muscolatura offre la possibilità di pro-porre azioni preventive prima che inizi lafase delicata di maturazione della pubertà edi continuarle durante il suo svolgimento.La massa muscolare nei bambini (circa 21%)è chiaramente minore che negli adulti (circa40-50%). Le fibre muscolari sono più sottili,elastiche, il tessuto muscolare è ricco diacqua (con una minore quantità di proteinecontrattili) e il tono muscolare meno eleva-to. In generale possiede una buona elasticità(capacità di allungamento). I muscoli flessoripresentano un potenziale di forza maggiorerispetto agli estensori. Per questa ragioneun’azione precoce diretta al controllo e alrafforzamento dei muscoli estensori nonsoltanto è importante per la postura eretta,ma anche per il corretto sviluppo dei corpivertebrali. Lo sviluppo funzionale del sistema

Fase di maturazione Prepubertà Pubertà Adolescenza

Crescita

Capacità di prestazione muscolare

Capacità di carico delle ossa

Sviluppo della funzione nervosa

= —

= =

EI

EI

E I

Figura 5 – Quadro riassuntivo dello sviluppo costituzionale e funzionale durante la maturazione. E:eccitazione, I: inibizione; = stabile, dallo sviluppo armonico; ↑ aumento dello sviluppo, migliora-mento della funzione; ↓ diminuzione dello sviluppo, diminuzione della funzione.

A circa 4 anni A circa 8 anni A circa 10 anni A circa 14 anni(pubertà)

Età adulta

Figura 6 – Lo sviluppo normale della colonna vertebrale. È chiaramente visibile il notevole cambia-mento dei corpi vertebrali. Con la progressiva ossificazione del processo di maturazione sono arischio soprattutto i margini anteriori dei corpi vertebrali, un pericolo che non esiste in età adulta.

Figura 7 – Accentuazione della cifosi del trattotoracico della colonna e cambiamenti struttu-rali e di forma.

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nervoso, invece, è quasi completamente ter-minato e rappresenta così un’opportunitàper il processo di formazione utile all’au-mento della capacità di carico, nel quale èpossibile un buono sviluppo funzionale dellamuscolatura estensoria del tronco.

Lo sviluppo del muscolo come “organo disenso” cioè delle sue componenti proprio-cettive, si completa già precocemente, acirca sette-otto anni, mentre occorronoulteriori dieci anni affinché il muscolo com-pleti la sua maturazione come organo cheproduce lavoro meccanico.Per questa ragione, i metodi di allenamentodi tipo coordinativo, l’apprendimento di con-trolli razionali della muscolatura (apprendi-mento della postura corretta) rappresentanouna buona possibilità di prevenzione dellealterazioni della capacità di carico dell’appa-rato locomotorio e di sostegno, non solo deltronco. Dalla figura 8 si può vedere che, gra-zie ad un carico che si trova prevalentementedavanti alla perpendicolare del corpo, le forzedi pressione e di trazione producono stimoli

formativi per i corpi vertebrali. Perciò, perprevenire alterazioni, soprattutto in queglisport nei quali è presente questo tipo dicarichi, è necessario apprendere precoce-mente il controllo dei muscoli superiori dellaschiena diretto alla protezione dei marginianteriori dei corpi vertebrali. Se ne può dedurre che nell’età infantile icarichi che producono affaticamento nonrappresentano una base che serve a produr-re adattamenti fisici progressivi in quantopossono presentare rischi per un apparatolocomotorio e di sostegno non ancoramaturo. Come sinossi essenziale dello svi-luppo per l’età infantile e l’adolescenza val-gono gli indici e le funzioni della crescita,della maturazione e dell’apprendimento(figura 9).

D Z

Z D

Z D

Figura 8 – Sollecitazioni di pressione e trazio-ne con stimoli di formazione (forma dei corpivertebrali) o alterazioni patologiche.

Sviluppo

Crescita Maturazione Apprendimento

Cambiamentodelle dimensioni

del corpo

Sviluppo fisicoe mentale fino

allo stato adulto

Adattamento a funzionidiverse particolarmente

rispetto all’ambientedurante la maturazione

strutturale

+ +

Figura 9 – Sinossi dello sviluppo.

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Qui di seguito esporremo alcuni esempi dinozioni sulle condizioni individuali concre-te della capacità di carico e della presta-zione sportiva:

• la notevole variabilità dei parametri dellacapacità di prestazione in età infantile enell’adolescenza non deriva soltanto dadifferenze costituzionali, ma anche daidiversi tempi di crescita di soggetti dellastessa età (Fröhner, Wagner 2002). Anchese si rilevano solo dati sulla crescita sta-turale e sulla massa corporea si possonomettere in evidenza notevoli differenze(figura 10).

• La valutazione supplementare dello statodi maturazione permette di calcolarel’andamento della crescita. Non solo èpossibile prevedere quali saranno l’ulte-riore crescita e la statura da adulto, maanche la capacità di carico, soprattuttodell’apparato locomotorio e di sostegno,nelle successive fasi dell’allenamento(figura 11).

• La valutazione da parte del medico sporti-vo permette di rilevare particolarità costi-tuzionali di natura genetica che possonodare indicazioni sulla capacità di carico inuno sport, quali, ad esempio, il somatoti-po, il tessuto connettivo molto lasso ingenerale, ecc.

D’importanza fondamentale resta il conti-nuo feedback - basato sui risultati dellericerche - tra medico sportivo/fisioterapistae allenatore, in modo tale che questi possatenere conto di particolari costellazioni direperti per assicurare la capacità di carico inallenamento.A causa della relativa frequenza con laquale si presentano in questa età esporre-mo ora alcuni esempi di problemi fonda-mentali per i limiti della capacità di caricodell’apparato locomotorio e di sostegnonell’età infantile e nell’adolescenza.

• Un tessuto connettivo che in età infantileè, generalmente, molto lasso che resta taleanche nella fase successiva dello sviluppo,più nelle atlete che negli atleti. Ne sonoalcuni sintomi tipici, tra l’altro, l’eccessivaiperestensione degli arti superiori e inferiori,un notevole iperestensione delle articolazio-ni delle dita, la notevole flessibilità nelleregioni delle anche e della colonna vertebra-le. Spesso si trova una postura a riposocomoda, in parte anche una curva moltopiatta della colonna. I rischi di alterazionidella capacità di carico riguardano soprat-tutto le articolazioni e i collegamenti artico-lari, particolarmente nei carichi di tipoimpulsivo. Tra i consigli ricordiamo: unriscaldamento sufficientemente attivante euno scarico compensatorio (secondo il cari-co precedente); un’attenzione particolare va

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Età (anni)

Sviluppo della statura e della massa corporea

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Figura 10 – Dimostrazione dell’elevata ampiezza di variazione della crescita e della maturazionenell’esempio di quattro bambine e quattro adolescenti. Riferimento: percentili dello ZüricherLongitudinal Studie (Prader et al. 1989). M = menarca.

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011/12 (n=25) 13/14 (n=32) 15/16 (n=17) 17/18 (n=6)

Età infantile

Inizio pubertà

Prima metà della pubertà

Seconda metà della pubertà

Adolescenza

Età adulta

Età

Figura 11 – Stato di maturazione nei gruppi d’età dei giocatori di pallavolo oggetto della ricerca.

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dedicata a una tecnica sportiva corretta perlimitare gli effetti dei carichi da impulso e auna esecuzione in asse degli esercizi dirafforzamento.• Tipologie diverse di squilibri posturali edella muscolatura; ad esempio, il notevole efrequente accorciamento dei muscoli poste-riori della coscia, in parte temporaneo, che siproduce nel caso di una forte crescita negliatleti maschi, che può produrre alterazionidella capacità di carico, non solo per quantoriguarda i muscoli, ma soprattutto anche laregione lombare. Caratteristici sono l’evi-dente limitazione della flessione dell’anca,l’accentuata curvatura del tratto lombarenella flessione in avanti del tronco e nellastazione seduta. Spesso i muscoli dei gluteie del dorso sono relativamente deboli.• La curvatura pronunciata del tratto toraci-co della colonna che può provocare unaumento della sollecitazione, soprattuttonella regione di passaggio tra tratto toracicoe lombare del rachide. A questo problemadella curvatura non fisiologica della colonnasono collegati, ad esempio, l’indebolimentodella muscolatura superiore del dorso, latensione dei muscoli anteriori delle spalle edel tronco, la limitazione dell’apertura del-l’angolo braccia-tronco. Per questo si posso-no produrre dolori nella regione delle spalle,dello sterno e del tratto toracico della colon-na, pericoli di osteocondrosi e dolori nelleregioni del ginocchio e della tibia. Per primacosa è assolutamente necessario agire sul-l’apprendimento del giusto controllo dellamuscolatura del dorso, poi introdurre eser-cizi per la stabilizzazione della postura cosìmigliorata.• Fissatori delle scapole deboli che signifi-cano insufficiente protezione del trattotoracico della colonna e favoriscono lo svi-luppo di uno squilibrio nel cingolo scapo-lare. Anche in questo caso dapprima deveessere insegnato il controllo corretto dellamuscolatura, che poi deve essere stabiliz-zata, ad esempio, con esercizi di piega-mento sulle braccia, esercizi di arrampica-ta, esercizi di sospensione, ecc.• Atteggiamenti posturali viziati, in partico-lare della regione centrale del corpo, posso-no condurre ad un sovraccarico posturaleper il tratto lombare della colonna, la regio-ne di passaggio tra colonna toracica e lom-bare e i muscoli posteriori degli arti inferio-ri. Ancora una volta ciò richiede in partico-lare un processo di apprendimento del con-trollo corretto dei muscoli posturali, quindiesercizi di stabilizzazione per il loro sviluppo(muscoli glutei, muscolatura del dorso,muscoli obliqui del tronco, muscoli addomi-nali).• Soprattutto nel caso di carichi eccessivicon le braccia davanti al corpo si può svilup-pare una pronunciata convessità del trattotoracico della colonna con limitazione del-

l’apertura dell’angolo braccia-tronco. Spessosi possono rilevare alterazioni strutturali deicorpi vertebrali (morbo di Scheurmann). Ilproblema è rappresentato dalla fissazionedella funzione del cingolo scapolare con unaevidente limitazione dell’apertura dell’ango-lo braccia-tronco e dei disturbi alla spallache ne derivano. Per questa ragione nell’al-lenamento debbono essere inseriti moltopresto esercizi per aumentare l’angolo brac-cia-tronco.

Naturalmente, esistono ulteriori condizionidell’apparato locomotorio e di sostegnoche possono avere effetti sulla capacità dicarico che dipendono dallo sport praticatotra i quali occorre citare, ad esempio, lanotevole asimmetria della postura delcorpo, difetti posturali dei piedi, deviazionidegli assi degli arti superiori e inferiori chedebbono essere conosciuti in modo dadedicare loro la dovuta attenzione. Ciò facapire quale sia l’importanza di periodicicheck up medici dell’atleta durante lacostruzione a lungo termine della presta-zione sportiva.

Principi concreti diretti a garantire la capacità di carico

Gli undici principi che elenchiamo qui diseguito dovrebbero servire come lineeguida per garantire la capacità di carico:

1. Linea guida fondamentale: una pianifica-zione dell’allenamento a lungo terminesufficientemente flessibile, che cioè si basisull’acquisizione di diverse capacità e abi-lità, sulle diversità nella capacità di caricodelle varie età, sull’esigenza di tenereconto e di reagire ad alterazioni dellasalute.

2. Evitare variazioni improvvise (aumenti)del carico (soprattutto di sovraccarichi ditipo impulsivo), un pericolo che riguardasoprattutto coloro che da uno sport pas-sano ad un altro, coloro che vengonoammessi a scuole a indirizzo sportivo o auna formazione di tipo sportivo, coloroche riprendono l’allenamento dopo pausedovute a vacanze o a malattie.

3. All’inizio di un allenamento costante edurante la costruzione a lungo terminedella prestazione, nella quale troviamocarichi crescenti o elevati, realizzare esamisistematici (uno all’anno, possibilmentedue) dello stato di salute e della capacitàdi carico. Inoltre debbono essere utilizzatianche metodi (test) sufficientemente cor-retti per misurare l’efficienza fisica gene-rale e speciale, i presupposti muscolari, leabilità tecniche. I risultati debbono essereelaborati e coordinati dal gruppo cheassiste l’atleta per l’ulteriore costruzionedell’allenamento.

4.Se non si vogliono mettere in pericolo iprocessi di adattamento e di apprendi-mento, nella costruzione della prestazio-ne sportiva si deve prestare attenzione aiproblemi principali che riguardano i fat-tori della capacità di carico che sono, adesempio: la fase dello sviluppo fisico epsichico, le abitudini alimentari, le devia-zioni dalla norma, soprattutto del siste-ma locomotorio e di sostegno determi-nate dalla costituzione (lassità accentua-ta del tessuto connettivo), l’instaurarsiprecoce di squilibri muscolari, l’insuffi-ciente capacità di recupero. Può essereprovato che dal 20 al 40% del rischio piùelevato di alterazioni dello stato di salutesia attribuibile a questo fattori (Fröhner,Wagner 2006).

5.Nella costruzione a lungo termine dellaprestazione, se si vogliono ottenere i pro-gressi desiderati nelle prestazioni e nellacapacità di carico, occorre che la coordi-nazione tra preparazione fisica generale,preparazione fisica speciale e allenamen-to specifico rispettino i principi dellaperiodizzazione. Anche con mezzi gene-rali di allenamento occorre fare attenzio-ne ad un riscaldamento adeguato deigrandi apparati e sistemi dell’organismoe ai processi di recupero dopo i carichi.

6.Qualora si producano traumi o problemidovuti alle conseguenze di carichi errati,al “trattamento” debbono partecipare sial’allenatore sia il medico sportivo/il fisio-terapista. In esso si debbono verificarne lecause e rimuovere i problemi che li hannoprovocati. Si deve prestare attenzione aisegnali di alterazioni della capacità dicarico per limitarle e eliminarne le cause.

7.Le malattie infettive hanno bisogno diessere adeguatamente diagnosticate,curate e di un periodo sufficiente diristabilimento.

8.Condizioni specifiche ottimali di alle-namento e un sufficiente riscaldamen-to generale specifico rappresentano glielementi principali per minimizzare irischi per l’adattamento e il processo diapprendimento. Come parte conclusivadell’allenamento per il ristabilimento sidebbono usare carichi compensatori.

9.Le condizioni e la realizzazione dell’alle-namento debbono garantire la preven-zione da traumi e infortuni.

10.Soprattutto in età infantile e in quellaadolescenziale si deve insegnare qualeè un regime di vita corretto per unatleta. Sono particolarmente importan-ti una alimentazione adeguata e varia,un sonno notturno sufficiente e unacorretta igiene personale.

11.Un presupposto per lo sviluppo dellapersonalità è costituito da corretti rap-porti sociali (ai quali sono interessatetutte le istanze educative).

