NEWSPORT N. 3 - 2010 PAGINA 10 Traumi da sport in età · PDF fileno raramente nella...

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La partecipazione dei giovani in età scolare all’atti-vità sportiva crea diversi interrogativi da parte dei genitori. • A che età mio figlio è pronto per l’attività sportiva? • Che rischio c,è di traumi importanti ? • Quale sport è + pericoloso ? • Ci sono lesioni specifiche correlate a determinati sport ?

QUANDO? La comprensione dello sviluppo sociale del bambi-no è fondamentale per rispondere a questa do-manda. Se prima dei 5 anni il bambino vive sostanzialmen-te in un mondo di gioco tutto suo ,è dopo i 5 o 6 anni che il soggetto inizia ad apprezzare l’intera-zione con i compagni ma non è ancora in grado di competere psicologicamente come un adulto; è pronto per una interazione di gruppo ma non per le regole né strutture. Dai 10 anni fino all’inizio della pubertà si sviluppa un crescente interesse per “il risultato” e la discipli-na anche se in questa fase la motivazione del bambino è essenzialmente quella ludica. E’ solo dopo la pubertà che il giovane matura una più sofisticata prospettiva verso la struttura , la disciplina e in ultima analisi verso il sacrificio ri-chiesto in uno sport personale o di squadra.

RISCHI ? La domanda più giusta sembra essere non tanto se la pratica sportiva in questa fase della vita sia rischiosa quanto se ci sia un rischio”eccessivo”. Molti studi hanno documentato per contro una bassa incidenza di traumi da sport in età prepube-rale rispetto a quella pospuberale.e più bassa nei postadolescenti rispetto ai giovani adulti. Ciò è probabilmente dovuto al rapporto energia cinetica - massa corporea; + immaturo è il fisico + bassa è la velocità e la potenza. Sono infatti statisticamente + frequenti traumi mi-nori come distorsioni o stiramenti rispetto a fratture o lussazioni. In sostanza il fisico più “agile” e “ snodato” del giovane è in genere meno esposto a traumi im-portanti rispetto al corpo dell’adulto.

Ciò detto la traumatologia sportiva è molto etero-genea in quanto comprende una fascia di età che va in pratica dai cinque anni e all’adolescenza ed è estremamente variabile in base al tipo di sport, alla sede delle lesione (caviglia, ginocchio, ecc.), al tipo di struttura interessata (osso, articolazione, muscolo, ecc.), al tipo di lesione (frattura, stira-mento, strappo, ecc.). L’età è molto importante poiché le peculiarità delle lesioni sportive sono tanto più marcate quanto più giovane è l’età del bambino mentre, nei soggetti adolescenti, le lesio-ni tendono ad assumere le caratteristiche definiti-ve del soggetto adulto. In ultimo occorre ricordare che in traumatologia sportiva esistono due tipi so-stanzialmente diversi di danno: la lesione acuta, dovuta ad un evento traumatico unico, concentrato nel tempo e che determina un danno immediato, e la lesione cronica, determinata dal sovraccarico funzionale, cioè conseguente a sollecitazioni ab-normi o ripetute eccessivamente. Per quanto ri-guarda i traumi acuti, la localizzazione del danno può essere a livello osseo, articolare o muscolare.

Lesioni ossee Le lesioni ossee sono rappresentate dalle fratture. Le fratture sono definite come interruzioni della continuità di un osso. In realtà nel bambino anche la stessa definizione di frattura può non essere del tutto idonea a descrivere alcuni tipi di lesione osse-a, in quanto è possibile una lesione traumatica senza una vera e propria interruzione: si tratta del-le cosiddette deformazioni plastiche, in cui l’osso si deforma in modo permanente senza una rima di frattura. Tali lesioni sono però tipiche del soggetto più giovane a livello delle ossa lunghe e si ritrova-no raramente nella traumatologia sportiva. Le fratture più frequenti in ambito sportivo si loca-lizzano a livello meta-epifisario al polso o alla cavi-glia (calcio, pattinaggio, ciclismo, ecc.), mentre a livello diafisario è colpita soprattutto la gamba nello sci, la clavicola nel ciclismo, negli sport di contatto, ecc. In linea di massima le differenze fra le fratture in età pediatrica e quelle dell’adulto sono:

1. Presenza dei nuclei di accrescimento e delle

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di Renzo ORSI

Nato ad Alessandria nel 1949, si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Pavia con specia-lizzazione in ortopedia, traumatologia, microchirurgia e chirurgia sperimentale, nonché in chirurgia della mano. Primario ortopedico presso le strutture ospedaliere di Nizza Monferrato e Tortona, dal 2003 esercita la libera professione. Autore di 98 pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali, ha partecipato a più di 300 tra corsi e congressi ,numerosi dei quali in qualità di relatore, in Italia e all'estero. Ha frequentato nu-merosi centri stranieri in Europa e negli Stati Uniti in qualità di fellow e come vincitore di borse di studio di società mediche italiane. Membro di numeroso società scientifiche italiane e straniere, quali la O.T.O.D.I. (ORTOPEDICI TRAUMATOLOGI D'ITALIA) e la S.I.O.T. (SOCIETA' ITALIANA ORTOPEDIA E TRAUMA-TOLOGIA ), è stato professore a contratto in ‘Patologia della spalla’ presso la scuola di specializzazione in

Ortopedia e Traumatologia dell'Università degli studi di Pavia dal 1999 al 2003. In ambito sportivo ha ricoperto il ruolo Medico sociale dell'Alessandria Calcio per la stagione 2007-2008 .

Renzo ORSI

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cartilagini metafisarie. Le lesioni acute a livello me-taepifisario sono pericolose per la possibile interfe-renza sui normali processi di accrescimento e pos-sono portare a postumi permanenti talora anche se correttamente trattate. Meno problematiche, ma molto frequenti nei giovani atleti, sono le lesioni acute da avulsione dei nuclei apofisari, sui quali si inseriscono forti masse muscolari o robusti lega-menti. Le lesioni epifisarie sono generalmente classificate secondo Salter e Harris in cinque grup-pi (vedi figura).

Fra le localizzazioni più frequenti figurano l’epifisi distale del radio e l’epifisi distale della tibia: in que-st’ultimo caso la lesione si verifica per un trauma distorsivo simile a quello che produce le fratture malleolari dell’adulto. Il trattamento consiste in una riduzione in narcosi seguita da apparecchio gessa-to. Il trattamento chirurgico è destinato alle lesioni irriducibili, o con riduzione instabile. Le complicanze possono essere costituite dalla saldatura prematura del nucleo, che di solito è par-ziale e che comporta quindi un accrescimento a-simmetrico ed una successiva deviazione angola-re. Molto più frequente è però un allungamento complessivo dell’osso fratturato per uno stimolo della crescita longitudinale a livello della frattura; a livello del femore o della tibia il risultato è una ete-rometria degli arti inferiori, in genere di grado con-tenuto. Nello sportivo, soprattutto nell’età compre-sa fra i 12 ed i 14 anni, sono frequenti i distacchi apofisari, come il distacco della spina iliaca ante-riore superiore, della spina iliaca anteriore inferiore e della tuberosità ischiatica, dovuti allo strappo da parte dei muscoli a cui forniscono inserzione. Per uno sportivo questo significa una sospensione pro-lungata dall’agonismo, ma il trattamento della le-sione è relativamente semplice; infatti, trattandosi di apofisi e non di epifisi, la riduzione anatomica

non è in genere necessaria, neppure in caso di diastasi importanti, ed il trattamento consiste nel riposo in scarico per circa 4 settimane.