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L’integrazione di misure direttea garantire la capacità di cariconei bambini e negli adolescenti:l’esempio della pallavolo

Nel processo di formazione sportiva nell’etàinfantile e nell’adolescenza importanti basiper la prevenzione sono rappresentate dallerichieste generali di carico d’allenamento edi prestazione di gara. In qualsiasi sportl’impostazione della costruzione a lungotermine della prestazione procede dalla for-mazione generale di base all’allenamento dibase e a quello di costruzione con i loroobiettivi, contenuti e compiti orientativi(tabella 1). Nella pallavolo la formazionegenerale di base (ricerca del talento) iniziatra gli otto e i dieci anni, prosegue con l’al-lenamento di base (da dieci a dodici anni)nel quale, attraverso un allenamento direttosoprattutto all’apprendimento, si creano ipresupposti fondamentali della prestazionenelle varie componenti del gioco. Nellaprima fase dell’allenamento di costruzione,tra i tredici e i quattordici anni, avviene ilpassaggio al gioco 6 contro 6. Qui iniziaanche la specializzazione specifica finalizza-ta ad un ruolo (ad esempio, il ruolo di alza-tore). La ricerca dell’idoneità per la futuraspecializzazione e il graduale sviluppo dellacapacità d’azione tecnico tattica riferita alruolo, prosegue intensamente nel periododella seconda fase dell’allenamento dicostruzione (tabella 1).In sintesi, le altre tappe della costruzione alungo termine della prestazione sono:

• la seconda fase dell’allenamento dicostruzione (da quindici a sedici anni):aumento delle richieste tecnico-tattichee organico-muscolari; presa di decisionesulle possibilità di sviluppo specifico nelruolo fino al settore dell’alto livello; ini-zio del controllo mirato dell’allenamentoe della prestazione;

• l’allenamento di alto livello (da diciassettea diciannove-venti anni): approfondimen-to della specializzazione; aumento delcarico soprattutto attraverso una percen-tuale elevata di allenamento speciale;

• allenamento di massimo livello (dopo idiciannove anni circa).

Dall’età di inizio fino a sedici anni, gli indi-ci del carico che si pianificano sono adat-tati allo stato dello sviluppo e della presta-zione (tabella 2). All’inizio, nelle percentua-li di allenamento generale e speciale sonomaggiori quelle delle richieste generali.Esiste la possibilità che atleti che proven-gono da altri sport che sono in possesso dibuone capacità motorie e adatti dal puntodi vista costituzionale possano iniziare laformazione specifica per la pallavolo in unmomento successivo.

Punti Formazione generale Allenamento Allenamento chiave di base di base di costruzione

Obiettivo Formazione generale Formazione di base Sviluppo multilaterale sportiva di base diretta multilaterale e indirizzo della capacità specifica alla ricerca del talento sportivo specifico per di prestazione, grazie e allo sviluppo la preparazione delle all’allargamento dell’interesse verso basi della prestazione delle basi; creazione lo sport che permettono di basi specifiche di costruire le massime per la costruzione a prestazioni sportive a lungo termine delle massime prestazioni sportive

Contenuti Opportunità di movimento, Grado elevato Multilateralità giochi, sport divertenti, di multilateralità e dell’allenamento; multilaterali e di vario percentuale percentuale ancora tipo per il maggior adeguata relativamente elevata numero possibile di allenamento di allenamento di bambini generale generale e incremento di quello speciale

Compiti Sviluppo delle capacità Formazione multilaterale Continuazione della motorie di base; e sportiva generale costruzione multilaterale; apprendimento delle capacità sviluppo ampio e degli esercizi sportivi coordinative e multilaterale delle fondamentali condizionali, costruzione capacità coordinative specifica delle abilità e condizionali, tecnico-tattiche ampliamento e costruzione delle abilità tecniche e tecnico-tattiche di base

Tabella 1 – Quadro generale per l’impostazione della costruzione a lungo termine della prestazione.

Fasce d’età (anni) 8/9 10 11 12 13/14 15/16

Tappa di allenamento FGB AB AB AB I AC II AC

Settimane annuali di allenamento 40 40 45 45 46 46Unità settimanali di allenamento 2 2 3 4 4-5 6-7Ore settimanali di allenamento 3-4 3-4 4,5-6 6-8 8-10 12-16Suddivisione percentuale tra allenamento

70:30 60:40 55:45 55:45 55:45 50:50generale e speciale

Tabella 2 – Rappresentazione dell’allenamento e della costruzione della prestazione a lungo termi-ne: quadro dei volumi di allenamento da pianificare (fino all’allenamento di costruzione). Legenda:FGB, formazione generale di base; AB, allenamento di base; I AC, I fase dell’allenamento di costru-zione; II AC, seconda fase dell’allenamento di costruzione.

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Queste le richieste speciali di carico e diprestazione dalle quali partire per la pre-venzione:

• la pallavolo è uno sport nel quale si richie-dono una eccellente ed elevata velocità direazione e di movimento, collegate con unadurata del carico relativamente elevata.Scatti repentini su distanze di corsa relati-vamente brevi e variabili (combinazione ditecniche diverse di corsa); salti e ricadutesu uno o su ambedue gli arti inferiori, unamoltitudine di movimenti di colpo conrichieste elevate di utilizzazione rapida delrepertorio tattico adeguata a situazionimutevoli e anche il lavoro intensivo di dife-sa richiedono non soltanto una buonaforma fisica (velocità-forza veloce), ma,soprattutto, anche una costante freschezzae resistenza alla concentrazione (capacitàdi anticipazione, capacità di reazione, capa-cità coordinative).

• Un ruolo di primo piano svolge lo svilup-po delle capacità cognitive. Sviluppare lacapacità di gioco significa soprattuttoanalizzare situazioni e apprendere solu-zioni (Fröhner 1988; Voigt, Richter 1991).Ciò pone, ad esempio, richieste elevatealla capacità di percezione ottica e allacapacità di prendere decisioni sotto pres-sione temporale.

• In un periodo di gioco che può durare dauna a un massimo di tre ore si eseguonopiù di centocinquanta salti massimalicon un numero elevato di movimenti dicolpo precisamente dosati (Sieber 1990).Velocità del pallone che arrivano fino a100 km/h e oltre sottolineano le elevateesigenze di azioni tecnico tattiche, diforma fisica e di stabilità dell’apparatomotorio e di sostegno, sia in età giovani-le, sia in età adulta. Per lo sviluppo delcarico di allenamento e della prestazioneche ciò richiede è necessario un periodoprolungato di evoluzione e adattamento.

Chiediamoci ora quali siano i problemiconcreti di capacità di carico che si pre-sentano più frequentemente rispetto allapopolazione normale e agli altri sport. Sitratta, soprattutto, di problemi locali del-l’apparato locomotorio e di sostegno:

• ginocchio: in tutte le categorie d’età ein tutti gradi di maturazione, soprattut-to a causa dell’elevata quantità di saltiin successione rapida;

• colonna vertebrale: è interessata soprat-tutto la regione lombare della colonnavertebrale. A partire dalla fase di sviluppopuberale si ha una aumento dei problemi,soprattutto a causa dei movimenti dicolpo (specie se la parte centrale del corpoè debole), delle ricadute dopo i salti, edelle diverse posizioni di difesa;

• articolazione tibiotarsica: aumentoparticolare di traumi a partire dalla faseadolescenziale e con l’incremento del-l’intensità e della velocità del gioco;

• articolazione scapolo-omerale: a partiredalla fase di sviluppo adolescenziale tutti idisturbi aumentano soprattutto a causadell’incremento della forza dei colpi, anchese non nella stessa misura delle zone pre-cedenti. Nei bambini e negli adolescentiquesti problemi sono meno frequenti.

• Vanno poi citati i danni alle articolazionidelle dita nella ricezione della palla. Glieffetti sulla capacità generale di carico edi gioco, però, sono scarsi, tra l’altro per-ché è possibile utilizzare nastri taping perla protezione delle dita.

Tra le tipiche conseguenze di carichi erratioccorre citare:

• alterazioni della maturazione nelle zonedi accrescimento delle regione del ginoc-chio, ad esempio, morbo di Osgood-Schlatter, soprattutto in presenza di tes-suto connettivo molto lasso;

• sindrome dolorosa pre-rotulea conse-guente all’elevato numero di salti;

• alterazione della maturazione dei corpivertebrali, soprattutto nel tratto toraci-co della colonna, con riduzione dellacurvatura fisiologica lombare;

• alterazioni funzionali del tono e del trofi-smo della muscolatura paravertebrale edella regione dorsale causate da squilibrinell’attivazione eccessiva della muscola-tura anteriore del tronco rispetto a quellaposteriore;

• tendinosi della spalla del braccio impe-gnato nel colpo.

I fattori costituzionali e funzionali cherichiedono un’attenzione particolare se sivuole garantire la capacità di carico evi-denziati più volte dalle ricerche sono:

• statura elevata, in particolare nel perio-do di notevole incremento della velocitàdi crescita nella pubertà;

• particolari atteggiamenti posturali:spesso nello sviluppo infantile e adole-scenziale si possono riscontrare posturea riposo sfavorevoli dal punto di vistastatico (petto scavato, spalle in avanti)che limitano l’apertura dell’angolo brac-cia-tronco, atteggiamenti cifotico-lor-dotici con pericolo di un aumento dellasollecitazione nella regione toracica elombare del rachide;

• muscoli indeboliti: muscoli inferioridell’addome, glutei, muscoli superioridel dorso;

• accorciamenti muscolari: muscolo ileo-psoas, muscoli anteriori e posterioridella coscia, muscoli dei polpacci;

• nelle giocatrici: frequente riscontro ditessuto connettivo particolarmentelasso.

Una statura elevata in età infantile, puòpreludere spesso a un notevole picco di cre-scita in fase puberale fino al raggiungimen-to della statura adulta. In questo periodoesiste un rischio particolare per l’apparatolocomotore e di sostegno che sta maturan-do soprattutto quando non sono stati suffi-cientemente sviluppate la muscolaturaposturale e salvaguardato l’equilibriomuscolare (figura 12).

In Germania, nel Land della Sassoniasul la base del le considerazioni cheabbiamo presentato; delle richieste dicarico e di prestazione; delle alterazionidella capacità di carico; delle conse-guenze di carichi sbagliati; della fre-quenza con la quale si presentano fattoridi rischio che pongono problemi allacapacità di carico, sono stati elaboratidei programmi d’azione per garantire lacapacità di carico delle giocatrici di pal-lavolo nell’età prepuberale e nell’adole-scenza.

Figura 12 – Rischi per la capacità di carico, specialmente per atlete di statura elevata: forme labili di postura del tronco soprattutto nelle tecnicheveloci di movimento durante la fase di crescita accelerata, carico non in asse sulle articolazioni ancora labili delle estremità.

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Uno dei fondamenti per garantire la capa-cità di carico è rappresentata dall’utilizza-zione sistematica di controlli medici.Per ricavarne indicazioni sulla metodolo-gia dell’allenamento si rivelano molto utilile informazioni, fornite dal medico sporti-vo e dal fisioterapista, soprattutto sull’an-damento della crescita, sulla maturazione,sullo stato dell’apparato motorio e disostegno e naturalmente su problemi cheriguardano lo stato generale di salute, ilmetabolismo del ferro e altre particolarità.Così, in base a quanto osservato, ognimese si eseguono misurazioni molto pre-cise della statura. In presenza di un accre-scimento staturale di oltre 1 cm al mese,per prima cosa si sospende il carico disalti. Per la messa a punto della parte indi-viduale del riscaldamento e della compen-sazione possono essere utilizzati i risultatidel test di funzionalità muscolare e leinformazioni sulla valutazione posturaledel corpo, sulla statica della colonna ver-tebrale, sulla morfologia dei piedi e latipologia d’appoggio e spinta. Le atletericevono queste informazioni e applicano irelativi programmi. È necessario tuttaviaun controllo continuo della loro applica-zione che viene realizzato soprattuttodurante i raduni centralizzati. In generale, si dedica molta attenzioneall’acquisizione precoce di una correttapostura con posizione eretta della colonnavertebrale, al rafforzamento dei muscolisuperiori del dorso, dei glutei e della parteinferiore dell’addome, alla stabilizzazionedel tronco in condizioni diverse (movi-menti ad occhi chiusi, ecc.). Nelle formegenerali di allenamento, oltre ad un riscal-damento sufficientemente accurato, sitiene conto di ciò che si deve fare pergarantire l’estensibilità dei muscoli ante-riori e posteriori delle cosce, l’equilibrio del

cingolo scapolare (azione sull’aperturadell’angolo braccio-tronco attraverso lacorrezione del petto incavato e la riduzio-ne della cifosi toracica).In generale, si utilizzano mezzi di allena-mento diretti a garantire e a migliorare lostato generale di preparazione fisica e ner-vosa. In tal senso, quando si presentavanoevidenti alterazioni della concentrazione esintomi di stanchezza si è rivelato oppor-tuno inserire pause di breve o lunga dura-ta nella successione dei carichi. Ciò servenon solo alla realizzazione della prestazio-ne, ma anche a garantire la capacità dicarico e alla prevenzione dei traumi. Per garantire e sviluppare la capacità fun-zionale delle regioni del ginocchio, dell’ar-ticolazione tibiotarsica e dei piedi si utiliz-zano soprattutto forme di allenamentopropriocettivo.Ulteriori principi che determinano il pro-gramma di sviluppo delle pallavolistesono:

• l’attenzione rivolta allo stadio di matu-razione biologica nella determinazionedelle richieste di carico d’allenamento eai fini di misure efficaci di prevenzione;

• il mantenimento di un numero scarso disalti in età infantile e nell’adolescenza, lagrande attenzione dedicata ad una corret-ta tecnica di salto. Il salto viene preparatodapprima attraverso la fase di ricaduta;

• l’attenzione posta alla corretta posizionedei piedi nelle scarpe (scelta di calzatureadeguate);

• il controllo frequente dei piedi;• l’attenzione dedicata ai primi segnali di

errori nei carichi e una loro adeguatariformulazione;

• la garanzia di un periodo sufficiente diristabilimento dopo alterazioni dellostato di salute.

Nella valutazione degli elementi necessaria garantire la salute e la capacità di caricodell’organismo, occorre tenere contoanche dell’influenza di fattori di naturaesterna:

• il carico globale: esso comprende gliimpegni correlati alle ore d’insegnamen-to scolastico, all’allenamento, ai compitiscolastici a casa, alla frequentazionedella cerchia degli amici;

• l’alimentazione: gli atleti sono sollecita-ti a mantenere una alimentazione e adun regime di vita corretto. Un processonel quale sono coinvolti i genitori.

Fröhner B., Spielen für das Volleyballtraining(2a ed.), Berlino, Sportverlag, 1988.Fröhner G., Belastbarkeit von Nachwuchslei-stungssportlern aus sportmedizinischer Sicht.Leistungssport, 31, 2001, 4, 41-46 (traduzioneitaliana a cura di M. Gulinelli, La capacità dicarico dei giovani atleti di alto livello, SDS-Scuola dello sport, 20, 2001, 51, 56-63).Fröhner G., Die Normalität variabler Entwick-lungsmerkmale der Körperbaus und die Wertungin Kenntnis determinierender Einflüsse. Talentim Sport, Schriftenreihe des Bundesinstituts fürSportwissenschaft, vol. 110, Schondorf, KarlHofmann Verlag, 153-159.Fröhner G., Wagner K., Körperbau und Sportunter Beachtung des Körpergewichts, Leistungs-sport, 32, 2002, 1, 33-40 (traduzione italiana acura di M. Gulinelli, Peso corporeo e costituzionefisica nello sport, SDS-Scuola dello sport, 20,2001, 53, 15-24).Fröhner G., Wagner K., Die Entwicklung vonMerkmalen der Belastbarkeit von Kindern undJugendlichen unter Bedingungen der Ausbil-dung an Sportgymnasien, IAT, Ergebnisbericht,2006. Fröhner G, Wagner K., Sicherung der Belast-barkeit im langfristigen Leistungsaufbau,Vortrag zum Nachwuchsworkshop, Lipsia,novembre 2006.Sieber E., Verletzungen und Überbelastungsbe-schwerden beim Volleyball: gezielt dieSchwachstellen des Halte- und Bewegungsap-parates stören, TW Sportmedizin, 2, 1990, 5,274-281.

Bibliografia

Traduzione di M. Gulinelli da Leistungssport, 37,2007, 1, 11-17.Titolo originale: Prophylaxe von Verletzungenund Fehlbelastung durch Belastberkeitssiche-rung im Nachwuchsleistungssport.

Gli Autori: dott.ssa Gudrun Fröhner, Istituto discienza applicata dell’allenamento, Lipsia;Wolfgang Tronick, allenatore regionale dellaFederazione sassone di pallavolo.Indirizzo degli Autori: Institut für AngewandteTraininswissenschaft, Marschnerstr, 29, 04109,Lipsia.

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Analisi delle capacità tecnico-coordinative e senso-percettive nel nuoto

A partire dall’analisi dettagliata delle capacità tecnico-coordinative e senso-percettive, attraverso un collegamento tra piano teorico di riferimento e piano tecnico-addestrativo, si propone una selezione di mezzi allenanti specifici ed esercizi-testche offrono una possibilità di diagnosi e di sviluppo adeguato di tali capacità, essenziali per il nuoto sportivo. In particolare per poter giudicare il livello e l’andamento di sviluppo delle capacità in questione, vengono proposti otto test di controllo i cui criteri di validità e ripetibilità sono oggetto di studio da parte del Laboratory of Sports Analysis della Facoltà di ScienzeMotorie dell’Università degli Studi di Milano.

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Pietro Luigi Invernizzi, Facoltà di Scienze motorie, Università degli Studi di Milano; Roberto Del Bianco, Federazione Italiana Nuoto; Raffaele Scurati, Giuseppe Caporaso, Antonio La Torre, Facoltà di Scienze motorie, Università degli Studi di Milano

NUOTO

Una proposta metodologica verso la determinazione di pratici sistemi di valutazione ed allenamento specifico nella preparazione dei giovani nuotatori (seconda parte: proposte pratico-applicative)

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Nella prima parte di questo lavoro: “Analisidelle capacità tecnico-coordinative e senso-percettive nel nuoto” (cfr. SDS-Scuola dellosport, 73) sono stati analizzati gli studi dinumerosi Autori dai quali si evince il ruolodeterminante delle capacità senso-percetti-ve e coordinative, oltre che delle capacitàtecniche e condizionali, in un adeguato pro-cesso di preparazione ottimale del nuotato-re volto al raggiungimento della miglioreperformance natatoria.Per la progettazione di un corretto e com-pleto programma di sviluppo motorio,tanto nel nuoto per principianti quantoper la preparazione dei risultati di vertice,risulta di particolare importanza un’atten-ta analisi delle capacità di scivolamento inacqua e di differenziazione. Più dettagliatamente, rispetto a quest’ulti-ma capacità, la percezione dello sforzopuò essere considerata come un insiemedi sensazioni che coinvolgono sia fattoriorganici centrali sia periferici locali. A que-sto proposito sono state studiate diversescale di percezione dello sforzo per adulti

e bambini (Borg, Cert, Omni,…) che sonostate validate in numerosi lavori scientificied impiegate frequentemente per valutarel’intensità di differenti esercitazioni. Ulmer(1996) e più recentemente Hampson(2001) ritengono che le prestazioni degliesercizi possano essere controllate attra-verso calcoli centrali e comandi efferentiche cercano di associare i limiti metabolicie biomeccanici del corpo alle richieste delcompito motorio in un processo detto“teleoanticipation”.Il Laboratory of Sports Analysis della Facoltàdi Scienze motorie dell’Università degli Studidi Milano ha già condotto vari studi aventioggetto le capacità coordinative in generalee più specificatamente la capacità di diffe-renziazione, intesa prevalentemente comecapacità di percezione-graduazione dellosforzo durante nuotate a diverse intensità enell’esecuzione di esercizi-test specifici inambito terrestre (Invernizzi et al. 2002;Mauro et al. 2002; Invernizzi et al. 2005a;Invernizzi et al. 2005b). In particolare si evi-denzia quanto segue:

• nuotatori Master, testati nella nuotata arana classica e con varianti coordinativequali la doppia bracciata e la doppia gam-bata nelle distanze di 25, 50, 100 e 200m, hanno evidenziato differenze significati-ve a vantaggio della nuotata classica solonei soggetti maschili ed in funzione delladistanza. Questo suggerisce la presenza diuna maggior problematica di controllocoordinativo e di ritmo nei soggetti maschilirispetto ai soggetti femminili, comunquesempre meno rilevante all’aumentare delladistanza di nuotata;

• risulta evidente una maggior difficoltà nell’e-secuzione corretta delle prove ad intensitàvariabile richiesta pari al 50% del massimalerispetto a quelle richieste con intensità diesecuzione pari all’80% del massimale, que-sto sia nei test a secco che di nuoto e adiversi livelli di capacità ed età;

• un confronto tra le categorie Esordienti A,Esordienti B e Ragazzi evidenzia anche unarelazione tra grado di capacità di differenzia-zione durante le nuotate e il livello degli atleti.Con il crescere della specializzazione anchela capacità di differenziazione specifica vieneperfezionata ed il controllo motorio risultamigliorato ed estremamente più preciso;

• in un lavoro, anche se non relativo al nuoto,bensì condotto su campioni del mondo diKarate (specialità Kata), è emerso comeatleti di alto livello siano perfettamente ingrado di dosare le proprie azioni motorie e,quasi sempre al primo tentativo, riescano adeseguire il compito richiesto tanto al 50%quanto all’80% dell’intensità massimale, conun margine d’errore ampiamente al di sottodel 5%;

• vi è comunque differenza tra la capacità didifferenziazione in ambiente terrestre rispet-to all’ambiente acquatico. Infatti, nei lavorieseguiti con le categorie giovanili e in unaulteriore sperimentazione che ha valutatotali capacità in nuotatori Master mediantebatterie di test terrestri e acquatici è risulta-to nel complesso una maggior facilità dicontrollo dei compiti eseguiti sulla terrafer-ma rispetto a quelli eseguiti in acqua, inparticolare nei soggetti maschi;

• in nuotatori Master ai quali è stato chiestodi eseguire la nuotata di 25 m a crawl avelocità massimale ed al 50% ed 80%, siain condizioni normali (definite standard) siain situazioni di afferenze sensoriali modifi-cate (mediante l’impiego di occhialini oscu-rati, tappi alle orecchie, palette, pinne,pinne e palette) è risultata evidente l’im-portanza delle afferenze sensoriali e il ruolodell’analizzatore cinestesico in particolare. Irisultati hanno mostrato che la modificadelle afferenze sensoriali acuisce in molticasi la capacità di attenzione e riduce diconseguenza il margine d’errore rispettoalle prove eseguite ad intensità variabile,ma in una condizione standard.

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L’importanza di dosare lo sforzo a livelloagonistico è un aspetto essenziale sia nelnuoto giovanile che assoluto.Apprendere a nuotare con un ritmo definitoè uno dei primi obiettivi a livello di allena-mento della resistenza. Ad esempio se unnuotatore principiante nuota 12 min con-secutivi effettuando 600 m in una situazio-ne di dosaggio perfetto dello sforzo, dovràrealizzare 300 m nei primi 6 min e 300 mnei secondi 6 min. Analogamente, se unEsordiente A impiega 5min40s sui 400 mcon tempi di 1min15s, 1min20s, 1min31s,1min34s sui parziali di gara (ogni 100 m),deve imparare per prima cosa a realizzare lostesso tempo dosando il 400, cioè effet-tuando ogni parziale di gara (ogni 100 m)in 1min25s.Anche a livello agonistico più evoluto, l’erro-re più frequente è quello di utilizzare unritmo veloce-lento, nuotando nelle primeparti di una gara più velocemente rispettoalle altre. Da analisi di Maglischo (2003) su nuotatoria livello mondiale si evidenzia come alcunispecialisti di una determinata distanzahanno la tendenza, nuotando soprattuttodistanze più corte, a nuotare troppo veloce-mente nella prima parte della gara compro-mettendo il risultato finale. Anche per Saini(2006) nelle gare superiori ai 100 m prevaleil criterio della distribuzione uniforme dellosforzo per conservare sufficienti energie peril finale di gara.

Obiettivi e contenuti dell’allenamento senso-percettivo e tecnico-coordinativo

Da un punto di vista pratico-applicativoalcuni allenatori hanno un’idea sbagliatacirca la capacità di “sensazione dell’ac-qua”: credono che sia soltanto una qualitàesclusiva dei nuotatori che hanno la fortu-na di possederla.Di fatto è importante l’affinamento dellasenso-percezione che entro certi limiti èinnata ed è influenzata significativamentedalla qualità dei primi contatti e dalle primeesperienze motorie con l’acqua, ma che adogni livello e per ogni condizione determinala prestazione in funzione della maggiore ominore sensibilità percettiva e tattile (Col-win 2002). Secondo Colwin, affinando l’analizzatoretattile-cinestesico e imparando ad inter-pretare le sensazioni di pressione generatedal flusso dell’acqua, i nuotatori possonocomunque migliorare sempre, a qualsiasilivello ed età, come dimostra anche ilmetodo di lettura Braille che può essereappreso anche da chi non è cieco dallanascita, ma lo diventa a seguito di un inci-dente o di una malattia.

Secondo questo Autore occorre insegnareai nuotatori che la funzione di braccia egambe non è solo quella di strumento dipropulsione, ma anche di sottile e sensibilemodellatore di flusso.Un indice di questa sensibilità, facilmenterilevabile anche da bordo vasca, è il modocon cui il nuotatore controlla l’ingressodella mano in acqua. Il nuotatore di talentocerca a livello tattile la percezione dellevariazioni di pressione del flusso in arrivo egradualmente comincia ad applicare la giu-sta forza e l’esatta velocità contro questo.“La mano di un nuotatore di talento possie-de una sensibilità complessa che sembraquasi dargli la vista” (Colwin 2002).Molti nuotatori di livello non sono ingrado di spiegare la loro esecuzione tecni-ca (Counsilman 1973) perché non si sonomai concentrati sulle sensazioni (feed-back e input sensoriali – contenuto dellatecnica) bensì prevalentemente sull’out-put (forma della tecnica), cioè su ciò cheviene fatto, sull’aspetto che il movimentodeve avere. Il nuotatore deve imparare a

discriminare le informazioni utili e adignorare tutte quelle informazioni che nonservono.In sintesi risulta evidente che anche se nonè possibile raggiungere successivamentequanto permesso da un giusto interventorealizzato in età ottimale (fasi sensibili), ècomunque in ogni momento possibile otte-nere un concreto miglioramento e, dunque,una più efficace applicazione della forza-velocità in acqua.Esercizi sulle capacità senso-percettive ecoordinative aiuteranno, quindi, i nuota-tori principianti ad elaborare nuotatefuture sempre più efficaci e potrannoavere anche un effetto sui nuotatori piùesperti i quali, spostandosi a velocitàsuperiori, necessitano di minimizzarequanto più possibile le forze di resistenzache nel loro caso sono di gran lunga supe-riori. Pertanto se vogliamo potenziare lecapacità natatorie e prestative dei nuota-tori su tutti i fronti dobbiamo dare impor-tanza non solo all’allenamento delle qua-lità fisiche, ma anche all’allenamento

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senso-percettivo e tecnico, realizzandovalutazioni periodiche con test mirati epianificando questi contenuti nei cicli diallenamento. Questi test specifici possonocostituire anche strumenti prognostici peraiutare ad identificare e valutare talentigiovanili.Studi mirati (Hahn 1986) hanno evidenzia-to che i risultati delle gare non sempresono indicativi nella ricerca dei talenti per-ché potrebbero dipendere da uno sviluppobiologico (capacità condizionali) anticipa-to. Uno sviluppo ritardato rispetto all’etàcon prestazioni superiori a quelle che illivello attuale dei presupposti fisici sem-brerebbe consentire e una scarsa specializ-zazione dell’allenamento possono essereconsiderati presupposti importanti nellaricerca dei futuri talenti. Chi si sviluppatardi rispetto ai più precoci coetanei, nonpuò utilizzare come questi ultimi i fattoricondizionali (forza) per la performance,ma è costretto a sfruttare al meglio il suopotenziale biologico più ridotto attraversoun miglior impiego dei fattori tecnicocoordinativi e senso-percettivi.In un recente studio (Falk et al. 2004) sonostate valutate per due anni le abilità fisi-che nel nuoto e nella pallamano di giovanida selezionare per la pallanuoto. I risultatihanno evidenziato che coloro che si sonodimostrati più abili nell’eseguire in modoottimale i diversi test natatori richiestiesprimevano altresì “maggior intelligenzae abilità nel gioco“.È importante a questo proposito porre ade-guata attenzione alla validità dei metodi dicontrollo: esiste la necessità di individuareprocedure e protocolli di ricerca che sianoripetibili e pertinenti rispetto alle capacitàesaminate così da assicurare la correttainterpretazione dei dati scevri da influenzeaccidentali o sistematiche e consentirneuna semplice, ma valida applicazione nelcampo dell’allenamento e non solo dellaformazione.Il Laboratory of Sports Analysis, partendoda un’analisi mirata della letteratura esi-stente, ha pertanto avviato diversi designdi ricerca per lo studio di una propostametodologica di diagnosi e sviluppo disoluzioni con l’intento di determinare unavalutazione quanto più esatta e differen-ziata delle capacità senso-percettive ecoordinative nel nuoto e che possa con-sentire un’applicazione accurata, ma sem-plice, a supporto dei tradizionali sistemi diallenamento.Nella parte seguente presenteremo alcuneidee legate a contenuti che consentano inchiave applicativa di integrare meglio traloro i concetti di tecnica, capacità senso-percettive e condizionali con suggerimentirelativi a test di controllo da poter propor-re periodicamente.

Classificazione di esercizi a carattere tecnico-coordinativo e senso-percettivo

Gli esercizi utili allo sviluppo delle capacità tecniche-coordinative e senso-percettive pos-sono essere classificati come segue.

1. Esercizi per lo sviluppo della sensazione dell’acqua

• Nella idrodinamicità:esercizi di scivolamento: a partire da diverse posizioni e azioni si permette al nuotato-re di percepire il fluido che scorre lungo il corpo (ad esempio, con spinta dal bordo,scivolamenti con differente passo degli arti superiori: mani sovrapposte, affiancate,passo delle spalle, ...).

• Nella propulsione:esercizi di sostentamento: per mezzo del movimento laterale, in alto, in basso, si per-cepisce l’utilità della forza sostentatrice come elemento propulsivo (ad esempio: spo-stamenti in diverse posizioni – prona, supina, decubito laterale,… – mediante remata);esercizi di contrasto: si alternano superfici propulsive di entità diverse o si varia lamodalità o velocità esecutiva delle stesse (Starosta 2004) in modo che il nuotatorene percepisca la differenza e sviluppi una sensazione specifica di pressione sullemani e sul corpo (es.: nuotata a crawl mantenendo i pugni chiusi, le mani aperte,…; nuotata a delfino con arti inferiori completamente tesi, estremamente flessi, nor-malmente flessi).