1. Grande elasticità dell’osso ed elevato spessore

del periostio. Questo comporta la presenza di frat-ture con caratteristiche peculiari come le fratture “a legno verde”. Oggi si tende a distinguerle in due sottogruppi: le fratture a legno verde propriamente dette, che si localizzano a livello diafisario e che sono determinate da un una sollecitazione in com-pressione su di una corticale ed una in distrazione su quella opposta; il periostio integro fa sì che non si verifichi uno spostamento dei monconi e l’aspet-to radiografico ricorda quello di un ramo verde spezzato in modo incompleto. Di gran lunga più frequente è il secondo tipo, determinato dal cedi-mento in compressione di una sola corticale; oggi tali fratture vengono definite torus fractures , facen-do riferimento al toro che è l’elemento architettoni-co situato alla base di una colonna, con l’aspetto di un cercine rotondeggiante; il quadro radiografico di queste fratture, che sono tipiche della metafisi del-le ossa lunghe, è caratterizzato da un piccolo “increspatura” della corticale. La prognosi di que-ste lesioni è costantemente buona ed il trattamento è conservativo.

2. Notevole capacità di rimodellamento. Alcune

fratture, soprattutto nei soggetti più piccoli, anche se lasciate con una certa deformità angolare o ta-lora addirittura con accavallamento vanno incontro ad un processo di rimodellamento che ristabilisce, con la crescita residua, i normali rapporti anatomici fra i monconi. Occorre però conoscere i limiti di tolleranza che variano sensibilmente con l’età, la sede ed il tipo di spostamento (ad esempio le rota-zioni fra i monconi sono soggette a scarsa corre-zione spontanea).

3. Tempi di guarigione più rapidi. Prima dei dieci anni i tempi di immobilizzazione sono più brevi ri-spetto all’adulto, ma sono comunque i controlli ra-diografici a stabilire la fine del trattamento.

Lesioni articolari

Le lesioni articolari sono rappresentate dalle lussa-zioni e dalle distorsioni. Le lussazioni sono molto rare nel soggetto in accrescimento, in quanto un’a-zione traumatica trova meno resistenza nella carti-lagine metafisaria che non nei robusti legamenti, per cui in genere invece di una lussazione si verifi-ca un distacco epifisario. Nell’adolescente le lussa-zioni aumentano di incidenza, soprattutto a livello della spalla (lussazione scapolo-omerale ed acro-mio-clavicolare). Una lussazione di spalla che in-sorge prima dei diciotto anni ha un’elevatissima

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Le distorsioni sono relativamente frequenti, soprat-tutto a livello degli arti inferiori (collo piede e ginoc-chio) in sport come calcio, sci, ecc. Le distorsioni possono essere distinte in tre gradi: il primo grado è rappresentato dallo stiramento capsulo-legamentoso, il secondo dalla rottura parziale dei legamenti, il terzo dalla rottura completa. Le lesioni di terzo grado sono rare nei bambini. Negli adole-scenti aumenta progressivamente l’incidenza delle lesioni legamentose del ginocchio, in particolare del legamento crociato anteriore. Spesso queste richiedono un trattamento chirurgico che, nel sog-getto in accrescimento, è particolarmente impe-gnativo per la persistenza della cartilagini metafi-sarie che controindicano gli interventi di ricostru-zione classici. Spesso la scelta più pratica è quella di dilazionare l’intervento al momento della chiusu-ra delle cartilagini. Sempre a livello del ginocchio, le lesioni meniscali sono molto rare al di sotto dei 10-12 anni, a meno che non insorgano in un menisco con anomalie morfologiche, come in un menisco discoide. Una lesione meniscale traumatica in un bambino ha caratteristiche relativamente diverse da quelle del-l’adulto. Di solito si tratta di una lesione longitudi-nale del menisco mediale a livello medio-posteriore, con segni obiettivi spesso mal definibili. La maggiore vascolarizzazione del menisco nel bambino al di sotto dei 10 anni, rispetto all’adulto comporta alcune peculiarità diagnostiche e tera-peutiche; prima di tutto la RM è molto meno speci-fica e sensibile, per cui ha minore valore diagnosti-co e deve essere valutata con cautela; dal punto di vista terapeutico la vascolarizzazione estesa an-che al terzo intermedio fa sì che un numero molto maggiore di lesioni possa guarire conservativa-mente o, in caso di necessità di intervento chirurgi-co, possa essere suscettibile di riparazione, con una sutura meniscale, evitando comunque la meni-scectomia, anche parziale che, se praticata in gio-vane età , ha effetti deleteri tardivi.