2. Esercizi per lo sviluppo della coordinazione

In questi esercizi per Wilke (1988) il nuotatore realizza combinazioni coordinative diffe-renti o più complicate rispetto a quelle normalmente impiegate durante la nuotata. Alcuniesempi di esercizi normalmente sperimentati sul campo possono essere i seguenti:

• nuotata sul dorso con braccia a dorso e gambe a rana; • nuotata a rana con due bracciate ed una gambata o viceversa; • scivolamento prono (nell’azione completa di nuotata) con circonduzione simultanea

dissociata delle braccia e recupero delle stesse a delfino; • nuotata a crawl con la normale azione subacquea di un braccio e nel contempo la

doppia azione aerea dell’altro per dietro basso fino all’anca e per dietro alto in ritornoalla posizione di partenza;

• “rompere” l’usuale equilibrio spazio-temporale attraverso movimenti o percorsi diversidell’arto in recupero (nel recupero a stile libero toccare il cavo ascellare o sfiorare l’ac-qua con le dita o disegnare lettere sulla superficie dell’acqua).

3. Esercizi analitici (di correzione o perfezionamento)

Si eseguono concentrandosi sulle fasi che compongono i movimenti propulsivi in ognunodegli stili. Mediante tali esercizi è possibile mantenere viva l’attenzione e il controllo su diuno specifico dettaglio tecnico (es.: nel dorso indurre il rollio mediante l’anticipo dellaspalla nella fase di recupero). Si dividono in:

• esercizi a secco: si imita la tecnica in ognuna delle fasi che la caratterizzano;• esercizi in acqua: si eseguono in ogni stile concentrandosi sull’efficacia propulsiva

nelle singole fasi tecniche e mantenendo una corretta posizione del corpo.

È possibile inoltre procedere con un lavoro di tipo analitico frazionato, cioè eseguendosolo un particolare elemento proprio della nuotata, oppure di tipo analitico integrato(segmentato), cioè focalizzando l’attenzione su di un preciso particolare tecnico in uncontesto di nuotata completa (Wightman et al. 1985).

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Linee guida per un lavoro senso-percettivo e tecnico-coordinativo nel nuoto

L’attuale programmazione dell’allenamentodei nuotatori si avvale di un’informazioneadeguata relativamente a modelli di pianifi-cazione per lo sviluppo della condizionefisica sia a livello evoluto che giovanile, marisulta tuttavia carente di una altrettantoadeguata pianificazione di esercizi tecnico-coordinativi e senso-percettivi specifici.Questi, che a nostro avviso sono indispen-sabili nei giovani nuotatori, vanno comun-que mantenuti e proposti sempre anchenel pieno della maturità agonistica e neglianni di fine carriera. Non c’è progressocondizionale scisso da quello tecnico, nonsi diventa nuotatori di alto livello senzaaffinamento senso-percettivo.

Una serie di proposte sistematiche e suc-cessive indirizzate al perfezionamento tec-nico-coordinativo e senso-percettivo (figu-ra 1) potrebbe essere la seguente:

• Ripasso di tutte le tecniche a bassa velo-cità dedicando un sufficiente periodo ditempo ad ogni stile e lavorando a blocchiin modo dettagliato su un elemento tec-nico diverso per volta, in funzione dellivello del nuotatore;

• osservazione e rilevazione degli erroritecnici fondamentali;

• esercizi di combinazione tecnica per lacoordinazione;

• esercizi tecnici analitici volti a correggeregli errori principali in situazioni di scarsafatica e a velocità moderata;

• ripresa video e analisi periodica della pro-pria tecnica;

• esercizi di contrasto per percepire infor-mazioni il più possibili oggettive suglierrori commessi;

• mantenimento della tecnica (evitando chericompaiano gli errori corretti nel periodoprecedente) con nuotate globali in situa-zioni di affaticamento progressivo;

• massima attenzione alla tecnica da com-petizione, stabilità-adattamento al “passogara” (aspetti dinamico-temporali; fre-quenza; ampiezza; tattica);

• proposta di schemi mirati agli skills senso-percettivi (scivolamenti; remate; nuoto percontrasti) che non compromettono l’auto-matismo tecnico e che mantengono lasensibilità all’acqua e la capacità di adat-tamento della tecnica al ritmo gara(vanno proposti sempre nel riscaldamentoe nel defaticamento).

Importanti criteri da seguire nella progres-sione tecnico-coordinativa e senso-percet-tiva possono essere:

• correggere gli errori lontano dalla gara; • integrare tecnica e capacità condizionali

specifiche in prossimità della gara;• in prossimità della gara non si devono

proporre esercizi che possano alterare gliautomatismi spazio-temporali specifici(ritmo) creando un transfert negativo.

Diagnosi delle capacità senso-percettive e tecnico-coordinative

Per una quanto più precisa diagnosi dellecapacità senso-percettive e tecnico-coordi-native si propone l’impiego di una batteria

di otto test ricavati da un’attenta analisidella bibliografia internazionale (Counsil-man 1973; Test Svizzeri per il Nuoto - IAN,1981; Schicke 1982; Costill et al. 1985,1992; Burghardt et al. 1992; Cazorla 1993;Bonifazi 1995; Thomas 1989, 1990, 2005),con particolare riferimento ai lavori diFreitag (1986) e adattati alle attuali specifi-che esigenze del “nuoto italiano”. Lo scopo èquello di fornire agli allenatori un praticostrumento “da campo” che permetta loro di“controllare” e monitorare alcuni aspettitecnici e la loro evoluzione al fine di potercorreggere e riorientare il training program-mato.

Ripasso tecnicoOsservazione erroriCombinazioni tecniche

Correzione errori in forma analiticae in condizioni facilitanti

Correzione errori in forma globaleMantenimento della tecnica in condizioni di affaticamentoprogressivo

Massima attenzione alla tecnica da competizione(passo gara)

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Livello sviluppo senso-percettivo e coordinativo

Esercizi senso-percettivi di adattamento

Figura 1 – Training senso-percettivo e tecnico-coordinativo.

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Gli otto test andranno somministrati nelcorso dell’allenamento effettuando misura-zioni successive. Tutte le prove prevedonoesclusivamente l’utilizzo di semplici e praticistrumenti di verifica quali cronometro erotella metrica. Elemento chiave dei test 1 (Partenza contuffo e scivolamento) e 3 (Partenza contuffo e nuotata) è la combinazione “tuffoiniziale – scivolamento” relativamente aduna qualsiasi delle quattro tecniche dinuoto. Nel test 2 (Spinta sott’acqua) si focalizza lacapacità di controllo del mantenimentodella massima posizione idrodinamica, ele-mento essenziale sia in fase di partenza chedi allontanamento dalla parete durante lavirata.Nel test 4 (Remata standard) viene propo-sta la remata a tempo volta a verificare lacapacità di percezione e controllo a finepropulsivo delle spinte generate secondo leteorie fondate sulla lifting force.Nei test 5 (Nuotata 25 metri al 90% dellamassima velocità) e 6 (25 metri mixer)sono state prese in considerazione le capa-cità coordinative attraverso la capacità dipercezione-controllo del 90% della propriamassima velocità di nuotata e la combina-zione o variazione della tecnica esecutivacon situazioni non sempre consuetudinarie,tanto a livello coordinativo quanto segmen-tario. I test 7 (25 metri di nuotata solo gambe) e8 (25 metri di nuotata solo braccia) si basa-no su proposte analitiche di esercizi in cui legambe e le braccia si muovono separata-mente introducendo una varietà di analisimotoria e fisiologica in più rispetto alla solanuotata completa.L’interpretazione legata al risultato dei testcorrelati alle differenti prestazioni in garaconsentirà di verificare se il margine di svi-luppo delle capacità senso-percettive e tec-nico-coordinative è carente e se l’allena-mento è troppo improntato su esercizi con-dizionali o analitici ripetuti in modo auto-matico.

Procediamo ora con la descrizione dettaglia-ta dei protocolli esecutivi di ciascun test checompone la batteria proposta.

Descrizione dei test tecnico-coordinativi e senso percettivi

Nella scelta dei protocolli dei test si ètenuto conto della specificità del nuota-tore. È quindi previsto che l’osservazione dellecapacità tecnico-coordinative e senso-per-cettive avvenga mediante adeguamento diogni test alla specialità di nuotata propriadi ciascun atleta.

Scopo: verifica del “senso dell’acqua” attraverso una prova di idrodinamicità. Capacità coinvolte: forza rapida, abilità di scivolamento.Protocollo: il nuotatore esegue una partenza con tuffo (libera, senza segnale di partenza) mediantegrab start o track start (oppure partenza a dorso) e scivola fino a quando si ferma. Il corpo deveessere mantenuto perfettamente disteso, senza l’intervento di azioni propulsive.Valutazione: viene misurata la distanza percorsa con il solo scivolamento dal bordo di partenza allapunta delle dita dei piedi nel punto in cui il nuotatore si arresta. Variante (per nuotatori esperti): si chiede al nuotatore di scivolare fino ad un riferimento posto aduna distanza di 7,5 m dal blocco di partenza; si rileva il tempo trascorso dallo stacco dei piedi dalblocco di partenza (o dal bordo nel caso della partenza a dorso) al raggiungimento della linea diriferimento da parte della testa.In tutte le tecniche si può consentire l’inserimento di una gambata a delfino durante la fase di sci-volamento.Materiale necessario: rotella metrica, coni (cronometro nel caso della variante).

Scopo: verifica del “senso dell’acqua” attraverso una prova di idrodinamicità.Capacità coinvolte: abilità di scivolamento, forza rapida.Protocollo: la spinta, in posizione prona o supina, avviene sotto la superficie dell’acqua dal bordodella piscina con entrambi gli arti inferiori. Il nuotatore deve mantenere il corpo completamentedisteso, senza l’intervento di azioni propulsive, fino al punto di arresto. Valutazione: viene misurata la distanza percorsa con il solo scivolamento dal bordo di partenza allapunta delle dita dei piedi nel punto in cui il nuotatore si arresta. Variante (per nuotatori esperti): si chiede al nuotatore di scivolare fino ad un riferimento posto aduna distanza di 7,5 m dal blocco di partenza; si rileva il tempo trascorso dallo stacco dei piedi dalbordo al raggiungimento della linea di riferimento da parte della testa. In tutte le tecniche si puòconsentire l’inserimento di una gambata a delfino durante la fase di scivolamento.Materiale necessario: rotella metrica, coni (cronometro nel caso della variante).

Scopo: verifica del “senso dell’acqua” attraverso una prova di idrodinamicità e della capacità di dif-ferenziazione/abbinamento attraverso la combinazione di partenza e nuotata.Capacità coinvolte: forza rapida, abilità di scivolamento, capacità di differenziazione/abbinamento.Protocollo: il nuotatore esegue una partenza con tuffo (libera, senza segnale di partenza) mediantegrab start o track start (oppure partenza a dorso) e nuota fino ad un riferimento posto ad unadistanza di 15 metri dal blocco di partenza.Valutazione: viene rilevato il tempo trascorso dallo stacco dei piedi dal blocco di partenza o dal bordonel caso della partenza a dorso fino al raggiungimento della linea di riferimento da parte della testa. Materiale necessario: cronometro, rotella metrica, coni.

TEST 1: partenza con tuffo e scivolamento

TEST 2: spinta sott’acqua

TEST 3: partenza con tuffo e nuotata

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5599Scopo: verifica del “senso dell’acqua” attraverso una prova di percezione della propulsione median-te lifting force.Capacità coinvolte: velocità, capacità di scivolamento, capacità di propulsione utilizzando la forzadi sostentamento.Protocollo: il nuotatore, in acqua, parte dal bordo senza spinta dalla parete, pull-buoy tra le cosce,ed esegue una remata standard in posizione dorsale, mani all’altezza delle anche, direzionandosiverso la testa per una distanza di 15 m, segnalata con un riferimento. Valutazione: si rileva il tempo trascorso dallo stacco dei piedi dal bordo fino al raggiungimentodella linea di riferimento dei 15 metri da parte della punta delle dita dei piedi.Materiale necessario: cronometro, pull-buoy, rotella metrica, coni.

Scopo: verifica del “senso dell’acqua” attraverso una prova di percezione della propulsione median-te contrasto.Capacità coinvolte: capacità di differenziazione (percezione di forza, tempo, spazio; precisione).Protocollo: per prima cosa si procede alla rilevazione cronometrica di una nuotata di 25 m nel pro-prio stile eseguita nel minor tempo possibile. Da questo si calcola matematicamente (v=s/t) lavelocità massima (massima velocità del periodo) ed il corrispondente 90%. Il nuotatore deve dun-que nuotare la medesima distanza ad una velocità quanto più prossima al 90% della velocità mas-simale. Per realizzare con precisione tale nuotata viene preventivamente comunicato al nuotatore iltempo da impiegare, calcolato trasformando il 90% della velocità massimale nuovamente neltempo corrispondente (t=s/v). La partenza avviene dall’acqua.Valutazione: viene rilevato il tempo trascorso dallo stacco dei piedi dal blocco di partenza o dal bordonel caso della partenza a dorso fino al raggiungimento della distanza dei 25 metri. Il livello della capa-cità di differenziazione viene espresso dallo scarto % tra il tempo teorico di riferimento (ricavato dal90% della velocità massimale) e quello effettivamente realizzato (con il miglioramento della capacità didifferenziazione e quindi della precisione questo scarto % dovrebbe diminuire nel tempo).Materiale necessario: cronometro.

Scopo: verifica della capacità di differenzia-zione/abbinamento/variazione attraversomodifiche tecniche.Capacità coinvolte: forza-veloce, capacità didifferenziazione/variazione/abbinamento.Protocollo: il nuotatore esegue una partenzacon tuffo (libera, senza segnale di partenza)mediante grab start o track start (oppurepartenza a dorso) ed esegue 25 metri allamassima velocità secondo una delle seguentimodalità:

• Per la nuotata a crawl o a dorso: nuotatamantenendo i pugni chiusi.

• Per la nuotata a rana: doppia bracciata – 1gambata oppure doppia gambata – 1 brac-ciata (a scelta dell’allenatore). La respira-zione avviene ad ogni bracciata.

• Per la nuotata a delfino: movimento alter-nato delle braccia (destro, sinistro, simulta-neo) con doppia gambata e respirazione adogni bracciata (destra, sinistra, frontale).

L’allenatore potrà anche scegliere altre strate-gie esecutive purché naturalmente, per unconfronto successivo, le mantenga invariateper tutto il periodo nel corso del quale si arti-cola la somministrazione dei test. Valutazione: viene rilevato il tempo trascor-so dallo stacco dei piedi dal blocco di par-tenza o dal bordo nel caso della partenza adorso fino al raggiungimento della distanzadei 25 metri.L’esecuzione per essere considerata validadeve corrispondere ai criteri tecnici stabiliti.Materiale necessario: cronometro.