Lesioni muscolari I traumi acuti sui muscoli possono essere esterni o interni; i traumi esterni sono rappresentati dalle contusioni muscolari con eventuali ematomi, quelli interni sono rappresentati dalle contratture, dagli stiramenti e dalle rotture muscolari. Nel soggetto in accrescimento le lesioni di gran lunga più frequenti sono le contusioni, soprattutto negli sport di contat-to. La prognosi è in genere benigna ma un tratta-mento scorretto o traumi ripetuti possono portare ad una miosite ossificante. Per quanto riguarda gli stiramenti e le lacerazioni, l’incidenza è molto più

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probabilità di diventare recidivante, soprattutto in uno sportivo, determinando una instabilità di spal-la. La spalla è forse l’articolazione più delicata del no-stro corpo; essa infatti riunisce due caratteristiche apparentemente antitetiche: la stabilità e l’ampia libertà di movimento. E’ proprio questo delicato equilibrio tra la necessità di compiere movimenti a 360° nello spazio e al contempo di assicurare la necessaria stabilità tra i capi articolari, che la ren-de particolarmente fragile ed esposta ai traumi del-la vita quotidiana e ancor più a quelli della attività sportiva.

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il sovraccarico funzionale determina una frattura da stress o da durata, a livello muscolo-tendineo determina patologie inserzionali come epicondilite, tendinite dell’Achilleo, ecc.; a livello articolare de-termina quadri meno specifici come instabilità arti-colari, artropatie, ecc. La patologia da sovraccarico funzionale più tipica del soggetto in accrescimento è la spondilolisi. Con questo termine si definisce una soluzione di continuo dell’istmo vertebrale che è quella parte dell’arco posteriore di una vertebra compreso tra l’articolare superiore e quella inferio-re. L’eziologia della spondilolisi è varia, compren-dendo sia una predisposizione congenita che le sollecitazioni funzionali, ed una percentuale del 5-6% della popolazione ne è affetta anche in assen-za di pratiche sportive. In alcuni sport (ginnastica artistica, sollevamento pesi, tuffi, ecc.) l’incidenza sale vertiginosamente superando in alcune casisti-che il 60% di incidenza, testimoniano che in ambito sportivo i limiti di resistenza dell’istmo vengono fre-quentemente superati con un meccanismo di frat-tura da durata.

bassa rispetto al soggetto adulto. Infatti anche in questo caso è più probabile che il danno si sviluppi a livello delle inserzioni con un distacco dell’apofi-si, che non a livello del ventre muscolare. Lesioni da sovraccarico funzionale Il sovraccarico funzionale nello sport è legato alla ripetizione del gesto atletico per tempi molto pro-lungati e con intensità estremamente elevate. La patologia da sovraccarico colpisce tre categorie di individui dediti allo sport:

1. quelli che incrementano molto rapidamente il

proprio livello di attività

2. gli atleti che mancano di una preparazione spe-

cifica per quello specifico sport, come ad esempio i principianti

3. atleti che, nonostante l’esperienza e la prepa-

razione corretta, a causa della grande motivazione e della frequenza degli impegni agonistici finiscono per ridurre al di là dei limiti di sicurezza il periodo di riposo e di recupero fra le prestazioni. Il sovraccarico funzionale è determinato da solleci-tazioni microtraumatiche sia di tipo endogeno (movimenti violenti che tendono a far superare i limiti dell’escursione fisiologica o che sollecitano l’articolazione su piani diversi da quelli naturali) che esogeno. Questi ultimi sono rappresentati dal sollecitazioni contusive ripetute negli sport da contatto o da combattimento, dalle sollecitazioni con il suolo nel-la corsa su particolari superfici, dall’uso di attrezzi particolari, ecc. Il microtrauma è un’azione meccanica che determi-na un danno silente dal punto di vista clinico e ra-pidamente riparabile dall’organismo; però la ripeti-zione del microtrauma in tempi ravvicinati non per-mette il completo recupero strutturale e le piccole lesioni si sommano, generando alterazioni anato-miche e quadri clinici particolari. A livello dell’osso