TEST 4: pagaiata (remata standard)

TEST 5: 25 metri al 90% max

TEST 6: 25 metri mixer

Scopo: verifica nel tempo, attraverso prova analiti-ca, della correlazione tra la performance completa(la nuotata completa è già stata rilevata nel test 5 efunge da termine di confronto) e quella solo gambe.Capacità coinvolte: forza e velocità.Descrizione del test: la partenza avviene dall’ac-qua. Nelle nuotate a crawl, rana e delfino il nuotatore esegue una spinta dalla parete impugnandouna tavoletta. Durante la nuotata le braccia rimangono distese mantenendo la tavoletta sullasuperficie dell’acqua, la testa alta e fuori dall’acqua. Nella nuotata a dorso il nuotatore esegue laspinta dalla parete ed i 25 metri richiesti mantenendo la posizione supina con gli arti superioridistesi in alto, una mano sull’altra.Valutazione: viene rilevato il tempo trascorso dallo stacco dei piedi dal bordo di partenza fino alcompletamento dei 25 metri. Nelle nuotate a delfino e a rana, in aggiunta al rilevamento cronome-trico, si procede anche con il conteggio del numero di gambate necessarie al completamento dei25 m. Un indice di efficacia tecnica (IET) determinato dalla somma del tempo impiegato con ilnumero delle gambate può fornire il livello dell’efficacia meccanica delle singole tecniche. Più taleindice è basso, migliore risulta la performance.Materiale necessario: cronometro, tavoletta.

TEST 7: 25 metri solo gambe

FOTO CALZETTI & MARIUCCI EDITORI

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Sviluppi della ricerca

Sulla scia di studi già prodotti in altreNazioni il Laboratory of Sports Analysissta raccogliendo numerosi dati relativi anuotatori italiani di differenti livelli di abi-lità ed età con lo scopo di validare glistrumenti di diagnosi presentati e realiz-zare normogrammi specifici di riferimentoper un preciso orientamento e collocazio-ne dei risultati di allenamento in base atabelle di comparazione.

Per facilitare la raccolta dei dati si propo-ne una tabella esemplificativa relativaall’organizzazione di tutte le variabili spe-cifiche che devono essere previste duranteun corretto procedimento di applicazionedei protocolli di valutazione (figura 2).

L’andamento periodico delle prestazionirilevate potrà essere visualizzato in modochiaro ed immediato mediante una sem-plice rappresentazione grafica dei dati(figura 3).

Scopo: verifica nel tempo, attraverso provaanalitica, della correlazione tra la performan-ce completa (la nuotata completa è già statarilevata nel test 5 e funge da termine di con-fronto) e quella solo braccia.Capacità coinvolte: forza e velocità.Protocollo: la partenza avviene dall’acqua. Ilnuotatore, con un pull-buoy tra le gambe,esegue una spinta dalla parete e percorre i25 metri richiesti nuotando con la sola azionedegli arti superiori.Valutazione: viene rilevato il tempo trascorsodallo stacco dei piedi dal bordo di partenzafino al completamento dei 25 metri.In aggiunta al rilevamento cronometrico siprocede anche con il conteggio del numero dibracciate necessarie al completamento dei25 metri. Un indice di efficacia tecnica (IET)determinato dalla somma del tempo impiega-to con il numero delle bracciate può fornire illivello dell’efficacia meccanica delle singoletecniche. Più tale indice è basso, migliorerisulta la performance.Materiale necessario: cronometro, pull-buoy.

Test 1 Test 2 Test 3 Test 4 Test 5 Test 6 Test 7 Test 8

Data test: Dati Partenza Spinta Partenza Pagaiata 25 m 25 m 25 m 25 m generali con tuffo e sott’acqua con tuffo (remata al 90%max mixer solo gambe solo braccia scivolamento e nuotata standard)

Distanza percorsa (m)

Tempo impiegato (s)

n° gambate (n° gb)

n° bracciate (n° br)

I.E.T. = = Tempo (s) + n° gb (o n° br)

Posizionamento dei riferimenti (m)

Altezza (cm)

Peso (kg)

Stile di nuotata (SL-DO-RA-DF)

Miglior tempo 25 m (s)

Tempo corrispondente 90%max (s)

Descrizione dettagliata dell’esecuzione del Test 6 (25 m mixer) (es.: SL a pugni chiusi, ...)

7,5 m 7,5 m 15 m 15 m 25 m 25 m 25 m 25 m

Note:

Atleta Data nascita

Figura 2 – Esempio di organizzazione della raccolta dei dati.

TEST 8: 25 metri solo braccia

FOTO UFFICIO STAMPA FIN

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Conclusioni

Esiste un patrimonio di conoscenze tecnico-metodologiche assai ampio e consolidato.Prova ne sia la continuità e il miglioramentodei risultati espressi sia a livello giovanile cheassoluto in tutte le competizioni internazio-nali anche da parte dei nuotatori italiani.Questi risultati sono merito anzitutto deitecnici, dell’enorme bagaglio di esperienzeaccumulate nella pratica e ovviamente del-l’impegno e del talento dei nuotatori. Una Nazione che vuol continuare a restarenell’élite del nuoto mondiale deve estenderequesto patrimonio attraverso sia lo scambiodi opinioni negli stages di allenamento, siaaprendosi al confronto sistematico e razio-nale più scientifico, sempre avendo comebersaglio l’evoluzione delle performances, ilmiglioramento tecnico degli atleti e l’imme-diata applicabilità “sul campo”.Ci poniamo con molta umiltà al servizio dichi ogni giorno lavora duramente con gliatleti, riproponendoci di dare massima dif-fusione ai risultati, alle direzioni intraprese,alle critiche.Lo scopo ultimo è quello della valorizzazionedelle competenze esistenti.

Ripasso tecnicoOsservazione erroriCombinazioni tecniche

Correzione errori in forma analiticae in condizioni facilitanti

Correzione errori in forma globaleMantenimento della tecnica in condizioni di affaticamentoprogressivo

Massima attenzione alla tecnica da competizione(passo gara)

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Livello sviluppo senso-percettivo e coordinativo

Esercizi senso-percettivi di adattamento

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Sequenza rilevazioni test

Training senso-percettivo e tecnico-coordinativo

Figura 3 – Esempio di visualizzazione grafica dell’evoluzione dei risultati dei test.

Aa.Vv, Dispense Allenatori di Nuoto di 1-2° livello, Roma, FIN, 2006.Aa.Vv, Manuale Gioventù + Sport, Manuale Monitore Nuoto, Macolin, 1981.Aa.Vv, Revisione di Modelli di Allenamento, Roma, FIN, 1990.Bonifazi M., Come valutare partenza e virata, La tecnica del nuoto, 22, 1995,2, 15-17.Borg G. V., Perceived exertion and pain scales, Champaign, Il., Human Kinetics,1998.Borg G. V., Perceived exertion as an indicator of somatic stress, Scand. J.Rehabil. Med., 2, 1970, 2, 92-98.Burghardt U., Sichert K. H., Analisi delle gare di sprint nel nuoto, SDS-Scuoladello sport, 11, 1992, 27, 29-31.Cazorla G., Tests spécifiques d'évaluation du nageur, Bordeaux, 1993.Colwin C. M., Breakthrough Swimming, Champaign, Il., Human Kinetics, 2002.Costill D. L., Kovaleski J., Porter D., Kirwan J., Fielding R., King D., Energyexpenditure during front crawl swimming: predicting success in middle-distance events, Int. J. Sports Med. 6, 1985, 5, 266-270.Costill D. L., Maglischo E. W., Richardson A.B., Swimming, Oxford, BlackwellScience Pubblication, 1992.Counsilman J., La scienza del nuoto, Bologna, Zanichelli, 1973.Falk B., Lidor R., Lander Y., Lang B., Talent identification and early develop-ment of elite water-polo players: a 2-year follow-up study, J. Sports Sci., 22,2004, 4, 347-355.Freitag W., Konditionelle und Koordinative Leistungen von jugendlichenSchwimmern, Ahrensburg bei Hamburg, Verlag Ingrid Czwalina, 1986.Hahn E., L’allenamento infantile, Roma, SSS, 1986.Hampson D. B., Gibson A. S. C., Lambert M. I., Noakes T. D., The influence ofsensory cues on the perception of exertion during exercise and central regu-lation of exercise performance, Sports Med., 31, 2001, 13, 935-952.Invernizzi P. L., Longo S., Scurati R., Michielon G., Differentiation skills in:Karate: a study in Italian Kata's World Champion Team, 12° Congressodell’European College of Sport Science, Jyväskylä, 2007, 494.Invernizzi P. L., Dugnani S., Mauro F., Mauro L., Performance Analysis in chil-dren in and out of water, 7° Congresso dell’European College of SportScience, Atene, 2002, 541-544.

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Bibliografia

Indirizzo degli Autori:Pietro Invernizzi: [email protected]

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Allenamento della tecnica e della forza nella marcia

A livello internazionale nella marcia sportiva non si assiste a una stasi, ma adun ulteriore sviluppo dei risultati. La tesi che che l’inasprimento del regola-mento per quanto riguarda il contatto a terra e il blocco del ginocchio (regola230 della Iaaf) avrebbe ridotto il livello dei risulti è stata smentita. Così dal2003 in poi in tutte e tre le discipline della marcia sono stati stabiliti nuovirecord mondiali e i risultati nelle grandi manifestazioni internazionali(Campionati mondiali, Campionati europei, Giochi olimpici) soprattutto nei 20km sono migliorati sia ai vertici sia alla base. Per cui la ricerca dei modi pertenere il passo con questa evoluzione diventa una necessità per ogni Paese.In particolare sembra che ciò sia legato soprattutto ad uno sviluppo dellacapacità di resistenza da un lato e all’aumento del rendimento della spinta inogni ciclo di movimento pur restando però nel rispetto assoluto delle regolestabilite, dall’altro. Proprio le regole che riguardano il contatto a terra e il bloc-co del ginocchio hanno per conseguenza che la marcia sia strettamente con-dizionata da fattori legati alla struttura dei movimenti (coordinazione spazio-temporale). Nella ricerca di riserve individuali per quanto riguarda la resisten-za, la resistenza alla forza e la tecnica i tedeschi Neuman, Gohlitz, Ernst, ricer-catori della sezione marcia/corsa del Settore “Sport di resistenza” dell’Istitutodi scienze applicate all’allenamento di Lipsia (Neumann H. F., Gohlitz D., ErnstO., Wettkampf-analyse zur Erhöhung der Zielgerichtetheit des Kraft- undTechniktrainings im sportilichen Gehen, Zeitschrift für AngewandteTrainingswissenschaft, 12, 2005, 7-20) hanno eseguito alcune analisi in garae in laboratorio che, oltre all’ottimizzazione dell’allenamento, si ponevano loscopo di giudicare fino a quale punto vi fosse una differenza nelle strutture delciclo di un passo tra condizioni di “campo” e di laboratorio (cioè tra gara evalutazione funzionale), per potere valutare la validità di una diagnostica com-plessa della prestazione nella marcia sportiva. L’analisi delle gara è stata rea-lizzata durante i Campionati tedeschi di marcia svoltisi nell’aprile del 2005, incondizioni climatiche ottimali, su un circuito di 2 km su terreno piatto, asfalta-to e ha riguardato quattro atlete (due senior e due junior) e quattro atleti (duesenior e due junior) di livello assoluto tedesco. La gara è stata ripresa con duevideo camere. Una di esse, posta ad angolo retto sulla linea d’arrivo, è statautilizzata per l’analisi qualitativa del movimento e per il rilievo dei tempi di pas-saggio ogni 1000 m, l’altra, era collocata su un ponte (Carolabrücke) all’altez-za della linea d’arrivo. Con essa furono eseguite riprese di sequenze video perl’analisi della struttura del passo. La valutazione e l’elaborazione delle sequen-ze video è stata eseguita con un sistema per l’analisi dell’andamento dellegare della Iat (Rennenverlaufanalyse) consistente in un videoregistratore e uncalcolatore per il rilievo dei tempi di passaggio e il numero dei passi, che per-mette di calcolare le frequenze e le lunghezze dei passi. Circa due mesi primadell’analisi della gara nel quadro di una valutazione funzionale globale gli stes-

si atleti avevano eseguito una prova sul nastro trasportatore che prevedeva untest incrementale su 4-5 x 3000 m. In ambedue gli ultimi stadi del test levelocità di marcia raggiunsero o addirittura superarono la velocità di gara, percui nel test dominarono condizioni di carico vicine a quelle di gara. Attraversouna piattaforma dinamometrica posta sul nastro trasportatore fu possibile rile-vare le forze verticali durante la fase di appoggio. Frequenza e lunghezza deipassi furono valutate servendosi del programma interno della Iat “dwanalyse”.Il rilevamento e la rappresentazione dell’andamento delle strutture del passo edelle velocità permettono di formulare giudizi sulla resistenza specifica di garae, indirettamente sulla capacità di forza dei singoli atleti.Se si osserva l’andamento delle curve si può realizzare una suddivisione intre parti dell’andamento della gara:

1. la prima parte della gara, una specie di riscaldamento, è caratterizzatada una accelerazione graduale che dura fino a quando l’atleta ha trovatola sua velocità individuale con una lunghezza ottimale del passo. Questafase, secondo lo stato di allenamento, la tattica di gara e il riscaldamen-to pre-gara dura poche centinaia di metri e più l’atleta è allenato eriscaldato più è breve.

2. La seconda parte, che deve essere definita “ritmo di gara”, è caratteriz-zata da una velocità uniformemente elevata con una lunghezza dei passirelativamente costante. Migliore è il livello di prestazione dell’atleta più alungo può essere mantenuto questo ritmo. I migliori degli/delle atleti/eesaminati hanno coperto l’85% della distanza totale con questa velocità.

3. La terza parte della gara è caratterizzata dall’affaticamento e inizia conuna diminuzione della velocità a causa di un peggioramento della lun-ghezza del passo:• nella fase della fatica compensata l’atleta si sforza di contrastare la

diminuzione della lunghezza del passo determinata dalla fatica con unaumento della frequenza dei passi;

• nella fase della fatica scompensata l’aumento della frequenza non èpiù sufficiente a compensare la diminuzione della lunghezza dei passi,per cui la velocità di gara diminuisce;

• nella fase di esaurimento, infine, la fatica è talmente elevata chediminuiscono chiaramente sia la lunghezza sia la frequenza dei passi.

L’analisi della struttura del passo permette di individuare l’inizio dell’affatica-mento ancora prima che si determini la perdita di velocità, in quanto l’instabi-lità della struttura del passo rappresenta un tipico sintomo che precede la per-dita di velocità. La diminuzione della lunghezza dei passi in gara deve essereinterpretata come un esaurimento del potenziale individuale di resistenza allaforza e fornisce, quindi, importanti indicazioni per l’allenamento (figura 1). Le severe disposizioni del regolamento limitano il range di variazione della fre-quenza dei passi, comunque la capacità di aumentare ulteriormente la fre-quenza malgrado un affaticamento molto elevato, ad esempio, nel finale,pone esigenze molto elevate sia alle capacità di coordinazione sia alla presta-zione di forza veloce e può essere decisiva per il risultato della gara. Attraverso il confronto della struttura del passo in gara e nel test preliminare sunastro trasportatore, la ricerca mostra che le condizioni di gara e quelle di labo-ratorio sono del tutto paragonabili. Gli scostamenti in media sono solo menodell’un per cento. Soprattutto nelle parti centrali i risultati sono sovrapponibili.Per questa ragione un test incrementale al nastro trasportatore deve essereconsiderata una possibilità adeguata alla valutazione della capacità di presta-zione del marciatore. Nella marcia sportiva oltre all’analisi dell’allenamento edei parametri condizionali è particolarmente necessaria una analisi qualitativadel movimento. Infatti, a causa delle regole molto strette e del pericolo di esse-re squalificati il controllo dei movimenti assume un’importanza immensa. Perquesta ragione, per l’allenatore e per l’atleta, è molto importante l’analisi dellesequenze videoregistrate in quanto spesso esistono carenze nella tecnica dimarcia e riserve di prestazione nella strutturazione della spinta.La ricerca ha messo in luce che sia le analisi delle gare, sia anche le valuta-zioni condotte in condizioni di laboratorio, rappresentano importanti strumentiper il controllo dell’allenamento considerato che in questa disciplina il regola-mento costringe ad un allenamento che deve essere diretto contemporanea-mente sulla tecnica e sulla condizione fisica. In conclusione del loro articolo gliAutori indicano, sinteticamente, i mezzi e i metodi di allenamento che posso-no essere utilizzati per lo sviluppo della lunghezza dei passi, per lo sviluppodella resistenza alla forza specifica, per lo sfruttamento di riserve per l’aumen-to e la regolazione della frequenza dei passi.

Trainer’s digest

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Genetica e 400 m

Sono vari anni che presso l’Istituto di ricerca scientifica dell’Istituto di cultu-ra fisica di San Pietroburgo si realizzano ricerche sull’influenza dei geni sulleprestazioni sportive umane. Medvejov e Vorschin, componenti del gruppo dilavoro che si interessa di questa problematica hanno esposto, nel numero9/2006 di Teorija i praktika fiziceskoi kul’tury, un esempio concreto dicome queste conoscenze siano state applicate ad atleti dell’atletica leggerapraticanti i 400 m.I due Autori, nel mesociclo pre-gara, hanno sviluppato un metodo di allena-mento per i 400 m nel quale sono stati utilizzati dati sugli atleti che riguar-davano le loro predisposizioni genetiche ad adattarsi a specifiche capacitàcondizionali. Nei 400 m come è noto il ruolo fondamentale per la prestazio-ne è svolto dalla forza rapida e dalla resistenza speciale glicolitica. Il genedell’Angiotensin I converting enzyme (ACE) un esopeptidasi che ha duefunzioni primarie in quanto catalizza la conversione dell’angiotensina I inangiotensina II, che è un potente vasodilatatore ed è coinvolto nell’inattiva-zione della bradichina che è un potente vasocostrittore, influisce propriosullo sviluppo di questi due presupposti della prestazione. Nel polimorfismodell’ACE si distinguono si distinguono tre gruppi:

• omozigori, con minore attività dell’ACE (II);• eterozigoti (ID);• omozigoti con maggiore attività dell’ACE (DD).

Le persone che dispongono del genotipo DD presentano una notevole disposi-zione allo sviluppo della rapidità, quelle con genotipo II verso lo sviluppo dellaresistenza. Per determinare il polimorfismo dell’ACE furono prelevati campionidella saliva di trentadue atleti praticanti i 400 m in età da 17 a 27 anni (quat-tro appartenenti alla I classe di prestazione, quattordici candidati a Campione,dodici Campioni dello sport, due Campioni di classe internazionale). La ricercaha fornito questa suddivisione nelle tipologie di genotipo: 18% II, 58% ID, 24%DD. Oltre al prelievo di campioni di saliva furono analizzati i diari e i piani diallenamento di tutti gli atleti. Furono così identificati diversi approcci metodolo-gici all’allenamento che portarono alla suddivisione in tre gruppi che miravano ilprimo allo sviluppo prevalente della forza rapida, il secondo alla resistenzagenerale e il terzo alla resistenza speciale degli atleti che vi appartenevano.Così il primo gruppo realizzava un carico maggiore nel settore della forza rapi-da e della resistenza alla forza rapida degli altri due gruppi, nel secondo grup-po si utilizzava un carico di resistenza generale maggiore che negli altri gruppi,mentre il terzo gruppo utilizzava prevalentemente metodi per lo sviluppo dellaresistenza speciale sui 400 m. Dal confronto tra i diversi accenti metodici nel-l’allenamento degli atleti e i presupposti genetici di sviluppo delle loro capacitàorganico-muscolari derivò un quadro molto interessante:due atleti con il genotipo DD del gene dell’ACE, nella loro preparazione prega-ra seguivano l’approccio metodico che prevedeva l’accento sullo sviluppo dellaforza rapida e della resistenza alla forza, due con il genotipo II accentuavanolo sviluppo della loro resistenza generale, undici con il genotipo ID accentua-vano la resistenza generale. Si trattava del 45% dell’intero gruppo campione.

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Distanza (km) Distanza (km)

20 km marcia – donne 20 km marcia – uomini

Atleta 1 (1:29:07) Atleta 2 (1:32:01)

Figura 1 – Analisi della struttura del passo nella gara di 20 km di marcia nei Campionati tedeschi del 2005.

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I controlli eseguiti durante la preparazione immediata la gara dimostraronouna elevata capacità di prestazione degli atleti con il genotipo DD nei testdi forza rapida (30 m lanciati, 60 m con partenza dai blocchi, triplo dafermo) mentre quelli con genotipo ID erano i migliori nei test di resistenzaspeciale (350 m, salto decuplo da fermo). Da questo dato, gli Autori hannoricavato la necessità che, nella preparazione immediata alla gara, i corridoricon genotipo DD accentuassero la forza rapida, mentre quelli con genotipoII, invece, dovevano accentuare soprattutto la resistenza generale e i corri-dori con genotipo ID dovevano, invece, allenare la resistenza speciale. Intutti e tre i gruppi comunque fu mantenuto l’approccio complesso nei con-fronti delle capacità determinanti per la prestazione. Sulla base di questidati fu realizzato un esperimento di allenamento della durata di sei settima-ne nel quale si applicava il principio dell’accentuazione della capacità orga-nico-muscolare speciale dell’atleta determinata geneticamente, nel qualegli Autori seguirono tre approcci metodologici alla preparazione immediataalla gara, secondo la variante del gene ACE degli atleti. All’esperimento pre-sero parte quegli atleti il cui programma di allenamento non prevedeva unacoincidenza tra accentuazione dello sviluppo delle capacità condizionalispeciali e i presupposti genetici.

Così gli atleti con genotipo DD, rispetto agli altri dovevano eseguire un volu-me maggiore di questi esercizi: salti multipli (fino a 10 stacchi); corse su80-300 m (al 95-100% d’intensità); corse fino a 80 m (al 95-100% d’in-tensità), esercizi con i pesi. I corridori con genotipo II dovevano realizzare volumi maggiori di corsa suterreno vario, Fahrtlek, corse su 600 m e da 80 a 300 m (fino all’80%della velocità media sui 400 m).I corridori con genotipo ID eseguivano maggiori volumi su distanze da 80 a300 m (dal 91 al 100% e dall’80 al 90% della velocità media di gara),corse in condizioni variate e esercizi di salto (oltre 10 salti). Il risultato del-l’esperimento venne valutato attraverso due criteri:

• il migliore risultato nelle gare importanti della stagione;• la capacità di prestazione nella zona del 2% inferiore al migliore risultato

della stagione.

I miglioramenti rilevati furono del 40% nel primo criterio e del 13,5% nelsecondo (400 m da 49s62±0,19 a 48s89±0,19 con p < 0,05). In totalefurono ottenuti tredici record personali su altre distanza limitrofe (cinquecorridori con il genotipo DD sui 200, tre con genotipo II sugli 800 m e cin-que con genotipo ID sui 200 [tre] e sugli 800 [2] m.

Risultati delle ricerche sull’adattamento fisiologico nello sport

Per oltre venti anni nella Cattedra di fisiologia dell’Università statale per laCultura fisica P. F. Lesgaft di San Pietroburgo, che ha attualmente celebrato isuoi centodieci anni di esistenza, sono state studiate, esaminando oltre tre-mila soggetti, le particolarità dei meccanismi e delle leggi dei processi diadattamento ai carichi fisici di atleti di specialità diverse. Nel n. 10 del 2006di Teorja i Praktika Fiziceskoj Kul’tury, il suo Direttore A. S. Solodkov, forni-sce una rassegna dei risultati ottenuti.Dal punto di vista fisiologico l’adattamento all’attività sportiva è una rispo-sta sistemica dell’organismo diretta a raggiungere un elevato livello di alle-namento con la contemporanea riduzione al minimo dei costi fisiologici. Sideve pensare ad un processo dinamico alla cui base troviamo la formazionedi un nuovo programma di reazioni. I cambiamenti che ne derivano sonodeterminati dalla situazione e dal rapporto tra condizioni esterne ed internedell’attività. Sotto la direzione del prof. Slodkov sono state acquisite queste conoscenze:

1. i fattori fisiologici di un adattamento a lungo termine si evidenziano inprocessi come:• riorganizzazione dei meccanismi di regolazione;• mobilitazione e utilizzazione delle riserve fisiologiche;• formazione di un sistema funzionale dell’adattamento ad un lavoro o

ad un’attività sportiva concrete.Queste sono le componenti fondamentali che hanno carattere di leggebiologica generale. Dunque solo il passaggio dalle normali reazioni fisio-

logiche iniziali alle successive reazioni di adattamento con elevatodispendio di energia e utilizzazione delle riserve biologiche porta allo svi-luppo di un sistema funzionale speciale d’adattamento, intendendo conciò che nell’atleta si producono nuove interrelazini tra centri nervosi,organi o sistemi ormonali vegetativi ed esecutivi. Per principio come basedell’adattamento a lungo termine nello sport va considerato il convolgi-mento di strutture morfologico-funzionali diverse dell’organismo che sirealizza globalmente in forma di incremento dell’efficacia dell’attività diorgani e sistemi diversi.Quando si conoscono le leggi della formazione di un sistema funzionalese ne possono influenzare in vari modi le sue singole componenti e, inquesto modo, accelerare l’adattamento ai carichi fisici, cioè controllare ilprocesso di adattamento.

2. Il sistema funzionale responsabile dell’adattamento ai carichi sportivicomprende tre aree, ovvero quella afferente, quella della regolazionecentrale e quella effettrice. Ciascuna di esse nell’organismo è rappresen-tata da concrete formazioni strutturali e funzionali.Lo stesso processo dinamico di adattamento viene suddiviso in quattrostadi:• Il preadattamento, nel quale dominano i processi di eccitazione dell’i-

pofisi e della corteccia surrenale. La prestazione sportiva diventainstabile. A livello endocrino domina la produzione di catecolamine eglucocorticoidi, entrambi importanti per l’adattamento del metaboli-smo dei carboidrati. Parallelamente, gli ormoni citati attivano la lipasinel tessuto adiposo. Questo effetto prepara la fase conclusiva deicambiamenti adattativi, l’intensificazione del metabolismo lipidico.

• Questo stadio corrisponde a quello dell’adattamento dell’organismo,cioè alla creazione di un livello funzionale fisiologicamente nuovo diorgani e sistemi diversi diretto al mantenimento dell’omeostasi in unaconcreta attività sportiva. La capacità di prestazione dell’atleta è addi-rittura superiore. Durante il suo adattamento a lungo termine il ruoloprincipale nei meccanismi di passaggio del metabolismo energeticodai carboidrati a quello maggiormente lipidico è svolto dagli ormoni.Se le catecolamine preparano questo passaggio, esso è realizzato daiglicocortocoidi.

• Nel caso di un’azione prolungata di carichi d’allenamento e di garaintensivi o di un loro recupero insufficiente si possono presentare alte-razioni nella regolazione endocrina, un sovraccarico dei meccanismiadattativi e reazioni di compensazione come pure una diminuzionedelle catecolamine e dei glucorticoidi, con una diminuzione del meta-bolismo energetico. Questi processi corrispondono allo stadio del dis-adattamento, nel quale si osservano alterazioni negative nelle funzionidell’organismo, un regresso importante della capacità generale e spe-ciale di prestazione dell’atleta e delle sue capacità di adattamento,ma anche stati prepatologici.

• Dopo una prolungata interruzione dell’allenamento o dopo il suo arre-sto si produce lo stadio del ri-adattamento nel quale abbiamo unaregressione ad alcuni valori iniziali nelle capacità e nelle qualità del-l’organismo. Per questo è consigliabile che un atleta di alto livellodopo molti anni di allenamento sistematico segua regole igienichescientificamente fondate dirette a fare in modo che l’organismo ritornialla sua normale attività vitale. Va ricordato che i cambiamenti struttu-rali nel muscolo cardiaco, nelle ossa, nei legamenti, nei tendini, neimuscoli scheletrici, il cambiamento del metabolismo, i processi dicambiamento ormonali e enzimatici, e i meccanismi speciali di regola-zione oramai consolidati non regrediscono. Si tratta del prezzo biologi-co che si può manifestare in una sclerosi cardiaca, in adiposità, inuna minore capacità delle cellule e dei tessuti di opporsi ad agentipatogeni in una predisposizione ad ammalarsi.

Per concludere la teoria dell’adattamento dell’uomo ai carichi fisici rappre-senta una delle più importanti basi della teoria e della pratica dello sport.Se si considera l’adattamento come la base fisiologica dello stato di allena-mento se ne possono ricavare tesi molto importanti per la fisiologia dellosport che si riferiscono soprattutto a una maggiore capacità di prestazionedell’atleta e al mantenimento della sua salute.

A cura di M. Gulinelli, P. Tschiene, O. Iourtchenko

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6655La lotta nel rugbyLa possibile utilizzazione di alcuni esercizi e metodi di allenamento della lotta per l’aumento di schemi motorifunzionali per il giocatore di rugby

Lo scopo di questo lavoro è dimostrare la validità e l’efficacia dell’utilizzazione di alcune tecniche di lotta per la risoluzione di compiti in diverse situazioni inerenti al gioco di contatto nel rugby, nei quali esiste la necessità di eseguire azioni efficaci in condizione di pressione temporale, in stato di affaticamento a contatto con l’avversario. Si affronta anche l’aspetto del condizionamento per l’incremento della forza e dell’equilibrio, prendendo in esame la possibilità di ricorrere a una serie di esercitazioni con il partner da affiancare a quelle con macchine e bilancieri per lavorare in condizioni disturbate non lineari e soprattutto di disequilibri, secondo uno dei criteri della preparazione fisica speciale.

Roberto Cerasaro, Preparatore atletico territoriale,Federazione italiana rugby

METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO

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Introduzione

L’inserimento dei mezzi di allenamentodella lotta nella preparazione fisica delrugby, sia giovanile che di alto livello è con-sigliabile per ottenere transfert positivi incondizioni simili per caratteristiche biomec-caniche. Il presupposto per tale inserimentoè che il rugby è classificato come un giocosportivo e di combattimento, nel quale ifattori di lotta e di aggressività sono prima-ri. È una lotta per il possesso della palla eper l’avanzamento. Il pallone è visto comeun pretesto per la lotta dei giocatori ovveroun “catalizzatore di lotta” (Robazza 1984),in cui si deve dominare l’avversario a livellotecnico e fisico. Tecnicamente trova giusti-ficazione nel principio di avanzamento, siain possesso di palla sia senza palla, pernegare spazio all’avversario. L’aggressività è l’aspetto primario e vitaledel rugby senza il quale tale sport perde-rebbe significato. Il giocatore si trova ine-vitabilmente ad essere vettore di tale com-ponente che trova la sua realizzazione,appunto, nel gioco di contatto: raggruppa-menti, percussioni, mischie, placcaggi.A parte questi aspetti, analizziamo oraquali sono i momenti in cui le abilità dellalotta possono trovare una reale applica-zione in molteplici situazioni, specialmentenell’”uno contro uno”:

Per quanto riguarda i contenuti della pre-parazione fisica speciale del rugby essisono:

L’applicazione metodologica parte dai dueaspetti assolutamente legati tra loro: l’in-cremento delle capacità e delle abilitàmotorie.

Placcaggi alle gambe

Placcaggi al tronco

Combinazione gambe-tronco Sbilanciamento frontale

Sbilanciamento in avanzamento

Atterramento in cintura da dietro

Prese alle braccia per la pulizia del pallone

Rotolamento con presa di tronco per la pulizia del pallone

Rotolamento con presa di tronco e gamba per la pulizia del pallone

Mischia ordinata

Miglioramento della postura per l’applicazione della forza nella spinta in mischia

Miglioramento della postura e delle prese alle braccia nella spinta nel corso dei raggruppamenti

Broken running

• corsa a intermittenza (variazioni di velocità)• arresto e ripartenza• cambio direzione• cambio angolo

A terra e in piedi

• esercitazioni che consistono nell’andare a terra e tornare in piedi in modo dinamico (utilità nello spazio)

Rotazione

• esercitazioni che prevedono espressioni di forza in rotazione

Equilibrio

• esercitazioni che prevedono l’esecuzione di un gesto e di espressione di forza in situazione di disequilibrio

Lotta

• atterramento e sbilanciamento dell’avversario

Appoggi

• esercitazioni che consistono nello stimolare la propriocettività e la reattività dei piedi

Cosa allenare? Capacità motorie ed abilità motorie

Come allenare? Metodo pratico

Tra le loro varie definizioni, ci sembra più appropriata quella di A. Donati:

capacità motorie: “potenziale irraggiungibile ed infinito da esplorare e da combinare”

abilità motorie: “concreti obiettivi didattici da padroneggiare e da reinterpretare”

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Per ciò che concerne il processo di appren-dimento delle abilità della lotta, queste pos-sono essere automatizzate in breve tempo,soprattutto dal giocatore evoluto, nono-stante il notevole grado di complessitàcoordinativa, sia perché il giocatore ècomunque abituato ad azioni con stessecaratteristiche biomeccaniche, sia perché latecnica acquisita è finalizzata ad un obietti-vo sull’avversario che non contempla uncontrattacco da parte di quest’ultimo, percui sono esclusi tutti o quasi i sistemi didifesa. Esempio: il lottatore applica la sua tecnicasu un avversario che ha possibilità di difen-dersi e di contrattaccare innescando unnumero elevatissimo di sistemi e di combi-nazioni di difesa e di contrattacco. Il gioca-tore di rugby, nel subire un attacco, hacome obiettivo solo quello di non andaresubito a terra e di garantire il riutilizzo ed ilpossesso del pallone. Pertanto inserendonella preparazione fisica speciale del rugbyuna serie di esercitazioni di lotta, si puòottenere: “una abitudine motoria caratteriz-zata dalla stabilità, dalla sicurezza e dall’au-tomatizzazione dei movimenti rispetto adun gesto spontaneo che è caratterizzato damodalità instabili e non sempre adeguatealla risoluzione del compito motorio.”(Platonov 2005).Il raggiungimento di tale abitudine permet-terà inoltre l’esecuzione di azioni motoriecaratterizzate dal minimo dispendio ener-getico e dalla minore tensione delle riservepsichiche del giocatore. L’allenamento conesercizi della lotta per gli avanti e per i tre-quarti deve essere differenziato non perchénei trequarti si riducano gli impegni dilotta, ma poiché diversi in quanto realizzatiin spazi più ampi e a velocità maggiori.

Alcune applicazioni metodologiche

Ecco alcuni esempi di applicazioni metodo-logiche (per alcuni di essi cfr. foto a lato):

Presa alle gambe con spinta di testa

Presa tronco e gamba

Schiacciamento e recupero del pallone

Rotolamento

Sbilanciamento frontale e recupero pallone

Rotolamento con presa di tronco e gamba per la pulizia del pallone

Sbilanciamento frontale e recupero pallone

Rotolamento con presa di tronco e gamba per la pulizia del pallone

Presa tronco e gamba

Presa alle gambe con spinta di testa

FOTO UFFICIO STAMPA FIR

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Le capacità motorie: la forza

Attualmente il mezzo più diffuso per l’incre-mento delle capacità di espressione dellaforza, oltre alle macchine ed ai manubri, è ilbilanciere, soprattutto per la forza esplosiva,attraverso gli esercizi tipici del sollevamentopesi quali girata al petto, squat, slanci estrappi. Questi sono molto efficaci per lacapacità di reclutamento della forza, am-messo che si ricerchi la maggiore velocitàpossibile. Per lo sviluppo della forza del gio-catore di rugby, però, a tali esercizi andrebbeaffiancato, sistematicamente, il lavoro con ilpartner come sovraccarico, stabilendo quin-di un avvicinamento alle condizioni propriedel gesto tecnico specifico del “contatto”, incui è necessario superare l’opposizione del-l’avversario.“Si passa così da una condizione di lavoropulito di coordinazioni lineari ad una condi-zione di lavoro che prevede coordinazionimeno lineari, ma più disturbate, quindi conuna difficoltà coordinativa in una situazionesvantaggiosa provocata appunto dal part-ner” (Gulinelli, Morino 1989), favorendo diconseguenza il risparmio bioenergetico, lapropriocettività e l’affinamento dei sistemidi equilibrio. Questo tipo di lavoro ha un grande effettoallenante per la coordinazione intramusco-lare.

“Negli sport di squadra e di opposizione e dicombattimento con elevata incidenzacoordinativa c’è un insieme di gesti ed unventaglio di velocità per cui la scelta degliesercizi per l’incremento della forza deveessere altrettanto articolato”. (A. Donati)

Come per la velocità, dove nel rugby èimportante non solo quella assoluta, maanche quella ottimale, così per la forza èimportante la capacità di applicazione pro-prio dove c’è l’opposizione di un avversarioper rendere più efficace il gesto tecnico.

Alcuni esempi (cfr. foto a lato):

Estensioni delle gambe e del tronco con rotazione con partner sulle spalle

In spinta entrare con le braccia dentro quelle del partner che a sua volta fa lo stesso (“schermaglia”)

Stacco esplosivo del partner da terra in cintura inversa

Sollevamento del partner e corsa in avanti dalla presa di gambe

Sollevamento esplosivo del partnerda dietro con gambe – schiena – collo(prima linea)

Estensioni delle gambe e del tronco con rotazione con partner sulle spalle

In spinta entrare con le braccia dentro quelle del partner che a sua volta fa lo stesso (“schermaglia”)

Stacco esplosivo del partner da terra in cintura inversa

Sollevamento del partner e corsa in avanti dalla presa di gambe

Sollevamento esplosivo del partner da dietro con gambe – schiena – collo (prima linea)

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Queste esercitazioni, specialmente in gioca-tori evoluti, possono essere inserite nell’alle-namento della forza nel periodo preparato-rio e protratte in maniera opportuna all’in-terno di microcicli del periodo competitivo,combinandole con lavori speciali.

Studi precedenti

In letteratura non ci sono attualmente studiin merito alla possibilità di utilizzare esercizitratti dalla lotta per la preparazione del gio-catore di rugby. Esistono però da qualcheanno, in campo internazionale, alcune realtàdove si sta lentamente inserendo questodiscorso. In Australia alcuni club di altolivello prevedono una seduta di judo, il mar-tedi, nella seduta di preparazione fisica dellamattina. In Francia lo Stade Toulousain hainserito la lotta nei propri allenamenti inmaniera sistematica. La Nazionale Italianaha preso in esame la possibilità di inserireallenamenti di lotta in preparazione deiMondiali 2007. Per quanto riguarda il judo, non crediamonella validità di utilizzo del judo in quanto isuoi schemi motori sono dissimili da quelliche a noi interessano. Il judo, infatti, parte dauna situazione statica di presa attraverso unattrezzo, il judogi. In moltissime tecniche diatterramento, l’utilizzo delle gambe è predo-minante, cosa che non è permessa dal rego-lamento del rugby. Molte altre tecniche sonobasate su delle proiezioni. Sono però daprendere in considerazione alcune tecnichedi sbilanciamento frontale nelle quali eraspecializato Dominguez. È nostra opinione,invece, che le esperienze del judo siano statesperimentate probabilmente in virtù del fattoche nei Paesi anglosassoni la lotta non èmolto praticata, non appartiene alla loro cul-tura sportiva in modo significativo e in molticasi è totalmente assente.

Alcune esperienze

Le nostre esperienze sono state realizzate,una con una squadra di serie A, la LazioRugby, nel 2005. I giocatori sono stati alle-nati per un mese con una frequenza di dueallenamenti a settimana alla fine del cam-pionato. Il metodo è stato quello di insegna-re ai giocatori tecniche di lotta simili percaratteristiche biomeccaniche a situazioni digioco, quindi prese alle gambe – sbilancia-menti etc…invertendo quindi il punto dipartenza come metodo didattico. Il risultatoapprezzabile è stato che tutti erano in gradodi sostenere tre minuti di lotta e molti sonostati in grado di applicare nel gioco le nuoveabilità acquisite. L’altra esperienza è statarealizzate con un gruppo di piccoli rugbistidell’Under 13 della “Primavera Rugby” che,dopo tre mesi di allenamento di due volte asettimana, sono stati in grado di partecipare

ad una gara nazionale di lotta vincendoanche numerosi incontri. Nel gioco hannodimostrato una maggiore attitudine al con-tatto. Nel 2004 è stato realizzato, con esistisoddisfacenti, un allenamento con alcunigiocatori degli Harlequins di Londra.

Ipotesi di Metodologia per l’inserimento delle tecnichedi lotta nella preparazione speciale del rugby di alto livello

Conclusioni

Le conclusioni del nostro studio e dellenostre esperienze non vogliono avere nessunvalore assiomatico, vogliono rappresentaresolo uno stimolo per ulteriori approfondi-menti e soprattutto nascono da un’esigenzalegata alla progressiva evoluzione del giocomoderno, data dall’aumento dell’intensitàdel gioco che presuppone una riduzione deitempi della risoluzione del compito motorio.Inoltre l’aumento delle soluzioni tecnico-tat-tiche adottate dalle squadre di alto livelloimpongono un repertorio sempre più vastodi soluzioni motorie per cui le abilità dellalotta nel gioco di contatto nel rugby posso-no sicuramente aumentare questo reperto-rio. Pensiamo, quindi, che, nella preparazionefisica speciale del rugby, già ricca di nume-rosi contenuti, per contribuire alla costruzio-ne di un modello funzionale di giocatore dialto livello non possa mancare la lotta.

L’Autore è preparatore atletico territoriale dellaFederazione italiana rugby. Esperto di preparazio-ne fisica, è in possesso dell’attestato di preparato-re fisico rilasciato dalla Scuola dello sport dellaConi servizi. Ha partecipato al Master internazio-nale di rugby organizzato dalla Facoltà di scienzemotorie dell’Università dell’Aquila e dall’Universitàdi Parigi XII Val de Marne.Per la redazione dell’articolo, l’Autore si è avval-so della collaborazione di Salvatore Finizio, tec-nico della Nazionale italiana di lotta. Si ringraziano Andrea Cimbrico dell’Ufficio stampadella FIR, e Stefano Federici dell’Ufficio stampadella FIJLKAM per le fotografie, e Feliciano Marotto,tecnico di lotta per le riprese video.

Indirizzo dell’Autore: [email protected]

Rivolta a tutti i ruoli

Impegno minimo di circa due ore settimanali con sessioni della durata massima di trenta minuti per otto settimane

Assenza di lesioni tipiche nell’apprendimento delle nuove tecniche

Condizioni di lavoro 1. Preparatori: • Referente responsabile: figura con consolidate esperienze sia di lotta di alto livello sia di preparazione atletica di rugby in stretta collaborazione con il preparatore atletico della squadra e altre figure dello staff tecnico. • Collaboratori: due lottatori di alto livello a disposizione della squadra per le prime due settimane per curare l’approccio e l’apprendimento iniziale degli schemi motori delle nuove tecniche. Le due figure dovranno essere entrambi di categoria non inferiore a 84 kg, uno specialista nella lotta libera, l’altro specialista nella lotta greco romana. 2. Introduzione teorica alla lotta a cura del referente responsabile: • Presentazione; • Audiovisivi; • Dimostrazione dal vivo. 3. Contemporaneità: • Fino a 20 giocatori con abbinamenti variabili indipendentemente dal ruolo e dal peso. 4. Tappeto da lotta 10 m x 10 m. 5. Campo da rugby.

Preparazione suddivisa in: 1. Capacità motoria (forza) ovvero lavoro con il partner: • Seduta inserita nella periodizzazione già definita delle sedute per l’allenamento della forza, indifferentemente sul tappeto da lotta o sul campo da rugby. • Abilità motoria ovvero tecniche di lotta: seduta specifica di apprendimento tecnico in palestra sul tappeto da lotta per le prime quattro settimane e quindi applicazione sul campo delle tecniche acquisite per le quattro settimane successive.

Finalità rispetto a situazioni di gioco 1. Applicazione degli eventuali automatismi agli schemi del gioco di “contatto”: • Placcaggio alle gambe ed al tronco. • Sbilanciamenti. • Pulizia del pallone.

Baldin U., Il condizionamento fisico nel rugby,Roma, Società stampa sportiva, 1986.Bouthier D., Le rugby, Parigi, PUF, 2007.Buldrassi C., Romanacci V., Marini C., Impariamola lotta, Roma, Emmeciemme, 1990.D'Urso V., Petrosso A., Robazza C., Emotions, per-ceived qualities, and performance of Rugbyplayers: a comparison of the IZOF Model andPerforming Profiles, Sport Psychologist, 16, 2002,173-199.Gulinelli M., Morino C., L'arte di giocare.Intervista a Pierre Villepreuxv, SDS–Scuola dellosport, 2, 1983, 3, 30-33.Gulinelli M., Morino C., Lottando s'impara.Intervista a Carlo Marini, 8, 1989, 16, 2-5.Luger. D., Pook P., Complete conditioning forRugby, Champaign, Ill., Human Kinetics, 2004.Menchinelli C., Colli R., Morandini C., Corrieri C.,Seriacopi D., Fanton F., Lupo S., Gallozzi C., Il gio-catore di rugby: un modello funzionale, SDS-Scuola dello sport, 8, 1989, 16, 52-62.Platonov V., Fondamenti dell'allenamento e dell'at-tività di gara, Perugia, Calzetti-Mariucci, 2004.Sacripanti A., Biomeccanica degli stili di lotta,SDS–Scuola dello sport, 9, 1990, 20, 47-58.Weineck J., L'allenamento ottimale, Perugia,Calzetti, Mariucci, 2001.

Bibliografia

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» Il database training: la gestione dei dati dell’allenamento e delle gare

15 ottobre

» Sport per atleti disabili: aspetti generali e didattico-metodologici

10 novembre

» L’allenamento della forza resistente nei giochi sportivi

10 dicembre

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s Marketing of sports organisations and ethical and social responsibilityG. EspositoSome observations on ethical and social responsibilitythat apply to sports marketing are provided. In thisconnection, socially responsible marketing can boostthe reputation and competitiveness of sports organi-sations, whose social role is crucial to attaining thewell-being of all sports stakeholders and society atlarge. On the global economic scene, the evolution ofcorporate governance systems goes through scenar-ios and perspectives where the financial outcome isno longer the only mainstay of the management’sactivity. A trend that cannot be overlooked by thesports system, where, by contrast, the competitiveoutcome together with the financial outcome stillseem to play a prominent role in determining organi-sational performance. Competitiveness/profitability isbut one of the factors that bring about success, visi-bility and credibility for any sports organisation,regardless of its status. Indeed, both in amateur andprofessional sport reaching a goal also depends onhow it is pursued and on the attention paid to issuesthat go beyond competitive and financial results, asthey aim at environmental sustainability. Engaging insports activities also means undertaking socialresponsibilities that pursue the quality of life of boththose who are directly involved in managing a sportsorganisation and the relevant social framework as awhole. Within a marketing context, the idea of socialresponsibility and ethics can to a certain extent havedifferent meanings, even though they are in factstrictly interrelated. From this perspective, a fewassumptions are outlined on socially responsible mar-keting and on the need to identify a structured pathto raise sports operators’ awareness about socialresponsibility through tools such as best practices,code of conduct and social balance. In Italy, theseattitudes are not readily taken up by sports organisa-tions who may, conversely, gain a competitive edgein a time when all stakeholders strongly need torestore their belief in the positive values that sporthas always conveyed.

Periodisation in speed-strength training (part 2)K. Wirth, D. SchmidtbleicherToday, strength training in an established part ofalmost all sports. The spectrum of using systematicstrength development is manifold and includes pre-ventive measures of strengthening, supportivestrength training as well as strength preparation insports where strength is a performance-limiting fac-tor. In the first part of this article, the physiologicalfundamentals of speed-strength development arepresented. While the first part dealt with the physio-logical and speed-strength development trainingmethod fundamentals, the second part provides anintroduction to periodisation leading to the illustra-tion of some practical advice for training.

Performance model and training in tennisCarlo Rossi, Antonio La Torre, Enrico Arcelli, David Bishop, Giampiero Merati, Fabio Rubens SerpilloIt should never be forgotten that more advancedresearch concerning tennis, training and complemen-tary training programmes are strictly related to oneanother. A review of literature provided useful data tounderstand what happens during a competition andhow to obtain from it an effective and reliable func-tional model, taking into account factors such as theaverage length of rallies, the actual playing time, play-er’s movements, etc. Some assumptions were alsomade with regard to the physiological variablesinvolved in the game (heart rate, blood lactate andoxygen uptake) to outline the action of the differentenergy mechanisms based on evidence resting on solidscientific grounds. With due account being taken ofthe organisation characteristics of the tennis circuit,the resulting findings can be applied to training interms of methods and means which may prove useful

to develop the most important skills, such as specialspeed, aerobic power, peripheral aerobic components,and explosive strength. Finally, training planning andinjury prevention were also addressed, as they are twocrucial elements for an athlete like a tennis player,who must try and be competitive forty weeks a yearwhile keeping a close eye on ranking movements.

Changing paradigms in the theory of sports training (part 2)Y. Verkhoshansky, N. VerkhoshanskayaDiscussion of the results of studies and researches onsports training theories and methodologies is oftendeveloped on the basis of implicit and consolidatedsuppositions that fail to consider relative evolutionprocesses. This fact prevents the emergence of differ-ing points of view through which they can beanalysed. An attempt is thus made in this article tooutline the problems which, in ongoing scientific dis-cussions on the theories and methodologies of sportstraining, cause the most evident and common misun-derstandings and contradictions. In the first part ofthe article, dedicated to theoretical aspects, theAuthors look at the current state of training theoriesand methodologies, differences between the conceptof Periodization and that of Programming of sportstraining, the physiology of adaptation as a basis forthe biological approach to sports training theoriesand methodologies, the two different visions of the“work-rest” process in sports training theory. The sec-ond part examine practical aspects concerning theconstruction of the micro-cycle, the block systemadopted for training, the delayed effects of trainingand supercompensation.

Prophylaxis of injuries in youth high-level sportGudrun Froehner, Wolfgang TronickIn cooperation with the caring team, coaches andexercise leaders in youth competitive sport have aconsiderable responsibility, because the athletes arestill in the process of growing, maturing and learning.The advantage of the children and youths for thedevelopment of sports performances can rapidly turninto a disadvantage, if the loads are out of proportionto the athlete’s load tolerance. Using the example ofvolley, are shown well-proven possibilities to avoidthis disproportion.

Analysis of coordinative and senso-perceptive capacities in swimming (part 2)P.L. Invernizzi., R. Del Bianco, R. Scurati, G. Caporaso, A. La TorreStarting with a detailed analysis of technical-coordi-native and senso-perceptive capacities, via a linkbetween the reference theoretical plane and thetechnical-training plane, the article proposes a selec-tion of specific training methods and drills/tests thatoffer the possibility of diagnosing and adequatelydeveloping such capacities, which are essential forcompetitive swimming. In greater detail, 8 controltests are proposed to gauge the level and degree ofdevelopment of the capacities in question, with rela-tive validity and reproducibility criteria now beingstudied by the Laboratory of Sports Analysis of theFaculty of Motor Sciences of the University of Milan.

Wrestling applied to RugbyRoberto CerasaroThe purpose of this research is to show how usefuland effective some wrestling techniques can be incarrying out tasks in different situations involvingcontact in rugby , where the need arises to performeffective actions under time constraints and fatigueconditions while in contact with the opponent.Conditioning aimed at increasing strength and bal-ance is also addressed. To this end, in addition tomachine and barbell exercises, consideration is givento performing a whole range of drills with a partnerto work under non-linear disturbed and, above all,unbalanced conditions, according to one of the crite-rions of special physical training.

Page 72: NNO N Sommario - Unife · dell’allenamento: alcuni aspetti pratici 13 La periodizzazione nell’allenamento della forza rapida Klaus Wirth, Dietmar Schmidtbleicher Parte seconda:

GILLES COMETTI (Digione 18 aprile 1949-31 luglio 2007)

Ex calciatore (junior) e decathleta della squadranazionale francese “junior”. Professore d’educa-zione fisica dal 1972, nel 1976 fu nominatoall’UFRSTAPS di Digione. Allenatore nazionale dilancio del peso della squadra nazionale francesed’atletica leggera dal 1974 al 1990, dal 1991Maître de conférences in Scienze e tecnichedelle attività fisiche presso l’Università dellaBorgogna di Digione. Nel 1994 fondatore insie-me a Philippe Bouichet e Michel Pousson delCentre d’expertise de la performance (CEP). Nel1999 creatore e responsabile del Diploma uni-versitario di preparazione fisica dell’Universitàdella Borgogna.Tra le sue molte attività vanno ricordate quelle diformatore e consulente sulla preparazione fisicadi numerosi preparatori atletici di squadre di cal-cio italiane (FC. Juventus, FC. Internazionale, FC.Parma, SS. Lazio) e francesi (Paris Saint GermainFC, Valencienne FC.), quella di preparatore fisicodella squadra nazionale di calcio del Giappone(Coppa del mondo 2002), il lavoro di consulenzae valutazione con le squadre del Marseille FC. e ilFC. Girondins di Bordeaux, la sua consulenza allapreparazione di Josefa Idem (Campionessa olim-pica K1 500 m nei Giochi olimpici del 2000), ilsuo lavoro per l’ampliamento e lo sviluppo delCEP, il lavoro di valutazione per le squadre nazio-nali giovanili francesi di pallavolo e per la squadrabritannica di Coppa Davis.

Opere di Gilles Cometti pubblicate in Italia

La pliometria, Perugia, Calzetti Mariucci, 1988.Calcio e potenziamento muscolare, Perugia,Calzetti Mariucci, 1995Metodi moderni di potenziamento muscolare –Aspetti teorici, Perugia, Calzetti Mariucci, 1997Metodi moderni di potenziamento muscolare –Aspetti pratici, Perugia, Calzetti Mariucci, 1998Esercizi e circuiti per l’allenamento e il poten-ziamento muscolare (più dvd), Perugia, CalzettiMariucci, 1998Nuovi metodi di potenziamento muscolare nellosportivo e nuove applicazioni nella rieducazione,Milano, Edizioni IBI, 1999Atti del Convegno “La preparazione atletica neigiochi di squadra: quali strategie”, Milano, IsefLombardia-Isu Isef, 2000Forza e velocità nell’allenamento del calciatore,Milano, Edizioni Correre, 2002L’allenamento della velocità, Roma, SocietàStampa Sportiva, 2002La preparazione fisica nel basket, Roma,Società Stampa Sportiva, 2002Manuale di potenziamento muscolare per glisport di squadra, Perugia, Calzetti Mariucci,2002

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Alla fine ha vinto la malattia. Martedì 31 luglio all’età di 58 anni è scomparso Gilles Cometti. Ex atleta, insegnante d’educazione fisica e allenatore nazionale d’atletica leggera, Maître deConference della Facoltà di scienze dello sport dell’Università di Borgogna a Digione dal 1991, e crea-tore nel 1989, del Centro d’Expertise de la Performance – una struttura interna dell’Unità formazionee ricerca Scienze e tecniche delle attività fisiche e sport dell’Universita della Borgogna, che proponeservizi di valutazione funzionale, programmazione dell’allenamento ad atleti e squadre d’alto livellosvolgendo contemporaneamente una attività di formazione – Cometti con il suo lavoro, nel qualeaveva la capacità di tradurre in momenti applicativi tutto ciò che la ricerca veniva progressivamentescoprendo, ha avuto il merito di riportare in primo piano la problematica del muscolo, della strutturamuscolare e dello sviluppo della forza come elemento centrale della preparazione fisica in sport neiquali si era dimenticata la loro importanza. Ha così sviluppato una moderna concezione della prepara-zione fisica basata sullo sviluppo neuromuscolare dell’atleta, il cui lavoro principalmente si basa sulmiglioramento prioritario della forza (aspetto qualitativo) cui si aggiunge, poi, uno sviluppo delle capa-cità di resistenza (aspetto quantitativo). Per cui le componenti qualitative e quantitative di una talepreparazione rispondono alle esigenze della maggior parte delle discipline sportive, che è quella di svi-luppare le capacità fisiche necessarie alla realizzazione delle azioni di gara dello sport praticato emigliorare la capacità di ripeterle molte volte a un livello qualitativamente elevato. Autore di numerosepubblicazioni (per la maggior parte tradotte in italiano) il suo approccio eminentemente pratico, mabasato su solidi fondamenti scientifici, lo aveva condotto a rimettere in discussione soprattutto neigiochi sportivi, ma non solo in essi, presupposti e metodi diventati ormai mode della preparazione fisi-ca, e ad aprire la strada all’ideazione di nuovi mezzi e metodi d’allenamento oggi largamente diffusinell’attività pratica di molti preparatori atletici. Scoperto in Italia sul finire degli anni ’80 – molti ricor-dano l’eco suscitata dalla sua partecipazione a un convegno a Milano del 1989 – Cometti che in que-sti ultimi anni, malgrado il suo male, aveva intensificato la sua collaborazione con la nostra Rivista (ilsuo primo articolo su SDS “Le basi scientifiche del potenziamento muscolare” è del 1991, l’ultimo èdi quest’anno), aveva un rapporto speciale con il nostro Paese. Così lo ricordano Roberto Calzetti, editore di molte delle sue opere pubblicate in Italia e GiampietroAlberti, suo collaboratore, collega e amico, che con lui ha scritto numerosi articoli e libri.

"Cometti era un gran personaggio con una grande personalità: l'ho conosciuto"prestato" al calcioquando lo chiamammo ad illustrare agli allenatori di calcio i suoi percorsi con i "sciersc", così siriferiva simpaticamente ai cerchi a terra dentro i quali l'atleta doveva saltare. Oggi non c'è campet-to di terza categoria nel calcio italiano dove non si vedano vecchi pneumatici di bicicletta utilizzatinei circuiti "Cometti" e questa è la testimonianza del grande impatto dei suoi metodi nella praticaallenante dello sport italiano, più diffuso e praticato. Negli ultimi anni ha lottato come un leonecontro la malattia e questo è stato probabilmente l'ultimo significativo messaggio che ha volutotrasmettere agli sportivi che lo hanno conosciuto ed apprezzato."

31 luglio 2007, Roberto Calzetti

Non so se posso permettermi di scrivere qualcosa di personale sulla rivista che Cometti considera-va punto di riferimento per la metodologia dell’allenamento.Molto di quel poco che so fare lo devo a Gilles Cometti. Gilles era un amico prima che un collega euna delle poche persone alle quali non sono mai riuscito a restituire quanto ricevuto. L’avevo cono-sciuto a Formia nel lontano 1986 in occasione di un convegno organizzato dalla Fidal in preparazio-ne dei mondiali di Atletica di Roma 87. Fu quella l’occasione per iniziare a frequentare le strutturedell’UFR-STAPS dell’Università di Borgogna. A quei tempi mi diceva: in Italia siete in ritardo di tren-ta anni rispetto alla Francia e questo ritardo noi lo abbiamo con i canadesi. Gilles è stato un meto-dologo di grande capacità e potenza innovativa, anche se un certo modo di pensare ritiene che lacapacità di ricerca si misuri solamente dal numero delle pubblicazioni scientifiche cosiddette“impattate” piuttosto che dalla valenza didattica e dall’influenza del metodo, elementi questi chenessun manuale di fattore d’impatto riuscirà mai a ridurre in formula.Maître de conférences en Sciences et Techniques des activités physiques et sportives, fondatoredel CEP (Centre d’Expertise de la Performance) ha ideato un centro universitario di valutazionesportiva forse unico al mondo. Anche grazie a Cometti, all’inizio degli anni 90, il dibattito sull’alle-namento della forza muscolare aveva ripreso nuovo vigore: si devono a lui alcuni tra gli aspetti piùcreativi e funzionali della preparazione atletica e certo ci sarà modo di ricordare tutte le sue propo-ste metodologiche. Ma mi piacerebbe che oltre quelle professionali, fossero ricordate le sue qualità umane e prime fratutte schiettezza e generosità: Gianni Brera l’avrebbe considerato un “vir”. Gilles ha voluto onorare gli ultimi due impegni: il convegno Coni di Modena del dicembre scorsoquando mi informò, senza più nascondere la grande tristezza che ormai caratterizzava il suo sguar-do che la malattia, vinta cinque anni prima, era tornata ad insidiarlo e nello scorso aprile, ormaivisibilmente debilitato, il simposio satellite del convegno Isokinetic di Milano sulla preparazioneatletica del calciatore, coorganizzato dalla nostra Facoltà. I primi giorni di luglio, in occasione del mio ultimo viaggio di studio a Digione con alcuni dottorandidi scienze motorie, dall’ospedale Gilles si era ancora preoccupato di organizzare il nostro soggior-no. Quando l’ho incontrato era ridotto a meno di 50 chili e ho sperato che il veleno della chemiofosse in grado di uccidere la malattia e non lui. Gilles, la cui famiglia era originaria di Cureggio vicino a Borgomanero, era “italiano” per i francesi e“francese” per gli italiani: sulla porta, purtroppo già chiusa, del suo studio era incollato un poster:la foto di Buffon e dell’Italia con scritto “Campioni del Mondo”.Purtroppo oggi quando mi ha telefonato Dominique per comunicarmi la notizia della morte ho impa-rato un’altra parola francese “enterrement”: ciao Gilles, ti sia lieve quella terra.

31 luglio 2007, Giampiero Alberti